regina degli apostoli · giuda ti voglio bene ... ria e l’alleluia, e tutto aiuta a vivere la...

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REGINA DEGLI APOSTOLI Periodico bimestrale della Provincia Italiana della Società dell’Apostolato Cattolico Anno XCVI - n. 2 - Marzo/Aprile 2018 Pasqua è la speranza nell’infinita misericordia di Dio Padre Pasqua è la speranza nell’infinita misericordia di Dio Padre

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REGINA DEGLI APOSTOLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato CattolicoAnno XCVI - n. 2 - Marzo/Aprile 2018

Pasqua è la speranzanell’infinita misericordia di Dio Padre

Pasqua è la speranzanell’infinita misericordia di Dio Padre

Regina degli Apostoli

REGINA DEGLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato CattolicoAnno XCVI - n. 2 - Marzo/Aprile 2018

Pasqua è la speranzanell’infinita misericordia di Dio Padre

Pasqua è la speranzanell’infinita misericordia di Dio Padre

Associato all’UspiUnione StampaPeriodici Italiani

622 APRILE GIORNATA DELLE VOCAZIONI

Il Papa: «Ascoltare,discernere, viverela chiamata del Signore»

3EDITORIALE

Giuda ti voglio beneNoi, il Traditoree la Misericordiadi Francesco Armenti

4L’ANNO LITURGICO

Quaresima, tempofavorevole per laconversione della Pasquadi Stella Marotta

9GROTTAFERRATA 28 APRILE - 1° MAGGIO

Ad Avellagli esercizi spiritualidell’Unione dell’apostolatodi Anna Ciavotta

148 MARZO, FESTA INTERNAZIONALE

Giornata della Donna:impegno civile e occasionedi preghiera e riflessione

12SAN GIUSEPPE, FESTA DEL PAPÀ

La catechesi del Papa:«Né padri-padrone,né padri assenti»di Stella Marotta

20IL PAPA A SANTA MARTA

«Superiamo i nostrideserti guardandoal Cristo crocifissoa cura di Luca Liverani

23SCUOLA MATER DIVINI AMORIS

«La felicità del Pallotti,una via da seguirenella mia vita»a cura di Vittorina D’Imperio

18AMICI DI RAOUL FOLLEREAU

La lebbra è curabileda decenni, ma trai poveri resta un’incubodi Pier Giorgio Liverani

26INCONTRO A S. SALVATORE IN ONDA

Il sacerdoziodel Fondatoreal servizio della Chiesa

27AFFINITÀ TRA IL PAPA E S. VINCENZO

La santità è via e traguardoin Cristo, ecco la bussoladi Pallotti e Bergogliodi Stella Marotta

28DONNE ESMPLARI DELLA BIBBIA

Maria, sorella di Martaliberata dalle paroledel Maestrodi Serena Caleca

10AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE

Dal Pakistan all’Arabiacomunità cristianesempre più perseguitatedi Daniele Rocchi

IN COPERTINA:Incredulità di San Tommaso(Caravaggio, 1601)

RdA-Regina degli Apostoli non è disponibile in formato carta-ceo, ma solo sul sito della Provincia Italiana della SAC,www.reginadegliapostoli.it, dove può essere sfogliata “vir-tualmente” – dal computer, dal tablet o dallo smarthphone – as-sieme ai numeri arretrati, o stampata per una copia personale.

La Direzione

Periodico bimestrale della Provincia Italianadella Società dell’Apostolato CattolicoRegistrazione Trib. Roma n. 5806 del 24.5.1957

Direzione:Via Giuseppe Ferrari, 1 - 00195 Romae-mail: [email protected]. 06.375923

Ex parte Soc. Imprimipotest D.A. Lotti SAC Rector Prov.

Direttore Responsabile:Giuseppe Colantonio SAC

Comitato di redazione:Stella Marotta CSAC, Vittorina D’ImperioCSAC, Luca Liverani, Pier Giorgio Liverani,Corrado Montaldo, Cristina Mastrorosati

Grafica:C.S.E. di De Lutio Ottavio [email protected]

Chiuso in tipografia il 31 Marzo 2018

8BICENTENARIO DELL’ORDINAZIONE

Il calice di San Vincenzoin pellegrinaggionelle comunità pallottine

16GIORNATA DELLA VITA, RIFLESSIONI

Contro la culturadello scarto il Vangeloè gioia per il mondodi Pier Giorgio Liverani

31SPIRITUALITÀ DEL PALLOTTI

«Il tempo è prezioso,vorrei con grazia di Diofarne buon uso»dagli scritti del Santo

32LA RECENSIONE

«La mano di Dioha quattro dita?»di Francesco Armenti

S O M M A R I O

Avviso

importante

ai lettori

Il bimestrale RdAè solo su Internet

www.reginadegliapostoli.it

29NOTIZIARIORoma, i martiri di Buenos Airesricordati a San Bartolomeo

Decennale della scomparsadi don Giuseppe Leonardi

marzo-aprile 2018 3

Troppo facile prenderne le distanze, o peg-gio, puntare il dito contro Giuda! Eppureil dramma di questo discepolo può illu-

minare il cammino del credente e l’attesa del-l’alba di quell’ottavo giorno. Nulla è casualenella passione del Signore perché la volontà diDio è che nulla vada perduto (cfr. Gv 3, 16-17).È storica la frase del parroco di Bozzolo pro-nunciata quel giovedì santo del 3 aprile 1958:«Giuda è mio fratello, voglio bene anche a lui»(don Primo Mazzolari). Perché dobbiamo volerbene a Giuda, a un traditore, a un suicida, aun disperato e a un peccatore? Semplicementeperché Giuda è uno di noi. Spesso noi siamocome (se non peggio di) lui. Tra i discepoli nonè stato l’unico a tradire il Maestro, ma puntia-mo il dito riversando su di lui i nostri tradi-menti e le nostre paure. Eppure Giuda mi èsimpatico, mi ispira e fa tenerezza. Credo chesia inutile chiederci perché abbia tradito:quando l’uomo tradisce, lui stesso, sovente,non ne comprende appieno le ragioni. Avevavisto bene Benedetto XVI quando scrisse chequel che «a Giuda è accaduto non è più psico-logicamente spiegabile» (Gesù di Nazaret, vol.II, pp. 81-82).

Tentare, però, di comprendere il nostro fra-tello Giuda deve servire unicamente per legge-re in noi la fede e la debolezza, l’amore e lepaure che a lui ci accomunano. Giuda amava ilSignore, lasciò tutto per seguirlo, era entusiastadi essere suo discepolo. Romano Guardini diceche «Giuda dev’essere venuto con una reale di-sponibilità di fede alla sequela, altrimenti Ge-sù non l’avrebbe accolto. Non abbiamo notiziadi una resistenza o di un sospetto da parte delSignore, ancor meno di idee abnormi come seegli a priori e di proposito avesse accolto il tra-ditore» (in, Il Signore. Riflessioni sulla persona esulla vita di Gesù Cristo, p. 462). Cosa è maisuccesso nel cuore di questo discepolo? I Van-geli non danno una spiegazione definitiva, di-cono solo che Satana è entrato in lui (cfr. Lc22, 3; Gv 13, 2. 27). Gesù lo aveva delusoquando spiegò ai discepoli la sua vera identitàricorrendo alla croce: non un rivoluzionario,un politico o un combattente, ma il Figlio diDio che muore per amore patendo la pena più

EDIT

ORIA

LE Giuda ti voglio beneNoi, il Traditore e la Misericordia

umiliante del tempo: la crocifissione. Nonl’amore del potere, ma il potere dell’amore.Che delusione sarà stata per Giuda! Ma quantevolte anche noi restiamo delusi da Dio perchénon fa il miracolo, non fa guarigioni, non “pro-cura” un lavoro, una moglie e un marito, un fi-glio… E quante volte rispondiamo con il tradi-mento?

Accusiamo Giuda di essersi impiccato e diaver disperato, a differenza di Pietro, della mi-sericordia di Gesù. Dimentichiamo, però, cheprima di togliersi la vita egli si è vergognatodel suo peccato ed ha chiesto perdono (cfr. Mt27, 3-5). Evitiamo di porci una domanda: do-v’erano gli altri discepoli quando il Signore ve-niva crocifisso? E quando Giuda andò a impic-carsi? Possibile che nessuno lo avesse cercatoper chiedergli spiegazione del suo gesto? Dovesiamo noi quando i traditori tradiscono o quan-do spinti dalla disperazione negano Dio, la vitae se stessi? Tradire è anche girare la testa dal-l’altra parte o starsene a debita distanza dai di-sperati, dai suicidi, dai poveri, dai sofferenti,dagli storpi, dai ciechi e dagli zoppi del nostrotempo.

Ma Giuda si è salvato? A me piace pensaredi si: il Signore non poteva perderlo poiché Luiè morto soprattutto per quelli come Giuda. Inun grattacielo di Manhattan tempo fa ascoltaidall’amico Joseph Tusiani un suo racconto chemi confermò nella speranza della salvezza diGiuda. Preso coscienza del suo peccato, Giudadecide di compiere l’insano gesto. La suamamma corre da Maria, e da madre a madre,le chiede di intercedere presso il Figlio perchéperdoni Giuda. Maria alza il suo sguardo versoil figlio crocifisso. Nell’istante in cui i duesguardi si incrociano, il ramo dell’albero doveGiuda penzolava si spezza. Il discepolo tradito-re rotola a terra e si salva. Dopo la risurrezio-ne, alcune donne raccontarono a Maria che viera un discepolo che ascoltava di nascosto gliapostoli mentre parlavano del Risorto. E di co-me raccontava di averlo tradito e come fu daLui perdonato. Il suo nome era Giuda! Non èvangelo. È speranza che nasce dall’infinita mi-sericordia di Dio. Pasqua sarebbe diversa senzaGiuda. ■

di Franceso Armenti

marzo-aprile 20184

Il tempo della Quaresima è il tempo favorevole,in tutta la sua pregnanza ed essenzialità, per av-viarci nella quotidianità delle nostre vite, su un

percorso di conversione. Un cammino fondato sul-l’ascolto della Parola di Dio, per arrivare alla Pa-squa e vivere col Signore una resurrezione interio-re.

Il Tempo di Pasqua inizia dalla celebrazione del-la Risurrezione di Gesù nella Veglia di Pasqua finoalla domenica di Pentecoste, che celebra il donodello Spirito Santo agli Apostoli e alla Chiesa: 50giorni. Ogni cristiano è chiamato ad assumere degliatteggiamenti di gioia e di esultanza, di accoglienzae disponibilità a lasciarsi trasformare dallo SpiritoSanto e a seguire il Cristo ormai risorto e salito alPadre per essere presenza d’amore per i suoi, pernoi. Durante questo Tempo la Liturgia ci fa con-templare Cristo attorniato dalle donne e dai disce-poli ai quali si rivela risorto ed è Gesù stesso cheprepara i suoi all’accoglienza dello Spirito Santo. Ilcolore liturgico di questo tempo è il bianco. Comepopolo riprendiamo a pregare ed a cantare il Glo-ria e l’Alleluia, e tutto aiuta a vivere la potenza del-la Resurrezione.

Questo Tempo ci invita a vivere questa esperien-za di gioia e di festa con Gesù Cristo.

Per la grande importanza che ha il giorno di Pa-squa, esso è seguito, quasi prolungato eternamente,da sette giorni di festa che sono un solo giorno conla Pasqua. Grazie alla riflessione successiva e allanozione della perfezione e della pienezza è stato ag-giunto un giorno, l’ottavo. Cristo è la pienezza del-la settimana della creazione, è colui che ricapitolain sé tutta la storia della salvezza e che la compiedefinitivamente.

La Pasqua è così seguita da una ottava in cui icristiani battezzati nella Veglia pasquale seguono leistruzioni mistagogiche di approfondimento dellafede e della morale; nell’ottavo giorno essi depone-vano la veste bianca ricevuta nel battesimo. Daquesto fatto la seconda domenica di Pasqua prese ilnome di “Domenica in albis”.

La CEI ci offre un testo sul tempo di Quaresimae Pasqua, curato dall’Ufficio Liturgico Nazionale. Ilsuo titolo è “Io cerco il Tuo volto” Salmo 23 – Eccola generazione che cerca il Tuo volto, Signore”. Nel-la preparazione di questo “spazio formativo” hotrovato la presentazione del Segretario Generale

Quaresima, tempo favorevole per la conversione della Pasqua

ANNO LITURGICO:DALLA VEGLIA PASQUALE

ALLA PENTECOSTE

di Stella Marotta

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marzo-aprile 2018 5

della CEI, monsignor NunzioGalantino che mi è piaciutaparticolarmente e che, senza ag-giungere altre parole, vi pro-pongo perché può aiutarci perla nostra riflessione ed il nostrocammino di questo Tempo Li-turgico che stiamo vivendo.

«La colonna di fuoco – spiegail Segretario della Cei – è lasplendida immagine biblica cheil canto dell’Exsultet riprendedalla grandiosa narrazione diEsodo 14, lettura fondamentaledella Veglia pasquale. Essa con-densa il ricordo della fuoriusci-ta dall’Egitto: un popolo resoschiavo, senza dignità, scopre lapossibilità di un nuovo cammi-no. Anche nel deserto la lucedel fuoco divino accompagna ifigli di Israele nel faticoso per-corso verso la Terra promessa».

«Nell’anno del Sinodo suigiovani, che manifesta una par-ticolare attenzione per la ricer-ca della propria vocazione, il re-cupero di questa potente imma-gine della liturgia battesimale ri-sulta di grande suggestione. An-che oggi i giovani in Italia – af-ferma monsignor Galantino – sipresentano con alcune caratteri-stiche del popolo che grida aDio, e riceve in dono la chiama-ta all’Esodo: molti senza lavoro,molti senza prospettive, molti diessi sfruttati, molti altri ancoraparcheggiati indefinitamente; alcuni addiritturaperduti nelle paludi insidiose della subcultura deldivertimento senza futuro».

«Ma non è solo ai giovani – sottolinea il Segreta-rio della Cei – che la parola divina viene rivolta:Dio, che aveva chiamato Abramo e Mosè in età or-mai avanzata, invita tutta la Chiesa a ritrovare lagiovinezza dello Spirito. Per tutti i credenti adultidelusi, disillusi, anch’essi impaludati in una vitache di cristiano ha solo qualche vago ricordo, la pa-rola divina è un fuoco che tende a riaccendere l’ar-dore e sospinge a non lasciarsi raffreddare dalla vi-sione dei molti segnali di iniquità e peccato presen-ti nel mondo».

„I molti messaggi negativi non possono soffocarela presenza buona di Dio nella storia e la forza delsuo Spirito che continua, anche nascostamente, asuscitare carità, coraggio, testimonianza. Giovani,adulti, comunità intere sono chiamate da Dio a ri-

scoprire la bellezza della lorovocazione cristiana. Il tempodella Quaresima – sostienemonsignor Galantino – è il tem-po favorevole, che il sussidio in-tende aiutare a riscoprire, in tut-ta la sua pregnanza ed essenzia-lità. Senza prospettare gesti ap-pariscenti, tali da soddisfare ilgusto dell’esteriorità propagan-distica, viene proposta la densi-

tà quotidiana di un percorso di conversione, fonda-to sull’ascolto della Parola di Dio, sulla ripresa diuna liturgia autentica “seria, semplice e bella”, sul-la capacità di tutto il popolo di Dio di unire le vociper cantare le lodi di Dio, non per esibirsi su unpalcoscenico mediatico, ma perché vive della pre-senza del Signore».

«Il fuoco dello Spirito che oggi ci guida non è unfuoco distruttore: è una luce gentile, che splendenella notte, e che offre a tutti percorsi nuovi. Impa-riamo a seguirla! Con l’auspicio che questo umilestrumento possa contribuire a rendere le nostre ce-lebrazioni luogo in cui si possa sperimentare la bel-lezza e la tenerezza di Dio, Padre misericordioso, loaffido ai presbiteri, ai diaconi e agli operatori pa-storali, perché possano trovarvi idee e suggerimen-ti per un cammino fecondo e fedele alla sequela diCristo Crocifisso-Risorto, sorgente della vita e dellagioia». ■

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Mons. Galantino:il fuoco dello Spiritonon distrugge, è unaluce gentile cherischiara la notte‘‘

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marzo-aprile 20186

Il 22 aprile 2018, IV Domenica di Pasqua, sicelebra la 55.ma Giornata Mondiale diPreghiera per le Vocazioni sul tema: Ascoltare,discernere, vivere la chiamata delSignore.Pubblichiamo di seguito il Messaggio cheil Santo Padre Francesco ha inviato, perl’occasione, ai Vescovi, ai sacerdoti, ai consacratied ai fedeli di tutto il mondo:

Cari fratelli e sorelle,nell’ottobre prossimo si svolgerà la XV Assem-

blea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi,che sarà dedicata ai giovani, in particolare al rap-porto tra giovani, fede e vocazione. In quell’occa-sione avremo modo di approfondire come, al cen-tro della nostra vita, ci sia la chiamata alla gioiache Dio ci rivolge e come questo sia «il progetto diDio per gli uomini e le donne di ogni tempo» (Sino-do dei Vescovi, XV Assemblea Generale Ordinaria,I giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Intro-duzione).

Si tratta di una buona notizia che ci viene rian-nunciata con forza dalla 55ª Giornata Mondiale diPreghiera per le Vocazioni: non siamo immersi nelcaso, né trascinati da una serie di eventi disordina-ti, ma, al contrario, la nostra vita e la nostra pre-senza nel mondo sono frutto di una vocazione divi-na!

Anche in questi nostri tempi inquieti, il Misterodell’Incarnazione ci ricorda che Dio sempre ci vie-ne incontro ed è il Dio-con-noi, che passa lungo lestrade talvolta polverose della nostra vita e, co-gliendo la nostra struggente nostalgia di amore e difelicità, ci chiama alla gioia. Nella diversità e nellaspecificità di ogni vocazione, personale ed ecclesia-le, si tratta di ascoltare, discernere e vivere questaParola che ci chiama dall’alto e che, mentre ci per-mette di far fruttare i nostri talenti, ci rende anchestrumenti di salvezza nel mondo e ci orienta allapienezza della felicità.

Questi tre aspetti – ascolto, discernimento e vita –fanno anche da cornice all’inizio della missione diGesù, il quale, dopo i giorni di preghiera e di lottanel deserto, visita la sua sinagoga di Nazareth, e quisi mette in ascolto della Parola, discerne il contenu-to della missione affidatagli dal Padre e annuncia diessere venuto a realizzarla “oggi” (cfr Lc 4,16-21).

AscoltareLa chiamata del Signore – va detto subito – non

ha l’evidenza di una delle tante cose che possiamosentire, vedere o toccare nella nostra esperienzaquotidiana. Dio viene in modo silenzioso e discre-to, senza imporsi alla nostra libertà. Così può capi-tare che la sua voce rimanga soffocata dalle moltepreoccupazioni e sollecitazioni che occupano la no-stra mente e il nostro cuore.

Occorre allora predisporsi a un ascolto profondodella sua Parola e della vita, prestare attenzione an-che ai dettagli della nostra quotidianità, imparare aleggere gli eventi con gli occhi della fede, e mante-nersi aperti alle sorprese dello Spirito. Non potre-mo scoprire la chiamata speciale e personale cheDio ha pensato per noi, se restiamo chiusi in noistessi, nelle nostre abitudini e nell’apatia di chispreca la propria vita nel cerchio ristretto del pro-

Il Papa: «Ascoltare, discernere, vivere la chiamata del Signore»

22 APRILE 2018: GIORNATA MONDIALE DI PREGHIERA PER LE VOCAZIONI

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marzo-aprile 2018 7

prio io, perdendo l’opportunità di sognare in gran-de e di diventare protagonista di quella storia unicae originale, che Dio vuole scrivere con noi. AncheGesù è stato chiamato e mandato; per questo haavuto bisogno di raccogliersi nel silenzio, ha ascol-tato e letto la Parola nella Sinagoga e, con la luce ela forza dello Spirito Santo, ne ha svelato in pienez-za il significato, riferito alla sua stessa persona e al-la storia del popolo di Israele.

Quest’attitudine oggi diventa sempre più diffici-le, immersi come siamo in una società rumorosa,nella frenesia dell’abbondanza di stimoli e di infor-mazioni che affollano le nostre giornate. Al chiassoesteriore, che talvolta domina le nostre città e i no-stri quartieri, corrisponde spesso una dispersione econfusione interiore, che non ci permette di fer-marci, di assaporare il gusto della contemplazione,di riflettere con serenità sugli eventi della nostravita e di operare, fiduciosi nel premuroso disegnodi Dio per noi, di operare un fecondo discernimen-to. Ma, come sappiamo, il Regno di Dio viene sen-za fare rumore e senza attirare l’attenzione (cfr Lc17,21), ed è possibile coglierne i germi solo quan-do, come il profeta Elia, sappiamo entrare nelleprofondità del nostro spirito, lasciando che esso siapra all’impercettibile soffio della brezza divina(cfr 1 Re 19,11-13).

DiscernereLeggendo, nella sinagoga di Nazareth, il passo

del profeta Isaia, Gesù discerne il contenuto dellamissione per cui è stato inviato e lo presenta a co-loro che attendevano il Messia: «Lo Spirito del Si-gnore è sopra di me; per questo mi ha consacratocon l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveriil lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la li-berazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertàgli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Si-gnore» (Lc 4,18-19). Allo stesso modo, ognuno dinoi può scoprire la propria vocazione solo attraver-so il discernimento spirituale, un «processo con cuila persona arriva a compiere, in dialogo con il Si-gnore e in ascolto della voce dello Spirito, le sceltefondamentali, a partire da quella sullo stato di vi-ta» (Sinodo dei Vescovi, XV Assemblea GeneraleOrdinaria, I giovani, la fede e il discernimento voca-zionale, II, 2).

Scopriamo, in particolare, che la vocazione cri-stiana ha sempre una dimensione profetica. Comeci testimonia la Scrittura, i profeti sono inviati alpopolo in situazioni di grande precarietà materialee di crisi spirituale e morale, per rivolgere a nomedi Dio parole di conversione, di speranza e di con-solazione. Come un vento che solleva la polvere, ilprofeta disturba la falsa tranquillità della coscienzache ha dimenticato la Parola del Signore, discernegli eventi alla luce della promessa di Dio e aiuta il

popolo a scorgere segnali di aurora nelle tenebredella storia.

Anche oggi abbiamo tanto bisogno del discerni-mento e della profezia; di superare le tentazionidell’ideologia e del fatalismo e di scoprire, nella re-lazione con il Signore, i luoghi, gli strumenti e le si-tuazioni attraverso cui Egli ci chiama. Ogni cristia-no dovrebbe poter sviluppare la capacità di “legge-re dentro” la vita e di cogliere dove e a che cosa ilSignore lo sta chiamando per essere continuatoredella sua missione.

VivereInfine, Gesù annuncia la novità dell’ora presen-

te, che entusiasmerà molti e irrigidirà altri: il tem-po è compiuto ed è Lui il Messia annunciato daIsaia, unto per liberare i prigionieri, ridare la vistaai ciechi e proclamare l’amore misericordioso diDio ad ogni creatura. Proprio «oggi si è compiutaquesta Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,20),afferma Gesù.

La gioia del Vangelo, che ci apre all’incontro conDio e con i fratelli, non può attendere le nostrelentezze e pigrizie; non ci tocca se restiamo affac-ciati alla finestra, con la scusa di aspettare sempreun tempo propizio; né si compie per noi se non ciassumiamo oggi stesso il rischio di una scelta. Lavocazione è oggi! La missione cristiana è per il pre-sente! E ciascuno di noi è chiamato – alla vita lai-cale nel matrimonio, a quella sacerdotale nel mini-stero ordinato, o a quella di speciale consacrazione– per diventare testimone del Signore, qui e ora.

Questo “oggi” proclamato da Gesù, infatti, ci as-sicura che Dio continua a “scendere” per salvarequesta nostra umanità e farci partecipi della suamissione. Il Signore chiama ancora a vivere conLui e andare dietro a Lui in una relazione di spe-ciale vicinanza, al suo diretto servizio. E se ci fa ca-pire che ci chiama a consacrarci totalmente al suoRegno, non dobbiamo avere paura! È bello – ed èuna grande grazia – essere interamente e per sem-pre consacrati a Dio e al servizio dei fratelli.

Il Signore continua oggi a chiamare a seguirlo.Non dobbiamo aspettare di essere perfetti per ri-spondere il nostro generoso “eccomi”, né spaven-tarci dei nostri limiti e dei nostri peccati, ma acco-gliere con cuore aperto la voce del Signore. Ascol-tarla, discernere la nostra missione personale nellaChiesa e nel mondo, e infine viverla nell’oggi cheDio ci dona.

Maria Santissima, la giovane fanciulla di perife-ria, che ha ascoltato, accolto e vissuto la Parola diDio fatta carne, ci custodisca e ci accompagni sem-pre nel nostro cammino.

Dal Vaticano, 3 dicembre 2017Prima Domenica di Avvento

FRANCESCO

marzo-aprile 20188

Dal 16 maggio 1818 al 16 maggio 2018 sonopassati duecento anni. Quello fu il giornoin cui San Vincenzo Pallotti prese i voti.

L’UAC vive dunque un anno molto importante inquesto Bicentenario dell’ordinazione sacerdotaledel Fondatore.

Si è pensato quindi di dare giusto risalto al-l’evento per far conoscere il più possibile la gran-dezza di San Vincenzo. Numerose saranno le ini-ziative che si svolgeranno in tutto il mondo tra cuile missioni dei sacerdoti i quali visiteranno le co-munità parse nei vari paesi.

Qui in Italia una delle iniziative più importanti,proposta dal CCN, sarà il pellegrinaggio, pressotutte le comunità pallottine, del calice che SanVincenzo utilizzava per la celebrazione della SantaMessa.

Dal 28 aprile al 1° maggio sarà presente adAvella, in occasione degli esercizi spirituali orga-

nizzati dall’Unione dell’apostolato cattolico. Il Ca-lice comunque visiterà sia i CCL che le comunitàreligiose, secondo un calendario che sarà stilatoprossimamente.

Sia questo per tutti noi un anno in cui l’occasio-ne di approfondire la conoscenza del nostro fon-datore non passi invano: gli eventi previsti ci dan-no l’opportunità di collaborare, con la nostra par-tecipazione, alla festa della famiglia Pallottina.

(Anna Ciavotta)

Il Calice da messa di San Vincenzoin pellegrinaggio nelle comunità pallottine

NEL BICENTENARIO DELL’ORDINAZIONE AL SACERDOZIO DEL SANTO FONDATORE

BICENTINARIODELL’ORDINAZIONE

DI SAN VINCENZO PALLOTTIMARTEDÌ 15 Maggio – Celebrazione nella Ba-silica di San Giovanni in Laterano15.30 – La visita guidata nella cappella di S. Vin-

cenzo Pallotti - momento di Adorazionenella Basilica.

17.00 – La Santa Messa con UAC - celebranteprincipale padre Jacob Nampudakam.

MERCOLEDÌ 16 Maggio18.30 – Santa Messa in Salvatore in Onda –

celebrante principale l’Arcivescovo di Roma Angelo De Donatis.

GIOVEDÌ 17 Maggio 10.00 – Sui passi di Vincenzo Pallotti.17.00 – Conferenza dell’Istituto Pallotti in San Salvatore.

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marzo-aprile 2018 9

Come l’anno scorso, anche quest’anno sisvolgeranno ad Avella, dal 28 aprile al1° maggio gli esercizi spirituali a conclusio-

ne del cammino fatto dalla famiglia pallottina ogniseconda domenica del mese a Grottaferrata. Loscorso anno queste giornate passate insieme sonostate molto ricche, hanno nutrito la nostra anima,hanno fatto nascere delle amicizie e cementato le-gami già esistenti. Ma soprattutto, hanno fattosentire forte l’appartenenza alla famiglia pallottinadando una forte carica al percorso che ognuno èchiamato a fare nel proprio ambiente quotidiano.

Quest’anno il tema trattato nelle giornate dispiritualità è stato: ”Come il Padre ha mandatome, così anch’io mando voi”, un tema caro al no-stro fondatore che aveva molto a cuore l’apostola-to, tanto da fondare l’Unione dell’Apostolato Cat-tolico. Ma qual è lo scopo dell’Apostolato volutoda San Vincenzo? Ravvivare la fede nel cuore de-gli uomini. Infatti quest’anno il tema degli esercizispirituali sarà: “Ravvivare la fede – La fede nellastoria”.

Gli esercizi avranno inizio sabato 28 aprile, lagiornata del 29 aprile sarà dedicata al Pallotti, cer-cheremo di conoscere più intimamente il nostrofondatore approfondendo il suo pensiero e la suaspiritualità. Approfondire questa conoscenza è do-veroso da parte nostra, soprattutto in quest’annoin cui ricorre il Bicentenario della sua ordinazio-ne. Per celebrare meritatamente questo eventospeciale sarà presente ad Avella, nei giorni degliesercizi, una reliquia del nostro caro Santo e cioèil Calice che Lui utilizzava per la celebrazione del-la Santa Messa.

Questo segno ci farà sentire in modo tangibilela presenza di San Vincenzo in mezzo a noi. Gliesercizi saranno tenuti dal don Carmelo Raspa, unesegeta della diocesi di Acireale che già l’annoscorso ci ha accompagnato in questi tre giorni.Oltre alle sue catechesi non mancheranno mo-menti di preghiera e condivisione. insieme a mo-menti di convivialità e spazio fraterno. Questi sa-ranno giorni che daranno la possibilità di rivederefratelli che sono lontani (ad esempio coloro chesono a Riposto) e che, quindi, non possono fre-quentare gli incontri mensili a Grottaferrata. Saràun ritrovarsi in famiglia, per festeggiare insieme lanostra fede. ■

PROGRAMMA DEGLI INCONTRI

«Ravvivare la fede - La fede nella storia»

28 SABATOOre 17,00: Arrivi e sistemazioniOre 18,00: Accoglienza e preghieraOre 19,30: Cena (Presentazione del programma)Ore 22,00: Riposo

29 DOMENICAOre 08,00: ColazioneOre 09,00: Preghiera Lodi - Giornata di Pallotti- preghiera

ApostolatoOre 10,30: BreakOre 11,00: Lavoro di gruppo (misti)Ore 12,00: Celebrazione EucaristicaOre 13,00: Pranzo Ore 15,30: Conoscenza e laboratorio sulle opere completeOre 16,45: BreakOre 17,15: Preghiera “Pallottina” per gruppiOre 18,30: Secondo incontro: “Vincenzo Pallotti, la sua fede nel

suo tempo”Ore 20,00: CenaOre 21,00: Condivisione della giornata

LUNEDÌ 30 aprileOre 08,00: ColazioneOre 09,00: Preghiera Lodi - Primo Incontro: “La fede in famiglia e

nelle strutture civili: Ef. 5”Ore 10,30: BreakOre 11,00: Secondo Incontro: “Sinodalità e responsabilità

ecclesiale”Ore 12,00: Lavoro di gruppoOre 13,00: PranzoOre 15,30: “Carisma pallottino e attività: quale futuro?” (p. Carmelo)Ore 16,30: BreakOre 17,00: Risonanze in assembleaOre 18,00: Adorazione eucaristica e confessioniOre 20,30: CenaOre 21,00: Spazio Fraterno

MARTEDÌ 1° maggioOre 08,00: Lodi e MessaOre 09,00: “Ravvivare la fede: proposte, prospettive, cammini”

(interventi di tutti)Ore 10,30: Break Ore 11,30: Celebrazione Eucaristica e MandatoOre 13,00: PranzoOre 15,00: Partenze e Missione

di Anna Ciavotta

Avella, gli esercizi spirituali dell’Unione dell’apostolato

28 APRILE-1° MAGGIO:SI CHIUDE IL CAMMINO

DI GROTTAFERRATA

marzo-aprile 201810

Tra il 2015 e il 2017 la situazione dei cristianiè peggiorata a causa di violenze e oppressio-ne, così come le negazioni alla libertà di fede

sono diventate più efferate. È quanto emerge dalrapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) sullapersecuzione anticristiana “Perseguitati e dimenti-cati. Rapporto sui Cristiani oppressi in ragione del-la loro fede tra il 2015 e il 2017”. La persecuzionedei cristiani dunque è più grave oggi che in qual-siasi altro periodo storico.

Lo studio, che prende in esame tredici Paesi (Ci-na, India, Iraq, Pakistan, Siria, Sudan, Turchia,Egitto, Eritrea, Iran, Nigeria, Arabia Saudita e Co-rea del Nord), si basa su ricerche sul campo effet-tuate da Acs, e dimostra come «tra il 2015 e il 2017i cristiani siano stati vittime del fondamentalismo,del nazionalismo religioso, di regimi totalitari e diviolenze direttamente o indirettamente finanziatedall’Occidente, nonché dell’incapacità dei governioccidentali di porre un freno al genocidio in atto inMedio Oriente e non solo».

La ricerca denuncia «violazioni dei diritti umanifondamentali quali violenze, stupri, detenzioni ille-gali, processi iniqui, divieto di riunioni di caratterereligioso e dell’espressione pacifica del credo reli-

gioso». In termini di numero di persone coinvolte,gravità dei crimini commessi e relativo impatto, èchiaro – afferma il Rapporto – che la persecuzionedei cristiani è più grave oggi che in qualsiasi altroperiodo storico.

In Siria i cristiani sono passati da 1,2 milioni a500mila in cinque anni, nella sola città di Aleppo ilnumero è sceso di oltre il 75%, da 150mila a 35mi-la. In Iraq, si legge nel Rapporto, i cristiani lamen-tano una diminuzione da 275mila (metà 2015) ameno di 200mila di due anni dopo.

«Non è da escludersi una possibile estinzionedei cristiani iracheni entro il 2020», se questa ridu-zione continuasse con lo stesso ritmo. Consideratinel loro insieme, i fatti accaduti in Siria e in Iraqmostrano come i cristiani locali siano stati vittimeda parte dell’Isis di un genocidio, così come defini-to dalla Convenzione per la prevenzione e la re-pressione del delitto di genocidio adottata dalle Na-zioni Unite. Lo stesso è accaduto in Nord Nigeriadove Boko Haram, affiliato allo Stato islamico, hamesso in atto una campagna di violenze per assicu-rare che i fedeli non siano in grado di rimanere.

I risultati principali. Il Rapporto mostra che inARABIA SAUDITA «il Cristianesimo è illegale. Lo

Dal Pakistan all’Arabia Saudita cristiani sempre più perseguitati

LA DENUNCIA DI AIUTO ALLA CHIESA CHE SOFFRE: “OPPRESSI IN RAGIONE DELLA LORO FEDE”

di Daniele Rocchi*

Luca Liverani

Condannati a morte, rapiti, violen-tati. All’inizio del XXI secolo ci so-

no ancora paesi in cui professarsi cri-stiani è da eroi. Dalla Nigeria e dalPakistan arrivano a Roma tre testimo-ni delle persecuzioni, per alzare il ve-lo dell’indifferenza che rischia di na-scondere questa tragedia. Come Re-becca Bitrus, nigeriana cristiana di 28anni, rapita e in ostaggio per due anni

di Boko Haram. O come Ashiq Masihe Eisham Ashiq, marito e figlia mino-re di Asia Bibi, la donna pachistanada 3.164 giorni in carcere, condanna-ta a morte per blasfemia. A portarli inItalia è Aiuto alla Chiesa che soffre(Acs).

I tre sono stati i testimoni dellamanifestazione al Colosseo, che perl’occasione è stato illuminato di ros-so. Con loro sono intervenuti anche ilcardinale Pietro Parolin, segretario di

Stato della Santa sede; il cardinaleMauro Piacenza, presidente interna-zionale di Acs, il vescovo segretariogenerale della Cei Nunzi Galantino eil presidente del Parlamento EuropeoAntonio Tajani.

Grande la gioia dei tre testimoniper l’incontro con il Papa. «Sono mol-to contenta – ha detto Rebecca Bi-trus – al Papa ho raccontato la miastoria, le nostre difficoltà ma anchegli sforzi che sta facendo la Chiesa

La famiglia di Asia Bibi e Rebecca, schiava di Boko Haramricevute in Vaticano da papa Francesco

marzo-aprile 2018 11

Stato sostiene di tollerare il culto privato dei nonmusulmani, ma le conversioni dall’Islam sono pu-nite con la pena di morte». In CINA «nuove normehanno portato ad un maggior numero di chiese di-strutte e croci rimosse. Le Chiese domestiche sonosotto crescente pressione affinché si conformino al-l’ideologia comunista o si sciolgano». In COREADEL NORD «i cristiani arrestati, considerati spiedegli Usa, sono inviati automaticamente nei campidi internamento dove vengono uccisi o subisconolavori forzati, torture, persecuzione, privazione dicibo, stupri, aborti forzati e violenze sessuali». InEGITTO «più di 100 cristiani sono morti in tre at-tentati a Tanta, Alessandria e Minya. Vi sono inol-tre continui casi di copti uccisi da estremisti». InERITREA «misure ancor più repressive nei con-fronti dei cristiani, carcere per quanti si oppongo-no al crescente controllo governativo dei gruppi re-ligiosi». In INDIA «drastico aumento degli attacchianticristiani in seguito alle elezioni del marzo 2017.

Nei primi mesi di quest’anno sono statiriportati 316 atti commessi ai danni deicristiani». In IRAN «la Chiesa ha subitoconfische di terreni, rifiuti di visti e for-me di sorveglianza e intimidazione». InIRAQ lo «Stato islamico ha cercato dieliminare il Cristianesimo nelle areesotto il proprio controllo, facendo anchericorso alla distruzione delle chiese e al-le conversioni forzate». In NIGERIA«oltre all’azione di Boko Haram, un nu-mero crescente di attacchi da parte deipastori fulani ha devastato villaggi cri-stiani e ucciso molti fedeli. Rapportidella Chiesa locale indicano prove dellacomplicità di governo locale ed esercitonella fornitura di armi e denaro agli

estremisti». In PAKISTAN «la discriminazione or-dinaria ai danni dei cristiani è in aumento, nellescuole (i libri di testo incitano all’odio verso le mi-noranze), sul posto di lavoro (molti cristiani svolgo-no le mansioni più umili) e in ambito giudiziario».In SIRIA «sono emersi racconti agghiaccianti diatrocità genocidarie commesse da Isis tra il 2015-2017. Un numero sproporzionato di fedeli ha la-sciato il Paese, fino a metà della popolazione cri-stiana». In SUDAN «la persecuzione ai danni deicristiani è aumentata, le leggi di pianificazione edi-lizia sono utilizzate come pretesto per distruggerele chiese e gli edifici di proprietà dei cristiani, neltentativo di schiacciare il Cristianesimo». Infine, inTURCHIA dove «tra gli edifici confiscati dallo Sta-to anche 50 proprietà della Chiesa siro-ortodossa.Presenti indicazioni di una continua intolleranzache si concretizza anche nell’islamizzazione di sto-rici siti cristiani, come ad esempio l’Hagia Sophia».

(*Agenzia SIR)

sulla via del dialogo e della pacifica-zione». Rebecca fu rapita nel 2014dai terroristi di Boko Haram assiemeai due figli di uno e due anni. È rima-sta incinta dopo essere stata violen-tata. Il figlio più piccolo fu affogatodopo il suo “no” a ripudiare il cristia-nesimo. L’altro fu venduto a una fami-glia. Ha perso alcuni denti perché pic-chiata con un fucile. Dopo la libera-zione ha recuperato il figlio e ha tenu-to quello frutto delle violenze. Lo hachiamato Cristoforo. Non serba ran-core: «Ho perdonato, completamen-te, dal profondo del cuore».

I familiari di Asia attendono che laCorte suprema si pronunci sul ricorsocontro la condanna. «Il tempo giuridi-

co in Pakistan – ha detto Ashiq Ma-sih, 52 anni – è un concetto relativo:se si vuole, tutto viene risolto in fret-ta, altrimenti i tempi sono molto lun-ghi. Se mia moglie è ancora viva ègrazie all’attenzione della comunitàinternazionale». Pressioni che hannoanche attenuato il rigore della carce-razione.

Dei suoi 18 anni, Eisham ne hapassati con la mamma solo la metà.«Mi sento incompleta, mio padre èeccezionale, ma ci sono cose cheuna ragazza confida solo alla mam-ma. Chiedo a tutti di pregare perchétorni con noi». «Siamo enormemen-te felici di incontrare il Santo Padre –ha aggiunto Ashiq Masih, 52 anni –

e chiederemo la sua benedizio-ne. Pregando con lui saremouniti a Gesù». «E se si può vorreidargli un bacio – ha aggiunto Eisham– da parte della mamma e delle so-relle». Il Papa ha donato ad Eishamun rosario in più, da portare a suamadre ed ha assicurato lei le propriepreghiere. La ragazza ha poi riferitoad Asia delle toccanti parole delPapa e dell’emozionante incontro.«Ricevo questo dono con devozionee gratitudine – ha detto Asia in carce-re ai familiari – e questo rosario saràper me di grande consolazione, co-sì come mi conforta sapere che ilSanto Padre prega per me e pensa ame».

LLaa tteessttiimmoonniiaannzzaa ddeell mmaarriittoo ee ddeellllaa ffiigglliiaa ddii AAssiiaa BBiibbii dduurraannttee llaa mmaanniiffeessttaazziioonnee aallCCoolloosssseeoo

marzo-aprile 201812

La Festa del papà è associata a San Giuseppe,padre putativo di Gesù. A differenza dellaFesta della Mamma, che in Italia si celebra la

seconda domenica di maggio, la Festa del papà ca-de ogni anno il 19 marzo, essendo associata a SanGiuseppe, ricordato proprio quel giorno come ar-chetipo della perfetta figura paterna. I Paesi di tra-dizione cattolica, quindi, seguono questa indicazio-ne, mentre negli Stati che risentono maggiormentedell’influenza statunitense bisogna aspettare la ter-za domenica di giugno per festeggiare il Father’sDay.

Nell’udienza generale del 29 gennaio 2015 PapaFrancesco ha parlato molto del papà. Rileggeretratti della sua catechesi fa tanto bene a tutti. In-tense sono le parole di Francesco, che riflettonoancora una volta il suo sguardo lucido sul mondodi oggi e sulla famiglia, lacerata dalle ferite delle

separazioni, sofferente per i troppi fallimenti, incammino verso il Sinodo del prossimo ottobre.

“Padre” è la parola cara dalla quale parte Bergo-glio, ricordando la «nuova profondità» che questaassume dopo la venuta di Gesù che a Dio si rivol-geva chiamandolo così.

«Padre è una parola nota a tutti, una parola univer-sale. Essa indica una relazione fondamentale la cui re-altà è antica quanto la storia dell’uomo». Eppure og-gi, rimarca il Papa, si dice che la nostra sia una «so-cietà senza padri». La figura del capofamiglia, so-prattutto nella cultura occidentale, «sarebbe simboli-camente assente, svanita, rimossa».

Queste parole del Papa hanno un grande peso einducono a un esame di coscienza. Francesco ricor-da l’evoluzione di questa figura a partire dal pa-dre-padrone «rappresentante della legge che si impo-ne all’esterno, censore della felicità dei figli e ostacolo

La catechesi di Papa Bergoglio:«Né padri-padrone, né padri assenti»

19 MARZO SAN GIUSEPPE, FESTA DEL PAPÀ: PATERNITÀ OGGI IN CRISI

di Stella Marotta

marzo-aprile 2018 13

all’emancipazione e all’au-tonomia dei giovani». Unpadre autoritario chetrattava i figli come ser-vi, capace solo di tarpa-re le ali, di non educare«in libertà».

Definizioni «non buo-ne», sottolinea il Papa.Ma «come spesso avviene,si passa da un estremo al-l’altro. Il problema dei no-stri giorni non sembra es-sere più tanto la presenzainvadente dei padri, quan-to piuttosto la loro assen-za, la loro latitanza. I pa-dri sono talora così con-centrati su se stessi e sulproprio lavoro (e alle voltesulle proprie realizzazioniindividuali) da dimenticareanche la famiglia».

Il Papa ricorda quan-do, ancora ai tempi incui viveva a Buenos Ai-res, avvertiva «il senso diorfanezza», parola a luicara che usò per la primavolta parlando al conve-gno della diocesi di Ro-ma, il 16 giugno 2014.Allora, in un discorso diquasi un’ora a braccio, aveva descritto il profondosenso di smarrimento dei giovani, incapaci di spe-rare in una strada sicura, di guardare a maestri, dinutrire ideali.

«Spesso domandavo ai papà se giocavano con i lo-ro figli, se avevano il coraggio e l’amore di perderetempo con i figli. E la risposta era brutta, nella mag-gioranza dei casi: “Mah, non posso, perché ho tantolavoro…”. E il padre era assente da quel figliolo checresceva, non giocava con lui, no, non perdeva tempocon lui». È la descrizione del fallimento del padre.Nasce per questo l’invito di Papa Francesco a uncammino comune di riflessione sulla famiglia, el’esortazione ad essere più attenti.

«L’assenza della figura paterna nella vita dei picco-li e dei giovani produce lacune e ferite che possono es-sere anche molto gravi – ammonisce il Papa – e in ef-fetti le devianze dei bambini e degli adolescenti si pos-sono in buona parte ricondurre a questa mancanza.Alla carenza di esempi e di guide autorevoli nella lorovita di ogni giorno, alla carenza di vicinanza, alla ca-renza di amore da parte dei padri. È più profondo diquel che pensiamo il senso di orfanezza che vivonotanti giovani».

Orfani, dunque, in fa-miglia di padri che non sicomportano come taliperché «non dialoganocon i figli, non danno aifigli, con il loro esempioaccompagnato dalle paro-le, quei principi, quei va-lori, quelle regole di vitadi cui hanno bisogno co-me del pane». Mancanzeche, approfondisce il Pa-pa, derivano però ancheda un senso di smarri-mento degli stessi padri,travolti dal senso di re-sponsabilità, lasciati solinel loro perdersi.

«A volte sembra che ipapà non sappiano benequale posto occupare in fa-miglia e come educare i fi-gli. E allora, nel dubbio –evidenzia Francesco – siastengono, si ritirano e tra-scurano le loro responsabi-lità, magari rifugiandosi inun improbabile rapporto“alla pari” con i figli. È veroche tu devi essere “compa-gno” di tuo figlio, ma senzadimenticare che tu sei il pa-dre! Se tu ti comporti sol-

tanto come un compagno alla pari del figlio, questonon farà bene al ragazzo».

Il richiamo di Papa Francesco coinvolge, pure,la comunità civile che è incapace di mostrare lapropria paternità verso i giovani e «spesso li lasciaorfani e non propone loro una verità di prospetti-va»; andare in cerca di valori e maestri: «I giovanirimangono, così, orfani di strade sicure da percorrere,orfani di maestri di cui fidarsi, orfani di ideali che ri-scaldino il cuore, orfani di valori e di speranze che lisostengano quotidianamente. Vengono riempiti magaridi idoli ma si ruba loro il cuore; sono spinti a sognaredivertimenti e piaceri, ma non si dà loro il lavoro; ven-gono illusi col dio denaro, e negate loro le vere ric-chezze».

E allora l’unica strada è guardare al vero Padre,al maestro da ascoltare, alla speranza che cambia ilmondo. Solo così «può esserci un futuro di fraternitàe di pace per tutti». Papa Francesco chiude la sua ca-techesi riannodando i fili di un lungo e memorabilediscorso, ritornando al Padre, la parola dalla qualeera partito, e rivolgendo lo sguardo a Dio, la veraluce del mondo nel buio in cui spesso l’uomo è co-stretto a vivere. ■

Beatitudini del papà:perché tutti sianocome Dio li pensa

Beato il papà che chiama alla vita e sa donarela vita per i figli.

Beato il papà per il quale i figli contano più de-gli hobby e della partita.

Beato il papà che cresce insieme ai figli e liaiuta a diventare se stessi.

Beato il papà che sa pregare con i figli e con-frontare la vita con il Vangelo.

Beato il papà convinto che un sorriso vale piùdi un rimprovero, uno scherzo più di unacritica, un abbraccio più di una predica.

Beato il papà che non teme di essere tenero eaffettuoso.

Beato il papà che sa capire e perdonare glisbagli dei figli e riconoscere i propri.

Beato il papà che non sommerge i figli di co-se, ma li educa alla sobrietà e alla condivi-sione.

Beato il papà che non si ritiene perfetto e saironizzare sui propri limiti.

Beato il papà che cammina con i figli versoorizzonti aperti all’uomo, al mondo, all’eter-nità.

marzo-aprile 201814

L’8 marzo non è tanto ungiorno per festeggiare,ma piuttosto un’occa-

sione per pregare e riflettere,sulle condizioni di tantissimedonne nel mondo, nemmenotanto lontane da noi. Le schia-ve bambine, le donne maltrat-tate e abusate, le donne invisi-bili. Quelle sfruttate e vendu-te, le donne torturate, le bam-bine mutilate, le donne chenon possono studiare, nè par-lare, nè scegliersi il marito. Epoi le donne considerate solouna proprietà, alla pari di uncavallo o un campo, le donnedisperate che non riescono asfamare i propri figli, quellesfigurate, molestate, persegui-tate, uccise, nel corpo o nellospirito.

La festa dell’8 marzo resta dunque di grande at-tualità. Le sue origini non sono peraltro certe. Èstata dimostrata come infondata la teoria della ri-correnza della data dell’incendio in cui perironocentinaia di operaie nel rogo di una inesistente fab-brica di camicie Cotton, avvenuto nel 1908 a NewYork, facendo probabilmente confusione con unatragedia realmente verificatasi in quella città il 25marzo, nella quale morirono 146 lavoratori (123donne e 23 uomini, in gran parte giovani immigra-te di origine italiana ed ebraica.

Sembra certo invece che l’iniziativa di celebrarela giornata internazionale della donna sia stata pre-sa per la prima volta nel febbraio del 1909 negliStati Uniti, su spinta del Partito socialista america-no. L’anno seguente, nel 1910, l’iniziativa venneraccolta a Copenaghen durante la Conferenza in-ternazionale delle donne socialiste. Dai documentidel congresso non risultano chiare le motivazioniche spinsero alla scelta proprio di quella data. Inrealtà fino al 1921 i singoli Paesi scelsero giorni di-versi per la celebrazione. In Unione sovietica nel

1921 durante la Seconda conferenza delle donne aMosca venne confermata come unica data per lecelebrazioni l’8 marzo in ricordo della manifesta-zione contro lo zarismo delle donne di San Pietro-burgo nel 1917.

Al di là dei dibattiti storici sull’origine della Fe-sta, questa ricorrenza, ormai più civile che politica,può essere un momento importante anche per i cri-stiani, perché riflettano, preghino e agiscano per ilpieno riconoscimento della donna, perché – nellasua specifica diversità – sia pienamente equiparataagli uomini nella tutela dei suoi diritti e allo stessotempo sostenuta nella sua funzione. Per questo mo-tivo voglio aggiungere solo delle preghiere per va-lorizzare la donna e contemplare la sua bellezza.

Dal Libro dei Proverbi leggiamo ad esempio «Ladonna ideale»: «Una donna perfetta chi potrà tro-varla? Ben superiore alle perle è il suo valore. In leiconfida il cuore del marito e non verrà a mancargliil profitto. Essa gli dá felicità e non dispiacere pertutti i giorni della sua vita. Si procura lana e lino eli lavora volentieri con le mani. Ella è simile alle

Giornata della Donna: impegno civile e occasione di preghiera e riflessione

8 MARZO FESTA INTERNAZIONALE: LA DURA CONDIZIONE NEL MONDO DI TANTE MADRI E RAGAZZE

di Stella Marotta

NNeell 11994466 ll’’UUddii aaddoottttaa llaa mmiimmoossaa,, ppiiaannttaa rreessiisstteennttee,, ccoommee ssiimmbboolloo iinn IIttaalliiaa ddeellllaa FFeessttaa ddeellllaa ddoonnnnaa

marzo-aprile 2018 15

navi di un mercante, fa venire da lontano le prov-viste. Si alza quando ancora è notte e prepara il ci-bo alla sua famiglia e dá ordini alle sue domesti-che. Pensa ad un campo e lo compra e con il fruttodelle sue mani pianta una vigna. Si cinge con ener-gia i fianchi e spiega la forza delle sue braccia. Èsoddisfatta, perché il suo traffico va bene, neppuredi notte si spegne la sua lucerna. Stende la sua ma-no alla conocchia e mena il fuso con le dita. Aprele sue mani al misero, stende la mano al povero.Non teme la neve per la sua famiglia, perché tutti isuoi di casa hanno doppia veste. Si fa delle coperte,di lino e di porpora sono le sue vesti. Suo marito èstimato alle porte della città dove siede con gli an-ziani del paese. Confeziona tele di lino e le vende efornisce cinture al mercante».

«Forza e decoro sono il suo vestito e se la ridedell’avvenire. Apre la boccacon saggezza e sulla sua lin-gua c’è dottrina di bontà.Sorveglia l`andamento dellacasa; il pane che mangianon è frutto di pigrizia. Isuoi figli sorgono a procla-marla beata e suo marito afarne l’elogio: “Molte figliehanno compiuto cose eccel-lenti, ma tu le hai superatetutte!”. Fallace è la grazia evana è la bellezza, ma ladonna che teme Dio è dalodare. Datele del fruttodelle sue mani e le sue stes-se opere la lodino alle portedella città» (Proverbi Cap.31, 10-31).

Giovane amico, se ami,questo è il miracolo dellavita. Entra nel sogno conocchi aperti e vivilo conamore fermo. Il sogno nonvissuto è una stella da la-sciare in cielo. Ama la tuadonna senza chiedere altroall’infuori dell’eterna do-manda che fa vivere di nostalgia i vecchi cuori.

Evidenzio infine la preghiera delle Suore France-scane dei Poveri che invocano la Madonna, Chiarad’Assisi, Elisabetta di Turingia e Madre FrancescaSchervier –loro fondatrice – affinché intercedanoper tutelare le donne di tutte il mondo da ogni for-ma di violenza. Ecco la loro preghiera:

«Ti preghiamo, Signore, per le donne di tutto ilmondo, bambine, adolescenti, giovani, adulte e an-ziane. Tu sei santo, Signore, e operi cose meravi-gliose: ti preghiamo affinché cessino le violenze fi-siche e morali sui corpi, sulle menti e negli animi

delle donne. Sono tante e troppe le donne che ognigiorno subiscono maltrattamenti, traffici, abusi, of-fese e umiliazioni. Tu sei mitezza, Signore, tu sei ri-fugio: dona alle donne la forza e l’audacia per rico-noscere le proprie schiavitù e uscire dalle oppres-sioni. Dà a noi il coraggio di indignarci, per nonnasconderci dietro l’indifferenza ma agire sempre ein ogni circostanza in loro difesa, protezione e so-stegno».

«Tu sei bellezza, Signore, tu sei umiltà e pazien-za: illumina il cammino di rinascita che milioni didonne stanno percorrendo fra mille difficoltà e pe-ricoli su tutta la faccia della terra. Suscita in noicuori generosi che possano davvero sostenerle conspirito di gentilezza, condivisione, concretezza, au-dacia e rispetto nei faticosi percorsi che attraversa-no. Tu sei la nostra speranza, Signore, tu sei fede e

carità: purifica la memoria ele menti delle donne dalletorture subite, dalle umilia-zioni e dalle sevizie a cui so-no state costrette, perchépossa nascere in ciascunadonna una nuova vita di li-bertà, verità e speranza. Si-gnore, facci strumenti di ca-rità per le donne vulnerabi-li, strumenti capaci di pro-muovere con audacia digni-tà e rispetto. Facci strumenticapaci di promuovere unavita rinnovata oltre lo stra-zio del male».

«Tu sei il bene, Signore,ogni bene, il sommo bene: tipreghiamo, Signore, affin-ché il bene sia amato e pro-mosso ovunque tra le feritedi ogni donna. Non possia-mo permettere che il male ela violenza sulle donne con-tinuino a essere alimentati.Aiutaci a spezzare il malecon tutte le nostre energiedi amore. Suscita nuove leg-

gi e nuove politiche a favore della dignità e del ri-spetto delle donne in ogni paese del pianeta. Chel’umanità intera sia rinnovata da una nuova sensi-bilità di amore, coraggio e rispetto contro ogni vio-lenza».

«Chiediamo tutto questo a te, Dio che sei Amo-re, per le mani di Maria, per le mani di Chiarad’Assisi, Elisabetta di Turingia e di Madre France-sca, donne di audacia, speranza e coraggio. Che lanostra preghiera e il nostro impegno possano spez-zare le violenze e suscitare ovunque semi di guari-gione e rinascita a favore delle donne». ■

““MMaaddrree mmiiggrraannttee””,, cceelleebbrree rriittrraattttoo ddeellllaa ffoottooggrraaffaaaammeerriiccaannaa DDoorrootthheeaa LLaannggee,, cchhee iimmmmoorrttaallòò llaa

bbrraacccciiaannttee ccaalliiffoorrnniiaannaa FFlloorreennccee OOwweennss TThhoommppssoonn,,3322 aannnnii,, mmaaddrree ddii 77 ffiiggllii

marzo-aprile 201816

In una pagina di Avvenire, il quotidiano di ispira-zione cattolica, lo scrittore Ferdinando Camonha citato una “sentenza” di un altro scrittore

molto bravo: Cesare Pavese, noto autore – tra l’al-tro – di un libro di poesie intitolato “Verrà la mortee avrà i tuoi occhi” e di un saggio su ”Il mestiere divivere”. Chi ha letto questi o qualche altro suo libroavrà certamente notato la tristezza che l’Autore de-scrisse proprio nel suo “Il mestiere di vivere” che siconcludeva nel modo più esplicito: «Tutto questo faschifo […] non scriverò più». In un’altra occasioneaveva detto che «il suicidio è un omicidio timido».Era la terribile scelta di un uomo che voleva sop-primere sé stesso: nove giorni dopo si tolse la vitanon a casa sua, ma in un albergo dove il suo corpofu trovato sdraiato sul letto con accanto dieci busti-ne di sonnifero. Pavese era nato nel 1908 e morìnel 1950. Camon citava questa definizione del sui-cidio per contestarla: «L’ omicidio è un suicidio ti-mido. Uccide anche chi non ha il coraggio di ucci-dersi». Lo ha tragicamente dimostrato quel fiorenti-

no pieno di debiti che voleva uccidersi con la suapistola ma non ne ha avuto il coraggio (Coraggio?La vita valutata in denaro?) e ha sparato a un altro.

Molti anni sono passati dal famoso 1968 e ades-so il suicidio organizzato come impresa tra il socia-le e la medicina è diventato uno degli aspetti dellavita in questo inizio di millennio. La vita sembraaver perso molto del proprio valore, si è afflosciatasu una crisi morale tipica del nostro tempo: conl’aborto di Stato si può annullare la vita prima chevenga alla luce, con l’eutanasia si affretta la morte,con gli omomatrimoni si fabbricano figli orfani dialmeno un genitore, con la procreazione eterologasi mette il figlio nella condizione di non saperequal è la propria madre, con lo sfruttamento dellapolitica a proprio vantaggio si demolisce un po’ al-la volta sé stessi e il proprio Paese; con il suicidio econ l’eutanasia nelle loro varie modalità si togliealla rete delle relazioni un nodo e si scombina il lo-ro intreccio, cioè quello che “fa” la società civile ela comunione/comunità dei fedeli. E con le false

estasi da droga si finisceper morire insieme conla propria dignità.

Poiché di tutto ciò sitace, in una udienza inPiazza San Pietro e findal primo anno del suopontificato, Papa Fran-cesco si è visto costrettopiù volte a denunciarela “cultura dello scarto”:non solo delle cose e delcibo (che pure sono im-portanti) ma soprattuttodella vita e quindi an-che della dignità del-l’uomo. «Quello che co-manda oggi – dice ognivolta il Papa – non èl’uomo, è il denaro […]Uomini e donne vengo-no sacrificati agli idolidel profitto e del consu-mo: è la cultura dello

Contro la cultura dello scarto il Vangelo è gioia per il mondo

ABORTO, CONTRACCETTIVI, EUTANASIA: RIFLESSIONI ALL’INDOMANI DELLA GIORNATA DELLA VITA

di Pier Giorgio Liverani

LLaa vviittaa vvaa ddiiffeessaa ddaall ccoonncceeppiimmeennttoo aallllaa ssuuaa ffiinnee nnaattuurraallee

marzo-aprile 2018 17

scarto», che investe direttamente la vita dell’uo-mo». I poveri? Gli immigrati? Causano problemi esituazione difficili, scartiamoli. Un figlio in più? Cicosta troppo, scartiamolo. I malati, quelli gravi esi-gono troppe cure, hanno troppi dolori, costanotroppo in medici e medicine, scartiamoli.

L’Italia conosce, ormai da qualche anno, un’altracrisi assai peggiore di quella economica che abbia-mo vissuto per molti anni all’inizio di questo XXIsecolo. È la crisi delle nascite, ormai lo sappiamotutti. Nascono oggi meno della metà dei bambiniche nascevano nel 1860, l’anno della nascita delloStato Italiano – e ciò raddoppia le dimensioni diquesta crisi – quando nascevano circa un milionedi bambini ogni anno senza bisogno di politiche afavore delle famiglie e di sostegno alla crescita del-la popolazione. Oggi siamo giunti al dover conside-rare il “fenomeno immigrazione” come speranzaper sopperire alla mancanza di nascite. E un Paesevecchio muore, proprio come i vecchi, con in piùuna tristezza che diventa presto tristizia.

Tutto quello che si è scritto fin qui non è unaesasperazione di situazioni personali. È lo Stato,che si è fatto padrone delle vite nascenti e di quellemorenti. Si dovrebbe fare una legge di sostegno al-le famiglie numerose? Scartiamo i figli, facciamoliabortire se arrivano. I figli risultano difettosi agliesami ecografici in gravidanza? Scartiamoli. Anziguadagniamoci sopra con la vendita dei contraccet-tivi che eliminano la gravidanza come cosa di scar-to e incoraggiano quelli che vogliono fare le provedella vita matrimoniale. Segno che nella coppianessuno dei due è per l’altro poco affidabile e vavagliato: e poi, dopo il matrimonio, si affretta la sa-zietà. L’uccisione legittima dei nascituri si scontracon il buon senso e le prediche della Chiesa? Tra-

sformiamola in “diritto civile”: cosìlo scarto diventa meritorio perchévalorizza la libertà della donna, epoi libera da tante seccature. L’an-ziano sofferente vuole morire? Ec-co già pronto il “diritto alla morte”.Se lui si suicida in Svizzera conl’aiuto di un amico, anche questoavviene grazie a un altro “diritto ci-vile” e in tribunale formuleremonon una condanna (da 5 a 12 anni,Codice penale art. 580) ma magariuna medaglia al valor civile per at-tività umanitaria e chissà, diritto dirimborso spese di viaggio e alber-go. Certi moribondi dicono di esse-re padroni della propria vita e an-che della morte. Errore, è lo Statoche decide se, come e quando na-scere e morire o sposarsi. Le Ca-mere parlamentari già si impegna-

no a fornire diritti civili già confezionati e gratuiti,per esempio i paramatrimoni tra persone di ugualesesso.

Sono – questi, ma non solo questi – i risultatidelle politiche dello scarto. C’è una crisi incredibi-le del valore della vita, un peso di tristezza che gra-va sui nostri “stili di vita” come si usa dire: si vivesecondo schemi predisposti mai festosi. Il divorziolibera dai pesi della vita matrimoniale. La convi-venza di due “compagni” (figure giuridiche che co-me tali non esistono, ma non importa: si fa lo stes-so fin quando ci va) è lo scarto della vera unionetra il marito e la moglie. Invece di essere due inuno (Gen 2-24: «Una sola carne») sono due appicci-cati da una colla che alla prima pioggia si scioglie.

Questa elencazione di scarti ha per principio latristezza. È per questo che, per la Giornata per laVita di quest’anno, ormai celebrata domenica 5febbraio, i nostri Vescovi hanno richiamato, nel lo-ro Messaggio, il concetto – già espresso dal santopapa Giovanni Paolo II e dall’attuale papa France-sco – che il Vangelo della vita è «gioia per il mon-do». Nascere e vivere è preparare l’uomo alla gioiadel Vangelo che prepara una seconda vita di inim-maginabile felicità. Oggi al mondo manca l’amoreche «dà sempre vita». Per sanare il mondo c’è «laParola di Dio, consegnata a noi nelle Sacre Scrittu-re». Essa è «l‘unica via per trovare il senso della vi-ta, frutto dell’Amore e generatrice di gioia». Ai fe-deli è affidato il compito di annunciare “il Vangelodella vita dono di Dio legato alla stessa rivelazionecristiana […] La novità della vita e la gioia che essagenera – scrivono i Vescovi nel Messaggio – sonopossibili solo grazie all’agire divino. È suo dono e,come tale, oggetto di richiesta nella preghiera deidiscepoli”. ■

marzo-aprile 201818

La lebbra – dal punto di vista puramente medi-co – fu vinta nel 1981 quando si trovò la tera-pia efficace e anche poco costosa, ma nel

mondo esiste ancora e fa paura, perché è conside-rata una malattia che esclude i malati dalla comu-nità umana. Questo terrore ha le radici assai pro-fonde nella storia e nello sviluppo dell’umanità.Nella Bibbia (Antico e Nuovo Testamento) si parladi quando questa malattia era davvero incurabile ecomportava drasticamente l’esclusione fuori dallemura delle città e un campanello che avvertival’avvicinarsi di un lebbroso. La lebbra, infatti, ve-niva considerata una punizione divina e ciò nonera senza ragioni: nella Bibbia è Dio in persona, in-fatti, che informa Mosé e gli detta anche come ci sideve comportare nei confronti dei malati e comequesti devono prima di tutto far controllare il leb-broso dai Sacerdoti al Tempio e poi vivere lontanidagli accampamenti o delle città del popolo ebrai-co. È interessante leggere almeno il capitolo 13 delLevitico. Ed è Gesù – narrano i tre Vangeli sinottici

– che guarisce i lebbrosi rispettando, da bravoebreo, l’ordine di mandare i malati miracolati apresentarsi ai Sacerdoti.

«Il Morbo di Hansen (è il nome di questa malat-tia) corrode il fisico, corrode la bellezza della figuraumana e perciò crea paura ed acquista il forte valo-re simbolico dello scandalo, del rifiuto, dell’esclu-sione che costringe i malati a vivere in condizionisub-umane. Incarna tutte le discriminazioni che al-lontanano la persona per una malattia, per una di-sabilità, per la povertà estrema, per l’assenza diogni diritto fondamentale e che trasformano un uo-mo in un rifiuto» (da Amici di Raoul Follereau n.1,gennaio).

Oggi, ma fin dal 1981, la lebbra è diventata unamalattia curabile, guaribile e già, a cura anche sol-tanto iniziata, non più infettiva. Tuttavia «secondol’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel mondoesistono più di tre milioni di persone con disabilitàgravi causate dalla malattia, che richiedono curequotidiane e vivono sotto il peso del preconcetto

La lebbra è curabile da decenniMa tra i poveri è ancora un’incubo

OLTRE TRE MILIONI DI PERSONE COLPITE. L’OPERA DEGLI AMICI DI RAOUL FOLLEREAU

di Pier Giorgio Liverani

LL’’oossppeeddaallee ppeerr lleebbbbrroossii ddii CCuummuurraa,, nneellllaa GGuuiinneeaa BBiissssaauu

marzo-aprile 2018 19

dello “stigma” religioso che costringe i lebbrosi avivere isolati, senza lavoro e senza possibilità direinsediamento nella società» (da Amici diFollereau, n.1 gennaio 2018). Ogni anno sono200mila i nuovi casi accertati di lebbra.

Chi era questo Follereau? Raoul (questo era ilnome di Battesimo) era un giurista, filosofo, poetae giornalista francese nato nel 1903, che fondò unaFondazione portante il suo nome. Con questa strut-tura ad Adzopé (in Costa d’Avorio) fondò la “cittàdei lebbrosi” doata di laboratori, radio, cinema, epiccole case per i malati bisognosi delle prime cu-re. Questo villaggio suscitò l’attenzione del mondo

e suggerì a Raoul l’istituzione della “Giornata mon-diale dei lebbrosi”, che si celebra ogni anno il 25gennaio. Follereau morì nel 1977 a Parigi: è statocalcolato che nella sua lunga attività di amore peril prossimo è riuscito a guarire circa un milione dilebbrosi, ha percorso due milioni di chilometri perraggiungere i malati là dove essi vivevano o giace-vano e ha raccolto e distribuito ai malati milioni didollari. Tra i lebbrosi è alta la percentuale dei gio-vani minori di 15 anni: «Ogni 100 persone diagno-sticate nel mondo nove sono meno che quindicen-ni. Nel 2016 fra le persone diagnosticate 18.230 er-tabno ragazzi e ragazze (50 ogni giorno).

Gli insegnamenti e l’esempio, attraverso il suostesso linguaggio, sono riproposti nei numerosi li-bri che ha scritto, il più famoso dei quali è Le livred’amour, pubblicato nel 1920 quando l’autore ave-va solo 17 anni, diffuso in 10 milioni di copie e tra-dotto in 35 lingue. La sua opera continua a vivere erinnovarsi nel lavoro di decine di organizzazioniche portano il suo nome. In Italia, l’opera di RaoulFollereau a favore dei malati di lebbra nel Sud delMondo è continuata oggi dall’AIFO - Associazioneitaliana amici di Raoul Follereau. Chi ne fa parte at-tiva sarà uno di quelli ai quali Gesù, quando si pre-senteranno al Giudizio finale, dirà «Venite, bene-detti del Padre mio perché ero malato e mi avetevisitato…» (Mt 25,34).

Per informazioni, abbonamenti, adesioni:www.aifo.it

AIFO, via Borselli, 4-6 - 40135 BolognaTel. 051.4393211 - Numero verde Aifo 8005503903

Preghiera per tutti gli infeliciSignore, insegnaci

a non amare noi stessi,a non amare soltanto i nostri,

a non amare soltanto quelli che amiamo.Insegnaci a pensare agli altri,

ad amare in primo luogoquelli che nessuno ama.

Signore, facci soffriredella sofferenza altrui.facci la grazia di capire

che ad ogni istante ,mentre noi viviamo una vita troppo felice,

protetta da Te,ci sono milioni di essere umani,

che pure sono tuoi figli e nostri fratelli,che muoiono di fame

senza aver meritato di morire di fame,che muoiono di freddo

senza aver meritato di morire di freddo.Signore, abbi pietà

di tutti i poveri del mondo.Abbi pietà dei lebbrosi,

ai quali Tu così spesso hai sorrisoquand’eri si questa terra;

pietà dei milioni di lebbrosi,che tendono verso la tua misericordia

le mani senza dita,le braccia senza mani…E perdona a noi di averli,

per una irragionevole paura, abbandonati.E non permettere più, Signore,che noi viviamo felici da soli.

Facci sentire l’angosciaDella miseria universale,e liberaci da noi stessi

… AmenRaoul Follereau

RRaaoouull FFoolllleerreeaauu

marzo-aprile 201820

LA CHIESA DONNA E MADRETRASMETTE LA FEDE

Per Papa Francesco la predicazione della «verità»,della «fede schietta», è sempre una «follia», fatta

di «testimonianza» concreta prima ancora che diparole, e centrata sulla «paternità» e sulla «materni-tà, perché la Chiesa è femminile e genera comeuna madre».

«La predicazione non può essere tiepida» dice ilPapa, perché «la predicazione, permettetemi la pa-rola, è uno schiaffo che ti commuove e ti portaavanti». Tanto che «Paolo stesso dice “la pazzia del-la predicazione”». Ed «è una pazzia», perché si trat-ta di «dire che Dio si è fatto uomo e poi è stato cro-cifisso e poi è risorto». Dunque, «nella predicazionedella fede c’è sempre un “briciolo di follia” e latentazione è il falso buon senso, quella mediocrità»che ti porta a dire: “ma, no, non scherziamo, non èper tanto”». È il rischio della «fede tiepida». Invece«questo fa paternità: la trasmissione della fede».

«La seconda parola è “testimonianza”: la fedenon va trasmessa solo con la parola», perché « sen-za testimonianza non ha forza. Dei cristiani di An-tiochia, i pagani dicevano: “ma come si amano!”».Oggi invece «in qualche parrocchia uno va e sentecosa dice questo di quello e di quello». E così «in-vece di dire “come si amano”, viene voglia di dire“come si spellano!”». Del resto, «la lingua è un col-tello per spellare l’altro». Ma, «come tu puoi tra-smettere la fede con un’aria così viziata di chiac-chiere, di calunnie?».

Serve, appunto, la «testimonianza» che ci fa rico-noscere: uno stile di vita cristiana che susciti «lacuriosità: “perché questa persona vive così?”. E conla testimonianza nasce la domanda del perché lì sitrasmette la fede: perché ha fede, perché segue letracce di Gesù». Non solo: «Quando io non do testi-monianza o do contro-testimonianza o cattiva testi-monianza, tolgo la fede». Ecco allora l’indicazioneconcreta di Francesco: «Paternità con la predicazio-ne, fraternità con la testimonianza».

«E la terza parola è maternità». È un fatto che

«la fede si trasmette in un grembo materno, ilgrembo della Chiesa, perché la Chiesa è madre, laChiesa è femminile, la Chiesa genera come unamadre».

E, ancora, prosegue il Papa, «io mi domando: lemadri, le nonne, sono come queste due delle qualiparla Paolo, la “nonna Lòide” e la “madre Eunice”,che hanno trasmesso la fede schietta?». Magari, in-vece, si preferisce pensare che il bambino «impare-rà quando andrà al catechismo». Però, affermaFrancesco, «a me fa tristezza quando vedo i bambi-ni che non sanno fare il segno della croce, perchémanca la mamma e la nonna che insegnino loroquesto».

«Quante volte penso alle cose che si insegnanoper la preparazione al matrimonio, alla novellasposa, che sarà mamma: le si insegna che deve tra-smettere la fede? La mamma è figura della Chiesamadre. È la dimensione femminile della salvezza».(26 gennaio 2018)

NON C’È VERA UMILTÀSE NON PASSIAMO PER L’UMILIAZIONE

«Non c’è vera umiltà senza umiliazione». La ri-flessione di papa Francesco parte dalla figu-

ra del re Davide, che è «un grande»: aveva vinto ilfilisteo, aveva «un’anima nobile» perché per duevolte avrebbe potuto uccidere Saul e non l’avevafatto, ma anche un peccatore che aveva «peccatigrossi»: “Quello dell’adulterio e dell’assassinio diUria, il marito di Betsabea”. Eppure – nota France-sco – la Chiesa lo venera come santo «perché si èlasciato trasformare dal Signore, si è lasciato perdo-nare», si è pentito, e per «quella capacità non tantofacile di riconoscere di essere peccatore: sono pec-catore».

E c’è l’umiliazione di Davide: suo figlio Assalon-ne «fa la rivoluzione contro di lui». In quel momen-to Davide non pensa «alla propria pelle» ma a sal-vare il popolo, il Tempio, l’Arca. E fugge: «Un gestoche sembra da codardo ma è coraggioso», sottoli-nea il Papa. Ma il grande Davide viene umiliato

LE OMELIE DIPAPA FRANCESCO

A SANTA MARTA

«Superiamo i nostri desertiguardando al Cristo crocifisso

a cura di Luca Liverani

Ecco le omelie mattutine “a braccio” di Papa Francesco nella Cappella di Santa Marta.Vi proponiamo la sintesi di alcune di queste sue quotidiane riflessioni, catechesisemplici e profonde. Per maggiori approfondimenti:http://it.radiovaticana.va/news/papa-francesco/messa-santa-marta

non solo con la sconfitta e la fuga, ma anche conl’insulto. Durante la fuga, un uomo, Simeì, gli diceche il Signore aveva fatto ricadere su di lui tuttosangue della casa di Saul – «al posto del quale re-gni» – e messo il regno nelle mani di suo figlio As-salonne. Davide lo lascia fare nonostante i suoi vo-lessero difenderlo: «È il Signore che ispira di insul-tarmi», forse «questo insulto commuoverà il cuoredel Signore e mi benedirà». «Davide saliva l’ertadegli ulivi», profezia di Gesù che sale il Calvarioper dare la vita.

«Alle volte, noi pensiamo che l’umiltà è andaretranquilli, andare forse a testa bassa guardando ilpavimento … questa non è umiltà, non salva né cu-stodisce il cuore. Pensiamo questo: non c’è veraumiltà senza umiliazione, e se tu non sei capace ditollerare, di portare sulle spalle un’umiliazione, tunon sei umile: fai finta, ma non lo sei».

«Sempre c’è la tentazione di lottare contro quel-lo che ci calunnia, contro quello che ci fa l’umilia-zione, che ci fa passare vergogna. Ma Davide dice:No. La strada è quella di Gesù, profetizzata da Da-vide: portare le umiliazioni. Il Signore guarderà al-la mia afflizione e mi renderà il bene in cambiodella maledizione di oggi: portare le umiliazioni insperanza». Francesco però avverte che l’umiltà nonè giustificarsi subito di fronte all’offesa, cercandodi sembrare buono: «Se non sai vivere una umilia-zione, tu non sei umile», ammonisce. «Questa è laregola d’oro». (29 gennaio 2018)

NO AL PASTORE RIGIDOCI VUOLE VICINANZA E TENEREZZA

Al «pastore che non sa farsi vicino manca qualco-sa: forse è un padrone del campo, ma non è un

pastore. Un pastore al quale manca tenerezza saràun rigido, che bastona le pecore». Papa Francesconella sua riflessione ripercorre «come era una gior-nata della vita di Gesù» per avere un modello di co-

me dovrebbe essere anche quella di pastori, vescovio sacerdoti. «La figura di pastore che Gesù ci dà» èquella di chi «si butta in mezzo al popolo». «Gesù –osserva Francesco – non apre un ufficio di consu-lenze spirituali con un cartello “Il profeta riceve lu-nedì, mercoledì, venerdì dalle 3 alle 6. L’entrata co-sta tanto o, se volete, potete dare un’offerta”. No,non fa così, Gesù. Neppure Gesù aprì uno studiomedico con il cartello “Gli ammalati vengono il talgiorno e saranno guariti”». E quando si trova tra lafolla, Gesù viene «stretto» tutt’intorno e «toccato». IlPapa ha sottolineato che il popolo fa così anche oggidurante le visite pastorali, lo fa per «prendere gra-zia» e questo il pastore lo sente. Mai Gesù si tira in-dietro anzi, «paga», anche con la «vergogna» e la«beffa», «per fare il bene». «Il pastore – ricorda ilPapa – va unto con l’olio, il giorno della sua ordina-zione: sacerdotale e episcopale. Ma il vero olio,quello interiore, è l’olio della vicinanza e della tene-rezza, così era Gesù». E, come successo a Gesù, an-che il pastore “finisce la sua giornata stanco di fareil bene” e se il suo atteggiamento sarà questo il po-polo sentirà la presenza di Dio viva. Francesco invi-ta a “pregare nella Messa per i nostri pastori, per-ché il Signore dia loro questa grazia di camminarecon il popolo, essere presenti al popolo con tanta te-nerezza, con tanta vicinanza”. “Quando il popolotrova il suo pastore, sente quella cosa speciale chesoltanto si sente alla presenza di Dio”, avverte cioè“lo stupore di sentire la vicinanza e la tenerezza diDio nel pastore”. (30 gennaio 2018)

PENSARE IN ANTICIPO ALLA MORTECI SALVA DALL’ILLUSIONE

Il pensiero della morte ci salva dall’illusione di es-sere padroni del tempo. “La morte è un fatto, è

un’eredità, è una memoria”, sottolinea Francesco.“Noi non siamo né eterni né effimeri: siamo uomi-ni e donne in cammino nel tempo, tempo che inco-

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mincia e tempo che finisce. La morte è un fattoche tocca a tutti”, ricorda il Papa, «più tardi, piùpresto, ma viene. Ma c’è la tentazione del momen-to che si impadronisce della vita e ti porta ad anda-re girando in questo labirinto egoistico del momen-to senza futuro, sempre andata e ritorno. Per que-sto la Chiesa ha sempre cercato di far riflettere suquesto fine nostro: la morte».

«Io non sono il padrone del tempo: ripetere que-sto aiuta, perché ci salva da quella illusione delmomento, di prendere la vita come una catena dianelli di momenti, che non ha senso. Io sono incammino e devo guardare avanti”, ma anche consi-derare che “la morte è un’eredità”, non materialema della testimonianza. “E domandarci: quale ere-dità se Dio oggi mi chiamasse? Quale eredità io la-scerò come testimonianza di vita?».

Infine “la morte è una memoria”, una “memoriaanticipata” per riflettere: “Quando io morirò, cosami sarebbe piaciuto fare oggi in questa decisioneche io devo prendere oggi, nel modo di vivere dioggi? È una memoria anticipata che illumina il mo-mento di oggi. Illuminare con il fatto della morte ledecisioni che io devo prendere ogni giorno”. Sentir-ci in cammino verso la morte, ha concluso il Papala sua omelia, “ci farà bene a tutti”. (1 febbraio 2018)

IL PECCATORE PUÒ DIVENTARE SANTOMA IL CORROTTO NO

Davide è santo, anche se è stato un peccatore, ilgrande e saggio Salomone viene invece rigetta-

to dal Signore perché si è corrotto. «Il cuore di Sa-lomone non restò integro con il Signore, suo Dio,come il cuore di Davide, suo padre».

Come si spiega questo? – si domanda il Papa. «Èil problema dell’indebolimento del cuore. Non ècome una situazione di peccato: tu fai un peccato,te ne accorgi subito: “Io ho fatto questo peccato”, èchiaro. L’indebolimento del cuore è un camminolento, in cui scivolo poco a poco, poco a poco… ESalomone, addormentato nella sua gloria, nella suafama, cominciò a fare questa strada».

Paradossalmente «è meglio la chiarezza di unpeccato, che l’indebolimento del cuore – affermaFrancesco – Il grande re Salomone finì corrotto:tranquillamente corrotto, perché il cuore gli si eraindebolito. Questo è il processo di tanti cristiani,tanti di noi. No, io non faccio dei peccati grossi.Ma com’è il tuo cuore? È forte? Resta fedele al Si-gnore, o tu scivoli lentamente?».

Il dramma dell’indebolimento del cuore puòsuccedere a tutti noi nella vita. Cosa fare allora?Francesco risponde: «Vigilanza. Vigilare sul tuocuore. Vigilare. Tutti i giorni, stare attento a cosasuccede nel tuo cuore». E poi conclude: «Davide èsanto. Era peccatore. Un peccatore può diventare

santo. Salomone è stato rigettato perché era corrot-to. Un corrotto non può diventare santo. E alla cor-ruzione si arriva per quella strada dell’indeboli-mento del cuore. Vigilanza. Tutti i giorni vigilare ilcuore. Come è il mio cuore, il rapporto con il Si-gnore. E gustare la bellezza e la gioia della fedeltà».(8 febbraio 2018)

PER SUPERARE I NOSTRI DESERTI,GUARDIAMO CRISTO CROCIFISSO

Papa Francesco riflette sulla desolazione vissutadal popolo di Israele nel deserto. Dio lo aveva

sfamato con la manna e con le quaglie, lo avevadissetato. Poi, in prossimità della terra promessa,alcuni di loro avevano manifestato scetticismo. Insostanza “il popolo non sopportò il viaggio” comequando le persone iniziano “una vita per seguire ilSignore, per essere vicino al Signore” ma ad un cer-to punto le prove sembrano superarle. Quel tempodella vita quando uno dice: basta, io mi fermo etorno indietro”. E si pensa con rimpianto al passa-to. Il Papa invita però a guardare la parzialità diquesta “memoria ammalata”: “Queste sono le illu-sioni che porta il diavolo: ti fa vedere il bello diuna cosa che hai lasciato, dalla quale ti sei conver-tito nel momento della desolazione del cammino,quando tu ancora non sei arrivato alla promessadel Signore. È un po’ il cammino così della Quare-sima”.

Il peggio è che il popolo ha sparlato di Dio e“sparlare di Dio è avvelenarsi l’anima”. Forse unopensa che Dio non lo aiuti o che ci sono tante pro-ve. Sente “il cuore depresso, avvelenato”. E i ser-penti, che mordevano il popolo sono proprio “ilsimbolo dell’avvelenamento”, della mancanza dicostanza nel seguire il cammino del Signore. Mosè,allora, su invito del Signore, fa un serpente dibronzo e lo mette sopra un’asta. Questo serpente,che guariva tutti coloro che erano stati attaccati daiserpenti per aver sparlato di Dio, “era profetico:era la figura di Cristo sulla croce”.

È qui la chiave della nostra salvezza: Francescoinvita in quei momenti a guardare “il crocifissobrutto, cioè il reale” perché “gli artisti hanno fattocrocifissi belli, artistici”, alcuni d’oro e di pietrepreziose. E questo “non sempre è mondanità” per-ché vuole significare “la gloria della croce, la gloriadella Resurrezione”. “Ma quando tu ti senti così,guarda questo: prima della gloria”, sottolinea anco-ra il Papa.

“Nei momenti brutti, nei momenti difficili, av-velenati un po’ dall’aver detto nel nostro cuorequalche delusione contro Dio, guardiamo le pia-ghe. Cristo innalzato come il serpente: perché lui siè annientato tutto per vincere il serpente maligno”.(20 marzo 2018) ■

Le riflessioni degli alunni della scuola MaterDivini Amoris di Roma, gestita dalle Suoredell’Apostolato Cattolico, comunicano consemplicità e freschezza l’essenza del carismadi San Vincenzo Pallotti, prete romanoinnamorato di Dio e dei poveri. Nella scuolaparitaria – nata 50 anni nel quartiereTuscolano a Roma – le suore pallottine sidedicano all’attività formativa comestrumento privilegiato per riaccendere,diffondere e propagare il “fuoco della CaritàDivina” del loro fondatore. Un impegno perl’educazione dei ragazzi in una continuasintesi vitale di cultura, fede e vita.

«Porre Dio al centro della vita per essere felici» La vita di San Vincenzo Pallotti ha colpito molto

la mia personalità e, da lui e dalla sua fede, ho im-parato davvero molte cose. Fu un uomo di preghie-ra, molto unito a Dio e perciò ogni momento dellasua vita era proprio rivolto verso Dio. Anche io,come lui, vorrei porre la preghiera e la fede al cen-tro della mia vita… lui sa aprirsi verso i poveri, gliammalati, ha aperto orfanatrofi, ha mostrato inte-resse verso soldati, operai, prigionieri… È un uomo

felice nonostante nel corso della sua vita sia andatoincontro a diffidenze e ostacoli. Da lui ho capitoche si può arrivare alla felicità se non si molla, sesi portano avanti con fermezza e decisione i propriprogetti. Come San Vincenzo, sia io che tutti i cri-stiani, abbiamo il compito di custodire la fede, aiu-tare le persone in difficoltà e avere sempre fiduciain Dio. Amare, pregare, porre Dio al centro del no-stro percorso di vita… solo cosi potremmo raggiun-gere la felicità. Jacopo Di Bari - III Media

«Anche a me piace aiutare le persone»San Vincenzo Pallotti è nato a Roma il 21 Aprile

1795 ed era il terzo di dieci figli. Fu battezzato ilgiorno successivo alla Chiesa di San Lorenzo in Da-maso. Sin da giovane seguiva la vita di Gesù, infat-ti dimostrava il suo amore per la preghiera, il di-giuno e la penitenza e a dodici anni fu il chierichet-to del sacerdote Bernardino Fazzini. Anche se ascuola non andava molto bene, compieva attid’amore verso i suoi compagni e li aiutava. Poi, pe-rò, è iniziato a migliorare a scuola, nel 1818 diven-tò sacerdote e celebrò la sua prima Messa nellaChiesa del Gesù a Frascati. Influenzato dall’esem-pio dei genitori nella pratica della fede, i suoi annidi sacerdozio furono caratterizzati dalla preghiera edalla carità. Egli pensava che però non bastava

«La felicità di San Vincenzo Pallotti Una via da seguire nella mia vita»

I TEMI DEGLI STUDENTI DELLA SCUOLA “MATER DIVINI AMORIS” DELLE SUORE PALLOTTINE

a cura di Vittorina D’Imperio

LLaa ssccuuoollaa MMaatteerr DDiivviinnii AAmmoorriiss

marzo-aprile 201824

compiere atti di fede, ma bisognava anche diffon-derla tra tutti i cristiani. San Vincenzo Pallotti ave-va una vita felice perché amava tutti, aiutava ilprossimo, ma, soprattutto, aveva come punto di ri-ferimento da seguire sempre Gesù. Aveva scelto ilbene, infatti aveva una vita libera. Ha aiutato mol-te ragazze orfane costruendo un orfanotrofio, hadonato il suo letto ad un povero che non lo posse-deva, ha donato le sue scarpe: si preoccupava di es-sere la salvezza di tutti gli uomini. San VincenzoPallotti nella sua vita inizia ad essere veramente fe-lice solo quando trasmette tutto il suo amore allealtre persone. Per me la mia vita è libera, perchésono felice. Sono felice perché non mi manca nien-te, ho molti amici e una famiglia perfetta. Io sperodi continuare sempre ad essere felice. Anche a me,come San Vincenzo Pallotti, piace aiutare le perso-ne, perché nel prossimo c’è Gesù e ogni azione checompio verso il prossimo, la faccio a Gesù.

Arianna Derossi - III Media

«Sono felice quando faccio il mio dovere»La felicità nella mia vita la realizzo ogni giorno

impegnandomi nei miei doveri, andando a scuolacon soddisfazione e impegno in modo che possa diconseguenza fare felici i miei genitori che si occu-pano con tanto amore di me, ma anche facendodelle buone azioni verso gli altri: pregando per tut-te le persone bisognose che conducono una vitadifficile, convivono con delle malattie o malforma-zioni molto brutte e gravi da far rischiare a loro lavita. Proprio come ha fatto San Vincenzo Pallotti,che ha aiutato i più bisognosi e li ha condotti inuna vita piena di amore e di preghiera.

Chiara Innocenzi - III Media

«Amare senza temere il giudizio degli altri»San Vincenzo mi ha insegnato che bisogna sem-

pre aiutare il prossimo come un fratello in mododa dare speranza e amore senza avere paura delgiudizio degli altri. Daniel Forte - II Media

«Doniamo anche noi le nostre gocce di bontà»Certe volte rifletto sulla vita di San Vincenzo

Pallotti che, anche se non ne possiamo sapere piùdi tanto, già quel poco ci spiega un’infinità di cose.Quello che mi ha colpito sulla vita di San VincenzoPallotti è il fatto che lui voleva proteggere i poverie dargli una casa e una famiglia, riscaldare e guari-re gli ammalati, far riaccendere i cuori spenti datempo da una nube scura, proprio come faceva Ge-sù. Vorrei tanto che nel mondo, come San Vincen-zo Pallotti, ci fossero delle gocce di bontà che ognigiorno riempiono una grande bottiglia d’amore e digioia. Ovviamente la bottiglia non è mai vuota eanche noi facendo un semplice gesto d’amore giàla iniziamo a riempire. Una semplice carezza o un

semplice sorriso può dare di più di tanto oro. SanVincenzo Pallotti, però, si spinse di più della suaunica goccia di bontà, ma cercò di spingere altrepersone, senza obbligarle, a dare la loro goccia digioia che per lui era molto importante. San Vincen-zo Pallotti è stato un esempio importantissimo pertutti noi e lo è tutt’ora, volendo anche essere unodei sentieri per arrivare al bene e non al male. Noncredo di riuscire a fare quello che ha fatto lui, masono certo di poter dare anch’io ogni giorno unagoccia di gioia. Luigi Uberti - II Media

«San Vincenzo aveva scelto di fare il bene»San Vincenzo Pallotti, il fondatore dell’Istituto

dell’Apostolato Cattolico, nacque a Roma il 21 apri-le nel 1795 e morì a Roma il 22 gennaio 1850; èstato canonizzato da Papa Giovanni XXIII il 20gennaio 1963. La mia opinione su San VincenzoPallotti, è che era un uomo giusto per le sue buoneazioni. San Vincenzo Pallotti, aveva il dono di Diodi fare del bene a tutti, un dono che tutti abbiamo,anche se Dio, dandoci il libero arbitrio riguardo al-le nostre scelte, ci ha concesso la scelta di seguirloo meno. Secondo me è una persona su cui basarsiper le sue azioni tanto piene d’amore ispirate a Ge-sù. Matteo Tullio - II Media

«Diceva sempre che tutti possono essere Santi» San Vincenzo Pallotti era una persona che sape-

va e voleva essere amico di tutti. Diventò sacerdotededicando tutta la sua vita al prossimo, portando laparola di Dio e le buone azioni, con le sue molteiniziative, alle persone malate e bisognose. Tra lesue iniziative, ricordo la Buona Stampa, l’Unionedell’Apostolato Cattolico, la Pia Casa di Carità, poidivenuta culla dell’Ordine delle Suore Pallottine.San Vincenzo Pallotti, diceva sempre che tutti pos-sono essere Santi, soltanto che non tutti se lo ricor-dano. Questa frase mi ha colpito molto, perché in-segna che per Santificare la propria vita, si può es-sere Santi ogni giorno, vivendo secondo l’esempiodi Gesù grazie ai Doni ricevuti da Dio.

Federico Capasso - II Media

«Più felici a donare che a ricevere»Durante il mese di gennaio si festeggia San Vin-

cenzo Pallotti. Egli fin da piccolo mostrò amore perla preghiera e per la disciplina. San Vincenzo du-rante i primi anni di sacerdozio capì il senso dellapreghiera e della carità. Inoltre egli concepì la So-cietà dell’Apostolato Cattolico. Grazie a San Vin-cenzo ho capito gli obiettivi che posso raggiungerenella mia vita. San Vincenzo voleva essere comeGesù, donava quello che aveva ai poveri. Ho capitoche si è più felici quando si dona che quando si ri-ceve e che bisogna sempre aiutare le persone Indifficoltà. Chiara Patrone - II Media

marzo-aprile 2018 25

«Come Gesù bisogna donare a chi ha bisogno»San Vincenzo Pallotti mi ha insegnato che biso-

gna essere come Gesù e donare tutto quello che siha alle persone che hanno bisogno. San VincenzoPallotti era molto legato alla Chiesa e alla preghie-ra, infatti, egli, a casa sua aveva un angolo dovepregava e dove scriveva il suo diario spirituale.Grazie alle sue buone azioni, ho capito che SanVincenzo Pallotti si ispirava a Gesù e che praticavala castità. Egli era sempre a disposizione di tutti.Grazie a San Vincenzo Pallotti, ho portato nel miocuore molti importanti valori tra cui la gioia, lasperanza, l’amore per il prossimo e per tutte le per-sone che ci circondano. Valeria Patrone - II Media

«Era come una lanterna che disperde il buio»Durante la visione del documentario che tratta-

va l’argomento della vita di “San Vincenzo Pallot-ti”, ho provato moltissime emozioni mischiate tral’allegria e l’inconsapevolezza di tutto il bene chequell’uomo ha dimostrato e diffuso tra tutti noi conl’intento di aiutare il prossimo e di assomigliare dipiù a Gesù. Da quel che ho capito, San Vincenzo sidescriveva come una lanterna colma di luce, cheaffianca il concetto della parola di Dio, che disper-de in questo buio oscuro che rappresenta l’infedel-tà e l’inconsapevolezza dell’umanità. In tutte leopere che Vincenzo ebbe compiuto una in partico-lare mi colpì, ovvero quella di diffonder la Paroladi Dio a tutti i costi senza pensare al giudizio deglialtri. Nel confronto tra me e San Vincenzo, scorgomoltissime differenze, ad esempio quella di non es-sere molto consapevole di tutte le ricchezze e lebellezze che questo mondo ci offre, senza riceverein cambio alcun ringraziamento. Inoltre Vincenzosi dimostra soltanto come uno strumento, che por-

ta ad un fine, ovveroDio. Un’altra cosa chemi sorprende di Vincen-zo, era quella che lui sidescriveva come perso-na umile e non si esalta-va per le sue opere fattealla gente più bisogno-se.

Fuschi Julia - II Media

«Non “super-potere”,ma voglia di fare ilbene»

Com’è possibile cheun semplice uomo, chevisse da ragazzo norma-le, nella sua vita fececosì tanto? In fondo SanVincenzo era un uomonormale, egli trattava

con affetto gli altri, non giudicava mai nessuno ededicava molto tempo alla preghiera, cosa che or-mai, ben pochi fanno.

Affascinante è il fatto che a San Vincenzo nonpiaceva ricoprirsi di oggetti preziosi, ma di perso-ne, poveri precisamente, perchè lui li consideravapiù preziosi di qualunque altro oggetto. Nella suacamera aveva il suo piccolo angolo di preghiera,San Vincenzo infatti, capì subito qual era l’obietti-vo che Dio aveva in serbo per lui.

Non aveva nessun “super-potere”, soltanto tantavolontà, tanta voglia di far del bene. Immagino lafelicità che Vincenzo provava nel vedere i sorrisidei poveri aiutati da lui, ogni giorno aggiornava lasua piccola agenda e chissà cosa ci scriveva, forsein quel giorno aveva aiutato la donna di quartiere alavare i panni dei figli, oppure il ragazzo della piaz-zetta a studiare… Infatti, San Vincenzo non aiutavasoltanto i poveri, ma anche chi stava per prenderela via della cattiva strada.

Immaginate che bello, quando tornato a casa sisedeva sulla sedia dentro la sua stanzetta, illumina-ta dalla luce fioca della lampada ad olio, e nel si-lenzio pensava… Secondo me, è proprio con il si-lenzio che San Vincenzo si confidava, e mentre sisdraiava per terra, perchè non aveva un materasso,guardando il soffitto, capì quale era il suo ruolo nelmondo, che non era quello di un semplice uomo,egli doveva portare un bagliore di speranza a chiormai l’aveva persa, doveva iniziare dalla sua città,Roma, per poi dilatarsi in tutta Italia. Chissà SanVincenzo come faceva a resistere a tutte le tenta-zione dell’epoca, infatti penso che egli non sia statofatto Santo solo per le buone azioni compiute, maper il male, che egli non ha fatto. Grazie, San Vin-cenzo. Emanuele Cerza - II Media

SSttuuddeennttii ddeellllaa ssccuuoollaa MMaatteerr DDiivviinnii AAmmoorriiss

marzo-aprile 201826

Giovedì, 1° marzo 2018, nellachiesa di San Salvatore in On-da, si è svolto il primo degli

incontri organizzati dall’Istituto SanVincenzo Pallotti di Roma, che que-sto anno affronterà il tema: “Il sacer-dozio del Pallotti a servizio dellaChiesa”, in occasione del Bicentena-rio dell’ordinazione sacerdotale delFondatore.

L’incontro, introdotto dal Rettoredella chiesa di San Salvatore in On-da, don Martin Manus SAC, è inizia-to alle ore 17.00 con l’Adorazione delSantissimo Sacramento, guidata dadon Stanislaw Stawicki SAC. Alle ore18.00 Suor Anna MaldrzykowskaSAC, Consultrice Generale delle Suo-re Missionarie dell’Apostolato Catto-lico, ha presentato una conferenzasu “Il sacerdozio del Pallotti vissutonella direzione spirituale alle Suore”.

Suor Anna inizialmente ha affermato chePallotti sosteneva l’importanza della direzionespirituale legata alla confessione. Secondo luiera importante che il direttore spirituale fosseanche confessore. La relatrice per prima cosa

ha sviluppato la visione della persona se-condo san Vincenzo Pallotti: l’uomo perPallotti è immagine di Dio. Poi, ha illustra-to le varie fonti della direzione spirituale:il Pallotti non ha lasciato trattati sulla dire-

zione spirituale, ma dai suoiscritti, soprattutto dalle lette-re, si evince come egli la con-cepisse. Come terzo punto, hadelineato il profilo del diretto-re spirituale che, per poterguidare in modo corretto leSuore, deve conoscere la natu-ra della Congregazione.

Suor Anna infine ha sottoli-neato che il Pallotti affrontavasempre il tema dei voti nelladirezione spirituale, poiché es-si sono espressione della vo-lontà di Dio. L’incontro si èconcluso con un vivo scambiodi opinioni e con la solennebenedizione impartita daMonsignor Tadeusz WojdaSAC, arcivescovo metropolitadi Bialystok (Polonia) che eratra i partecipanti. ■

ISTITUTO S. VINCENZO:PRIMO INCONTRO

A S. SALVATORE IN ONDA

Il sacerdozio del Pallottial servizio della Chiesa

DDuuee mmoommeennttiiddeellll’’iinnccoonnttrroo aaSSaann SSaallvvaattoorree

iinn OOnnddaa

marzo-aprile 2018 27

San Vincenzo Pallotti ci insegna che tutti siamochiamati alla santità. L’amore di Dio è statodeposto nel nostro cuore da cui nascono i sen-

timenti di condivisione e di corresponsabilità, dipace e di speranza nel futuro. Dal cuore amorososgorgano anche i progetti apostolici che orientanoin positivo tutte le nostre energie.

«Se tutti i cristiani sono ob-bligati ad imitare il nostro Si-gnore Gesù Cristo – scrivevaSan Vincenzo Pallotti – conquanta maggiore perfezione,diligenza, e fervore lo dobbia-mo imitare noi che abbiamoavuto il dono di avere per Re-gola fondamentale della nostraminima Congregazione la stes-sa Vita del nostro Signore Ge-sù Cristo, e con tale dono ab-biamo in Congregazione ognigiorno innumerabili grazie

speciali per imitarlo». E Papa Francesco il 21 dicembre 2013, incon-

trando la Curia Romana, raccomandava tre cose:«Professionalità, servizio e santità». Alle prime duequalità, professionalità e servizio, il Papa ha ag-giunto una terza: «la santità della vita». Sappiamobene, ha detto il Santo Padre, che «questa è la più

importante nella gerarchia deivalori. In effetti, è alla baseanche della qualità del lavoro,del servizio».

«Santità – ha spiegato papaBergoglio – significa vita im-mersa nello Spirito, aperturadel cuore a Dio, preghiera co-stante, umiltà profonda, caritàfraterna nei rapporti con i col-leghi. Significa anche apostola-to, servizio pastorale discreto,fedele, portato avanti con zeloa contatto diretto con il Popolodi Dio». Sono verità che Fran-cesco ripete sempre quandoincontra tutte le categorie dipersone: «Se volete rinnovarela Chiesa, siate Santi», avevaripetuto sabato 25 ottobre2014 all’incontro tenuto con ilMovimento di Schoenstatt.

Dio ci conceda di “dilatarele pareti del cuore” per acco-gliere nell’oggi il suo amoreinfinito e riversarlo nel cuoredei fratelli. Con le parole delFondatore imploriamo la be-nedizione del Signore su tutticoloro che ci appartengono eche si prendono cura di noi:Ci benedica il Divin Padre eci fortifichi con la sua poten-za, ci benedica il Divin Figlioe c’illumini con la sua sapien-za, ci benedica lo Spirito Santoe ci santifichi con la sua cari-tà. ■

La santità è via e traguardo in Cristo Ecco la bussola di Pallotti e Bergoglio

LE TANTE AFFINITA’ TRA LO STILE DI FEDE DI SAN VINCENZO E DEL PAPA

di Stella Marotta

San Vincenzo: tuttii cristiani sono obbligatia imitare il nostroSignore Gesù Cristo.Papa Francesco: lasantità della vita è la piùimportante nellagerarchia dei valori

‘‘’’

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Nel Vangelo gli apostoli sottolineano ai poste-ri l’importanza dell’ascolto delle parole delMaestro e lo fanno in più occasioni; ci van-

no di mezzo due povere donne, che al tempo di Ge-sù in Palestina, tiravano avanti la famiglia con il la-voro delle loro mani, lavorazione e preparazionedel cibo, dei tessuti, della dimora, degli animali edell’accoglienza, Marta e Maria per l’appunto, nel-la città di Betania.

Alle donne di quel tempo, raramente era con-cesso partecipare ad incontri, se non per servire,ancor meno a discor-si, conversazioni osermoni, dal momen-to che anche in sina-goga erano dislocatein una saletta adia-cente dove assisteva-no separatamente al-le funzioni e rientra-te a casa, mangiava-no in disparte, dopoil servizio al tavolo.

L’apertura a 360°di Gesù verso l’uma-nità, senza distinzio-ni di categorie, dovet-te apparire alle don-ne di quelle contrade come una vera liberazioneceleste, talmente misteriosa e potente da suscitarein loro una catarsi intellettiva. Le più grandi, impi-gliate dentro schemi di servizio di anni, faticavanoad immaginarsi diverse, mentre le più giovani allavoce di una così sublime rivelazione del valore dise stesse avrebbero rivoluzionato l’universo pur diseguire il fuoco liberatorio di quella verità cheusciva dalle labbra del Salvatore (mai nome fu piùappropriato)

Con la scusa di apparecchiare la tavola e portareavanti e indietro le vivande, quel giorno a Betania,la giovane Maria sorella di Marta, ascoltava assor-bita l’affascinante ospite, fino al punto di astrarsidai richiami provenienti dalla cucina come una chead un tratto si trova tra le mani la chiave di un por-tone sigillato da millenni.

di Serena Caleca

Maria, sorella di Martaliberata dalle parole del Maestro

La chiave volava, alta nel cielo, come in un filmal rallentatore, mentre nella sua memoria scorreva-no le ingiustizie, gli abbandoni, gli abusi verso lasua condizione di donna, al cui solo pensiero arros-siva nell’intimo, incapace di dare a tutto ciò unacollocazione…

Ed ora lì, dinanzi a quello sguardo, a quelle pa-role di umile ma profonda e potente giustizia, Ma-ria sentiva scorrere in sé un calore rigenerante, dal-la punta dei piedi, al cuore, fino al viso, acceso diinteriore e risorta bellezza.

Non tornerà piùMaria a sognare frale chiuse pareti, unamai sperata e incar-tata felicità…percor-rerà villaggi e desertidietro al suo Mae-stro, ristorandolocon il balsamo dellasua certezza.

Succede ancoraoggi. Io, la Martache non sono, parteviva nel mio oggidella Chiesa in cam-mino, osservo nellecomunità le tante so-

relle capaci e affidabili, che si prendono carico deiservizi accessori, puntuali ed efficienti, corrono af-faccendate nelle stanze degli oratori, nelle cucinedei refettori delle nostre parrocchie con il loro su-blime e irrinunciabile contributo, e mi offro, dasempre di aiutare, ma non ne sono ricolma.

Resto lì, con il cuore perduto nell’ansia di unannuncio, con la voce sommersa dal frastuono del-le false propagande e stringo tra le mani quellachiave, che aprì il cuore di Maria, con la quale vor-rei scarcerare il mondo liberare tutte le anime chegiacciono rinchiuse nelle prigioni dell’inganno.Aprire i portali che ricoprono illusioni sepolte emalcelate ingiustizie e, con il balsamo della Verità,proprio come fece lei, far saltare in aria le sconfitteforze che hanno gettato nel silenzio le coscienze ditutti gli oppressi della terra. ■

ESSERE DONNA OGGI, SULL’ESEMPIO DELLE FIGURE FEMMINILI DELLA BIBBIA

MMaarrttaa ee MMaarriiaa ((ppaarrttiiccoollaarree,, DDiieeggoo VVeellààzzqquueezz,, 11662200))

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NOTI

ZIAR

IOPA

LLOT

TINO

Il presidente della Conferenza epi-scopale argentina, monsignor

Óscar Vicente Ojea, il 2 febbraioscorso ha donato un calice e una pa-tena, usati tante volte dai cinqueMartiri Pallottini alla basilica di SanBartolomeo, durante una celebrazio-ne nella chiesa dell’ Isola Tiberina.Don Pedro Duffau, don Alfred Kelly,don Alfred Leaden, l’alunno SalvadorBarbeito e il postulante Emilio JoséBarletti furono uccisi a Buenos Airesil 4 luglio 1976. Le reliquie sono oracustodite nel memoriale dei “NuoviMartiri” del XX e XXI secolo che sitrova nella stessa basilica. La cele-brazione è stata organizzata dallaComunità di San Egidio, Roma, re-sponsabile per il memoriale e per laBasilica.

Erano presenti il Rettore Generale, don Jacob Nam-pudakam, i Consultori Generali don Denilson Geraldoe don Martin Manus, il postulatore della causa di beatifi-cazione dei martiri in Argentina, don Juan SebastiánVelasco (IR.AR), tanti confratelli Pallottini e numerosifedeli.

Monsignor Ojea, nella sua omelia, ha ricordato latestimonianza dei cinque martiri, tra cui conosceva per-sonalmente l’alunno Salvador Barbeito, che ci interpel-la e ci incoraggia a seguire Gesù nel mondo di oggi,dedicando la nostra vita al servizio del Vangelo e dei piùpoveri ed oppressi. Alla fine della celebrazione il Retto-re Generale, don Jacob Nampudakam, ha ringrazia-to monsignor Ojea e la Comunità di San Egidio per que-sta preziosa iniziativa che ricorda i nostri confratelli Pal-lottini, collocando una loro reliquia nel Santuariodei “Nuovi Martiri” a San Bartolomeo, voluto da SanGiovanni Paolo II per ricostruire le storie dei cristianiche nel Novecento hanno pagato con la vita la propria

fedeltà al Vangelo.Quel 4 luglio 1976, a Buenos Aires, i cinque pallottini

venivano assassinati in piena notte nella camera dapranzo della loro casa parrocchiale di San Patrizio, nel-l’elegante quartiere di Belgrano, a colpi di mitra. Non sisa con certezza chi fu a compiere l’omicidio, di certo sitrattò di un gruppo paramilitare espressione del regimedittatoriale che accusava i religiosi di essere “agitatoripolitici”. Gli assassini lasciarono la loro firma su una pa-rete e su un tappeto: «Così vendichiamo i nostri compa-gni del Coordinamento Federale» (il riferimento era auna bomba fatta esplodere nella mensa) e con una se-conda frase sul muro chiarirono le ragioni della scelta:«Questo gli capita per avvelenare la mente dei giovani».Nella moquette del pavimento, ancora oggi conservatanella parrocchia, ci sono le tracce del sangue sparso edi buchi provocati dalle numerosissime pallottole esplose.Muoiono come comunità religiosa unita nel martirio.“Juntos vivieron, juntos murieron” è il motto con cui ven-

gono ricordati nella Chiesa argentina.Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa

Francesco, allora Provinciale dei Gesuiti,era stato anche padre spirituale di alcunidi loro. Pochi giorni dopo la morte dei re-ligiosi pallottini, nel luglio 1976, scrivevanella rivista CIAS: «La loro morte, unamorte gratuita, deve essere assunta datutti noi come la parola piú eloquente cheabbiano voluto e potuto rivolgerci. In es-sa, raggiunge il culmine quel processomorboso che attraversiamo con un’irre-sponsabilitá anestetizzata. La parola del-la loro morte ci rivela il senso parossisti-co di quell’infermitá che corrode la nostrasocietá dal profondo. Abbiamo perduto ilsenso dell’uomo e del popolo concretocon tutte le sue esperienze storiche e lesue aspirazioni più chiare».

I martiri Pallottini di Buenos Aires ricordati nella Basilica di San Bartolomeo a Roma

marzo-aprile 201830

NOTI

ZIAR

IOPA

LLOT

TINO

Desideriamo condividere l’approssimarsi della data del 16 aprile 2018, giornoin cui ricorderemo, come ogni anno, la partenza per il cielo di Don Giuseppe

Leonardi S.A.C. Quest’anno tale ricorrenza assume un valore particolare: sonoinfatti trascorsi dieci anni da quel 16 aprile del 2008.

Celebreremo dunque la S. Messa in suo ricordo il giorno 16 aprile 2018,presso la Chiesa di S. M. Regina Apostolorum in via Giuseppe Ferrari 1, alle ore18.30, condividendola con coloro che lo hanno conosciuto e ne conservano me-moria. Pregheremo per la sua anima, per le anime di tutti i membri defunti del-l’Unione dell?Apostolato Cattolico, per le intenzioni di tutti.

Ci proponiamo, in quella occasione, di presentare una breve pubblicazionesull’esperienza di vita di Don leonardi, approntata su ciò che lui stesso ha scrit-to, nei vari momenti della sua vita, e sulla base di testimonianze e ricordi di alcu-ni tra quelli che lo hanno conosciuto e con i quali egli stesso ha percorso un trat-to di strada.

Chi non potesse essere presente si potrà unire alla preghiera comune anchea distanza in quanto, come lo stesso Don Leonardi ci ha sempre ricordato, lospazio e il tempo non impediscono la piena comunione.

È passato poco meno diun mese dalla grande

festa del nostro FondatoreSan Vincenzo Pallotti edecco che, sabato, 17 feb-braio 2018, abbiamo avutol’occasione di festeggiarela sua prima collaboratrice,la Beata Elisabetta San-na, mamma e donna dipreghiera, povera tra e peri poveri, monaca nel mon-do, santa che ha conqui-stato il cuore dei romaniper donarli a Gesù.

E i romani non sonomancati alla sua festa, siala mattina quando si è ce-lebrata la messa pressol’altare dove sono depostele reliquie della Beata, siala sera durante la celebra-zione solenne in onore diElisabetta presieduta dadon Adam Golec SAC.

Sacerdoti, suore, laici,sardi e romani si sono radunati nella chiesa del SS. Sal-vatore in Onda, non solo per ricordare la nostra sorellache gode la visione del Signore e vive la vita divina nel-la Gerusalemme celeste, ma per imparare ad invocarlacon fede e sentircela vicina come nostra amica.

La Beata Elisabetta oggi ci ricorda che tutti siamo

chiamati a sviluppare quella vita divina che abbiamo ri-cevuto in dono nel Battesimo, con l’aiuto della preghie-ra, con il nutrimento della Parola di Dio, con il sostegnodei Sacramenti, perché tutti siamo chiamati a seguirel’esempio di Gesù e a mettere in pratica gli insegna-menti del Vangelo.

Decennale della scomparsa di don Leonardi“Quinta dimensione” lo ricorda Il 16 aprile

Celebrazioni a San Salvatore in Ondaper la Beata Elisabetta Sanna

UUnn nnuuoovvoo qquuaaddrroo ddeellllaa bbeeaattaa EElliissaabbeettttaa SSaannnnaa èè ssttaattoo eessppoossttoo nneellllaa cchhiieessaa ddii SSoolleemmiinniiss,, iinnpprroovviinncciiaa ddii CCaagglliiaarrii

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«Il tempo è prezioso e breve,vorrei, colla grazia di Dio, farne buon uso»

- Le nostre operazioni saranno tanto piùperfette con quanta maggior umiltà, fede,fervore e fiducia nei meriti di Gesù, di Maria,degli angeli e dei santi saranno fatte.

- Dilatate, o Signore, ad ogni momentoinfinitesimo i miei desideri verso di voi e le coseche a voi piacciono.

- Vorrei che tutte quante le creaturerispettassero, venerassero ed adorasseroprofondissimamente i nomi santissimi di Gesù edi Maria.

- Apprenderò da tutte le cose, anche dallecreature irragionevoli che, beneficate, amano ilbenefattore, ad amare Iddio.

- Procurerò di conoscere la mia miseria maggiore della debolezza ancora del fiore cheinverdisce, apparisce e muore.

- Prima di pormi ad orare penserò che io non sono degno di ascoltare la parola di Dio, némerito che Iddio ascolti la mia, poiché dice S. Teresa che le maggiori grazie che ha ricevutenelle orazioni era quando più si umiliava.

- Fate, o mio Dio, che quanto più mi riconosco da voi beneficato, tanto più vi ami e miumili riconoscendomi sempre più indegnissimo.

- Intendo di fare tutto per la gloria di Dio, di Maria, degli angeli e dei santi, e in suffragiodelle anime purganti, affinchè preghino il Signore che mi conceda quelle grazie chedesidero.

- Unisco tutte le mie azioni con quelle di tutte le creature che sono state, sono e saranno,e intendo di fare tutti quegli atti interni ed esterni, coi quali hanno dato, danno e darannogloria grande al nostro Signore Iddio.

- Ad ogni movimento del mio corpo e atto del mio spirito intendo di dare a Dio gloriainfinita.

- Farò un atto, per cui intendo che ciascuna delle mie operazioni, anche la più piccolariguardi come di grande importanza per farla con perfezione, ma affidato ai meriti di Gesù edi Maria.

- Il tempo è prezioso, breve, irreparabile. Vorrei procurare colla grazia di Dio farne quelbuon uso che ne farebbe un certo che da morte sorgesse a nuova vita a rimediare il passato.

LASP

IRIT

UALI

TÀDE

LPA

LLOT

TI

marzo-aprile 2018

Sfogliare la raccolta di “Fioretti di SanVincenzo” curata dal Postulatore della sua

causa canonica di santità, è un ottimostrumento per conoscere la spiritualità del

Pallotti. Il libro risale al nel 1929, quando ilSanto Fondatore non era stato ancora

proclamato beato. I pensieri di San Vincenzoconfermano la straordinaria umiltà di questo

grande santo. Eccone qualche estratto.

LARE

CENS

IONE

Nella Sacra Scrittura si parla delle mani più diduecento volte, comprese le cinquantanove vol-

te delle mani di Dio e le sedici volte delle dita, di cuisei delle dita di Dio. Questo libro molto bello pone,invece, un dubbio e si chiede se – questo è il suo ti-tolo – «La mano di Dio ha quattro dita?». Non preoc-cupatevi, però: anche se la Bibbia non dice mai il nu-mero delle mani di Dio afferma che Egli ha fatto noiuomini a «sua immagine e somiglianza» con cinquedita per mano. Se ne deduce, dunque, che ne abbiacinque per mano anche Lui. Tanto più che il titolodell’ultimo brevissimo capitolo è «Il quinto dito diDio» e tira la conclusione del libro: «Dio desiderache tu lo desideri. Tu sei la mano di Dio!» Come? La-sciandoci «toccare da Dio per essere ri-creati e perlasciarci incontrare da Lui nelle vie del cuore fino a diventare le sue mani». Seun paio di anni fa un altro libro, scritto a sei mani ed edito dalle Edizioni Paoli-ne, spiegava in sostanza come «Far toccare Dio» mediante la catechesi, que-sto di cui stiamo parlando ti dice in che modo (di vita) si può essere toccati daDio. Cioè come successe ad Abramo cui disse: «Alzati e va verso il paese cheIo ti indicherò». Oggi quel “paese” può essere tante cose: anche uno stato del-l’anima o un confessionale o una conversione…

Scritto con uno stile che risuona un po’ quello di Papa Francesco (anchel’Autore si chiama Francesco, ma è diacono permanente, predicatore di eserci-zi spirituali in Italia e all’estero) questo libro è gradevole, deciso e incisivo, me-morabile e tocca (anche lui) il lettore. Forse come Geremia (1,9) si potrebbesussurrare «Il Signore stese la mano e mi toccò la bocca» oppure “la penna” o“il computer”.

Il libro parte dalla manifestazione figurativa del dito con cui sul Sinai Dio ha«vergato la via della vita» dopo la quale e con lo stesso dito «continua a scrive-re la sua rivelazione nella storia di tante donne e uomini», incidendo non piùsulla pietra di un monte ma, con il suo medesimo dito, nel cuore di creature dalcuore di pietra ovvero – per dirla in parole moderne – malate di «sclerocardia»e bisognose di fare del proprio viso «il volto dell’Abbà», in aramaico Padre. Iltempo più favorevole a questa conversione è quello «da Quaresima a Pa-squa», ma è sempre possibile che «ogni giorno diventi ηÈÚfi˜» (kairòs, in gre-co antico “momento opportuno?).

La figura evangelica che più impersona tutto ciò è quella del “cieco nato”,che incontrò Gesù e sentì sugli occhi spenti l’impasto del suo amore per i “pic-coli” – saliva, terra e acqua della piscina di Sìloe (cioè “Canale inviante”) – e vi-de, credette e divenne la figura completa del credente portatore del Vangelo.Don Armenti, l’Autore, insiste su questo episodio, perché la fede che l’ex-ciecoha acquisito non può andare oltre l’amore di Dio. Il Creatore, infatti, è troppo al-to per pretendere da Lui una risposta ai propri “perché”. Il teologo tedesco KarlRahner, gesuita – ricorda Armenti – «affermava: “Credere significa sopportareper una vita l’incomprensibilità di Dio”» che, nell’impossibilità degli uomini ditrattare con Dio, è un modo umano di amarlo. E Carlo Carretto, moderno “pa-dre” e profeta del deserto, aggiungeva che «la possibilità di sperare è il donoche Dio ha fatto all’uomo». Infatti amore, speranza e fede spiegano l’Universodel Big Bang che ha preparato lo spazio per l’uomo.

Il sottotitolo del libro è «Sentieri del cuore da Quaresima a Pasqua». Sentie-ri che sono la via lungo la quale seguire la segnaletica per arrivare al sepolcrovuoto davanti al quale il Risorto ci attende. Ed è per questo che il recensore quisi ferma per trovare, anche lui, quei sentieri.

Pier Giorgio Liverani

FRANCESCO ARMENTI, «La mano di Dio ha quattro dita? Sentieri del cuore daQuaresima a Pasqua», Editrice Ancora, Milano, Pagg. 150, € 12,00.

Anche Gesù Bambino

ha provato

la persecuzione e la fugaAnche Gesù Bambino

ha provato

la persecuzione e la fuga

REGINA DEGLI APOSTOLI

Periodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato Cattolico

Anno XCV - n. 6 Novembre/Dicembre 2017

La mano di Dioha quattro dita?

La testimonianza d’amorenel sacerdozio di San Vincenzo Pallotti

La testimonianza d’amorenel sacerdozio di San Vincenzo Pallotti

REGINA DEGLIPeriodico bimestrale della Provincia Italiana

della Società dell’Apostolato Cattolico

Anno XCVI - n. 1 Gennaio/Febbraio 2018