repas frugal

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REPAS FRUGAL Catalogo della mostra a cura di Elena Hamerski e Marco Servadei Morgagni con la collaborazione di Cristina Ambrosini Progetto grafico di Nazzareno Giannelli

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Page 1: Repas Frugal

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Con il patrocinio diComune di Forlì - Assessorato alla CulturaComune di Portico e San Benedetto

In collaborazione conMusei di San DomenicoSettimana del Buon Vivere 2013Associazione dei Musei d’ArteContemporanea Italiani

Repas FRugal

28 settembre - 6 ottobre 2013Oratorio di San Sebastiano, ForlìMusei di San Domenico, Forlì

13 ottobre - 10 novembre 2013Chiesa di Santa Maria in Girone, Portico di Romagna

Mostra e catalogo a cura diElena HamerskiMarco Servadei Morgagni

con la collaborazione diCristina AmbrosiniDirigente servizio Pinacoteche e Musei, Comune di Forlì.

Progetto graficoNazzareno Giannelli

Finito di stampare nel mese di settembre 2013presso la Tipolitografia Valbonesi, Casa Editrice, Forlì.

Assessorato alla CulturaComune di Forlì

Comune di Portico e San Benedetto

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La mostra collettiva Repas Frugal contribuisce a comporre una de-licata pagina del dialogo tra artisti della contemporaneità e le collezio-ni d’arte della città, su un tema – il cibo – capace di interpellare le coscien-ze di uomini e donne di ogni periodo sui valori fondativi dell’esistenza.In quest’esperienza vi è l’invito a cogliere la naturale e insopprimibi-le propensione a saggiare vivificanti relazioni tra spazi urbani densi di signi-ficato storico e culturale e sensibilità artistiche che vivono il nostro tempo.Un filo ideale unisce idealmente – ancor più di quanto già siano vicini – i Musei S. Domenico e l’Oratorio S. Sebastiano, offrendo per una settima-na la possibilità di ammirare, nella splendida cornice dell’ex convento, La Pre-ghiera prima della cena, opera appartenente alla Collezione Pedriali presso il Palazzo del Merenda, attualmente non fruibile come vorremmo per il pubblico.I Musei S. Domenico si inseriscono quest’anno nell’ambito delle Gior-nate Europee del Patrimonio con una mostra archeologica nata da un progetto condiviso con i musei archeologici di Forlimpopoli e di Ga-leata e, con Repas Frugal, anche nella Giornata del Contemporaneo in Ita-lia, promossa dall’AMACI – Associazione Musei d’Arte Contemporanea.Saluto con fiducia questa mostra e ringrazio i curatori per la disponibilità a por-re insieme alla Direzione dei Musei i presupposti per altre future collaborazioni.

Cristina AmbrosiniDirigente del Servizio Pinacoteca e Musei

Project Manager, Comune di Forlì

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Nel 1904, nel pieno di uno dei momenti forse più difficili e critici della sua vita, Pablo Picasso realizza la più intensa delle sue acqueforti: Repas frugal. Il clima è ancora quello esistenzialista, a metà via tra simbolismo ed espressionismo, che contraddistingue il periodo denominato Blu della sua attività; vi sono rappresenta-te due figure, una maschile e una femminile sedute ad un tavolo ed immerse in un dialogo muto, nel quale si inserisce pienamente la scarna natura morta riprodotta in primo piano: una bottiglia di vino, un piatto vuoto, due bicchieri e un pezzo di pane. È un’assenza più che una presenza ad essere messa in scena da questi elementi.Essi infatti, nella loro essenzialità e povertà, raccontano straordinariamente, e in maniera forse più eloquente degli individui stessi, la miseria in cui questi ulti-mi sono ridotti. A dominare la scena non è solo una povertà materiale, benis-simo sintetizzata dal piatto vuoto al centro: qui Picasso riesce a raccontare an-che un impoverimento dei sentimenti e della vitalità stessa dei protagonisti, che forse dalla prima deriva, ma che finisce per avvolgere tutta la loro esisten-za. Si arriva pertanto nella scena a una tale fortissima e mutua identificazione tra personaggi e oggetti, (gli sguardi sono vuoti così come il piatto e i bicchie-ri), che Repas frugal può essere anche intesa come una “natura morta con figu-re”, per l’alto contenuto espressivo e il risalto che qui viene dato agli oggetti.Tale può essere la forza simbolica delle cose inanimate. Di questo per la verità gli artisti si erano già accorti da qualche secolo, almeno da quando avevano deciso,

Un pasto frUgaleMarco Servadei Morgagni

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prima in Italia nel corso del Rinascimento poi in tutta Europa nel corso del Sei-

cento, di conferire dignità artistica alla rappresentazione degli oggetti materiali,

sia artificiali che naturali, tanto da codificare un genere autonomo da quello della

pittura di storia o di figura: la “natura silente”. Se ci si sofferma sulla riproduzione

dei vari componenti dell’alimentazione umana, che insieme ai fiori hanno sicu-

ramente costituito il soggetto privilegiato della categoria, si può notare come essi

siano stati spesso impiegati, oltre che per inscenare un gusto decorativo raffinato

ma ridondante, per significare attraverso la ricchezza e la complessità della tavola,

la sofisticazione e il livello di cultura cui le varie società borghesi erano pervenu-

te. Più raramente invece il cibo è stato associato, proprio come nell’acquaforte

di Picasso, al concetto di essenzialità e dunque ricondotto al suo valore, soprat-

tutto simbolico, di alimento primario per il sostentamento dell’essere umano.

Vi è riuscito ad esempio, e con una sensibilità mirabile, il pittore fiammingo

Ferdinand De Braekeleer il Vecchio (Anversa, 1792-1883) in una piccola tavola

della collezione Pedriali, La preghiera prima della cena, oggi nelle raccolte civiche

forlivesi. Il curioso artista, che a metà del XIX secolo adotta un vedutismo di

interni palesemente debitore della grande tradizione fiamminga seicentesca, non

riesce però a nascondere in questo piccolo capolavoro una vena patetica esplici-

tamente romantica. Così, benché la foggia degli abiti e dell’arredamento riman-

dino indubitabilmente ad un ambiente povero del XVII secolo, l’affettazione,

l’eloquenza dei gesti e degli sguardi dei personaggi raccolti in preghiera attor-

no all’unico piatto fumante, denunciano un’attenzione alla resa degli stati d’a-

nimo e della storia di individui tipica del secolo delle grandi rivoluzioni sociali.

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Da questi due esempi dell’arte moderna, si è voluti partite per tentare di trasporre

nella contemporaneità una riflessione sul tema della natura morta esistenzializza-

ta, tema e pretesto di questa esposizione. Come si vedrà per le opere degli artisti

presenti in mostra, i media, e la sensibilità dei tempi inducono ad esiti natural-

mente ben diversi da quelli anche solo di un secolo fa. Dalla sacralità e dalla ca-

pacità aggregante dell’unico pasto famigliare, presente in De Braekeleer, dall’ac-

cento sulla miseria e su una condizione esistenziale depauperata, manifestata da

Picasso, l’attenzione degli artisti sembra oggi spostarsi sul concetto di riduzione

alla primarietà e di desiderio di riavvicinamento alla Natura; riavvicinamento

che non è prettamente o solamente bucolico e ideale, ma innanzitutto proble-

matico nell’accostarsi a quelle che sono le sue logiche affascianti, le sue regole,

e che proprio nell’atto fondamentale dell’alimentazione riconducono l’uomo alla

sua partecipazione ad un creato e a un valore fondativo per la propria esistenza.

Un’ultima nota per guardare questa mostra: se nelle espressioni arti-

stiche del passato il genere natura morta si è identificato quasi esclu-

sivamente con la pittura, il Novecento ha via via scoperto la forza de-

gli oggetti, presenti nella realtà o rielaborati intenzionalmente. La riflessione

artistica contemporanea appare oggi maggiormente interessata a manife-

starsi attraverso queste nuove forme di scultura, motivo per cui la mostra in

questione è concepita come una macro-installazione di differenti sculture.

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La scelta di presentare una collettiva di artisti appartenenti a diverse generazioni, portatori di differenti sensibilità di approccio ai temi, nonché di un diverso ricorso ai media, risponde alla volontà di fare di questa mostra un’occasione di riflessione per un pubblico che possa avvalersi di una delle principali caratteristiche dello scenario artistico contemporaneo: la sua eterogeneità. Le opere, selezionate sia per il loro valore estetico che per quello contenutistico, dialogano tra loro in modo non obbligato e consecutivo in un percorso che si snoda su un tavolo di diciotto metri, lasciando liberi gli spettatori di perdersi in una lunga degustazione interpretativa della natura morta frugale. È infatti come se ci trovassimo davanti a una tavola vera e propria dell’arte dove ognuno può assaggiare o abbuffarsi a proprio gradimento. Questi assaggi ci mettono difronte a uno dei tanti “pranzi gratis” (Achille Bonito Oliva) dell’arte dove lo spettatore è invitato a un “banchetto duraturo”. Lo spettatore può assaggiare e cogliere liberamente, secondo il proprio punto di vista, il proprio vissuto e la propria sensibilità, ciò che l’arte oggi offre nei modi più svariati: “La gratuità e non arbitrio della produzione artistica risponde al bisogno biologico del soggetto di fondare ipotesi formali che condensano il senso e si stabilizzano come grumi fertili e permanenti nell’inerte fluidità della vita”1.Si può partire, per Repas frugal, logicamente dal rimando alla primarietà; come in Germinazioni di Irene Prendin, per la quale lo scheletro vegetale è composto da un

1 Achille Bonito Oliva, Gratis. A bordo dell’arte, Skira, Milano, 2002.

BUono pasto / pasto gratisElena Hamerski

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materiale inorganico come il ferro, che viene piegato a descrivere forme che mimano

strutture botaniche: una ricerca questa di realtà mediata dalla mano dell’uomo.

L’organicità scultorea e anti-formale di Barbara Baroncini collega invece il calco

di un broccolo in silicone, una seconda pelle artificiale della natura che ne trattiene

un ricordo, ad uno dei pasti più poveri della tradizione italiana: il cavolfiore.

Giulia Bassani, ha realizzato un’opera vivente e in progress, dove la vera

protagonista è la cenere, sostanza capace di trattenere e veicolare la memoria

di una natura che si disfa ma che dalla stessa polvere trova vitale nutrimento,

qui espresso dai piccoli germogli. Parte sempre dal concetto di vitalità Elena

Hamerski, le cui sterili nature si trasformano però in una riflessione sulla sterilità,

proposta attraverso una natura morta paradossalmente “morta in partenza”,

cioè una natura che si presenta già come funzionalmente in cortocircuito; viva

e turgida all’apparenza ma costruttivamente impossibilitata a generare altri frutti

(i semi di piombo che custodisce), e dunque conserva dentro di sé il segreto

della sua stessa nascita. Ad uno stereotipo francescano riletto attraverso Pasolini

(Uccellacci e uccellini), ad un gesto istintivo e naturalissimo allude l’opera di Patrizia

Giambi, artista per la quale la visione sperimentale dell’opera d’arte finisce

con l’intrecciarsi con la vita stessa, in questo caso il dare da mangiare a degli

uccellini, in carne ed ossa, tanto è il desiderio di portare in scena un’azione capace

di ripetersi e di trasmettere una vitalità concreta… con le connesse incognite.

Altra “portata” è 4 Kg di caramelle gommose, di Matteo Babbi: tra l’offerta golosa

e il riso amaro, ci troviamo all’interno di una strana legge del contrappasso tra il

desiderio infantile e un raccapricciante timore geriatrico. Nell’opera di Martina

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Esposito l’ironia, il paradosso e la contraffazione giocano un ruolo centrale;

con la sua Cimmenthal ci fa ragionare sulla qualità della nostra alimentazione dei

pasti pronti e instaura un gioco esplicito sul contenuto della scatoletta stessa dove

la “carne di unicorno” diviene paradosso tra animale di ieri e cibo di domani.

Jacopo Flamigni utilizza la primarietà dell’oggetto per riportarci ad una sorta

di ABC della “tagliatella del colore”, dove, attraverso una citazione etnografica,

la decodifica concettuale avviene attraverso i codici del mestiere della pittura,

qui citata sotto forma di leganti, pigmenti, colore, tra alchimia e paradosso.

Carlo Rivalta ottiene la primarietà mixando pittura e oggetto: la prima

l’immagine di un frigorifero, la conserva fondamentale per qualsiasi cucina

della nostra cultura; il secondo un barattolo pieno di memorie grafiche che

derivano, nella sovrapposizione di ortiche e chiodi, ad un proprio stato interiore.

Con l’opera MIO-MINE Alice Cesari ci s’immerge in una lettura consumata

e personale, il libro Il limite dell’utile di G. Betaille, che diventa esso stesso un

nutrimento sublimato, esaltato anche dall’operazione appropriante dell’incartare.

Maria Paolini apparecchia una portata adagiando sul piatto un tiralatte, sollevando

cosi il problema della primarietà da un punto di vista simbolico, risolto sia nel

contenuto che nella forma. Se si parte da un rimando immaginifico alla Madonna

che porge il seno a Gesù Bambino, immolandosi per il primo pasto, si può azzardare

per l’artista un’esplicita dichiarazione di come nella contemporaneità, il primo e

il più naturale pasto dell’esistenza umana possa essere surrogato da un tiralatte.

Dopo il latte, il pane. La poetica di Fabio Servadei Morgagni è quella che

più esplicitamente ricorre alla figura, per veicolare il valore che egli intende

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affermare attraverso il gesto artistico: la dignità umana in qualunque forma essa si

manifesti. In questo caso tanto la materia, il pane, quanto la forma, interpretano

identitariamente il significato del cibo necessario al proprio sostentamento.

Ad altro tipo di figurazione ricorrono due artisti presenti in mostra, Matteo Lucca

e Luca Freschi, questa volta però una figurazione che intende mettere in scena

un’identità senza ricorrere ad un individuo, ad uno stereotipo. Nella scultura/

azione di Matteo Lucca non è infatti possibile eludere il tema della ricerca di

identità, che è spesso alla base del suo lavoro, e che anche qui si manifesta in

una ciotola-contenitore per il cibo che, per famelica bramosia e contatto,

assume i connotati dell’autore che la usa; termina poi in un’offerta al pubblico

del calco in pane della sua stessa immagine, in una sorta di rimando eucaristico.

All’interno di una poetica identitaria rientra anche il lavoro di Luca Freschi,

che offre in mostra con l’opera Generatio un’istantanea tridimensionale della

propria storia famigliare: il calco, unitamente alla matrice, delle mani delle

donne della sua famiglia, accomunate dal gesto orante e raccolto delle mani

giunte. A tutti noi è parso pertinentissimo l’accostamento tematico e simbolico

al raccoglimento in preghiera che tradizionalmente precedeva il pasto nella

nostra tradizione, che dà anche il titolo alla tavola di Ferdinand de Braekeleer.

Ivo Gensini, sensibile conoscitore dei metalli, utilizza la forgiatura e la

fusione per ricostruire un piccolo angolo di casa contadina, nel quale un pesce

e il pane bastano a dare sostanza visiva ad un antico detto romagnolo dove si

affermava che bastava “bagnare il pane nell’ombra dell’aringa” perché questo

ne prendesse il gusto, per una sorta di transustanziazione saporosa. Così anche

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qui la primarietà degli oggetti dà forma alla semplicità della vita familiare di una

volta, dove i figli erano tanti, i soldi erano pochi e bastava pochissimo, anche

il solo pensiero, per sentirsi sazi. Consumar s’addice di Tommaso Bressan, è

un’opera che mette in gioco la primarietà formale dell’uovo, uno degli oggetti

più puri che si trovano in natura, la sua povertà quel alimento della tradizione

contadina, insieme alla ricchezza della composizione conica del piatto che

presenta, e dei materiali “alti” della scultura: marmo di Carrara e bronzo.

La primarietà formale delle uova di Bressan si trasforma nell’opera

di Oscar Dominguez in una primarietà anche materica e tecnica,

attraverso al ricorso per questa natura morta di un elemento

essenziale della scultura come l’argilla cotta, modellata manualmente.

Ci auguriamo che al termine di questa mostra lo spettatore possa, se

non sentirsi più sazio per i piccoli assaggi estetico-culturali ricevuti,

almeno uscire con un “blocchetto di buoni pasto” utili per l’avvenire.

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FERDINAND DE BRAEKELEER il VecchioAnversa 1792 – 1883

La preghiera prima della cena, 1851Olio su tavola, cm 30x36Forlì, Pinacoteca civica, Collezione Pedriali

Pittore di genere e di storia, fu allievo dell’Accademia di Anversa e di Mathieu van Brée, col quale si incontrò a Roma nel 1821. Si distinse al Salon del 1813 col dipinto Enea che porta il padre Anchise. Ricevette nel 1819 il Prix de Rome che gli permise di vivere in Roma probabilmente fino al 1822. Membro del Consiglio cittadino di Anversa dal 1936 al 1842, fu curatore del Museo di Anversa e fece parte dell’Accademia Reale del Belgio. Il grande successo che egli ebbe in vita fu dovuto soprattutto ai quadri aneddotici e pittoreschi, a volte comici, nei quali egli continuò la tradizione fiamminga e olandese delle scene di genere e di costume.

Il ricordo dell’arte fiamminga, delle bambocciate e delle scene fami-gliari del XVII secolo si mescola nell’opera di Ferdinand De Braekele-er ad un’aneddotica popolare che riprende un gusto diffuso in Germania agli inizi del XIX secolo. Ci appare come il migliore dei piccoli maestri passa-tisti di quel momento. Alcuni particolari di questo inedito piccolo gioiel-lo ci rimandano il ricordo di un altro famoso dipinto del Braekeleer, Le com-te de Mi-Carême (1839) che si trova nel Museo d’Arte Moderna di Bruxelles.

Giordano Viroli

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Mat t e o Ba B B i

Ba r B a r a Ba r o n c i n i

gi U l i a Ba s s a n i

to M M a s o Br e s s a n

al i c e ce s a r i

os c a r Do M i n g U e z

Ma rt i n a es p o s i t o

Ja c o p o fl a M i g n i

lU c a fr e s c h i

iv o ge n s i n i

pat r i z i a gi a M B i

el e n a ha M e r s k i

Mat t e o lU c c a

Ma r i a pa o l i n i

ir e n e pr e n D i n

ca r l o r i va lta

fa B i o se r va D e i Mo r g a g n i

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Mat t e o Ba B B i

4 Kg di caramelle gommose, 2013Gesso, caramelle gommose panna e fragola.

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Ba r B a r a Ba r o n c i n i

Prenditi cura di me , 2013Silicone.

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Gi u l i a Ba s s a n i

Orto refruo, 2013Plexiglass, terriccio, cenere e semi di fagiolo bianchi.

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to M M a s o Br e s s a n

Consumar s’addice , 1998-2013Marmo e bronzo.

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al i c e ce s a r i

MIO/MINE, 2013Il Limite dell’utile di G. Bataille, involucro Formaggino Mio e colla vinilica.

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os c a r Do M i n G u e z

Primis, 2013Terracotta, legno e ferro.

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Ma r t i n a es p o s i t o

Cimmenthal, 2013Latta, carta adesiva e carne.

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Ja c o p o Fl a M i G n i

L’azdora che giocò a fare dio, 2013Smalti e terre.

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lu c a Fr e s c h i

Generatio , 2010Terracotta, gesso, legno, vetro e carta.

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iv o Ge n s i n i

Abbondanza , 2013Bronzo e ferro.

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pat r i z i a Gi a M B i

Briciole, 2001-2013Alginato e mixed media.

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el e n a ha M e r s k i

Sterili nature , 2013Melone e piombo.

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Mat t e o lu c c a

MangiaMè, 2013Pane e ceramica.

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Ma r i a pa o l i n i

Diade , 2013Caucciù e ceramica.

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ir e n e pr e n D i n

GERMINAZIONE, 2013Filo di ferro, gesso, cera e aniline.

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ca r l o ri va lta

Ho rimasto solo chiodi e ortiche, 2013Tecnica mista su tavola.

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Fa B i o se r va D e i Mo r G a G n i

Pane al pane, 2013Pane, acqua, saliva e vinavil.

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Matteo Babbi/

è nato a Cesena nel 1986. Dopo studi accade-mici in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna e successivamente nel campo della co-municazione. Ha partecipato a diverse esposi-zioni personali e collettive in Italia e all’estero.www.matteobabbi.com

Barbara Baroncini/

è nata a Bologna nel 1989. Frequenta il biennio specialistico all’Accademia di Belle Arti di Bo-logna. Dal 2012 è borsista presso la fondazione Collegio Artistico Angelo Venturoli a [email protected]

Giulia Bassani/

è nata a Forlì nel 1987. Dopo essersi lau-reata all’Accademia di belle arti di Ce-sena presso il corso triennale di sceno-grafia del Melodramma, ha terminato la specialistica in scenografia teatrale all’Ac-cademia di Belle Arti di Brera di Milano. [email protected]

Tommaso Bressan/

è nato a Villanova del Ghebbo nel 1950.

Conseguita la maturità artistica si è diplo-mato scultore all’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano. Partecipa a diverse esposizio-ni personali e collettive in Italia e all’[email protected]

Alice Cesari/

è nata a Medicina nel 1986. Studia Filosofia all’ Università di Bologna. Parallelamente, si occupa di curatela, critica d’arte e musicale. www.cesarialice.com

Oscar Dominguez/

è nato in Argentina nel 1970. Da giova-ne viaggia per il nordovest dell’Argenti-na e in altri paesi latinoamericani, cer-cando di completare la sua formazione artistica dopo l’accademia. Nel 1999 arriva in Italia, dove si ferma. Partecipa a diverse mo-stre e manifestazioni sia in Italia che all’estero.www.quattroxquattro.com

Martina Esposito/

nasce a Napoli nel 1988. Dopo aver fre-quentato l’Istituto Statale d’Arte si laurea al Triennio di Scenografia per il Melodramma

note Biografiche

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e al Biennio di Illustrazione per l’Editoria presso l’ Accademia di Belle Arti di Bologna. pinterest.com/oregonpizza

Jacopo Flamigni/

è nato a Imola nel 1978. Diplomato all’Isti-tuto d’Arte di Forlì, successivamente laureato al DAMS di Bologna. Dal 1999 ad oggi, ha al suo attivo numerose mostre personali e col-lettive, piazzamenti in concorsi locali e nazio-nali. È uno dei fondatori del gruppo Mandra. jacopoflamigni.blogspot.com

Luca Freschi/

è nato a Forlimpopoli nel 1982. Laureato presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha partecipato a esposizioni collettive e per-sonali in Italia e in Spagna. Alcune opere sono state vincitrici di premi nazionali e acquisite in collezioni pubbliche italiane e spagnole. www.lucafreschi.com

Ivo Gensini/

è nato a Bertinoro nel 1950. Diplomato in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Ha partecipato a varie esposizioni collettive e personali di fama internazionale. www.ivogensini.com

Patrizia Giambi/

è nata a Lugo. Laureata all’Università di Bologna. Sono stati significativi nella sua formazione gli anni di collaborazione con Maurizio Cattelan. Ha vissuto a Los Ange-les dal 1991 al 1997 dove è continuata la sua attività espositiva fino ad oggi, di cui esiste un’ampia rassegna stampa internazionale. www.patriziagiambi.it

Elena Hamerski/

è nata a Forlimpopoli nel 1989. Laurea Trien-nale in Arti Visive all’Accademia di Belle Arti di Bologna specializzandosi in Didattica dell’arte e mediazione culturale del patrimo-nio artistico. Partecipa a premi, collettive, workshop in Italia. Vince il Premio Terna 04.www.elenahamerski.com

Matteo Lucca/

è nato a Forlì nel 1980. Laureato in scul-tura presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Partecipa ad eventi artisti-ci, fiere, personali e collettive nazionali.www.matteolucca.blogspot.it

Maria Paolini/

è nata a Cesena nel 1987. Percorre due strade di ricerca che riguardano la foto-

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grafia. Nel 2013 si laurea in Fotografia dei Beni Culturali presso l’ISIA di Urbino.www.mariapaolini.tumblr.com

Irene Prendin/

è nata a Bentivoglio nel 1987. Frequenta il Liceo Artstico F.Arcangeli di Bologna. Si diploma presso l’Accademia di Belle arti in Pittura nel Luglio 2012, è attualmente iscritta al biennio specialistico di Pittura con il Prof. Luca Caccioni. Vince svariati premi nazionali. [email protected]

Carlo Rivalta/

è nato a Forlì nel 1977. Consegue il di-ploma in arte dei metalli presso l’Istituto D’ Arte di Forlì. Si laurea nel 2008 all’Ac-cademia di Belle Arti Bologna. Parteci-pa a svariati premi, collettive in Italia. È uno dei fondatori del gruppo Mandra. www.carlorivalta.blogspot.com

Fabio Servadei Morgagni/

è nato a Forlì nel 1978. Apprende autodidatta a modellare e a disegnare con diverse tecni-che dal 2000. Le sue sculture sono realizza-te per lo più in cera e metalli non tradizio-nali, come le resine e il poliuretano [email protected]

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Si ringraziano per il sostegno

Galleria Brusia

Botteghe Artistiche di Portico