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Q uando ero piccolo papà preparava di sua mano il cielo stellato per il presepe. Era uno spasso stabilire dove mettere le stelle, anche per- ché, essendo l’ultimo arrivato in famiglia, avevo un parti- colare diritto di prelazione. Per la verità, a mio fratello credo non interessasse più di tanto, preso com’era dal po- sizionamento delle statuine. Comunque, ricordo che mi impressionava il tempestare di luce di quel fondo blu che sprigionava una ricchezza di sfumature e tonalità come create dalla mano di un arti- sta. Insomma, quelle stelle dovevano illuminare un even- to unico e, in casa, ci teneva- mo davvero che facessero bene la loro parte. Adesso, passati un po’ di lustri e con qualche anno di esperienza sacerdotale sulle spalle, mi piacerebbe riuscire a dialogare con quelle stelle che sento particolarmente mie e fanno parte della mia storia. Ci provo. Chissà com’è il mondo da lassù? Chissà come ci vedono e cosa riescono a vedere? Chissà cosa pensano di noi e del nostro ridicolo correre e gesticolare? Chissà quali con- sigli intenderebbero darci? Fantasia ed esperienza mi aiutano a scrivere alcuni pen- sieri da riversare nell’immen- so azzurro di un cielo che scruta la missione e la impe- gna in qualunque parte del mondo. Il mondo da lassù. Il nostro piccolo sguardo mostra tutti i suoi limiti. Fac- ciamo i conti con quello che chiamiamo punto di vista. È il modo che abbiamo di ac- costare il mondo, di scegliere e di vivere le relazioni, di gio- carci per qualcosa che merita. Finisce per essere il nostro giudizio sul mondo con la pretesa di infallibilità che an- diamo in giro a dispensare senza ritegno. Le stelle sono fortunate, da lassù la loro visione è dav- vero globale, spazia nell’uni- verso ed incrocia quel puntino che è la terra e, meraviglia, riescono a vedere anche me. Mi piacerebbe essere una stel- la, non tanto per assecondare le mie ambizioni, quanto piut- tosto per questo sguardo ca- pace di oltrepassare persino l’orizzonte. Scrutare, vedere, rendermi conto, considera- re…e, via via, imparare a va- lutare prospettive e orienta- menti diversi. Oggi la chia- miamo complessità per arri- vare poi a quella globalizza- zione che fa tanto discutere per i suoi esiti, positivi e ne- gativi, con riferimento al mon- do economico e commerciale e finisce per condizionare la vita dei singoli, delle famiglie, strappando le esigenze dei diritti umani in faccia ai più poveri tra i poveri. Nel gergo ecclesiale la glo- balizzazione diventa missio- narietà, si esprime nella cat- tolicità della Chiesa e trova forza nell’azione pastorale che raggiunge le “periferie” del- l’umanità. Non ha connota- zione geografica o temporale, ma esistenziale, riguarda l’uo- mo, la sua ricerca di senso, il suo incontro con il Vangelo. Da lassù si vede sicura- mente il Vangelo che cam- mina, incontra storie vissute, asciuga lacrime e guarisce, insegna, accompagna e libera. Non sfuggono quelle corse che può assaporare solo chi scioglie i vincoli delle catene e ritrova la vita. Il mondo di quaggiù. Saranno pettegole le stel- le? Non né ho la più pallida idea. Mi piacerebbe sapere Sassolini missionari... Missio stellare! Un augurio squisitamente missionario il sassolino nella scarpa centro missionario diocesano, gruppi missionari e missionari bergamaschi in dialogo novembre - dicembre 2013 Anno IX - n° 53

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Page 1: SASSOLINO - cmdbergamo...il Salvatore di tutti. “Oggi, nella città di Davide, è nato il Salvatore, il Cristo Signore. Andate a Betlemme, questo sarà il segno: un bambino in una

Quando ero piccolo papàpreparava di sua mano

il cielo stellato per il presepe.Era uno spasso stabilire dovemettere le stelle, anche per-ché, essendo l’ultimo arrivatoin famiglia, avevo un parti-colare diritto di prelazione.Per la verità, a mio fratellocredo non interessasse più ditanto, preso com’era dal po-sizionamento delle statuine.Comunque, ricordo che miimpressionava il tempestaredi luce di quel fondo blu chesprigionava una ricchezza disfumature e tonalità comecreate dalla mano di un arti-sta. Insomma, quelle stelledovevano illuminare un even-to unico e, in casa, ci teneva-mo davvero che facesserobene la loro parte.

Adesso, passati un po’ dilustri e con qualche anno diesperienza sacerdotale sullespalle, mi piacerebbe riuscirea dialogare con quelle stelleche sento particolarmente miee fanno parte della mia storia.Ci provo.

Chissà com’è il mondo dalassù? Chissà come ci vedonoe cosa riescono a vedere?Chissà cosa pensano di noi edel nostro ridicolo correre egesticolare? Chissà quali con-sigli intenderebbero darci?Fantasia ed esperienza miaiutano a scrivere alcuni pen-sieri da riversare nell’immen-

so azzurro di un cielo chescruta la missione e la impe-gna in qualunque parte delmondo.

Il mondo da lassù.Il nostro piccolo sguardo

mostra tutti i suoi limiti. Fac-ciamo i conti con quello chechiamiamo punto di vista. Èil modo che abbiamo di ac-costare il mondo, di sceglieree di vivere le relazioni, di gio-carci per qualcosa che merita.Finisce per essere il nostro

giudizio sul mondo con lapretesa di infallibilità che an-diamo in giro a dispensaresenza ritegno.

Le stelle sono fortunate,da lassù la loro visione è dav-vero globale, spazia nell’uni-verso ed incrocia quel puntinoche è la terra e, meraviglia,riescono a vedere anche me.Mi piacerebbe essere una stel-la, non tanto per assecondarele mie ambizioni, quanto piut-tosto per questo sguardo ca-pace di oltrepassare persinol’orizzonte. Scrutare, vedere,rendermi conto, considera-re…e, via via, imparare a va-lutare prospettive e orienta-menti diversi. Oggi la chia-miamo complessità per arri-vare poi a quella globalizza-zione che fa tanto discutereper i suoi esiti, positivi e ne-gativi, con riferimento al mon-do economico e commercialee finisce per condizionare lavita dei singoli, delle famiglie,

strappando le esigenze deidiritti umani in faccia ai piùpoveri tra i poveri.

Nel gergo ecclesiale la glo-balizzazione diventa missio-narietà, si esprime nella cat-tolicità della Chiesa e trovaforza nell’azione pastorale cheraggiunge le “periferie” del-l’umanità. Non ha connota-zione geografica o temporale,ma esistenziale, riguarda l’uo-mo, la sua ricerca di senso, ilsuo incontro con il Vangelo.

Da lassù si vede sicura-mente il Vangelo che cam-mina, incontra storie vissute,asciuga lacrime e guarisce,insegna, accompagna e libera.Non sfuggono quelle corseche può assaporare solo chiscioglie i vincoli delle catenee ritrova la vita.

Il mondo di quaggiù.Saranno pettegole le stel-

le? Non né ho la più pallidaidea. Mi piacerebbe sapere

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luglio - agosto 2012il sassolino nella scarpa

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Missiostellare!Un augurio squisitamente missionario

il sassolinonella scarpacentro missionario diocesano,

gruppi missionari e missionaribergamaschi in dialogo

novembre - dicembre 2013

Anno IX - n° 53

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cosa dicono di noi e di quelloche, da lontano, riescono apercepire. “Pecore matte” di-ceva Dante, “capax Dei”sosteneva molto prima Ago-stino, “lupus” al suo simileriteneva Hobbes e chissàquanti altri potrebbero direla loro. Di fatto il nostro quo-tidiano non è avaro di altredefinizioni che viviamo sullapelle nelle relazioni, lavora-tive, familiari e gratuite. Cicapita di sentire il fiato sulcollo di chi ci tampina, di nonsapere se azzardare un passoo battere in ritirata in alcunesituazioni, di prendere posi-zione ad oltranza per il ri-spetto di valori e persone: in-somma, essere uomini non èpoi così semplice. Lo spaziodella critica e della mormo-razione diventa spesso spie-tato e distruttivo, papa Fran-cesco lo ha ribadito più d’unavolta.

Quaggiù, sul telaio dellanostra vita, non è impossibilerealizzare un tessuto stellato.Scrivere pagine che abbianoil calore della comunione etratteggiare disegni di soli-darietà e partecipazione, è ilsogno degli uomini di buonavolontà, di coloro che impat-tano l’annuncio degli angeliche, guarda caso, erano pro-prio seduti sulle stelle.

Proprio guardano le stelleè bello pensare che nel lororisplendere si immerga ancheil nostro esistere.

La libertà della speranza.

L’immensità dello spazio,che spesso l’ immaginazioneconsegna al pensare eternodi Dio, è una grossa oppor-tunità anche per quel fram-mento di luce che la vita portacon sé. Il respiro profondo,gli occhi rapiti, il cuore toc-cato, le mani aperte, i piediagili: ci riguardano e mostra-no lo spessore di quello che

siamo. Sono essenziali perquella missione che da sempreci appartiene proprio per vo-cazione. E, mentre le stelleguidano il cammino cupo deinaviganti, incrociano queibarconi della speranza chesfidano il mare pur di nonincontrare la violenza di cuil’uomo è capace, osiamo ri-prendere tra le mani il Natale.

È un gesto di libertà, per-ché ci impegna a non asse-condare la superficialità e l’ec-cessiva serietà di chi si fa pa-drone della vita e non riescea coglierne il Mistero. La vitanon ci appartiene, eppure cifa vivere, ci incarna, ci fa uo-mini. E nasciamo in quel giar-dino della creazione dove lestelle, nel rincorrersi dei gior-ni, orientano il cammino an-che quando si fa notte, quan-do la fatica sfida ogni piùbuona intenzione.

È un segno di speranza.Non siamo stanchi di questastoria e non ce la sentiamodi viverla da soli. Non cre-diamo che il tutto sia inutile,mentre il più piccolo gesto diumanità sprigiona l’opportu-nità del futuro. Non l’illusione,ma l’entusiasmo di chi ha im-parato a guardare in alto e siè lasciato rapire, avvolto dallaconsapevolezza della sua mis-sione.

È NataleAdesso ho il coraggio di

uscire a guardare le stelle an-che in pieno giorno, perchéso che nel cielo, di giorno edi notte, secondo il ruotaredella terra, l’uomo semprepuò assaporare la loro pre-senza. E le nubi non impove-riscono la loro intensità!

Per ogni uomo, per ognidonna, ovunque si trovi e inqualsiasi situazione cerchi divivere, ci sono stelle generosee cariche di affetto. Hanno laluce di papà, mamme, nonnie amici, fratelli e vicini di

casa; e poi svelano i contornidi professionisti, operai, ope-ratori sociali, politici, uominidi Chiesa e il volto di unabellissima suorina ottantenneinnamorata della sua vita mis-sionaria.

E l’augurio? Guarda la stella! Magari seguardiamo la stessa, insieme,riusciamo ad arrivare alla

grotta. Ci sono già tutti, per-sino i Magi venuti dall’Orien-te, e aspettavano noi.

Eccoci qua a vivere il Na-tale, grazie alle stelle che gui-dano il cammino nella lucedi Dio.Auguri!

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don Giambattista

centro missionario diocesano

“Abbiamo sempre pensato che Dioabiti il cielo. Oggi gli uomini salgonoal cielo con i loro mezzi, ma sembrache più esplorano il cielo e più questodiventi misterioso. Questo mistero èsquarciato da un Dio che si è messoin viaggio”: queste parole del VescovoFrancesco, nella notte di Natale del2012, per un augurio affettuoso e fra-terno a tutti i missionari e le missio-narie bergamaschi nel mondo, alleloro comunità, ai sacerdoti ed allecomunità della nostra Diocesi, aigruppi e a tutte quelle realtà che of-frono il loro sostegno di preghiera eaiuto alle missioni.

Nel viaggio del Vangelo per il mon-do possiamo tutti ricevere quella ca-rezza della sera che papa Giovanniconsegnava al mondo intero nellasua passione per il bene e la pace.

Buon Natale nel Signore Gesù!

Quelli del CMD

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Era nato per tutti, non èancora arrivato a tutti.

Lui, quel Bambino che gliangeli nel cielo di Betlemmeannunciarono ai pastori comeil Salvatore di tutti. “Oggi,nella città di Davide, è natoil Salvatore, il Cristo Signore.Andate a Betlemme, questosarà il segno: un bambino inuna mangiatoia, avvolto infasce”. Degli angeli, esserimisteriosi fatti di luce, rive-lano il prodigio, nel buio diuna notte attesa da secoli. Leloro parole svegliano i pastoriaddormentati, un canto digioia fa trasalire le stelle cheocchieggiavano dall’alto:“Gloria a Dio nell’alto deicieli, e pace sulla terra agliuomini amati da Dio”. Il fiu-me del cielo è straripato e hainondato la terra di gioia.

Il cuore di quel fatto lospiegherà un giorno l’evan-gelista Giovanni: “Il Verboche era Dio, per il quale tuttoè stato fatto, vita per tutti gliuomini e luce che fuga le te-nebre, si è fatto carne ed èvenuto ad abitare tra noi”.“Il popolo, l’umanità che vi-veva nelle tenebre vide unagrande luce. Un bambino ènato per noi, ci è stato donatoun figlio, Dio onnipotente,Principe della pace” (Isaia).

Il Dio lontano si fa vicino,il Dio nascosto si fa vedere ediventa cittadino del mondo,iscritto all’anagrafe dell’im-pero romano.

È la più bella sorpresa diDio all’umanità. Gli uominichiedevano la salvezza, ap-parve invece un Salvatore,chiedevano comprensione ap-parve la Condivisione. Pittori e cantori, poeti e scul-tori, mistici e letterati, tuttihanno cantato il fascino del

Natale, quando il cielo si èaperto e un fiume di luce hainondato la terra.

Da quella notte magicasono trascorsi ormai ventisecoli. Mentre oggi nel mondooltre due miliardi di persone,Cattolici, Ortodossi, Prote-stanti e Anglicani, celebranola solennità del Natale il 25dicembre, per più di altriquattro miliardi di personesi tratta di un giorno qualsiasi,di un avvenimento scono-sciuto. Per questo qualcunoha definito il Natale una sin-fonia incompiuta. Iniziata aBetlemme, in una notte ma-gica che ha diviso la storia indue ere, quella prima e quelladopo Cristo, doveva conclu-dersi con un potente corocomposto dalle voci di tutti ipopoli, come l’inno alla gioiadella Nona sinfonia di Bee-thoven. Si è sentito il primotempo, quello del gioioso an-nuncio; è stato eseguito il se-condo che ha visto la parte-cipazione di alcuni popoli;manca ancora il terzo tempo,

il gran finale con il coro uni-versale. La divina sinfoniadel Natale sarà compiuta soloquando tutti gli uomini avran-no conosciuto ed accolto ilSalvatore.

Per ogni missionario, im-pegnato sulle frontiere piùavanzate della Chiesa, ha unsapore agro-dolce questa so-lennità. Una festa in cui nonsi sa se godere di più per co-loro che la celebrano, oppurerammaricarsi per quanti nonla conoscono ancora. Sonole “altre pecorelle” di cui parlaGesù nel Vangelo e che non

fanno parte ancora dell’oviledi Cristo buon pastore. Tra imisteri che la storia nascondequesto è certamente uno deipiù inspiegabili. Come mai,dopo tanto tempo, la luce delNatale non è ancora arrivatain tutte le zone della terra? Èla grazia di Dio che è manca-ta, oppure è l’impegno daparte della Chiesa che non èstato onorato? È questo ilfatto che rende sempre piùurgente per la Chiesa la mis-sione di andare in tutto ilmondo a predicare il Vangeload ogni creatura.

In questo Natale 2013 laChiesa fa proprio l’invito diS. Agostino ad ogni uomo:“O uomo immerso nel gelodella notte, vieni, camminaanche tu verso Betlemme,verso il Bambino e sua Madre,lasciati avvolgere dalla lucedel Signore”. Solo Lui ha lasoluzione di tutti i problemi.Solo Lui può garantire la pacetra tutti i popoli. Solo da Luiviene quella salvezza di cuitutti gli uomini, anche quelliapparentemente meno sen-sibili, sentono il desiderionelle profondità del loro cuo-re.

P. Giuseppe Rinaldimissionario saveriano

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È la sorpresa di Dio

Natale: sinfonia incompiuta.

Le sue note nonsono ancora arrivate

a tutti i popoliL’impegno missionario non finisce mai N

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Cosa è cambiato? Il Nataledopo l’esperienza in mis-

sioneIl viaggio in Costa d’Avorio

è stato fantastico! Ho vissuto3 settimane ricche di emo-zioni, in uno stato quasi eu-forico, ho conosciuto gentenuova e speciale, ho visto pae-saggi straordinari e sono stataincantata da sorrisi meravi-gliosi.

Il tempo vola e sono giàpiù di due mesi che sono tor-nata in Italia; tutto ciò cheho vissuto e sperimentato nonè scomparso, ma è ancoravivo e limpido nella mente;non c’è giorno che non pensia questa favolosa esperienza.

La mia vita non è statastravolta da questa “avven-tura”, ma certamente ne èstata influenzata; penso diessere diventata più sensibilesu certe tematiche e più con-sapevole del fatto che la vitaè vissuta in modo molto di-verso, ma non per questo mi-gliore o peggiore, dalle po-polazioni appartenenti a dif-ferenti culture.

L’avvento è sempre più vi-cino e quello del 2013 è ilmio primo Natale dopo esserestata in Africa... sono curiosa!Natale è una festa bellissimaed importante: nasce il Figliodi Dio, ed è strano pensareche Dio è non solo Padre no-stro, ma di tutti, proprio tutti,

anche della gente che ho co-nosciuto quest’estate e che ètanto diversa da me, da noi.Certo può risultare una con-siderazione piuttosto banale,ma veramente è la prima voltache ci penso seriamente. Sonoentusiasta al pensiero di vi-vere questa festività in mododiverso, magari più coinvol-gente e profondo. Sono cu-riosissima di sapere come vie-ne vissuto e festeggiato il Na-tale dagli Ivoriani, quali sonogli aspetti che prediligono equali invece considerano diminor rilievo; sarebbe davverointeressante fare un confrontotra la tradizione Italiana equella Ivoriana.

Tornando al “mio” Natale

spero che diventi un’occasioneper fare del bene; so che puòsembrare la solita frase fatta,ma ci credo davvero. Mi storendendo conto ultimamenteche c’è troppo egoismo, lagente pensa sempre e solo ase stessa ed io, purtroppo,non ne sono estranea, anzi,mi accorgo che non c’è im-pegno nel cercare di miglio-rare certe situazioni, che sipensa troppo al proprio inte-resse, che non ci si mette adisposizione di chi ha bisognoanche solo di un piccolo aiuto.

Natale per me significagioia, amore, sorrisi, famiglia,festa, felicità, canti, amicizia,altruismo, preghiera, regali,atmosfera... quindi mi sorgespontanea un’affermazione:nella “mia” Africa e nel ricordoche mi è rimasto è sempreNatale! Nulla di tutto ciò èmancato durante la mia brevepermanenza nel “continentenero”: era una gioia alzarsipresto la mattina per iniziareuna nuova intensa giornata,sono stata accolta con amoree cortesia in ogni villaggio,ho visto centinaia di bellissimisorrisi che mi davano il ben-venuto, ho ricevuto doni dachi possedeva meno di me,

ma era comunque felice difarmi un regalo, ho assistitoa balli e canti infiniti e carichidi energia, ho pregato e vis-suto la fede in modo insolito,ma altrettanto bello. Sonocerta che un Ivoriano non lapenserebbe come me. MoltiAfricani, infatti, soprattuttogiovani, non apprezzano lapropria terra e vorrebberotrasferirsi in Europa; questodesiderio è ampiamente con-diviso da molti di noi: chinon aspira a viaggiare e a tro-vare un luogo migliore in cuivivere, lontano dai problemieconomici, politici, familiari..?Purtroppo o per fortuna, di-pende dai punti di vista, nonsempre è possibile “fuggire”ed è necessario affrontare lesituazioni; perché non sempre“il meglio” è lontano, spessolo stiamo già vivendo e nonce ne accorgiamo.

Proposito per il Natale diquest’anno: portare alla gentei sorrisi, l’energia, le strettedi mano, la disponibilità,l’amore e l’affetto che ho ri-cevuto in Africa, ma non solo,anche qui in Italia dalle per-sone speciali che incontroogni giorno.

Mariapaola FilisettiLevate

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Dopo il viaggio in Costa d’Avorio una provocazione

Un Natale “segnato” AfricaNon una vita stravolta, ma un saggio proposito

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Questa volta mi è statodato un compito un po’

difficile. Come posso parlaredel Natale o di come vorreiche fosse nella terra di mis-sione dove opero se non homai trascorso il Natale qui?Ma poi mi è venuta un’idea.Perché non farmi aiutare daqualcuno?

Quindi, una mattina hodeciso di fare una lezione unpo’ diversa con gli alunni dellamia scuola, la Casa do Menor,e ho parlato del Natale. I bam-bini sono stati molto entu-siasti e per iniziare mi sonofatta spiegare un po’ com’è ilNatale in Serrinha, cittadinadella Bahia in Brasile. I bam-bini della 2a B, classe formatain maggioranza da alunninuovi che frequentavano altrescuole, non stanno nella pellesolo ad immaginare quel gior-no: albero di Natale pieno dipalline, addobbi fatti di piccoliBabbo Natale, tante cose buo-ne da mangiare come il tac-chino arrosto e la torta, i regaliper chi è più fortunato e hauna condizione economicamigliore.

Tutte belle cose ma poidomando: “Il presepio lofate?” Tutti mi guardano conlo sguardo un po’ strano, ti-pico di quando non capisconoalcune parole quando parloil mio portoghese con accentobergamasco e rispondono:“Professoressa Stefania cos’èil presepio?” All’inizio pensavoche ci fosse un’altra parolanella lingua portoghese cheio ancora non conoscevo eche, quindi, loro non avessero

capito. Poi un bimbo mi dice:“Sono delle statuine?” “Si -dico io - proprio quelle!” “No,non lo facciamo.” Allora cercodi tornare un passo indietroe domando alla classe: “Cosaè il Natale?” Diverse e svariatele risposte. Solo una manotimida si alza e un bimbo mirisponde: “È quando nasceGesù!”. Sono rimasta moltomeravigliata come tante cosesi assomigliassero alla nostracultura europea, ma come ilvero significato del Natalenon fosse ancora chiaro perquesti piccoli. Così spiego cheil vero motivo per il quale sifanno tutti questi festeggia-menti è proprio per comme-morare la nascita di Gesù cheè figlio di Dio venuto sullaterra per la salvezza degli uo-mini. Quando chiedo sequalcuno va a messa la vigiliadi Natale, nessuno alza lamano. Bè, almeno è un giornoin cui tutta la famiglia si riu-nisce, i parenti che vivonolontano cercano di ritornarea casa, e passano una giornatatutti insieme e qualcuno vaanche al Luna Park. Quandochiedo come vorrebbero chefosse il Natale mi rispondonoche vorrebbero la neve: potergiocare a lanciarsi le palle dineve.

Mi sposto quindi nella 5a.Qui la classe è formata daalunni della scuola, che annofrequentato anche gli anniprecedenti. Qui le risposte siassomigliano un po’. Scoproche le lettere a babbo Natalele imbucano nella cassetta del“Correio”, il nostro ufficio po-

stale. Scopro che il 26, SantoStefano è un giorno lavorativocome gli altri. Scopro che mol-ti non ricevono regali, ma pernon sentirne la mancanza nefanno di finti, fatti di polisti-rolo e ricoperti da carta regalo,e li mettono sotto l’albero.Anche qui pochi fanno il pre-sepio a casa e pochissimi van-no alla messa di vigilia di Na-tale. Mi incuriosiscono di piùle risposte alla mia domanda:cosa vorrebbero di diverso ilgiorno di Natale? Qualcunovorrebbe i regali veri, altrivorrebbero più mangiare, altriancora vorrebbero vedere laneve cadere almeno una voltanella loro vita. C’è qualcunoche dice che il Natale a casaloro è bello così com’è, chenon manca nulla. Ma c’è an-che qualcuno, come AntonioCarlos, che vorrebbe che quelgiorno ci fosse il suo papà,che è morto. Brenda dice chevorrebbe conoscere il suononno, che è ancora vivo mache non conosce e suo papànon vuole mai parlare di lui.Marisa vorrebbe un attoredella sua serie tv preferita se-duto a tavola al cenone diNatale. Altri, la maggior parte,vorrebbero che i parenti lon-tani, come quella zia simpaticache vive a San Paolo, tornas-sero a casa per passare quelgiorno insieme a loro. InfineEmanuel, un ragazzino di 10

anni, mi risponde: “Io nonvoglio niente, per me quelgiorno è uguale agli altri! Iregali? Io non sono più unbambino.”

E ora veniamo a me. Comevorrei che fosse il Natale quia Serrinha? Quest’anno saràun po’ strano, con questo cal-do sarà difficile riconoscerel’atmosfera natalizia che sirespira nelle nostre città. Lamia famiglia e le persone cheamo saranno lontani e di si-curo sulla mia tavola non cisaranno i soliti piatti prelibati,perché io non sono una bravacuoca. Ma quest’anno vorreiqualcosa di diverso. Vorreiche alla vigilia di Natale fos-sero presenti tutti i bimbidella mia scuola. Vorrei chein ogni casa ci fosse un piccolopresepio. Vorrei che per quelbambino non sia un giornocome tutti gli altri, ma chesucceda qualcosa di straor-dinario. Vorrei che si respi-rasse un po’ più di trepida-zione, quella che fa battere ilcuore quando nasce una nuo-va vita. Vorrei che tutti sa-pessero che il vero Natale ènel nostro cuore. Aprire ilcuore per accogliere quel bim-bo chiamato Gesù e lasciareche trasformi le nostre vite.Questo vorrei proprio!

Stefania Lo Verdemissionaria laica

in Brasile

Una caldo Natale brasiliano

Vorrei unNatale così…

Il rischio di disperdersi e di non cogliere il dono unico

di questo evento

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Le capanne, la canna dazucchero, le banane, il caf-

fé e il cacao erano “la provvi-denza” in questa terra popo-lata da gente che veniva daogni parte dell’Ecuador che,ogni anno, concludeva versoNatale la “zafra”, raccolta dellacanna da zucchero. Finita la“zafra” ritornavano nelle lorofamiglie, nel loro paese, lon-tano dalla Troncal.

I braccianti piú numerosivenivano dalla sierra ecuato-riana. Lasciavano casa, fami-glia, sicurezze affettive, luoghicari ai loro occhi, alle ricercadi un lavoro per sostenere iparenti rimasti sulle Ande.Sfidavano la povertà con illavoro pesante dei campi, nel-la steppa, fra ogni sorta dipericoli, di insidie, di rischi.

Persone con sogni e spe-ranze. Le malattie tropicalinon toglievano ai conquista-tori del “lavoro” il coraggiodi continuare a combattere,a lottare ed a sperare in unfuturo migliore. In nome diquesta avventura inizió nellontano 1970, proprio versoNatale, la prima raccolta dellacanna da zucchero qui allaTroncal.

Era necessaria tanta fan-tasia per immaginare, guar-dando il presepe, mentre ilvento sembrava volesse sco-perchiare i tetti di paglia e lapioggia minacciosa scendeva

a catinelle nella calda notte,il nostro Natale italiano. Pen-savamo al freddo, al gelo, allaneve ed al tepore del focolaredella nostra tradizione. Il no-stro presepe era lontano daglischemi usuali idilliaci e ro-mantici, era un presepe vivo,concreto, con un bimbo dicarne deposto nella mangia-toia.

Le inondazioni, la febbregialla, la malaria, erano loscenario del Natale e le fami-glie sopportavano stoiche lemalattie infettive di ogni tipo.Un solo medico, senza mezzie poche medicine, faceva mi-racoli, dei veri miracoli, con

l’aiuto di Dio, dei martiri edei santi.

Lo stabilimento per la fab-bricazione dello zucchero, unodei più grandi dell’AmericaLatina, aprì le porte a migliaiadi persone alla ricerca di unposto di lavoro.In una estesa terra verde, lozuccherificio con un cuoreelettrico, soffiava cenere dap-pertutto come un piccolo vul-cano. Per sette mesi, il fumoe la cenere, coprivano comeuna coltre nera tutta la Tron-cal.

C’era lavoro per tutti, maanche disagi e malattie permolti. Nel periodo invernale,le grandi piogge aumentavanonotevolmente le difficoltà del-la gente. Anche oggi il pericolodell’inverno é presente. Nonè facile impiegare le proprieenergie fisiche in questo am-biente, dove le malattie, il do-lore, lo sforzo, la fatica, sonouna costante non solo per itagliatori di canna, ma pertutti quelli che lavorano neicampi, fra serpenti e animalivari che, in questo clima tro-picale, si muovono con natu-rale spontaneità.

Molte ingiustizie e tantis-

simi drammi umani si sonoaccumulati durante questilunghi anni. Tanti sono mortinei campi morsi dai serpen-ti… altri accellerarono la lorofine come conseguenza del-l’ambiente insalubre… altripiangono ancora ricordandola tragedia e le sofferenze dichi, in un giorno terribile,perse la vita.

Diciamo spesso che la giu-stizia va raggiunta. Ed è cosí!Consideriamo che l’impegnoper la liberazione non ha ra-dici soltanto nelle voci che sialzano nel mondo, ma nellafede. Senza la fede tutto è piùdifficile, ci stanchiamo, ci la-sciamo prendere dalla paura,ci paralizziamo… la fede ciaiuta a non demordere, adandare avanti.

Questa è la nostra umileesperienza.Dobbiamo dire che pure oggi,la realtá della Troncal é colmadi grandi difficoltà, dove nonce ne sono… e la lotta per an-dare contro corrente è semprecomplessa. La giustizia ri-chiede sacrificio, disinteresse,conversione personale ed ilcoraggio di denunciare la dit-tatura dell’avere.

Per continuare nel cam-mino di liberazione con lagente semplice e senza potere,per rendere credibile il Van-gelo con la nostra vita, ab-biamo bisogno del Signoreanche nel nome e nel rispettodi chi ha dato la vita per ilbene comune e la giustizia.Per questo, oggi, il sacrificiodi quei molti, ha un senso,un significato, una speranza. Buon Natale, con dentro dinoi la gioia che, ogni anno, ilBambino Gesú, ci mette nelcuore. Abbracci cari per tutti.

Maria Luisa, Sergio Beretta

e tutta la famigliamissionari in Ecuador

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Cenere e zucchero: il lavoro quotidiano

Nessuno puòrubare la speranzaAlla Troncal il Natale è quotidianamenteumano

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Da sei mesi stiamo vi-vendo la nostra espe-

rienza di missione nellaparrocchia di Condebamba,in Cochabamba (Bolivia) etra poco più di un mese vi-vremo il nostro primo Natalemissionario lontano da casa,senza neve e senza freddo.Pensando a questo periododell’anno senz’altro specialeper noi come per moltagente, tanti sono i pensieri...

Per la prima volta speri-menteremo cosa vuol direper tante famiglie bolivianevivere a migliaia di km di di-stanza dagli affetti, dalle abi-

tudini e dai costumi dellapropria terra, con le difficoltàdello straniero che solo par-zialmente noi stiamo speri-mentando. La tecnologia e lecomunicazioni ci stanno aiu-tando, ma non tutti sono cos¡fortunati e poi comunque ilcalore di un abbraccio e unsorriso dal vivo nessunoscienziato potrà mai affidarload un computer…

Vivremo un Natale alcaldo, un Natale la cui datacade come se da noi fosse fer-ragosto: scuole chiuse da finenovembre fino alla fine digennaio, alcune zone della

città che si spopolano, ra-gazzi a casa da scuola in si-tuazioni dove i loro genitorisono al lavoro e nessuno liaspetta a casa...

Un Natale diverso, mache forse proprio per questoavrà un sapore speciale…Molte saranno le proposteche come parrocchia faremoalla nostra comunità affinchèquesto Natale sia all’insegnadella fraternità, dell’attesa diGesù che entrerà nelle nostrecase come fratello.

I ragazzi e i giovani chevorranno saranno invitati apartecipare al ‘Jugando Ju-gando’, attività e giochi po-meridiani incentrati propriosu questi temi. Non a caso in-fatti l’ultimo giorno di questagrande attività terminerà il25 di Dicembre. Inoltre continuerà il cam-

mino di coinvolgimento dellefamiglie attraverso la coronad’avvento: in ognuno dei 15quartieri si organizzeranno,con il contributo di qualchemamma e di qualche laicoabitanti del quartiere, seratedi preghiera.

I gruppi giovani già da orastanno pensando ad un ser-vizio di carità da svolgere inqualche ospedale o in qual-che struttura per glí anziani.

Sarà questo il vero sensodel Natale: il tempo regalatoe condiviso con l’altro, il“compartire”, come si usadire qui, senza fretta ma conla voglia di esserci… Ed èquesto è l’augurio che vo-gliamo fare a tutti!!

Manuela e Nicolamissionari laici in Bolivia

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Il caldo Natale in Terra di Bolivia

Un Natale dalsapore speciale

Lontani da casa e immersi in una nuova realtà

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Abbonamento al “Sassolino”Per chi non lo avesse già fatto l’invito è a rinnovare l’abbonamento alla quota dello scorso anno: 12,00€.Confidiamo davvero nell’apporto di tanti per poter continuare ad offrire questo strumento soprattutto ai missionariche mostrano di gradire davvero l’opportunità di rimanere in contatto con la loro terra. E quindi…andiamo avanticon fiducia.Per noi rimane il luogo dove comunicare con le parrocchie, sacerdoti e gruppi, famiglie e laici che hanno a cuorel’impegno missionario.Ai missionari e a coloro che non possono provvedere ad alcun versamento chiediamo il dono della preghiera ogniprimo giorno del mese che dedichiamo all’impegno di evangelizzazione della chiesa nel mondo intero. Grazie!

La Redazione

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“…azali na nzela MwanaNzambe, azali koya…”: (è

in cammino il Figlio di Dio,sta arrivando), queste strofe,in lingua lingala di un cantodell’avvento ci ricordano cheil giorno di Natale si avvicina,il giorno della gioia, della spe-ranza, in questo abbraccio traCcielo e terra, ecco il cuoredella Vita.

Penso alle nostre festivitànatalizie: neve, luci di svariaticolori, alberi addobbati, regalie dolci, in un clima di serenità.E poi...? E poi penso a te Ma-ria, Madre e Donna, che al-l’annuncio dell’Angelo sei di-ventata l’Ancella del Signore,ed alle innumerevoli mammecongolesi , quasi tutte giovanifiglie, il cui sogno di maternitàè stato rubato.

Penso a te Maria, assiemea Giuseppe in quella capannadi Betlemme, dove donastialle luce tuo figlio Gesù, edalle tante giovani figlie chepartoriscono ancora nelle lorocapanne, senza l’affetto di unmarito.

Penso a voi Maria, Gesù eGiuseppe, colmi di gioia, esorpresi alla vista dei pastorie dei Magi, e a voi giovani fi-glie congolesi, che prima diessere donne, sieti madri e ivostri figli sono già nel senodi una famiglia più ampia.

E voi, Santa famiglia diNazaret, subito dopo le gioie

della maternità, in fuga versol’Egitto, e voi madri, in fugada ribellioni, guerriglie ed in-giustizie, di questo Paese chenon trova pace.

La tua storia Maria, contutte le dovute proporzioni,non è tanto diverse dalla sto-ria di tante giovani mammedi qui ed è per questo chehanno una grande devozioneper te, perchè ti sentono ma-dre come loro.

Penso a te Clementine e a

Grazia, la tua bimba, che destialla luce a distanza di un anno,tra mille difficoltà e pregiudizi,ma è un miracolo della vita.

Una giovane mamma, chestringe tra le sue fragili brac-cia una bimbetta di cinquemesi, arriva al nostro centrochiedendoci un ulteriore aiu-to. Sua figlia sta male. Aiutiamo già la giovane mam-ma sin dalla nascita di sua fi-glia con l’acquisto di latte inpolvere, la mamma non puòdonare latte materno. Si trattadi vita o di morte, una scatoladi latte per neonati ha unprezzo elevatissimo ed è peruna settimana e la più partedi queste famiglie non puòpermetterselo; inoltre la figliavive in una situazione di mi-seria.

All’apparenza la mammasembra una bimba tra dieci-tredici anni, non più alta diun metro, ma il volto è di unapersona già adulta; sarà unapigmea, resto un pò sorpreso,ma come è potuta venire al

mondo questa bella bimba,Grazia questo è il nome, dauna mamma così piccola, mi-nuta? Misteri della Vita.Ma chi ha approfittato di lei?Con quale coraggio? Non c’ètempo ora per porsi troppedomande, c’è una vita chepiange il suo diritto di esistere,ha fame, sta male.Sicuramente la vita di questamamma non è semplice, trop-po fragile per badare a sestessa, rigettata dalla societàe forse anche isolata dalla fa-miglia. Ospitiamo la giovaneal nostro centro, iniziamo leprime cure. La mamma èsemplice, ha un viso dolce,parlando con lei scopro cheha trentatre anni, ma non èpigmea, purtroppo è affettada artrogriposi, una rigiditàarticolare congenita. Dopo unperiodo di cure e con un ade-guata alimentazione mammae figlia hanno lasciato il nostrocentro nutrizionale, grazie aDio stanno bene.Certo che la forza e voglia di

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Il racconto di Natale è storia dell’uomo d’oggi

La vitacome DonoNell’esperienza di Ivo l’invito a prendere la “Vita” tra le maniM

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lottare di questa mamma èincredibile; le difficoltà dovutealla sua condizione fisica, leumiliazioni ricevute, gli sguar-di ironici di una società ciecae sorda ai bisogni dei più de-boli, la spingono a lottare persuperare ogni ostacolo, peraffermare che la vita è Donoe anche lei e sua figlia occu-pano un posto in questa so-cietà, un posto speciale, chesolo chi vede oltre l’apparenzapuò scoprire.

Ho rivisto Clementine eGrazia pochi giorni fa, sonovenute al nostro centro a sa-lutarci. Grazia tra poco ini-zierà a camminare, si reggein piedi da sola, è una gioiavedere questi bimbi guariti,è la migliore ricompensa chepossiamo avere.

L’incanto che può susci-tare la terra congolese, conla sua immensa foresta equa-toriale, i suoi villaggi e la lorocultura, i suoi riti ancestrali,le sue paure e magie, lasciaspazio ad una società ferita,che fatica ad aprirsi, vittimadi un passato tragico, alla ri-cerca di un presente stabile,per costruire un futuro dipace.

Da un Natale all’altrosembra non cambi nulla. Cor-ruzione ad ogni livello, LRA(ribelli ugandesi da anni in-sediati nel nord-est del Congo)e M23 (ribelli congolesi di-sertori dell’esercito regolare,se esercito si può chiamare)

che fanno ciò che vogliono,povertà, sfruttamento mine-rario, diritti civili violati, ma-laria, AIDS e per di più, la ri-comparsa del virus Ebola pro-prio ad Isiro, ci hanno ac-compagnato quotidianamentelungo le mille strade che ognigiorno percorriamo.

Si dice che tutte le stradeportano a Roma, ma ad Isirotutte le strade sembrano por-tare a Gajen. Gajen, il nostrocentro nutrizionale, è il cro-cevia della speranza.La speranza per le centinaiadi bimbi malnutriti (fa semprepena vederli, sguardi spenti,senza sorriso) che ogni giornoricevono cure sanitarie ed unabuona alimentazione e si in-crociano con altrettanti bimbigioiosi e pimpanti della nostrascuola materna.

Speranza per i tanti poveriche varcano la soglia del Cen-tro nutrizionale in cerca diun aiuto e di un conforto eper i disabili fisici, per i qualifabbrichiamo carrozzelle, cer-cando così di sollevarli da ter-ra e dare loro quella dignitàdi cui ha diritto ogni creatura.

Speranza per i troppi bim-bi orfani e per i prigionierimilitari e civili che assistiamoin carcere con la celebrazioneeucaristica e donando lorocibo e medicine.

Speranza per molti ragazzidelle scuole primarie e gliuniversitari che trovano unpiccolo aiuto per poter con-

tinuare gli studi.Speranza anche per noi

missionari che siamo chiamatiad essere portatori di Spe-ranza, quella Speranza che èla tenera ala che sostiene lanostra Fede, che ci fa viverevalori autentici, valori chetrasmettono gioia, sicurezzae voglia di credere nei sognidi altre persone.

La missione, dove gioie edifficoltà non mancano, sognie realtà si incrociano, è unarricchimento per tutti noi.In questi anni è stato un sus-seguirsi di situazioni belle,brutte, a tratti anche a meincomprensibili, ma quelloche, come missionari, ci ca-ratterizza è la chiamata a darenon solo là dove possiamo informa materiale, ma donareenergie, idee, consigli, fiducia,coraggio, pazienza e soprat-tutto il “nostro” tempo.

Il tempo, così prezioso ecosì raro.Un giorno, un anziano delvillaggio mi disse: “il proble-ma di voi bianchi è che sietepadroni degli orologi, ma noiafricani siamo padroni deltempo”.

Ecco allora una bella le-zione in cui l’Africa è mae-stra.Unito al tempo c’è un grandevalore a cui forse diamo pocaimportanza, ma che in questeterre è quasi una questionevitale, che è l’ascolto, il sapererestare seduti ed ascoltaresino in fondo una persona eper farlo ci vuole tempo.

Sentendo il loro bisognod’aiuto, incrociando i lorosguardi, stringendo le loromani, sentendo la loro gioia,gioia che nasce da una vitadanzata malgrado le difficoltàed ingiustizie subite, mi facapire che le nostre bracciasi sostituiscono a quelle dellaVergine Consolata, si adope-rano per donare dignità allapersona, per non soffocare le

loro speranze e per sollevareda terra quanti sotto il pesodell’indifferenza generale nonriescono ad avere una vita di-gnitosa.

Il Santo Natale si avvicina, la Vergine Maria alla Paroladell’Angelo ha accolto e do-nato a noi Gesù, piccolo in-difeso, cercato dai potenti,ma riconosciuto dai pastori. Quella capanna di Betlemme,non è poi troppo lontana dallenostre case, dai nostri postidi lavoro, dalle nostre chiese;troppo semplice e romanticopassarci davanti o sostarequalche istante. Ma troppemamme Clemantine, il piantodella piccola Grazia, ci inter-pellano in prima persona; edallora, prima di inginocchiarcicome i pastori, nella Notte diNatale, davanti a quell’umileCreatura, sapremo noi acco-gliere e riconoscere in loro,la Vita fattasi Uomo? Sapremonoi ascoltare il grido di dolore,che ci giunge delle masse dipersone “senza voce”? Dareloro quella speranza, “figlia”della Notte di Natale, che cichiama a testimoniarla a tut-ti?

Tutti i nostri bimbi, i po-veri e le persone che incon-triamo ogni giorno al nostroCentro nutrizionale o sullenostre strade, ci ricordanoche il Santo Natale è il giornodella Vita, la vita accolta edonata.

Che Maria Santissima,possa accompagnarci alla ca-panna di Betlemme, portandocon noi l’unico regalo chepossiamo offrire a suo Figlio:la nostra vita vissuta comeDono.Buon Natale e un sereno annonuovo!

Ivo Lazzaronilaico missionario

Repubblica Democraticadel Congo

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Il Natale è alle porte e anchela comunità cattolica della

missione di Mae Suay si stapreparando ad accogliere lavenuta del Figlio di Dio.

La missione sorge nel norddella Thailandia, in una val-lata circondata da verdi mon-tagne sulle quali sono disse-minati decine di villaggi edove nel corso dei secoli sisono insediate “Le Tribù deiMonti”, così chiamate perchépreferiscono costruire i lorovillaggi sulle pendici delle col-line per poi coltivarle, sonominoranze etniche con usi,costumi e lingua propria. Cir-ca una trentina di questi vil-laggi sono cattolici e formanola Parrocchia di Mae Suay.

Cosa raccontarvi del Na-tale thailandese? Beh, que-st’anno il 25 Dicembre cadedi mercoledì e, qui in Thai-landia, la gente andrà nor-malmente a lavorare e i bam-bini andranno a scuola. Nonsi fa festa a Natale! Le scuolestatali, che sono la maggio-ranza, rispetto a quelle di ma-trice cattolica non fanno va-canza. Qui il Natale non èconcepito e sentito come danoi! Pertanto sarà un Natalesenza le sfavillanti e coloratevetrine colme di regali, senzaluci per le strade, alberi ad-dobbati e panettoni; chi nonè cattolico, la maggioranzadella gente che vive nella valle

di Mae Suay è buddista o ani-mista, vive questo giornocome fosse un giorno qual-siasi.

Però Gesù Bambino vienelo stesso anche qui, in questopiccolo angolo di mondo ...portando il Suo annuncio diSalvezza e di Pace. Il Nataleè vissuto dalla piccola comu-nità cattolica di Mae Suaycon intensità e con parteci-pazione, soprattutto nei vil-laggi: le piccole cappelle fattedi legno e di paglia, all’arrivodei padri per celebrare la mes-sa, si riempiono di gente, siprepara la mangiatoia e si ad-

dobba la chiesa, con cio’ chefornisce la foresta e per tuttala comunità è un momentodi gioia e di festa. In parroc-chia invece si prepara il pre-sepe tradizionale con il bue el’asinello, i ragazzi che vivononegli ostelli parrocchiali pre-parano le recite che anime-ranno la festa che si terràqualche giorno prima di Na-tale. Insomma, per quantopossibile, sia nei villaggi suimonti che tra le mura dellamissione, si cerca di crearel’atmosfera del Natale, ma in-nanzitutto si prega e ci si pre-para ad accogliere la venutadi Gesù Bambino ...

Il mio lavoro come infer-miera, che svolgo in collabo-razione con le suore Camil-liane, mi porta ad incontraresoprattutto malati e anziani,e quasi tutti sono buddisti.Nei giorni scorsi mi è capitatodi andare trovare, insiemealle suore, una donna amma-lata. Fa fatica a muoversi, aparlare ed è quasi sempre aletto; la sua famiglia non èin grado di accudirla, quindil’abbiamo aiutata a lavarsi,cambiarsi e a mangiare e

quando, dopo circa un’ ora,con le suore stavamo per an-darcene mi ha preso la manoe mi ha sussurrato un rin-graziamento; per la primavolta da quando eravamo ar-rivate il suo viso si è illumi-nato, e mi ha rivolto il piùdolce e tenero dei sorrisi.

Ecco, in quel semplice edolce sorriso c’è tutto il sensodel mio essere in missione ...perchè per me nulla é com-parabile alla bellezza e allaforza che si riceve dal donodi essere un dono per i nostrifratelli!

Il Natale che stiamo percelebrare ci annuncia che Luiverrà ancora una volta perincontrarci e camminare contutti noi. Perciò continuiamoa camminare insieme, cer-cando di costruire insiemeun mondo dove tutti possanotrovare mani fraterne che sap-piano asciugare le lacrime ealleviare le sofferenze dei piùdeboli e sofferenti.

Buon Natale a tutti!

Rosangela Lazzarimissionaria laica

in Tailandia

Un giorno normale che diventa straordinario

Quello chebrilla è il cuoreLungo la strada si sperimenta il Natale

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Abbiamo chiesto ai nostribambini, bambine, ra-

gazze e ragazzi dello “spaziocompiti” cosa significasse perloro il Natale. Sono state di-verse le risposte che abbiamoraccolto, ma tutte implicavanoun comune denominatore: lo“stare in famiglia”, qualsiasiconcetto di famiglia ognunodi loro avesse.

La cosa interessante intutto ciò è come col passaredel tempo il concetto di fa-miglia ideale si è evoluto ecome i nostri bimbi, bimbe eragazzi/e lo hanno assimilatoproprio a partire dalla vitache trascorrono con i proprifamiliari.

Elena è una delle nostreragazze che vive sola con suamamma in un appartamen-tino in affitto. All’età di noveanni è stata obbligata a di-ventare grande a causa delfatto che sua madre si era af-fogata nell’alcool dopo che ilsuo compagno aveva decisodi separarsi e di allontanarsidi casa portando con sé i suoi

quattro figli e lasciando Elenacon sua madre per solo il fattoche non era figlia sua.

Tutte le mattine Elena sialza, pregando sua mammadi alzarsi per andare al lavoro,e avere in tal modo qualcosada mangiare, mentre lei siprepara per andare a scuolae poter un giorno realizzareil suo sogno di diventare unabrava maestra. Uscendo dascuola Elena non è impazientedi tornare a casa, perché sache la possibilità di incontraresua madre è remota, al con-trario non vede l’ora di arri-vare allo spazio compiti per-ché, oltre al pranzo e alla me-renda, troverà l’affetto dellesue maestre e dei suoi piccolicompagni. Ma la scuola e lospazio compiti si concludonoed Elena sa che deve fare ri-torno a casa, con la speranzadi trovare sua mamma datoche spesso invece trova solol’appartamento vuoto, tale equale lo aveva lasciato la mat-tina.

Di fronte a questa situa-

zione e alla paura di non averepiù la mamma con sé, va allaricerca di lei, senza curarsidell’ora tarda o dei luoghiinospitali in cui poterla ritro-vare, afferrarla per una mano,essere il suo bastone e la guidaper riportarla a casa a “ripo-sare” fino all’inizio di unanuova giornata.

“Cosa significa Natale perte?” Questa domanda l’ab-biamo rivolta anche alla no-stra piccola Elena. La sua ri-sposta è stata molto più pre-cisa: per lei il Natale è “starecon la sua mamma”, vivere

cioè uno di quei po-chissimi momenti nei qualisua mamma la abbraccia e ledice: “sei la mia bambina,l’unica”. Un momento di cuianche lei approfitta per goderedel calore di sua figlia, mo-mento nel quale magari nonsi ripeta più lo stesso Nataledegli anni precedenti quandoi Servizi Sociali trovavano an-cora una volta Elena a cercaresua madre e decisero di to-gliere la bambina a sua mam-ma e internarla in una co-munità per minori in attesache questa dimostrasse di es-sere in condizione di poternerecuperare la patria potestà.

Il Natale per Elena si stagià allontanando: il suo voltointristisce quando pensa alsuo sogno natalizio e nellapreghiera di ieri nella comu-nità aggiunge: “Il Natale ègioia perché ho trovato unacomunità, è incontro perchéqui ho degli amici, è luce per-ché riempie i nostri cuori difelicità ed è amore, moltoamore, e vorrei che arrivasseanche a mia mamma, vorreiche anche lei possa scoprireil Natale”.

Patrizia Ravasiomissionaria laica

in Bolivia

Un desiderio profondo di famiglia

Un Natale non scontato

Dall’esperienza di una ragazzina il valore del Natale

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Prezioso il tempo che ci farivivere il mistero dell’In-

carnazione. È Natale. Da sem-pre l’atmosfera è quella diuna certa “pace interiore”, di-segnata a volte a fatica neglianfratti dei limiti e delle con-traddizioni quotidiane. Ècome se un sottile velo di se-renità, tirato spesso come unacoperta corta, venisse a co-prire quegli spazi di solitudinee, talvolta, di vuoto, che siaccompagnano alla vita. Ri-dicolo ridurre il tutto all’essereun po’ “più buoni”, ma sicu-ramente positivo e coinvol-gente quello spirito che tentadi coinvolgere in un esperien-za costruttiva dove ritrovarelegami di familiarità e frater-nità.

Posare lo sguardo sullastella vuol dire lasciarsi an-dare a quella ricchezza di luceche il Natale viene a diffon-dere anche attraverso di noi.Ecco il perché di un’ “iniziativamissionaria”!

La sensibilità condivisa at-torno a tre progetti missionarinon si riduce a semplice fi-lantropia, non è un’occasionetra le tante per fare del bene,ma esprime una tensione, unsenso di chiesa e una concretogesto di comunione.

Una tensioneLa stella consuma il suo

spazio nell’immensità del cie-

lo. Non ha pretese, non fasoltanto bella mostra di sé,ma di sicuro sente la sua re-sponsabilità nell’universo.Così è anche per ciascuno dinoi. Dalla consapevolezza dinon poter vivere da soli, allabellezza di scoprire di potersiprendere cura dell’altro: que-sto il percorso che ogni gestodi carità offre ed incarna. Lastessa stella dona ai SantiMagi la possibilità di scrutareil sentiero che conduce al pro-digio della vita nel Bimbo diBetlemme.

Il Natale, anche ai più di-stratti, viene a ricordare queldesiderio di bene di cui lavita non può fare a meno, se-gna l’invito alla condivisione,alla partecipazione, alla fra-ternita. È chiaro il riferimentoalla missionarietà.

Un senso di ChiesaLa stella richiama lo sguar-

do di chi, ovunque si trova,lascia che i suoi occhi sianocatturati. Il Natale, attraversola cometa, offre la possibilitàdell’incontro con il volto uma-no del mistero di Dio: Gesù,Bambino di Betlemme.

È l’insieme degli sguardiche rende concreto il guardaredella Chiesa. Verso quel Bim-bo si proietta il cuore dei cre-denti. Oggi e sempre la realtàdella missione è sguardo ditenerezza, misericordia, af-

f e t -to, che sic o n s u m anella presen-za e nelleopere. Eccoperché ci ri-guarda comecomunità dicredenti, dicristiani, diChiesa inna-morata del-l’umanità.

Il Natalenon è una fe-sta tra le al-tre, un mo-mento emo-zionale, ma ilrimarginarsidi una feritache ha violen-temente postol’uomo controse stesso ed ilsuo simile, lasua carne, perricomporsi nelmistero del-l’Incarnazione.

Un concreto gesto di co-munione

Le belle pa-role chiedonoc o n c r e t e z z a .Ecco l’impegno:la tensione aduscire da sé stessi,dal proprio piccolo orizzonte;la dimensione di una caritàglobalizzata che raccoglie edisperde nell’impegno e nel-l’attenzione ad alcune situa-zioni di povertà, di precarietà,di periferia che allontananodalla vita e dalla sua dignità.

E il fatto che il tutto siacondiviso è valore aggiuntodi carità, segno di comunione.Il sogno è quello di un’inizia-

tiva,magari a livello

diocesano, che abbia ilrespiro dell’universalità.

Guarda la stella!Anche quest’anno

una proposta che vuoleunire l’impegno dimolti. Certo la calen-darizzazione delleproposte è ricca edarticolata, le perso-ne coinvolte sonotante e diverse, leattese tantissime,ma tutto funzio-nerà nella misu-ra in cui ognu-no, anche ognisingolo piccoloo numerosogruppo mis-sionario sifarà caricoanche solodi una sin-gola at-tenzionee parteci-pazione. So, pere s p e -

rienza, purtroppo, che moltinei gruppi missionari non da-ranno peso ed interesse a que-ste poche righe. E mi dispiace.Il desiderio di condividereun’esperienza e la voglia diun impegno comune mi spin-gono comunque a dire, poiciascuno farà quello che può.

don Giambattista

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Natale è sempre Natale

Guarda la stella!Per un Natale nella luce della missioneLe proposte a tutti i gruppi missionari della diocesiM

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Quello della preghiera infamiglia rimane il filo

rosso che accompagna tuttoil tempo di avvento e Natale.Vuole raggiungere ogni casadella nostra diocesi e dellenostre comunità, nato dallacollaborazione degli uffici pa-storali della Curia diocesanae capace di costruire una retedi fraternità e condivisionedella fede. Vogliamo credereche trovi spazio in tutte lecase.

L’iniziativa di solidarietà,che spazia dall’informazioneal coinvolgimento e vede comepromotori il Centro Missio-nario Diocesano, l’Associa-zione Pro Jesu e l’Ascom diBergamo insieme a tante altrerealtà del territorio ecclesialie non, ritorna da undici annia questa parte con una ric-chezza di proposte e mani-festazioni dove ciascuno puòtrovare spazio e coinvolgi-mento.

Il concerto di NataleFiore all’occhiello il

Concerto di Natale:appuntamento a saba-to 14 dicembre alleh 21 presso la Basilicadi Sant’Alessandro inColonna. La propostamusicale è affidataall’Orchestra da Ca-mera Giovanile diDomodossola, direttadal M° Christian Se-razzi, assieme al Coro

dei Piccoli musici di Casazzadiretto dal M° Mario Mora:45 strumentisti e 40 coristiriconosciuti a livello italianoed europeo, per un’ora e mez-za di musica di qualità.

Il programma prevedel’esecuzione della Sinfonia insol minore n. 40 (KV 550) diW. A. Mozart, del Concertoper violino e orchestra, op.64 in mi minore di F. Men-delssohn e infine di una se-quenza di brani natalizi.

Una serata che sarà ca-ratterizzata dalla consegnadel premio “Papa Giovan-ni XXIII”, riconoscimentoa tre missionari bergamaschi,giunto alla sua sesta edizione.Sarà il Vescovo Francesco apresenziare e riconoscere ilpremio. Per partecipare oc-corre ritirare il biglietto pressoil CMD. E’ chiesto un liberocontributo a favore dei pro-getti.

La cartolina solidaleUna proposta simpatica e

coinvolgente. Websolidale-

onlus predispone sul suo por-tale (www.websolidale.org)un serie di disegni natalizi,opera dei partecipanti al con-corso per scuole ed oratoriabbinato alla campagna, chepossono essere inviati via webcome augurio natalizio. Perogni invio Websolidale depo-sita nel paniere della raccoltafondi un euro. Non costa nullaa chi invia, se non il tempoper scrivere auguri simpaticie personalizzati. Chiediamodi pubblicizzare al massimol’iniziativa per poter inviare

tantissime cartoline.Lo scorso anno ab-biamo raggiunto quo-ta 15.000. Un augurioche percorre il mondo,un augurio missiona-rio.

Presepi di tutto ilmondo

Presso Oriocenter,grazie alla disponibilitàdella Direzione e ad

Ascom, potremo allestire unostand di promozione evendita di presepi ed og-getti dal sud del mondo. Unaricchissima varietà discelta e di qualità per-mette di avere nellenostre case il segnodella Natività. Emagari di fareanche un regalosignificativo.

Dal 28 novembreal 23 dicembre l’appuntamen-to è a Oriocenter, ma è pos-sibile trovare i presepi diret-tamente al CMD e dal 1 di-cembre nella casetta di frontealla libreria Articolo 21 in Lar-go Rezzara.

Concorsoscuole e oratoriUna bellainiziativache si con-c r e t i z z anella soli-d a r i e t àdella car-tolina. Ilcoinvol-gimentod e l l escuole ed e g l ioratori ha l’obiettivo di por-tare l’annuncio del Nataleovunque, raggiunge luoghieducativi e diventa messaggio,talvolta provocazione. Per sa-perne di più vi invitiamo aconsultare il sito del CMD albanner che riguarda il Nata-

le.E poi sul sito tutte le

altre informazioni:www.cmdbergamo.org

ewww.projesu.it

Franca Parolini

Guardando la stella…

Ci rapisce la fantasia

Saltellando qua e là tra le proposte per questo Natale

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Page 16: SASSOLINO - cmdbergamo...il Salvatore di tutti. “Oggi, nella città di Davide, è nato il Salvatore, il Cristo Signore. Andate a Betlemme, questo sarà il segno: un bambino in una

Terra SantaCondividere la fatica dellatestimonianza cristiana ènutrire di speranza il futurodi una comunità.

La Terra di Gesù è, da sempre,segnata da un clima di precarietà.Ancora oggi non mancano situa-zioni di violenza e gesti di terro-rismo che attentano alla vita digente semplice e povera.

Anche in questo Natale nonvogliamo far mancare la nostraattenzione e il nostro sostegnoalle famiglie cristiane: sono pro-prio loro a vivere una maggioresituazione di fatica e indigenza.

Vivendo in un clima di ostilitàfaticano a trovare un posto di la-voro, a sostenere le semplici spesequotidiane, a permettere ai lorofigli di frequentare la scuola eraggiungere un sufficiente livellodi preparazione a beneficio dellepossibilità lavorative.

Il futuro di questo popolo ela ricerca della pace nascono dalrispetto e della crescita umana,spirituale e sociale dei ragazzi edei giovani. È questa cultura chepotrà offrire una prospettiva anchealle famiglie cristiane che, permotivi economici e di sostenta-mento, corrono il rischio di ab-bandonare le loro case e le lorocomunità.

Il contributo raccolto andràa sostegno dei percorsi scolasticiformativi e professionali attra-verso un progetto affidato a padrePierbattista Pizzaballa, bergama-sco, Custode di Terra Santa.KenyaAccompagnare i piccoli è

guardare avanti con fidu-cia.Il Kenya, che nell’immaginariocomune è conosciuto soprattuttoper i bellissimi villaggi vacanza eper i safari, è anche un paese incui non mancano situazioni dif-ficili e drammi.Nei villaggi la maggior parte deibambini è figlio illegittimo di ma-dri non sposate: l’abbandono perstrada è frequente.

Questo fenomeno molto dif-fuso ha spinto alcune suore diuna Congregazione ugandese arealizzare un asilo, ricavato in unedificio di fortuna, in cui le madripossono lasciare i propri bambiniper alcune ore ed essere libere diandare alla ricerca di un lavoro,seppur saltuario.All’alba le giovani madri affidanoi loro bimbi alle cure delle suoree poi si recano alla ricerca di qual-che campo da arare, qualche semeda piantare o qualche frutto daraccogliere.Purtroppo, spesso, non trovano

nulla e quindi anche procurarsiun pasto per poter sfamare lorostesse e i loro piccoli diventa com-plicato. Per questa ragione lesuore stanno pensando ad un pro-getto di impiego anche per le ma-dri stesse, acquistando galline,qualche utensile per arare il ter-reno e sementi da piantare.

Le suore hanno creato recen-temente, vicino all’asilo, alcunipiccoli orti in cui fare lavorare lemamme: i prodotti del loro lavoroserviranno per la sussistenza dellafamiglia e per essere venduti almercato.

Le attività dell’asilo attual-mente sono iniziate e vedono lapresenza di un buon numero dibambini.Le necessità sono ancora molte eil progetto prevede il sostegnoalla congregazione ugandese perla conclusione della scuola ma-terna, il sostegno delle spese or-dinarie per garantire alle suoredi avere dei risparmi da parte chegarantiscano l’autonomia perqualche anno e l’acquisto di se-menti e di galline per sostenereil lavoro delle mamme in futuro.Fondo Famiglia e Lavoro - CaritasSostenere la famiglie dellenostre comunità per affron-tare il quotidiano della cri-si.

Il Fondo Diocesano di Soli-darietà FAMIGLIA e LAVORO èun “Servizio-Segno” della Chiesadi Bergamo a favore di famiglieche perdono il lavoro.La situazione di crisi economicaconseguente alla grave crisi fi-

nanziaria mondiale mette in primopiano l’esigenza di andare in aiutoa molte persone che hanno persoil posto di lavoro e che non rie-scono più a condurre una dignitosavita familiare e personale.

La crisi economica, con laconseguente perdita di tanti postidi lavoro anche nella nostra Pro-vincia di Bergamo, mette semprepiù in evidenza gli elevati costisociali che stanno subendo tantenostre famiglie, soprattutto quelleche già vivono situazioni di fra-gilità dovute alla presenza di per-sone non autosufficienti, anzianio minori.

Certamente l’origine dei dram-mi sta a monte dell’economia: laproduzione, la distribuzione el’uso delle risorse, infatti, implicasempre un insopprimibile aspettoetico. Un’economia che non metteal centro l’uomo ma il profitto daperseguire ad ogni costo può dirsietica? Spetta alla politica, all’eco-nomia e ai tecnici individuare lecause della presente situazione eindicare risposte strutturali. Ciòperò non esime che ciascuno deb-ba domandarsi cosa può fare.

Anche la Chiesa bergamasca,attraverso la Caritas, promuoveun segno di prossimità verso lefamiglie che hanno perso il lavoroe che si trovano a vivere una con-dizione di forte difficoltà sociale.In questo Natale vogliamo con-tribuire ad alimentare questo“Fondo di solidarietà” a favore diquella parte di società bergamascache corre il rischio di vedersi ar-ginata da situazioni di difficoltàeconomica.

novembre - dicembre 2013il sassolinonella scarpa

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Direttore responsabile:Don Giambattista Boffi

Redazione:Via Conventino, 8 - 24125 Bergamotel. 035 45 98 480 - fax 035 45 98 [email protected]@diocesi.bergamo.itpromozionecmd@diocesi.bergamo.itwww.cmdbergamo.org

Aut. Tribunale n° 17 del 11/3/2005

Stampa: CENTRO GRAFICO STAMPA SNC

A questo numero hanno collaborato:p. Giuseppe Rinaldi, Mariapaola Filisetti, Stefania Lo Verde, Maria Luisa Beretta, Manuela e Nicola, Ivo Lazzaroni, Rosangela Lazzari, Patrizia Ravasio, Franca Parolini, don Giambattista Boffi.

Foto di Michele Ferrari e Diego Colombo

Garanzia di tutela dei dati personali ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 196/2003: i dati personali comunicati dagli interessatisono trattati direttamente per l’invio della rivista e delle in-formazioni sulle iniziative del Centro Missionario Diocesanodi Bergamo. Non sono comunicati o ceduti a terzi.

Finito di stampare il 26 novembre 2013

PER SOSTENERE I PROGETTI: � direttamente alla sede del CMD � tramite ccp n 11757242 � tramite bonifico bancarioBanco di Brescia via Camozzi (Bg) IBAN: IT41G0350011102000000001400

maggio-giugno 2013il sassolino nella scarpa

Un’attenzione da raccogliere e viverecon entusiasmo

I progetti di NataleLe diverse iniziative di questo tempoper una solidarietà condivisaM

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