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UNIVERSITAˋ DEGLI STUDI ROMA TRE
FACOLTÀ DI INGEGNERIA
CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN INGEGNERIA CIVILE PER LA
PROTEZIONE DAI RISCHI NATURALI
Idraulica
Relazione di fine tirocinio
Il modello numerico “Lattice Boltzmann” per le equazioni
Shallow Water
Tutor universitario Tirocinante
Prof. Michele La Rocca Silvia Berrino
Anno Accademico 2016/2017
2 | P a g .
Sommario
1. Premessa ..................................................................................................... 3
2. Il metodo Lattice Boltzmann per le equazioni Shallow Water ................... 6
2.1. Introduzione .......................................................................................... 6
2.2. L’equazione di Boltzmann ................................................................... 6
2.3. Il Lattice (schema a reticolo) ................................................................ 7
2.4. La funzione di distribuzione di equilibrio .......................................... 10
2.5. Parametrizzazione ............................................................................... 11
2.6. Condizioni iniziali e al contorno ........................................................ 14
2.6.1. Condizioni al bordo no-slip .......................................................... 14
2.6.2. Condizioni iniziali ........................................................................ 15
2.7. Fasi per l’implementazione ................................................................ 15
3. Conclusioni, pregi e difetti del modello ................................................... 16
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1. Premessa
Per molti anni si è pensato che il calcolo approssimato delle soluzioni delle equazioni che
regolano i fenomeni reali, mediante i tradizionali algoritmi numerici, fosse il migliore
approccio nello studio dei processi naturali. In Fisica, l’evoluzione nel tempo dei processi è
governata da equazioni differenziali parziali non lineari, la cui soluzione può essere anche
molto complessa, a causa proprio della loro non linearità. Le metodologie classiche, nella
maggioranza dei casi, prevedono uno schema a volumi finiti per la discretizzazione della
formulazione integrale delle leggi di conservazione, mentre uno a differenze finite per quella
differenziale. La forte dipendenza delle soluzioni dalle condizioni al contorno è
frequentemente fonte di instabilità.
Solo negli ultimi decenni è stato proposto lo studio dei sistemi fisico-dinamici attraverso
l’uso di modelli che cercano di catturare il comportamento microscopico di particolari
fenomeni e di tradurlo, attraverso una semplice formulazione, in un modello numerico
effettivo, che simula processi fisici reali macroscopici.
Il primo ad applicare questo approccio alla fluidodinamica, fu Broadwell nel 1964, che lo
utilizzò per studiare onde d’urto nei gas; il modello di Hardy et al (modello HPP del 1976),
in cui per la prima volta è comparsa una discretizzazione spaziale con un lattice; infine il
modello di Frisch et al (modello FHP del 1986) che per la prima volta riuscì con successo a
ricondursi alle equazioni di Navier-Stokes.
Questi modelli, noti come Automi Cellulari, si basano sul concetto di fluido costituito da
particelle fittizie, descritte da variabili Booleane (indicano la loro presenza (1) o assenza
nella cella (0)), che operano consecutivamente processi di propagazione e collisione
(Streaming and Collision), spostandosi su una griglia reticolare discreta (Lattice). Ogni nodo
del reticolo è collegato ai suoi vicini tramite le velocità reticolari. Le particelle prima si
propagano tra le varie celle seguendo la propria direzione reticolare e in un secondo step,
dopo un intervallo di tempo, ogni particella si sposterà sul nodo vicino, a seconda della
propria direzione. Qualora sullo stesso nodo arrivassero più particelle da direzioni e con
velocità diverse, queste collidono e cambiano le loro direzioni in base ad un insieme di regole
di collisione. Regole di collisione appropriate dovrebbero conservare il numero di particelle
(cioè la massa), il momento e l'energia prima e dopo la collisione.
In fisica, a livello macroscopico, queste due fasi simulano i fenomeni di convezione e
diffusione rispettivamente.
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Questi modelli hanno rivoluzionato radicalmente l’analisi numerica nello studio dei
fenomeni fisici perché portano a soluzioni che sono prive di approssimazioni ed
arrotondamenti; e che quindi possiamo ritenere ‘esatte’ in quanto utilizzano quantità intere
per definire lo stato di ogni nodo. Questo fatto, se da un lato è utile per l’accuratezza che si
ottiene nella simulazione, dall’altro porta al manifestarsi di ‘fluttuazioni’ in sistemi costituiti
da molte particelle. Il problema che affligge in particolar modo gli AC è il verificarsi di
“rumori statistici”, oltre al fatto che la sua natura Booleana lo rende poco flessibile e che il
dover mediare su di un certo numero di nodi porta a dover considerare un numero
esageratamente grande di collisioni. Questo si verifica in quanto tutte le quantità in gioco
sono calcolate come media solo dopo aver applicato il metodo.
L’idea è, allora, quella di scambiare la valutazione dei due processi, ovvero sembrerebbe
essere più vantaggioso applicare il metodo direttamente alle variabili mediate. In questo
modo non si lavora più con variabili intere, ma reali comprese nell’intervallo [0,1].
Particolare tributo alla nascita di questa disciplina va attribuito al celebre fisico austriaco
Ludwig Eduard Boltzmann che introdusse l’equazione cinetica per descrivere le fasi di
propagazione e collisione delle particelle; basandosi su una formulazione probabilistica per
trattare un numero così elevato di particelle. La sua differenza fondamentale è che le variabili
Booleane sono sostituite da funzioni di distribuzione delle particelle.
Indispensabili furono anche i miglioramenti nella linearizzazione dell’operatore di collisione
dapprima nel 1989 da parte di Higuera & Jimenez, mentre più tardi da parte di diversi autori
(Qian et al. 1990, Chen et al. 1991), che contemporaneamente proposero l’adozione
dell’operatore linearizzato di Bhatnagar, Gross e Krook (1954), da cui deriva il nome
Equazione di Boltzmann-BGK. È da questa equazione che discende il Metodo Lattice
Boltzmann, una volta che sia stato discretizzato lo spazio delle velocità.
Da questo momento in poi, il metodo ha acquisito maturità tale da poter diventare una
alternativa ai metodi classici della fluidodinamica computazionale.
Recentemente alcuni autori hanno sviluppato il LBM per le equazioni di Shallow Water,
dimostrandone la sua efficienza per i flussi di acque poco profonde, dove predomina il moto
lungo la direzione orizzontale. Di conseguenza si assumono trascurabili la velocità e
l’accelerazione verticali e la distribuzione di pressione è di tipo idrostatica.
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Le equazioni bidimensionali per i flussi di Shallow Water si ottengono a partire dalle
equazioni che governano i flussi incompressibili, l’equazione di continuità e l’equazione di
Navier-Stokes; mediate sulla verticale:
1) Equazione di continuità della massa 2D
𝜕ℎ
𝜕𝑡+
𝜕ℎ𝑢
𝜕𝑥+
𝜕ℎ𝑣
𝜕𝑦= 0
Equazione 1
2) Equazione di bilancio della quantità di moto 2D (Shallow Water) lungo x e y
𝜕(ℎ𝑢)
𝜕𝑡+
𝜕(ℎ𝑢2)
𝜕𝑥+
𝜕(ℎ𝑢𝑣)
𝜕𝑦= −𝑔
𝜕
𝜕𝑥(
ℎ2
2) + 𝜈
𝜕2(ℎ𝑢)
𝜕𝑥2+ 𝜈
𝜕2(ℎ𝑢)
𝜕𝑦2− 𝑔ℎ
𝜕𝑧𝑏
𝜕𝑥+ 𝐹
𝜕(ℎ𝑣)
𝜕𝑡+
𝜕(ℎ𝑢𝑣)
𝜕𝑥+
𝜕(ℎ𝑣2)
𝜕𝑦= −𝑔
𝜕
𝜕𝑦(
ℎ2
2) + 𝜈
𝜕2(ℎ𝑣)
𝜕𝑥2+ 𝜈
𝜕2(ℎ𝑣)
𝜕𝑦2− 𝑔ℎ
𝜕𝑧𝑏
𝜕𝑦+ 𝐹
Equazione 2
Dove u e v sono le componenti di velocità mediate sulla profondità.
Figura 1: Schema di riferimento per le equazioni SW
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Queste equazioni descrivono l’evoluzione dell’altezza idrica h e della velocità mediata. Il
termine forzante F include diverse forze come l’attrito di fondo, lo sforzo tangenziale del
vento sulla superficie libera e la forza di Coriolis; usati adeguatamente per modellare vari
effetti interessanti.
2. Il metodo Lattice Boltzmann per le equazioni Shallow
Water
2.1. Introduzione
Il lattice Boltzmann Method è costituito da tre pilastri fondamentali: l’equazione di
Boltzmann, lo schema a reticolo (Lattice) e la funzione di distribuzione di equilibrio.
2.2. L’equazione di Boltzmann
L’equazione cinetica di Boltzmann, che descrive le fasi di Streaming e Collisione a cui sono
sottoposte le particelle, è la seguente:
𝜕𝑓
𝜕𝑡+ 𝑐 ∇𝑓 = 𝛺
Equazione 3
dove al primo membro c’è la derivata totale della funzione di distribuzione 𝑓 = 𝑓(𝑥, 𝑐, 𝑡),
sempre compresa tra 0 e 1, che ha preso il posto delle variabili Booleane che rappresentavano
le singole particelle e contiene le probabilità di trovare in un determinato punto dello spazio
x, nell’istante t, una particella fluida con velocità 𝑐. Al secondo membro, invece, c’è
l’operatore di collisione 𝛺.
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Introducendo l’approssimazione di BGK che linearizza l’operatore di collisione si ottiene
l’Equazione Boltzmann BGK:
𝜕𝑓
𝜕𝑡+ 𝑐 ∇𝑓 = −
1
𝜏(𝑓 − 𝑓𝑒𝑞)
Equazione 4
Dove 𝜏 è il tempo dimensionale di rilassamento legato direttamente alla viscosità ed 𝑓𝑒𝑞 è
la funzione di distribuzione di equilibrio.
Visto che le collisioni dipendono da quanto le distribuzioni si discostano da quelle di equilibrio,
l’operatore collisione assume un significato fisico che governa il rilassamento più o meno
repentino verso una condizione di equilibrio, che dipende dalla viscosità del fluido in esame.
2.3. Il Lattice (schema a reticolo)
La potenza della discretizzazione dell’equazione di Boltzmann consiste nell’adozione di una
griglia detta lattice. Questa griglia consta di nodi ugualmente spaziati tra loro e disposti
secondo uno schema preciso, che dipende dal tipo di formulazione. Ogni schema definisce
un set di direzioni predefinite con cui ogni nodo comunica con quelli adiacenti.
Il riscontro fisico di tali direzioni si ritrova nelle velocità molecolari c e, anche la scelta del
loro numero, è vincolato a precise leggi di simmetria indispensabili per ricavare le equazioni
di flusso.
In particolare nei casi bidimensionali si sono affermati due tipi di schemi: reticolo quadrato
e reticolo esagonale.
Vari studi numerici hanno dimostrato che il reticolo quadrato a 9 velocità, oltre a rispettare
le leggi di simmetria, fornisce risultati più accurati di quelli basati sull’esagonale; inoltre è
più semplice implementare differenti condizioni al contorno.
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Figura 2: Lattice (griglia bidimensionale)
L’espressione DnQz si riferisce ad uno spazio a n dimensioni con z-1 direzioni reticolari,
poiché si inserisce sempre una velocità nulla.
Definendo una spaziatura della griglia Δx e un timestep Δt, se si pone 𝑐 =Δ𝑥
Δ𝑡, si possono
scrivere le espressioni delle velocità reticolari per lo schema D2Q9:
𝑐0 = 𝑐 (0,0)
𝑐1,3 = 𝑐 (±1,0)
𝑐2,4 = 𝑐 (0, ±1)
𝑐5,7 = 𝑐 (±1, ±1)
𝑐6,8 = 𝑐 (∓1, ±1)
Il modulo delle suddette velocità può assumere i valori 0, c e 𝑐√2.
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Alla luce di questo è possibile riscrivere l’equazione di Boltzmann nel seguente modo:
𝜕𝑓𝑖
𝜕𝑡+ 𝑐𝑖⃗⃗⃗ ∇𝑓𝑖 = −
1
𝜏(𝑓𝑖 − 𝑓𝑖
𝑒𝑞) 𝑐𝑜𝑛 𝑖 = 0, … , 𝑧 − 1
Equazione 5
dove z è il numero di velocità scelte.
Dunque si ottiene un’equazione differenziale lineare del I ordine che può essere risolta
tramite una discretizzazione di tipo Lagrangiana, dal momento in cui il primo membro
dell’equazione è proprio la derivata materiale calcolata lungo le direzioni 𝑐𝑖⃗⃗⃗:
𝜕𝑓𝑖
𝜕𝑡+ 𝑐𝑖⃗⃗⃗ ∇𝑓𝑖 =
𝐷𝑓𝑖
𝐷𝑡 →
𝐷𝑓𝑖
𝐷𝑡= −
1
𝜏(𝑓𝑖 − 𝑓𝑖
𝑒𝑞)
→ 𝑓𝑖(�⃗� + 𝑐𝑖 ⃗⃗⃗⃗⃗Δ𝑡, 𝑡 + Δ𝑡) − 𝑓𝑖(�⃗�, 𝑡) = −Δ𝑡
𝜏(𝑓𝑖 − 𝑓𝑖
𝑒𝑞)|�⃗�,𝑡
Equazione 6
Una volta note le funzioni di distribuzione, è possibile ottenere le grandezze macroscopiche
d’interesse calcolando i momenti statistici di ordine zero e uno di f (la massa delle particelle
viene omessa in quanto, nello spirito del LBGK tutte le grandezze sono rese adimensionali e
spesso unitarie), che in forma discretizzata risultano pari a:
∑ 𝑓𝑖(𝑥, 𝑡) = ℎ(𝑥, 𝑡) 𝑎𝑙𝑡𝑒𝑧𝑧𝑎 𝑑′𝑎𝑐𝑞𝑢𝑎
8
𝑖=0
∑ 𝑓𝑖(𝑥, 𝑡)𝑐𝑖 ⃗⃗⃗⃗⃗ = ℎ𝑢 ⃗⃗⃗⃗ (𝑥, 𝑡) 𝑝𝑜𝑟𝑡𝑎𝑡𝑎 𝑝𝑒𝑟 𝑢𝑛𝑖𝑡à 𝑑𝑖 𝑙𝑎𝑟𝑔ℎ𝑒𝑧𝑧𝑎
8
𝑖=0
𝑑𝑎 𝑐𝑢𝑖 𝑠𝑖 𝑑𝑒𝑡𝑒𝑟𝑚𝑖𝑛𝑎 𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑙𝑜𝑐𝑖𝑡à 𝑢 ⃗⃗⃗⃗ =∑ 𝑓𝑖(𝑥, 𝑡)𝑐𝑖 ⃗⃗⃗⃗⃗8
𝑖=0
ℎ(𝑥, 𝑡)
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L’equivalenza tra le grandezze macroscopiche ottenute con il LBM e quelle che si
otterrebbero risolvendo le equazioni Shallow Water è garantita fino a quando il termine di
errore, che è dell’ordine di grandezza Fr2, si mantiene limitato. I risultati non sono più
attendibili per Fr 1.
2.4. La funzione di distribuzione di equilibrio
La determinazione della più adatta funzione di equilibrio gioca un ruolo essenziale nel
metodo Lattice Boltzmann in quanto la sua espressione varia a seconda dell’equazione dei
fluidi che si decide di risolvere attraverso l’equazione di Boltzmann.
In questo lavoro di tesi si procederà applicando il metodo LB per le equazioni di Shallow
Water 2D.
Generalmente le 𝑓𝑖𝑒𝑞
si ricavano da uno sviluppo in serie della distribuzione di Maxwell, ma
questa riconduce solo alle equazioni di Navier-Stokes per fluidi debolmente comprimibili.
Di fatto questo rappresenta un serio limite.
Dunque un’ottima alternativa usata nell’equazione di Boltzmann per la soluzione delle
equazioni Shallow Water è esprimere 𝑓𝑖𝑒𝑞
come una serie di potenze della velocità
macroscopica:
𝑓𝑒𝑞 = 𝐴 + 𝐵𝐜𝑖 ∙ 𝐮 + 𝐶(𝐜𝑖 ∙ 𝐮)2 + 𝐷(𝐮 ∙ 𝐮)2
Equazione 7
Dato che la funzione d’equilibrio ha la stessa simmetria del lattice, si ha che:
𝐴1 = 𝐴3 = 𝐴5 = 𝐴7 = �̅�, 𝐴2 = 𝐴4 = 𝐴6 = 𝐴8 = �̃�
Lo stesso vale anche per B, C e D.
Le espressioni delle suddette costanti si determinano imponendo tre condizioni che la
funzione di equilibrio deve soddisfare, e cioè la conservazione della massa e del momento:
∑ 𝑓𝑖𝑒𝑞(𝑥, 𝑡) = ℎ(𝑥, 𝑡)
8
𝑖=0
Equazione 8
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∑ 𝑐𝑖𝑓𝑖𝑒𝑞
(𝑥, 𝑡) = ℎ(𝑥, 𝑡)𝑢𝑖(𝑥, 𝑡)
8
𝑖=0
Equazione 9
∑ 𝑐𝑖𝑐𝑗𝑓𝑖𝑒𝑞(𝑥, 𝑡) =
1
2𝑔ℎ2(𝑥, 𝑡)𝛿𝑖𝑗 + ℎ(𝑥, 𝑡)𝑢𝑖(𝑥, 𝑡)𝑢𝑗(𝑥, 𝑡)
8
𝑖=0
Equazione 10
Sostituendo l’equazione 7 nelle suddette equazioni si ottengono:
𝐴0 = ℎ −5𝑔ℎ2
6𝑐2 , 𝐷0 = −
2ℎ
3𝑐2 ,
�̅� =𝑔ℎ2
6𝑐2 , �̅� =
ℎ
3𝑐2 , 𝐶̅ =
ℎ
2𝑐4 , �̅� = −
ℎ
6𝑐2 ,
�̃� =𝑔ℎ2
24𝑐2 , �̃� =
ℎ
12𝑐2, �̃� =
ℎ
8𝑐4, �̃� = −
ℎ
24𝑐2
2.5. Parametrizzazione
Le grandezze reticolari calcolabili attraverso l’algoritmo non corrispondono esattamente alle
grandezze reali.
Per ridurre il più possibile l’onere computazionale, si ricorre ad un approccio adimensionale.
Pertanto occorre distinguere tra le grandezze reali (o dimensionali), caratterizzate dal pedice
r, e quelle del lattice (reticolari o adimensionali), caratterizzate dal pedice LB.
Il ΔxLB e il ΔtLB sono entrambi unitari per come si è discretizzata l’equazione di Boltzmann.
Per quanto riguarda quelli reali, invece, partendo da un dominio di calcolo di estensione Lr,
noto il Δxr si ottiene la dimensione del lattice 𝐿𝐿𝐵 =𝐿𝑟
𝛥𝑥𝑟. Lo stesso vale per l’altra dimensione
del dominio ℎ𝐿𝐵 =ℎ𝑟
𝛥𝑥𝑟 , noto il valore ℎ𝑟. Il Δtr va calcolato sulla base di esigenze legate
alla stabilità e all’accuratezza.
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L’equazione discretizzata del metodo Lattice Boltzmann potrebbe essere affetta da
instabilità numerica come ogni altro metodo numerico. Molti calcoli computazionali hanno
mostrato che il metodo risulta stabile quando sono soddisfatte determinate condizioni.
Prima di tutto, dal momento in cui l’equazione di Boltzmann rappresenta un flusso d’acqua,
deve esserci il fenomeno di diffusione. Ciò implica che la viscosità cinematica sia positiva:
𝜈𝐿𝐵 = 𝑐𝑠2 (𝜏𝐿𝐵 −
1
2) > 0
Equazione 11
𝑐𝑠2 =
1
3 è 𝑙𝑎 𝑣𝑒𝑙𝑜𝑐𝑖𝑡à 𝑑𝑒𝑙 𝑠𝑢𝑜𝑛𝑜 𝑟𝑒𝑡𝑖𝑐𝑜𝑙𝑎𝑟𝑒
Ne consegue che 𝜏𝐿𝐵 >1
2 .
Allora, nota la viscosità cinematica νr del fluido in esame, si è in grado di calcolare il tempo
di rilassamento 𝜏𝐿𝐵 invertendo la precedente formula.
Secondo poi, la velocità risultante 𝑢𝐿𝐵 deve essere più piccola della velocità con cui si
propagano le onde nel LB 𝑐𝑠2 in quanto è interessante risolvere le equazioni dei fluidi quanto
più incomprimibili; in altre parole il Numero di Mach deve essere
𝑀𝑎 =𝑢𝐿𝐵
𝑐𝑠≪ 1 → 𝑢𝐿𝐵 ≪ 𝑐𝑠 =
1
√3
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In generale 0.01 < 𝑢𝐿𝐵 < 0.1 , tuttavia, sfruttando la similitudine dinamica (uguaglianza del
numero di Reynolds), se ne può determinare il valore:
𝑅𝑒 =𝐿𝑟𝑢𝑟
𝜈𝑟=
𝐿𝐿𝐵𝑢𝐿𝐵
𝜈𝐿𝐵 → 𝑢𝐿𝐵 =
𝑅𝑒 𝜈𝐿𝐵
𝐿𝐿𝐵
Per quanto riguarda la densità ρ, il suo valore è semplicemente normalizzato rispetto a quella
del fluido di riferimento secondo un parametro scelto arbitrariamente, tale da renderla
inizialmente unitaria.
In ultimo, dato che il metodo Lattice Boltzmann è limitato a trattare solo fluidi con basse
velocità, consegue che questo è adatto per i flussi subcritici di Shallow Water; quindi il
Numero di Froude (rapporto tra la velocità della corrente e la celerità delle piccole
perturbazioni in una corrente di profondità h) deve risultare
𝐹𝑟 =𝑢
√𝑔 ℎ< 1
𝑑𝑜𝑣𝑒 𝑔 = 9.81𝑚
𝑠2 è 𝑙′𝑎𝑐𝑐𝑒𝑙𝑒𝑟𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑔𝑟𝑎𝑣𝑖𝑡𝑎𝑧𝑖𝑜𝑛𝑎𝑙𝑒
Il Numero di Froude definisce lo stato della corrente per fluidi a superficie libera; 𝐹𝑟 < 1 per
flussi subcritici, 𝐹𝑟 = 1 per flussi critici e 𝐹𝑟 > 1 per flussi supercritici.
Noto il valore del 𝐹𝑟 fisico, sfruttando la similitudine dinamica, si determina quello della
gravità adimensionale:
𝑔𝐿𝐵 =𝑢𝐿𝐵
2
ℎ𝐿𝐵𝐹𝑟2
Quest’ultima, in generale, deve essere 𝑔𝐿𝐵 < 10−3 per garantire la stabilità della
simulazione.
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2.6. Condizioni iniziali e al contorno
Il modello di Boltzmann ha avuto un così grande sviluppo non solo per il fatto di essere un
metodo alternativo e promettente nella simulazione numerica del moto dei fluidi, ma
specialmente perché permette di implementare, con notevole semplicità, le condizioni al
bordo con geometrie complicate.
Se ne possono considerare diversi tipi:
• CB periodiche;
• CB “no-slip”, cioè dove si considera nulla la velocità (u = 0) e vengono usate nel
caso di bordi solidi;
• CB “slip”, dove la componente normale della velocità è nulla (𝑢𝑛 = 0), mentre la
componente tangente soddisfa la seguente relazione sulla derivata prima: 𝜕𝑢
𝜕𝑛= 0.
2.6.1. Condizioni al bordo no-slip
Questo tipo di CB è quello che viene usato nel momento in cui ci troviamo di fronte a bordi
solidi, per i quali è richiesta la condizione che la velocità della particella sia nulla in tali nodi.
Quando una particella arriva, ad un certo istante di tempo, ad un nodo facente parte del
bordo, questa viene rimandata indietro nella stessa direzione da cui è arrivata, e la
distribuzione ad essa associata rimane inalterata, in modulo. Questo tipo di CB viene anche
definito, per tale motivo, condizioni ‘ bounce-back’.
Figura 3:collisione per la condizione al bordo no-slip
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2.6.2. Condizioni iniziali
In generale, esistono due modi per specificare le condizioni iniziali nel metodo Lattice
Boltzmann. Nelle applicazioni del metodo alle equazioni Shallow Water si preferisce
imporre la condizione iniziale sulla funzione di distribuzione 𝑓𝑖, assegnandole il valore
precedentemente calcolato della funzione di equilibrio 𝑓𝑖𝑒𝑞 .
𝑓𝑖 = 𝑓𝑖𝑒𝑞
Vari test numerici hanno dimostrato che con questa condizione si sono ottenute soluzioni
accurate in svariate situazioni.
2.7. Fasi per l’implementazione
La procedura per ottenere la soluzione del modello LABSWE è molto semplice perché
comporta solo calcoli espliciti e consiste nei seguenti passi:
1) Si impongono i valori di profondità h(x,t) velocità u(x,t) iniziali dell’acqua in ogni
nodo della griglia;
2) Per questi valori imposti al tempo t, si calcolano le funzioni di equilibrio tramite
l’equazione 7;
3) Si calcolano le funzioni di distribuzione al passo successivo usando l’equazione 6,
che permette di ottenere l’evoluzione del sistema nel tempo;
4) Si effettua, a questo punto, la propagazione delle particelle presenti in ogni vettore
velocità del nodo (tranne che per le particelle che si trovano ferme nel centro), verso
quello adiacente;
5) Si calcolano i nuovi valori della profondità e della velocità attraverso le equazioni
dei momenti;
6) L’ultimo passo consiste nel calcolo delle nuove distribuzioni di equilibrio. Poi si
procede ripartendo dal passo 2 e si ripete la procedura finché non si ottiene la
soluzione.
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3. Conclusioni, pregi e difetti del modello
Tra i maggiori pregi del LBGK si possono enumerare:
1. La semplicità delle equazioni che governano la dinamica del fluido: l’intera
evoluzione è regolata dalle fasi di streaming e collision, anche qualora si vogliano
simulare casi particolarmente complessi;
2. E’costituito da calcoli aritmetici semplici, quindi è facile da programmare;
3. L’unica variabile da determinare è la funzione di distribuzione microscopica;
Il valore corrente della funzione di distribuzione dipende solo dalle condizioni
precedenti;
4. Le condizioni al contorno non solo possono sempre essere implementate, ma
richiedono sempre uno sforzo relativamente contenuto, a differenza degli approcci
numerici classici, dove sono fonte di difficoltà; di conseguenza il modello è adatto
anche a flussi in geometrie complesse come quelli nei mezzi porosi.
In generale l’accuratezza di una simulazione in LBGK dipende sostanzialmente da due
fattori: la discretizzazione e il numero di Mach. Il primo influisce nettamente sulla precisione
del risultato. Il secondo tiene conto del fatto che, seppure il Lattice Boltzmann Method
intrinsecamente tenga conto della compressibilità, la validità della formulazione è provata
solo nel caso di debole comprimibilità, che si verifica per bassi numeri di Mach:
𝑒𝑟𝑟 = 𝑂(𝑀𝑎2)
Questo, però, non risulta un limite in quanto per Ma<<1 sono compresi molti problemi di
fluidi d’acqua, infatti Ma=1 è per i gas.
Risulta invece molto limitante il numero di Froude per le equazioni di Shallow Water, in
quanto il termine di errore è dell’ordine di grandezza di:
𝑒𝑟𝑟 = 𝑂(𝐹𝑟2)
Molteplici test numerici hanno dimostrato che l’equivalenza del metodo con le equazioni
Shallow Water risulta vera per flussi subcritici con Frmax pari a 0.8; per valori superiori i
risultati non sono più attendibili. Questo rappresenta una forte limitazione in quanto
normalmente flussi di Shallow Water a superficie libera raggiungono lo stato critico
passando poi allo stato supercritico.
17 | P a g .