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Romance fiction

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ogni libro Harmony è...

... un grande amore da vivere insieme alle nostre eroine. Un amore spesso contrastato, a volte gioioso, a volte esaltante, drammatico o commovente. Ma sempre vittorioso. Un amore che ti farà scoprire le passioni del cuore umano, oppure rivivere le emozioni sopite in te.

Quando la grande avventura Harmony è cominciata nel lontano 1981, queste, in sintesi, erano le parole con cui ogni collana della casa editrice dava il benvenuto alle proprie lettrici.

La collana Harmony Romance è nata nel 2007 per offrire alle nostre affezionate tutto questo e ancora di più, regalando storie tra loro diverse, sempre toccanti, che vedono la donna protagonista dei sentimenti: dall’amore romantico a quello materno, dall’amicizia alla solidarietà. Perché sono proprio le emozioni a renderci forti. È la capacità di amare, di donarsi, di comprendere che rende le donne speciali, proprio come le protagoniste dei nostri romanzi, scritti da autrici apprezzate in tutto il mondo e riconosciute dalla critica di settore. Tra gli altri spiccano i nomi di Susan Wiggs, Robyn Carr, Diana Palmer, Emilie Richards, Debbie Macomber e Nora Roberts, che sanno combinare gli ingredienti di un buon romanzo con sapiente abilità, per rendere ogni storia un viaggio indimenticabile: il romanticismo e la passione, la vita e i sogni, i dolori e le gioie, le cadute e le risalite.

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Il tutto in salsa rosa, l’ingrediente della felicità; l’ottimismo, la capacità di vivere le passioni fino in fondo. Seguire l’istinto di amare è la carta vincente che le nostre protagoniste, alla fine, decidono di giocare. Consapevoli che ogni partita è diversa, che le regole possono cambiare nel corso del gioco, le donne di Harmony Romance hanno sempre il coraggio di vincere.

Che dunque il sogno continui e che altre generazioni di lettrici possano sempre vivere con Hamony Romance “L’emozione che cerchi!”.

Grazie a tutte e buona lettura

Paola Ronchi Direttore Generale Harlequin Mondadori

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Susan Mallery

Petali nel vento

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Titolo originale dell'edizione in lingua inglese: Lip Service HQN Books

© 2009 Susan Macias Redmond Traduzione di Elisabetta Lavarello

Tutti i diritti sono riservati incluso il diritto

di riproduzione integrale o parziale in qualsiasi forma. Questa edizione è pubblicata per accordo con

Harlequin Enterprises II B.V. / S.à.r.l Luxembourg. Questa è un'opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

persone della vita reale è puramente casuale.

Harmony è un marchio registrato di proprietà Harlequin Mondadori S.p.A. All Rights Reserved.

© 2011 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

Prima edizione Harmony Romance giugno 2011

Questo volume è stato impresso nel maggio 2011

presso la Mondadori Printing S.p.A. stabilimento Nuova Stampa Mondadori - Cles (Tn)

HARMONY ROMANCE

ISSN 1970 - 9943 Periodico mensile n. 88 del 25/06/2011

Direttore responsabile: Alessandra Bazardi Registrazione Tribunale di Milano n. 72 dello 06/02/2007

Spedizione in abbonamento postale a tariffa editoriale Aut. n. 21470/2LL del 30/10/1981 DIRPOSTEL VERONA Distributore per l'Italia e per l'Estero: Press-Di Distribuzione

Stampa & Multimedia S.r.l. - 20090 Segrate (MI) Gli arretrati possono essere richiesti

contattando il Servizio Arretrati al numero: 199 162171

Harlequin Mondadori S.p.A. Via Marco D'Aviano 2 - 20131 Milano

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«Vorrei che tu sposassi mia figlia.» Skye Titan aveva già difficoltà a tenere in equilibrio su una mano il vassoio coi due aperitivi e il piatto di tartine mentre cercava di aprire la porta dello studio con l'altra. L'improvvisa mancanza di respiro complicò il suo proble-ma di stabilità. Trenta secondi prima era stata convinta che non si sareb-be stupita di niente di ciò che suo padre potesse dire. Che ingenua. Jed Titan stava cercando di comprarsi un genero o di vendere una figlia. «Izzy?» chiese l'altro uomo. La sua voce era chiaramente udibile attraverso la porta chiusa. «No. Skye.» «Ah.» Skye aspettò con impazienza. Ah? Era tutto quello che sapeva dire? La sua irritazione crebbe col passare dei secondi. «Suppongo che possa andare bene anche lei» disse l'uo-mo alla fine. Skye era indignata. Se non fosse stata una padrona di casa impeccabile, oltre che una figlia devota, avrebbe spalancato la porta, tirato gli aperitivi in faccia a suo padre e a Jeremy Boone e avrebbe lasciato Glory's Gate per sempre.

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«Schifoso bastardo arrogante» sibilò, senza neanche sa-pere se l'insulto fosse diretto a Jed o a Jeremy. Dopotutto, se lo meritavano tutti e due. Si costrinse a respirare a fondo, poi si visualizzò immer-sa in una grande vasca da bagno, con la schiuma profumata fino al mento e un calice di vino bianco in mano. Okay, era calma e controllata. Si sarebbe comportata in modo civile, perché così era fatta lei. Era una brava ragazza, accidenti. Il tipo che serviva l'aperitivo a due maschilisti come suo pa-dre e Jeremy. Aprì la porta dello studio ed entrò. I due uomini stavano in piedi accanto al tavolo da biliardo. Jed non si curò nean-che di farle un cenno di saluto, ma Jeremy sembrava un po' a disagio. Come se temesse che lei avesse sentito. Skye sorrise mentre porgeva il calice al banchiere che suo padre aveva scelto per lei. Peccato che non le fosse ve-nuto in mente di sputarci dentro, prima. «Jeremy» lo salutò cortesemente. «Skye.» Era un bell'uomo, biondo e con gli occhi azzurri. Era al-to, ben vestito e probabilmente affascinante, ma le era un po' difficile apprezzarne le qualità con quel riluttante sup-pongo che possa andare bene anche lei che le risuonava nelle orecchie. Posò le tartine sul tavolo d'angolo. «Hai bisogno di qual-cos'altro, papà?» «È tutto, Skye.» «Allora, vi auguro la buonanotte.» Assolti i suoi compiti di padrona di casa, lasciò lo studio in silenzio e salì le scale. Al primo piano, si avviò verso l'ultima stanza sulla sinistra. Durante il giorno, era un'am-pia camera decorata con colori vivaci. Il letto stava accanto a una finestra che si affacciava sui pascoli. La sera, il vetro era un riquadro nero, ma la piccola Erin non aveva paura del buio. Non aveva paura di niente. Una qualità che dove-

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va aver ereditato dal padre, pensò Skye invidiandola un po'. Adesso Erin dormiva, raggomitolata sotto le coperte. Skye si sedette sul bordo del letto e guardò la figlia di quasi otto anni. «Ti voglio bene, coniglietto» bisbigliò. Erin non si mosse. Skye si alzò e si avviò verso la porta accanto, quella del-la sua stanza. Sua sorella Izzy, più giovane di un anno, sta-va guardando la televisione sdraiata sul grande letto matri-moniale. Abbassò il volume sentendo entrare Skye. «Non ce l'hai un televisore in camera tua?» chiese Skye. «Sicuro, ma è più divertente guardare il tuo. Chi era quel tizio?» «Jeremy Boone. Sei tu quella che gli interessa.» Izzy scattò a sedere, il viso incorniciato dai ricci scuri. «Cosa?» Skye entrò in bagno e aprì il rubinetto della vasca. Versò sotto l'acqua scrosciante un po' di bagnoschiuma profumato al gelsomino. «Jed ha detto a Jeremy che vorrebbe che lui sposasse sua figlia. Jeremy pensava si riferisse a te, ma papà ha precisato che sono io la figlia che va all'asta. Jeremy ha fatto una lun-ga pausa prima di rassegnarsi e dire che posso andare bene anch'io.» Skye tornò in camera e imprecò fra i denti. «Che stupida. Mi sono ricordata di portarmi su una bella bottiglia di vino? Certo che no.» Izzy saltò in piedi. «Rassegnarsi? Con una come te? Ma è matto? Sei splendida.» Era un'esagerazione, ma Skye non si schermì. «Non importa.» Sospirò. «Non lascerò che sia Jed a sce-gliermi il marito. Una volta basta, no?» «Sì, hai già dato.» Izzy annuì. Aveva fatto più di questo. Nove anni prima aveva sposa-to l'uomo che le aveva imposto suo padre. Perché era la co-sa giusta da fare, o almeno così le era parso allora.

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«Ce l'ho, la spina dorsale.» Skye si sentiva insoddisfatta di sé. «Ne sono sicura. Se non avessi una spina dorsale, non riuscirei a camminare eretta. Ho ventisei anni, sono ve-dova e cresco una figlia da sola. Non dovrei essere in grado di gestire la mia vita?» «Lo fai» le assicurò Izzy, poi si strinse nelle spalle. «Più o meno.» «Insomma, secondo te sono una specie di zerbino.» «Non sei affatto uno zerbino!» Skye scosse la testa. «Scusa. Non volevo prendermela con te. Ho soltanto bisogno di restare un po' sola. Perché non scendi a pavoneggiarti davanti a Jeremy? Fagli vedere quello che non potrà mai avere.» Izzy si accigliò. «Stai bene? Posso restare a tenerti com-pagnia.» «No, grazie. Mi farò un bel bagno e mi lascerò galleg-giare in un mare di autocommiserazione.» Perché il suo scontento non dipendeva solo dall'ovvia mancanza di entu-siasmo di Jeremy Boone. Non era interessata né a lui né a nessun altro. Il punto era che suo padre si riteneva in diritto di controllare la sua vita. Perché lei glielo aveva permesso. Più di una volta. «Sk-ye?» Izzy trascinò il nome fino a farlo diventare di due sillabe. «Vuoi che mi metta a cantare The Sun Will Co-me Out Tomorrow a squarciagola?» Skye scoppiò a ridere. «Okay. Farò la brava. Va' pure. Ho bisogno di farmi una bella dormita. Domani mattina mi sentirò meglio.» «Prometti?» «Giuro.» Izzy esitò, poi uscì. Skye tornò in bagno e chiuse il rubi-netto. Si appuntò i capelli con una pinza, si spogliò e si im-merse nella vasca. Ma mentre chiudeva gli occhi e cercava di controllare il respiro, continuava a sentire la conversa-zione tra Jeremy e Jed. E ad arrabbiarsi. Soprattutto con se

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stessa. Perché era una di quelle persone miti che fanno quello che dicono gli altri. Perché era la brava sorella. La figlia ubbidiente. Quella che seguiva le regole. Che si comportava bene. «Io odio queste persone» disse ad alta voce nel bagno vuoto. E allora, perché era diventata una di loro? Appostata nell'ombra del portico, Izzy aspettò che Je-remy uscisse di casa. Quando fu sicura che lui non l'avesse notata, gli arrivò alle spalle furtivamente e disse: «Ciao!» con voce molto al-ta. Le fu difficile non scoppiare a ridere quando lui trasalì. «Santo cielo!» esclamò Jeremy girandosi di scatto. «Mi hai fatto prendere un colpo.» «Scusa. Ho saputo che presto saremo fratello e sorella. Che bello. Ho sempre desiderato avere un fratello maggio-re.» Jeremy era alto tutta la testa più di lei, ma Izzy non si sentiva intimidita. Era lì per vendicare l'onore di Skye e per ridurre quel bellimbusto in ginocchio. Fargli prendere uno spavento era stato solo l'inizio. «Fratello e sorella?» «Sposerai Skye, no? Almeno, così mi ha detto lei.» Jeremy imprecò. «Ha sentito, allora. Mi spiace.» Era in piedi in cima alla scalinata. Izzy pensò di dargli uno spintone per il gusto di vederlo finire a gambe all'aria. «Hai esitato quando Jed ti ha offerto Skye. Non posso cre-dere che tu abbia avuto la faccia tosta di pensarci su. Mia sorella vale dieci volte più di te.» «Ehi, aspetta un attimo. La mia esitazione non riguarda-va Skye. È una donna fantastica.» «Allora eri preoccupato per le dimensioni della tua dota-zione?» Izzy sogghignò. «Ero solo sorpreso per la proposta di tuo padre.» Lui si appoggiò alla balaustra. «E per tua informazione, nessuna

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si è mai lamentata della mia dotazione.» «In genere noi donne siamo troppo cortesi per esprimere di persona la nostra delusione. Ma poi, ne parliamo con le amiche...» Lui inarcò un sopracciglio biondo. «Hai una bella sfac-ciataggine, eh?» «Ho un sacco di cose che tu non vedrai mai.» «Vuoi scommettere?» La guardò allusivo. A Izzy piaceva che avesse il coraggio di sfidarla, ma non che si fosse alleato con Jed. Né che pensasse di sposare sua sorella e che stesse flirtando con lei. «Jed non gradirà che tu giochi con le sue figlie metten-dole in competizione. Credimi, non è un uomo che ti con-viene irritare.» «Forse non gli importa quale delle sue figlie sposo.» «Non riusciresti mai a conquistarmi.» «Questa frase suona come un invito.» Izzy ignorò il tono galante. «Permettimi di essere chiara. Ferisci mia sorella un'altra volta, Jeremy, e te la farò paga-re. So essere più letale di un cobra.» Lui fissò i piedi di lei, poi risalì con lo sguardo lungo il suo corpo sensuale. «Pensi che riusciresti ad avere la me-glio su di me?» «Anche in una brutta giornata. Gioco sporco.» «Anch'io, ragazzina.» Lei archiviò l'informazione. «Riferirò il nostro piacevole colloquio a mia sorella. Le ragazze Titan sono molto leali tra loro. Tienilo presente.» «Sei prodiga di consigli. Cosa ti fa pensare che ne abbia bisogno?» «Hai la parola dilettante scritta in fronte.» Mitch Cassidy fermò la macchina all'entrata del ranch. Era cresciuto lì, ma erano nove anni che non ci metteva piede. Si era aspettato dei cambiamenti: la vita aveva il

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vezzo di andare avanti che lui lo volesse o no. Ma non ave-va previsto questo. Fissò le parole sopra il cancello aperto. Ranch Cassidy. Carne bovina biologica certificata e pollame ruspante. «Cosa diavolo sta succedendo qui?» Non era sicuro di cosa lo irritasse di più. Se l'espressione biologica certificata o la parola pollame. «Ci siamo messi ad allevare galline, adesso?» Lui detestava le galline. Erano rumorose e sporcavano. Quello era un ranch texano. La sua famiglia allevava bovi-ni da quasi cent'anni. Erano state le mandrie a fare la fortu-na dei Cassidy. E se in passato la moglie di qualche brac-ciante aveva voluto tenere delle galline per le uova, gli stu-pidi volatili erano stati tenuti in luoghi appartati. Certamen-te, non ci si era vantati di loro in un'insegna. Gli faceva male il piede sinistro. Si chinò a massaggiar-selo e solo allora gli tornò in mente che non aveva più un piede sinistro. L'amputazione sotto il ginocchio era il moti-vo per cui non faceva più parte dei SEAL, il leggendario corpo d'élite della Marina americana. Il motivo per cui tor-nava a casa dopo tanto tempo. Imprecò di nuovo, poi ingranò la marcia ed entrò nella tenuta. In un mondo perfetto, sarebbe discretamente riap-parso al ranch e avrebbe ripreso una vita normale senza che nessuno lo notasse. Ma lui non si era mai illuso che il mon-do fosse perfetto. Percorse la strada privata lunga quasi un miglio. Steccati bianchi la delimitavano su entrambi i lati. Sulla destra c'e-rano cavalli, a sinistra tori di razza. Fece una curva, superò un boschetto e gli apparve la casa in cui era cresciuto. Era una grande struttura a due piani, con un portico tutt'intorno. I fiori perenni delle aiuole on-deggiavano lievemente nella brezza. Sembrava una cartoli-na. Mitch quasi desiderava che lo fosse. Sul portico c'era Fidela, in punta di piedi, come se voles-

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se spiare l'esatto istante in cui lui sarebbe apparso. La don-na si mise a correre verso il pickup, costringendolo a fer-marsi prima di arrivare sul piazzale. Aveva passato i cinquant'anni da un pezzo, ma aveva la rapidità di una ragazzina e lo raggiunse prima che lui riu-scisse a smontare dal pickup. Mitch atterrò sulla ghiaia gof-famente e rischiò di perdere l'equilibrio, non essendo anco-ra abituato alla nuova, fastidiosa protesi. «Sei tornato!» Fidela aveva gli occhi scuri lucidi di lacri-me. «Finalmente. Non ho fatto che pregare da quando sei partito. Dio si sarà stancato di sentirmi chiedere che tu tor-nassi a casa sano e salvo. Potevi anche aiutarmi, sai? Evi-tando di scegliere un lavoro così pericoloso. Ma no. A te piace mettere alla prova la mia fede.» Gli prese il viso tra le mani, poi le fece scorrere sulle sue spalle e lungo le braccia, come per assicurarsi che fosse re-ale. «Sembri più alto di quando sei partito, ma sei troppo ma-gro. Mitch, quanta tristezza nei tuoi occhi. Non importa. Sei a casa adesso, no? A casa con me e Arturo. Il ranch ti guarirà, e ti cucinerò tutti i tuoi piatti preferiti finché sarai tanto grasso che non riuscirai a montare a cavallo.» Sorrise attraverso le lacrime, poi lo abbracciò così forte da portargli via il fiato. Fidela viveva al ranch da prima che Mitch nascesse. Ar-turo l'aveva portata lì subito dopo averla sposata. Lei aveva aiutato in casa e Arturo aveva gestito il ranch. I genitori di Mitch erano stati due irrequieti e ogni volta che partivano per i loro frequenti viaggi, erano stati Arturo e Fidela a prendersi cura di lui. Ricambiò l'abbraccio della donna, lentamente, con esita-zione. Ricordava, e allo stesso tempo voleva dimenticare. Stava attento a non perdere l'equilibrio, a tenere il centro di gravità dove doveva essere. Tutte cose semplici che una volta aveva dato per scontate.

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«Ti ho fatto le enchiladas con i fagioli. E anche una cro-stata con la crema. Ho preparato una stanza al pianterreno. Una sistemazione provvisoria, finché non riuscirai a fare le scale. Ce lo ha consigliato il dottore quando ha telefonato.» Mitch si chiese cos'altro avesse detto loro il medico. Si rendeva conto di essere stato un paziente difficile. Lo irrita-vano tutte quelle balle sul fatto che ogni cosa succedeva per un motivo, e che quando Dio chiudeva una porta apriva una finestra. A Mitch non interessavano le finestre. Rivole-va la sua vita come era stata prima che l'esplosione gli stac-casse la metà inferiore della gamba sinistra. «Devo andare» disse, scostandosi da Fidela per risalire sul pickup. «Torno presto.» La donna lo fissò. Nei suoi occhi c'era un'emozione che Mitch non voleva decifrare. Pietà, probabilmente. E perché no? Sbatté la portiera e mise in moto. Non sapeva dove stava andando... purché fosse lontano da lì. Girò intorno al granaio e seguì la strada sterrata che por-tava verso i pascoli. Lo steccato era nuovo e in buone con-dizioni. Alla sua destra vide qualcosa che aveva tutta l'aria di essere un pollaio, così continuò a fissare davanti a sé fin-ché non si trovò in cima a un'altura. Da lassù poteva vedere la terra dei Cassidy estendersi verso l'orizzonte, punteggia-ta dalle ombre scure delle mandrie. Da quella distanza, i cambiamenti non si notavano troppo. Smontò dal pickup, tentò un passo e fece una smorfia. Gli faceva male il moncone. Aveva esagerato, ignorando i consigli di medici e terapisti. Avrebbe dovuto abituarsi alla protesi gradualmente, alternandola alle stampelle o a un ba-stone. Neanche morto. Zoppicò fino a un masso e si sedette, poi si arrotolò i je-ans e sganciò la plastica e il metallo che sostituivano ciò che una volta era stato un piede di carne e ossa. Il ginocchio era ancora infiammato e solcato da cicatrici.

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Il chirurgo dell'ospedale da campo, in Afghanistan, aveva fatto del proprio meglio per salvargli la gamba, o almeno ciò che ne restava. Di questo Mitch gli sarebbe stato sem-pre grato. Non felice, ma grato. Il dolore alla gamba era ancora forte e, nelle giornate in cui non aveva voglia di alzarsi dal letto, doveva rammen-tarsi che, in confronto ad altri soldati, gli era andata bene. Non doveva compatirsi. Un suo commilitone, Pete, aveva rischiato la vita per trascinarlo in salvo. Perciò Mitch era in debito anche con lui. C'erano... Uno scalpitio di zoccoli attirò la sua attenzione. Fece per alzarsi, si ricordò troppo tardi che gli mancava un piede e per poco non cadde. Si aggrappò al masso e riuscì a mante-nere l'equilibrio. Ma prima che avesse il tempo di riaggan-ciarsi la protesi, il cavallo lo raggiunse sulla collinetta roc-ciosa. Mitch si trovò davanti l'unica persona al mondo che non avrebbe più voluto rivedere. E doveva proprio incontrarla adesso che aveva la gamba artificiale in mano? Doveva per forza apparirle come lo storpio che era? La rabbia gli ribollì dentro. Una rabbia feroce, che vole-va esplodere, bruciare, distruggere. «Sei sulla mia terra! Non sei la benvenuta, qui.» «Ciao, Mitch» disse la donna, ignorando il tono. «Ho ap-pena saputo che sei tornato.» Skye Titan fermò il cavallo, si lasciò scivolare giù dalla sella e toccò terra. Si tolse il cappello da cowboy. Anche se erano passati anni, era esattamente come lui la ricordava. Capelli rosso scuro che contrastavano con la car-nagione pallida. Occhi colore dell'erba di primavera che guardavano dritto nei suoi. Era bella. Troppo. Tutta curve e tentazioni. «Come stai?» gli chiese. Lui indicò la protesi. «A te cosa sembra? Vattene. Non ho voglia di parlare con te.»

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Skye indossava dei jeans e una T-shirt a manica lunga che le aderiva ai seni in un modo che esacerbò l'irritazione di lui. «Non credo che me ne andrò, per ora.» Lo sguardo di Mitch scese sulla mano sinistra di lei. Non vide anelli. «Cos'è successo al marito numero uno? Papari-no ti ha ordinato di lasciarlo?» «Ray è morto» lo informò Skye. «Fai la ricca vedova, adesso, o Jed ti ha dato in moglie a qualcun altro? Di chi si tratta questa volta, Skye? Di un vecchio miliardario o di un banchiere internazionale?» Il Mitch Cassidy che Skye ricordava era un ragazzo vita-le e positivo che cavalcava come il vento e riusciva a farle perdere la testa con un bacio. Gli piaceva ridere e giocare. Skye sapeva che la guerra cambiava gli uomini, ma non si sarebbe mai aspettata di trovarsi davanti questo estraneo gelido e pieno di rancore. La battuta su un secondo matrimonio combinato aveva colpito nel segno. Skye fece un passo indietro. «Mi spiace per la tua menomazione.» «Dormirò meglio sapendolo.» «Questo sarcasmo è riservato a me, o lo condividi con tutti?» Lui le voltò la schiena. Skye supponeva che fosse una risposta, anche se non ne coglieva bene le sfumature. Le era mancato, pensò malinconicamente, fissando le fa-miliari spalle larghe. Mitch portava i capelli scuri corti, alla militare, un taglio che gli donava. Non ricordava che aves-se avuto quella piccola cicatrice sulla mascella. Eppure ri-cordava tutto del corpo di lui. Era stato il suo primo amore, il suo primo amante. Un tempo avrebbe camminato nel fuoco per stare con lui. Ma non aveva osato sfidare Jed. Era stato un errore?

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«Vorrei che le cose fossero andate in modo diverso» dis-se d'impulso. Si riferiva al passato, ma quando lui si girò di scatto, gli occhi stretti, la bocca contratta in una linea dura, si rese conto che aveva pensato che lei stesse parlando della sua gamba. «Non so cosa farmene della tua pietà» ringhiò. «Non vo-glio che...» Barcollò e cominciò a cadere. Skye reagì d'istinto. Lo af-ferrò per la vita prima che potesse sbattere contro le rocce. La protesi cadde a terra. Mitch era più grosso di quanto lei avesse previsto e il pe-so la sbilanciò. Le scivolò un piede. Per un attimo lottò di-speratamente per mantenere l'equilibrio, poi caddero tutti e due. Il suolo era duro. Skye atterrò sulla schiena, con lui so-pra. Le si conficcarono dei sassolini nella pelle, ma non se ne accorse nemmeno. Non riusciva a tirare il fiato. Mitch rotolò via da lei immediatamente. «Respira» i-struì, mettendosi a sedere. «Va tutto bene. Respira.» Lei ansimò alcune volte, poi finalmente i suoi polmoni si riempirono. «Cosa ti è saltato in mente?» sbottò Mitch. «Sei troppo piccola per reggermi.» Sembrava furioso, ma stranamente quella rabbia le parve preferibile alla freddezza e al sarcasmo. «Non sono una deboluccia» lo informò. «Potrei perfino prenderti a calci.» «Su quale pianeta?» «Zorgon.» Un angolo della bocca di lui guizzò in una specie di sor-riso. «Non farlo, Skye. Non cercare di far sembrare che sia tutto okay.» Perché non lo era o perché lui non voleva che lo fosse? «Mi sei mancato, Mitch.» Il divertimento svanì e tornò la freddezza. «Avresti do-

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vuto pensarci prima di scaricarmi in quel modo.» «Non avevo scelta.» «Certo che ce l'avevi. Ma il paparino ti ha chiesto di sal-tare e tu hai preso il metro per essere sicura di arrivare al-l'altezza giusta.» Skye si tirò su. «Non sai neanche di cosa stai parlando.» «In che cosa ho sbagliato?» In niente, ed era ciò che le seccava di più. «Mitch, per favore.» «Per favore, cosa?» Erano tutti e due seduti, l'uno di fronte all'altro. Lei pote-va vedere tutte le pagliuzze che formavano le sue iridi, ogni singolo ciglio. Il suo profumo le era familiare. Era un uomo diverso, eppure Skye conosceva tutto di lui. Era come se nove anni della loro vita fossero svaniti ed esi-stessero solo quel momento e il ragazzo che un tempo lei a-veva amato con tutta se stessa. «Mitch» disse, poi lo afferrò per il davanti della camicia, si chinò verso di lui e lo baciò. Per un attimo, non ci fu nessuna reazione da parte di lui. Solo la sensazione delle sue labbra immobili. Skye aumen-tò la pressione. Voleva che lui la desiderasse, voleva che ri-spondesse al bacio. Quando Mitch non lo fece, lei capì di aver commesso un errore. Si ritrasse. Era arrossita. Gli lasciò la camicia e fece per alzarsi in piedi. Mitch la afferrò per la vita e l'attirò giù. Si chinò su di lei finché Skye non fu costretta a coricarsi a terra. «È escluso che possa succedere» le disse. E poi la baciò. Le sue labbra si mossero su quelle di lei, disperate, prepotenti. La baciò con un'avidità che le portò via il fiato più della recente caduta. La strinse a sé, lei si aggrappò a lui, e tutto

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fu esattamente come Skye ricordava. Intenso, appassionato e perfetto. Mitch insinuò la lingua nella sua bocca. Lei gli venne in-contro con la propria. Si assaggiarono, giocarono, risco-prendosi, imparando da capo. Skye fece scorrere le mani su e giù lungo la schiena di lui. Era più forte di quanto ricordasse, i suoi muscoli più to-nici. Si era irrobustito pur restando asciutto. Lui si spostò, premendola col proprio corpo. Skye sentì la rigidità della sua erezione. La prova del desiderio di lui la infiammò. Non era più stata con un uomo, dopo Ray. Per molto tempo, aveva pen-sato che quella parte di lei fosse morta. Era una mamma so-la con tante responsabilità. Il sesso non era possibile nel suo mondo. Ma ora, con Mitch, la sua fisicità tornò in vita. Un lan-guore liquido le riempì il ventre. Lui continuava a baciarla, a esplorarla con la lingua. Poi si ritrasse per spostare la bocca lungo la sua mascella. Le sollevò la T-shirt e le abbassò una coppa del reggiseno, e-sponendole il seno sinistro. Si chinò sul suo petto e le suc-chiò il capezzolo, attirandoselo a fondo nella bocca, stuzzi-candone la punta con la lingua. Skye ansimò e si premette contro di lui. Le bruciava la pelle, il suo corpo pulsava di desiderio represso. Gli affon-dò le dita nella schiena, poi le fece scivolare più in basso. Sentì l'erezione di lui vibrare contro di sé. Mitch la spinse giù, le slacciò i jeans e infilò la mano sotto i suoi slip. Erano all'aperto, alla luce del giorno, con un cavallo a pochi passi di distanza e il cielo sopra di loro. Skye avrebbe dovuto essere shockata, imbarazzata. Invece riuscì solo a trattenere il fiato finché le dita abili di lui non le scivolaro-no tra le gambe. Era già umida e disperata. Non appena lui cominciò ad

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accarezzarla, sentì che stava perdendo il controllo. Era troppo rapido, pensò, mentre lui insinuava due dita. Troppo rapido, troppo intenso, e così incredibilmente per-fetto che lei voleva di più. Inarcò i fianchi per dargli mag-giore accesso, invitandolo a prendere. Gemeva, si dimena-va. Voleva che lui la penetrasse. Mitch abbandonò il suo seno, poi si spostò in modo da poterla baciare di nuovo. Lei lo accolse nella propria bocca, poi chiuse le labbra intorno alla sua lingua e succhiò finché non toccò a lui gemere. Lui mosse la mano più in fretta, strofinando e premendo, portandola sempre più vicina all'orgasmo. Quando lei lo sentì arrivare, Mitch si ritirò. «Devi venirmi sopra tu» le disse. Cosa? Lui rotolò sulla schiena e si slacciò i jeans. Skye si rese conto che doveva essere ancora impacciato nei movimenti. E che importanza aveva? Si tolse uno stivale, si abbassò i jeans e gli slip, si liberò una gamba, spostò gli indumenti di lato e si mise a caval-cioni su di lui. Mitch la riempì completamente, perfettamente, e il corpo di lei rispose con un sussulto. Si alzò su di lui un paio di volte, godendosi la sensazione di stare di nuovo con un uo-mo. Con questo uomo che le aveva insegnato ogni possibi-le piacere. «Piegati in avanti» sussurrò lui. Skye seguì il suggerimento. Lui insinuò le mani sotto la sua maglietta e le slacciò il reggiseno, poi le prese i seni a coppa. Lei si sentiva premere la ghiaia nelle ginocchia e sui pal-mi delle mani, ma non le importava. Si mosse su e giù, la-sciandosi trasportare dal desiderio. Non esisteva più niente tranne quello che c'era tra di loro. Lo sentì avvicinarsi all'orgasmo, sentì se stessa risponde-

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re alle spinte sempre più incalzanti. Il sole era caldo sulla sua schiena. I muscoli si tesero. Poi lui insinuò una mano tra i loro corpi e la accarezzò con le dita. Skye venne con un grido che ammutolì i corvi che vola-vano nel cielo. L'orgasmo le diede una nuova ondata di e-nergia, e si mosse sempre più in fretta, cercando di prolun-gare la sensazione il più possibile. Le sue cosce si contrae-vano, i suoi fianchi danzavano. C'era solo la perfezione di quel movimento. Sotto di lei, Mitch veniva incontro a ognuna delle sue spinte con un ritmo che la proiettava sempre più in alto. Poi le afferrò i fianchi, si irrigidì e si perse in lei. Quando Skye fu sicura che lui avesse finito, rallentò, poi si fermò. E ri-masero solo i loro ansiti nell'aria. La realtà tornò sotto forma di una formica che le cammi-nava su un braccio. Skye la cacciò, poi si alzò. Si sentiva imbarazzata. Aveva ai piedi solo uno stivale. Jeans e slip le penzolavano da una gamba. Il reggiseno era slacciato sotto la maglietta. Mitch si tirò su la cerniera e in cinque secondi era vestito. E lei restò lì, col sedere nudo all'aria. Mitch aveva i jeans flosci sotto il ginocchio sinistro, ma era lei quella che barcollava e che non riusciva a sistemarsi. Finalmente fu vestita e si infilò lo stivale. Si raddrizzò. Non sapeva cosa dire. Mille cose le giravano per la mente. Non doveva succe-dere. Oppure, io non faccio sesso con gli estranei. Solo che Mitch non era un estraneo. Gli occhi scuri di lui non tradivano la minima emozione. Skye non riusciva a capire cosa gli passasse per la mente. Alla fine, un angolo della bocca di lui si sollevò. «Grazie, piccola. Ne avevo proprio bisogno. La prossima volta che vuoi farti sbattere, telefonami e cercherò di ac-contentarti.» Lo schiaffo verbale la colpì con precisione perfetta. Skye arrossì di vergogna. Chiamò il cavallo con un fischio, rac-

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colse il cappello, se lo ficcò in testa, poi montò in sella e si allontanò. Solo quando arrivò a un miglio dalla collinetta rocciosa si arrese alle lacrime che le bruciavano negli occhi. Pianse per tutto il tragitto verso casa. Un po' per se stessa, un po' per Mitch, ma soprattutto per quanto erano stati giovani e innamorati e per quello che avevano perso.

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Orizzonte infinito di Diana Palmer

Arizona 1910. Ai confini con il Messico la vita non è agiata come in Louisiana dove Trilby Lang è cresciuta. Ora vive qui con i ge-nitori, e inizia a provare una certa attrazione per Thornton Vance, nonostante le divergenze. Un bacio di fuoco squarcia presto il ve-lo di diffidenza che li tiene lontani.

Sognare a Virgin River di Robyn Carr

Shelby McIntire sta riprendendo le redini della propria vita, dopo aver dedicato anni alla cura della madre. Così decide di trasferirsi nella accogliente cittadina di Virgin River, dove incontra l'affasci-nante Luke Riordan, per cui prova subito una forte attrazione. Lui però non è il tipo da legami duraturi.

La felicità in pochi scatti di Susan Wiggs

Essere una madre single non è facile per nessuno, ma Daisy Bel-lamy sente sulle proprie spalle tutta la responsabilità per il futuro di suo figlio Charlie. Prova infatti un grande affetto per Logan, padre del piccolo, ma non riesce a dimenticare l'intensa passione che le fa battere il cuore per Julian.

Petali nel vento di Susan Mallery

Skye Titan ha sempre ceduto alla volontà del padre, desiderosa di compiacerlo e conquistarne il cuore . Ha rinunciato all'amore, per lui, ma ora che Mitch Cassidy è tornato dalla guerra ferito nel corpo e nell'anima, Skye ha una seconda chance di felicità con l'uomo della sua vita.

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Il profumo del mare di Emilie Richards

A Happiness Key l'amicizia che lega Tracy, Janya, Wanda e Alice è qualcosa di speciale. Un ex marito che torna all'improvviso, un figlio tanto atteso che non arriva, un licenziamento inaspettato so-no i problemi che angustiano la vita quotidiana in questo paradiso terrestre. Ma c'è un nuovo mistero da risolvere.

La strada per Cedar Cove di Debbie Macomber

Fare lo sceriffo a Cedar Cove potrebbe sembrare noioso. Ma di certo non la pensa così Troy Davis. Ora deve identificare dei resti umani rinvenuti in una grotta, poco fuori città, e indagare su alcu-ni furti nella casa di Faith Beckwith, con cui ha da poco finito una relazione. Vederla spesso complica le cose.

L'estate delle magnolie di Sherryl Woods

L'estate porta sole e ottimismo, e anche nella vita di Raylene Hammond è tempo di cambiamenti positivi. Afflitta da una forte agorafobia, ha accettato di vedere una specialista per uscire da questa situazione. Poi, un giorno, incontra l'affascinante Carter Rollins, da poco trasferitosi in città, e scatta subito la scintilla.

Il colore dell'amore di Susan Mallery

Un'esplosione sulla piattaforma petrolifera dove lavora rende Izzy Titan ipovedente e allo stesso tempo chiusa in se stessa. Si rifiuta di farsi operare e le sue sorelle, non sapendo più che fare, la por-tano al ranch di Nick Hollister, per un soggiorno di riabilitazione. Izzy impara a fidarsi di Nick, che però nasconde un segreto.

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