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nuove atmosfere Stagione sinfonica 2016-2017 Undicesima edizione FILARMONICA ARTURO TOSCANINI Marcus Bosch direttore Anna Tifu violino Venerdì 2 dicembre 2016 ore 20.30 Sabato 3 dicembre 2016 ore 20.30

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nuoveatmosfereStagionesinfonica2016-2017Undicesima edizione

F I L ARMON IC AARTURO TOSCANINIMarcus Bosch direttoreAnna Tifu violino

Venerdì 2 dicembre 2016 ore 20.30

Sabato 3 dicembre 2016 ore 20.30

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Robert Schumann(Zwickau, 8 giugno 1810 - Bonn, 29 luglio 1856)

Ouverture in do minore da Genoveva op. 81 (9’)

Langsam. Leidenschaftlich bewegt (Lento. Mosso appassionato)

Johannes Brahms(Amburgo, 7 maggio 1833 - Vienna, 3 aprile 1897)

Concerto in re maggiore per violino e orchestra op. 77 (40’)

Allegro non troppoAdagio

Allegro giocoso, ma non troppo vivace. Poco più presto

Curiosità toscaniniana

Era divertente osservare Toscanini e Heifetz* tanto uguali (come perfe-zionisti) ma tanto diversi come età, temperamento e concezioni musicali lavorare insieme. Esteriormente erano cerimoniosi fino all’eccesso, ma in realtà erano diffidenti come due gatti estranei l’uno all’altro, ognuno fero-cemente deciso a raggiungere la perfezione in qualunque modo e tempo (Charles O’Connell, New York)

*Il violinista Jasha Heifetz ha inciso con Toscanini i Concerti per violino di Beethoven e di Brahms.

Robert SchumannSinfonia n. 2 in do maggiore op. 61 (40’)

Sostenuto assai. Allegro ma non troppoScherzo: Allegro vivace

Adagio espressivoAllegro molto vivace

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“Conosce la mia preghiera mattutina e serale come artista? Si chiama opera tedesca. Qui c’è da fare. Ma nemmeno la sinfonia va dimenticata”: queste parole che Schumann rivolgeva, in una lettera del primo settem-bre 1842, a Kossmaly sembrano prolungare quell’invito ideale che ave-va espresso, nel 1769, Herder: “Oh, poter dar vita all’opera tedesca! Su fondamenti e radici umane, con musica, declamazione e ornamenti con-formi alla natura umana…insigne creazione! “Un sogno, quello di co-stituire un’identità teatrale che trovava origine dalla situazione degli stati tedeschi nei cui teatri dominava il modello di successo dell’opera italiana e quello dell’opera francese. I primi esiti di tale aspirazione appaiono nel 1818 con il Faust di Spohr e Undine di Hoffmann, batti-strada di un percorso che avrà il suo primo atto di battesimo nel 1821 con il Freischutz di Weber, in cui si condensa la sostanza espressiva dell’opera romantica, quel demonismo attivato da forze oscure che trova nella musica un veicolo avvolgente. È in questo fervore che accompa-gna la nascita dell’opera tedesca che si muove l’aspirazione di Schu-mann, uno Schumann che negli anni della sua maturità, quelli del suo soggiorno a Dresda, sembra sempre più attratto dalle ragioni della mu-sica drammatica, intesa soprattutto come punto culminante di una ele-vazione della musica verso la cultura letteraria, motivazione questa che percorre fin dall’inizio l’intero processo creativo del compositore defi-nendone l’unicità entro il quadro della musica romantica e che trova una sua più esplicita realizzazione attraverso i grandi capolavori corali - Il Paradiso e la Peri e musiche di scena, per il Manfred e le Scene dal Faust - e nell’unico approdo teatrale rappresentato da Genoveva. Due le fonti letterarie, i poemi di Ludwig Tieck e quello di Friedrich Hebbel, due drammi contemporanei, entrambi fondati sulla figura leggendaria di Genoveva di Brabante, vittima di voci calunniose di tradimento dif-fuse da un perfido pretendente, infine riconosciuta nella sua innocenza; tra il carattere idillico del lavoro di Tieck e quello scritto in versi più realistici di Hebbel la scelta di Schumann cade su quest’ultimo. Di fronte ai dubbi di Hebbel, che incontrando Schumann si dice onorato di intrattenere “il più grande genio del tempo” ma tuttavia non si dice disponibile a realizzare un libretto, Schumann si rivolge all’amico Ro-bert Reinick, col quale però si trova in dissenso riguardo alcuni aspetti decidendo così di prendere sulle sue spalle la responsabilità del libret-to. Composta tra il 1847 e il 1848 Genoveva fu proposta al pubblico di Lipsia il 25 giugno 1850, con la direzione dello stesso Schumann, con

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un tiepido successo di stima che andò rafforzandosi nelle due rappre-sentazioni successive. La riprenderà Liszt a Weimar nel 1855 e Her-mann Levi a Lipsia nel 1859-60, poi a Monaco nel 1873, quindi una serie di riproposte isolate, spesso in forma oratoriale il che rese ancor più marcata la generale considerazione che i pregi dell’opera fossero essenzialmente nella qualità del tessuto sinfonico, liederistico e orato-riale piuttosto che in quello drammatico. Aspetto questo che ha gravato lungamente non solo sull’unica opera teatrale ma pure sulla produzione dell’ultimo periodo del compositore, una visione cristallizzata che solo in tempi recenti più consapevoli indagini musicologiche hanno illumi-nato in maniera rivelatrice. Più fortunato, rispetto a quello stentato dell’opera, il cammino dell’Ouverture, pagina di intensa forza espressi-va la cui presenza nei programmi sinfonici è andata consolidandosi. Anche la prima esecuzione separata, a Lipsia il 13 febbraio 1850, pochi mesi prima di quella dell’opera, fu salutata da un grande successo, “ gran-de quadro musicale di carattere” si scrisse, rispetto all’accoglienza che sarà riservata a Genoveva. Contrariamente alla consuetudine l’Ouverture a Genoveva nacque prima della composizione dell’opera, sotto la spinta della lettura del dramma di Hebbel ; con entusiasmo Schumann si getta nella composizione seguendo quei “ pensieri per una Ouverture” che il dramma andava suggerendo così che dopo un rapido abbozzo in cui dar profilo musicale alle prime emozioni quei pensieri trovarono traduzione musicale in una pagina che se da un lato ricalca la forma dell’ “Ouver-ture da teatro” in cui vengono racchiusi in nuce i momenti musicali del dramma, dall’altro risponde ai caratteri dell’Ouverture da concerto” che, come aveva sottolineato lo stesso Schumann riguardo alle Konzer-touverture di Mendelssohn, “sono una sinfonia in piccolo, in stretto rap-porto con la sinfonia, quasi come vicino parente”. Essendo contrario per ragioni drammaturgiche ad una Ouverture che anticipasse la ten-sione del dramma, Schumann nell’Ouverture a Genoveva si serve di mo-tivi reminiscenza, richiami musicali connessi in particolare al perso-naggio di Golo, il malvagio, lasciando “presagire il percorso emotivo complessivo, che va dall’abbattimento al trionfo, senza però svelarne in nessun modo i segreti” come ha sintetizzato efficacemente il Daverio. Nella scansione programmatica che Schumann aveva dato al proprio lavoro, come una progressione per entrare in nuovi generi, gli anni 1845-46 sono quelli in cui l’impegno del compositore è rivolto al sinfo-nismo. Al dicembre del 1845 risalgono infatti i primi abbozzi della Se-

conda Sinfonia, anche se si possono cogliere i primi fermenti in una lettera a Mendelssohn, scritta poco prima dell’autunno: “Per diversi giorni ho pensato spesso a squilli di tromba e rulli di tamburo (tromba in Do) ma non so cosa ne verrà fuori”. Come pure una suggestione do-vette venire dall’ascolto, il 6 e il 9 dicembre, della Sinfonia in do mag-giore (“la Grande”) di Schubert, eseguita dall’orchestra di Dresda diret-ta da Ferdinand Hiller. Idee che Schumann condensò con rapidità se tre giorni dopo Natale poté annotare “quasi finito la sinfonia”. Ben più lento sarà il processo di strumentazione, che andrà estendendosi, pur tra altre creazioni, lungo tutto il 1846. Completata il 19 ottobre, verrà eseguita il 5 novembre al Gewandhaus di Lipsia sotto la direzione di Mendelssohn. Un lavoro nato in un periodo in cui Schumann era trava-gliato da diverse sofferenze fisiche e psichiche: la Sinfonia, secondo quanto il musicista affermò in varie occasioni significava il superamen-to di tali disagi; come scriverà nell’aprile del 1849 a D.G. Otten : “Ho scritto la Sinfonia nel dicembre 1845 mentre ero ancora in parte mala-to; mi sembra che questo lo si possa sentire. Solo una volta giunto all’ul-timo movimento ho ricominciato a sentirmi me stesso; mi sono ristabili-to solo dopo aver completato l’intero lavoro. Ma altrimenti /…/ esso mi ricorda un periodo buio”. E ancora un’altra dichiarazione: “Riflette la resistenza dello spirito contro le mie condizioni fisiche. Il primo movi-mento è pieno di questa lotta e del suo carattere capriccioso e ostinato”. Il senso di lotta, quindi, che se da un lato sembra dichiarato da una determinazione - la stessa tonalità prescelta, quella di un positivo do maggiore - che rimbalza modelli beethoveniani, dall’altro si libera at-traverso un’invenzione che anima all’interno le forme, ciò che alcuni hanno addirittura visto come un allontanamento dalla Sinfonia classica e piuttosto come propensione verso il poema sinfonico. Significativo il giudizio di un critico come Hanslick che vedeva in Schumann un termi-ne di riferimento esemplare contro le tendenze ‘corruttrici’ dei “nuovi tedeschi” e che tuttavia giudicava la Seconda Sinfonia “nelle singole parti disuguale come elaborazione e disuguale nel valore”, riferendosi a quella singolare libertà inventiva che penetrava entro il profilo delle forme sconvolgendo con idee nuove e con una estrosità ritmica il per-corso dialettico. Originalità che investe in particolare l’aspetto stru-mentale che per lo stesso Schumann costituì un rovello inesausto: in-soddisfatto dopo la prima esecuzione diretta da Mendelssohn portò in seguito varie modifiche all’orchestrazione; come faranno poi altri diret-

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tori, a partire da Mahler che alla partitura della Seconda apportò più di trecento ‘correzioni’. Una problematica aperta, questa dell’orchestra-zione di Schumann, affrontata molto spesso con un pragmatismo che sembra ignorare le ragioni più profonde con cui il compositore cercava di riplasmare la scrittura - lo stesso per quella del pianoforte, giudicata ancor oggi da alcuni ‘antipianistica’ - secondo le provocazioni dei suoi fantasmi: non si tratta quindi di inesperienza tecnica bensì di obiettivi più alti, di una poetica che pur movendo dalla consapevolezza delle ragioni fondanti insite nel linguaggio e nella forma, come attesta il suo rinnovato, crescente amore per Bach, tende ad aprire orizzonti fantasti-ci più sfumati. Nello spirito formulato nella Neue Zeitschrift für Musik di “preparare una nuova era poetica e di contribuire ad accelerare la sua venuta”. Di tale contrasto la Seconda Sinfonia è testimonianza su-prema: nel rapporto che lega il primo e l’ultimo movimento, quasi sim-metricamente, con quel tema dell’inizio, un “motto” dall’impronta di corale, che riappare nel Finale. E ancora nelle oasi divaganti dei due Trii che interrompono la fugacità virtuosistica dello Scherzo (in due quarti) posto come talora in Beethoven quale secondo movimento. Poi l’assolutezza incantata dell’Adagio espressivo, una delle pagine più po-etiche di Schumann, con quel sognante, malinconico tema dei violini echeggiato dall’oboe. E poi il finale, di cui un critico dell’epoca, il Krüger, lodò la grandiosità, la ricca abbondanza di temi e la chiarezza con cui erano state delineate le sezioni, trovandovi al tempo stesso “molte cose originali e capricciose che sbalordiranno e per le quali non si saprà se interrogarsi o indignarsi”. Giudizio che ci guida nell’ammi-rare quella particolare configurazione che se da un lato sembra offrire la sintesi di quanto Schumann aveva fino allora composto dall’altro apre una nuova dimensione immaginativa con una varietà di movenze che ben ha riassunto uno studioso acuto come John Daverio: “ Prefigurando uno schema che ci è abituale nelle Sinfonie di Mahler, il movimento di Schumann segue un percorso che va dall’umano al divino, dal profano al sacro. Non meraviglia quindi che le categorie della forma-sonata tra-dizionalmente associate ai movimenti sinfonici di un certo peso siano praticamente abolite”. Il programma di questa sera sembra muoversi lungo quel filo suggestivo che va snodandosi tra il mondo di Schumann e quello del più giovane Brahms il quale, appena ventenne, aveva avu-to un viatico d’eccezione nato dall’ammirazione suscitata in Schumann che nel noto articolo Neue Bahnen aveva indicato profilarsi nel tessuto

corposo delle prime Sonate pianistiche del venenne amburghese ‘nuove vie’. Un inaspettato sostegno che non mancò, tuttavia, di pesare sul giovane più che recargli aiuto, in quanto tale entusiasmo finì per aggra-vare i sospetti che i musicisti d’avanguardia, i “Giovani tedeschi”, gra-vitanti in un clima di profetica esaltazione attorno a Liszt, nutrivano per quel giovane venuto dal nord. È indubbio come nel confronto con il nuovo eroismo ridondante dalla nuove imprese di Liszt e di Wagner l’immagine di Brahms venisse assunta dalla critica positivista come quella di un più cauto, riflessivo idealismo tardo borghese, immagine talora dolcificata da una patina viennese sul filo delle predilezioni schubertiane, e che è, appunto, assai lontana dalle ipoteche poste da Schumann. In effetti la spesso insistita discendenza schumanniana di Brahms sembra poggiare più su un amicizia e un entusiasmo sinceri piuttosto che su un’effettiva continuità di intendimenti nella tecnica compositiva. Questo equivoco sulla ‘paternità’ brahmsiana è una delle prime difficoltà offerte dalla personalità del compositore, difficoltà che si innervano poi attraverso l’intera opera, a partire dallo stesso inqua-dramento del percorso, nella sua evoluzione: se alcuni hanno infatti cercato di ricalcare lo schema dei fatidici “tre stili”, altri, come, come Hans Gal, sono ricorsi ad una specie di ciclo stagionale, l’erompente primavera della produzione giovanile culminante con il Trio op.8, la pienezza dell’estate con il primo viaggio a Vienna e i due vertici del Requiem tedesco e del Primo Concerto op.15, quindi l’autunno di una più rasserenata maturità, dopo il difficile e tormentoso approdo all’e-sperienza della sinfonia per arrivare, dal 1891, all’inverno, dove racco-glimento e solitudine restringono il paesaggio alla ritrovata esperienza cameristica e alla riscoperta di un pianoforte privatissimo in cui degli ormai passati turgori rimane soltanto una traccia sublimata. Approdo tormentoso, appunto, quello alla Sinfonia cui Brahms poté attingere solo dopo i quarant’anni con la Prima Sinfonia (1876), seguita a breve distanza dalla Seconda (1877), raggiungimento questo che segna l’a-prirsi di un periodo di serenità, quasi a compensare gli sforzi richiesti dalla Prima Sinfonia. È in questa atmosfera che nell’estate del 1878, durante il prediletto soggiorno in Carinzia, Brahms si accinge ad af-frontare la forma del Concerto per strumento solista, un cimento che si era mostrato non poco arduo pensando alla genesi del Primo Concerto per pianoforte, nato tra il 1854-58 dal materiale già impiegato per una Sonata per due pianoforti e una Sinfonia. Con altra prospettiva prende

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vita dunque il Concerto per violino, senza gli assilli della fatica compo-sitiva ma con una naturalezza che avvolge l’ampio organismo sinfonico in pieno rispetto delle istanze virtuosistiche dello strumento solista. Aspetto quest’ultimo sul quale Brahms chiese assicurazione a Joachim, già celeberrimo violinista ma soprattutto amico fedele, conosciuto nel “cerchio magico” schumanniano. Ecco allora una discreta, quanto tre-pida corrispondenza: “Caro amico…vorrei mandarti un certo numero di passaggi per violino…mi domando se non sei tanto sprofondato in Mo-zart e forse in Joachim stesso, per poter disporre di un’oretta per guar-darli”; e ancora, dopo l’invio, “mi basta che tu dica una parola o ne scriva qualcuna sopra la parte: difficile, scomodo, impossibile e così via”. Joachim risponde con cautela: “Ho guardato con attenzione quel che mi hai mandato e ho fatto poche annotazioni e cambiamenti. C’è davvero molta buona musica violinistica in esso, ma se potrà essere agevole suonarlo nel calore di una sala da concerti, resta tutto da vede-re”. Il dubbio sarà risolto alla prima esecuzione, il primo gennaio 1879, direttore l’autore, solista ovviamente Joachim, pure dedicatario del Concerto nonché per espressa delega di Brahms autore della Cadenza, forse l’ultima volta nella storia del Concerto con strumento solista in cui il compositore lasciava libero l’interprete di gestire quell’oasi virtuosi-stica che è tradizionalmente la Cadenza. Accantonato il proposito di una struttura in quattro movimenti, come invece avverrà per il Secondo Concerto per pianoforte dove è inserito uno “Scherzo” tra l’“Allegro” e l’“Adagio”, Brahms segue il modello consolidato da quello che è il na-turale referente, il Concerto di Beethoven, nella stessa tonalità di re maggiore. Di grande rilievo l’impatto sinfonico del primo movimento, con ben quattro motivi che fiorscono nell’ampia introduzione orchestra-le e un quinto esposto poi dal violino, materiale che va arricchendosi con grande fervore attraverso lo sviluppo e la ripresa. Il movimento centrale segna un momento di distensione, nella forma di un Lied tri-partito, dove il violino libera la sua cantabilità con quell’ampiezza di respiro che costituisce uno dei tratti brahmsiani più segreti. Clima rac-colto e lirico che viene sconvolto dal Finale che Brahms concepisce sulla tradizione dei modi “ungheresi” che offrivano uno stimolante pi-mento ai cultori della classicità, da Haydn a Schubert. La forma del Rondò sollecita il confronto tra violino e orchestra esaltando il virtuosi-smo, reso oltremodo avvincente dalle movenze zingaresche.

Gian Paolo Minardi

Pensieri sulla musica “Essa parla il linguaggio più universale, da cui l'anima è liberamente e in-determinatamente eccitata... Soltanto il canto può significare la stessa cosa, può suscitare gli stessi sentimenti tanto in una persona come in un'altra, un sentimento che comunque non è espresso dalle stesse parole”(R. Schumann)

Sul delirio psicotico di Schumann Clara Wieck: “La sua idea fissa era che gli angeli gli volteggiassero intor-no, offrendogli le più gloriose rivelazioni, e tutto con una musica mera-vigliosa; chiamavano per darci il benvenuto e prima della fine dell'anno tutti e due saremmo stati uniti a loro. “

Schumann“Ho abbozzato la Sinfonia mentre mi trovavo in uno stato di sofferenza e prostrazione fisica. Potrei anche dire che in essa si nota l’influenza dello sforzo spirituale da me sostenuto nel cercare di combattere il mio stato di salute. Il primo tempo è pieno di questa lotta ed è capriccioso e caparbio... Timpani e trombe non fanno che risuonarmi in testa insisten-temente. Non so proprio che cosa ne scaturirà”

I contemporanei di Brahms sul Concerto per violinoBrahms: “Se pensi che non valga la pena di metterlo in partitura devi dirlo. Sarò lieto se mi segnalerai quei passi che siano difficili, rozzi o ineseguibili.” Joachim, il primo interprete: “Ho guardato con attenzione quel che mi hai mandato e ho fatto poche annotazioni e cambiamenti. C'è davvero molta buona musica violinistica in esso, ma se potrà essere agevole suonarlo nel calore di una sala da concerti, resta tutto da vedere.”Hans von Bülow: “Non si tratta di un lavoro per il violino, ma piuttosto contro il violino.”Henryk Wieniawski: “Insuonabile.” Pablo de Sarasate: “Io non voglio negare che si tratti di buona musica in sé per sé, ma mi ritenete così privo di gusto da mettermi sul podio e starmene lì, con il violino in mano, ad ascoltare come, nell'Adagio, l'oboe esegua davanti al pubblico l'unica melodia di tutto il pezzo?”

Incroci Schumann e Joachim: “E Johannes dov’è? Si trova presso di voi? Vola alto o e soltanto presso i fiori?” Schumann: “Ed è venuto questo giovine sangue, alla culla del quale hanno vegliato Grazie ed Eroi. Si chiama

INTORNO AL CONCERTOPAROLE

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Johannes Brahms... Trasparivano dalla sua persona tutti quei segni che ci annunciano: ecco un eletto! Quando si mise al pianoforte cominciò a scoprirci regioni meravigliose: noi venimmo attirati in un circolo sempre più magico… S’egli abbasserà la sua bacchetta magica là dove le potenze delle masse corali e orchestrali gli prestano le loro forze, noi potremo attenderci di scoprire, nei segreti del mondo degli spiriti, paesaggi an-cor più meravigliosi. Possa fortificarlo in ciò il genio più alto, e tutto fa supporre che così sarà, poiché in lui abita un altro genio, quello della modestia…!” Brahms a Schumann: “Gli elogi che Lei mi ha tributato pubblicamente hanno probabilmente aumentato in modo straordinario le aspettative del pubblico nei confronti della mia opera, così che io in certo qual modo non so come possa render loro giustizia.”

AVVENIMENTI

1845: Schumann compone la Sinfonia n.2

MusicaNasce Fauré. Verdi compone l’opera Giovanna d'Arco. Wagner compone l’opera Tannhauser.

Scienza, Arte, LetteraturaArmand Fizau scatta la prima fotografia al sole.Max Stiner pubblica L’Unico e la sua proprietà, una delle fonti del pensiero anarchico.Friedrich Engels scrive La situazione della classe operaia in Gran Bretagna.

StoriaIn Irlanda una gravissima carestia costringe più di un milione di persone ad emigrare prevalentemente verso gli Stati Uniti.

1847: Schumann compone l’opera Genoveva

MusicaMuore Mendelssohn. Verdi compone le opere Macbeth e I Masnadieri.Wagner termina la composizione di Lohengrin.

Scienza, Arte, LetteraturaClaud-Abel Niepce de Saint Victor inventa un procedimento per la fissa-zione dell’immagine fotografica.Goffredo Mameli compone l’inno Fratelli d’Italia.

StoriaIl re di Sardegna Carlo Alberto licenzia il ministro degli esteri Solaro

della Margarita di idee troppo reazionarie e concede una revisione del codice civile e maggiore libertà di riunione e di stampa.

1878: Brahms compone il Concerto per violino

MusicaBrahms Concerto per pianoforte n.2. Caikovskji compone il suo celebre Concerto per violino per violino e or-chestra.

Scienza, Arte, LetteraturaIl chimico Joseph Swan presenta la prima lampadina a carbone.L’astronomo Giovanni Schiaparelli annunciala scoperta dei “canali di Marte”.

StoriaMuore il re Vittorio Emanuele II.

LIBRI

Massimo Mila e a cura di Alberto Batisti, Brahms e Wagner, Einaudi 1997.Johannes Brahms, Album letterario o Lo scrigno del giovane Kreisler, EDT 1997.Christian Schmidt, Brahms, EDT 2013.Piero Rattalino, Schumann: Robert & Clara, Zecchini Editore 2002.U. H. Peters: Robert Schumann e i tredici giorni prima del manicomio, Editrice Spirali 2009.Robert Schumann e Clara Wieck, Casa Schumann. Diari (1841-1844), EDT 1998.Filippo Tuena, Memoriali sul caso Schumann, Il Saggiatore 2015.

FILM

Träumerei (1944) del regista tedesco Harald Braun, su sceneggiatura di Harald Braun e di Herbert Witt, con Hilde Krahl (Clara Wieck), Mathias Wieman (Robert Schumann), Emil Lohkamp (Franz Liszt) e Ulrich Haupt (Johannes Brahms), inedito in Italia. Sinfonia di primavera (tit. or. Frühlingssinfonie, 1983; 105 min.), film tedesco di Peter Schamoni con Nastassja Kinski (Clara Wieck), Herbert Grönemeyer (Robert Schumann), Rolf Hoppe (Fiedrich Wieck) e André Heller (Felix Mendelssohn). Il titolo riprende quello della prima sinfonia del compositore. Peter Schamoni, offre un ritratto di grande verosimi-glianza intorno alle vicende biografie di Robert, Clara e Friedrich Wieck nel periodo 1830-41 e va considerato come una delle migliori biografie musicali della storia del cinema.

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MARCUS BOSCHDopo l’esordio in Germania con la Filarmonica di Rhineland - Palatinate, all’età di 24 anni, Bosch - tedesco con origini brasiliane - decide di intraprendere la carriera di direttore d’orche-stra, che lo porta nei teatri di stato di Wiesbaden, Saarbrücken e la Halle State Orchestra. Dal 2002 al 2012, è stato direttore ad Aquisgrana, che ha lanciato la sua carriera internazionale e dal 2011a Norimberga è direttore musicale del Teatro e della Filarmonica. Ha diretto alcune delle più importanti orchestre in Europa, Asia e America, tra cui: Staatskapelle di Dresda, Munich Philharmonic Orchestra, Orchestra Nazionale del Belgio, Philharmonic Orchestra di Lussemburgo, Orchestra Nazionale di Lione, Orchestre de la Suisse Romande, Orchestra Na-zionale della RAI di Torino, Radio Symphony Orchestra di Berlino, MDR Symphony Orche-stra, Deutsche Radiophilharmonie. Dal 2010 lavora anche come direttore artistico al Festival di Heidenheim (sua città natale) dirigendo l’orchestra del festival Cappella Aquileia. È ospite regolare dell’Hamburg State Opera dove, dal suo debutto con Fidelio nel 2005, ha diretto: Die Entführung aus dem Serail, Der Freischütz, Falstaff, Macbeth e Der fliegende Holländer. Le sue interpretazioni, secondo i pareri della critica, gettano una nuova luce sulle composizioni di Brahms, Wagner e Bruckner. Nel corso degli ultimi anni, sviluppa una vasta discografia, anche a livello internazionale, che comprendono registrazioni delle sinfonie di Brahms e Bruckner, così come un DVD di Wagner, Die Meistersinger von Nürnberg. Nella stagione scorsa, ha diretto con grande successo Tristan und Isolde al Teatro Luciano Pavarotti di Modena e al Teatro Claudio Abbado di Ferrara. Da ottobre 2016 è professore di direzione d’orchestra presso il Conservatorio di Monaco di Baviera.

ANNA TIFU Vincitrice nel 2007 del prestigioso Concorso Internazionale “George Enescu” di Bucarest, è considerata una delle migliori interpreti della sua generazione. Nata a Cagliari, ha iniziato gli studi musicali all’età di sei anni sotto la guida del padre; a undici anni debutta come solista con l’Orchestra National des Pays de la Loire e a dodici alla Scala di Milano con il Concerto n.1 di Max Bruch. Si è esibita come solista con l’Orchestra della RAI di Torino, l’Orchestra dei Pomeriggi Musicali, l’Orchestra del Teatro Lirico di Cagliari, l’Orchestra dell’Arena di Verona, l’Orchestra del Teatro Massimo di Palermo, l’Orchestra del Teatro Olimpico di Vi-cenza, l’Orchestra Radio di Bucarest e l’ Orchestra da Camera di Monaco. Gli impegni più prestigiosi del 2014 e 2015, includono la partecipazione con l’Orchestra della Rai di Torino e Juraj Val uha al Festival George Enescu di Bucarest. Ha collaborato con musicisti come Maxim Vengerov, Alexander Romanovsky, Boris Andrianov, Giuseppe Andaloro, Pekka Kuu-sisto, l’attore statunitense John Malkovich e Andrea Bocelli, il quale nel 2011 l’ha invitata  in occasione di numerosi concerti in Italia e all’Estero.  Inoltre si è esibita in rinomati festival:  Tuscan Sun Festival, Menton Festival, Ravello Festival, Al Bustan di Beirut, George Enescu Festival e  nelle sale da concerto e nei teatri più prestigiosi: tra gli altri Teatro alla Scala e Arcimboldi di Milano, Auditorium Parco della Musica di Roma, Teatro Massimo e Politeama di Palermo, Palazzo del Quirinale di Roma, Auditorium della Rai di Torino, Teatro di Mila-no, Tel Aviv Museum of Art, Konzerthaus di Dortmund. È stata testimonial della campagna pubblicitaria 2011 di Alitalia, assieme a Riccardo Muti, Gabriele Tornatore e Eleonora Ab-bagnato. Suona un violino Stradivari “Marèchel Berthier” -1716 ex Napoleone- gentilmente offerto dall’Associazione Pro Canale di Milano.

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La Filarmonica Arturo Toscanini, che ha la sua sede a Parma, nell’Auditorium Paganini disegna-to da Renzo Piano, è il punto d’eccellenza dell’attività produttiva della Fondazione Arturo Toscanini, maturata sul piano artistico nella più che trentennale esperienza dell’Orchestra Regionale dell’Emi-lia-Romagna e nell’antica tradizione musicale che affonda le proprie radici storiche nell’Orchestra Ducale riordinata a Parma da Niccolò Paganini nel 1835/36 e per i quarant’anni successivi ai verti-ci delle capacità esecutive nazionali. Oggi è una delle più importanti orchestre sinfoniche italiane.

Per saperne di più: www.fondazionetoscanini.it/filarmonica-arturo-toscanini/

FILARMONICAARTURO TOSCANINI

** spalla / * prima parte

Violini Primi: Mihaela Costea**, Valentina Violante, Gianni Covezzi, Federica Vercalli, Maurizio Daffunchio, Mario Mauro, Julia Geller, Sophie Chang, Daniele Ruzza, Caterina Demetz, Camilla Mazzanti, Cosimo Paoli.Violini Secondi: Viktoria Borissova*, Jasenka Tomic, Laurentiu Vatavu, Codaglio Cellina,Claudia Piccinini, Sabrina Fontana, Gian Maria Lodigiani, Lorenzo Gugole, Tetyana Fe-devych, David Scaroni.Viole: Daniel Formentelli*, Carmen Condur, Cathryn Murray, Sara Screpis, Diego Spa-gnoli, Daniele Zironi, Ilaria Negrotti, Costanza Pepini.Violoncelli Diana Cahanescu*, Vincenzo Fossanova, Filippo Zampa, Daniele Fiori, Cecilia Pilati, Fabio Gaddoni.Contrabbassi: Antonio Mercurio*, Agide Bandini, Claudio Saguatti, Antonio Bonatti, Elio Rabbachin.Flauti:Andrea Oman*, Roberta Zorino. Oboi: Gian Piero Fortini* Massimo Parcianello.Clarinetti: Daniele Titti *Miriam Caldarini. Fagotti: Davide Fumagalli*, Fabio Alasia. Corni: Ettore Contavalli* Simona Carrara, Fabrizio Villa, Giuseppe Affilastro. Trombe: Matteo Beschi*, Marco Catelli.Tromboni: Carlo Gelmini*, Gianmauro Prina, Antonio Martelli.Timpani: Francesco Migliarini*.

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Su un solo pentagramma scorre la storia, il pensiero, il sogno di un'intera umanità. Per conoscerli non c'è che un modo: ascoltare. (Anonimo)

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Prossimo appuntamento di nuove atmosfere

Venerdì 16 dicembre 2016 ore 20.30

Sabato 17 dicembre 2016 ore 20.30

STEFAN ANTON RECKDirettore

Gustav MahlerSinfonia n.5 in do diesis minore/re maggiore

©Cristian Grossi

IMPARIAMO IL CONCERTO

Gian Paolo Minardi raccontaMahlerGiovedì 15 dicembre 2016 ore 18.00Auditorium Paganini, Parma

Concerto in anteprima Giovedì 15 dicembre 2016 ore 14.00

Per saperne di più www.fondazionetoscanini.it