scompenso cardiaco acuto > scompenso cardiaco consensus conference 2006

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387 Perché una Consensus Conference sui percorsi assistenziali del paziente con scompenso cardiaco I mutamenti sociodemografici e i progressi della medicina hanno profondamente cam- biato lo scenario dei bisogni assistenziali, nel nostro come in altri paesi occidentali, spostando l’asse delle cure dalle patologie acute a malattie croniche che, spesso coesi- stenti fra loro, colpiscono una popolazione sempre più anziana e assorbono una pro- porzione sempre maggiore della spesa sa- nitaria. La cronicità è quindi il nuovo sce- nario con cui i professionisti e le istituzioni devono confrontarsi per sviluppare risposte assistenziali efficaci e sostenibili. L’esigenza primaria di offrire ai pazien- ti chiari punti professionali di riferimento lungo tutto il percorso di cura può trovare soluzione solo dalla consapevole messa in atto di esplicite strategie gestionali, condi- vise dalle diverse professionalità sanitarie e sostenute a livello istituzionale. Lo scompenso cardiaco è oggi nel mon- do occidentale una delle patologie croniche a più alto impatto sulla sopravvivenza, sul- la qualità di vita dei pazienti e sull’assorbi- mento di risorse. Tuttavia la risposta com- plessiva del sistema ai bisogni di questi pa- zienti non è tuttora ottimale, per le eteroge- neità culturali, professionali, organizzative presenti a tutti i livelli e la mancanza di un coordinamento generale, che si riverberano in un’assistenza spesso discontinua e fram- mentaria. Emerge, quindi, la necessità di ri- definire i ruoli e responsabilità delle diver- se figure professionali nell’ambito di una nuova ed efficiente rete assistenziale al pa- ziente cronico. L’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri, consapevo- le del ruolo centrale, ma non esclusivo, del cardiologo nella cura dello SC, ha promos- so una Consensus Conference fra le Società Scientifiche espressione delle figure pro- fessionali coinvolte nell’assistenza a questi pazienti. La partecipazione ai lavori di rap- presentanti delle istituzioni, dal Ministero della Salute all’Istituto Superiore di Sanità, dalle Agenzie Regionali alle Aziende Sani- tarie Locali, ha consentito l’analisi di alcu- ni aspetti dell’attuale impatto dello SC sul Servizio Sanitario italiano, al fine di meglio contestualizzare i percorsi proposti. Questo documento, scaturito dai lavori della Consensus Conference, si propone di delineare i principi ispiratori dell’organiz- zazione assistenziale per il paziente con SC, in stretta collaborazione tra ospedale e territorio, nel rispetto delle specificità loca- li. Il documento si rivolge innanzittutto agli operatori che si occupano di pazienti con SC, per una presa di coscienza culturale e professionale della necessità di avviare una nuova fase, volta al miglioramento della qualità dell’assistenza per questa patologia e al paziente cronico in generale, e ai rap- presentanti delle istituzioni sanitarie perché il loro sostegno e indirizzo appaiono im- prescindibili per avviare e implementare le strategie assistenziali proposte. Il docu- mento ha una valenza prettamente organiz- zativa e di indirizzo, mentre non analizza problematiche di interesse clinico, per le quali si rimanda alle trattazioni e linee gui- da esistenti 1,2 . Auspicio di questa Consen- sus Conference è che nel breve termine ogni Regione maturi la piena consapevo- lezza della necessità di strutturare una ri- sposta assistenziale, che preveda necessa- riamente l’integrazione tra ospedale e terri- torio, per la gestione di pazienti complessi e cronici come quelli affetti da SC, e la tra- duca in specifici documenti programmatici, in grado di orientare le Aziende Sanitarie e Ospedaliere all’attivazione di interventi ge- stionali strutturati, in accordo con tutte le figure professionali coinvolte. Elementi chiave di questo processo saranno la realiz- © 2006 CEPI Srl Per la corrispondenza: Dr. Andrea Di Lenarda S.C. di Cardiologia Università degli Studi Ospedale di Cattinara Strada di Fiume, 447 34100 Trieste E-mail: [email protected] Consensus Conference Il percorso assistenziale del paziente con scompenso cardiaco (G Ital Cardiol 2006; 7 (6): 387-432)

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Perché una Consensus Conferencesui percorsi assistenzialidel paziente con scompenso cardiaco

I mutamenti sociodemografici e i progressidella medicina hanno profondamente cam-biato lo scenario dei bisogni assistenziali,nel nostro come in altri paesi occidentali,spostando l’asse delle cure dalle patologieacute a malattie croniche che, spesso coesi-stenti fra loro, colpiscono una popolazionesempre più anziana e assorbono una pro-porzione sempre maggiore della spesa sa-nitaria. La cronicità è quindi il nuovo sce-nario con cui i professionisti e le istituzionidevono confrontarsi per sviluppare risposteassistenziali efficaci e sostenibili.

L’esigenza primaria di offrire ai pazien-ti chiari punti professionali di riferimentolungo tutto il percorso di cura può trovaresoluzione solo dalla consapevole messa inatto di esplicite strategie gestionali, condi-vise dalle diverse professionalità sanitarie esostenute a livello istituzionale.

Lo scompenso cardiaco è oggi nel mon-do occidentale una delle patologie cronichea più alto impatto sulla sopravvivenza, sul-la qualità di vita dei pazienti e sull’assorbi-mento di risorse. Tuttavia la risposta com-plessiva del sistema ai bisogni di questi pa-zienti non è tuttora ottimale, per le eteroge-neità culturali, professionali, organizzativepresenti a tutti i livelli e la mancanza di uncoordinamento generale, che si riverberanoin un’assistenza spesso discontinua e fram-mentaria. Emerge, quindi, la necessità di ri-definire i ruoli e responsabilità delle diver-se figure professionali nell’ambito di unanuova ed efficiente rete assistenziale al pa-ziente cronico. L’Associazione NazionaleMedici Cardiologi Ospedalieri, consapevo-le del ruolo centrale, ma non esclusivo, delcardiologo nella cura dello SC, ha promos-so una Consensus Conference fra le Società

Scientifiche espressione delle figure pro-fessionali coinvolte nell’assistenza a questipazienti. La partecipazione ai lavori di rap-presentanti delle istituzioni, dal Ministerodella Salute all’Istituto Superiore di Sanità,dalle Agenzie Regionali alle Aziende Sani-tarie Locali, ha consentito l’analisi di alcu-ni aspetti dell’attuale impatto dello SC sulServizio Sanitario italiano, al fine di megliocontestualizzare i percorsi proposti.

Questo documento, scaturito dai lavoridella Consensus Conference, si propone didelineare i principi ispiratori dell’organiz-zazione assistenziale per il paziente conSC, in stretta collaborazione tra ospedale eterritorio, nel rispetto delle specificità loca-li. Il documento si rivolge innanzittutto aglioperatori che si occupano di pazienti conSC, per una presa di coscienza culturale eprofessionale della necessità di avviare unanuova fase, volta al miglioramento dellaqualità dell’assistenza per questa patologiae al paziente cronico in generale, e ai rap-presentanti delle istituzioni sanitarie perchéil loro sostegno e indirizzo appaiono im-prescindibili per avviare e implementare lestrategie assistenziali proposte. Il docu-mento ha una valenza prettamente organiz-zativa e di indirizzo, mentre non analizzaproblematiche di interesse clinico, per lequali si rimanda alle trattazioni e linee gui-da esistenti1,2. Auspicio di questa Consen-sus Conference è che nel breve termineogni Regione maturi la piena consapevo-lezza della necessità di strutturare una ri-sposta assistenziale, che preveda necessa-riamente l’integrazione tra ospedale e terri-torio, per la gestione di pazienti complessie cronici come quelli affetti da SC, e la tra-duca in specifici documenti programmatici,in grado di orientare le Aziende Sanitarie eOspedaliere all’attivazione di interventi ge-stionali strutturati, in accordo con tutte lefigure professionali coinvolte. Elementichiave di questo processo saranno la realiz-

© 2006 CEPI Srl

Per la corrispondenza:

Dr. Andrea Di Lenarda

S.C. di CardiologiaUniversità degli StudiOspedale di CattinaraStrada di Fiume, 44734100 TriesteE-mail:[email protected]

Consensus ConferenceIl percorso assistenziale del pazientecon scompenso cardiaco

(G Ital Cardiol 2006; 7 (6): 387-432)

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zazione di un’efficiente rete telematica, essenziale sup-porto alla comunicazione, e l’individuazione del coor-dinamento del percorso assistenziale. Ruolo specificodelle Società Scientifiche in questo contesto sarà pro-gettare e condurre all’interno della rete la ricerca clini-ca che nasce dal confronto quotidiano con i bisogni e iproblemi del paziente con SC.

CAPITOLO 1Lo scompenso cardiaco: la realtà italiana

Lo SC è una patologia ad elevata prevalenza, che col-pisce l’1.5-2% della popolazione nel mondo occiden-tale. Prevalenza e incidenza dello SC aumentano inmaniera esponenziale con l’età e i principali determi-nanti dell’assorbimento di risorse per la sua gestionesono i costi dell’assistenza ospedaliera3-8. Non abbia-mo a disposizione studi di popolazione specifici rife-riti alla realtà italiana che ci consentano di definire in-cidenza e prevalenza dello SC nella nostra nazione,mentre è stato possibile, grazie alla collaborazionecon il Ministero della Salute, eseguire un’analisi deiricoveri ospedalieri per questa patologia, che rappre-sentano comunque un indicatore utilizzabile per unastima della sua epidemiologia. La collaborazione diquattro regioni (Marche, Friuli Venezia Giulia, Sicilia,Basilicata), della Provincia Autonoma di Bolzano e didue Aziende Sanitarie Locali (ASL) lombarde, Paviae Monza, ha inoltre consentito di raccogliere e analiz-zare dati relativi all’assorbimento di risorse per l’assi-stenza ospedaliera, specialistica ambulatoriale e far-maceutica nella branca cardiologia per pazienti conSC.

I ricoveri ospedalieri dal database del Ministerodella SaluteL’analisi dei ricoveri ospedalieri nazionali mostra che ildiagnosis-related groups (DRG) 127 (insufficienza car-diaca e shock) è divenuto in Italia nel 2003 la primacausa di ricovero ospedaliero dopo il parto naturale eche lo SC rappresenta la patologia che assorbe la mag-giore quantità di risorse per l’assistenza ospedaliera. LoSC si conferma una malattia dell’anziano: l’età mediadei ricoverati è 77 anni. Nel 2003 sono stati 186 945 iricoveri classificati con codice dell’International Clas-sification of Diseases versione 9 (ICD9) 428, tutte le

estensioni, con un incremento del 2.4% rispetto al 2002e del 7.3% rispetto al 2001 (Figura 1), mentre il tassogrezzo è passato da 306 a 334 ricoveri/anno per 100 000abitanti. La degenza per SC ha una durata mediaelevata, che si è ridotta di poco dal 2001 al 2003 (Figu-ra 1).

Variabilità regionaleSe la media nazionale dei tassi di ricovero, standardiz-zati per età, era nel 2003 pari a 315/100 000 maschi e320/100 000 donne, all’analisi dei dati disaggregati perregione si osserva una spiccata variabilità, che va dai204 ricoveri per 100 000 abitanti del Piemonte ai 465del Molise (Figura 2). Questo dato non appare correla-to al numero di ricoveri totali e nemmeno ad eventualidifferenze regionali nella disponibilità di posti letto dimedicina e cardiologia, pubblici e privati.

I ricoveri ripetutiAd un’analisi su base annua riferita a tutta l’Italia, su100 ricoveri per SC, circa 70 sono primi episodi e 30rappresentano ricoveri ripetuti, con una lieve tendenzaall’incremento dal 2001 al 2003 (Figura 3). Questo da-to indica come un’azione di prevenzione secondaria,indirizzata a ridurre il numero delle riospedalizzazioni,potrebbe da sola consentire un risparmio di grande rile-vanza nell’utilizzo delle risorse assorbite dal ricoveroospedaliero di questa patologia.

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Figura 1. Andamento dei ricoveri e della degenza media per scompeno cardiaco nell’ultimo triennio in Italia.

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Figura 2. Ricoveri per scompenso cardiaco (ICD9 428.xx) tasso regio-nale standardizzato anni 2001, 2002, 2003.

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Analisi dei database amministrativi e stimadell’assorbimento di risorseSono stati analizzati i database amministrativi di quat-tro regioni, Marche, Friuli Venezia Giulia, Sicilia, Ba-silicata, della Provincia Autonoma di Bolzano e di dueASL lombarde, Pavia e Monza, con una popolazioneresidenti totale pari a 10 365 901.

MetodologiaLa stima della popolazione affetta da SC è stata effet-tuata attraverso:a) individuazione dei residenti che negli anni 2001,2002, 2003, 2004 abbiano effettuato uno o più ricovericon diagnosi principale o una delle diagnosi secondarie428.0, 428.1 e 428.9 (SC congestizio, sinistro e nonspecificato rispettivamente) presso le strutture della re-gione/ASL o di altre regioni italiane indipendentemen-te dal DRG di dimissione;b) individuazione dei residenti nella regione/ASL cheabbiano avuto l’esenzione dal pagamento del ticket perpatologia SC, codice 021, pur non avendo effettuato unricovero (non individuati al punto a);c) individuazione dei deceduti nell’elenco di cui ai pun-ti precedenti rilevati dal motivo di dimissione nelleschede di dimissione ospedaliera e dall’anagrafe dellapopolazione laddove non indicata nelle schede di di-missione ospedaliera; conseguente esclusione dei dece-duti negli anni 2001, 2002 e 2003, e calcolo dell’espo-sizione nel 2004 in giornate in base alla data di deces-so per i morti nel 2004.

Attraverso questi criteri sono stati definiti nell’area dianalisi la prevalenza (numero di pazienti maschi/femmi-ne con SC/totale popolazione) e il tasso di letalità (nu-mero di deceduti nel 2004/totale pazienti con SC). Sonostati individuati con questi criteri nelle Regioni e ASLpartecipanti 126 607 pazienti affetti da SC, per una pre-valenza pari a 1.22%. Il tasso di letalità complessivo è ri-sultato del 15.4%. L’analisi è stata quindi segmentata perclassi di età (Figura 4): la prevalenza, analogamente aquanto dimostrato negli studi epidemiologici di popola-zione, è maggiore nel sesso maschile e cresce, al pari del-la letalità, in maniera esponenziale con l’età.

Per la popolazione con SC, definita secondo i criterisu esposti, sono state rilevate le risorse assorbite nel-l’anno 2004 analizzando i consumi del singolo pazien-

te, individuato mediante associazione dei dati ad un co-dice identificativo individuale (record linkage) nei trearchivi: schede di dimissione ospedaliera, archivio spe-cialistica convenzionata esterna e archivio prescrizionifarmaceutiche. Per l’assistenza ospedaliera è stato ana-lizzato il numero di ricoveri e di pazienti ricoverati, il re-parto di dimissione, il DRG assegnato, l’importo del ri-covero, il numero di giornate di degenza e di ricoveri ri-petuti. La sede di ricovero ospedaliero dei pazienti conSC è nella maggioranza dei casi, in proporzione cre-scente con l’età, la Medicina (Figura 5). Il numero mag-giore di ricoveri, così come il maggior numero di rico-veri ripetuti in 1 anno, in valore assoluto si concentranella fascia fra 75 e 85 anni, che rappresenta quindi laclasse di età a più alto consumo di risorse per l’assisten-za ospedaliera dello SC. Tuttavia le percentuali di rico-veri ripetuti e di pazienti con ricovero ripetuto si attesta-no rispettivamente intorno al 25% e al 21% con scarsevariazioni in base all’età (Figura 6), indicando che lagravità della malattia incide maggiormente sul ricorsoall’ospedale dell’età anagrafica. Per l’assistenza specia-listica convenzionata si è analizzato il consumo indivi-duale e il relativo importo delle prestazioni afferenti labranca specialistica cardiologia. La proporzione di pa-zienti con SC che è ricorsa a prestazioni strumentalispecialistiche nell’arco del 2004 è relativamente bassa:solo il 40% ha effettuato un elettrocardiogramma (ECG)

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Figura 3. Proporzione di ricoveri ripetuti per diagnosi principale ICD9 428.xx.

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Figura 4. Prevalenza e letalità dello scompenso cardiaco per classe di età.

Figura 5. Reparto di dimissione dei ricoveri con diagnosi principaleICD9 428.xx nel 2004.

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e il 25% un ecocardiogramma (Figura 7). Per l’assisten-za farmaceutica è stato valutato il consumo individualedi farmaci della classe terapeutica cardiovascolare, e inparticolare di farmaci raccomandati dalle linee guidaper lo SC, e sono state calcolate le dosi giornaliere defi-nite. Eccetto che per la terapia betabloccante, la propor-zione di pazienti in trattamento con farmaci raccoman-dati, segnatamente gli inibitori del sistema renina-an-giotensina, appare vicina al target raccomandato (Figu-ra 7). Relativamente elevato appare il consumo di digi-tale rispetto alle attuali indicazioni delle linee guida.L’inserimento nell’analisi dei diuretici dell’ansa asso-ciati ad antialdosteronici porta al 64% la proporzione disoggetti trattati con diuretici maggiori.

ValorizzazioneLa valorizzazione economica è stata effettuata relativa-mente all’anno 2004. L’assistenza ospedaliera è stata

valorizzata in base alle tariffe DRG della regione di ap-partenenza, l’assistenza specialistica ambulatoriale co-me rimborso a prestazione sulla base del Nomenclato-re Tariffario, l’assistenza farmaceutica come prezzi divendita al pubblico (spesa lorda a carico del ServizioSanitario Regionale). Non sono stati inclusi nell’anali-si i costi della medicina generale, dell’assistenza riabi-litativa-residenziale, dell’eventuale assistenza domici-liare sanitaria ed informale.

I valori assoluti di costi indicano che il maggiore as-sorbimento di risorse si verifica per la popolazione di età> 65 anni e segnatamente nei soggetti fra 75 e 85 anni.Dall’analisi della distribuzione percentuale delle voci dispesa, la proporzione di costi attribuibili ai ricoveri pre-sentava un trend in crescita dal 70% della classe di etàfra 50-54 anni all’85% degli ultranovantenni (Figura 8).

Nell’ambito dei consumi sanitari generati dai pa-zienti con SC, i ricoveri con diagnosi ICD9 428.xx, rap-presentano circa metà di tutte le ospedalizzazioni verifi-catesi in questa popolazione. Analogamente i consumiper farmaci cardiovascolari sono in media 40% dellaspesa totale per l’assistenza farmaceutica assorbita daquesti pazienti, con una proporzione inferiore dei con-sumi farmaceutici specifici per SC nelle fasce di età piùavanzate (Figura 9). Al contrario le prestazioni speciali-stiche specifiche per la patologia SC determinano menodel 20% dei consumi totali per questa voce di spesa.

Potenzialità informative dei database amministrativi:raccomandazioniL’analisi dei database amministrativi, attraverso la tec-nica del record linkage fra i diversi archivi disponibiliper gli usi correnti di finanziamento e programmazionesanitaria presso le ASL e le Agenzie Regionali Sanita-rie9, appare uno strumento di grande potenziale perl’indirizzo del monitoraggio delle patologie croniche ein particolare dello SC, qualora avvalorato da valida-zione di un campione.

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Figura 6. Andamento dei ricoveri ripetuti con diagnosi principale ICD9428.xx, per classi di età (valori assoluti e percentuali).

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Figura 7. Proporzione di pazienti con scompenso cardiaco (ICD9 428.xx)che hanno eseguito prestazioni diagnostiche ambulatoriali (sopra) e as-sunto farmaci raccomandati (sotto) nel 2004. ACEI = inibitori dell’enzi-ma di conversione dell’angiotensina; AntAld = antialdosteronici; ARB =antagonisti recettoriali dell’angiotensina; BB = betabloccanti; Dig = di-gitale; ECG = elettrocardiogramma; ECO = ecocardiogramma.

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Figura 8. Valori assoluti e distribuzione percentuale dei costi per l’assi-stenza ospedaliera, farmaceutica e specialistica ambulatoriale nelloscompenso cardiaco (ICD9 428.xx) 2004. CV = cardiovascolari.

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L’analisi dei database amministrativi non può natu-ralmente esaurire le necessità informative, ma può co-stituire il primo momento per l’identificazione dellapopolazione affetta, per la valutazione degli esiti e deicosti sanitari diretti, e rappresentare la base per un suc-cessivo arricchimento, con dati clinici di complessitàprogressivamente crescente, al maturare della rete or-ganizzativa e dell’integrazione fra le diverse professio-nalità coinvolte nell’assistenza al paziente con SC. Ilcollegamento informatico potrà poi fornire il necessa-rio supporto allo sviluppo della ricerca clinica nell’am-bito dello SC. Come primo passo verso la creazione diun database condiviso dei pazienti con SC è specificaraccomandazione di questa Consensus Conference chele Agenzie Sanitarie e le ASL attivino per la popolazio-ne nella loro area di competenza la metodologia di ana-lisi messa a punto per questo documento.

CAPITOLO 2 Organizzazione del percorso assistenziale

La rete gestionale integrata per la curadello scompenso cardiacoIl crescente numero di pazienti affetti da SC4-6 e l’espo-nenziale aumento della spesa sanitaria per questa pato-logia7-9, impongono di ridisegnare i percorsi sanitari dicura.

Gli studi condotti con modelli di gestione integratadello SC di tipo multidisciplinare con la presenza sulterritorio di personale medico e non medico e l’adozio-ne di nuove modalità di comunicazione come la tele-medicina hanno dimostrato evidenti vantaggi per:- il miglioramento dello stato funzionale e della qualitàdi vita; - l’educazione dei pazienti, l’adesione e la capacità diautogestione della terapia; - l’individuazione precoce dei casi a rischio di instabi-lizzazione; - il controllo della progressione della malattia, la ridu-

zione dei ricoveri ospedalieri e, pur se in maniera menoconvincente, della mortalità10-13.

In una patologia tipica degli anziani, la prospettivadi estendere questi risultati ad un’ampia popolazione dipazienti con SC appare di grande rilevanza, conside-rando il miglioramento della qualità di vita obiettivo diimportanza pari o superiore al prolungamento della so-pravvivenza. Nel definire la rete assistenziale per il pa-ziente affetto da SC è opportuno parlare, più che di di-versi modelli di gestione, di differenti percorsi di cura,che si caratterizzano in relazione alla severità della ma-lattia e alla presenza di comorbilità, all’età e al tessutosociale di riferimento. I principi fondanti della rete as-sistenziale del paziente con SC, in stretta correlazionetra ospedale e territorio, dovrebbero, infatti, essere uni-tari, mentre diversi per le diverse tipologie di pazienti,fino alla personalizzazione, andrebbero considerati i bi-sogni e di conseguenza i percorsi assistenziali.

La gestione integrata dei pazienti in una rete di ser-vizi territoriali richiede l’esplicitazione dei processi dicura, attraverso la definizione dei percorsi diagnostici eterapeutici (PDT), dei profili assistenziali, dei ruoli edelle responsabilità dei diversi operatori sanitari. Se ilfulcro dell’assistenza per una patologia cronica come loSC deve essere prevalentemente territoriale, di fonda-mentale importanza sono adeguati PDT anche all’inter-no dell’ospedale e la necessità di garantire continuità dicure anche attraverso diverse strutture ospedaliere, instretta collaborazione tra loro.

Critica è, inoltre, la definizione delle modalità di ac-cesso al ricovero ospedaliero e di dimissione, momentiin cui la comunicazione e la condivisione dei percorsiassistenziali tra struttura ospedaliera e territoriale ap-paiono decisive per un’efficace presa in carico a garan-zia della continuità e qualità delle cure. Infine cruciale,come in tutte le patologie croniche, è l’assunzione di unruolo responsabile e attivo del paziente nella gestionedella sua malattia attraverso un appropriato interventoeducativo.

La gestione del paziente con scompenso cardiaconell’ospedale e nel territorioIl percorso assistenziale del paziente con SC dovrebbeessere basato sul principio della rete integrata, che con-senta di decentrare le attività e creare interazioni dicompetenze, ottimizzando l’impiego delle risorse.

Organizzazione in ambito ospedaliero:la struttura ospedaliera Generalmente, in ogni ASL, come specificato dalle re-lative disposizioni in materia di accreditamento, posso-no operare una o più strutture ospedaliere, pubbliche eprivate, con diverso grado di specializzazione. In alter-nativa, in alcune realtà l’ASL si avvale per le prestazio-ni ospedaliere della struttura operante nell’aziendaospedaliera di riferimento. La presenza di differentimodalità organizzative e gestionali fra diverse struttureospedaliere e, all’interno di queste, nelle diverse unità

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Figura 9. Rapporto fra consumi di farmaci cardiovascolari (CV) e ri-coveri per scompenso cardiaco (SC) rispetto al totale delle risorse as-sorbite dai pazienti con SC per i rispettivi capitoli di spesa.

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operative dove possono afferire gli stessi malati, sia perricovero acuto sia ordinario, costituisce uno dei fattoriin grado di ostacolare a più livelli la stessa continuitàassistenziale del paziente con SC. Come specificato neldocumento della Federazione Italiana di Cardiologia“Struttura e organizzazione funzionale della Cardiolo-gia”14, è auspicabile che ogni ospedale, pubblico o pri-vato accreditato, idoneo per struttura e territorio di rife-rimento, si organizzi per:1. identificare una figura o un team multidisciplinare dimedici e infermieri, responsabile/i della diagnosi e cu-ra del paziente affetto da SC da individuare fra le pro-fessionalità con competenze maturate nella gestionedello SC. Il team dovrebbe essere composto in primoluogo da cardiologi, internisti e infermieri con compe-tenze specifiche, inclusi i medici coinvolti nelle attivitàdi Pronto Soccorso/Dipartimento di Emergenza-Accet-tazione (PS/DEA), ma idealmente allargato all’apportodi diversi specialisti (geriatri, nefrologi, ecc.) e di com-petenze professionali non mediche (psicologi, nutrizio-nisti, fisioterapisti). Esso dovrebbe rappresentare unpunto di riferimento oltre che per la gestione intraospe-daliera del paziente, anche per quella territoriale e, ovenon sia presente un ambulatorio dello SC, per la gestio-ne del malato complesso deospedalizzato;2. istituire un ambulatorio dedicato alla cura dello SC,cui afferisce il team medico-infermieristico con com-petenze specifiche per lo SC, auspicabilmente aperto alcoinvolgimento diretto di internisti e geriatri. L’ambu-latorio dello SC rappresenta un punto di riferimento pergarantire la continuità assistenziale e fornire supporto ecollaborazione alla cura del paziente all’interno e all’e-sterno della struttura ospedaliera, fino alla presa in ca-rico dei pazienti più complessi. In realtà non dotate diambulatorio dedicato, l’ambulatorio cardiologico gene-rale si struttura per garantire continuità al percorso as-sistenziale del paziente con SC; 3. istituire, quando possibile, il day-hospital o day-ser-vice utili, ad esempio, per l’infusione di farmaci, moni-toraggio telemetrico, cardioversioni di fibrillazioniatriali, controllo di eventi subacuti, ecc., o la costitu-zione, in realtà ospedaliere selezionate e di alta specia-lizzazione, di Unità Scompenso e predisporre, in assen-za di una struttura specialistica di riferimento extrao-spedaliero, un canale preferenziale di accesso del me-dico di medicina generale (MMG) con le struttureospedaliere e, in particolare, con l’ambulatorio delloSC per i casi clinici all’esordio e i problemi correlati al-la prima fase di impostazione diagnostico-terapeutica;4. creare per il malato ricoverato per SC PDT condivi-si fra le diverse unità operative ospedaliere, da quellededicate alla gestione delle attività presso la Medicinadi Urgenza o Medicina e Chirurgia di Accettazione e diUrgenza (PS/DEA) a quelle di Medicina e di Cardiolo-gia. In questi protocolli gestionali interni dovrebberoessere esplicitati i criteri di appropriatezza di ricoveroin unità di terapia intensiva coronarica (UTIC) e/o tera-pia intensiva e semi-intensiva (UTI/USI) e di trasferi-

mento nei reparti di degenza ordinaria o di cure inter-medie;5. stimolare la preparazione di materiale didattico/edu-cativo per uso interno ed esterno, in particolare di pro-tocolli operativi da condividere a livello ospedaliero eterritoriale;6. promuovere la formazione del personale medico edinfermieristico;7. concorrere all’identificazione, insieme agli altri refe-renti della rete assistenziale, degli indicatori di struttu-ra, percorso e risultato anche facendo riferimento aquanto già indicato dalle società scientifiche, con foca-lizzazione sulla fase ospedaliera.

Se da alcuni la gestione centralizzata a livello ospe-daliero, in strutture ambulatoriali dedicate al pazientecon SC, dotate di personale medico e infermieristicoesperto, è ritenuta il modello ideale per la diagnosi e lacura della malattia, una presa in carico specialistica del-la globalità dei pazienti con SC appare oggi insosteni-bile, sia per l’enorme carico di lavoro, sia per la dubbiaopportunità di un utilizzo generalizzato, e non mirato aicasi più complessi, delle competenze specialistiche delpersonale medico ed infermieristico degli ambulatoridedicati.

Inoltre, trattandosi nella maggioranza dei casi di pa-zienti anziani, con multiple comorbilità, limitazioni fun-zionali e disabilità, e quindi con oggettive difficoltà diaccesso alle strutture ospedaliere, l’ambulatorio specia-listico dedicato allo SC non sempre riuscirebbe a garan-tire la giusta intensità e continuità assistenziale. Peraltrova sottolineato che nei pazienti con pluripatologie mag-giore è l’esigenza di un approccio globale, in grado cioèdi integrare tra loro i molteplici PDT impostati, attra-verso il ricorso a diverse competenze specialistiche.

È infine da ricordare che, nel nostro Servizio Sani-tario, la responsabilità complessiva delle cure per tutti ipazienti non ospedalizzati è ricondotta al MMG. Vi èquindi la necessità di ricercare, se pur gradualmente,soluzioni assistenziali condivise fra cure primarie especialistiche, con presa in carico del malato cronico daparte del MMG, con il supporto degli specialisti e deglialtri operatori sanitari, anche a livello distrettuale o di-rettamente a domicilio.

Rete organizzativa delle strutture ospedaliere In ambito regionale e/o di area vasta, secondo le diverserealtà locali, va promossa la costituzione di una rete or-ganizzativa fra strutture pubbliche o private accreditatee Centri di riferimento dotati di Emodinamica, Elettro-fisiologia e Cardiochirurgia, inclusi i Centri con Pro-grammi Trapianto Cardiaco (PTC), secondo il modelloorganizzativo “Hub & Spoke”, già consolidato in molterealtà per la gestione della sindrome coronarica acuta14.

All’interno della rete vanno potenziati i contatti edefiniti e condivisi i criteri di indirizzo dei pazienti allestrutture riabilitative e a quelle in grado di garantireprocedure diagnostiche e terapeutiche avanzate, per ri-spondere il meglio possibile ai bisogni specifici del pa-

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ziente con SC grave e garantire l’equo accesso a tutte lerisorse disponibili in rete. La gestione del follow-up delpaziente complesso dovrebbe rimanere in carico al-l’ambulatorio dello SC dell’ospedale di riferimento sianella fase in cui vengono poste le indicazioni, sia nellafase successiva all’intervento o alla procedura interven-tistica o chirurgica.

Organizzazione in ambito territorialeI primi attori dell’assistenza sanitaria a livello territo-riale sono l’ASL/Distretto, i MMG e gli specialisti car-diologi extraospedalieri. Una corretta gestione del ma-lato cronico con SC richiede una sinergia di azione ditutte le figure coinvolte, con una relazione stretta fra larete territoriale e le strutture ospedaliere. Per la riorga-nizzazione della politica sanitaria territoriale per le ma-lattie croniche è auspicabile che l’ASL si attivi per:1. implementare a livello locale i programmi di diagno-si e cura delle patologie croniche; 2. coinvolgere i MMG nella discussione dei progetti,protocolli e dei PDT, favorendone il processo di forma-zione; 3. supportare dal punto di vista organizzativo e infor-mativo gli operatori sanitari per migliorare l’assistenzadei pazienti con SC; 4. identificare insieme agli altri referenti della rete assi-stenziale, gli indicatori di struttura, percorso e risultato,con focalizzazione sulla fase territoriale, anche facendoriferimento a quanto già indicato dalle Società Scienti-fiche;5. promuovere l’integrazione funzionale delle profes-sionalità tecniche del territorio, differenti secondo lepatologie affrontate, con i rappresentanti istituzionalidelle Aziende Sanitarie/Ospedaliere; 6. rivalutare il ruolo infermieristico specializzato comeimportante figura professionale partecipe della cura edella gestione del malato con SC e del percorso di con-tinuità assistenziale (vedi paragrafo “Personale infer-mieristico”, pag. 398).

Presso il Distretto Sanitario sono comunementesvolte attività di informazione per il paziente, pianifi-cazione ed erogazione dell’assistenza domiciliare, rico-noscimento dello status di invalidità civile e/o di esen-zione per patologia. In generale il Distretto deve diven-tare la sede strategica per l’integrazione delle cure tramedicina generale, specialisti e personale infermieristi-co, come individuato nel Piano Sanitario 2003-200515.Il modello proposto prevede strutture poliambulatoria-li, con contemporanea presenza di MMG e specialisticardiologi e non cardiologi, dotate di adeguate attrez-zature per dare risposte clinico-strumentali e di labora-torio indispensabili per un percorso compiuto. In que-ste strutture si possono realizzare spazi riabilitativi eper ospedalizzazione diurna di casi clinici, il cui recu-pero spesso è affidato ad un semplice intervento educa-tivo mirato e/o ad un aggiustamento terapeutico. L’atti-vazione di questo modello può rappresentare un effica-ce strumento assistenziale per la prevenzione dei rico-

veri ospedalieri del paziente cronico. Alla luce del ruo-lo centrale che il Distretto sta assumendo nel governoclinico territoriale delle patologie croniche, un referen-te di questa struttura deve partecipare attivamente allarete gestionale con particolare riguardo ai pazienti cherichiedono un maggiore grado di assistenza come glianziani fragili con comorbilità.

Coordinamento della rete assistenzialeElementi chiave per il coordinamento della rete assi-stenziale sono la creazione di un’efficiente rete infor-matica per il collegamento delle strutture territoriali eospedaliere e la creazione di un organismo di coordina-mento. Se in alcune realtà il coordinamento di reti assi-stenziali per le patologie croniche è già attivo presso iDistretti, nell’ambito di una progettualità specifica-mente dedicata al miglioramento dell’assistenza al pa-ziente con SC l’integrazione funzionale potrebbe avve-nire a livello sovradistrettuale all’interno di un Organi-smo di Coordinamento fra ospedale e territorio per lagestione delle patologie croniche.

Questo Organismo di Coordinamento potrebbe es-sere formato, in accordo con le specificità locali, dalleseguenti figure professionali:- dirigente dell’Azienda Sanitaria e/o dell’AziendaOspedaliera dove presente, in staff alla Direzione Ge-nerale con funzioni di coordinamento e dotato di unasufficiente autonomia decisionale;- rappresentante/i dei Distretti;- referente/i per lo SC delle Strutture Ospedaliere pub-bliche e private accreditate; - rappresentante/i dei MMG;- altri (responsabile assistenza domiciliare integrata[ADI], specialisti territoriali, medici di Continuità As-sistenziale, unità valutative geriatriche [UVG], servizisocioassistenziali);- referente/i infermieristico/i per ospedale e territorio;- rappresentante dei pazienti e delle associazioni nonprofessionali o di volontariato, almeno per le proble-matiche di loro interesse e competenza.

I compiti di questo Organismo di Coordinamentonel caso dello SC potranno essere:1. promuovere la definizione dei PDT e la riorganizza-zione delle strutture ospedaliere e del territorio, favori-re la formazione della rete ospedaliera e il coinvolgi-mento dei MMG;2. implementare il PDT del malato con SC all’internodell’ASL/Distretto;3. definire le modalità di continuità assistenziale ospe-dale-territorio, gli accessi agli ospedali, alle cure inter-medie, all’assistenza domiciliare, ai servizi sociali;4. definire gli indicatori di struttura, di processo e diesito con monitoraggio dell’assistenza anche attraversoil ricorso a momenti formali di audit clinico-organizza-tivo. Dovrebbero poi essere identificati indicatori di ri-sultato clinici come la qualità della vita, l’aderenza al-la terapia o la soddisfazione sui processi di cura. Tali in-dicatori dovrebbero essere utilizzati come strumento di

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audit e inseriti in una prospettiva di miglioramento con-tinuo della qualità dell’assistenza fornita; 5. monitorare sistematicamente tutte le componenti delpercorso assistenziale, con particolare riguardo alle cri-ticità e alle problematiche del sistema;6. promuovere la crescita culturale e la comunicazionefra tutti i professionisti coinvolti attraverso il supportoe la consultazione reciproca, la condivisione dei proto-colli diagnostico-terapeutici, la discussione interattivaper la soluzione dei problemi clinici, la gestione condi-visa dei casi complessi, gli eventi formativi, il materia-le didattico ed educativo.

L’implementazione di un programma di gestioneintegrata tra ospedale e territorio

Le criticità Nel tentativo di ridisegnare i percorsi sanitari per unapiù appropriata allocazione delle risorse senza diminui-re la qualità della prestazione sanitaria è opportuno te-nere conto di diversi elementi di criticità.

A LIVELLO OSPEDALIERO

1. L’attuale sistema di distribuzione delle risorse privi-legia il pagamento per prestazione della fase acuta enon favorisce modalità assistenziali condivise come ilconsulto ambulatoriale e telematico, penalizzando lacontinuità assistenziale che invece ha l’obiettivo di sta-bilizzare la fase cronica e prevenire gli eventi acuti.2. All’interno degli ospedali il malato con SC afferiscesolo per il 30% alle Cardiologie e per il 70% ad altri re-parti (prevalentemente Medicina o, in minor misura,Geriatria), spesso con successivo trasferimento in re-parti di cure intermedie/post-acuzie/lungodegenza conpercorsi intraospedalieri misti, senza coordinamento econtinuità di cura.3. L’accesso al PS/DEA può concludersi talora con unarapida stabilizzazione clinica ed una successiva dimis-sione al domicilio, senza una sistematica programma-zione di un monitoraggio a breve termine da parte di chiha in carico il paziente.

A LIVELLO TERRITORIALE

1. La realtà culturale e professionale dei MMG è forte-mente disomogenea. 2. Spesso al MMG manca il supporto e la disponibilitàal consulto e alla discussione sui casi clinici più com-plessi da parte dello specialista.3. Le Aziende Sanitarie che erogano risorse hanno svi-luppato recentemente, ma solo in alcuni casi, specificiprogetti di intervento per il governo delle patologie cro-niche. 4. I medici di continuità assistenziale non sono coin-volti nella condivisione di protocolli specifici per la ge-stione del paziente con SC e non possono, quindi, for-nire un pieno contributo alla continuità del percorso as-sistenziale tra ospedale e territorio.

5. Le strutture di supporto, sia a livello di territorio ingenerale sia di distretto in particolare, quali ADI, strut-ture intermedie e riabilitative, assistenza sociale sonoassolutamente insufficienti e in molte realtà nazionalidel tutto assenti.

I diversi percorsi gestionali devono essere progetta-ti per superare queste criticità stimolando processi or-ganizzativi ed educativi di comunità con redistribuzio-ne del carico della cura delle patologie croniche dagliospedali ai luoghi delle cure primarie.

Fattori chiave di successo 1. Definire, all’interno dell’organizzazione dell’Azien-da Sanitaria, il/i team multidisciplinare/i, che riuniscaspecifiche competenze nella gestione del paziente conSC, in cui siano chiari ruoli e responsabilità dei singolicomponenti, in stretta collaborazione con l’ambulato-rio dello SC.2. Sviluppare un chiaro piano di lavoro, condiviso conle parti in causa, con obiettivi semplici, misurabili, so-stenibili, realizzabili, temporalizzabili.3. Garantire uno stretto coordinamento tra i professio-nisti, facilitare la comunicazione e l’autovalutazione.4. Predisporre adeguati percorsi formativi per l’acquisi-zione e l’aggiornamento delle competenze specifichenella gestione dello SC per specialisti, MMG, infer-mieri.5. Attivare una rete informatica per realizzare un colle-gamento efficiente fra strutture territoriali e ospedaliere.

Possibili cause di insuccesso1. Inadeguata scelta della popolazione target, ovveroapplicazione della continuità assistenziale a pazienticon patologia molto lieve o troppo avanzata (in entram-bi i casi, il rischio è un utilizzo improprio delle risorse).2. Limitazione della valutazione dei problemi attivi aduna sola fase della malattia, ospedaliera o territoriale,con mancata analisi dei bisogni di integrazione e conti-nuità assistenziale tra le varie fasi.3. Strumenti di valutazione inadeguati, ovvero non va-lidati da evidenze scientifiche, oppure inappropriati perle problematiche da valutare e per i cambiamenti da ap-portare.4. Assenza di momenti/strumenti di comunicazioneadeguati, sistematici e formali con gli operatori sanita-ri extraospedalieri per un follow-up efficace.5. Gestione spontaneistica e individuale, ovvero basatasulla volontà dei singoli professionisti e non struttura-ta, responsabile e condivisa dei progetti di intervento,che dovrebbero essere fortemente voluti e perseguitidai gestori.6. Eterogenea cultura e formazione e assenza di ade-guate competenze nel campo dello SC dei professioni-sti coinvolti; scarsa motivazione e propensione al cam-biamento degli attori; barriere e difficoltà che impedi-scono un efficace coordinamento tra le diverse figureprofessionali.

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7. Mancato supporto istituzionale, a livello di Direzio-ne delle Aziende Sanitarie e/o Ospedaliere.

Strumenti di integrazionePer favorire la comunicazione ospedale/territorio/ASLelemento importante è la disponibilità e l’utilizzo rou-tinario di strumenti informatici adeguati per la gestionedel paziente, che consentano la pronta identificazionedel problema clinico SC e del percorso attivato per ilsingolo caso.

Gli strumenti a disposizione dovrebbero permettereuna corretta comunicazione fra i vari componenti dellastruttura e facilitare il percorso di continuità assisten-ziale. Possono essere strumenti molto semplici, chepermettono di avviare immediatamente un programmadi gestione integrata, così come strumenti più comples-si che delineano la comunicazione nel prossimo futuroo la realtà di regioni più avanzate.

• Primo livello- Telefono/fax/e-mail.- Materiale educativo. - Algoritmi diagnostico-strumentali.- Linee guida.- Fogli elettronici semplici per la condivisione di datiquantitativi (monitoraggio di peso, parametri vitali, da-ti di laboratorio).- Cartella clinica computerizzata che raccolga la storia,gli esami del malato e gli eventi di follow-up, e che di-mostri l’appartenenza del paziente ad un programma digestione territoriale condivisa.

• Secondo livello- Creazione di database condivisi.- Definizione di una comune piattaforma informaticacon possibilità che le informazioni del Centro ospeda-liero (referti di analisi di laboratorio, ECG, ecocardio-grammi, visite specialistiche) siano inserite direttamen-te nel software del MMG, oppure in alternativa sianofruibili per il MMG i database gestionali dello SC ospe-dalieri.- Telemonitoraggio dei parametri vitali dal paziente alMMG o allo specialista.- Teletrasmissione di segnali elettrocardiografici.- Condivisione di immagini (Rx torace, tomografiacomputerizzata, risonanza magnetica nucleare, ecocar-diografia, angiografia) su sito elettronico.- Disponibilità di una cartella clinica informatizzatacon possibilità di condivisione di dati.

• Telemedicina La tecnologia sta velocemente modificando la trasmis-sione di informazione e di dati in ambito sanitario. GliECG, le immagini radiologiche ed ecocardiografichepossono facilmente e velocemente viaggiare fra diversioperatori sanitari (teleconsulto) e fra pazienti al lorodomicilio e operatori sanitari (telemonitoraggio). Que-sti nuovi sistemi diventeranno parte integrante delle

nuove reti di gestione ospedale-territorio per la curadelle patologie croniche sia attraverso la creazione didatabase condivisi su portali web, sia attraverso nuoveforme ultraveloci di consulto fra MMG e specialisti efra specialisti stessi. Inoltre saranno messi a disposizio-ne dei malati anziani affetti da patologie croniche e dichi li assiste nuove modalità di accesso alla diagnosticastrumentale (trasmissione di ECG ed Holter 24 h attra-verso la telefonia fissa e mobile, ecocardiografia porta-tile, ecc.). Poter attivare il monitoraggio telematico do-miciliare per i malati più complessi apre nuove pro-spettive di deospedalizzazione in sicurezza per pazien-ti cronicamente gravi, con grandi vantaggi potenzialinon solo per la riduzione dei costi, ma per la qualità divita per i pazienti.

Il percorso di cura Una rete di gestione integrata ospedale-territorio do-vrebbe essere disegnata all’interno di una strutturachiaramente definita, ma flessibile. Il sistema si baseràsu principi fondanti unitari, con definizione degli obiet-tivi, degli strumenti per raggiungerli, dei ruoli e re-sponsabilità delle diverse figure professionali, che a lo-ro volta potranno essere applicati secondo modalità epercorsi di cura differenti in relazione alle diverse realtàe tipologia di paziente con SC.

L’impostazione del percorso di cura del paziente af-fetto da SC può iniziare a livello ospedaliero o, in casodi pazienti che non necessitano di ricovero, in un Cen-tro cardiologico di riferimento, idealmente dedicato,adeguato per l’impostazione di un corretto PDT per ilpaziente con SC, così come a livello territoriale. Speci-fiche modifiche e adattamenti potranno rendersi oppor-tuni secondo le diverse realtà locali e regionali.

Principi fondantiNell’ambito della gestione integrata di una patologiacronica come lo SC, dovrebbero essere orientati tutti glisforzi dell’assistenza per un controllo continuativo delmalato, sia a domicilio sia in ospedale. Il paziente do-vrebbe essere gestito in maniera coordinata e sistemati-ca in tutte le fasi della sua malattia, che andrebbe co-munque considerata come un unico episodio longitudi-nale.

I fondamenti per un approccio integrato sono:1. il paziente è al Centro della rete assistenziale inte-grata e deve poter sistematicamente individuare refe-renti sanitari ai diversi livelli del percorso di cura;2. la presa in carico del paziente con SC è di regolacompito del MMG, con la collaborazione degli altrioperatori sanitari coinvolti, secondo il loro ruolo e re-sponsabilità, e con il fine ultimo della migliore qualitàdi cura; 3. i protocolli e PDT prevedono l’esplicita definizionedi quali sono (quale), da chi (chi) e dove vengono ef-fettuati (dove), in che tempi (quando) e per quali moti-vazioni (perché), e sono condivisi tra tutti gli operatoriattivamente coinvolti nel controllo dei risultati;

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4. il database del paziente, comune e dinamico, centrodel sistema, dovrebbe essere accessibile a tutti gli atto-ri; la raccolta dei dati è effettuata nella normale routine;i dati potrebbero essere scambiati in maniera continuae condivisa a seconda delle necessità del paziente tra idiversi attori del sistema.

L’insieme degli interventi è definibile pertanto inmodo prospettico, con lo scopo di modificare il corsodella malattia, migliorando i risultati, riducendo o, a pa-rità di costo dell’assistenza, con i seguenti obiettivi: 1. ritardare la comparsa della disfunzione ventricolaresinistra asintomatica nei pazienti a rischio; 2. ritardare la progressione della disfunzione ventrico-lare sinistra a SC conclamato;3. ritardare la progressione della SC nei pazienti affetti;4. prevenire le riacutizzazioni e i ricoveri ospedalieri;5. garantire assistenza specifica di tipo palliativo al pa-ziente con SC terminale.

Lo strumento operativo principale nel disease ma-nagement è la definizione dei PDT, con cui vengono in-dividuate le sequenze degli interventi più idonei e ne-cessari per far fronte ad una determinata patologia.

I PDT dovrebbero essere multidisciplinari; avereespliciti criteri per la definizione di tempi ed attività;contenere obiettivi clinici chiari e condivisi; prevede-re momenti di educazione dei pazienti; essere flessi-bili, in rapporto alle caratteristiche individuali (fisio-patologia dello SC e comorbilità) dei pazienti; esserefondati, quando possibile, sui principi della “medici-na basata sulle prove”; contemplare indicatori diperformance.

Il percorso diagnostico e terapeuticoIl PDT definisce i punti cardine imprescindibili nellagestione del malato e scandisce i passaggi che dovreb-bero essere seguiti per rendere più omogeneo il livellodi conoscenze e di cura del malato.

I PDT andrebbero definiti a livello dell’Organismodi Coordinamento fra ospedale e territorio ed è impor-tante che siano condivisi fra tutte le figure professiona-li coinvolte a livello ospedaliero e territoriale: speciali-sti, MMG e rappresentanti ASL/Distretto.

Pur potendo differenziarsi nei contenuti e nel gradodi dettaglio nelle diverse realtà locali, i PDT dovrebbe-ro in linea generale contenere i seguenti punti:1. La diagnosi di SC e la ricerca eziologica. I PDT de-vono indicare l’esecuzione di quegli accertamenti clini-ci e strumentali necessari a confermare il sospetto dia-gnostico di SC, alla definizione eziologica della cardio-patia alla base dello SC, e alla ricerca di cause curabilidi SC, di estrema importanza per la definizione del pro-gramma terapeutico, la stratificazione prognostica e lagestione del follow-up. A questo processo partecipanosia il MMG, primo referente e consulente del pazientein caso di comparsa di sintomi, sia lo specialista car-diologo, ospedaliero o ambulatoriale, e la strutturaospedaliera in caso di ricovero per scompenso acuto.

2. Impostazione e ottimizzazione del trattamento. L’im-postazione del trattamento, farmacologico e non, deveseguire le moderne linee guida, sia per quanto riguardala scelta dei farmaci sia della corretta posologia da rag-giungere dopo un’adeguata titolazione, in collaborazio-ne fra MMG e specialista cardiologo, ospedaliero o am-bulatoriale, di riferimento. 3. Individuazione dei fattori precipitanti, delle comor-bilità e dei fattori di rischio. L’individuazione dei fatto-ri precipitanti e delle comorbilità contribuisce alla defi-nizione del rischio di presentare eventi nel follow-up.Alla definizione di entrambi può concorrere sia ilMMG, che conosce dettagliatamente la storia clinicaextracardiaca del malato, sia lo specialista internista e/ocardiologo. Inoltre, il MMG può avvalersi di consulen-ti di altre specialità (diabetologo, neurologo, ecc.) e diesami strumentali specifici. 4. Stratificazione del rischio. Nella definizione dei PDTpotranno essere inseriti score di rischio che permettanodi valutare la gravità della malattia e stimare la possibi-lità di sviluppare eventi nel follow-up. Nei pazienti adelevato rischio si potranno attivare percorsi gestionalipiù intensivi e a maggior consumo di risorse.5. Indicazioni per il ricovero. L’esplicitazione nel PDTdei criteri per il ricovero, soprattutto per quanto riguar-da i percorsi intraospedalieri, è cruciale per l’ottimiz-zazione del corretto trattamento e l’impostazione delleprocedure diagnostiche dei pazienti con SC, soprattut-to quando anziani fragili con disabilità.6. Modalità di follow-up. Le modalità di follow-up delpaziente una volta dimesso dalla struttura ospedaliera oa seguito di ottimizzazione della terapia presso l’ambu-latorio dello SC, dovrebbero essere concordate con ilMMG in relazione al profilo di rischio del paziente (se-verità della malattia, stabilità emodinamica, presenzadi comorbilità, condizioni sociofamiliari). L’ambulato-rio specialistico dello SC della struttura ospedaliera do-vrebbe programmare il/i primo/i controllo/i di follow-up ambulatoriale post-dimissione dei pazienti a mag-gior rischio, nei primi 7-30 giorni dopo un ricovero perSC acuto, e/o i controlli periodici dei pazienti con SCsevero, instabili, in lista di trapianto cardiaco o candi-dati a procedure invasive o cardiochirurgiche comples-se (vedi paragrafi “Il paziente con scompenso cardiacoacuto di nuova diagnosi o instabilizzato”, pag. 404 e “Ilpaziente con scompenso cardiaco avanzato candidabileal trapianto cardiaco e/o all’assistenza ventricolare”,pag. 414). Il paziente stabile con SC lieve-moderatoviene ripreso in carico dal MMG con controlli periodi-ci, ricorrendo ove necessario alla consulenza speciali-stica (vedi paragrafo “Il paziente ambulatoriale oligo-sintomatico”, pag. 411).

I pazienti con scompenso avanzato o grandi anzianicon mobilità limitata verranno seguiti a domicilio dalMMG, da solo o in collaborazione con altre figure pro-fessionali, nell’ambito dell’assistenza domiciliare inte-grata o delle cure palliative (vedi paragrafi “Il paziente

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anziano con comorbilità e/o fragile” pag. 421 e “Il pa-ziente con scompenso cardiaco terminale”, pag. 425).

Ruolo e funzione degli attori coinvolti

CURE PRIMARIE

• Il medico di medicina generaleIl MMG rappresenta il case manager della maggioran-za dei pazienti con SC. I suoi compiti sono differentisecondo la gravità dello scompenso e della stabilità del-la situazione clinica, e variano da una gestione sostan-zialmente autonoma in casi stabili di lieve-media gra-vità, al ruolo di supporto nei confronti dello specialistain casi gravi e instabili. Sebbene le competenze possa-no variare da medico a medico, è auspicabile mirare adun livello di competenza minimo nella gestione del pa-ziente con SC, documentabile con indicatori semplicidi attività clinica. Per favorire la comunicazione ospe-dale/territorio/ASL elemento fondamentale è la dispo-nibilità e l’utilizzo routinario di strumenti informaticiper la gestione del paziente, che consentano la prontaidentificazione del problema clinico SC e del percorsoattivato per il singolo caso. Il periodico aggiornamentodella cartella computerizzata è utile all’obiettivo di unavera continuità assistenziale, in relazione anche a con-tatti routinari che possono rappresentare l’occasioneper controlli non programmati dei pazienti con SC daparte dei MMG e per un processo di autovalutazione daparte del singolo professionista. A supporto dell’attivitàclinica del MMG andrebbero previsti corsi di forma-zione sia sulla prevenzione primaria cardiovascolare,che è compito precipuo del MMG, sia sulla prevenzio-ne secondaria che può essere attuata, secondo il livellodi rischio e di stabilità clinica del paziente, dallo stessoMMG o dal MMG insieme allo specialista secondopercorsi condivisi.

I compiti del MMG nell’assistenza al paziente conSC riguardano i seguenti aspetti:1. prevenzione. La prevenzione primaria cardiovascola-re è compito precipuo del MMG. La prevenzione se-condaria è attuata, secondo il livello di rischio e di sta-bilità clinica del paziente, dal MMG o congiuntamentedal MMG e dallo specialista;2. diagnosi. L’impostazione diagnostica nel sospettoclinico di SC è compito del MMG, che è il primo refe-rente e consulente del paziente in caso di comparsa disintomi, a meno di situazioni di instabilità clinica cherichiedano interventi in tempi brevi;3. terapia. L’impostazione iniziale del trattamento far-macologico e non farmacologico, è di competenza delMMG, poi andrebbe generalmente condivisa e discus-sa con lo specialista;4. educazione e informazione del paziente e dei familia-ri. Nei casi in cui non è indicata un’ospedalizzazione ol’invio ad un ambulatorio dello SC, il MMG provvede afornire educazione/informazione al paziente e a chi loassiste personalmente o tramite personale infermieristi-

co dipendente (se disponibile), avvalendosi anche di ap-posito materiale scritto. In caso di ospedalizzazione/ri-corso all’ambulatorio dello SC, l’attività educativa/for-mativa andrà coordinata tra struttura dedicata e territo-rio;5. identificazione precoce di forme familiari. La cono-scenza della storia e della composizione familiare tipi-ca del setting della medicina generale rende possibilel’invio a screening delle forme di cardiopatia con pos-sibile componente ereditaria;6. gestione del follow-up. Il follow-up clinico del pa-ziente stabile andrebbe svolto dal MMG con controlliperiodici programmati. Nelle classi funzionali piùavanzate il follow-up del paziente stabile dovrebbe es-sere condiviso tra MMG e specialista, mentre nei pa-zienti in classe NYHA IV il MMG svolge normalmen-te un ruolo di supporto allo specialista (vedi paragrafo“Il paziente con scompenso cardiaco avanzato candida-bile al trapianto cardiaco e/o all’assistenza ventricola-re”, pag. 414). Obiettivo fondamentale del follow-up èla prevenzione delle instabilizzazioni. Il MMG dovreb-be gestire i provvedimenti di primo livello in relazionealla gravità del quadro clinico di base, in caso di insta-bilità che non configuri una condizione di urgenza.Nella definizione e gestione delle comorbilità, il MMGdovrebbe attivare e coordinare la consulenza di varispecialisti e l’esecuzione di esami diagnostici specifici;7. assistenza domiciliare. Per pazienti con impossibilitàa deambulare, non autosufficienti, affetti da gravi pato-logie che necessitino di controlli ravvicinati, fra cui loSC avanzato, il MMG è il responsabile dell’assistenzadomiciliare, che può svolgere da solo o con personalenon medico, nell’ambito delle forme attualmente previ-ste16. Lo strumento dell’assistenza domiciliare pro-grammata (ADP) consente di assicurare al domiciliopersonale del paziente la presenza periodica (settima-nale, quindicinale o mensile) del solo MMG. Quandonecessario l’intervento di altre figure professionali, ilMMG, in accordo con il Distretto, coordina l’ADI.

• Medici di continuità assistenziale I medici di continuità assistenziale effettuano gli inter-venti, domiciliari o territoriali negli orari non copertidai MMG. Provvedono all’allerta diretta del servizio diurgenza ed emergenza territoriale/118 per gli interven-ti del caso. Attivano la segnalazione diretta del caso diparticolare complessità, rilevato nel corso degli inter-venti di competenza o prima di disporre un ricoveroospedaliero se il paziente è già in carico ai servizi diADI, al MMG che ha in carico l’assistito.

La compilazione della scheda degli interventi assi-stenziali rappresenta un importante strumento di comu-nicazione nei confronti del MMG. Il medico di conti-nuità assistenziale dovrebbe, ove possibile, avvalendo-si di strumenti informatici (messa in rete delle posta-zioni di guardia medica) poter accedere alla documen-tazione clinica del paziente con SC, e concorrere al-l’aggiornamento della cartella clinica del paziente.

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• Assistenza e cure domiciliari L’ADI è una forma di assistenza domiciliare medica,infermieristica e riabilitativa, riservata di norma a pa-zienti con particolari patologie. Un paziente che puòaver bisogno di questo tipo di assistenza, può essere se-gnalato dal MMG, dai familiari, dalla UVG distrettua-le o, in caso di paziente ricoverato in ospedale, dal re-parto ospedaliero perché sia preso in carico al momen-to della dimissione.

In relazione alla gestione dello SC le ipotesi di atti-vazione dell’ADI dovrebbero riferirsi a malattie pro-gressivamente invalidanti (come lo SC avanzato), ma-lattie acute invalidanti dell’anziano (come un episodiodi SC acuto).

Un profilo di ADI che risponda ad elevati bisogni diassistenza sanitaria del paziente centrato sul lavoro diun team multidisciplinare può essere attivato nel casodi dimissioni protette da strutture ospedaliere.

L’assistenza domiciliare infermieristica è parte inte-grante dell’ADI ed è un servizio erogato a pazienti diqualsiasi età totalmente o parzialmente non autosuffi-cienti, in modo temporaneo o protratto sulla base di unpiano terapeutico assistenziale rivolto a tutte le patolo-gie con carattere di cronicità che richiedano prevalente-mente l’intervento del MMG e di personale infermieri-stico, e non un’assistenza multidisciplinare. In alcunicasi il personale infermieristico potrebbe dipendere di-rettamente dall’ospedale e/o dall’ambulatorio dello SCcon possibilità di eseguire visite a domicilio e monito-raggio dei parametri vitali al domicilio del malato, conimportanti compiti di controllo ed educazione.

CURE SPECIALISTICHE

Lo SC è una patologia di interesse multidisciplinareche deve quindi coinvolgere diverse competenze spe-cialistiche, che abbiano acquisito competenze specifi-che sul problema, nell’ambito della fase acuta, post-acuta e stabile.1. Gestione dello SC acuto. Lo specialista ospedaliero,cardiologo e/o internista, gestisce le fasi di ricovero perSC acuto, secondo protocolli operativi interni che de-scrivono i criteri di indirizzo dei pazienti al ricoveronelle diverse strutture, la corretta sequenza dei provve-dimenti farmacologici e delle indagini strumentali. Perle cardiopatie complesse, all’esordio o clinicamentecritiche, il percorso assistenziale durante la degenza de-ve avvenire in ambiente cardiologico.2. Gestione delle cure intermedie. L’équipe della riabi-litazione cardiologica operante presso strutture ospeda-liere interviene nella fase post-acuta della malattia, diriacutizzazione e recidiva dello SC per il paziente chepuò giovarsi dell’intervento riabilitativo. La riabilita-zione degenziale può essere di tipo ordinario (pazientiad elevato profilo di rischio cardiovascolare, con mor-bilità associate o complicanze rilevanti) o di tipo inten-sivo (soprattutto per pazienti con SC in classe NYHAIII-IV, che richiedano terapia da titolare o supporto nu-trizionale o meccanico)17,18.

3. Gestione ambulatoriale. Per i pazienti con prima dia-gnosi, i compiti dello specialista cardiologo, operante alivello territoriale o presso le strutture ospedaliere,comprendono la conferma diagnostica, la definizioneeziologica e la stratificazione del rischio. Lo specialistaimposta la terapia farmacologica, che condivide con ilMMG e richiede direttamente ulteriori esami se questisono indispensabili per rispondere al quesito della con-sulenza o per il raggiungimento degli obiettivi diagno-stico-terapeutici di sua pertinenza.

Nell’ambito della gestione territoriale del pazientecon SC, lo specialista esegue visite periodiche di con-trollo e valutazioni strumentali non invasive all’internodell’ambulatorio dello SC o dell’ambulatorio cardiolo-gico generale.

All’interno di strutture diverse come il day-hospitalo day-service lo specialista esegue monitorizzazioni te-lemetriche o terapie infusive di farmaci, procedure(cardioversione elettrica, cateterismi, ecc.) di compe-tenza cardiologica, gestione delle comorbilità più com-plesse, di competenza internistica. Fornisce supporto alMMG per gli interventi di cura domiciliare e per la ge-stione di eventi minori.

Per i pazienti con SC avanzato o in lista per trapian-to cardiaco esegue controlli prestabiliti ed informa pe-riodicamente il MMG. 4. Comunicazione e informazione del paziente. Lo spe-cialista dovrebbe partecipare insieme al personale in-fermieristico dell’ambulatorio dello SC e al MMG, alcompletamento della formazione del paziente e dei fa-miliari, dall’enunciazione della lettera di dimissionecon chiarimenti sulla terapia farmacologica e sugli ora-ri di assunzione dei farmaci, fino a definire le modalitàdi autogestione semplice della malattia con il controllodei parametri vitali e di autocura come la regolazionedella terapia diuretica.

PERSONALE INFERMIERISTICO

Il ruolo dell’infermiere con competenze specifiche perlo SC è di estrema importanza nella cura del pazientesia a livello ospedaliero sia territoriale. Queste figureprofessionali, pur considerando l’attuale carenza nu-merica e la difficile reperibilità, dovrebbero essere pre-senti, secondo le diverse disponibilità e modalità di or-ganizzazione:a) nell’ambulatorio dello SC con funzioni specifichededicate;b) a livello territoriale nei Distretti, con compito di assi-stenza ambulatoriale e domiciliare nell’ambito dell’ADI;c) nelle strutture delle équipe territoriali o delle unitàassociative di cure primarie.

Sia all’interno della struttura ospedaliera, partico-larmente nell’ambito dell’ambulatorio dello SC, siaquando presente nel territorio, l’infermiere, in strettacollaborazione con il personale medico, dovrebbe svol-gere importanti compiti quali: 1. l’educazione alla salute del paziente e dei familiari(counseling);

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2. la misurazione di parametri semplici (glicemia, peso,pressione arteriosa, ecc.) per la monitorizzazione clini-ca del paziente; 3. l’educazione all’autogestione del diuretico e autoa-nalisi di alcuni parametri come diuresi, peso, controllodel polso;4. la risoluzione di eventi minori in collaborazione conil personale medico;5. la gestione di tecniche di telesorveglianza domicilia-re con possibile monitoraggio dei parametri vitali;6. l’aggiornamento dei database e l’organizzazione de-gli appuntamenti per visite e accertamenti strumentali;7. l’integrazione dei vari attori operanti nel territorio:medici della struttura ospedaliera in fase predimissioneda un evento acuto, medici dell’ambulatorio dello SC eMMG per contribuire a mantenere attivo il processo dicontinuità assistenziale; 8. l’informazione al paziente, per facilitare gli accessialle strutture ospedaliere, all’assistenza domiciliare e aipresidi terapeutici domiciliari.

La creazione di presidi infermieristici di distretto,come strutture ambulatoriali a gestione completamenteinfermieristica, dedicate soprattutto alle patologie cro-niche, con compiti anche di collegamento fra MMG estrutture specialistiche, potrebbe essere un importanteelemento di novità in collaborazione e/o dipendenza conl’ADI. Altra soluzione utile per il coerente sviluppo delruolo infermieristico nella gestione delle patologie cro-niche come lo SC potrebbe essere la presenza di unitàinfermieristiche presso le forme associative dei MMG.

IL PAZIENTE E I FAMILIARI

Nel trattamento di tutte le patologie croniche è neces-sario un patto terapeutico tra medico, infermiere, pa-ziente e chi lo assiste. L’obiettivo di sviluppare nel pa-ziente e nei suoi familiari la capacità di interagire effi-cacemente con l’infermiere e con il MMG ha grande ri-levanza: non sembra, infatti, attuabile con efficacia unagestione extraospedaliera di un paziente che non sia ingrado di riconoscere e comunicare segni e sintomi evo-lutivi di una qualsiasi patologia cronica. L’équipe sani-taria territoriale dovrebbe pertanto ottenere la più attivacollaborazione del paziente, poiché l’adesione non con-vinta del soggetto porterebbe all’insuccesso dell’inter-vento programmato.

Per favorire l’assunzione di un ruolo attivo del pa-ziente nella gestione della malattia, un programma dicontinuità assistenziale dovrebbe, dopo adeguata valu-tazione della struttura familiare, mirare a:- educazione del singolo alla conoscenza della malattiae all’autogestione dei parametri vitali attraverso per-corsi formativi dedicati;- informazione sui provvedimenti non farmacologici(abolizione del fumo, attività fisica quotidiana, eserci-zio aerobico, dieta e riduzione del peso, vaccinazioni)sulla terapia farmacologica e sui meccanismi di azionedei farmaci e sul rischio di effetti negativi di altri far-maci attraverso materiale didattico;

- addestramento al rilievo precoce della comparsa di se-gni e/o sintomi di instabilizzazione;- conoscenza del percorso dettagliato da seguire in ca-so di comparsa di instabilità clinica (contatti telefonici,accesso diretto all’ambulatorio, ecc.);- coinvolgimento attivo e documentato del paziente e dichi lo assiste ogni qual volta è possibile sul PDT e sulprogramma di gestione integrata.

L’educazione-formazione dei pazienti e di chi li as-siste deve essere assicurata, secondo modelli e modalitàcondivise, da MMG, distretto e ospedale. In situazionidi particolare complessità, quali lo scompenso avanza-to, multiple comorbilità, ecc., o qualora lo ritenga op-portuno, il MMG deve poter ricorrere a “educatori-for-matori” che possono aver sede nel distretto o, ove nonsiano ivi disponibili le competenze, in ospedale. L’o-spedale deve assicurare comunque l’educazione-for-mazione di pazienti ricoverati e dimessi e di chi li assi-ste, secondo modelli e modalità condivise.

All’intervento educativo al paziente potranno con-correre anche associazioni non professionali di volon-tariato o cittadinanza attiva con corsi e interventi speci-fici, come già in atto con i corsi di rianimazione del-l’arresto cardiaco per laici.

Continuità assistenziale e trasmissionedelle informazioni

Continuità assistenzialeLa continuità assistenziale può essere intesa secondodiverse accezioni, l’una delle quali non esclude, nellapratica quotidiana, l’altra. Si ha continuità assistenzia-le quando vi è uniformità di criteri di valutazione e trat-tamento, indipendentemente dalla singola sede o sog-getto con cui il paziente viene in contatto, e il piano dicura viene seguito e/o rivisto con criteri condivisi, per-mettendo di assicurare una comunicazione razionale edefficace tra i diversi livelli assistenziali, la migliore cu-ra dei pazienti e il corretto uso delle risorse.

Questa Consensus Conference raccomanda inoltreche il concetto di continuità assistenziale per il percor-so di cura del paziente con SC venga specificamente ri-conosciuto dal livello istituzionale come raccordo fun-zionale sancito da accordi con la Direzione Generale oSanitaria. Alcuni elementi dovrebbero essere conside-rati indispensabili per garantire una buona continuitàassistenziale:1. percorso unico e integrato di continuità assistenziale;2. valutazione accurata del bisogno assistenziale sani-tario e sociale del paziente;3. definizione del piano assistenziale individuale inte-grato;4. procedure operative di accesso per ogni struttura as-sistenziale disponibile (criteri di inclusione ed esclu-sione, priorità in base a criteri oggettivi, tipologia di as-sistenza offerta, modulistica);5. programmazione tempestiva della dimissione;

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6. risposta tempestiva ai bisogni; nei ricoveri; nell’uti-lizzo adeguato e tempestivo di strutture e servizi assi-stenziali disponibili; nelle modalità di follow-up e deicontrolli; nell’applicazione delle normative/linee gui-da/procedure/protocolli vigenti e/o condivisi.

Alcuni requisiti, in particolare, andrebbero conside-rati indispensabili per ottenere un’efficace distribuzio-ne integrata dell’assistenza:- garantire e perseguire sempre la centralità del paziente;- pianificare in maniera multidisciplinare l’assistenza;- far sì che il paziente abbia ben chiaro qual è il suo ri-ferimento, in grado di farlo accedere al sistema;- pianificare l’assistenza in maniera correlata alla stra-tificazione del rischio e focalizzata sull’identificazionedei bisogni e/o sull’anticipazione degli stessi;- garantire la condivisione delle informazioni a tutti i li-velli dell’assistenza;- individuare il case manager (generalmente il MMG,ma non necessariamente, in rapporto alle specificheproblematiche cliniche), che faciliti un coordinamentodell’assistenza longitudinale e prolungata nel tempo enon correlato solamente a specifici eventi.

Comunicazione e trasmissione delle informazioniLa continuità assistenziale dovrebbe essere garantitacon un adeguato sistema di relazione fra tutti gli attoriche partecipano al programma gestionale attraverso l’a-dattamento specifico di due componenti: 1) l’esplicita-zione del processo assistenziale, per far sì che tutti iprofessionisti che intervengono nelle diverse fasi sianoconsapevoli del percorso che il paziente seguirà; 2) latrasmissione delle informazioni.

La comunicazione è un elemento cruciale per lacontinuità dell’assistenza. Essa presuppone: 1. una registrazione online delle attività in corso, piani-ficate ed eseguite sul paziente, accessibile da tutti glioperatori coinvolti secondo modalità predefinite chegarantiscano la sicurezza e la privacy;2. lo scambio di dati clinici e protocolli, secondo dataset clinici e terminologie predefiniti e condivisi; 3. individuazione di un minimo set di dati obbligatoriche consenta di disporre delle informazioni indispensa-bili per la gestione del paziente, secondo il postulato:“un paziente condiviso, un unico sistema di registrazio-ne condiviso”.

La trasmissione delle informazioni dovrebbe imper-niarsi non solamente sull’asse primario della relazionefra i professionisti che assistono in maniera condivisal’ammalato, ma sul coinvolgimento degli altri diversiattori che intervengono nel processo di cura.

In ogni contesto assistenziale vanno sistematica-mente ricercati i margini di miglioramento riguardo al-le modalità di comunicazione delle informazioni, conparticolare attenzione alla massima semplificazione de-gli strumenti adottati.

L’obiettivo generale, pertanto, dovrebbe essere: 1. ampliare l’accesso dei professionisti a tutti i sistemi di

dati esistenti indipendentemente dal setting lavorativo;2. garantire la fruibilità di tutti i supporti tecnologici(numeri verdi, e-mail, accesso alle banche dati, accessoai registri, alle cartelle cliniche, alle refertazioni, allelettere di dimissione) utili a favorire la comunicazionefra operatori.

Obiettivo specifico, da perseguire auspicabilmentea livello regionale, dovrebbe essere quello di realizza-re, attraverso l’implementazione delle necessarie strut-ture tecnologiche, una gamma di servizi telematici,fruibili su scala distrettuale e aziendale delle strutturedel territorio, fra i quali:1. rete integrata delle strutture ospedaliere all’internodelle ASL;2. adeguamenti e coinvolgimento telematico dei PS/DEA;3. studi di MMG associati con supporto telematico;4. distretti;5. hospice e rete delle cure palliative domiciliari.

Indicatori di struttura, processo e risultatoRaccomandazione di questa Consensus Conference èl’adozione per ogni fase del percorso gestionale di spe-cifici indicatori, condivisi a livello intraospedaliero eterritoriale, che rappresentino la base per processi diautovalutazione e per un percorso di miglioramentocontinuo di qualità dell’assistenza nello SC19,20.

Indicatori di struttura 1. Disponibilità di PDT condivisi. I professionisti clini-ci che si occupano di pazienti affetti da SC dovrebberodisporre di documenti sulla gestione e il trattamento deipazienti con SC, che descrivano la migliore pratica cli-nica in linea con l’evidenza medica esistente. Questipossono avere la connotazione di profili di assistenza odi raccomandazioni e devono prendere in considerazio-ne livelli differenziati di assistenza nei diversi pazienti,inclusi programmi specifici per i pazienti con SC in fa-se terminale. L’organizzazione gestionale dovrebbe es-sere impostata per trasferire i pazienti al livello assi-stenziale appropriato.2. Monitoraggio dell’assistenza. I professionisti cliniciche si occupano di pazienti affetti da SC dovrebbero di-sporre di strumenti di monitoraggio per verificare l’esi-to dell’assistenza. Le decisioni assistenziali dovrebbe-ro essere valutate in funzione delle linee guida adottatesulla gestione e il trattamento dei pazienti. Lo staff cli-nico dovrebbe ricevere rapporti di performance perio-dicamente, almeno una volta all’anno.3. Presenza di ambulatorio specialistico dedicato. Ognistruttura ospedaliera dovrebbe dotarsi di un ambulato-rio dedicato per la gestione della fase precoce post-di-missione e dei pazienti complessi con SC avanzato.

Indicatori di processoGli indicatori di processo di cura devono riguardarel’intera rete assistenziale ed essere condivisi a livelloospedaliero, dove momento di verifica è la lettera di di-

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missione dopo un ricovero per SC acuto, e a livello ter-ritoriale, dove punto di rilevazione possono essere lecartelle cliniche computerizzate dei MMG. Progressi-vità e flessibilità nella definizione dei target, in partico-lare farmacologici, sono necessarie in relazione all’epi-demiologia del bacino di utenza e alle classi di età. Intale ambito, indicatore potrebbe essere il dato di moni-toraggio delle percentuali di utilizzo dei diversi tratta-menti o il diverso accesso alle prestazioni ritenute ap-propriate, in relazione all’età e alla situazione sociosa-nitaria.1. Valutazione della funzione sistolica ventricolare. Ladocumentazione clinica dei pazienti affetti da SC do-vrebbe contenere dati relativi alla valutazione della fun-zione ventricolare sinistra, dato che tale misurazione haimplicazioni sia di tipo diagnostico sia terapeutico (tar-get ≥ 75%).2. Uso degli inibitori dell’enzima di conversione del-l’angiotensina (ACE-inibitori) o antagonisti recettoria-li dell’angiotensina. I pazienti con SC con disfunzioneventricolare sinistra e che non presentino controindica-zioni dovrebbero essere trattati con ACE-inibitori o an-tagonisti recettoriali dell’angiotensina (target ≥ 85%).3. Uso dei betabloccanti. I pazienti con SC con disfun-zione ventricolare sinistra e che non presentino con-troindicazioni dovrebbero essere trattati con betabloc-canti (target ≥ 50%).4. Uso della terapia anticoagulante per la fibrillazioneatriale. I pazienti con SC e fibrillazione atriale che nonpresentano controindicazioni dovrebbero essere trattaticon anticoagulanti orali (target ≥ 85%).5. Educazione del paziente. I pazienti con SC dovreb-bero ricevere materiale informativo scritto sul livello diattività fisica consigliato, la dieta, la terapia farmacolo-gica, la misurazione del peso, il comportamento da te-nere in caso di deterioramento dei sintomi, e un appun-tamento di follow-up (target ≥ 90%).6. Valutazione multidimensionale di primo livello inpazienti anziani. I pazienti ultrasettantacinquenni conSC dovrebbero essere sottoposti ad una valutazionemultidimensionale di primo livello per accertarne statofisico, capacità cognitive, benessere psichico e livellodi autosufficienza, in modo da poter definire il piano dicura più adatto ai loro bisogni assistenziali (target> 50%).

Indicatori di esito1. Ricoveri ripetuti. Ai soli fini del monitoraggio del-l’assistenza si propone la valutazione dei ricoveri perSC ripetuti precocemente (a 30 e 90 giorni) e del nu-mero di accessi in PS/DEA (a 30 e 90 giorni) dopo ladimissione.2. Mortalità. La mortalità nello SC non è un indicatoredi precaria qualità dell’assistenza e può costituire l’ine-vitabile conseguenza di una lunga malattia in fase avan-zata durante la quale il paziente può aver ricevutoun’assistenza eccellente. La valutazione della mortalitàdeve obbligatoriamente tenere conto del profilo di ri-

schio del paziente. Ai soli fini del monitoraggio del-l’assistenza si propone la valutazione della mortalità in-traospedaliera, e a 30 giorni dalla dimissione dopo unricovero per SC.3. Qualità di vita e soddisfazione dei pazienti. Questemisure dovrebbero formare oggetto di una specificasperimentazione.

L’analisi sistematica del processo dovrebbe essereaffiancata dalla ricostruzione degli elementi di costo del-l’assistenza, per consentire la riprogettazione del finan-ziamento, non più parcellizzata per prestazione, ma fi-nalizzata al rimborso dell’intero percorso assistenziale.

Percorsi formativiL’assistenza al paziente con SC richiede professionalitàe competenza, generalmente acquisite con corsi teorici,per i quali l’offerta attuale è vastissima, ma frammenta-ta, e con esperienze maturate sul campo, con la condi-visione di casi clinici, supporto reciproco con trasferi-mento dei saperi, frequenza di ambulatori dello SC oreparti di Cardiologia. La Consensus Conference au-spica, per iniziativa e con il supporto delle SocietàScientifiche e delle istituzioni preposte, un riordino deiprogrammi post-laurea che possa prevedere per medicidi diverse estrazioni (quali cardiologi clinici, internisti,altri specialisti, MMG) e per gli infermieri un percorsoformativo definito nella multidisciplinarietà dei conte-nuti e nell’integrazione fra le diverse figure professio-nali, specificamente certificato, ad attestazione delleprofessionalità e competenze acquisite.

CAPITOLO 3Profili clinici e percorsi assistenziali

È nozione comune che lo SC non possa essere conside-rato come una patologia omogenea, ma sia piuttostouna sindrome, che riconosce diverse tipologie di mala-ti con caratteristiche differenti anche all’interno dellastessa classe funzionale. Tra i tanti fattori importanti diclassificazione sono da ricordare:1. l’eziologia della malattia; 2. l’età e il quadro clinico;3. la severità della disfunzione emodinamica; 4. la disfunzione del ventricolo sinistro, destro o di en-trambi; 5. la presenza di patologie concomitanti.

La definizione del percorso e il diverso coinvolgi-mento delle strutture e delle figure professionali territo-riali devono tenere in considerazione, oltre a questi fat-tori, anche il substrato sociale in cui vive il paziente. In-fatti, l’area urbana o rurale di residenza, la struttura fa-miliare di appartenenza, lo stato cognitivo e le condizio-ni generali di vita, sono tutti aspetti che possono modi-ficare il percorso gestionale e l’aderenza ai programmidi cura del paziente con SC al di fuori dell’ospedale.

Sono stati definiti in questo documento sei differen-ti percorsi gestionali:

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1. prevenzione e screening della disfunzione ventrico-lare asintomatica;2. il paziente con SC acuto di nuova diagnosi o instabi-lizzato;3. il paziente con SC ambulatoriale oligosintomatico;4. il paziente con SC severo candidabile al trapiantocardiaco;5. il paziente con SC con comorbilità e/o anziano;6. il paziente con SC terminale.

Prevenzione e screening della disfunzioneventricolare asintomatica

Lo SC è una grave sindrome clinica con una storianaturale ben definita: la mortalità è pari al 50% a 5 an-ni e all’80% a 10 anni dalla diagnosi, paragonabile per-tanto alle più comuni neoplasie oggetto di screening,quali il cancro della mammella, della prostata e del co-lon21. Le patologie più frequentemente associate allosviluppo di SC e ad elevata prevalenza nella popolazio-ne generale sono la cardiopatia ischemica, la cardiopa-tia ipertensiva e il diabete mellito22,23. La disfunzioneventricolare asintomatica spesso precede per lungotempo lo SC conclamato e aumenta il rischio di morteanche per gradi modesti di compromissione della fun-zione ventricolare21. Trattamenti efficaci quali la tera-pia con ACE-inibitori e con betabloccanti sono in gra-do di condizionare favorevolmente la prognosi delloSC, anche e soprattutto nelle fasi precoci della malattia.

La disfunzione ventricolare asintomatica soddisfaquindi i criteri per essere oggetto di programmi discreening con lo scopo di identificare i pazienti a ri-schio prima che la malattia si sviluppi, in modo da av-viare adeguati programmi di intervento. Condizionenecessaria per un’adeguata azione preventiva è il rico-noscimento dei soggetti che, rispetto alla popolazionegenerale, sono a maggiore rischio di sviluppare in futu-ro la malattia, identificabili negli stadi A (soggetti confattori di rischio) e B (soggetti con cardiopatia struttu-rale) delle linee guida dell’American College of Car-diology/American Heart Association1.

- La disfunzione ventricolare asintomatica dovrebbe esse-re oggetto di screening.- Lo screening è raccomandato esclusivamente nei sogget-ti ad alto rischio.- Il MMG è il primo attore nell’identificazione dei pazien-ti a rischio, per l’attivazione dello screening, l’impostazio-ne dell’intervento terapeutico ed il suo monitoraggio neltempo.- La consulenza e cogestione specialistica è indicata neipazienti ad alto rischio, non adeguatamente controllati dainterventi di primo livello.- Lo screening ecocardiografico è indicato nei soggetti adalto rischio per presenza di diabete e/o ipertensione arte-riosa con danno di organo, cardiopatia strutturale ad altorischio di evoluzione verso la disfunzione ventricolareasintomatica, esposizione a farmaci cardiotossici, familia-rità per cardiomiopatia.

Il paziente con fattori di rischio (stadio A) I soggetti in stadio A sono a rischio di sviluppare unacardiopatia strutturale per fattori di rischio cardiova-scolare o situazioni cliniche quali:1. ipertensione arteriosa;2. diabete mellito;3. obesità o sindrome metabolica;4. insufficienza renale cronica;5. aterosclerosi polidistrettuale; 6. assunzione prolungata di farmaci cardiotossici;7. familiarità per cardiomiopatia.

L’ipertensione arteriosa costituisce la causa più fre-quente di sovraccarico di pressione del ventricolo sini-stro. Il principale adattamento strutturale all’aumentatocarico è lo sviluppo di danno di organo, l’ipertrofiaventricolare sinistra, che incrementa di 10 volte il ri-schio di sviluppare SC24,25.

Il diabete si associa a una prevalenza di disfunzioneventricolare asintomatica doppia, e a un’incidenza diSC da 2 a 5 volte quella della popolazione generale26.Incidenza e prevalenza sono destinate ad aumentare acausa della migliore sopravvivenza dei diabetici. Unodei parametri strettamente legati al rischio di SC nel dia-betico è il compenso metabolico27,28. Nel paziente dia-betico coesistono frequentemente l’ipertensione arterio-sa e la cardiopatia ischemica che incrementano ulterior-mente il rischio di SC. L’obesità e la sindrome metabo-lica, identificata dalla coesistenza di intolleranza gluci-dica, obesità addominale, ipertrigliceridemia e iperten-sione, in considerazione soprattutto del trend epidemio-logico nelle società occidentali quali la nostra, sono fat-tori di rischio emergenti per la disfunzione ventricolaresinistra e lo sviluppo di SC. In tale contesto, particolarerilevanza assume anche la presenza di una sindrome del-le apnee notturne che amplifica il rischio di complican-ze cardiovascolari in generale e di SC in particolare.

L’insufficienza renale è un potente elemento pro-gnostico negativo in tutte le affezioni cardiovascolari:anche gradi modesti di disfunzione renale determinanoun aumento del rischio di SC, che si amplifica con ilprogredire del danno renale soprattutto se l’insufficien-za renale cronica è associata a ipertensione, diabete,malattia aterosclerotica29.

Nell’ambito delle cardiomiopatie familiari, la pre-venzione dello SC si lega strettamente allo screening deifamiliari degli affetti. La cardiomiopatia dilatativa idio-patica è una diagnosi di esclusione che riconosce un’ori-gine genetica nel 35% dei casi. L’analisi genetica dellamalattia è complessa, perché il fenotipo dei pazienti af-fetti non è specifico e la penetranza della malattia è va-riabile. In ogni soggetto con diagnosi accertata di car-diomiopatia si raccomanda un’anamnesi familiare e l’a-nalisi di pedigree per identificare eventuali membri dellafamiglia a rischio per lo sviluppo di malattia, avviandoquesti casi ad un accurato screening clinico-strumentale.

Il paziente con cardiopatia strutturale (stadio B) I soggetti in stadio B hanno una cardiopatia nota ad al-to rischio di evoluzione verso lo SC in particolare:

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1. ipertensione arteriosa con danno d’organo (ipertrofiaventricolare sinistra, sovraccarico ventricolare sinistro,blocco di branca sinistra);2. diabete mellito con danno d’organo (microalbuminu-ria, vasculopatia, ecc.); 3. insufficienza renale con danno di organo cardiova-scolare;4. cardiopatia ischemica e pregresso infarto miocardico;5. malattia valvolare significativa asintomatica.

Strategie di screening L’ecocardiogramma rappresenta l’esame di riferimen-to per la valutazione della funzione ventricolare. Unprogramma di screening che indirizzi indiscriminata-mente tutti i pazienti a rischio di sviluppo di SC a va-lutazione ecocardiografica ripetuta nel tempo avreb-be, tuttavia, dei costi organizzativi ed economici nonsostenibili. Per tale motivo è auspicabile la validazio-ne, nei pazienti da avviare ad un programma di scree-ning, di strategie diagnostiche a costo contenuto, im-prontate ad un’attenta valutazione clinica del rischio,associata all’esecuzione di esami semplici, accessibi-li e con elevato potere predittivo negativo quali l’ECGe il dosaggio dei peptidi natriuretici (PN). Tale strate-gia di screening, selezionando i pazienti a rischio piùelevato, consentirebbe di indirizzare verso il più op-portuno iter diagnostico e terapeutico una consistenteproporzione di pazienti con disfunzione ventricolareasintomatica a costi relativamente contenuti e sosteni-bili30-37.

Nei soggetti in stadio A (punti 1-5) e nei soggetti instadio B (punti 1-3) si raccomanda la ripetizione perio-dica dell’ECG. In questi soggetti l’utilizzo dei PN, inrelazione al potenziale grado di coinvolgimento cardia-co e alla presenza di più fattori in associazione, può

guidare la selezione appropriata del paziente da inviarea screening ecocardiografico.

Nei soggetti in stadio A (punti 1-5) e nei pazienti instadio B (punti 1-3) con ECG (ed eventualmente PN)alterato o in relazione alla gravità e all’eventuale mul-tipla associazione di fattori di rischio va avviato loscreening ecocardiografico per la disfunzione ventrico-lare asintomatica (Figura 10). La periodicità della ripe-tizione dello screening, per la carenza di dati epidemio-logici nazionali e di carte del rischio validate, non puòessere allo stato attuale definita nei pazienti con iper-tensione, diabete o insufficienza renale cronica severacon danno d’organo cardiovascolare. Nei soggetti conprimo esame ecocardiografico non indicativo di disfun-zione ventricolare, alla luce delle promettenti esperien-ze sull’impiego dei PN36,37, potrebbe essere preso inconsiderazione il ricorso a periodici accertamenti diprimo livello (ECG e dosaggio dei PN) per selezionarei soggetti da avviare alla ripetizione dell’ecocardio-gramma.

Lo screening ecocardiografico periodico (Figura10) è raccomandato in prima istanza per i soggetti instadio A (punti 6 e 7): - con anamnesi familiare di cardiomiopatia idiopatica,con ripetizione dell’esame in caso di negatività ogni 3-5 anni dall’età di 15-18 anni fino a 40-50 anni;- esposti a farmaci antiblastici cardiotossici o a radiote-rapia, in cui la periodicità dell’ecocardiogramma saràdettata dalla coesistenza di altri fattori di rischio e daltipo, dosaggio, protocollo di trattamento chemioterapi-co utilizzato;e nei soggetti in stadio B (punti 4-5):- con cardiopatia ischemica e pregresso infarto miocar-dico con o senza rimodellamento ventricolare sinistro;- malattia valvolare significativa asintomatica.

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Figura 10. Diagramma di flusso per lo screening della disfunzione ventricolare asintomatica (DVSA); ECG = elettrocardiogramma; IMA = infarto mio-cardico acuto; MMG = medico di medicina generale; PN = peptidi natriuretici; SC = scompenso cardiaco.

Familiaritàper

cardiomiopatia

IMA recentecon o senzarimodellamentoventricolare

NO DVSA

Ipertensione arteriosaDiabetemellito

con danno d’organo

Cardiopatia ischemicaInsufficienza renale

Valutazione clinica MMG

PAZIENTE AD ALTO RISCHIO DI EVOLUZIONE IN SC

Malattiavalvolare

significativaasintomatica

Ecocardiogramma

Considerare follow-upcon ECG

±PN

(periodicità funzione del rischio)

Ripetizioneecocardiogramma

ChemioterapiaAntiblastica

oRadioterapia

DVSA

Percorsopaziente

oligoasintomatico

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La disfunzione sistolica post-infartuale del ventri-colo sinistro dipende principalmente dal numero di seg-menti asinergici o dalla contemporanea presenza di al-tri fattori di rischio come ipertensione, valvulopatia odiabete mellito. La funzione cardiaca dovrebbe essererivalutata precocemente in presenza di queste condizio-ni di rischio dopo 30-90 giorni dall’evento acuto. In as-senza di modificazioni dello stato clinico o di procedu-re di rivascolarizzazione, l’ulteriore ripetizione dell’e-cocardiogramma non è raccomandata dalle linee guidaentro 1-2 anni dall’evento acuto38,39. Nei pazienti conpregresso infarto miocardico acuto ad alta probabilitàdi evoluzione della cardiopatia verso la disfunzioneventricolare, la strategia che utilizza ECG e PN asso-ciati alla valutazione clinica potrebbe essere presa inconsiderazione come utile alternativa alla ripetizionedell’esame ecocardiografico prima di 1-2 anni dall’e-vento indice. In presenza di alterazioni elettrocardio-grafiche, come nei soggetti con pregresso infarto mio-cardico acuto, blocco di branca o portatori di pace-maker, il follow-up seriato con dosaggio dei PN po-trebbe assumere rilevanza ancora maggiore.

Gestione del paziente a rischio in stadio A e B STADIO ALa prevenzione primaria, l’identificazione dei soggettiesposti, e il controllo dei fattori di rischio, con l’impo-stazione degli eventi terapeutici e il monitoraggio neltempo, sono compiti del MMG. Nei soggetti ad alto ri-schio di evoluzione verso la cardiopatia, il MMG do-vrebbe avvalersi della consulenza specialistica, per ipazienti con rilevanti problematiche e situazioni clini-che complesse, non controllate dagli interventi di pri-mo livello.

STADIO BDovrebbero essere gestiti principalmente dal MMG ipazienti con cardiopatia organica stabile e di entità nonsevera quali:1. soggetti giovani con cardiopatia ischemica (anchepost-infarto) stabilizzata, con malattia coronarica edanno miocardico non estesi, senza ischemia residua esenza altri fattori di rischio oppure ove questi (dislipi-demia, ipertensione, fumo di sigaretta, sedentarietà)siano ben controllati o risolti;2. malattie valvolari di lieve entità in pazienti asinto-matici;3. tachiaritmie sopraventricolari in efficace trattamentoprofilattico delle recidive o, se non possibile il mante-nimento del ritmo sinusale, con un buon controllo del-la frequenza ventricolare;4. per la scelta del farmaco adeguato al profilo di ri-schio del paziente.

Il MMG si avvarrà degli esami di primo livello, co-me ECG, Rx torace. Qualora vi sia il sospetto di unamodificazione delle condizioni cliniche in senso peg-giorativo, il paziente, eventualmente previa conferma

di un aumento dei PN, sarà avviato all’esecuzione del-l’ECG, ricorrendo alla valutazione specialistica in baseal risultato delle valutazioni clinico-strumentali.

La gestione del MMG deve avvalersi del supportoattivo delle strutture specialistiche, fino alla presa in ca-rico, se necessario, nei pazienti con valvulopatia im-portante asintomatica o cardiopatia ischemica com-plessa in particolare: 1. sindrome coronarica acuta recente con estese zoneasinergiche e/o con coesistenti diabete e ipertensione;2. infarto miocardico acuto anteriore e/o esteso;3. malattia coronarica significativa, rivascolarizzabile enon, con ischemia inducibile, con l’obiettivo dell’otti-mizzazione del trattamento e valutazione delle indica-zioni a rivascolarizzazione.

Il paziente con scompenso cardiaco acuto di nuovadiagnosi o instabilizzato

Lo SC avanzato e lo SC acuto sono le sindromi me-diche a maggiore assorbimento di risorse in ambito car-diologico. I ricoveri ospedalieri, con un trend in co-stante crescita pressoché ovunque nel mondo occiden-tale, rappresentano nei diversi paesi la più importantevoce di costo40. La gran parte dei pazienti affetti da SCacuto viene ricoverata in reparti internistici41,42. Da unarilevazione effettuata in 130 Strutture Complesse diMedicina italiane negli anni 2001-2002, con analisi dioltre 160 000 ricoveri consecutivi, il DRG 127 rappre-sentava l’8% dei ricoveri complessivi43. I pazienti affe-renti ai reparti internistici presentano, inoltre, un profi-lo clinico diverso, con una maggiore prevalenza di sog-getti di età avanzata e portatori di comorbilità, rispettoa quelli ricoverati nei reparti cardiologici, più spessoaffetti da SC cronico grave con specifiche necessità te-

- Si raccomanda l’adozione di percorsi intraospedalieripersonalizzati per tipologia e collocazione dell’ospedale.- Il paziente con SC acuto deve essere indirizzato al repar-to di ricovero in base alla necessità di monitoraggio/tratta-mento intensivo e diagnostica/interventistica avanzata.- Durante la degenza la gestione del paziente con SC acu-to deve essere multidisciplinare con precoce attivazionedella consulenza cardiologica, internististica o di altra di-sciplina specialistica di settore in relazione alle specificheesigenze.- Per i pazienti a basso rischio si raccomanda la sistemati-ca attivazione dell’osservazione breve in PS/DEA.- Punto qualificante dei percorsi intraospedalieri è il riferi-mento del paziente dimissibile all’ambulatorio dello SCper: a) primo controllo post-dimissione se problematichecomplesse/labilità clinica; b) problematiche attive (stratifi-cazione per morte improvvisa e/o trapianto cardiaco, indi-cazione a valutazione invasiva/interventistica avanzata); c)presa in carico in caso di SC avanzato.- La lettera di dimissione dopo un ricovero per SC acutodeve contenere indicazioni sul piano di mantenimento econtrollo a domicilio con coinvolgimento del MMG.

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rapeutiche/assistenziali (terapia intensiva) o di tecnolo-gia diagnostica.

L’integrazione assistenziale e la ricerca di soluzioniorganizzative che consentano il ricorso al ricovero in si-tuazioni clinicamente appropriate e l’ottimizzazionedel successivo percorso intraospedaliero, rappresenta-no quindi il fondamento per una corretta allocazionedelle risorse del Servizio Sanitario Nazionale nel tratta-mento di questa patologia.

Epidemiologia dello scompenso cardiaco acutoRecenti studi osservazionali condotti in contesti inter-nazionali e nel nostro paese consentono di delineare ilprofilo clinico dei pazienti che accedono ai repartiospedalieri per SC acuto40,45,46. Dall’analisi di questidati emerge il quadro di una popolazione anziana, fre-quentemente portatrice di comorbilità che aggravanol’evoluzione clinica, prevalentemente affetta da cardio-patia ischemica, spesso già sottoposta a procedure di ri-vascolarizzazione, in cui una sindrome coronarica acu-ta rappresenta l’evento scatenante in un terzo dei casi eciò sottolinea il necessario coinvolgimento delle strut-ture cardiologiche in una quota significativa di pazien-ti con SC acuto. Il 40% dei pazienti ricoverati è al pri-mo episodio di scompenso acuto e, in questi casi, vi èla necessità di un precoce inquadramento diagnosticocompleto. L’elevata frequenza delle riacutizzazioni del-lo SC cronico trova riscontro in numerosi studi osser-vazionali, che documentano un tasso di riospedalizza-zione per SC a 6 mesi fra il 30 e il 44%, e impone un’at-tenta riflessione sulle più efficaci modalità di dimissio-ne e sull’integrazione territoriale dell’assistenza al pa-ziente scompensato47.

La complessità del quadro clinico dello scompensoacuto, l’elevata mortalità intraospedaliera, la lunga du-rata della degenza, la necessità di allinearsi ad indica-tori di qualità del processo di cura adottati a livello in-ternazionale, rendono auspicabile in ogni presidioospedaliero l’adozione di protocolli condivisi e perso-nalizzati in relazione al tipo e alla collocazione dellastruttura, sia per consentire il ricorso al ricovero in si-tuazioni clinicamente appropriate, sia per ottimizzarneil percorso intraospedaliero.

Indicazioni al ricoveroLo SC acuto è definito come “rapida insorgenza di se-gni e sintomi secondari a disfunzione cardiaca”48. L’in-dicazione al ricovero è quindi funzione della rapidità diesordio, del livello di gravità clinica e della presenza dicondizioni concomitanti. L’ospedalizzazione poten-zialmente prevenibile attraverso una più attenta sorve-glianza clinica del paziente con SC cronico al di fuoridell’ospedale, rappresenta spesso l’esito di un falli-mento di percorsi assistenziali extraospedalieri. Al mo-mento dell’accesso al PS/DEA, il ricovero può rivelar-si necessario, non solo per motivi esclusivamente me-dici, ma anche perché spesso intervengono fattori so-ciali che non rendono possibile una gestione a domici-

lio. Le indicazioni al ricovero di un paziente con scom-penso cardiaco sono riportate in Tabella 1.

La letteratura ben documenta come la dispnea de-termini l’ospedalizzazione con maggiore frequenza ri-spetto al dolore toracico: nello studio REDHOT49 il ri-covero era indicato nel 90% dei pazienti afferenti alPS/DEA per dispnea e nel 37-60% dei soggetti che sipresentavano con dolore toracico.

Questa discrepanza trova origine verosimilmentenella diversa disponibilità di marcatori diagnostici eprognostici validati per un’accurata stratificazione delrischio. In letteratura, l’età avanzata, una bassa pressio-ne sistolica, un’aumentata frequenza respiratoria, l’ipe-razotemia, l’iposodiemia, la creatinina elevata e la pre-senza di comorbilità sono associate a più elevato ri-schio di decesso a breve termine.

Fra i vari indici utili ad una stratificazione progno-stica è emerso di recente un ruolo importante per iPN49,50. È stato suggerito che variazioni dei livelli di PNnel corso della degenza possano essere utili per la stra-tificazione prognostica dei pazienti ospedalizzati perSC. Una significativa riduzione dei PN dopo trattamen-to e stabilizzazione, contribuirebbe ad identificare pa-zienti a minore rischio di riospedalizzazione, mentrepazienti con elevazione dei PN nel corso del ricovero ocon valori elevati alla dimissione sarebbero a rischio

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Tabella 1. Indicazioni al ricovero del paziente con scompensocardiaco.

1. Aritmie maggioriAritmie sintomaticheSincope o pre-sincopeArresto cardiacoMultiple scariche di defibrillatore impiantabile

2. Ischemia miocardica acuta3. Scompenso cardiaco de novo, con sintomi di nuova insorgen-

za a rapida comparsa4. Instabilizzazione di scompenso cardiaco cronicoa) Ricovero immediato

Edema polmonare o distress respiratorio in posizione sedutaDesaturazione arteriosa in ossigeno < 90%, in assenza di no-ta ipossiemia cronicaFrequenza cardiaca > 120 b/min, con l’eccezione di fibrilla-zione atriale cronicaAritmia (fibrillazione/ flutter atriale) de novo con compro-missione emodinamicaShock cardiogeno

b) Ricovero urgentePresenza di segni e/o sintomi di congestione e/o ipoperfusione Recente sviluppo di disfunzione epatica, distensione epaticasevera, ascite sotto tensione, anasarcaRiscontro di importante ipo- o iperpotassiemiaPeggioramento acuto di comorbilità (patologie polmonari, in-sufficienza renale)

c) Ricovero con carattere di priorità Rapida riduzione della natriemia < 130 mEq/lIncremento della creatininemia (almeno per 2 volte o in asso-luto > 2.5 mg/dl)Persistenza di segni e/o sintomi di congestione a riposo nono-stante ripetute visite di controllo e aggiustamento della tera-pia diuretica

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più elevato e andrebbero indirizzati ad ulteriori tentati-vi di ottimizzazione terapeutica e ad un follow-up piùintensivo. È necessaria tuttavia la validazione di questirisultati in ampie popolazioni per raccomandarne l’uti-lizzo estensivo come guida ad uno specifico percorsoassistenziale.

La scelta del luogo di cura Il PS/DEA è lo snodo iniziale del percorso del pazientecon SC acuto. In PS/DEA vengono eseguiti il primo in-quadramento diagnostico e i provvedimenti terapeuticidi urgenza, quali rianimazione cardiopolmonare, terapiainfusionale, ventilazione assistita, volti a stabilizzare ilpaziente. Accanto all’anamnesi e all’esame obiettivo, alprofilo ematochimico e all’emogasanalisi, all’esecuzio-ne di ECG e Rx torace, è auspicabile la diffusione deldosaggio dei PN per la diagnosi differenziale della di-spnea acuta in pazienti senza cardiopatia nota.

L’invio al reparto di degenza più appropriato è fun-zione del profilo di gravità del paziente. Una classifica-zione basata su una valutazione clinica della congestio-ne e della perfusione51 appare diffusamente impiegabi-le per un primo inquadramento del paziente e per otte-nere indicazioni di massima sulla sede di ricovero (Fi-gura 11).

Pazienti con SC stabile in assenza di ipoperfusionee significativa congestione generalmente non necessita-no di ricovero, a meno di altri elementi di rischio/insta-bilità, quali aritmie, disfunzione d’organo, infezioni. Ipazienti con congestione che non presentino segni diipoperfusione possono essere trattenuti in PS/DEA perun periodo di osservazione breve e, dopo adeguato trat-tamento e valutazione clinica e di laboratorio, inviati adomicilio per la prosecuzione della cura da parte delmedico curante, con consulenza specialistica ambula-

toriale, o, in relazione all’entità del sovraccarico vole-mico e delle sue ripercussioni sulla funzione d’organo,ricoverati in reparti di degenza comune, in caso di ina-deguato supporto sociofamiliare o insufficiente rispostaal trattamento. In relazione a fattori concomitanti, chedeterminino instabilità del quadro clinico, può, peral-tro, essere opportuno il ricovero in terapia intensiva osemintensiva anche di questi casi.

I pazienti con quadro clinico di ipoperfusione dabassa portata cardiocircolatoria e associata congestionerappresentano il gruppo a maggior rischio e hanno in-dicazione a ricovero in reparti con dotazioni strumenta-li e di personale medico e infermieristico specializzatoatti al trattamento intensivo o semi-intensivo. I pazien-ti con prevalenti segni di ipoperfusione rappresentanoun gruppo ristretto ed eterogeneo, che può includerepazienti ipovolemici per sovradosaggio farmacologico,che possono richiedere il ricovero per la necessità diadeguare o sospendere i diuretici e frequentemente direintegrare i liquidi, ma anche soggetti con quadro dicongestione non apprezzabile clinicamente.

Gli obiettivi immediati del trattamento dello scom-penso acuto sono il miglioramento della dispnea, la ri-duzione degli eventuali segni di bassa portata, con ilraggiungimento di una pressione arteriosa media pariad almeno 65-70 mmHg, il controllo del ritmo e dellafrequenza cardiaca, con valori compresi fra 60 e 80b/min. Il raggiungimento di tali obiettivi dopo stabiliz-zazione in PS/DEA può consentire la dimissione delpaziente a minore rischio o il ricovero in reparti di de-genza ordinaria.

Il ricovero in terapia intensiva appare sempre indi-cato nei pazienti che presentino condizioni cliniche ta-li da mettere a rischio immediato la sopravvivenza,mentre è necessaria un’attenta valutazione prima di de-

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Figura 11. Percorso intraospedaliero in base al profilo di gravità del paziente con scompenso cardiaco. CPAP = ventilazione non invasiva con pres-sione continua positiva; ECG = elettrocardiogramma; IABP = contropulsatore aortico; NIPPV = ventilazione non invasiva con supporto ventilatorio;PS/DEA = Pronto Soccorso/Dipartimento di Emergenza-Accettazione; USI = unità semi-intensiva; UTI = unità di terapia intensiva; VAM = ventila-zione artificiale meccanica.

USIUTI

PS/DEA

Congestione senzaipoperfusione

Degenza ordinariaMedicina/Geriatria

CardiologiaRiabilitazione degenziale

ECG Rx Torace

EcocardiogrammaEmatobiochimica

Bassa portataIschemia/aritmie

Monitoraggio ECG Emodinamico CPAP NIPPV

UltrafiltrazioneUTI: dotazione USI

+ IABP VAM

Terapia infusionale/

per os

Osservazione/stabilizzazione

Dimissione

Terapia infusionale

Osservazione/stabilizzazione

Dimissione/trasferimento

Osservazione breve

Dimissione e Controllo Ambulatorio

Manovre d’emergenzaPrimo inquadramento

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cidere sull’opportunità e sulla sede del ricovero nei pa-zienti che presentino una relativa stabilità clinica all’in-gresso in PS/DEA52. Uno studio che ha valutato in ma-niera prospettica la correlazione fra la percezione digravità dichiarata dai medici al momento del ricovero ela reale incidenza di complicanze ha documentato latendenza a sovrastimare il rischio di complicanze gravinei pazienti con SC acuto53. L’invio inappropriato in re-parti di terapia intensiva di pazienti che non presentinoun profilo clinico di gravità avanzato, si traduce in unincremento di costi non bilanciato da attesi benefici.

In unità di terapia intensiva (UTI, UTIC o taloraMedicina di Urgenza) dovrebbero essere ricoverati, peril tempo strettamente necessario al conseguimento diun’adeguata stabilizzazione, i pazienti con ischemiaacuta, scompenso refrattario, instabilità elettrica e/oemodinamica, soprattutto se potenziali candidati a riva-scolarizzazione percutanea o ad intervento cardiochi-rurgico o ad impianto di assistenza ventricolare comeponte al recupero o al trapianto cardiaco. In UTI/UTICpossono essere attuati il monitoraggio elettrocardiogra-fico, emodinamico invasivo e non invasivo, la contro-pulsazione aortica, l’ultrafiltrazione, la ventilazione in-vasiva e non invasiva. Una breve degenza in UTI/UTICper stabilizzazione ischemica o aritmica può essere pre-vista anche in pazienti con severo profilo di comorbi-lità. Tuttavia il ricovero dovrebbe essere discusso accu-ratamente per quei pazienti con quadro di malattia e di-sabilità o deficit cognitivo severo e/o patologie associa-te che limitino fortemente l’aspettativa di vita a brevetermine.

I pazienti instabili, con scompenso de novo o croni-co instabilizzato per una qualunque causa, dovrebberoafferire ad una USI (sia essa di Cardiologia o di Medi-cina o di Medicina e Chirurgia di Accettazione e di Ur-genza o Unità dello SC)54 dotata di monitoraggio tele-metrico dell’ECG, emodinamico non invasivo ed even-tualmente invasivo, ventilazione non invasiva con pres-sione continua positiva o con supporto ventilatorio,procedura che ha dimostrato di ridurre la necessità diintubazione orotracheale.

I reparti di degenza ordinaria (Cardiologia, Medici-na/Geriatria) possono accogliere invece pazienti a piùbasso rischio, senza necessità di monitoraggio intensi-vo o supporto meccanico-respiratorio. Un esempio tipi-co della difficoltà di definire criteri assoluti di ricoverodel paziente con SC acuto è quello dei pazienti con im-portante sovraccarico di liquidi, che presentano un ele-vato rischio di ulteriori accessi in urgenza per instabi-lizzazione. In questi casi, dopo osservazione e tratta-mento in PS/DEA, il paziente potrà tornare al propriodomicilio solo se potranno essere attivate modalità ter-ritoriali di assistenza alternative al ricovero, in grado dimantenerlo in prolungata stabilizzazione.

La scelta del reparto di degenza ordinaria, nella pra-tica clinica, è generalmente condizionata dalla disponi-bilità di posti letto nelle diverse strutture. I percorsi in-

traospedalieri non possono pertanto essere definiti dacriteri rigidi e dovranno tenere conto delle diverse pro-blematiche locali. In linea di massima, la maggiore do-tazione strumentale diagnostica rende più razionalel’invio alle Cardiologie del paziente con necessità dimonitoraggio e/o approfondimento invasivo. Tuttavia,per quanto riguarda le caratteristiche costitutive dellestrutture di Medicina Interna, occorre considerare chenelle differenti realtà locali si può rilevare una notevo-le disomogeneità in termini di risorse disponibili e cri-teri organizzativi adottati, che condiziona marcatamen-te la tipologia delle attività svolte: case-mix, intensivitàdell’assistenza prestata, gestione diretta di tecniche didiagnostica per immagini ovvero reale possibilità di ac-cesso a tali procedure, accessibilità facilitata a strutturedi secondo livello per procedure interventistiche. I re-parti internistici che operano all’interno dei presidiospedalieri di medie o piccole dimensioni, più frequen-temente rispetto a quelli inseriti negli ospedali ad altaspecializzazione, sono dotati autonomamente di attrez-zature di diagnostica in grado di assicurare l’esecuzio-ne diretta di esami strumentali non invasivi. Esistonopoi strutture di Medicina di Urgenza dotate di strumen-tazione idonea per monitoraggio e supporto ventilato-rio non invasivo, tale da consentire un’assistenza di ti-po subintensivo o intensivo di primo livello. Ciò con-sente, all’interno del proprio ambito di competenza, lapossibilità di gestire secondo parametri di sicurezza pa-zienti con SC a maggiore livello di complessità e insta-bilità clinica. Gli stessi criteri possono essere adottatianche per quanto riguarda i trasferimenti interni fra ivari reparti ospedalieri. Lo SC acuto di nuova insor-genza (de novo), di qualunque eziologia e gravità, ri-chiede un precoce e completo inquadramento fisiopato-logico ed eziologico e nella maggioranza dei casi è daconsiderarsi indicazione al ricovero in un ambiente, ge-neralmente cardiologico, dotato di strumentazione ade-guata al completamento dell’iter diagnostico, oltre chealla gestione clinica e terapeutica in rapporto alla suagravità (Figura 12). In caso di ricovero in Medicina,sarà comunque utile un precoce ricorso alla consulenzaspecialistica cardiologica.

Il timing delle procedure diagnostiche invasive e dieventuali terapie interventistiche dovrebbe essere detta-to primariamente dallo stato clinico del paziente, inrapporto alla possibilità di una migliore stabilizzazionepost-dimissione, o in riabilitazione, o piuttosto preve-dendo l’esecuzione durante lo stesso ricovero. Il conte-sto organizzativo, con la maggiore o minore disponibi-lità di accesso a strutture di cure intermedie, può inol-tre influire nella scelta.

Il percorso intraospedaliero

TRASFERIMENTI INTERNI

L’organizzazione intraospedaliera sulla base dei PDTinterni dovrebbe prevedere l’invio e il trasferimento al-

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le unità di degenza ordinaria secondo specifici criteri diselezione, ove logisticamente possibile in base alla di-sponibilità di posti letto, fermo restando il principio digestione integrata multidisciplinare, con reciproco sup-porto di cardiologi e internisti.

Il trasferimento dalla Cardiologia alla Medicina do-vrebbe essere favorito da opportuni accordi/protocolligestionali interni, in modo da permettere a pazienti conSC avanzato e/o anziani, ove necessario per un’inizialestabilizzazione clinica con monitorizzazione e terapiaintensiva, una breve degenza in ambiente cardiologico,ma con la possibilità di completamento del programmadi cure in strutture internistiche (Tabella 2).

La Figura 13 illustra il diagramma di flusso nei ca-si di SC cronico riacutizzato. Nei pazienti con bassoprofilo clinico di gravità e scarsa compromissione emo-dinamica, può essere attivata l’osservazione breve inPS/DEA per il tempo necessario a documentare un sod-disfacente miglioramento clinico con terapia infusiona-le, con la possibilità di evitare un ricovero ospedalieroin degenza continuata e i costi connessi55. Questi pa-zienti dovrebbero essere reinviati a domicilio, con se-gnalazione al MMG e un appuntamento di follow-up,per rivalutazione precoce presso l’ambulatorio/day-ho-spital ospedaliero a 24-48 h (vedi paragrafo “La dimis-sione a domicilio”, pag. 410).

L’episodio di ricovero dovrebbe rappresentare an-che per i pazienti con SC cronico riacutizzato l’occa-sione per un reinquadramento diagnostico, una nuovastratificazione del profilo di rischio a distanza oltre cheper l’ottimizzazione terapeutica.

Indipendentemente dal luogo di cura, nei pazientiricoverati per SC devono essere messe in atto almeno lavalutazione quotidiana del bilancio idrico e del peso, el’avvio o il perfezionamento di un intervento educativodel paziente.

LE OPZIONI CARDIOCHIRURGICHE

In assenza di risposta al trattamento medico, la cardio-chirurgia può rivestire un ruolo determinante nell’in-fluenzare positivamente la prognosi dei pazienti SC

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Figura 12. Percorso intraospedaliero del paziente con scompenso cardiaco (SC) acuto de novo. PS/DEA = Pronto Soccorso/Dipartimento di Emer-genza-Accettazione; USI = unità semi-intensiva; UTI = unità di terapia intensiva.

SC acuto de novoSC acuto de novo

PS/DEA primo inquadramento(ecocardiografia)

Ischemia?, Valvulopatia?, Disfunzione sistolica/diastolica?

Congestione Senza ipoperfusione Bassa portata

No IschemiaNo Aritmie

Ischemia/AritmieSevera Ipotensione

Congestione e/o ipoperfusioneSevera comorbilità

NO ischemia e/o aritmie

DegenzaOrdinaria

CardiologiaCardiologiaRiabilitazione

MedicinaMedicina

USI/UTI

Tabella 2. Percorso intraospedaliero del paziente con scompen-so cardiaco.

Criteri di invio o trasferimento dalla terapia intensiva/unità di te-rapia intensiva coronarica alla degenza

Controllo dell’instabilità di tipo ischemico, emodinamico oaritmicoAvanzata fase di riduzione della terapia con vasodilatatori e/oinotropi

Criteri di invio o trasferimento dalla Medicina alla CardiologiaNecessità di approfondimento diagnostico cardiologicoPatologia valvolare significativa Patologia ischemica attiva con indicazioni a indagine diagno-stica invasiva o rivascolarizzazioneProblematiche aritmiche con necessità di monitorizzazione/terapia specifica e/o resincronizzazione cardiaca/impianto didefibrillatore

Criteri di invio o trasferimento dalla Cardiologia alla MedicinaDopo raggiungimento di adeguata stabilizzazione ischemica,emodinamica e/o aritmica In presenza di problematiche attive di tipo internistico

Criteri di invio o trasferimento in RiabilitazioneCondizioni cliniche tali da permettere un trattamento riabilita-tivo Possibilità di significativi miglioramenti funzionali durante ilricovero in Riabilitazione, con risultato atteso di rientro nellacomunità, con o senza supporto, o passaggio ad un altro li-vello di cure riabilitative (ambulatoriale, domiciliare, ecc.).Alto rischio di potenziale instabilità clinica che richieda di-sponibilità continuativa nelle 24 h di prestazioni diagnostico-terapeutiche-riabilitative ad elevata intensitàTrattamento riabilitativo indifferibile, non erogabile efficien-temente in regimi alternativi

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acuto ricoverati in urgenza-emergenza per instabilizza-zione (Tabella 3). Le opzioni chirurgiche comprendonola rivascolarizzazione diretta per ischemia miocardicaacuta o cronica, la correzione dell’insufficienza mitra-lica funzionale, la ricostruzione del ventricolo sinistro,la correzione di patologie strutturali della valvola mi-trale o aortica, l’assistenza circolatoria meccanica tran-sitoria o permanente, per accertata irreversibilità delladisfunzione56 e il trapianto cardiaco. Nelle situazioni diinstabilizzazione, prerequisiti fondamentali per un cor-retto utilizzo dei sistemi di assistenza circolatoria mec-canica (vedi anche paragrafo “L’assistenza ventricolaremeccanica”, pag. 420) sono la realistica possibilità diun recupero neurologico, l’assenza di insufficienzamultiorgano e di comorbilità severe, la possibilità di re-

cupero della funzione cardiaca, di assistenza circolato-ria permanente e/o di sottoporre il paziente a trapiantocardiaco (Figura 14).

La dimissione dopo un ricovero per scompensocardiaco acuto (de novo o cronico riacutizzato)La corretta gestione della fase di dimissione consente diconsolidare i risultati favorevoli ottenuti nel corso deltrattamento ospedaliero e di instaurare efficacemente unpercorso integrato in continuità con il territorio. La di-missione deve avvenire dopo verifica di stabilità clinicain terapia orale da almeno 24-48 h, con raggiungimentodel peso secco, definizione del range pressorio accetta-bile, con il paziente in grado di deambulare, in assenzadi significativa dispnea od ortostatismo (Tabella 4).

Per programmare la dimissione, oltre al profilo cli-nico, è opportuno prendere precocemente in considera-zione le caratteristiche culturali del paziente, il contestosociosanitario, la presenza e la qualità del supporto fa-miliare, la disponibilità di assistenza domiciliare. I cri-

Consensus Conference

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Bassa portataCongestione senza

ipoperfusioneNO ischemia e/o aritmie

SC cronico riacutizzatoSC cronico riacutizzato

DegenzaOrdinaria

CardiologiaCardiologiaRiabilitazione Riabilitazione DegenzialeDegenziale

Congestione e/o ipoperfusioneSevera comorbilitàprognosi infausta

NO Ischemia e/oAritmie

USI/UTIMedicinaMedicina

CongestioneLieve-moderata eSat. O2 > 95%

CongestioneSevera e/o

Sat. O2 < 95%

Trattamento e osservazionein PS/DEA

Domicilio controllo

Ischemia/AritmieSevera Ipotensione

Figura 13. Percorso intraospedaliero del paziente con scompenso cardiaco (SC) cronico riacutizzato. PS/DEA = Pronto Soccorso/Dipartimento diEmergenza; USI= unità semi-intensiva; UTI = unità di terapia intensiva.

Tabella 3. Scompenso cardiaco acuto con indicazione chirurgi-ca in urgenza-emergenza.

Shock cardiogeno dopo infarto miocardico acuto in pazienti conmalattia multivasaleRottura post-infartuale di setto interventricolare Rottura post-infartuale di parete liberaTrombosi acuta di protesi valvolareDissezione aorticaInsufficienza mitralica acuta da- rottura ischemica di papillare- disfunzione ischemica di papillare- rottura di corde tendinee mixomatose- endocardite- traumaInsufficienza aortica acuta da- endocardite- dissezione- trauma toracico- rottura di aneurisma del seno di ValsalvaPer assistenza ventricolare meccanicaShock cardiogeno in corso di infarto miocardico acutoScompenso acuto di cardiomiopatia cronica in paziente candida-to a trapiantoMiocardite acuta con grave compromissione della funzione dipompa Figura 14. Diagramma di flusso per l’indicazione ad assistenza ventri-

colare meccanica. TC = trapianto cardiaco.

SI

NODisfunzione multi organica

Trattamentoconservativo

SI

NO

Trattamentoconservativo

No risposta

Terapia Infusiva

Contropulsatore Aortico

No risposta

Assistenza ventricolare

Potenziale recupero cardiacoPotenziale intervento risolutivo

Eventuale recupero

Scompenso Acuto

Intervento chirurgico/TC

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teri clinici di dimissibilità devono poi essere flessibiliin relazione alla possibilità di trasferimento in strutturedi cure intermedie o di rientro del paziente a domicilio.

LE CURE INTERMEDIE

Il trasferimento in regime di ricovero in strutture percure intermedie dovrebbe essere preso in considerazio-ne per tutti i pazienti sufficientemente stabili per la di-missione, ma non in grado di rientrare a domicilio, chealtrimenti andrebbero incontro ad un inappropriato pro-lungamento della degenza in strutture per acuti.

Le strutture per cure intermedie comprendono re-parti di lungodegenza o di post-acuzie e strutture spe-cialistiche riabilitative17,18. Obiettivo delle cure inter-medie è la prosecuzione di un percorso di durata tem-poralmente limitata che comporti terapia medica e trat-tamento riabilitativo atto al recupero fisico, con l’obiet-tivo di massimizzare l’autosufficienza del paziente econsentire il rientro a domicilio in sicurezza.

Sono candidati ad una riabilitazione in regime didegenza pazienti con SC in classe NYHA III-IV e/o cherichiedono monitorizzazione, infusione o titolazionedei trattamenti farmacologici, supporto nutrizionale omeccanico.

La riabilitazione intensiva in regime di day-hospitalpuò essere attuata se il paziente:a) è clinicamente stabile in misura tale da non avere biso-gno di assistenza sanitaria continuativa per 24 h al giorno;b) presenta condizioni cliniche generali che gli permet-tono di tollerare sia tale intervento sia i trasferimentiquotidiani da e per il proprio domicilio;c) ha indicazione ad un intervento riabilitativo di eleva-ta intensità o comunque prolungato nell’ambito dellastessa giornata, da somministrarsi con approccio multi-professionale e spesso multispecialistico.

In caso di dimissione in condizioni stabilizzate puòessere indicato un intervento di recupero funzionale at-traverso un programma ambulatoriale strutturato ditraining fisico.

LA DIMISSIONE A DOMICILIO

La possibilità di riferire ad una struttura ambulatorialededicata sia i pazienti dimessi da ricovero ordinario siai soggetti rinviati a domicilio dopo osservazione brevein PS/DEA, ma considerati a rischio di ulteriore insta-bilizzazione, rappresenta uno dei punti qualificanti diun percorso sanitario finalizzato alla gestione integratadello SC.

L’ambulatorio dello SC con disponibilità di day-ho-spital e personale infermieristico dedicato, con specifi-che competenze, dovrebbe rappresentare il punto di con-tinuità assistenziale per i pazienti con SC grave e svolge-re attività di consulenza per altri reparti di degenza e perle strutture territoriali. La gestione dell’ambulatorio del-lo SC, ove possibile, dovrebbe essere multidisciplinare,ma le caratteristiche organizzative saranno necessaria-mente funzione della tipologia della struttura, del case-mix e della complessità clinica delle patologie trattate.

Il paziente stabile con SC lieve-moderato viene ripre-so in carico dal MMG con controlli periodici, ricorren-do, ove necessario, alla consulenza specialistica. Nel pia-nificare la continuità assistenziale per il paziente con SCdopo il ricovero, è centrale l’informazione del MMG chelo riprenderà in carico; è auspicabile pertanto realizzarele condizioni per le quali egli stesso sia adeguatamenteinformato del percorso ospedaliero del proprio malato,soprattutto al momento dell’uscita dall’ospedale. Impor-tanti elementi di comunicazione sono: a) la lettera di di-missione; b) il contatto verbale/internet/altro tra l’équipeospedaliera di riferimento e il MMG.

La lettera di dimissione dovrebbe sempre essere in-tesa come strumento cardine della continuità assisten-ziale57 e contenere: - il motivo del ricovero con indicazione di possibili cau-se di instabilizzazione; - modalità di presentazione clinica; - diagnosi eziologica dello SC;- severità della patologia e stratificazione del rischio dieventi; - valutazione della presenza di comorbilità;- dati dettagliati relativi ad esami laboratoristici/stru-mentali e consulenze specialistiche;

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G Ital Cardiol Vol 7 Giugno 2006

Tabella 4. Criteri di dimissibilità dopo ricovero per aggrava-mento dello scompenso cardiaco.

1. Assenza di sintomi/segni di scompenso (dispnea, bassa porta-ta, congestione viscerale e/o periferica, obnubilamento) impor-tanti o a riposo o nelle attività minime di cura della persona (ali-mentarsi, andare in bagno, lavarsi)

oppureSintomi al livello precedente l’aggravamento in paziente non ul-teriormente migliorabile2. Assenza di angina

oppureEpisodi di angina controllabile con nitroglicerina in paziente nonrivascolarizzabile3. Assenza di aritmie che determinano instabilità emodinamica

oppureAritmie sporadiche e prontamente interrotte da defibrillatore im-piantabile4. Assenza di condizioni migliorabili con procedura interventi-stica-chirurgica in paziente in classe NYHA IV5. Pressione sistolica ≥ 80 mmHg senza fenomeni di ipotensio-ne ortostatica importanti6. Frequenza cardiaca ≥ 50 e ≤ 120 b/min7. Funzione renale ed epatica normali

oppureDisfunzione renale e/o epatica stabili rispetto a prima dell’ag-gravamento8. Natriemia ≥ 130 mEq/l, potassiemia ≥ 4 e < 5.5 mEq/l9. Assenza di infezione

oppureInfezione inquadrata, senza squilibrio emodinamico, in tratta-mento10. Assenza di effetti collaterali da farmaci

oppureEffetti tollerabili, stabili, e non eliminabili a meno di aggrava-mento dello scompenso

Criterio alternativo: paziente non ulteriormente migliorabile,con programma di assistenza domiciliare adeguata.

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- terapie farmacologiche e non, praticate durante il ri-covero; - peso, frequenza cardiaca, pressione arteriosa alla di-missione;- terapia prescritta alla dimissione, con indicazione dieventuali variazioni rispetto al trattamento precedenteil ricovero;- indicazioni per la titolazione dei farmaci;- programma di follow-up a breve termine;- necessità di supporto infermieristico domiciliare/assi-stenza sociale;- contatti telefonici preferenziali per comunicare con ilcentro per problemi acuti;- indicazione e contenuti di specifiche attività formati-ve indirizzate al paziente e ai suoi familiari, su malat-tia, terapia impostata e principi di autogestione.

Per i casi più complessi dovrebbe essere program-mato l’eventuale supporto specialistico. Per i pazienticon SC severo, con gravi comorbilità, anziani fragili,dimessi dopo una fase di instabilizzazione, è auspicabi-le un controllo precoce dopo 7-30 giorni, secondo il li-vello di severità della malattia, presso la struttura ospe-daliera, per verifica della stabilità clinica, per ottimiz-zazione terapeutica e risoluzione delle problematicheaperte. Anche in relazione all’elevata prevalenza di ri-coveri per SC nei reparti di Medicina, il controllo am-bulatoriale post-dimissione presso l’ambulatorio spe-cialistico dedicato (multidisciplinare, cardiologico ointernistico) dovrebbe essere incentivato per tutti i pa-zienti che presentino le caratteristiche sopra citate.

Nella lettera di dimissione andrebbe, inoltre, verifi-cata e segnalata l’aderenza della struttura di ricovero,per il singolo paziente, a standard internazionalmentericonosciuti di processo di cura, codificati in indicatoridi qualità (vedi paragrafo “Indicatori di struttura, pro-cesso e risultato”, pag. 400). L’indicazione delle suc-cessive tappe di adesione agli standard di qualità nelcorso del follow-up consentirà di costruire un proces-so di continuità assistenziale basato su obiettivi chiarie raggiungibili.

La condivisione degli indicatori fra ospedale e ter-ritorio può rappresentare il linguaggio comune, base diuna reale continuità assistenziale. Particolarmente im-portante è il riconoscimento degli aspetti di educazio-ne alla consapevolezza della propria malattia e all’au-tocura, che consentono al paziente di assumere un ruo-lo attivo nella gestione della patologia58. Il target perquesto indicatore di qualità di processo di cura alla di-missione secondo le raccomandazioni della letteratu-ra19,20 è ≥ 90%.

La ripresa in carico da parte del MMG dopo la di-missione deve mirare alla globalità delle problematichesanitarie del malato e al suo specifico contesto socialee familiare e contemplare la condivisione con il pazien-te di tutti gli aspetti della cura. La complessità del regi-me farmacologico in dimissione e la difficoltà di so-vrapporlo a piani terapeutici precedenti, rappresentanofattori di rischio rilevanti per l’incongrua assunzione di

trattamenti talora anche per motivazioni apparentemen-te banali59. È utile fornire al malato strumenti di auto-controllo in forma di diario del paziente (Tabella 5).

È opportuno che nella programmazione dei control-li ambulatoriali o, ove necessario, domiciliari, il MMGpredisponga sempre, con il paziente e i familiari, lapossibilità di verifica dell’adesione al programma dicure e di rianalisi della terapia in corso.

Consensus Conference

411

Tabella 5. Diario del paziente con scompenso cardiaco.

Informazioni da registrareParametri fisiologici automisuratiParametri fisiologici rilevati in occasione dei controlli cliniciRegime terapeutico con modalità e orari di assunzione dei far-maciTempistica dei controlli ambulatoriali e specialisticiRecapiti telefonici di riferimento del medico

Il paziente ambulatoriale oligosintomatico

La grande maggioranza dei pazienti con SC è, da unpunto di vista della capacità funzionale, collocabilenelle classi a minore compromissione (NYHA I e II), infase di stabilità clinica. Peraltro morbilità e mortalità inquesto gruppo di pazienti non sono trascurabili: nel re-gistro italiano IN-CHF il tasso annuale di ospedalizza-zione per tutte le cause in questi pazienti è compreso fra13 e 20%, e la mortalità annuale tra 4 e 8.5%. La clas-sificazione NYHA riflette esclusivamente l’entità deisintomi riferiti dal paziente ed è noto come vi sia unascarsa correlazione tra grado di disfunzione ventricola-re e gravità dei sintomi. Pazienti con significativa ridu-zione della frazione di eiezione possono essere oligo oasintomatici, mentre pazienti con funzione sistolicaconservata possono avere importante limitazione dellacapacità funzionale. I sintomi, peraltro, possono varia-re ampiamente, rispecchiando il carattere dinamico eprogressivo della storia naturale dello SC.

- Principale figura di riferimento per l’assistenza al pa-ziente ambulatoriale oligosintomatico è il MMG che avviail percorso diagnostico ambulatoriale e pianifica in manie-ra multidisciplinare le cure.- Il MMG si avvale della consulenza specialistica per in-quadramento eziologico, stratificazione prognostica, im-postazione terapeutica.- Il follow-up periodico del MMG è almeno trimestrale,con focus su verifica della stabilità clinica, rinforzo dellacompliance, prevenzione e riconoscimento precoce delleinstabilizzazioni, educazione del paziente.- Il MMG richiede consulenza specialistica per peggiora-mento senza pronta risposta alla terapia, comparsa di an-gina e/o ischemia, aritmie, progressione della disfunzioneventricolare, con la possibilità di presa in carico tempora-nea per la gestione delle stesse problematiche da parte del-lo specialista.

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L’inquadramento Nei pazienti ambulatoriali oligosintomatici, il PDT,adeguatamente condiviso tra le diverse strutture ospe-daliere e tra l’ospedale e il territorio, è attuato in regi-me ambulatoriale. Il PDT dovrebbe essere in particola-re volto alla conferma diagnostica, alla definizioneeziologica dello SC e alla stratificazione del rischioglobale ed aritmico.

Una diagnosi accurata di tale condizione può esseredifficile in mancanza di indagini specialistiche: il so-spetto di SC posto in ambito di cure primarie è confer-mato dalla valutazione clinico-strumentale cardiologi-ca in non più del 25-50% dei casi60,61. La diagnosi di SCè spesso difficile per62:- bassa specificità dei sintomi e segni;- fattori confondenti legati al sesso femminile, obesità,comorbilità;- difficoltà di interpretazione dei referti;- difficoltà di diagnosi dello scompenso a funzione si-stolica conservata;- scarsa disponibilità di strumenti diagnostici (ECG,ecocardiografia, Rx torace, PN).

È infatti ormai largamente accettato che la diagnosidi SC non può essere posta soltanto sulla base dei sin-tomi e dei segni clinici: sia le linee guide europee2 siaquelle nordamericane1 sostengono il ricorso a tecnichedi imaging per ottenere prove oggettive di disfunzioneventricolare sinistra. Un test ematico capace di identifi-care soggetti con SC, di semplice esecuzione e inter-pretazione potrebbe avere, specialmente in ambito dicure primarie, notevole utilità. Le linee guida della So-cietà Europea di Cardiologia riportano che il dosaggiodei PN può essere utilizzato nella diagnosi di SC insoggetti sintomatici, in particolare come test inizialeper la sua esclusione2.

Il MMG, in presenza di un sospetto di disfunzioneventricolare oligosintomatica o SC, dopo una prima va-lutazione di gravità e un’iniziale impostazione terapeu-tica, dovrebbe avviare le necessarie indagini per la con-

ferma della diagnosi e procedere con accertamenti dilaboratorio mirati all’esclusione di patologie che pon-gono dubbi di diagnosi differenziale ed esami strumen-tali di primo livello: ECG, Rx torace e dosaggio dei PN(Figura 15). In caso di positività degli esami di primolivello si procederà nell’iter diagnostico, ricorrendo al-la consulenza specialistica cardiologica per gli esamistrumentali volti alla conferma diagnostica, alla ricercaeziologica e alla stratificazione prognostica.

L’esame strumentale indispensabile per la valuta-zione del paziente con SC è l’ecocardiogramma chefornisce informazioni anatomo-funzionali sulle altera-zioni delle valvole cardiache, sulla funzione del mio-cardio e sul pericardio. In linea generale in caso di ri-scontro di un ecocardiogramma patologico dovrebbeseguire una consulenza cardiologica clinica.

L’approfondimento clinico-strumentale deve inclu-dere un accurato esame del paziente, incluso da un la-to, nel caso dei pazienti con sospetta malattia del mio-cardio su base eredofamiliare, la valutazione della fa-miliarità e il coinvolgimento neuromuscolare, dall’altrol’analisi di problematiche cardiache o extracardiacheche possono causare e accelerare lo sviluppo e la pro-gressione dello SC.

La valutazione e la ricerca di fattori potenzialmentecausali cominciano con una dettagliata raccolta anam-nestica e con un esame fisico completo, cardiaco ed ex-tracardiaco. Indagini di approfondimento potranno es-sere richieste sulla base dello specifico sospetto eziolo-gico (cardiopatia ipertensiva, valutazione neuromusco-lare nelle malattie del miocardio su sospetta base ere-dofamiliare, ecc.).

Un test di induzione di ischemia potrà essere richie-sto per escludere un’ischemia negli stadi iniziali dellamalattia. In caso di fondato sospetto di eziologia ische-mica, di severa disfunzione ventricolare sinistra o diaritmie ventricolari minacciose o sintomatiche è neces-saria la consulenza specialistica per valutare l’indica-zione alla coronarografia. La coronarografia potrà esse-

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G Ital Cardiol Vol 7 Giugno 2006

Figura 15. Diagramma di flusso per la diagnosi di scompenso cardiaco (SC). ECG = elettrocardiogramma.

Sintomi/segni di sospetto SC

Normali: disfunzioneventricolare o SC

improbabili

Segni di sospetta disfunzione ventricolare

Altri test diagnostici appropriati

(es coronarografia)

Impostare terapia

Valutare presenza di cardiopatia ECG, Rx Torace

Peptidi Natriuretici (se disponibili)

Anormali

Ecocardiogramma Normali: disfunzioneventricolare o SC

improbabili

Anormali: valutare eziologia, gravità, fattori precipitanti, tipo di disfunzione

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re dilazionata nei pazienti stabili in presenza di un fat-tore favorente la disfunzione ventricolare sinistra e/o loSC (ipertensione arteriosa, aritmie ipercinetiche soste-nute, introito alcolico) rivalutandone le indicazioni do-po la rimozione o il controllo di tali fattori.

L’indicazione e l’esecuzione di procedure più com-plesse, come la biopsia endomiocardica, va posta inCentri di riferimento di terzo livello, con particolareesperienza nello studio dei pazienti con malattie delmiocardio.

La stratificazione prognostica La stratificazione prognostica andrebbe condotta inambito di ambulatorio specialistico. Per la corretta sta-diazione di gravità appare essenziale una completa va-lutazione anamnestica e clinico-strumentale, che pren-da in esame in particolare la storia pregressa relativa adurata della malattia, precedenti ospedalizzazioni, clas-se funzionale più avanzata raggiunta, severità della di-sfunzione e del rimodellamento ventricolare sinistro,ed eventuali patologie associate. La stratificazione pro-gnostica è più accurata dopo un adeguato periodo di ot-timizzazione della terapia, al termine della quale è op-portuna una rivalutazione dell’ecocardiogramma, eprobabilmente dei PN.

Nei pazienti oligosintomatici, apparentemente sta-bili, per la più lunga potenziale aspettativa di vita e laprobabilità che nel tempo possano scatenarsi eventiaritmici maggiori, talora in relazione a fattori transitorie reversibili, è particolarmente elevato il rischio di mor-te improvvisa che incide in proporzione maggiore nel-le classi meno avanzate della malattia. Per la stratifica-zione prognostica e le misure terapeutiche per la pre-venzione della morte improvvisa si rimanda alle lineeguida pertinenti63.

Poiché le tachiaritmie ventricolari maligne sonomolto spesso associate a coronaropatia e ad una signifi-cativa disfunzione ventricolare sinistra, è indicata in tut-ti i pazienti con severa disfunzione ventricolare (frazio-ne di eiezione < 30-35%), indipendentemente dalla pre-

senza di sintomi, l’esecuzione della coronarografia e, inpresenza di una significativa malattia coronarica, di untest di ischemia/vitalità miocardica per porre indicazio-ne alla rivascolarizzazione. Le indicazioni ad un im-pianto di defibrillatore andranno rivalutate dopo l’even-tuale intervento di rivascolarizzazione. La coronarogra-fia può non essere indicata in prima battuta, pur in pre-senza di una severa disfunzione ventricolare, in pazienticon bassa probabilità di cardiopatia ischemica (ad esem-pio, con familiarità per cardiomiopatia) o in presenza difattori favorenti la disfunzione ventricolare (ad esempio,ipertensione arteriosa, alcol, tachiaritmie sostenute). Inquest’ultimo caso, le indicazioni potranno essere con-fermate in caso di persistente disfunzione ventricolareanche dopo la rimozione/trattamento del/i fattore/i favo-renti la disfunzione. Inoltre è fondamentale individuarenei pazienti con potenziale indicazione all’impianto deidefibrillatori fattori scatenanti concomitanti e potenzial-mente rimovibili: alterazioni del quadro elettrolitico,farmaci con effetti proaritmici quali gli stessi farmaciantiaritmici, eritromicina, claritromicina, ecc.

L’impostazione della terapiaL’impostazione della terapia e la sua ottimizzazione inconformità con le linee guida, potranno essere svolteautonomamente dal MMG, in relazione alla specificaformazione, o con l’ausilio dello specialista, che dovràessere consultato in situazioni complesse, quali patolo-gie concomitanti che impongano cautela nell’uso deifarmaci raccomandati (Figura 16). È stato recentemen-te dimostrato che l’aderenza alle linee guida da partedei medici è un forte predittore di riduzione delle ospe-dalizzazioni per cause cardiovascolari64.

Gestione del follow-upIl follow-up del paziente ambulatoriale oligosintomati-co è compito professionale del MMG, che può concor-dare con lo specialista di riferimento il programma dimonitoraggio personalizzato e le visite di controllo pe-riodico da parte della struttura territoriale od ospedalie-

Consensus Conference

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Figura 16. Impostazione della terapia farmacologica e coinvolgimento specialistico nel paziente con scompenso cardiaco e disfunzione sistolica.ACE = enzima di conversione dell’angiotensina; IMA = infarto miocardico acuto; MMG = medico di medicina generale.

MMG

Iniziare e titolareACE-Inibitore

(Sartano se non tollerato)

AggiungereDigitale se

Fibrillazione Atriale

AggiungereDiuretico

secongestione

In caso di sintomi persistenti aggiungere•digitale •antialdosteronico (post-IMA) o sartanico

Iniziare e titolareBeta bloccante

dicure

Necessita’

specialistiche

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ra. La gestione del follow-up periodico del MMG terràconto dei livelli di rischio del singolo paziente e dellespecifiche modalità operative del setting della Medici-na Generale. Il MMG dovrebbe pianificare i controlliclinici programmando i contatti routinari (per la ripeti-zione delle ricette, dei controlli pressori, degli esamiematochimici e strumentali), in modo da garantire gliobiettivi del follow-up stesso:a) coinvolgimento del paziente; b) identificazione precoce di peggioramento della ma-lattia e delle sue cause; c) costante adeguamento della terapia in termini di tipoe dosaggio di farmaci.

Il follow-up periodico del MMG sarà mirato in par-ticolare alla verifica e al rinforzo dell’aderenza del pa-ziente al piano di cura in tutte le sue componenti, far-macologiche e non farmacologiche, e alla verifica del-la stabilità clinica (Tabella 6). Dovrà essere validato ilruolo dei PN come strumento ausiliario di monitorag-gio per la verifica della stabilità clinica: incrementi si-gnificativi dei PN rispetto a valori rilevati in fase di sta-bilità dovrebbero spingere ad ulteriori accertamen-ti65,66.

Per i pazienti con adeguato supporto assistenziale, incondizioni di stabilità in classe funzionale NYHA I-IIandrebbe programmato un controllo del MMG ogni 3-6 mesi.

Durante questi controlli si dovranno verificare:- la compliance farmacologica e non farmacologica (in-troito di acqua e sale, dieta in rapporto ad eventuali fat-tori di rischio cardiovascolare);- lo stile di vita;- l’uso di eventuali altri farmaci;- le modalità di assistenza e dell’ambiente di vita;- la sintomatologia;- l’esame obiettivo (pressione arteriosa, polso, auscul-tazione cardiaca e polmonare, peso corporeo, ricerca diedemi declivi, valutazione della pressione venosa giu-gulare e del reflusso epato-giugulare);- la necessità di eventuali esami ematochimici per il

monitoraggio della terapia in corso o per altra patolo-gia.

Periodicamente vanno richiesti:- ECG;- esami di laboratorio e strumentali appropriati al mo-nitoraggio della terapia farmacologica, all’evoluzionedella cardiopatia e al controllo dei fattori di rischio car-diovascolare;- eventuale consulenza cardiologica.

Il timing dei controlli clinico-strumentali può varia-re in rapporto all’età, alla necessità di verifica della sta-bilità clinica o di ottimizzazione terapeutica, alla seve-rità della disfunzione ventricolare, alla presenza di pro-blematiche cardiologiche attive e patologie associate.

Il MMG dovrebbe gestire i provvedimenti di primolivello in caso di instabilità che non configuri urgenzain relazione alla gravità del quadro clinico di base. Inpresenza di significative modificazioni del quadro cli-nico il MMG dovrebbe ricorrere alla consulenza spe-cialistica (Figura 17).

Lo specialista cardiologo, ospedaliero o ambulato-riale, ha il compito di suggerire il piano delle indaginistrumentali ed eseguire visite periodiche di controllo edesami strumentali non invasivi nell’ambito dell’Ambu-latorio dello SC o cardiologico generale o procedurepiù complesse in day-hospital o day-service. L’infer-miere con competenze specifiche per lo SC è importan-te per la continuità assistenziale sia a livello delle strut-ture ospedaliere (ambulatorio dello SC) sia in quelleterritoriali (Distretto), in particolare per gli aspetti for-mativi del paziente e di chi lo assiste (vedi paragrafo“Personale infermieristico”, pag. 398).

Il MMG, che conosce dettagliatamente la storia cli-nica extracardiaca del malato, dovrà valutare la presen-za di possibili fattori precipitanti potenzialmente ri-muovibili, che sono alla base dell’instabilizzazione cli-nica in una rilevante proporzione (almeno 40%) dei ca-si. L’individuazione di tali fattori dovrebbe essere allabase della programmazione di un intervento terapeuti-co e/o di un intervento educativo mirato al problema.

Il paziente con scompenso cardiaco avanzatocandidabile al trapianto cardiaco e/o all’assistenzaventricolare

- Il paziente con SC severo è prevalentemente in carico al-le cure specialistiche.- La presa in carico del paziente complesso richiede unambulatorio dello SC, o un’équipe medico-infermieristicadedicata.- Il follow-up dei pazienti con SC severo stabili o che ne-cessitino di inquadramento diagnostico od ottimizzazioneterapeutica può essere svolto da équipe dedicate alla curadello SC, mentre pazienti instabili, candidabili al trapian-to cardiaco o in previsione di soluzioni chirurgiche nontradizionali sono sotto la cura diretta del PTC, in regime diricovero o di controlli ambulatoriali ravvicinati secondonecessità.

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Tabella 6. Criteri di stabilità clinica nello scompenso cardiaco.

Criteri cliniciBilancio idrico stabile, incremento della dose di diuretico ≤ 1volta a settimanaAssenza di segni di congestione (ortopnea, edema, ascite)Pressione arteriosa stabile con sistolica > 80 mmHg (valori piùalti negli anziani)Assenza di sintomi riferibili ad ipotensione posturaleFrequenza cardiaca ≥ 50 o ≤ 100 b/min (in generale)Assenza di angina o angina stabile da sforzoAssenza di aritmie maggiori sintomatiche (scarica defibrilla-tore impiantabile ≤ 1/mese)Capacità funzionale invariata

Criteri di laboratorioFunzione renale stabile (creatininemia < 2.5 mg/dl)Natriemia stabile (> 130 mEq/l)Consumo massimo di ossigeno senza significative variazioni(< 2 ml/kg/min)

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Nonostante il miglioramento delle cure per le car-diopatie avanzate, vi sono pazienti che vanno incontro aSC refrattario, per i quali a tutt’oggi il trapianto cardia-co rimane il gold standard dei trattamenti. Per la di-screpanza tra il numero dei donatori e dei potenziali ri-ceventi, una corretta allocazione degli organi, ottimiz-zando il bilancio rischio/beneficio è fondamentale. Oc-corre quindi individuare percorsi che permettano la ge-stione ottimale di questi pazienti favorendo l’accesso al-l’intervento a chi ne ha reale necessità, in modo che pos-sa giungervi nelle migliori condizioni possibili, mini-mizzando i rischi peri- e postoperatori. Tuttavia la mag-gioranza dei pazienti con SC severo o refrattario nonviene inserita in lista di attesa o sottoposta a trapiantocardiaco, per età avanzata e/o presenza di comorbilità, erappresenta una popolazione ad elevata complessità cli-nica, con necessità di un programma assistenziale in-tensivo, specialistico e multidisciplinare, ad alto utiliz-zo di risorse umane, strutturali ed economiche.

Profilo del paziente con scompenso cardiaco avanzatoSono inquadrabili in questo profilo clinico complessopazienti con:- SC avanzato: SC caratterizzato da severa disfunzioneventricolare sinistra (frazione di eiezione ≤ 0.35) e/o dasignificative alterazioni emodinamiche (pressione atria-le destra > 12 mmHg, pressione capillare polmonare> 20 mmHg, indice cardiaco < 2.2 l/min/m2), con im-portante limitazione funzionale (classe NYHA III-IV);

- La lista di attesa per trapianto cardiaco deve essere di-mensionata sulla previsione della disponibilità di donato-ri, privilegiando i pazienti che, a parità di rischio di morteo deterioramento, hanno migliore probabilità di successopost-trapianto.- La candidatura a trapianto cardiaco secondo criteri re-strittivi per lo SC realmente refrattario è utile ad aumenta-re il vantaggio in termini di sopravvivenza.

- SC refrattario: SC avanzato che determina sintomi a ri-poso o nelle attività minime nonostante terapia orale mas-simale con i farmaci di documentata efficacia, ossia no-nostante la messa in atto personalizzata di tutto il bagaglioterapeutico disponibile in base allo stato delle conoscen-ze e di un’adeguata organizzazione assistenziale, con ne-cessità di trattamento infusionale in regime ospedaliero;- SC intrattabile: progressivo deterioramento degli in-dicatori clinici, strumentali e bioumorali di scompensodi circolo, con necessità di incremento del trattamentopoliinfusionale.

Il follow-up del paziente con scompensocardiaco avanzatoSulla base degli indicatori prognostici e dell’andamentoclinico, i pazienti con SC avanzato candidabili al trapian-to cardiaco possono essere suddivisi in gruppi omogeneicon diversa storia e diverso profilo di rischio, per i qualisono necessari piani differenziati di follow-up (Figura18). Il follow-up dei pazienti dei gruppi 1 e 2 può esseresvolto presso un Centro con programma o medici dedi-cati alla cura dell’insufficienza cardiaca, eventualmentequando da questi ritenuto necessario o in ogni caso dopol’eventuale immissione in lista attiva per trapianto car-diaco, in coordinamento con il PTC con il quale vi è col-laborazione stabile. I pazienti instabili e in previsione disoluzioni chirurgiche non tradizionali devono essere sot-to la cura diretta del PTC, in regime di ricovero o di con-trolli ambulatoriali ravvicinati secondo necessità.

Ruolo del territorio Il paziente con SC severo è prevalentemente in caricoalle cure specialistiche per l’elevata complessità clini-ca, la continua necessità di monitoraggio e stratifica-zione prognostica, di procedure diagnostiche e inter-ventistiche di alta specializzazione, per i frequenti rico-veri, per la gestione in lista di attesa per trapianto car-diaco o nella fase terminale.

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•Prima diagnosi•Eziologia ignota•effettuataStratificazione prognostica non

•Paziente stabile•Eziologia nota•Stratificazione prognostica effettuata

Controllo periodicoECGEsami di laboratorio e strumentali

•Peggioramento/comparsa di sintomi/segni legati allo SC, senza pronta risposta a ottimizzazione del trattamento

• Progressione disfunzione (riduzione FE > 10%; FE < 30%)

• Aritmie sostenute o sintomatiche (SV e V)

• Angina e/o indicatori di ischemia• Incremento significativo dei valori di PN rispetto ad un valore in fase di stabilità

MMG

•Ambulatorio specialistico•Conferma diagnosi•Ricerca eziologica•Stratificazione prognostica•Rivalutazione

Follow up periodico•Aderenza alla terapia•Sintomi ed esame fisico•Prevenzione e precoce riconoscimento delle cause di instabilizzazione

Figura 17. Piano di follow-up del paziente oligosintomatico. ECG = elettrocardiogramma; FE = frazione di eiezione; MMG = medico di medicina ge-nerale; PN = peptidi natriuretici; SC = scompenso cardiaco; SV = sopraventricolare; V = ventricolare.

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Il MMG prende in carico il paziente con SC avan-zato, almeno nelle sue fasi di stabilità clinica e dopoche è stato definito il suo PDT. Supporta e interagiscecon l’ambulatorio dello SC per la gestione domiciliare(ADP/ADI) condividendo il programma assistenziale.Collabora alla gestione delle problematiche non car-diologiche, che spesso sono comunque indagate e ge-stite a livello ospedaliero.

La rete ospedaliera La rete assistenziale ospedaliera per questi soggetti siarticola in strutture di rete (Spoke), pubbliche o privateaccreditate, generalmente con disponibilità di assisten-za intensiva in UTIC e di un Laboratorio di Emodina-mica ed Elettrofisiologia, afferenti a Centri di riferi-mento (Hub) con PTC, specificamente dedicati alla ge-stione dei pazienti con SC avanzato, dove si concentra-no competenze cardiologiche, cardiochirurgiche, ane-stesiologiche-rianimatorie e di terapia intensiva nellacura di questi pazienti e dove sono praticabili un venta-glio di opzioni terapeutiche, dall’approccio medico altrapianto cardiaco.

Le modalità di monitoraggio e trattamento derivatedall’esperienza nella gestione dei pazienti più gravicandidabili a trapianto cardiaco sono spesso applicabi-li alla cura di tutti i pazienti con SC avanzato, inclusiquelli che per età o comorbilità non sono idonei al tra-pianto cardiaco.

L’ospedale della Rete Per la presa in carico del paziente complesso con SCavanzato, l’ospedale di Rete dovrà disporre di un’or-ganizzazione adeguata, generalmente incentrata su diun ambulatorio dello SC, o comunque sulla presenzadi un’équipe medico-infermieristica a cui il paziente fariferimento nel corso della valutazione per l’inseri-

mento in lista trapianto cardiaco e/o nel follow-up ingenerale. L’assenza di queste dotazioni o di una simileorganizzazione, pur non impedendo la presa in caricodel paziente con SC avanzato, rende difficile una ge-stione multidisciplinare, personalizzata, orientata sulproblem solving, in continuità assistenziale, almenonelle fasi più critiche della malattia.

La condivisione del follow-up del paziente con SCfra ospedale della rete e PTC sarà funzione del livellodi complessità della struttura Spoke. La valutazioneper l’inserimento in lista trapianto può essere eseguitanel Centro inviante in presenza delle necessarie dota-zioni; o demandata al PTC nel caso in cui il Centro in-viante non sia un Centro di riferimento per lo SC. Es-sa mira all’identificazione di eventuali controindica-zioni al trapianto cardiaco e alla stratificazione pro-gnostica. I criteri di valutazione prognostica basati supunteggi di rischio specifici sono scarsamente applica-bili all’attuale popolazione di pazienti con SC avanza-to, generalmente trattati con terapia medica ottimizza-ta e spesso portatori di un dispositivo di resincronizza-zione elettrica associato o meno a defibrillatore. L’in-certezza sulla reale necessità del trapianto cardiaco, inpazienti che non richiedano ospedalizzazione continuao frequentemente ripetuta, può in certi casi determina-re la decisione di attivare un percorso di periodiche va-lutazioni clinico-strumentali, presso il Centro propo-nente e/o il PTC. Questo programma di follow-up con-diviso tra il Centro proponente e il PTC, per il pazien-te senza le caratteristiche di inserimento in lista urgen-te, garantisce un’assistenza intensiva e continuativacon frequenti controlli cardiologici.

L’ambulatorio dello scompenso cardiacoL’ambulatorio dello SC può essere presente con diver-si livelli di complessità nell’ospedale di Rete o nel

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G Ital Cardiol Vol 7 Giugno 2006

Figura 18. Piano di follow-up del paziente con scompenso cardiaco avanzato. ECG = elettrocardiogramma; ECO = ecocardiogramma; FE = frazionedi eiezione; LVAD = assistenza meccanica ventricolare sinistra; TC = trapianto cardiaco; VO2 = massimo consumo di ossigeno.

Rischio non elevato• VO2 picco ≥12 ml/Kg/min• FE ≥ 0.25• non congestione RxT

• visita cardiologica trimestrale• ECG, RxT, Eco, VO2 di picco ogni 6

mesi.• Se candidati a TC: cateterismo

cardiaco destro solo se peggioramento clinico e riduzione VO2 di picco ≥ 3 ml/Kg/min e/o comparsa di pattern restrittivo Eco

Rischio elevato• VO2 picco ≤12 ml/Kg/min• FE< 0.25• congestione RxT• Pattern restrittivo Eco

• visita cardiologica mensile• ECG, RxT, Eco ogni 3 mesi• VO2 di picco ogni 6 mesi• Per candidati a TC:

cateterismo cardiaco destro annuale e se peggioramento clinico o strumentale

• pazienti instabilzzati• pazienti in valutazione per alternative

non convenzionali (es. LVAD)

Pazienti stabili noti

• prima valutazione• inquadramento clinico• ottimizzazione terapeutica• pazienti provenienti dal gruppo stabile

per deterioramento

Follow-up personalizzato secondo le esigenze cliniche

• visite cardiologiche se necessità clinica• valutazione basale e a terapia

ottimizzata (comunque entro 6 mesi) di ECG, RxT, Eco, VO2 di picco se candidati

Pazienti che necessitano di:

Rischio molto elevato

a TC cateterismo cardiaco destro annuale

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PTC. Il paziente seguito dall’ambulatorio dello SC è,nella maggior parte dei casi, un paziente dall’elevatacomplessità clinica e di difficile gestione ambulatoria-le, spesso gravato da una prognosi severa, da un rischionon sempre prevedibile di morte improvvisa, da un’e-levata probabilità di instabilizzazioni cliniche e com-plicanze, talora con necessità di ricovero.

Nella gestione del paziente con SC avanzato l’am-bulatorio dello SC persegue i seguenti obiettivi:- impostare un corretto e rigoroso PDT;- porre le indicazioni a procedure terapeutiche di tipointerventistico o chirurgico, incluso, ove indicato, iltrapianto cardiaco;- fornire accesso facilitato in caso di instabilizzazioneclinica o decorso complicato;- programmare e attuare un follow-up rigoroso perso-nalizzato sulle necessità cliniche del paziente.

Un ambulatorio dello SC deve possedere adeguatedotazioni in termini di spazi, ambulatori, strumentazio-ni (sanitarie e informatiche), personale segretariale emedico-infermieristico esperto e dedicato.

L’attività dell’ambulatorio è organizzata con sessio-ni settimanali, in relazione al numero di pazienti in ca-rico, durante le quali sono effettuate prime visite perpazienti al primo accesso, conclusioni dei pazienti chehanno eseguito un controllo clinico-strumentale com-pleto, controlli clinici per gli altri pazienti. Inoltre, incasi selezionati, generalmente per instabilizzazione cli-nica, su richiesta diretta del paziente o indicazione delmedico curante, è possibile un accesso diretto, facilita-to, senza lista di attesa. Per i pazienti particolarmentedelicati viene usualmente programmato un follow-upravvicinato, spesso con controlli telefonici di verificaintermedi, effettuati dal personale infermieristico. Perle caratteristiche cliniche dei pazienti, l’ambulatoriodello SC mantiene stretti e regolari rapporti con la strut-tura degenziale, con un Centro di riferimento, pubblicoo privato accreditato, dotato di Laboratorio di Emodi-namica ed Elettrofisiologia-Elettrostimolazione (senon presenti nello stesso Centro) e con il PTC di riferi-mento.

Un’adeguata organizzazione dell’ambulatorio delloSC prevede, almeno per i casi più complessi, una stret-ta collaborazione con i laboratori strumentali, ideal-mente con l’identificazione di posti riservati per i pa-zienti dell’ambulatorio dello SC in numero variabilesecondo esigenze e disponibilità organizzative. Un’or-ganizzazione tipo day-service può permettere di ese-guire, in alcune tipologie di pazienti, la valutazionestrumentale, la valutazione clinica con stratificazioneprognostica e la formulazione di un PDT in tempi rapi-di (generalmente in 24-72 h).

L’ambulatorio dello SC può essere predisposto perla gestione in day-hospital dei pazienti candidati a pro-cedure invasive come il cateterismo destro, la cardio-versione elettrica, l’esame elettrofisiologico.

L’ambulatorio dello SC deve essere dotato di defi-brillatore con saturimetro, terminali per archiviazione

dati in rete, carrello per l’esecuzione di prelievi e medi-cazioni, bilance, sfigmomanometri, elettrocardiografi,sistema di monitoraggio telemetrico (dotato di saturi-metro e misuratore di pressione arteriosa non invasivo).

In tutti i pazienti viene raccolta una storia clinicacompleta, vengono definiti l’impostazione terapeuticae il follow-up clinico-strumentale e viene preparata unalettera dettagliata per il MMG; a tutti ad ogni visita vie-ne consegnato un promemoria terapeutico di aggiorna-mento. La documentazione clinica viene raccolta incartelle ambulatoriali e archiviata in formato elettroni-co o cartaceo.

SELEZIONE DEI PAZIENTI

All’ambulatorio dello SC accedono pazienti dimessidella degenza, con caratteristiche di impegno emodina-mico o problematiche ancora attive, per verifica dellastabilità clinica e dei risultati dei controlli bioumorali-strumentali effettuati, e pazienti esterni, inviati da strut-ture ospedaliere o da specialisti, internisti, MMG.

Per le caratteristiche specifiche di questa struttura,l’afferenza all’ambulatorio dello SC è selezionata ed èpreventivamente condivisa dal medico inviante con imedici responsabili o, comunque, valutata sulla base diuna relazione clinica scritta inviata dal curante.

Per il paziente più complesso vi è la possibilità diuna presa in carico del caso, nella sua fase diagnosticae/o per un’accurata stratificazione prognostica e valuta-zione per indicazioni a procedure interventistiche o chi-rurgiche o eventuali indicazioni a trapianto cardiaco.

L’ambulatorio dello SC può collaborare a progettidi ADI e ADP e telemedicina cooperando con il perso-nale medico-infermieristico del Distretto, con il MMGe gli specialisti extraospedalieri.

IL PERSONALE

I compiti specifici del personale medico sono l’inqua-dramento clinico del paziente, l’impostazione del PDT,la programmazione del follow-up, la preparazione del-la relazione clinica. Il medico dell’ambulatorio delloSC mantiene i contatti, discute e condivide il PDT conil MMG e gli altri medici di riferimento del paziente econ il personale infermieristico dell’ambulatorio edeventualmente del Distretto se attivata l’ADI/ADP.

Gli ambulatori dello SC possono avvalersi della col-laborazione di un genetista, o di personale cardiologicocon adeguate competenze in campo genetico, dedicatoallo screening delle patologie del miocardio a genesi fa-miliare. I pazienti, dopo avere firmato un dettagliato mo-dulo di consenso, eseguono un colloquio per la costru-zione dell’albero genealogico, una visita clinica, elettro-cardiografica, ecocardiografica e tutti gli esami che sirendono necessari per la valutazione diagnostica dellaloro patologia cardiaca (incluso, se necessario, l’indagi-ne emodinamica, la coronarografia e la biopsia endo-miocardica). Il prelievo di sangue per l’analisi geneticaviene conservato nell’emoteca, ambiente degli ambula-tori dotato di frigorifero a -80° e centrifuga refrigerata.

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PERSONALE INFERMIERISTICO

I compiti del personale infermieristico includono unaparte assistenziale ed educazionale e una gestionale-or-ganizzativa. Quando il paziente si presenta all’ambula-torio per eseguire gli esami programmati, l’infermierene verifica le condizioni cliniche con un’anamnesi edun esame obiettivo parziale, inclusa la verifica dei pa-rametri vitali. Sono quindi effettuati i prelievi per gliesami bioumorali e gli altri accertamenti diagnostici inprogramma.

L’educazione sanitaria avviene attraverso incontrisingoli o riunioni di gruppo con i pazienti e i loro fami-liari. L’informazione sanitaria ha lo scopo di migliora-re la conoscenza della malattia, di fornire notizie utilisulla terapia farmacologica, dieta, esercizio fisico, nor-me comportamentali, di sottolineare l’importanza diun’aderenza rigorosa alle prescrizioni, dell’automoni-toraggio dei sintomi e segni, dell’autogestione della te-rapia, in particolare, ma non solo, diuretica, di fornirenozioni base di rianimazione cardiorespiratoria, e con-sigli sul riconoscimento immediato e sul comporta-mento da tenere alla comparsa di segni di allarme. Inquesta opera il personale infermieristico è spesso sup-portato da materiale informativo che viene consegnatoal paziente. Fra il materiale informativo è previsto an-che uno spazio dove il paziente può appuntare notizieriguardanti il decorso clinico (sintomi, ecc.), le misura-zioni della pressione arteriosa, il peso corporeo, orari edosaggi corretti della terapia prescritta, eventuali effet-ti collaterali dei farmaci assunti.

Il personale infermieristico svolge, inoltre, compitidi segreteria e di supporto all’attività medica, quali lagestione degli appuntamenti, il richiamo dei pazienti alfollow-up prefissato, il controllo e la comunicazionedei referti degli esami ematochimici e strumentali.

Compito del personale infermieristico dell’ambula-torio è tenere stretti contatti con:- il personale delle strutture territoriali deputato al fol-low-up domiciliare dei pazienti con SC severo median-te verifica della modulistica inviata via fax riportanteuna sintesi clinica, parametri vitali, valutazione genera-le, terapia, questionario di qualità di vita di ogni pa-ziente seguito; - telefonicamente con il paziente e con gli infermieridei diversi distretti per chiarimenti, aggiornamenti cli-nici, modifiche terapeutiche, ecc, eventuali necessità dicontrolli clinici ambulatoriali o domiciliari o di ricove-ro ospedaliero.

La programmazione dei nuovi casi e dei controllidei pazienti già in follow-up deve tenere conto di una li-sta di attesa e delle priorità cliniche concordate con ilcardiologo.

Il Programma Trapianto CardiacoI PTC sono idealmente collocati all’interno di un gran-de ospedale dove sono prontamente disponibili le com-petenze plurispecialistiche necessarie nella gestione dipazienti complessi. Un Centro dedicato allo SC e tra-

pianto cardiaco deve disporre al suo interno di risorsequantitativamente e qualitativamente adeguate in ter-mini di spazi, materiali e personale; all’esterno deve co-struire una rete di collaborazione con i Centri che rife-riscono i pazienti, ai quali spesso i pazienti ritornano, econ i servizi diagnostici e gli specialisti esterni con iquali vi è una collaborazione frequente e regolare.

La sezione di degenza dedicata al PTC accoglie pa-zienti con SC di vario grado, destinati a diverse proce-dure diagnostiche e terapeutiche mediche, interventisti-che o chirurgiche e pazienti operati di trapianto o di al-tra chirurgia definita “alternativa” o di “ponte” al tra-pianto cardiaco, dopo la degenza intensiva. Deve ade-guarsi alle esigenze del paziente autosufficiente e mo-bilizzato come a quelle del paziente intensivo.

L’attività ambulatoriale del PTC si svolge in unospazio dedicato, dove è possibile eseguire non solo vi-site, ma anche eventuali prelievi di sangue e terapie, esi avvale di uno staff infermieristico proprio, numerica-mente adeguato al volume e alla tipologia di attività,che lavora secondo protocolli definiti. La continuità dellavoro infermieristico nell’ambulatorio garantisce laformazione del personale, la sua adeguatezza nel-l’informazione ai pazienti e ai loro familiari, nell’atti-vità di filtro per le chiamate provenienti dai pazienti,nell’assistenza e somministrazione di terapie a chi rice-ve cure particolari in ambulatorio (ad esempio, tratta-mento domiciliare con agenti inotropi, trattamento diinfezioni o rigetto post-trapianto).

La continuità assistenziale tra la degenza e l’ambu-latorio è garantita dalla completezza della relazione didimissione, dall’informazione diretta al medico di re-parto da parte del collega che richiede il ricovero dal-l’ambulatorio, dalla raccolta ordinata della documenta-zione del paziente nella cartella clinica, dalla discus-sione dei casi critici, dalla revisione periodica dei pa-zienti in lista di attesa.

L’équipe cardiologica deve essere numericamenteproporzionata al volume di attività, che comprendel’assistenza in reparto, l’attività ambulatoriale, i contat-ti con i Centri che riferiscono i propri pazienti, l’attivitàdi consulenza all’interno e/o all’esterno dell’ospedale,le attività di registrazione dati, aggiornamento, ricerca,studio e didattica, attività queste ultime indispensabiliin una tipologia di medicina avanzata quale quella svol-ta nel PTC. Riteniamo auspicabile a questo riguardoche venga definita nei profili professionali medici na-zionali ed europei la figura dell’“heart failure & cardiactransplant cardiologist”. Oltre alla conoscenza dellemodalità di lavoro descritta nelle linee guida, nei pro-tocolli operativi e nelle procedure gestionali, la forma-zione di questa figura deve includere un adeguato pe-riodo di frequenza svolta con servizio continuativo atempo pieno, sotto la verifica di colleghi esperti, conl’approvazione da parte del coordinatore cardiologo,garante della competenza acquisita presso il PTC.

Il personale infermieristico deve essere in numeroadeguato ad una sezione semi-intensiva, e formato al-

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l’assistenza specifica della tipologia di pazienti cui lasezione è dedicata attraverso il lavoro quotidiano, lostudio delle linee guida e dei protocolli operativi, e in-contri di aggiornamento mirati. La caposala è respon-sabile della formazione e dell’organizzazione degli in-fermieri. L’organizzazione del lavoro infermieristico indegenza tiene conto delle necessità logistico-assisten-ziali e dell’importanza di coordinare il lavoro del medi-co e dell’infermiere su pazienti complessi. Una buonasoluzione può essere una distribuzione “per pazienti”nel turno del mattino, in concomitanza con il giro visi-te del medico: in questo modo gli infermieri compren-dono il razionale delle scelte mediche, e apportano unutile contributo sulla base della conoscenza del pazien-te acquisita attraverso l’assistenza e il contatto quoti-diano; inoltre gli infermieri possono informare in ma-niera esauriente i colleghi al momento della consegnaal cambio di turno.

Il trapianto cardiacoIl trapianto cardiaco è una terapia ad alto costo di risor-se economiche e umane, non esente dal rischio di com-plicanze a breve e lungo termine, e praticabile in un nu-mero molto ristretto di pazienti. Il successo della proce-dura e la disponibilità di donatori non si sono modifica-ti sostanzialmente negli ultimi anni, mentre è migliora-ta la prognosi dei pazienti con SC in terapia medica. Icriteri di valutazione prognostica sviluppati in passatosono scarsamente applicabili all’attuale popolazione dipazienti con SC avanzato, generalmente trattati con te-rapia medica ottimizzata comprendente betabloccanti eantialdosteronici e spesso portatori di un dispositivo diresincronizzazione elettrica e/o defibrillatore67,68.

La selezione dei candidati è dunque cruciale per au-mentare il vantaggio prognostico offerto dal trapianto

cardiaco, con l’obiettivo di migliorare la sopravvivenzanell’intera popolazione dei pazienti con SC avanzato, edi mantenere o migliorare i buoni risultati postoperato-ri, e deve avvalersi di criteri restrittivi privilegiando ipazienti con SC realmente refrattario69. La lista di atte-sa deve essere dimensionata sulla previsione della di-sponibilità di donatori, privilegiando i pazienti che, aparità di rischio di morte o deterioramento, hanno mi-gliore probabilità di successo post-trapianto. La perma-nenza in lista di attesa, benché offra una speranza a pa-zienti gravemente ammalati, rappresenta anche unafonte di stress e di limitazione dell’autonomia persona-le, pertanto non è ragionevole né etico ampliare la listadi attesa includendo pazienti con scarsissima probabi-lità di eseguire il trapianto cardiaco per la competizio-ne in lista di pazienti altrettanto gravi, ma a minore ri-schio di complicanze. La Figura 19 illustra le indica-zioni (non necessariamente tutte concomitanti), i fatto-ri di rischio e le controindicazioni alla procedura di tra-pianto cardiaco70.

Per il malato con SC avanzato candidabile a tra-pianto cardiaco, la continua interazione tra l’Ospedaledi Rete e il PTC, con un programma di follow-up con-diviso, garantisce per il paziente senza le caratteristichedi inserimento in lista urgente, un’assistenza intensivae continuativa con frequenti controlli cardiologici.

Devono essere considerati per l’ammissione in listadi attesa per trapianto cardiaco i pazienti con SC avan-zato, refrattario alla terapia medica orale, o con caratte-ristiche di progressione nel tempo nonostante la condu-zione corretta delle cure, non migliorabile con la tera-pia medica, con procedure interventistiche, o con lacardiochirurgia71. Il limite di età per la candidatura atrapianto cardiaco è condizionato dalla scarsità di do-natori ed è fissato a 65 anni, per la ridotta sopravviven-

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Figura 19. Indicazioni, controindicazioni e fattori di rischio per il trapianto cardiaco. FEVS = frazione di eiezione del ventricolo sinistro; IM = insuf-ficienza mitralica; SC = scompenso cardiaco; VO2 = massimo consumo di ossigeno; VS = ventricolare sinistra.

• classe NYHA III-IV • VO2 < 14 ml/Kg/min o

<40% previsto per età e sesso

• FEVS <0.25,<0.35 se significativa IM

• frequente necessità di ricovero per deterioramento

• stabili solo in trattamento domiciliare con inotropi

• peggioramento nel tempo della limitazione funzionale, di VO2, FEVS, dilatazione VS, profilo emodinamico

• transitoria disfunzione epatica e/o renale,

• necessità di incremento costante del diuretico

• ipertensione polmonare con elevate resistenze vascolari polmonari non modificate in trattamento acuto o prolungato con vasodilatatori e/o inotropi

• storia di malattia neoplastica non radicalmente curata

• malattia sistemica a prognosi infausta

• infezioni maggiori in atto da agente sconosciuto

• embolia polmonare acuta o infarto polmonare

• ulcera peptica sanguinante• non compliance dimostrata• instabilità psicosociale• abuso di droghe o alcool

Indicazioni

• disfunzione d’organo (in particolare epatica) persistente

• cachessia cardiaca • grave obesità• vasculopatia

polidistrettuale• diabete mellito insulino

dipendente di difficile controllo e/o con danno vascolare o neuropatia

• grave osteoporosi • grave

broncopneumopatia

ControindicazioniFattori di rischio

Indicazioni meno frequenti• SC avanzato da disfunzione ventricolare destra pura o prevalente • aritmie minacciose non dominabili con terapia medica o procedure interventistiche o chirurgiche• angina refrattaria non suscettibile di rivascolarizzazione

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za post-trapianto cardiaco nei pazienti ultrasessantacin-quenni rispetto ai più giovani.

I fattori che aumentano il rischio e/o riducono il po-tenziale vantaggio dell’intervento devono, se possibile,essere corretti prima dell’ammissione in lista. Il pesorelativo di una o più di queste condizioni deve esserevalutato caso per caso e nell’andamento della storia delpaziente.

I pazienti in valutazione per ammissione in lista tra-pianto possono essere segnalati da altri medici o identi-ficati tra i pazienti ricoverati presso la sezione di de-genza del PTC ed essere valutati ambulatoriamente o inricovero secondo le necessità cliniche. In questo caso laprenotazione per pazienti che si trovano a domicilioviene vagliata da un cardiologo del PTC tramite collo-quio con il medico che richiede il ricovero e/o pren-dendo visione della documentazione inviata. La richie-sta di trasferimento urgente deve essere supportata dadocumentazione dettagliata.

Il periodo di valutazione per trapianto cardiacocomprende la ricerca di stabilizzazione in terapia medi-ca e la definizione degli indicatori prognostici. Il proto-collo di screening pre-trapianto cardiaco (Tabella 7) de-ve essere adattato alla storia e alle caratteristiche clini-che e di urgenza del paziente. È da stimolare la coope-razione dei medici che propongono il paziente nell’at-tività di screening, al fine di accelerare le procedure peril paziente e alleggerire il PTC, lasciando spazio a quel-le più specifiche, che non possono essere svolte altrovein maniera altrettanto efficace.

Nel corso del procedimento di valutazione, scree-ning e ottimizzazione della terapia medica, il pazientedeve essere adeguatamente informato in merito al pro-gramma in corso e ai motivi degli esami diagnostici ri-chiesti, nonché ai vantaggi e ai rischi del trapianto a con-fronto con le ipotesi alternative mediche e/o chirurgi-

che. Un’accettazione di massima dell’ipotesi di trapian-to deve essere ottenuta prima di sottoporre il paziente adindagini che non sarebbero effettuate per la gestione cli-nica del paziente se non vi fosse l’ipotesi del trapianto.

Al momento dell’immissione in lista il paziente fir-ma il proprio assenso e deve rendersi disponibile in casodi convocazione. Il paziente deve ricevere anche le infor-mazioni pratiche per essere in condizioni di giungere intempi utili all’ospedale avvalendosi dei comuni mezzi ditrasporto o, se necessario, con il supporto della Prote-zione Civile ottenibile tramite la prefettura locale.

Il paziente deve essere informato della necessità disegnalare al più presto al PTC:- cambio di indirizzo o di numero telefonico;- ricovero ospedaliero per qualunque causa;- nuovo riscontro di patologie extracardiache significative.

Il follow-up del paziente in lista attiva per trapiantoè mirato a mantenere le condizioni di idoneità al tra-pianto cardiaco e a verificare nel tempo la persistenzadell’indicazione. Per questo sono necessarie visite pe-riodiche, circa mensili, e aggiornamento periodico, al-meno annuale, degli esami cardiologici e della situa-zione infettivologica e immunologica; in presenza dielementi clinici pertinenti devono essere ripetuti anchegli altri esami di screening.

L’assistenza ventricolare meccanica Per il paziente con SC avanzato che evolva verso unafase refrattaria e intrattabile può essere valutata l’indi-cazione ad assistenza ventricolare meccanica72. I fatto-ri che condizionano maggiormente la scelta del devicenel singolo paziente sono lo scopo e la potenziale dura-ta dell’assistenza73. Gli scenari più comuni sono:a) condizioni con possibilità di recupero della funzionecardiaca nel breve periodo (ponte al recupero), miocar-dite acuta, sindrome post-pericardiotomica, shock car-diogeno da altre cause (ad esempio, cardiomiopatia po-st-partum, infarto miocardico acuto), insufficienza ven-tricolare destra post-trapianto cardiaco. In questi casi sipossono prevedere assistenze di breve durata (giorni,settimane) e si utilizzeranno prevalentemente deviceparacorporei;b) ponte al trapianto cardiaco: supporto sino a quandosia disponibile un cuore; è il campo di più larga appli-cazione dell’assistenza meccanica al circolo; per l’im-prevedibile disponibilità di un donatore, si devono uti-lizzare sistemi in grado di sostenere il circolo anche peralcuni mesi;c) SC refrattario in pazienti non candidabili al trapian-to cardiaco (supporto meccanico permanente). Questaopzione è oggi applicabile in una minoranza di pazien-ti afferenti a pochi PTC ed è riservata a pazienti concontroindicazioni per età avanzata, pregressa patologianeoplastica, comorbilità in grado di pregiudicare l’esi-to del trapianto cardiaco, come trattamento definitivo ealternativo al trapianto74.

L’assistenza meccanica al circolo come ponte al tra-pianto cardiaco trova indicazione nei casi in cui siano

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Tabella 7. Protocollo di screening pre-trapianto cardiaco.

Valutazione cardiologicaElettrocardiogrammaRx toraceEcocardiogrammaCateterismo cardiaco destro con stima delle resistenze polmo-nariTest da sforzo cardiopolmonare in pazienti mobilizzati in te-rapia orale

In pazienti con esiti di bypass aortocoronarico per valutare per-vietà del condotto arterioso

Ecocardiografia Doppler mirata dell’arteria mammaria inter-na o angiografiaValutazione extracardiacaMarker dell’epatite B e C e dell’HIVEsofagogastroduodenoscopiaEcotomografia addominaleSpirometriaOrtopantomografia

Nei pazienti con storia di cardiopatia ischemica e/o età > 60 anniEco Doppler dei tronchi sovraaorticiStudio ecotomografico dell’aorta addominale

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esaurite le possibilità dei trattamenti farmacologici econsente la sopravvivenza di pazienti a rischio di rapi-do decesso o danno d’organo conseguente alla grave al-terazione emodinamica in grado di pregiudicarne la tra-piantabilità75. La selezione dei malati è cruciale e de-termina fortemente il risultato dell’impianto76. Le con-dizioni extracardiache da considerare nell’indicazioneall’impianto di assistenza ventricolare meccanica sonole stesse del trapianto cardiaco, con particolare atten-zione alla compliance del paziente ed agli aspetti psi-cologici-familiari.

A garanzia di risultati ottimali, l’indicazione all’im-pianto del device deve essere precoce e tempestiva, at-traverso l’individuazione, attuabile con la sorveglianzastretta del paziente con SC refrattario, di manifestazionipremonitrici di una sindrome da bassa portata, poten-zialmente intrattabile. I quadri di shock conclamato o dibassa portata ingravescente (indice cardiaco < 1.8 l/min,pressione arteriosa media < 60 mmHg, pressione veno-sa centrale > 20 mmHg, pressione capillare polmonare> 20 mmHg, diuresi < 30 ml/h) hanno costituito fino adoggi le principali indicazioni all’assistenza ventricolare.Attualmente prodromi di una bassa portata, quali arit-mie ventricolari, ipossiemia, disfunzione renale con va-lori di creatininemia compresi tra 2 e 2.5 mg/dl, posso-no rappresentare criteri di indicazione all’assistenzaventricolare, prima che i parametri emodinamici rientri-no nelle definizioni classiche dello shock.

La preparazione alla gestione domiciliare del porta-tore di assistenza ventricolare inizia quando il pazienteè emodinamicamente stabile in sola terapia orale e mo-bilizzato in corsia, e prevede la progressiva riabilitazio-ne motoria, l’addestramento del paziente e dei suoi fa-miliari a gestire i problemi pratici del supporto mecca-nico, alla registrazione quotidiana dei parametri del de-vice e dei principali parametri vitali, al riconoscimentoe segnalazione di eventuali allarmi. Quando il pazienteè a domicilio vengono programmati controlli ambula-toriali bisettimanali, settimanali o quindicinali presso ilPTC, finalizzati all’aggiustamento della terapia anti-coagulante/antiaggregante, alla verifica dell’andamen-to dei parametri emodinamici e del compenso, alla sor-veglianza della comparsa di eventuali infezioni o altrecomplicanze, e alla verifica dello stato del tramite delcavo di alimentazione.

La riabilitazione cardiologica in regime di degenzaI pazienti con SC avanzato sono spesso cronicamenteinstabili e possono richiedere periodi protratti di de-genza. Il trasferimento presso una Cardiologia Riabili-tativa, eventualmente comprensiva di USI, per un pe-riodo di riabilitazione in regime di degenza, di durata dinorma compresa tra le 2 e le 6 settimane, è utile a per-seguire la stabilizzazione clinica, limitare le conse-guenze fisiologiche e psicologiche della malattia car-diovascolare avanzata e migliorare globalmente la ca-pacità funzionale.

Sono candidati a riabilitazione in regime di degenza

pazienti con SC in classe NYHA III-IV o che richieda-no terapie da titolare o infusive o supporto nutrizionaleo meccanico o che necessitino di trattamento riabilita-tivo intensivo. Questo tipo di riabilitazione è inoltre in-dicata nei cardiotrapiantati dopo l’intervento o nei pa-zienti con necessità di valutazione per porre indicazio-ne a trapianto cardiaco o per verificare periodicamentela persistenza dell’indicazione18.

Il paziente anziano con comorbilità e/o fragile

Nella comunità, oltre due terzi dei pazienti affetti daSC è di età avanzata77. Attualmente, lo SC è il motivopiù frequente di ricovero nell’anziano e la patologiacardiovascolare più dispendiosa sul piano economico.L’anziano con SC presenta peculiarità che condiziona-no e complicano l’approccio assistenziale sia dal puntodi vista clinico sia da quello organizzativo. In età avan-zata, lo stato di salute non dipende solo dall’entità del-la compromissione cardiocircolatoria, ma anche dalladinamica interazione tra processo di invecchiamento,comorbilità, stato funzionale e psicocognitivo e fattorisocioambientali78-83. L’obiettivo principale di ogni stra-tegia rivolta agli anziani dovrebbe quindi essere non so-lo prolungare la sopravvivenza, ma anche mantenere ilmiglior livello di qualità di vita possibile in rapporto al-la condizione di salute psicofisica e di autonomia fun-zionale.

Il percorso dell’anziano con scompenso cardiaco:criteri di indirizzoIl processo di indirizzo ad un determinato percorso as-sistenziale è uno snodo critico che deve considerare chei pazienti anziani e con comorbilità rappresentano una

- L’eterogeneità clinica e la complessità dell’anziano conSC sono legate non solo all’entità della compromissionecardiocircolatoria, ma anche alla dinamica interazione traprocesso di invecchiamento, comorbilità, stato funzionalee psicocognitivo e fattori socioambientali.- L’obiettivo principale della strategia gestionale per l’an-ziano dovrebbe essere il mantenimento del miglior livellodi qualità di vita possibile in rapporto alla condizione disalute psicofisica e di autonomia funzionale.- L’utilizzo sistematico della valutazione multidimensio-nale consente di attivare i percorsi più funzionali ai biso-gni assistenziali dell’anziano con SC.- A livello intraospedaliero il percorso dell’anziano con SCdovrebbe prevedere un approccio multidisciplinare conprotocolli condivisi nelle diverse unità di degenza.- Ambulatori specialistici, impostati su una gestione mul-tidisciplinare in cui convergano competenze cardiologi-che, internistiche e geriatriche dovrebbero essere deputatialla gestione precoce della fase post-dimissione.- A livello territoriale il MMG è il responsabile della ge-stione clinica e imposta il percorso di controllo periodicodel paziente con il supporto di altre figure professionali edelle UVG, laddove presenti, nell’ambito di una gestionemultidisciplinare.

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popolazione estremamente eterogenea sia sul pianoanagrafico sia su quello clinico e funzionale79,84.

Una consistente percentuale di soggetti anziani pre-senta un buono status funzionale e cognitivo, un ridot-to numero di comorbilità e assenza di problemi so-cioambientali. Questi pazienti non sono candidati adinterventi diagnostici o terapeutici diversi da quelli pre-visti per i soggetti più giovani e possono essere inseritiin un modello di cura convenzionale, comprensivo inogni caso di un programma di mantenimento dell’auto-sufficienza85.

La coesistenza nell’anziano di polipatologia, scarsacapacità funzionale, deterioramento cognitivo e proble-mi socioambientali gli conferiscono la connotazione dianziano fragile82. Comorbilità, fragilità e disabilitàcondizionano l’intensità dell’approccio al paziente an-ziano, sia sul piano diagnostico sia su quello terapeuti-co. Questi pazienti dovrebbero essere orientati verso unpiano integrato ospedale-territorio di assistenza conti-nuativa, rivolto all’attenuazione della sintomatologia eal mantenimento della migliore qualità di vita e di indi-pendenza possibile86.

Il ricovero ospedaliero per l’anziano conscompenso cardiacoA livello intraospedaliero, il percorso dell’anziano conSC dovrebbe prevedere un approccio multidisciplinarestrutturato in protocolli condivisi nelle diverse unità didegenza e finalizzato alla valutazione e al trattamentodei pazienti con criteri uniformi e al trasferimento del-le informazioni alle strutture territoriali. Particolare at-tenzione dovrebbe essere rivolta all’identificazione delrischio e alla prevenzione di sindromi geriatriche comeulcere da pressione, malnutrizione, disidratazione, ca-dute, delirio.

Durante il ricovero, i pazienti dovrebbero esseresottoposti a una valutazione multidimensionale che de-finisca stato funzionale, stato cognitivo e bisogni assi-stenziali. I risultati di tale valutazione dovrebbero esse-re considerati nella scelta del PDT nel singolo pazien-te87. In base alle dotazioni organiche e alle disponibilitàlocali, équipe multiprofessionali comprendenti il geria-tra, l’assistente sociale e un infermiere professionalespecificamente addestrato (UVG) dovrebbero affianca-re lo specialista (cardiologo e internista) nella valuta-zione dell’anziano fragile.

Alla dimissione, oltre al profilo clinico, dovrebberoessere considerati, per l’impostazione del piano di di-missione concordato con il MMG, il grado di autono-mia, lo stato cognitivo, la mobilità, le caratteristicheculturali, il contesto sociosanitario, l’eventuale presen-za e la qualità del supporto familiare, la situazione abi-tativa e la disponibilità di servizi di assistenza domici-liare. Considerando le diverse realtà e disponibilità or-ganizzative locali dovrebbero essere avviati nelleAziende Ospedaliere Ambulatori Specialistici dedicati(vedi paragrafo “Organizzazione in ambito ospedalie-ro: la struttura ospedaliera”, pag. 391, e “Indicatori distruttura”, pag. 400), impostati su una gestione multidi-

sciplinare in cui convergano competenze cardiologi-che, internistiche e geriatriche. L’ambulatorio speciali-stico dovrebbe essere deputato alla gestione precocedella fase di post-dimissione che comprende la verificadella stabilità clinica e della terapia, la rivalutazionestrumentale per completamento dell’iter diagnostico eterapeutico, alla valutazione, la selezione e il follow-updi pazienti complessi, candidati a procedure diagnosti-che e terapeutiche invasive e/o chirurgiche, in strettocollegamento con i Distretti, i MMG e le UVG per l’as-sistenza domiciliare e sociale. Nei casi complessi conprogramma di cure ancora aperto, il paziente anziano,in assenza di problemi di deambulazione o trasporto,potrebbe rimanere in carico all’ambulatorio specialisti-co. Data la difficoltà di accesso dei pazienti anziani al-le strutture ospedaliere e ambulatoriali vi è la necessitàdi potenziare una rete di servizi (attraverso volontari ocooperative) che ne renda possibile il trasporto a talistrutture.

L’anziano e le cure intermedieL’area delle cure intermedie è finalizzata a garantire lacontinuità assistenziale dopo la dimissione ospedaliera(vedi paragrafo “La dimissione dopo un ricovero perscompenso cardiaco acuto”, pag. 409) e a favorire il ra-pido recupero funzionale e la massima autonomia deipazienti anziani. Il rafforzamento di questa area assi-stenziale può favorire, inoltre, la prevenzione dei rico-veri non necessari e/o impropri. In particolare per quel-la fascia di popolazione anziana più fragile che non tro-va risposte adeguate nell’assistenza domiciliare e nel-l’intervento ospedaliero può essere valutato il trasferi-mento presso una Residenza Sanitaria Assistenziale(RSA). Possono afferire alle RSA tre tipologie di pa-zienti:- pazienti affetti da malattie terminali che risiedono perbreve periodo (in realtà questa attività tipo Hospice nonè propria della RSA);- anziani non autosufficienti con patologie croniche peri quali tuttavia le cause principali di ricovero sono so-ciali, ovvero impossibilità per motivi familiari ed orga-nizzativi di garantire loro un’assistenza adeguata a do-micilio;- anziani affetti da polipatologia con alto grado di nonautosufficienza e fragilità che rappresentano gli ospitipropri della RSA: questi pazienti provengono dall’o-spedale o dal domicilio dove possono in piccola per-centuale rientrare oppure venire ricoverati per brevi pe-riodi in ospedale per riacutizzazioni.

È auspicabile una stretta connessione funzionale trala RSA e l’ospedale di riferimento.

Il percorso dell’anziano con scompenso cardiaconel territorio Il piano di follow-up del paziente anziano nel territorioè descritto nella Figura 20. A livello territoriale, ilMMG dovrebbe assumere la responsabilità della ge-stione clinica del caso. Nel singolo paziente, il model-lo di cura, la sede e la modalità di follow-up saranno de-

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cisi in base alla disponibilità locale di servizi e alle ca-ratteristiche del paziente stesso. In casi appropriati ilMMG utilizzerà il supporto di altre figure professiona-li e delle UVG, laddove presenti, nell’ambito di una ge-stione multidisciplinare.

L’assistenza al domicilio – sia sotto forma di acces-si programmati (ADP) da parte del MMG sia dell’équi-pe assistenziale domiciliare, in caso di ADI – dovrà es-sere assicurata qualora sia impossibile raggiungerel’ambulatorio del medico. Questa condizione potrà es-sere dovuta alla presenza di criteri clinici (classeNYHA, difficoltà nella deambulazione) e/o alla nonpossibilità di trasporto (difficoltà abitative, mancanza diadeguati mezzi, ecc.) e può essere temporanea o perma-nente. Nei pazienti fragili e con necessità di assistenzacontinuativa, il MMG, l’équipe di ADI o delle cure in-termedie dovrebbero operare in stretta collaborazione ecoordinamento. A livello distrettuale, la valutazione deicasi complessi dovrebbe prevedere il coinvolgimentodelle UVG, laddove presenti. L’UVG è un gruppo mul-tidisciplinare costituito da un geriatra, da un infermierespecializzato, dall’assistente sociale, dai terapisti dellariabilitazione, e a cui partecipa il MMG dei soggetti pre-si in carico88. Il coordinamento delle varie figure pro-fessionali e la continuità degli interventi dovrebbero es-sere garantiti sia a domicilio sia nelle eventuali succes-sive ospedalizzazioni.

L’anziano fragile con SC presenta elevate necessitàassistenziali che richiedono una continuità che riguardinon solo il controllo della stabilità e dei parametri clini-ci, ma anche dell’alimentazione, della diuresi, della ca-pacità di assumere correttamente i farmaci, i problemi dideambulazione, continenza e decubiti, le barriere archi-tettoniche e logistiche e la necessità eventuale di ausiliper la vita quotidiana88. Il MMG ha la responsabilità diassicurarsi che tale tipo di controllo sia sistematico eadeguato al livello di intensità assistenziale richiesto dalsingolo caso89. Il controllo potrebbe materialmente es-sere svolto dal MMG stesso o da un infermiere con pre-

parazione specifica (vedi paragrafo “L’impostazionedella terapia”, pag. 413) che operi in stretto contatto conil MMG. Laddove disponibili, i familiari o altri addettiall’assistenza appositamente addestrati potrebbero con-tribuire ad applicare e monitorare il piano assistenziale.

Specificità dell’iter diagnostico-terapeuticoNon esistono in letteratura linee guida internazionalispecifiche, e le informazioni disponibili comprendonoconcise indicazioni riportate nelle linee guida relativealla popolazione adulta o statement più sintetici, fina-lizzati al miglioramento della qualità di cura90-92. Rac-comandazioni per la gestione del paziente anziano fra-gile sono riportate nelle linee guida della Società Italia-na di Gerontologia e Geriatria sulla valutazione multi-dimensionale88.

DIAGNOSI

- L’iter diagnostico per lo SC nell’anziano non differi-sce significativamente da quello dell’adulto, benché isintomi spesso atipici e le frequenti comorbilità possa-no confondere l’interpretazione del quadro clinico1,2.Dovrebbe essere valutato sistematicamente e periodi-camente monitorato lo stato cognitivo.- Stratificazione del rischio: non differisce da quella delpaziente adulto, salvo il fatto che andranno considerateanche variabili specifiche, come la disabilità, il deficitcognitivo e la fragilità.- La performance fisica declina con l’età e correla in-versamente con la fragilità. In soggetti non disabili, iltest del cammino, la velocità nell’alzarsi da una sedia etest d’equilibrio sono predittivi di disabilità e ridottalongevità.

TERAPIA

- Il problema terapeutico degli anziani e dei soggetticon comorbilità multiple è frutto non solo dell’oggetti-va difficoltà di dover gestire soggetti intrinsecamentepiù complessi e fragili rispetto a quelli di più giovane

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Paziente complesso programma di cure ancora aperto

non problemi di trasporto

Paziente stabile+/-autosufficiente

Paziente fragile non deambulante

Follow up territorialeMMG

(ambulatorio/ADP)

Follow up territorialeMMG-ADI- UVG

Ambulatorio specialistico multidisciplinare•gestione precoce post-dimissione•verifica stabilità clinica e terapia•rivalutazione strumentale •completamento iter diagnostico/terapeutico

Follow up Ambulatorio specialistico

VMD I livelloPiano di follow up individuale condiviso

Figura 20. Piano di follow-up nel paziente anziano con scompenso cardiaco. ADI = assistenza domiciliare integrata; ADP = assistenza domiciliare pro-grammata; MMG = medico di medicina generale; UVG = unità valutativa geriatrica; VMD = valutazione multidimensionale.

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età, ma anche del fatto che l’evidenza clinica su cui sibasano le linee guida per il trattamento della sindromeè maturata nell’ambito di trial condotti essenzialmentesu popolazioni di età media < 65 anni, compresi quelliche hanno valutato l’efficacia della terapia con defibril-latore impiantabile e di resincronizzazione. L’utilizzopressoché costante di alcuni criteri di inclusione, comela ridotta frazione di eiezione ventricolare sinistra, e diesclusione, come la presenza di comorbilità maggiori,ha, di fatto, impedito il reclutamento della maggior par-te dei soggetti con età > 65 anni.- Pur con questi limiti, le raccomandazioni derivate dairisultati dei grandi trial e dalle linee guida sono da con-siderarsi valide anche per i pazienti anziani1,2. Prima diavviare qualsiasi forma di terapia va raccomandata unaparticolare attenzione all’aspettativa di vita, alla pre-senza di concomitanti patologie, al livello di autosuffi-cienza, allo status cognitivo e funzionale, alle controin-dicazioni, intolleranze e potenziali interferenze farma-cologiche. - Tra i pazienti anziani è particolarmente frequente loSC a prevalente o esclusiva disfunzione diastolica ven-tricolare sinistra. Le problematiche relative allo SC dia-stolico non derivano solo dalla scarsità di prove sull’ef-ficacia dei trattamenti, ma anche e soprattutto dalle dif-ficoltà diagnostiche legate alla mancanza di indici sem-plici e affidabili di valutazione della funzione diastoli-ca, particolarmente evidenti nel paziente anziano, ovespesso coesistono condizioni in grado di mimare unquadro di SC.

TERAPIA CHIRURGICA

- Il trattamento chirurgico dello SC nell’anziano è daconsiderarsi limitato alle sole procedure convenzionali(rivascolarizzazione, chirurgia valvolare, aneurismec-tomie ventricolari).- Per quanto riguarda le indicazioni alle singole proce-dure non esistono sostanziali differenze rispetto ai pa-zienti adulti e si fa riferimento a quanto riportato nellelinee guida correnti. - Una corretta indicazione chirurgica deve basarsi nonsolo sull’accurata valutazione del rischio, ma anchesulla stima dell’aspettativa di vita e dei benefici che ilpaziente può trarre dal trattamento, sia in termini di in-cremento della sopravvivenza sia di miglioramento del-la qualità di vita. - I benefici, dubbi per quanto riguarda l’incrementodella sopravvivenza, sono invece molto ben documen-tati in termini di miglioramento della qualità di vita, dellivello di autosufficienza e di riduzione di utilizzo di ri-sorse.

I pazienti e le loro famiglie dovrebbero ricevereinformazioni sulla prognosi, sul ruolo di servizi domi-ciliari di cure palliative o di Hospice (vedi paragrafo “Ilpaziente con scompenso cardiaco terminale”, pag. 425)e sulla necessità di continuità assistenziale.

I pazienti istituzionalizzati devono ricevere gli stes-si trattamenti di qualunque altro paziente con SC.

La valutazione multidimensionale La moderna geriatria basa la sua strategia di approccioglobale all’anziano su un procedimento diagnosticochiamato valutazione multidimensionale87,88 che si attuamediante l’impiego di scale che esplorano le diversearee dove si manifestano i deficit dell’anziano ovvero: a) stato fisico: ricerca di eventuali patologie o pluripa-tologie e di deficit sensoriali;b) stato funzionale: capacità di svolgere le comuni atti-vità della vita quotidiana (ADL):- le ADL di base (BADL): includono le funzioni piùelementari e quindi la possibilità del soggetto di viveresenza bisogno di assistenza continuativa, quali vestirsi,muoversi, lavarsi, alimentarsi, andare al bagno autono-mamente; - le ADL strumentali (IADL): includono funzioni che

consentono una vita indipendente nel proprio domiciliocome uscire, comunicare, assumere farmaci, fare ac-quisti e cucinare;c) benessere psichico e capacità intellettive: funzioniaffettive come l’ansia e la depressione e funzioni co-gnitive come la memoria, l’attenzione, le capacità digiudizio;d) aspetti socioeconomici.

La valutazione multidimensionale di primo livello èuna procedura di screening che ha lo scopo di:a) valutare il rischio e l’entità di non autosufficienzadell’anziano in esame per stabilire se richiede o menoun’assistenza continuativa;b) formulare un piano di assistenza in base alla neces-sità di trattamenti di riabilitazione e di assistenza infer-mieristica;c) decidere la sede di erogazione degli interventi e in-dirizzare l’anziano al tipo di assistenza più indicato.

La valutazione multidimensionale di primo livelloandrebbe eseguita al momento dell’accesso del pazientealla rete dei servizi, dal MMG o, quando possibile, da uninfermiere professionale specializzato, in relazione omeno alla presenza nelle diverse realtà locali di UVG edi équipe di ADI. Tuttavia, nella realtà italiana attuale,solo il MMG ha un rapporto talmente capillare con gliutenti da poter svolgere efficacemente un ruolo di scree-ning in modo uniforme sul territorio. Inoltre, nel nostrosistema sanitario, il MMG è il primo responsabile dellasalute dei suoi assistiti e, pertanto, è colui che attiva tuttigli interventi di prevenzione. L’introduzione nella prati-ca clinica quotidiana di strumenti di valutazione multidi-mensionale di screening per l’identificazione degli an-ziani fragili dovrebbe entrare gradualmente come parteintegrante ed indicatore qualificante della gestione delloSC nel paziente anziano.

La valutazione multidimensionale di primo livellodovrebbe utilizzare strumenti validati che dovrebberocomprendere: - ADL di Katz;- IADL;- Mini Mental State Evaluation;- Geriatric Depression Scale;

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- valutazione della deambulazione; - situazione familiare e socioambientale.

I database che raccolgono dati su pazienti anzianicon SC dovrebbero includere un minimo data set deri-vato dalla valutazione multidimensionale di primo li-vello. Sulla base della valutazione multidimensionale sipossono individuare almeno tre tipologie di paziente erelativi percorsi:- pazienti “robusti”, con autonomia conservata, assenzadi comorbilità importanti, buono status cognitivo e as-senza di problemi socioambientali: possono essere effi-cacemente inseriti in un modello di cura convenziona-le, comprensivo in ogni caso di un programma di man-tenimento dell’autosufficienza. In base alla gravità del-la malattia cardiaca e delle comorbilità la sede appro-priata di intervento potrebbe essere ambulatoriale (se-condo quanto riportato in precedenza);- pazienti con livello intermedio di autonomia e comor-bilità, iniziale compromissione cognitiva, e problemisocioambientali: dovrebbero essere inseriti in un mo-dello di cura integrato ospedale-territorio. La gestionea lungo termine del paziente dovrebbe essere affidata alMMG, affiancato, se necessario, dall’équipe di assi-stenza domiciliare o dall’UVG, sulla base delle caratte-ristiche e dei bisogni assistenziali;- pazienti “anziani fragili” con comorbilità multiple, di-sabilità o con quadro di malattia avanzato e con scarsaaspettativa di vita: dovrebbero essere orientati verso unpiano di assistenza continuativa o “palliativa” rivoltoall’attenuazione della sintomatologia e mantenimentodella migliore qualità di vita e di indipendenza possibi-le, erogato a livello di ADI o in strutture dedicate comegli Hospice, con il supporto delle UVG.

Il paziente con scompenso cardiaco terminale

- I bisogni assistenziali dei pazienti con SC terminale nonricevono attualmente adeguata attenzione, nonostante l’e-levata incidenza epidemiologica e l’impatto sulla qualitàdi vita del malato e del suo nucleo familiare.- L’incertezza della prognosi in questi pazienti è una delleprincipali barriere all’organizzazione di un percorso di cu-re adeguato.- L’assistenza palliativa per lo SC non differisce sostan-zialmente da quella già dimostratasi efficace per i malatiaffetti da altre patologie (in particolare per quelle neopla-stiche), con la possibile eccezione della problematica le-gata alla maggiore incidenza delle manovre rianimatoriealla fine della vita.- Il ruolo dello psicologo è cruciale nell’ambito di un’assi-stenza multidisciplinare per il miglioramento della comu-nicazione fra paziente, familiari e l’équipe di assistenza eper una migliore percezione dei livelli di consapevolezza edelle scelte sull’iter diagnostico-terapeutico.- La Consensus Conference raccomanda che vengano pro-mossi specifici progetti relativi alle cure palliative dei ma-lati affetti da SC nei differenti ambiti: assistenziali (al do-micilio e in Hospice), formativo, nella ricerca e nell’infor-mazione alla popolazione.

Lo SC terminale è una condizione caratterizzata daprogressivo e irreversibile deterioramento degli indica-tori clinici, strumentali e bioumorali di compenso dicircolo nonostante la messa in atto massimale di ade-guati provvedimenti terapeutici.

Il problema dell’assistenza ai malati giunti nella fa-se finale della vita a causa dello SC non è stato sinoraaffrontato in modo adeguato in termini programmatorie organizzativi nella maggior parte dei paesi avanzati93.Ciò avviene anche in Italia dove lo sviluppo della retedelle cure palliative, ancora in una fase di implementa-zione e realizzazione molto disomogenea, è stato sino-ra indirizzato in modo prevalente all’assistenza ai ma-lati oncologici. Va però ricordato che tutte le normativenazionali e la maggior parte di quelle regionali, dal1998 ad oggi, inseriscono anche i malati affetti da ma-lattie inguaribili non oncologiche tra gli utenti poten-ziali dei programmi di cure palliative, e in particolarequelli affetti da cardiopatie irreversibili. Dal 2001 le“cure palliative“ sono state inserite nei livelli essenzia-li di assistenza, indipendentemente dalla malattia di ba-se. Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel-la recente pubblicazione del 2004 “Le cure palliative”ricorda che i programmi assistenziali nelle fasi finalidella vita devono riguardare tutti i malati affetti da sin-tomi, segni, disabilità e problematiche psico-relaziona-li-affettive che caratterizzano la fase avanzata ed evolu-tiva di una malattia inguaribile, indipendentemente dal-l’organo, apparato o sistema primariamente coinvolto.Nel 2002, la Commissione Nazionale sulle Cure Pallia-tive, in base ai dati di letteratura internazionale, indica-va tra 80 000 e 140 000 il numero annuo di nuovi ma-lati non oncologici trattabili con efficacia secondo iprincipi della medicina palliativa: tra questi, una per-centuale notevole è sicuramente costituita da malaticardiopatici affetti da SC in fase avanzata e refrattariaai trattamenti raccomandati94.

Si tratta dunque di una problematica assistenzialesignificativa da un punto di vista epidemiologico nellaquale si integrano in modo indissolubile aspetti sanita-ri, assistenziali, etici, religiosi e psicologici95. Nella fa-se applicativa sono strettamente coinvolte le reti sanita-ria, sociosanitaria e socioassistenziale, in considerazio-ne dei differenti set assistenziali nei quali il malatoscompensato può essere assistito.

Le esigenze del paziente con scompenso cardiacoterminaleNegli ultimi 6 mesi di vita vi è tipicamente un’elevataincidenza di gravi sintomi e segni quali la dispnea, l’a-stenia-anoressia, le gravi alterazioni del ritmo sonno-veglia, l’ansia, l’angoscia e la depressione, le lesionicutanee96. Per offrire una risposta soddisfacente ai bi-sogni dei malati scompensati deve perciò essere garan-tito un intervento assistenziale continuativo e intensivo,non nel senso “tecnologico” del termine, bensì riferibi-le all’elevata necessità quantitativa e qualitativa di ri-sorse professionali, in particolare delle équipe di cure

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palliative. Come già sottolineato, la sofferenza dei ma-lati affetti da SC è globale, quindi non limitata alla so-la sfera fisica: il doversi rapportare progressivamente alprocesso del morire rappresenta, per il malato e la suafamiglia, un passaggio con forti connotazioni psicolo-giche e spirituali, seppur con notevoli differenze riferi-bili al contesto culturale, familiare, sociale, assistenzia-le e al grado di consapevolezza della diagnosi e dellaprognosi. Anche questo livello di sofferenza dovrebbeessere affrontato dalle équipe curanti in modo struttu-rato, non estemporaneo e, soprattutto, non improvvisa-to. Purtroppo, a fronte del bisogno di una sempre mag-giore comunicazione tra team assistenziale e malato/fa-miglia in merito alla prognosi e alle preferenze del pa-ziente circa il luogo in cui ricevere l’assistenza nelle fa-si finali della vita, la letteratura segnala che solo in unterzo dei casi le esigenze sociali e psicologiche dei pa-zienti con scompenso in fase terminale vengono rileva-te e gestite correttamente.

Il team assistenziale per il paziente con scompensocardiaco terminaleNel percorso assistenziale delle fasi finali di vita del ma-lato affetto da SC vengono perciò coinvolti sia le équipeospedaliere sia quelle territoriali: i medici specialisti e iMMG rappresentano le figure professionali di riferimen-to, anche se, nelle cure palliative, essi operano all’inter-no di équipe multiprofessionali e multidisciplinari.

Nell’ambito del team assistenziale un ruolo impor-tante è rappresentato dallo psicologo clinico, sia in re-lazione al supporto dell’équipe sia riguardo alla sua at-tività di facilitatore degli aspetti relazionali e comuni-cativi nelle differenti fasi di malattia tra malato, fami-liari e operatori. L’intervento psicologico può essere ef-ficace per proteggere lo specialista cardiologo dalle in-tense ripercussioni emozionali secondarie al rapportocon la sofferenza globale del malato scompensato in fa-se terminale, in assenza di uno specifico training dicontrollo emozionale.

Il supporto psicologico al paziente con SC è partico-larmente utile sia nelle fasi iniziali sia in quelle di ag-gravamento clinico. Serve per aumentare la sensibilitàpercettiva sul livello di consapevolezza della diagnosi,della prognosi e del percorso evolutivo da parte del ma-lato e del nucleo parentale, soprattutto in relazione adeventuali indicazioni del paziente sulle scelte in rappor-to agli interventi terapeutici di fine vita (ad esempio, ma-novre rianimatorie). Da dati provenienti dagli Stati Uni-ti, infatti, il 58% dei pazienti con SC muore in ospedale,il 27% a casa, il 3% inserito in un programma assisten-ziale di cure palliative definito negli Stati Uniti “Hospi-ce program”. Per contro in Italia il termine Hospice staad indicare solamente le strutture specificamente dedi-cate ai malati alla fine della vita non assistibili o che nondesiderino essere assistiti al proprio domicilio. Dati pre-cisi non sono disponibili in Italia: recenti ricerche dimo-strano però che presso gli oltre 80 Hospice sinora attiva-ti, il numero dei malati non oncologici ricoverato an-

nualmente non supera l’1%. Di questi non è noto qualesia il numero dei malati affetti da SC. Gli Hospice nonhanno criteri specifici di accesso per i pazienti con SC,che sono quindi spesso destinati ad affrontare le ultimefasi dell’esistenza in reparti di degenza per acuti. La per-centuale è ancora inferiore per quanto riguarda i malatiscompensati assistiti al domicilio in un programma dicure palliative. Va inoltre segnalato che i soggetti assi-stiti al domicilio o in RSA sono solitamente molto an-ziani e affetti da patologie multiple e grave disabilità.Per questo motivo la presenza di SC può non essere ilmomento determinante della terminalità97.

Specificità delle cure palliative al pazientecon scompenso cardiaco terminaleA differenza che per i pazienti affetti da neoplasia, l’as-sistenza ai pazienti con SC, soprattutto se in fase avan-zata, è ancora troppo spesso incoordinata tra i differen-ti set assistenziali: sono troppo frequenti le istituziona-lizzazioni con percorsi misti (in RSA, in strutture peracuti, nelle terapie intensive). Il supporto assistenzialenel territorio, tranne alcune situazioni sperimentali, èancora scarsamente diffuso, il ricovero in Hospice, co-me già riferito, è del tutto eccezionale. Anche la comu-nicazione tra il MMG e gli specialisti coinvolti nel pro-cesso assistenziale è ancora insufficiente. Inoltre i ser-vizi di cure palliative, gli operatori distrettuali sanitari,sociosanitari e sociali, le organizzazioni non profit, inparticolare quelle di volontariato, vengono raramenteattivati o segnalati ai malati e alle loro famiglie.

Un problema emerso nell’inserimento dei malatiscompensati nei programmi di cure palliative è rappre-sentato dalla maggiore difficoltà, rispetto ai malati on-cologici, nell’identificare chiari criteri prognostici96,97.L’incongrua percezione di una prognosi migliore rispet-to ai pazienti affetti da cancro con livelli simili di disau-tonomia, può indurre i familiari o lo stesso MMG a ri-chiedere, di fronte ad un peggioramento clinico, l’inter-vento cardiologico o il ricovero, anche in una fase real-mente terminale della malattia.

Non vi sono differenze sostanziali nell’approccio dicure palliative applicato ai malati affetti da SC rispetto aquelli con altre patologie di base98. Va comunque segna-lato che, rispetto al settore delle cure palliative in onco-logia, sono indispensabili maggiori approfondimentiscientifici in settori quali l’utilizzo degli oppiacei e deifarmaci psicotropi, soprattutto di quelli utilizzabili nellafase di sedazione palliativa. Ciò anche in relazione allamaggiore incidenza di manovre rianimatorie per arrestocardiaco nei malati scompensati, soprattutto in caso diattivazione del sistema di emergenza-urgenza intra- edextraospedaliero.

Raccomandazioni per l’assistenza al pazientecon scompenso cardiaco terminaleIn base alle considerazioni sopra esposte, la ConsensusConference formula le seguenti raccomandazioni: 1. devono essere promossi specifici progetti di inseri-

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mento dei malati affetti da SC in fase avanzata ed evo-lutiva nella rete assistenziale delle cure palliative;2. i progetti devono riguardare sia gli interventi domi-ciliari, sia quelli in hospice, salvaguardando la conti-nuità assistenziale e il coinvolgimento di tutti gli ope-ratori professionali coinvolti, in particolare i MMG, glispecialisti cardiologi e quelli inseriti nelle équipe di cu-re palliative;3. va sollecitato l’inserimento di specifici percorsi for-mativi sulla tematica delle cure palliative nei malatiscompensati, rivolti a tutti gli operatori;4. va favorita l’integrazione delle organizzazioni nonprofit e in particolare di quelle di volontariato attivenell’area cardiologica e in quella delle cure palliative;5. vanno opportunamente finanziati progetti pilota di ri-cerca sulle cure palliative degli interventi alla fine del-la vita nei malati affetti da SC irreversibile;6. vanno intraprese opportune campagne informativerivolte alla popolazione.

L’assistenza psicologica al pazientecon scompenso cardiacoLa gestione dello scompenso dovrebbe essere vista co-me una responsabilità condivisa tra paziente e profes-sionisti della salute. Nella Tabella 8 sono riportate le

indicazioni guida per una buona comunicazione con ilpaziente con SC99. L’intervento psicologico individua-le o di gruppo per l’ottimizzazione del trattamento del-lo SC è legato a due aspetti salienti: l’autogestione el’aderenza. Lo psicologo può aiutare il paziente a valu-tare gli aspetti di autogestione già esistenti, a modifica-re gli aspetti disfunzionali e rinforzare quelli funziona-li. Gli interventi di educazione alla salute specifici perpazienti SC sono rivolti ad aiutare il paziente nella ge-stione della malattia e nel mantenimento dell’aderenzaterapeutica. La riduzione della non aderenza non inten-zionale avviene attraverso il riconoscimento e la corre-zione di alcuni aspetti:- aspetti psicosociali (problemi psicologici, deficit neu-ropsicologici e scarso supporto sociofamiliare);- le distorsioni cognitive circa la consapevolezza e l’au-togestione della malattia;- l’inefficacia comunicativa dei membri dello staff me-dico.

Definire in modo interattivo con il paziente i pianidi trattamento può essere una modalità efficace per su-perare i limiti sopra esposti e per adeguare la gestionedella malattia ai cambiamenti sintomatologici e clinici.

La non aderenza intenzionale coinvolge fattori co-gnitivi, legati al modello implicito di malattia, e rela-zionali, legati al rapporto medico-paziente. L’interven-to psicologico dovrebbe mirare alla correzione di fatto-ri psicosociali disadattivi e interferenti, favorire risorsedi autogestione, ma anche di modificazioni delle cre-denze personali per ottenere cambiamenti duraturi alungo termine e migliorare l’aderenza alle prescrizioni.L’intervento psicologico è necessario in presenza di de-pressione e di carenza di supporto emotivo100,101.

L’assistenza psicologica al paziente con scompensocardiaco graveLa valutazione psicosociale del paziente con SC gravesi rivolge al paziente:1. con SC grave in classe NYHA III-IV;2. portatore di device; 3. con SC avanzato e indicazione al trapianto cardiaco.

Essa dovrebbe comprendere la valutazione di: - patologia psichiatrica; - depressione; - ansia; - deficit cognitivi nei pazienti gravemente compro-messi;- fattori di personalità; - comportamenti di rischio; - strategie di coping e autoefficacia; - livelli di aderenza; - abilità di autogestione della malattia; - carenza di supporto sociofamiliare.

Tutti i candidati a trapianto cardiaco dovrebbero es-sere valutati da uno psicologo e/o da uno psichiatra, peridentificare i pazienti che necessitino di supporto psi-cosociale prima del trapianto e coloro che potrebberoessere ad alto rischio per morbilità psichiatrica dopo il

Consensus Conference

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Tabella 8. La comunicazione con il paziente affetto da scom-penso cardiaco e i suoi familiari.

Ascoltare il paziente e rispettare il suo punto di vista e i suoi va-loriDare al paziente le informazioni che chiede o di cui ha bisognocirca la sua condizione clinica, il trattamento e la prognosi, inmodo comprensibile, comprese le informazioni sugli effetti col-laterali dei farmaciFornire l’informazione più importante per primaChiarire come ogni informazione inciderà sul paziente indivi-dualmentePresentare l’informazione in categorie separateDare consigli specifici, dettagliati e concretiUsare parole comprensibili dal paziente, assicurarsi tramite do-mande della comprensione del messaggio, spiegare parole nonfamiliari; prendere nota di parole chiave; stendere schemi e te-nerne una copia tra le note medicheRipetere l’informazione usando le stesse parole ogni voltaPreparare materiale, scritto o registrato, per dare sostegno allenote scritte a manoCondividere le informazioni con il partner del paziente, familia-ri stretti o chi lo assiste se il paziente ne fa richiestaIl contenuto, lo stile e il momento in cui dare informazione do-vrebbero essere adattati ai bisogni di ogni singolo pazienteGli operatori sanitari dovrebbero valutare le capacità cognitive almomento della condivisione delle informazioniPer i pazienti compromessi a livello cognitivo, i familiari o altriaddetti all’assistenza dovrebbero essere resi consapevoli del pia-no di trattamento del paziente ed essere incoraggiati ad identifi-care ogni bisogno per un supporto clinicoSe non esclusi specificamente dal paziente, i familiari o altri ad-detti all’assistenza dovrebbero essere coinvolti nella gestione delpaziente, in particolare laddove il paziente non può prendersi cu-ra di séLa prognosi dovrebbe essere discussa con i pazienti e i familiario altri addetti all’assistenza in modo sensibile, aperto ed onesto

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trapianto102. In particolare sono considerati fattori di ri-schio per la candidatura al trapianto: - l’abuso attivo di sostanze;- le psicosi;- i gravi disturbi di personalità.

Sono considerati fattori di rischio per esito negativodopo il trapianto: - scarso o assente supporto sociale;- storia di cattiva aderenza prima del trapianto;- umore negativo non trattato o altro disordine psichia-trico;- utilizzo di meccanismi di coping negativi;- utilizzo attuale di sostanze;- livello di motivazione al trapianto;

Inoltre è opportuno monitorare a breve e a lungo ter-mine i livelli di aderenza alle prescrizioni nei candidati altrapianto. Durante la fase di attesa e nel tempo successi-vo al trapianto cardiaco, i pazienti e i loro familiari do-vrebbero poter essere supportati dal punto di vista psico-logico, anche con interventi di natura psicoterapeutica.Nei pazienti portatori di pacemaker o di defibrillatori laletteratura indica in particolare la presenza di ansia epaura (di episodi sincopali, di cattivo funzionamento deldevice, della morte) e di depressione103.

L’assistenza psicologica all’anzianocon scompenso cardiaco Le istanze psicologiche dell’assistenza al paziente an-ziano assumono, spesso, rilevanza clinica104 e si collo-cano sul piano: - del contenimento del disagio soggettivo (emozionalee sintomatologico); - del mantenimento del massimo livello di autonomiaraggiunto o raggiungibile in base al quadro clinico-fun-zionale;- della ripartizione del carico assistenziale tra le diver-se figure coinvolte.

L’individuazione di eventuali problemi depressivi ocognitivi da parte dello specialista o del MMG dovreb-be essere tempestiva e seguita dall’attivazione di misu-re gestionali adeguate, comprendenti la consulenza psi-chiatrica, neurologica o psicologica.

È importante un adeguato iter formativo per lo svi-luppo, nel personale infermieristico, di competenze discreening e di gestione di problemi di rilevanza clinica,soprattutto connessi al tono dell’umore e alla presenzadi compromissioni cognitive. Sarebbe altrettanto utileil passaggio di dette competenze ai familiari o altri ad-detti all’assistenza, insieme all’offerta di supporto per illoro disagio assistenziale e il loro sistematico coinvol-gimento nelle decisioni inerenti il piano di cura.

Appendice

Partecipanti alla Consensus Conference

Società Scientifiche- FIC, Federazione Italiana di Cardiologia (Presidente A. Maseri)

- ANMCO, Associazione Nazionale Medici CardiologiOspedalieri (Presidente G. Di Pasquale)

- ANCE, Associazione Nazionale Cardiologi Extraospedalie-ri (Presidente F. Perticone)

- ARCA, Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali(Presidente G.B. Zito)

- SIC, Società Italiana di Cardiologia (Presidente M.G. Mo-dena)

- SICOA, Società Italiana di Cardiologia Ospedaliera Accre-ditata (Presidente C. Proto)

- AIMEF, Associazione Italiana Medici di Famiglia (PresidenteG.S. Tritto)

- FADOI, Federazione Associazioni Dirigenti Ospedalieri In-ternisti (Presidente I. Iori)

- GICR, Gruppo Italiano di Cardiologia Riabilitativa (Presiden-te S. Pirelli)

- METIS, Società della Federazione Italiana di Medicina Gene-rale (Presidente S. Ausili);

- SICP, Società Italiana di Cure Palliative (Presidente F. Zucco)- SIGG, Società Italiana di Geriatria e Gerontologia (Presiden-

te R. Bernabei)- SIGOS, Società Italiana Geriatri Ospedalieri Presidente S.M.

Zuccaro)- SIMEU, Società Italiana di Medicina d’Emergenza-Urgenza

(Presidente V. Giustolisi)- SIMG, Società Italiana di Medicina Generale (Presidente C.

Cricelli)- SIMI, Società Italiana di Medicina Interna (Presidente P.M.

Mannucci)- SNAMID, Società Nazionale di Aggiornamento per il Medico

di Medicina Generale (Presidente V. Bosisio)

Associazioni di Pazienti- APRO, Associazione Pazienti Riceventi Organi (Presidente

M.T. Rodriquez)- ATO, Associazione Trapiantati di Organo (Presidente A. Li-

mongi)- CONACUORE, Coordinamento Nazionale Associazioni del

Cuore (Presidente G. Spinella)

Hanno inoltre aderitoMinistero della Salute (Direzione Generale Programmazione Sa-nitaria, Direttore F. Palumbo); Istituto Superiore di Sanità (Os-servatorio Epidemiologico Malattie Cardiovascolari, DirettoreS. Giampaoli); Agenzia Sanitaria Regione Marche (Direttore F.Di Stanislao); Agenzia Sanitaria Regione Friuli Venezia Giulia(Direttore G. Tosolini); Azienda Sanitaria Locale Monza (Diret-tore P.G. Pezzano); Azienda Sanitaria Locale Pavia (Direttore S.Del Missier); Osservatorio Epidemiologico Regione Sicilia (Di-rigente A. Colucci); Provincia Autonoma di Bolzano (DirigenteC. Melani); Regione Basilicata Dipartimento Salute, Sicurezza eSolidarietà Sociale (Dirigente G. Montagano)

Coordinamento e Impostazione Andrea Di Lenarda, Chairman Area Scompenso Cardiaco ANMCOVincenzo Cirrincione, Chairman Area Management & QualitàANMCO

Gruppi di Lavoro- Epidemiologia: Guido Gigli (Coordinatore), ANMCO; Luigi Aprile, AIMEF;PierClaudio Brasesco, SIMG; Simona Giampaoli, Istituto Supe-riore di Sanità; Lucia Lispi, Ministero della Salute; Giorgio Reg-giardo (Consulente per il Data Management), Mediservice Ge-nova; Mario Verza, ARCA; Luisa Zanolla, SIC - Assorbimento di Risorse: Renata De Maria (Coordinatore), ANMCO; Silvia Birri, Agen-zia Sanitaria Regione Friuli Venezia Giulia; Antonio SoccorsoCapomolla, ANMCO; Luca Cavalieri D’Oro, Azienda SanitariaLocale Monza; Sandro Centonze, Agenzia Sanitaria RegioneFriuli Venezia Giulia; Carlo Cerra, Azienda Sanitaria Locale Pa-

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via; Francesco Clemenza, ANMCO; Alberto Deales, AgenziaSanitaria Regione Marche; Pietro Di Gaetano, Osservatorio Epi-demiologico Regione Sicilia; Stefano Lottaroli, Azienda Sanita-ria Locale Pavia; Alberico Marcobelli, Agenzia Sanitaria Regio-ne Marche; Vito Mancusi, Regione Basilicata Dipartimento Sa-lute, Sicurezza e Solidarietà Sociale; Vittorio Mapelli, Universitàdi Milano; Loredano Milani, ANMCO; Rocco Giovanni Panara-ce, Regione Basilicata Dipartimento Salute, Sicurezza e Solida-rietà Sociale; Claudio Politi, Agenzia Sanitaria Regione Marche;Alberto Zucchi, Azienda Sanitaria Locale Monza; Paola Zuech,Provincia Autonoma di Bolzano- Modelli Gestionali:Andrea Mortara (Coordinatore), ANMCO; Ettore Antoncecchi,ARCA; Antonio Brambilla, METIS; Andrea Di Lenarda, ANMCO;Giovanni Gaschino, ANMCO; Silvia Lopiccoli, Azienda Sanita-ria Locale Monza; Roberto Nardi, FADOI; Savina Nodari, SIC;Pasqualino Sforza, SIMG- Prevenzione e Screening: Luigi Tarantini (Coordinatore), ANMCO; Maurizio Abrignani,ANMCO; Gabriele Castelli, ANMCO; Alfredo Cuffari, SNA-MID; Marco Guazzi, SIC; Gessica Italiani, ANMCO; MauroMattarei, FADOI; Maria Penco, SIC; Giulio Titta, METIS; Ste-fano Urbinati, ANMCO; Claudio Esposito, ARCA- Il paziente con SC Acuto di Nuova Diagnosi o Instabilizzato: Gianfranco Alunni (Coordinatore), ANMCO; Daniele Coen, SIMEU;Franco Ingrillì, ANMCO; Gerardo Mancuso, SIMI; GiovanniMathieu, FADOI; Luigi Martinelli, ANMCO; Marco Metra,SIC; Gianfranco Misuraca, ANMCO; Fabio Zacà, SICOA- Il Paziente, Ambulatoriale Oligosintomatico: Giuseppe Cacciatore (Coordinatore), ANMCO; Gerardo Ansalo-ne, ANMCO; Vincenzo Contursi, AIMEF; Giuliano Cozzaglio,SICOA; Luigi D’Andrea, ANCE; Giuseppe Di Tano, ANMCO;Massimo Iacoviello, SIC; Francesco Musumeci, ANMCO; Mas-simo Piepoli, ANMCO; Giuseppe Rosato, ANMCO; Mauro Uc-ci, METIS- Il Paziente con Scompenso Cardiaco Avanzato Candidabile aTrapianto: Fabrizio Oliva (Coordinatore), ANMCO; Maria Cecilia Albane-se, ANMCO; Alida Caforio, SIC; Carlo Campana, ANMCO;Gabriele Cianflone, ATO; Rossella Gilardi, ANMCO; GaspareParrinello, SIMI; Emanuela Radavelli, ANMCO; MarinellaSommaruga, Psicologa; Ettore Vitali, ANMCO- Il Paziente con Scompenso Cardiaco Anziano e/o con Comor-bilità:Giovanni Pulignano (Coordinatore), ANMCO; Manlio Cocozza,SICOA; Donatella Del Sindaco, ANMCO; Giuseppe Di Eusa-nio, ANMCO; Alessandro Filippi, SIMG; Giuseppina Majani,ANMCO; Rita Mariotti, SIC; Francesco Mazzuoli, ANMCO;Giuseppe Musca, SIC; Raffaele Picari, ANMCO; Michele Sen-ni, ANMCO; Giorgio Attilio Vescovo, FADOI; Giuseppe Zuc-calà, SIGG

Si ringrazia per l’elaborazione dei dati del database del Ministe-ro della Salute (Ricoveri Ospedalieri) il Dott. Giorgio Reggiardo(Data Management, Mediservice, Genova)

Board dei Revisori del DocumentoLuigi Tavazzi (Coordinatore); Giuseppe Ambrosio; Stefano Au-sili, Presidente METIS; Roberto Bernabei, Presidente SIGG;Alessandro Boccanelli; Virginio Bosisio, Presidente SNAMID;Angelo Branzi; Claudio Cricelli, Presidente SIMG; Paola DiGiulio; Maria Frigerio; Antonello Gavazzi; Enrico Geraci; VitoGiustolisi, Presidente SIMEU; Antonio Limongi, PresidenteATO; Aldo Pietro Maggioni; Pier Mannuccio Mannucci, Presi-dente SIMI; Attilio Maseri, Presidente FIC; Giovanni Mathieu,Presidente FADOI; Maria Grazia Modena, Presidente SIC; GianLuigi Nicolosi; Cristina Opasich; Salvatore Pirelli, Coordinato-re GICR; Maurizio Porcu; Remo Italo Portioli; Cesare Proto,

Presidente SICOA; Claudio Rapezzi; Maria Rosaria Rodriquez,Presidente APRO; Marino Scherillo; Gianfranco Sinagra; Gio-vanni Spinella, Presidente CONACUORE; Paolo Teoni, Presi-dente ANCE; Giacomo Salvatore Tritto, Presidente AIMEF;Giovanni Battista Zito, ARCA; Giovanni Maria Zuccaro,S.I.G.Os.; Furio Zucco, Presidente SICP

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