roberto grossatesta traduttore e commentatore del de mystica theologia del pseudo-dionigi areopagita
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ROBERTO GROSSATESTA TRADUTTORE E COMMENTATORE DEL DE MYSTICA THEOLOGIA DELPSEUDO-DIONIGI AREOPAGITAAuthor(s): Ulderico GambaSource: Aevum, Anno 18, Fasc. 1/4 (GENNAIO-DICEMBRE 1944), pp. 100-132Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/25819530 .
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COMUNICAZIONI
ROBERTO GROSSATESTA TRADUTTORE E COMMENTATORE
DEL DE MYSTICA THEOLOGIA DEL PSEUDO - DIONIGI
AREOPAGITA
LA FIGURA DI ROBERTO GROSSATESTA
S'incontrano non di rado, gi sui principio della Scolastica e
sulle soglie anche dell'alta Scolastica, degli uomini che in un grandioso universalismo e con infinita potenza cr atrice hanno scritto nello stesso
tempo commenti biblici, sentenze o Somme teologico-mistiche, che con
tempor neamente si son provati nella poes a religiosa ed infine hanno
esplicato anche una ben fica attivit pratica in missioni ecclesiastico
politiche o anche sopra cattedre vescovili. Il confluir insieme della
scolastica e della m stica in uno stesso pensatore prova e segno d'un
lungimirante universalismo .
Queste parole di M. Grabmann (1), che oggi uno dei migliori e
piu sicuri conoscitori del mondo scolastico e della teolog a m di vale, sembrano scritte apposta per caratterizzare la multiforme attivit specu lativa e pratica del vescovo di Lincoln, Roberto Grossatesta (f 1253), che pass alla storia col titolo di Doctor Lincolniensis: figura che ap
parve gigantesca nel suo sec lo ed in quelli seguenti, se il Tyssington oso dire di lui che: il paragonarlo con i moderni dottori come fare
il confronto del sole con la luna, quando questa in eclissi (2).
Oggi, nel rinnovato fervore per gli studi medievali, la figura del
Grossatesta risorge ed assume i caratteri d'una vera rivelazione; ma
ancora lontana la possibilit di un giudizio sint tico suir opera SUB,
perch troppi lat di essa son ancora da mettere in luce. L' attivit
(1) M. GRABMANN, Die Geschichte^ der scholastischen Methode, Freiburg 1911, II, p. 95.
(2) Fasciculi Zizaniorum, ediz. SHIRLEY, p. 135.
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C0MUNICAZI0N1
filos fica stata esaminata dal Baur (1), che ha pure pubblicato in un
volume tutte le opere lilosofiche del Lincolniense, e dal Duhem (2); Fattivit scientifica, che comprende una parte notevole dei suoi scritti,
stata trattata da Lynn Thorndike (3); nel campo letterario uno studio
del Franceschini (4) ne esamina infine le traduzioni greco-latine. Un
lato invece tra i pi importante che rimasto ancora oscuro, quello teol gico. I bi grafi, e tra essi pure lo Stevenson (5), il pi recente e
completo, lo esaminano soltanto brevemente e parzialmente, ma il con
tributo maggiore potr forse venire dallo studio del voluminoso commento
in dito alle opere del Pseudo-Dionigi. L'esame di quest
' opera richiederebbe un lavoro quanto mai vasto e
complesso: io mi limito alla parte pi breve di essa, il Commento alla
M stica Teol gica (6), che mi sembra possa stare a s e, per Fimportanza della materia trattata, venga a portare un notevole contributo alla cono
scenza del pensiero teol gico grossatestiano, in attesa che tutto il com
mento possa vedere la luce e venire studiato nel suo complesso.
LE OPERE TEOLOGICHE
ll pi recente bi grafo del Grossatesta, lo Stevenson, afferma che
nel campo della teolog a egli lu uno dei pi fecondi scrittori del Me
dioevo (7) e riferisce Fosservazione di Tommaso Gascoigne che accenna
alFimmensa mole dei suoi scritti teologici (8).
(1) L. BAUR, Die Philosophie des Robert Grosseteste, Bischofs von Lincoln in Beitr ge zur Geschichte der Philosophie des Mittelalters XVI, M nster 1917 - e Die
philosophischen Werke des Robert Grosseteste, Bischofs von Lincoln., vol. IX degli stessi Beitr ge, M nster 1912.
(2) P. DUHEM, Le syst me du monde, Paris 1917.
(3) LYNN THORNDIKE, A History of Magic and Experimental Science, New-York 1923, II 448-453.
(4) E. FRANCESCHINI, Roberto Grossatesta, Vescovo di Lincoln e le sue traduzioni
latine, in Atti del R. 1st. Ven. di Scienze Leitete ed Arti, Venezia 1933.
(5) F. STEVENSON, Robert Grosseteste, Bishop of Lincoln, London 1899. (6) // Commento di Roberto Grossatesta al uDe mystica theologian del Pseudo
Dionigi Areopagita a eura di ULDERICO GAMBA nella Collezione Orbis Romanus, Milano, Vita e Pensiero, 1942. Sui commenti a Dionigi anteriori a quello del Grossatesta v. il mio articolo: Commenti latini al "De mystica Theologia del Pseudo-Dionigi Areopagita
fino al Grossatesta in Aevum Aprile - Dicembre 1942 pagg. 251-271.
(7) F. STEVENSON, op. cit., pag. 31.
(8) Ego, Thomas Gascoigne, saepe vidi et credo firmiter quod opera quae domi nus Lincolniensis doctor Robertus Grosseteste edidit et propria manu sua scripsit, quae opera ego saepe vidi, extendunt se in quantitate scripti ultra quantitatem doctoris
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COMUNICAZ ONI
Nel campo delFesegesi b blica sappiamo che postill i Salmi fino al 100 come ci informano la Cronaca di Lanercost ed un passo del
citato Gascoigne (1), oltre ad un'altra spiegazione dei Salmi probabil mente distinta dalle precedenti postille; comment pure il Genesi, il
libro di Giobbe e quello di Geremia. Insieme con i commenti morali ai
quattro Evangeli, pare che abbia scritto dissertazioni pi elaborate su
quelli di S. Luca e di S. Giovanni; inoltre d lie note sulle Epistole di S. Paolo, specialmente su quelle ai Corinti ed ai Galati, sempre secondo
la testimonianza del Gascoigne (2). Si conoscono i titoli di pi che 200 sermoni, pi di 60 lunghi trat
tati e 147 Dicta (3), cio brevi trattati su particolari punti della dottrina cristiana o brevi commenti scritturali. Grande importanza egli attribuiva
alla parola viva e scrisse pi d'un trattato sulFarfe di predicare, inco
raggiando ed appoggiando Fapostolato dei Frati Predicatori: tenne ser
moni in latino e molti altri in inglese, che non possediamo, perch frutto
d'improvvisazione, mentre i latini, rivolti sopratutto al clero, venivano
precedentemente scritti. Nei discorsi al pop lo egli non commentava un
testo, secondo Fuso del tempo, ma aveva Fabitudine di scegliere de
terminati soggetti, sviluppandoli con argomenti e citazioni derivate dalla
Scrittura (4). La differenza tra i Sermones ed i Dicta, espressa dallo stesso
Grossatesta in una nota, nella quale egli rileva la brevit e discontinuit di questi ultimi e lo scopo pratico di venire in aiuto alla memoria di
chi se ne fosse voluto servir (5).
Nicho lai de Lyra supra Scripturam S acra m. Liber Verit t is, art. Deus e I nf emus
pagg. 12 e 176 ediz. ROGERS.
(1) Chronica de Lanercost, TREVET. " Vidi ego, Thomas Gascoigne, hoc scriptum
suum super Psalterium propria manu sua scriptum, et est Oxoniae inter fratres mino
res et registratur Hie liber Epistolae Pauli A. Et scripsit idem doctor super Psalte
rium usque ad Psalmum centesimum inclusive". Ediz. ROGERS, pag. 126.
(2) Expositio Domini Lincolniensis in epistolam Pauli ad Corinthios et super om n s ep stolas Pauli, sparsim manu propria in margine communis glossae : et liber Hie
est Oxoniae inter fratres Minores in Librar a conventus. GASCOIGNE, op. cit., art. Fides.
(3) Veramente nella collezione dei Dicta sono contenuti 19 sermoni veri e propri, come
nota lo STEVENSON, op. cit., pag. 33.
(4) STEVENSON, op. cit., pag. 32.
(5) In questo volume sono contenuti 147 capitoli, alcuni dei quali sono brevi massi
me, che io scrissi brevemente, mentre ero tranquillamente lettore nelle scuole. Essi sono
composti in aiuto alla memoria e distribuiti nei differenti soggetti e non sono continui. Ho dato loro dei titoli allo scopo di mettere gii oraton in grado di trovarli con grande facili ta. lcun tuttav a sono sermoni che io rivolsi nello stesso tempo al clero e al pop lo .
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COMUNIC ZIONt
Nonostante la loro brevit , i Dicta rivelano una profonda conoscenza
della Scrittura, ed offrono un'esposizione chiara ed ordinata.
Dodici Dicta pubblicati da Edoardo Brown (1) da un ms. del Tri
nity College di Cambridge trattano dei seguenti argomenti: la fede, la
grazia, il modo di pregare, la preghiera, la superbia, la detrazione ed
i suoi mali, l'umilt , la pazienza, la misericordia e la giustizia di Dio, i
falsi ed i veri profeti. Alcuni esempi tratti da essi dimostrano esatto il giudizio dello
Stevenson che vi nota chiarezza di definizioni e notevole propriet nell'uso d lie similitudini (2).
I titoli dei princip li opuscoli e trattati teologici sono i seguenti (3): La verit , i nomi divini, i Sacramento la Confessione, i sette vizi
capitali, meditazioni sui detti e sulla vita di S. Anselmo, esposizione morale d lie opere dei sette giorni della creazione, la libera volonf ,
la scienza e la volont di Dio, Dio come principio informatore di tutte
le cose, Tordine e l'efficienza della causalit divina, la riparazione per la caduta, la sapienza e la scienza, gli articoli di fede e TUfficio sa
cerdotale, i 10 comandamenti, l'assiduita nella preghiera, l'uomo, un
riassunto del De Civitate Dei di S. Agostino, note sulle Epistole di
S. Paolo, specie ai Corinti ed ai Galali, meditazioni o commenti morali
sui Quattro Evangeli in 297 brevi capitoli (4), la lingua e il cuore, il pentimento, una collezione di Omelie distinta dai Sermoni, la Croce, Tumilta di Cristo, la conveniente pronuncia dei nomi biblici, la profezia, il sacrilegio. A questi si devono aggiungere altri trattati sui potere
pastorale e sui doveri del Vescovo, scritti nel periodo episcopale. Quasi con certezza appartiene al Grossatesta anche un* opera scritta
in francese: Le Ch teau d'amour, un pi Roman de la Rose , secondo
la definizione del Jusserand (5), noto pure sotto il nome di Roman des
Ms. Cotton-Otho D. X e Ms. Merton College, citato dal TANNER Bibliotheca Britannico
Hibernica London 1748 e dal PEGGE, The life of Robert Grosseteste, London 1793 pag. 272-73. V. STEVENSON, op. cit.t pag. 33 nota 1.
(1) Appendice all'edizione del Fasciculus di ORTUINUS GRATIUS, London 1690.
(2) STEVENSON, op. cit., pag. 35.
(3) PEGGE, op. cit., pagg. 267-278; T. GASCOIGNE, Liber Veritatis, ediz. ROGERS
pagg. 12, 102, 126-129, 140, 142; TANNER, Bibliotheca Grosthead ; Cfr. STEVENSON, op.
cit., pagg. 37-38.
(4) Queste opere, sulle Epistole paoline e sui Vangeli, dato il loro carattere, sono state gi elencate tra i lavori esegetico-biblici.
(5) J. JUSSERAND, Histoire litt raire du peuple anglais. Paris 1896, pag. 217.
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COMUNICAZIONI
Romans, che, secondo il Feiten (1), sarebbe piuttosto ispirato, ma non
scritto dal Grossatesta: un romanzo didattico-religioso che tratta degli articoli fondamentali della fede, sotto la forma di romanzo cavalleresco,
genere non infrequente nel Medioevo (2). A1F elenco sono da aggiungere le traduzioni di opere di carattere
teol gico: quella delle Epistole di S. Ignazio d'Antiochia, la traduzione
ed il commento aile opere del Pseudo-Dionigi e degli Scholia di S. Mas
simo, la traduzione del De orthodoxa fide di S. Giovanni Damasceno, dei Testamenta XII Patriarcharum, del De Vita Monachorum, esaminate
dal lato filol gico nel citato lavoro del Franceschini.
Quanto alFargomento del mio studio, il Commento al Pseudo-Areo
pagita ed in particolare alla M stica Teolog a, lo Stevenson, che indub
biamente il miglior studioso del Grossatesta, vi dedica soltanto una
semplice nota di poche righe, a pi di pagina (3). Un breve cenno, con
un buon giudizio, d anche il Feiten (4) della M stica Teolog a, Fu ica
parte del Commento a Dionigi che egli mostra di conoscere.
IL COMMENTO AL DE a MYSTIC A THEOLOGIA "
a) Attribuzione
Una traduzione ed un commento della Mystica Theologia sono attri
buiti concordemente a Roberto Grossatesta, che tradusse e commento
pure tutte le altre opere delFAreopagita. Dei pi antichi manoscritti, il Vaticano Chigi A. V. 129, del sec. XIII,
ed il Laurenziano S. Crucis Plut. XIII, Dext. 2, pure del sec. XIII, attri
buiscono espressamente, il primo il Commento lYEcclesiastica Hierarchia, il secondo quello alFAngelica Hierarchia al Lincolniense (5). Quanto al
(1) J. FELTEN, Robert Grosseteste, Bischof von Lincoln, Freiburg i. Br. 1887, pag. 87.
(2) Il testo francese edito in COOKE, Carmina Anglo - Normannica, Caxton Society 1852. Per le varie versioni v. STEVENSON pag. 38-39. Sui trattato dei vizi capitali, gi ricor
dato, basato il Manuel des P ch s o des P chiez, detto pure Enchiridion, che forse opera di Guglielmo di Widdendune o Wadington, attribuito falsamente al Lincolniense, v. STEVENSON ibid.
(3) Op. cit., pag. 223 nota 1.
(4) Op. cit., pag. 75.
(5) Queste testimonianze furono notate da S. H. THOMSON, A note on Grosseteste's
work of translation, in The Journal of theological Studies, vol. XXXIV n. 133, gennaio
1933, pag. 49.
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COMUNICAZION
la Mystica Theologia, i primi che l'attribuiscono al Grossatesta sono il
ms. 288 bis di Subiaco, il 18210 della Naz. di Monaco ( f. 83v e 94v ), il 18759 (f. 146r ) della stessa, il 4525 della Naz. di Vienna (f. 182v e
202v), il 29 del Monastero degli Scozzesi di Vienna (f. 182v e 202v), tutti del sec. XV (1). Ma nel Commento al De divinis nominibus il Gros
satesta si dice autore e traduttore insieme e ricorda la sua expositio
dell'Angelica Hierarchia: inoltre nel Commento alla Mystica Theologia sono ricordate assai spesso le altre opere di Dionigi.
E notevole che nei pi antichi manoscritti la traduzione ed il Com
mento non siano separati, ma intercalali, in modo che il testo di Dionigi viene ad occupare il suo posto l gico di fronte al Commento, mentre
nei mss. del sec. XV la traduzione ed il Commento son separati. Il
primo modo certamente pi conforme all'intenzione dell' autore, che
lega strettamente il testo al suo commento, non indulgendo, come altri, al gusto di servirsi del testo da commentare, soltanto come pretesto per
digressioni d'ordine teol gico o filos fico.
Le testimonianze sull'attribuzione del Commento al Grossatesta da
Bacone (sec. XIII) fino al James (sec. XVI) son c tate dal Baur (2) e dal Grabmann (3X che ha richiamato l'attenzione sopra una nota del
ms. 791 della Nazionale di Vienna (sec. XIV), che attribuisce la tradu
zione ed il Commento della Mystica Theologia al Lincolniense (4). Il
P. Th ry (5) esamina la nota, che era stata studiata pure dal Franceschi
ni (6) e, pur rilevando che essa poco precisa riguardo all'attribuzione
della traduzione, riconosce la sua grande importanza per quello che ri
guarda il Commento alla Mystica Theologia. Oltre al commento, del Grossatesta anche la suddivisione dei
capitoli che, difatti, non concorda con quella delle altre versioni. Ce ne
da testimonianza una glossa del ms. Plut. XII dext. 1 della Malatestiana
(1) Sui manoscritti cfr. 1' introduztone della cit ta edizione del testo nella Collezione
Orbis Romanus, pagg. 4-13.
(2) L. BAUR, Die philosophischen Werke des R. Grosseteste, M nster 1912, pag. 31*
e 38*.
(3) M. GRABMANN, Mittelalterliches Geistes/eben, M nchen 1926, pagg. 161-163.
(4) Ibid., pag. 164.
(5) P. G. TH RY, Catalogue des manuscrits dionysiens des Bibliot ques d'Autriche, in Archives d'histoire doctrinale et litt raire du moyen age. vol. X, Paris 1936,
pag. 198-203.
(6) E. FRANCESCHINI, Roberto Grossatesta, Vescovo di Lincoln e le sue traduzioni
latine, Venezia 1933, pag. 29.
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COMUNICAZIONI
di Cesena del sec. XIII, che ho gi pubblicato nella introduzione al te
sto (1). Essa si riferisce al commento delle due Hierarchiae, ma lo stesso
avvenuto anche per la Mystica Theologia, e del Grossatesta deve essere,
di conseguenza, V indice delle sing le parti che premesso al testo (2), ed conservato soltanto nel citato ms. della Malatestiana, nel S. Crucis
Plut. XIII dext. 2 della Laurenziana di Firenze e nel Vaticano Chigiano A. V. 129, tutti del sec. XIII.
Nel commento alla Mystica Theologia non appariscono quelle glosse che incominciano con le parole ex greco, che, come ha scoperto il Fran
ceschini (3), sono tolte dagli Scholia di S. Massimo. Non mi risulta, da
un confronto fatto con questi ultimi, che il Grossatesta se ne sia servite
Il Cojnmento non si fa notare per nuove interpretazioni, ma ha so
prattutto il pregio, come apparir in seguito, della chiarezza e lega fra
loro le sing le parti del testo dionisiano, con riferimenti anche alle altre
opere del Corpus. Al Commento premessa una nota critica sulFepigramma (4), che
il Grossatesta dice di non aver trovato nell* originale greco. Difatti, ne
gli altri Commenti alie opere di Dionigi, premesso il testo greco del
Tepigramma in caratteri latini; qui invece il Grossatesta deve acconten
tarsi di due diverse traduzioni, che esamina criticamente per trovare il
motivo della diversit di interpretazione (5).
(1) Ediz. cit. in Orbis Romanus, pag. 7, nota 4.
(2) Ibid., pag. 17-18.
(3) E. FRANCESCHINI, Grosseteste's Translation of the itooAopc and SyjiXia of Maxi
mus 4o the Writings of the Pseudo-Dionysius Areopagita, in The Journal of theologi cal Studies, ottobre 1933, vol. XXXIV n. 136 pagg. 355-363. Queste giosse "ex greco "
appariscono nei commenti alie due Hierarchiae ed al De divinis nominibus.
(4) Questa nota critica era stata gi edita dal FRANCESCHINI, Roberto Grossatesta,
Vescouo di Lincoln e le sue traduzioni latine, Venezia 1933, pag. 130; nella mia ediz.
a pagg. 19-20.
(5) Esiste in alcuni mss. un Commento alla Mystica Theologia, nella versione de
Sarraceno, composto di brani estratti dall'opera del Grossatesta e da quello del Vercellese.
Il TH RY ricorda i seguenti mss.: Vienna, Bibi. Naz. 790 (XIV sec.), Melk 427 (H. 46) del
1455, Melk 59 (B. 24) del 1456, Melk 61 (B. 26) del 1476, Vienna, Monastero degli Scoz zesi 396 del 1462. Sui commenti del Vercellese v. il cit. art. in Aevum Aprile-Dic. 1942
pagg. 265-268 e per 1'accostamento delle diverse giosse la nota 4 a pag. 268.
Il TH RY aggiunge che stato ricopiato probabilmente nella Certosa di Aggsbach e
ri(erisce il seguente brano del KROPFF (Bibliotheca Benedictino-Mellicensis, Vienna 1747,
p/ig. 415-416): "De hac glossa haud dubie accipienda sunt illa verba Vincentii de
Axpach in ep stola fusiore de superioritate Concilii Generalis super Pontificem: Re miti vobis vestram Misticam Theologiam glossatam. Et utinam omnes libros Dionysii
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COMUNICAZIONI
Un* esposizione anal tica del contenuto servira a mettere in luce
Topera esegetica del Grossatesta.
b) Contenuto
Capitolo /. - La definizione della teolog a m stica, con eui si inizia il Commento, costituisce la sintesi di tutta T opera (1). Per il Grossatesta essa consiste nel parlare con Dio segretissimamente e non gi attraverso le figure e le immagini delle creature (2), e Topera del commentatore cercher di dare un* esposizione della dottrina delT unione con Dio attra verso le vie soprannaturali, alle quali T anima spinta dalia grazia divina. Si tratta di un'azione che sfugge aile forze umane, esigendo dalTuomo soltanto la parte negativa, cio la liberazione ed il distacco da ogni ele mento terreno, perch soltanto a questa condizione Dio opera ed ammette Tanima al contatto con Se stesso. Per arrivare a c o, nota il Grossatesta,
necessaria la preghiera a Dio, uno e trino, a Colui che solo per un atto di bont si rivela agli uomini: ed infatli la Trinit detta super bona (3), cio pi che buona, avente la bont nel grado sommo. E la
preghiera si estende a considerare gli attributi pi alti e lontani dalia realt umana, che sono affermati in Dio. Alla spiegazione dei termini della preghiera, che gi in s contiene moltissime espressioni che pre annunciano gli elementi delT unione m stica, il Grossatesta ritiene oppor tuno premettere una scolastica definitio rei, che ho gi esposta, ed una
definitio nominis (4). M stica deriva da >J.'JO>, che ha parecchi significati,
haberem sic giossatos ". probabile poi che da Melk questa glossa sia passata al Monastero degli Scozzesi di Vienna. Il TH RY (pag. 203, 205) da pure un saggio del l'inizio della glossa, da eui apparisce che formata di frasi tolte letteralmente ai due commenti. (TH RY, Archives d'histoire doctrinale et litt raire du moyen ge, vol. X, pag. 197-205). Nell'Tntroduzione all'edizione del testo ho aggiunto il Clm. 18759 e T8827 (sec. XV) della Bibi. Naz. di Monaco: cf. la citata ediz. in Orbis Romanus, pag. 5.
(1) Infatti il FELTEN riassume cosi il contenuto di tutto il libro: Egli (il Grossatesta) definisce la teolog a m stica come il pi intimo rapporto con Dio che passa oltre quelle cose nelle quali conosciamo Dio come in uno specchio e attraverso le immagini delle creature. Questo rapporto ha luogo quando lo spirito si solleva sopra tutte le cose create e soltanto il desiderio di vedere e di possedere Lui, che al di sopra di tutto, attivo, e lo spirito attende finch il Desiderato gli si riveli in modo corrispondente al grado e alla capacit di colui che Lo desidera . J. FELTEN, op. cit., pag. 75.
(2) M stica theologia est secretissima et non tam per speculum et per ymagines creaturarum cum Deo iocutio (pag. 22 righe 1-3). L'espressione per speculum una reminiscenza paolina (I Cor. XIII, 12).
(3) Pag. 23, 18-20. (4) Pagg. 22, 10-31 e 23, 1-5.
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COMUNICAZION1
ed in ciascuno di questi il Lincolniense trova una spiegazione: chiusa
perch incomprensibile agli uomini materiali; oscura , perch suppone V ingressus in caliginem; occulta e segreta , perch viene appresa ap
punto in tal modo. Ma Tautore non si accontenta di questa spiegazione
pi strettamente letterale, e nota che, se questo il significato proprio, tuttavia pi comunemente e con minore propri t si dice m stica ogni cosa spirituale, simboleggiata da qualche altra pi percepibile: difatti -
osserva - le cose pi segrete ed oscure (= mistiche) sono pi spiri tuali (1). Misten si dicono invece i simboli che rappresentano le cose
mistiche, e il loro nome deriva da misticum e TYIOW ( =
TY,pew), che si
gnifica: conservare.
A questa digressione etimol gica, segue la preghiera, la quale, per non chiede soltanto la luce per insegnare una dottrina, ma supplica senz'altro che l'anima venga ammessa alla contemplazione intuitiva: di
fatti - spiega il Grossatesta - quando si sia giunti a questa contem
plazione, si pu pi f cilmente e pi efficacemente parlare, per espe rienza, della sua trascendenza infinita e d lie vie che conducono ad
essa. I vari termini della preghiera sono poi minutamente spiegati e danno
gi un'idea del panorama ineffabile della contemplazione m stica: quel Taltissimo punto, detto v rtice, superincognitus (2), sconosciuto cio a quelli che non ne fanno esperienza, e perch in esso non si conosce
colla forza deir intelletto, ma si intuisce semplicemente; e superlucidus, dove cio la lux super omnem lucem (3) che si manifesta quanto vuole
ed in quanto vede nel ricevente la capacita ricettiva - difatti Dio non
si potr mai comprendere pienamente da una potenza finita -; ed in
quel v rtice sono, nascosti come da un fitto velo agli occhi dei semplici
mortali, i misteri di Dio. Ma poich la distinzione fatta tra m stico e
mistero potrebbe creare qualche difficolt , il Grossatesta spiega che ivi m stico e mistero sono una cosa sola nella semplicit e nell' immutabilit
divina. E questo avviene nella cal gine, cio neirinaccessibilit divina (4), che - s'affretta subito a spiegare
- superlucida (5) in se stessa,
(1) Secretiora enim et occuttiora et nobis obscuriora et clausa magis sunt spiri
to li ora et ideo cum per nobis manifestiora significantur et edocentur, dicuntur corn
muni ter m stica j pag. 22, 28-31.
(2) Pag. 23, 29 sgg. (3) Pag. 24, 4.
(4) Secundum caliginem super luci dam, id est secundum dioini luminis inaccessi
bilitatem, pag. 24, 16-18.
(5) Pag. 24, 18.
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COMUNICAZIONI
cio pi che sfolgorante di vivissima luce, ma troppo viva, tanto da ap
parire fosca agli occhi dei mortali troppo deboli, che devono abbando
nare ogni luce razionale puramente umana; cal gine dove Dio parla, ma
in silenzio, cio in modo sconosciuto airorecchio umano, mentre la
stessa creatura ascolta ed impara, essa pure in silenzio, cio in modo
diverso da quello degli uomini.
Questa cal gine manifesta Iddio, che lumen super omne lumen (1) - come si compiace di chiamarlo il Grossatesta nella sua predilezione
per T elemento luce - che sfolgora maggiormente nella cal gine che gli serve di sfondo; e la cal gine, che Tintelletto umano (2), ammessa
alla visione di quella luce per pura bont di Colui che, essendo inac
cessible per essenza, si rende accessibile e nella sua immensit si
adatta alla misura di chi lo riceve (3). Quest* ultimo brevissimo cenno
uno sprazzo di luce, un canto di lode alla bont divina che si abbassa
dalia sua inaccessibile altezza alla creatura finita.
questo punto, interrompendo T esposizione del pensiero di Dionigi, il commentatore entra nel campo della filolog a. Difatti, secondo il suo
m todo, il Grossatesta, alla fine d'ogni capitolo o di ogni par grafo in
eui i capitoli pi lunghi sono divisi, pone qualche accenno filol gico che ritiene neeessario o per giustificare la sua traduzione o per spiega re il testo. Sono qui due note, d lie quali la prima (4) riguarda Y aggettivo inoculatos che alcuni traduttori hanno tradotto con invisibiles, lezione pi
tacile, ma meno ad rente al greco; av ajxaTo: formato di a privativa e
di occhio ed in latino significa inoculatus: non che si possa attri
bute airintelletto la qualit di essere senz'occhi, essendo Y oculus spi ritalis Y essenza dell' intelletto, ma questa facolt , pur esistendo in po
tenza, viene ad essere messa da parte nell'ingresso nella cal gine, dove
deve cessare ogni funzione naturale dell' intelletto umano. L'altra nota (5) ricorda Y occulte docentis, che non rende bene il greco che deriva da
/.pjoiov e y/ito: l'espressione non indica soltanto il silenzio di Dio che
insegna, ma anche quello dell'anima che ascolta nella cal gine.
(1) Pag. 24, 28 sg. (2) Caliginem videlicet intellectus iam existentes in dicto v rtice, pag. 25, 2-3, o
forse meglio, secondo la variante di V e di M existentis, cio la cal gine dell'intelletto che si trova in tale stato. Il senso lo stesso.
(3) In sua inaccessibilitate prestat se accessibilem et in sua immensitate mode
rator se suscipientis mensure, pag. 25, 7-9.
(4) Pag. 25, 9-25.
(5) Pagg. 26, 25-31 e 26, 1-4.
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COMUNICAZIONI
L'orazione continua - nota il Grossatesta - coir invocare anche
l'aiuto della preghiera altrui perch si possa raggiungere lo scopo. En
triamo ora nel vivo delPinsegnamento a Timoteo, il destinatario dello
scritto: un eccitamento ad impiegare tutte le nergie in questa ar
dua ascesa. Perci , per preparare il terreno alla manifestazione di Dio, occorre abbandonare i sensi, (cio
- spiega Tautore - le operazioni
dei sensi) (1), e le operazioni deirintelletto e tutte le cose terrene, tutto
in una parola, per non essere - e qui il Grossatesta usa dei termini
assai efficaci nel suo latino m di vale - invischiati in qualche affetto
terreno e rimanere cosi impediti e ritardati neir ascesa (2). 1/ esortazione
passa poi alla parte pi strettamente positiva, invitando Timoteo a tendere
air unione di Dio con il desiderio e F amore superfervidus (3) - bella
parola coniata dal Grossatesta sui tipo degli aggettivi superlativi dioni
siani - con un'estasi, cio - etimol gicamente una extrastatio (4) -
con un distacco tale che, separ ndolo totalmente da ogni cosa creata
che possa invischiarlo, gli apra la via alla visione m stica.
Una breve spiegazione accompagna poi Y avvertimento di Dionigi di
non rivelare queste altissime dottrine ora accennate, agli indotti che so
no trattenuti nelle cose sensibili, cio - spiega
- inform t/' seu infigu
rati (5), ossia compenetrati intimamente, e pretendono comprendere Colui
che si circonda di t n bre, cio abita nella luce inaccessibile, nello
stesso modo con eui conoscono le cose mond ne e se stessi. Natural
mente - nota il Grossatesta - in questo modo Dio non si pu capire ;
ma, se cosi fanno anche molti credenti, tanto pi sono lontani dalia retta
via gli idolatri, a eui Dionigi accenna senza nominarli, che attribuiscono a Dio propri t corporee, secondo Tespressione paolina, mutando la
gloria di Dio incorruttibile nella figura dell'uomo corruttibile, degli uc
celli, dei quadrupedi e dei serpenti (6).
Segue, alla fine del par grafo, un accenno di rilievo sui senso di
mistice inductiones (7) che pu significare tanto inductiones misticorum
quanto inductiones misteriorum.
(1) Sensus, hoc est sensuum operationes, pag. 25, 19-20.
(2) Ut ad nullum ens oel non ens aliquo affectu inclineris et ei inoiscaris et inoisca Hone cum eo impediaris et retarderis in tuo conatu ad m sticas visiones, p. 26, 23-26.
(3) Pag. 26, 30. Cf. anche 39, 18 e 40, 25.
(4) Pag. 27, 3.
(5) Pag. 28, 9. (6) Mutaoerunt gloria m incorruptibilis Dei in similitudinem i magi n is corruptibilis
hominis, et uo/ucrum et quadrupedum et serpentium. Rom., I, 23.
(7) Pag. 29, 3-5.
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C MUNICAZIONI
L'accenno alle false opinioni degli idolatri apre la via alla trattazione
centrale del primo capitolo e, con esso, di tutto il trattato: la teor a
dionisiana delle due vie per giungere a Dio, per positiones e per abne
gationes. Le perfezioni create sono in Dio, non in quanto Egli le pos siede materialmente, ma in quanto ne la causa e dalia loro conoscenza
veniamo a conoscere Lui (prima via); ma Egli non le possiede in modo
simile a quello umano, bensi in modo talmente diverso ed infinitamente
superiore che si pu affermare con esattezza che non le possiede, e cosi,
negando ad una ad una tutte le perfezioni create ed enunciando quello che Egli non , verremo a formarci l'idea della sua essenza infinita
(seconda via); tuttavia le due vie non son opposte, perch Dio supe riore ad ogni affermazione e ad ogni negazione.
Questa la dottrina che il Grossatesta ricava dalle parole di Dionigi e si limita ad esporre in modo pi accessibile: in fine (1) per aggiunge una pi ampia spiegazione del motivo per eui le due vie non sono op
poste. E la ragione questa: Dio precedente a tutte le cose create
e, mentre in queste Y essere preceduto dal non essere perch ess*e
sono create nel tempo, nell'essere increato invece 1'essere precede tutto:
T essere e il non essere. Percio Egli al di fuori e al di sopra d'ogni
legge creata.
Dionigi riporta, a conferma della sua teor a, le parole dell'Apost lo
S. Bartolomeo, tolte forse da qualche ap crifo o piuttosto - nota il
Grossatesta, che non le trova reg strate nel Nuovo Testamento - rac
colte dalia viva voce: 1'Apost lo avrebbe detto che la teolog a pu es
sere considerata breve o lunga a seconda che tenta di salire a Dio per
positiones e per abnegationes o Lo considera in se stesso, in quanto ineffabile.
In quest'ultimo modo Dio si rivela soltanto a quelli che superano tutte le cose impure, cio le cose terrene materiali e spirituali, e si ele vano anche al di sopra di tutte le extremities s nete, cio -
spiega il
Grossatesta - al di sopra del pi alto grado di ogni virtus apprehensi va (2) che in quel grado non pu agire che in modo santo, lasciando
ogni lume divino creato ed ogni voce celeste (cio ogni ispirazione
proveniente dagli angeli stessi o prodotta dalle parole ispirate della
(1) Pag. 30, 26-30. (2) Summitatum, id est vi ri um apprehensioarum secundum extremum et summum
sue possibilitatis agentium, quod non faciunt nisi s nete, hoc est ascendunt super summos actus omnis virtutis apprehensive, pag. 32, 8-12.
- Ill -
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COMUNICAZIONI
Sacra Scrittura), ed entra o finalmente cosi nella cal gine. In questa sol tanto Iddio si trova e si possiede veramente ed in modo assolutamente
ineffabile. Alla fine di questo tratto segue un'altra nota erudita (1): le parole
multorum sermonum, brevium e sine sermone che si potrebbero tradurre in latino con una sola parola multiloqua, breviloqua) inloqua sono parole
composte, in greco: per s , sono attive, ma meglio intenderle in
senso passivo, perch altrimenti non converrebbero al pensiero dell'autore.
Dionigi conferma ancora con un esempio la sua dottrina, interpre tando m sticamente l'ascesa di Mos sui Sinai (Exod. XIX). E un passo assai oscuro: il Grossatesta ordina la narrazione, raccogliendo gli de
menti storici (2), poi nota che Dionigi espone in senso m stico il signi ficato del luogo dove stava Dio e il significato della cal gine, lasciando
invece alla mente del lettore, come cosa facile, Tinterpretazione di ci
che avviene nella cal gine ed simboleggiato dall* episodio scritturale.
Il commentatore si assume Tincarico di compiere questa parte: la puri ficazione significa la liberazione da ogni disordinato appetito, la separa zlone dai non purificati significa il distacco da ogni resto di impurity per essere cosi resi atti a comprendere le Scritture, le eui espressroni simboliche sono raffigurate dalle trombe.
Le luci che Mos vede dopo la purificazione sono te cose spirituali espresse dai simboli, che illuminano le menti umane. E sono molte, per ch - nota il Grossatesta - molti comprendono il senso storico, alle
gorico e morale della Scrittura, ma chi veramente voglia giungere al
contatto con Dio, Y interior homo (3) s'innalza al significato anagogico Non ancora la possibilit di vedere Iddio: il grado simboleggiato dal fatto che Mos vide non Dio, ma il luogo dov'egli stava. L'anagogia infatti ha qualche cosa di terreno, perch va in cerca di Dio in tutte le
creature, vedendo in esse le sue orme pi o meno fedeli a seconda del
loro grado di perfezione: non ancora la visione chiara di Dio, ma di
ci che sta sotto di Lui: questa la spiegazione del suppositorum ipsi (4) di Dionigi. A questo punto l'uomo tocca il v rtice dell'elevazione; la
sciando anche questo grado sotto di s , entra nella cal gine, dov* la
(1) Pag. 32, 22-31.
(2) Hoc modo est ordinanda compositio littere ad nudam explanationem hystorie, pag. 34, 22-24.
(3) Interior homo. . . hiis non est contentas, sed ah hiis se segregans et hos
transcendens, ascendit. . . ad summitatem anagogicorum intetlectuum, pag. 35, 16-21.
(4) Pag. 36, 5-8.
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COMUNICAZIONI
perfetta ignoranza attuale di tutte le creature ed, insieme, di ogni cosa divina (1), e si abbandona totalmente e passivamente all'azione di Dio. E quest'abbandono che Dionigi ha espresso coila parola inoperatio (2) e consiste nel venire a conoscere che non si conosce nulla, cio nel Pannientamento totale delPattivit razianale umana. Nota ora il Grossa testa che questo F ultimo grado delFascensione da parte delFuomo, ed nello stesso tempo Fesposizione del modo in eui bisogna com
portarsi in questo stato: ora si deve attendere da Dio che si riveli nel modo che riterr conveniente. Questa la sostanza della teolog a m -
stica, il segretissimo colloquio di Dio e con Dio (3). Alla fine del capitolo sono poste tre note (4); prima, una nota cri
tica per osservare che Fordine dei fatti storici narrati nella Bibbia ri
guardo alF ascesa di Mos pi chiaro nel testo dei Settanta che in
quello di eui si serve la nostra Chiesa, cio la Vulgata: indice questo degli studi che il Grossatesta aveva fatto sulla Bibbia, anche nel testo alessandrino. Una seconda nota fa rilevare che Fespressione caligo igno rantie (5) accenna di per se stessa ad un significato m stico delF episo dio. Infine una nota filol gica: excludit (6) traduce xnopjii, composto di y- e [XJOJ: alcuni hanno tradotto come se il verbo fosse semplice, altri
diversamente, a seconda del senso che ritennero pi conveniente (7).
Capitolo IL - Nel breve riassunto che precede la spiegazione, il
Grossatesta rileva i due elementi fondamentali della cal gine: Finacces
sibilit da parte di Dio e la cessazione d'ogni attivit da parte delFuo
mo (8). Ora Dionigi tenta di salire alFessenza della visione m stica,
(1) Et ita est in perfecta actuali ignorantia omnium creatorum et insuper in igno
rantia omnium divinorum, pag. 37, 10-11.
(2) Pag. 37, 20.
(3) Et kee huius radii illustratio et illustrationis susceptio m stica est theologia, quia secretissima Dei et cum Deo locutio et sermocinatio, pag. 38, 6-8.
(4) Pag. 38, 9-25.
(5) Pag. 33, 18; cf. 38, 13.
(6) Pag. 33, 19; cf. 38, 15 sgg. (7) Unusquisque prout credidit sensui quern concepit aptius convenire.
(8) 1 due elementi della cal gine sono chiamati da Dionigi invisibilitas e ignorantia (pag. 39, 5) che il Grossatesta spiega cosi: per inoisibilitatem, que videlicet est ex
parte superexcetlentie divini iuminis, et ignoranti m que videlicet est ex parte ascen
dent i s (pag. 41, 9-12). Nota per che Dionigi adopera la parola caligo ad indicare le due cose: Hec enim duo {ignorantia. inaccessibilitas) integrant Ulam caliginem, licet
atraque per se alicubi dicatur caligo (39, 21 sgg.).
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Aevum - Anno XVIII - 8
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COMUNICAZIONI
quando nella cal gine la mente conosce e vede che Dio tale che non
si pu n vedere, n conoscere, intuisce cio Y invisibilit e Tinaccessi bilit di Lui. Il Grossatesta aggiunge il paragone ehiarissimo dello sguardo che fissa il sole: la visione del sole non se non la visione che esso non si pu vedere (1). Non un gioco di parole, ma la realt che s* impone alPuomo che vuole in termini umani innalzarsi ad esprimere situazioni sovrumane.
Dionigi pure sente il bisogno di usare un' immagine: quella del blocco (2) che contiene gi in s , in potenza, la statua, al quale l'arte fice non aggiunge nulla, ma soltanto mette in evidenza quello che gi in potenza nell'interno del blocco di pietra o del tronco di legno: cosi colui che giunto nella caligine non produce nulla di nuovo, ma sol
tanto, col far tacere ogni potenza umana, privandosi di tutti gli elementi creati che ostacolano il contatto con Dio, raggiunge il punto felice della visione dell' essenza divina stessa. Su questa immagine concreta il Gros satesta si ferma con compiacenza (3), spiegando con chiarezza il breve cenno di Dionigi.
Questa volta un' osservazione grammaticale non alla fine del tratto
spiegato, ma nel centro (4): infatti una dilucidazione che si rende necessaria per la comprensione del testo e, con esattezza, il Grossatesta esamina i diversi significati che potrebbero portar con s le diverse co struzioni grammaticali di hoc non videre neque cognoscere (5), che per non porterebbero a differenze notevoli di senso.
Ora (6) giunto il momento di esporre il modo della conoscenza di Dio che proprio dell'intuizione m stica: la conoscenza per ablatio nes o per abnegationes.
Osserva Dionigi che ha finora seguito la via delle affermazioni, studiando le perfezioni divine dalle pi alte alle pi basse ed il Grossa testa, fondandosi sui capitolo seguente, spiega che il te logo bizantino ha trattato di Dio uno e trino nelle Theologicae subfigurationes e delle
(1) Quemadmodum si homo... intendens visum suum in solem absque medio
mitigante et modificante superexcellentiam solaris claritatis, per invisibilitatem ex
parte superexcellentie solan's luminis et prioationem actualis uisionis, videret quoniam non contingit uidere solem, qui est super visionem: hoc esset ei vere videre secun dum quod ibi posset esse videre, pag. 40, 8-17.
(2) Pag. 38, 10-14.
(3) Pag. 42, 10 sgg. (4) Pag. 41, 20 sgg. (5) Pag. 39, 7. (6) Cap. II, parte 2, pag. 43 sg.
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COMUNICAZIONI
perfezioni divine, salendo dalle perfezioni del mondo intellettuale, nel
De divinis Nominibus, salendo dalle perfezioni del mondo sensibile nella
Theologia symbolica; ora invece seguir la via contraria, ascendendo
fino a Dio dalle varie perfezioni, sempre pi in alto, per negarle tutte, ad una ad una, e liberare da ogni concetto errato queir inconoscibile
inaccessibilit divina, che Dionigi chiama ignorantia che si manifesta nel
la cal gine m stica.
Il Capitolo III tratta espressamente delle due vie della conoscenza
di Dio. Esso s' inizia con un riassunto assai breve delle Theologicae
subfigurationes che il Grossatesta commenta pure assai brevemente, fra se per frase, secondo il suo m todo. Aggiunge poi le solite osservazioni
grammaticali: la parola homini naturalibus (1) camposta, in greco. E
questo un cenno sulla famosa questione del modo di volgere in latino
le parole greche composte, se in una sola parola o in due, che appari sce una preoccupazione del Grossatesta, che segue Tuno o l'altro cri
terio a seconda delle possibilit della lingua latina (2). Una seconda
osservazione per la parola UTTOTUTTOWXLC, composta di OTTO = sub e di T'JTTO =
figura, fixura, car cter, exemplum, ostensio, donde T TTCOT^ = fi
guratio, fixio, caracterizatio, exemplificatio, ostensio, che, unite con sub
danno luogo ad una serie di traduzioni diverse. Ma il vero significato , secondo il Grossatesta, il seguente: le propri t divine, che distin
guono le varie Persone in Dio e sono proprie di ciascuna in particolare (3). A proposito del breve cenno che segue sui De divinis nominibus il
Grossatesta rimanda al suo commento a quel libro. Venendo poi ai sim boli che Dionigi afferma d'aver trattato nella Symbolica theologia, d la
(1) Pag. 45, 14-15; cf. pag. 47, 24 sgg. (2) Cf. L. BAUR, Die philosophischen Werke d. R. Gr. pag. 33*, dove riportata
un' osservazione dello stesso Grossatesta, tolta dal Commento al De Div. Norn., sui modo
di tradurre queste parole greche. Cf. anche pag. 32, 22 sgg. del nostro Commento, dove
il Grossatesta usa le due forme, proponendo anche dei curiosi neologismi: Que autem
diximus multorum sermonum seu multiloqua, et brevium sermonum seu breviloqua, et
sine sermone, quod si latine diceretur, posset dici inloqua, sunt in greco dictiones
composite. Cosi a pag. 51, 8: Sermonis privationem, seu, si latine diceretur, illocutio
nem; a pag. 51, 24: Sine uoce, seu si latine diceretur, invocus; a pag. 58, 18-20: Seu, si latine diceretur, et neque insubstantialis est (Deus) eque invitalis neque irrationalis
neque inintellectualis.
(3) Existimo autem quod auctor vocet theologicas Trorj^ crsic divinas proprietates divinas personas distinguentes, et per hoc quasi subcharacterizantes et subfigurantes,
pag. 48, 4-7.
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COMUNICAZIONI
dcfinizionc di s mbolo che sensibile aliquid pro infelligibili assump tum (1), e la onferma coiresempio del pane e del vino, s mbolo, oltre
che realt , del nutrimento spirituale nel Sacramento Eucaristico. Tuttavia, in senso pi largo, s mbolo c o che indica una cosa pi spirituale (2).
Seguono vari esempi dei simboli che Dionigi ha tolto dalla S. Scrittura:
tra essi gli ornatus, gli ornamenti di Dio, danno modo al Grossatesta
di spiegare come alcuni, traducendo mondi invece di ornamenti , so
no stati tratti in ir ganno dalia parola greca /.OTJXO che suona nello stes so modo nei due significati (3).
Infine un* osservazione pol mica: F nico accenno, direi quasi, per sonale di tutto il Commento: la condanna di quelli che conoscono la
lettera, ma non lo spirito della Scrittura. I vari attributi simbolici di Dio, che Dionigi ricorda di aver commentato nel De divinis nominibus sono
tutti tratti dalla Bibbia, ma non il caso di dire in quali punti e con qua li parole si trovino nel sacro testo: vadano a cercarli quelli che ne han
no il tempo e che non hanno il coraggio di pronunziare una sola espres sione della Scrittura se non colle stesse sue parole, facendo pompa di
una straordinaria memoria, de quibus est verisimilis coniectura quod circa
sensus Scripture vacillantes et egeni, in verborum ipsius copiositate vo
lunt sapientie divitias ostentare (4).
Dionigi ritorna sulla sua osservazione, gi fatta e confermata con V au
torit dell'Apost lo S. Bartolomeo, sui multiloquium e il breviloquium del la teolog a. La nuova via della conoscenza divina, di eui si tratta ora, si
pu esprimere con poche parole, perch pi elevata; e quanto pi in
alto si sale, tanto pi la parola umana vien meno, fino al totale annien
tamento nella cal gine m stica: allora, quando tofus sermo sine voce
erit, (5), si unir air ineffabile. Non c' dunque da meravigliarsi, se or
mai sar breve il discorso, perch gi siamo alla soglia della vetta subli
me, inaccessibile alie parole umane. La nuova via negativa segue V oppo sta strada di quella positiva, come abbiamo gi visto; dal basso air alto.
Perch ? Dionigi mette la domanda in bocca a Timoteo e risponde che
nell'affermazione delle perfezioni si incomincia pi in alto, perch le
(1) Pag. 48, 19-20.
(2) Communiter tarnen est symbolum omne spiritalioris significativum, pag. 48, 21-23. Cf. anche 22, 25.
(3) Pag. 48, 30-32. (4) Pag. 49, 11-13.
(5) Pag. 51, 20 sgg., cf. 50, 1.
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COMUNICAZIONI
perfezioni maggiori sono le pi vicine a Dio, come - aggiunge il Gros
satesta - la natura, col formare un corpo animato, incomincia dal cuore
e poi via via dalle parti pi prossime ad esso (1), mentre, nel caso op
posto, per cercare quello che al disotto di tutte le ose, il divino, in
esse, occorre incominciare dalia perfezione pi lontana e cosi via via
giungere al centro, come - ricorda il commentatore - avviene di quel li che sanno trarre dal masso la statua contenuta in esso. E il Grossatesta
si diffonde ancora a spiegare come negli altri libri si sia seguita la via
opposta per venire ad osservare come nel trattato che sta commentando
la costruzione della via che sale a Dio vada dal punto pi basso per sa
lire fino al pi alto; spiega poi un esempio che Dionigi porta per dimo
strare il suo assunto, e che apparir con maggiore estensione nel capitolo
seguente. Un'altra breve osservazione grammaticale sui magis (2), e poi un avvertimento: non si condanna, con quello che si detto, colui che
anche nella via delle affermazioni sale dal basso air alto; per la via pi ordinata e naturale quella che Dionigi ha indicato, e le due vie con
vergono cosi, scendendo da Lui e ritornando a Lui, principio e fine di
tutto. Al termine della scala la cal gine, ed, in essa, Iddio.
Capitolo IV. - Nota il Grossatesta che, rigorosamente parlando, vo
lendo entrare ora a trattare dell'essenza della m stica teolog a, non si
potrebbe dire se non che essa ineffabile: si pu soltanto trattare delle
disposizioni di chi aspira all'unione con Dio, delle quali si gi parla to, ed anche, come si far ora, dei gradi e dell'ordine dell* ascesa fino
al punto dell* unione m stica. Ora, dunque, si tratter dei gradi e dell' ordi ne d^ir ascesa, sempre secondo la via della negazione.
Ma Dionigi - osserva ancora - non ha voluto iniziare subito la
negazione, per non apparire negatore di Dio: ha voluto anzitutto premet tere che Dio sostanza, vita, ragione ed intelletto, per non essere frain
teso, anche se Dio, in realt , non nessuna delle cose create o creabili, esistenti e non esistenti (3).
(1) Quemadmodum natura componens et edificans corpus animalis organicum post cor incipit a proximioribus cordi, sic gradatim procedens usque ad extrema pag. 52, 7.10.
(2) Pag. 54, 13-19.
(3) Sed, ne ex abnegatione omnium a Deo posset quis opinari auctorem intendere
dicere Deum omnino non esse, premittit eum esse supersubstantialiter substantiam,
oitam, rationem et intettectum, qui tarnen simpticiter essentialiter nihil est entium vet
non entium, pag. 58, 9-14.
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COMUNICAZION
Dopo questa premessa, ecco i gradi dell'ascesa: e qui il Grossatesta
rivela la sua potenza ordinatrice che trova il filo sottile che lega gli esseri e le perfezioni umane nella scala che sale a Dio, ricercando per ciascuno di essi il motivo per eui gli stato assegnato quel determinato
posto e non altro. La dialettica scolastica chiamata a spiegare e a trova
re ragionevoli le parole del m stico bizantino; e dove apparir qualehe lacuna o trasposizione, si trovera pure un motivo di giustificazione.
Primo grado il corpo in s , che infirma rerum et a Deo distan
tissima (1); poi il corpo determinato da una figura, quindi la figura de
terminata dalia forma, a eui seguono gli accidenti propri della specie, ed infine la quantit conveniente alla specie, con le sue tre dimension!.
Ecco i primi gradi: il corpo considerato in se stesso, a eui si aggiun
gono via via i vari gradi di perfezione. Ora nuove perfezioni risultano
dai rapporti con le cose sensibili che sono fuori di esso: dev'essere in
un luogo, cadere sotto i sensi, prima la vista (uidetur) e poi gli altri
sensi (neq e factum sensibilem habet, eque sentitur) (2). Dal corpo ina
nimato si sale a quello sensitivo; ecco Tirascibile ed il concupiscibile che si manifestano nel turbamento, ed il corpo soggetto a fattori ester
ni, diviene ammalato ed impotente, e alterato, e corrotto ed infine, cor
rottosi, si risolve nelle varie parti, delle quali era composto: infine, con
un termine gen rico, sono indicate tutte le cose sensibili {quid sensibi
lium) (3). Si potrebbe fare qui un appunto a Dionigi
- osserva il Grossa
testa -, Tommissione della natura vegetativa tra Tinanimata e la sensi
bile, ma si pu giustificarlo col procedimento in uso presso i filosofi
che passano da un estremo air altro sottintendendo il termine medio (4). Un'altra osservazione necessaria per risolvere un apparente erro
re in Dionigi. Le ultime qualit - osserva ancora - alteratio, corruptio
eec. devono considerarsi realmente una perfezione pi alta che si ag
giunge al corpo sensitivo, perch , se realmente sono secondo la sua na
tura e ci che secondo la natura buono, rappresentano sempre un
aumento di bont e quindi di perfezione.
(1) Pag. 58, 23.
(2) Pag. 57, 11-12 e 59, 3-4.
(3) pag. 57, 18 e 59, 10-12.
(4) Sed pot est dici quod per extrema d dit inte I li g i medium, sicut pluries fae iunt philosophiez tractantes (pag. 59, 16-18); dove apparisce lo sforzo di giustificare Dionigi in quel pot est dici.
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COMUNICAZIONI
Con una spiegazionc letterale delle sing le espressioni di Dionigi si
chiude il Capo IV.
Capitolo V. - Siamo in un ordine pi elevato nella scala deir asce
sa a Dio: qui si sale dalia negazione delle perfezioni sensibili a quella delle intelligibili.
In quest*ordine, la prima sostanza l'anima e T ultima Tangelo (in tellectus -
difatti, come osserva il Grossatesta, questa parola indica
sempre gli angeli negli scritti dionisiani (1) -), la pi vicina a Dio.
Seguono, in ordine le varie perfezioni dell'anima: le sue operazioni
(ymaginatio, opinio, ratio, actu ratiocinons) e quelle dell'angelo (intelli
gentia), poi la facolt operativa che, perfezionando T operante, lo rende
migliore e costituisce quindi una perfezione superiore ad esso. Segue la espressione della ragione umana (dicibile) e dell'intelligenza angelica
(intelligibile). Giunti a questo punto, non si pu pi salire nell' ordine dei puri
intelligibili: Tunica cosa possibile sarebbe il distinguere i vari gradi
degli angeli, che sono anch' essi disposti in ordinata gerarchia.
Segue ora un altro ordine di perfezioni che sono comuni ai sensibili
ed agli intelligibili ed in diverso modo sono percepibili dagli esseri
sensibili, cio gli uomini, e da quelli intelligibili, cio gli angeli. Tali sono il numero, la quiete o il moto, la potenza naturale, la mi
sura e la tendenza (appetitus) al bene: ciascuno di questi accompagna necessariamente Tessere e costituisce a sua volta una nuova serie di
perfezioni graduali (2). Difatti il numero seguito dalT ordine, che perfeziona il numero e
Tessere numerato perch , senza Tordine, non vi sarebbe che confusione, che un'imperfezione e, siccome T ordine, secondp la definizione Agosti niana (3) parium dispariumque rerum sua cuique tribuens loca dispositio, ne segue la magnitudo, la paroitas, Yequalitas tra pari, la similitudo tra
eguali, la dissimilitudo tra diversi, tutte conseguenze e perfezioni delTordine.
La seconda scala fondata sui moto o sulla quiete, dei quali T uno
o Taltra deve necessariamente accompagnare ogni essere e la quiete a
sua volta si divide in statio che privazione di azione sensibile e Silen
tium, privazione di azione intelligibile.
(1) Consue e enim uocat auctor iste angelum inte/lectum, pag. 63, 17-18.
(2) A sensibilibus igitur et intelligibilibus potest proced ad hec quibus omn a par ticipant, et in horum s ngalo ascend per ea que ipsa ordinate bonifica nt, pag. 64, 9-11.
(3) AUGUSTINI, De ci v tate Dei XIX, 13.
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COMUNICAZIONI
La terza scala quella della potenza e si distingue la potenza in un soggetto e la potenza in se stessa, che un grado superiore, e poi la potenza in quanto agisce (lumen potentie). Un nuovo ordine si di
stingue tra le potenze vivent!: le vegetative, le sensitive, le razionali, le
angeliche. Queste ultime - nota a questo proposito - sono le pi alte
e si dicono celestes virtutes, hoc est celestes potentie: difatti il nome
usato qui per potenza e nel De Angelica Hier. per le virt angeliche lo stesso: Watu;, tant' vero che anche qui alconi traducono uirtutes
in luogo di potentie (1). La quarta scala, della misura, si divide in sec lo e tempo: e il se
c lo qualche cosa di pi alto del tempo. Sembrerebbe questa una
violazione deir ordine a minori ad maius, che Dionigi si era proposto, ma si pu spiegare l'inversione coirammettere che egli volesse soltanto
indicare la misura dell'esistenza con questi due termini tra loro uniti a
formare un unico concetto, oppure, dato il fr quente scambio tra i due
termini nel linguaggio comune, Tautore intese* sec lo per tempo e tempo
per sec lo: questo sarebbe soltanto un errore apparente. E evidente qui il tentativo di ridurre tutto al dovuto ordine e di togliere quelle differenze
che si opponevano alla chiara ed ordinata disposizione delle perfezioni create nella scala degli esseri.
Anche nella misura siamo saliti al punto pi alto e dobbiamo tornare
al punto di partenza per esaminare il quinto ordine di perfezioni Y ap
petites boni, che, essendo la tendenza al bene, migliore degli altri
quattro predetti attributi che seguono ogni essere esistente. In questo nuovo ordine il primo grado il tactus intelligibilis o appetito naturale, al di sopra del quale sta la scientia, appetito pi nobile che nelle
nature pi alte, e poich in essa possono esservi degli errori, un grado
superiore costituito dalia veritas che non erra riguardo al suo oggetto: ed a questa a sua volta, superiore il regnum cio la facolt di attuare
la veritas, ed infine la sapientia che privatio erroris in agendo (2);
sapienza che unisce insieme Y appetito pi perfetto e 1'oggetto pi per fetto in modo da formare Yunum e Yunitas, che sono la potenza pi vi
cina a Dio, che unit supersimplex (3), pi che semplice.
Qui ancora non si arresta Tascesa: si sale a tutto ci che la crea
tura pu conoscere nei riguardi del suo supremo oggetto della conoscen
(1) Pag. 65, 19-24.
(2) Pag. 67-17. (3) eque unum, neque unitas per dictam videlicet optimitatem in se maxime uni
tum, ei maxima proximitas ad supersimplicem urtitatem, (pag. 67, 19-22).
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COMUNICAZIONI
za, di Dio stesso: la deitas e la bonitas, che sono perfezioni attribuite
a tutta la SS. Trinit , ed anche a quelle relazioni che costituiscono le
propri t delle sing le Persone Divine: paternitas, filiatio e spiritus. Giunti al v rtice supremo, non resta che comprendere con una frase
tutto quello che pu essere stato omesso: tutto ci che pu essere com
preso dalia mente umana o da altre pi potenti, cio degli angeli, o da
qualsiasi altro ente o non ente.
Siamo ora alla soglia della cal gine: ingredientes o, meglio, nota il
Grossatesta, vel ingressi (1) perch ormai si intravede Toggetto della
visione m stica.
Giunti a queste altezze, te mente comprende che Dio non conosce
come noi, perch conosce in modo soprasostanziale se stesso e tutte le
cose; passiamo ancora a considerare, come possiamo, Tespressione di
questa conoscenza divina (ratio, cio sermo), il nomen, la cognitio cio
la stessa facolt conoscitiva divina, quale noi possiamo concepirla, le
t n bre, cio la privazione della luce umana che circonda le cose imper fette; e la luce stessa (lumen) che noi concepiamo, perch supera per la sua inaccessibilit ogni idea di luce terrena; la v rit stessa (veritas) a eui pu salire la forza conoscitiva, e prima il uo contrapposto, Xerrore,
(error) ed infine Dio non n la negazione, n l'affermazione stessa, ma al di sopra e ultra univerSus (2).
Giunto a questo punto, non resta al commentatore che invocare di
poter essere ammesso a godere di quest'eccelsa visione, appellandosi nello stesso tempo alla benevolenza dei perfetti per gli eventuali difetti
inevitabili in un argomento che tocca i vertici delle possibilit umane
per superarle nello slancio verso Dio.
c ) Metodo
H m todo del Grossatesta nel suo Commento alla M stica Teolog a
stato esposto brevemente dal Baur (1) ed eguale a quello usato per le altre opere dell'Areopagita. Dopo un breve indice ed un'introduzione
che discute l'epigramma premesso al testo, il Doctor Lincolniensis d
una sint tica esposizione del contenuto al principio di ogni capitolo o
di ogni par grafo di esso, quando il capitolo sia diviso in parti; spiega
(1) Pag. 68, 10.
(2) Pag. 68, 18.
(3) L. BAUR, Die philosophischen Werke des Robert Orosseteste, Munster 1912, pag. 37.
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COMUNICAZION1
poi le sing le parole concaten ndole insieme nel testo, distinguendole soltanto con una sottolineatura, che apparisce in quasi tutti i manoscritti,
spiegando le parole difficili con un id est o un scilicet, costituendo cosi
un'analisi continuata. Qua e l , dove lo ritenga opportuno, si ferma su
osservazioni filologiche, su errori di interpretazione, sulla critica del te
sto, come ha rilevato e documentato il Franceschini (1). Entro questo schema, si svolge il commento. Le caratteristiche del
m todo grossatestiano appariscono nella luce migliore dal confronto con
quello degli altri che lo hanno preceduto. Ma anzitutto dev'essere rilevata
una caratteristica notevole per un commentatore m di vale: il testo di Dio
nigi non un pretesto per abbandonarsi a sottili disquisizioni teologiche e per fare sfoggio di citazioni, tanto che meraviglia in un te logo come
il Lincolniese, la quasi assoluta mancanza di citazioni bibliche (2). Egli sembra dominato soltanto dalia preoccupazione pratica di rendere intelli
gibile il testo: il maestro che vuole condurre i discepoli alla migliore
comprensione di esso. E non trascura nulla, anche la minima congiun zione, quasi fosse una parola sacra, e ne cerca il significato ovvio e il
valore grammaticale e l gico. Se sembra talvolta perdersi in osservazioni
di pura erudizione filol gica, si ferma di preferenza sui vocaboli greci, dove ritiene pi necessario diffondersi per la migliore comprensione del
testo, data la sua esperienza dell'ignoranza di questa lingua nella grande massa dei suoi lettori.
Un breve confronto con gli altri Commenti precedenti pu riuscire
assai utile (3). Uno sguardo al Pseudo-Scoto (4) ed al prologo attribuito a Pietro
Ispano (5) mostra nell'autore pure una preoccupazione pratica, ma a
questa sono sacrif cate le esigenze scientifiche: nel commento non ap
parisce tutto il testo dionisiano con le espressioni pi difficili, ma
soltanto il senso che molte volte viene espresso in forma piana, sicch
(1) FRANCESCHINI, op. cit., pag. 85 e scgg.
(2) Ve n' una sola: Rom., 1, 25. Basterebbe soltanto il confronto con Y Extract io del Vercellese che, pur essendo una semplice parafrasi, contiene moltissime citazioni scritturali,
per confermare questa affermazione. (v. in DIONYSII CARTHUSIANI Opera, Tornaci 1902,
t. XVI p. 454 sqq.). (3) V. il mio articolo in Aevum , Die. 1942.
(4) MlGNE, P. L., CXXII 267-284.
(5) Clm. 7983 della Bibi. Naz. di Monaco ( f. 42 ) : Incipit prohemium in expositio nem librorum beati Dyonisi a Petro Yspano editum . L'ho riferito nel citato articolo in
appendice.
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COMUNICAZ ONI
il m todo, pi che a quello proprio di un commento, piuttosto simile
a quello dell' Extractio del Vercellese. Quest'ultima, come dice il titolo
stesso dell'opera e come afferma esplicitamente l'autore stesso nella
prefazione gi citata, ha il medesimo fine pralico; muta ed aggiunge
parole; vuole sostituire piuttosto, si direbbe, il testo di Dionigi che i
suoi lettori non potrebbero comprendere, con un testo che contenga la
stessa sostanza, ma in altra veste: il Grossatesta invece non sostituisce, ma scrupolosamente mette sotto gli occhi del lettore il testo che com
menta e lo pone in grado di comprenderlo da s .
Il Vercellese il maestro che ha discepoli troppo inesperti e fa
tutto da s , il Grossatesta ha discepoli pi progrediti, la guida che li conduce, appianando le difficoH ed aprendo cosi la via alla compren sione delle oscurit del testo. N diverso il m todo dell' Explanado (1),
esposizione pi ampia dello stesso Vercellese, la quale per si avvicina
piuttosto al trattato che al commento ed ricca di citazioni bibliche.
Riguardo al Pseudo Ugo (2), basta ricordare che si tratta d'una
compilazione, formata nella massima parte da passi del De divisione na
turae (3) di Scoto e degli Scholia (4) di S. Massimo. I brani sono riferiti letteralmente e non costituiscono un' esposizione continuata, ma sono
scelti a seconda dell'opportunit di spiegare qualche parola: ci era
naturale, dovendo l'autore della compilazione adattare il suo lavoro aile
due fonti, le quali, specialmente la prima, non avevano avuto uno scopo
esegetico. Difatti in Scoto gli accenni esegetici all' opera dionisiana ave
vano la funzione di semplici ausiliari degli argomenti che l'autore usava
per la dimostrazione della sua tesi; in Massimo poi, lo scopo non era
il commento particolareggiato del testo, ma la spiegazione di alcune pa role e la soluzione di alcune difficolt . Scoto non tratta ex professo
dell'opera dell'Areopagita: tutt'al pi i suoi accenni avrebbero potuto essere adattati e rimaneggiati a questo scopo, mentre l'autore ne ha
riportato letteralmente il testo nella sua compilazione (5). Massimo seri
(1) L'ha pubblicato il TH RY presse l'Halona di Parigi; non ho potuto esaminarlo in
questa edizione, ma ho visto il ms. 29 del Monastero degli Scozzesi di Vienna f. 79 sqq.
(2) Il Commento del Pseudo-Ugo in dito. Ne ho elencato i mss. nel citato art.
di evum -
(3) MlGNE, P. L., CXXII, 440-1023. (4) MlGNE, P. G. IV 415-432. (5) Le rarissime modificazioni al testo di Scoto sono quelle che venivano rese neces
sarie dal fatto che la forma del trattato di Scoto, essendo dialogica, non poteva adattarsi
al nuovo lavoro: tuttavia, anche in questi casi, sono conservati scrupolosamente i vocaboli.
Eccone un esempio:
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COMUNICAZIONI
veva non per i Latini del sec. XIII, ma per i Oreci del sec. VII e le sue
note sono talvolta esplicative, ma pi spesso erudite, diffondendosi a
sciogliere difficolt ed apparenti contraddizioni, che non mancano nella
complessa ed oscura opera dell'Areopagita. La compilazione del Pseudo-Ugo presenta quindi tutti i caratteri
della frammentariet : dunque proprio Topposto del Commento del
Grossatesta.
Infine, il m todo di Alberto Magno esso pure ben diverso da
quello del Grossatesta.
Il Commento s'inizia(l), come un sermone, con un passo b blico:
Vere tu es Deus absconditus, Deus Israel Salvator, trovando in queste
parole il modus (vere), la materia (Deus absconditus = mystica theo
logia), gli auditores (Israel, quod interpretatur rectissimus vet videns
Deum) ed il finis (Salvator). Ciascuno di questi quattro punti infiora to da vari passi scritturali. Segue una Questio proemialis qualiter haec
scientia dicatur mystica, dove sono esposte otto difficolt , che vengono risolte ad una ad una, spiegando come sia appropriato a questa scienza
il nome di m stica . Segue il testo, la divisio textus nella tipica forma
delle divisioni scolastiche (2), ed il Commento breve, soltanto di quello che pi notevole, dando una estensione sproporzionata alla spiegazio ne di qualche parola (p. es. phantasia Capo V, pag. 135); vengono in
fine i dubia con le relative soluzioni.
Nessuna, o quasi, nota filol gica; qualche accenno ad altre traduzio
ni, senza pero alcuna critica, p. es. a proposito di unionem (3): Alia
translatio unitationem, ut scilicet Deo uniatur; et haec concordat alteri
translationi vuae habet unitatem, id est simplicitatem. e (4) maxime lau
dav imus: alia translatio laudamuS, propria affirmativae theologian
Ait enim: Neque virtus est, neque tux, neque vita, et paulo post: Neque scientia
est, neque oeritas. - Magister: Fortassis Dionysius contradicit Christo, qui de seipso
praedicat se ipsum veritatem esse? -
Discipulus: Abs it. - Magister: Utrumque
verum est etc. . . (De div. nat., L. IV, P. L., CXXII, 757 D) -
Invecc il Pseudo-Ugo ha: Neque scientia, neque veritas est. Numquid Dyonisius contradicit Christo dicenti
de seipso: Ego sum via, veritas et vita? -- Absit, quia utrumque verum est. (Clm.
18120 della Bibi. Naz. di Monaco f. 101v ). (1) LBERTI MAGNI, Opera Omnia ediz. Jammy Lugduni 1651 t. XIII, pag. 117.
(2) Notevolc il gusto tutto scolastico d lie divisioni e suddivisioni, proprio dei trattati.
(3) ediz. Jammy XIII p. 121. Veramente il testo dello Jammy ha imitationem ma chiaro che si Iratta di un errore.
(4) Ediz. Jammy t. XIII, p. 131. Dalle parole di Alberto Magno risulterebbe la cono scenza di traduzioni. Per possiamo intendere anche che si tratti di varianti della tradu
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COMUNICAZIONI
Da questo breve cenno risulta evidente la differenza di m todo e
di tono del commento di Alberto in confronto con quello del Grossatesta:
la parte esegetica si riferisce soltanto alie parole pi notevoli e trascura
il resto; le varie soluzioni sono piuttosto rivolte ad obbiezioni, molte
volte assai lontane dal senso ovvio del testo, pi che non giovino alla
comprensione del testo stesso. L'abilit dialettica del commentatore
rivolta a risolvere le eventuali difficolt che possono sorgere nei riguar di della materia trattata, aprendo cosi il campo a dotte disquisizioni
teologiche e filosofiche che fanno quasi dimenticare il testo che ha dato
occasione alla disgressione; nel Grossatesta invece il commentatore
tutto e solo al servizio del testo dionisiano.
In conclusione risulta chiaramente il m rito del Lincolniese nel cam
po esegetico: egli il primo che commenta il testo da lui stesso tradotto
e ne rimane sempre e soprattutto il commentatore.
/ CAR ATTER! DELLA TEOLOGIA GROSSATESTIANA NEL COMMENTO
Il Grossatesta ebbe il genio pratico della sua Stirpe anche nella sua
attivit scientifica. Il m rito di Rogero Bacone, il Doctor mirabilis che
rivolse resperienza allo studio della natura, risale in non piccola parte al suo maestro, che fu appunto il Lincolniese il qu le ebbe dal suo pi
grande discepolo le dimostrazioni della pi alta stima (1). L'indirizzo pratico del suo sistema filos fico si opponeva a quello
dominante nelle scuole del tempo, che aveva stretto intimamente tra loro
teolog a e dialettica, tanto che questa trasformava non di rado la scienza
divina in un rido giuoco di sillpgismi. E vero che lo studio della l gica aveva lo scopo di sviluppare le facolt ragionative, ma l'eccessiva atten
zione assegnata ad essa distraeva le menti dai fatti deiresperienza, tanto
zione stessa; difatti unitacionem notata come una variante nel MlGNE (P. L. CXXII,~271) che accetta unitionem nella traduzione del Sarraceno; invece unitatem tolta dalia tra
duzione di Scoto (P. L. c. XXII, 1173 A). Laudamus pure una variante della tradu
zione del Sarraceno (P. L. CXXII 277). (1) So/us Dominus Robertus propter longitudinem oitae et oias mirabiles quibus
usus est prae a/iis hominibus scioit scientias ( Compendium studii phitosophiae, Cap. I ediz. F. S. Brewert London 1859 pag. 471), cfr. STEVENSON op. cit., pag. 5. Questo non
che un esempio delle moltissime lodi trib tate da Bacone al suo maestro. V. STEVENSON, op. cit. passim.
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COMUNICAZIONl
da trasformare le stesse dottrine aristoteliche, base di quell* insegnamen lo, in astruse ed irreali astrazioni. Ne seguiva, nel campo teol gico, Tabbandono delle fonti positive: la Scrittura ed i Padri venivano lasciati da parte, e Toggetto principale della scienza teol gica sembrava essere
Tapprovazione o la disapprovazione su basi astratte di certe proposizioni teologiche, essendo fondata la prova del successo sulla consonanza del T argomento con le reg le accettate dalia dialettica (1).
In questo quadro, apparisce nella sua luce Topera del Grossatesta. Con lui la teolog a positiva acquista un posto di primaria importanza:
il suo m todo piuttosto simile a quello di Pier Lombardo che non a
quello dei puri dialettici. Dal maestro delle Sentenze egli apprende il
grande rispetto per le auctoritates, ma, nello stesso tempo percepiva che Topera di Pier Lombardo correva il pericolo di essere trattata come un'autorit in se stessa, invece di servir soltanto come punto di parten za sui testi originali, sui quali era basata (2). Lavoro dunque il suo
che, pur tenendo nel giusto valore Tinterpretazione data dalle fonti ed anche dalia Summa di Pier Lombardo, che raccoglieva le sentenze dei Padri, nello stesso tempo si serve della dialettica per sviluppare le con clusioni ed appianare le apparenti divergenze. E il vero m todo della
teolog a che, dovendo partir dalia Rivelazione, deve proceder sopra una base che rimane ferma, e poi, con i dati della ragione, giunge a
penetrare, per quanto dato alT intelletto umano, nella profondit delle v rit rivelate. E quest* equilibrio tra autorit e ragione che ha costituito il campo delle baltaglie dei teologi medievali, che il Grossatesta ha cercato di raggiungere nella sua opera.
Esempio di questa conciliazione il suo commento alla Mystica Theologia. Il rispetto delT autorit gli fa seguir letteralmente quasi fino alio scrupolo, in modo da cons rvame e forse da accrescerne T oscurit , il testo di Dionigi, mentre lo traduce. Egli ne commenta le parole e non si allontana mai, nella spiegazione, dalia citazione letterale di ogni pa rola del testo: criterio questo che aiuta alla comprensione del senso ed alla scelta delle varianti nei diversi manoscritti. Il commento, fondato sulle reg le della dialettica, tutto a servizio delT opera di Dionigi, e
Tingegno acuto del Grossatesta tutto rivolto a trovare nelle oscure elucubrazioni del m stico bizantino un perfetto ordine l gico, una rigo rosa esattezza sistem tica, che certo T autore non aveva di mira. Cosi
(1) STEVENSON, op. cit., pag. 18-19.
(2) STEVENSON, op. cit., pag. 19.
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COMUNICAZIONI
nelle parole del Commento ogni frase di Dionigi, il creduto Padre della
Chiesa, acquista il suo posto preciso, ed ogni periodo in un l gico concatenamento col precedente. Ragione dunque, ma a servizio deir au
torit , del deposito sacro della dottrina patr stica.
Un altro carattere della teolog a grossatestiana la tendenza pra tica del suo insegnamento per la quale egli insiste pi sui lati dina
mici che su quelli statici della teolog a (1). E questa una conseguenza dell*indirizzo positivo: l'aspetto puramente te rico delle questioni non
int ressa la sua mente, ma la teoria un mezzo alio scopo di trarre i
iettori air attuazione pratica delle dottrine teologiche (2). E Y aspetto
pastorale ed etico del Cristianesimo (3) quello che costituisce Y og
getto dell'attivi-t teol gica del Lincolniese e non dimentichiamo che,
quando egli scriveva il Commento a Dionigi, era Vescovo (4) e gli uf
fici del suo dovere pastorale occupavano una grande parte del suo tem
po. Lo stesso contatto con le anime nel ministero pastorale pu averio
determinato a compiere quest' opera per aprire a quelli che non potevano servirsene da soli, i tesori della sapienza patr stica.
Pu sembrare strano, ma proprio nelle altezze della mistica che il
Grossatesta sa trovare gli accenti per indurre i suoi Iettori alla pratica della virt cristiana. Gi di per se stessa la mistica, pur non essendo
per tutti, ma per i pi progrediti nella via della perfezione cristiana, ha
per fine l'unione con Dio: una scuola elevata e per pochi soltanto, ma una scuola che ha uno scopo eminentemente pratico, portare l'anima
al grado pi alto dell' unione divina. E 1' ascensus in caliginem (5) che il
Vescovo di Lincoln vuole indicare ai suoi Iettori e nella quale oramus cum auctore nos et omnes fieri (6).
(1) STEVENSON, op. cit., pag. 37.
(2) Il FELTEN, T nico bi grafo che dia una valutazione di quest'opera del Grossatesta, rileva soltanto il lato speculativo. Quanto ne dice, pur essendo, sotto questo aspetto, in
completo, tuttavia esatto : Vi si tratta sopratutto del modo di conoscere Dio per mezzo
dell'affermazione e della negazione, cio vi si dimostra che noi conosciamo Dio, quando Gli attribuiamo le perfezioni che appariscono nelle creature e quindi affermiamo l'esistenza
di esse in Lui, ma neghiamo le determinazioni finite dell'essere, il non essere e tutte le
imperfezioni nei riguardi di Dio e cosi attraverso una tale negazione comprendiamo quelle
perfezioni come spettanti a Dio in modo infinito. Il significato della M stica Teolog a
per la comprensione e 1'esposizione teol gica della dottrina dell'essenza e degli attributi
di questa dottrina . J. Felten, op. cit., pag. 75.
(3) STEVENSON, op. cit., pag. 36.
(4) La composizione del Commento risale al tempo del suo episcopato (1235-1253). (5) Pag. 69, 24.
(6) Pag. 69, 25.
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COMUNICAZIONI
E quando si tratter di commentare il testo, il Grossatesta avr sem
pre i piedi in terra e si riveler l'uomo pratico e deciso, che va diritto
al suo scopo: non ricorrono nel suo Commento frasi nebulose o reto
riche ma chiari e rapidi accenni, qua e l , alla realt della vita ed ai
suoi difetti, (le varie immagini concrete p. es. e specialmente Faccenno a coloro che conoscono la lettera, ma non lo spirito delle Scritture (1)); l'autore si compiace di sviluppare le immagini prese dalia natura, come
quella della statua (2), e ne aggiunge d lie altre (gli occhi che fissano
il sole (3), T ordine seguito dalia natura nella formazione del corpus animatum (4), mai, neppure una sola volta, indulge al gusto dei glossa tori medievali di trovare molteplici sensi reconditi nelle parole dell'Areo
pagita. L' unica volta in eui ricerca il senso morale quando lo stesso
Dionigi vi accenna espressamente; neiresempio di Mos sui Sinai (5).
Soprattutto notevole nel Grossatesta il senso della realt che lo
porta a fermarsi, durante il suo commento alie espressioni delle verit
pi alte, per un*arida nota di grammatica o di filolog a: se lo crede
utile al lettore, non ha scrupolo di a restarsi e di dilucidare un'etimolo
g a o un errore di interpretazione dovuto alla cattiva comprensione del
testo greco. Di queste note, frequentissime in tutti i suoi commenti alie
opere dell'Areopagita, moite rivelano un erudito fil logo ed un acuto
critico. Tuttavia, la filolog a e la critica non sono fine a se stesse: di
vengono qui, nel senso pi letterale, ancillae theologian secondo l'altis
simo ed unitario sistema scientifico m di vale, che tutto sa meravigliosa mente subordinare alla scienza delle scienze, che qui la via che indica
le pi eccelse altezze dell'ascesa dell'uomo verso Dio.
Una prova di ci mi pare di poter scorgere anche nel gi ricordato
accenno pol mico a coloro che fanno oggetto di vanit la stessa parola divina delle Scritture, mostrando una scrupolosa esattezza nelle citazioni
letterali, dei quali lecito dubitare che sirmo vacillantes et egeni circa
sensus Scripture, in mancanza della (juale scienza volunt, in verborum
ipsius copiositate, sapientie divitias ostentare (6). Parole forti e chiare:
forse il dotto e zelante Vescovo pensa ai predicatori che fanno sfoggio di erudizione vuota anche in quello, che vi di pi sacro, la parola di
Dio; e la sua non una voce isolata nel suo tempo.
(1) Pag. 49, 5-13. (2) Pag. 42, 24 sgg. Cf. anche 52, 14 segg. (3) Pag. 40, 7-17. (4) Pag. 52, 7-10. (5) Cap. I parte IV pag. 33 sgg. (6) Pag. 49, 12-13.
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COMUNICAZIONI
Come per Dionigi, cosi per il suo commentatore, ogni cosa umana
un grado della scala che conduce a Dio, e non mai fine a se stessa.
Un terzo caratiere della teolog a del Grossatesta il suo evidente
studio di mantenersi fedele air insegnamento della Chiesa, che nei Padri
vede i suoi principali interpreti. Come ha notato lo Stevenson, se il
Grossatesta, contro V uso del tempo, si ferm sui lati dinamici pi che su quelli statici della teolog a, non si deve immaginare che egli abbia
deviato in alcun modo dalia fede accettata dalia Chiesa, perch egli accentu nel suo insegnamento certi lati a preferenza di altri: ed infatti il contrario si pu f cilmente dimostrare con le citazioni delle sue ope re (1). Egli fu un fedele figlio della Chiesa, un forte ed en rgico apo st lo, che seppe opporsi al male, dovunque fosse, anche se 1' ordine pro venisse dalia Curia di Roma, senza esser per questo un precursore dei
protestanti, come si voile farlo passare (2). Fu un austero riformatore di
costumi nella sua di cesi ed in ci seppe stroncare coraggiosamente
ogni opposizione, fu il pi grande prelato d'Inghilterra dei suoi tempi, ed il titolo di Santo che troviamo riferito a lui in molti scritti non molto
tempo dopo la sua morte e Fintroduzione della causa di canonizzazione sono prova della santit che egli acquist durante la sua vita.
Il suo ossequio alla fede della Chiesa apparisce anche nel modo
con eui si accosta al creduto Padre della Chiesa, il Pseudo-Dionigi: nessun accenno ad incomprensioni o ad errori dello scrittore bizantino,
anzi, come abbiamo detto, la dialettica tutta al servizio della Mystica
Theologia per appianare difficolt e dimostrare il perfetto ordine.
E giusto non vedere un* opposizione tra l'indirizzo pratico della teo
log a grossatestiana e la fedelt air insegnamento cattolico, ed una prova ne il fatto stesso che lo scolastico inglese si sia occupato di mistica.
Non si potr forse parl re di lui come di un m stico, almeno non ne abbiamo finora le prove, ma fu certamente un uomo che senti Fane lito alla perfezione nel grado pi alto, che concepi la vita cristiana non
solo come luce deirintelligenza, ma, com* essa realmente , come un
organismo completo che abbraccia tutto F uomo nelle sue facolt intellet
tive, sensitive ed attive. Non deve far meraviglia se uno spirito pratico ha vo uto indagare la profondit della mistica; ed ormai dopo gli studi
del Denifle e del Grabmann non si pu pi parlare di un'opposizione tra
(1) STEVENSON, op. cit., pag. 37.
(2) Cf. . GATARD in VACANT-MANGENOT, Dictionnaire de Th ologie Catholique, Paris 1920 t. VI pag. 1886.
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Aevum - Anno XVIII - 9
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COMUNICAZIONI
m stica e scolastica, ma piuttosto di una correlativit (1) o meglio, co
rne riconosce il razionalista Harnack: Teolog a m stica e scolastica sono
una sola e la stessa realt che si presenta soltanto in diverse gradazioni, a seconda che predomina t'int resse soggettivo o quello oggettivo (2).
Il Grossatesta non il solo che abbia rivolto la sua attivit ai due
campi della scolastica e della m stica, ma da S. Anselmo a S. Tommaso, da Ugo di S. Vittore a S. Bernardo, da S. Alberto Magno al m stico te
desco Eckhart (3), la schiera degli scrittori di scolastica e di m stica
comprende un grande numero dei teologi medievali.
il Grossatesta stesso che mette il trattato della M stica Teolog a, al suo giusto posto, alla fine delle altre parti del Corpus Areopagiticum:
T ultimo ed il pi alto, quello che tocca il v rtice delle possibilit umane nella via che conduce a Dio. Ed anche se non abbiamo i dati
(1) Il GRABMANN esprime cosi i rapporti tra scolastica e m stica: Scolastica e m stica non sono opposte, ma correlative. Nella pi intima essenza sono ambedue formate intel
lettualisticamente; soltanto, la scolastica nel suo piano sviluppo si tiene prevalentemente nel terreno dell'intellettualismo, mentre nella m stica sono attive le forze affettive, anzitutto
1'amore, senza perder frattanto 1'orientamento intellettualistico. La mistica vuole penetrare ed esperimentare 1'insegnamento, fondato sulla scolastica, dell'unione con Dio. Il posto della scolastica la cattedra. La scolastica vuol essere insegnamento e istruzione, donde
la sua forma impersonale, comprensibile, il predominio del m todo l gico e delle dottrine metafisiche. La mistica prospera nelle celle silenziose dei conventi, un dialogo con Dio
dell'anima, che col pensiero, col volere e col sentimento fecondati dalle forze sopranna turali vuole entrare nella pi intima maniera possibile sulla terra in contatto con Dio.
Donde propria della mistica l'attrattiva dell'originale e del personale: di qui vengono in onore nella mistica i momenti psicologici ( GRABMANN, Die Geschichte d. sch. Meth.,
II, p. 97 ). Anche S. Tommaso, qui citato dal Grabmann, osserva: Vita contemplativa, quantum
ad ipsam essentiam, pertinet ad intellectum ( Samma Th. II IIac q. 180 a. 1 ). Notevoli
sono pure i vantaggi prodotti dall'influsso reciproco esercitato dalia scolastica e dalia mi
stica: La mistica ha spesso mitigato l'astrattezza e l'aridit dell'esposizione scolastica, ha aperto l'ingresso nel pensiero e nell'esposizione m di vale anche al sentimento e alla
fantasia . . . e abbellito e vivificato la fisonom a prevalentemente dialettico-metaf sica della
scolastica .
A sua volta la mistica ha trovato anche per m rito della scolastica .. . chiarezza e
orientamento . GRABMANN, op. cit., II, 100.
Cf. anche il volumetto dello stesso GRABMANN, La mistica cattotica, (traduzione italiana) Milano 1930, pag. 60-61.
(2) A. HARNACK, Lehrbuch der Dogmengeschichte III, 3 p. 329, Freiburg 1897. (3) S. TOMMASO commento il De Dioinis Nominibus dell'Areopagita; di ECKART il
DENIFLE ha scoperto recentemente gli scritti scolastici. Cf. H. DENIFLE, Meister Eckharts
lateinische Schriften und die Grundunschauung seiner Lehre in Archiv f r Litera
tur-und Kirchengeschichte des Mittelalters II (1886) pag. 416-652, 673-687.
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per dire che il Commento a quest* opera rappresenti T ultimo lavoro,
quasi il canto del cigno del Vescovo di Lincoln, senza dubbio quella in eui il suo pensiero spicca il suo volo pi alto. Non era la prima volta
che affrontava ardui problemi di teolog a: gi aveva trattato il terribile
problema del libero arbitrio (1) e aveva risolto, con la sua mente equi librata ed acuta, sulla scoria di S. Agostino, di S. Anselmo e di S. Ber
nardo;.ora il m stico bizantino che gli scopre, nelle sue n bulosit , Ia via delle ascensioni mistiche. E questa via oscura che egli tentera di
illustrare, per quanto dato aile possibilit umane.
Il Baur, studiando nel suo dotto volume la filosof a del Grossatesta, rileva l'importanza che il Lincolniese ha dato all* elemento luce, nella sua costruzione filos fica e scientifica. La luce per lui, il substrato
materiale del divenire del cosmo, mezzo e strumento per la seniazione e percezione dell* anima attraverso il corpo: infine come lux incorporate! in perspicuo h mido diventa colore e bellezza d'ogni cosa visibile. La
luce anche il nesso attraverso il quale gli influssi delle stelle vengono sulla terra. La luce per lui prima corporeitas o prima forma creata, e col moltiplicarsi e diffondersi della sua materia in forme sferiche con
un processo di diluizione e di condensazione furono formate le nove
sfere celesti e poi le quattro sfere degli elementi. La luce il mediatore tra il corpo e l'anima (2).
Ora il te logo, sulle tracee di Dionigi, segue la via inversa nella sua speculazione: cerca di giungere al punto in eui la luce terrena viene meno e lo spirito umano entra nella divina cal gine nel contatto colPEs sere supremo. Non pero una rinuncia all'anelito della sua nima alla luce: non una cal gine che in apparenza, perch Pocchio umano
troppo debole ed imperfetto: in realt la pienezza della luce che egli cerca, anche se la sua soprannaturale potenza offusca la troppo limitata vista umana. Ma pienezza di luce e di gaudio: ^ questo il te logo desidera a s ed agli altri (3). Nel Commento al testo di Dionigi, il Grossatesta vede nello scritto del te logo bizantino quasi un canto che tutta la creazione innalza a Dio: prima coll'affermazione, poi con la ne
gazione di ogni perfezione creata. E qualche cosa che ricorda Panelito
(1) Il BAUR, (Die Philosophie des Robert Grosseteste, Bischofs von Lincoln, M n ster 1917 pagg. 208-288) fa un'ampia esposizione della teoria del Grossatesta sui libero arbitrio.
(2) L. BAUR, Die philosophischen Werke des R. Grosseteste, M nster 1912, p. 76*-77*. (3) Secundum quam super/ucidam caliginem oramus nos et om ne s fieri, pag. 69,
24-25.
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COMUNICAZIONI
a Dio di S. Agostino, il Padre che insieme con Dionigi domino la m stica
del Medio Evo, che si sente invitare dal creato tutto a salire sempre pi in alto fino a superarlo (1), che, pur nella negazione di ogni cosa creata come indegna di Dio, sente la bellezza di ciascuna di esse, 1'ordine
meraviglioso che non negato, ma affermato, anche quando venga nega to in Dio, per porre TEssere supremo non al di fuori, ma al disopra
d'ogni cosa creata, al suo v rtice, anche se una distanza infinita lo se
para dal sommo dei valori terreni. L pu giungere, per bont di Lui,
l'uomo, quest'essere che Dio ha posto al di sopra di tutte le creature
della terra.
Quest'ordine meraviglioso coito dal Grossatesta ed suo il filo
che lega, attraverso i dati della ragione, le varie creature della scala
che sale fino a Dio. In questo vedo l'originalit del Commento del Lin
colniese e la sua sup riorit sui Commenti precedenti, oltre che nel m -
todo: l'aver saputo, negli ultimi capitoli dell'opera, cogliere col suo acuto
pensiero i rapporti di dipendenza tra tutte le cose create, che il m stico
bizantino aveva accennato pi con sottigliezza che con profondit ed e
sattezza di pensiero: l'aver unito i vari elementi offertigli da Dionigi come pietra per costruire un grande edificio e porvi sopra l'uomo in
nalzato dalia grazia divina, solo, al disotto di colui che supera tutto ed
infinito, Iddio. Non che apparisca nelle sue parole l'impeto lirico di Agostino: ed
evidente la differenza tra l'ardente Padre africano ed il freddo scola
stico inglese; egli ha sentito diversamente il problema delle relazioni
con Dio, l'ha sentito da scolastico e da freddo ragionatore, ha avuto
la sensazione precisa della sua posizione di commentatore e mai si
dimenticato di essere tale; ma la sua anima si legge pi che nell'espres sione letterale, nel suo forte ed originale perisiero.
ULDERICO GAMBA
(1) AUGUSTIN, Conf. X, 6 sgg.
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