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ROSE D’ITALIA il Risorgimento invisibile lombardo

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L'opuscolo della mostra che vuole rendere omaggio a tanta generosità e passione di donne che, pur nelle diversità sociali e ambientali, hanno trovato nel motto “O si fa l’Italia o si muore” il coraggio di combattere per un ideale comune.

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Page 1: ROSE D’ITALIA. Il Risorgimento invisibile lombardo

ROSE D’ITALIAil Risorgimento invisibile lombardo

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Delle Cinque Giornate di Milano si disse che “Grande… fu il numerodelle donne uccise e imprigionate”. Ma, una volta spenti i riflettori sul-l’epoca risorgimentale, le donne scomparvero rapidamente dalla memo-ria storica italiana. Eppure, la presenza femminile si era manifestata alargo raggio, coinvolgendo donne di diversi ambienti sociali.

La mostra vuole rendere omaggio a tanta generosità e passione di donneche, pur nelle diversità sociali e ambientali, hanno trovato nel motto “Osi fa l’Italia o si muore” il coraggio di combattere per un ideale comune.Esse sono state figure straordinarie che hanno saputo trasformare il loroquotidiano, mettendo in pericolo le loro esistenze e i loro affetti per unfuturo migliore.

I salotti dell'alta società, i cosiddetti “giardini” di Milano, frequentati dalledonne “giardiniere”, si trasformarono in vivai di idee e di raccolta fondiper aiutare la causa degli insorti e dei volontari. Altre invece ricamavanoventagli con frasi patriottiche o confezionavano coccarde e bandiere conil rischio di essere scoperte e arrestate, oppure si inventavano vere e pro-prie mode che si diffondevano rapidamente.

Accanto a loro, le eroine, le donne del popolo, che scesero in piazza percombattere, per partecipare a battaglie, manifestazioni, a rischio dellaloro stessa vita.

Fu però la “Bella Gigogin”, a diventare il filo conduttore del Risorgimentoe ad accompagnare con il canto chi andava a combattere. Ancora oggila storia della bella orfanella, che fece innamorare i combattenti sulle bar-ricate di Milano a Porta Tosa, è cantata dai nostri bersaglieri ed è diven-tata il loro inno ufficiale.

Queste donne coraggiose superarono le barriere sociali e le divisioni deiruoli di separatezza. Colsero con le loro scelte l’occasione storica che sipresentava per uscire dalla vita privata e adoperarsi per il bene comune,manifestando il proprio pensiero e diventando così, con l’azione, le tes-sitrici dell’Unità d’Italia.

Ornella BongiorniCuratrice della mostra

ROSE D’ITALIA: “Il Risorgimento invisibile” lombardo

*“Forsan et haec meminisse iuvabit”,Virgilio, Eneide, I, 203

“Forse un giorno gioverà ricordare tutto questo”*, Eleonora Fonseca Pimentel mentre sale sul patibolo.

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Questa nuova iniziativa culturale ospitata allo Spazio Oberdan della Pro-vincia di Milano, è la logica e coerente prosecuzione del percorso cele-brativo che la Provincia di Milano ha avviato nel 2010, anno delcentocinquantenario della Provincia di Milano.

Un cammino proseguito nel 2011 con le celebrazioni dei 150 anni del-l’Unità d’Italia, che ora procede con la mostra "Rose d'Italia, il Risorgi-mento invisibile Lombardo” grazie alla quale, infatti, si intendetestimoniare l’impegno profuso ed il ruolo assunto dalle donne nel pro-cesso unitario; continua cosi il "fil rouge" che la Provincia di Milano haposto alla base delle iniziative promosse in questi mesi di celebrazioni del150° dell'Unita' Nazionale e che abbiamo denominato 150 anni “inrosa".

Grazie alle opere esposte ed a testimonianze storiche di grande pregio,rendiamo omaggio a quelle personalità femminili lombarde che, a variotitolo, hanno segnato l’epoca risorgimentale; usi, costumi, eredità edesperienze, convinzioni, principi religiosi e civici, hanno sostanziato e per-meato la Nazione Italiana nei secoli, sfociando nel processo risorgimen-tale e unitario, che intendiamo, con questa mostra, riproporre,evidenziando il ruolo svolto dalla donna, troppo spesso sottaciuto e an-cora oggi poco conosciuto, offrendo quindi, un ulteriore momento di ri-flessione nell'ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell'Italia unita.

Se il Risorgimento è sfociato nell'Unità della nostra Nazione, grazie ancheal ruolo generoso assunto dalle donne, e' importante sottolineare ancheil fatto, altrettanto inoppugnabile, che l'Italia, unica Nazione al mondo,si è formata anzitutto come Nazione culturale, cementata da una linguae da un'Identità prima che da un'organizzazione statuale. Cultura che siè nutrita della passione e dello slancio eroico profuso dai personaggi cheponiamo all'attenzione di tutti i cittadini della Grande Milano, ed in par-ticolare dei giovani che, anche attraverso questa mostra, avranno un’op-portunita' ulteriore di conoscere ed approfondire la storia della nostraNazione e del nostro popolo, convinti come siamo che solo conoscendola propria storia si puo' rafforzare la propria identita' e costruire il futurodi una Nazione.

On. Guido Podestà Presidente della Provincia di Milano

Dott. Ing. Novo Umberto Maerna Vice Presidente e Assessore alla Cultura della Provincia di Milano

ROSE D’ITALIA: “Il Risorgimento invisibile” lombardo

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Teresa Casati nasce a Milano nel set-tembre 1787, primogenita di Don Ga-spare Casati. Rimane orfana di madreall’età di 6 anni. La vita di Teresa è segnata dall’incon-tro e dal matrimonio con il conte Fe-derico Confalonieri. In assenza del

marito, impegnato nei moti di liberazione, Teresa mantiene i contatti coni più autorevoli liberali lombardi. Il suo salotto diventa il ritrovo della setta segreta dei federati, che ordi-sce i fili della rivolta a Milano e progetta un governo lombardo-veneto fe-derato al regno sabaudo. Il suo nome è passato alla storia come la “ostinata giardiniera”, cosid-detta per il coraggio che ha saputo infondere nella causa in cui credeva,il destino dell’Italia, e per la tenacia dimostrata nel voler salvare da mortecerta l’uomo che ammirava e amava.Insieme alle amiche Bianca Milesi, Matilde Viscontini e Maria Frecavalli faparte del nucleo milanese della carboneria femminile.In un rapporto segreto della polizia si parla di lei come una pericolosacospiratrice. Durante un estenuante interrogatorio gli agenti austriaci ri-corrono ad un espediente per costringerla a parlare, mostrandole alcunefalse lettere attribuite ad una amante del marito.Ma lei non cade nella trappola e non parla. Dopo i moti falliti del 1821, un’ondata di arresti colpisce molti carbonarimilanesi, tra i quali proprio il conte Confalonieri condannato a morte in-sieme all’amico Andryan dopo un processo sommario. Per Teresa Casatiinizia il calvario che la conduce alla morte precoce.Negli anni seguenti si impegna senza sosta e raccoglie molte firme dipersonaggi famosi contro la sentenza di morte. Chiede invano pietà eudienza all’imperatore d’Austria che non le concede nemmeno di andarea vivere vicino al carcere dove è rinchiuso il marito. Ma non si da per vintae riesce ad incontrare la giovane imperatrice Carolina, la quale intercedein suo favore.Nel 1830, Teresa ormai colpita da un male incurabile invia all’Imperatoreuna lettera scritta per lei da Alessandro Manzoni, riuscendo dopo tantainsistenza in extremis a far commutare la pena della condanna a mortein quella del carcere duro a vita da scontare nella prigione “risorgimen-tale” dello Spielberg, dove già erano rinchiusi gli amici Silvio Pellico eMaroncelli.Il 26 settembre 1830 Teresa muore, a soli 43 anni. Il marito le aveva in-viato un biglietto che arrivò a destinazione dopo quattro mesi dalla suamorte, su cui era scritto:

“Ricordati, ricordati anima mia che la tua conservazione è la mia vita.Pensa che tu hai donato tutta te stessa all’idolo del tuo cuore, che ora latua conservazione è tutto ciò che egli vuole”.

Viene sepolta a Muggiò nella tomba di famiglia.

Teresa Casati Confalonieri

1787 –1830

La moglie del Risorgimento

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Nasce a Milano il 22 maggio 1790 daElena Viscontini e da Giovan BattistaMilesi. Studia sino all’età di 10anni inun convento a Firenze dove si fa no-tare per la vivacità. Conclude poi glistudi a Milano, nei conventi di S. Sofiae di S. Spirito.

Alla morte del padre, nel 1804, incomincia a viaggiare con la madre permolte città italiane e capitali estere. Visita Parigi, Londra, è in Germania,in Olanda e in Ungheria, viaggi che le permettono di aprire gli orizzontisulle realtà europee. Incontra numerosi artisti e, seguendo i consigli dell’amico Appiani il pit-tore delle “Grazie”, decide di dedicarsi alla pittura. Frequenta quindi le più celebri scuole della classicità a Roma, dove co-nosce Canova ed è allieva di Hayez. Qui ha modo di conoscere l’inglese Mary Edgeworth e la tedesca SofiaReinhardt, incontri che la portano a maturare una visione meno conven-zionale del ruolo della donna. Abbandona così la leggerezza dei salottiper gettarsi nell’impegno sociale e nella politica, volti alla conquista dellalibertà e della giustizia. Cambia radicalmente anche il modo di vestirsi, abbandonando quasi deltutto i vestiti alla moda. Si taglia le trecce e si acconcia con capelli corti,calzando scarpe grossolane e indossando vestiti semplici. Viene ricordatain giro per Milano con scarponi militari, un bastone e con il “Saggio sullaTolleranza” di Locke, portato sempre con sé sotto il braccio. Nel 1820 Bianca si affilia con Teresa Confalonieri, la cugina Matilde Dem-bowsky, Camilla Fé, Cristina Belgioioso e le sorelle Cobianchi, all’orga-nizzazione segreta come Maestra giardiniera, che aveva come parolad'ordine per il riconoscimento il detto “Costanza e perseveranza”.Viene implicata nei moti milanesi del 1821 insieme alla cugina e subiscevari interrogatori. “Giovane energumena, molto accarezzata dai rivolu-zionari” - così era definita dalla polizia che la stava indagando. E’ lei a di-pingere col tricolore lo stendardo degli studenti di Pavia e a inventare lacarta frastagliata con cui segretamente comunicavano i rivoltosi. Dopo i moti del ’21 si rifugia per un anno a Londra. Rientrata dall’esilio,all’età di 31 anni si sposa con Carlo Mojon, rettore dell’università di Ge-nova, con cui genera due figli. Nel 1833 si trasferisce con il marito a Parigi, dove conosce Sthendal e ungiovane, ma promettente, Cavour.Muore insieme al marito di colera durante la pestilenza che si abbattè suParigi nell’estate del 1849. Ora riposano insieme nel cimitero di Mon-tmartre.

Bianca Milesi

1790 –1849

La maestra giardiniera

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Giuditta Bellerio era nata a Milano nel1804 da nobile famiglia lombarda: ilpadre Andrea era un magistrato nelregno italico e barone dell’impero. Ri-cevette una buona educazione pressoil Real Collegio di San Francesco. Nel1820, a soli 16 anni andò in sposa a

un ricco possidente terriero, Giovanni Sidoli di Montecchio da ReggioEmilia, di chiara e convinta fede carbonara che le dischiuse il cuore e lamente alle idee di libertà e di giustizia. La condivisione degli ideali, primodei quali la speranza di un’Italia unita e la cacciata dello straniero, reseroGiuditta e Giovanni una coppia forte e passionale.Dopo i moti del 1821, per sfuggire alla sentenza di morte del marito, do-vette seguirlo in esilio in Svizzera e qui mise al mondo quattro figli. A soli 24 anni e dopo la morte del marito Giovanni per una grave ma-lattia, le furono tolti dal suocero i figli perché egli non voleva che la suadiscendenza fosse allevata da una “ribelle”. Rientrata in Italia nel 1831 per partecipare ai moti d’insurrezione di Mo-dena, venne bandita dal ducato e prese nuovamente la via dell’esilio. AMarsiglia, dove si rifugiò ospitò, molti esuli italiani e divenne per moltiesuli una sorella affettuosa, un approdo sicuro fornita com’era di mezzieconomici. Arrivò tra questi anche Giuseppe Mazzini uscito da poco dalcarcere di Savona. Tra di loro nacque un fortissimo sentimento e unagrande collaborazione politica, tanto che lei divenne sua consigliera piùascoltata. Inoltre contribuì con Mazzini a fondare il giornale politico “Lagiovine Italia”.Ma l’amore per gli ideali non poté in nessun modo lenire il dolore pro-fondo per la lontananza dai figli, che continuavano a vivere con il suoceroBartolomeo a Reggio Emilia. Una vera e propria ossessione, accentuatadalla preoccupazione per il tipo di educazione che avrebbe imposto aisuoi figli: obbedienza al duca Francesco I e ai gesuiti. La sua vita trascorse in un continuo peregrinare per gli Stati d’Italia ed’Europa, nella ricerca dei figli e nella partecipazione ai vari moti rivolu-zionari.Una donna che pagò duramente la fedeltà ai suoi ideali, come testimo-niano le vicende della sua vita segnati da gravi perdite e persecuzioni.Nel 1851 si trasferì definitivamente a Torino, dove poté vivere finalmentecon le figlie Elvira e Corinna.La sua casa diventò ancora una volta punto di riferimento, frequentatada molti patrioti ed esuli, tra i quali Francesco Crispi, Giuseppe Lamberti,Aurelio Saffi ed altri.A Torino rimase per gli ultimi vent’anni della sua vita, fu donna determi-nata e coraggiosa, coerente fino alla morte che arrivò il 28 marzo del1871.

Giuditta Bellerio Sidoli

1804 –1871

La collaboratrice politica diMazzini

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Adelaide Bono nasce a Milano nel1806 da Francesca Pizzi e dal conteBenedetto Bono, avvocato e consi-gliere del regno napoleonico per tuttoil periodo della dominazione francese.La sua famiglia appartiene a quellagenerazione lombarda aperta alle

nuove idee. Una borghesia colta, che aspirava al progresso umano, allalibertà civile ma soprattutto con un forte senso di unità nazionale. La suadelusione avvertita dopo la restaurazione austriaca fu quindi molto forte. Adelaide sin da piccola dimostrò di possedere un carattere forte. Infattifu attratta a soli 15 anni dalle imprese dei carbonari e sviluppò un fortesentimento patriottico e di odio verso il governo austriaco. A 18 anni si sposò con il professor Carlo Cairoli, rettore dell’Università diPavia, vedovo di 46 anni con due figli, Giovanni e Carolina. Dal matri-monio nacquero cinque maschi e tre femmine: Benedetto, Ernesto, Luigi,Enrico, Giovannino, Rachele, Emilia e Carolina. Adelaide fu una donna di grande cultura e sensibilità, oltre che di grandegenerosità. Si occupò personalmente dell’educazione dei figli, incitan-doli all’amore della Patria. Finanziò giornali patriottici, ospitò un salottopolitico letterario e mantenne una fitta corrispondenza con gli intellettualidell’epoca.Nel 1848, durante il governo provvisorio di Pavia, il marito Carlo diventòsindaco della città e Adelaide fu messa a capo di un Comitato di raccoltafondi per i partenti in guerra. Arrivò a Pavia anche Giuseppe Mazzini edalla lontana America giunse Giuseppe Garibaldi, con il quale iniziò unrapporto di amicizia che non si sarebbe mai più interrotto.I figli maschi cominciarono a partecipare attivamente alle battaglie e nelcorso degli anni, pur avendoli incitati alla prudenza, ne perse ben quat-tro durante le battaglie e i moti di liberazione.Adelaide ne soffrì moltissimo. Le era rimasto solo Benedetto, il quale ri-scattò i sacrifici dei fratelli con una carriera politica che gli fece ricoprirei massimi livelli istituzionali, prima di deputato al Parlamento e successi-vamente di Presidente del Consiglio. Adelaide, profondamente colpita nel fisico, visse gli ultimi anni a letto, macontinuando comunque ad appoggiare la lotta patriottica. Garibaldi ebbeverso di Lei un’ammirazione e un affetto così profondi da rivolgerle que-ste parole di omaggio: “L’amore di una madre per i figli non può esserecompreso dagli uomini… con donne simili una nazione non può mo-rire!”Spirò il 27 marzo 1871.

Adelaide Bono Cairoli

1806 –1871

Il sacrificio di una madre perl’ideale dell’unità

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Cristina Trivulzio di Belgioioso nasce il28 giugno 1808 a Milano da Gero-lamo Trivulzio e Vittoria Gherardini.Alla giovanissima età di 16 anni sposaun giovane libertino, il nobile EmilioBarbiano di Belgiojoso. La loro unionenon dura molto. Anche se ufficial-

mente non divorziarono mai, nei fatti si separarono pochi anni dopo, ri-manendo però buoni amici. Dopo l'arresto del patrigno, AlessandroVisconti D'Aragona, Cristina si avvicina alle persone più attive nei movi-menti di liberazione e diventa "giardiniera", aderendo a soli 20 anni allaGiovine Italia. Nobildonna ricca e potente, viene pedinata e controllata inogni movimento dagli austriaci, che arrivano a minacciarla più volte, tantoda costringerla a scappare nel sud della Francia. Tutti i suoi averi furonocongelati e per molto tempo non poté attingere al suo denaro. Si arran-gia alla bene e meglio per alcuni mesi, poi si trasferisce a Parigi dove vivedando lezioni di musica, scrivendo saggi e facendo ritratti di personaggiillustri. Con i soldi inviati dalla madre e con quelli recuperati dai suoi red-diti, riesce ad organizzare un tipico salotto d'aristocrazia, che divieneluogo di ritrovo e di riunione degli esiliati italiani e degli esponenti più invista della borghesia europea. Nei dieci anni trascorsi a Parigi non sistancò mai di contribuire alla causa italiana, accattivandosi la simpatiadei potenti e scrivendo articoli a favore dell’indipendenza italiana. Di-venne infine lei stessa editore di giornali politici. Continua ad essere ri-ferimento per gli esuli italiani, ai quali versava regolarmente il denaro perla loro sopravvivenza. Nel 1838 la sua vita subisce una svolta, con la na-scita della prima sua figlia, Maria. Due anni dopo rientra a Locate, quellache considerava la sua città, e inizia l’attività di filantropia sociale, fa-cendo costruire un asilo, scuole elementari e superiori, un falansterio,abitazioni dignitose per i contadini con una cucina comune, promuo-vendo corsi di igiene per le donne e garantendo l’assistenza sanitaria gra-tuita. Mentre si trova a Napoli durante lo scoppio delle cinque giornatedi Milano, non esita a riunire 200 uomini e guidarli sino a Milano in aiutoai rivoltosi. Da una barricata all’altra. Da un’insurrezione all’altra. E’ inprima linea a Roma a organizzare il servizio sanitario e ospedaliero, di-stinguendosi per la sua abnegazione e la dedizione alla causa comune.Da Roma, dove la rivolta viene sedata con l'aiuto deludente dei francesi,salpa su una nave diretta a Malta ed inizia un viaggio che la porterà dallaGrecia all’Asia Minore. Grazie ad una amnistia, può riottenere i permessie tornare finalmente a Locate, dove muore di polmonite ancora giovane,nel 1871, a soli 63 anni.

Cristina Trivulzio di Belgioioso

1808 –1871

La Principessa delRisorgimento Lombardo

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Laura Solera nasce a Milano nel 1813in una famiglia di ideali risorgimentali.Il padre a causa delle sue idee pa-triottiche viene costretto alla fuga inSvizzera. Perciò Laura Solera crescecon la madre e studia al Collegio fem-minile Coudert.

Dimostra da subito sensibilità etica, civile e politica. Nel tempo libero, in-fatti, insegna ai figli dei domestici analfabeti.Alla morte della madre viene affidata ad un tutore che, dopo aver com-piuti i diciassette anni, la fa sposare con Gian Battista Mantegazza. Dalloro matrimonio nascono tre figli, della cui educazione se ne occupa per-sonalmente.Durante le Cinque Giornate di Milano, nel 1848, è in prima fila nella rac-colta di fondi e nell’organizzare l’assistenza ai patrioti.Incaricata ufficialmente dal Governo Provvisorio della Lombardia, istitui-sce un servizio di ambulanze per il soccorso ai feriti. Nello stesso periodocompone un breve scritto dal titolo “Madre lombarda” in cui incita leconcittadine all’impegno civile e politico.Nel 1850 fonda il Ricovero per lattanti e slattati (bambini dai quindicimesi ai due anni e mezzo) con sedi in varie zone della città e una scuolaper adulte analfabete.Continua intanto l’attività politica raccogliendo fondi a sostegno delleimprese di Garibaldi. Raggiunge poi il Generale alla fortezza di Varignano vicino a La Spezia,per assisterlo dopo il ferimento in Aspromonte e svolge il ruolo di coor-dinatrice per gli aiuti sanitari, materiali, economici e politici alla causa ga-ribaldina.Dopo l’unità d’Italia costituisce un’associazione tra donne italiane per lapromozione dei prodotti nazionali e per il boicottaggio di quelli austriacie francesi, ma che si pone anche l’obiettivo di migliorare le condizioni dilavoro dei ceti popolari.Negli stessi mesi, insieme a Ismenia Sormani, fonda l’Associazione Ge-nerale di Mutuo Soccorso per le Operaie il cui motto era “Lavoro, af-fetto, istruzione” che in breve tempo diviene la più efficiente e avanzatasocietà mutualistica completamente gestita da donne. Le socie avevano sussidi per malattia, maternità, vecchiaia e cronicità.Nel 1867 vi affianca una sezione di lavoro e cucitura a macchina per so-stenere le socie nei periodi di disoccupazione, un fondo prestiti, doni dinozze e sussidi a vedove e nubili.All’Associazione furono collegate una scuola festiva e una scuola gra-tuita di “cucitura meccanica”, con la possibilità data alle allieve di ac-quistare a rate la macchina per cucire.L’ultima impresa fu la costituzione, insieme all’amica Alessandrina Ra-vizza, di una scuola professionale all’avanguardia nell’istruzione femmi-nile per l’insegnamento di materia come la computisteria, disegnoindustriale e pratica economica.Laura Solera muore il 15 settembre 1873 a Cannero sul Lago Maggiore.

Laura Solera Mantegazza

1813 –1873

Una donna all’avanguardia

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Nata a Bergamo il 13 marzo 1814 dalconte Giovanni Battista e da OttaviaGambara, contessa di nascita, era unadonna esile e minuta, molto elegantee colta. Nel 1832 sposa a soli 18 anni, il poetaAndrea Maffei e dal matrimonio

nasce una bambina che morirà precocemente a soli 9 mesi. Un dolorestraziante che per Clara rimarrà incancellabile. Si dice che fu proprio permitigare questo dolore che il padre iniziò ad aprire la casa ad artisti e let-terati, dando vita al famoso salotto di casa Maffei. Raffinato ed elegante, agli inizi fu prevalentemente letterario ed artistico,frequentato da intellettuali del livello di Verdi, Manzoni e Hayez che re-steranno sempre suoi buoni amici.Nel 1846, dopo la separazione dal marito, Clara Maffei si dedicò esclu-sivamente al salotto che assunse una fisionomia sempre più politica, so-prattutto quando la sede fu trasferita in via Bigli a Milano. Ricordata comeuna padrona di casa amabile e accogliente, cercò sempre di mettere aproprio agio gli ospiti, un'apprezzata salonnière dunque, che accoglie etratta gli amici con riguardo e discrezione. Faceva scrivere il nome e una dedica a chiunque partecipasse alle seratesu un album, che man mano si riempiva così di versi inneggianti alla li-bertà e al patriottismo tanto da farlo diventare un documento molto pe-ricoloso.Tra i numerosi ospiti del suo salotto ricordiamo Carlo Tenca, letterato epatriota, col quale Clara Maffei intrecciò una lunga e appassionata rela-zione che durò tutta la vita, pur mantenendo ognuno la propria auto-nomia. Durante il 1848 sostenne moralmente e finanziariamente i patrioti delleCinque giornate di Milano, prodigò assistenza ai combattenti e ospitòCristina di Belgioioso, arrivata a Milano con 300 uomini in aiuto dei ri-voltosi. Il suo salotto divenne anche il punto d'incontro dei redattori del giornalepatriottico di orientamento mazziniano “Il Crepuscolo”, su cui scrive-vano di politica Zanardelli e Cattaneo. Con il precipitare della situazionee dopo i moti di Milano, Clara Maffei fu costretta alla fuga e riparò a Lo-carno. Ritornata grazie ad un’amnistia, fece rivivere il suo salotto, de-scritto come sempre aperto, accogliente e tanto famoso da ricevere unritratto autografo di Napoleone III. Davanti alla casa di Via Bigli 21 unalapide la ricorda così:

IN QUESTA CASA

DIMORÒ TRENTASEI ANNI E MORÌ IL 15 LUGLIO 1886L A C O N T E S S A C L A R A M A F F E IIL CUI SALOTTO ABITUALE RITROVO DI INSIGNI PERSONALITÀ

DELL’ARTE DELLA LETTERATURA E DELLA MUSICA

FU PURE TRA IL 1850 E IL 1859CENACOLO DI ARDENTI PATRIOTI TENACI ASSERTORI

DELLA INDIPENDENZA E DELLA UNITÀ D’ITALIA

Clara Maffei

1814 –1886

Il Salotto di Milano

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Nasce a Stradella in provincia di Paviail 26 febbraio 1824 e si trasferisce aMilano per il matrimonio con l’arti-giano Sassi, andando a dimorare nelquartiere della Vettabbia.Luisa Battistotti, detta anche “la bru-netta di borgo Santa Croce”, parte-

cipa ai combattimenti ininterrottamente durante le Cinque Giornate diMilano. Viene ricordata per aver strappato la pistola di mano ad un au-striaco ed aver intimato ad altri quattro di arrendersi. Mette da parte gliabiti femminili e indossa pantaloni e giubba, dando inizio alla prima bar-ricata di Milano, a Borgo Santa Croce. Combatte intensamente e parte-cipa anche all’assalto di un deposito di munizioni sul naviglio. Non siferma fino a che non si porta sulle guglie del Duomo, facendo sventolarela bandiera tricolore.Immagine che viene immediatamente diffusa per le strade dopo la vitto-ria.

Il giornale “Il valore Italiano” narra uno dei molti episodi che la riguar-dano, descrivendola così: “… Ella era ardente nella zuffa e mostrava forzainsuperabile di braccio e meravigliosa intrepidezza d’animo. L’amore allalibertà e l’odio anti austriaco moltiplicarono le sue forze. Era sempre inprima fila ove maggiore appariva il pericolo. Per cinque giorni non lasciòmai le armi e fu instancabile nel ferire, nell’incoraggiare e nel correre aportare soccorso di viveri a quelli dei suoi che, chiusi dal nemico, perico-lavano di morire di fame… ”

Anche Carolina Invernizio, nel romanzo storico “La trovatella di Milano”pubblicato nel 1889, rievoca quelle giornate e nel secondo capitolo inti-tolato Cuore di popolana scrive:“Nel 1848… vi fu la Luigia Battistotti maritata Sassi, la quale deposti gliabiti femminili, sotto le spoglie di fuciliere, corse nelle vie a cercare il pe-ricolo, incoraggiando ovunque, colla sua presenza, i combattenti; anchela Giuseppina Lazzaroni, una bella giovinetta milanese, che seguì a PonteVetero il fratello e combatté intrepidamente al suo fianco, comunicandoil suo ardore agli altri, facendo prodigi di valore… ”.

Per le sue azioni le viene attribuito un premio dal Governo Provvisorioche volle onorarla riservandole con Pasquale Sottocorno il posto d’onorein prima fila insieme alle autorità nel Duomo di Milano per il solenne "TeDeum", celebrato dopo la cacciata degli austriaci, e riconoscendole unapensione di 365£.Vitalizio che non le fu possibile riscuotere perché costretta all’esilio dopoil rientro degli austriaci a Milano. Ripara dapprima in Piemonte, poi parte per l’America e vi rimane finoalla morte, che la coglie a San Francisco nel 1876. La città di Milano, per onorare il suo eroismo, le ha intitolato una via.

Luisa Battistotti Sassi

1824 –1876

Una eroina del popolo

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ROSE D’ITALIAil Risorgimento invisibile lombardo

Spazio Oberdan,Viale Vittorio Veneto 2, Milano28 settembre - 23 ottobre 2011

Il Presidente della Provincia di MilanoOn. Guido Podestà

Il Vice Presidente e Assessore alla CulturaDott. Ing. Novo Umberto Maerna

Si ringraziatutto il personale della Provincia di Milanoper la collaborazione e il supportoalla realizzazione della mostra

Un ringraziamento speciale aMuseo del Risorgimento, MilanoFai (Fondo per l'ambiente italiano)Civica raccolta delle stampe “A. Bertarelli”, MilanoArchivio storico Provincia di MilanoBiblioteca di Palazzo Isimbardi

Foto di copertina: particolare, Episodio delle 5 giornate di Milano-1898di C. Stragliati (Museo del Risorgimento di Milano)

La Provincia di Milano celebra il 150° dell’Unità d’Italia “in rosa”