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Sorgenti luminose artificiali - 1/101 Sommario Tipologie di sorgenti luminose artificiali ............................................................................................... 2 Efficienza luminosa.................................................................................................................................. 2 Emissione luminosa per incandescenza ............................................................................................... 5 Lampade ad incandescenza ................................................................................................................... 6 Emissione luminosa per scarica elettrica in gas ................................................................................ 19 Lampade fluorescenti ............................................................................................................................ 21 Lampade allo xenon............................................................................................................................... 33 Lampeggiatore elettronico .................................................................................................................... 38 Altre lampade a scarica elettrica .......................................................................................................... 46 LED .......................................................................................................................................................... 52 Laser ........................................................................................................................................................ 67 Tipi di laser ............................................................................................................................................. 84 Diodo laser (laser a semiconduttore)................................................................................................... 93 SORGENTI LUMINOSE ARTIFICIALI

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Sorgenti luminose artificiali - 1/101

Sommario Tipologie di sorgenti luminose artificiali ............................................................................................... 2

Efficienza luminosa .................................................................................................................................. 2

Emissione luminosa per incandescenza ............................................................................................... 5

Lampade ad incandescenza ................................................................................................................... 6

Emissione luminosa per scarica elettrica in gas ................................................................................ 19

Lampade fluorescenti ............................................................................................................................ 21

Lampade allo xenon ............................................................................................................................... 33

Lampeggiatore elettronico .................................................................................................................... 38

Altre lampade a scarica elettrica .......................................................................................................... 46

LED .......................................................................................................................................................... 52

Laser ........................................................................................................................................................ 67

Tipi di laser ............................................................................................................................................. 84

Diodo laser (laser a semiconduttore) ................................................................................................... 93

SORGENTI LUMINOSE ARTIFICIALI

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Tipologie di sorgenti luminose artificiali

I tipi di sorgenti luminose elettriche fondamentali per l'illuminazione sono

classificabili in base alla modalità di generazione della luce:

lampade ad incandescenza,

lampade a scarica elettrica in gas (con o senza rivestimento

fluorescente),

lampade a ricombinazione di coppie elettrone-lacuna,

lampade ad emissione luminosa stimolata.

Le lampade ad incandescenza sono radiatori per temperatura, come in

natura il sole. Parte del calore prodotto dalla lampada è emesso sotto forma

di luce.

Le lampade a scarica elettrica in gas sono radiatori per luminescenza, come

in natura il fulmine. La luce emessa da queste lampade non è un

sottoprodotto del calore, bensì è dovuta alla trasformazione diretta

dell'energia elettrica in energia luminosa.

Le lampade a ricombinazione di coppie elettrone-lacuna sfruttano le

proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori per produrre fotoni di

colore definito dalla differenza di energia tra i livelli di elettroni e lacune.

Le lampade ad emissione luminosa stimolata sono dispositivi in grado di

emettere un fascio di luce coerente, monocromatico e (con alcune

eccezioni) collimato.

Efficienza luminosa

L‟efficienza luminosa di una sorgente di luce è il rapporto tra flusso

luminoso emesso e flusso totale di energia (potenza) emesso da una

sorgente.

Il flusso luminoso è definito in base alla percezione soggettiva dell‟occhio

umano medio e corrisponde alla sua curva di sensibilità nella banda

elettromagnetica dello spettro visibile.

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Poiché una lampada, indipendentemente dal suo principio di

funzionamento, genera anche radiazioni esterne allo spettro visibile che

non contribuiscono alla sensazione di luminosità (ad esempio, raggi UV e

IR), la sua efficienza luminosa è tanto più alta quanto maggiore è la sua

capacità di emettere uno spettro adatto alla percezione umana.

L‟efficienza luminosa è espressa in lumen/watt [lm/W] ed il suo valore

massimo teorico è di 683,002 lm/W.

L'efficienza di una lampada ad incandescenza è di circa 14 lm/W, mentre

quella di una lampada alogena può arrivare fino a 20 lm/W. L‟efficienza

luminosa aumenta significativamente nelle lampade a scarica elettrica,

come dimostrato da quelle fluorescenti che sono in grado di giungere fino a

60 lm/W. Altre sorgenti luminose ad alta efficienza sono i LED, seppur

ancora soggetti a limiti tecnologici.

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Efficienza luminosa delle sorgenti di luce artificiali

Categoria Tipo Efficienza

luminosa

[lm/W]

Efficienza

luminosa

[%]

Max teorico,

λ = 555 nm

683,002 100

Combustione Candela 0,3 0,04

Incandescenza Tungsteno,

5 W

5 0,7

Tungsteno,

40 W

12,6 1,9

Tungsteno,

100 W

17,5 2,6

Tungsteno,

alta temperatura

35 5,1

Alogena,

bulbo in vetro

16 2,3

Alogena,

bulbo in quarzo

24 3,5

Fluorescenza Compatta,

5-24 W

45-60 6,6-8,8

Tubo T12,

34 W

50 7

Tubo T8,

32 W

60 9

Tubo T8,

36 W

≤ 93 ≤ 14

Tubo T5,

28 W

104 15,2

Sodio,

alta pressione

150 22

Sodio,

bassa pressione

183-200 27

Arco Xenon 30-50 4,4-7,3

Mercurio-Xenon 50-55 7,3-8

LED Bianco 26-70 3,8-10,2

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Emissione luminosa per incandescenza

La lampadina ad incandescenza è stata inventata nel 1854 da Heinrich

Goebel, un orologiaio tedesco emigrato in America. Nel 1878 Thomas Alva

Edison riuscì a costruirne un modello sufficientemente durevole. Ma già nel

1860, Joseph Wilson Swan aveva costruito una lampadina simile,

continuando a perfezionarla fino al 1878 e divennendo quindi socio di

Edison. Poco prima della sua morte, Heinrich Goebel riuscì a far valere i

propri diritti d‟inventore, che successivamente Edison acquistò dalla vedova

Goebel.

Le prime lampade di questo tipo, prodotte a partire dal 1880, sfruttavano

un filamento di carbonio, ottenuto bruciando un sottilissimo filo di cotone. Il

filamento, racchiuso in un'ampolla di vetro nella quale si faceva il vuoto,

diventava incandescente senza consumarsi. Le prime lampade ad

incandescenza così realizzate fornivano una luce rossastra con una potenza

luminosa pari a circa 2,5 lm/W.

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Nel 1903 l'americano William Coolidge introdusse l'uso del filamento di

tungsteno, impiegato tuttora. Questo metallo presenta la caratteristica di

incrementare la sua resistenza elettrica all'aumentare della temperatura.

Un aumento della tensione elettrica di alimentazione provoca un aumento

della potenza dissipata ed una temperatura superiore del filamento. Nella

lampadina al tungsteno questo comporta un aumento della resistenza con

conseguente diminuzione della potenza. Questo sistema è in grado, a

differenza delle lampadine precedenti, di autocompensare parzialmente

l‟instabilità della tensione di alimentazione.

Il filamento di tungsteno consente un‟ampia varietà nelle illuminazioni

artificiali in generale ed in quella fotografica in particolare. Per usi

fotografici, si hanno così lampade a filamento di tungsteno, lampade a

filamento di tungsteno survoltate, lampade Nitraphot, lampade Photoflood,

lampade con riflettore incorporato, lampade quarzo-alogene e lampade da

proiezione.

Lampade ad incandescenza

Lampade a filamento di tungsteno Sono sorgenti luminose in cui la luce è generata dal riscaldamento fino a

circa 2800 K di un filamento di tungsteno (W – punto di fusione: 3695

K) attraversato da corrente elettrica.

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Per incrementare l‟efficienza della lampada, il filamento è costituito da un

sottilissimo filo accolto a spirale. Ad esempio, una lampada da 60 W ha un

filamento che, disteso, raggiunge una lunghezza di 600 mm ed ha un

diametro di 0,050 mm.

La resistenza del filamento è data dalla relazione seguente:

dove: ρ = resistività del materiale costituente il filamento, f(T);

L = lunghezza effettiva del filamento,

S = sezione trasversale del filamento.

Nelle lampadine moderne, il bulbo di vetro non è vuoto ma contiene un gas

inerte a bassa pressione, di solito argon (Ar), più raramente kripton (Kr),

che ha il compito di ridurre i rischi di implosione e di prolungare la vita del

filamento. Inoltre la presenza del gas inerte limita l'annerimento del bulbo

dovuto al deposito del tungsteno che evapora.

Il bulbo di vetro ha uno spessore ottimizzato per temperature di esercizio di

200-260 °C e può essere trasparente, smerigliato od opalizzato; in questi

ultimi due casi, si ha una considerevole riduzione della luminanza.

R = ρ · (L/S)

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A causa della temperatura di colore limitata a circa 2800 K, le lampade a

filamento di tungsteno presentano una predominanza di radiazioni rosse

rispetto alla luce diurna. Il loro uso fotografico, dunque, è limitato

all'abbinamento con emulsioni in bianco e nero. La facile reperibilità di

queste lampade, acquistabili anche in normali negozi di materiale elettrico,

e la loro lunga durata ne consente l'uso fotografico in sistemi e in condizioni

in cui la scarsa temperatura di colore non sia un impedimento per la

ripresa.

Al momento dell‟accensione della lampada, poiché il filamento è freddo e la

sua resistenza è bassa, si determina un picco della durata di pochi decimi di

secondo e del valore di 10-12 volte la corrente a regime.

Uno dei principali problemi è rappresentato dalla sublimazione del

filamento. Infatti, minime variazioni della resistività lungo il filamento

causano la formazione di punti caldi, con resistività più alta. La

sublimazione nei punti caldi è più rapida che nel resto del filamento,

riducendo in questi siti il diametro della sezione ed aumentandone

conseguentemente la resistenza elettrica; il processo degenerativo si

Schema di una lampada ad

incandescenza:

1) Bulbo in vetro

2) Gas inerte

3) Filamento di tungsteno

4) Filo di andata

5) Filo di ritorno

6) Supporto del filamento

7) Supporto della lampada

8) Contatto con la base

9) Base a vite

10) Isolante

11) Contatto sulla base

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autoalimenta portando inevitabilmente alla rottura del filamento. Una

variazione del diametro dell‟1% riduce del 25% la vita utile della lampada.

Inoltre, la rottura del filamento può causare la formazione di un arco

elettrico, con conseguenti sovracorrenti di elevata intensità.

Il gas inerte presente nel bulbo ha proprio il compito di ridurre la

sublimazione del tungsteno, sia migliorando il raffreddamento del filamento

sia limitando la sublimazione.

Nel corso del normale impiego, il tungsteno sublima ad una velocità tanto

più rapida quanto più alta è la temperatura del filamento e quindi quanto

maggiore e l‟efficienza luminosa di questo. La vita utile della lampada è

quindi un compromesso tra efficienza e durata. Di norma, le lampade sono

progettate per una vita utile compresa tra 500 e 2000 ore, con un valore

medio di 1000 ore. Le lampade per usi teatrali, fotografici e proiezionistici

possono durare anche solo poche ore a causa della combinazione di elevate

potenze luminose e dimensioni compatte.

In una lampada convenzionale, il tungsteno sublimato condensa sulla

superficie interna del bulbo, che si trova ad una temperatura notevolmente

più bassa del filamento, e lo annerisce. Nei vecchi tipi di lampade sotto

vuoto, l‟interno del bulbo veniva annerimento in modo uniforme. Negli

attuali tipi di lampade con gas inerte all‟interno, il tungsteno sublimato è

soggetto a moti convettivi che lo depositano preferenzialmente sulla parte

interna superiore del bulbo.

L‟energia elettrica assorbita è convertita essenzialmente in calore e per il 5-

10% in radiazione dello spettro visibile.

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Lampade a filamento di tungsteno

Potenza

nominale

[W]

Tensione

nominale

[V]

Flusso luminoso

[lm]

Efficienza luminosa

[lm/W]

125 V 220 V 125 V 220 V

25 220 220 8,8 8,8

40 430 350 10,8 8,8

60 750 630 12,5 10,5

100 220/230 1400 1250 14,0 12,5

150 230/240 2300 2090 15,4 14,0

200 250/260 3200 2920 16,0 14,6

300 4950 4610 16,5 15,3

500 8800 8300 17,6 16,6

1000 19100 18600 19,1 18,6

L'efficienza luminosa aumenta con la potenza della lampada. Le lampade a

bassa tensione hanno un'efficienza luminosa superiore poiché i loro

filamenti, di maggior diametro, possono sopportare un carico più elevato.

La durata dipende strettamente dalla tensione di esercizio.

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Il colore della luce è bianco caldo; la resa dei colori è buona, con

accentuazione delle tonalità rosse e gialle e con indebolimento delle tonalità

verdi e azzurre.

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Le lampade ad incandescenza a riflettore incorporato sono caratterizzate da

un bulbo specchiato internamente (mediante argentatura o alluminatura)

dal quale la luce viene convogliata in un fascio luminoso più o meno

concentrato. Con un'appropriata esecuzione dello strato riflettente, la

radiazione termica nel fascio luminoso può essere ridotta di circa il 75% (lo

strato riflettente è trasparente alla radiazione termica). Con queste

lampade a specchio freddo è quindi possibile illuminare intensamente anche

oggetti sensibili al calore. Le lampade a riflettore incorporato in vetro

pressato resistono agli sbalzi di temperatura e possono pertanto essere

utilizzate senza protezione anche all'aperto.

Lampade alogene Un'esigenza molto sentita in fotografia è di avere lampade di ingombro

contenuto, con flusso luminoso e temperatura di colore elevati. Queste

esigenze vengono soddisfatte dalle lampade quarzo-alogene o, più

semplicemente, lampade alogene.

Al gas contenuto nel bulbo viene aggiunto iodio (I2), kripton (Kr) ed

eventualmente xenon (Xe) per permettere un maggiore riscaldamento del

filamento rispetto alle lampade tradizionali, in modo da aumentare

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l'efficienza luminosa ed innalzare la temperatura di colore a valori

tipicamente di 3200 K e 3400 K.

Nelle lampade quarzo-alogene, l‟alogeno presente all'interno del bulbo

contrasta i fenomeni degenerativi propri delle lampade con filamento al

tungsteno, così dannosi alla ripresa fotografica.

Quando la lampada quarzo-alogena è accesa, il tungsteno sublima

allontanandosi dal filamento. In vicinanza della parete interna del bulbo in

quarzo, dove la temperatura del gas scende sotto 1400 °C, si combina con

l‟alogeno:

W + I2 → WI2

Successivamente, i moti convettivi portano lo ioduro di tungsteno formatosi

in prossimità del filamento, dove la temperatura è superiore a 1400 K:

WI2 → W + I2

la molecola si decompone liberando il tungsteno, che si deposita sul

filamento, e lo iodio, che ritorna in circolo. In questo modo, la durata di una

lampada alogena può essere almeno doppia di una lampada tradizionale,

sebbene il filamento sia decisamente più caldo.

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La sostituzione dell‟argon con lo xenon permette di ridurre ulteriormente la

sublimazione del tungsteno dal filamento, con conseguente allungamento

della vita utile della lampada.

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Affinché il ciclo termochimico, noto come ciclo alogeno, sia operativo e la

lampada sia compatta, si deve ridurre la distanza tra bulbo e filamento.

Poiché il bulbo in queste condizioni deve avere una temperatura non

inferiore a 250°C, si utilizza silice (quarzo) o vetro speciale ad alto punto di

fusione (tipo alluminosilicato). Entrambi i materiali presentano un‟elevata

resistenza meccanica che, come vantaggio secondario non trascurabile,

consente di aumentare la pressione interna del gas, riducendo

ulteriormente la sublimazione del filamento.

I limiti di questi dispositivi sono riconducibili all'emissione di raggi

ultravioletti, dannosi per l'occhio umano e causa di sbiadimento degli

oggetti illuminati. Il fenomeno è in parte dovuto all'uso del quarzo al posto

del vetro per la costruzione del bulbo: se il quarzo è più resistente alle alte

temperature, è però trasparente ai raggi ultravioletti. Per schermare queste

radiazioni, è sufficiente porre una lastra di vetro davanti alla lampada.

Per ridurre il flusso di raggi infrarossi verso oggetti danneggiabili da un

eccessivo riscaldamento, si possono utilizzare le lampade alogene

dicroiche, dotate di uno schermo posteriore che riflette solamente la luce

visibile lasciando disperdere i raggi infrarossi.

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Nelle lampade ad alta potenza a sviluppo lineare, il filamento è supportato

ad intervalli regolari per mantenerlo in posizione lungo l‟asse del bulbo e

proteggerlo da cedimenti meccanici indotti da urti e dall‟elevata

temperatura di esercizio.

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Il rendimento luminoso di una lampada alogena, grazie alla luce più bianca

rispetto ad una lampadina tradizionale, è del 50-100% superiore rispetto a

questa, mentre la vita utile varia da 2000 a 6000 ore.

Recentemente sono state introdotte lampade alogene con filamenti

migliorati e/o alimentazione a controllo elettronico (integrato nel bulbo

stesso), che hanno consentito un incremento di resa del 40% circa rispetto

alle alogene convenzionali. Inoltre sono disponibili anche con le stesse

forme delle lampadine ad incandescenza e presentano temperature di

esercizio paragonabili. Risulta evidente il vantaggio in termini di risparmio

energetico, senza rinuncie in fatto di qualità o design.

Inoltre, sono disponibili lampade alogene alimentate direttamente dalla rete

elettrica a 230 V, in genere di potenza elevata, fino a 1000 W. Altri modelli,

molto piccoli e adatti ad illuminazioni localizzate e di arredo, sono

alimentate ad 12 V (bassissima tensione) per mezzo di un trasformatore. In

questo caso la lunghezza della linea a 12 V deve essere limitata a pochi

metri per contenere la caduta di tensione entro valori accettabili.

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Sorgenti luminose artificiali - 18/101

Il bulbo delle lampadine alogene non deve essere toccato con le dita,

poiché i depositi di grasso lasciati sul medesimo carbonizzerebbero alla

prima accensione a causa della temperatura elevata, annerendo il cristallo

e provocandone al limite anche la rottura. Il deterioramento del vetro di

quarzo è causato dall'azione catalitica dei residui organici, che innescano un

processo di devetrificazione. Il vetro di quarzo è infatti meno stabile dei

vetri ordinari. In caso di contatto con la pelle, è consigliabile pulire la

superficie con alcool.

A causa delle temperature di esercizio molto elevate, è necessario lasciare

raffreddare le lampade quarzo-alogene per almeno dieci minuti prima di

poterle maneggiare. Allo spegnimento, il vapore di iodio produce un

bagliore rosato: la lampada non deve assolutamente essere toccata fino a

quando non scompare questa colorazione.

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Emissione luminosa per scarica elettrica in gas

Il fenomeno dell'emissione di luce da parte di una scarica elettrica è stato

studiato a partire dalla seconda metà del XIX secolo da scienziati quali

Charles Wheatstone e Jean Foucault.

Il principio di funzionamento si basa sull'emissione di radiazione

elettromagnetica da parte di un plasma di gas ionizzato mediante una

scarica elettrica che lo attraversa. I gas o i vapori metallici vengono

eccitati dal passaggio della corrente elettrica e indotti ad emettere energia

sotto forma di radiazione elettromagnetica, con lunghezze d‟onda che

dipendono anche dalle condizioni di pressione presenti nella lampada e che

possono estendersi dal campo dell'ultravioletto a quello dell'infrarosso.

La struttura di questo tipo di lampade è fondamentalmente costituita da

un‟ampolla o un tubo di vetro o quarzo contenente il gas, almeno due

elettrodi tra cui avviene la scarica ed eventuali elettrodi supplementari per

l‟innesco. Solitamente le lampade a bassa pressione sono a forma di tubo

diritto o curvato ad U, mentre le lampade ad alta pressione sono costituite

da una piccola ampolla in quarzo (più adatto del vetro a resistere a

temperature elevate). La lampada può essere contenuta in un involucro in

vetro, con la funzione di schermare i raggi ultravioletti, ospitare eventuali

elementi accessori e proteggere il tubo emettitore.

L'emissione luminosa è monocromatica o limitata alle righe di emissione

spettrale del gas contenuto, se questo è a bassa pressione.

Il gas può anche essere il vapore di un elemento solido o liquido, ad

esempio mercurio (Hg) o sodio (Na). In questo caso, l‟accensione della

lampada comporta un livellamento progressivo, invece che immediato, del

flusso luminoso al valore a regime, in quanto è necessario che il materiale

evapori o sublimi per effetto del calore prodotto dalla scarica nel gas e

quindi possono trascorrere diversi minuti prima che la generazione di luce

raggiunga il livello ottimale, e in alcuni casi questo è un grave limite.

Poiché la tensione di rete non è sufficiente ad innescare la scarica, cioè la

ionizzazione del gas, occorre provocare un momentaneo aumento della

tensione di alimentazione per mezzo di trasformatori e starter o applicare

un impulso di alta tensione (migliaia di volt) ad un elettrodo posto sulla

superficie esterna del tubo. In altri tubi è presente un elettrodo di innesco a

brevissima distanza da uno dei due elettrodi ordinari. Questo elettrodo

viene brevemente alimentato con la normale tensione di rete, sufficiente ad

innescare un piccolo arco, con conseguente riscaldamento ed emissione di

ioni e radiazioni che causano l‟innesco del restante gas.

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Un modo ulteriore per accendere la lampada è di sottoporla ad un campo

elettromagnetico ad alta frequenza, da decine di kilohertz a molti

megahertz. Nelle lampade ad induzione non esistono connessioni elettriche

tra interno ed esterno del tubo ed il gas è ionizzato mediante radiazione

elettromagnetica indotta dall'esterno. Se si avvicina una lampada

fluorescente all'antenna di un potente trasmettitore radio si può osservare

un‟emissione luminosa.

Una volta innescata la scarica, questa si propaga a valanga a tutto il gas

ionizzandolo. A regime, la tensione ai capi del tubo si mantiene a valori più

bassi della tensione di rete, e non è più necessario l'intervento dei circuiti

accenditori.

Le lampade a scarica hanno una durata ed un‟efficienza luminosa

notevolmente superiori a quelle delle lampade a incandescenza.

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Lampade fluorescenti

Queste lampade a scarica generano un‟emissione luminosa visibile

indiretta, poiché la radiazione elettromagnetica prodotta dal gas ionizzato

è convertita in luce visibile da un materiale fluorescente.

Sono costituite da un tubo di vetro, lineare, circolare o variamente

sagomato, al cui interno è dapprima praticato il vuoto e successivamente

introdotto un gas a bassa pressione costituito da mercurio allo stato vapore

ed argon (Ar) o xenon (Xe) o, più raramente, da argon-neon (Ar, Ne) o

anche kripton (Kr). La superficie interna del tubo è rivestita da un sottile

strato fluorescente (talvolta anche debolmente fosforescente) composto da

miscele di varia composizione, a base di sali fosforati di metalli di

transizione o terre rare, i cosiddetti fosfori, dall'aspetto di polvere bianca.

Gli elettrodi del tubo sono costituiti da filamenti di tungsteno (W), avvolti a

spirale e rivestiti da una miscela di ossidi di bario, stronzio e calcio

(rispettivamente BaO, SrO e CaO), scelti per la loro relativamente bassa

temperatura di emissione termoionica.

All‟accensione, la corrente elettrica riscalda il catodo ad una temperatura

sufficiente perché emetta elettroni. Questi elettroni impattano contro gli

atomi del gas nobile circostante il catodo, formando un plasma per

ionizzazione da urto anelastico. La ionizzazione a valanga incrementa

rapidamente la conducibilità del gas, permettendo il passaggio nella

lampada di correnti elettriche di maggiore intensità. Il mercurio, presente

all‟interno del tubo con un rapporto di equilibrio tra fase liquida e fase

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Sorgenti luminose artificiali - 22/101

vapore di circa 1:10.000 (con il gas nobile ad una pressione pari a circa lo

0,3% della pressione atmosferica standard), viene ionizzato a sua volta ed

emette radiazioni ultraviolette, prevalentemente alle lunghezze d‟onda di

253,7 nm e 185 nm.

L‟elevata efficienza del processo fluorescente dipende in larga misura dal

fatto che il mercurio a bassa pressione emette per circa il 65% a 253,7 nm

e per circa il 10-20% a 185 nm. I fosfori del rivestimento interno assorbono

l‟energia della radiazione UV e la riemettono a frequenze inferiori, tipiche

dello spettro visibile (ad esempio, i tubi fluorescenti per illuminazione

generale presentano due picchi di emissione a 440 nm e 546 nm). La

differenza di energia tra il fotone UV assorbito ed il fotone visibile emesso

viene degradata in calore, che va a riscaldare lo strato di fosfori. La miscela

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Sorgenti luminose artificiali - 23/101

di fosfori determina, in base alla sua composizione, la tonalità della luce

emessa e, in combinazione con il vetro della lampada, impedisce la

fuoriuscita dei pericolosi raggi UV.

La lampada fluorescente è un dispositivo a resistenza differenziale

negativa: all‟aumentare della corrente elettrica trasportata (più gas

ionizzato), la resistenza elettrica nel tubo diminuisce, consentendo il

passaggio di una corrente ancora più intensa. Se collegata direttamente

alla rete elettrica, la lampada fluorescente verrebbe rapidamente ed

irreparabilmente danneggiata dall‟intensità fuori controllo della corrente

elettrica nel tubo. Per evitare questo, si deve porre in serie alla lampada un

dispositivo in grado di limitare la corrente, chiamato comunemente

alimentatore o reattore, che presenta l‟ulteriore vantaggio di generare

una sovratensione in grado di agevolare l‟innesco; in rarissimi casi si usa

una resistenza. L‟alimentatore può essere di tipo elettromagnetico

(responsabile del caratteristico ronzio delle lampade fluorescenti),

elettronico auto-oscillante, elettronico a componenti integrati.

Le lampade fluorescenti lineari o circolari sono costituite da tubi in

vetro a sviluppo classico lineare o circolare e con diametro di qualche

centimetro:

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Il loro tipico schema di inserzione in rete è il seguente:

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Per accendere la lampada, è generalmente necessario preriscaldare gli

elettrodi e fornire un colpo di tensione per mezzo di uno starter inserito in

parallelo alla lampada.

Circuito tipico delle lampade fluorescenti a preriscaldamento:

A. lampada fluorescente

B. alimentazione, 230 V

C. starter

D. interruttore (termostato bimetallico)

E. condensatore-filtro

F. elettrodi a filamento

G. reattore

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Sorgenti luminose artificiali - 26/101

Lo starter è fondamentalmente un interruttore automatico il cui elemento

sensibile è una lamina bimetallica, costituita da due lamine di differenti

materiali unite insieme, ad esempio acciaio e rame. Poiché i due materiali

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Sorgenti luminose artificiali - 27/101

hanno coefficienti di dilatazione diversi una variazione di temperatura

comporta un‟incurvatura della lamina bimetallica che può quindi agire

direttamente da interruttore.

La sequenza di accensione è la seguente:

1. si applica la tensione di 220 V;

2. ne consegue una scarica luminescente nello starter;

3. il contatto bimetallico dello starter si chiude a causa del calore

generato;

4. la corrente che fluisce nello starter preriscalda gli elettrodi della

lampada;

5. la scarica luminescente si spegne alla chiusura del contatto e il

bimetallo si raffredda, aprendo il circuito elettrico;

6. ne consegue un colpo di tensione induttivo all'alimentatore, che

accende la lampada;

7. la tensione di funzionamento della lampada è applicata anche allo

starter, ma è troppo bassa per generare una nuova scarica

luminescente e lo starter non è più in grado di intervenire.

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Sorgenti luminose artificiali - 28/101

L'alimentatore preleva dalla rete potenza reattiva, cosicché il fattore di

potenza risulta circa 0,5. Questo fattore può essere migliorato con un

condensatore di rifasamento inserito in parallelo al complesso reattore-

lampada (circuito rifasato).

Le lampade elettroniche o a risparmio energetico sono solo

apparentemente diverse dalle lampade fluorescenti classiche. In realtà,

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Sorgenti luminose artificiali - 29/101

sono costituite da un tubo fluorescente di piccolo diametro ripiegato più

volte per compattarlo ed inserirlo in una base con attacco a vite compatibile

con quelli delle lampade ad incandescenza.

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Sorgenti luminose artificiali - 30/101

Nella base è alloggiata la scheda con l‟elettronica integrata per l‟accensione

e l‟alimentazione del tubo fluorescente.

Il flusso luminoso delle lampade fluorescenti dipende strettamente dalla

temperatura ambiente; il valore ottimale si ottiene a 20-25 °C. Per

temperature inferiori o superiori, il flusso e l‟efficienza luminosi

diminuiscono.

L‟indice di resa cromatica (CRI, Color Rendering Index) è una misura

del bilanciamento delle componenti cromatiche della luce bianca. Per

definizione, una lampada ad incandescenza ha un CRI pari a 100, mentre le

lampade fluorescenti raggiungono un CRI compreso tra 50% e 99%. Ad

esempio, una lampada fluorescente con CRI basso ha fosfori che emettono

luce rossa in misura insufficiente, alterando il colore degli oggetti.

La temperatura di colore correlata (CCT, Correlated Color

Temperature) è una misura del bianco della luce. La temperatura di

colore tipica delle lampade a filamento è di 2700 K, corrispondente ad una

luce bianco-giallastra, e quella delle lampade alogene è di 3200 K.

Per modificare la temperatura di colore correlata nelle lampade fluorescenti,

si interviene sulla composizione della miscela di fosfori all‟interno del tubo.

Le lampade fluorescenti sono classificate in base al tipo di luce emessa:

lampade fluorescenti a luce bianca calda – hanno una CCT di 2700 K e

trovano largo impiego nell‟illuminazione domestica;

lampade fluorescenti a luce bianca neutra – hanno una CCT di 3000-

3500 K;

lampade fluorescenti a luce bianca fredda – hanno una CCT di 4100 K

e sono molto utilizzate per l‟illuminazione di ambienti lavorativi;

lampade fluorescenti a luce diurna – hanno una CCT di 5000-6500 K

ed emettono una luce bianco-bluastra.

L‟illuminazione con alti valori di temperatura di colore correlata richiede

generalmente illuminamenti elevati. Al diminuire del livello di

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Sorgenti luminose artificiali - 31/101

illuminamento, l‟occhio umano percepisce come più naturali le temperature

di colore più basse. Ad esempio, mentre una poco luminosa lampada ad

incandescenza a 2700 K ed una molto luminosa a 5000 K appaiono

entrambe naturali, una poco luminosa lampada fluorescente a 5000 K

appare eccessivamente fioca. Le lampade fluorescenti a luce diurna

appaiono naturali solo se sono molto brillanti.

Le luci meno confortevoli sono quelle emesse dai tubi rivestiti con i datati

fosfori a base di alofosfati (Ca5(PO4)3(F,Cl):Sb3+,Mn2+). L‟insoddisfacente

resa cromatica è dovuta al fatto che questi fosfori emettono

prevalentemente nel giallo e nel blu e relativamente poco nel verde e nel

rosso. All‟occhio questa miscela appare bianca, ma la luce è costituita solo

da alcune bande del visibile ed il CRI di queste lampade è pari solo a 60.

A partire dal 1990, le lampade fluorescenti di qualità utilizzano alofosfati

con CRI più alto o miscele trifosforiche con ioni di europio (Eu) e terbio

(Tb), che hanno bande di emissione distribuite più uniformemente nello

spettro visibile. Con un CRI pari a 82-100, questi tubi offrono una resa

cromatica più naturale.

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Le lampade fluorescenti hanno una vita utile media molto superiore a quella

delle lampade ad a incandescenza. Ma la loro durata è influenzata dal

numero di accensioni e spegnimenti, a meno che non si usi un pilotaggio

elettronico: ognuna di queste operazioni, infatti, riduce la vita utile a causa

dell‟usura subita dagli elettrodi. Il valore che viene fornito dalle aziende

produttrici è generalmente calcolato con cicli di accensione di 8 ore e va

dalle 12.000-15.000 ore delle lampade tubolari alle 5.000-6.000 ore delle

lampade elettroniche compatte.

Il pilotaggio elettronico, invece, grazie al preriscaldamento degli elettrodi

che ne evita il danneggiamento, consente un numero di accensioni

praticamente infinito (oltre 60.000) e la precisione del controllo ne estende

la vita ad almeno 10.000 ore. A differenza delle lampade alogene, il flusso

luminoso delle lampade compatte tende a diminuire leggermente nel corso

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Sorgenti luminose artificiali - 33/101

del tempo; inoltre, i modelli meno recenti (generalmente privi di

preriscaldamento) possono impiegare generalmente qualche minuto per

arrivare al valore a regime del flusso luminoso dopo l‟accensione.

Le lampade fluorescenti contengono mercurio che è estremamente

inquinante. Dopo l'uso devono essere smaltite in maniera differenziata tra i

materiali RAEE e non con il vetro.

Lampade allo xenon

Sono lampade a scarica elettrica che utilizzano gas xenon (Xe) per produrre

una luce molto intensa e bianca simile alla luce solare.

Sono costituite da un tubo in vetro o quarzo con due elettrodi di tungsteno

alle estremità e riempito di gas xenon dopo avervi praticato il vuoto e

possono essere suddivise in tre categorie:

lampade ad arco corto ad emissione continua,

lampade ad arco lungo ad emissione continua,

lampade flash (trattate separatamente nella successiva sezione).

Questa lampada è divenuta comune solo a partire dal

1990 con l'uso nei fari delle automobili, dove è

indispensabile un circuito elevatore di tensione al fine di

alimentare la lampada a partire dai 12 V della batteria.

L‟aggiunta di mercurio e sali di sodio (Na) e scandio (Sc)

aumenta significativamente l‟emissione luminosa,

mentre lo xenon si limita a generare luce già

all‟accensione della lampada.

Arco corto

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Inoltre, è la sorgente luminosa universalmente adottata

nei proiettori cinematografici.

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Sorgenti luminose artificiali - 36/101

Il bulbo di vetro è piccolo e l‟arco è lungo pochi

millimetri, in modo da potere focalizzare con precisione

la luce. La potenza di queste lampade spazia da poche

decine di watt a molti kilowatt.

Tutte le attuali lampade ad arco corto sono dotate di

bulbo in quarzo con elettrodi in tungsteno (W) drogato

con torio (Th). Al contrario del vetro, il quarzo è in grado

di resistere agli elevati valori di pressione (25 atm nei

bulbi IMAX) e temperatura a regime mantenendosi

otticamente trasparente.

Il drogaggio degli elettrodi con torio migliora

sensibilmente le caratteristiche di emissione. Poiché il

tungsteno ed il quarzo hanno coefficienti di dilatazione

termica differenti, gli elettrodi sono saldati a lamine di

molibdeno (Mo) o di invar (lega metallica composta da

ferro (64%) e nichel (36%), con tracce di carbonio e

cromo), a loro volta fuse nel quarzo a sigillare il bulbo.

In alternativa, si può utilizzare un corpo ceramico con

riflettore integrato.

Il gas di riempimento delle lampade ad arco corto può

essere costituito da xenon puro o da una miscela di

xenon e mercurio in piccola quantità.

Nelle lampade allo xenon puro, la maggior parte della

luce è generata all‟interno di una ristrettissima area di

plasma sovrastante la superficie del catodo, dove ha

origine il flusso di elettroni della scarica. La zona di

plasma che genera la luce è di forma conica e l‟intensità

luminosa diminuisce esponenzialmente spostandosi dal

catodo all‟anodo. Gli elettroni che attraversano il plasma

colpiscono l‟anodo surriscaldandolo. Di conseguenza, per

dissipare il calore, l‟anodo delle lampade ad arco corto

deve avere dimensioni maggiori rispetto al catodo o

essere raffreddato ad acqua. Lo spettro di emissione è

simile alla luce solare, con un andamento relativamente

piatto per tutte le lunghezze d‟onda del visibile. Anche se

il gas è ad alta pressione, emette alcune linee molto

intense nella banda del vicino infrarosso di 850-900 nm,

equivalenti a circa il 10% della radiazione totale

generata.

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Sorgenti luminose artificiali - 37/101

Nelle lampade allo xenon-mercurio, la maggior parte

della luce è generata all‟interno di una ristrettissima area

di plasma sovrastante ciascun elettrodo. La zona di

plasma che genera la luce ha la forma di due coni che si

intersecano e l‟intensità luminosa diminuisce

esponenzialmente spostandosi verso il centro della

lampada. La luce emessa è bianco-azzurra, con

un‟elevata percentuale di radiazioni ultraviolette,

rendendo queste lampade adatte a terapie a base di UV,

alla sterilizzazione di oggetti ed alla produzione di ozono.

Le lampade allo xenon ad arco corto sono dispositivi

operanti a bassa tensione ed in corrente continua ad alta

intensità, con coefficiente termico negativo. La loro

accensione richiede un impulso di tensione a 50 kV ed il

loro funzionamento a regime una regolazione

estremamente precisa dell‟alimentazione in corrente

continua. Inoltre, sono inerentemente instabili, soggette

ad oscillazioni del plasma e cadute di tensione. Si

preferisce quindi regolare la corrente che fluisce nella

lampada piuttosto che la tensione applicata (ad esempio,

18 V e 25 A per una potenza di 450 W).

Per ottenere la massima efficienza, la pressione interna

delle lampade ad arco corto è molto elevata e pone

quindi problemi di sicurezza. Se la lampada cade o si

rompe in servizio, i frammenti del bulbo vengono

proiettati via ad alta velocità. A scopo preventivo, le

lampade di dimensioni maggiori sono spedite in involucri

protettivi, che trattengono i frammenti in caso di rottura

e che vengono rimossi in fase di installazione.

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Poiché la probabilità di rotture aumenta con il numero di

ore in servizio, le lampade esaurite presentano il

massimo rischio esplosione. Al termine della sua vita

utile, la lampada viene ricollocata nell‟involucro

protettivo e smaltita. I produttori raccomandano l‟uso di

occhiali di sicurezza o, per le lampade di dimensioni

maggiori, protezioni integrali del corpo durante le fasi di

installazione e disinstallazione.

Questa lampada è strutturalmente simile alla lampada ad

arco corto tranne per il fatto che la porzione contenente

l'arco è più lunga. Montata con un riflettore ellittico, è

usata per simulare l‟illuminazione solare e trova quindi

impego nei test di pannelli solari e di invecchiamento alla

luce dei materiali e nell‟ispezione di materiali.

Lampeggiatore elettronico

L'idea di utilizzare una scarica elettrica per produrre un lampo di intensità

sufficiente per le esigenze della ripresa fotografica risale al periodo tra le

due guerre mondiali; ma lo sviluppo dell‟elettronica necessaria ha reso

Arco lungo

Lampada allo xenon ad arco corto da 3 kW con involucro di

sicurezza in plastica per la spedizione

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possibile l‟avvio della produzione industriale dei primi lampeggiatori

elettronici solo nella seconda metà del XX secolo. L'impulso decisivo allo

sviluppo tecnologico e all‟affermazione dei lampeggiatori elettronici è stato

dato dai circuiti elettronici a stato solido.

Queste lampade, usate nei lampeggiatori per fotografia, sono piuttosto

differenti dalle precedenti sia nella costruzione sia nel funzionamento. Sono

studiate per produrre un lampo estremamente intenso per un periodo

brevissimo. Il gas contenuto è una miscela di xenon (Xe) ed altri gas in

quantità minori. La pressione del gas può andare da pochi kilopascal a

decine di kilopascal (0,01-0,1 atm). A causa della bassa temperatura del

gas, lo spettro luminoso presenta molte linee spettrali che danno il

caratteristico colore bianco alla luce del flash. La forma del vetro può

essere a tubo lineare, elicoidale, circolare o a U.

Oltre ai due elettrodi di alimentazione, è presente un terzo elettrodo di

innesco, che può essere interno al tubo o sotto forma di anello all'esterno

del vetro, a cui viene applicato un impulso di alta tensione per innescare

l‟arco. L‟impulso elettrico provoca la ionizzazione del gas, che riduce

repentinamente la sua resistenza elettrica e si lascia attraversare da una

corrente molto intensa, di centinaia di ampere. L'energia necessaria è

accumulata in un condensatore caricato con tensioni di centinaia o migliaia

di volt, in funzione del tipo di tubo.

La durata di ogni scarica spazia dai microsecondi ai millisecondi e la

frequenza di ripetizione dei lampi può arrivare a centinaia di hertz.

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Il bulbo di scarica in vetro è posto nel fuoco di una parabola che ha il

compito di riflettere in un campo limitato, concentrandola, la luce emessa.

Nei flash professionali non portatili, è possibile sostituire la parabola per

modificare l'emissione luminosa. Tutti i lampeggiatori elettronici sono dotati

di schermo trasparente protettivo in vetro temprato o in plastica,

eventualmente conformato per concentrare ulteriormente la luce, che

chiude anteriormente l‟insieme bulbo-parabola (unità flash). Lo schermo

non serve solo a proteggere l‟unità flash da sollecitazioni e da agenti

esterni, ma anche a evitare che l‟improbabile esplosione del bulbo provochi

lesioni personali, come previsto dalle norme di sicurezza.

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L'uso comune è in fotografia, per illuminare intensamente la scena nel

preciso momento dello scatto, ma anche per effettuare riprese

stroboscopiche.

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Sorgenti luminose artificiali - 42/101

Componenti elettrici ed elettronici L'alimentazione elettrica dipende dal tipo di lampeggiatore elettronico. I

grossi flash professionali vanno collegati direttamente alla rete elettrica; nei

flash portatili si può avere un'alimentazione fornita da accumulatori

ricaricabili; si può avere infine un'alimentazione fornita da batterie.

Il condensatore è in stretta dipendenza dall'alimentazione. Generalmente

ha una forma cilindrica di dimensioni cospicue, proporzionate all'unità nella

quale è montato. Il compito che svolge è di fondamentale importanza

nell'ambito del funzionamento del lampeggiatore elettronico, in quanto

funge da serbatoio di energia elettrica ad alta tensione da scaricare, al

momento dello scatto, nel bulbo generando il lampo.

Naturalmente, dopo il lampo, occorre un certo intervallo per ricaricare

nuovamente e completamente il condensatore; questo determina

l'intervallo minimo tra un lampo e il successivo. Questo intervallo dipende

non solo dalle caratteristiche tecniche dell‟unità flash e dell‟elettronica, ma

anche dal tipo e dallo stato dell‟alimentazione.

Nei lampeggiatori elettronici portatili, le batterie e gli accumulatori

forniscono al condensatore una tensione di pochi volt, decisamente

insufficiente perché il condensatore possa innescare la generazione del

lampo. Per elevare la tensione a centinaia di volt, è quindi necessario

inserire un trasformatore, operante ad impulsi o in corrente alternata, tra

l'alimentatore e il condensatore, operanti invece in corrente continua.

Il circuito elettrico dei lampeggiatori elettronici è così composto da

oscillatori elettronici che trasformano la corrente continua delle batterie o

degli accumulatori in corrente alternata in modo tale che questa possa

essere avviata al trasformatore, funzionante solo con corrente alternata.

Quindi, un raddrizzatore modifica la corrente alternata in uscita dal

trasformatore in corrente continua, che viene inviata al condensatore. La

parte più delicata del circuito è rappresentata dagli oscillatori elettronici allo

stato solido, che consentono di ridurre le dimensioni ed aumentare la

potenza dei lampeggiatori elettronici portatili. Il funzionamento degli

oscillatori è responsabile del tipico e caratteristico ronzio udibile durante la

ricarica del lampeggiatore tra un lampo e quello successivo.

Nei modelli portatili, è inoltre presente un circuito limitatore che provvede a

disinserire le batterie quando il condensatore è carico. Il suo intervento è di

fondamentale importanza, in quanto impedisce di sprecare inutilmente

energia elettrica, a vantaggio dell‟autonomia del lampeggiatore elettronico.

In pratica, il circuito stacca l‟alimentazione nel momento in cui la tensione

ai capi del condensatore ha raggiunto il valore richiesto. Quando il valore si

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Sorgenti luminose artificiali - 43/101

riabbassa al di sotto di una soglia minima (ogni condensatore presenta

inevitabilmente lievi perdite) l'alimentazione viene nuovamente connessa.

La presenza di questo circuito è rilevabile dal caratteristico ronzio

intermittente degli oscillatori, che intervengono per ripristinare il livello di

carica.

Computer ed economizzatore In alcune situazioni di ripresa la potenza del lampeggiatore elettronico può

risultare eccessiva anche con il diaframma all‟apertura minima. Ad

esempio, quando la distanza tra lampeggiatore e soggetto è molto breve o

quando la sensibilità della pellicola utilizzata è troppo alta. Si rende quindi

necessario ridurre l‟emissione luminosa.

Sebbene sia possibile operare la riduzione mascherando l‟unità flash con

filtri grigi neutri (ND), è preferibile utilizzare un circuito di controllo, in

grado di interrompere l‟emissione del lampo quando la luce riflessa dal

soggetto durante l'esposizione raggiunge il valore ottimale.

Questi lampeggiatori elettronici sono dotati di computer, collegato a una

fotocellula per leggere la luce riflessa, che comanda un circuito di

interruzione del lampo, previa taratura del sistema in funzione dell'apertura

di diaframma in uso.

Nei lampeggiatori elettronici dotati di circuito a thyristor (circuito

economizzatore), l‟utilizzo dell‟energia elettrica presente nel

condensatore è strettamente limitato alla quantità necessaria per il lampo.

Così, per soggetti distanti, il lampo può richiedere quasi tutta l‟energia del

condensatore, con un tempo di ricarica normale; mentre, per soggetti

vicini, la frazione di energia prelevata dal condensatore può essere piccola,

con un breve intervallo tra un lampo e quello successivo. In questo secondo

caso, l‟alimentazione è meno sollecitata ed è in grado di fornire un numero

maggiore di lampi.

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I lampeggiatori elettronici dedicati possono essere pilotati in completo

automatismo dal circuito esposimetrico della fotocamera mediante specifici

contatti elettrici sulla slitta di innesto del flash.

Potenza del lampo Nel considerare le prestazioni operative del lampeggiatore elettronico è

fondamentale considerare la potenza del lampo. Un lampeggiatore di

elevata potenza consente di riprendere soggetti posti anche a distanze

molto lontane dal punto di ripresa oppure, a parità di distanza di ripresa, un

lampo potente consente di chiudere il diaframma con evidente beneficio per

l‟estensione della profondità di campo.

La potenza dei lampeggiatori professionali è sempre espressa in

watt/secondo, per un‟immediata valutazione delle prestazioni fotografiche

delle unità in sala di posa. Ad esempio, se si dispone di un generatore di

corrente da 2000 W/s, si intuisce subito la possibilità di usare una sola

torcia che ne sfrutti tutta la potenza, la possibilità di dividere la potenza su

due punti luce da 1000 W/s ciascuno, oppure la possibilità di distribuire la

potenza su quattro punti luce da 500 W/s ciascuno. L‟indicazione elettrica

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Sorgenti luminose artificiali - 45/101

non tiene però conto di altri fattori, quali l‟efficienza del bulbo, il tipo di

parabola adottato e la durata del lampo.

Poiché i lampeggiatori elettronici portatili sono sempre usati in

configurazione fissa (le torce dei lampeggiatori elettronici da studio possono

invece utilizzare parabole riflettenti differenti, abbinate generalmente con

superfici a riflessione diffusa), la potenza è indicata dal numero guida. Si

tratta di un valore numerico che si ricava moltiplicando la distanza tra

soggetto e lampeggiatore per il valore di diaframma che fornisce

un‟esposizione corretta:

dove: NG = numero guida,

L = distanza lampeggiatore-soggetto,

N = valore del diaframma.

Il numero guida varia in funzione della sensibilità della pellicola in uso;

pertanto, a livello internazionale, è obbligatorio esprimerlo facendo

riferimento alla sensibilità di 100/21 °ISO.

A parità di sensibilità della pellicola, al numero guida più alto corrisponde

sempre il lampeggiatore elettronico più potente. In generale, le dimensioni

del lampeggiatore sono direttamente proporzionali alla sua potenza. Il suo

condensatore elettrolitico presenta, infatti, dimensioni strettamente legate

alla sua capacità.

Angolo di illuminazione L'emissione luminosa di un lampeggiatore elettronico, come del resto quella

di tutte le sorgenti di illuminazione, si irradia con un angolo ben definito.

L'angolo di illuminazione del lampeggiatore elettronico è sempre superiore

all'angolo di campo di un obiettivo normale, in quanto il lampo deve

illuminare uniformemente tutto il campo inquadrato.

Nel caso del formato 24 x 36 mm l‟angolo di illuminazione copre l‟angolo di

ripresa degli obiettivi grandangolari con focale di 35 mm: 64° sulla

diagonale (54° in orizzontale x 38° in verticale).

Nonostante la perdita di luminosità che comportano, quantificabile in 1-2

stop, è possibile montare anteriormente all‟unità flash schermi che

diffondono il fascio uscente, per angoli di illuminazione compatibili con gli

obiettivi grandangolari (il numero guida viene ridotto), o lo concentrano,

per angoli di illuminazione compatibili con i teleobiettivi (il numero guida

viene aumentato). I flash elettronici più sofisticati sono dotati di parabola

NG = L · N

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Sorgenti luminose artificiali - 46/101

zoom, in grado di adattare l‟angolo di illuminazione all‟angolo di ripresa

dell‟ottica.

Altre lampade a scarica elettrica

Lampade al sodio

Nelle lampade a bassa pressione, l'emissione è in luce

monocromatica gialla alla lunghezza d‟onda caratteristica

di emissione del sodio, corrispondente a 589 nm.

Queste lampade trovano impiego nell'illuminazione

stradale di tratti soggetti a nebbia. A causa

dell'emissione monocromatica ad una lunghezza d'onda

ottimale per l'occhio umano, presentano un‟efficienza

luminosa molto elevata.

Bassa pressione

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Sorgenti luminose artificiali - 47/101

Aumentando la pressione, il vapore di sodio si allontana

dalla condizione di gas ideale ed il suo spettro di

emissione si allarga rispetto alla riga spettrale

monocromatica tipica. La luce prodotta dalle lampade ad

alta pressione è di colore bianco tendente al giallo

(2000-2500 K), caratteristica che le rende adatte solo

per applicazioni in cui la resa dei colori non è importante.

Il rendimento luminoso è elevato (fino a 115 lm/W), così

come la vita utile (oltre 16.000 ore). Particolari

accorgimenti costruttivi fanno fronte all'aggressività

chimica del sodio.

Alta pressione

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Sorgenti luminose artificiali - 49/101

Lampade ad alogenuri metallici L'introduzione nelle lampade a vapori di sodio ad alta pressione di ioduri

metallici (NaI, TlI, InI3, DyI3, HoI3, CsI, TmI3) migliora la resa dei colori,

con una temperatura di colore molto elevata (4000-5600 K).

La resa cromatica di queste lampade le rende particolarmente adatte

all‟illuminazione di impianti sportivi, dove la loro luce perfettamente bianca

ha fatto passare in secondo piano il loro difetto iniziale di una bassa

efficienza luminosa (40-80 lm/W) ed una bassa durata (6.000 ore).

Attualmente, con un rendimento che raggiunge o supera 90 lm/W e con

una durata 12.000 ore, vengono utilizzate anche nelle aree urbane per

migliorare il confort visivo grazie all‟indice di resa cromatica pari a 80-90.

Le lampade di questo tipo necessitano di appositi accenditori, in grado di

produrre impulsi di tensione di innesco compresi tra 0,75 e 5 kV. Secondo il

modello di lampada, il flusso luminoso a regime è raggiunto entro 2-10

minuti dall‟accensione. In caso di spegnimento accidentale, occorre

attendere il raffreddamento della lampada (2-15 minuti) prima di

riaccenderla, a causa dell‟elevata tensione di innesco per la riaccensione a

caldo (25-60 kV). La corrente di spunto della lampada può superare il

190% del valore di regime. Inoltre, è necessario provvedere al rifasamento

a causa del fattore di potenza basso (0,3-0,7).

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Lampade al mercurio Emettono prevalentemente nello spettro ultravioletto mediante scarica

elettrica in vapori di mercurio a bassa pressione all‟interno di un piccolo

tubo di quarzo protetto da un bulbo di vetro. Vengono usate per sterilizzare

ambienti ed oggetti.

Se si riveste l'interno del tubo con materiale fluorescente in grado di

convertire la radiazione UV in radiazione visibile, si ottiene una lampada

fluorescente.

In serie alla lampada è montato l'alimentatore, mentre il dispositivo di

accensione è interno alla lampada ed consiste in un elettrodo ausiliario.

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Sorgenti luminose artificiali - 51/101

Per stabilizzare la scarica occorre un alimentatore, perciò ne consegue un

fattore di potenza di 0,5 circa. Per il rifasamento, si utilizzano condensatori

inseriti in parallelo. Il flusso luminoso a regime è raggiunto dopo alcuni

minuti dall‟accensione.

Lampade a luce miscelata Sono la combinazione di una lampada a incandescenza e di una lampada a

vapori di mercurio in un unico bulbo.

Oltre all'emissione di luce soprattutto nella banda del rosso, il filamento ad

incandescenza serve da limitatore di corrente per la scarica. Pertanto, le

lampade a luce miscelata non necessitano di alimentatori e sono

direttamente intercambiabili con le lampade a incandescenza.

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Sorgenti luminose artificiali - 52/101

Durante il funzionamento, la luce generata dal filamento incandescente si

miscela con quella prodotta dalla scarica elettrica assicurando così una

tonalità più naturale. Per contro si ha un notevole abbassamento del

rendimento energetico.

LED

La sigla indica il diodo ad emissione luminosa (LED, Light Emitting

Diode), sviluppato da Nick Holonyak Jr nel 1962.

Il dispositivo sfrutta le proprietà ottiche di alcuni materiali semiconduttori

per produrre fotoni a partire dalla ricombinazione di coppie elettrone-

lacuna. Gli elettroni e le lacune vengono iniettati in una zona di

ricombinazione attraverso due regioni del diodo drogate con impurità di tipo

diverso, e cioè di tipo “n” per gli elettroni e “p” per le lacune. Il colore della

radiazione emessa è definito dalla differenza di energia tra i livelli energetici

di elettroni e lacune e corrisponde tipicamente al valore della banda proibita

del semiconduttore in questione.

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Sorgenti luminose artificiali - 53/101

I LED sono uno speciale tipo di diodi a giunzione p-n, formati da un

sottile strato di materiale semiconduttore drogato. Quando sono sottoposti

ad una tensione diretta per ridurre la barriera di potenziale della giunzione,

gli elettroni della banda di conduzione del semiconduttore si ricombinano

con le lacune della banda di valenza rilasciando energia sufficiente per

generare fotoni. A causa dello spessore ridotto del chip, un ragionevole

numero di questi fotoni può abbandonarlo ed essere emesso come luce. I

LED sono formati da arseniuro di gallio (GaAs), fosfuro di gallio (GaP),

fosfoarseniuro di gallio (GaAsP), carburo di silicio (SiC) e nitruro di gallio e

indio (GaInN). La scelta dei semiconduttori determina la lunghezza d'onda

dell'emissione di picco dei fotoni, l'efficienza nella conversione elettro-ottica

e quindi l'intensità luminosa in uscita.

Anche se è cosa poco nota, i LED sono macchine reversibili: se la loro

giunzione viene esposta direttamente ad una forte fonte luminosa o ai raggi

solari, ai terminali appare una tensione, dipendente dall'intensità della

radiazione e dal colore del led in esame (massima per il blu). Questa

caratteristica viene abitualmente sfruttata nella realizzazione di sensori, per

sistemi di puntamento (inseguitori solari) di piccoli impianti fotovoltaici o a

concentratore.

Utilizzo I primi LED erano disponibili solo nel colore rosso. Venivano utilizzati come

indicatori nei circuiti elettronici, nei display a sette segmenti e negli

optoisolatori. Successivamente vennero sviluppati LED che emettevano luce

gialla e verde e vennero realizzati dispositivi che integravano due LED,

generalmente uno rosso e uno verde, nello stesso contenitore permettendo

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Sorgenti luminose artificiali - 54/101

di visualizzare quattro stati (spento, verde, rosso, verde+rosso=giallo) con

lo stesso dispositivo.

Negli anni ‟90 del XX secolo vennero realizzati LED con efficienza sempre

più alta e in una gamma di colori sempre più ampia fino a quando, con la

realizzazione di LED a luce blu, non fu possibile realizzare dispositivi che,

integrando tre LED (uno rosso, uno verde ed uno blu), potevano generare

qualsiasi colore.

I LED in questi anni si sono diffusi in tutte le applicazioni in cui servono

elevata affidabilità, lunga durata ed elevata efficienza; ad esempio:

telecomandi ad infrarossi,

indicazione di stato (lampade spia),

retroilluminazione di LCD,

semafori e luci di arresto delle automobili,

cartelloni a messaggio variabile,

illuminazione.

Impiego nell'illuminazione I LED sono sempre più utilizzati in ambito illuminotecnico in sostituzione di

alcune sorgenti di luce tradizionali. Il loro utilizzo nell'illuminazione

domestica, quindi in sostituzione di lampade ad incandescenza, alogene o

fluorescenti compatte (a risparmio energetico), è oggi possibile con notevoli

benefici. Fondamentalmente, il limite dei LED per questo tipo di

applicazione è la quantità di luce emessa (flusso luminoso espresso in

lumen [lm]), che nei modelli di ultima generazione per uso professionale si

attesta intorno a 120 lm, ma che nei modelli più economici raggiunge solo

20 lm. Una lampadina ad incandescenza da 60 W emette un flusso

luminoso di circa 550 lm. Inoltre i LED più luminosi sono ancora quelli a

luce fredda con resa cromatica relativamente bassa.

Il loro utilizzo diventa invece molto più interessante in ambito

professionale, dove il rendimento di 40-60 lm/W li rende vantaggiosi. Come

termine di paragone, una lampada ad incandescenza da 60-100 W ha un

rendimento di circa 15 lm/W, una alogena di pari potenza un rendimento di

circa 20 lm/W ed una fluorescente lineare un rendimento fino a 100 lm/W.

Un altro limite illuminotecnico deriva dalle loro caratteristiche di emissione

e durata, che sono fortemente condizionate dalle caratteristiche di

alimentazione e dissipazione. Diventa dunque difficile individuare rapporti

diretti tra le varie grandezze, tra le quali entra in gioco anche un ulteriore

parametro, cioè l'angolo di emissione del fascio di luce, che può variare

entro 4° ed oltre 120°.

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Sorgenti luminose artificiali - 55/101

Occorre sottolineare che, per applicazioni di illuminazione generale, sono

indispensabili LED ad alta potenza (≥ 1 W), con correnti di esercizio minime

di 350 mA. Al momento, il rendimento più alto fatto registrare da dispositivi

ad alta potenza ad emissione di luce bianca appartiene ad un LED di Philips

Lumileds Lighting Co., con un‟efficienza luminosa di 115 lm/W a 350 mA.

Agli inizi del 2008, ricercatori presso la Bilkent University in Turchia hanno

messo a punto una nuova tecnica per produrre luce bianca da LED blu

rivestiti con nanocristalli, ottenendo un rendimento di oltre 300 lm/W.

Attualmente, dal punto di vista applicativo, i LED sono molto utilizzati

quando l'impianto di illuminazione necessita delle seguenti caratteristiche:

miniaturizzazione,

saturazione dei colori,

effetti dinamici (variazione di colore RGB)

lunga durata e robustezza,

valorizzazione di forme e volumi.

Riassumendo, i vantaggi dei LED dal punto di vista illuminotecnico sono i

seguenti:

durata di funzionamento (la durata dei LED è di uno-due ordini di

grandezza superiore a quella delle sorgenti luminose tradizionali,

specie in condizioni di stress meccanici; i LED ad alta emissione

arrivano a circa 50.000 ore),

prezzi contenuti,

costi di manutenzione azzerati,

elevato rendimento (soprattutto rispetto alle lampade ad

incandescenza e alogene),

luce pulita perché priva di componenti IR e UV,

facilità di realizzazione di ottiche efficienti in plastica,

flessibilità di installazione del punto luce,

circuiti di alimentazione non complessi,

elevata velocità di commutazione,

saturazione dei colori,

possibilità di un forte effetto spot (sorgente quasi puntiforme),

funzionamento in sicurezza perché a bassissima tensione

(normalmente entro 3-24 Vdc),

accensione a freddo (fino a -40°C) senza problemi,

insensibilità ad umidità e vibrazioni,

assenza di mercurio,

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Sorgenti luminose artificiali - 56/101

tecnologia di costruzione compatibile con quella dei circuiti integrati in

silicio.

Assorbimenti elettrici dei LED

Tipologia LED Corrente elettrica assorbita

LED a basso consumo 3 – 10 mA

LED per uso generale 10 – 15 mA

LED flash 20 – 40 mA

Caratteristiche tecniche In molti casi i LED sono alimentati in corrente continua con una resistenza

in serie Rs per limitare la corrente diretta al valore di lavoro, il quale può

variare da 5-6 mA fino a 20 mA quando è richiesta molta luce. Tale valore

dipende anche dalla lunghezza d‟onda della luce emessa dal LED.

L‟impiego della resistenza in serie è giustificato anche dalla necessità di

garantire una lunga vita utile del dispositivo. In assenza di questa

resistenza, un piccolo aumento della corrente farebbe diminuire il valore

della resistenza differenziale del LED, come previsto dal grafico

tensione/corrente. Tali variazioni, se di entità sufficiente, potrebbero

innescare un differenziale negativo, in quanto la progressiva diminuzione

della resistenza del LED causerebbe, a tensione costante, l'aumento della

corrente ed un sempre maggiore riscaldamento per effetto Joule che

porterebbe velocemente il dispositivo a bruciarsi.

Il valore della resistenza in serie Rs è calcolato mediante la legge di Ohm

conoscendo la corrente di lavoro richiesta If, la tensione di alimentazione Vs

e la differenza di potenziale del LED alla corrente di lavoro data, Vf.

Nel dettaglio, la formula per calcolare la resistenza in serie necessaria è la

seguente:

che ha come unità di misura:

Ad esempio, per Vs = 12 V, Vf = 1,8 V e I = 20 mA, si ha:

[ohm = volt / ampere]

Rs = (Vs Vf) / If

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Sorgenti luminose artificiali - 57/101

Rs = (12 1,8) / 0,020 = 510 Ω

La differenza di potenziale Vf del LED può essere stimata in base a quella

indicata nel datasheet del prodotto per una corrente di 20 mA. I LED

devono operare solo con tensione diretta e non devono essere sottoposti a

tensioni inverse superiori a pochi volt, che potrebbero danneggiarli. A

differenza delle lampade ad incandescenza sono molto sensibili alle

variazioni di tensione: basta il 10% in meno perché non si illuminino e il

10% in più per bruciarli.

In linea generale, se non si dispone del datasheet specifico, si può

considerare per i LED consueti, con diametro di 5 mm, una tensione Vf pari

a circa 2 V ed una corrente di lavoro If prudenziale di 10-15 mA e non oltre

20 mA. Valori superiori di corrente sono in genere sopportati, ma non

assicurano un funzionamento duraturo. Quindi, secondo la suddetta

formula, la resistenza dovrà essere compresa tra questi due valori:

Rs max = (12 2) / 0,010 = 1000 Ω (valore standard = 1 kΩ)

Rs min = (12 2) / 0,020 = 500 Ω (valore standard = 560 Ω)

Per i LED di tipo flash, con correnti variabili tra 20 e 40 mA, i valori minimo

e massimo della resistenza saranno pari rispettivamente a 250 e 500 Ω

(valori standard 270 Ω e 470 Ω).

In caso di alimentazione in corrente alternata, occorre proteggere il LED

dalla tensione inversa mediante un semplice circuito. Il metodo più

semplice è quello di usare un diodo collegato in una cosiddetta

configurazione antiparallela, cioè in parallelo al LED ma con polarità

invertita per limitare la tensione inversa. Il LED è così protetto durante il

ciclo negativo della sinusoide: si ha passaggio di corrente attraverso il

diodo di protezione, ma non viene emessa luce, dimezzando l'efficienza.

È bene evitare di mettere il diodo di protezione in serie, in quanto

entrerebbero in gioco le resistenze inverse (equivalenti) dei due

componenti che, essendo di valore comparabile, potrebbero determinare ai

capi del LED una tensione pericolosa.

Un metodo alternativo che mantiene attiva l'uscita luminosa consiste

nell'usare un ponte di quattro diodi per assicurare che una corrente

diretta scorra sempre attraverso il LED. Ovviamente, dal punto di vista

dell'efficienza, il ponte di diodi ha senso soltanto se si alimentano più LED

in serie, altrimenti l'energia dispersa nello stesso a causa delle sue cadute

di tensione sarà inaccettabile.

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Sorgenti luminose artificiali - 58/101

Se si vuole alimentare un LED con la tensione di rete, senza che il circuito

dissipi troppa energia nella resistenza in serie, si può usare una

configurazione costituita da un condensatore collegato in serie ad una

sezione, che consiste nel LED in parallelo ad un diodo di protezione (con

polarità invertita per limitare la tensione inversa), facendo seguire, ancora

in serie, una resistenza di protezione, che serve a limitare la scarica

all'accensione (di valore pari ad un decimo della reattanza del condensatore

alla frequenza di rete). Il valore della capacità del condensatore dipenderà

dalla reattanza (impedenza) che lo stesso dovrà presentare alla frequenza

di rete per far scorrere la corrente desiderata (If) nel LED.

La massima quantità di luce che può essere emessa da un LED è limitata

essenzialmente dalla massima corrente media sopportabile, che è

determinata dalla massima potenza dissipabile dal chip. I recenti dispositivi

progettati per impieghi professionali hanno una forma adatta ad accogliere

un dissipatore termico, assolutamente necessario per smaltire il calore

prodotto: sono ormai in commercio LED a luce bianca con potenza di 10 W

e corrente assorbita di 1 A. Quando sono richiesti valori d'uscita più alti,

normalmente si tende a non usare correnti continue, ma ad usare correnti

pulsanti con ciclo operativo scelto in maniera opportuna. Ciò permette alla

corrente e, di conseguenza, alla luce di essere notevolmente incrementate,

mentre la corrente media e la potenza dissipata rimangono nei limiti

consentiti.

Polarizzazione Solitamente il terminale più lungo di un LED (diametro package 3 mm, 5

mm o superiori) è l‟anodo (+) ed il terminale più corto il catodo ().

Inoltre, per polarizzare correttamente un diodo LED, si può sfruttare una

caratteristica particolare del package: se si guarda il led dall'alto, si può

notare come la parte laterale del package non sia regolare ma squadrata da

un lato, ad identificare il catodo (). Nel caso dei LED da 3 mm, si rende

necessario l'uso di un tester, in quanto la squadratura, se presente, è quasi

inavvertibile.

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Sorgenti luminose artificiali - 59/101

Esiste anche un metodo visivo per il riconoscimento del catodo o dell'anodo

di un LED. Guardando all'interno del package trasparente si possono vedere

due parti metalliche separate di diversa grandezza collegate ai terminali; la

parte più grande è sempre collegata al catodo e, di conseguenza, la più

piccola all'anodo (+).

Colori I LED convenzionali sono composti da vari materiali inorganici che

producono i seguenti colori:

AlGaAs - rosso ed infrarosso,

GaAlP – verde,

GaAsP - rosso, rosso-arancione, arancione e giallo,

GaN - verde e blu,

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GaP - rosso, giallo e verde,

ZnSe – blu,

InGaN - blu-verde e blu,

InGaAlP - rosso-arancione, arancione, giallo e verde,

SiC come substrato – blu,

Diamante (C) – ultravioletto,

Silicio (Si) come substrato - blu (in sviluppo),

Zaffiro (Al2O3) come substrato – blu,

Inoltre, la caduta di tensione dei LED è legata al colore della luce emessa,

come riportato nella seguente tabella:

Relazione colore luce caduta di tensione del LED

Colore luce LED Caduta di tensione Vf

Infrarosso 1,6 V

Rosso 1,8 – 2,1 V

Arancione 2,2 V

Giallo 2,4 V

Verde 2,6 V

Blu 3,0 – 3,5 V

Bianco 3,0 – 3,5 V

Ultravioletto 3,5 V

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LED bianchi Una combinazione di LED rossi, verdi e blu è in grado di produrre la

sensazione di luce bianca, benchè gli attuali LED bianchi raramente

sfruttino questo principio.

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Sorgenti luminose artificiali - 63/101

La maggior parte dei LED bianchi in produzione è rappresenatta da varianti

dei LED GaNInGaN che emettono luce blu nell‟intervallo di 450470 nm.

La struttura InGaNGaN è ricoperta con fosfori giallognoli, costituiti

solitamente da cristalli sintetici di ossidi di di alluminio ed ittrio

drogati con cerio (Ce3+:YAG, cerium-doped yttrium aluminum

garnet) ridotti in polvere e collati con adesivi viscosi. Il chip del LED

emette luce blu, convertita parzialmente in un‟ampia banda centrata a circa

580 nm (giallo) dal Ce3+:YAG. Poiché i fotoni gialli stimolano i recettori rossi

e verdi nella retina dell‟occhio, la miscela risultante di luce blu e gialla

appare bianca, con una tonalità denominata lunar white. Questa tecnica è

stata sviluppata da Nichia Corporation ed è utilizzata nella produzione di

LED bianchi dal 1996.

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Sorgenti luminose artificiali - 64/101

L‟emissione di colore giallo pallido del Ce3+:YAG può essere modificata

sostituendo il cerio con altre terre rare, quali il terbio (Tb) ed il gadolinio

(Gd), o, in misura ancora maggiore, sostituendo parzialmente o totalmente

l‟alluminio con il gallio (Ga). A causa della banda spettrale limitata del

diodo, i colori rossi e verdi illuminati dalla sua luce blu-gialla risultano meno

vivaci che in luce bianca naturale. Le variazioni di composizione e spessore

dei fosfori permettono di produrre LED con differenti temperature di colore,

dal giallo caldo al blu freddo.

Una tecnica alternativa per ottenere LED bianchi consiste nel ricoprire i LED

che emettono nell‟ultravioletto vicino (NUV, Near Ultraviolet) con una

miscela ad alto rendimento di fosfori a base di europio (Eu), che emettono

nel rosso e nel blu, e di solfuro di zinco drogato con rame ed alluminio

(ZnS:Cu, Al), che emettono nel verde. Il principio di funzionamento è

analogo a quello delle lampade fluorescenti. Tuttavia, la luce ultravioletta

causa la fotodegradazione della resina epossidica e di altri materiali usati

nel package dei LED, abbreviandone la vita utile. Inoltre, questa tecnica è

meno efficiente di quella dei LED blu con fosfori Ce3+:YAG, in quanto

comporta un maggior sviluppo di calore; ma la luce generata presenta

caratteristiche spettrali migliori. La brillanza dei due tipi di LED è all‟incirca

equivalente grazie alla maggiore emissione di quelli ultravioletti.

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Sorgenti luminose artificiali - 65/101

Una tecnica più recente prevede la produzione di LED a luce bianca senza

impiego di fosfori, basata sulla crescita omoepitassiale di seleniuro di zinco

(ZnSe) su un substrato dello stesso materiale, in grado di emettere

simultaneamente luce blu dalla regione attiva e luce gialla dal substrato.

Pannelli a LED

Sono prevelantemente utilizzati in esterni, ad

esempio negli stadi. I LED sono montati

singolarmente sul pannello a formare terne di LED

rossi, verdi e blu ed ogni terna costituisce un pixel.

La distanza tra i centri di pixel adiacenti determina

la risoluzione del pannello.

L‟impiego in esterni richiede schermi con una

luminanza minima di 2000 cd/m2 (ufficiosamente: 1

cd/m2 = 1 nit); ma la visione diretta in piena luce

solare rende preferibile utilizzare luminanze fino a

5000 nit (se necessario, è possibile ridurre la

luminanza rispetto al valore massimo di progetto del

pannello).

Pannelli a LED

discreti

PPeerr ccrreesscciittaa eeppiittaassssiiaallee ssii iinntteennddee llaa ddeeppoossiizziioonnee ddii ssoottttiillii ssttrraattii ddii

mmaatteerriiaallee ccrriissttaalllliinnoo ssuu uunn ssuubbssttrraattoo mmaassssiivvoo,, ppuurree ccrriissttaalllliinnoo,, cchhee

nnee iinnddiirriizzzzaa llaa ccrreesscciittaa ee nnee ddeetteerrmmiinnaa llee pprroopprriieettàà ssttrruuttttuurraallii.. LLoo

ssppeessssoorree ddeelllloo ssttrraattoo eeppiittaassssiiaallee ppuuòò vvaarriiaarree ddaa ffrraazziioonnii ddii

nnaannoommeettrroo aa cceennttiinnaaiiaa ddii mmiiccrroommeettrrii,, ll’’eeppiittaassssiiaa ppuuòò ddeeffiinniirrssii

oommooeeppiittaassssiiaa,, qquuaannddoo iill mmaatteerriiaallee eeppiittaassssiiaallee èè lloo sstteessssoo ddeell

ssuubbssttrraattoo mmaassssiivvoo,, eetteerrooeeppiittaassssiiaa,, qquuaannddoo iill mmaatteerriiaallee eeppiittaassssiiaallee èè

cchhiimmiiccaammeennttee ddiiffffeerreennttee ddaall ssuubbssttrraattoo..

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Sorgenti luminose artificiali - 66/101

Sono prevalentemente utilizzati in interni, ad

esempio in manifestazioni fieristiche, ma stanno

imponendosi anche per impieghi in esterni. I LED

sono installati sul pannello mediante montaggio

superficiale (SMD, Surface Mounted Device). Il

pixel SMD è costituito da una terna di LED rossi,

verdi e blu montati su chipset, a sua volta montato

su circuito stampato. I singoli LED sono di

dimensioni ridottissime e la loro densità di

montaggio è molto elevata. La massima distanza di

visione si riduce del 25% circa rispetto ai pannelli a

LED discreti di pari risoluzione.

L‟impiego in interni richiede schermi SMD con una

luminanza minima di 600 cd/m2; ma la visione in

condizioni ambientali di elevata luminosità rende

preferibile utilizzare luminanze maggiori. Per contro,

può rendersi necessario ridurre la luminanza e la

temperatura di colore degli schermi utilizzati negli

studi televisivi (infatti, i pannelli hanno usualmente

una temperatura di colore compresa tra 6500 K e

9000 K, quindi con una tonalità più blu di quella dei

set televisivi).

Pannelli a montaggio

superficiale

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Sorgenti luminose artificiali - 67/101

Laser

La sigla indica l‟amplificazione di luce tramite emissione stimolata di

radiazioni (LASER, Light Amplification by Stimulated Emission of

Radiation).

Il laser è un dispositivo in grado di emettere un fascio di luce coerente,

monocromatica e (con alcune eccezioni) concentrata in un raggio rettilineo

estremamente collimato. Inoltre, la brillanza delle sorgenti laser è

elevatissima a paragone di quella delle sorgenti luminose tradizionali.

Le proprietà di coerenza, direzionalità, monocromaticità ed elevata

brillanza sono alla base del vasto ventaglio di applicazioni dei dispositivi

laser nei campi più disparati: l'elevatissima brillanza, conseguente alla

concentrazione di una grande potenza in un'area molto piccola, permette di

eseguire operazioni di taglio, incisione e saldatura di metalli; la

monocromaticità e la coerenza li rendono ottimi strumenti di misura di

distanze, spostamenti e velocità; sempre la monocromaticità li rende adatti

a trasportare informazioni nelle fibre ottiche e per distanze lunghissime.

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Sorgenti luminose artificiali - 68/101

Il primo laser è stato messo a punto nel maggio del 1960 da Theodore

Maiman presso gli Hughes Research Laboratories. Si trattava di un laser a

stato solido, dove il mezzo attivo era un cristallo di rubino sintetico ed il

sistema di pompaggio era una lampada a scarica elettrica. L‟emissione laser

Le dimensioni dei laser spaziano dai microscopici diodi laser (in alto), dalle numerosissime

applicazioni, ai giganteschi laser neodimio-vetro (in basso), estesi quanto un campo

sportivo ed impiegati per ricerche sulla fusione nucleare a confinamento inerziale ed

esperimenti di fisica con altissime densità di energia.

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Sorgenti luminose artificiali - 69/101

era costituita da impulsi luminosi della durata di un millisecondo e con

lunghezza d‟onda di 694,3 nm, corrispondente ad un colore rosso cupo.

Fisica del laser Un laser è composto da un mezzo attivo e da una cavità ottica

risonante.

Il mezzo attivo ha il compito di trasferire l‟energia esterna nel fascio laser

ed è realizzato con materiali di purezza, dimensioni, concentrazione e

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Sorgenti luminose artificiali - 70/101

forma controllate al fine di amplificare il fascio mediante processo di

emissione stimolata. Il mezzo attivo viene energizzato, o pompato, da una

sorgente di energia esterna: ad esempio, un lampeggiatore o un altro laser.

L‟energia di pompa assorbita porta gli atomi o le molecole del mezzo

attivo in stati quantici ad alta energia (stati eccitati). Gli atomi o le

molecole interagiscono con la luce assorbendo o rilasciando fotoni e si può

avere emissione luminosa spontanea o stimolata. Nel caso di

emissione stimolata, il fotone è rilasciato nella stessa direzione della luce in

transito.

Quando il numero di atomi o molecole in uno stato eccitato supera quello

corrispondente ad uno stato di minore energia, si ha l‟inversione di

popolazione e la quantità di energia emessa per stimolazione dovuta alla

luce in transito è maggiore della quantità di energia assorbita, ottenendo

così l‟amplificazione luminosa.

La luce generata per emissione stimolata è molto simile al segnale in

ingresso in termini di lunghezza d‟onda, fase e polarizzazione, conferendole

la caratteristica di coerenza e consentendole di mantenere la polarizzazione

uniforme e, sovente, la monocromaticità prevista dal progetto della cavità

ottica.

La cavità ottica, un risonatore a cavità, confina il fascio luminoso

coerente tra le superfici riflettenti, in modo che la luce attraversi il mezzo

attivo più volte prima di essere emesso dall‟apertura di uscita o perso per

diffrazione o assorbimento.

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Sorgenti luminose artificiali - 71/101

Se l‟amplificazione nel mezzo attivo attraversato è maggiore delle perdite

del risonatore, la potenza della luce circolante può crescere

esponenzialmente. Ma ciascun evento di emissione stimolata riporta un

atomo o una molecola dallo stato eccitato allo stato fondamentale,

riducendo la capacità di ulteriore amplificazione del mezzo attivo. Quando

questo effetto si intensifica, si è nella condizione di amplificazione

saturata. Il bilanciamento tra la potenza di pompa, la saturazione

dell‟amplificazione e le perdite della cavità porta alla condizione di equilibrio

la potenza all‟interno della cavità che, a sua volta, determina l‟attivazione

del laser. Se la potenza di pompa prescelta è insufficiente, l‟amplificazione

non è in grado di compensare le perdite del risonatore ed il laser emette

luce a bassissima potenza. La potenza di pompa minima per attivare il laser

è definita soglia laserante. Il mezzo attivo amplificherà i fotoni circolanti

indipendentemente dalla loro direzione; ma solo quelli allineati con l‟asse

della cavità potranno attraversarlo più di una volta, ottenendo così

un‟amplificazione significativa.

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Sorgenti luminose artificiali - 72/101

Il fascio luminoso può essere altamente collimato, cioè costituito da fotoni

non divergenti. Tuttavia, la diffrazione rende impossibile generare un

fascio perfettamente collimato. Il fascio rimane collimato su distanze

proporzionali al quadrato del suo diametro e diverge con un angolo

inversamente proporzionale al suo diametro. Così, un fascio generato da un

piccolo laser da laboratorio, tipo elio-neon, si allarga a circa 1,6 km di

diametro se inviato dalla Terra alla Luna. Per confronto, il fascio di un tipico

laser a semiconduttori, caratterizzato da un diametro ridotto, diverge quasi

subito dopo l‟emissione con un angolo di quasi 50°. È tuttavia possibile

trasformare il fascio divergente in un fascio collimato mediante lenti.

Il fascio luminoso del laser può essere un fascio continuo ad

amplificazione costante (CW, continuous wave) o un fascio pulsato

mediante tecniche di commutazione Q, modelocking o commutazione

di guadagno. Il funzionamento pulsato consente di ottenere potenze di

picco più alte.

Alcuni tipi di laser, come i laser a coloranti, sono in grado di emettere luce

entro un ampio spettro di lunghezze d‟onda; questa proprietà li rende

adatti a generare impulsi luminosi estremamente brevi, dell‟ordine di

qualche femtosecondo (fs = 10-15 s).

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Sorgenti luminose artificiali - 73/101

Inversione di popolazione In fisica, e più specificamente in meccanica quantistica, si parla di

inversione di popolazione quando un sistema costituito da un gruppo di

corpi elementari (per esempio atomi, molecole o particelle) presenta più

corpi in stato eccitato che corpi in stati di minore energia. Questa

particolare condizione è alla base del funzionamento di alcuni tipi di

transistor, diodi ed altri semiconduttori nonché dei dispositivi laser.

Per comprendere in che cosa consiste l‟inversione di popolazione, è

necessario prima analizzare come è costituita una popolazione normale

nella meccanica statistica. Ad esempio, si consideri un gruppo di atomi in

grado di assumere due stati energetici diversi, il primo con energia E1 e

l'altro con energia E2 > E1: lo stato 1 è quello base e lo stato 2 quello

eccitato.

Ogni atomo nello stato eccitato ha una certa probabilità P21 di decadere

nello stato base, emettendo energia, entro un certo intervallo di tempo:

dove: B = coefficiente di Einstein,

N2 = popolazione nello stato di energia E2, con E2 > E1,

ρ(f12) = densità del campo di radiazione alla frequenza f12,

f12 = (E2 E1) / h.

Ed ogni atomo nello stato base ha una certa probabilità P12 di assorbire

energia, dagli altri atomi del sistema o da urti con l'esterno del sistema

stesso, e di passare nello stato eccitato, entro lo stesso intervallo di tempo:

dove: B = coefficiente di Einstein,

N1 = popolazione nello stato di energia E1,

ρ(f12) = densità del campo di radiazione alla frequenza f12,

f12 = (E2 E1) / h.

Quindi, il rapporto fra atomi eccitati ed atomi normali dipenderà sia dal

rapporto fra le due distribuzioni stocastiche, che descrivono il numero di

atomi nello stato relativo al passare del tempo, sia dalla temperatura del

P12 = B·N1·ρ(f12)

P21 = B·N2·ρ(f12)

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Sorgenti luminose artificiali - 74/101

sistema, che esprime la densità di energia mediamente disponibile nel

sistema.

Poiché le due distribuzioni sono esponenziali, la relazione risultante è la

seguente:

dove: N1 = popolazione nello stato di energia E1,

N2 = popolazione nello stato di energia E2,

k = costante di Boltzmann,

T = temperatura assoluta del sistema.

Le due probabilità P12 e P21 sono identiche e sono incorporate nella costante

di Boltzmann.

In condizioni di equilibrio, N1 è sempre maggiore di N2: considerando atomi

a temperatura ambiente all'equilibrio termodinamico, con un salto di

energia fra i due stati di 2,07 eV (pari all'energia media di un fotone di luce

visibile), il numero di atomi in stati eccitati è infinitesimo: 1,8·10-38. Questo

valore cresce lentamente all'aumentare della temperatura, ma rimane

sempre molto piccolo; ad una temperatura di 4.000 K, gli atomi eccitati

saranno solo 4 su 10.000. Se non si altera l'equilibrio termodinamico del

sistema con una fonte di energia esterna, è impossibile ottenere

un‟inversione di popolazione a temperatura ambiente.

È ugualmente impossibile raggiungere una condizione di inversione di

popolazione in un sistema di atomi che abbia soltanto due stati energetici

possibili. Poiché la probabilità di salto energetico da uno stato all'altro è la

stessa nei due sensi, il massimo ottenibile sarebbe un pareggio: lo stesso

numero di atomi in tutti e due gli stati.

N2 / N1·= e(E2E1)/kT

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Sorgenti luminose artificiali - 75/101

Per ottenere il risultato desiderato, servono atomi in grado di assumere

almeno tre stati energetici diversi. Nel caso dei laser, i dispositivi che più di

tutti sfruttano il fenomeno dell'inversione di popolazione, si usano quasi

esclusivamente sistemi atomici a tre o a quattro livelli energetici. Nei

dispositivi a semiconduttore non esistono livelli energetici, bensì intere

bande di energie permesse: il fenomeno dell'inversione di popolazione si

esprime nello svuotamento e nel riempimento di queste bande da parte

degli elettroni e delle lacune.

Si consideri un gruppo di N atomi, ognuno con tre

possibili stati di energia. Ai livelli 1, 2 e 3 corrispondono

rispettivamente le energie E1, E2 e E3, con E1 < E2 < E3,

e le popolazioni N1, N2 e N3.

Inizialmente, il gruppo è in equilibrio termico e la

maggioranza degli atomi è nello stato fondamentale,

caratterizzato da N1 ≈ N, N2 ≈ N3 ≈ 0.

Se ora si illumina il gruppo con una radiazione di

frequenza f31, con E3 E1 = hf31, il processo di

assorbimento ottico ecciterà gli atomi dallo stato

fondamentale al livello 3.

Questo processo è detto pompaggio e, in generale, non

richiede esclusivamente l‟impiego di luce; è, infatti,

possibile ricorrere anche ad altri metodi di eccitazione

del mezzo attivo, basati su scariche elettriche o reazioni

chimiche.

Sistemi a tre

livelli di energia

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Sorgenti luminose artificiali - 76/101

Il livello 3 è anche denominato livello di pompa o

banda di pompa, mentre la transizione di energia E1 →

E3 è indicata come transizione di pompa (P).

Il pompaggio deve indurre l‟eccitazione di un numero

consistente di atomi nel livello 3, in modo che N3 > 0. In

un mezzo attivo idoneo, gli atomi eccitati decadono

rapidamente nel livello 2. Sebbene l‟energia rilasciata

possa essere emessa sotto forma di fotone (emissione

spontanea), la transizione 3→2 avviene solitamente

senza radiazione: transizione non radiativa (R).

Infatti, l‟energia rilasciata incrementa il moto

vibrazionale (calore) del materiale circostante l‟atomo,

senza generazione di un fotone.

Un atomo nel livello 2 può decadere nello stato

fondamentale per emissione spontanea, rilasciando un

fotone di frequenza f21, con E2 E1 = hf21; in questo

caso di parla di transizione radiativa (L) o

transizione laser. Se il tempo di transizione t21 è molto

più grande del tempo di transizione senza radiazione t32

(t21 » t32, rapporto favorevole dei tempi di

transizione), la popolazione con energia E3 sarà

praticamente nulla (N3 ≈ 0) ed una popolazione di atomi

eccitati si accumulerà nel livello 2 (N2 > 0). Se oltre la

metà degli N atomi si accumula in questo stato, N2

superererà la popolazione dello stato fondamentale N1. Il

risultato sarà l‟inversione di popolazione (N2 > N1)

tra i livelli 1 e 2, rendendo così possibile

l‟amplificazione ottica alla frequenza f21.

Poiché almeno metà degli N atomi deve essere eccitata

per ottenere l‟inversione di popolazione, è necessario un

intenso pompaggio del mezzo attivo. I laser a tre livelli

risultano quindi alquanto inefficienti, benché siano stati i

primi ad essere messi a punto (laser a rubino di

Theodore Maiman, 1960).

Un sistema a tre livelli può anche avere la transizione

radiativa tra i livelli 3 e 2 e la transizione non radiativa

tra i livelli 2 e 1. In questo caso, l‟intensità di pompaggio

necessaria è minore.

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Sorgenti luminose artificiali - 77/101

Si consideri un gruppo di N atomi, ognuno con quattro

possibili stati di energia. Ai livelli 1, 2, 3 e 4

corrispondono rispettivamente le energie E1, E2, E3 e E4,

con E1 < E2 < E3 < E4, e le popolazioni N1, N2, N3 e N4.

In questo sistema, la transizione di pompa (P) eccita

gli atomi dallo stato fondamentale (livello 1) nel livello di

pompa (livello 4). Dal livello 4, decadono mediante una

rapida transizione non radiativa (Ra) nel livello 3.

Poiché il tempo di transizione laser t32 è lungo rispetto al

tempo di transizione non radiativa t43 (t32 » t43), la

popolazione nel livello 3 (livello laser superiore) non è

nulla e può decadere per emissione spontanea o

stimolata nel livello 2 (livello laser inferiore). Il

decadimento dal livello 2 nello stato fondamentale è una

rapida transizione non radiativa (Rb).

Poiché le transizioni non radiative sono rapide,

l‟esaurimento della popolazione nella banda di pompa è

molto veloce (N4 ≈ 0). Nei sistemi a quattro livelli, ogni

atomo nel livello laser inferiore si diseccita altrettanto

velocemente, cosicché la popolazione presente è

trascurabile (N2 ≈ 0). Questo è importante, in quanto la

popolazione accumulatasi nel livello laser superiore

determinerà un‟inversione di popolazione rispetto al

livello 2. In altri termini, per N3 > 0 si ha N3 > N2 con

conseguente inversione di popolazione. Quindi,

l‟amplificazione ottica e l‟emissione laser avvengono alla

frequenza f32 (E3 E2 = hf32).

Sistemi a quattro

livelli di energia

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Sorgenti luminose artificiali - 78/101

Poiché sono sufficienti pochi atomi nel livello laser

superiore per formare l‟inversione di popolazione, i laser

a quattro livelli sono più efficienti di quelli a tre livelli e

pertanto costituiscono il tipo più diffuso di dispositivi ad

emissione stimolata.

Sia nei laser a tre livelli sia in quelli a quattro livelli,

l‟energia della transizione di pompa è superiore a quella

della transizione laser. Questo significa che, in caso di

pompaggio luminoso, la frequenza della luce di

eccitazione deve essere superiore a quella della luce

laser emessa. In altri termini, la lunghezza d’onda di

pompa è più corta della lunghezza d’onda laser.

Sebbene, come visto finora, il funzionamento di molti

laser si basi sulla transizione di atomi tra differenti stati

elettronici di energia, questo non è l‟unico meccanismo

di emissione laser. Ad esempio, in alcuni laser di impiego

comune, quali i laser a coloranti ed i laser ad anidride

carbonica (CO2), il mezzo attivo è costituito da molecole

e gli stati di energia corrispondono ai loro modi

vibrazionali e rotazionali.

Nei laser a semiconduttori, il meccanismo di emissione

può comprendere anche più di quattro livelli di energia,

con processi di eccitazione e decadimento molto

complessi. In particolare, la banda di pompa può

risultare costituita da diversi singoli livelli di energia o da

un insieme continuo di livelli, consentendo il pompaggio

del mezzo attivo entro un ampio spettro di lunghezze

d‟onda.

Sistemi a bande

di energia

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Sorgenti luminose artificiali - 79/101

Caratteristiche della radiazione laser

Ogni onda elettromagnetica è caratterizzata dalla

lunghezza d‟onda λ che, a sua volta, determina il colore

della luce corrispondente.

Tutte le usuali sorgenti luminose emettono luce

composta da differenti lunghezze d‟onda. Normalmente,

una luce colorata è costituita da un‟ampia banda di

lunghezze d‟onda che coprono una o più specifiche

porzioni dello spettro visibile.

Per contro, se si considera ad esempio un laser a gas

elio-neon, la sua luce è di colore rosso con un elevato

grado di purezza, poiché è composto da una banda

Monocromaticità

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Sorgenti luminose artificiali - 80/101

estremamente ristretta di lunghezze d‟onda nella

porzione rossa dello spettro visibile.

Si tratta quindi di una luce quasi monocromatica, una

proprietà specifica dei dispositivi laser. Sebbene la luce

emessa dai laser non sia perfettamente monocromatica,

ha comunque un grado di monocromaticità di gran lunga

superiore a quello di qualsiasi altra sorgente luminosa.

Le usuali sorgenti luminose emettono luce in tutte le

direzioni. Anche se si dotano le lampade di sistemi ottici

per la collimazione della luce emessa, il raggio

direzionale uscente tende rapidamente a divergere.

La figura sottostante illustra la natura altamente

direzionale della luce prodotta da un laser.

Direzionalità

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Sorgenti luminose artificiali - 81/101

La direzionalità è la caratteristica che consente alla luce

laser di muoversi in una singola direzione entro un

ristrettissimo cono di divergenza.

Nella realtà, non è possibile generare raggi luminosi

unidirezionali perfettamente paralleli, indicati come luce

collimata, vista la loro tendenza a disperdersi durante il

loro movimento. Ma la luce laser ha un grado di

collimazione superiore a quello della luce emessa da

qualsiasi altro tipo di sorgente.

La figura seguente rappresenta un fascio di raggi

luminosi paralleli emessi da una sorgente ordinaria.

Le onde elettromagnetiche non presentano

caratteristiche in comune tra loro, direzione a parte. Il

fascio è quindi costituito da luce incoerente, cioè priva

di ordine interno.

La figura sottostante illustra onde elettromagnetiche che

compongono un fascio laser altamente collimato. Tutte le

onde sono in fase tra loro in qualsiasi punto. Coerenza

è il termine usato per descrivere la proprietà di

movimento in fase della luce del fascio.

Coerenza

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Sorgenti luminose artificiali - 82/101

Come la luce laser non può essere né perfettamente

monocromatica né perfettamente direzionale, così non

può essere perfettamente coerente. Ciononostante, è di

gran lunga più coerente della luce emessa da qualsiasi

altro tipo di sorgente.

La coerenza è la proprietà più importante della luce laser

e la distingue dalla luce ordinaria. Quindi, i dispositivi

laser possono essere definiti come sorgenti di luce

coerente.

Sicurezza La potenziale pericolosità della luce laser era emersa già con il primo

dispositivo messo a punto. Il suo creatore, Theodore Maiman, affermava,

infatti, che il primo laser aveva la potenza di una “Gillette”, essendo in

grado di bucare una lametta da barba dell‟omonima marca. Attualmente, è

opinione comune che anche i laser con una potenza limitata a pochi

milliwatt rappresentino un rischio per gli organi visivi umani.

Simbolo di avvertenza per laser

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Sorgenti luminose artificiali - 83/101

Alle lunghezze d‟onda elaborabili dall‟occhio, la cornea ed il cristallino sono

in grado di focalizzare il fascio laser, in virtù della sua coerenza e della sua

ridotta divergenza, in un punto estremamente piccolo della retina,

determinando bruciature localizzate e lesioni permanenti entro pochi

secondi o frazioni di secondo. I laser sono suddivisi in classi di sicurezza

numerate da I (intrinsecamente sicuro) a IV (anche la luce diffusa può

causare danni agli occhi e/o alla pelle). I laser presenti in prodotti

elettronici di largo impiego nel settore civile, quali lettori di CD/DVD e

puntatori laser, rientrano solitamente in classe I, II, o III.

Alcuni laser infrarossi con lunghezze d‟onda superiori a 1,4 μm (1400 nm)

sono definiti eye-safe (sicuro per gli occhi), in quanto le vibrazioni

intrinseche delle molecole di acqua assorbono fortemente la luce in questa

parte dello spettro. Pertanto, durante il passaggio attraverso la cornea, un

fascio laser a queste lunghezze d‟onda è attenuato in misura tale da non

contenere luce residua che il cristallino possa focalizzare sulla retina.

L‟etichetta “eye-safe” può però risultare fuorviante, giacché è valida solo

per fasci laser continui a bassa potenza: tutti i laser ad alta potenza o a

commutazione Q (laser pulsati) sono in grado di bruciare la cornea e di

causare gravi lesioni all‟occhio anche a queste lunghezze d‟onda

dell‟infrarosso.

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Sorgenti luminose artificiali - 84/101

Tipi di laser

Questa è una lista dei tipi di laser noti finora, con le loro lunghezze d‟onda

operative e le loro applicazioni. Sono note alcune migliaia di tipi di laser

diversi, per la maggior parte sperimentali e mai usciti dai laboratori.

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Sorgenti luminose artificiali - 85/101

Laser a gas Rappresentano uno dei primi tipi di laser realizzati e trovano impiego in un

ampio spettro di applicazioni.

Il laser ad elio-neon (HeNe) emette a varie lunghezze d‟onda; le unità

operanti a 633 nm sono molto comuni in ambito educativo grazie al basso

costo.

Il laser ad anidride carbonica (CO2) può arrivare a potenze di centinaia di

kilowatt a 9,6 μm e 10,6 µm ed è utilizzato in ambito industriale per il

taglio e la saldatura. La sua efficienza è superiore al 10%.

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Sorgenti luminose artificiali - 86/101

Il laser ad argon emette nella banda di 351-528,7 nm. In funzione delle

ottiche e del tubo laser, sono utilizzabili differenti righe di emissione, ma le

più comuni sono quelle a 458 nm, 488 nm e 514,5 nm.

Il laser ad azoto a scarica elettrica trasversale a pressione

atmosferica (TEA, Transverse Electrical discharge in gas at

Atmospheric pressure) a un costo molto basso ed emette luce UV a

337,1 nm.

I laser a ioni metallici generano luce nell‟UV lontano. Ad esempio il laser ad

elio-argento (HeAg) emette a 224 nm e quello a neon-rame (NeCu) emette

a 248 nm. Questi laser hanno oscillazioni della larghezza di riga inferiori a 3

GHz (0,5 pm), rendendoli adatti per la spettroscopia Raman in assenza di

fluorescenza.

Laser chimici Sono pompati mediante reazioni chimiche e possono raggiungere elevate

potenze in funzionamento continuo. Ad esempio, nei laser a fluoruro di

idrogeno (HF), operante a 2700-2900 nm, ed a fluoruro di deuterio (DF),

operante a 3800 nm, la reazione avviene tra gas di idrogeno o deuterio ed i

prodotti di combustione dell‟etilene (C2H4) in trifluoruro di azoto (NF3).

Laser ad eccimeri Sono pompati mediante reazione chimica di un dimero eccitato o

eccimero (excited dimer → excimer), che è una molecola dimera o

eterodimera a vita breve formata da due monomeri, almeno uno dei quali è

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Sorgenti luminose artificiali - 87/101

in uno stato elettronico eccitato. Emettono luce UV e sono utilizzati nella

fotolitografia di semiconduttori e nella chirurgia oculare LASIK. Gli eccimeri

di uso comune comprendono il fluoro (F2, emissione a 157 nm) e composti

di gas nobili (ArF [193 nm], KrCl [222 nm], KrF [248 nm], XeCl [308 nm],

e XeF [351 nm]).

Laser a stato solido Sono costituiti da un solido cristallino drogato con ioni in grado di fornire gli

stati energetici desiderati. Ad esempio, il primo laser realizzato utilizzava

un rubino (corindone drogato con cromo). Formalmente, la classe dei laser

a stato solido comprende anche i laser a fibra, essendo il mezzo attivo (la

fibra) allo stato solido. Praticamente, questa classe comprende laser con

mezzi attivi di volume consistente, mentre i laser a guida d‟onda sono

definiti laser a fibra.

Il neodimio (Nd) è usato comunemente per drogare vari tipi di cristalli,

compresi ortovanadato di ittrio (Nd:YVO4), fluoruro di ittrio e litio (Nd:YLF)

e cristalli sintetici di ossidi di ittrio ed alluminio (Nd:YAG). Tutti questi laser

sono in grado di generare elevate potenze nello spettro infrarosso a 1064

nm e sono impiegati per il taglio, la saldatura e la marcatura di metalli ed

altri materiali, nonché in spettroscopia e per il pompaggio dei laser a

coloranti. Inoltre, se necessario, è possibile raddoppiare, triplicare o

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Sorgenti luminose artificiali - 88/101

quadruplicare la loro frequenza per farli emettere a 532 nm (verde), a 355

nm (UV) ed a 266 nm (UV).

Altri elementi droganti di uso comune nei laser a stato solido sono l‟itterbio

(Yb), l‟olmio (Ho), il tulio (Tm) e l‟erbio (Er). L‟itterbio è utilizzato in cristalli

di Yb:YAG, Yb:KGW, Yb:KYW, Yb:SYS, Yb:BOYS, Yb:CaF2, operanti a circa

1020-1050 nm. Un piccolo difetto quantico conferisce potenzialmente a

tutti un‟efficienza ed una potenza elevate. I cristalli di Yb:YAG possono

raggiungere potenze elevatissime con impulsi ultrabrevi. I cristalli di YAG

drogati con olmio emettono a 2097 nm e consentono di realizzare laser

efficienti operanti alle lunghezze d‟onda infrarosse fortemente assorbite da

tessuti acquosi. Il laser a Ho-YAG è normalmente impiegato in modalità

pulsata in strumenti chirurgici a fibra ottica per levigare superfici articolari,

asportare radici dentali, vaporizzare tumori e polverizzare calcoli renali e

biliari.

Lo zaffiro drogato con titanio (Ti:zaffiro) permette di realizzare laser

infrarossi altamente sintonizzabili per spettroscopia e laser ad impulso

ultrabreve.

I laser a stato solido presentano restrizioni termiche originate da potenza di

pompa non convertita e degradata in calore ed energia fononica.

Laser a fibra Sono laser a stato solido in cui la luce è guidata mediante riflessione

interna totale in una guida d‟onda e sono caratterizzati da un elevato

rapporto lunghezza/dimensione trasversale, variabile da 106 a 109.

Visivamente, il mezzo attivo ha l‟aspetto di una fibra. La guida della luce

consente di avere regioni di amplificazione estremamente lunghe, con un

IIll ffoonnoonnee èè uunnaa qquuaassiippaarrttiicceellllaa cchhee ddeessccrriivvee uunn qquuaannttoo ddii

vviibbrraazziioonnee iinn uunn rreettiiccoolloo ccrriissttaalllliinnoo rriiggiiddoo..

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Sorgenti luminose artificiali - 89/101

efficiente raffreddamento in virtù dell‟elevato rapporto superficie/volume.

Inoltre, le proprietà ottiche della fibra tendono a ridurre la distorsione

termica del fascio luminoso.

È costituita dal nucleo, da un mantello interno e da

un mantello esterno. Il profilo dell‟indice di

rifrazione dei tre strati concentrici è scelto in modo

che il nucleo si comporti come una fibra

monomodale per l‟emissione laser ed il mantello

esterno agisca da fibra multimodale per il

pompaggio. Questo consente di diffondere mediante

pompaggio grandi quantità di energia in tutto il

nucleo interno attivo, pur mantenendo un‟elevata

apertura numerica (NA, Numerical Aperture)

per facilitare l‟attivazione.

È una fibra avvolta a spira e la luce di pompaggio è

iniettata trasversalmente. Contrariamente alla fibra

a doppio mantello, il fascio di pompaggio non è in

asse con il nucleo attivo della fibra ottica, ma è

angolato di 10°-40°. È così possibile l‟utilizzo

efficiente dei fasci di pompaggio emessi dai diodi

laser.

Fibra a doppio mantello

Fibra a spira

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Sorgenti luminose artificiali - 90/101

Laser a coloranti Utilizzano un colorante organico come mezzo attivo. L‟ampio spettro di

guadagno dei coloranti disponibili permette a questi laser di essere

altamente sintonizzabili o di generare impulsi di brevissima durata,

dell‟ordine di alcuni femtosecondi.

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Laser ad elettroni liberi Il laser ad elettroni liberi (FEL, Free Electron Laser) genera radiazione

coerente ad elevata Potenza ed è altamente sintonizzabile, più di qualsiasi

altro tipo di laser potendo spaziare dalle microonde agli infrarossi, al

visibile, ai raggi X molli. Mentre il FEL emette un fascio elettromagnetico

che condivide le stesse proprietà ottiche di quelli degli altri laser, il suo

funzionamento è alquanto differente, in quanto utilizza come mezzo attivo

un fascio di elettroni relativistici, da cui il termine elettrone libero.

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Sorgenti luminose artificiali - 92/101

Laser a cristalli fotonici Grazie all‟utilizzo dei cristalli fotonici come elementi attivi dei LED si è

scoperto come sia possibile eliminare l‟emissione spontanea che si genera

al loro interno, per mezzo del gap di banda fotonica; incanalando tutta

l‟energia nella radiazione in uscita è possibile aumentare enormemente

l‟efficienza. Nella figura seguente è riportato un esempio di laser ottenuto

creando un cammino periodico di cilindri verticali in cui è presente un

difetto, in questo caso un anello privo di tali cilindri.

La luce è forzata ad essere intrappolata all‟interno dell‟area difettata

generando un‟oscillazione laser.

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Sorgenti luminose artificiali - 93/101

Random laser Il mezzo attivo è costituito da materiale suddiviso in microscopici granuli

disposti in configurazione disordinata (ad esempio, agglomerati di

nanocristalli di ossido di zinco (ZnO)).

L‟amplificazione è provocata dal fenomeno della diffusione multipla. Quando

i granuli vengono colpiti da un raggio luminoso lo diffondono in tutte le

direzioni; il processo è analogo a quanto avviene nella propagazione della

luce in sistemi bianchi e opachi come la nebbia, un bicchiere di latte o un

qualsiasi altro materiale disordinato e opaco. La diffusione multipla tra le

particelle del materiale disordinato intrappola la luce per un tempo

sufficiente ad ottenere un‟amplificazione efficiente prima che la radiazione

laser sia emessa in direzioni casuali.

Questi laser possono essere accesi o spenti semplicemente variando la

temperatura. Al di sotto del valore di soglia, dell‟ordine di qualche decina di

gradi Celsius, il sistema mostra la caratteristica emissione random; al di

sopra, l'emissione è invece quella di una lampadina. Inoltre, è possibile

allargare o restringere la larghezza della banda di frequenze di emissione.

Diodo laser (laser a semiconduttore)

È un laser in cui il componente attivo è un semiconduttore simile a quelli

impiegati nella produzione di LED. La tipologia più comune e funzionale di

diodo laser è formata da una giunzione p-n alimentata da corrente

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Sorgenti luminose artificiali - 94/101

elettrica iniettata. Questi dispositivi vengono spesso chiamati diodi laser

a iniezione per distinguerli da quelli pompati otticamente, che sono più

facili da produrre in laboratorio.

I diodi laser sono il tipo più diffuso di laser, con vendite approssimative nel

2004 di 733 milioni di esemplari contro i soli 131.000 di tutti gli altri tipi di

laser. Tra le numerosissime applicazioni si segnalano le seguenti:

lettori CD e DVD, utilizzanti diodi laser infrarossi;

lettori Blu-Ray e HD DVD, utilizzanti laser blu-violetti;

emettitori ed amplificatori di segnale per fibre ottiche;

strumenti di misurazione;

lettori di codici a barre;

puntatori laser, utilizzanti laser a luce rossa o verde);

stampanti laser e fotocopiatrici digitali;

mouse per computer.

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Sorgenti luminose artificiali - 95/101

Principio di funzionamento Un diodo laser, come molti altri dispositivi elettronici, è composto da uno

strato molto sottile di materiale semiconduttore drogato depositato sulla

superficie di un wafer cristallino. Il cristallo viene drogato per produrre una

regione di tipo n ed una regione di tipo p, una sopra l'altra, per ottenere

una giunzione p-n, cioè un diodo.

Quando la struttura viene polarizzata direttamente, le lacune provenienti

dalla regione p vengono iniettate nella regione n, dove gli elettroni sono i

portatori maggioritari di carica. Analogamente, gli elettroni dalla

regione n sono iniettati nella regione p, dove le lacune sono i portatori

maggioritari. Quando un elettrone ed una lacuna sono presenti nella stessa

regione, possono ricombinarsi per emissione spontanea, cioè l'elettrone può

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Sorgenti luminose artificiali - 96/101

rioccupare lo stato energetico della lacuna, emettendo un fotone con

un'energia uguale alla differenza tra gli stati dell'elettrone e della lacuna

coinvolti. Questi elettroni e lacune iniettati rappresentano la corrente di

iniezione del diodo e, sotto la soglia laser, l'emissione spontanea fornisce

al diodo laser proprietà simili ad un LED. L'emissione spontanea è

necessaria per iniziare l'oscillazione laser, ma è causa di inefficienza una

volta che il laser è in oscillazione.

In condizioni appropriate, l'elettrone e la lacuna possono coesistere nella

stessa area per un po' di tempo (nell'ordine dei microsecondi) prima che si

ricombinino per emissione stimolata da un fotone con energia uguale

all'energia di ricombinazione. Il nuovo fotone ha uguale frequenza,

direzione, polarizzazione e fase del primo fotone. Ciò significa che

l'emissione stimolata causa un guadagno in un‟onda ottica nella regione di

iniezione e l‟amplificazione aumenta al crescere del numero di elettroni e

lacune iniettati attraverso la giunzione. I processi di emissione spontanea e

stimolata sono molto più efficienti nei semiconduttori a gap di banda

diretto che in quelli a gap di banda indiretto, perciò il silicio non è un

materiale molto usato per i diodi laser.

Come in altri laser, la regione di guadagno è circondata da una cavità

ottica (cavità risonante) che costituisce il laser. Consiste in una guida

ottica sulla superficie del cristallo, strutturata in modo tale da confinare la

luce in una linea relativamente stretta e le superfici piane e perfettamente

parallele ai due capi del cristallo formano un risonatore Fabry-Perot. I fotoni

generati viaggeranno lungo la guida d'onda e saranno riflessi molte volte

dalla faccia di ciascuna estremità prima di essere emessi. Quando un'onda

luminosa attraversa la cavità, è amplificata per emissione stimolata, ma

parte della luce è persa per assorbimento e riflessione incompleta. Se

l'amplificazione supera le perdite, il diodo inizia ad emettere luce laser.

Alcune importanti proprietà dei diodi laser sono determinate dalla

geometria della cavità ottica. In direzione verticale, la luce è contenuta in

uno strato estremamente sottile e la struttura offre un solo modo di

propagazione ottico nella direzione perpendicolare agli strati. In direzione

orizzontale, se la guida d'onda è larga rispetto alla lunghezza d'onda della

luce, sono possibili diversi modi di propagazione ottici laterali ed il laser è

definito laser multimodale. Questi dispositivi multimodali sono indicati nei

casi in cui sia richiesta una notevole potenza, ma non un raggio ristretto,

come nella stampa, nell'attivazione di processi chimici o nel pompaggio di

altri tipi di laser. Nelle applicazioni dove è richiesto un raggio finemente

focalizzato, la guida d'onda deve essere stretta, dell'ordine della lunghezza

d'onda. In questo caso, si impiega un solo modo di propagazione laterale

per ottenere un raggio limitato dalla diffrazione ed il laser è definito laser

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Sorgenti luminose artificiali - 97/101

monomodale. Disponendo di modi di propagazione longitudinali multipli,

questi dispositivi monomodali possono emettere luce laser a diverse

lunghezze d‟onda e sono usati per archiviazione ottica, puntatori laser e

fibre ottiche.

La lunghezza d'onda emessa è una funzione del gap di energia tra le

bande del semiconduttore e dei modi di propagazione della cavità ottica. In

generale il guadagno massimo si ottiene per fotoni con energia

leggermente superiore a quella del gap ed i modi di propagazione più vicini

al picco di guadagno emetteranno in modo predominante. Se il diodo è

pilotato con sufficiente potenza, si avranno anche emissioni addizionali,

dette modi laterali. Alcuni diodi laser, tra cui la maggior parte di quelli che

emettono luce visibile, operano a lunghezze d'onda fisse, che non sono

però stabili e cambiano nel tempo in funzione della temperatura e della

corrente.

Per via della diffrazione, il raggio diverge rapidamente dopo avere lasciato

la cavità, con un angolo tipico di 30° verticalmente e 10° lateralmente. Per

formare un raggio collimato, ad esempio per un puntatore laser, si deve

impiegare una lente. Se è richiesto un raggio circolare, saranno necessari

dispositivi ottici più complessi, comprendenti anche lenti cilindriche. Con

lenti simmetriche, i laser monomodali forniranno un raggio ellittico, a causa

della differenza tra le divergenze verticale e laterale, caratteristica

facilmente osservabile nei puntatori laser economici.

Tipi di diodi laser La semplice struttura di diodo laser descritta precedentemente è

estremamente inefficiente. Tali dispositivi, definiti anche laser

omogiunzione, richiedono potenze così elevate che ne rendono possibile

solo il funzionamento impulsivo se si vuole evitare di danneggiarli.

Pertanto, nel corso degli anni, sono stati messi a punto vari schemi

caratterizzati da maggiore efficienza e praticità.

In questi dispositivi, uno strato di materiale a basso

gap di banda viene posto tra due strati ad alto gap

di banda. Un paio di materiali molto usati sono

l‟arseniuro di gallio (GaAs) e l‟arseniuro di allumino-

gallio (AlxGa(1-x)As). Ogni giunzione tra materiali con

differenti gap di banda costituisce

un‟eterostruttura, da cui il nome laser a doppia

eterostruttura o laser DH.

Laser a doppia

eterostruttura

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Sorgenti luminose artificiali - 98/101

Il vantaggio di un laser DH è che la regione attiva,

dove gli elettroni e le lacune liberi esistono

simultaneamente, è confinata al sottile strato

intermedio, cosicché molte più coppie elettrone-

lacuna contribuiscono all'amplificazione. Inoltre, la

luce viene riflessa dalla eterogiunzione e rimane

confinata nella regione sede dell‟effetto di

amplificazione.

Se lo strato intermedio è realizzato sufficientemente

sottile, agisce da pozzo quantico. Questo significa

che la variazione verticale della funzione d‟onda

dell'elettrone è quantizzata e l‟efficienza di un laser

a pozzo quantico è maggiore di quella laser

semplice.

Laser a pozzo

quantico

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Sorgenti luminose artificiali - 99/101

I laser contenenti più di uno strato a pozzo quantico

sono conosciuti come laser a pozzi quantici

multipli. I pozzi quantici multipli migliorano la

sovrapposizione delle regioni di guadagno con la

modalità normale a guida d'onda ottica.

In un laser a cascata quantica, la differenza tra i

livelli di energia del pozzo quantico viene usata per

la transizione laser invece del gap di banda. Sono

così possibili emissioni laser a lunghezze d‟onda

relativamente ampie, regolabili variando

semplicemente lo spessore dello strato.

Il problema del diodo a pozzo quantico semplice,

descritto in precedenza, è che lo strato sottile è

semplicemente troppo piccolo per confinare

efficacemente la luce. Se si aggiungono altri due

strati, esternamente ai primi tre, che possiedono un

indice di rifrazione inferiore a quello degli strati

centrali, si rende più efficace il confinamento della

luce in maniera più efficace.

Tale struttura è denominata diodo laser a

eterostruttura a confinamento separato o laser

SCH. Quasi tutti i diodi laser commerciali prodotti

dal 1990 sono di tipo SCH.

Laser ad eterostruttura a

confinamento separato

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Sorgenti luminose artificiali - 100/101

Sono i “cavalli da tiro” delle più esigenti tecnologie

ottiche di comunicazione e sono denominati anche

laser DFB. Per stabilizzare la lunghezza d'onda del

laser, si incide un reticolo di diffrazione vicino alla

giunzione p-n del diodo, che agisce come un filtro

ottico, permettendo solo ad una singola lunghezza

d'onda di essere riportata nella regione a guadagno.

Dato che il reticolo fornisce la retroazione

necessaria per l'effetto laser, la riflessione delle

sfaccettature non è necessaria. Perciò, i laser DFB

hanno almeno una faccia trattata con un

rivestimento antiriflettente. La lunghezza d‟onda

dell‟emisione dipende dal passo del reticolo inciso

durante il processo di fabbricazione ed è stabile,

variando solo leggermente con la temperatura.

Nei laser ad emissione superficiale a cavità

verticale (VCSEL, Vertical Cavity Surface

Emitting Laser) l'asse della cavità ottica è disposto

lungo la direzione del flusso corrente invece che

perpendicolarmente, come nei diodi laser

convenzionali. La lunghezza della regione attiva è

molto breve in confronto alle dimensioni laterali, di

modo che la radiazione emerge dalla „superficie‟

della cavità piuttosto che dai bordi.

Laser a retroazione

distribuita

VCSEL

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Sorgenti luminose artificiali - 101/101

I riflettori ai lati della cavità sono specchi

dielettrici.

I laser a cavità esterna verticale a emissione

superficiale (VECSEL, Vertical External-Cavity

Surface-Emitting Laser) sono simili ai VCSEL. Nei

VCSEL, gli specchi vengono creati tramite crescita

epitassiale come parte della struttura del diodo o

creati separatamente e connessi direttamente al

semiconduttore contenente la regione attiva. I

VECSEL si distinguono per una tecnica costruttiva

nella quale uno dei due specchi è esterno alla

struttura del diodo; come risultato, la cavità include

una regione di spazio libero. La distanza tipica dal

diodo allo specchio esterno è di 1 cm.

VECSEL