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7-15 LUGLIO 2006 63 a S ETTIMANA MUSICALE S ENESE ACCADEMIA MUSICALE CHIGIANA SIENA

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7-15 LUGLIO 2006

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63a

SETTIMANA MUSICALE SENESE

ACCADEMIA MUSICALE CHIGIANASIENA

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FONDAZIONE

ACCADEMIA MUSICALECHIGIANA ONLUSSIENA

Vice PresidenteVITTORIO CARNESECCHI

Direttore artisticoALDO BENNICI

Direttore amministrativoLAURO MARIANI

Consiglio di amministrazioneFRANCESCO AGNELLO Ministero Beni e Attività CulturaliMARCO BAGLIONI Ministero Affari EsteriALDO BENNICI Direttore artisticoGIOVANNI BUCCIANTI Ministero Beni e Attività CulturaliGIOVANNI CARLI BALLOLA Fondazione Monte dei Paschi di Siena (Musicologo)VITTORIO CARNESECCHI Società Esecutori Pie DisposizioniGISELDA DE BONIS Ministero Istruzione, Università e Ricerca scientificaVINCENZO DE VIVO Fondazione Monte dei Paschi di Siena (Musicologo)MARIO NALDINI Comune di SienaSANDRO NANNINI Università degli Studi di SienaMARCO PARLANGELI Provveditore Fondazione Monte dei Paschi di SienaALESSANDRO PIAZZINI Comune di SienaPIER PAOLO POGGIONI Amministrazione Provinciale di SienaROBERTO SALADINI Comune di SienaCARLO SASSI Regione Toscana

CensoriLUCIANO CIMBOLINI Ministero Economia e FinanzeFABRIZIO PAGLINO Ministero Beni e Attività CulturaliVITALIANA VITALE Ministero Beni e Attività Culturali

Consulente musicologicoGUIDO BURCHI

Capo servizio attività didattiche e artisticheCARLA BELLINI

Capo servizio segreteria amministrativaMARIA ROSARIA COPPOLA

Sommario

7 Vittorio Carnesecchi Prefazione9 Aldo Bennici Introduzione12 Programma generale

7 luglio15 Myung-Whun Chung / Orchestra Sinfonica Nazionale

della RAI17 Daniele Spini Ravel e Šostakovič31 Gli interpreti

8-9 luglio33 Giorgio Battistelli

Les Cenci (I Cenci)35 Ivanka Stoianova Giorgio Battistelli: della musica-teatro61 Georges Lavaudant “Ici on enterre la paternité”67 Argomento69 Testo89 Gli interpreti

10 luglio95 Jurij Temirkanov

Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo97 Francesco Ermini Polacci Itinerari russi, da Rimskij-Korsakov

a Stravinskij109 Gli interpreti

11 luglio113 Paul Lewis

Premio Internazionale “Accademia Musicale Chigiana”117 Guido Burchi Beethoven, Sonata in sol magg. op. 79119 Giovanni Carli Ballola Beethoven, Sonata in si bem.

magg. op. 106 “Für das Hammerklavier”123 L’interprete

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12 luglio125 Antonio Vivaldi

L’Atenaide127 Frédéric Delaméa L’Atenaide di Antonio Vivaldi ossia

gli affetti... gelosi147 Trama dell’opera149 Il libretto217 Gli interpreti

13 e 14 luglio229 Giuliano Carmignola / Orchestra da Camera di Mantova

Salvatore Accardo / Orchestra da Camera Italiana233 Giovanni Carli Ballola Mozart violinista241 Gli interpreti

15 luglio249 Gianluigi Gelmetti / Orchestra della Toscana

Coro da Camera di Praga253 Giovanni Carli Ballola Il Requiem di Mozart258 Testo264 Gli interpreti

275 Gli artisti dell’“Estate Musicale Chigiana”e della “Settimana Musicale Senese”

277 Gli autori e i brani eseguiti nell’“Estate Musicale Chigiana”e nella “Settimana Musicale Senese”

Con il contributo del Ministeroper i Beni e le Attività Culturali

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Il Conte Guido Chigi Saracini in un medaglione di Emilio Gallori.

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VITTORIO CARNESECCHI

Vicepresidentedell’Accademia Musicale Chigiana

La Settimana Musicale Senese festeggia quest’anno la sessan-tatreesima edizione, confermandosi fra i festival più antichi eprestigiosi d’Italia.

Il Conte Guido Chigi Saracini ne ideò infatti la prima realizzazionenel 1939, individuando quelle nette linee culturali che hanno carat-terizzato fin dall’inizio questa importante manifestazione.Accanto ai necessari ammodernamenti apportati dai diversi direttoriartistici che si sono succeduti, la Settimana Musicale Senese hamantenuto tuttavia ben salda l’impronta che le diede l’illustre Fon-datore.Certamente è rimasto vivo l’interesse rispettivamente per la musicaantica e quella contemporanea, che hanno sempre costituito i duepoli di attrazione dei programmi del festival, senza dimenticare igrandi concerti sinfonici e le esibizioni di solisti di fama internazio-nale, spesso coinvolti anche nei Corsi di perfezionamento dell’Ac-cademia stessa.Pur nella moltitudine di manifestazioni simili che ai nostri giorni sipossono trovare dovunque numerose, il Festival senese seguita adistinguersi per una sua forte personalità ed un sicuro equilibrioculturale.Non si può non notare anche lo stretto legame che la SettimanaMusicale ha con la città di Siena. Alcuni dei suoi incomparabilimonumenti sono infatti adoperati per ospitare le manifestazioni cheacquisiscono così una suggestione e una festosità che esaltano illoro valore.Auguro quindi a questa edizione lo stesso successo che ha caratte-rizzato tutta la lunga vita del festival.

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ALDO BENNICI

Direttore Artisticodell’Accademia Musicale Chigiana

Il teatro musicale di ieri e quello di oggi costituiscono il cardineprincipale della Settimana Musicale Senese 2006. È ormai unaconsuetudine della programmazione, che stavolta ha individuato

fra i dimenticati tesori del passato L’Atenaide di Antonio Vivaldi,dramma per musica con parole di Apostolo Zeno scritto nel 1729:L’Atenaide viene riproposta in esecuzione integrale, in forma diconcerto, grazie alle cure interpretative e musicologiche di AndreaMarcon, che guida l’Orchestra Barocca di Venezia – formazione dalui stesso fondata, oggi fra i migliori complessi specializzati nellaprassi esecutiva barocca – e un cast autorevole di voci che schieraRuth Rosique, Romina Basso, Laura Rizzetto, Franziska Gottwald,Cristina Baggio, Bartolo Musil e Mark Tucker. Progettata e messain cantiere da più di un anno e mezzo, la realizzazione di quest’o-pera si propone come evento di grande significato, anche perché siricollega idealmente alla storia dell’Accademia Musicale Chigiana, aquel 1939 che vide partire proprio da qui – promotori il ConteGuido Chigi Saracini e Alfredo Casella – la grande riscoperta italia-na di Vivaldi e della sua musica. L’incursione nel teatro musicale del nostro tempo viene inveceofferta dalla proposta de Les Cenci di Giorgio Battistelli, in primaesecuzione italiana e in forma scenica. Uno spettacolo ideato percollocarsi in una dimensione internazionale, dal momento che vienerealizzato anche in coproduzione con il Théâtre de l’Odéon di Pari-gi. Da sempre Battistelli indaga le possibilità espressive della dram-maturgia teatrale per musica e Les Cenci (creata per l’AlmeidaOpera di Londra nel 1997), rappresenta uno dei suoi contributi piùinteressanti nel genere: “teatro di musica” – per dirla con le paroledello stesso Battistelli – tratto dall’omonima tragedia di AntoninArtaud a sua volta ispirata alle fosche vicende della famiglia Cencie della sua più nota rappresentante, la nobile Beatrice, morta decapi-tata e vittima degli orrori del suo stesso casato. Lo spettacolo ha laregia di Georges Lavaudant e vede sul podio dell’Orchestra dellaToscana Luca Pfaff, già paladino della riscoperta della Ville Mortedi Nadia Boulanger dell’anno passato. Ma la 63esima SettimanaMusicale Senese vuole celebrare anche due protagonisti della culturamusicale, ricordati nella ricorrenza delle loro nascite: nel 2006 cadedifatti il duecentocinquantesimo anniversario della nascita di Mozart,ma pure il centenario di quella di Dmitrij Šostakovič, voce altrettan-

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to importante. Proprio con il nome di Šostakovič si apre la Settima-na Musicale, con un concerto che vede il ritorno sempre gradito aSiena dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai guidata dallabrillante bacchetta di Myung-Whun Chung: accanto alle due raffina-te suites orchestrali dal balletto Daphnis et Chloé di Ravel, diŠostakovič ascolteremo la Sinfonia n. 5, pagina fra le sue più noteed accattivanti. Appartiene alla cultura squisitamente russa diŠostakovič Yurij Temirkanov, fra i direttori d’orchestra più carisma-tici di oggi, eccezionale virtuoso che giunge a Siena guidando quel-la formidabile legione di musicisti che è l’Orchestra Filarmonica diSan Pietroburgo, della quale è direttore stabile da lunghi anni: perquello che è certo un concerto di spiccato valore internazionale,Temirkanov e la filarmonica sanpietroburghese propongono alcunefra le più seducenti pagine di Rimskij-Korsakov nonché un’indiscu-tibile pietra miliare della musica moderna come La Sagra della Pri-mavera di Stravinskij. Tornando agli omaggi, Mozart viene onoratocon un trittico di appuntamenti ravvicinati e carichi di significati.Da una parte, l’incursione nel mondo accattivante dei suoi lavoriper violino e orchestra (i cinque Concerti, ma pure il più raro Con-certone per due violini), affidata ad ensemble orchestrali nostrani diparticolar pregio come l’Orchestra da Camera di Mantova e l’Or-chestra da Camera Italiana con, rispettivamente, Giuliano Carmigno-la e Salvatore Accardo, entrambi presenti nel doppio ruolo di solistae direttore. Dall’altra, il Requiem, che da sempre è la partitura piùrappresentativa di Mozart: lo propone, a suggello della Settimana,Gianluigi Gelmetti, confidando sulle qualificate forze professionalidell’Orchestra della Toscana, del Coro da Camera di Praga e di unquartetto di solisti che include anche Laura Polverelli e Juan Franci-sco Gatell. Infine, la Settimana Musicale torna ad ospitare il PremioInternazionale Chigiana. A ricevere il Premio è quest’anno il piani-sta inglese Paul Lewis, formatosi sotto la guida del suo mentoreAlfred Brendel, vincitore di numerosi premi internazionali, e che aSiena, nella suggestiva Sala del Mappamondo di Palazzo Pubblico,si presenta con un programma per intero dedicato a Beethoven. IlPremio Internazionale Chigiana è un riconoscimento in piena sinto-nia con la filosofia della nostra Istituzione, da sempre fucina di qua-lificati talenti musicali: qui hanno studiato Luca Pfaff e Laura Pol-verelli, qui Salvatore Accardo e Giuliano Carmignola sono statiallievi e oggi sono maestri, così come qui Myung-Whun Chung eYurij Temirkanov hanno tenuto per anni i loro corsi. Tutti nomioggi protagonisti di questa 63esima Settimana Musicale Senese.

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Il Palazzo Chigi Saracini, sede dell’Accademia Musicale Chigiana.

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ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALEDELLA RAIMYUNG-WHUN CHUNG direttoreRavel La Valse; Ma mère l’Oye / ŠostakovičSinfonia n. 5 in re min. op. 47

GIORGIO BATTISTELLILES CENCITeatro di musica da Antonin ArtaudAdattamento del testo di Giorgio BattistelliPrima esecuzione italianaORCHESTRA DELLA TOSCANALUCA PFAFF direttoreGEORGES LAVAUDANT regiaIn collaborazione col Théâtre de l’Odéon di Parigi

ORCHESTRA FILARMONICADI SAN PIETROBURGOJURIJ TEMIRKANOV direttoreRimskij-Korsakov La grande Pasqua russa,ouverture op. 36 / Suite da Il gallo d’oroStravinskij La sagra della Primavera

Premio Internazionale “Accademia MusicaleChigiana” 2006 (25ª edizione)PAUL LEWIS pianoforteBeethoven Sonata in sol magg. op. 79 / Sonata insi bem. magg. op. 106 “für das Hammerklavier”

63a SETTIMANA MUSICALE SENESELuglio 2006

11 martedìPalazzo PubblicoSala delMappamondoore 19

7 venerdìPiazza Jacopodella Querciaore 21,15

8 sabatoore 21,159 domenicaore 18 Teatro dei Rozzi

10 lunedìPiazza Jacopodella Querciaore 21,15

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ANTONIO VIVALDIL’ATENAIDEDramma per musica in tre atti su libretto diApostolo Zeno (in forma di concerto)Ruth Rosique Lopez soprano / Romina Bassomezzosoprano / Laura Rizzetto mezzosoprano /Franziska Gottwald mezzosoprano / CristinaBaggio soprano / Bartolo Musil baritono / MarkTucker tenoreORCHESTRA BAROCCA DI VENEZIAANDREA MARCON direttore

ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVAGIULIANO CARMIGNOLA violinista e direttoreMozart Concerti in re magg. K. 211, in si bem.magg. K. 207, in re magg. K. 218 per violino eorchestra

ORCHESTRA DA CAMERA ITALIANASALVATORE ACCARDO violinista e direttoreMozart Concerto in sol magg. K. 216 per violinoe orchestra / Concertone in do magg. K. 190 perdue violini e orchestra / Concerto in la magg. K.219 per violino e orchestra

ORCHESTRA DELLA TOSCANAGIANLUIGI GELMETTI direttoreCoro da Camera di PragaPavel Vanek maestro del coroAnna Rita Taliento soprano / Laura Polverellimezzosoprano / Juan Francisco Gatell tenore /Alessandro Guerzoni bassoMozart Requiem K. 626 per soli, coro e orchestra

Concerto offerto alla cittadinanza dalla BancaMonte dei Paschi di Siena

12 mercoledìChiesa diSant’Agostinoore 20,30

13 giovedìChiesa diSant’Agostinoore 21,15

14 venerdìChiesa diSant’Agostinoore 21,15

15 sabatoChiesa diSant’Agostinoore 21,15

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Myung-Whun Chung.

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Venerdì 7 luglioPiazza Jacopo della Quercia

ore 21,15

Myung-Whun Chungdirettore

Orchestra Sinfonica Nazionaledella RAI

MAURICE RAVELCiboure, Bassi Pirenei 1875 – Parigi 1937

La ValsePoema coreografico

Ma mère l’OyeCinque Pezzi infantili per orchestra

Pavane de la Belle au bois dormante(Pavana della bella addormentata nel bosco) (Lent)

Petit Poucet (Pollicino) (Très modéré)

Laideronnette, Impératrice des Pagodes(Laideronnette, imperatrice delle pagode) (Mouvement de Marche)

Les entretiens de la Belle et de la Bête(I dialoghi della Bella e della Bestia)(Mouvement de Valse très modéré)

Le jardin féerique (Il giardino fatato) (Lent et grave)

DMITRIJ DMITREVIČ ŠOSTAKOVIČPietroburgo 1906 – Mosca 1975

Sinfonia n. 5 in re minore op. 47ModeratoAllegretto

LargoAllegro non troppo

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RAVEL E ŠOSTAKOVIČ

DANIELE SPINI

La Valse

Aun poema sinfonico ispirato agli Strauss e al valzer vienne-se Ravel aveva cominciato a pensare già nel 1906: “ungrande valzer, una sorta di omaggio alla memoria del gran-

de Strauss, non Richard, l’altro, Johann”, scrisse a un amico.“Conoscete la mia intensa simpatia per questi ritmi adorabili. Equanto stimi la gioia di vivere espressa dalla danza…”. JohannStrauss junior era morto da sette anni soltanto, Francesco Giusepperegnava tranquillamente sul suo impero, popolato da sudditi cheappartenevano a cinque religioni diverse, parlavano un numeroancora maggiore di lingue e usavano due differenti alfabeti, ilmondo a tutto pensava fuor che a una possibile fine di tutto l’equi-librio politico e sociale che aveva dato all’Europa decenni di pace euna fioritura culturale senza eguali. Presto però Ravel virò versoun’altra identità storica del valzer, rendendo omaggio a Schubertcon le Valses nobles et sentimentales del 1911. Il progetto sembròrinascere nel 1914 (dopo che l’“altro” Strauss, Richard, aveva giàinnalzato al valzer dei suoi omonimi un monumento nel Rosenkava-lier), con un titolo quanto mai significativo: Wien, Vienna. Troppofacile per noi oggi segnalarne la scarsa tempestività: il 28 giugno diquell’anno le pistolettate di Sarajevo aprirono per l’Europa e ilmondo un capitolo storico in cui ci sarebbe stato ben poco postoper omaggi al valzer viennese. Ravel andò al fronte, a fare l’autistadi ambulanze: si ammalò gravemente, cadde in una profondadepressione. Furono per lui anni aridi, sostanzialmente infecondi. Ilritorno alla composizione avvenne nel 1919, con il Tombeau deCouperin, dedicato a sette amici caduti in guerra. Subito dopo, die-tro un suggerimento dell’impresario dei Ballets Russes Sergej Dja-gilev, toccò a La Valse, “poema coreografico”, terminato nel 1920.

Il vecchio progetto rinasceva con ben altre premesse. La Vien-na dei valzer non c’era più; o se c’era, poteva apparire come ilmonumento postumo di se stessa. Così Ravel delimita l’evocazionestorico-sociale, pur chiarissima (l’indicazione di tempo al principiodell’opera è “Mouv[emen]t de Valse viennoise”: precisa prescrizio-ne stilistica anche per l’esecutore; e il tema principale evocacomunque la melodia di un valzer di Johann Strauss junior, O

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Maurice Ravel in una caricatura di Aline Fruhauf.

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schöner Mai), in un contesto armonicamente e timbricamente defor-mato, quasi a prendere le distanze dall’oggetto stesso della sua rico-gnizione. L’orchestra è ricchissima di colori: legni a tre, quattrocorni, tre trombe, tre tromboni e tuba, due arpe e percussioni, con-tro un gruppo d’archi curiosamente limitato, almeno nelle indicazio-ni in partitura (sei primi violini, sei secondi, quattro viole, quattrovioloncelli, due contrabbassi).

Questo il “programma”, steso da Ravel stesso: “Nuvole turbi-nose lasciano intravedere a tratti alcune coppie che danzano il val-zer. Le nuvole poco a poco si dissipano: si scorge una sala immen-sa, popolata da una folla volteggiante. Al fortissimo risplende laluce dei lampadari. Una corte imperiale, intorno al 1855”. Unatraccia che a noi oggi (che forse abbiamo in mente più Carnet diballo di Duvivier che non i Ballets Russes di Djagilev) sembra piùcinematografica (ma allora il cinema non aveva né parole né musi-ca) che non coreografica, e men che meno riferibile a un poemasinfonico secondo l’uso romantico. Domina comunque l’idea di unprecisarsi progressivo dell’immagine, fino a un culmine sonoro evisivo dato dal fortissimo abbinato al bagliore dei lampadari: tant’èvero che l’ambientazione logistica e cronologica (“una corte impe-riale, intorno al 1855” è data al lettore-ascoltatore soltanto alla fine;come se solo alla fine, appunto, si rivelasse a che cosa la musicaabbia voluto alludere finora. Così procede la musica, che prendel’avvio nelle zone più gravi dell’orchestra, dipanandosi lungo untessuto ritmico dapprima indistinto, poi sempre più decisamenteidentificato con lo schema metrico del valzer viennese, fino a esplo-dere in una autentica frenesia motoria nel vorticoso susseguirsi dellefigurazioni. Ironia ed eleganza si incontrano in un gioco intellettualeche lascia emergere più i fattori ritmici e timbrici che non quellimelodici, quasi negando all’ascoltatore l’espressione esplicita diquella stessa nostalgia che un omaggio al valzer viennese scrittoall’indomani della catastrofe poteva promettergli.

Ravel dedicò La Valse a Misia Sert, sorella del suo grandeamico Cipa Godebski e protagonista fra le più influenti della mon-danità culturale e artistica parigina. Proprio in casa di Misia Sert,però, la nuova composizione aveva incontrato uno smacco non faci-le da dimenticare, quando nel febbraio 1920, presenti Igor Stravin-skij e un giovanissimo Francis Poulenc, Ravel, insieme con la piani-sta Marcelle Meyer aveva fatto ascoltare a Djagilev La Valse (cheancora si chiamava Wien) nella versione per due pianoforti. “CaroRavel, è un capolavoro, ma non è un balletto”, aveva sentenziatol’impresario. Ravel se ne andò in silenzio con la sua musica sotto-

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Frontespizio illustrato dei Racconti di Mamma Oca.

braccio, interrompendo per sempre ogni rapporto con Djagilev.

Ribattezzata La Valse, la partitura fu eseguita in concerto il 12

dicembre 1920 da Camille Chevillard, con l’Orchestre Lamoureux.

In palcoscenico ci arrivò nel 1926, ad Anversa: ma fu soprattutto a

Parigi, grazie a Ida Rubinstein, che La Valse si affermò anche come

balletto, dal 1929 in poi.

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Ma mère l’Oye

Come La Valse, la suite sinfonica Ma mère l’Oye è il risultatodi una gestazione piuttosto lunga, in cui si intrecciano il pianoforte,l’orchestra, la danza e la famiglia Godebski. L’atto di nascita risale al1908, quando Ravel, ospite di Cipa Godebski nella sua residenza dicampagna, La Frangette, decise di scrivere una serie di pezzi infantiliper pianoforte a quattro mani, dedicandola ai bambini del suo amico,Mimi e Jean Godebski, ai quali era solito la sera raccontare fiabecome quelle contenute nella celebre raccolta pubblicata nel 1697 daCharles Perrault, Contes de ma mère l’Oye (Racconti di Mamma Oca,dal nome della contadina che si suppone autrice dei racconti, la stessaMother Goose di tante filastrocche e fiabe inglesi). Le Cinq piècesenfantines di Ravel si ispiravano alle fiabe della Bella addormentatanel bosco, appunto di Perrault, di Pollicino (ancora Perrault, citato inepigrafe: “Credeva di trovare facilmente il cammino per mezzo delpane che aveva seminato ovunque fosse passato; ma fu ben stupitonon riuscendo a ritrovarne una sola briciola: erano venuti gli uccelli eavevano mangiato tutto”), di Laideronnette (la principessa Bruttinaservita da cento piccole statuine di porcellana cinese - pagodes - nelracconto Il serpente verde di M.me D’Aulnoy, una “rivale” di Per-rault: “Si spogliò e si mise nel bagno. Immediatamente pagode epagodine si misero a cantare e suonare strumenti: alcune avevanotiorbe fatte con gusci di noce, altre viole fatte con gusci di mandorla;poiché bisognava pure che gli strumenti fossero proporzionati allaloro statura”), della Bella e della Bestia che fanno conversazione nelracconto di M.me Leprince de Beaumont, altra narratrice di fiabe, sta-volta del Settecento (“‘Quando penso al vostro buon cuore, non misembrate così brutto.’ - ‘Oh! sì, signora! ho un buon cuore, ma sonoun mostro.’ - ‘Vi sono molti uomini più mostruosi di voi.’ - ‘Seavessi un po’ di spirito vi farei un gran complimento per ringraziarvi,ma non sono che una bestia.’ …… ‘Bella, volete essere miamoglie?’ - ‘No, Bestia!...’ …… ‘Muoio contento poiché ho il piaceredi rivedervi ancora una volta.’ - ‘No, cara Bestia, non morrete: vivre-te per divenire mio sposo!...’ La Bestia era scomparsa ed ella nonvide ai suoi piedi che un Principe più bello dell’Amore che la ringra-ziava per aver posto fine al suo incantesimo”), e genericamente alleFate nel cui giardino si conclude l’itinerario fantastico proposto aidue bimbi. Con abilità stupefacente Ravel riuscì a sintetizzare un’in-tuizione poetica di eccezionale sottigliezza e una ricerca stilistica raf-finatissima nella scrittura semplicizzata all’estremo di un quattromaniinfantile, dato che era sua intenzione che gli interpreti della primaesecuzione fossero i bambini stessi, che all’epoca avevano rispettiva-

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Due illustrazioni ottocentesche per la fiaba di Pollicino.

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mente nove e sette anni. Con indicibile sollievo della piccola Mimie(che in età adulta ricordò l’episodio in una pagina autobiografica) gliesecutori furono scelti altrimenti. Si trattò pur sempre di interpreti inerba: a presentare al pubblico Ma mère l’Oye il 20 aprile 1910 allaSalle Gaveau, nel corso del primo concerto della neonata SociétéMusicale Indépendante, furono la quattordicenne Geneviève Durony el’appena undicenne Jeanne Leleu. Una collocazione ben seriosa peruna suite ufficialmente ad usum infantium: di fatto Ravel aveva senti-to questa esigenza di miniaturizzazione come una di quelle sfide incui la sua ispirazione trovava sempre l’esca migliore. Dalle linee tersee scorrevoli della Belle au bois dormant alla narrazione asettica mafavolosa di Petit Poucet all’incredibile virtuosismo stilistico dellecineserie di Laideronnette, al valzer sospeso e misuratissimo de LaBelle et la Bête, fino all’apoteosi rapidissima del conclusivo Jardinféerique è proprio l’autolimitazione quasi feroce dei mezzi a stimolaredi più l’abilità di quell’orologiaio magico che sembra sempre essersinascosto dietro i mezzi sorrisi enigmatici di Ravel.

A far trapassare anche Ma mère l’Oye dal pianoforte all’orchestrafu Jacques Rouch, il direttore del Théâtre des Arts, in cerca di unapartitura di balletto tutta francese in grado di competere con i BalletsRusses di Djagilev. Ravel orchestrò i cinque pezzi di Ma mère l’Oyeaggiungendovi un preludio, una sesta scena e quattro interludi, adattan-do questa sostanza musicale a un canovaccio che incorniciava l’azionetra due quadri riferiti alla favola della Bella addormentata e collocatirispettivamente al principio e alla fine. In questa forma Ma mère l’Oyeandò in scena il 28 gennaio 1912 con la coreografia di Jeanne Hugarde la direzione di Gabriel Grovlez. In seguito Ravel preferì ricondurreanche questa versione all’articolazione originale in cinque movimenti,estraendone la suite che si esegue di solito in concerto, e che ripetel’organizzazione limpidissima della pagina infantile rivestendola peròdei colori fantasmagorici di cui era capace un mago dell’orchestrazio-ne come lui: una dilatazione nello spazio sonoro che senza violentarela semplicità dell’originale ne porta in luce le grandi potenzialità chevi stavano in certo senso annidate.

Sinfonia n. 5 in re minore op. 47

Passare da Ravel a Šostakovič significa affrontare due mondiabbastanza distanti tra loro: cronologicamente, geograficamente, cul-turalmente. Ravel ci ha portato in una Parigi ribollente di novità intutti i campi della cultura, dalla letteratura alle arti figurative, dalteatro alla danza. Con la Quinta sinfonia di Šostakovič siamo nel1937, in un momento fra i più duri per la cultura sovietica, costretta

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Dmitrij Šostakovič.

a fare i conti da vicino, e assai concretamente, con la pesante inge-renza del potere nelle cose della cultura e dell’arte.

Dmitrij Šostakovič ha trentun anni. Ha alle spalle una giovinez-za tumultuosa, vulcanica, che lo ha caratterizzato come uno dei pro-tagonisti più precoci e vivaci di un’avanguardia incendiaria qualequella che ha animato la Russia negli anni Venti. E da principioquesta vocazione rivoluzionaria ha convissuto felicemente con il qua-dro di novità e di sperimentazione vissuto dall’Urss nel primo perio-do della sua storia, estendendo alla cultura e all’arte gli entusiasmi ele aspirazioni della Rivoluzione d’Ottobre. Ne è stato documento fol-gorante nel 1930 Il naso, da Gogol’. Ma poi, con il consolidarsi delregime staliniano, la situazione è peggiorata decisamente, eŠostakovič è incorso in un infortunio che potrebbe costargli caro.Nel 1936 ha portato in scena un’opera, Una lady Macbeth deldistretto di Mzensk. È una storia cruda, di passioni animalesche, didegradazione, di violenza psicologica e fisica, sullo sfondo di unaRussia contadina ottusa e priva di ideali, raccontata da una musica

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Monumento ai caduti di Leningrado.

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aspra, incalzante, esplosiva: uno dei capolavori del teatro musicaledel Novecento, accolto lì per lì da grande successo. Ma anche Stalinè andato a vederla, e improvvisamente per Šostakovič le cose sisono messe male: il dittatore ha abbandonato ostentatamente il tea-tro, indignato di fronte a un’opera che sembra mettere in crisi ivalori morali di una Russia austera e patriarcale, con la quale ilregime intende mostrarsi in continuità. Poco dopo la “Pravda” l’hastroncata, definendola “Caos, anziché musica”. È il tempo dellepurghe, che coinvolgono e travolgono tanto gli oppositori politici diStalin quanto gli intellettuali e gli artisti che sembrano distaccarsidai canoni del regime. L’accusa è quella, poco men che infamantein quel clima, di “formalismo”. Šostakovič ha appena composto lasua Quarta sinfonia: un’opera grandiosa, animata, innovativa fino arischiare di apparire provocatoria. Di fronte a questo minacciososegnale da parte del potere opta per la prudenza: ritira la partitura,quando già sono cominciate le prove della prima esecuzione (dovràaspettare fino al 1961, per poterla ascoltare), e cerca rapidamente dirifarsi un’immagine con un’altra sinfonia, la Quinta, in qualchemodo più tranquilla e positiva. Otterrà il suo scopo, riscuotendo ungrande successo senza pagare lo scotto che si sarebbe potuto temere.

La nuova sinfonia nasce nel 1937, fra aprile e luglio. Šostako-vič imposta l’opera su uno schema abbastanza tradizionale, articola-to in quattro movimenti ma sovvertendo la successione canonica diquelli centrali (piazzando cioè lo scherzo, o ciò che ne fa le veci,prima del tempo lento), e la mantiene entro limiti di durata accetta-bili, senza dilatarne la forma come ha fatto con la Quarta.

Il tema principale del Moderato iniziale scorre su intervalliampi, ed è costruito come un canone. Il secondo è più cantabile,sempre secondo tradizione. Segue uno sviluppo drammaticissimo,che impegna tutte le sezioni dell’orchestra in elaborazioni serrate,conflittuali, portando le sonorità degli ottoni a culmini quasi violen-ti, disegnando un clima decisamente tragico. Il movimento si chiudein un clima sospeso, con il canto del violino solo che muore controle scale cromatiche della celesta. Forse una citazione, certo unricordo di un analogo episodio in Mahler, come testimonia il ricor-do di Edison Denisov, il più celebre allievo di Šostakovič: “Dicevadi aver sentito sei o sette volte di fila Il canto della terra di Mah-ler, quando era a letto ammalato, fino a impararlo a memoria. Giàprima […] lo avevo sentito affermare che l’ultimo tempo del Cantodella terra era il pezzo più geniale mai scritto in tutta la storiadella musica […]. Scherzava sul fatto che Mahler avesse rappresen-tato l’eternità con il timbro della celesta”. L’Allegretto successivoci riporta ancora a Mahler, con le sue movenze di danza oscillantifra spensieratezza e sarcasmo. Il Largo si propone come una delle

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Una caricatura di Dmitrij Šostakovič.

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pagine più intense di Šostakovič, segnata da una cantabilità pura,elementare. Nel finale, Allegro non troppo, è evidente l’ambizionedi disegnare una risoluzione in positivo della drammaticità che hasegnato i tempi precedenti, confermando come l’argomento dellasinfonia sia “lo sviluppo della personalità umana”, come avverteŠostakovič stesso, che così chiarisce le sue intenzioni: “Al centrodella composizione, concepita liricamente dal principio alla fine, hoposto un uomo e tutta la sua esperienza; il Finale risolve in ottimi-smo e gioia di vivere gli impulsi e la tensione tragica del primomovimento.

Presentata da Šostakovič stesso con il sottotitolo “Risposta pra-tica di un compositore a una giusta critica”, la Quinta sinfonia fueseguita per la prima volta il 21 novembre 1937 a Leningrado nelventesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre, sotto la direzio-ne di Evgenij Mravinskij. Il regime ammise che l’opera era consonaall’estetica del Realismo Socialista e Šostakovič fu riabilitato. Il suc-cesso fu comunque entusiastico, da parte di un pubblico eccezional-mente commosso. Se gli ambienti ufficiali riconobbero nel lavoro enelle linee programmatiche esposte da Šostakovič un’adesione (sin-cera o meno che potesse essere) a un ottimismo celebrativo ormaiobbligatorio, forse questo itinerario affermativo può esser letto inve-ce come epilogo positivo dello scontro con una condizione culturalee politica angosciante quale Šostakovič stava vivendo così come ilpaese intero, che con quest’opera volle identificarsi immediatamente.

Più tardi, quando l’Urss e il mondo erano molto cambiati,Šostakovič precisò meglio il significato del suo finale e dell’interasinfonia: “Mi sembra chiaro che cosa accada davvero nella Quinta.Il giubilo è forzato, indotto da una costrizione, proprio come nelBoris Godunov. È come se qualcuno ti battesse con un bastone eintanto ti ripetesse ‘Devi giubilare, devi giubilare…’. Ti rialzi tre-mando, con le ossa rotte, e riprendi il cammino borbottando ‘Dob-biamo giubilare, dobbiamo giubilare”.

Così anziché prodotto ossequioso di una retorica reazionaria ecelebrativa, la Quinta ci si presenta oggi come il frutto pregevole egeniale e originale di una prima maturità creativa di Šostakovič: perle scoperte evocazioni del vissuto che fanno di lui il primo vero - econsapevole - epigono di Gustav Mahler, come per le estroversioniritmiche e foniche che lo identificano a ogni effetto tra i protagoni-sti più forti e caratterizzati delle inquietudini e dell’ansia di ricercadel secolo scorso; per l’immediatezza comunicativa delle sue ansieespressive come per la solidità poderosa di un impianto compositi-vo complesso, degno e consapevole erede del maggior sinfonismoottocentesco europeo; per l’assunzione di formule melodiche e rit-miche chiaramente ispirate alla tradizione russa come per la ric-

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Stalin in un ritratto del 1934.

chezza delle suggestioni culturali. Quanto e con quali conseguenzeil conflitto di Šostakovič con il potere politico e culturale abbiainfluito sulle sue scelte artistiche, resta difficile da stabilire, anchealla luce di quanto è stato lasciato scritto da lui stesso a questoproposito. Certamente oggi Šostakovič, ben lungi dall’apparirci unrètore un po’ opportunista, se non cinico addirittura, come permolto tempo lo ha etichettato parte della cultura occidentale, ci sirivela anche e proprio con le sue ambiguità (oppositore ossequente,modernista e conservatore) come uno dei testimoni più autentici deldisagio proprio di ogni artista del Novecento.

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MYUNG-WHUN CHUNG

Ha iniziato la carriera musicale come pianista, debuttando all’età di setteanni con la Seoul Philharmonic. Nel 1974 ha vinto il secondo premio alConcorso pianistico Čajkovskij di Mosca. Completati gli studi musicali allaJuilliard School di New York, nel 1978 è divenuto Assistente e poi Diret-tore associato di Carlo Maria Giulini alla Los Angeles Philharmonic.Direttore musicale all’Orchestra della Radio di Saarbrücken dal 1984 al1990, Direttore ospite principale del Teatro Comunale di Firenze dal 1987al 1992, Direttore musicale all’Opéra di Parigi dal 1989 al 1994, è dal1997 Direttore principale dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di SantaCecilia. Nel 2000 ha assunto inoltre la Direzione musicale dell’OrchestrePhilharmonique de Radio France.Ha diretto le più prestigiose orchestre europee e statunitensi, fra cui i Ber-liner Philharmoniker, il Concertgebouw di Amsterdam, la LondonSymphony, l’Orchestra Filarmonica della Scala, i Wiener Philharmonique,la Chicago Symphony e la New York Philharmonic.Artista esclusivo della Deutsche Grammophon dal 1990, le sue numeroseproduzioni hanno spesso ricevuto prestigiosi premi e riconoscimenti dallacritica musicale. Le sue recenti incisioni includono una serie dedicata aDvořák realizzata con i Wiener Philharmoniker ed una serie di musicasacra con l’Orchestra di Santa Cecilia.Fra i riconoscimenti alla sua attività artistica si ricordano il Premio Abbiatie il Premio Arturo Toscanini in Italia, il titolo di “Artista dell’anno” nel1991 attribuitogli dall’Associazione dei Teatri francesi, la “Legion d’Ono-re” nel 1992 da parte del Governo francese per il contributo dato all’Opéradi Parigi, l’attribuzione per tre volte del Premio “Victoire de la Musique”.Nel 2002 è stato nominato Accademico Onorario dell’Accademia Nazionaledi Santa Cecilia.Parallelamente alla sua attività musicale, è impegnato in iniziative di carat-tere umanitario e di salvaguardia dell’ambiente. Dal 1992 è Ambasciatoreper il “Drug Control Program” alle Nazioni Unite (UNDCP). Nel dicembre1995 è stato nominato “Man of the Year” dall’UNESCO e nel 1996 ilGoverno della Corea gli ha conferito il “Kumkuan”, il più importante rico-noscimento in campo culturale. Attualmente ha l’incarico di Ambasciatoreonorario per la Cultura per la Corea, il primo nella storia del Governo delsuo Paese.Myung-Whun Chung nel 1995 e 1996 ha tenuto il corso di Direzione d’or-chestra presso l’Accademia Chigiana dove peraltro nel 1976 fu allievo diFranco Ferrara.

ORCHESTRA SINFONICA NAZIONALE DELLA RAILe origini dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai risalgono al 1931,quando a Torino fu fondato il primo complesso sinfonico dell’Ente radiofo-nico pubblico a cui si aggiunsero successivamente le Orchestre di Roma,Milano e Napoli. Nel corso degli anni, alla guida delle varie compaginiorchestrali si sono succeduti tutti i principali direttori del momento, da Vit-torio Gui a Wilhelm Furtwängler, da Herbert von Karajan ad AntonioGuarnieri, da Igor Stravinskij a Leopold Stokowski, Sergiu Celibidache,Carlo Maria Giulini, Mario Rossi, Lorin Maazel, Thomas Schippers, ZubinMehta, Wolfgang Sawallisch. Con le quattro orchestre si presentarono alpubblico nelle prime prove importanti Claudio Abbado, Riccardo Chailly,Riccardo Muti e Giuseppe Sinopoli.Nel 1994 le quattro orchestre furono riunite a Torino. La nuova istituzionesinfonica della Rai fu ufficialmente tenuta a battesimo da Georges Prêtre e

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da Giuseppe Sinopoli. Da allora all’organico originario si sono aggiuntimolti fra i migliori strumentisti delle ultime generazioni.Dal 1996 al 2001 Eliahu Inbal è stato Direttore onorario dell’Orchestra.Dal settembre 2001 Rafael Frühbeck de Burgos è Direttore principale. Jef-frey Tate è stato Primo direttore ospite dal 1998 al 2002, assumendo quin-di il titolo di Direttore onorario. Dal settembre 2003 Gianandrea Noseda èPrimo direttore ospite.Altre presenze significative sul podio dell’Orchestra Sinfonica Nazionaledella Rai sono state quelle di Carlo Maria Giulini, Wolfgang Sawallisch,Mstislav Rostropovič, Myung-Whun Chung, Riccardo Chailly, Lorin Maa-zel, Zubin Mehta, Yuri Ahronovitch, Marek Janowski, Dmitrij Kitaenko,Aleksandr Lazarev, Valerij Gergiev, Gerd Albrecht, Yutaka Sado, MikkoFranck.L’Orchestra tiene a Torino regolari stagioni, affiancandovi spesso cicli pri-maverili o speciali: fra questi fortunatissimo quello dedicato alle sinfonie diBeethoven dirette da Rafael Frühbeck de Burgos nel giugno 2004. Dal feb-braio 2004 si svolge a Torino il ciclo “Rai NuovaMusica”: una rassegnadedicata alla produzione contemporanea che presenta in concerti sinfonici eda camera prime esecuzioni assolute, molte delle quali di opere compostesu commissione, o per l’Italia. l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Raisuona anche molto spesso in concerti sinfonici e da camera nelle principalicittà e nei festival più importanti d’Italia. Abituali ormai le sue presenze aTorino Settembre Musica, alla Biennale di Venezia e alle Settimane Musi-cali Internazionali di Stresa. Numerosi e prestigiosi anche gli impegni all’e-stero: fra questi le tournées in Giappone, Germania, Inghilterra, Irlanda,Francia, Spagna, Canarie, Sud America, Svizzera, Austria, Grecia ed ex-Jugoslavia e l’invito a suonare il 26 agosto 2006 nel concerto conclusivodel Festival di Salisburgo. L’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai ha inoltre preso parte a eventiparticolarmente significativi, come la Conferenza Intergovernativa dell’U-nione Europea svoltasi a Torino, l’omaggio per il Giubileo Sacerdotale diGiovanni Paolo II in piazza San Pietro a Roma, il Concerto di Solidarietàcon la Città di Torino per la ricostruzione della Cappella del Guarini, iconcerti per la Festa della Repubblica (in molte edizioni dal 1997 a oggi) eil Capodanno 2000 nella piazza del Quirinale, tutte manifestazioni trasmes-se in diretta televisiva. Altro tradizionale appuntamento è il Concerto diNatale ad Assisi nella Basilica Superiore di San Francesco.Il 3 e 4 giugno del 2000, in diretta su RaiUno e in mondovisione, l’Orche-stra è stata protagonista dell’evento televisivo “Traviata à Paris”, con ladirezione di Zubin Mehta. Questa produzione della Rai ha conseguito nel2001 l’Emmy Award per il miglior spettacolo musicale dell’anno e il PrixItalia come miglior programma televisivo nella categoria dello spettacolo. Il 27 gennaio 2001 l’Orchestra ha aperto ufficialmente in diretta televisivasu RaiTre le celebrazioni per il centenario della morte di Giuseppe Verdi,eseguendo nella Cattedrale di Parma la Messa da Requiem sotto la direzio-ne di Valerij Gergiev.Il 23 ottobre 2005 Rafael Frühbeck de Burgos e l’Orchestra hanno eseguitoil concerto di riapertura del restaurato Auditorium “Domenico Scarlatti” diNapoli della Rai.Tutti i concerti dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai sono trasmessida Radio3. Molti sono ripresi anche in televisione e trasmessi da RaiTre.L’Orchestra svolge una ricca attività discografica, specialmente in campocontemporaneo. Dai suoi concerti dal vivo sono spesso ricavati CD eDVD.

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Giorgio Battistelli.

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Sabato 8 luglio, ore 21,15Domenica 9 luglio, ore 18

Teatro dei Rozzi

GIORGIO BATTISTELLIAlbano Laziale 1953

Les Cenci (I Cenci)Teatro di musica da Antonin Artaud

Adattamento del testo di Giorgio Battistelli

Editore Casa Ricordi - BMG

Prima esecuzione italiana

Luca Pfaffdirettore

Orchestra della Toscana

Georges Lavaudantregia

Jean-Pierre Vergier costumi

Personaggi e interpretiCenci André Wilms attore

Lucrétia Dany Kogan attriceBéatrice Astrid Bas attrice

Orsino Gilles Arbona attore

BH Service (Ferrara) live electronicsAlvise Vidolin e Davide Tiso regia del suono

Allestimento scenico del Théâtre de l’Odéon di Parigi

Rémi Vidal direttore di scena / Xavier Baron elettricista /Jennifer Ribière sarta / Silvie Cailler truccatrice

In collaborazione con il Théâtre de l’Odéon di Parigi

L’opera è trasmessa in diretta dalla RAI - Radio3

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GIORGIO BATTISTELLI:DELLA MUSICA-TEATRO

IVANKA STOIANOVA

Autore di una ventina di opere destinate alla scena musicale,di numerosi pezzi per orchestra e per diverse formazioni dacamera, Giorgio Battistelli si impone come il maestro italia-

no della musica–teatro. Infatti le sue opere sceniche – Experimen-tum mundi, Jules Verne, Keplers Traum, Teorema o Richard III –ma anche i suoi lavori per orchestra come Anarca, La fattoria delvento, Il y a un firmament o After thought / about a tragedy o isuoi pezzi di musica da camera come Anima, Comme un opérafabuleux, Psychopompos o Uno e trino – elaborano, con mezzidiversi e in contesti diversi, una teatralità musicale a diversedimensioni. Destinati che siano alla scena o non, i lavori di GiorgioBattistelli possiedono sempre una dimensione teatrale: visti o sem-plicemente ascoltati, essi sono già teatro per le orecchie, teatro cheattraverso la molteplicità delle sue suggestioni incita all’esplorazio-ne di universi immaginari sempre aperti.

Contrariamente a Mauricio Kagel degli anni 1960–70, con ilsuo interesse esclusivo per la materia suono–gesto, o a GeorgesAperghis che lavora soprattutto su un terreno astratto; contrariamen-te ad Hans–Werner Henze, sempre fedele alla narrativa unidirezio-nale del libretto o a Luigi Nono, fortemente attratto dal messaggioideologico esplicito o dalla spazializzazione interiorizzata della “tra-gedia dell’ascolto”, Battistelli cerca il più delle volte l’embricaturadensa di molteplici narrazioni lineari – strategia più vicina a quelladi Luciano Berio – e l’elaborazione di strutture narrative multidi-mensionali: sempre sottomesse all’intenzionalità soggiacente delpensiero sinfonico – cioè della “drammaturgia del suono” (Battistel-li) – e sempre esplorabili in diverse direzioni. Per questo i suoilavori destinati alla scena si staccano definitivamente dall’unidimen-sionalità della scrittura figurativa tratta dall’esperienza dell’avan-guardia degli anni ’60 ma anche dall’osservazione autocompiaciutadella materia sonora divenuta la definizione stessa di un buonnumero delle attuali ricerche scientifico–musicali. Per essere semprealla ricerca di sistemi pluridimensionali aperti: cioè adatti ad inte-grare esperienze imprevedibili di natura fortemente divergente edestranee a tutti gli schemi formali preesistenti.

Le prime opere teatrali di Battistelli – Omaggio a Pulcinella(1975), opera di teatro acustico napoletano, Experimentum mundi

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(1981), musica “immaginistica” e Linzer Stahloper (1982), teatromusicale – rivelano, con mezzi molto diversi e risultati musicali escenici non confrontabili, lo stesso radicamento “terreno”: lo spetta-colo musico–teatrale è un’elaborazione artistica di un’esperienzavissuta quotidianamente. Il teatro musicale infatti oggettiva e afferraimmediatamente il parlare del dialetto napoletano in Omaggio aPulcinella, il lavoro ritmato di diciassette artigiani di paese inExperimentum mundi, il funzionamento di un’officina con i suoisessantacinque operai meccanici e metallurgici nella Linzer Stahlo-per. Per riflettere, decontestualizzandolo, ma anche per aprirsi anuove forme d’espressione musicale, ciò che si manifesta oggettiva-mente nel vissuto quotidiano. Scegliendo la via della sperimentazio-ne con la vita reale, il compositore si pone un compito ambizioso:dare al passato o alla quotidianità banale un’importanza attuale,mettere in evidenza l’ampiezza del presente e proporre – all’inter-prete e allo spettatore – occasioni propizie per afferrare il presentein quanto divenire, aiutarlo a vedere l’immediatezza del suo vissutoquotidiano sotto l’aspetto di un “futuro autentico”.1

Strumentista–percussionista, Battistelli è estremamente sensibileal gesto–produttore di suono e alla sua teatralità esplicita. Ma anchealla teatralità vocale. Successore diretto di Luciano Berio (pensiamoa Visage, Sequenza III, Circles, Recital for Cathy e alle opere sce-niche), Battistelli cerca di elaborare il proprio stile di scritturavocale. Le sue opere Aphrodite (1983), “monodramma di costumiantichi”, Ascolto di Rembrandt (1991) per voce, piccola orchestra enastro magnetico tratta da due quadri di Rembrandt e da due poesiedi Guido Ceronetti, oltre a Frau Frankenstein (1993) “monodram-ma del Prometeo” moderno tratto dal romanzo nero di Mary Shel-ley Frankenstein o il moderno Prometeo, mettono in evidenza l’illi-mitatezza dell’esplorazione dell’espressività vocale.

Direttamente ispirato dal “romanzo di modi antichi” Aphrodite(1896) di Pierre Louÿs,2 l’opera di Battistelli Aphrodite (1983),“monodramma di costumi antichi” per attrice, flauti, arpa e tre per-cussionisti, rinuncia totalmente ai princìpi dell’opera letteraria. Per

1 E. Bloch, Experimentum mundi, Payot, Paris, 1981, p. 86-87.2 P. Louÿs (1870-1925) è anche l’autore delle Chansons de Bilitis

(1895) (musicate nel 1897-98 da Claude Debussy) che furono presentateall’origine come una scoperta della letteratura ellenistica, provocando, conquesto, un vero scandalo nell’ambiente filologico. Molto vicino alla sensi-bilità di Gabriele D’Annunzio - con l’estetismo e l’erotismo esacerbati, ladeliberata provocazione contro il moralismo e l’ipocrisia, il gusto marcatoper un’antichità ideale, ecc. Pierre Louÿs fu molto apprezzato da D’Annun-zio per il suo romanzo Aphrodite.

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diventare teatro sperimentale in monologo: ricerca sulla voce e suicolori – vocali–strumentali – della sensualità. Sopprimendo comple-tamente la narrazione cronologica del romanzo e riducendo i suoipersonaggi alla sola protagonista – Chrysis, doppio umano della deaAfrodite – Battistelli inventa un’anamorfosi dell’opera letteraria, unmonodramma–oscillogramma dell’erotismo, come se seguisse l’apo-logia della sensualità che Pierre Louÿs scrive nella prefazione delsuo libro: “[…] La sensualità è la condizione misteriosa, ma neces-saria e creatrice, dello sviluppo intellettuale. Coloro che non hannosentito fino al limite, sia per amarle, sia per maledirle, le esigenzedella carne sono proprio per questo incapaci di comprendere tuttal’estensione dell’esigenza dello spirito”.3 Fortemente attratto findalla giovinezza dal romanzo di Louÿs, Battistelli scopre, nelpasticcio erudito della civiltà alessandrina, nella molteplicità deicaratteri (pseudo–antico, esotico, liberty), nella costruzione delromanzo con il suo erotismo ed estetismo decadente, nel tipo diimmaginario, nei colori e nei sapori sensuali di Louÿs, un aspettoquasi postmoderno. E la sua apologia musico–teatrale della sensua-lità – “il genio dei popoli”, citato da Pierre Louÿs – diviene esplo-razione estremamente raffinata della vocalità in un genere ambiguo,esitando in modo particolarmente attraente fra il teatro di prosa (laprotagonista è un’attrice e non una cantante) e il teatro lirico. Laevidenziazione sonora della relazione eros–musica passa necessaria-mente attraverso la frammentazione, attraverso lo spezzettamento,attraverso le interruzioni inattese del testo, attraverso le emissionivocali prive di significato linguistico, ma ricche di emozione, attra-verso l’espressività fonica averbale, traducendo direttamente la sen-sualità in suono.

Il prolungarsi dello stesso tipo di ricerca di espressività vocalesi può osservare in Ascolto di Rembrandt (1991) per voce, piccolaorchestra e nastro magnetico ispirata a due noti quadri del pittore –l’incisione Donna seminuda (1658) e il ritratto a olio Il filosofo(1631) – ma anche a due poesie di Guido Ceronetti nate dall’osser-vazione di queste due opere di Rembrandt.4 Anch’essa destinata adun’attrice–cantante, Ascolto di Rembrandt allarga considerevolmentela ricerca vocale insistendo sempre sulla corporeità fisica del suonoche diventa fondamento drammaturgico dell’opera. Contrariamenteal monologo quasi sistematicamente mantenuto da Chrysis in Aph-

3 P. Louÿs, Aphrodite, Tallandier Ed., Paris, 1896, p. XI.4 G. Ceronetti, Nudo di matura donna seduta accanto una stufa, Il

filosofo di Rembrandt in Compassioni e disperazioni, Einaudi, Milano,1987.

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rodite, il monodramma vocale Ascolto di Rembrandt si gioca conti-nuamente fra più personaggi: prima di tutto fra i due protagonisti, ilvecchio filosofo e la donna seminuda che si asciuga. Ma anche fraquesti personaggi e la voce dell’osservatore–pittore Rembrandt; oquella dell’osservatore–poeta Ceronetti; o ancora quella dell’osser-vatore–compositore Battistelli. All’ascolto del mistero di Rem-brandt, divenuto ai nostri occhi “come una formula esoterica che sipuò comprendere grazie all’ascolto dei personaggi, fantasmi, simbo-li e emblemi che vivono come prigionieri di un altro mondo”,5 laparte vocale dell’opera di Battistelli diviene il ricettacolo magico ditutte le voci, di tutte le emissioni vocali atte a trasmettere l’emozio-ne del contatto diretto – tattile, visivo, auditivo, sensuale – con la“luce auricolare”6 presente nell’universo misterioso di Rembrandt. Ilrapporto fra le due opere di Rembrandt e i due testi poetici all’in-terno della “drammaturgia invisibile”7 ma udibile dell’opera di Bat-tistelli, conferma una delle caratteristiche primigenie della sua ricer-ca di compositore: la necessità di inventare universi immaginarimolteplici, densi di materie divergenti esplorabili in molteplici dire-zioni, proponendo agli ascoltatori–spettatori numerosi punti diproiezione dell’immaginario e, perciò, di numerose istanze di iden-tificazione.

Frau Frankenstein (1993), “monodramma del Prometeo moder-no” su testo di Battistelli dal romanzo nero Frankenstein o ilmoderno Prometeo (1816) di Mary Shelley,8 è il secondo mono-dramma di Battistelli destinato a un protagonista, attore o attricesecondo le circostanze. E se Aphrodita, dal romanzo di PierreLouÿs, diventa una radiografia vocale–strumentale della sensualità,Frau Frankenstein esplora “le sfere impure della fantasia e dellapsiche” (Battistelli).

Scritto per rispondere a una famosa sfida lanciata da LordByron durante una serata memorabile che riuniva alcuni amici fra iquali Shelley e sua moglie Mary, il romanzo Frankenstein o ilmoderno Prometeo racconta la storia inquietante dello scienziatoVictor Frankenstein che costruisce con parti di cadaveri “la creatu-ra”: un essere terrificante capace di sentire, pensare, parlare e cheperseguita il suo creatore fino al Polo Nord, diventando l’angelo

5 G. Battistelli, “Théâtre de la mémoire”, in Ascolto di Rembrandt,XLIII Premio Italia, Urbino/Pesaro, 1991, RAI.

6 G. Battistelli, Ibid.7 G. Battistelli, Ibid.8 Mary Wollstonecraft (1797-1851), moglie del celebre poeta romantico

inglese P.B. Shelley, ha solo 19 anni all’epoca in cui scrive suo romanzodivenuto celebre.

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della morte per tutta la famiglia Frankenstein. Effettivamente ilromanzo di Mary Shelley “non è una storia fantastica o un raccontodi fantascienza, ma qualcosa di più serio, di più ermetico, di piùfilosofico” (Battistelli). È anche una parabola nera sulla ricercascientifica irresponsabile che porta alla catastrofe: il dio, genio delfuoco, creatore dell’uomo e rapitore del fuoco, Prometeo, apparequi nella sua versione “nera”. È lo scienziato ossessionato che con-sacra la sua vita e la sua ricerca al bene, ma crea ineluttabilmentedel male. La protagonista dell’opera è la voce umana: quella dellanarratrice Mary Shelley che descrive la sua esperienza di scrittura eche esterna “le pulsioni dei propri incubi”, amplificati e inseriti nelcontesto sonoro dal gruppo strumentale e dallo sviluppo spaziale. Èil suono della globalità – cioè la materia vocale–strumentale rappre-sentata – che assume interamente la funzione drammaturgica. Icomportamenti vocali senza significato – suono soffiato, bisbigliato,gridato, pianto, ecc. – i tremoli e i glissando degli archi, le irruzio-ni violente e gli intrecci misteriosi delle percussioni, le bruscheesplosioni degli ottoni, i silenzi carichi di tensione, ecc. – sono fragli efficaci procedimenti destinati a immergerci nel mondo fuori daltempo del globo d’orrore fatto dalle paure più cupe della nostranatura profonda.

L’elaborazione di una moltitudine di elementi, in Battistellisempre al servizio dell’espressione, corrisponde alla sua ricerca per-manente di un lingua nuova, originale, carica di affetti ed essenzial-mente disparata che detiene tutte le possibilità di linguaggio. E sela sperimentazione con le emissioni vocali in Aphrodita segue siste-maticamente la guida immaginaria monologica ispirata al romanzodi Pierre Louÿs, se Ascolto di Rembrandt apre lo spazio intertestua-le navigando fra due quadri di Rembrandt e due poesie di Ceronettisulla base di una complementarietà dei messaggi,9 le opere di teatromusicale come la “fantasia da camera” Jules Verne (1984–85) o la“rappresentazione del corpo e della memoria” Combattimento diEttore e Achille (1988–89) sono dei veri viaggi immaginari nellamemoria o all’interno di se stessi attraverso una moltitudine dispazi letterari e musicali divergenti. La “fantasia musico–teatrale”Jules Verne , scritta per il celebre gruppo di percussionisti Le Cer-cle (J.–P. Drouet, G. Sylvestre e W. Coquillat), è liberamente ispi-rato a tre romanzi di Jules Verne: Viaggio al centro della terra,Ventimila leghe sotto i mari e Cinque settimane in pallone, apparte-nenti alla serie dei Viaggi straordinari. La “rappresentazione del

9 Un po’ alla maniera di L. Nono ne La terra è la compagna, su duepoesie di C. Pavese.

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corpo e della memoria” Combattimento di Ettore e Achille10 effet-tua il viaggio di Ettore e Achille nella memoria del tempo attraver-so frammenti di testi di Omero, Tirso de Molina, Goethe, Schiller,Shakespeare, J. Du Bellay, Racine, Stazio, Quintus, Monti, Leopar-di, Foscolo, Chiabrera, Ariosto, Catullo, Ronsard e Valéry in ingle-se, spagnolo, francese, tedesco, italiano…

La moltiplicazione dei percorsi narrativi all’interno dell’operadi teatro musicale significa infatti spazializzazione e mobilizzazionedall’interno della narratività piatta a una dimensione. Nel contestodegli spettacoli musico–teatrali di Battistelli, la sequenza narrativaorientata non è soppressa ma molto spesso moltiplicata, messa inrelazione con altri percorsi narrativi organizzati. La sovrapposizionee l’interazione di questi diversi livelli di narrazione rendono possi-bili i viaggi immaginari fra diversi livelli di discorso, i continuicambiamenti di livelli compositivi, generatori – inevitabilmente – diinterpretazioni diverse nel momento dell’ascolto–lettura.

Le opere musico–teatrali di Battistelli dove si fondono diversipercorsi narrativi si definiscono molto spesso come “teatro dellamemoria”;11 non racconto storico, ma racconto o insieme di raccon-ti di fantasia, luoghi onirici aperti dove ribolle l’immaginario. Ladimensione acronica, configurazionale sottomette qui la dimensionecronologica delle sequenze direzionali. I molteplici racconti – rac-conti di finzione – in Battistelli si dispiegano in altezza e inprofondità “esplorando a 360°” (Battistelli), “in drammaturgia indimensione sferica”,12 divenendo teatri–“globi”.13 È questa neces-

10 Si pensa, certamente, alla celebre Rappresentazione di Anima e diCorpo (1600) del compositore romano E. Cavalieri (1550-1602), considera-ta un oratorio nello “stile rappresentativo” che imita il più possibile ilritmo e la melopea del testo. E anche al celeberrimo Combattimento diTancredi e Clorinda (1624), cantata drammatica di Monteverdi (1567-1643)appartenente all’Ottavo Libro di madrigali guerrieri e amorosi. Nemicodella purezza, Battistelli a proposito del suo Combat d’Hector et Achilledice che è un “intruglio di testi”. Cfr. “Au pays de la Magie…” / Entretiende Fr. Mallet avec G. Battistelli, in Impressions d’Afrique, Programma del-l’Opéra du Rhin, Strasbourg, 2001, p. 11.

11 Ispirandosi a Robert Fludd, Ars memoriae (1617-1619). Cfr. G. Bat-tistelli, Globe Théâtre (1990). R. Fludd (1574-1637), medico inglese,rosacroce e filosofo mistico del Kent; contemporaneo di Shakespeare, suc-cessore di Paracelso, autore di numerose opere di teosofia, filosofia ematematica.

12 G. Battistelli a proposito del Combattimento di Ettore e Achille, inMusica 89 / DNA, Programme du festival international des musiquesaujourd’hui, Strasbourg, 1989, p. 28.

13 Si pensa, certamente, al Globe Theatre di Shakespeare. Cfr. F.Yates, L’art de la mémoire, Gallimard, Paris, 1975.

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sità di rappresentare vari riferimenti culturali che impone una tecni-ca della citazione specifica: non orizzontale e diacronica, che giocacon l’opposizione dei linguaggi individuali, ma verticale, spaziale ein movimento, esplorando rapidamente tutte le dimensionispazio–temporali in un movimento vertiginoso di sintesi e di ibrida-zioni illimitate.

La decontestualizzazione in Experimentum mundi e in LinzerStahloper, l’esplorazione della intertestualità letterario–pittorica inAscolto di Rembrandt, i viaggi immaginari attraverso testi diversi inJules Verne e Combattimento di Ettore e Achille, ma, più ancora, lefantasie oniriche – l’opera da camera Kelpers Traum (1989–90) e il“balletto di fine secolo” per danzatore e strumenti antichi GlobeThéâtre (1990) – testimoniano un processo globalizzante di sintesifondato soprattutto su una concezione dinamica dello spazio. Perfet-tamente cosciente della forza suggestiva degli effetti di spazializza-zione in musica – e più ancora nell’ambito del teatro musicale –Battistelli inventa spazi musico–teatrali flessibili, estranei a ogni fis-sità metrica, pronti ad aderire ai molteplici cambiamenti delle tra-sformazioni materiali. Il modo spaziale diventa così teso e genera-tore di tensione come è quello del tempo musicale non metrico. Glispettacoli di teatro immaginario in Battistelli si allontanano definiti-vamente dalla semplice concezione del tempo–contenitore o dellospazio–contenente. Nel suo “teatro della memoria” o racconto–fin-zione lo spazio–tempo diventa flessibile, elastico, “morbido comeun mollusco”, secondo l’espressione di Einstein, variabile secondoil movimento e le densità delle materie in trasformazione.

L’“opera da camera” Keplers Traum (1989–90) su libretto delcompositore da Somnium o Nachträglisches Werk über dieLunar–Astronomie (1609) di Giovanni Keplero, si inserisce perfetta-mente nella linea del “viaggio immaginario” o del “teatro–fantasia”.Un po’ alla maniera di Jules Verne, Keplers Traum utilizza unintreccio narrativo composto da Battistelli ispirandosi al magnificoromanzo di fantascienza del XVII secolo Somnium di Keplero e aelementi biografici della vita del celebre astronomo.14 A questadoppia narrazione frammentaria, sperimentata già in Jules Verne,

14 Rifiutata nel 1593 dagli accademici dell’Università di Tübingen acausa delle sue affermazioni copernicane, G. Keplero (1571-1630) rielaborala sua dissertazione sotto forma di romanzo fantastico dal titolo Somnium oopera postuma sulla geografia lunare (1609). Al racconto apparentementefantastico di colui che osserva la terra dalla luna, Keplero aggiunge 223note esplicative che decrivono i fenomeni celesti sempre secondo un mod-ello implicitamente copernicano.

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Battistelli aggiunge “lo sguardo dall’esterno”:15 le immagini dellaterra, divenute possibili, anche in tempo reale, grazie allo sviluppodella tecnologia moderna. Al sogno di Keplero si aggiunge quellodi Battistelli. Lo spettacolo musico–teatrale che manipola con faci-lità una moltitudine di mezzi (musica vocale–strumentale, testi,comportamenti scenici, video e proiezioni mobili) annulla – comenel sogno – ogni distanza temporale e spaziale per immergerci nelsogno risvegliato dove ciascuno trova dei punti di appiglio per ilproprio immaginario. Keplers Traum riproduce coscientemente ilfunzionamento del sogno diurno: il desiderio di viaggio immagina-rio, di apertura che annulla ogni forza centripeta strettamente razio-nalista, riunisce elementi disparati a dispetto di ogni cronologia sto-rica per metterle in ordine in un nuovo insieme, fantasioso e realeal tempo stesso. Nei confronti dei ricordi – di Keplero con la suaricerca scientifica, di sua madre Katharina e delle accuse di strego-neria, nei confronti del Demone–Keplero, nei confronti del mondoreale dell’attuale aeronautica spaziale – lo spettacolo onirico di Bat-tistelli ha un po’ lo stesso rapporto che hanno “quei palazzi baroc-chi di Roma nei confronti delle rovine dell’antichità: pietra dataglio e colonne sono servite come materiale per costruire formemoderne”.16

Gli spettacoli visionari del teatro musicale in Battistelli, model-lando universi fantastici con riferimenti del passato, si propongonodi metterci nel cuore della realtà di oggi. Il sogno o l’ipotesi scien-tifica di Keplero, così come “la stregoneria” di sua madre Kathari-na o il racconto del Demone, si rivelano perfettamente contempora-nei ai satelliti, ai radar e ai calcolatori. La simultaneità delle dimen-sioni temporali – del passato, del presente, del futuro – nei mondiimmaginari impone una concezione sferica del tempo musico–tea-trale, del “tempo–globo”. Condensando riferimenti storici e inte-grando il reale decontestualizzato, il compositore – Magister ludi –gioca con la presenza del passato, la presenza del presente e la pre-senza del futuro.17 Ma, contrariamente all’orientamento mistico di

15 “Comme un paysage”, enunciò E. Bloch in Experimentum mundi.Ma un paesaggio “a n dimensioni” (Cfr. G. Deleuze, F. Guattari, Milleplateaux, Ed. de Minuit, Paris, 1980), è più flessibile, mobile, scherzosacon le curvature dello spazio sonoro-visivo dello spettacolo molteplice.

16 S. Freud a proposito del sogno diurno. Cfr. S. Freud, Die Traumdeu-tung (1900), in Gesammelte Werke, II-III, S. 496.

17 Questa “messa in presenza” fa pensare, certamente, alla filosofia deltempo di Sant’Agostino (354-430): “Ci sono tre tempi, passato, presente,futuro, ma – per essere precisi – si può forse dire: ci sono tre tempi, il pre-sente del passato, il presente del presente e il presente del futuro. Questi tretempi sono nell’anima, jnon li vedo altrove. Il presente del passato è il ricor-

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Sant’Agostino, contrariamente anche alla dimensione interiore, sog-gettiva dell’impiego del sogno nell’ottica freudiana, il procedimentodi Battistelli è fondamentalmente “tellurico”, “terrestre”, “hic etnunc”: i suoi viaggi immaginari attraverso lo spazio e il tempo a ndimensioni ci riportano sistematicamente al reale quotidiano di cia-scuno. E se la visione sferica del tempo in Zimmermann,18 legatastrettamente alla sua tecnica compositiva pluralista con le sue cita-zioni, collages e montaggi, è stata considerata dallo stesso composi-tore come “conseguenza dell’estensione del pensiero seriale”,19 laconcezione globalizzante del tempo in Battistelli corrisponde natu-ralmente alle particolarità della nostra epoca: ciascuno di noi ha lapossibilità reale di essere in contatto diretto e simultaneo con epo-che storiche, aree geografiche e strati culturali lontani e diversi.

Il “balletto di fine secolo” Globe theatre(1990), per un danza-tore e strumenti antichi (flauti, tiorba, liuto, chitarra barocca, violada gamba e percussioni) fa pensare necessariamente al Globe Thea-tre di Shakespeare a Londra con i suoi riferimenti all’arte dellamemoria.20 L’opera rinuncia completamente alla parola per model-lare uno spazio musico–teatrale unicamente con i comportamentigestuali del danzatore e con le “immagini sonore” (Battistelli),immagini deformate – si pensa agli orologi di Dalì – di musica delRinascimento o barocca. L’opera è ispirata all’inizio al teatro dellamemoria di R. Fludd:21 un teatro ermetico, con una costruzionesimbolica particolare e una distribuzione specifica per gli interpretiche dà la possibilità all’ascoltatore di mettersi sempre nel puntoideale, al centro mobile, per la lettura di questa “storia del mondo”.Il danzatore–protagonista in Battistelli è “l’iniziato” (Battistelli) che,senza parole, cerca di esternare la memorie e l’esperienza, la pre-senza del ricordo e la presenza dell’osservazione immediata. “È,forse, Fludd? O Shakespeare? Dunque intellettuale, a suo modomago, alchimista o rosacroce, che prova a impegnarsi veramentenella via della conoscenza” (Battistelli).22 Oppure lo stesso compo-

do, il presente del presente è la contemplazione (l’esperienza, l’intuizione) eil presente del futuro è l’attesa”. Cfr. Aurelius Augustinus, 13 Bücher Beken-ntnisse (Confessiones), Werke, Abt. 3, Band 1, Paderborn, 1964, S. 312.

18 Cfr. B.A. Zimmermann, Intervall und Zeit, Aufsätze und Schriftenzum Werk, a cura di Ch. Bitter, Schott, Mainz, 1974. Cfr. anche C.Dahlhaus, “Kugelgestalt der Zeit, Zu B. A. Zimmermanns Musikphiloso-phie”, in Musik und Bildung N. 10 (1978), Schott, Mainz, S. 633.

19 Cfr. B.A. Zimmermann, Intervall und Zeit, S. 36.20 Cfr. F. Yates, L’art de la mémoire, Gallimard, Paris, 1975.21 Cfr. F. Yates, L’art de la mémoire, Gallimard, Paris, 1975.22 G. Battistelli in Alte neue Musik, Westfälisches Musikfest 1990,

WDR, Köln, S. 35.

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sitore, deciso di finirla con la narrazione unidimensionale perappropriarsi dello spazio–tempo sferico attraverso figure modellatein corso d’opera. I frammenti trasformati – le “immagini” deforma-te nel ricordo – di lavori di diversi compositori (K.F. Abel, R. deVisée, S.L. Weiss, J. Dowland, F. Geminiani, M. Blavet, F.A. Phi-lidor o A. Corelli), emergono continuamente sulla superficie deltappeto sonoro – del “tessuto strumentale astratto”, dice Battistelli,– la cui funzione è di mettere in evidenza la distanza che separa iframmenti sonori del passato fra di loro e in rapporto al mondosonoro attuale. Concepito effettivamente come “teatro della memo-ria”, Globe theatre di Battistelli non cerca la ri–costituzione filolo-gica di musiche del passato con la nostalgia inevitabile di partiture“alla maniera di”; né il pastiche alla moda postmoderna neobaroccache annulla ogni distanza dalle tecniche compositive di altri tempi.La forma sferica dello spazio–tempo riunisce passato (citazioni diframmenti, strumenti antichi), presente (evoluzione concreta gestua-le–sonora) e futuro (linguaggio compositivo aperto) e permette diannullare – almeno nell’ambito dell’estetica – il principio della fini-tezza. Nel momento in cui il tempo diventa continuità dipassato–presente–avvenire, la categoria del finito si trova necessa-riamente abolita. Nel momento in cui la direzione temporale diven-ta reversibile – l’oscillazione permanente nelle immagini sonore delpassato spezzettato e l’idioma musicale contemporaneo di Battistelline è la dimostrazione udibile – non esiste infatti un punto finale.La narrazione lineare teleologica cede il posto preponderante all’e-steriorizzazione pluridimensionale attraverso le forme mobili dellematerie.

Commissione della WDR di Colonia nel quadro di un progettodi “Musica visiva”, Begleitmusik zu einer Dichtspielszene (1994)per 12 musicisti e 6 scene ad libitum è pensata come “nastro sono-ro” preliminare allo spettacolo, o piuttosto come teatro sonorodestinato a “accompagnare” la scena “poetico–ludica” del teatromusicale. Il titolo fa riferimento alla celebre Begleitmusik zu einerLichtspielszene Op. 34 (1929–30) per orchestra di Schönberg, scrit-ta su commissione di un editore musicale che aveva sollecitatodiversi compositori a “fare come se componessero per il cinema”.23

L’opera di Giorgio Battistelli cerca di sviluppare musicalmente,senza utilizzare testo parlato o cantato, 6 temi, 6 “stazioni”. Natu-ralmente Battistelli scrive come se componesse per il teatro: musi-ca–teatro. Un po’ alla maniera di Schönberg quando compose unapiccola sinfonia dodecafonica in tre movimenti che si susseguono

23 Cfr. R. Leibowitz, Schönberg, Solfèges, Seuil, Paris, p. 117.

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senza interruzione – Drohende Gefahr, Angst, Katastrophe – Batti-stelli costruisce la sua Begleitmusik per 12 musicisti in 6 scene adlibitum; 6 scene i cui titoli suggeriscono l’universo psicologico del-l’azione e la cui realizzazione concreta è affidata interamente alregista: 1. Dialogo fra un pensatore ed un poeta; 2. Ascolto delmondo interiore; 3. Combattimento; 4. Colpi d’amore e colpi dimorte; 5. L’espressività delle lacrime; 6. Il linguaggio e i gesti delsilenzio. L’organico dell’orchestra di Battistelli comprende – oltre aiconsueti strumenti acustici (clarinetto, fagotto, corno, trombone,tuba, archi) – una quantità considerevole di strumenti a percussionefra i quali alcune macchine scenico–sonore come la macchina delvento, la macchina della pioggia, la lastra metallica per il tuono,l’arenaiuolo, la raganella, la sega da falegname ecc. Priva totalmen-te di testo – ad eccezione dei titoli delle scene – l’opera di Batti-stelli sollecita una scrittura drammaturgica volontariamente apertaalle invenzioni teatrali più diverse. Contrariamente ai film mutidivenuti recentemente fonte d’ispirazione per una moltitudine di“musiche di accompagnamento”, il “film sonoro” della Begleitmusikdi Battistelli ispira realizzazioni visive sempre aperte. È la sua“musica–teatro” – veramente “immaginistica” – che sollecita leinvenzioni visive di scene poetiche sempre da reinventare.

I “globi–teatri” di Battistelli possono dunque perfettamente farea meno della parola che impone naturalmente l’enunciazione linea-re. Pensiamo a Globe théâtre, a Begleitmusik, ma anche alla “para-bola in musica” Teorema (1991–92) su testo di H.–W. Henze e G.Battistelli dal romanzo e dal film di P.P. Pasolini. Idioma moltepli-ce e polivalente della sensibilità e dell’intelligenza, la scritturamusicale di Battistelli poggia prima di tutto sulla drammaturgia delsuono, sull’espressività delle strutture sonore–gestuali che, peresprimere – e anche per raccontare storie cariche di senso e rivelareuna problematica complessa, filosofica o psicanalitica – bastano ase stesse.24

Il romanzo di Pasolini sopprime del tutto il discorso diretto eil dialogo: le sole battute pronunciate dai personaggi sono i testi deitelegrammi che annunciano all’inizio l’arrivo e alla fine della primaparte la partenza dell’ospite–straniero, questo personaggio misterio-so che sconvolge in modo tragico la vita dell’agiata famiglia mila-nese. La “parabola musicale” di Battistelli rinuncia dunque allaparola ma anche alla vocalità . Il racconto spezzato dell’incontrocon lo straniero e le conseguenze di questo incontro per ciascun

24 “Presenza spogliata di significato e che costituisce pertanto una rive-lazione” scriveva Pasolini. Cfr. Teorema, Garzanti, Milano, 1968.

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membro della famiglia borghese, si svolgono in musica gestuale:sonora, cioè strumentale, attraverso i cantanti solisti e l’orchestra di25 musicisti, e visiva, cioè corporea, attraverso il comportamentoscenico dei sei attori. Privati di voce cantata, i sei protagonisti sonodotati di voce strumentale: violoncello per il padre Paolo, violinoper la madre Lucia, arpa per la figlia Odetta, clarinetto basso per ilfiglio Pietro, sintetizzatore per la cameriera Emilia e due strumentiextra–europei – gli strumenti iraniani a percussione daf e zarf – perlo straniero.

Il personaggio centrale, il centro in cui convergono le aspira-zioni segrete, non confessate di tutti i membri della famiglia, è l’o-spite, lo straniero, l’assolutamente altro, l’Altrui.25 L’invitato “dal-l’aria straniera non solo a causa della sua statura ma anche delfatto che non c’è niente di mediocre o di volgare in lui”(Henze–Battistelli). “Egli è, insomma, di una condizione misteriosa.La sua singolarità dipende, in fondo, dalla sua bellezza” (Pasoli-ni).26 E nell’opera di Battistelli, proprio come in Pasolini, tutti imembri della famiglia si rivelano equidistanti – come nella parabolamatematica – nei confronti del “centro”: lo Straniero, l’altro. Perfet-tamente “uguali per il loro amore segreto”27 e per i loro giochi diseduzione all’inizio, perfettamente uguali per la forza autodistruttri-ce nel fallimento omicida alla fine. Teorema di Pasolini ma anchedi Battistelli dimostrano, con mezzi diversi, la stessa legge immuta-bile che regola “la grande famiglia che ignora tutto dell’amore”.28

Nella condizione di questa ignoranza fondamentale “ciò che conta èciò che è e ciò che è è ciò che appare. Questa apparenza è strana-mente geometrica a dispetto della sua irregolarità. Ciascun punto sitrova esattamente a una certa distanza di un altro. Ancora bisognamisurare questa distanza”.29

Sempre attratto dall’immagine, dall’immaginario, dall’“immagi-nistico”, Battistelli, si è spesso ispirato ai capolavori della settimaarte. Così Prova d’orchestra (1995), “6 scene musicali di fine seco-lo”, su libretto del compositore da Federico Fellini,30 è la secondaopera scenica di Battistelli ispirata da un grande cineasta. Sta difatto che Prova d’orchestra (1978) di Fellini è una delle dimostra-

25 Cfr. E. Levinas, Totalité et infini, Essai sur l’extériorité, KluwerAcademic, M. Nijhoff, 1971, Biblio Essais, 1990; Le temps et l’autre,Quadrige, PUF, 1989.

26 P.P. Pasolini, Teorema.27 P.P. Pasolini, Teorema.28 Ibid.29 Ibid.30 Traduzione e versione ritmica francese di Sophie de Castel.

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zioni più eclatanti del fatto che il maestro italiano – con StanleyKubrick, forse – è il più grande uomo di spettacolo del cinemacontemporaneo. Il “documentario lirico”31 di Fellini, destinato allatelevisione, diventa per il maestro di spettacolo musicale Battistelliil punto di partenza per l’elaborazione “operistica” – nelle condizio-ni attuali e un po’ alla maniera di Fellini – “dell’angoscia, di tuttala disperazione di un italiano d’oggi che vive nel suo paese”.32

L’opera di Battistelli amplifica l’aspetto etico essenziale per ilfilm, rimpiazzando coscientemente il regionalismo dialettale fellinia-no – quest’ultimo molto spiritoso e perspicace – con il cosmopoliti-smo dell’orchestra internazionale contemporanea. Il proposito diBattistelli oltrepassa ampiamente le frontiere dei paesi per approda-re ad una problematica attuale fondamentale: dell’orchestra, dellamusica, dell’arte, della società.33 Oggetto culturale specifico, pro-dotto dell’Occidente, l’orchestra sinfonica diviene un simbolo caricodi significati: microcosmo del mondo occidentale, cosmopolita machiuso; incapace di comunicare veramente con altre culture, esternealla sua tradizione rituale immobile; sottomesso alle pressioni ester-ne insontenibili e dilaniato da tensioni interne distruttrici. Alla pro-blematica etica felliniana Battistelli aggiunge, scrivendo di nuovo idialoghi – ma sempre alla maniera di Fellini –, un livello supple-mentare essenziale per lui:34 il rapporto conflittuale nella musicacontemporanea portato nel cuore stesso della musica.35 Dopo tuttola situazione della musica contemporanea all’interno del mondo del-l’orchestra non è paragonabile a quella dell’orchestra nel mondo, oa quella del mondo occidentale nel mondo? Le “6 scene musicali difine secolo” ritrovano il tono felliniano dell’interrogarsi sui proble-mi essenziali del giorno d’oggi.

31 F. Fellini, in “Répétition d’orchestre, Entretien avec F. Fellini”, diM. Ciment, in Federico, Dossier Positif, Ed. Rivages, Paris, 1988, p. 113.

32 F. Fellini a proposito di Prova d’orchestra. Ibid., p. 113.33 Ricordiamo che secondo la filosofia della musica-utopia di E. Bloch,

cara a Battistelli, la musica prefigura gli sconvolgimenti sociali. Cfr. E.Bloch, Das Prinzip Hoffnung, Suhrkamp, Frankfurt a. M., 1959; Geist derUtopie, Suhrkamp, Frankfurt a. M., 1964.

34 La molteplicità dei livelli è uno degli aspetti essenziali del realismodi Fellini: così Intervista (1987) implica la sovrapposizione di tre livelli,quello del resoconto, quello dei ricordi e quello di America di Kafka.

35 “[...] È il compositore che non ha scritto correttamente. / Con lamusica contemporanea, è sempre la stessa storia. / Ed ecco i compositorid’avanguardia attuali, che sanno tutto di Marx, di Hegel, di Freud, diAdorno, di Lacan [...] ma non sanno niente della tecnica degli strumenti! /E poi ce ne sono troppi di questi compositori [...]”. Cfr. G. Battistelli,Prova d’orchestra.

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Contrariamente alla maggior parte delle opere sceniche di Bat-tistelli che poggiano sulla molteplicità dei percorsi narrativi rappre-sentati, la drammaturgia di Prova d’orchestra cerca “la fusione dinarrazione e di frammenti della realtà” (Battistelli), di soggetto emonologhi narrativi e di svolte imprevedibili affidate al caso. E sele opere anteriori di Battistelli sperimentano soprattutto la composi-zione della molteplicità – teatro della memoria da esplorare –,Prova d’orchestra è fondata su una struttura drammaturgica pro-priamente musicale che comunica la sua energia alla narrazione dellibretto. Il montaggio e la disposizione spazio–temporale di simbolicarichi di senso o di comportamenti emblematici apparentementedisordinati poggiano su una drammaturgia di ordine sinfonico cheagisce in quanto forza dinamica generatrice di un’opera–totalità.Erede della grande tradizione sinfonica del sistema tonale del clas-sicismo, Battistelli inventa – nel contesto della scrittura operisticaattuale – le strategie seduttrici di un nuovo sinfonismo. Esse pog-giano inevitabilmente sulla delimitazione dei campi semantici indi-vidualizzati, sul contrasto degli opposti e sui passaggi continui,sulle interazioni e sulle fusioni nelle condizioni di un’“impurità” o“androginia” musicale generalizzata. I rapporti a distanza di compo-nenti similari, il gioco dell’apparizione–scomparsa, la precarietà deicaratteri musicali, il nomadismo continuo del linguaggio musicalesostenuto sempre dalla drammaturgia del suono che mira all’aboli-zione di ogni inerzia della percezione, sono fra i procedimenti cheindividuano la strategia seduttrice del compositore: la sua arte difare opera contemporanea con i mezzi del sinfonismo reinventato.36

Sempre attratto dalla forza drammaturgica del grande sinfoni-smo, Battistelli sottomette spesso lo spettacolo musico–teatrale, epiù ancora dopo Prova, alle forze organizzatrici ispirate dalla tradi-zione sinfonica: si tratta di una costante nella ricerca compositiva diBattistelli che comprende l’organizzazione di una moltitudine dimateriali, di stili e di riferimenti culturali in un’enunciazione coe-rente che agisce sempre sull’ascoltatore attraverso la forza della“drammaturgia del suono” (Battistelli). Die Entdeckung der Lang-samkeit ( La scoperta della lentezza) (1996), teatro musicale in cin-que scene su libretto di Michael Klügl dal romanzo omonimo diSten Nadolny, è fra gli esempi più espliciti di una sinfonizzazionedell’opera musico–teatrale per cantanti solisti, orchestra e cori sullascena e su nastro magnetico. I cinque quadri de La scoperta della

36 Ricordiamo che per il Fellini di Intervista, per esempio, ma anche diProva d’orchestra, l’intervista era l’arte di fare del cinema con altri mezzi.Cfr. il suo Fellini par Fellini, Calmann-Lévy, Paris, 1984.

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lentezza intitolati, nell’ordine, Preludio in due tempi, Studio, Ricer-care, Perpetuum mobile e Molto lento, rimandano alle forme classi-che che hanno dato prova, attraverso le varie epoche, dell’efficaciadella loro drammaturgia sonora.37 Queste forme stabili nella storiarendono possibile e mettono in evidenza una sperimentazione estre-mamente inventiva del tempo, concetto filosofico fondamentale e,contemporaneamente, argomento sempre capitale nel lavoro di Bat-tistelli.

Il teatro di musica I Cenci (1997),38 ispirato alla tragedia diAntonin Artaud,39 con testo di Battistelli e Nick Ward dalla versio-ne inglese di David Perry, che si dà a Siena in versione francese, ècertamente – e questo non solo a causa della traduzione inglese deltesto e della prova straordinaria degli attori alla prima rappresenta-zione assoluta a Londra – l’opera più shakespeariana di Battistelliprima di Riccardo III. Riprendendo la trama narrativa dell’inquie-tante tragedia in quattro atti e dieci quadri di Artaud che riscrive,ricordandolo, da una parte la tragedia cinque atti The Cenci (1819)di Shelley ispirata a un manoscritto redatto quattro giorni dopo ilsupplizio della giovane Beatrice Cenci. La tragedia di Artaud LesCenci è stata recitata al Théâtre des Folies–Wagram a Parigi con lasua regia e con lui stesso nella parte del protagonista, con la musi-ca di Roger Désormière e le scene e i costumi di Blthus nel mag-gio 1935 (ha avuto diciassette rappresentazioni con una risonanzanon trascurabile). L’opera di Battistelli è una nuova riscrittura, con-densata e adattata al molteplice teatro musicale, basata su protago-nisti–attori e di un gruppo strumentale ma anche di immaginiproiettate e di elettronica dal vivo. Il teatro di musica di Battistelliè incentrato attorno al sinistro personaggio del ricchissimo e perver-so tiranno Francesco Cenci, divenuto per Artaud un personaggioesemplare che preannuncia aspetti essenziali del suo futuro “teatrodella crudeltà”. Dopo le esperienze con la vocalità non operistica inAphrodita, Ascolto di Rembrandt, Frau Frankenstein, Battistelli

37 Ricordiamo che il ricorso alle forme della tradizione classica perme-tte a Schönberg e a Berg di costruire ampie forme nel contesto atonale(Cfr. Die Erwartung e Die Glückliche Hand di Schönberg, Wozzeck diBerg).

38 Commisione dell’Almeida Opera, l’opera è stata rappresentata per laprima volta l’11 luglio 1997 a Londra, con la direzione di David Parry econ la regia di Nick Ward, con le immagini di Studio Azzurro e l’elettron-ica dal vivo del Centro Tempo Reale. Nel ruolo di Francesco Cenci, ilnotevole attore shakespeariano Jan McDiarmid.

39 A. Artaud, Les Cenci, in Œuvres complètes, vol. IV, Gallimard,Paris, 1978, pp. 147-210.

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rinuncia qui totalmente alla voce cantata per riavvicinarsi precisa-mente alla concezione di Artaud del “teatro e il suo doppio”, del“teatro della crudeltà” in quanto “linguaggio nello spazio, linguaggidi suoni, di grida, di luci, di onomatopee […]”.40 Le scene moltoconcise che si susseguono senza interruzione sono momenti sinfoni-ci individualizzati carichi di tensione espressiva e contagiosa. Sonodelle “stazioni” – ritratti, incontri, situazioni – un po’ secondo ilmodello espressionista,41 che creano un carattere, un personaggio,un sentimento, un’atmosfera, portando inesorabilmente verso il tra-gico epilogo. “Scaturisce in questo palazzo qualcosa di cui il padreCenci è l’anima e l’esito”, scriveva Artaud nelle sue note.42 Tuttele emissioni vocali – dal sussurro alla declamazione, dal parlato algrido, dai suoni–rumori gutturali alle risa e ai pianti – partecipano,a fianco delle parti strumentali molto flessibili, divenute oscillo-grammi delle emozioni, a questo teatro di musica che rinuncia aogni vocalità operistica. Le scene sinfoniche di Battistelli creanonella continuità – per mezzo dell’orchestra e della voce parlata –queste atmosfere invadenti e inquietanti che fanno risuonare in cia-scuno le corde oscure della psiche. L’opera può essere letta comeinterpretazione o riscrittura della tragedia di Artaud e della suaestetica del teatro della crudeltà, il cui solo esempio realizzato inmaniera veramente musicale, con la partecipazione dello stessoArtaud, resta la trasmissione radiofonica proibita Pour en finir avecle jugement de Dieu (1949).

Sperimentatore instancabile nell’ambito del teatro musicale,Battistelli non trascura la sua versione di teatro per le orecchie, laversione destinata alla radio. La sua “azione radiofonica” Giacomomio, salviamoci! (1997–98), per voce narrante,43 orchestra, strumen-ti solisti, coro e dispositivo video su un testo di Vittorio Sermonti,composta in occasione del bicentenario della nascita di GiacomoLeopardi (1798–1837), è costruita intorno al mito letterario esoprattutto biografico dello scrittore. L’opera di Battistelli si articolaintorno a una “conferenza”, relativamente tradizionale, tenuta da unprofessore di un “accademismo” un po’ dubbio. A partire e intorno

40 A. Artaud, “Le Théâtre de la cruauté (Premier manifeste)”, inŒuvres complètes, vol. IV, p. 87.

41 Ricordiamo Die Erwartung e Die glückliche Hand di Schönberg, cheseguono l’esempio del dramma Il cammino verso Damasco di Strindberg,ma anche di Passaggio di Berio-Sanguineti. Ma l’opera di Battistelli inven-ta la propria strategia drammaturgica ispirata da Shakespeare e Artaud.

42 A. Artaud, Les Cenci, Note riguardo ai personnaggi, Œuvres com-plètes, vol. IV, Gallimard, Paris, 1978, p. 269.

43 “Voce docente”, precisa il compositore: voce dotta, voce che insegna.

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al filo conduttore della voce parlata, la musica di Battistelli tesseuna trama sonora estremamente ricca e flessibile: essa decompone,dilata e contrae le parole, inventa la loro trasmutazione in figureritmiche variate, lega sezioni differenziate dove coabitano sonoritàsoavi o drammatiche, sempre fortemente espressive, dell’orchestra“tradizionale”, i suoni “artificiali” prodotti dal campionatore, i suoni“concreti” e quotidiani prodotti dagli strumentisti–solisti e dellevoci tenute o ritmate di un coro invisibile. Il “teatro sinfonico del-l’ascolto” dà l’impressione di un’anamorfosi musicale sognata dellavita e dell’opera di Leopardi che propone all’ascoltatore attento ecurioso una moltitudine di possibilità di entrare nell’universo unicodel disperato poeta–filosofo.

La fine degli anni 90 è segnata in Battistelli da un nuovo ritor-no verso Pasolini. Il balletto in otto scene Il fiore delle Mille unanotte (1998–99) è già il terzo omaggio di Battistelli al cineasta escrittore Pier Paolo Pasolini. Dopo lo spettacolo musico–teatrale, la“parabola in musica” Teorema (1992) per orchestra, sei attori e nar-ratore, libero adattamento di Battistelli del film e del romanzo omo-nimi di Pasolini, dopo Teta veleta,44 Omaggio a Pasolini (1995)per orchestra d’archi e percussioni, Battistelli ritrova – dopo Globetheatre (1990), sempre in collaborazione con il coreografo VirgilioSieni45 – il genere del balletto: rivisto e corretto, certamente, nelcontesto della danza contemporanea, con dispositivo video e secon-do la necessità imperiosa per Battistelli di una trasmutazione inmusica–gesti–immagini della sensualità pasoliniana in quanto“dichiarazione di amore alla vita”.46 La celebre “trilogia della vita”di Pasolini, costituita dai tre film Il Decamerone (1971), I raccontidi Canterbury (1972) e Le mille e una notte (1974), richiama ildiritto dell’uomo alla gioia e celebra il godimento e il mostrarsi deicorpi in mezzo a una teatralizzazione della sessualità rappresentatanella sua totale libertà. È per mezzo dell’orchestra – con strumentigravi (fiati e archi) molto più numerosi degli strumenti acuti e con45 strumenti a percussione suonati da tre musicisti – che Battistellicerca di creare un gesto musicale differente ma tanto forte quantoquello che viene presentato visivamente sulla scena. La drammatur-gia spezzata dei frammentari racconti di Pasolini si trasforma nel

44 “Teta veleta” è il soprannome affettuoso dato da Pasolini alla suaamica di sempre Laura Betti.

45 L’opera è stata rappresentata per la prima volta a Modena nel feb-braio 1999 dalla compagnia di Virgilio Sieni con un dispositivo video diGrazia Toderi.

46 Pier Paolo Pasolini. Materiale informativo distribuito al Festival diCannes, maggio 1974.

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balletto di Battistelli in un mosaico di frammenti gestuali, in unalbum o collage di immagini e di gesti – ripresi o ispirati dal film– sostenuti dalla trascrizione sinfonica ricca e colorata dell’universoimmaginario e dell’approccio cinematografico pasoliniano.

Alla fine degli anni 90, sempre attratto dai viaggi degliesploratori, Battistelli si volge naturalmente verso Impressionsd’Afrique (1999–2000) non è un’opera nel senso tradizionale deltermine, certamente, ma melodramma con testo parlato su unlibretto di Georges Lavaudant e Daniel Loayza, elaborato libera-mente dai testi di Raymond Roussel (Impressions d’Afrique, Locussolus, Comment j’ai écrit certains de mes livres), ma anche daframmenti di testi di Blake, Dickens, Morgenstern, Rabelais, Saba,Tasso. I nove protagonisti – Roussel, l’infermiera, il re Talou, ilsuo primo ministro Rao e i naufraghi (ad eccezione dell’attricetragica Adinolfa, soprano, che canta le Stanze di Tasso e Racine)– non sono cantanti d’opera ma attori che recitano il loro testointegrandolo nella drammaturgia formale propriamente musicale. Ilcompositore privilegia il testo parlato, non cantato, cosicché siintendano molto distintamente le parole, la pronuncia corretta conil suo ritmo specifico e con il suo colore fonico. “La chiarezza miassillava, con il gioco sul timbro della voce degli attori, cosìimportante quanto quello con i cantanti” (Battistelli).47 Un ruoloconsiderevole è attribuito al coro di uomini: i componenti recitanocosì individualmente sulla scena, cosa che rappresenta un gestocompositivo completamente iconoclasta rispetto alla tradizionedell’opera. Fortemente attratto dalla drammaturgia non narrativadella serata di gala che ricorda la successione dei numeri delcirco, il compositore decide di dare la parola direttamente alloscrittore: Roussel diventa una specie di conferenziere–protagonistadel “teatro in musica” che spiega agli ascoltatori le tappe del suocammino di scrittore di fiaschi ripetuti, facendo vivere intorno alui quella enorme macchina dei sogni o cassa di risonanza per isogni e la realtà confusi. Concepiti liberamente sulla base d’Im-pressions d’Afrique di Roussel, l’opera di Battistelli compone lascena musico–teatrale ad immagine di uno spazio mentale molte-plice in cui lo scrittore agisce in quanto interprete della sua opera:rinchiuso nel suo universo immaginario, circondato dai suoi nau-fraghi e dai suoi africani inventati, partecipe delle loro gioie e

47 G. Battistelli, “Au pays de la Magie…” / Entretien de Fr. Malletavec G. Battistelli, Programma di Impressions d’Afrique, Opéra du Rhin,Strasbourg, 2001, p. 11.

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della loro disperazione. La partitura, molto densa, utilizza tutta latavolozza strumentale dell’orchestra, con diversi livelli e diversistrati, senza cercare alcuna stilizzazione delle musiche africane oetniche. La stranezza sonora deriva piuttosto dall’alchimia dei tim-bri nell’orchestra, dalla fusione dei rumori–suoni parlati e stru-mentali, così come dei suoni trasformati, campionati, con l’aiutodel sintetizzatore e della spazializzazione. L’opera di Battistellisegue la prima idea di Roussel: le sue Impressions d’Afrique nonhanno niente di folklorico ma nascono da un’immaginazione stra-ripante, utilizzando con enorme fantasia creativa tutte le figuredello stile dell’opera e del melodramma.

La ricerca compositiva di Battistelli dell’ultimo decennio è net-tamente segnato dall’amplificazione dei processi del sinfonismo, fat-tori di coerenza e di intensa tensione musicale–drammaturgica. Nonsi tratta, certo, unicamente di addensamento del tessuto orchestrale– esplicito in Riccardo III, per esempio – ma prima di tutto esoprattutto di strategie compositive fondate sui grandi contrasti esui gesti formali direzionali, sull’equilibrio di ampi elementi com-positivi, sull’interazione a distanza e sulle simmetrie organizzatrici,sulla teleologia narrativa propriamente musicale.

Le “visioni musicali” Auf den Marmorklippen (2001), dalromanzo omonimo di Ernst Jünger con libretto di G. Van Straten edel compositore, è la seconda opera di Battistelli ispirata da Jünger,dopo Anarca, Hommage à E. Jünger (1988–89) per orchestra e per-cussionista–recitante che legge il testo di Jünger. Le nove scenenon sono concepite come un racconto rappresentato sulla scena macome una successione di spazi scenici molteplici – acustici e visivi– o come una serie di poemi sinfonici che utilizzano i mezzi voca-li, strumentali e visivi. Allo stesso tempo esse svolgono funzioniprecise nell’insieme dell’opera in quanto totalità sinfonica coerente.La prima scena Il ricordo svolge la funzione di prologo. Le sceneII. Festa primaverile, III. Eremo, V. Belovar e VII. Il principe diSunmyra agiscono come esposizione dei diversi universi, luoghi epersonaggi. Le scene IV. L’invasione del Förster, VI. Köppelsbleeke VIII. Lotta formano un immenso crescendo nella drammaturgia“acustico–visiva” (Battistelli), conducendo inesorabilmente verso latragica conclusione. Infine l’ultima scena, la IX. La fuga a AltaPlana, gioca il ruolo di Post scriptum o Coda di questo teatromusicale della memoria che sposa la strategia formale del sinfoni-smo. Il racconto visionario di Jünger che descrive il deplorevoledeclino di una grande civiltà e l’ascesa irresistibile di un mondo diorrori senza limite, personificato dall’Oberföster, doppio di Hitler,propone la distanziazione oggettivante in conformità ai precetti diJünger di “non partecipazione alla bassezza” (“Nichtbeteiligung am

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Niedrigen”).48 Le “visioni musicali” molteplici di Battistelli, con laloro azione diretta sulla sensibilità dello spettatore, superano neces-sariamente la distanza: esse non sono da osservare come paesaggilontani ma da vivere in maniera intensa sul proprio corpo, cosa chespinge a rimetterle in questo e alla presa di posizione.

The Embalmer (L’imbalsamatore) (2001–2002), “monodrammagiocoso da camera” su testo di Renzo Rosso per attore e gruppostrumentale con live electronics rinnova le ricerche dei monologhiAphrodita, Ascolto di Rembrandt, Frau Frankenstein, amplificando“la risonanza” strumentale del testo con i mezzi dell’elettronica dalvivo. La storia grottesca dell’imbalsamatore, Alexei Miskin, obbli-gato a sostituirsi al cadavere di Vladimir Ili_ nel celebre mausoleodella Piazza Rossa, ricorda la densità dei monologhi degli atti unicidi Strindberg (ricordiamo, per esempio, il suo monologo estrema-mente conciso La più forte), ma anche tutta la tradizione classicarussa da Gogol’ a Šostakovič cimentandosi con il grottesco lettera-rio o musicale (ricordiamo l’opera Il naso di Šostakovič o anche ilgraffiante Dittatore di Chaplin). Tutte le inflessioni, tutti irumori–suoni della voce parlata sono integrati nel contesto strumen-tale fino alla massima intensità dell’espressione. Perché “paradossal-mente – afferma Battistelli – io credo che un musicista di oggidebba mettere in parallelo il pensiero di John Cage sul rumore (equindi sul silenzio) e quello di Šostakovič rivolto verso l’intensitàdell’espressione”.49

Ossessionato dal personaggio del tiranno (si pensi a Auf derMarmorklippen o a L’imbalsamatore) e alla ricerca di un soggettodi risonanza sociale nelle condizioni attuali, Battistelli trova nelcelebre romanzo di Gabriel Garcia Marquez la trama necessariaper la sua opera omonima con libretto di G. Kuppel in sei sceneEl otono del patriarca (2003). Il personaggio principale del tiran-no non ha riferimenti politici precisi, è il simbolo di una condi-zione umana e sociale che non è necessariamente legata alla storiadei paesi dell’America Latina. L’opera di Battistelli cerca così ditrasmettere il carattere fortemente simbolico, ermetico e soprattut-to surrealista e grottesco – attraverso la presenza di “doppi”, delsoprano in orchestra, della voce dei ricordi, ecc. – del pensiero diGarcia Marquez. “El otono del patriarca è la parabola della miatecnica di scrittura, il sigillo di un linguaggio che mi ha portato

48 S.H. Schwik, Nachwort in E. Jünger - Auf den Marmorklippen, Ull-stein, Berlin, 1998, S. 144.

49 G. Battistelli, “Au pays de la Magie…”, in Impressions d’Afrique,Programma dell’Opéra du Rhin, Strasbourg, 2001, p. 14.

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Monumento al Papa Clemente VIII.

Statua di Beatrice Cenci scolpita da Harriet Hosmer (University of Missouri,St. Louis).

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ad adottare, anche in questo caso, i più diversi stili” (Battistel-li).50 L’opera può essere definita in qualche modo come psico-dramma musicale complesso e mette in evidenza l’immensità delleforze distruttrici che stanno dentro il tiranno ma che non sono deltutto estranee ai lati oscuri della psiche di ciascuno. Le sei partiformano delle “stazioni” musicali e sceniche, dai componenti for-mali individualizzati sottoposti alla corrente direzionale del pen-siero sinfonico.

La ricerca di una sinfonizzazione dell’opera è ancora più espli-cita in Richard III (2004), “dramma per musica” in due atti sulibretto di I. Burton dalla tragedia storica di Shakespeare. Sonoeffettivamente la densità e la complessità estreme del tessuto sinfo-nico, così come la ricchezza delle parti vocali modellate secondogli intensi movimenti degli affetti, che fanno di questo “drammaper musica” di Battistelli la sua opera più tragica, la più densa e lapiù crudele, in conformità con la cupa tragedia di Shakespeare econ la concezione di un teatro della crudeltà musicale ispirato adArtaud e realizzata con i molteplici mezzi di un compositore dioggigiorno. E se il mostruoso tiranno Cenci è un ruolo parlato, ilpersonaggio di Riccardo III è un cantante, un baritono, la cui parteutilizza tutto il ventaglio delle espressioni vocali per esprimere neiminimi dettagli i movimenti dell’anima dell’esemplare criminale. Lascalata dei suoi orribili crimini esige precisamente il massimoaumento della tensione che i mezzi della composizione sinfonicarendono possibile così come una presenza scenica shakespearianadell’attore diventato anche cantante. La stessa denominazione“dramma per musica” insiste sull’aspetto teatrale della musica: ildramma è al servizio della musica. È la musica con il suo impattosinfonico, immensa cassa di risonanza, intorno e con testo che cisommerge per farci veramente sentire corporalmente la mostruositàdella forza distruttrice del male.

* * *

Il percorso delle opere per il teatro musicale di Battistelli –dalla commedia dell’arte di Pulcinella al “dramma per musica”shakespeariano Richard III – permette di constatare la reinvenzione– ogni volta in maniera diversa – del nuovo genere del “teatro dimusica” integrando le nuove tecnologie (del live electronics, dellaspazializzazione, dell’immagine). “Teatro acustico”, “musica imma-ginistica”, “romanzo di costumi antichi”, “monodramma”, “fantasia

50 G. Battistelli, El Otono del patriarca, foglio promozionale, BMGRicordi, Milano.

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da camera”, “opera da camera”, “balletto di fine secolo”, “parabolain musica”, “scene musicali”, “opera”, “dramma per musica”, i sot-totitoli degli spettacoli musicali di Battistelli esplorano “a 360gradi” tutte le possibilità di utilizzazione della voce e degli stru-menti e tutte le possibilità della drammaturgia musicale-scenica,andando dalla narratività relativamente convenzionale alla soppres-sione totale della teleleogia lineare, al progresso del “teatro-globo”.Effettivamente per Battistelli la musica si definisce sempre in unospazio teatrale aperto adatto ad accogliere una moltitudine infinitadi materiali e di suggestioni disparati per inventare ogni volta unnuovo utensile di comunicazione musico-teatrale piuttosto ineditonella sua maniera di cortocircuitare le forme teatrali e musicali sta-bilite. Fedele alla sua profonda convinzione di una reale possibilitàdi interazione di strategie teoricamente opposte – tradizionale/diavanguardia, narrativa / non narrativa, sinfonica / teatrale, sempli-cità / complessità, purezza / impurità stilistica, ecc. Battistelliinventa sempre di nuovo “viaggi straordinari” proponendo all’ascol-tatore-spettatore numerose istanze di identificazione. Un po’ nellalinea di Henze, Berio e Ligeti,51 Battistelli difende l’impurità dellinguaggio e la molteplicità degli stili: “Sono affascinato dallaimpurità, non dalla purezza di uno stile. Perché credo che il lin-guaggio oggi sia qualcosa di impuro. Si ha bisogno di questasovrapposizione di segni, di questa sovrapposizione di contenuti,che possono essere letti in modi differenti” (Battistelli).52

Ad un attento ascolto delle esperienze umane – dalla più obiet-tiva, esposta in piena luce nell’esercizio di un mestiere (Experimen-tum mundi, Prova d’orchestra) alla più soggettiva che si gioca nel-l’ossessivo e oscuro mondo della psiche (Frau Frankenstein, ICenci) o in relazione all’altro (Teorema, Richard III), le opere diBattistelli ci trasportano nel reale dei viaggi straordinari nel suono –immagine – testo – comportamento gestuale. I suoi “teatri dellamemoria” in cui lo spazio musicale-scenico esprime il lavorodell’“orecchio in quanto organo della comprensione e dell’intelligen-za” (Battistelli),53 sollecitano generosamente – attraverso la loro

51 Ricordiamo che Henze difende da sempre, ispirandosi a Pablo Neru-da, “la musica impura”; Ligeti preferisce “il gusto contaminato alla purezzadelle strutture. Quanto a Berio, la maggior parte delle sue opere sono ladimostrazione della molteplicità stilistica sempre “impura”.

52 Citato da W. Gruhn. Cfr. W. Gruhn, “Wie aber ist es, wenn wir dieStille messen?”, nel programma del Bremmer Theater Die Entdeckung derLangsamkeit, Bremen, 1997, p. 15.

53 G. Battistelli, “Théâtre de la mémoire”, in Ascolto di Rembrandt,XLIII Premio Italia, RAI, 1991.

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distillazione sintetica e globalizzante di stili e riferimenti culturali –tutte le nostre capacità di sensibilità e di intelletto e, perciò, si apro-no a interpretazioni senza limite (ricordiamo Globe-Theatre, Begleit-musik). Amante da sempre di Shakespeare – anche per la sua capa-cità fenomenale di pensare all’attore e allo spettatore con le lorointerpretazioni divergenti – Battistelli cerca di costruire il suo ascol-tatore modello,54 di cultura mista, “creola” (Battistelli). E se per luiscrivere un’opera destinata alla scena è effettivamente un “affare dicosmologia”,55 di costruzione di un mondo, la sua attitudine di com-positore a porsi di fronte all’ascoltatore – il suo rapporto non sim-metrico all’altro – è anche ricerca costruttrice. Perché comporre èanche far vedere e capire al di là della parola e della voce cantata; ècostruire esperienze di trasformazione per noi partecipanti-spettatori;inventare stratagemmi non per annetterci e sottometterci ma per sol-lecitare il nostro immaginario dentro di noi. Al suo spettatoremodello, invitato alla ricerca di una risposta individuale, secondo iprecetti di Fellini, Battistelli propone di vedere-capire una moltitudi-ne di esperienze “come paesaggio” (E. Bloch): paesaggio paragona-bile a quello della terra vista dalla luna (Keplers Traum), o a quellodella psiche nera presente in ciascuno (I Cenci, Richard III), o anco-ra a quello della vita sociale e della psicologia dell’orchestra visteda Fellini e riviste da Battistelli. Tutto questo per permettere all’a-scoltatore-modello di uscire dall’oscurità del suo presente, di rivelar-si a se stesso e di trovare la propria dimensione autentica. Perché lemusiche-teatri di Battistelli sono sempre a “mille piani”: i livelli siincrociano, si embricano, si parassitano, si nutrono gli uni degli altri,comunicando fra di loro con una serie di passerelle e facendo oscil-lare l’opera e lo spettatore da un’epoca all’altra, da un luogo a unaltro. Alla posizione regale del “Re in ascolto” e alla seria attitudinedella “tragedia dell’ascolto”56 la musica teatro di Battistelli opponeuno stato d’animo giovanile e vitalistico, vivo e allegro, che accom-pagna l’ascolto positivo, curioso, esploratore dei “viaggi straordina-ri”. Invitandoci a decifrare l’universo dei suoi racconti-finzioneancorati saldamente alla materialità e alla drammaturgia del suono,Battistelli apre il nostro ascolto a “tutte le forme di polisemia, disopradeterminazioni, di sovrapposizioni”.57 Perché egli è incontesta-

54 Cfr. U. Eco, “Construire le lecteur”, in Apostille au Nom de la rose,Grasset, Paris, 1985, p. 54-62.

55 Ibid., p. 26.56 Ricordiamo l’”azione musicale in due parti” Un Re in ascolto (1979-

83) di L. Berio e Prometeo / Tragedia dell’ascolto di L. Nono.57 Cfr. R. Barthes, “Ecoute”, in L’obvie et l’obtus, Seuil, Paris, 1982,

p. 229.

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bilmente un visionario e un sognatore nella musica-teatro. Ci invitaa riconsiderare l’opera, il teatro musicale, la musica in generale, perscoprirli ciascuna volta come una nuova terra, come una specie di“Eldorado dell’immaginazione”,58 sollecitando ciascuno – interpreteo ascoltatore-spettatore – a fare qualcosa con la propria immagina-zione, con la propria fantasia. La sua musica-teatro in ascolto dell’e-sperienza della vita ci trasporta generosamente nei viaggi straordinarilontani nello spazio e del tempo, nei viaggi che esplorano la societàin cui viviamo, ma anche nei viaggi sconvolgenti “all’interno di noistessi”: una prova iniziatica per l’immaginazione dalla quale si ritor-na sempre eroe del proprio immaginario.

Alla lettura ascolto della musica-teatro di Battistelli, l’ascolta-tore, musicista o no, resta affascinato dalla ricchezza sempre vitaliz-zante dei suoi viaggi immaginari. Perché egli sa giocare magistral-mente – come il Magister ludi di Experimentum mundi – con latradizione operistica, con i materiali divergenti, con i riferimenticulturali, con gli universi stilistici di ogni natura. Con la gioia ludi-ca e contagiosa del bambino curioso che si meraviglia sempre allascoperta di mondi nuovi. Con l’allegria intelligente e seduttrice delgrande artista che sa sempre stupirsi e stupire gli altri proponendogenerosamente un’esperienza estetica unica: “una sorta di creazionetotale dove all’uomo non resta che riprendere il suo posto fra ilsogno e gli avvenimenti”.59

(Traduzione dal francese di Guido Burchi)

58 G. Battistelli a propostito di Impressions d’Afrique di R. Roussel, inImpressions d’Afrique, Programma dell’Opéra du Rhin, Strasbourg, 2001,p.15.

59 A. Artaud, “Le théâtre de la cruauté (Premier manifeste) “, inŒuvres complètes, vol. IV, p. 90.

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Bozzetto di Jean-Pierre Vergier per il costume di Lucrétia.

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“ICI ON ENTERRE LA PATERNITÉ”*

GEORGES LAVAUDANT

Les Cenci, così come Artaud li ha lasciati scritti, non sono cheuna traccia. Quella di un progetto che rimase in cartellone persole 17 rappresentazioni. Dell’opera stessa come Artaud l’a-

veva sognata proprio per il palcoscenico, con le scene di Balthus,noi non possiamo farcene che una pallida idea. Quindi Giorgio Bat-tistelli ha usato il testo di Artaud come ha voluto, cioè come unmateriale. La trama è semplificata; la parola, rarefatta. E la lineagenerale appare tanto più nettamente: è quella di una marcia versoil nulla che è anche quella di una corruzione – quella della crudeltàper cui si usa la vita per estirpare le proprie radici.

Artaud aveva sottotitolato il suo dramma “il crepuscolo dellafamiglia”. Il vecchio Cenci ha infatti scelto lo spazio famigliarecome teatro delle sue spaventose operazioni. A questo spazio, ciòche si chiama la cerchia della famiglia, Cenci ha deciso di impri-mere un doppio movimento di distruzione che è contraddittorio soloin apparenza. Della cerchia famigliare Cenci fa un nodo, stretto contale intensità che esso diventa quasi un buco nero; mentre tutto inlui impone una chiusura assoluta, lo apre da un altro lato a unimpensabile Difuori.

Cenci, in effetti, rinchiude la famiglia su di sé, la taglia fuoridal resto del mondo in virtù dell’“autorità naturale di un padre”,garantita dal potere di quell’altro Padre che è il Papa. Il pater fami-lias si appoggia qui sulla legge per trattenere i suoi parenti nell’am-bito di uno spazio sempre più stretto e per così dire strozzato,attorno al quale egli si aggira come un predatore. Ma Cenci non èun semplice sequestratore perverso che si accontenti di tenere lesue vittime sotto chiave a sua disposizione mentre egli circola libe-ramente di fuori. Lui stesso è membro di questa famiglia di cuiprepara il crepuscolo; la gabbia in cui la tiene prigioniera è anzitut-to la sua, si tiene rinchiuso con essa, o piuttosto contro di essa, deltutto contro di essa. “Scaturisce in questo palazzo” annota Artaudnei suoi appunti, “qualche cosa di cui il vecchio Cenci è l’anima el’esito” (IV, 269). Di fatto, la sola “uscita” che si offre all’evasionepassa attraverso questo centro che è Cenci stesso (“Forategli la

* Dal manoscritto de Les Cenci. A. Artaud, Oeuvres Complètes, T. IV,Paris, Gallimard, 1978, p. 342.

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testa”, dirà Béatrice agli assassini), il quale si comporta come undemiurgo o un dio che riassorbirà in sé la propria creazione. Unaspecie di Kronos, se si vuole, che divora la sua progenitura per noncedere il posto a un successore, o più profondamente per sfuggireal potere del tempo stesso e mantenere lo stato di innocenza ante-riore non solo al crimine ma all’idea stessa di legalità (“Per me –egli dice – non c’è più né avvenire né passato e dunque nessunpossibile pentimento”). È anche notevole che questo divorare lafamiglia non fa secondo Cenci che riprendere e amplificare l’essen-za famigliare nella sua verità: “non ci possono essere rapportiumani fra esseri che non sono nati se non per sostituirsi l’unoall’altro e che ardono dalla voglia di divorarsi”. Sotto la coperturadella legge, ciò che regna dunque nella casa Cenci è la sospensionedi ogni legge che non sia quella del padrone, la quale spinge all’e-stremo la legge dell’odio della famiglia stessa. Legge che non siesita d’altronde a identificare completamente con la volontà autono-ma e sovrana del padre Cenci, poiché egli stesso le è sottomessocome a un potere personale: “obbedisco alla mia legge che non midà le vertigini; e tanto peggio per chi è afferrato e per chi precipitanell’abisso che io sono divenuto”.

Quali sono dunque le motivazioni di Cenci? Esse sono oscure,impenetrabili. Disumane. Qui non si tratta di psicologia. Cenci è unmostro, cioè a dire, secondo l’antico senso latino della parola, unprodigio, un essere in cui si ritrovano e si affrontano sotto formaatroce e manifesta forze che restano di solito dissimulate. Si credeuna leggenda. Non è di un semplice fatto diverso che Cenci preten-de essere l’autore; i suoi crimini portano più lontano (sempre che iltermine “crimine” sia ancora adatto, poiché il vecchio proclama:“Io mi considero e sono una forza della natura. Per me non c’è névita né morte, né Dio né incesto, né pentimento né crimine”). Iltessuto sociale è come una rete nella quale Cenci non vuole piùessere preso e che egli vuole metodicamente squarciare, maglia amaglia, cominciando da quei legami che si possono definire “disangue”: una volta ancora “nessun rapporto umano è possibile”. Ose vogliamo, Cenci aspira all’assoluto. Detto in altri termini, a rea-lizzare la condizione di ciò che non è legato a niente, di ciò che siè staccato da questo nodo alienante che ogni relazione è. Artaudstesso scriverà in Ci-gît, qualche anno più tardi: “Io, AntoninArtaud, io sono mio figlio, mio padre, mia madre, e me stesso”(citato da Jacques Derrida in “La parole soufflée”, L’Ecriture et ladifférence, Parigi, Seuil, 1967, p.285; si noterà che Artaud, contra-riamente a Cenci, non si dà della figlia).

Uno stato di natura, dunque. Quello di una forza libera e pura-mente per sé. È così logico che per realizzare questa natura, Cenci

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se la prende con la famiglia come istituzione sociale. Ed è ancorapiù interessante constatare che nello stesso tempo è il carattere“naturale” dei legami famigliari che è ugualmente contestato. Poi-ché se Cenci è una “forza della natura” per la quale non esisteincesto, bisogna allora comprendere che la “natura” così come eglila intende è selvaggiamente – infinitamente – al di là della natura“umana” così come la definisce in particolare il tabù dell’incesto eche questa natura assoluta non può in effetti essere raggiunta eaffermata concretamente se non attraverso la via degli atti “contronatura”.

La natura esacerbata, assolutamente al di fuori della legge edel legame, di cui Cenci prepara la venuta ha così bisogno, comeun predatore della propria vittima, della natura nel senso in cui l’in-tende la società. Ne ha bisogno per distruggerla e conquistare cosìla propria realtà. In mancanza di ciò, essa non sarebbe se non vanapretesa, fanfaronata verbale – o “mito”, nel senso più debole deltermine. Oppure Cenci vuol essere un mito in senso forte: “io stes-so, seguendo in questo la malevolenza generale, mi sono messo tal-volta a considerare il mito che ero diventato. Io sono pronto a rea-lizzare la mia leggenda”. Questo bisogno di una vittima o di un ali-mento è come l’ultimo filo che congiunge Cenci al mondo. Chequesto si rompa – ciò che avviene da quando “il peggio è accadu-to” –, e il mostro, il suo destino alla fine compiuto, potrà sparire.Ma importa che sia conservata la memoria di questo destino. Alcriminale leggendario, necessitano ugualmente dei testimoni, chepotranno attestare che ormai il suo mito ha preso bellamente corpo.Anche il vecchio Cenci, prima di abusare della figlia, deve organiz-zare un banchetto per annunciare trionfalmente la morte dei suoifigli. Celebrando questa morte in una sorta di Eucarestia blasfema,Cenci sottolinea nello stesso tempo il suo orrore della famigliacome istituzione puramente (cioè troppo) umana, cellula socialeintrappolata in una rete di scambi (in particolare matrimoniali) elascia esplodere davanti ad un pubblico di padri la propria gioia dinon essere più carico di eredi suscettibili di allacciare (come sidice) delle alleanze con altri lignaggi. Gioia tanto più raggiante inquanto non è stato lui a farli scannare: questa pena gliela ha rispar-miata un altro Padre ancora, Dio stesso, si è fatto suo complice edè sembrato dargli ragione. Ma al di là di questo orrore e di questagioia, è importante vedere che Cenci è il regista e l’interprete diuna scena che egli recita davanti ai testimoni che egli stesso si èscelto e conformemente al programma che egli aveva annunciato:“Ciò che distingue i misfatti della vita da quelli del teatro è chenella vita si fa di più e si parla di meno, nel teatro si parla moltoper poi fare una piccola cosa. Ebbene, io ristabilirò l’equilibrio e lo

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ristabilirò a detrimento della vita” (dunque, a beneficio del teatrocome sovra-vita o sovra-natura). Questa scena, che per sua neces-sità è come l’ultimo legame che egli intrattiene con la necessità, èanche un gesto di rottura, poiché questi testimoni sono apertamentesfidati, costretti al silenzio, poi cacciati. Ed è là che l’invito diCenci prende tutto il suo senso: i convitati non sono solo chiamatiad essere testimoni della mostruosità del loro ospite, ma anchedella viltà del proprio silenzio, in quanto essi sono “tutti padri”;detto altrimenti, essi sono presi a testimoni del fatto che non ose-ranno mai testimoniare.

Avendo così invitato, poi reinviato la società alla propria ipo-crisia, Cenci può infine predisporsi ad uscire del tutto dalla condi-zione umana per una doppia trasgressione di cui egli è attore (l’in-cesto), poi preda passiva (il parricidio) e l’autore-materiale. Chemondo è dunque quello in cui il Papa protegge un Cenci e in cui“Dio” stesso previene le sue promesse dando corpo alle proprieintenzioni? Senza dubbio quello che Artaud voleva lasciare intrav-vedere al suo pubblico: uno scatenarsi convulso di intensità entrocui si allontanano e si dissolvono tutte le maschere dell’umano – ilgrande Difuori, il grande Pericolo che è il regno della Crudeltà eche non è a nostra immagine; un “mondo”, come lo definisce Béa-trice andando al supplizio, che “ha sempre vissuto sotto il segnodell’ingiustizia”. C’è da credere ad Artaud quando scrive “tutto ciòche è nell’amore, nel crimine, nella guerra, o nella follia, bisognache il teatro ce lo renda, se vuole ritrovare la sua necessità. […] Èperché, di fronte a personaggi famosi, a crimini atroci, ad abnega-zioni sovrumane, noi cercheremo di concentrare uno spettacolo che,senza ricorrere alle immagini sfuocate dei vecchi Miti, si rivelacapace di estrarre le forze che si agitano in essi. In una parola, noicrediamo che ci siano, in ciò che definiamo poesia, delle forze vivee che l’immagine di un crimine presentato nelle vesti teatrali neces-sarie è per lo spirito qualche cosa di infinitamente più temibile diquello stesso crimine compiuto” (“Le Théâtre et la cruauté”, in LeThéâtre et son double, IV, 83).

Queste “forze vive” sono probabilmente ciò che ha spinto Bat-tistelli a comporre la sua opera, concentrando la loro intensità nellagrana stessa delle voci, trattate qui in maniera così particolare. Poi-ché per un ultimo paradosso, la violenza e l’oscenità della favoladei Cenci non è mai stata mostrata come tale da Artaud, per ilquale la scena non è che l’“immagine” di atti assenti e come cen-surati. Dopo tutto, anche visibili, essi non farebbero d’altronde cheprendere il posto delle “forze” irrappresentabili. È così attraverso laparola e la musica, in esse, negli spazi interiori scavati da Battistel-li, che tutto avanza e che le “forze” latenti fanno sentire il loro

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passaggio – deformanti, inquietanti, disumane, sconvolgenti i rap-porti del vicino e del lontano, dell’immenso e dell’intimo. Ma que-ste “forze” il pubblico parigino del 1935 non poté o non volle cap-tarle. In fondo, il padre Cenci, a causa del suo crimine, alla finenon si sarà assicurato nessuna altra posterità diretta che quella disua figlia (ma cos’altro si sarebbe potuto augurare?). Béatrice – lasua vittima, ma anche un po’, per un ultimo eccesso di orrore, lasua simile. Come Edipo incestuoso e parricida, come Antigoneimplacabile e degna figlia di suo padre, andando al supplizio nelfiore della gioventù in un mondo che “arde, incerto tra il male e ilbene”. Béatrice che, facendo piantare un chiodo nel cranio del vec-chio Cenci, contribuì alla sua opera portando a termine “il crepu-scolo della famiglia” e che morì temendo “che la morte non miinsegni che ho finito per rassomigliargli”.

(Traduzione dal francese di Guido Burchi)

Georges Lavaudant.

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La chiesa di San Pietro in Montorio nella cartina di Roma incisa daGiuseppe Vasi del 1765.

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ARGOMENTO

A Roma nel settembre 1598, Francesco Cenci viene assassinato.Dopo le indagini e la confessione di un complice, nel gennaio 1599sono arrestati come mandanti la giovane figlia Beatrice, due fratellidi lei e la seconda moglie del Cenci. Nonostante l’omicidio, gliaccusati riscuotevano la benevolenza dei cittadini, in quanto tutti iromani conoscevano la malvagità e la crudele violenza dell’assassi-nato. I suoi familiari erano stati da lui vessati con ogni sorta di cat-tiverie (prigionia, fame, percosse, violenza carnale). Tutti eranod’accordo che Francesco Cenci aveva avuto ciò che si meritava.Dopo la cattura e lunghe torture, i colpevoli vengono processati econdannati a morte dal Papa Clemente VIII. Il giorno 11 settembre1599, nella Piazza di Ponte Sant’Angelo a Roma, l’esecuzione ebbeluogo di fronte ad una folla enorme. Il supplizio fu dei più terribili.Tuttavia il cadavere di Beatrice, ricoperto di rose bianche, fu tra-sportato in processione notturna nella Chiesa di San Pietro in Mon-torio sul Gianicolo e venne sepolto sotto l’altare con la testa posatasu un vassoio d’argento.

Guido Reni, Beatrice Cenci (Roma, Galleria Nazionale d’Arte Antica inPalazzo Barberini. Archivio Fotografico Soprintendenza Speciale PoloMuseale Romano).

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TESTO

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SCÈNE 1Monologue de Cenci.

CenciPeuh... un meurtre n’est pas une affaire. Pour qui dispose de la viedes âmes, qu’est-ce après tout que la perte d’un corps? “Donnez aupape votre terre située au-delà du Pincio et il passe l’éponge survos péchés”, me disent-ils. Peste! le tiers de mes possessions! pourlui, et puis, la guerre!Oui, je me vois fort bien faisant la guerre à la papauté. Ce pape esttrop ami des richesses. Et de nos jours il est trop facile pour unpuissant de la terre de couvrir ses crimes avec ses deniers. Pourmoi il n’y a plus ni avenir ni passé, et donc aucun repentir pos-sible. Je ne m’occupe plus que de bien raffiner sur mes crimes. Unbeau chef-d’œuvre noir, c’est le seul héritage qu’il importe encorede laisser. Je serais un enfant, en effet, si l’on ne pouvait croireque je suis un vrai monstre; car tous les crimes que j’imagine, tusais que je peux les réaliser. Car moi, le vieux comte Cenci, encoresolide dans sa mince carcasse, il m’arrive plus d’une fois en rêvede m’identifier avec le destin. C’est là l’explication de mes vices,et de cette pente naturelle de haine où mes proches sont ceux quime gênent le plus. Je me crois, et je suis, une force de la nature.Pour moi, il n’y a ni vie, ni mort, ni dieu, ni inceste, ni repentir, nicrime. J’obéis à ma loi qui ne me donne pas le vertige; et tant pispour qui est happé et qui sombre dans le gouffre que je suis deve-nu. Je cherche et je fais le mal par destination et par principe. Jene saurais résister aux forces qui brûlent de se ruer en moi. Ce quidistingue les forfaits de la vie de ceux du théâtre, c’est que dans lavie on fait plus et on dit moins, et qu’au théâtre on parle beaucouppour faire une toute petite chose. Eh bien, moi, je rétablirai l’équi-libre et je le rétablirai au détriment de la vie. J’élaguerai dans monabondante famille. Deux fils là-bas, une femme ici. Quant à mafille, oui, je l’élague aussi, mais par d’autres voies! Le mal aprèstout ne va pas sans jouissance. Je torturerai l’âme en profitant ducorps, ce soir à minuit. Et quand ce sera fait autant qu’hommevivant peut le faire, qu’on vienne accuser mon cabotinage et mongoût du théâtre si on le peut. Je veux dire, si on l’ose. Air, je teconfie mes pensées.

SCÈNE 2Béatrice et Orsino au clair de lune.

BéatriceC’était ici, la même lune que ce soir dévalait les pentes du Pincio.Vous vous souvenez du lieu où nous eûmes notre première conver-sation?

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SCENA PRIMAMonologo di Cenci

CenciPuah… un omicidio non è una gran cosa. Per chi dispone della vitadelle anime, che cos’è dopo tutto la perdita di un corpo? “Date alPapa il vostro terreno al di là del Pincio ed egli darà un colpo dispugna sui vostri peccati”, mi dissero. Maledizione! Un terzo dellemie proprietà! Per lui, e poi la guerra!Sì, mi vedo benissimo a fare la guerra al papato. Questo Papa ètroppo amico delle ricchezze. E ai nostri giorni è troppo facile perun potente della terra coprire i suoi crimini con il denaro. Per menon c’è più né avvenire né passato e quindi nessun pentimento pos-sibile. Non mi preoccupo d’altro se non di raffinare i miei crimini.Un bel capolavoro nero, questa è la sola eredità che mi importaancora di lasciare. Sarei un bambino, infatti, se non si potesse cre-dere che sono un vero mostro poiché; tutti i crimini che immagino,tu sai che io posso realizzarli. Io, il vecchio Conte Cenci, ancorasaldo sulla mia esile carcassa, sogno più di una volta di identificar-mi con il destino. Ecco la spiegazione dei miei vizi e di questainclinazione naturale all’odio in cui i miei parenti sono quelli chepiù mi ostacolano. Io mi considero e sono una forza della natura.Per me non c’è né vita, né morte, né Dio, né incesto, né pentimen-to, né crimine. Obbedisco alla mia legge che non mi dà le vertigi-ni; e tanto peggio per chi è afferrato e per chi precipita nell’abissoche io sono divenuto. Cerco e faccio il male per destino e per prin-cipio. Non saprei resistere alle forze che non vedono l’ora di sca-gliarsi dentro di me. Ciò che distingue i misfatti della vita da quellidel teatro è che nella vita si fa di più e si parla di meno, nel teatrosi parla molto per poi fare una piccola cosa. Ebbene, io ristabiliròl’equilibrio e lo ristabilirò a detrimento della vita. Sfronderò la miaabbondante famiglia. Due figli laggiù, una moglie qui. Quanto amia figlia, sì, sfronderò anche lei, ma per altre vie. Il male dopotutto non è disgiunto dal godimento. Torturerò l’anima approfittan-do del corpo, questa sera a mezzanotte. E quando ciò sarà fattocosì come un uomo mortale lo può fare, che qualcuno mi venga adaccusare del mio esibizionismo se gli riesce. Voglio dire, se l’osa.Aria, ti confido i miei pensieri.

SCENA SECONDABéatrice e Orsino al chiaro di luna

BéatriceÈ stato qui, la stessa luna che stasera scendeva per i pendii del Pin-cio. Vi ricordate del luogo dove noi avemmo la nostra prima con-versazione?

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OrsinoJe me rappelle: vous disiez que vous m’aimiez alors.

BéatriceVous êtes prêtre, ne me parlez pas d’amour.

OrsinoQu’importent mes vœux puisque je vous retrouve; il n’y pas d’égli-se qui puisse lutter contre mon propre cœur.

BéatriceCe n’est pas l’église ni votre cœur qui nous séparent, Orsino, maisle destin.

OrsinoQuel destin?

BéatriceMon père. Voilà mon mauvais destin.

OrsinoVotre père?

BéatriceÀ cause de lui, je ne suis plus faite pour les amours humaines. Mesamours ne valent que pour la mort.

OrsinoJe vais me battre, Béatrice.

BéatriceOrsino, il y a quelque chose de plus qu’un homme qui va et vientdans ces murailles de misère, et me force, moi, à rester. L’amour,pour moi, n’a plus les vertus de la souffrance. Le devoir est monseul amour.

OrsinoL’air est infect ici. Confessez, confessez-vous; il faut un sacre-ment insigne pour exorciser toutes ces folies.

BéatriceIl n’y a pas de sacrement pour lutter contre la cruauté qui m’op-presse. Il faut agir. Cette nuit, mon père donne une fête somptueu-se, Orsino; il a reçu d’heureuses nouvelles de Salamanque de mesfrères qui sont là-bas; c’est par cette démonstration extérieured’amour qu’il se joue de sa haine secrète. Grands dieux, qu’un telpère puisse être le mien! Tous mes parents les Cenci seront là,avec toute la haute noblesse de Rome. Il nous a fait dire, à ma

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OrsinoMe ne ricordo: dicevate che mi amavate allora.

BéatriceVoi siete un sacerdote, non mi parlate di amore.

OrsinoChe importano i miei voti dal momento che vi ritrovo; non esistechiesa che possa lottare contro il mio cuore.

BéatriceNon è né la chiesa né il vostro cuore che ci separano, Orsino, mail destino.

OrsinoQuale destino?

BéatriceMio padre. Ecco il mio malvagio destino.

OrsinoVostro padre?

BéatricePer causa sua io non sono più fatta per gli amori umani. I mieiamori non valgono che per la morte.

OrsinoIo vado a battermi, Béatrice.

BéatriceOrsino, c’è qualche cosa di più di un uomo che va e viene dallesue mura di miseria e mi costringe, me, a restare. L’amore, per me,non ha più le virtù della sofferenza. Il dovere è il mio solo amore.

OrsinoL’aria è infetta qui. Confessate, confessatevi; è necessario un glo-rioso sacramento per esorcizzare tutte queste pazzie.

BéatriceNon esiste sacramento per lottare contro la crudeltà che mi oppri-me. Bisogna agire. Questa notte mio padre dà una festa sontuosa,Orsino; egli ha ricevuto buone notizie da Salamanca dai miei fratel-li che sono laggiù; è con questa dimostrazione di amore esterioreche si prende gioco del suo odio segreto. Grandi dei, che un talepadre debba essere il mio! Tutti i miei parenti della famiglia Cencisaranno là, con tutta la grande nobiltà di Roma. Ci ha fatto dire, a

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mère et à moi, de nous parer de nos plus beaux atours de fête.Pauvre dame! Elle attend de là quelque heureux soulagement à sessombres pensées; moi, rien.

OrsinoBéatrice!

BéatriceÀ souper, nous reparlerons de mon cœur, jusque-là, adieu.

SCÈNE 3Cenci, Béatrice et Lucrétia. Le banquet.

CenciMes chers amis, la solitude est mauvaise conseillère. Trop long-temps, j’ai vécu loin de vous. Plus d’un, je le sais, m’a cru mort;et je dirai même s’est réjoui de ma mort, moi-même, suivant encela la malveillance générale, je me suis pris parfois à considérer lemythe que j’étais devenu. Je suis prêt à réaliser ma légende. Voyez,tâtez ces os et dites-moi s’ils sont faits pour vivre de silence et derecueillement. Dieu m’a surabondamment exaucé. Tenez, Béatrice,lisez ces lettres à votre mère. Et que l’on dise après cela que le cieln’est pas avec moi. (Béatrice hésite) Tiens, prends, et regarde ceque j’ai fait pour tes frères. (L’œil provocant du vieux Cenci faitlentement le tour de la salle) Eh bien quoi, vous refusez de com-prendre: mes fils désobéissants et rebelles sont morts. Morts, dissi-pés, finis, vous entendez?

BéatriceCe n’est pas vrai. Ouvrez les yeux, petite mère. Menteur... On nebrave pas impunément la justice de Dieu. (Lucrétia s’affale dansles bras de Béatrice et on l’emporte)

CenciLe premier est mort emplâtré sous les décombres d’une église. Ah!L’autre a péri de la main d’un jaloux; pendant que leur rival à tousdeux faisait l’amour avec leur belle. Venez donc me dire après celaque la providence n’est pas avec moi. Je bois à la perdition de mafamille. S’il y a un dieu, que la malédiction efficace d’un père lesarrache tous du trône de Dieu. (Béatrice revient)

BéatricePar grâce, ne vous en allez pas, nobles hôtes. Vous êtes pères. Nenous laissez pas avec cette bête sauvage, ou je ne pourrai plus voirune tête blanche sans éprouver le désir de blasphémer la paternité.

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mia madre e a me, di adornarci per la festa con i nostri abiti piùsfarzosi. Povera donna! Essa attende di là qualche felice sollievo aisuoi cupi pensieri; io, niente.

OrsinoBéatrice!

BéatriceA cena riparleremo del mio cuore; fino ad allora addio.

SCENA TERZACenci, Béatrice e Lucrétia. Il banchetto.

CenciMiei cari amici, la solitudine è una cattiva consigliera. Troppo alungo ho vissuto lontano da voi. Più di uno, lo so, mi ha credutomorto; e dirò anche che si è rallegrato della mia morte; io stesso,seguendo in questo la malevolenza generale, mi sono ritrovato tal-volta a considerare il mito che ero diventato. Io sono pronto a rea-lizzare la mia leggenda. Guardate, tastate queste ossa e ditemi sesono fatte per vivere di silenzio e di raccoglimento. Dio mi ha esau-dito in sovrabbondanza. Tenete, Béatrice, leggete queste lettere avostra madre. E che non si dica dopo che il cielo non è con me.(Béatrice esita) Tieni, prendi, e guarda cosa ho fatto per i tuoi fra-telli. (Lo sguardo provocante del vecchio Cenci fa lentamente il girodella stanza) Ebbene, che fate, vi rifiutate di comprendere; i mieifigli disobbedienti e ribelli sono morti. Morti, distrutti, finiti, capite?

BéatriceNon è vero. Aprite gli occhi, cara madre. Bugiardo... Non si sfidaimpunemente la giustizia di Dio. (Lucrétia si lascia cadere fra lebraccia di Béatrice e viene portata via)

CenciIl primo è morto sfracellato sotto le macerie di una chiesa. Ah!L’altro è perito per mano di un geloso, mentre il loro rivale faceval’amore con le loro belle. Venitemi ora a dire, dopo questo, che laprovvidenza non è con me. Io bevo alla perdizione della mia fami-glia. Se c’è un dio, che la maledizione efficace di un padre li strap-pi tutti dal trono di Dio. (Béatrice ritorna)

BéatricePer gentilezza, non ve ne andate, nobili ospiti. Voi siete padri. Non cilasciate con questa bestia selvaggia, altrimenti non potrò più vedereuna testa canuta senza provare il desiderio di bestemmiare la paternità.

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CenciElle dit vrai: vous êtes tous pères. C’est pourquoi je vous conseillede songer aux vôtres, avant d’ouvrir la bouche sur ce qui vient dese passer ici. Maintenant, dehors tout le monde, je veux rester seulavec celle-ci.

SCÈNE 4Béatrice et Cenci sont seuls.

Cenci (agité)Béatrice.

Béatrice (émue)Mon père. Retire-toi de moi homme impie. Je n’oublierai jamaisque tu fus mon père, mais disparais. À ce prix, je pourrai peut-êtrete pardonner.

CenciTon père a soif, Béatrice. Ne donneras-tu pas à boire à ton père?(Béatrice lui remplit un grand verre de vin. Il touche ses cheveux.Béatrice réagit violemment) Ah! Vipère, je connais un charme quite rendra douce et apprivoisée.(Affolée, Béatrice s’en va) Laisse. Laisse; le charme opère. Désor-mais elle ne peut m’échapper.

SCÈNE 5Béatrice et Lucrétia. Un lit.

BéatriceC’est lui. J’entends son pas sur l’escalier. N’est-ce pas sa main surla porte? Depuis hier, je le sens partout. Oh! ce pas qui remplit lesmurailles. Son pas. Aide-nous, mère. Je suis lasse enfin de lutter.Sa face épouvantable s’éclaire. Je dois le haïr mais... son imagevivante est en moi comme un crime que je porterais. (Tout d’uncoup, elle se met à pleurer) J’aime mieux mourir que de lui céder.

LucrétiaLui céder?

BéatriceLa monstruosité qui mûrit en lui.

LucrétiaMais enfin qu’a-t-il pu oser?

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CenciEssa dice il vero: voi siete tutti padri. Per questo vi consiglio dipensare bene ai vostri figli prima di aprire la bocca su ciò che stasuccedendo qui. Ora, fuori tutti; voglio restare solo con lei.

SCENA QUARTABéatrice e Cenci sono soli.

Cenci (agitato)Béatrice.

Béatrice (turbata)Padre mio. Allontanati da me uomo empio. Non dimenticherò maiche tu sei stato mio padre, ma scompari. A questo prezzo forsepotrò perdonarti.

CenciTuo padre ha sete, Béatrice. Non darai tu da bere a tuo padre?(Béatrice gli riempie un grande bicchiere di vino. Egli le tocca icapelli. Béatrice reagisce violentemente) Ah! Vipera, conosco unincantesimo che ti renderà dolce e mansueta. (Sconvolta, Béatricese ne va) Lascia. Lascia pure che l’incantesimo operi. Ormai essanon può più sfuggirmi.

SCENA QUINTABéatrice e Lucrétia. Un letto.

BéatriceÈ lui. Sento i suoi passi sulla scala. Non è la sua mano sulla porta?Da ieri, lo sento dappertutto. Oh! I suoi passi che riempiono lemura. I suoi passi. Aiutaci, madre. Sono ormai stanca di lottare. Lasua faccia spaventosa appare. Io lo devo odiare ma… la sua imma-gine vivente è in me come un crimine che io debba portare. (D’untratto si mette a piangere) Preferisco morire che cedergli.

LucrétiaCedergli?

BéatriceLa mostruosità che matura in lui.

LucrétiaMa infine che cosa ha potuto osare?

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BéatriceEst-il une chose qu’il ne puisse oser? Tout ce que j’ai supportén’est rien à côté de ce qu’il s’apprête à me faire. Et tu sais que jen’ai pas protesté mais maintenant... maintenant... (Cenci entre. Ilaperçoit Béatrice)

Cenci (comme en prenant une décision)Ah! ah! (Béatrice s’accroupit) Vous pouvez rester, Béatrice. Lanuit dernière, vous osiez me regarder en face. (Béatrice tente des’esquiver) Eh bien! (La prenant) Qu’est-ce-que vous attendez?

LucrétiaPar grâce!

CenciVous m’avez trop bien pénétré pour que je puisse encore avoirhonte de ce que je pense.

LucrétiaPar grâce, mon cher époux, elle défaille. Non! ne la torturez pas.

CenciÀ ta place, la vieille. Ta vue me rappelle certaines amours sordidesqui ont gâché mes plus belles années. Je hais les femmes commevous. (Béatrice s’en va)

SCÈNE 6Cenci et Lucrétia

LucrétiaVous souffrez?

CenciOui, la famille, voilà où je suis blessé.

Lucrétia (Avec compassion)Hélas! Chacune de vos paroles nouvelles est comme un coup quevous nous portez.

CenciEt après! c’est la famille qui a tout vicié.

LucrétiaAprès? seule la famille t’aura permis de donner la mesure de tacruauté! sans la famille, qu’est-ce-que tu serais?

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BéatriceC’è una cosa che egli non possa osare? Tutto ciò che io ho soppor-tato non è niente in confronto a ciò che si appresta a farmi. E tusai che io non ho protestato ma ora… ora (Entra Cenci. ScorgeBéatrice)

Cenci (come prendendo una decisione)Ah! ah! (Béatrice si accovaccia) Voi potete restare, Béatrice. L’ul-tima notte avete osato guardarmi in faccia (Béatrice tenta di sfuggi-re) Eh, bene! (Prendendola) Cos’è che vi aspettate?

LucrétiaPer misericordia!

CenciVoi avete penetrato troppo bene i miei pensieri perché io possaancora avere vergogna di ciò che penso.

LucrétiaPer misericordia, mio caro sposo, essa viene meno. No! Non la torturate!

CenciSta’ al tuo posto, vecchia. La tua vista mi ricorda certi sordidiamori che hanno rovinato i miei anni più belli. Odio le donne comevoi. (Béatrice esce)

SCENA SESTACenci e Lucrétia

LucrétiaSoffrite?

CenciSì, la famiglia, ecco dove mi fa male.

Lucrétia (con compassione)Ahimè! Ogni vostra nuova parola è come un colpo che ci date.

CenciE con questo! È la famiglia che ha reso tutto viziato.

LucrétiaE poi? Soltanto la famiglia ti avrà permesso di dare la misura dellatua crudeltà! Senza la famiglia, cosa saresti?

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CenciPas de rapports humains possibles entre des êtres qui ne sont nésque pour se substituer l’un à l’autre et qui brûlent de se dévorer.

LucrétiaMon dieu!

CenciAu diable ton dieu!

LucrétiaMais avec des paroles pareilles, il n’y a plus de société.

CenciLa famille à qui je commande et que j’ai faite est ma seule société.La tyrannie est la seule arme qui me reste pour lutter contre laguerre que vous tramez.

LucrétiaIl n’y a de guerre que dans ta tête, Cenci.

CenciMenteuse!

LucrétiaJ’étouffe.

CenciNe vous en prenez qu’à vous-même de l’atmosphère que vous res-pirez. Seule votre imagination sacrilège a créé l’atmosphère dontvous souffrez. (Lucrétia s’en va)

SCÈNE 7Monologue de Cenci.

Cenci (calme et méditatif)Et toi, et toi, et toi, nuit, toi qui grandis tout, entre là avec lesformes démesurées de tous les crimes qu’on imagine. Tu nepeux me chasser de moi puisque l’acte que je porte est plusgrand que toi.(Il suit Béatrice pour la violer, entre-temps Lucrétia est seule et seregarde dans un miroir)

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CenciNon ci possono essere rapporti umani fra esseri che non sono natise non per sostituirsi l’uno all’altro e che ardono dalla voglia didivorarsi.

LucrétiaMio Dio!

CenciAl diavolo il tuo Dio!

LucrétiaMa con parole simili non esiste più la società.

CenciLa famiglia che io comando e che io ho fatto è la mia sola società.La tirannia è la sola arma che mi resta per lottare contro la guerrache voi tramate.

LucrétiaNon c’è guerra se non nella tua testa, Cenci.

CenciBugiarda!

LucrétiaSoffoco.

CenciNon prendetevela che con voi stessa per l’atmosfera che respirate.Soltanto la vostra immaginazione sacrilega ha creato l’atmosfera dicui soffrite. (Lucrétia esce)

SCENA SETTIMAMonologo di Cenci.

Cenci (calmo et meditativo)E tu, e tu, e tu, notte, tu che ingrandisci tutto, entra là con le formesmisurate di tutti i crimini che si possano immaginare. Tu non mipuoi cacciare da me stesso perché l’azione che compio è più gran-de di te.(Egli segue Béatrice per violentarla, mentre Lucrétia resta sola e siguarda in uno specchio)

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SCÈNE 8Lucrétia, le miroir, Béatrice.

LucrétiaTais-toi vieille femme! (Béatrice entre. Elle est bouleversée)

BéatriceAidez-moi... protégez-moi... quelque peu... Qu’il ne puisse plusm’approcher...

LucrétiaQui?

BéatriceMon père!

LucrétiaQu’a-t-il fait?... J’ai peur de comprendre!

BéatriceIl faut vous décider à comprendre que le pire est réalisé.

LucrétiaLe pire?

BéatriceCenci, mon père, m’a polluée. Il m’a prise de force, poussée àl’enfer, un tourbillon.

Lucrétia (se faisant le signe de la croix)Mon Dieu! Mon Dieu! Mon Dieu!

BéatriceTout est atteint. Tout. Le corps est sale, mais c’est l’âme qui estpolluée. Il n’y a plus une parcelle de moi-même où je puisse meréfugier. Mon seul crime, c’est d’être née. C’est là qu’éclate lafatalité. (Elle se jette aux pieds de Lucrétia, comme Marie Madelei-ne au pied de la croix) Dis-moi, mère, toi qui le sais, si toutes lesfamilles sont pareilles... car alors je pourrai m’absoudre de l’injusti-ce d’être née.

LucrétiaJe t’en supplie, Béatrice, souffre: j’essaierai de te consoler. Maisreviens à toi, je perds pied quand tu déraisonnes. Si tu ne peux ren-trer en toi-même, je croirai que nous sommes tous possédés.

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SCENA OTTAVALucrétia, lo specchio, Béatrice.

LucrétiaTaci vecchia donna! (Béatrice entra. È sconvolta)

BéatriceAiutatemi... proteggetemi... un po’... Che egli non possa più avvici-narsi a me...

LucrétiaChi?

BéatriceMio padre!

LucrétiaChe ti ha fatto?... Ho paura di capire!

BéatriceDovete decidervi a capire che il peggio è accaduto.

LucrétiaIl peggio?

BéatriceCenci, mio padre, mi ha macchiata. Mi ha preso con la forza, spin-ta all’inferno, un turbine.

Lucrétia (facendosi il segno della croce)Mio Dio! Mio Dio! Mio Dio!

BéatriceTutto è colpito. Tutto. Il corpo è sporco, ma è l’anima che è mac-chiata. Non c’è più una briciola di me stessa dove io mi possa rifu-giare. Il mio solo crimine è di essere nata. È là che scatta la fata-lità. (Si getta ai piedi di Lucrétia, come Maria Maddalena ai piedidella croce) Dimmi, madre, tu che lo sai, se tutte le famiglie sonosimili… perché allora mi potrei assolvere dell’ingiustizia di esserenata.

LucrétiaTi supplico, Béatrice, soffri: io proverò a consolarti. Ma ritorna inte, io mi sento perduta quando tu sragioni. Se non puoi ritornare inte, io crederò che noi siamo tutte possedute.

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BéatriceD’étranges confusions de bien et de mal. Quand j’étais petite, il y aun rêve qui toutes les nuits me revenait. Je suis nue dans une gran-de chambre et une bête, comme il y en a dans les rêves, n’arrêtepas de respirer. Je veux fuir, dissimulant ma nudité, une portes’ouvre... j’ai faim et soif... je ne suis pas seule. Avec la bête quirespire à côté, combien de bêtes... affamées à mes pieds? Retrouverla lumière; la lumière va me rassasier. Or la bête qui se colle àmoi me pourchasse de cave en cave. Et la sentant sur moi, jeconstate que ma faim n’est pas seule obstinée. Et c’est quand jesens que mes forces sont sur le point de m’abandonner que chaquefois, je m’éveille d’un trait. Que ne puis-je croire que j’ai rêvé, etqu’une porte où l’on va frapper en s’ouvrant viendra me redirequ’il est temps de me réveiller.

Béatrice et LucrétiaLaissez les assassins commettre leur crime secret.

SCÈNE 9Cenci et Lucrétia.

CenciOù se cache-t-elle, dis? Où se cache-t-elle? Désir, fureur, amour, jene sais pas... mais je brûle. J’ai faim d’elle... Va me la chercher.(Lucrétia entre avec le vin)

LucrétiaAssez... assez... assez... de l’air. Assez. Je veux vivre. Nous nesommes pas nés pour être suppliciés. Assez...

CenciEt moi? Peux-tu me dire pourquoi je suis né?

LucrétiaRepens-toi. Repens-toi.(Lucrétia s’en va. Cenci boit un verre de vin)

CenciMe repentir? Le repentir est dans la main de dieu. C’est à lui àregretter mon acte. Pourquoi m’a-t-il rendu père d’un être que toutm’invite à désirer? Que ceux qui accusent mon crime accusentd’abord la fatalité. Qui donc peut encore oser nous parler de liber-té. Il y a en moi comme un démon désigné pour venger lesoffenses d’un monde. Désormais, il n’est pas de destin qui m’em-pêche d’exécuter ce que j’ai rêvé.(Cenci disparait dans l’ombre)

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BéatriceStrane confusioni di bene e di male. Quando ero piccola, c’era unsogno che mi ritornava tutte le notti. Io sono nuda in una grandecamera e una bestia, come ce ne sono nei sogni, non smette direspirare. Voglio fuggire, coprendo la mia nudità, una porta siapre… ho fame e sete… non sono sola. Con la bestia che respiraaccanto, quante bestie… affamate ai miei piedi? Ritrovare la luce;la luce sta per saziarmi. Dunque, la bestia che si attacca a me midà la caccia di sotterraneo in sotterraneo. E sentendola sopra di me,mi accorgo che la mia fame non è la sola ad essere ostinata. Ed èquando sento che le mie forze sono sul punto di abbandonarmi chetutte le volte mi sveglio di colpo. Che io non possa credere di aversognato e che una porta dove si va a bussare aprendosi verrà aridirmi che è il momento di risvegliarmi.

Béatrice e LucrétiaLasciate che gli assassini commettano il loro crimine segreto.

SCENA NONACenci e Lucrétia.

CenciDove si nasconde, dimmelo? Dove si nasconde? Desiderio, furore,amore, non lo so… ma io brucio. Ho fame di lei… Vammela acercare. (Lucrétia entra col vino)

LucrétiaBasta... basta... basta... aria. Basta. Voglio vivere. Non siamo natiper essere torturati. Basta…

CenciE io? Mi puoi dire perché sono nato?

LucrétiaPentiti. Pentiti.(Lucrétia esce. Cenci beve un bicchiere di vino)

CenciPentirmi? Il pentimento è la mano di Dio. Sta a lui dolersi dellamia azione. Perché mi ha fatto padre di un essere che tutto mi invi-ta a desiderare? Coloro che accusano il mio crimine accusino primala fatalità. Chi dunque può ancora osare di parlarci di libertà. C’èin me come un demone designato a vendicare le offese del mondo.Ormai non c’è destino che mi impedisca di eseguire ciò che hosognato.(Cenci scompare nell’ombra)

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SCÈNE 10Béatrice et Lucrétia.

BéatriceCrois-tu qu’il dort?

LucrétiaJ’ai mis un narcotique dans son breuvage.(Alors que Béatrice et Lucrétia retournent dans l’ombre, une incan-tation)Vous prétendez donner la mort et vous avez peur d’un vieillard quirêve et discute avec ses remords. Allez, allez-y! creusez-lui la tête.

SCÈNE 11Lucrétia et Béatrice, la prison.

LucrétiaÉcoute! la plainte éternelle. Le pape veut que nous confessions…or, il est temps de songer à la pénitence...

BéatricePénitence? j’accepte le crime, mais je nie la culpabilité. Laisse-moite dire qu’il n’est pas bon que le pape s’unisse avec les pèrescontre les familles qu’ils ont créées. Mon âme est déformée par lavie, je la renvoie à dieu, brûlant tout pour rallumer la création.

LucrétiaBéatrice, que la mort te soit douce.

BéatriceJe meurs et je n’ai pas choisi. Tomber dans la terre funèbre où l’oncrie sans cesse après soi. Le monde qui m’échappe ne me survivrapas. Belle, je n’ai pas goûté à ma beauté.

LucrétiaRiche, je n’ai que faire d’une abondance qui insulte à la pauvreté.

BéatriceMes yeux, sur quel affreux spectacle en mourant vous vous ouvrez.Qui pourra m’assurer que, là-bas, je ne retrouverai pas mon père.Seul mon père de... de... de... dedans… père… père… Père…

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SCENA DECIMABéatrice e Lucrétia.

BéatriceCredi che dorma?

LucrétiaHo messo un narcotico nella sua bevanda.(Mentre Béatrice e Lucrétia ritornano nell’ombra, l’incantesimo diuna voce dice:)Voi pretendete di dare la morte e avete paura di un vegliardo chesogna e discute con i suoi rimorsi. Andate, andate! Forategli latesta.

SCENA UNDICESIMALucrétia e Béatrice, la prigione.

LucrétiaAscolta! Il pianto eterno. Il Papa vuole che noi confessiamo… oraè tempo di pensare al castigo...

BéatriceCastigo? Accetto il crimine, ma nego la colpevolezza. Lascia cheio ti dica che non è bene che il Papa si unisca ai padri contro lefamiglie che essi hanno creato. La mia anima è stata deformatadalla vita, la rinvio a Dio, infiammando tutto per riaccendere lacreazione.

LucrétiaBéatrice, che la morte ti sia dolce.

BéatriceMuoio e non ho scelto. Cadere nella terra funebre dove si gridasenza tregua contro se stessi. Il mondo che mi sfugge non misopravviverà. Bella, io non ho gustato la mia bellezza.

LucrétiaRicca, io non so che farmene di un’abbondanza che insulta lapovertà.

BéatriceOcchi miei, su quale orribile spettacolo morendo voi vi aprite. Chipotrà assicurarmi che laggiù non ritroverò mio padre. Solo miopadre di… di… di… di dentro… padre… padre … Padre…

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GIORGIO BATTISTELLI

Nasce ad Albano Laziale il 25 aprile 1953. Si diploma in composizione nel1978 con Giancarlo Bizzi al Conservatorio A. Casella dell’Aquila, studiandocontemporaneamente storia della musica con Claudio Annibaldi e pianofortecon Antonello Neri. Nel 1974 è tra i fondatori del Gruppo di Ricerca eSperimentazione Musicale “Edgar Varèse” e del Gruppo Strumentale “Beat72” di Roma.Nel 1975 frequenta a Colonia i seminari di composizione di KarlheinzStockhausen e Mauricio Kagel; nel 1978-79 segue a Parigi i corsi di tecnicae interpretazione nel teatro musicale contemporaneo con Jean Pierre Drouete Gaston Sylvestre. Prime composizioni: Uno e trino per un percussionista(1975); Comme un opéra fabuleux per un percussionista (1979); Il raccontodi Monsieur B per orchestra (1980).Si afferma come uno dei più interessanti compositori della sua generazione.Nel 1983 ottiene una borsa di studio presso gli studi radiofonici di Baden-Baden. Nel 1985-86 risiede a Berlino su invito del Deutscher Akademi-scher Austauschdienst; nel 1986 inizia la sua collaborazione con CasaRicordi, attuale editrice delle sue partiture. Riceve il premio SIAE per lamusica (1990).Fra i suoi lavori di teatro musicale segnaliamo: Experimentum mundi, operadi musica immaginistica su testi tratti dall’Encyclopédie (1981), che haavuto ad oggi più di duecento rappresentazioni nel mondo; Aphrodite,monodramma di costumi antichi (1983); Jules Verne, fantasia da camera informa di spettacolo su testi del compositore (1987); Le combat d’Hector etd’Achille, représentation de corps et de mémoire per due musici oratori(Strasburgo, Festival Musica 1989); Globe Theatre, Ballet zur Jahrtau-sendwende su coreografie di Virgilio Sieni (1990). Fra le opere strumentali:Anarca per orchestra (1988-89).Nel 1993 è chiamato da Hans Werner Henze quale suo successore allaguida del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano, dove è direttoreartistico fino al 1996.Si intensifica la sua produzione teatrale: Teorema, parabola in musica (libe-ro adattamento da Pier Paolo Pasolini), prima rappresentazione assoluta alTeatro Comunale di Firenze al 53° Maggio Musicale Fiorentino (1992);Frau Frankenstein, monodramma del Prometeo moderno su testo proprio daMary Shelley (1993); Prova d’orchestra, sei scene musicali di fine secolosu testo proprio liberamente tratto dal film di Federico Fellini (1994-95).In campo vocale: Ascolto di Rembrandt su testo di Guido Ceronetti; PazMusic su testi di Octavio Paz (1993-94). In ambito strumentale segnaliamoIl y a un firmament per orchestra da camera (1991).Dal 1996 al 2002 è Direttore Artistico dell’Orchestra della Toscana.Ancora per il teatro musicale Battistelli compone: The Cenci, teatro di musi-ca da Antonin Artaud (Londra, Almeida Opera; 1997); La scoperta della len-tezza, teatro di musica in cinque scene dal romanzo di Sten Nadolny (Brema1997); Giacomo mio, salviamoci! su testo di Vittorio Sermonti per vocedocente e orchestra (1998); Il fiore delle mille e una notte, balletto in ottoscene da Pier Paolo Pasolini (Modena 1999); e Impressions d’Afrique, teatrodi musica da Raymond Roussel (63° Maggio Musicale Fiorentino, 2000).Mentre in campo strumentale segnaliamo: Orazi e Curiazi per due percussio-nistsi (Beijng Concert Hall 1996); Etüde per orchestra (Berlino 2000). InfineTre voci su testo di Giorgio van Straten (Sagra Musicale Umbra 1996), cheunisce voce recitante ed elettronica all’organico strumentale.Tra i lavori più rappresentativi di questo periodo rientrano: Auf den Mar-

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Luca Pfaff.

morklippen (2001), visioni musicali dal romanzo di Ernst Jünger, TheEmbalmer (2002) su testo di Renzo Rosso, L’autunno del Patriarca compo-sto nel 2004, Meandri (2004), composizione sinfonica commissionata dal-l’Orchestra Filarmonica del Teatro alla Scala, Riccardo III, opera tratta dallatragedia di Shakespeare, su libretto di Ian Burton.Attualmente ricopre i seguenti incarichi: Direttore Artistico della SocietàAquilana dei Concerti (2000-2005), Direttore Artistico dell’Accademia Filar-monica Romana (dal 2005), Direttore della Biennale Musica di Venezia (dal2004), Composer-in-residence dell’Opera di Anversa (dal 2005).

LUCA PFAFF

Luca Pfaff, direttore d’orchestra francese di origine svizzera, è nato a Lugano.Dopo la maturità classica ha studiato pianoforte con Bruno Canino e com-posizione con Franco Donatoni al Conservatorio G. Verdi di Milano. Si èdiplomato in direzione d’orchestra con Hans Swarowsky a Vienna e all’Ac-cademia di S. Cecilia di Roma con Franco Ferrara del quale ha seguito icorsi di perfezionamento all’Accademia Musicale Chigiana di Siena.Dirige regolarmente orchestre di grande prestigio quali le orchestre Nazionalidi Francia, Belgio, Spagna, Portogallo, Argentina e Messico, le Filarmonichedi Londra, Oslo, Bergen, Stoccolma, Helsinki, Rotterdam e Montecarlo, laTonhalle di Zurigo, la Monnaie di Bruxelles, la Gulbenkian di Lisbona, leprincipali orchestre radiofoniche europee, l’Ensemble Intercontemporain, laLondon Sinfonietta ed é ospite di numerosi festival internazionali.Dal 1987 al 1996 è stato direttore stabile dell’Orchestra Sinfonica del Renoe dell’Opera di Strasburgo; contemporaneamente, dal 1990 al 1994 è statodirettore dell’Ensemble Carme di Milano, con il quale ha svolto un’intensaattività concertistica in Italia e all’estero. Dal 2001 é primo direttore ospitedell’Opera di Anversa.

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Le sue affinità eccezionali ed il suo impegno per la diffusione della musicadel Novecento lo collocano tra le personalità di spicco del mondo musicaleinternazionale (si cita ad esempio il film girato da Artè: “Luca Pfaff musi-cien éuropéen”). Ha diretto numerose prime assolute di compositori diprimo piano come Battistelli, Berio, Donatoni, Dusapin, Fedele, Huber,Maderna, Rihm, Scelsi, Schnittke, Xenakis ecc. È stato consulente artisticodi vari festival.Ha registrato numerosi CD che spaziano da Mozart a Donatoni, fra i qualidue dedicati a Bartók con l’Orchestra Nazionale della RAI che hannoriscontrato un notevole successo nella stampa internazionale. Recentemente ad Anversa ha diretto la prima assoluta di Riccardo III di G.Battistelli (regia Robert Carsen), é stato in Giappone con l’Orchestra dellaToscana ed in Francia e Belgio con l’Orchestra Nazionale Spagnola e conl’Orchestra Gulbenkian di Lisbona.Ha tenuto dei Corsi di perfezionamento di direzione d’orchestra alle Uni-versità di Vienna e di Graz, al Conservatorio Superiore di Parigi, all’Acca-demia delle Belle Arti di Madrid ed a Lisbona.

ORCHESTRA DELLA TOSCANA

Si è formata a Firenze nel 1980 per iniziativa della Regione Toscana, dellaProvincia e del Comune di Firenze. Nel 1983, durante la direzione artisticadi Luciano Berio, è diventata Istituzione Concertistica Orchestrale per rico-noscimento del Ministero del Turismo e dello Spettacolo.Attualmente la direzione artistica è affidata ad Aldo Bennici, uno dei padrifondatori dell’ORT.Composta da 45 musicisti, che si suddividono anche in agili formazionicameristiche, l’Orchestra realizza le prove e i concerti, distribuiti poi intutta la Toscana, nello storico Teatro Verdi, situato nel centro di Firenze.Le esecuzioni fiorentine sono trasmesse su territorio nazionale da RadioraiTre.Interprete duttile di un ampio repertorio che dalla musica barocca arrivafino ai compositori contemporanei, l’Orchestra riserva ampio spazio aHaydn, Mozart, tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco stru-mentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita.Accanto ai grandi capolavori sinfonico-corali si aggiungono i Lieder diMahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento conuna posizione di privilegio per Rossini. Una precisa vocazione per il Nove-cento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi,caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano.Ospite delle più importanti società di concerti italiane, si è esibita congrande successo al Teatro alla Scala di Milano, al Maggio Musicale Fio-rentino, al Comunale di Bologna, al Carlo Felice di Genova, all’Audito-rium “G. Agnelli” del Lingotto di Torino, all’Accademia di S. Cecilia diRoma, alla Settimana Musicale Senese, al Ravenna Festival, al RossiniOpera Festival e alla Biennale di Venezia.Numerose le sue apparizioni all’estero a partire dal 1992: Germania, Giap-pone, Salisburgo, Cannes, Buenos Aires, San Paolo, Montevideo, Strasbur-go, New York, Edimburgo, Madrid e Hong Kong, a Tokyo per la rassegna“Italia-Giappone 2001-2002”.Tra i prestigiosi musicisti che hanno collaborato con l’ORT citiamo: Salva-tore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Bruno Bartoletti, YuriBashmet, Luciano Berio, Frans Brüggen, Mario Brunello, Sylvain Cambre-ling, Myung-Whun Chung, Alicia De Larrocha, Gabriele Ferro, Eliot Fisk,

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Rafael Frübeck de Burgos, Gianandrea Gavazzeni, Gianluigi Gelmetti,Natalia Gutman, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Ton Koopman, Gidon Kre-mer, Yo-Yo Ma, Gustav Kuhn, Alexander Lonquich, Andrea Lucchesini,Peter Maag, Peter Maxwell Davies, Mischa Maisky, Sabine Meyer, Midori,Shlomo Mintz, Viktoria Mullova, Roger Norrington, Esa Pekka Salonen,Hansjoerg Schellenberger, Heinrich Schiff, Vladimir Spivakov, Uto Ughi,Maxim Vengerov.La discografia comprende musiche di Schubert e di Cherubini con DonatoRenzetti (Europa Musica), Pierino e il lupo e L’Histoire de Babar conPaolo Poli e Alessandro Pinzauti (Caroman), Cavalleria rusticana conBruno Bartoletti (Foné), Il barbiere di Siviglia con Gianluigi Gelmetti(EMI Classics), Omaggio a Mina e Orfeo cantando tolse di Adriano Guar-nieri con Pietro Borgonovo (Ricordi) e lo Stabat Mater di Rossini conGianluigi Gelmetti (Agorà), Tancredi con Gianluigi Gelmetti (Foné), HolySea con Butch Morris (Splasc-h), Richard Galliano e I Solisti dell’Ort(Dreyfus), Le Congiurate di Schubert con Gérard Korsten per la regia diDenis Krief, Concertone con Stefano Bollani (Blue Label).

Georges LavaudantDopo venti anni di attività col Teatro di Grenoble, poi co-direttore delCentre Dramatique National des Alpes (a partire dal 1976) e della Maisonde la Culture de Grenoble (nel 1981), Georges Lavaudant diventa co-diret-tore del TNP nel 1986.La sua prima regia al TNP nel 1987 fu Le Régent de Jean-Christophe Bail-ly. Lavaudant proseguiva infatti il lavoro già iniziato dagli inizi degli anni’70 a Grenoble: presentare autori classici alternandoli con autori contempo-ranei. Testi di Denis Roche (Louve basse), Pierre Bourgeade (Palazzo Men-tale), Jean-Christophe Bailly (del quale ha diretto due altri lavori (LesCépheïdes e Pandora), Michel Deutsch (Féroé, la nuit...), Le Clézio(Pawana) e, dopo alcuni anni, suoi propri lavori: Veracruz, Les Iris, TerraIncognita, Ulysse/Matériaux, inframezzati con il teatro di Shakespeare, deMusset, Cechov, Brecht, Labiche, Pirandello, Genet.Le sue regie, realizzate principalmente a Grenoble fino al 1986, poi a Vil-leurbanne fino al 1996, sono state messe in scena anche alla ComédieFrançaise (Lorenzaccio, Le Balcon, Hamlet), all’Opéra di Parigi (Roméo etJuliette di Gounod), all’Opéra di Lione (Il ratto dal serraglio di Mozart,Malcolm di Gérard Maimone, Rodrigue et Chimène di Debussy) e, all’este-ro, in Messico (Le Balcon, Pawana), a Montevideo (Isidore Ducasse/Frag-ments), a Bhopal (Phèdre), a Hanoi (Woyzeck), a San Pietroburgo (Reflets).Nel 1995 e 1996, ha realizzato Lumières (I) “Près des ruines” et Lumières(II) “Sous les arbres”, spettacoli concepiti da Jean-Christophe Bailly,Michel Deutsch, Jean-François Duroure e da lui stesso. Ha diretto sullescene la compagnia del Teatro Malij di San Pietroburgo nell’adattamentorusso di Lumières: Reflets présentata all’Odéon nel 1997. Lo stesso annoha curato la regia della prima rappresentazione assoluta di Prova d’orche-stra di Giorgio Battistelli all’Opéra du Rhin.Georges Lavaudant è direttore del Théâtre de l’Odéon dal 1996. Fra le suenumerose regie in quel teatro, si ricordano Re Lear di Shakespeare, Aiacee Filottete di Sofocle, Tamburi nella notte e Le nozze dei piccoli borghesidi Brecht, l’Orestiade di Eschilo, La morte di Danton di Büchner, Il giar-dino dei ciliegi di Cechov.

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L’ingresso del Teatro dei Rozzi e l’emblema dell’omonima Accademia.

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VioleStefano Zanobini *Pier Paolo Ricci **Alessandro FranconiJoël Impérial

VioloncelliLuca Provenzani *Leandro Carino *Christine Dechaux **Stefano Battistini

ContrabbassiGianpietro Zampella *Luigi Giannoni **

FlautoMichele Marasco *

ClarinettiCarlo Failli *Marco Ortolani *Rossana Rossignoli

TrombaDonato De Sena *

TromboneAntonio Sicoli *

Basso tubaRiccardo Tarlini *

TimpaniMorgan M.Tortelli *

PercussioniDomenico Cagnacci

Campionatore e MaestrocollaboratoreDamiano Giorgi *

Ispettore d’orchestra earchivistaAlfredo Vignoli

* prime parti** concertino

Orchestra della Toscana

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Jurij Temirkanov.

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Lunedì 10 luglioPiazza Jacopo della Quercia

ore 21,15

Jurij Temirkanovdirettore

Orchestra Filarmonicadi San Pietroburgo

NIKOLAJ ANDREEVIČ RIMSKIJ-KORSAKOVTikhvin, Novgorod 1844 – Ljubensk, Pietroburgo 1908

La grande Pasqua russaouverture op. 36

Suite da Il gallo d’oroIl Re Dodon nel suo palazzo (Allegro)

Il Re Dodon sul campo di battaglia (Allegro maestoso)Il Re Dodon e la Regina di Ščemakan (Andantino)

Festa di nozze e triste fine del Re Dodon (Allegro assai)

* * *

IGOR’ FËDOROVIČ STRAVINSKIJOranienbaum, Pietroburgo 1882 – New York 1971

La sagra della PrimaveraPrima parte, L’adorazione della terra

Introduzione – Gli auguri primaverili, danze degli adolescenti –Gioco del rapimento – Ronde primaverili –

Giochi delle città rivali – Corteo del saggio –Adorazione della terra (Il saggio) – Danza della terra

Seconda parte, Il sacrificioIntroduzione – Cerchi misteriosi degli adolescenti –

Glorificazione dell’eletta – Evocazione degli antenati –Azione rituale degli antenati – Danza sacrale (L’eletta)

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ITINERARI RUSSI,DA RIMSKIJ-KORSAKOV A STRAVINSKIJ

FRANCESCO ERMINI POLACCI

Il concerto di Yurij Temirkanov e dell’Orchestra Filarmonica diS. Pietroburgo, che il carismatico maestro guida stabilmente dal1988, ci conduce lungo un suggestivo percorso nella musica

russa fra Ottocento e Novecento, attraverso i nomi – per più versifra loro legati – di Nicolaj Rimskij-Korsakov ed Igor Stravinskij.Assieme a Milij Balakirev, Aleksandr Borodin, César Cui e ModestMusorgskij, Nicolaj Rimskij-Korsakov diede vita al cosiddetto“Gruppo dei cinque”, sorta di cenacolo culturale i cui componenticercarono di definire un comune indirizzo estetico con la precisavolontà di valorizzare e rinvigorire, con la musica e nella musica,l’identità nazionale russa. Animati da un genuino orgoglio naziona-lista, i Cinque suggellarono questo loro sodalizio artistico nel nomedi alcuni principi, primo fra tutti la rivalutazione del rigogliosopatrimonio popolare russo, specie del canto contadino e liturgico,considerato il vero ed unico fondamento della musica; di qui anchela conseguente diffidenza contro la tradizione musicale d’occidente,osteggiata tranne qualche rarissimo caso, e la ricerca di un realismoespressivo che aveva il suo modello più genuino proprio nel folklo-re. Tuttavia, “l’invincibile banda” – come inizialmente il gruppo sifaceva chiamare – finì a poco a poco con lo smembrarsi, perché ladefinizione organica di una musica dal carattere nazionale si mostròideale più difficile da raggiungersi del previsto, e ciascuno dei suoicomponenti si trovò a percorrere strade assolutamente indipendentied originali. Se Musorgskij si rivelò così uno dei maestri del reali-smo più drammatico e crudo, Rimskij-Korsakov si impose per unasensibilità coloristica fra le più raffinate, per una capacità illustrati-va sempre sorretta da una solidissima quanto sfaccettata abilitànella strumentazione destinata a fare scuola. Vivacità pittorica ecolorito fiabesco Rimskij-Korsakov li dispensò a piene mani nellaben nota partitura di Shéhérazade, suite sinfonica ispirata da unracconto de Le mille e una notte: ma in quello stesso 1888, per l’e-sattezza fra il 25 Luglio ed il 20 Marzo, dalla sua penna nascevaanche l’ouverture La grande Pasqua russa, un’altra pagina sinfoni-ca di raro fascino, dalla comunicativa immediata e dal titolo parti-colarmente evocativo. La generosità della scrittura virtuosistica edun manto sonoro splendente sono qui al servizio di una sontuosa

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rappresentazione sinfonica che intende rievocare – come racconta lostesso Rimskij-Korsakov nella Cronaca della mia vita musicale –“l’aspetto pagano e leggendario della festa, il passaggio dalla scurae misteriosa sera del Sabato di Passione alla festosità sfrenata delmattino della Domenica di Pasqua”. Reminiscenze fra severità orto-dossa e gioiosità pagana, dunque, indistintamente riunite sotto l’egi-da del più autentico spirito russo; senza, appunto, distinguo fra leimmagini suggerite dal servizio liturgico pasquale e quelle dalla tra-dizione popolare, come lo stesso compositore dichiara nelle suepagine autobiografiche illustrando proprio La grande Pasqua russa:“La danza del re Davide davanti all’arca non s’ispira forse ad unsentimento uguale alla danza degli adoratori di idoli? E il carillondella chiesa ortodossa non è forse una danza ecclesiastica?”. Inrealtà, a guisa di vera e propria struttura portante Rimskij-Korsakovdispose nella Grande Pasqua russa (dedicata, fra le altre cose, allamemoria degli amici Musorgskij e Borodin) una consistente serie dicanti liturgici tratti dall’Obihod, una raccolta di inni della tradizioneortodossa che era stata redatta per l’anniversario della chiesa russa.Canti che lui stesso indica con precisione nelle sue pagine memo-rialistiche: sono lugubri e scarni, come nella prima parte dell’Ou-verture, a cominciare da Dio resusciti, che risuona all’inizio intutta la sua grave lentezza sacrale; festosi ed esuberanti, come nellaseconda, quando ad esempio si fa strada il tema di Cristo è risorto,destinato ad acquistare spessore sonoro ed una più definita, esultan-te fisionomia nella trionfale coda finale. Il tutto disposto a tracciarela trama di un ordito strumentale assai variegato e concepito conmagistrale abilità, non di rado contrappuntato da soluzioni sonoreche accolgono il festoso squillare di trombe o che alludono chiara-mente a maestosi, sacrali rintocchi di campane; pennellate efficaciche, assieme ad una concezione narrativa assai trascinante nella suafluida compattezza, garantiscono ancora oggi il fascino della Gran-de Pasqua russa.

Orchestratore fantasioso ed abilissimo di suggestive paginesinfoniche, Rimskij-Korsakov fu anche prolifico compositore diopere teatrali, per quanto questo suo aspetto sia a tutt’oggi, speciein Italia, assai poco conosciuto. L’ultima, composta fra il 1906 ed il1907, penultimo anno di vita di Rimskij-Korsakov, s’intitola Lafavola del gallo d’oro e s’ispira all’omonima novella di AleksandrPuskin. La storia racconta dello zar Dodon che, preoccupato per leminacce dei popoli vicini, riceve da un astrologo un gallo magico,tutto d’oro, in grado di prevedere l’attacco dei nemici. Tranquilliz-

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Bozzetto di N. Gončarov per Il gallo d’oro.

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zato dalla presenza del miracoloso gallo, lo zar Dodon prometteall’astrologo che esaudirà ogni suo desiderio. Il gallo all’improvvisoinizia a cantare, annunciando l’imminente pericolo. Lo zar Dodon siarma così di tutto punto, costretto a prepararsi per la battaglia; inuna tenda di un accampamento s’imbatte nella bellissima regina diŠčemakan, che lo seduce coinvolgendolo in una sfrenata danzaorgiastica. Completamente ammaliato dalla regina di Ščemakan, lozar Dodon conduce la donna a palazzo per poterla sposare. Durantela cerimonia ricompare però l’astrologo che rivendica il dono pro-messo dallo zar: egli vuole tutta per sé nientemeno che la nuovaregina. Furibondo, Dodon lo colpisce con lo scettro, uccidendolo. Ilgallo d’oro esce allora dalla reggia e becca ripetutamente Dodonsulla testa, lasciandolo a terra morto.

Mettendo in ridicolo la figura dello zar, Il gallo d’oro portavacon sé il significato di una pungente satira politica, seppur travesti-ta da fiaba, e nasceva non a caso all’indomani dei moti politici del1905 ai quali lo stesso Rimskij-Korsakov aveva aderito dandosoprattutto appoggio alle sollevazioni degli studenti del Conservato-rio di S. Pietroburgo. La fiaba in versi di Puskin, del 1834, era delresto stata scritta per esprimere un giudizio negativo sugli zar diquel tempo e ora riadattata a libretto dalle parole di Nikolaj Bel’skije con la musica di Rimskij-Korsakov rinnovava quelle critiche: nel-l’indolenza di Re Dodon, che pur di dormire sonni tranquilli affidala sicurezza del suo regno ad un animale fantastico, era evidentel’allusione allo zar Nicola II, che aveva appena visto il suo paesesubire una pesante sconfitta da parte del Giappone e venire di con-seguenza sconvolto dai disordini della prima rivoluzione russa.Prima ancora di essere rappresentato, Il gallo d’oro venne così bol-lato dalla censura, e Rimskij-Korsakov, accusato di collaborazioni-smo rivoluzionario, ne approntò anche una versione in francese perfarlo eseguire a Parigi. Ma non sarebbe mai riuscito a veder rappre-sentata la sua ultima opera, andata in scena a Mosca solo nel 1909,un anno dopo la sua morte. Già nel 1907, Rimskij-Korsakov avevariunito due episodi orchestrali dell’opera (per l’esattezza il Preludioall’Atto I e la Marcia Nuziale del III) per poterli far eseguire inconcerto; la Suite Sinfonica entrata poi nell’uso concertistico cor-rente venne invece curata da Aleksandr Glazunov e dal generoMaksimilian Stejnberg nel 1913, seguendo le indicazioni lasciatedallo stesso autore: la formano quattro episodi, che s’intitolano “Ilre Dodon nel suo palazzo” (Preludio), “Il re Dodon sul campo dibattaglia” (inizio Atto II), “Il re Dodon e la regina di Ščemakan”(seconda parte Atto II), “Festa di nozze e triste fine del re Dodon”

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(Introduzione, Marcia Nuziale, morte di Dodon e conclusione del-l’Atto III). La forma puramente orchestrale della Suite mostra piùche mai il ricchissimo panorama di soluzioni timbriche e la fanta-siosa capacità evocativa di Rimskij-Korsakov, a cominciare dalprimo episodio: ascoltiamo qui, fin dall’inizio, un breve, petulanteappello di due trombe, una sorta di fanfaretta che con le sue sono-rità asprigne – rese tali dall’uso della sordina – investe di luce sar-castica la figura di Dodon e ne annuncerà più volte nella partiturala presenza; mentre l’idea immediatamente successiva vede i dueoboi distendere una melodia sinuosa e tipicamente esotica, cheimmerge il palazzo di Dodon in un clima tutto fiabesco, e chelascia poi spazio al continuo baluginare timbrico di delicati dialoghiricamati fra legni ed archi. Un’atmosfera più sinistra accompagnal’arrivo di Dodon nel campo di battaglia, dove la paura del nemicoè resa con un sospettoso strisciare degli archi, al quale fa poi dacontraltare una spavalda e ridondante marcetta che rende con ironial’avanzare di Dodon e del suo spaventato esercito. L’incontro diDodon con la Regina di Ščemakan, nel terzo episodio della Suite, sipropone invece con una sensuale, spiegata ed avvolgente cantabilità:la Regina ammalia il re con il suo canto e la sua bellezza, trasci-nandolo, mentre il flauto svolge le sue ipnotiche spire, nell’eccita-zione sonora di una danza ammiccante e dionisiaca. Ricompareancora l’acidula fanfaretta delle trombe in sordina nel quadro con-clusivo della Suite, intercalata dagli episodi più inquieti e cupi del-l’Introduzione al III Atto; ed è da qui che lentamente emerge la bal-danzosa, bandistica ed ancora una volta sarcastica Marcia cheaccompagna Dodon, la promessa sposa Regina di Ščemakan ed ilcorteo di militari e dignitari: una parata ridicolizzata dall’accelera-zione ritmica e dall’esagerata ridondanza sonora, e che concresceaccogliendo man mano ottoni e percussioni in gran copia ed accen-tuando la sua meccanicità marziale. Così fino ad un’improvvisa,secca interruzione, che accompagna lo stramazzare al suolo diDodon colpito a morte dalle beccate del gallo d’oro; e sullo sfondo,risuona il beffardo appello delle trombe, come un ultimo respiro.Partitura ricca di verve e trasparenti sfumature, quella del Gallod’oro, meno sontuosamente rigogliosa di quanto ci si aspetterebbeda Rimskij-Korsakov, ma nella quale le combinazioni timbrichehanno la lucentezza di lustre tessere di un mosaico, le morbideseduzioni orientaleggianti lasciano spesso il posto ad una scritturapiù graffiante e pungente, e l’orchestra è capace di sonorità chehanno la consistenza dura del cristallo più puro. Il Rimskij-Kor-sakov fiabesco pare insomma spianare qui la strada alle asciuttezze

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Stravinskij fotografato a Parigi.

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geometriche e a certe spigolosità imbevute di sarcasmo tipiche delNovecento russo.

Asprezze laminate e ritmi affilati come quelli che ritroviamonello stile di Igor Stravinskij, che di Rimskij-Korsakov fu l’allievodegli ultimi anni e che dal maestro apprese i segreti più raffinati ela tecnica più smaliziata dell’orchestrazione. Un gusto sonoro benassimilato e che del resto percorre gran parte delle sue prime parti-ture, da Fuoco d’artificio (1909) all’Uccello di fuoco (1910), mache per più versi risulta superato in una pagina come La Sagradella Primavera, partitura coreografica nata per i celebri “BalletsRusses” di Parigi: venne tenuta a battesimo il 28 Maggio del 1913,al Théâtre des Champs-Élysées con la direzione del grande PierreMonteux e la coreografia di Vaslav Nijinskij, e quella data segnòuno dei più clamorosi scandali della storia della musica. Le crona-che raccontano che i fischi e le fragorose disapprovazioni del pub-blico arrivarono persino a coprire le pur massicce sonorità dell’or-chestra: La Sagra della Primavera fu un autentico, violentissimoscossone per l’epoca, perché mai prima di allora si era udita unasimile aggressività sonora, una tale rocciosità timbrica, una tale vio-lenza ritmica. “Musica che s’abbatte sull’ascoltatore, con la violenzad’un cataclisma, come una forza scatenata della natura. La Sagradella Primavera è l’esatto contrario di tante ‘Primavere’ sdolcinatecui ci avevano abituato innumerevoli musicisti, pittori e letterati”,scrive giustamente Roman Vlad. A questo suo rivoluzionario ballet-to Stravinskij aveva difatti attribuito selvagge pennellate monocromee dalla densità materica, non immemori del gusto fauve di Matisse eBraque, dando forma in questo modo ad un’idea che – stando aquanto racconta lui stesso all’amico Robert Craft, l’amico direttored’orchestra che è stato esecutore privilegiato di tanta sua musica –gli si era presentata nella mente per la prima volta sotto forma disogno, agl’inizi del 1910, quando cioè stava completando l’Uccellodi fuoco: “Ebbi la visione di un rito pagano, solenne. I vecchisaggi, seduti in cerchio, guardavano una fanciulla danzare fino allostremo: la stavano sacrificando per propiziare il dio della primave-ra”. Quadri della Russia pagana non a caso Stravinskij aveva sotto-titolato questo suo sconvolgente lavoro articolato in due quadridistinti (L’adorazione della terra e Il sacrificio), perché con essovoleva appunto rendere la sanguinaria crudeltà con cui i russi paga-ni celebravano l’avvento della Primavera (sagra è da intendersi nelsenso di ‘consacrazione’), secondo un feroce rituale che culminavanel sacrificio di una vergine eletta. Un’idea che il compositore poté

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Stravinskij in un ritratto di Mario Fallani.

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affinare grazie alla collaborazione con Nicolaj Roerich, pittore masoprattutto esperto studioso dei riti della Russia pagana (suoi la sce-nografia e i costumi della prima parigina della Sagra), e che dalpunto di vista più strettamente musicale trovò una rigogliosa fonted’ispirazione anche nel vastissimo patrimonio di canti e danze del-l’antica tradizione russa, proprio secondo la lezione che il giovaneStravinskij aveva a suo tempo appreso dal maestro Rimskij-Kor-sakov: derivazioni melodiche dal folklore che oggi – grazie apazienti e puntigliosi studi – suonano evidenti, anche se a suotempo mai vennero ammesse da Stravinskij, ma pure la ricreazionedi certe caratteristiche tipiche di quella tradizione musicale che ilcompositore aveva nel sangue, come le continue e ravvicinatissimemutazioni del ritmo che danno luogo a combinazioni sempre nuovee tali da far tremare vene e polsi agli interpreti. Ma il ricorso alfolklore russo non è da intendersi qui piegato a mere finalità docu-mentarie di natura etnomusicale: esso diventa parte della sostanzaespressiva musicale, e sprigiona la sua energia segreta perché daStravinskij aggiornato nella voce di un’orchestra semplicementecolossale, plasmato dall’uso destabilizzante delle dissonanze, dalselvaggio scatenamento tellurico di forze ritmiche e dallo sbalzo dimassicci blocchi timbrici. Ed è un motivo del folklore ad iniziare lapartitura della Sagra della Primavera (Prima Parte: L’adorazionedella terra), una melopea di ascendenza lituana – l’unica, fra l’al-tro, ad essere stata identificata nella sua derivazione popolare daStravinskij – che sorprendentemente risuona nel registro più acutodi un solo fagotto: con il suo tono lamentoso e la sua tinta ance-strale, evoca tutto il mistero di un mondo preistorico, dando a suavolta il via ad un’incalzante serie di danze rituali che pare affioraredagli irrequieti fremiti dei legni. Irrompe così la “Danza delle ado-lescenti”, sostenuta da un muscoloso ritmo battente, accenti bruschied asimmetrici che innescano un fragoroso meccanismo motorio,poi risucchiato e prosciugato dal frenetico “Gioco del rapimento”.Hanno invece un andamento grave ed ossessivo le “Danze primave-rili”, trascinate da un cupo disegno ostinato che presto fa largo allasbrigliata, burrascosa e crescente aggressività dei “Giochi delle tribùrivali”, a sua volta preambolo alla processione del “Corteo del sag-gio”, intonata da quattro corni che si rinvigoriscono nel clangore ditube e di una consistente batteria di percussioni. “La danza dellaterra” conclude la Prima Parte della Sagra della Primavera con laforza brutale e scomposta di un terrificante movimento tellurico,convulsioni e scuotimenti a piena orchestra che affermano senzapudori le più apocalittiche valenze del ritmo. Lunare e fredda si

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avvia, viceversa, la Seconda Parte (Il sacrificio), dove le flebilisonorità delle viole e le surreali alchimie dei legni accolgono illento profilarsi di un motivo bagnato di lirismo notturno, che poiviene sviluppato con toni struggenti nell’episodio intitolato “Cerchimistici delle adolescenti”, a sua volta contrappuntato da spuntimelodici di chiaro stampo popolare sottoposti a sinistre trasfigura-zioni timbriche. Un’atmosfera sospesa che viene letteralmente fago-citata dalle robuste e contorte perorazioni della “Glorificazione del-l’eletta”, mentre violente strappate guidate da percussioni e ottoniannunciano “L’evocazione degli avi” e l’“Azione rituale degli avi”è condotta con ossessive figurazioni in ostinato, che costringono lesonorità a continui conflitti dinamici. Nella “Danza Sacrificale”conclusiva è il ritmo a trionfare in maniera definitiva, assumendouno spiccato valore musicalmente costruttivo, oltreché potentementeespressivo: forza primigenia che si esalta nel suo stesso dionisiacoed ipnotico parossismo, principio vitale che si scatena con la furiadevastante di un’eruzione, meccanismo implacabile e brutale cheporta la giovane eletta a danzare fino alla morte, innanzi agliimpassibili sguardi dei vecchi saggi, perché quel sacrificio possa farsbocciare una nuova, rigogliosa primavera. Nella Sagra della Pri-mavera rivivono ancora la tradizione, il folklore della grande cultu-ra russa, ma stavolta guardata dagli occhi moderni di Stravinskijnei suoi aspetti più feroci e crudeli: un mondo arcaico e lontanissi-mo, dove l’umanità guarda all’immenso mistero della Natura; nonsenza sbigottimento, non senza paura.

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Vaslav Nijinskij.

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JURIJ TEMIRKANOV

Direttore artistico e Direttore principale dal 1988 dell’Orchestra Filarmoni-ca di San Pietroburgo, con la quale effettua regolarmente tournées interna-zionali e registrazioni discografiche, è Direttore principale dell’OrchestraSinfonica di Baltimora, Direttore ospite principale dell’Orchestra Sinfonicadella Radio Nazionale Danese e “Conductor Laureate” della Royal Philhar-monic Orchestra di Londra.Nato a Nal’čik, una città del Caucaso, ha iniziato gli studi musicali all’etàdi nove anni. A tredici anni ha frequentato la Scuola per giovani talenti diLeningrado, dove ha proseguito gli studi di violino e di viola. Ha quindicompletato lo studio di viola presso il Conservatorio di Leningrado, doveperaltro si è diplomato in direzione d’orchestra nel 1965.Dopo aver vinto il Concorso Nazionale Sovietico per Direttori d’orchestranel 1966, Temirkanov è stato invitato da Kiril Kondrašin ad effettuare unatournée in Europa e negli Stati Uniti con David Ojstrakh e l’OrchestraFilarmonica di Mosca. Nel 1968 è stato nominato Direttore principale dell’Orchestra Sinfonica diLeningrado e dal 1976 al 1988 è stato Direttore musicale del Teatro Kirov(attualmente Teatro Marijnskij).Temirkanov ha diretto le principali orchestre europee: le Orchestre Filarmo-niche di Berlino, Vienna, Londra, la Dresden Staatskapelle, la LondonSymphony, la Royal Concertgebouw, l’Orchestra Nazionale di Santa Ceci-lia e quella del Teatro alla Scala. Dopo il suo debutto nel 1977 con la Royal Philharmonic Orchestra, di cuiè stato dal 1992 al 1998 direttore principale, ha ricoperto tra l’altro la cari-ca di Direttore ospite principale dall’Orchestra Filarmonica di Dresda dal1992 al 1997.Temirkanov frequenta regolarmente gli Stati Uniti, dove dirige le più pre-stigiose orchestre di New York, Filadelfia, Boston, Chicago, Cleveland,San Francisco e Los Angeles.La sua molteplice attività discografica include incisioni con l’OrchestraFilarmonica di San Pietroburgo, l’Orchestra Filarmonica di New York,l’Orchestra Sinfonica della Radio Nazionale Danese, la Royal PhilharmonicOrchestra; con quest’ultima ha registrato i Balletti di Stravinskij ed il ciclodelle Sinfonie di Čajkovskij.Tra i numerosi riconoscimenti ricevuti si ricordano la Medaglia conferitaglinel 2003 dal Presidente Vladimir Putin, il Premio “Abbiati” nel 2002 comeMiglior Direttore nonché il titolo di Direttore dell’Anno in Italia nel 2003.Temirkanov ha tenuto un Corso di Direzione d’Orchestra all’AccademiaMusicale Chigiana negli anni 1995 e 1996.

ORCHESTRA FILARMONICA DI SAN PIETROBURGO

È la più antica orchestra della Russia. La sua istituzione ufficiale nel 1882è stata preceduta da una serie di eventi determinanti per la storia della vitamusicale nella vecchia capitale dell’Impero russo. Quando Pietro il Grandegettò le fondamenta della città di San Pietroburgo nel 1703, egli si ripropo-se di fare di questa capitale una città di stampo europeo. Fu così che i piùgrandi compositori e musicisti italiani, ed in seguito tedeschi, vissero eoperarono nella capitale sulla Neva. Nel 1802 un gruppo dell’aristocraziarussa amante della musica fondò la prima società filarmonica europea aSan Pietroburgo.Il 19 ottobre 1917, durante la Rivoluzione d’ottobre, fu mutata in Orchestrastatale e dette il suo primo concerto pubblico nell’Unione Sovietica l’8

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novembre. Un anno dopo fu inglobata nella nuova Filarmonica di Pietro-grado, che divenne la prima importante organizzazione musicale dell’US-SR.Nell’ottobre 1920 il Commissario per l’educazione Anatolij Lunačarskijdichiarò l’Orchestra Filarmonica di Stato di Pietrogrado la sola istituzionesinfonica della Repubblica.Negli anni seguenti il repertorio dell’Orchestra, per volere dei suoi direttoriorganizzativi Ossovskaja e Sollertinskij, si è sviluppato ed esteso daBeethoven, a Mahler, a Bruckner.Dal 1938 Mravinskij fu direttore musicale dell’Orchestra per cinquant’anni,divenendo il più famoso interprete di Šostakovič, con cui era legato dagrande amicizia. L’Orchestra quindi frequentemente eseguiva prime assolu-te di Šostakovič, autore ancora oggi privilegiato nel repertorio dell’orche-stra stessa.Alla morte di Mravinskij nel 1988, Jurij Temirkanov fu nominato Direttoremusicale nonché Direttore principale dell’Orchestra.L’Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo è anche la prima orchestrasovietica ad aver effettuato tournées fuori dal suo Paese. Dopo la guerra hasuonato in oltre venticinque stati in Europa, Asia e America, diretta daStokowski, Munch, Cluytens, Markevitch, Kosef Krips, Kodály e Britten.Attualmente, oltre alla regolare serie di concerti presso la rinomata sededella Filarmonica di San Pietroburgo, l’Orchestra effettua tournées in Euro-pa, Giappone, Stati Uniti, Sud America, Estremo Oriente, apparendo neimaggiori festival quali Lucerna, Salisburgo, Edimburgo e BBS Proms.Ha inciso con Jurij Temirkanov per la BMG Classics e per la Warner, conMariss Jansons per la EMI e con Vladimir Ashkenazy per la Decca.

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Violini primiPavel PopovAlexander ZolotarevJurij UshchapovskijValentin LukinSergeij TeterinAlexeij M. VasiljevNatalia SokolovaOlga RybalchenkoAlexander RikhterGrigorij SedukhRenata BakhrakhNikolaij TkachenkoTatiana MakarovaMikhail AlexeevLija Melik-Muradyan

Violini secondiMikhail EstrinRuslan KozlovArkadij NaymanArkadij MaleynLiudmila OdintsovaZhanna ProskurovaLiubov KhatinaAnatolij BabitskijNikolaij DygodyukDmitrij KoryavkoTamara TomskayaOlga KotlyarevskayaKonstantin Basok

VioleAndrey DogadinJurij DmitrievVladimir IvanovArtur KosinovJurij AnikeevAlexeij BogoradElena PanfilovaDmitrij KosolapovKonstantin Bychkov

Roman IvanovMikhail AnikeevAlexeij Koptev

VioloncelliSergeij SlovachevskijNikolaij GirunyanValerij NaydenovSergeij ChernyadyevAlexeij MiltikhTaras TrepelIossif LevinzonVictor IvanovYaroslav CherenkovKirill ArkhipovNikolaij MatveevAlexander Kulibabin

ContrabbassiArtem ChirkovAlexander ShiloRostislav IakovlevOleg KirillovMikhail GlazachevNikolay ChausovNikolaij SyraijAlexeij ChubachinArsenij Petrov

FlautiMarina VorozhtsovaIgor KotovOlga VilandOlesya TertychnayaMaria Markul

OboiRuslan KhokholkovArtsiom IsayeuPavel SerebryakovVasilij NikitinMikhail Dymskij

Orchestra Filarmonica di San Pietroburgo

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ClarinettiAndreij LaukhinValentin KarlovDenis SukhovIgor GerasimovAndreij BolshiyanovVladislav Verkovich

FagottiOleg TalypinSergeij BazhenovMaxim Karpinskij Alexeij SilyutinMikhail Gutkin

CorniAndreij GlukhovIgor KarzovAnatolij SurzhokAnatolij MusarovAlexandru AfanasievVitalij MusarovOleg Skrotskij

TrombeIgor ShrapovMikhail RomanovVyacheslav DmitrovAlexeij BelyaevMikhail Mikhailov

Tromboni e tubaMaxim IgnatyevDmitrij AndreevVitalij GorlitskijDenis NesterovValentin AvvakumovAlexander Tomashevskij

PercussioniSergeij AntoshkinValerij ZnamenskijDmitrij KlemenokKonstantin SolovyevRuben RamazyanAlexander Mikhaylov

ArpaAnna MakarovaAndres Izmaylov

Pianoforte, celestaMaxim Pankov

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Paul Lewis.

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Martedì 11 luglioPalazzo Pubblico, Sala del Mappamondo

ore 19

Premio internazionale“Accademia Musicale Chigiana” 2006

(25ª edizione)

Paul Lewispianoforte

LUDWIG VAN BEETHOVENBonn 1770 - Vienna 1827

Sonata in sol maggiore op. 79Presto alla tedesca

AndanteVivace

Sonata in si bemolle maggiore op. 106“für das Hammerklavier”

AllegroScherzo (Assai vivace, Presto)

Adagio sostenuto (Appassionato e con molto sentimento)Largo, Allegro – Allegro risoluto (Fuga a tre voci con alcune licenze)

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PREMIO INTERNAZIONALE“ACCADEMIA MUSICALE CHIGIANA”

Nel Premio Internazionale “Accademia Musicale Chigiana” sicongiungono due forme di mecenatismo: quello antico, glo-rioso, di Guido Chigi, che ha fatto grande questa Accade-

mia, e quello recente di un amico tedesco della musica, e di Siena.Il primo, com’è noto a tutti, ha lasciato grande traccia di sé nellemolteplici attività dell’Accademia, prima fra tutte quella volta allaformazione di giovani musicisti; il secondo si esprime ogni annocon una manifestazione che ha per protagonisti artisti da pocoaffacciatisi alla ribalta internazionale e che permette a Siena diascoltarli in indimenticabili concerti.

Fondato nel 1982, grazie appunto all’interessamento di RolfBecker e ai buoni uffici dell’allora direttore amministrativo dell’Ac-cademia Domenico Sanna, il Premio – cui è stato concesso il patro-cinio del Presidente della Repubblica – è destinato istituzionalmentea giovani, ma già affermati concertisti di pianoforte e violino sceltida una giuria composta da rappresentanti di spicco del giornalismomusicale internazionale: Joachim Kaiser (Süddeutsche Zeitung,Monaco di Baviera), Walter Dobner (Die Presse, Vienna), DavidStevens (International Herald Tribune, New York), Giuseppe Rossi(La Nazione, Firenze), oltre al Direttore artistico dell’AccademiaChigiana e al docente chigiano della disciplina interessata.

Il Premio consiste, oltre che in una cospicua somma di denaro,in una scultura in argento opera di Fritz König, un grande artistacontemporaneo a cui si deve anche il celebre monumento ideato peril World Trade Center di New York.

Questo è il venticinquesimo anno che il Premio viene assegna-to e tra i vincitori si incontrano alcuni dei più grandi nomi del con-certismo internazionale: i violinisti Gidon Kremer (1982), ShlomoMintz (1984), Anne-Sophie Mutter (1986), Viktoria Mullova (1988),Frank Peter Zimmermann (1990), Gil Shaham (1992), Maxim Ven-gerov (1995), Julian Rachlin (2000), Hilary Hahn (2002), SaraChang (2005) e i pianisti Peter Serkin (1983), Krystian Zimerman(1985), Andras Schiff (1987), Andrej Gavrilov (1989), Evgeny Kis-sin (1991), Andrea Lucchesini (1994), Lilya Zilberstein (1998), LeifOve Andsnes (2001), Arcadi Volodos (2003), oltre al direttore d’or-chestra Esa-Pekka Salonen (1993), al Quartetto Hagen (1996) ed ilQuartetto Artemis (2004), alla violista Tabea Zimmermann (1997),al violoncellista Matt Haimowitz (1999). Nomi che entreranno nellastoria già fitta di illustre presenze dell’Accademia Chigiana.

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Beethoven giovanetto in una silhouette.

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BEETHOVENSONATA IN SOL MAGG. OP. 79

GUIDO BURCHI

R itenuta da molti studiosi beethoveniani fino a non moltotempo fa un’opera “secondaria”, la Sonata in sol maggioreop. 79 fu scritta nel 1809, contemporaneamente alla “sorel-

la” op. 78, e pubblicata l’anno dopo senza dedica. In realtà Beetho-ven stesso la qualificò come “Sonatina” o “Sonata facile” e taleappare in realtà per dimensioni e per una certa semplicità e stilizza-zione dell’invenzione musicale. Essa sembra scorrere via senza quel-le increspature drammatiche così caratteristiche di quell’autore, spe-cialmente in quel periodo, e senza grandi processi di elaborazionedei temi che vi risultano sempre limpidi e gradevoli.

L’impronta data dallo scattante Presto iniziale “alla tedesca”rimane viva attraverso tutta la pagina; quel primo tema tornito e,come suggerisce il titolo stesso, dalle movenze di danza popolare(una sorta di allemanda), tuttavia non alieno da qualche brillantezza“di bravura” (c’è chi ha parlato di certi stilemi alla Domenico Scar-latti), affascina anche per qualche spunto “pastorale”, o per megliodire “paesano”, percorso anche da lievi venature di sfumata ironia(si ascoltino quelle acciaccature che risuonano, quasi ammiccantisorrisi, verso la fine del movimento).

L’Andante centrale, libero da ogni pesantezza terrena, sembrastare sospeso in una notte senza tempo (“notturno” lo definisce Gio-vanni Carli Ballola) ed è esposto con un’espressività contenuta equasi rarefatta, accentuata anche dal modo semplificato al massimoin cui la mano sinistra accompagna il tema della destra, che nellaparte centrale si apre brevemente in un canto più disteso.

Il breve Finale (Vivace) si ricollega all’inizio della Sonatariportando l’atmosfera a quella garbata e quasi divertita semplicità.

L’apprezzamento che i nostri tempi dimostrano alla Sonata op.79 non fu condiviso in epoche in cui Beethoven era visto quasiesclusivamente come il “titano della musica”, la pagina risultandoquasi indegna del compositore (pressoché tutti gli studi sul musici-sta di Bonn fino ad una certa epoca dedicano a questa sonata sol-tanto poche righe distratte e quasi di sufficienza).

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Lo studio di Beethoven a Vienna.

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BEETHOVENSONATA IN SI BEMOLLE MAGGIORE OP. 106

“FÜR DAS HAMMERKLAVIER”

GIOVANNI CARLI BALLOLA

Tra il novembre del 1817 e il marzo del 1819, contemporanea-mente alla elaborazione del primo tempo e dello Scherzodella Nona Sinfonia e del Kyrie della Missa Solemnis, nasce-

va una nuova sonata per pianoforte: la più estesa e imponente traquelle beethoveniane e tra le più grandiose creazioni strumentalidella storia della musica. Elaborata attraverso una quantità straordi-nariamente grande di appunti, la Sonata in si bemolle maggiore op.106 è il corrispettivo pianistico della Nona Sinfonia, ma ciò limita-tamente alle proporzioni inusitate; giacché la tensione sperimentaleche in essa si esplica supera di gran lunga quella dell’analogo sinfo-nico, dal quale differiscono anche i procedimenti compositivi adotta-ti, che, per molti aspetti, fanno della Sonata un caso limite in tuttal’opera beethoveniana.

Nulla di più errato del voler giudicare il primo tempo dell’op.106 come un ritorno di Beethoven al titanismo eroico degli annidella Quinta Sinfonia e dell’Egmont. L’iniziale sequela di accordi disi bemolle maggiore che, su una lunga pedalizzazione espressamenteannotata, squassa da cima a fondo la tastiera, non può propriamentedirsi un tema “eroico”, piuttosto una di quelle masse d’urto sonore,dove il timbro assume la violenza e l’indeterminatezza di una forzacosmica che il grande artefice abbia catturato e si appresti a forgiaresulla propria incudine. Da essa ha origine il sistema strutturale su cuiè basata l’intera composizione, ossia quei rapporti tra gl’intervalli diterza che, come ha dimostrato Charles Rosen, nell’op. 106 hanno laprevalenza sul tradizionale giro delle quinte con una sistematicità chenon ha eguali in nessun’altra composizione del Maestro.

E da essa, come dalla massa materica della quinta vuota cheapre la Nona Sinfonia, scaturisce altresì l’Idea, sotto forma dellapacata risposta a tre voci reali che conclude l’organismo tematico dibase. Espressionismo di masse d’urto foniche, e un’aspra e fittatrama polifonica simile alle maglie di una guaina metallica caratte-rizzano questo formidabile torso sonatistico in cui ogni elementostrutturale si riorganizza secondo nuove relazioni interne e finalitàglobali. Lo Scherzo, in un inusitato ritmo binario, sembrerebberiportare il discorso su terreni meno accidentati, se nel fluttuanteTrio in si bemolle minore non si verificasse una magica sospensione

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dei valori timbrici, armonici e melodici in un clima di allucinatafissità sonora; e se nel breve, misterioso Presto che fa da ponte trail Trio e la ripresa, non riapparisse quell’eversiva carica gestuale edespressionistica (la raffica di una precipitosa cadenza e lo schiantodi un tremolo di settima diminuita) racchiusa in ogni piega dellacomposizione e pronta a scatenarsi a tempo e luogo.

Si arriva così all’Adagio e sostenuto, sterminato poema dove silibera in un pathos severo e trascendente quanto d’inespresso sidibatteva nell’Allegro. Esso c’introduce nella nuova dimensionebeethoveniana della variazione integrale immessa nel sistema sona-tistico: pullulare inesauribile di eventi sonori nel perpetuo trasfigu-rarsi una originaria immagine musicale, quasi un diamante dallemille sfaccettature che giri su se stesso mostrando ogni volta unaspetto diverso. Alla magica spirale dell’Adagio segue un Largoche è forse il più sconvolgente esempio di quell’ansia di far parlarela materia sonora, ora interrogandola in toni supplichevoli, ora rab-biosamente torturandola, così tipica dell’ultimo Beethoven.

Qualcosa d’inaudito è prossimo a scaturire da quel tumultuoso,scomposto monologo recitato sulla tastiera: ed è la “Fuga a tre vocicon alcune licenze”, formidabile mastio posto a coronamento dellagrandiosa fortezza sonora. Dopo la conclusione della Sonata op.102 n. 2 per pianoforte e violoncello e insieme con le polifoniedella Missa Solemnis, la Fuga nell’op. 106 rappresenta quanto dipiù avventuroso e insieme di più rigorosamente determinatoBeethoven abbia tentato nel campo del contrappunto, superando inquesto perfino quell’altro colosso polifonico costituito dalla GrandeFuga op. 133 per quartetto d’archi.

Essa consta di sei grandi episodi concatenati, nei quali si espli-cano tutti gli artifici della polifonia applicati alla fuga. La primaparte è la gigantesca esposizione introdotta dal soggetto che inrealtà è piuttosto un organismo tematico nel quale si possonodistinguere due elementi costitutivi: il lungo trillo, protervamentescandito sulla sensibile dopo un salto di decima dalla dominante disi bemolle; e la serpigna ed angolosa figurazione in semicrome chesegue. Sempre procedendo di terza in terza, attraverso un breve“divertimento” in sol bemolle maggiore si passa alla seconda partedove il tema, nella tonalità di mi bemolle minore, riappare trasfor-mato in valori raddoppiati. Un nuovo “divertimento” in la bemollemaggiore, che si avvale ampiamente di materiali ricavati dal primo,porta al terzo episodio, un canone in si minore dove il tema (torna-to ai valori originari) fa le sue entrate successive per modo retro-grado, iniziando cioè, dall’ultima nota per finire con la prima: arti-ficio di alto virtuosismo contrappuntistico, caro ai fiamminghi eriportato in auge nel nostro secolo dalla tecnica seriale, ma delqualo lo stesso Bach aveva fatto un uso alquanto sobrio.

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L’ultimo pianoforte di Beethoven. Dono del fabbricante viennese KonradGraf (Bonn, Beethoven-Haus).

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Nuovo “divertimento” basato sull’imitazione di frammentitematici, e quindi la quarta parte, in sol maggiore - mi bemollemaggiore, nella quale le entrate tematiche avvengono per moto con-trario. La quinta e sesta parte formano sostanzialmente un bloccounitario, caratterizzato dall’intervento di nuovo materiale tematico,il quale fa la sua comparsa in un episodio di 30 battute, in re mag-giore, chiamato da Busoni “Novazione”: “una fughetta nella fuga,quasi come un teatro nel teatro, dove si rappresenti un piccolodramma indipendente che ad un certo punto interferisce e si saldacol dramma principale”. Dopo questa oasi di calmo lirismo, siamogettati di nuovo tra i marosi più convulsi: ritorna il soggetto princi-pale nella tonalità di base, prima in contrappunto doppio con quellodella precedente fughetta, poi, nello “stretto”, in lotta con se stessoper moto contrario. La fuga vera e propria ha termine 20 battuteprima del libero epilogo, con una specie di allucinata cadenza dovebrandelli del tema si accavallano selvaggiamente sul rullio di unlunghissimo pedale di trilli.

“Gl’immani sforzi di Beethoven per dominare la fuga furonola lotta di un grande dinamico e suscitatore di commozioni […] inquesto modo di trattare la fuga si può notare quasi un odio e undisiderio di violentarla”, leggiamo nel Doktor Faustus di ThomasMann, e sono parole che ci portano assai vicino alla sola soluzioneoggi plausibile di un problema critico - quale significato dare allaFuga conclusiva dell’op. 106 - attorno al quale si arrovellaronogenerazioni di commentatori. Beethoven, sembra dirci Mann, dram-matizzò la fuga, immettendo nel suo sistema morfologico dei rap-porti di forze che costituivano l’irriducibile eredità del suo linguag-gio musicale, segnato nell’intimo dalla forma-sonata. Da ciò l’im-mensa tensione drammatica di questa musica, il suo lancinante eirrisolto conflitto interno, ma anche la sua visionaria, provocatoriaarditezza che si concreta in un repertorio di eventi sonori che esor-bitarono dalle normali capacità ricettive del secolo, proiettandosicon violenza in un futuro, quello delle avanguardie musicali delNovecento, pronto a farne la propria eredità e il proprio segnacoloideale.

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PAUL LEWIS

Considerato ormai come uno dei migliori artisti della sua generazione, si esi-bisce nei più importanti centri musicali e festival del mondo. La sua accla-matissima serie delle Sonate per pianoforte di Schubert, portata in numerosesale del Regno Unito, gli ha fatto ottenere nel 2003 il South Bank ShowClassical Music Award e il Royal Philharmonic Society’s Instrumentalist ofthe Year Award, oltre al titolo di Giovane Musicista Britannico del 2003. Hafrequentato la Chetham’s School of Music e la Guildhall School of Music &Drama con Ryszard Bakst e Joan Havill. È stato poi allievo di Alfred Bren-del. Dopo i successi al World Piano Competition del 1984 e al TunbridgeWells International Young Artists Competition, ha partecipato al nuovo pro-gramma New Generation della BBC nel 1999 e nel 2000-2002 ha insegnatopianoforte alla Royal Academy of Music di Londra. È stato inoltre sceltodalla Wigmore Hall, insieme al Leopold String Trio, per la prestigiosa serieRising Stars della European Concert Halls Organisation nel 2001-2002. PaulLewis ha suonato nelle più prestigiose sale da concerto e festival britannici,ma ha un forte legame affettivo con la Wigmore Hall di Londra, dove nelleultime quattro stagioni si è esibito non meno di 18 volte. Viene invitato inol-tre in Europa, Australia e Stati Uniti e recentemente ha suonato per la primavolta ad Adelaide, Amsterdam, Brisbane, Bruxelles, Canberra, Dallas, Firen-ze, Francoforte, Ginevra, Lucerna, Lyon, Madrid, Melbourne, Milano, Mün-ster, New York, Parigi, Seattle, Sydney, Vancouver, Vevey, Vienna e Zurigo.È ospite regolare dei BBC Proms, Festival Internazionale di Edimburgo,Schubertiade Festival a Schwarzenberg, la Roque d’Anthéron in Francia edei Festival di Musica da Camera di Risor e Vancouver. Come camerista, hacollaborato con prestigiosi artisti, tra cui Yo-Yo Ma, Michael Collins, ErnstKovacic, Haffner Wind Ensemble, Katherine Gowers. Ha suonato con impor-tanti formazioni orchestrali e direttori quali Mark Elder, Ivor Bolton, RichardHickox, Emmanuel Krivine, Vassily Sinaisky e Gerard Schwarz. A parte laserie delle Sonate di Schubert, altri eventi importanti delle ultime stagionicomprendono un particolare allestimento della Die Schöne Müllerin di Schu-bert all’Opera di Francoforte, una lunga tournée in Australia con concerti,recital e musica da camera, concerti al Musikverein di Vienna con la HalléOrchestra diretta da Mark Elder e un concerto BBC Prom con Paul Daniel ela Bournemouth Symphony Orchestra. La stagione 2003/2004 lo ha vistoimpegnato in varie città europee, tra cui Amsterdam, Budapest, Toulouse,Bruxelles, Madrid, Barcellona e Londra, con la Philharmonia e Dohnanyi,Wiener Symphoniker e Sawallisch, Hallé Orchestra e Swensen, City of Lon-don Sinfonia e Hickox e con la CBSO, un allestimento teatrale della Winter-reise di Schubert a Francoforte e recital in Irlanda e Nord America. PaulLewis sarà impegnato nell’integrale delle Sonate per pianoforte di Beethovendurante le stagioni 2005/2006 e 2006/2007 in importanti sale da concertoeuropee e inglesi, tra cui la Wigmore Hall.La sua prima registrazione per Harmonia Mundi (Sonate per pianoforte D.784 e D. 958 di Schubert) ha incontrato l’entusiastico consenso sia della cri-tica che del pubblico e ha vinto il Diapason d’Or Choc de l’Année 2002. Unsecondo CD con le Sonate per pianoforte D. 959 e D. 960 di Schubert èstato pubblicato nel 2003 e ha vinto l’Edison Award per il 2004. Ha inciso iQuartetti per pianoforte di Mozart insieme al Leopold String Trio per laHyperion Records. Nel 2004 Harmonia Mundi ha pubblicato un CD con lasua registrazione di musiche di Liszt, tra cui la Sonata in si minore. Inoltreproseguirà nell’incisione delle Sonate di Beethoven in contemporanea con icicli concertistici.

Una caricatura di Ludwig van Beethoven.

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Antonio Vivaldi.

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Mercoledì 12 luglioChiesa di Sant’Agostino

ore 20,30

ANTONIO VIVALDIVenezia 1678 – Vienna 1741

L’Atenaide

Dramma per musica in tre atti su libretto diApostolo Zeno

(in forma di concerto)

Edizione Fondazione Cini - Venezia

Andrea Marcondirettore

Orchestra Barocca di Venezia

Personaggi e interpreti

Atenaide Ruth Rosique Lopez sopranoVarane Romina Basso mezzosoprano

Pulcheria Laura Rizzetto mezzosopranoMarziano Franziska Gottwald mezzosopranoTeodosio Cristina Baggio soprano

Probo Bartolo Musil baritonoLeontino Mark Tucker tenore

L’opera è trasmessa in diretta dalla RAI - Radio3

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L’ATENAIDE DI ANTONIO VIVALDIOSSIA GLI AFFETTI… GELOSI

FRÉDÉRIC DELAMÉA

Siena occupa un posto di rilievo nella storia del teatro musica-le di Vivaldi. È infatti in questa città, dove il Teatro Grandeaveva ospitato nell’estate del 1718 lo Scanderbeg del Prete

Rosso, che fu redatto nel mese di settembre 1939 l’atto di rinascitadell’opera vivaldiana. Un atto adornato dalla firma prestigiosa diAlfredo Casella, direttore artistico della “Settimana Vivaldi” orga-nizzata dall’Accademia Chigiana, nel corso della quale la rappre-sentazione de L’Olimpiade al Teatro dell’Accademia dei Rozzi,dopo una scelta di arie tratte da Ercole sul Termodonte, mettonofine a quasi due secoli di oblio dei “drammi per musica” del Vene-ziano. L’esumazione di tesori lirici sotterrati essenzialmente nellaBiblioteca Nazionale di Torino da allora è sempre proseguita: Sienane aveva dato il segnale.

Sessantasette anni dopo quel memorabile avvenimento, la rap-presentazione de L’Atenaide di Vivaldi a Siena sotto l’egida dellastessa Accademia consolida questo legame storico e permette diassicurare finalmente la rivelazione di una delle più belle operedella maturità del teatro vivaldiano.

Lo steccato del successo

Il 29 dicembre 1728 L’Atenaide fu rappresentata per la primavolta sul palcoscenico del “Teatro di Via della Pergola” a Firenze.Con questa nuova opera Vivaldi fu invitato per la terza volta nellasua carriera sul prestigioso palcoscenico amministrato dall’Accade-mia degli Immobili. Al tempo della sua prima venuta nel 1718, egliaveva avuto l’onore di inaugurare il nuovo teatro restaurato congrandi spese sotto la direzione dell’architetto Pier Antonio Ticciatie del pittore Giuseppe Tonelli. Invitato di nuovo alla Pergola nelcorso della stagione di Carnevale del 1727, vi aveva presentato lasua Ipermestra il cui successo fu tale che l’abate Conti poté scrive-re, in una lettera alla Contessa di Caylus datata 23 febbario 1727:“Vivaldi ha fatto 3 opere in meno di 5 mesi, 2 per Venezia e la 3a

per Firenze. Quest’ultima ha rimesso in sesto il teatro toscano e hafatto guadagnare all’impresario molto denaro”. Una sola stagione di

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Carnevale era dunque trascorsa fra questo successo e il nuovo inca-rico a Vivaldi. Il Marchese degli Albizzi, il famoso impresario dellaPergola, non si era naturalmente dimenticato delle conseguenzespettacolari per le sue finanze del precedente passaggio del compo-sitore e prevedeva senza alcun dubbio di rinnovare l’operazione conL’Atenaide. Questo interesse combaciava con quello di Vivaldi ilquale, di nuovo in urto con i teatri di Venezia, non poteva che tro-vare un vantaggioso tornaconto in questa nuova commissione. Mala storia, capricciosa, non doveva ripetersi.

Vivaldi aveva lasciato nel 1727 una Pergola la cui programma-zione cominciava lentamente a piegarsi sotto la spinta della modanapoletana. Due anni più tardi, egli ritrovò infatti una platea total-mente conquistata dal “gusto nuovo”. La programmazione dell’Al-bizzi nel corso delle stagioni di Carnevale e dell’estate 1728 avevain effetti aperto definitivamente il principale palcoscenico toscanoai compositori e agli interpreti del Sud, con le rappresentazioni suc-cessive dell’Ermelinda di Leonardo Vinci e dell’Arianna e Teseo diNiccolò Porpora. L’opera di Vinci, composta sull’inossidabilelibretto La fede tradita e vendicata di Silvani, era stata importatada Napoli dove la sua prima rappresentazione nell’autunno 1726aveva visto brillare i celebri castrati Berenstadt e Scalzi. Albizzi,desideroso di ripetere il successo allora incontrato dall’opera, avevaa sua volta scritturato Berenstadt nello stesso ruolo accanto al nonmeno famoso Castore Antonio detto “Castori”. La scelta di Ariannae Teseo di Porpora per la stagione dell’estate seguente confermavail nuovo orientamento dell’Albizzi, dato che per attribuire maggiorefasto a questa ripresa della versione originale veneziana, l’impresa-rio aveva riunito una notevole compagnia di canto dominata daFarinelli e dall’illustre “Cavaliere” Nicolò Grimaldi.

Invitando così Vivaldi subito dopo due dei suoi principalirivali, Albizzi sembra avere voluto riprodurre a Firenze il fenome-no di emulazione creatrice che aveva caratterizzato a Venezia lestagioni 1726-1727, quando le vivaldiane Dorilla in Tempe,Orlando e Farnace avevano fieramente tenuto testa alle operenapoletane del San Giovanni Grisostomo. Difatti, accanto ai vene-ziani, Albizzi programmò ancora una volta Vinci proponendo ilsuo Catone in Utica come “opera seconda” del Carnevale, mentreVivaldi era stato incaricato di comporre l’“opera prima”. L’abilegestione dell’Albizzi doveva portare i suoi frutti. Sotto il suoimpulso il pubblico infatti affluiva alla Pergola e le sere di spetta-colo la folla nei dintorni del teatro era così numerosa che in quel-lo stesso anno 1729 bisognò progettare la realizzazione di un

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dispositivo di sicurezza al fine di proteggere i pedoni dal via vaicontinuo delle carrozze e delle portantine. Dato che Via della Per-gola non aveva un vero e proprio marciapiede, le serate d’operadavano spesso luogo a tremendi incidenti. Gli Accademici colserodunque l’occasione dei lavori di ripavimentazione decisi dalleautorità della città per far installare sulla strada uno “steccatoamovibile” di legno da fissarsi le sere di rappresentazione su diuno zoccolo di pietra preparato a tale scopo sul pavimento dellavia, assicurando così la sicurezza dei pedoni. Questo steccato, chesi estendeva da Via Sant’Egidio fino all’ingresso della Pergola,nei giorni in cui non c’era spettacolo veniva riposto nei magazzinidelle scene ed era un vero e proprio accessorio di un teatro il cuiprologo si recitava ormai per la strada.

Dramma bizantino

Benché la voluminosa corrispondenza dell’Albizzi sia sfortuna-tamente silenziosa sulle condizioni di ingaggio di Vivaldi alla Per-gola nel 1729, non è meno certo che a lui spettava la pura “scrittu-ra”, senza il controllo diretto dell’organizzazione della stagione, eche la scelta del libretto non competeva al compositore invitato. Ladecisione di proporre al pubblico L’Atenaide di Zeno non era d’al-tronde molto in linea con i gusti letterari di Vivaldi, che avevasempre dimostrato un’aperta reticenza nei confronti delle opere delsuo prestigioso compatriota. In compenso Albizzi aveva avuto spes-so l’occasione di dimostrare la sua fedeltà alla poesia drammaticadi Zeno, poesia di riferimento fino alla metà degli anni 1720, edunque fu probabilmente lui che propose a Vivaldi di mettere inmusica questo libretto dalla strana carriera. Nel 1729 L’Atenaide siavvicinava al suo ventesimo compleanno e non aveva avuto fino adallora che un’unica messa in musica. Zeno aveva in effetti finito lasua stesura nel corso dell’estate 1710 in vista di una rappresentazio-ne alla corte di Carlo III di Spagna a Barcellona; tuttavia essa fuannullata, senza dubbio per la partenza di Carlo III per Viennadove la morte di suo fratello l’aveva chiamato sul trono imperiale.Sembra dunque che la prima rappresentazione dell’opera non siaavvenuta che nel 1714 a Vienna, in una messa in musica collettivarealizzata da Andrea Fiore (primo atto), Antonio Caldara (secondoatto) e Francesco Gasparini (terzo atto). All’indomani di queste rap-presentazioni, mentre Zeno rimaneva uno dei poeti più in voga,nessun altro compositore pensò di nuovo di dedicarsi a questa Ate-naide, stranamente trasformata nella Bella addormentata nel boscodel “dramma per musica”.

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Il frontespizio del libretto de L’Atenaide.

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Giovan Gastone de’ Medici, Granduca di Toscana.

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Eppure questo libretto storico non aveva niente da invidiare aisuoi cugini Flavio Anicio Olibrio o Faramondo il cui successo nonveniva smentito. La storia di Zeno, direttamente ispirata dalla storiadi Atenaide, Imperatrice d’Oriente convertita al cristianesimo sottoil nome di Eudoxia, metteva in scena un famoso episodio del regnodi Teodosio II (401-450), nipote di Teodosio I. Celebre per averconvocato il Concilio di Efeso e come ispiratore del Codice teodo-siano, Teodosio II lo fu anche per la sua debolezza nei confronti disua moglie e di sua sorella Pulcheria, opposte l’una contro l’altrada una rivalità mortale. Il libretto di Zeno, depurato nella forma macomplicato nella sostanza, ricama su questa trama storica raccontan-do, con un misto di quella grazia e di quella rigidezza caratteristi-che della lingua del “Poeta Cesareo”, la storia di questo “ménage”politico a tre del quale le passioni intrecciate dei personaggi vengo-no ad accrescere la complessità.

“La Turcotta” e “Il Balino”

Montesquieu, in viaggio in Italia, fu uno dei prestigiosi spetta-tori di questa Atenaide al momento della sua prima rappresentazio-ne. Fra il 29 dicembre 1728 e il 2 gennaio 1729, dopo avere assi-stito a una delle prime rappresentazioni, egli confidò nel suo diariodi viaggio di “avere preso molto gusto a queste opere italiane”.Fedele alla sua attitudine per l’osservazione del funzionamentodelle istituzioni, il magistrato francese eluse tuttavia ogni considera-zione artistica concentrando le sue osservazioni sul modo di gestireil teatro da parte degli Accademici di Firenze: “L’opera a Firenze -egli scrive a proposito - costa molto poco. Ci sono dei gentiluominidella città che si associano per farne una. Siccome essi hanno deldenaro, che pagano bene, essi ottengono tutto a miglior mercatorispetto a quei miserabili impresari”. Pur privandoci così di unapreziosa testimonianza sulla prima dell’Atenaide, Montesquieu non-dimeno mette in evidenza attraverso questa annotazione la singola-rità dell’importanza di Vivaldi: a Venezia e nei diversi teatri doveegli accentrava le funzioni di compositore e di impresario egli erain effetti un uomo libero di agire in tutti i campi, ma sottoposto acontinui tracolli finanziari, responsabile personalmente di progetti incui egli impegnava il proprio denaro; a Firenze in compenso il suoruolo di compositore invitato gli faceva guadagnare in tranquillitàfinanziaria ciò che perdeva in autonomia - la generosa borsa degliAccademici metteva a sua disposizione dei mezzi incomparabili - inparticolare per la scrittura dei cantanti. Infatti, in mancanza di unacompagnia sapientemente messa insieme secondo i suoi gusti, egli

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Locandina della prima Settimana Musicale Senese.

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dovette beneficiare per L’Atenaide di una notevole scelta di grandivoci selezionate e retribuite dagli Accademici.

Nel primo rango di questi cantanti, nel ruolo della protagoni-sta, figura il celebre soprano fiorentino Maria Giustina Turcotti cheMontesquieu evocò nel suo diario paragonandola alla grande Fausti-na Bordoni: “Cantò la Turcotta […] – scrisse il viaggiatore francesedopo aver visto L’Atenaide – . È, si dice, la seconda attrice d’Italia,la Faustina è la prima”. Un grosso complimento per una cantanteche, undici anni dopo il suo debutto a Siena, era allora in pienaapoteosi. Invitata di volta in volta a Venezia, Bologna, Milano,Genova, Livorno e Palermo, essa arrivò ad essere consacrata aNapoli nel corso dell’anno 1727, cantando in due riprese il ruolo di“prima donna” al San Bartolomeo ne La caduta de’ decemviri diLeonardo Vinci e nel Gerone tiranno di Siracusa di Johann AdolfHasse, i due maestri più famosi dell’opera napoletana. È una Tur-cotta in pieno possesso dei suoi mezzi vocali e scenici che Vivaldidoveva infatti far cantare dieci anni prima che il suo eccessivo pesola privasse di una parte degli elogi che le erano stati fino ad allorariservati: nel 1738, dopo averla sentita in un concerto privato aBologna, il Principe Carlo Alberto di Baviera loderà ancora la sua“voce molto bella” ma rimpiangerà “che la grassezza eccessiva leimpedisca di cantare sulle scene”. Due anni più tardi fu Albizziche, citandola sempre fra le più grandi cantanti dell’epoca, nonpotrà impedirsi di rimpiangere che essa fosse diventata “un mostrodi grassezza”. La stella maschile della compagnia era senza dubbioil tenore bolognese Annibale Pio Fabri, interprete del ruolo del filo-sofo ateniese Leontino, padre di Atenaide. Il cantante, considerato ilpiù grande tenore dei suoi tempi, era allora all’apice della sua glo-ria. Adulato dai compositori napoletani, da Leo a Porpora passandoper Sarro, Vinci e Feo, vezzeggiato da tutti i teatri italiani, acominciare da quelli di Roma e di Napoli e naturalmente di Vene-zia da dove veniva dopo aver cantato nell’Arianna e Teseo di Por-pora, colui che i suoi contemporanei soprannominavano “Balino”,doveva quello stesso anno riunirsi alla compagnia di Händel a Lon-dra per partecipare alle prime rappresentazioni di Lotario, Ezio ePoro al King’s Theatre. Con L’Atenaide Vivaldi e Fabri collabora-vano per la quinta volta nella loro carriera. Fu del resto Vivaldi,grande scopritore di voci, che aveva per primo notato Balino all’i-nizio della sua carriera e che gli aveva offerto la sua prima scritturasu un palcoscenico veneziano in Arsilda regina di Ponto rappresen-tata al Sant’Angelo nel 1716 nel corso della stagione d’autunno.Immediatamente scritturato dai più grandi teatri d’Italia, Fabri

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aveva nondimeno proseguito la sua collaborazione con Vivaldi can-tando successivamente ne L’incoronazione di Dario nel corso delCarnevale del 1717, Armida al campo d’Egitto nella Primavera del1718 e La Silvia durante l’estate del 1721. In seguito i contatti fra idue uomini si erano tuttavia allentati e fu solo grazie a Ipermestrae a L’Atenaide, i due incarichi ricevuti dalla Pergola nel 1727 e nel1729, che Vivaldi poté di nuovo, ma per l’ultima volta, far cantareil suo vecchio pupillo.

Accanto a questi due astri reclutati dall’Albizzi, Vivaldi erariuscito a fare ammettere nella compagnia la sua fedele allievaAnna Girò. La più famosa delle cantanti scritturate dal Prete Rosso,sia per l’onnipresenza nelle sue opere, sia per lo scalpore suscitatodai loro stretti rapporti, aveva già acquisito una solida reputazione.Apparsa per la prima volta sulle scene liriche nel 1723 all’età di 13anni, era stata rivelata al pubblico veneziano l’anno seguente. Findai suoi primi ruoli, essa aveva confermato doti eccezionali di attri-ce, portando Vivaldi a comporre per lei alcune delle più grandiscene drammatiche della sua opera teatrale. Con il ruolo di Pulche-ria, la virile sorella di Teodosio, essa assunse un ruolo fatto sumisura per il suo gusto per l’azione teatrale unanimemente ricono-sciutole dai suoi contemporanei.

Oltre a queste tre celebrità, Vivaldi aveva a disposizione anchedue cantanti di minore notorietà ma di grande talento. Nel ruolodell’Imperatore Teodosio, il giovane castrato soprano milanese Gae-tano Valletta proseguiva una carriera già ricca di scritture prestigio-se: dopo aver debuttato tre anni prima al Teatro Capranica di Romacome protagonista della Statira di Tomaso Albinoni e de Il trionfodi Camilla di Leonardo Leo, questo giovane protetto dall’Imperato-re d’Austria, membro della Cappella Imperiale di Milano, era statoa sua volta appoggiato dai compositori napoletani. Porpora l’avevainfatti fatto cantare nel suo Siroe re di Persia dato a Roma nel1727, prima che Hasse lo scritturasse a Napoli accanto a Carestininei suoi Gerone e Attalo rè di Bitinia. Anche se Valletta nondivenne mai un fedele di Vivaldi, doveva tuttavia ritrovarlo aVenezia sei anni dopo L’Atenaide fiorentina per interpretare il ruolodi Roberto nella prima rappresentazione di Griselda. Nel ruolo delrivale amoroso di Teodosio, il Principe di Persia Varano, c’era unacantante “en travesti” che fu scelta nella persona di ElisabettaMoro, rinomato contralto veneziano che aveva cominciato la suacarriera sette anni prima a Verona. Essa, già abituata ai ruolimaschili, aveva già cantato per Vivaldi a Venezia nel corso del

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Carnevale del 1726 e sarebbe stata di nuovo da lui scritturata nelcorso degli anni seguenti, in particolare per cantare il ruolo di Ful-vio nel Catone in Utica nel 1737.

Altri due cantanti completavano la compagnia: nel ruolo diMarziano, capitano degli eserciti di Bisanzio, il contralto fiorentinoAnna Maria Faini confermava la breve parentesi seria di una carrie-ra interamente dedicata al teatro comico, mentre nel ruolo di Probo,confidente e servitore dell’Imperatore Teodosio, Gaetano Baroni,anch’esso fiorentino, sembra aver fatto la sua prima apparizionepubblica in un teatro d’opera.

Maturità vivaldiana

Vivaldi dovette comporre per questa compagnia una partiturache rifletteva clamorosamente la profonda evoluzione stilistica ini-ziata dal suo ritorno a Venezia nel 1726. Questa evoluzione, cheaveva raggiunto con l’Orlando furioso del 1727 un equilibrio mira-bile, lo aveva portato a fondere progressivamente in un linguaggiounico la vecchia tradizione veneziana, le sue stesse innovazioni nel-l’ambito dell’orchestrazione e della conduzione della voce e l’idio-ma galante reso popolare dai compositori della nuova generazione.Dopo un decennio di prove audaci e di esperienze disparate, Vival-di aveva risolutamente raggiunto il periodo della maturità. Nelmezzo di una programmazione dominata dalle opere napoletane,L’Atenaide, benché conservi il taglio tradizionale di un dramma permusica in tre atti e assicuri all’“aria con da capo” una supremaziaassoluta, afferma infatti una profonda originalità stilistica unita auna formidabile ricchezza musicale.

Questa grandissima ricchezza musicale si manifesta innanzituttoin un numero elevato di arie ammirevoli. Molte di esse, prese in pre-stito dai recenti Farnace e Orlando furioso, riflettono il successoriscosso al momento della prima rappresentazione da queste ariedebordanti di vitalità ritmica e di linfa melodica messe al servizio diuna sottile esplorazione dei sentimenti umani: appassionato eroismocon “Nel profondo cieco orrore” di Varano presa in prestito da “Nelprofondo cieco mondo” del paladino Orlando; esplosione di esultanzaamorosa con “Tanto lieto ho il core in petto” modellata sul “Troppoè fiero il Nume arciero” dello stesso eroe; furore bellicoso di Teodo-sio in “M’accende amor” attinta dall’energica “Alza in quegl’occhi”della maga Alcina; riservata confessione di Pulcheria nella sua crepu-scolare “Te solo penso ed amo” adattata da “Forse o cara” della

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Alfredo Casella in una fotografia dedicata al Conte Chigi.

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Regina Tamiri in Farnace; tempesta emotiva della stessa con laripresa di “Sorge l’irato nembo” di Orlando. Ciascun adattamento,che adatta il testo poetico di Zeno alla prosodia del modello, testimo-nia la volontà del compositore di esibire le sue più belle paginedavanti al pubblico fiorentino, esplorando da vicino anche i nodi deldramma e la psicologia dei suoi protagonisti.

Ma accanto a queste assennate riprese, Vivaldi fece ugualmen-te posto alle novità con una successione di arie composte appostaper l’occasione, in particolare per il ruolo della protagonista. Infattila patetica “Infausta reggia addio”, dall’orchestrazione depurata, e“In bosco romito”, affascinante affresco psicologico in fa minorebasato su un opprimente ritmo sincopato, dipingono il crollo moraledell’eroina. La medesima ricchezza creativa per il ruolo di Pulche-ria, arricchito nella chiusura del primo atto della abbagliante“Quanto posso a me” dalla sontuosa melodia, una delle più ine-brianti del teatro vivaldiano, incastonata in uno scrigno strumentaledegno dei più bei concerti della maturità del compositore. Novitàancora con il grande monologo di Atenaide al terzo atto che sidispiega al momento in cui l’Imperatrice, perseguitata da Varane,abbandonata da Pulcheria e condannata all’esilio da Teodosio, sirisolve a lasciare Bisanzio per finire i suoi giorni come una sempli-ce pastorella in un bosco solitario o su una piaggia desolata (“Inbosco romito / In povero lito”). La pagina scritta qui da Vivaldi,stupefacente scena che fonde in una successione di tempi e di metricontrastanti recitativo secco, recitativo accompagnato, arioso e ariaper comporre una vera e propria “Follia di Atenaide”, costituisceincontestabilmente uno dei vertici della sua opera lirica.

Un sonetto per la Girò

Tuttavia, malgrado l’eccellenza della sua compagnia e losplendore della sua musica, L’Atenaide sembra essere stata accoltamale da Firenze. Il 5 febbraio 1729 il Marchese Ferdinando Barto-lommei scriveva difatti da Vienna all’impresario Albizzi per conso-larlo del “cattivo incontro che aveva avuto quella (opera) dell’Ate-naide che si rappresentava”. Due settimane prima, il 22 gennaio1729, quando i preparativi per la seconda opera della stagioneerano completati, Camillo Pola, un altro corrispondente dell’Albizzi,gli scrive da Venezia, ricordando il fiasco di Atenaide e augurando-gli che il Catone in Utica di Vinci compensi i “danni” subiti dal-l’impresario a causa della prima opera. Gli auguri di Pola furonod’altronde esauditi, dato che meno di un mese più tardi, il 18 feb-braio 1729, egli poteva scrivere di nuovo all’Albizzi per dirgli:

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“Sarete ben presto alla fine delle vostre fatiche, ed ho piacere cheil Catone posto da voi in scena riesca, e vorrei che potesse rimeter-vi dalli discapiti sofferti nell’Atenaide”.

Il fiasco fu completo o esso riguardava in particolare la Girò,della quale le male lingue e gli spiriti ben pensanti si erano fatti unbersaglio privilegiato? È certo però che sei anni più tardi, quandoAlbizzi commissionò malgrado tutto una nuova opera a Vivaldi, glidovette confidare che gli Accademici non erano molto favorevoliall’idea di scritturare la cantante, precisamente a causa della presta-zione offerta ne L’Atenaide. Albizzi infatti scriveva a Vivaldi il 16aprile 1735: “Subito proposi la signora Anina per prima donna: ohquante mai opposizioni mi furno fatte, che ella non era nel rango diquelle che vediamo qua e che non incontrò l’ultima volta che cistiede”.

Nondimeno, verso la fine della stagione del 1729, quandoAnna Girò era rientrata a Venezia, Albizzi si era informato pressole sue conoscenze veneziane delle reazioni della cantante riguardoal suo soggiorno a Firenze ed essa aveva fatto sapere “che si chia-mi molto contenta del trattamento e regali ricevuti costì, e si prote-sta essere stata da tutti generosamente favorita”. In effetti l’opinio-ne del pubblico della Pergola nei confronti della cantante fu forseun po’ meno netta di quella espressa dagli Accademici sei annidopo. L’interpretazione della Girò in Atenaide fornì peraltro l’occa-sione per un sonetto, distribuito in teatro, per lodare “il singolaremerito” della cantante e più in particolare “la meravigliosa” manie-ra in cui ella cantò l’aria di Pulcheria “L’occhio nero, il ciglio alte-ro”:1 “Non così par, che tra le fronde il vento / Né così l’Usignold’amor favelle / Qual tocca ogni alma il tuo soave accento / Che

1 Un’aria inizialmente composta da Vivaldi per il soprano Lucrezia Baldi-ni, interprete del ruolo di Zaffira in Rosilena ed Oronte, opera rappresenta-ta a Venezia nel corso del Carnevale precedente. “L’occhio nero, il ciglioaltero” non figura però nel libretto a stampa di Atenaide e fu dunque inse-rita nell’opera nel corso delle rappresentazioni, probabilmente per rimpiaz-zare un’altra aria di Pulcheria (senza dubbio la sua “aria di amore” nelterzo atto “Te solo penso ed amo”, a meno che l’inserimento non sia statodestinato a rimpiazzare l’“aria di tempesta” di Pulcheria del secondo atto“Sorge l’irato nembo”, aria di bravura che superava certamente le capacitàdella cantante). Inoltre non sarebbe meno plausibile pensare che questocambiamento, aggiungendosi ai quattro altri menzionati alla fine del libretto(due per Leontino e due per Marziano), potrebbero aver espresso la volontàdel compositore di rimaneggiare la sua opera nel corso delle rappresenta-zioni in seguito alla cattiva accoglienza da parte del pubblico.

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Busto marmoreo di Teodosio II (Parigi, Museo del Louvre).

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ha mille incanti, e gentilezze ancelle”, scriveva l’anonimo autore diquesto omaggio dal lirismo generoso. L’origine di questo testo èdel tutto sconosciuta: esso traduceva l’entusiasmo personale di unammiratore, il calcolo orchestrato di un protettore, l’adulazioneinteressata degli organizzatori oppure esprimeva l’emozione sinceradi uno spettatore commosso dalla cantante? Nel mondo delle falseapparenze che caratterizzava già la scena lirica, è certamente diffi-cile pronunziarsi. Ma l’esistenza di questo sonetto, associata allatestimonianza di Montesquieu che, lontano dal rievocare un fiasco,ricorda in termini favorevoli l’opera e la sua compagnia, insinua ildubbio sulle eco viennesi e veneziane che riferiscono del fiasco deL’Atenaide. Fiasco o cabala? La questione merita in tutti i casi diessere posta. In effetti molti fattori convergono a Firenze in quelCarnevale del 1729 per rendere plausibile la seconda ipotesi. L’osti-lità del patriziato nei confronti di Vivaldi dentro e fuori Venezia? Ilfolgorante successo della moda napoletana con il corteo di anatemiche accompagna sempre i nuovi trionfi? O, più semplicemente, l’ir-rimediabile scissione fra il mondo teatrale incarnato da Vivaldi edun pubblico definitivamente rivolto verso altri orizzonti artistici?Questa d’altra parte è la spiegazione che fu suggerita dallo stessoAlbizzi se si crede all’affermazione fatta a malincuore da Ferdinan-do Bartolommei nella sua lettera del 5 febbraio 1729: “Ma, comedite ottimamente, il nostro paese non è in oggi proprio per similifeste e divertimenti”. Manifestamente Albizzi metteva dunque leaspre critiche ottenute da L’Atenaide più in conto all’aria dei tempiche non a quella dell’opera: “Sono persuaso – scriveva d’altrondeBartolommei alla fine di questa lettera – che ciò sempre più vi fac-cia perdere il gusto di continuare nell’ingerenza dell’opera di cote-sto teatro”. Vana predizione dato che Albizzi avrebbe continuato adamministrare la Pergola ancora per molti anni ed a invitarvi dinuovo Vivaldi per il Carnevale del 1736 con la sua Ginevra.

Il secondo respiro di Atenaide

Sia che avesse dovuto sopportare una cabala o un fiasco,Vivaldi non si trattenne molto a lungo a Firenze dopo le rappresen-tazioni de L’Atenaide. Nel mese di gennaio egli era di ritorno aVenezia ed è poco probabile che si sia recato di nuovo alla Pergolail 1° marzo 1729 quando, una volta che fu finito il Carnevale, gliAccademici dettero in gran pompa un ballo nella platea del teatro,primo ballo pubblico della storia dell’Accademia. Nella sala “ricca-mente illuminata” alla veneziana e sul proscenio, dove una scena di“Gabinetto Reale” accoglieva tre grandi tavoli da gioco (due per la

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Antonio Vivaldi in una caricatura.

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“bassetta” e uno per il gioco del trentuno), troppi nemici, gelosi oinvidiosi aspettavano il compositore. Per Vivaldi L’Atenaide, ossiagli affetti generosi aveva fatto troppo rima con L’Atenaide, ossiagli affetti gelosi per fargli conservare il gusto delle mondanità. Cono senza “bassetta” i suoi giochi fiorentini erano già fatti.

Al di là di Firenze, un avvenire si apriva tuttavia davanti allebellezze della sua ultima opera. La partitura conservata a Torino,un’ampia revisione della versione originale, testimonia infatti cheL’Atenaide fu rivista da Vivaldi all’inizio degli anni Trenta del Sette-cento in previsione di una nuova produzione. In questa unica versio-ne che ci è stata conservata dell’opera, Teodosio mantiene senzaalcun cambiamento le sue cinque arie della versione originale e sol-tanto il suo terzetto con Leontino e Atenaide nell’atto terzo (n. 18)“Sento che per l’affetto” scompare. Tranne che per la perdita di que-sto stesso terzetto, il ruolo di Atenaide rimane in egual modo pratica-mente immutato, conservando le sue cinque arie della versione origi-nale, così come la sua grande scena dell’atto terzo. L’Imperatrice ere-dita tuttavia un’aria supplementare al terzo atto (n. 19), “Sì son tuapadre amoroso”, e un’aria alternativa in chiusura dell’atto secondo,“Sovrana sul trono”. Da parte sua Pulcheria conserva quattro dellesue arie ma perde l’“aria di baule” di Anna Girò dell’atto primo (n.4), “Non trova in me riposo”, in favore di una nuova aria, più ambi-ziosa, “Là sul margine del rio”, possibile indizio dell’assenza del-l’Annina nella compagnia di questa ripresa. Varano conserva da partesua l’integralità delle sue cinque arie e arricchisce il suo ruolo dellasuperba cavatina “Reggia amica” in apertura della scena dell’attoprimo (n. 8), pagina palpitante dallo strano tema dissonante cherichiama l’inizio del concerto “L’Inverno”. Probo infine vede il suoruolo rinforzato dall’aggiunta di una terza aria, la formidabile “Almeperfide” piazzata all’inizio del terzo atto.

I personaggi di Leontino e di Marziano furono molto ritoccatinella revisione della partitura originale. Il ruolo di Leontino, taglia-to su misura per l’eccezionale Fabri, fu in realtà ricondotto ad unformato più convenzionale e senza dubbio semplificato nel suo con-tenuto musicale per adattarsi ai mezzi di un cantante meno fuoridel comune. Ricondotto a un ruolo di tre arie, al posto delle cinquepiù il terzetto della versione originale, il nuovo Leontino non con-serva della versione fiorentina che “Se cieco affetto” e perde ilgruppo delle altre arie cantate da Fabri. Due nuove arie, senza dub-bio meno difficili delle precedenti, “Ti stringo in quest’amplesso”all’apertura dell’opera e “Non s’accende” al n. 10 dell’atto primo,vengono a sostituirle. Per quanto riguarda Marziano, la revisione

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del suo ruolo doveva essere l’occasione di inserire nella partituradue capolavori assoluti. Nel secondo atto “Misero è quel nocchier”,presa in prestito dalla Dorilla in Tempe del 1726, è rimpiazzatadalla mirabile “Bel piacer di fido core”, orchestrata per archi e dueflauti a becco. Un’aria dalla delicata costruzione orchestrale chealterna vaporose sezioni “di bassetto” a sortite solistiche degli stru-menti a fiato e a possenti unisoni drammatici. Quanto alla commo-vente “Cor mio che prigion sei”, essa permette a Marziano di can-tare un’aria supplementare nel terzo atto. Con la sua dolorosa melo-dia, ondulante su un delicato accompagnamento degli archi pizzica-ti, quest’aria offre all’opera uno dei suoi nuovi vertici espressivi.

Nessuna testimonianza di una rappresentazione di questa nuovaversione de L’Atenaide ci è giunta. In mancanza del libretto, nonpotrebbe d’altronde escludersi che l’opera così rivista da Vivaldi siastata concepita in prospettiva di una ripresa che non fu poi effetti-vamente realizzata. Il periodo durante il quale avvenne questa revi-sione permette nondimeno di formulare diverse ipotesi riguardo aiprogetti del compositore che potrebbero essere collegati all’occasio-ne di uno dei suoi viaggi nell’Europa centrale nel 1729-30. L’ideache Vivaldi abbia potuto esportare a Vienna la sua Atenaide inoccasione di una delle sue tre visite nella capitale imperiale, appareparticolarmente seducente. La sua presentazione all’ImperatoreCarlo VI, antico protettore di Zeno e primo dedicatario del librettodell’opera nel 1710 e nel 1714, potrebbe in effetti aver costituitoper Vivaldi un abile mezzo per sensibilizzare il monarca verso ilsuo talento di compositore d’opera, nel momento in cui si contavache egli potesse produrre le sue opere nella capitale austriaca.Un’altra pista è offerta dai legami che univano all’epoca Vivaldialla Corte di Sassonia. L’interesse degli ambienti artistici di Dresdaper l’opera vivaldiana risaliva in effetti all’inizio degli anni 1730,quando l’ascesa di Pisendel alla direzione dell’orchestra della Cortedette un nuovo slancio alla moda vivaldiana in Sassonia.

Vivaldi, che moltiplicava allora la sua attività teatrale fuori diVenezia, sembra peraltro che stesse a quell’epoca progettando di farrappresentare una sua opera completa a Dresda. Una raccolta diventiquattro arie e un terzetto conservate nella Biblioteca di Statodella città testimonia questo progetto, le cui modalità e tempirimangono tuttavia misteriosi. Queste pagine, forse vendute daVivaldi a un impresario locale in vista della preparazione di un“pasticcio”, provengono dalle opere più recenti del compositore e inparticolare da L’Atenaide, della quale sei arie figurano nella raccol-ta, accanto a pagine provenienti da Farnace (Pavia 1731 e Mantova

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1732), La fede tradita e vendicata (Venezia 1726), La fida ninfa(Verona 1732) e Semiramide (Mantova 1732). Non è dunqueimpossibile che nella stessa occasione Vivaldi abbia contato dipoter fare rappresentare a Dresda la nuova versione completa dellasua opera fiorentina.

In quello stesso periodo molte arie de L’Atenaide viaggiavanoattraverso l’Europa nelle riprese anonime de La Silvia di Vivaldiavvenute fra il 1730 e il 1732 a Venezia e a Breslavia. Fra Vienna,Dresda e la Slesia, l’opera fiorentina di Vivaldi poteva finalmente,una volta venuto il suo turno e secondo i giusti corsi e ricorsi dellecose, “rimetersi dalli discapiti sofferti”.

(Traduzione dal francese di Guido Burchi)

Una moneta coniata sotto l’Impero di Teodosio II.

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TRAMA DELL’OPERA

Atto I

In un dialogo pieno di tenero affetto, Leontino saluta la figlia Ate-naide che si accinge a sposare Teodosio e a diventare imperatrice.Le porge dei consigli per il suo bene e per quello dello Stato rievo-cando le passate vicende relative a Varane, Principe di Persia, eall’amore che un tempo ha legato i due giovani. Mentre Atenaide, rimasta sola, si propone di essere fedele a Teodo-sio, Pulcheria, sorella dell’Imperatore, la saluta festosamente e leannuncia che per la cerimonia di nozze giungerà anche Varane. Aquesta notizia, da cui Atenaide rimane turbata, Marziano, Generaledi Teodosio, rivela che il Principe persiano ama Pulcheria e speradi rendere pubblico il legame con lei in questa occasione. Marzia-no, che a sua volta ama segretamente Pulcheria, la esorta a nonaccettare la proposta di Varane e a rimanere con i suoi saggi consi-gli vicina a Teodosio. Pulcheria, che è innamorata di lui, si rivela egli chiede di evitarle le nozze con Varane. Nel frattempo ancheProbo, Prefetto del Pretorio, confessa a Pulcheria il proprio amoreper lei; non ricambiato, egli rivela allora a Teodosio l’amore diMarziano per la sorella. I due decidono di allontanare Marzianonella speranza che Pulcheria possa unirsi con Varane, onde evitare,al contempo, di inimicarsi un temibile avversario politico. Teodosiocanta il proprio amore per Atenaide. Probo rassicura il sopraggiuntoVarane che lo aiuterà a far sua Atenaide, ma Leontino contrastaquesta unione e Varane medita vendetta. Questi si reca allora daTeodosio per chiedere la mano di Pulcheria; l’Imperatore accondi-scende e decide di allontanare Marziano inviandolo in battaglia.

Atto II

Teodosio rivela a Varane il proprio amore per la promessa Atenai-de che si nasconde sotto il nome di Eudossa. Quando il Principepersiano viene presentato alla futura sposa, il turbamento dei due ètale che Teodosio ne chiede il motivo e Atenaide è costretta a rive-lare il passato amore con Varane e a svelare la sua duplice identità.Teodosio, sdegnato, interrompe i preparativi per le nozze e si confi-da con Pulcheria la quale gli consiglia di lasciare Atenaide a Vara-ne. Teodosio vuole invece allontanare il rivale e concedere ad Ate-naide la possibilità di riscattarsi. Marziano canta il proprio amoreper Pulcheria prima di partire per la battaglia e Leontino porge leproprie scuse a Teodosio per aver taciuto sulla reale identità dellafiglia. In un acceso confronto con Teodosio, Varane rivendica la

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propria amata. I due contendenti concordano nel lasciare che siaAtenaide a decidere. Teodosio affida a Probo l’anello che Atenaidedovrà consegnare al prescelto. Vano è il tentativo di Varane di otte-nere il perdono e l’amore di Atenaide. Leontino esorta la figlia afuggire da Bisanzio poichè la contesa tra i due rivali potrebbe sca-tenare guerre e distruzioni: salda nella sua fedeltà all’Imperatore,Atenaide rifiuta.

Atto III

Probo, in preda alla gelosia, tradisce la volontà di Atenaide, che inrealtà aveva prescelto Teodosio, consegnando l’anello all’ormai ras-segnato Varane. Teodosio, addolorato, viene consolato da Pulcheriache gli suggerisce di partire per non dover sopportare la vista deidue amanti e gli promette che vendicherà il torto subito. Pulcheriascatena la propria ira sulla sorpresa Atenaide e la invita ad andarse-ne. Anche Teodosio, ferito nell’orgoglio, scaccia Atenaide che noncomprende il suo risentimento e se ne lamenta proclamandosi inno-cente. Nel frattempo Marziano, ritardando rischiosamente la suapartenza per i combattimenti, saluta Pulcheria che lo esorta a parti-re. Probo mente a Varane e gli riferisce che, venendo meno agliaccordi presi, l’Imperatore tiene prigioniera Atenaide; lo stessoProbo si offre di riprenderla. Marziano, che è rimasto nascosto,ascolta i progetti amorosi di Varane. Questi è interrotto dall’arrivodi Leontino e Atenaide la quale non capisce l’ingiusto comporta-mento di Teodosio e, convinta dal padre, lascia malinconicamentela reggia seguita in segreto da Varane. Teodosio, accortosi dellafuga, ordina che i due siano riportati a Palazzo. Ma Leontino,sopraggiunto, rivela che Varane ha rapito Atenaide minacciandolocon le armi. Teodosio, adirato con Leontino, vuole inseguire perso-nalmente i due fuggitivi ma Probo si offre di andare al suo posto.Teodosio e Pulcheria, grazie alle rivelazioni di Leontino, si rendonoconto finalmente dell’inganno di Probo. L’Imperatore, in predaall’ira, convoca i suoi fedeli nell’Ippodromo mentre Pulcheria,rimasta sola, rivolge a Marziano il suo pensiero d’amore. GiungeMarziano che, di fronte a Teodosio e i suoi fedeli, smaschera defi-nitivamente Probo che si dichiara colpevole. Improvvisamente appa-re Atenaide che, accolta dalle amorose parole di Leontino e di Teo-dosio, afferma di essere stata liberata da Marziano. Questi narra diavere affrontato vittoriosamente Varane e Probo: il primo è riuscitoa fuggire mentre il secondo è stato preso prigioniero. Mentre Teo-dosio accondiscende all’unione di Pulcheria con Marziano, ritornaimprovvisamente Varane che addossa tutte le colpe a Probo e chie-de perdono all’Imperatore. In un tripudio finale Teodosio concede ilperdono e afferma il trionfo dell’innocenza e del valore.

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LIBRETTO

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ARGOMENTOEudossa figliuola di Leonzio, o Leontino Filosofo Ateniese, si erarifugiata in Costantinopoli per sottrarsi dall’Amor di Varane Princi-pe della Persia, e figliuolo del Re Isdegarde, quell’istesso, che ilPadre di Teodosio il Giovane in morendo, nominò Tutore de’ suoifigliuoli. Ella prima si chiamò Atenaide, ma dipoi essendo statabattezzata da Attico Patriarca di Costantinopoli, aveva preso ilnome di Eudossa. Avendola quivi veduta esso Teodosio, se neinvaghì, e mosso non tanto dalla bellezza del corpo, quanto dallaeccellenza dell’ingegno di lei, la quale era dottissima, essendo stataallevata dal Padre nelle Scienze, la prese per moglie, anche di con-senso di Pulcheria sua Sorella, la quale potea molto sull’animo del-l’Imperatore Suo fratello. Parlano di questo fatto gl’Istorici GreciZonata, Teofano, ed altri.Ha servito all’intreccio del Drama il fingere, che Varane si portassea Costantinopoli, seguendo la Sua Atenaide con intenzione di spo-sarla, ancorché in Atene avesse ricusato di farlo, ed ivi insistesse,deposta l’alterigia del suo fasto, per ottenerla, non ostante, che latrovasse già destinata a Teodosio, il quale meditava di darli laSorella Pulcheria amata da Marziano Generale dell’Imperio. Il rima-nente di ciò, che si finge, come la segreta corrispondenza di Pul-cheria a Marziano, gli amori di Probo per la medesima, le suegelosie, ed il suo tradimento, s’intendono facilmente nella tessituradel Drama intitolato Atenaide.La Scena si rappresenta nella Regia di Bizanzio, ora Costantinopoli.

AttoriTEODOSIO II Imperatore Amante di AtenaideATENAIDE sotto nome di Eudossa figlia di LeontinoPULCHERIA Sorella di TeodosioVARANE Figlio d’Isdegarde Re de’ Persi Amante di AtenaideLEONTINO Filosofo Padre di AtenaideMARZIANO Generale di Teodosio Amante di PulcheriaPROBO Prefetto del Pretorio Amante di Pulcheria

MUTAZIONI DI SCENE

Atto PrimoLoggiato corrispondente al Palazzo Imperiale.Cortile Imperiale.

Atto SecondoSalone Magnifico.Gabinetto Imperiale.

Atto TerzoCortile corrispondente al Giardino.Galleria.Ippodromo.

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ATTO I

SCENA PRIMA Loggiato corrispondente al Palazzo Imperiale.Atenaide, sotto nome di Eudossa, e Leontino

AtenaideFausta per me risplendeDi quello dì la chiara luce, o Padre,Se da te mi principia.

LeontinoQuesti, in cui posso ancoraFavellarti da Padre ultimi instanti;Spendansi meglio. In breveLa turba adulatriceVassalla e serva a te d’intorno accoltaS’affollerà. Attenta Eudossa ascolta.

AtenaideAttendo i tuoi consigli, anzi li bramo.

LeontinoQual fosti e qual fra pocoSarai, ti si rammenti.Atene è la tua Patria: ivi sortistiCol nome d’Atenaide illustri fasce;Ma non però reali.Io ti fui Padre,…

AtenaideE guidaA gli arcani mi fosti alti recessi,Ove umano pensier rado s’innalza.

LeontinoLa tua propizia stella esaminai;D’allor previdi il tronoCh’empier dovevi; in essaVidi il tuo Fato, assai più chiaro il vidiNel tuo bel volto e nella tua grand’alma.

AtenaideDono del Cielo e tuo.

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LeontinoBeltà e virtude in te crescean con gli anni.Quando del Re de’ Persi il figlio erede…

AtenaideVarane il so (fatal memoria)…

LeontinoA noiOspite giunse, vagoD’erudir negli studiLa regal mente.Egli ad un punto istessoE ti vide e ti amò.

AtenaideCol tuo consensoAnch’io (stelle) l’amai.

LeontinoPiacquemi un fuocoChe potea farti illustre e già mirartiA me parea sul perso trono assisa.

AtenaideNostra fuga improvvisaSol vi si oppose.

LeontinoAh, figlia,Vidi uscir da quel fuocoAnzi nebbia che luce;E l’impuro vapor sparger poteaMacchie eterne al mio sangue e alla tua fama.Teco al rischio mi tolgo,Fuggo in Bisanzio, ascondoIl nome d’Atenaide in quel d’Eudossa,T’offro a Pulcheria, ella al Fratello. A leiPiace la tua virtude,A Cesare il tuo volto.Proposto appena e stabilito il nodo,Che ti fa Augusta, il tuo destin già è fermo,Già paghi i voti miei.Col favor di PulcheriaSposa a Teodosio e Imperatrice or sei.

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AtenaideMa Imperatrice e sposaLieta non son; mi turbaL’instabil sorte.

LeontinoA questaFerma i vertiginosi impeti ciechiSaggia virtù. M’odi e nell’alma imprimiQuanto un Padre consiglia.

AtenaideParli, parli Leontino, Eudossa è figlia.

LeontinoT’ama Cesare, è ver, teco divideL’autorità sovrana;Ma può il tempo e può l’usoNel giovane Monarca i nodi antichi,Se non sciorre, allentar. Tu sempre fidaSoffri e taci: ama in lui,Sino la sua incostanza; e quando ancoraTu lo veda avvampar d’altra beltade,Non l’irritar con importune accuse.Una moglie gelosaPiù molesta divien; la sofferenzaSol fa arrossir l’infedeltà d’un core,E gelosia mai non racquista amore.

AtenaideA Teodosio piacer sia di quest’almaSol voto, unico bene.

LeontinoIn Pulcheria rispettaLa tua benefattrice e la tua Augusta.

AtenaideGrato dover non parteDa un nobil cor.

LeontinoNe sien tua cura i graviPubblici affari. A tuo poter sostieniGiustizia e merto. A tutti

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Non dar facile orecchio.Ti accarezza soventeLa man che più t’insidia. I casi avversiNon ti trovino vile,Né superba i felici. Anche dal tronoAl nulla, onde sortisti, il guardo abbassa;Fa’ che il ben de’ VassalliSia di Teodosio il vero bene; a luiLa pace, il giusto e la pietà consiglia,E ancor dopo il possesso,Degna del grado tuo renditi, o figlia.

AtenaideQuesti, o Signor…

LeontinoDi genitor, che t’ama,Sono gli ultimi accenti.Tu in avvenir mia Augusta,Io sarò tuo vassallo, e l’esser PadreNon farà ch’io ti nieghi il mio rispetto.

AtenaideCome? Nemmen dal soglioScorderò il mio dover.

LeontinoNo, no, codestoDover più non pretendo,Mia figlia, addio.

AtenaidePadre, e Signor…

LeontinoTi lascio,Ma ti lascio con pena; ah soffri, o cara,Nell’estremo congedo il pianto mio,E benché singhiozzandoPrendi l’ultimo amplesso; Eudossa addio.

Ti stringo in quest’amplesso,O di me stesso parte miglior,Benché ti ceda al tronoNon t’abbandono senza dolor.

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SCENA IIAtenaide, poi Pulcheria, e poi Marziano con Guardie

AtenaideLasciami, o di VaraneImmagine odiosa. Assai già toltoM’hai di pace, di gloria e d’innocenza.De’ paterni consigliQuesto sia il primo frutto: amar Teodosio,Ma solo amarlo, e sempre.Applaudami la Grecia e ’l fier VaraneComprenda che, se indegnaDel diadema de’ Cesari non sono,Potea con egual mertoSalir moglie e Regina anche al suo trono…

PulcheriaAugusta sposa…

AtenaideEccelsa Principessa…

PulcheriaQuesto è ’l lieto tuo dì, Bisanzio applaudeDi Teodosio all’amor, d’Eudossa al merto:Oggi il cesareo sertoPasserà su ’l tuo crine. Appena bastaAl concorso de’ popoli giuliviLa reggia intera; e ad onorar tue nozze.Oggi a noi vien (sia caso, o sia consiglio)Di Persia il Prence e d’Isdegarde il figlio.

Atenaide(Che sento? Oh Dio!) Varane,Varane oggi in Bisanzio!

PulcheriaAppunto. Aver non ponnoI tuoi sponsali spettator più illustre.

Atenaide(Oh Cieli!)

MarzianoAh Principessa,Egli a noi vien non spettator, ma sposo.

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PulcheriaSposo di chi?

Atenaide(Tutto è palese.)

MarzianoAssolviDall’annunzio funesto un cor fedele.

PulcheriaNo, no, libero parla. Il Perso eredeChe vuol, che spera?

MarzianoIl tuo imeneo richiede.

PulcheriaIl mio?

MarzianoPubblico intornoNe corre il grido: Cesare v’applaude,Ne gode ogni alma.

PulcheriaE Marziano ancora?

MarzianoMarziano è Vassallo (Il duol m’accora.)

Atenaide(Son morta.)

PulcheriaAmica, onde il pallor...

AtenaidePerdona.Il nodo che ti toglie al greco ImperoIn te toglie ad EudossaIl sostegno più forte.

PulcheriaT’ama il german. Di che temer potrai?

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AtenaideTutto non vedi il mio destin, né il sai.

Della rubellaMia iniqua stellaTutta non vedi la crudeltà.Né tutta miriLa ria procellaChe in ciechi giriSopra il mio capoFremendo va.

SCENA IIIPulcheria e Marziano

PulcheriaMarzian sì pensoso? Il Ciel mi chiamaAl diadema di Persia.Ne gode ogn’alma, Cesare v’applaude,E tu sol ne sospiri?

MarzianoAh Principessa,Perderti troppo costa,Non dirò a me, che pocoCaler ti dee d’un misero Vassallo,A Teodosio dirò, dirò all’Impero,Tua prima cura e tuo maggior pensiero.

PulcheriaCol rifiuto del figlioAd Isdegarde sarò ingrata! In fronteSdegnerò una coronaChe fa servir di Teodosio al sangueQuella parte di mondo ov’ei non regna?Parla, o Duce, consigliami, ma soloSia del consiglio tuo norma ed oggetto,Pubblico zelo e non privato affetto.

MarzianoIl tuo cor, non il mio, vorrei, che guidaAl tuo talamo fosse,E fosse la ragion del tuo rifiuto.

PulcheriaGli imenei di chi regnaAmor non fa: gli stringeRagion di Stato.

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MarzianoE questa,Questa s’oppone ai tuoi; sol col tuo sennoSi regge Augusto; e sol col tuo l’Impero.Se tu parti ei vacilla e se pur bramiSposo al tuo letto, ei non si scelga altrondeChe tra i sudditi tuoi. Regna con esso,Ma nella Grecia; e siaAnche in grado di sposo un tuo Vassallo.

PulcheriaMarzian sul tuo labbroÈ tutto zel ciò che favella?

MarzianoOh Dio!

PulcheriaNon t’arrossir.

MarzianoTi bastiChe sia reo il mio silenzio.Lascia penar con innocenza il coreE interpreta per zelo anche l’amore.

PulcheriaQuesta al tuo zel si rendaNon vil mercé. Vattene, o Duce. AdopraL’arte, il poter, perché si rompa il laccioChe mi stringe ad altrui. Tuo ne sia il merto;Io ne godrò. A VaraneToglimi, te ne prego e tel comando.

SCENA IVProbo e detti

ProboE se il tuo non ti basta, ecco il mio brando.

PulcheriaTanto un suddito ardisce!E tanto con Pulcheria

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Dell’amor di TeodosioCosì t’abusi? Probo, anche i favoriOffendono non chiesti;E tal son’io che posso a voler mioRifiutarli e gradirli.

ProboIl mio zelo…

PulcheriaAnche il zeloColpa divien quando è soverchio. AttendaD’esser richiesto e in facciaAl suo Sovran, sia più modesto e taccia.

PulcheriaLà sul margine del rioPiù di un fior vorria goderIl favor della fresc’onda;Ma talor su quella spondaGode un solo il gran piacer.Così amor, tu già m’intendi,Con modestia taci e attendiIl sovrano mio voler.

SCENA VMarziano e Probo

ProboMarziano, tu soloAl nodo di VaraneRendi avversa Pulcheria.

MarzianoSa consigliarsi AugustaCol proprio core.

ProboE tu la rendi ingrataAl merto altrui.

MarzianoParlan nostre opre ed ellaNe vede il prezzo e ne distingue il merto.

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ProboMa non sa giudicarlo.

MarzianoProbo, con più rispettoParli un suddito labbro. I torti suoiSono miei torti.

ProboHai moltoPer lei di zelo.

MarzianoIl grado suo mel chiede.

ProboPiù tosto il suo sembiante.

MarzianoLa mia fede.

ProboEh, sarestiMeno fedel se meno fosti amante.

MarzianoProbo queste rispettoSoglie reali.

ProboIn ogni luogo ha ProboCon che farsi temer.

MarzianoPiacemi, e altroveDal tuo valor ne attenderò le prove.

Al valore che prode ti preggiVuo’ veder se l’ardire pareggi,Ma già parmi non sia che viltà.Sempre uniti già sono in un coreFolle audacia, codardo timore,L’insolente cor vile sen sta.

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SCENA VIProbo, poi Teodosio con seguito

ProboVa’ pur, la sofferenzaVendicherà i miei torti; in te conoscoIl nemico e il rival: tu sol m’involiGli affetti di Pulcheria;Ma se non può l’ingrataEsser conquista mia,Tua né meno ella sia: l’abbia altro amante,L’abbia Varane. Al mio deluso amoreServirà di conforto il suo dolore.

TeodosioMio fedel, mi dà penaChe Pulcheria a quel nodo,Per cui l’innalzo a dominar ne i Persi,Cieca resista. Ad imeneo più illustreNon può sceglierla il Cielo;Quel rifiuto, che ingratiCi rende ad Isdegarde,Provocarne può l’ire,E nemico sì forte e sì guerrieroPuò costar sangue e pianto al greco impero.

Probo(Sorte mi arride) Il tuo timor istesso,Cesare, è comune bene.Né la germana AugustaV’oppone il suo voler, l’altrui si oppone.Parla coll’altrui labbro,Con l’altrui cor risolve.

TeodosioE da qual coreSedotto è ’l suo?

ProboDa quelloD’un audace vassalloChe alle sue nozze insidioso aspira.

TeodosioAlma v’è sì orgogliosa?Qual sia? L’addita. In petto

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Già m’arde una giust’ira e stringo in manoLe pene più temute.

ProboEgli è… (pèra il rivale).

TeodosioChi?

ProboMarziano.

TeodosioE Marzian sarà punito. Un duroEsiglio a questa reggiaLo torrà, finché unitaVeda Pulcheria al Principe di Persia.

ProboSignor, tutto ei possiedeCol militar comando anco l’affetto.

TeodosioCauto oprerò; simulerò l’offesa,Parrà favore anche la pena; e un braccioSì necessario e prode,Non perderò, né irriterò. Tu intantoVanne incontro a Varane.

ProboA me ben notoNella sua Corte, ove l’onor sostenniDi tuo ministro.

TeodosioA luiOffri quanto dar può Cesare e ’l trono,Ché amico a lui, grato a Isdegarde io sono.

Arderà le sue facelle,Ed amor, con doppio laccioLe tue gioie accrescerà.Lieto dì con più bel raggioMai non sorse al greco ImperoE ogni cor serve in omaggioAlla tua felicità.

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SCENA VIITeodosio

TeodosioTutt’amor, tutta gioiaL’alma mi brilla in petto! Amata Eudossa,M’è oggetto più giocondoL’impero del tuo cor che quel del Mondo.

Trovo negli occhi tuoiTutto il contento mio,Tutto il mio bene.E fuor di te, che seiMeta de’ pensier miei,Beni non ha il desio,Voti la spene.

SCENA VIIIVarane con seguito, e Probo

VaraneReggia amica a te vicinoPiù mi balza il core in petto.Ma non so del mio destinoSe per fama o per sospetto.

ProboPrincipe illustre a sua gran sorte ascrive,Cesare il mio sovrano,Che del tuo regio aspettoL’alte sue nozze ad onorar tu venga.

VaraneE nel tuo incontro io formoFortunati presagi a quel destinoChe qui mi tragge, o amico.

ProboE qual’altro destino a noi ti donaChe l’antica amistàDel tuo col nostro Impero? (Egli si tenti.)

VaraneAh Probo, a voi non amistà, non altraPolitica ragion qui mi fu guida;Sol mi fu guida amore,Amor per me fatal.

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Probo(Povero cuore.)

VaraneLa beltà ch’io sospiroVive tra voi, tal me ne giunse il grido.Pietà Probo, se mi amiReggi tu i passi miei;Senza colei per cui vo errando intorno,M’è odioso ogni respiro, infausto il giorno.

ProboSignor, del tuo bel fuocoTi precorre la luce. Il so, gran fregioDi quella reggia è la beltà, che adori.

VaraneMe fortunato.

ProboElla tua fia, t’impegnoQuanto a Cesare appressoHo di poter.

VaraneMio caro. (lo abbraccia)

Probo(Per pena del rival perdo me stesso.)

SCENA IXLeontino, e detti.

LeontinoChe miro, o Dei! Quegli è Varane.

VaraneAh Probo,Quegli è Leontino?

ProboIl saggioD’Atene, è desso.

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VaraneOh tanto invano, o tantoSospirato Leontino.

Leontino(Più non v’è scampo.) Al grandeSuccessor della Persia…

VaraneEh lascia questiTitoli a me funesti.Dimmi Varane, amico, figlio, o s’altriNomi d’amor può suggerirti il labbro.

LeontinoL’alto tuo grado…

VaraneProbo,Qui grave affar seco mi chiede alquanto.Riedi a Teodosio. Ei sappiaChe il mio piacer nella sua reggia io spero,E fa’ ch’egli ti dia l’augusto assenso.

ProboNel mio zelo confida. (parte)(Piangi amor mio, ma il mio rival non rida.)

SCENA XVarane e Leontino

VaraneLeontino, ove è Atenaide?

LeontinoAtenaide sol’è dov’è Leontino,Ma più non la vedrai. Credilo a un Padre.

VaraneChi può torla ai miei lumi,Chi negarla al mio amor? Chi tanto puote?

LeontinoTu stesso, e la tua gloria.

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VaraneLa gloria mia?

LeontinoNon ti lusingo, o Prence;Fuggila per tuo onor, per suo la fuggi.

VaraneIl suo fato, il mio amor, vuol ch’io la cerchi

LeontinoL’amor tuo s’avvilisce: ei cerchi oggettiDegni più del tuo fasto.

VaraneTutto il mio fasto è l’adorarla. Ah cessaDi più temer: vengo a recarle un coreInnocente e più puro.Vengo ad offrirle un tronoEguale a sua virtù. Con minor prezzoNon riparo il suo torto,Non l’error mio; torto ed error che tantoA me costò di pentimento e pianto.

LeontinoEh mediti altre nozzeDella Persia l’erede.

VaraneQuello vo’ d’Atenaide.

LeontinoDi Augusta gl’imenei gli applausi avrannoDella Persia e del Padre.

VaraneMa non quel del mio cor. Voglio Atenaide.

LeontinoVedi la regal vergine…

VaraneA miei lumiTutto è oggetto d’orror, se lei non veggio.Mia delizia, mio bene,Deh non soffrir ch’io te ne preghi indarno.

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Lascia ch’io dir ti possaBenefattore e Padre.Vedilo, io tutta abbassoLa mia grandezza all’umiltà del prego.Concedimi Atenaide.

LeontinoNon è più tempo. AlloraCh’io potea ricusasti:Or che tu vuoi non posso.La sorte d’AtenaideAl paterno voler più non soggiace;Decretato è di lei: soffrilo in pace.(in atto di partire)

VaraneFermati e meglio vediQual’io mi sia. VaraneSoffrir non può d’aver pregato indarno.Chiesi Atenaide ed Atenaide io voglio;Ché s’ancor pensi, audace,Torla con nuova fuga agli occhi miei,Parte non sia sì solitaria e stranaDove non giunga il mio furor. CercartiSaprà la mia vendettaOltre il mar più profondo,Oltre ogni lido, oltre il confin del Mondo.

LeontinoNella reggia di Cesare LeontinoNon sa temer. Torno a ridirlo. InvanoA me chiedi Atenaide: il suo destinoPiù da me non dipende; e se ancor fedeTu nieghi a’ detti miei,Vanne a Pulcheria e sol la chiedi a lei.

Mai s’accende di sdegno il mio core,Non pavento minaccia e furor.Disperato se vedi il tuo amore,Puoi cangiarne la fiamma e l’ardor.

SCENA XIVarane, Teodosio, Pulcheria, Marziano, Probo e loro seguito

VaraneA Cesare si vada: ei mi concedaDi Atenaide il possesso,

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Onde nel punto istessoSia felice il suo amor, sia lieto il mio.

TeodosioPrincipe amico, ogni momento è penaChe a noi tarda il piacer dell’abbracciarti.Questa reggia, e tua reggia,Pulcheria ed io tutto dobbiamo al figlioDi quel gran re che un tempoFu a noi tutore e Padre.

PulcheriaEmpie il tuo nomeLe voci della fama,E Bisanzio vedrà con lieto ciglioDi cento eroi te invitto erede e figlio.

VaraneAugusto, Principessa,Ben fu presago il cor che solo in questoFelicissimo cieloSarian paghi i miei voti.Questo misero cor lunghi sostenneFieri naufragi; ei qui ne spera il porto.E se sovrano assensoOggi mi si concede,Si vedrà in sì bel giornoAd un talamo solo arder due tede.

Marziano(Misero me.)

Probo(Pena il rival.)

TeodosioNe attestoPrincipe il ciel, la real fede impegno;Quanto da me dipendePer tuo ben, per tua paceTutto otterrai. Di’, chiedi.

VaraneGenerosa Pulcheria…

Marziano(Ahimè!)

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VaraneManca alla miaPiena felicità solo il tuo voto;Pende da te della beltà che adoroL’alto destin.

PulcheriaPuò sperar tutto il grandeEroe dell’Asia.

TeodosioEd ottener può tutto;Chieda egli pur.

VaraneSi compiaPrima il tuo nodo. Io qui t’indugio un beneChe fa troppo penar colla dimora.

TeodosioA tuo piacer questa è tua reggia; prendiIvi riposo, ivi le leggi imponi.Regna Varane ove è Teodosio. ProboNe adempia i cenni.

VaraneIo partoPieno insieme di gioia e di rossore.(Dal suo contento e quasi oppresso il core.)

Tanto lieto ho il core in pettoChe al goder dell’alma miaGià la fredda gelosiaPiù velen sparger non sa.Tal l’amore si consolaChe da me già tutto involaQuel doloreChe nel ciel destò pietà.

SCENA XIITeodosio, Pulcheria e Marziano

TeodosioSei vicina, o germana, a porti in fronteLa corona di Persia.

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PulcheriaOnor ch’io non ambisco.

TeodosioAll’imeneo feliceEcheggiano in applauso e mari e lidi.

PulcheriaFama è spesso bugiardaE s’applaude sovente a un’ombra vana.

TeodosioTutto arride al tuo nodo.

PulcheriaIl più vi manca.

TeodosioChe mai?

PulcheriaVi manca di Pulcheria il voto.

TeodosioVuoi forse rifiutar sposo sì illustre?

PulcheriaRichiesta ancor non sono.

TeodosioE se lo fossi?

PulcheriaMaturar ben si deve il grand’assenso,Dov’è inutile e tardo il pentimento.

TeodosioE se augusto ten prega?

PulcheriaAugusto è mio germano.

MarzianoEd ei non stendeFin sopra il cor l’autorità del grado.

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TeodosioPuò comandar ciò che all’Impero ei vedeGiovevole ed onesto.

MarzianoPerdonami Signor, giova all’ImperoChe talor tu consigli i dubbi affariCol senno di Pulcheria.

TeodosioDuce, chi nacque all’armiMal sa in pace trattar nozze ed accordi.L’alma guerriera volentieri assenteA consigliar ciò che cagion fecondaEsser può di sospetti e di litigi.Ma se tale in te avvampaSete di guerra e di trofei, va’, espugnaIl bulgaro rubello.Pria che il giorno tramontiTi veggia il campo e a nuove palme il guida;Cesare a te la sua vendetta affida.

MarzianoUbbidirò. Dall’armi tue sconfittaLa provincia rubellaIl solo non sarà de’ miei perigliE il primo non sarà de’ tuoi trionfi.Farò morder il giogoAl popolo fellon: correr di sangueFarò, s’ei sia protervo, e strade e fiumi;Andrò, vedrò, ubbidirò il tuo cenno;Soddisfatto vedrò l’altrui livore,Tornerò d’altri lauriCinto le tempie e domiI miei nemici e i tui;Avremo ambo vittoria,Tu dell’audacia, io dell’invidia altrui.

Di nuovi allori adornoA te farò ritornoE a pie’ del soglio avvintaLa fellonia trarrò.Poi dell’invidia oppressaSu la ruina istessaMaggior risorgerò.

172

SCENA XIITeodosio e Pulcheria

PulcheriaSignor, saggio consiglioNon è irritar braccio sì prode. A luiTutta dell’armi nostreAffidata è la cura.

TeodosioUtile m’è nel campo,Ma nella reggia a me fa guerra il DucePiù d’ogni altra spietata.

PulcheriaIn che t’offende?

TeodosioDel mio favor s’abusa e del suo grado.

PulcheriaMa qual’error?

TeodosioPulcheria, in certi reiDissimular le colpeConvien per non punirle.Marzian vada al campo e tosto vada.

PulcheriaDunque, sua pena è ’l tuo comando?

TeodosioEi vada,E dal suo core esiga,O vicino, o lontano,Del comando il rispetto e non l’arcano.

Qual la sua colpa siaRicercane il tuo corE toglimi il rossorDell’alta offesa.Guarda, saria viltàSe dalla maestàFosse difesa.

173

SCENA XIVPulcheria

PulcheriaPurtroppo il so: la tua sciagura, o Duce,È il tuo amore innocente.Pietà ne sento; ohimè guardati, o core,Sembianze di pietà prende anche amore.

Quanto posso a me fo schermoE da piaghe e da ritorte.Ma ho timor che contro amorSia riparo troppo infermoL’esser grande e l’esser forte.

ATTO II

SCENA ISalone magnifico.Teodosio, Varane, Probo e loro seguito

TeodosioVa’, Probo, e fa’ che AugustaPiù sollecito il passo a noi rivolga.

ProboImpaziente è amore. (parte)

TeodosioE tu questi perdonaD’innamorato seno impeti e voti,Principe amico.

VaraneAh, provo anch’io qual penaSia la speme e l’indugio in chi ben’ama.

TeodosioTra poco il mio dilettoQui compirsi vedrai; vedrai la degnaCagion dell’ardor mio, vedrai del voltoLe amabili sembianze,La modestia del guardo,L’onesto portamento, e allor diraiChe, se pari al suo bello è il mio piacere,Non v’è cor più feliceNé più amante del mio.

174

Varane(Atenaide, mio bene,Così dirò nel tuo possesso anch’io.)

SCENA IIAtenaide, Probo e detti

VaraneO Dei! La mia AtenaideVeggo in Eudossa?

AtenaideAhimè, Varane?

Teodosio(a Varane) Questa, Principe, è la mia Eudossa; e questi, o sposa,È il Principe Varane. (ad Atenaide)

Atenaide(Che mai dirò?)

Varane(Son io ben desto? I sensiTraveggon forse!) Eudossa, Eudossa è questa?

ProboScelta all’augusto trono.

TeodosioE scelta al nostroMarital letto, Imperatrice e sposa.

VaraneMa come?... Ah Probo… E sarà ver?... Son morto…

TeodosioQuale stupor? Troppo sorprende i coriLa beltà di quel volto;E tu, cara, i belli occhiAlza dal suolo ove gli tieni assisi;E in aver sì gran PrenceSpettator di tue nozze,Non arrossir; stendi la destra; ei stessoSeguirà al Tempio i nostri passi. Andiamo.

175

VaraneChe? Seguirvi Varane? Questi lumiSaranno il testimon d’un imeneo?No… Prima… Ah giusti Dei,Con qual fulmine orrendoPrendeste ad atterrar la mia costanza?

TeodosioChe ascolto? A quai trasportiSi dà in preda il tuo labbro?Qual turbamento è il tuo?Tu impallidisci? E tu pur anche Eudossa;Perché? Parla; onde mai? Svela l’arcano.

AtenaideSire… (mi manca il cor.)

VaraneParli Varane,Parli Varane. È vero.Non son più di me stesso;Le pene e i turbamentiNascono in me da quel fatale oggetto…Oh Dio… misero core… è forza, o Sire,Ch’io ceda al mio dolore;Sento che nell’indugioLa mia stessa ragion divien furore.

Nel profondo cieco orroreMi precipita il mio fato,Già spietato a questo cor.Vincerà fiero il rigoreDisperato il mio furor.

SCENA IIIAtenaide, Teodosio e Probo

TeodosioProbo intender vorrei,Ma il mio stesso desir fa il mio spavento.

ProboTutti sì strano eventoM’occupa i sensi.

176

TeodosioRompiEudossa il tuo silenzio e ’l vero esponi.Agli occhi tuoi noto è Varane?

AtenaideÈ noto.

TeodosioEd a quei di Varane è nota Eudossa?

AtenaideEudossa è ignota a lui, non Atenaide.

TeodosioD’Atenaide non chiedo,Chiedo di te.

AtenaidePer me rispondo, o Sire,Quando per Atenaide a te rispondo.

TeodosioSpiegati (non intendo e mi confondo.)

Probo(Oscuri enimmi.)

AtenaideAlloraChe in Atene io vivea, non era Eudossa.Tal mi nomai da che in Bisanzio giunsi.

TeodosioE in Atene vivesti?...

AtenaideCol nome d’Atenaide.

TeodosioE là ti vidde?...

AtenaideIl Principe Varane,Offertomi dal caso e non dal core.

177

TeodosioSegui: ei t’amò?

AtenaideFinse d’amarmi almeno.

TeodosioArbitro fu del mioIl paterno voler.

TeodosioNe arrise il PadreAd un amor che ti facea Regina?

AtenaideNon so. So ch’ei repenteAlla Patria mi tolse ed a Varane.

TeodosioPer qual destin?

AtenaideLe sue ragioni ha ’l Padre.

TeodosioNé saperle poss’io?

AtenaideSi temé forseIl giovane feroce e più ’l suo amore.Giovò la fuga; e in questeMura si elesse un più sicuro asilo.Qui di nome e di cultoCangiai; mi vide Augusta e qui a te piacque…

TeodosioBasta così: basta, o fatal… qual dirtiSe Atenaide o se EudossaDeggia non so. Nomi del pari infausti:Nomi spietati. Un mortal ghiaccio, un freddoSudor mi scioglie. Partiti; io solo deggioRestar co’ miei pensieri.Quando sia tempo intenderai tua sorte.

178

AtenaideLa men crudel per me saria la morte.

Son colpevole a’ tuoi lumi,Ma innocente è ’l mesto cor.Giusti Numi, il vostro sguardoBen lo vedePien di fede e di dolor.

SCENA IVTeodosio e Probo

TeodosioPulcheria a noi. Probo, tu vanne al TempioE sospendi le pompeAl festoso apparato;E si congedi il popolo e ’l senato.

ProboGode scherzar su i nostri casi il fato. (parte)

SCENA VTeodosio

TeodosioSmanie gelose, tormentosi affetti,Tutto in preda vi lascioIl petto d’un Monarca.Ho in Varane un rival. Me’l tace Eudossa,Ma l’infedel l’amava.Perfida ingrata! AncoraNon sai qual sia lo sdegnoD’un Cesare geloso,D’un amator tradito.Farò, iniqua, farò che tu non siaNé del rival né mia,E che il tuo nome e la futura etade,Quando invidia dovea, svegli pietade.

SCENA VITeodosio e Pulcheria

TeodosioVieni, ah vieni in aitaD’un Principe infelice.Son tradito, o Pulcheria.

179

PulcheriaLo so. Tutta da ProboIntesi la cagion delle tue pene.

TeodosioChi mai detto l’avria? Colei che adoroTraea l’impura facePerfino all’Ara; ed a recar venìaLa spergiura sua fede in faccia ai Numi!

PulcheriaSe Eudossa è rea, dov’è innocenza in terra?

TeodosioPer te sola, o germana,Misero son. Tu mi lodasti EudossaE l’amai nel tuo labbroPria che negli occhi suoi.Deh! Perché a te credei? Perché lei vidi?Oh fede! Oh vista! Oh amore! O cieli infidi!

PulcheriaGiustissime querele,Vi fo ragion. Ma, Sire,Il tuo cuor ne trionfi e quella ingrataSprezzatrice beltà sia disprezzata.

TeodosioQual consiglio a me dai?

PulcheriaQuel ch’è più giusto.

TeodosioMa non quel ch’è più caro.

PulcheriaScenda l’indegna dal tuo soglio.

TeodosioOh Dio!Per vederla salir quel di Varane?

PulcheriaDal tuo core l’esiglia.

180

TeodosioPerché ella passi al mio rival in seno?

PulcheriaPiù non spiri quest’aure.Vada colà dove né meno il nomeTe ne giunga all’udito.Corro, o german. Vo’ che per sempre EudossaS’allontani da te né più ti veggia.

TeodosioPiù non mi veggia? Ah! Ferma.So l’error suo: la sua perfidia ho nota,Ma il non vederla più mi saria morte.

PulcheriaMa che far pensi?

TeodosioAnzi che cada il giornoEsca dalla mia reggiaIl superbo rival. Parta…

PulcheriaVarane?

TeodosioSì! La sua vista ira e dolor m’accende.Olà, senza dimoraSe li rechi il mio cenno ed ubbidisca.

PulcheriaAh Teodosio! Ah fratel, per cieco affettoDove ten vai? Recar tu oltraggi ed onteE recarli in BisanzioA Principe sì amico e sì possente?

TeodosioCosì dunque a TeodosioMancherà ogni conforto, ogni vendetta?

PulcheriaForse un tuo inganno è ’l tuo sospetto. È ciecoL’amante ch’è geloso.D’ogni idea si fa un rischio,D’ogni ombra un mostro. AncoraIl cor d’Eudossa esaminar conviene.

181

TeodosioFacciasi. Ecco già corroPer sentiero migliore,Ciò che far deggia ha stabilito il core.

Vorresti, il so, vorresti amor tirannoDopo la libertà tormi la gloria.Ma la cauta ragion vede il tuo inganno;E già fa disperar la tua vittoria.

SCENA VIIPulcheria, poi Marziano con Guardie

PulcheriaLibera son dall’odioso nodoChe politica ciecaStringer volea. Qui viene il Duce. AffettiCauti vegliate alla difesa.

MarzianoIn ontaDi quel destin che misero mi rendeCol tormi a questa reggia,Ove resta di me la miglior parte,L’addio ne prendo almenoCon qualche pace e un gran piacer vien meco.

PulcheriaDuce, qual sia?

MarzianoQuel di veder che il fuocoOnd’arde il fier VaraneSen vola ad altra sfera.

PulcheriaM’ami così? T’è gratoCh’io perda una corona?

MarzianoAnzi l’acquisti,Se la tua ti conservi. Hai qui vassalliChe non men de’ tuoi cenniAdorano, o Pulcheria,Mi sia lecito dirlo, i tuoi belli occhi.

182

PulcheriaSe tanto, o Duce, un cor vassallo osasse…

MarzianoV’è chi osa tanto, o Principessa. Ei feceQuanto puoté per non amarti. OpposeRagion virtù, dover: tutto fu indarno.Reo lo vuole il tuo bel, reo la tua stella.

PulcheriaDuce, non più! Qualunque ei sia gl’imponiO ch’ei corregga il temerario affetto,O ch’ei lo chiuda in seno;Cauto così che non ne scoppi intornoLa più lieve favilla.E buon per lui che ignotoM’è l’esser suo, né a te ben tutta io credoLa colpa tua. (Se più l’ascolto io cedo.)

MarzianoPoiché il misero devePer te morir, non curaSe il tuo sdegno l’uccida o il suo dolore.Vedi…

PulcheriaNo, Marzian, saper non voglioNé la colpa, né il reo. Sin che me ’l taci,Egli forse m’è caro, e degno è forseDel mio favor. Tu lietoVanne all’armi, ai trionfi.Ivi a core ti siaE la tua vita e la memoria mia.

Sorge l’irato nemboE la fatal tempestaCon sussurrar dell’ondeEd agita e confondeE il cielo e ’l mar.Ma sai che in un balenoFugge la nube infestaE il placido serenoIn cielo appar.

183

SCENA VIIIMarziano

MarzianoTu parti e intanto io restoTra la vita e la morte,Dubbioso di mia sorte.Timido labbro, è tua la colpa. Io t’amo.Dir non sapesti ed ellaO non t’intese appieno,O se n’infinse almeno.Vanne e, pria che partir, dille che l’ami.E fa’ che all’amor mioElla dolce risponda e t’amo anch’io.

Bel piacer di fido corePoter dir al caro oggetto:Per te parto, per te moro.Bel piacer d’amante corePoter dir al caro oggetto:Per te parto, per te moro.Ma diletto assai maggioreÈ l’udir ch’egli risponda:Anch’io t’amo, anch’io t’adoro.

SCENA IXTeodosio e Leontino

TeodosioConveniva non tacerlo.

LeontinoMio fu l’error.

TeodosioTeco n’è rea la figlia.

LeontinoM’ubbidì il suo silenzio.

TeodosioSi cercò d’ingannarmi.

LeontinoAnzi di risparmiarti un gran sospetto.

184

TeodosioOr più crudele egli mi rode in seno.

LeontinoNon val consiglio ove dispone il fato.

TeodosioDel vostro fallo è mia pena.

LeontinoCrediInnocente la figlia e sei felice.

TeodosioPiù avveduto mi rende il primo inganno.Venga e quest’alma il testimonio sia.

LeontinoMa sdegno non ti turbi, o gelosia.

Se cieco affettoTi latra in petto,Ogni consiglio diventa error.Ed è periglioDella ragioneIl turbamentoChe affligge il cor.

SCENA XTeodosio e Varane

TeodosioQuietatevi, o pensieri…

VaraneNo, no convien ch’io veggia.Invan mi si resiste.

TeodosioChe sia? Quest’è Varane.

VaraneAgitato e confusoCesare a te ritorno.Nel mio furor nulla conosco e temo.Eudossa è l’amor mio. Se in lei tu pensi

185

Trovar la tua consorte,Cerca ancor la mia morte.Se ben nella tua reggiaE se ben tutte intornoVegliano al fianco tuo l’arme vassalle,Vittima non m’avrai facile e sola.Vender a non vil costoSaprò la vita e l’oppressore istessoDalle ruine mie resterà oppresso.

TeodosioPrence le tue minacceMi fan pietà più che spavento; e s’ioDel cor seguir volessiGl’impeti primi, apprenderia, Varane,Come si parli a Cesare in Bisanzio.Di’ qual’oltraggio hai del mio amor? CoronoQuella ch’è tuo rifiuto.Sposa non la volesti, io la fo Augusta.Perché sdegni ch’io siaPossessor di quel beneChe a te tolse alterezza e frenesia?

VaraneAh! Signor, già condannoQuel superbo pensier. Seguo il tuo esempio.Degna stimo AtenaideDel tuo Impero, del mio, di quel del mondo.

TeodosioMa che pretendi?

VaraneOh Dio!Vorrei ciò che ’l mio amoreFar per te non saprà. Vorrei… Ma SireQuel che spero non so, né quel che parlo.Pesi il tuo cor se stesso e veggia quantoA prò d’un infelicePossa aver di virtù, possa esser grande.Ecco vinto il mio fasto; ecco abbattutaLa mia vana fierezza.Imploro tua boutade,Ah! Basti all’odio tuo vederti avanteIl figlio d’Isdegarde supplicante.

186

TeodosioMi toccano i tuoi mali,Più che i trasporti tuoi. Sentir amo Eudossa;Ma l’amo con virtù. Vo’ che l’amoreMi acquisti la sua fede e non la forza.Vo’ lasciarla tra noiIn libertà di scelta.Sì vo’ dalla sua bocca udire il nostroOracolo fatal. Se l’hai propizioGodrò della tua sorte,Né un cor t’invidierò che tuo esser volle.Ma se per me decide, i nostri amoriPiù non turbar. Lascia che meco in tronoRegni la tua Atenaide e non gelosoMira la sua grandezza e ’l mio riposo.

VaraneAl tuo voler m’inchino,E dalla bella attendoO felice o funesto il mio destino.

SCENA XIAtenaide, Probo e detti

TeodosioNelle tue nozze EudossaIo riponea tutto il mio ben. Ma pocoApprezzo la tua destraSe mi manca il tuo core.Questo tra me e VaraneDecida in libertà. Scelga tra noiIl più caro amator, non il più degno.

AtenaideE che? Pensi ch’io possa?…

TeodosioNo, no, seco ti lascio. A lui sinceroParli il tuo cor. QualunqueIl voler ne sarà, giuro per questoChe il crin mi cinge imperial diadema,Ne osserverò la legge.Probo.

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ProboCesare.

TeodosioPrendiQuest’aurea gemma; a quelloLa recherai che dall’amor d’EudossaSarà eletto in consorte.

ProboUbbidirò.

Varane(Speme risorgi.)

TeodosioAddio.Benché sforzo sì grandeVita e felicità possa costarmi,Potrò bella AtenaideUdir la tua sentenza e non lagnarmi.

Al tribunal d’amoreEsamina il tuo coreE scegli quel fra noiChe più ti piace.Decidi in libertàLa tua felicità,La nostra pace.

SCENA XIIAtenaide, Varane e Probo

Probo(In disparte qui attendo.)

Atenaide(Mi rinfranchi virtù.)

Varane(M’aiti amore.)Il misero Varane, o tanto indarnoSospirata Atenaide,Avrà pur il piacer di favellarti.

188

AtenaideParli egli pur. Così comanda Augusto.

VaraneIntendo. Col suo coreTi disponi ad udirmi;Col tuo non già, che troppoEgli arde a’ danni miei d’odio funesto.

AtenaideDeggio ubbidir: quanto far posso è questo.

VaraneE per me nulla puoi? Non anche saziaSei dell’aspre mie pene?A un solo error tanto supplicio? Oh Dei!Per te che non soffersi?Qual mar, qual lido non tentai? Fin doveDe’ sospir miei sull’aleVolar non feci d’Atenaide il nome?Cor non fu ch’ai miei piantiNegasse i suoi. S’è impietosito il cieloCol guidarmi in Bisanzio.Un sol giorno, un sol puntoMi ti togliea per sempre. A tempo ancoraSono i miei voti. AncoraPosso offrirti pentito e nozze e trono.Atenaide, mio ben, pietà, perdono.

AtenaidePrincipe, anche in BisanzioVieni a turbare la mia quiete? I maliNel mio cielo natio per te soffertiNon ti bastano ancora?

VaraneEccomi a ripararliCol pentimento mio.

AtenaideTardo me ’l rechi.E inutilmente il rechi.Data è già la mia fede;E di Cesare io son.

189

VaraneSei di VaraneSe ben rifletti a i primiGiurati affetti.

AtenaideA quei rifletto, a quelliChe tu stesso tradisti,A quei ch’ora mi fanno augusta e sposa.

VaraneÈ ver, mirarti in fronteIl diadema dei Cesari è un gran fregio;Ma qui in grado d’AugustaSarai serva a Pulcheria. In Persia io ’l primoSarò de’ tuoi Vassalli,Ed a’ sudditi mieiSaranno i tuoi belli occhi e leggi e Dei.

AtenaidePrincipe, è tempo al fineChe in più liberi sensi il cor ti mostri.Tutte le offerte tue, le tue lusingheNon faranno ch’EudossaA Cesare sia ingrata;E del tuo amor mi stimeresti indegnaSe tua potesse farmi un tradimento?Tempo fu che contentoVolea farti il mio cor. Forse non senzaLagrime io ti perdei.Forse ad esser d’altrui l’alma disposiCon violenza e forse…Ma che? Troppo già dissi.Di Cesare ora son. Data è la fede,Se non la destra. Esser di lui sol voglio.Quando alla tua coronaNuovi Imperi aggiungessi e nuovi MondiE quando ancor per leggeDi rio destin andare dovesse AugustoInfelice, ramingo e fuggitivo,Non cangerai desio, né cor, né fede;E mi saria più dolceCon lui misera errar, con lui meschina,Ch’esser lieta con te, con te Regina.

190

VaraneE ben facciasi. All’aspra,Dura sentenza il mio sangue soscriva.Vanne al talamo augustoSul cadavere mio.

AtenaideTanto non chieggio,Prence, da te. Soffri il tuo fato. ViviA più degna beltà, vivi a Pulcheria.Questo al tuo amor, sol questoFavor dimando: ama Pulcheria e vivi.Probo, tu quella gemmaRendi…

VaraneFerma Atenaide.Su gli occhi miei feliceNon sia il rival. Lascia ch’io volga altroveE le lagrime e l’ire.Trema per lui. MorirePosso ben disperatoMa non solo, non vil, né invendicato.

Il mio amoreDiventa furore,Rabbia spiro e vendetta dal sen.Non trabocchiPiù pianto dagli occhi,Ma sia spruzzo di fiamma nel coreE su’l labbro si cangi in velen.

SCENA XIIIAtenaide e Probo

ProboTemo e compiango il suo dolor.

AtenaideMi fannoSenso le sue querele,Ma così oprar degg’io.Ei così dee soffrir. Probo, tu intantoReca con quella gemmaAl mio Signore e tuo la certa provaDi quella fe’ con cui l’amo e l’adoro.

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ProboEseguirò. (Nel coreSento d’amico Prence il fier martoro.)

Vado a recar contentiA chi sospira e penaPer tua gentil beltà.In mezzo a suoi tormentiEi darà fede appenaA quel piacer che in pettoAmor gli sveglierà.

SCENA XIVAtenaide, poi Leontino

AtenaideVinta è già la procella. Eccomi in porto.Né del primo terror mi resta in senoIl minor turbamento.Il mio franco riposoVien da virtù…

LeontinoMa la virtude, o figlia,Nuova fuga c’impone.

AtenaideFuggir? Perché?

LeontinoLa fiammaDa gli occhi tuoi ne’ due monarchi accesaA scoppiare è vicina in guerra atroce.

AtenaideCesare io scelsi e al suo giudicio deveAcchetarsi Varane.

LeontinoNon lo sperar. Fede che torni in dannoNon serbano i potenti e men gli amanti;Se resti, avrai di che lagnarti. Andiamo.

AtenaidePerdonami Signor. Sposa d’AugustoSarò fra poco. Egli m’adora…

192

LeontinoEh figlia,Sono gli amori in corteDi debol tempra.Ove le torni in gradoPolitica gli scioglie.Più giova al greco Impero il perso amicoCh’Eudossa Imperatrice.

AtenaideMi fe’ troppo infeliceLa prima fuga e pur l’impose onore.Or l’impone il timor, né mancar possoAlla fe’ che giurai.

Eccelso trono, fedel consorte,Sono un dono che la sorteCosì facile non dà.Se lo perdo è una sciagura,Ma se’l lascio è mia viltà.

ATTO III

SCENA ICortile corrispondente al giardinoProbo

ProboChe mi dite, o pensieri?Tradire il mio Signor? Con quale speme?Per qual mercé? V’intendo:S’Eudossa è di Teodosio,Pulcheria (oh Dio!) sia di Varane (Oh cieli!)Con qual furor mi si risveglia in senoLa gelosa mia tema?Salvasi a me la bella.Lungi è il rival. Con un inganno istessoServo a me, servo a lei, servo all’amico.Ma Teodosio è ’l mio Re…Che fo?...

Alme perfide insegnatemiA peccar con più riposo.Avvelena ogni piacereUn rimorso tormentoso.

193

SCENA IIVarane con Guardie

VaraneOve mi tragga il passo, ove il pensiero,Non so, non veggio. Ah Probo,Crudele amico, anco il tuo aspetto accresceLe pene mie. Sì più l’irrita. EsponiCon qual cor, con qual fronte il mio rivaleRicevé il lieto avviso e il fatal dono.Di’: su le mie sciagureQuale insulto? Nulla tacer. Non cercoChe oggetti d’ira, di dolor, di morte.

Probo(Ecco il tempo) Signore,Meno misero sei di quel che pensi.

VaraneÈ ver. Sì grandi sonoI mali miei, che appienoNé concepirli, né sentirli io posso.

ProboRavvisa in quella gemma…

VaraneEh! Toglimi dagli occhiL’infausta pietra, onde segnar le stelleL’ultimo de’ miei giorni.

ProboAnzi il più lieto.

VaraneHo perduta Atenaide.

ProboElla è tua sposa.Eccone il testimon, Probo te ’l reca.

VaraneCome? Atenaide? E sarà vero?

194

ProboAppenaDa lei movesti il piede,Che vinta da pietà, spinta da amore,Vanne, Probo, mi disse,Vanne sull’orme sue; digli che pagaSon del suo pentimento.Va’, reca a lui…

VaraneProbo, non più; l’estremoPiacer mi opprime e in rendermi la vitaQuasi quasi m’uccide.

Io t’abbraccio, o dolce amico,Io ti bacio, o caro dono.

ProboViene Augusto. (Ahi! Che feci?)

SCENA IIITeodosio con seguito, Pulcheria e detti

TeodosioNo, Pulcheria. Ecco Probo, ecco Varane,Non m’ingannai.

PulcheriaDel tortoMeglio ti rassicura.

TeodosioMe ’l disse il cor. Certa è la mia sventura.

VaraneSignor, quanto più lieto a te verreiSe il mio piacer costartiNon dovesse sospiri.Ma tolga il ciel ch’io di mia sorte abusiE mi ti mostri ingrato.Se non era il tuo cor sì generoso,Or il mio non saria sì fortunato.

TeodosioPrence, qualunque siaLa tua sorte e la mia, da me prescritte

195

Ne fur le leggi e a quelleIstesse leggi io servirò d’esempio.

Pulcheria(Egli è tradito. O perfida Atenaide!)

TeodosioProbo, adunque egli è ver? Mi rende EudossaQuesta mercé, paga così l’ingrataLe mie beneficenze e la mia fede?Nel tuo dolor ben veggioLa pietà ch’hai di me; veggio il tuo zelo.Ma te ne assolvo, parla;Udir voglio da te, da te che fostiTestimon di quell’anima spergiura,Tutto il suo error, tutta la mia sciagura.

ProboSignor, che dir poss’io? Quell’aurea gemmaSfavilla in mano al Principe de’ PersiDi troppa luce; ed ellaPiù di quel che potrei parla al tuo core.

TeodosioO gemma! O vita! O infedeltà! O dolore!

PulcheriaSugli occhi del rival frena il tuo pianto.

VaraneOra è tempo in cui diaLa tua virtù l’ultime prove.

TeodosioPrence,Ti basti esser felice; a te non chieggioNé pietà, né conforto.Del mio fato crudel l’ultimo vantoQuesto saria l’esser da te compianto.

VaraneParto ché so qual siaPena spietata e riaLa vista d’un rival lieto e contento.Ed io crudel sareiSe oggetto di dilettoFacessi agli occhi miei del tuo tormento.

196

SCENA IVTeodosio, Pulcheria e Probo

TeodosioQual discolpa, o germana,Rechi per l’infedel? Che puoi tu dirmi?

PulcheriaCh’ella indegna è di te, ch’io son delusa,Che tu tradito sei.

TeodosioE ’l più misero aggiungi, e ’l più dolente.Ma Teodosio non son, non sono AugustoSe pentir non ti fo di tua incostanza,Iniquissima Donna.

ProboIn Bisanzio non deviPiù tollerarla; ella ne parta e tosto,Parta col suo Varane.

TeodosioSì, parta l’empia.

PulcheriaElla a noi volge il passo.

TeodosioMa prima l’ira miaLe rinfacci le colpe.

ProboAh no! VederlaDopo sì grand’eccessoÈ un tormentar, è un avvilir se stesso.

TeodosioInvan qui voglio…

PulcheriaParti; a me la curaLascia di tua vendetta.

197

TeodosioAnch’io saprò…

ProboSe resti,Il tuo grado n’è offeso.

PulcheriaE la costanza tua n’è più commossa.

Teodosio(Quanto mi costa il non veder più Eudossa.)

SCENA VPulcheria, poi Atenaide

PulcheriaMira come sicura,Come lieta sen viene.Chi non diria ch’ella è innocente?

AtenaideAugusta,Vero amor, pura fedeAd ogni altro consiglioIn quest’alma prevalse.

Pulcheria(Ancor sen vanta?)

AtenaideFra Teodosio e VaraneScelsi qual più dovea. Mai sì tranquillaNon mi sentii: tutti del primo affettoSono spenti i rimorsiE del mio ben contenta e del mio FatoAppena mi sovvien d’aver già amato.

Pulcheria(Odi l’alma proterva, odi qual parla?)

AtenaideQual silenzio? Qual torbido? Eh più lietaApplaudi alla mia scelta;

198

A quella onde tu stessaSei ultima parte.

Pulcheria(Più non resisto!) Io che v’applauda? IoAvrò nella tua colpa? Ed osi ancoraPresentarla al mio sguardo?Farne pompa al mio sdegno?

AtenaideIn che son rea?

PulcheriaLieve eccesso all’ingratoSembra l’ingratitudine, all’infidoLa poca fe’; ma iniquaNe ha più senso PulcheriaDi quel che pensi. Da quest’ora indegnaDel mio amor ti dichiaro,Del mio favor, della memoria mia.Ne arrossisco di quantoE per te feci e per te far dovea.

AtenaideAlmen…

PulcheriaTaci, non deggioNé rimirarti più, né più ascoltarti.

AtenaideSe errai…

PulcheriaSe errasti? MecoT’infingi ancor? Perfida, taci e parti.

Più non vuo’ mirar quel volto,Più ascoltar non vuo’ quel labbro,Lusinghiero e traditor.Labbro e voltoIn cui sta accolto,Il più iniquo e scellerato,Il più ingrato ed empio cor.

199

SCENA VIAtenaide, poi Teodosio con seguito

AtenaideMeco Augusta così? Così Pulcheria?Quella che già m’amò sposa a Teodosio,Or ne ha dispetto ed ira?Intendo. Or che Varane è un mio rifiuto,Ella ne teme il nodo e al suo piacereSagrificar vorrebbeE l’amore di Teodosio e ’l mio dovere.

TeodosioTorno anche a tempo.

AtenaideAugustoNel tuo volto a cercar venia l’interoMio riposo e ’l mio bene.Vedrò negli occhi tuoi…

TeodosioMiragli Eudossa,Fissavi il lieto sguardo;Ché se lo sdegno mio, se la mia penaPuò farti e più tranquilla e più felice,Hai ragion di mirargli e di goderne.

AtenaideQual favellar!

TeodosioMiragli, sì, ma poiChe ne avrai fatto speglio,Che ne avrai fatto pompa agli occhi tuoi,Tremane ingrata e vile.Miravi un cor poc’anziTutto beneficenza e ne arrossisci,Poc’anzi tutto amore e ne paventa.

Atenaide(Innocente Atenaide, in che peccasti?)

TeodosioMa non pensar che sul mio cor ti restiAltra ragion che d’odio e di vendetta.

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Già ti esilio da luiE qual da lui, da questaReggia, da questo Impero io ti do bando,E ti do bando eterno.

AtenaideIo non più tua?

TeodosioQuella pace a te restiChe tu mi lasci. Ove trovar tu speriE grandezze e diletti, amori e fastiTi seguano sventure, affanni e pianti:Né a te sovvenga mai che per rimorsoIl nome di Teodosio,Né a me sovvenga mai quello di EudossaChe per sentirne orrore.

AtenaideMa Signor…

TeodosioVanne tostoAd infettar co’ tuoi sospiri altr’aure,Femmina menzognera, ingannatrice.Vattene e, qual mi fai, vivi infelice.

SCENA VIIAtenaide

AtenaideFerma, Teodosio, ascolta!L’innocenza a te parlaPer bocca mia, tu sei tradito; ascolta!Tu partisti e spargo a’ ventiPrieghi, lagrime e lamenti.Qual demone, qual furia oggi a’ miei danniSi è scatenata? AugustaM’abborrisce e mi sfugge;Mi persegue Varane;Mi discaccia Teodosio.Io ti do bando? E ti do bando eterno?Sì, sì, vuol la mia morte e Cielo e Inferno.

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Vanne tosto, fuggi, volaDisleal lungi da me?Fuggirò,Volerò,Disprezzata,Disperata.Innocente amor mio, povera fe’.

Quant’era meglio, o Padre,Che più avessi creduto al tuo consiglio,Che men creduto avessi alla mia speme.Eccomi, andiam, fuggiamoQuest’empio ciel, queste fatali arene.

In bosco romito,In povero lito,Qual vil pastorellaI giorni trarrò.E in semplice statoAl crudo mio fato,All’empia mia stellaMen d’ira farò.

SCENA VIIIGalleriaNotte

Marziano, poi Pulcheria con seguito

MarzianoCor mio che prigion seiIn sen della beltà,Pria di partir vorreiSaper s’ella ti miriCon occhio di pietà.So ben che lieto staiNé curi libertà,Ma dimmi almen semmaiGradisce i tuoi sospiriChi sospirar ti fa,Chi sospirar mi fa.

PulcheriaPartite. Alle mie stanzeGià s’apre l’uscio.E qual riposo io spero?Cesare sì tradito;

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Eudossa sì infedele;Marzian sì lontano.

MarzianoEccolo a’ piedi tuoi, s’egli è tua pena.

PulcheriaChe miro? Ah! Che vicino or sei mia colpa.Che fai? Che cerchi? È questoIl guerriero tuo campo?Qui raccogli i trionfi?Qui Teodosio t’invia?

MarzianoSenza darti un addio, senza ottenerlo,Potea da te partir?

PulcheriaT’accieca un troppo,Sì, conviene ch’io ’l dica, un troppo amore.Se qui alcun ci sorprende,Se in questo punto? O cieli!Di te che sarà mai?Che mai di me? Qual’iraNe avrà Teodosio? Io qual vergogna ed onta?Deh! Parti e la tua vitaRisparmia e l’onor mio.

MarzianoParto, o mia Augusta; almeno dimmi addio.

PulcheriaAddio. Parti. Ah! Non possoDirlo e non sospirar. Crudel sospiro,Più di quel ch’io volea fors’ei ti disse.

MarzianoE che disse al mio cor?

PulcheriaVa’. Ti concedoDirlo, qual brami.

MarzianoAnche sospir d’amore?

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PulcheriaParti. Già sai perché sospiri un core.

SCENA IXMarziano, poi Varane e Probo

Marziano(Vien gente. Io qui m’ascondo.)

ProboL’ora è opportuna.

VaraneProbo,Esser io deggio un rapitor indegno?

ProboChi si ritoglie il suo nulla rapisce.

VaraneViolerò le sacreLeggi ospitali?

ProboIl primoA violarle egli è Teodosio. In ontaDe’ patti e giuramenti ei tenea a forzaColà chiusa Atenaide, ora tua sposa.

VaraneRitenermi Atenaide?E ritenerla a forza?O Cesare spergiuro!Son vinti i miei rimorsi.Vanne. Affretta i momenti;Prenditi i miei: sono anch’io teco.

ProboTutteLe occulte vie, d’onde entrar possi in quelleChiuse stanze ho palesi.A me de’ miei custodiBastano l’armi.IntantoTu qui rimanti e questoVarco ben custodisci e qui m’attendi.

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VaraneIl riposo e la vitaDovrò, amico, al tuo braccio, al tuo consiglio.

Probo(Una colpa imperfetta è ’l mio periglio.)

SCENA XVarane e Marziano in disparte

VaraneFausto abbia il fin la ben ardita impresa.

Marziano(Udii. Solo non posso scioglier le trame.)

VaraneIn breveSarò tuo, sarai mia, cara Atenaide.

Marziano(Non vo’ che alcun qui mi sorprenda.)

VaraneAl senoParmi sposo abbracciarti.Festeggiatemi intorno, o lieti amori.

Marziano(Ma schernir saprò altrove i traditori.)

VaraneLieto va l’agricoltoreGià vicino al dolce fruttoPer cui tanto sospirò.Così il premio al mio doloreFortunato anch’io godrò.

SCENA XILeontino, Atenaide e Varane in disparte

VaraneS’apre l’uscio. In disparteTrarsi convien. State voi pronti al cenno.

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Leontino(ad Atenaide)La sciagura previdiE, se al consiglio mio davi più fede,Non saresti in tal pena.

Varane(Questi è Leontino.)

AtenaidePadre,Chi temuta in TeodosioAvria tanta ingiustizia?

Varane(La mia Atenaide è questa,E del rival si lagna e ’l chiama ingiusto.)

LeontinoTutto è in silenzio. Al maleIl rimedio anche tardo è pur rimedio.Alla fuga, alla fuga.

AtenaideInfauste mura,Nel crudo affanno mioSenza un sospir dirvi non posso addio.

Infausta reggia addio:Ti lascio la mia paceE vado a sospirar.Possa goder beato,Benché spietato e rio,Il tuo Signor cui piaceFarmi così penar.

VaraneQui sorprenderla è rischio.Taciti andiam sull’orme sue; mia cara,Per esser mia dall’ireDi Teodosio t’involi,Ma ti siegua il tuo sposo e ti consoli.(parte)

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SCENA XIIProbo con guardie, poi Teodosio con Pulcheria

ProboQual disastro? Di EudossaTutte invano le stanzeCorsi e cercai. Qui neppur trovo il Prence.Che mai sarà? Così dell’opra il fruttoNel più bel fior si perde?Ahimè! Vien con PulcheriaIl mio Signor tradito. O tema! O speme!

TeodosioE sarà ver? L’infidaPoté fuggir?

PulcheriaFuggì col Padre. Or oraDa una sua schiava a me fedel l’intesi.

Probo(Che ascolto mai?)

TeodosioCotantoArdì nella mia reggia?Sulle mie luci? Olà, custodi, Probo,Che si chiuda ogni varco;Che si cerchi Leontino;Che mi si torni Eudossa.Dov’è Varane? O Dio! Pulcheria? Io moro.

ProboPer l’infedel ti affliggi?

TeodosioAh! Ch’io l’adoro.

ProboCesare…

TeodosioImmantinenteAlla fuga d’Eudossa e di LeontinoArgine si frapponga.

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SCENA XIIILeontino e detti

LeontinoAh! Teodosio, ah! Signor…

TeodosioPerfido: audace?

LeontinoQua! Tuo son’io; ma l’innocente figliaA te si salvi, a me si salvi. ArmatoMe l’ha tolta Varane.

Teodosio, Pulcheria, ProboVarane?

LeontinoEd a gran passiLa trae fuor di Bisanzio…

TeodosioAnima vil, tutto è tua trama. In manoTu la desti a Varane;Ma non pensar che invendicata siaLa sua fuga, il tuo error, l’offesa mia.

LeontinoDeh! Non s’indugi. EudossaSalvisi tosto e poiTutta in me cada a tuo piacer la pena.

PulcheriaVada ella pur…

TeodosioNo, no, Pulcheria. Io stessoSull’orme sue m’accingo.Seguitemi o miei fidi. Andiamo.

ProboEh Sire,Il tuo grado no ’l chiede, il tuo decoro.Resta. Io vi andrò. Qui rivedrai fra pocoLibera Eudossa e prigionier Varane.

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TeodosioSì caro, sì fedel, vattene e rendiA Cesare il riposo.

ProboVado. Non hai di che temer tu possa.(Bell’inganno che salvaA me la vita ed a Varane Eudossa.) (parte)

SCENA XIVTeodosio, Pulcheria e Leontino

PulcheriaSi confonde il pensier. Sposo ad EudossaEsser dovea Varane. (a Teodosio)Egli ne avea l’amor, ne avea la fede.A che rapirla? A che fuggirne occulto?

TeodosioTemea forse in TeodosioLo spergiuro la forza? Ah! Ch’io poteaPerder Eudossa e l’alma,Ma non tradir la fede e non l’onoreE serbava ragion del mio dolore.

LeontinoUn solo inganno, un soloTutti ci fece miseri.

PulcheriaUn ingannoD’Eudossa, è vero.

TeodosioE tu ne fosti a parte.

LeontinoIl vostro cor si disinganni e in leiL’innocenza si assolva.Sì: mia figlia è innocente.

PulcheriaElla, che in senoChiudea non casta fiamma? E che ripiena

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Dell’amor di VaranePassava al letto augusto? Ella innocente?

LeontinoSe mai…

TeodosioDa me sì amata,Così beneficiataTradirmi? Abbandonarmi? A chi poc’anziAmò il suo disonor, l’infamia sua,Pospormi sì vilmente?E nel giorno pospormiCh’esser dovea mia sposaE regnar sul mio trono? Ella innocente?

LeontinoTregua, Signor; tregua Pulcheria all’ire.La sua innocenza udite.Posto quel core in libertà di sceltaPer te, per te decise. Ella non videNell’amor di VaraneChe un oggetto d’orror. Per qual destinoNon so, fosti ingannato.Bando le desti. Ella conobbe il torto.Se ne dolse: ubbidì: la notte attese;Meco fuggì! Non lungeRapilla il Prence. Ad implorarne aitaFrettoloso qui accorsi.Eccovi il ver. S’io mento,Piombi su la mia testaLa pena più terribile e funesta.

PulcheriaMa l’aurea gemma è di Varane. A luiProbo la diede pur?

LeontinoProbo la diede?Ah! Per qual nuovo ingannoSiam più infelici. Probo è traditoreA Pulcheria, ad Eudossa e al suo Signore.

TeodosioTraditor Probo? Ed io poc’anzi a luiFidai me stesso?

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LeontinoEi passaCon Varane secrete intelligenze,Né peraltro il seguì che per tradirti.

TeodosioSia traditore, o no, convien seguirlo.Chi ha cor fedel in senoPrenda l’armi e sia meco.Dien le trombe guerriereFuga al riposo. E popoli e soldatiNell’ippodromo armatiSi raccolgano tosto.Seguami ancor Leontino. Oggi convieneMorir da forti o racquistar EudossaEd in sì ingiusta impresaPerder la vita o vendicar l’offesa.

M’accende amor l’ire guerriere in petto,E per beltà fedel vado a pugnar.Ma, se il rival non giungo, ahi, che dispetto!O, se infedel lei trovo, ahi, che penar!

SCENA XVPulcheria sola

PulcheriaOh Marzian qui fosse. Oh! Del tuo zeloOpra fosse e trionfoIl racquisto di Eudossa.Quanto Augusto per te, quanto PulcheriaPer te saria contenta; e la tua fedeQual merto ne otterrebbe e qual mercede.

Solo penso ed amo te,Sol sospiro e bramo te;Sospirando e amando maCara ho la gloria tua quanto il tuo amore.Te solo penso ed amo,Te sol sospiro e bramo;Ma sospirando e amandoOggetto del mio affettoAltro piacer non è cheLa virtude, la fe’ del tuo gran core.

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SCENA XVIIppodromoTeodosio con seguito e poi Leontino

TeodosioDuci, soldati, popoli, traditoSon da un Principe amico,Da un indegno Vassallo:Da Varane e da Probo. Al vostro braccioChiedo le usate prove;Chiedo la loro pena al vostro zelo.Andiamo amici, avrem propizio il cielo.

SCENA XVIIMarziano, Probo e detti

MarzianoSignor, l’invitto brandoSerba a maggiori e più lodate imprese.

TeodosioMarziano?

MarzianoA’ tuoi lumiNon reo, quantunque in ontaAl sovrano divieto, io mi presento.A quest’ora già i passiContro il Bulgaro iniquo avrei rivolto,Ma gli arrestò di questo (accennando Probo)Perfido cor la fellonia malvagia.

LeontinoSì, Probo è il traditor.

TeodosioSuddito iniquo,Esempio di perfidia, anima infame,Perché tradirmi? Di’.Perché? Perché così nella più caraParte di me tradirmi?Perché d’ogni viventeIl più misero farmi, il più dolente?

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ProboSon reo, son empio, traditor, iniquo,Degno di mille pene,Di mille morti. EudossaÈ fedele, è innocente.Ingannato è Varane e tratto ad arteNella perfidia mia. Più dir non possoSe non chieder la morte.

TeodosioE morte avrai.(Parte Probo accompagnato da’ Littori)

SCENA XVIIITeodosio, Marziano e Leontino

TeodosioMarzian, Leontino, amico, Padre,Che mi giova innocenteLa mia Eudossa trovar quando perduta,E perdutala forse, oh Dio! Per sempre?Vittima di Varane, ogni momentoPiù da me l’allontana. E che s’indugia?Colà si corra. Andiamo amici, andiamo.O la mia Eudossa, o la mia morte io bramo.

LeontinoIl mio dolor nel suo dolor si perde.

MarzianoEh fermati: ogni traccia è tarda o vana.

TeodosioOh Dio! Dunque a morir.

SCENA XIXAtenaide e suddetti

AtenaidePerché morir, cor mio?

Teodosio e LeontinoEudossa?

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TeodosioSposa…

LeontinoFiglia…

AtenaideSì, son tua Padre amoroso,Sì son tua mio dolce sposo.Sì, ti stringo,Sì, ti abbraccio.

TeodosioSento che per l’affettoQuest’alma nel mio pettoNon sa’ più che bramar.

AtenaideDal grand’affanno, o Dio,Oh sposo, oh Padre mio,mi trovo a respirar.

LeontinoSento che per l’affettoUn dì sì fortunatoNon fu, né mai sarà.

TeodosioO mia speranza bella.

LeontinoO mio conforto e calma.

AtenaideNel sen contenta ho l’almaPiù tema il cor non ha.

TeodosioMa chi del fier VaraneTi liberò del violento amore?

AtenaideIl tuo Duce fedel.

TeodosioChe? MarzianoDe’ benefici suoi tacque il più grande?

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MarzianoOprai ciò ch’io dovea. Fuor di BisanzioIn Varane m’incontro; odo le stridaDella rapita Eudossa.Col fior de’ miei l’assalgoCinto da’ suoi seguaci. Ardito e forteSostien la pugna. ArrivaNel più fier della mischiaProbo e fellone a lui soccorre. In questaVinto alfin, ne’ miei ceppiProbo riman. Racquisto Eudossa. Al PrenceSi permette la fugaPerché in lui si rispetta il regal Padre.Torno a te vincitor: ti rendo Eudossa.

TeodosioE con Eudossa a me rendesti il core.O cara!

LeontinoO figlia!

AtenaideO sposo, o genitore!

SCENA XXPulcheria e detti

PulcheriaDi tante gioie a parteEsser potrà Pulcheria?E da te generosaIl perdono otterrà d’un’ira ingiusta?

AtenaideSovrana mia, benefattrice Augusta.

TeodosioA Marzian, per cui cotanto beneOggi si è dato in sorte,Nulla dirai Germana?

PulcheriaL’alma grande si appagaDel bene oprar, né chiedeContenta di se stessa altra mercede.

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TeodosioParla così l’eroe, ma non l’amante.Egli degno è di te.

PulcheriaNé tal lo niego.Or li basti così. Verrà anche un giornoCh’egli vedrà più certaLa mia riconoscenza.

MarzianoBasta alla mia costanzaAnche la sola gloriaDi poterti adorar senza speranza.

TeodosioAl tempio, Eudossa, al tempio;Né più si differisca il nostro bene.

SCENA ULTIMAVarane e detti

VaraneVarane anche le vostrePubbliche gioie a coronar sen viene.

TeodosioQual vista?

VaraneNon ti turbiCesare il mio ritorno.Per l’acquisto d’Eudossa,Quel forte amor che mi consuma et ardeTutto tentar potea fuor che rapirla;E rapirla già tua. M’ingannò Probo,E col darmi la gemmaE col dirmi che, a forza e contro i patti,La ritenevi in tuo poter. La sorteA te rese giustizia,Ma, se mi toglie Eudossa,Non mi tolga il tuo cor la tua amistade.Vagliami questa a risarcire in parteLa gran perdita mia.

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TeodosioTutto s’oblii. Vuoi l’amistà d’Augusto?Al figlio d’Isdegarde ella si dia.

CoroBel goder quando si godeCon la pace e con l’amor.L’odio ingiusto e l’empia frodeSon trofeo dell’innocenza,Son trionfo del valor.

FINE

Resti delle mura di Bisanzio.

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ANDREA MARCON

Considerato come uno dei principali specialisti ed interpreti della musicaantica italiana, Andrea Marcon è nato a Treviso nel 1963. Dopo il diplomain Organo e Clavicembalo proseguiva gli studi a Basilea dove otteneva ildiploma in Musica Antica (con Hauptfach organo e cembalo con JeanClaude Zehnder). Alla sua crescita musicale contribuivano inoltre LuigiFerdinando Tagliavini, Hans van Nieuwkoop, Ton Koopman, Jesper Chri-stensen e Harald Vogel.Andrea Marcon nel 1985 si laureava al Concorso Internazionale di Bruges,nel 1986 vinceva il primo premio al Concorso Organistico “Paul Hofhai-mer” di Innsbruck e nel 1991 il primo premio al Concorso Clavicembalisti-co di Bologna.Svolge un’intensa attività concertistica nei più prestigiosi festival e centrimusicali europei in veste di organista, clavicembalista e direttore. Ha regi-strato inoltre per diverse reti televisive, radiofoniche e case discograficheottenendo importati riconoscimenti quali il “Premio Internazionale delDisco - Vivaldi per la Musica Antica Italiana” della Fondazione Cini diVenezia, il “Diapason d’Or” francese e per quattro volte il “Preis der Deut-schen Schallplatten Kritik”.Nel 1997 ha fondato l’Orchestra Barocca di Venezia con cui ha iniziatoun’intensa attività concertistica nelle più prestigiose sale in Europa, StatiUniti e Giappone (Royal Albert Hall Londra, Konzerthaus Berlino, Con-certgebouw Amsterdam, Théâtre du Chatelet Parigi, Konzerthaus Vienna,Tonhalle Zurigo, Kyoi Hall Tokyo, Alice Tully Hall-Lincoln Center NewYork) dirigendo fra l’altro importanti opere barocche quali L’Orione diCavalli, Siroe di Händel, L’Olimpiade di Cimarosa, Il trionfo della Poesiae della Musica e La morte di Adone di B. Marcello, Il vespro di Natale diMonteverdi, Andromeda liberata di Vivaldi. Ha inoltre diretto l’orchestrada camera di Ginevra, la W.D.R. di Colonia, l’orchestra sinfonica di Gra-nada e l’orchestra del Teatro dell’Opera di Francoforte (con la produzionedell’Ariodante di Händel nel 2004 e 2005).Nel 1999 ha firmato con l’Orchestra Barocca di Venezia, in collaborazionecon il violinista Giuliano Carmignola, un contratto in esclusiva con la casadiscografica Sony Classical. I sei CD prodotti, dedicati ad opere sconosciu-te di Vivaldi, Locatelli, alle Sonate per violino e cembalo obbligato di J.S.Bach, hanno riscosso uno straordinario successo internazionale. Dal 2004registra in esclusiva per Deutsche Grammophon Gesellschaft.Dedicando parte della sua attività all’insegnamento, Andrea Marcon hainoltre tenuto seminari e corsi di perfezionamento in tutta Europa e per leAccademie Superiori di Musica di Tolosa, Helsinki, Amburgo, Lubecca,Amsterdam, Malmoe, Karlsruhe, Copenhagen, per il Royal College ofOrganists di Londra e per le Università di Goteborg e Birmingham. È statoinoltre invitato a far parte della giuria dei concorsi internazionali di Norim-berga, Tolosa, Amsterdam/Alkmaar, Bruges, Tokyo, Amburgo (NDR).Dal 1997 è titolare di una cattedra di clavicembalo e organo storico pressol’Accademia di Musica di Basilea (Schola Cantorum Basiliensis) cherichiama studenti da tutto il mondo.

ORCHESTRA BAROCCA DI VENEZIA

Dall’incontro tra Andrea Marcon e l’Accademia di San Rocco è sorto nel1997 il progetto Orchestra Barocca di Venezia. L’orchestra dispone di musicisti attivi ormai da anni nel campo della musi-ca antica ed è specializzata nell’esecuzione su strumenti originali. Il suo

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Andrea Marcon.

Orchestra Barocca di Venezia.

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organico può variare, a seconda del repertorio, dalle parti reali fino a rag-giungere le dimensioni dell’orchestra classica. Nell’attività dell’orchestraviene dato ampio spazio al repertorio italiano del ’700, in particolare allascuola veneta, e alla riscoperta del patrimonio operistico barocco.Significative le produzioni di opere inedite quali Orione di Cavalli e Olim-piade di Cimarosa, di un CD dedicato ad A. Marcello, la ricostruzione delVespro di Natale e del Vespro di Pentecoste di Claudio Monteverdi, l’ese-cuzione della serenata La morte di Adone e dell’oratorio Il trionfo dellaPoesia e della Musica di B. Marcello e la prima rappresentazione italianadel Siroe di Händel.Sempre diretta da Andrea Marcon l’Orchestra ha tenuto concerti in tuttaEuropa, negli Stati Uniti e in Giappone in alcune tra le più prestigiose sediconcertistiche quali la Royal Albert Hall di Londra (Proms), Théâtre duChatelet di Parigi, Konzerthaus di Berlino, Concertgebouw di Amsterdam,Carnegie Hall di New York, Musikverein di Vienna, Lincoln Center diNew York, Kioy Hall di Tokyo, Filarmonica di Varsavia, Opera di Lione,Konzerthaus di Vienna, International Music Festival di Istanbul, HerculesSaal di Monaco di Baviera, Alte Oper di Francoforte, Philharmonie diColonia, spesso registrati dalle più importanti reti televisive e radiofonicheeuropee, statunitensi e nipponiche (BBC1-TV, NHK-TV, Raidue, BBC3,ORF, Radio France, RadioTre).Nel 1999 l’Orchestra ha firmato un contratto discografico in esclusiva perl’etichetta Sony Classical: con il violinista Giuliano Carmignola sono statiregistrati concerti dall’op. III di Locatelli e tre CD che contengono, oltrealle Quattro Stagioni di Vivaldi, l’incisione in prima mondiale di quindiciConcerti per violino dell’autore veneziano. Queste produzioni hanno ottenu-to i riconoscimenti più prestigiosi della stampa specializzata (tre Diapasond’Or, Gramophone, Choc de l’Année de le Monde de la Musique 2001,Echo Preis 2002, Diapason d’Or 2003). Con il mezzosoprano austriacoAngelika Kirchschlager è stato inoltre prodotto un CD dedicato a J.S.Bach.Dal 2004 l’Orchestra incide per Deutsche Grammophon e sono già statipubblicati alcuni CD: Concerti per violino di Vivaldi e Locatelli con il vio-linista Giuliano Carmignola, 4 Mottetti di Vivaldi con il soprano SimoneKermes, un CD interamente dedicato alle Sinfonie per archi di Vivaldi, el’incisione in prima mondiale della serenata Andromeda liberata di Vivaldi.Nel 2004 l’Orchestra è stata impegnata nella ripresa del Siroe di Händel informa di concerto a Parigi, Metz e Amburgo e, in forma scenica e con laregia di Jorge Lavelli, a New York (Brooklyn Academy of Arts). Nel feb-braio del 2005 ha effettuato una tournée in Canada e negli Stati Unitiassieme al duo pianistico Katia e Marielle Labèque e ha suonato in Fran-cia, Austria, Germania, Spagna, Stati Uniti e Giappone.L’Orchestra Barocca di Venezia si avvale della collaborazione della Fonda-zione Cassamarca – Treviso.

RUTH ROSIQUE LOPEZ

Nata a Barcellona, studia canto al Real Conservatorio Joaquin Rodrigo diCadice con Pilar Saez. Si perfeziona al Conservatorio di Guadalajara (conAngeles Chamorro e Manuel Burgueras) ed al Conservatorio Superiore diMusica di Valencia con Ana Luisa Chova. Ha iniziato la sua attività parte-cipando a diversi festival: Arte Sacra di Madrid, il Mozart Festival di LaCoruña, La Caixa di Barcelona, San Sebastian e la Escuela Superior diMadrid ed il Festival di Musica Contemporanea di Valencia. Nel 2004

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Ruth Rosique Lopez.

Romina Basso.

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appare nell’Andromeda liberata di Vivaldi insieme alla Venice BaroqueOrchestra sotto la direzione di Andrea Marcon a Boston e New York. Hainterpretato Die Zauberlflöte di Mozart, Moses und Aaron e Pierrot Lunai-re di Schönberg, Il combattimento di Tancredi e Clorinda di Monteverdi,The Rape of Lucretia di Britten, Il turco in Italia di Rossini e i Requiemdi Mozart e di Fauré.

ROMINA BASSO

Nata a Gorizia, si è diplomata in Canto col massimo dei voti presso ilConservatorio “B. Marcello” di Venezia e laureata con lode in LettereModerne - Discipline dello Spettacolo all’Università di Trieste.Perfezionatasi con docenti quali Claudio Strudthoff, Rockwell Blake, Regi-na Resnick, Biancamaria Casoni, Elio Battaglia, Claudio Desideri, si è spe-cializzata nel repertorio operistico barocco e rossiniano svolgendo altresìun’intensa attività concertistica in duo col pianoforte e quale interprete delrepertorio oratoriale.Coltiva l’arte del Lied romantico e della musica vocale da camera; si dedi-ca allo studio del repertorio della propria regione operando a livello musi-cologico per la salvaguardia e rivalutazione di importanti fondi musicali delNovecento; ha pubblicato il volume Augusto Cesare Seghizzi. Il catalogodelle opere (Gorizia, 2001); è in fase di pubblicazione il catalogo delFondo Domini-Bauzon (Biblioteca Statale Isontina, Gorizia); ha collaboratoall’incisione dei CD Cecilia Seghizzi Campolieti, Musica da Camera; Frie-drich Nietzsche, Lieder per la rivista filosofica Civiltà Musicale; Musica inFriuli per l’etichetta Bongiovanni e Sacre meditazioni; ha realizzato ilDVD dell’opera Zanetto prodotto da Kikko Classic; è stata registrata dallaRAI, dalla BBC 3, dalla ABC Classic australiana, dalla ORF 1 austriaca.Vincitrice di vari concorsi (Rogger, Toti dal Monte, Placido Domingo’sOperalia e As.Li.Co., Seghizzi, Palma d’Oro, Città di Conegliano e Mode-na Musica), collabora con prestigiosi ensemble strumentali (Il Quartettone,La Cappella Reyal de Catalunya e Le concert de Nations di Barcellona,Chorus Musicus di Colonia, Concerto Italiano, Cosarara, Ricercar Consortdi Bruxelles, The Age of Enlightment Orchestra di Londra, BayerischesRundfunk di Monaco) in tournées internazionali.Tra gli impegni più rilevanti: Missa Incoronationis, Vesperae solemnes deconfessore e Requiem di Mozart; Gloria, Beatus Vir e Stabat Mater diVivaldi; Te Deum e Messe de Minuit pour Noël di M.A. Charpentier; Can-tate di J.S. Bach; Orfeo e Madrigali guerrieri et amorosi di Monteverdi aTorino; Petite Messe solennelle di Rossini in Spagna diretta da ChristophSpering; Stabat Mater di Pergolesi a Trieste; La vergine dei dolori di A.Scarlatti a Vienna.Diretta, tra gli altri, dai Maestri Peter Maag, Jordi Savall, Rinaldo Alessan-drini, Marcello Viotti, Daniele Gatti, Tiziano Severini, Alain Guingal,Wolfgang Bozic, Philippe Pierlot e Vladimir Jurowski, ha cantato nei mag-giori teatri di tradizione italiani e in Australia (Melbourne InternationalArts Festival), Inghilterra (Glyndebourne Festival Opera), Germania (Filar-monie di Monaco), Belgio (La Monnaie) e Giappone (Otsu e Tokyo) ruolida protagonista in Orfeo, Il Ritorno di Ulisse in Patria, Tancredi, LeComte Ory, Cenerentola, Italiana in Algeri, Ginevra di Scozia, Die Fleder-maus, Die Zigeunerbaron, Barbablù, La Belle Hélène, Les Dialogues desCarmelites, Faust, Rigoletto, Madama Butterfly, Manon Lescaut e Die Zau-berflöte.

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LAURA RIZZETTO

Diplomata in pianoforte presso il Conservatorio G. Tartini di Trieste sottola guida di Maria Puxeddu, inizia lo studio del canto con la madre e inseguito con il soprano Rosetta Crosatti, docente di canto presso il Conser-vatorio G. Verdi di Milano, diplomandosi a pieni voti nel Luglio 2001.Dal 1999 al 2002 ha partecipato in qualità di giovane artista ai concerti delFestival Internazionale di Musica da Camera di Portogruaro eseguendo sva-riate partiture del repertorio cameristico e non sotto la direzione di A. Spec-chi, F. Mondelci, V. Mariozzi, C. Desderi, M. Trombetta e Leone Magiera.Determinante per la formazione artistica è la collaborazione assidua con laprima tromba dell’Opera di Roma Mauro Maur, con il quale partecipaperiodicamente ad importanti manifestazioni (nazionali ed internazionali)eseguendo brani tratti da repertori che spaziano dal barocco alle musicheda film di E. Morricone e N. Rota.Dal 2000 è ospite della rassegna “En attendent Rossini” del R.O.F. (Rossi-ni Opera Festival), in occasione della quale ha debuttato nei ruoli di Sestone La clemenza di Tito di W.A. Mozart (accompagnata dall’ensemble del-l’Arcimboldo – corni di bassetto e fortepiano) e di Rosina ne Il barbiere diSiviglia di Rossini. Recentemente ha debuttato i ruoli di Dorabella in Cosìfan tutte e Cherubino ne Le nozze di Figaro sotto la direzione di L.Magiera, riscuotendo ottimo consenso di pubblico e critica. Ha al suo attivo numerosi concerti (repertorio sacro) in Italia e all’estero(nella Cattedrale di S. Stefano a Vienna ha tenuto un recital dedicato aVivaldi, eseguendo lo Stabat Mater e brani tratti dalla JudithaTriumphans). Prossimamente debutterà nel ruolo di Nice nell’opera Eurillae Alcindo di A. Vivaldi. Dal 2002 studia con S. Lowe.

FRANZISKA GOTTWALD

Vincitrice del Concorso Internazionale Bach di Lipsia nel 2002, è nata aMarburg. Ha cominciato lo studio del canto a 16 anni con Eugen Rabineed ha proseguito nei Conservatori di Saarbrücken, Hannover e Weimar.Invitata a cantare ad Hannover e Weimar, dal 1998 al 2002 è diventataparte della compagnia stabile, cantando i ruoli di Hänsel, Cherubino e FrauReich. È stata ospite dei Teatri di Braunschweig e Bielefeld e ha cantatonel Don Chisciotte della Mancia di Hans Zender alla Komische Oper diBerlino.Dal 2001 Franziska Gottwald ha una solida carriera internazionale ed hacantato con Ton Koopman e la sua Amsterdam Barique Orchestra. Direttada Reinhard Goebel ha cantato in Come ti piace di Veracini, nella Messain si minore di J.S. Bach e nella Arianna a Nasso di Haydn con l’ensem-ble Musica Antiqua Köln.Si è esibita al Concertgebouw di Amsterdam, a Monaco, Berlino, Atene,Vienna, Napoli, Milano, Bilbao, Parigi e in numerosi festivals internaziona-li. Diretta da Fabio Luisi ha impersonato Manja ne La Contessina Marizaal Gewandhaus di Lipsia, è stata la Messaggera e la Speranza in Orfeo diMonteverdi diretto da Peter Neumann a La Folle Journée di Nantes ed hacantato nel Requiem di Verdi nella Cattedrale di Lubiana.Inoltre ha cantato in una versione orchestrata da Umberto Benedetti Miche-langeli di Prose liriche di Claude Debussy diretta da Pascal Rophé a Udinee all’inizio del 2004 ha fatto una tournée nel Sud Est asiatico con brani diBrahms e Schumann.È possibile ascoltare Franziska Gottwald in numerose registrazioni e in cdcome contralto nelle registrazioni delle Cantate di Bach e nella recentemen-

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Franziska Gottwald.

Laura Rizzetto.

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Bartolo Musil.

Cristina Baggio.

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te riscoperta Matthäuspassion di C.P.E. Bach diretta da Ton Koopman. Hainciso anche La passione di Nostro Gesù Cristo di Antonio Salieri direttada Christoph Spering.

CRISTINA BAGGIO

Dopo una laurea in Psicopedagogia col massimo dei voti e la lode, sidiploma in Canto e in Musica Vocale da Camera con 10 e lode. Seguecorsi di perfezionamento in Italia e negli USA (Renata Scotto, LeoneMagiera, Lella Cuberli, Ruth Falcon, Bill Schuman).I numerosi concorsi internazionali di cui risulta vincitrice (54° Concorsoper giovani Cantanti Lirici d’Europa “As.Li.Co.”, XXXII° Concorso Inter-nazionale “Toti Dal Monte”, XVII° Concorso Internazionale “Iris AdamiCorradetti” – Premio Boito, IX° Concorso Internazionale per Cantanti Liri-ci “Del Monaco”, Concorso Internazionale “Martinelli-Pertile”) la avvianoalla carriera professionale. Invitata da teatri italiani ed esteri (San Carlo di Napoli, Fenice di Venezia,Regio di Parma, Teatro dell’Opera di Roma, Teatri di Brescia, Cremona,Reggio Emilia, Filarmonico di Verona, teatro di Philadelphia-USA) debuttain Bohème di Puccini, Nozze di Figaro di Mozart, Orfeo ed Euridice diGluck, Idomeneo di Mozart, Don Giovanni di Mozart, Principe P. di N.Rota, Faust di Gounod, Bastien und Bastienne di Mozart, Campanello diDonizetti, Matrimonio segreto di Cimarosa, Marin Faliero di Donizetti,Cenerentola di Rossini, Il mondo della luna di Galuppi, Incanto di Nataledi Furlani, Serva scaltra di Hasse.Ha collaborato con i direttori J. Tate, G. Noseda, G. Gelmetti, O. Dantone,J. Webb, P. Morandi, M. Guttler, C. Macatsoris e registi come P. Pizzi, D.Abbado, J.L. Marthinoty.Attiva la sua partecipazione anche nel campo della musica sacra e cameri-stica che l’ha vista collaborare con l’Accademia Filarmonica Romana, ilTeatro Rossini di Pesaro, l’Accademia Farnese di Reggio Emilia, la TerzaPrattica, l’Orchestra del Regio di Parma, l’Orchestra Nazionale della RAI,la Chamber Orchestra di Philadelphia.

BARTOLO MUSIL

Ha cominciato la sua carriera di musicista giovanissimo. Ha studiato Com-posizione all’Università di Vienna, Salisburgo e Detmold e Canto con Wal-ter Berry e Thomas Quasthoff. Contemporaneamente ha seguito lezioni pri-vate e masterclasses di Edith Mathis, Cornelia Kallisch, Kurt Widmer, Jes-sica Cash, Rudolph Piernay e altri.Musil ha ricevuto numerosi premi e borse di studio e recentemente ancheil Primo Premio al Concorso Internazionale della Melodia francese diToulouse.Il repertorio di Bartolo Musil va dal Rinascimento e primo Barocco finoall’opera contemporanea sperimentale.In concerto ha cantato in molte sale importanti come il Musikverein (doveha eseguito i Madrigali di Monteverdi nella Sala Grande) e la Konzerthausdi Vienna, la Filarmonica di Berlino (Messia e La Creazione di Haydn),l’Holland Belcanto Festival, il Festival di Musica Antica di Innsbruck, e hatenuto concerti per le Jeunesses Musicales, per il Carinthischer SommerFestival e alla Stephaniensaal di Graz e nelle Cattedrali di Berlino e Vienna.Nell’opera ha avuto grande successo nell’Orfeo di Monteverdi al FestivalAntikenfestspiele Trier e al Festival di Berlino nel ruolo principale dell’o-pera barocca La fede ne’ tradimenti di Attilio Ariosti, riscoperta di recente.

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Mark Tucker.

È stato anche invitato dall’Holland Belcanto Festival in ruoli principali diopere di Donizetti, Mozart e Righini e dal Festival di Schwetzingen per ilMacbeth di Salvatore Sciarrino (direttore: Achim Freyer), dalla Neue OperWien per Le Balcon di Eötvös e per una tournée con la Wiener Akademiee con Martin Haselbock.Ha cantato con la Wiener Klangforum, l’Ensemble Kontrapunkte, l’Orche-stra Sinfonica di Mosca, la SWR-Orchester, l’Orpheus, e con registi comePet Halmen e Achim Freyer.Recital, radio e registrazioni discografiche completano le sue attività.Quest’anno i progetti di Bartolo Musil includono fra l’altro un cd di ariebarocche per l’etichetta Dongiovanni e una serie di concerti di Lieder.Oltre alle sue attività di insegnante, direttore di coro e pianista, BartoloMusil è anche un cabarettista di successo con il suo duo illie&bart.Come compositore ha ricevuto commissioni dal Musikverein e dalla Kon-zerthaus di Vienna, dal Festival Carinthischer Sommer e dalle JeunessesMusicales.

MARK TUCKER

Grande interprete del repertorio classico e barocco, Mark Tucker ha cantatoe registrato con molti importanti direttori quali Gardiner, Harnoncourt eJacobs. Di origine anglo-veneziana e bilingue, nutre un particolare interesseper il repertorio italiano.

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Punti salienti della sua carriera sono stati Orfeo di Monteverdi nel ruolodel titolo alla Queen Elizabeth Hall di Londra con il New London Consortdiretto da Philip Pickett con la regia di Jonathan Miller; i Vespri di Monte-verdi al Festival di Salisburgo diretti da Nikolaus Harnoncourt e nellaBasilica di San Marco a Venezia diretti da John Eliot Gardiner; e la primamondiale di Vek Moy di Schedrin con Vladimir Ashkenazy al pianoforte ela Kölner Philharmonie.Tucker ha anche recentemente registrato Andromeda liberata di Vivaldicon l’Orchestra Barocca di Venezia diretta da Andrea Marcon per la Deut-sche Grammophon.Si segnala inoltre L’Orfeo alla Cité de la Musique di Parigi con il NewLondon Consort; La Creazione di Haydn con l’Orquestra Simfonica deBarcelona diretta da Ernest Martínez Izquierdo; il Messiah di Händel conla New York Philharmonic e il Pulcinella di Stravinskij con la BBC Natio-nal Orchestra of Wales, entrambi sotto la direzione di Hickox.I suoi impegni operistici recenti lo hanno visto nel ruolo di Hyllos (Hercu-les) a Postdam; nel ruolo del titolo di Platée a Lisbona, come Eurimaco (Ilritorno di Ulisse in Patria) con la Boston Baroque; Nerone (L’incoronazio-ne di Poppea) per la Opera olandese; Danceny nella prima mondiale di LesLiaisons Dangereuses di Piet Swerts per la Opera delle Fiandre; Gomatz(Zaide) a La Monnaie di Bruxelles e per l’Opera du Rhin; Lysander(Sogno di una notte di mezza estate) a Torino; The Novice (Billy Budd)per il Royal Opera, Covent Garden a Londra; e Marzio (Mitridate) direttoda Christophe Rousset al Théâtre du Chatelet a Parigi.All’estero Mark Tucker ha cantato di Elgar Dream of Gerontius con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, direttore VladimirAshkenazy, con cui è stato anche in tournée con la European Union YouthOrchestra con il War Requiem di Britten; la Messa in do di Beethoven conLa Fenice di Venezia, direttore Gardiner; il St. Nicolas di Britten con laZurich Chamber Orchestra (registrato per Claves Records); e la Messa in siminore di Bach con l’Orchestra Sinfonica della Radio Danese e Blomstedt. Tra le cose più importanti in Inghilterra ricordiamo di Britten il Nocturneall’Aldeburgh Music Festival sotto la direzione di Charles Hazlewood; ilFaust and Helen di Lili Boulanger con la BBC Philharmonic; A Child ofour Time con la BBC Symphony e inoltre recitals alla Purcell Room diLondra e con la London Symphony Orchestra L’enfant et les sortilègesdiretto da Andre Previn. La discografia di Mark Tucker comprende Boaz (nella Ruth di LennoxBerkley) con la City of London Sinfonia diretta da Hickox per la Chandos;A Midsummer Night’s Dream diretta da Sir Colin Davis per la Philips eL’incoronazione di Poppea con Gardiner per la DG.

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Mozart ritratto nel 1789 da Dorothea Stock.

Giovedì 13 luglioChiesa di Sant’Agostino

ore 21,15

Giuliano Carmignolaviolinista e direttore

Orchestra da Cameradi Mantova

WOLFGANG AMADEUS MOZARTSalisburgo 1756 - Vienna 1791

Concerto in re maggiore K. 211 per violino e orchestraAllegro moderato

AndanteRondeau (Allegro)

Concerto in si bemolle maggiore K. 207per violino e orchestra

Allegro moderatoAdagioPresto

* * *

Concerto in re maggiore K. 218 per violino e orchestraAllegro

Andante cantabileRondeau (Andante grazioso)

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Venerdì 14 luglioChiesa di Sant’Agostino

ore 21,15

Salvatore Accardoviolinista e direttore

Orchestra da Camera Italiana

WOLFGANG AMADEUS MOZARTSalisburgo 1756 - Vienna 1791

Concerto in sol maggiore K. 216 per violino e orchestraAllegroAdagio

Rondeau (Allegro, Andante, Allegro)

Concertone in do maggiore K. 190per due violini e orchestra

Allegro spiritosoAndantino grazioso

Tempo di Menuetto (Vivace)

* * *

Concerto in la maggiore K. 219 per violino e orchestraAllegro aperto

AdagioRondeau (Tempo di Minuetto)

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Giuliano Carmignola.

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MOZART VIOLINISTA

GIOVANNI CARLI BALLOLA

Insolita e singolare, in tanto diluviare di iniziative sollecitate dal250° anniversario della nascita di Mozart, quella della 63a Setti-mana Musicale Senese che prevede l’esecuzione integrale dei

concerti per violino del grande Celebrato. Se risaputa è la precocevocazione mozartiana per gli strumenti a tastiera, che porterà il pro-digioso clavicembalista degli anni dell’infanzia e il celebrato piani-sta della maturità a un’attività concertistica durata l’intera esistenza,meno noto è l’impegno del diciannovenne Konzertmeister comeviolinista-compositore al servizio del principe-arcivescovo di Sali-sburgo. Un’arte appresa dal padre Leopold, esimio virtuoso e tratta-tista di uno strumento che nel secondo 700 già godeva di una sto-ria, di una letteratura, di un prestigio risalenti per la massima parteagli italiani – da Corelli a Geminiani, da Vivaldi a Tartini, per noncitare che i nomi più insigni, che lo avevano illustrato con le tecni-che e le musiche.

Brevissima – per l’esattezza, dal 14 aprile al 20 dicembre 1775– sarà la parabola professionale di Mozart violinista, ma fulgida dicapolavori. Essa è preceduta nel 1774 dal Concertone in do mag-giore K. 186E, curiosa composizione ove ai due violini solisti siaffiancano con importanza di poco inferiore un oboe e un violon-cello e che per tale insolito organico è assai raramente eseguita.Provvista di viole divise e resa baldanzosa da una coppia di trom-be, l’orchestra dispiega, a partire dall’introduzione fino alle ripresedei “tutti” tra gl’interventi dei “soli”, il suo repertorio di esuberanzemutuate dai maestri della scuola di Mannheim; quanto ai tre prota-gonisti (giacché il violoncello trova qualcosa da dire soprattutto nelsecondo e terzo movimento), il loro dialogo procede tra inflessioninon molto dissimili da quelle notate nei “concertini” delle serenatesalisburghesi, e un gioco di simmetriche imitazioni, non del tuttoimmemore del concerto grosso. Col suo “Andantino grazioso” pienodi lusinghe galanti e con quegli effetti orchestrali sopra menzionatie tanto in voga a Parigi, il Concertone (anche dietro consiglio dipapà Leopold) quattro anni dopo prenderà inutilmente la via per lacapitale francese tra le carte di Wolfgang Amadè: malinconica ariada baule inutilizzata.

L’attività di Mozart come compositore di concerti violinisticipropriamente detti ha inizio col Concerto in si bemolle maggiore

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Salvatore Accardo.

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K. 207 e con quello in re maggiore K. 211, ancora debitori di unaproduzione coeva, quella di Tartini, Pugnani, Borghi, Nardini, cui ilconcertista-compositore alle prime armi non poteva non rifarsi. Loschema formale adottato, che comporta quattro interventi dei “tutti”,compresa l’introduzione, intervallati da tre escursioni solistiche,appare assai più rigido e arcaicizzante di quanto non sarà soltantofra qualche mese; altrettanto si dica di quel ricorrere all’antiquatobassetto dei soli violini (talora affiancati dalle viole) come sostegnodello strumento solista, procedimento che in seguito vedremo grada-tamente ridursi, quando non sparire affatto. Ogni ricchezza emotivasembra rifugiarsi nei movimenti di mezzo, con esiti che se nel K.207 sentiamo ancora intrisi di un certo languore boccheriniano, nelfervore lirico del movimento centrale del K. 211 già ci trasportanoben al di sopra dei pur nobili modelli seguiti: è la temperie inventi-va che domina la successiva, perfetta triade concertistica che con-clude la breve ma prodigiosa esperienza di Mozart violinista.

Capolavori omologati da strette affinità stilistiche e dal vertigi-noso progresso che in essi si verifica all’interno di quel sistema dirapporti tra esposizione orchestrale ed esposizione solistica, in cuiconsiste la peculiare grandezza del concerto mozartiano nella suaaccezione generale: il tutto sotto le apparenze di una disinvoltaamabilità mondana che attutisce anche gli spigoli più aspri dellasperimentazione. Già nel Concerto in sol maggiore K. 216, datatoal 12 settembre, l’introduzione orchestrale del primo tempo si svol-ge in una plasticità melodica e timbrica (quella gaia fanfara di oboie corni sul mormorare dei violini) e in una freschezza e aggressi-vità inventiva finora sconosciute e che confluiranno nei futuri con-certi per pianoforte, doppiando i fondali della greve prolissitàmannheimer.

Col suo modesto apparato virtuosistico (un tratto che accomu-na tutti i concerti per violino, i quali gradatamente acquistano inessenzialità e profondità espressiva quanto rinunciano in effusivabrillantezza) lo strumento solista qui segue ancora abbastanza fedel-mente le proposte dell’orchestra, accettando nel corso dello svilup-po di dialogare col primo oboe e di avventurarsi in un breve, emo-zionante “recitativo” dal quale, sull’elegante ponte predisposto daglioboi, planare nell’“aria” virtuale della ripresa. Questa coniugazionein termini drammatici della comunicazione espressiva tocca il cul-mine nella meravigliosa “cavatina” dell’“Adagio”, dove (come giàin parecchi movimenti lenti delle precedenti sinfonie) la coppiadegli oboi viene sostituita da quella dei flauti e dove, con un emo-zionante coup de théâtre, l’accompagnamento in terzine intervienedopo che la prima semifrase della melodia ha spiccato il volo nelsilenzio di tutta l’orchestra. Il gusto, tutto francese, per la sorpresa,

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Il frontespizio del metodo per violino di Leopold Mozart.

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mutuato dalle musiche d’intrattenimento, si riaffaccia nei finali ditutti e tre i concerti: nel K. 216, in un galeotto tempo di gavotta insol minore con tanto di “alternativo” in maggiore destinato a sfo-ciare nell’ultimo ritornello della sezione principale in tempo terna-rio. Definitivo ed eclatante colpo di scena, anch’esso comune ai treconcerti, il congedo in sordina, sul filo della sommessa clausola deifiati.

La struttura concisa e lo slancio appassionato del K. 216 sistemperano alquanto nel Concerto in re maggiore K. 218 (14 giu-gno) in quella che potremmo definire come idealizzazione dellagalanteria internazionale, sublimazione e insieme personalizzazioneprofonda di materiali tematici e moduli espressivi d’uso corrente.La sensibilità timbrica del diciannovenne Konzertmeister rifulgequasi ad ogni battuta, suscitando dal consueto, modesto apparatoorchestrale e dalle limitate evoluzioni dello strumento solista effettisconosciuti alla musica europea dello stesso genere. Nella riesposi-zione solistica del primo movimento, il secondo episodio sonatisticoviene introdotto dal violino sostenuto dapprima dalla viole, poi daiviolini primi e sempre all’ottava inferiore. Tale procedimento, ten-dente a non separare mai lo strumento solista dal sensuale amplessodei colori orchestrali, raggiunge l’acme nell’“Andante cantabile”: laripresa del motivo avviene sul brunito registro grave del solista ches’insinua in rapporto rispettivo di ottava inferiore e di terza superio-re tra violini “primi” e “secondi” dell’orchestra, ottenendo uno stu-pefacente effetto timbrico di pura lega brahmsiana. Anche i france-sismi si accentuano, nel “Rondeau”, con il civettuolo pedale sullaquarta corda della musette che vi fa da intermezzo, mentre il dialo-go tra “solo” e orchestra, anche in virtù dell’anticipazione di unpasso dell’aria di Despina “Una donna a quindici anni” da Così fantutte, assume l’arguzia e la prontezza di lingua della grande operabuffa.

Il Concerto in la maggiore K. 219, del 20 dicembre, concludela triade dei capolavori con la più audace esplorazione strutturalefinora mai realizzata circa i rapporti tra solista e orchestra, tale dacostituire il precedente più determinante per la definizione struttura-le dei grandi concerti per pianoforte degli anni a venire. Non altroche una notevole trovata di gusto teatrale era, nel primo tempo delK. 216, il summenzionato recitativo che portava alla ripresa delviolino. Nel primo tempo del K. 219, “Allegro aperto”, dopo laregolamentare esposizione dei “tutti”, l’“Adagio” che introduce ilsolista sulla fascia serpeggiante di biscrome dei violini offre mate-riali tematici affatto diversi da quelli appena proposti dell’esposizio-ne orchestrale, con i quali ingegnosamente quanto spontaneamentesi integrano per semplice sovrapposizione, quasi fossero germogliati

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– come in effetti sono – da un’organica idea generatrice. Si tratta,in sostanza, dello stesso procedimento “a doppio binario” cheBeethoven adotterà nel Finale della Sinfonia “Eroica” sovrapponen-do un nuovo motivo a quello precedente investito, per ciò stesso,delle funzioni di basso.

Per questo concerto Mozart dovette comporre un secondo“Adagio” (K. 261), in sostituzione di quello originario che il violi-nista di Corte Antonio Brunetti, al dire di Leopold, aveva trovato“troppo studiato”, garbato eufemismo che sta per troppo complicatoe artificioso. Comprensibile la reazione del buon Brunetti, adusoalla produzione violinistica di tipo corrente, di fronte a una paginache col suo grandioso arco melodico, procedente in modo acciden-tato tra diminuzioni e sincopi, e l’allucinata sezione mediana inten-samente modulante e culminante in un raro, splendidissimo sol die-sis minore, sembrava fatta apposta per turbare coscienze tranquille.Nel movimento conclusivo, la tonalità di la nel modo minore indu-ce Mozart a scatenamenti demoniaci qui mimetizzati, come poi nelfinale della celebre sonata pianistica, da incursioni nell’esotismoturchesco. Questa volta saranno alcuni frammenti provenienti dalballetto Le gelosie del serraglio K. 135a, composto a Milano nel1772 per l’opera seria Lucio Silla e del quale non ci rimangono checospicui abbozzi, a venire riutilizzati come intermezzo “caratteristi-co” incuneato a metà di un Rondeau in Tempo di Minuetto, a con-trastarne l’amabile politesse.

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Mozart bambino a Parigi ritratto col padre e la sorella da Carmontelle.

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GIULIANO CARMIGNOLA

La carriera di Giuliano Carmignola, dedicata in parti eguali al violinobarocco e a quello moderno, è incominciata con la vittoria ai Premi Cittàdi Vittorio Veneto nel 1971 e al Concorso Paganini a Genova nel 1973.Da allora ha suonato con tutte le più importanti Orchestre europee e condirettori quali Claudio Abbado, Gianandrea Gavazzeni, Eliahu Inbal, PeterMaag e Giuseppe Sinopoli. Ha suonato molto come solista dei Virtuosi diRoma, tra l’altro a Londra alla Royal Albert Hall, alla Scala a Milano, alMusikverein a Vienna, alla Filarmonica di Berlino, alla Sala Čajkovskij diMosca. Ha suonato la prima esecuzione italiana del Concerto di Dutilleuxed ha un repertorio molto vasto che comprende opere del periodo classicoe romantico, ma anche opere barocche e del ventesimo secolo.Dopo aver pubblicato numerosi CD per la Sony Classical, dal 2003 incidein esclusiva per la Deutsche Grammophon.Nato a Treviso, Giuliano Carmignola ha cominciato gli studi musicali conil padre e si è diplomato al Conservatorio Benedetto Marcello di Venezia,dove ha studiato con Luigi Ferro. Ha seguito corsi di specializzazione conNathan Milstein e Franco Gulli all’Accademia Chigiana di Siena e conHenryk Szeryng al Conservatorio di Ginevra. Ha insegnato per dieci annial Conservatorio di Venezia ed è stato primo violino dell’Orchestra delTeatro La Fenice dal 1978 al 1985. Attualmente insegna alla Musikhoch-schule di Zurigo. Prende regolarmente parte ai Festival di Musica Baroccain tutta Europa, e in particolare a Bruges, Lucerna, Vienna, Bruxelles, Sali-sburgo e Barcellona. È anche apprezzato interprete di numerosi recitals incollaborazione con i pianisti Bruno Canino,Yasuyo Yano, Andrea Lucchesi-ni, con il violoncellista Mario Brunello, con i violisti Bruno Giuranna eDanilo Rossi.Per il repertorio barocco suona un intatto violino italiano del diciassettesi-mo secolo, mentre per il repertorio di epoca successiva usa un violino Pie-tro Guarneri del 1733.Dal 2000 tiene uno dei Corsi di Violino dell’Accademia Musicale Chigiana.

SALVATORE ACCARDO

Esordisce all’età di tredici anni eseguendo in pubblico i Capricci di Pagani-ni. A quindici anni vince il primo premio al Concorso di Ginevra e, dueanni dopo, nel 1958 è primo vincitore del Concorso Paganini di Genova.Il suo vastissimo repertorio spazia dalla musica barocca a quella contempo-ranea. Compositori quali Sciarrino, Donatoni, Piston, Piazzolla, Xenakis glihanno dedicato loro opere.Suona regolarmente con le maggiori Orchestre e i più importanti Direttori,affiancando all’attività di solista quella di direttore d’orchestra. In questaveste ha lavorato con le più importanti Orchestre europee ed americane; hainoltre effettuato delle incisioni con la Philharmonia di Londra.La passione per la musica da camera e l’interesse per i giovani lo hannoportato alla creazione del Quartetto Accardo nel ’92 e alla istituzione deiCorsi di perfezionamento per strumenti ad arco della Fondazione WalterStauffer di Cremona nel 1986 insieme a Giuranna, Filippini e Petracchi.Nel 1971 ha dato vita al Festival “Le Settimane Musicali Internazionali” diNapoli e a quello di Cremona.Nel 1987 ha debuttato con grande successo come direttore d’opera nellanuova produzione de L’occasione fa il ladro di Rossini per il RossiniOpera Festival di Pesaro con la regia di Ponnelle. Nel corso degli ultimianni ha diretto all’Opera di Roma, a Montecarlo e a Lille Il Flaminio diPergolesi con la regia di De Simone e una nuova produzione di Così fan

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tutte alle Settimane Musicali Internazionali di Napoli con la regia di Giaco-mo Battiato. Nel 1992, in occasione dei 200 anni della nascita di Rossini,ha diretto a Pesaro e a Roma la prima moderna della Messa di Glorianella revisione critica curata dalla Fondazione Rossini di Pesaro, incisa dalvivo dalla Ricordi/Fonit Cetra, riproposta nel 1995 a Vienna con i WienerSymphoniker.Oltre alle incisioni dei Capricci e dei Concerti per violino di Paganini perla DGG e alle numerose registrazioni per la Philips, Accardo ha inciso perASV, Dynamic, EMI, Sony Classical, Collins Classic e Fonè.Ha ricevuto numerosi premi fra cui il Premio Abbiati della critica italiana;nel 1982 il Presidente della Repubblica Pertini lo ha nominato Cavaliere diGran Croce. Inoltre, in occasione della tournée effettuata in Estremo Orien-te nel novembre 1996, il Conservatorio di Pechino lo ha nominato “MostHonorable Professor”.Alla fine del ’96 ha ridato vita all’Orchestra da Camera Italiana, formatadai migliori allievi dei corsi di perfezionamento dell’Accademia WalterStauffer di Cremona.Nel 2001 gli è stato conferito il premio “Una vita per la Musica”.Salvatore Accardo è ben conosciuto a Siena dove si è esibito numerosevolte e dove ha tenuto e tiene la cattedra di violino presso l’AccademiaMusicale Chigiana (della quale peraltro fu allievo) dal 1973 al 1980 e dinuovo a partire dal 2003.Possiede due violini Stradivari, lo Hart ex Francescatti 1727 e l’Uccello diFuoco ex Saint-Exupéry 1718.

ORCHESTRA DA CAMERA DI MANTOVA

Dal debutto, avvenuto nel 1981 nella splendida cornice del Teatro Bibienadi Mantova, un gioiello di architettura e luogo ideale per la musica cameri-stica, l’Orchestra da Camera di Mantova si è imposta all’attenzione genera-le per quelle che ancora oggi sono le sue qualificanti caratteristiche: bril-lantezza tecnica, assidua ricerca della qualità sonora, particolare sensibilitàai problemi stilistici.Nel corso dell’ormai ventennale vita artistica, l’Orchestra da Camera diMantova ha collaborato con direttori e solisti di fama internazionale (Salva-tore Accardo, Gidon Kremer, Shlomo Mintz, Mischa Maisky, Giuliano Car-mignola, Bruno Canino, Uto Ughi, Michele Campanella, Katia e MarielleLabèque, Maria Tipo, Alexander Lonquich, Mario Brunello, Andrea Luc-chesini, gli indimenticabili Severino Gazzelloni e Astor Piazzola, tra glialtri), svolgendo un’attività che l’ha vista protagonista di innumerevoli con-certi in Italia e all’estero.Negli ultimi anni, l’Orchestra da Camera di Mantova si è esibita nei teatrie nelle sale da concerto di molti paesi europei, di Usa, Messico, Sudameri-ca e Asia. Nel 1996 ha effettuato una tournée in Nord Europa unitamenteal violinista Uto Ughi su invito della Farnesina, per rappresentare l’Italianelle manifestazioni culturali che si sono svolte in occasione del semestredi presidenza Italiana al Consiglio d’Europa.Tra il 2002 e il 2004 l’Orchestra con il suo direttore principale, UmbertoBenedetti Michelangeli, e affiancata da alcuni tra i più rinomati solisti ita-liani, ha dato vita al “Progetto Beethoven”, rivisitazione dell’integrale deicapolavori orchestrali del genio di Bonn. La lettura innovativa, che traespunto dalle più recenti e avvertite acquisizioni storico-critiche, e la rinno-vata espressività che ne scaturisce sono valse all’intero progetto l’acco-glienza più calda e convinta da parte di pubblico e critica.Nella stagione 2003/2004 l’orchestra ha intrapreso un nuovo progetto dedi-cato ai Concerti per pianoforte di Mozart, con il pianista Alexander Lon-

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L’Orchestra da Camera di Mantova.

L’Orchestra da Camera Italiana.

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quich nella veste di direttore e solista. Il ciclo mozartiano ha debuttato nelmaggio 2004 al Parco della Musica di Roma e, dalla stagione 2004/2005,viene proposto nell’ambito di vari cartelloni concertistici italiani.Dal 2004, inoltre, ha preso avvio un ciclo incentrato sulla produzione sacradi Mozart, che vede l’Orchestra da Camera di Mantova impegnata, sino al2007, nell’Abbazia di Chiaravalle a Milano e in diverse altre città italiane.L’Orchestra da Camera di Mantova è una delle poche orchestre italiane chesi presenta spesso in pubblico senza direttore; in questi casi Carlo Fabiano,direttore artistico del complesso, svolge insieme i ruoli di primo violino emaestro concertatore, ripristinando la settecentesca figura del Konzertmeister. L’Orchestra ha effettuato registrazioni televisive e radiofoniche per la RAI,la Bayrischer Rundfunk e la Rsti. Da oltre dieci anni a questa parte, è impegnata nel rilancio delle attivitàmusicali nella propria città, dove realizza una stagione concertistica,“Tempo d’Orchestra”, che ospita regolarmente i principali solisti dellascena internazionale, prestigiosi gruppi cameristici, importanti orchestre ita-liane ed estere.All’Orchestra da Camera di Mantova - nelle figure di Carlo Fabiano, suofondatore, direttore artistico e primo violino, e di Umberto Benedetti Miche-langeli, suo direttore principale - è stato assegnato nel 1997, dalla criticamusicale italiana, il Premio “Franco Abbiati”, “per la sensibilità stilistica ela metodica ricerca sulla sonorità che ripropone un momento di incontroesecutivo alto tra tradizione strumentale italiana e repertorio classico”.

ORCHESTRA DA CAMERA ITALIANA (O.C.I.)Nata ufficialmente nel novembre 1996, è il risultato di un progetto matura-to da Salvatore Accardo nei lunghi anni di esperienza didattica all’Accade-mia Stauffer di Cremona. Accardo a Cremona insegna insieme agli amici ecolleghi Bruno Giuranna, Rocco Filippini e Franco Petracchi che con luihanno fondato questa Accademia, proprio nella patria dei grandi liutai, peroffrire la possibilità di perfezionarsi ai giovani strumentisti ad arco cheescono dai Conservatori italiani, nei quali spesso le loro qualità non hannotrovato un adeguato sviluppo.Nel’97 l’O.C.I. ha effettuato la sua prima tournée di concerti durata unmese, che l’ha vista presente nelle più prestigiose istituzioni musicali italia-ne ed estere, ed ha tenuto il concerto nell’Aula del Senato per celebrare il50° Anniversario della firma della Costituzione Italiana.Nel 1998 la Banca Popolare di Milano diventa il Partner Ufficiale dell’Or-chestra. Accanto agli sponsor ufficiali, operano gli “Amici dell’O.C.I.” che, findalla nascita dell’Orchestra, hanno dato il loro generoso contributo sia eco-nomico sia operoso. Gli “Amici dell’O.C.I.” continuano anno dopo anno aconfermare la loro fiducia e il loro indispensabile sostegno, incrementando-si nel numero. Ad oggi ammontano a più di cento.Sempre nel ’98 l’O.C.I. ha fatto il suo debutto in Germania nell’ambito delFestival dello Schleswig-Holstein riscuotendo un enorme successo, ha effet-tuato due tournées con concerti anche in Spagna e Portogallo e nel mese didicembre ha ripetuto l’importante appuntamento del Concerto nell’Aula delSenato.Nel ’99 è stata effettuata la prima tournée in America del Sud (Argentina,Brasile, Cile, Uruguay) in occasione della quale l’Associazione dei CriticiMusicali dell’Argentina ha conferito all’Orchestra da Camera Italiana ilPremio come “Migliore Complesso da Camera Straniero” del 1999.Nello stesso anno ha realizzato una lunga tournée in Oriente, che ha tocca-to le principali capitali asiatiche (Pechino, Shanghai, Tokyo, Hong Kong,

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Taegu, Hanoi), ed ha quindi ripetuto l’appuntamento in Senato con il Con-certo che quest’anno è stato dedicato a Carlo Maria Giulini.Nel 2000, oltre a una lunga tournée in Italia, l’O.C.I. ha suonato per laprima volta a Parigi presso il Teatro dei Champs-Elysées, riscuotendo unenorme successo ed ha quindi debuttato a New York, al Lincoln Center,presso la Avery Fisher Hall nella serie “Great Performers”. Anche per l’an-no 2000 il Senato della Repubblica ha ripetuto l’invito ad effettuare il“Concerto di Natale”.Nel 2001 l’O.C.I ha effettuato una tournée in Germania, ha partecipato aifestival di Ankara e di Tirana, ed ha tenuto un concerto di beneficenza aGenova per la Comunità di Sant’Egidio.L’O.C.I. ha già all’attivo due CD per la Warner Fonit “Il violino virtuosoin Italia” e “Capolavori per violino e archi” e l’Integrale dei Concerti perviolino e orchestra di Paganini per la Emi Classics. Due importanti progettisono stati realizzati con Foné: la registrazione del Concerto per la Costitu-zione - che in particolare contiene l’Inno nazionale italiano per violino earchi di Tamponi - e l’incisione dell’integrale delle opere per violino diAstor Piazzolla con la revisione violinistica di Salvatore Accardo e France-sco Fiore, in tre sacd.Il repertorio dell’O.C.I. spazia da Bach ai contemporanei, cui si prevede dicommissionare ogni anno un’opera.

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Orchestra da Camera di Mantova

Violini primiCarlo FabianoFilippo LamaLuca BragaCesare CarrettaRoberto RighettiJudith HuberGiacomo Invernizzi

Violini secondiPierantonio CazzulaniEugjen GargjolaChiara SpagnoloGiacomo TesiniLucio CastiTania Mazzetti

VioleMonica VatriniKlaus ManfriniMaria Antonietta MicheliLuca Manfredi

VioloncelliStefano GuarinoAndrea PecelliLivia RotondiFrancesco Ciech

ContrabbassiPaolo BorsarelliMassimiliano Rizzoli

OboiMassimiliano SalmiRoberto Grossi

CorniAndrea LeasiDimer Maccaferri

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Orchestra da Camera Italiana

Violini primiLaura GornaAldo MatassaRoberto NoferiniFrancesco PeveriniFrancesco TagliaviniFatlinda Thaci

Violini secondiCarlo BettariniLisa Mae GreenAndrea Gregorio MascettiMartina MolinDaniela GodioLucia Ronchini

VioleClaudio AndrianiMargherita FinaSara SilvestriAlfredo Zamarra

VioloncelliClaudio Argentino PasceriCarlo PezzatiCecilia RadicMarcella Schiavelli

ContrabbassiErmanno CalzolariVincenzo Loconte

FlautiMaria GriecoCarlo Enrico Macalli

OboiKatia CurcioAndrea Gallo

CorniStefano AprileAlessio Bernardi

TrombeNello SalzaMatteo Battistoni

Ispettore d’OrchestraEugenio Falanga

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Gianluigi Gelmetti.

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Sabato 15 luglioCattedraleore 21,15

Gianluigi Gelmettidirettore

Anna Rita Taliento soprano

Laura Polverelli mezzosoprano

Juan Francisco Gatell tenore

Alessandro Guerzoni basso

Orchestra della Toscana

Coro da Camera di PragaPavel Vanekmaestro del coro

Concerto offerto alla cittadinanzadalla Banca Monte dei Paschi di Siena

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WOLFGANG AMADEUS MOZARTSalisburgo 1756 - Vienna 1791

Requiem in re min. K. 626per soli, coro e orchestra

Requiem e Kyrie (Soprano e coro)

Dies irae (Coro)

Tuba mirum (Quartetto dei soli)

Rex tremendae (Coro)

Recordare (Quartetto dei soli)

Confutatis (Coro)

Lachrymosa (Coro)

Domine Jesu (Quartetto dei soli e coro)

Hostias e Quam olim (Coro)

Sanctus e Osanna (Coro)

Benedictus e Osanna (Quartetto dei soli)

Agnus Dei, Lux aeterna e Cum Sanctis tuis(Soprano e coro)

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Mozart in un ritratto di Barbara Krafft.

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IL REQUIEM DI MOZART

GIOVANNI CARLI BALLOLA

Trattare dell’incompiuto Requiem in re minore equivale adinoltrarsi nella foresta che il mito ha da tempo fatto sorgereattorno a questa sorta di Santo Graal della religio mozartia-

na, avvolto dalle nebbie in cui il suo fascino di opera ultima, per dipiù falciata a mezzo e ricomposta da mani anche troppo devote, hacontribuito a circonfonderlo in un’aura fatalmente “romantica”.Sfrondati dal superfluo e dal romanzesco, gli avvenimenti relativi atale opera sono assai semplici. Nel luglio del 1791 il commissiona-rio di un certo conte Franz von Walsegg zu Stuppach, un nobile diprovincia e buon dilettante di musica, si presentò a Mozart per sol-lecitargli l’adempimento di una committenza risalente con ogni pro-babilità all’aprile precedente, e rimasta sepolta sotto l’accavallarsidella composizione della Zauberflöte e della Clemenza di Tito.

Si trattava di una messa di Requiem per la quale al composito-re era lasciata ampia discrezionalità di scelte artistiche (s’intende,nella misura in cui essa fosse attuabile nell’ambito rigoroso e tradi-zionalistico del genere sacro), con la sola condizione che egli desi-stesse dal ricercare l’identità del committente. L’interesse, anzi,l’entusiasmo (sul quale tutte le fonti biografiche concordano) scatu-rito da una committenza che rappresentava per Mozart un ineditocimento creativo, collimava con quella congiuntura di circostanzeche in quei mesi estremi della sua esistenza terrena lo rendeva nuo-vamente attratto dal genere chiesastico. Sappiamo infatti che la suadomanda per succedere all’anziano e infermo Leopold Hofmanncome Kapellmeister di Santo Stefano aveva proprio in quei giorniavuto esito positivo; di conseguenza, un nuovo Mozart sacro sareb-be virtualmente potuto sorgere all’orizzonte della civiltà musicaleviennese. Non è da escludere che il Maestro abbia potuto stenderele prime battute della Messa fin da quella seconda metà del luglio,frammezzo alla composizione del Tito. Il grosso del lavoro, un cen-tinaio di pagine di partitura abbozzata in particella (ossia, con leparti vocali e quella del basso al completo, e con il rimanenteaccennato nei punti fondamentali) venne comunque svolto tra laseconda decade di ottobre e la fine di novembre, quando il musici-

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sta cadde mortalmente ammalato. Che cosa era rimasto sul suotavolo di lavoro, quando Mozart spirò, 55 minuti dopo la mezzanot-te del 5 dicembre 1791? L’Ordinarium e il Proprium della Missapro defunctis constano, nell’ordine, di un Introitus “Requiem aeter-nam”, del Kyrie, di un Graduale e di un Tractus (che Mozart deci-se di non musicare) della Sequentia “Dies irae”, dell’Offertorium“Domine Jesu Christe”, del Sanctus-Benedictus, dell’Agnus Dei edella Communio “Lux aeterna”.

La partitura, s’è detto, assommava a 99 pagine di musica, dicui soltanto quella dell’Introitus nello stato di assoluta completezza.Il Kyrie, e la Sequentia (interrotta all’ottava battuta del “Lacrimo-sa”) e l’Offertorium si presentavano come particelle, non differen-do, in questo, dalla prassi consueta seguita da Mozart e da altricompositori coevi nella prima stesura delle loro opere vocali e stru-mentali. Del tutto mancanti Sanctus, Agnus e Communio. Ebbe ini-zio a questo punto, coordinata dalla vedova Constanze, l’operazioneintesa a far credere al committente che il Requiem in realtà fossestato già composto fino all’ultima battuta. In tal modo ella avrebbepotuto riscuotere il resto dell’onorario pattuito, ciò che effettiva-mente avvenne alla consegna di un manoscritto completato e inte-grato da mani altrui. Erano quelle di tre giovani musicisti dell’en-tourage mozartiano: Joseph Eybler, Franz Jakob Freystädtler eFranz Xaver Süssmayr, il quale si fece carico del grosso del lavoro,componendo in proprio la conclusione del “Lacrimosa”, il Sanctuse l’Agnus Dei (forse su appunti di Mozart, come sosterrà Constanzein termini ipotetici).

Grazie a questi valenti artigiani, che in piena consapevolezzaaccettarono di annullare il proprio talento per mantenere in vita lafiamma periclitante del genio, l’opus summum viri summi, come sicompiacerà di chiamarlo Johann Adam Hiller, entrerà nella storia,contendendo al Don Giovanni il primato nell’affabulazione miticache presto circonfonderà due momenti capitali dell’esperienza arti-stica del musicista. In tale veste, destinata a passare nella tradizioneesecutiva (prima che in tempi recenti subentrassero con varia fortu-na altri tentativi di ricostruzione più o meno filologica del testo), ilRequiem verrà eseguito nella cantoria dell’abbazia di Wiener Neu-stadt il 14 dicembre 1793, giorno anniversario della scomparsadella contessa Walsegg, alla cui memoria l’opera era destinata.Dirigeva il conte committente, che, come era solito fare, anche inquella occasione avrà cercato di spacciare la musica come farinadel proprio sacco. Ma questa esecuzione privata in realtà era stata

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Piero Vannucci detto il Perugino: Crocifissione.(Siena, Chiesa di Sant’Agostino)

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preceduta a Vienna, Monaco e Praga da altre pubbliche, promossedal barone van Swieten; e il mito del Requiem mozartiano volavagià alto nei cieli dell’imminente Romantik, fomentato dal coacervodei particolari biografici romanzeschi e patetici che presto gli siavvilupperanno attorno come edera sulle muraglie di una grande emisteriosa rovina.

Rispetto alla Messa di Gloria, con le sue preponderanti esposi-zioni dogmatiche e dossologiche, quella di Requiem, con il suoinsistente richiamo a una pietas che è innata ai primordi stessi diun’umanità emancipata dalla condizione brutale e che si esprimenelle potenti immagini della Sequentia e dell’Offertorium, ha offertoagli artisti che l’hanno avvicinata nel tempo uno scenario incompa-rabilmente più umanizzato e drammatizzato. Non è casuale che tuttii maggiori compositori di Requiem - da Mozart a Verdi, attraversoCherubini e Berlioz - siano stati sommi drammaturghi e/o affresca-tori sonori. Il rapporto tra Dio e l’uomo vi è necessariamente intesodalla terra al cielo, in una tensione dialettica non di rado attraversa-ta da convulsi trasalimenti soggettivi: ciò che spiega come la Missapro defunctis abbia trovato nell’età aperta da Mozart e conclusa daVerdi la sua piena estrinsecazione storica e il suo culmine comeespressione musicale.

I presupposti stilistici della Messa mozartiana (o, per megliodire, di quanto di essa ci rimane in termini testuali di indiscussaautenticità) non vanno ricercati esclusivamente nel passato dell’e-sperienza chiesastica del musicista. L’origine dello spettrale “corodi morti”, costituito dalle coppie dei corni di bassetto e dei fagotti,che apre e caratterizza l’Introito (come s’è detto, la sola parte dellaMessa interamente compiuta dall’autore) è infatti da individuarealtrove. In quelle “armonie” del cerimoniale massonico, precedente-mente gratificate da Mozart in pagine insigni; ma anche nell’appa-rato di fiati che in misura sempre maggiore e in termini di inventi-va timbrica sempre più penetrante abbiamo visto prendere parte alladinamica discorsiva dei grandi concerti per pianoforte e orchestra.

Se, fino alla ventesima misura, era il musicista moderno aporsi in primo piano mediante un repertorio di stilemi culminantecon la declamazione drammatica di cui, dopo l’esordio contrappun-tistico, il coro perviene nell’”Et lux perpetua luceat eis”; nel suc-cessivo “Te decet hymnus” egli si mimetizza tra i densi velamidella Storia e della Tradizione. Gli soccorrono Bach, affiorante neldisegno dei primi violini e del primo fagotto (poi ripreso per motocontrario dai secondi), e la monodia tropica del salmo “In exitu

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Israël de Aegypto” nel tonus peregrinus, utilizzata come cantus fir-mus sulle parole “Te decet hymnus in Sion et tibi reddetur votumin Jerusalem”, contro il contrappunto florido degli strumenti. Allapoliedricità dell’Introitus, vero e prezioso manifesto, nella sua uni-cità, del nuovo linguaggio sacro mozartiano, si oppone con studiatocontrasto la compatta omogeneità del “Kyrie”: una doppia fugacorale basata anch’essa su materiali tematici radicati nell’anonimatograndioso di una tradizione secolare. La Sequentia risulta suddivisain sei episodi fortemente caratterizzati e contrastanti: qui, comeanche nelle parti restanti del Requiem che Mozart chiaramente ideòma non poté ultimare, ecumenismo stilistico e individualismo dram-matico entrano in quello stesso contrasto dialettico accolto e subli-mato dal Beethoven della Missa Solemnis e della Nona Sinfonia.

Autografo dell’ultima pagina dell’Hostias.

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REQUIEM

IntroitusRequiem aeternam dona eis, Domine,et lux perpetua luceat eis.Te decet hymnus, Deus, in Sion,et tibi redetur votum in JerusalemExaudi Orationem meam.Ad te omnis caro veniat.Requiem aeternam dona eis, Domine,et lux perpetua luceat eis.

KyrieKyrie eleison.Christe eleison.Kyrie eleison.

SequentiaDies irae, dies illasolvet saeclum in favilla,teste David cum Sibylla.Quantus tremor est futurus,quando judex est venturuscuncta stricte discussurus.

Tuba mirum spargens sonumper sepulchra regionumcoget omnes ante tronum.Mors stupebit et natura,cum resurget creaturajudicanti responsura.Liber scriptus profereturin quo totum continetur,unde mundus judicetur.Judex ergo cum sedebitquidquid latet apparebit,nil inultum remanebit.Quid sum miser tunc dicturus,quem patronum rogaturuscum vix justus sit sicurus?

Rex tremendae majestatisqui salvandos salvas gratis

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REQUIEM

L’eterno riposo dona loro, Signore,E splenda ad essi la luce perpetua.In Sion, Signore, ti si addice la lode,In Gerusalemme a te si compia il voto.Ascolta la mia preghiera,Poiché giunge a te ogni vivente.L’eterno riposo dona loro, Signore,E splenda ad essi la luce perpetua.

Signore, pietà.Cristo, pietà.Signore, pietà

Giorno d’ira sarà quel giorno,Quando il mondo diventerà cenere,Come annunziarono Davide e la Sibilla.Quale spavento ci sarà all’apparireDel Giudice, che su tuttoFarà un esame severo!

L’alto squillo di tromba passerà ovunqueSulle tombe e raccoglieràTutti dinanzi al trono.Natura e morte, con stupore,Vedranno gli uomini risorgerePer rendere conto al Giudice.Allora sarà aperto il libroSul quale tutto è segnato,Per il giudizio del mondo.Davanti al Giudice, assiso in trono,Apparirà ogni segreto,Niente rimarrà impunito.Nella mia miseria, che dirò?Che avvocato inviterò,Se il giusto è appena sicuro?

O Re di terribile maestà,Che salvi chi vuoi, per tuo dono:

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salva me, fons pietatisRecordare, Jesu pie,quod sum causa tuae vitae,ne me perdas illa die.Quaerens me sedisti lassus,redemisti crucem passus;tantus labor non sit cassus.Juste judex ultionis,donum fac remissionisante diem rationis.Ingemisco tamquam reus,culpa rebet vultus meus,supplicanti parce, Deus.Qui Mariam abolvistiat latronem exaudisti,mihi quoque spem dedisti.Preces meae non sunt dignae,sed tu bonus fac benigne,ne perenni cremer igne.Inter oves locum praestaet ab hoedis me sequestra,statuens in parte dextra.

Confutatis maledictis,flammis acribus addictis,voca me cum benedictis.Oro supplex et acclinis,cor contritum quasi cinis,gere curam mei finis.

Lachrymosa dies illaqua resurget ex favillajudicandus homo reus;huic ergo parce Deus.Pie Jesu, Domine,dona eis requiem.

OffertoriumDomine Jesu Christe, rex gloriae,Libera animas omnium fidelium defunctorumde poenis inferniet de profundo lacu.Libera eas de ore leonis,ne absorbeat eas tartarus,

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Salvami, o sorgente d’amore!O Gesù amoroso, ricorda che per meTu sei venuto,Non lasciarmi perire in quel giorno.Per cercarmi ti sei affaticato;Per salvarmi hai sofferto la croce;Non sia inutile tale sofferenza!O Giudice, giusto per punire,Concedimi il perdonoPrima del giorno del giudizio.Come un colpevole, io tremo,E il rossore è sul mio volto:O Dio, perdona chi ti supplica!Tu, che hai perdonato MariaEd esaudito il ladrone,A me pure hai dato speranza.Le mie suppliche non sono degne:Ma tu, buono, concedi benignoChe io non bruci nel fuoco eterno.Mettimi fra gli agnelli,E, separandomi dai capri,Ponimi alla tua destra.

Mentre saranno confusi i maledettiE condannati al fuoco divorante,Tu chiamami insieme ai benedetti.Ti supplico umilmente prostrato,Con il cuore spezzato, come polvere,Prendi a cuore il mio destino.

Giorno di pianto sarà quel giorno,Quando dalle ceneri risorgeràIl peccatore per ascoltare la sentenza.O Dio, concedigli il perdono!O pietoso Signore Gesù,dona loro il riposo.

Signore Gesù Cristo, Re della gloria!Libera tutti i fedeli defuntidalle pene dell’infernoe dell’abisso.Salvali dalla bocca del leone;che non li afferri l’inferno

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ne cadant in obscurum;sed signifer sanctus Michaelrepresentet eas in lucem sanctam,quam olim Abrahae promisistiet semini ejus.

Hostias et preces tibi, Domine,laudis offerimus,tu suscipe pro animabus illis,quarum hodie memoriam facimus:fac eas, Domine, de mortetransire ad vitam,quam olim Abrahae promisistiet semini ejus.

Sanctus et BenedictusSanctus, sanctus, sanctus,Dominus Deus Sabaoth,pleni sunt coeli et terra gloria Tua,hosanna in excelsis.

Benedictus qui venit in nomine Domine,hosanna in excelsis.

Agnus DeiAgnus Dei, qui tollis peccata mundi,dona eis requiem.Agnus Dei, qui tollis peccata mundi,dona eis requiem sempiternam.

Lux aeternaLux aeterna luceat eis, Domine,cum sanctis tuis in aeternum,quia pius es.Requiem aeternam dona eis, Domine,et lux perpetua luceat eis.

Cum sanctis tuis in aeternum,quia pius es.

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e non scompaiano nel buio.L’arcangelo San Micheleli conduca alla santa luceche tu un giorno hai promessoad Abramo e alla sua discendenza.

Noi ti offriamo, Signore,sacrifici e preghiere di lode.Accettali per l’anima di quellidi cui oggi facciamo memoria.Fa’ che passino, Signore,dalla morte alla vitache tu un giorno hai promessoad Abramo e alla sua discendenza.

Santo, santo, santoil Signore Dio dell’Universo,i cieli e la terra sono pieni della Tua gloria,Osanna nell’alto dei cieli.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore,Osanna nell’alto dei cieli.

Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,dona loro il riposo.Agnello di Dio che togli i peccati del mondo,dona loro l’eterno riposo

Splenda ad essi la luce perpetuainsieme ai tuoi santiin eterno, o Signore, perché tu sei buono.L’eterno riposo dona loro, Signoree splenda ad essi la luce perpetua.

Insieme ai tuoi santiin eterno, Signore, perché tu sei buono.

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L’Orchestra della Toscana.

Il Coro da Camera di Praga.

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GIANLUIGI GELMETTI

Ex-chigianista, è stato allievo di Sergiu Celibidache, di Franco Ferrara eHans Swarowsky. Il debutto con i Berliner Philharmoniker ha segnato l’ini-zio della sua carriera internazionale che oggi lo vede regolarmente invitatonei maggiori festival e ospite delle orchestre più prestigiose: particolarmen-te intenso e significativo è stato il suo rapporto con i Münchner Philharmo-niker durante il periodo di Sergiu Celibidache.Per dieci anni è stato Direttore dell’ Orchestra della Radio di Stoccardacon la quale ha eseguito fra l’altro l’integrale sinfonico-corale di Beetho-ven, Brahms, Mahler e gran parte della produzione mozartiana.Grande rilievo hanno avuto le sue presenze in Francia, Germania, Inghilter-ra, in America, Australia, in Giappone, Svizzera e Italia (Scala e Opera diRoma). Molteplici sono stati i suoi impegni italiani con Iris di Mascagni eLa Fiamma di Respighi all’Opera di Roma, con il Guglielmo Tell al Rossi-ni Opera Festival, Festival dove é considerato il decano, avendo diretto ilmaggior numero di produzioni, ultima tra queste il Tancredi con l’Orche-stra della Toscana nell’edizione del 1999. Nello stesso anno è stato insigni-to del Rossini d’Oro. Con la Royal Opera House di Londra Gelmetti ha unrapporto costante: vi ha già diretto La Rondine di Puccini e l’Otello diRossini. Vi tornerà nelle prossime stagioni ancora con La Rondine e con laTurandot.La prestigiosa rivista tedesca Operwelt lo ha premiato come migliore diret-tore dell’anno per la sua interpretazione delle Nozze di Figaro di Mozart.La critica giapponese ha designato la sua Sinfonia n.9 di Beethoven comela migliore dell’anno.La vasta produzione discografica per EMI soprattutto, ma anche per Sony,Ricordi, Fonit, Teldec e Agorà, è rivelatrice dell’estensione e della com-plessità del suo repertorio. In campo lirico ricordiamo la prima incisionemondiale delle Danaïdes di Salieri, Il barbiere di Siviglia, La gazza ladrae Maometto II di Rossini (Prix de la Critique), La rondine e La bohème diPuccini e, tra i laser-video, gli atti unici di Rossini, oltre a Tancredi e Ilratto dal serraglio di Mozart.Sinfonie di Mozart e molta musica del Novecento tra cui Stravinskij, Berg(Diapason d’Or), Webern, Varèse e Rota.Recenti sono le registrazioni di Guglielmo Tell, Iris, La fiamma, dellaSinfonia n.6 di Bruckner e dello Stabat Mater di Rossini e, in DVD, laGrande di Schubert.Per commemorare i dieci anni della morte di Franco Ferrara, Gelmetti haripreso, dopo un lunghissimo silenzio, l’attività compositiva con In Paradi-sum Deducant Te Angeli, che è stato eseguito per la prima volta dall’Or-chestra e dal Coro del Teatro dell’Opera di Roma e in seguito a Londra,Monaco, Francoforte, Budapest, Sydney e Stoccarda.Con i Münchner Philharmoniker ha diretto la prima esecuzione di Algosper grande orchestra e nel 1999 Prasanta Atma, commissionato in memoriadi Sergiu Celibidache. Il 29 settembre 2000 è stata eseguita a Bologna, inprima mondiale, la sua Cantata della vita, per soli, coro, violoncello solistae orchestra, commissionatagli dal Teatro Comunale. Ha ricevuto numeroseonorificenze, tra cui quella di “Chevalier de l’ordre des Arts et Lettres” inFrancia e di “Grande Ufficiale della Repubblica Italiana”.Attualmente è Direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma e Diretto-re Principale e Artistico della Sidney Symphony Orchestra.È docente di Direzione d’orchestra all’Accademia Musicale Chigiana dal1997.

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ORCHESTRA DELLA TOSCANA

Si è formata a Firenze nel 1980 per iniziativa della Regione Toscana, dellaProvincia e del Comune di Firenze. Nel 1983, durante la direzione artisticadi Luciano Berio, è diventata Istituzione Concertistica Orchestrale per rico-noscimento del Ministero del Turismo e dello Spettacolo.Attualmente la direzione artistica è affidata ad Aldo Bennici, uno dei padrifondatori dell’ORT.Composta da 45 musicisti, che si suddividono anche in agili formazionicameristiche, l’Orchestra realizza le prove e i concerti, distribuiti poi intutta la Toscana, nello storico Teatro Verdi, situato nel centro di Firenze.Le esecuzioni fiorentine sono trasmesse su territorio nazionale da RadioraiTre.Interprete duttile di un ampio repertorio che dalla musica barocca arrivafino ai compositori contemporanei, l’Orchestra riserva ampio spazio aHaydn, Mozart, tutto il Beethoven sinfonico, larga parte del barocco stru-mentale, con una particolare attenzione alla letteratura meno eseguita.Accanto ai grandi capolavori sinfonico-corali si aggiungono i Lieder diMahler, le pagine corali di Brahms, parte del sinfonismo dell’Ottocento conuna posizione di privilegio per Rossini. Una precisa vocazione per il Nove-cento storico, insieme a una singolare sensibilità per la musica d’oggi,caratterizzano la formazione toscana nel panorama musicale italiano.Ospite delle più importanti società di concerti italiane, si è esibita congrande successo al Teatro alla Scala di Milano, al Maggio Musicale Fio-rentino, al Comunale di Bologna, al Carlo Felice di Genova, all’Audito-rium “G. Agnelli” del Lingotto di Torino, all’Accademia di S. Cecilia diRoma, alla Settimana Musicale Senese, al Ravenna Festival, al RossiniOpera Festival e alla Biennale di Venezia.Numerose le sue apparizioni all’estero a partire dal 1992: Germania, Giap-pone, Salisburgo, Cannes, Buenos Aires, San Paolo, Montevideo, Strasbur-go, New York, Edimburgo, Madrid e Hong Kong, a Tokyo per la rassegna“Italia-Giappone 2001-2002”.Tra i prestigiosi musicisti che hanno collaborato con l’ORT citiamo: Salva-tore Accardo, Martha Argerich, Rudolf Barshai, Bruno Bartoletti, YurijBashmet, Luciano Berio, Frans Brüggen, Mario Brunello, Sylvain Cambre-ling, Myung-Whun Chung, Alicia De Larrocha, Gabriele Ferro, Eliot Fisk,Rafael Frübeck de Burgos, Gianandrea Gavazzeni, Gianluigi Gelmetti,Natalia Gutman, Daniel Harding, Eliahu Inbal, Ton Koopman, Gidon Kre-mer, Yo-Yo Ma, Gustav Kuhn, Alexander Lonquich, Andrea Lucchesini,Peter Maag, Peter Maxwell Davies, Mischa Maisky, Sabine Meyer, Midori,Shlomo Mintz, Viktoria Mullova, Roger Norrington, Esa Pekka Salonen,Hansjoerg Schellenberger, Heinrich Schiff, Vladimir Spivakov, Uto Ughi,Maxim Vengerov.La discografia comprende musiche di Schubert e di Cherubini con DonatoRenzetti (Europa Musica), Pierino e il lupo e L’Histoire de Babar conPaolo Poli e Alessandro Pinzauti (Caroman), Cavalleria rusticana conBruno Bartoletti (Foné), Il barbiere di Siviglia con Gianluigi Gelmetti(EMI Classics), Omaggio a Mina e Orfeo cantando tolse di Adriano Guar-nieri con Pietro Borgonovo (Ricordi) e lo Stabat Mater di Rossini conGianluigi Gelmetti (Agorà), Tancredi con Gianluigi Gelmetti (Foné), HolySea con Butch Morris (Splasc-h), Richard Galliano e I Solisti dell’Ort(Dreyfus), Le Congiurate di Schubert con Gérard Korsten per la regia diDenis Krief, Concertone con Stefano Bollani (Blue Label).

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CORO DA CAMERA DI PRAGA

Fondato nel 1990, dopo la “rivoluzione di velluto” in Cecoslovacchia, ècomposto dalle migliori voci del celebre Coro Filarmonico di Praga e hasaputo affermarsi come uno dei migliori cori da camera europei. È statoospite di numerosi festival (Amburgo, Stoccarda, Praga, Linz, Autwerp,Berlino, Lipsia, Zurigo, Brescia e Bergamo, ecc); nell’estate del 1993 hacollaborato alla produzione del Maometto II al Rossini Opera Festival diPesaro. È stato ospite all’esposizione mondiale di Siviglia e dei teatri diFirenze, Genova, Ginevra ed i suoi concerti sono stati trasmessi dalla BBC,dall’ORF e dalla Radio Bavarese. Significativa è la sua permanente colla-borazione con la Filarmonica Ceca. Nel ‘97 ha cantato alla presenza di SuaSantità Giovanni Paolo II nel solenne atto commemorativo di Papa PaoloVI nel centenario della sua nascita. Il Coro da Camera di Praga ha all’atti-vo incisioni per diverse case discografiche (Orfeo, ECM, Ricordi), appari-zioni televisive, collaborazioni con l’Orchestra da Camera di Praga, laFilarmonica di Amburgo, l’Orchestra da Camera di Stoccarda, i Virtuosi diPraga, l’Orchestra Regionale Toscana, nonché con direttori d’orchestraquali Neumann, Albrecht, Eschenbach, Blomstedt, Gelmetti, Norrington,Honeck, Parrott, Lu Jia, Brüggen ed i direttori di coro Rilling, Ericson,Bornius, Gonnenwein, Gandolf. Ha effettuato tournées in tutti gli statieuropei, in Australia e in Giappone.

PAVEL VANEK

Nato nel 1957 a Domazlice, ha terminato gli studi di pianoforte nel 1979al Conservatorio di Pilsen. Fra il 1982 ed il 1984 ha collaborato con ilTeatro dell’Opera di Pilsen.Dal 1986 al 1991 ha studiato direzione di coro presso l’Accademia diMusica di Praga.Dal 1985 è stato secondo maestro di coro del Coro Maschile di Praga enel 1989 è divenuto Assistente del Coro del Teatro Nazionale di Praga,dove dal 1992 ha assunto l’incarico di secondo maestro di coro, collabo-rando con i più importanti cori della Repubblica Ceca (Filarmonica diPraga, Coro da Camera di Praga, Radio della Radio Ceca).Dal 2000 è Direttore principale del Coro del Teatro Nazionale, dove hapreso parte ad una trentina di prime rappresentazioni (Rigoletto, Pagliacci,Tosca, Carmen, Don Giovanni, Il flauto magico, ecc.).

ANNA RITA TALIENTO

Vincitrice di numerosi concorsi nazionali ed internazionali, tra cui il “Bel-vedere” di Vienna, dove, nel 1993, ha ottenuto il primo premio assoluto,ha intrapreso giovanissima la carriera internazionale.Dopo il debutto al Festival dei Due Mondi di Spoleto e al Teatro Comuna-le di Bologna, con Riccardo Chailly, nel Trittico di Puccini, nel 1993 inci-de a Vienna per la DECCA il Capriccio di R. Strauss (Cantante Italiana)con i Wiener Philharmoniker.Nel 1994 canta all’Accademia di Santa Cecilia a Roma il Requiem diDvoràk, al Rossini Opera Festival di Pesaro L’inganno felice e al TeatroRegio di Torino l’Orfeo e Euridice di Gluck. Dal 1995 è ospite dei più prestigiosi teatri in Italia e nel mondo; Covent Gar-den di Londra, Comunale di Bologna, Comunale e Maggio Musicale diFirenze, Rossini Opera Festival, Accademia Nazionale di Santa Cecilia,Regio di Torino, Arena di Verona, San Carlo di Napoli, Opera di Roma, LaMonnaie di Bruxelles, Alte Oper di Francoforte, Royal Albert Hall di Londra.

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Anna Rita Taliento.

Laura Polverelli.

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Ha collaborato con i più importanti direttori nel panorama internazionalecome Gianluigi Gelmetti, Riccardo Chailly, Daniel Oren, Daniele Gatti,Bruno Campanella, Claudio Abbado, Alain Lombard, Myung-Whun Chung. Il suo ampio repertorio comprende titoli tra cui Mosè in Egitto e Semirami-de di Rossini; Carmen di Bizet; Gianni Schicchi e Suor Angelica di Pucci-ni; La clemenza di Tito, Don Giovanni, Le nozze di Figaro e Così fan tuttedi Mozart; Faust di Gounod; Don Pasquale di Donizetti; La bohème diPuccini; Dido and Aeneas di Purcell.Intensa è l’attività concertistica; di particolare interesse è infatti il vasto edeclettico repertorio che spazia dalla musica barocca agli autori contempora-nei. Ha tra l’altro eseguito i Vier letzte Lieder di R. Strauss; la PetiteMesse Solemnelle e lo Stabat Mater di Rossini; la Messa in do min. diMozart; il Messiah di Händel; il Gloria di Vivaldi; l’Oratorio di Natale ele Cantate di Bach; musiche di Dalla piccola, Pizzetti e Corghi, i FolkSongs di Berio; i Carmina Burana di Orff, la Sinfonia n. 9 di Beethoven.È stata ospite dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma, dove hainterpretato tra gli altri il Requiem di Mozart, il Magnificat di Bach e il TeDeum di Charpentier. È stata ospite del Teatro dell’Opera di Roma in occasione dell’inaugurazio-ne 2004 con l’inedita di Respighi Marie Victoire, con la regia di Hugo DeAna, e 2005 con Semiramide di Rossini, con la regia di Pierluigi Pizzi,dirette dal M° Gianluigi Gelmetti; con Don Giovanni di Mozart per l’inau-gurazione 2006, regia di Franco Zeffirelli e direzione di Hubert Soudant.Tra i suoi impegni più recenti si segnalano Così fan tutte, regia e direzionedi Gianluigi Gelmetti, Le nozze di Figaro, regia di Gigi Proietti e direzionedi G. Gelmetti, Il viaggio a Reims di Rossini con la regia di Luca Ronconie la direzione di Carlo Rizzi e La leggenda di Sakùntala di Alfano con laregia e la direzione di G. Gelmetti.

LAURA POLVERELLI

Vincitrice di Concorsi nazionali ed internazionali, è ospite di importantiistituzioni musicali italiane ed estere tra cui: Accademia Chigiana di Siena,Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Bayerische Staatsoper, Festival deBeaune, Festival de St. Denis, Festival di Innsbruck, Festival di Orange,Festival Mozart della Coruña, Festival di Glyndebourne, Maggio MusicaleFiorentino, Opéra de Lyon, Opéra de Montecarlo, Opéra Municipal di Lau-sanne, Rossini Opera Festival, Scala di Milano, Staatsoper di Amburgo,Teatro Carlo Felice di Genova, Teatro Comunale di Bologna, TeatroComunale di Ferrara, Teatro La Fenice, Teatro Réal di Madrid, TeatroRegio di Torino, Teatro San Carlo, Théâtre des Champs Elysées, ThéâtreRoyal de la Monnaie, Vlaamse Opera di Anversa.Ha collaborato con musicisti quali Claudio Abbado, Rinaldo Alessandrini,Gary Bertini, Fabio Biondi, Riccardo Chailly, Ottavio Dantone, ColinDavis, Gianluigi Gelmetti, Jesus Lopez-Cobos, René Jacobs, Jean-ClaudeMalgoire, Andrea Marcon, Zubin Mehta, Riccardo Muti, Carlo Rizzi, Chri-stophe Rousset, Jeffrey Tate.Il suo repertorio comprende ruoli rossiniani e mozartiani: Rosina nel Bar-biere di Siviglia, Angelina ne La Cenerentola, Isabella nell’Italiana inAlgeri, Isolier ne Le Comte Ory , La petite messe solennelle e StabatMater; Dorabella, Annio e Sesto, Cherubino, Zerlina, Idamante.Al Teatro alla Scala è stata Puck nell’Oberon di Weber e Fenena nelNabucco con Riccardo Muti, Ascanio nei Troyens di Berlioz con ColinDavis, Zaida nel Turco in Italia con Riccardo Chailly. Ospite regolare del

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Rossini Opera Festival di Pesaro dove ha cantato Isabella di Corghi, Isauranel Tancredi, e Madame La Rose ne La Gazzetta.Apprezzata anche nel repertorio barocco: Argia di Cesti con Renè Jacobsal Festival di Innsbruck e a Parigi, Cornelia e Sesto nel Giulio Cesare diHändel, Goffredo nel Rinaldo, Proserpina e Musica nell’Orfeo di Monte-verdi, Amore e Valletto nell’Inconorazione di Poppea, Irene nel Tamerlanodi Händel, Licida ne L’Olimpiade di Pergolesi.La sua intensa attività concertistica comprende: Stabat Mater di Pergolesi,il Nisi Dominus e Gloria di Vivaldi, la Matthäus-Passion e la Messa in siminore di Johann Sebastian Bach, la Messa in do minore K. 427 diMozart, La Passione di Gesù Cristo di Caldara, Villancicos di Boccherini,L’Enfance du Christ di Berlioz.Tra gli impegni recenti si segnalano: al Teatro Regio di Torino e all’Operadi Montecarlo, Dorabella nel Così fan tutte, al Teatro dell’Opera di Romae alla Fenice, Rosina nel Barbiere di Siviglia, alla Bayerische Staatsoper diMonaco Sesto nel Giulio Cesare di Händel, a Montpellier e al Théâtre duChâtelet, Emone nell’Antigona di Traetta con Christophe Rousset al CentroServizi Culturali di Trento, Idamante nell’Idomeneo, al Teatro delle Musedi Ancona, L’Enfant et les Sortilèges al Teatro Nacional de São Carlos diLisbona, La Donna del Lago al Teatro La Fenice, Pia de’ Tolomei, di cuiesiste un dvd.Inoltre grande successo ha riscosso in America interpretando il ruolo diRosina nel Barbiere di Siviglia di Rossini a Philadelphia, ruolo che conrinnovato successo ha riproposto all’Opera di Roma sotto la direzione diGianluigi Gelmetti.Nell’anno mozartiano in corso, numerose le sue interpretazioni mozartiane,a Stresa sotto la direzione di Noseda, a Roma, sotto la direzione di Gel-metti.Apprezzata interprete anche di altri autori, e quindi segnaliamo le suerecentissime interpretazioni a Bari ne L’Enfant et les Sortilèges e a Triestenel Don Quichotte.Dopo Napoli dove ha interpretato Dorabella nel Così fan tutte di Mozart, èritornata nella natìa toscana per una serie di esecuzioni dello Stabat Materdi Pergolesi e per Falstaff di Verdi al Teatro Comunale di Firenze sotto ladirezione di Zubin Mehta.

JUAN FRANCISCO GATELL

Juan Francisco Gatell Abre, tenore ispano-argentino, nasce a La Plata(Argentina) nel 1978. All’età di nove anni inizia gli studi musicali presso ilConservatorio G. Gilardi della sua città. Nel 2000 si trasferisce in Spagna,dove continua l’approfondimento ed il perfezionamento dei suoi studi musi-cali presso il Conservatorio Arturo Soria di Madrid. Partecipa a diversicorsi di formazione, tra i quali, quelli di tecnica vocale e di interpretazionetenuti dalla Sig.ra Teresa Berganza a Santander (Spagna) e dal Sig. Brunode Simone a Pisa. Attualmente è allievo del Maestro Luciano Roberti.La sua esperienza si è consolidata anche attraverso la partecipazione comecorista presso il Teatro del Liceu di Barcellona, quello della Radiotelevisio-ne Spagnola, e presso il Coro del Maggio Musicale Fiorentino.Dal 2004 si esibisce come solista in alcuni fra i più importanti teatri italiani. Come risultato della segnalazione fatta nell’ambito del VIII Ciclo de Jòve-nes Cantantes de la Asociaciòn de Amigos de la Opera de Madrid hatenuto un recital presso l’Auditorio dell’Escuela Superior de Canto deMadrid. Nel 2004 ha ottenuto il Premio Caruso 2004 (concorso Le voci

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Juan Francisco Gatell.

Alessandro Guerzoni.

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nuove dalla lirica dall’Associazione Museo Enrico Caruso) in un concertotenutosi Domenica 19 Settembre 2004 presso la Sala Grande del TeatroDal Verme di Milano. Ha partecipato inoltre al concerto tenutosi a VillaCaruso (Lastra a Signa) in occasione dell’assegnazione del Premio Caruso2004 al Baritono Leo Nucci.Nel maggio 2004 debutta in un ruolo secondario al Maggio Musicale Fio-rentino nell’Idomeneo di Mozart ed in seguito partecipa nel Viaggio aReims di Rossini come Don Luigino. Nel dicembre 2004 canta per Città Lirica Opera Studio il ruolo di Acisnella pastorale di Händel Acis and Galatea nei teatri di Pisa, Livorno eChieti. Nell’Aprile 2005 interpreta Ernesto nel Don Pasquale di Donizettinel teatro Pacini di Pescia e Rinuccio nel Gianni Schicchi di Puccini neiteatri Manzoni di Pistoia e dei Rassicurati di Montecarlo come vincitoredel 7° concorso Città di Pistoia.Nella stagione 2005 del Maggio Musicale Fiorentino canta l’Innocente nelBoris Godunov di Mussorgsky e recentemente ha cantato i ruoli del Contedi Almaviva nel Barbiere di Siviglia di Rossini diretto da Gelmetti, e DonOttavio nel Don Giovanni di Mozart, sotto la direzione di Soudant e laregia di Zeffirelli, al Teatro dell’Opera di Roma.Ha vinto il Primo Premio assoluto del 57° Concorso ASLICO, come DonOttavio nel Don Giovanni di Mozart.

ALESSANDRO GUERZONI

Nato a Pescara, debutta nel 1993 al Teatro La Fenice di Venezia nellaBohème diretta da M. Viotti.Interpreta in seguito numerosi ruoli operistici, fra i quali Plutone nell’Orfeodi Monteverdi al Teatro Real di Madrid (dir. J. Savall, regia di G. Deflo) ea Torino, il ruolo da protagonista nell’Ercole amante di Cavalli a Ravenna,Sprecher in Die Zauberflöte (regia di W. Herzog) a Catania, il ConteRodolfo nella Sonnambula a Torino, Barone nella Traviata a Firenze (dir.Zubin Mehta) e al Teatro Regio di Parma (dir. R. Palumbo), Pristaw inBoris Godonov (dir. S. Bychkov) al Maggio Musicale Fiorentino, FrèreLaurent in Roméo et Juliette di Gounod al Teatro Regio di Torino, Plakein Sly di Wolf-Ferrari a fianco di Josè Carreras (oggetto di un’incisionediscografica), Sir Giorgio nei Puritani di Bellini al Gran Teatre del Liceudi Barcellona, il Re ne L’amour des trois Oranges di Prokof’ev, Il fratenel Don Carlo a Köln, Roucher in Andrea Chénier, Gremin in EvgenjiOnegin a Sassari e Les contes d’Hoffmann al Teatro Regio di Parma.Fra le interpretazioni più rilevanti si ricordano Don Giovanni (Masetto ecommendatore; dir. C. Abbado e, nella ripresa, Daniel Harding) ad Aix-en-Provence, Stoccolma, Lione, Milano, Bruxelles e Tokyo ed in altre produ-zioni alla Scottish Opera, Edimburgo e Köln, Bohème (Colline) al Téatrede La Monnaie di Bruxelles (dir. A. Pappano), al Teatro San Carlo diNapoli, ad Edimburgo, Glasgow, Lussemburgo e al Festival Pucciniano diTorre del Lago (regia di Scaparro e scene di Folon), Rigoletto (Sparafucile)al Teatro Regio di Parma, ad Edimburgo, Glasgow e a Sassari, nonché DieZauberflöte (Sarastro) a Köln.Attivo anche sul versante concertistico, è stato ospite di prestigiosi istitu-zioni e festival internazionali, tra i quali, il Teatro Filarmonico di Verona,Ferrara Musica, Mozarteum di Salisburgo e il Théatre Royal de La Mon-naie di Bruxelles. Il suo repertorio spazia da Monteverdi a Mozart conopere quali Requiem, Vesperae, Krönungsmesse, Thamos, König inAgypten. Di rilievo le interpretazioni del Requiem all’Accademia di Santa

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Cecilia in Roma (dir. M.W. Chung) e a Bruxelles (dir. A. Pappano), dellaMessa di Gloria di Puccini (dir. A. Pappano), dello Stabat Mater di Rossi-ni, de La Creazione di Haydn e dei Liederabend dedicati a Brahms. Nella stagione 2004/05 ha riscosso unanimi consensi al Rossini OperaFestival interpretando Il trionfo delle Belle (Aliprando). Fra gli altri succes-si si ricordano Attila (Papa Leone) al Teatro dell’Opera di Roma, OedipusRex e Semiramide), Boris Godunov (Capitano) al Maggio Musicale, Car-men (Zuniga) al Teatro Lirico di Cagliari. La stagione 2005/06 si è aperta con le interpretazioni di Don Giovanni(Commendatore) al Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles con relativatournée in Giappone, La Bohème (Colline) al Teatro Municipale di Salernoe ancora Don Giovanni (Commendatore) al Teatro dell’Opera di Roma. Èreduce, inoltre, dai successi ne Il Barbiere di Siviglia (Don Basilio) al Tea-tro Lirico di Cagliari e in Sacuntala (Durvasas) al Teatro dell’Opera diRoma per la regia e la direzione d’orchestra di G. Gelmetti.

SopraniMonika Beranová Anna Bínerová Sylvie LastovkováDagmar MaskováJarmila MihálikováNadia NovotnáVera PribylováLucie SádkováBronislava TomanováDana UherkováOlga VelickáPavla Zobalová

MezzosopraniMarie BenákováDana DubováZuzana HanzlováTatiána KopalováMartina StrakováVeronika TicháIvana VlasákováEva Zbytovská

TenoriVladimír DolejsíRoman GottliebJan HonckLibor KasíkAles MihálikTomás MikuleckyVladimír NacházelRadek PrüglPavel Vejnar

BassiJan BínerKamil HelikovskyJan HolubVladimír KozusníkPavel NovákDavid NyklPetr SejpalJaroslav SefrnaVladimír Vihan

Coro da Camera di Praga

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Violini primiAndrea Tacchi *Duccio Ceccanti *Paolo Gaiani **Patrizia Bettotti Marcello D’AngeloAlessandro GianiCosetta MichelagnoliBoriana NakevaSusanna Pasquariello

Violini secondiChiara Morandi *Giorgio Ballini *Francesco Di Cuonzo **Gabriella ColomboMarian EllemanChiara FolettoDaniele IannacconeAndrea Nanni Marco Pistelli

VioleStefano Zanobini *Riccardo Masi *Joël Impérial **Caterina Cioli Alessandro Franconi Hildegard KuenPier Paolo Ricci

VioloncelliLuca Provenzani *Giovanni Lippi *Christine Dechaux **Stefano Battistini Leandro CarinoMarilena Cutruzzula’ Françoise Pérez

ContrabbassiGianpietro Zampella *Luigi Giannoni **Lorenzo BaroniFrancesco FerroniMarcello Maccari

Corni di bassettoCarlo Failli *Marco Ortolani *

FagottiPaolo Carlini *Umberto Codeca’ *

TrombeDonato De Sena*Emanuele Casieri *

TromboniAntonio Sicoli *Fabiano Fiorenzani Fabio Costa

TimpaniMorgan M.Tortelli *

OrganoFrancesco Dilaghi *

Ispettore d’orchestra earchivistaAlfredo Vignoli

* prime parti** concertino

Orchestra della Toscana

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75a ESTATE MUSICALE CHIGIANA63a SETTIMANA MUSICALE SENESE

Artisti

Salvatore Accardo violinista e direttoreJoquin Achucarro pianoforteAllievi Chigiani archiGilles Arbona attoreCristina Baggio sopranoAstrid Bas attriceJurij Bashmet violaRomina Basso mezzosopranoBoris Belkin violinoMichele Campanella pianoforteGiuliano Carmignola violinista e direttoreMyung-Whun Chung direttoreCoro da Camera di PragaFestival Orchestra di SofiaPatrick Gallois flautoJuan Francisco Gatell tenoreGianluigi Gelmetti direttoreDavid Geringas violoncelloBruno Giuranna violaFranziska Gottwald mezzosopranoAlessandro Guerzoni bassoStepan Jakoviã violinoDany Kogan attriceGeorge Lavaudant registaPaul Lewis pianoforteSergej Lomovskij violinoRuth Rosique Lopez sopranoNina Maãaradze violaAndrea Marcon direttoreAntonio Meneses violoncelloMikhail Muntjan pianoforteBartolo Musil baritonoAlexej Naidenov violoncelloAlipi Naydenov direttoreOrchestra Sinfonica Nazionale della RAIOrchestra della Toscana

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Orchestra Filarmonica di San PietroburgoOrchestra Barocca di VeneziaOrchestra da Camera di MantovaOrchestra da Camera ItalianaAntony Pay clarinettoLuca Pfaff direttoreMaurizio Pollini pianoforteLaura Polverelli mezzosopranoQuartetto Prometeo archiLaura Rizzetto mezzosopranoChristophe Rousset clavicembaloTatjana Schatz pianoforteAnna Rita Taliento sopranoJurij Temirkanov direttoreMark Tucker tenorePavel Vanek maestro del coroJean-Pierre Vergier costumistaFolco Vichi pianoforteAndré Wilms attore

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75a ESTATE MUSICALE CHIGIANA63a SETTIMANA MUSICALE SENESE

Autori e brani musicali

J.S. BachOuvertüre nach französicher Art BWV 831 in si min.

BattistelliLes Cenci, teatro musicale da Antonin Artaud, adattamento del testodi Giorgio Battistelli (prima esecuzione italiana)

BeethovenSonata in sol magg. op. 79Sonata in si bem. magg. op. 106 “für das Hammerklavier”

BernsteinSonata per clarinetto e pianoforte

BrahmsOtto Klavierstücke op. 76Sonata in fa min. op. 120 n. 1 per clarinetto e pianoforteSerenata n. 2 in la magg. op. 16Trio in la min. op. 114 per viola, violoncello e pianoforteTrio in mi bem. magg. op. 40 per violino, viola e pianoforteQuintetto in si min. op. 115 per viola e archiSestetto in sol magg. op. 36 per archiSestetto in si bem. magg. op. 18 per archi

CageSonata per clarinetto solo

âajkovskijSouvenir de Florence op. 70 per sestetto d’archi

F. CouperinVIII Ordre (extrait du Second Livre de Pièces de clavecin en simineur)

L. CouperinPavane in fa diesis min.

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DebussyPremière Rhapsodie per clarinetto e pianoforte

De FallaIl cappello a tre punte, seconda suite

DelgadoLangará per clarinetto solo

LisztDanza sacra e duetto finale dall’opera Aida di Giuseppe Verdi

MalipieroVivaldiana per orchestra

MozartConcertoin si bem. magg. K. 207 per violino e orchestraConcerto in re magg. K. 211 per violino e orchestraConcerto in re magg. K. 218 per violino e orchestraConcerto in sol magg. K. 216 per violino e orchestraConcerto in la magg. K. 219 per violino e orchestraConcertone in do magg. K. 190 per due violini e orchestraRequiem K. 626 per soli, coro e orchestraQuartetto in do magg. K. 285b per flauto e archiQuartetto in in sol magg. K. 285a per flauto e archiQuartetto in re magg. K. 285 per flauto e archiQuartetto in la magg. K. 298 per flauto e archiFantasia in do min. K. 475Sonata in do min. K. 457Adagio in si min. K. 540Sonata in re magg. K. 576

MusorgskijQuadri di un’esposizione per pianoforte

RavelLa Valse per orchestraMa mère l’Oye, suite per orchestra

Rimskij-KorsakovLa grande Pasqua russa, ouverture op. 36 per orchestraSuite da Il gallo d’oro per orchestra

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Saint-SaënsSonata per clarinetto e pianoforte

SchönbergVerklärte Nacht per sestetto d’archi

SchubertSonata in la min. D. 821 “Arpeggione” per violoncello e pianoforte

SchumannFantasiestücke op. 73 per clarinetto e pianoforteConcerto in la min. op. 54 per pianoforte e orchestra

SenderovasDavid’s Song per violoncello e quartetto d’archi, dedicato a DavidGeringas (prima esecuzione italiana)

·ostakoviãSinfonia n. 5 in re min. op. 47Scherzo in fa diesis min. op. 1Concerto n. 1 in la min. op. 77 per violino e orchestraAdagio dal balletto Chiaro fiumeSonata in re min. op. 40 per violoncello e pianoforte

StravinskijLa sagra della PrimaveraTre Pezzi op. 73 per clarinetto solo

Antonio VivaldiL’Atenaide, dramma per musica in tre atti su libretto di ApostoloZeno

VladigerovCanzone dalla Suite bulgara op. 21 per orchestra

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Pubblicazione della FondazioneAccademia Musicale Chigiana – Siena

A cura diGuido Burchi

GraficaMarusca Pradelli Rossi

StampaTipografia Senese, Siena, 2006