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Zeitschri des Max-Planck-Instituts für europäische Rechtsgeschichte Rechts R g geschichte Rechtsgeschichte www.rg.mpg.de http://www.rg-rechtsgeschichte.de/rg12 Zitiervorschlag: Rechtsgeschichte Rg 12 (2008) http://dx.doi.org/10.12946/rg12/102-124 Rg 12 2008 102 – 124 Luigi Nuzzo Dall’Italia alle Indie Un viaggio del diritto comune Dieser Beitrag steht unter einer Creative Commons cc-by-nc-nd 3.0

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Zeitschri des Max-Planck-Instituts für europäische Rechtsgeschichte Rechts Rggeschichte

Rechtsgeschichte

www.rg.mpg.de

http://www.rg-rechtsgeschichte.de/rg12

Zitiervorschlag: Rechtsgeschichte Rg 12 (2008)

http://dx.doi.org/10.12946/rg12/102-124

Rg122008 102 – 124

Luigi Nuzzo

Dall’Italia alle Indie Un viaggio del diritto comune

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Abstract

The reception of the ius commune in the Spanish Indies is a common image in legal dis-course. Coming from Italy via Spain, the ius com-mune seemed both to transfer to Central and South America and to reproduce there a legal system based on a dialectical relationship between the general and the specific. This allowed legal historians to bring the radical diversity of the American world back within a spiritual unity and a common scientific and Christian legal tradition, and at the same time enabled them to substitute the previous narratives founded on the supremacy of the derecho de Castilla. The article reconstructs the stages of this transfer and deals with the discursive strategies used by legal historians to define the derecho indiano and describing its rela-tionship with the ius commune and the derecho

castillano.□×

Dall’Italia alle IndieUn viaggio del diritto comune*

1. Un diritto in viaggio

Lo sbarco del diritto comune nelle isole caraibiche assiemeai primi conquistadores è divenuta un’immagine ricorrente nellastoriografica giuridica, quasi una verità condivisa che storici egiuristi da non molti anni hanno cominciato ad utilizzare comefiltro per la lettura delle esperienze giuridiche d’oltre Oceano. Sitratta di una rappresentazione rassicurante, non priva di utilità,suggestiva ed evocativa al tempo stesso. Non viaggiarono attra-verso l’Atlantico leggi e testi giuridici? Non approdarono conColombo notai e uomini di legge? E soprattutto non dettero avvioi sovrani di Castiglia, ascoltando il grido di dolore di Montesinos,ad una vera e propria struggle for justice, ad una lotta per il dirittoe l’affermazione dei valori cristiani?1 La rappresentazione di undiritto comune europeo come diritto cristiano e romano, recepito›naturalmente‹ nelle Indie, presenta poi innegabili comodità meto-dologiche ed interpretative. In primo luogo perché la storiografiagiuridica ha trovato in essa una risposta soddisfacente alle proprieansie classificatorie e ordinatrici. Essa ha permesso infatti di im-portare (o di esportare) la nozione calassiana di diritto comunee con questa il tessuto di rapporti che univano il ius commune alius proprium, di proiettare quelle categorie e quelle aspirazioni al dilà dell’Oceano, immaginando anche nelle Indie un’entità sistemicaunitaria, organicamente costruita ed incentrata, al pari di quantosembrava avvenire nella respublica christiana, sul rapporto dialet-tico tra generale e particolare. Mentre in Europa, e soprattuttoin Italia, la storiografia giuridica aveva da tempo complicato larappresentazione del ius commune e del ius proprium come duesistemi legislativi vigenti che attraverso l’opera dei commentatorisi erano fusi felicemente l’uno nell’altro, Francesco Calasso appro-dava in Centro e Sud America e la sua lezione era impiegata(e piegata) per la ricostruzione dell’esperienza giuridica indiana.2

Si trattava di una narrazione che, presupponendo un ripensamentodei rapporti tra diritto comune e diritto regio in Castiglia, aspi-rava a ricondurre la radicale alterità di quella esperienza, propriomediante il rapporto tra ius commune e ius proprium, all’interno di

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* Queste pagine sono il frutto dellagenerosa accoglienza sevillana diCarlos Petit che mi ha permesso diapprofittare della sua biblioteca edelle sue competenze. A lui va ilmio più sincero ringraziamento.L’articolo fa parte di un progettodi ricerca finanziato dalla Hum-boldt-Stiftung dal titolo ZwischenKolonialismus und Völkerrecht.Die Bildung des eingeborenenRechtsubjekts (19.–20. Jahrhun-dert) e in corso di realizzazionepresso il Max-Planck-Institut füreuropäische Rechtsgeschichte diFrancoforte sul Meno.

1 Cfr. L. Hanke, The SpanishStruggle for Justice in the Con-quest of America, Philadelphia1949; J. Muldoon, The Strugglefor Justice in the Conquest of theNew World, in: Proceedings of theEighth International Congress ofMedieval Canon Law, a cura diS. Chodorow, Città del Vaticano1992, 707–20.

2 Una recente messa a punto deldibattito italiano sul concetto didiritto comune si può leggere inM. Caravale, Alle origini del di-ritto europeo. Ius commune, droitcommun, common law nella dot-trina giuridica della prima etàmoderna, Bologna 2005, 1–63.Rimane fondamentale il saggio diB. Paradisi, Il problema del dirit-to comune nella dottrina di Fran-cesco Calasso, in: AA.VV., Ildiritto comune e la tradizionegiuridica europea, Perugia 1980,169–300; più recentemente le os-servazioni critiche di P. Grossi,L’ordine giuridico medievale, Ro-ma 1995, 17–35; 227–235; e diP. Costa, ›Ius commune‹, ›iusproprium‹, ›interpretatio docto-

rum‹: ipotesi per una discussione,in: El dret comú i Catalunya. Actesdel IV Simposi Internacional,Homenatge al professor Josep M.Gay Escoda, a cura di A. IglesiaFerreirós, Barcelona 1999, 29–42. Tra gli allievi di Calasso vediManlio Bellomo, L’Europa deldiritto comune, Roma 1998; id.,»Ius commune« e »ius proprium«.Riflessioni su tendenze e aspettidella storiografia giuridica euro-

pea sul medioevo, in: Excerptionesiuris. Studies in Honor of AndréGouron, a cura di L. Mayali,B. Durand, Berkeley 2000, 35–47; e E. Cortese, Il diritto nellastoria medievale, vol. II, Il bassomedioevo, Roma 1995; dello stes-so Autore v. il profilo biografico escientifico tracciato alla voce Ca-lasso per il Dizionario biograficodegli italiani, vol. 16, 1973, 465–469.

una tradizione comune. Le Indie, e prima ancora la Castiglia, »sitrovavano dentro l’unità del sistema della cristianità«,3 vi appar-tenevano e ne condividevano l’esperienza giuridica e la dimensionespirituale. La loro storia, anche quella castigliana quindi, non si erainfatti mai svolta al di fuori dei confini culturali del diritto romanocanonico ed era segnata anch’essa dai suoi trionfi. Ne derivavauna riformulazione dell’ordine di prelazione delle fonti giuridiche ela sottrazione al diritto regio della qualifica di ius commune. Essoera solo l’espressione più alta del ius proprium, una lex generalisrispetto altre fonti di livello inferiore, come fueros e consuetudini,cui si contrapponeva il diritto romano canonico in funzione didiritto comune e che insieme a quest’ultimo, con l’incorporazionedei possedimenti d’oltre Oceano alla Corona di Castiglia, eraentrato automaticamente in vigore anche nei nuovi territori.4

L’estensione del diritto di Castiglia nelle Indie, ha scritto lostorico cileno Barrientos Grandón non deve essere letta quindicome semplice applicazione della legislazione reale castigliana,ma come proiezione del sistema ius commune – ius proprium.Dal momento della scoperta fino alle codificazioni ogni rapportogiuridico era pensabile infatti solo all’interno del »marco« deldiritto comune. Del resto, continua lo storico, non poteva esserediversamente, posto che l’Europa viveva nel sistema del dirittocomune e le Indie erano incorporate alla Corona di Castiglia.Automaticamente con l’acquisizione dei territori americani venivaa riprodursi in essi la medesima relazione tra diritto romano, dirittocanonico e la molteplicità di leggi particolari che già caratterizzavale esperienze giuridiche europee. La stessa forza naturale e invinci-bile che secondo i grandi campioni del diritto comune avevaattratto a sé leggi e consuetudini, »vestendoli ed informandoli«con la sua razionalità, e che aveva permesso ai giuristi castiglianidel XVI e XVII secolo di teorizzare la legittimità di un ricorsopro ratione al ius civile, attraversava ora gli immensi spazi indiani.Avviluppava nelle sue spire i materiali normativi più diversi, daiprovvedimenti legislativi della Corona alle consuetudini indigene, erendeva l’oggetto osservato (ma anche gli stessi osservatori) parte-cipi di un’unica grande storia scientifica e cristiana.5

Questa operazione presentava innegabili vantaggi sul pianometodologico: da un lato, avrebbe permesso di rivalutare il ruolodella giurisprudenza nel processo di creazione e di trasformazionedel diritto, e consentito uno sguardo più complesso sul mondo

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3 J. Barrientos Grandón, El sis-tema del »ius commune« en lasIndias occidentales, in: Rivista in-ternazionale di diritto comune 10(1999) 71, articolo poi confluitoin: id., Historia del derecho in-diano. Del descubrimiento colom-bino a la codificación. Ius commu-ne – ius proprium en las Indiasoccidentales, Roma 2000.

4 Barrientos Grandón, Historiadel derecho indiano (nt. 3) 121–124.

5 Barrientos Grandón, Historiadel derecho indiano (nt. 3); id.,Derecho común y derecho indianoen el Reino del Chile, in: Memoriadel X Congreso del Instituto Inter-nacional de Historia del Derechoindiano, México, D. F. 1995,vol. 1, 133–159; id., Mos italicusy praxis judicial indiana, in: Ius

Fugit. Revista interdisciplinar deestudios historíco-jurídicos 5–6(1996–1997) 357–428 e id., Lacultura jurídica en la Nueva Es-paña. Notas sobre la recepción dela tradición jurídica europea en elvirreinato, México, D. F. 1993; cfr.anche B. Bravo Lira, El derechoindiano y sus raíces europeas:derecho común y propio de Cas-tilla, in: Anuario de historia delderecho español (d’ora in poiAHDE) 58 (1988) 5–53; id., Elderecho común en ultramar. Au-tores y obras jurídicas de la épocadel Barroco en Hispanoamérica,in: Ius commune 15 (1988) 1–42;e il Prólogo di A. Guzmán Britoa B. Bravo Lira, Derecho comúny derecho propio en el NuevoMundo, Santiago de Chile 1989,XI–XXXVIII; A. Pérez Martín,Derecho común, derecho castella-no, derecho indiano, in: Rivistainternazionale di diritto comune 5(1994) 43–90.

indiano, complicando l’approccio dogmatico e neo positivistaancora in auge nella storiografia ispanica fino a pochi anni fa;dall’altro, avrebbe anche permesso di mantenere la stessa narra-zione nei binari sicuri che i lemmi sistematicità, scientificità,cristianità garantivano. Essi erano stati infatti gli strumenti concui la storiografia che ora si cercava di superare, aveva conferitodignità ad un nuovo diritto e ad una disciplina tutta ispanica, ilderecho indiano appunto, con i suoi padri fondatori, Rafael Alta-mira y Crevea (1866–1951) e Ricardo Levene (1885–1959),6 i suoispecialisti, le sue cattedre e i suoi manuali, e di cui ancora eranecessario difenderne la lunga storia di civiltà. Per tale scopo, nonsolo gli ideali di sistematicità conservavano inalterata tutta la loroefficacia, ma il riconoscimento di un primato del diritto comunee l’unità spirituale di una storia condivisa al di qua e al di la del-l’Oceano ne avrebbero esaltato la scientificità e la forza centripeta.Non vi era più un semplice sistema di leggi, ma un’articolazionesistematica di sistemi giuridici, di cui uno, il diritto comune, era unaanche creatura giurisprudenziale e dunque possedeva più di ognialtro il crisma della scientificità.

Vittima di un interessante transfert concettuale che permettevadi importare concetti giuridici dai rigori scientifici della Germaniapandettistica della seconda metà dell’Ottocento al casuismo delleIndie del sedicesimo secolo, gran parte della storiografia continua-va ad essere sedotta dal culto della sistematica, dimenticandoche il termine sistema era ancora sconosciuto al linguaggio giuri-dico dell’epoca che gli preferiva methodus, ars, ordo, ratio.7 Ma inrealtà del sistema non sembrava potersi fare a meno. Indipenden-temente infatti dalla sua connotazione, legislativa o anche dottri-nale, esso non veniva identificato con un principio logico necessa-rio per l’esposizione e l’organizzazione degli argomenti, o con unprodotto storico, funzionale ad un preciso progetto politico giuri-dico, quanto con un principio costitutivo del diritto da cui nonsi sarebbe potuto prescindere pena la perdita di scientificità e diverità del proprio discorso e del proprio oggetto, e con un mo-dello interpretativo in grado di selezionare gli eterogenei materialinormativi che avrebbe dovuto coordinare e capace di costruire larealtà che era chiamato a descrivere.8

Se dunque sistematicità, scientificità, cristianità avevano costi-tuito le coordinate interpretative di una storiografia che dovevaessere ripensata, e attraverso le quali quella stessa storiografia

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6 Tra i lavori più recenti cfr. J. delArenal Fenochio, Rafael Alta-mira y Crevea. La formacíon deljurista, México 1993; M. R. Pu-gliese La Valle, La vigencia de laconcepción historico-jurídica deAltamira, in: Revista de historiadel derecho 20 (1992) 335–375;J. Malagón, S. Zavala, RafaelAltamira y Crevea. El historiadory el hombre, México, D. F. 1986;per quanto riguarda invece ilmaestro argentino, V. Tau An-zoátegui, Historia, derecho ysociedad. En torno a la concepciónhistórico-jurídica de Ricardo Le-vene, in: Investigaciones y Ensayos35 (1987) 19–87.

7 Diffusamente A. Mazzacane,Sistematiche giuridiche e orienta-menti politici e religiosi nella giu-risprudenza tedesca del secoloXVI, in: Studi di storia del dirittomedioevale e moderno, a cura diF. Lotta, Bologna 1999, 213–252; rimangono fondamentali ilavori di C. Vasoli, La dialettica ela retorica dell’Umanesimo. Inven-

zione e metodo nella cultura delXV e XVI secolo, Milano 1968;W. J. Ong, Ramus, Method andthe Decay of Dialogue, New York,London 1958; e nell’ambito dellastoriografia giuridica V. PianoMortari, Dialettica e giurispru-denza. Studi sui trattati di dialet-tica legale del secolo XVI, in: id.,Diritto, logica e metodo nel secoloXVI, Napoli 1978, 117–264; conparticolare riferimento alla storio-

grafia giuridica indiana è d’obbli-go il riferimento a V. Tau Anzoá-tegui, Casuismo y sistema. Inda-gación histórica sobre el espíritudel derecho indiano, Buenos Aires1992.

8 Cfr. A. Mazzacane, Jurisprudenzals Wissenschaft, in: F. C. von Sa-vigny, Vorlesungen über juristischeMethodologie 1801–1842, hg. u.eingel. v. A. Mazzacane, Frank-furt am Main 2005, 1–55.

aveva potuto immaginare un derecho indiano senza indiani e senzaIndie, una storia giuridica della conquista senza conquista e senzaconquistati, la loro persistenza rendeva una simile storia ancorapossibile. La nuova rappresentazione di un sistema in grado diviaggiare attraverso il tempo e lo spazio, e di produrre unità spiri-tuale e giuridica, affiancava e si avviava a sostituire quella prece-dente, fondata sul primato di un sistema legislativo a caratterestatale. Al pari di essa, però, non poteva impedire l’occultamentodella radicale diversità indigena, non riusciva a liberare il dirittoindiano dalla sua »finalidad misional«, ed inevitabilmente arrivavaad opacizzare la violenza del progetto di evangelizzazione e diinclusione nella rete testuale giuridico religiosa occidentale cui lepopolazioni autoctone furono sottoposte.

Nessun cambio metodologico, nessuna frattura politica ogenerazionale, se si continuava nell’utilizzo di quelle coordinate,era in grado di incrinare l’insistito silenzio in cui erano immersele popolazioni indigene, di farle uscire da una rappresentazionestereotipata di minorità, costruita assumendo come dato oggettivola realtà immaginata dai giuristi spagnoli del XVI secolo. Nel 1986– nell’anno in cui la Spagna entrava in Europa e in cui questoevento politico rendeva possibili nuove narrazioni storico giuri-diche incentrate non più sul mito della diversità ispanica ma sulpresupposto, forse altrettanto mitologico di una memoria giuridicacondivisa intessuta delle trame scientifiche e dei valori cristiani deldiritto comune – Bernardino Bravo Lira riproponeva in chiaveindiana queste suggestioni e poteva affermare non solo che latradizione giuridica europea aveva impresso il suo timbro sulnascente diritto indiano, ma anche che la forte connotazionereligiosa aveva permesso di relativizzare le differenze di razza, dicultura, di posizione sociale, di esaltare i valori comuni, la dignitàumana e la vocazione divina, e di incitare coloro che erano piùdotati a porsi al servizio di quelli che ne avevano maggiori neces-sità.9

Dalla Spagna al Cile, dal Cile all’Argentina, attraverso il Mes-sico, e poi di nuovo in Spagna gli esempi potrebbero moltiplicarsi econ lo scoccare del cinquecentenario della scoperta divenire perfinoimbarazzanti. Il testimone passava veloce di mano in mano e storicidel diritto di scuole e nazionalità diverse, uniti tutti dall’apparte-nenza ad una medesima koiné culturale, mettevano in scena, conarticoli, libri, progetti editoriali, edizioni critiche, antologie, rom-

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9 B. Bravo Lira, Tierras y habitan-tes de América y Filipinas bajo laMonarquía española. Situacciónjurídica y realidad práctica, in: id.,Poder y respeto a las personas enIberoamérica, Santiago de Chile1989, 8.

boanti carte costituzionali e stupefacenti codici di diritti umani, lamissione civilizzatrice dei cristianissimi sovrani di Castiglia.10

L’America continuava a rassomigliare all’Europa, o meglio lastoria giuridica americana poteva essere narrata nello stesso modoin cui si raccontava la storia giuridica degli altri domini di Castigliao di un qualunque altro paese europeo.11

Le Indie del resto, aveva scritto Ricardo Levene già nel 1918,no eran colonias, erano parte della Corona di Castiglia e appar-tenevano ai suoi sovrani.12 La loro l’alterità, almeno sul pianogiuridico – istituzionale, non era mai esistita o era stata il risultato,forse solo l’invenzione, di altri approcci disciplinari, di altre meto-dologie meno scientifiche, meno pure rispetto a quelle offerte dallascienza giuridica che il giurista poteva sdegnosamente respingeree confinare »nel limbo della letteratura«, della sociologia, dell’an-tropologia o nei »domini impuri« della politica.13

Nelle pagine che seguono proveremo a ricostruire, attraversoun viaggio tra l’Italia, la Spagna e il Sud America, le strategiediscorsive impiegate dalla storiografia per la rappresentazione deirapporti tra diritto comune, diritto castigliano e diritto indiano, ead approfondire, con un percorso a ritroso nel tempo, l’itinerariometodologico che ho appena abbozzato. Un itinerario che purruotando sempre attorno al concetto di sistema, ha condotto a duediverse immagini del diritto indiano, prima, complesso di norme diorigine castigliana e poi, come ha scritto non senza un pizzico diironia Carlos Petit, versione esotica del diritto comune, creatoanch’esso nel cuore dell’Europa cristiana per disciplinare uominie cose in terre lontane, e ricomposto in sistema attraverso unmedesimo rapporto dialettico tra generale e particolare.14

Formulare una definizione del diritto indiano non è peròaffatto semplice e a lungo la storiografia giuridica si è affaticatanel tentativo di dare contenuto a un sintagma genialmente inven-tato da Ricardo Levene e trasformato in disciplina agli inizi delNovecento, ma sconosciuto ai giuristi indiani che si riferivano a undiritto de las Indias o de los Reynos de Indias.15 Nella inevitabilepluralità di rappresentazioni, a volte fondate su sottili distinzioni,la tesi che continua a riscuotere i maggiori successi è ancora quelladi Alfonso García Gallo (1911–1992), costruita sui primi modellidi Altamira e Levene,16 secondo cui il diritto indiano era identifi-cabile con il complesso normativo attraverso il quale si governava-no le Indie.17 Oltre ogni differenziazione tra un diritto indiano in

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10 È naturalmente Francisco de Vi-toria, la vittima più illustre, marisulta nondimeno frainteso nellasua complessità l’intero dibattitogiuridico e lo stesso ruolo dellalegislazione; cfr. le condivisibiliosservazioni critiche di I. Biroc-chi, Juan Ginés Sepúlveda inter-nazionalista moderno? Unadiscussione sulle origini dellascienza moderna del diritto inter-nazionale, in: AA.VV., A EnnioCortese, vol. 1, Roma 2001, 81–116. Gli esempi potrebbero esseremoltissimi. Senza alcuna pretesa dicompletezza cfr. almeno AA.VV.,Carta Magna de los Indios. Fuen-tes constitucionales, Madrid 1988;Relectio de Indis. Carta magna delos Indios, a cura di L. Pereña,C. Baciero, F. Maseda, Madrid1989. Interessante anche un volu-me dell’Anuario mexicano dehistoria del derecho 6 (1994), ilcui titolo a »La tradición indianay el origen de las declaraciones dederechos humanos«, fornisce diper sé valide indicazioni metodo-logiche.

11 Si interroga in modo critico sullapossibilità di comparare l’espe-rienza napoletana con quella in-diana, V. Tau Anzoátegui, ElReino de Nápoles. ¿Un modelo deestudio para el Derecho Indiano?,in: AA.VV., Panta rei. Studi dedi-cati a Manlio Bellomo, vol. IV,Roma 2004, 333–348.

12 R. Levene, Las Indias no erancolonias, Buenos Aires 1951.

13 Prendo in prestito le due espres-sioni da A. Mazzacane, Savigny ela storiografia giuridica tra storia esistema, Napoli 1976, 7.

14 C. Petit, El caso del derecho in-diano, in: Quaderni Fiorentini 22(1993) 665.

15 Per Ricardo Zorraquín Becú(1911–2000) – Nuevas conside-raciones sobre el derecho indiano,in: Revista de historia del derecho25 (1997) 505 – fu infatti RicardoLevene a utilizzare per primol’espressione diritto indiano cometitolo di quattro lavori pubblicatitra il 1916 e il 1924: Introducciónal estudio del derecho indiano(1916); Notas para el estudio delderecho indiano (1918); El dere-

cho consuetudinario indiano y ladoctrina de los juristas (1920);Introducción a la historia del de-recho indiano (1924).

16 Si v. almeno R. Levene, Intro-ducción a la historia del derechoIndiano, Buenos Aires 1924;R. Altamira, Manual de investi-gación de la historia del derechoindiano, México, D. F. 1948.

17 Sul concetto di diritto indiano se-condo García Gallo, V. Tau An-

zoátegui, El tejido histórico delderecho indiano. Las ideas direc-tivas de Alfonso García Gallo, in:Revista de Historia del derecho 21(1992) 41–51; I. Sanchez Bella,García Gallo y el derecho indiano,in: AA.VV., Homenaje al Prof.Alfonso García Gallo, Madrid1996 (quando non diversamenteindicato si è utilizzato la versioneon line).

senso stretto, identificato nelle disposizioni normative emanateappositamente per i territori d’oltre Oceano, e un diritto indianoin senso più ampio, comprensivo anche delle norme di dirittocastigliano trapiantate in America,18 questo aggettivo indicavatutto il diritto vigente nelle Indie occidentali e orientali. Com-prendeva quindi il diritto romano – canonico, il diritto castigliano,il diritto ›speciale‹ di origine regia, consuetudinario o giurispru-denziale pensato solo per le Indie, ed infine anche l’intero e dispersocorpo di consuetudini che reggeva le popolazioni autoctone equelle di colore. Non solo, »benché le norme applicabili provenis-sero alcune dal diritto di Castiglia, altre da quello speciale delleIndie, e benché alcune fossero di origine legale e altre consuetudi-narie, giurisprudenziali« ognuna di queste disposizioni confluiva inun sistema unico.19 Un sistema »creato per organizzare il governospirituale e temporale delle Indie, stabilire la condizione dei suoiabitanti, regolare la navigazione e il commercio e soprattutto con-vertire gli indigeni alla fede cattolica«.20

Tuttavia, se la fedeltà degli indianisti al sistema sembra man-tenersi costante e attraverso la trama delle citazioni un filo ininter-rotto appare unire i maestri ›di sempre‹, Altamira e Levene, ilrinnovatore della disciplina García Gallo, i ›classici‹ Marilúz Ur-quijo, Tau Anzoátegui e Martiré, il nuovo protagonista, BarrientosGrandón, per citare solo gli autori qui utilizzati, al suo interno lefratture e ›gli aggiustamenti‹ non sono mancati. Innanzitutto ilrinnovamento imposto alla storia del diritto da García Gallo sifondava sull’esaltazione della dimensione legislativa e nazionale esulla necessità di un primato del momento istituzionale al fine dicorreggere »l’attrazione pericolosa« della storiografia precedenteper la dimensione storica, economica o sociologica.21 A questatensione giuridica si deve il ricorso al concetto di sistema unico, allostrumento cioè che, per Zorraquín Becú, determinò un nettocambiamento all’interno del diritto indiano, e attraverso il qualeGarcía Gallo potette imporre lo stesso cambiamento.22

Anche nei lavori di Victor Tau Anzoátegui non mancano leprese di distanza. Certo, nello stile dell’Autore, mai gridate, maipersonali, al contrario, sussurrate, dissimulate da una ricerca co-stante verso soluzioni che permettano di raggiungere un puntod’incontro o mantenere le convergenze. E tuttavia ci sono e a mioavviso non sono di poco conto. In un importante lavoro sulle pro-spettive del derecho indiano egli riconosceva non solo che »persiste

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18 J. M. Ots Capdequí, Manual dehistoria del derecho español en lasIndias y del derecho propriamenteindiano, Buenos Aires 1945; id.,Historia del derecho español enAmérica y del derecho indiano,Madrid 1969.

19 A. García Gallo, Metodologíade la historia del derecho indiano,Santiago de Chile 1971, 19. Se-guono questa impostazione lamaggior parte dei maestri del de-

recho indiano, per una sintesi ef-ficace cfr. sempre V. Tau Anzoá-tegui, Nuevos horizontes en elestudio histórico del derecho in-diano, Buenos Aires 1997, 27–39;id., ¿Qué fue el derecho indiano?,Buenos Aires 1982; da ultimoE. Martiré, El derecho indiano,un derecho propio particular, in:Revista de historia del derecho 29(2001) 331–61.

20 Questo passaggio di ZorraquínBecú, riportato da Tau Anzoáte-gui, Nuevos horizontes (nt. 19)33, non mi sembra incompatibilecon la tesi di García Gallo, sebbe-ne sia opportuno precisare, per illettore europeo, che il maestro ar-gentino è stato un fiero avversariodel professore madrileno, ritenen-do incompleta la sua definizione didiritto indiano. Da essa risulte-rebbero infatti escluse tutte quelledisposizioni che non avevano unavigenza territoriale nelle Indie, mache ugualmente meritano di esser-vi ricompresse. Il diritto indianoaveva vigore anche in Spagna dis-ciplinando per esempio istituzionispagnole come il Regio Patronato,il Consiglio delle Indie, la Casa deContratación che poi regolavanola vita indiana; cfr. R. ZorraquínBecú, Las aspiraciones del dere-cho indiano y los resultados con-seguidos, in: Memoria del XCongreso (nt. 5) vol. 2, 1768 ss.;id., Hacia una definición del de-recho indiano, in: Revista de his-toria del derecho 22 (1994) 401–417; id., Nuevas consideraciones(nt. 15) 501–524; importanti in-dicazioni anche in J. M. MarilúzUrquijo, El derecho prehispánicoy el derecho indiano como mode-los del derecho castellano, in: Ac-tas y estudios del III Congreso delInstituto Internacional de historiadel derecho indiano, Madrid1973, 101–113.

21 Cfr. l’articolo di A. García Gal-lo, Historia, derecho e historiadel derecho. Consideraciones entorno a la Escuela de Hinojosa, in:AHDE 23 (1953) 5–36.

22 Zorraquín Becú, Nuevas consi-deraciones (nt. 15) 508–509.

nella storiografia, in dosi molto alte, la forza modellatrice dellacultura legalista«, ma invitava gli storici a ricostruire il rapporto(spezzato?) con il tessuto sociale e a sostituire »la cultura legalistacon una cultura giuridica«.23 Solo una cultura giuridica avrebbepermesso infatti di »collocare la legge dentro l’ordinamento nel suovero luogo, secondo la materia e le epoche, e avrebbe reso possibileuna ›lettura intelligente‹ – che non è ingenua né maliziosa – dei testilegali, interrogandoli alla luce di una concezione amplia del feno-meno giuridico«.24 La consapevolezza della complessità avrebbereso possibile poi una rinnovata attenzione verso gli altri modi diproduzione del diritto, la consuetudine, la dottrina, la giurispru-denza dei tribunali.25 Un auspicio certo soddisfatto dai lavori cheJavier Barrientos Grandón ha dedicato alla rivalutazione dellascienza giuridica nel processo di formazione del diritto indiano,ma che ha condotto anche lo storico cileno ad osare di più e a ri-scrivere l’intera storia di quel diritto attraverso il rapporto dialetti-co tra il sistema di ius commune – e il sistema di ius proprium.26

2. Il sistema del diritto indiano

Fino ad anni recenti dunque il sistema del diritto indiano si èfondato sul primato della legislazione castigliana e su un’immaginedella monarchia in cui erano visibili i segni della statualità moderna.In Spagna, infatti, sostenne García Gallo in una conferenza tenuta aRoma alla metà degli anni ‘50, il diritto comune era entrato in crisiper la prima volta, lasciando emergere la sua incapacità nell’offrirerisposte appropriate alle nuove esigenze. L’esperienza americana neaveva poi svelato impietosamente l’inadeguatezza.27 I suoi principi,continua lo storico, furono utilizzati per incorporare le Indie allaCorona di Castiglia e per definire i titoli giuridici che ne legitti-massero il dominio. Ma quando raggiunsero le coste indiane attra-verso il Requerimiento, un documento destinato ad essere letto allepopolazioni autoctone per invitarle a riconoscere la superioritàdegli spagnoli e del loro Dio e a sottomettersi ad essi, la loro de-bolezza divenne palese e fu sufficiente la sprezzante risposta di duecaciques del Cenú per mettere in discussione l’intero sistema.28

Come narra Fernández de Oviedo, al termine della lettura deldocumento i due indigeni negarono la validità della donazione diAlessandro VI e, di conseguenza, la legittimità del dominio riven-dicato dai sovrani spagnoli, ribadendo al contrario i loro diritti su

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23 Tau Anzoátegui, Nuevos hori-zontes (nt. 19) 41.

24 Ivi, 43.25 Si tratta di ambiti che lo storico

argentino aveva già esplorato,cfr. V. Tau Anzoátegui, La co-stumbre jurídica en la Américaespañola (siglos XVI– XVIII), in:Revista de historia del derecho 14(1986) 355–425; id., La doctrinade los autores como fuente delderecho castellano-indiano, in:Revista de historia del derecho 17

(1989) 351–408; id., Casuismo ysistema (nt. 7).

26 v. n. 3 e 5.27 A. García Gallo, El derecho

común ante el Nuevo Mundo(1955), in: id., Estudios de histo-ria del derecho indiano, Madrid1972, 147–166.

28 Anche il Requerimiento presenta-va un carattere statale. Scrive in-fatti García Gallo – El derechocomún (nt. 27) 157 – che »este

Requerimiento, pleno de amena-zas a quien lo aceptase, tampocoera distinto del que cualquier Go-bierno actual, antes de emplezar lafuerza, hace a cualquier grupo desediciosos para que acaten el po-der establecido«; sulle strategiediscorsive del Requerimiento v.L. Nuzzo, Il linguaggio giuridicodella Conquista. Strategie di con-trollo nelle Indie spagnole, Napoli2004, 13–85.

quelle terre. García Gallo li immaginò e ce li rappresentò »ferminelle loro convinzioni giuridiche«, e ritenne la loro risposta »cosci-ente e concludente: la validità del diritto comune era respinta e gli siopponeva il proprio diritto indigeno«. Le conseguenze di quel gestosarebbero state enormi. »Per la prima volta si negava al dirittocomune la sua vigenza universale e lo si rifiutava nella risoluzionedei problemi del Nuovo Mondo«.29

Nelle foreste umide del Cenú e per un pubblico, come quelloitaliano, con poca famigliarità con le Indie, García Gallo mise inscena la fine ingloriosa di un sapere giuridico universale, carico ditrionfi in Europa, ma nello stesso tempo sottolineò che le insuffi-cienze del diritto comune avevano anche determinato una salutare»reazione spagnola«. E le risposte, questa volta adeguate, non sierano fatte attendere. Sul piano dottrinale Francisco de Vitoriaaveva sostituito il diritto comune con il »sistema« del ius gentium esul piano legislativo la Corona aveva emanato un’imponentelegislazione ispirata dalle tensioni sistematiche e dalle aspirazionicristiane del vecchio diritto comune, che ne aveva positivizzato lamemoria e neutralizzato gli aspetti più odiosi attraverso il ricono-scimento dei principi di libertà e di indipendenza delle popolazioneautoctone.

Alle leggi della Corona, quindi, veniva affidato un ruolo deci-sivo nel processo di formazione del diritto indiano. Identificatoinizialmente con le disposizioni normative in vigore nel Regno diCastiglia ed estese automaticamente nelle Indie, il concetto di leggesi dilatò fino ad assorbire, negli anni immediatamente successivialla Conquista, sia le ordenanzas, le cédulas, le reales provisiones,le instrucciones e le cartas emanate con carattere generale per tuttii territori d’oltre Oceano, sia quelle indirizzate ad una provinciao ad un luogo determinato. In entrambi i casi, per García Gallo,i provvedimenti indiani costituivano un diritto speciale posto alvertice di una scala gerarchica delle fonti che poteva essere inte-grato, in un sistema unico, da un diritto castigliano dal caratteresussidiario, definito generale o comune.30 Molti anni più tardiuna sua allieva, Beatriz Bernal ha ripreso le tesi del maestro e haribadito l’immagine del diritto indiano come un sistema construttura gerarchica e piramidale alla base del quale vi era il dirittocomune nella versione nazionale offerta dalle Partidas, in posizioneintermedia le consuetudini indigene extra legem o secundum legem,poi la legislazione castigliana (Ordenamiento de Alcalá, Leyes de

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29 García Gallo, El derecho común(nt. 27) 158.

30 A. García Gallo, La ley comofuente del derecho en Indias en elsiglo XVI (1951), in: Estudios(nt. 27) 169–285; id., Problemasmetodológicos de la historia delderecho indiano (1967), in: Estu-dios (nt. 27) 63–119; su questotema è intervenuto più recente-mente V. Tau Anzoátegui, Lanoción de la ley en América His-

pana durante los siglos XVI aXVIII, in: id., La ley en Hispano-américa, Buenos Aires 1992, 27–65.

Toro, Nueva Recopilación de las leyes de Castilla, Novísima Re-copilación) con l’ordine di prelazione in essa contenuto, ed infineal vertice il derecho indiano municipal emanato per lo più dalConsejo de Indias e dalla Casa de Contratación e, ancora più su, ilderecho indiano criollo cioè il diritto promulgato dagli organiamministrativi e giudiziari indiani.31 Con la promulgazione dellaRecopilación de las leyes de Indias del 1680 queste immaginirisultarono alla storiografia ancora più nitide e più certo l’ordinedelle fonti. Una sua legge prevedeva infatti che si dovesse applicarein primo luogo la Recopilación indiana, o le altre disposizioninormative (cédulas provisiones, ordenanzas) »dadas y no revoca-das, y las que por nuestra orden se despacharen«, e solo nell’ipotesiin cui esse non contenessero la soluzione al caso di specie, eralegittimato il ricorso alla legislazione castigliana e alla gerarchiadelle fonti cui quest’ultima rinviava.32

In un organismo territoriale che, al pari di quanto accadevanella Francia del XVI secolo, assumeva forme statali e in cui iprincipali teologi, giuristi e pensatori politici partecipavano atti-vamente al processo di centralizzazione assolutistica e burocratica,la legge appariva quindi come lo strumento più adatto per realiz-zare la volontà del sovrano, rinnovandone la centralità e, nellostesso tempo, il segno più chiaro di un nuovo anelito civilizzato-re.33 Da un lato quindi la tensione giuspositivistica e le aspirazionistatualistiche introducevano un paradigma legale funzionale aduna rilettura in chiave unitaria di ogni discorso sul potere e suisoggetti politici anche non istituzionali attivi nelle Indie. Il flussonormativo che dalla Castiglia giungeva oltre Oceano riuniva infatticentro e periferia attraverso il filtro della sovranità e permetteva didisinteressarsi dell’importanza simbolica che l’enorme produzionelegislativa rivestiva nel riaffermare la volontà sovrana, come didimenticare quelli reti di potere, di natura feudale o religiosa, in cuierano immersi gli stessi sovrani e le cui relazioni non si svolgevanonecessariamente secondo iustitia, ma si strutturavano attraverso lecategorie della grazia e del beneficio.34

D’altro lato poi la dimensione legalistica in cui veniva assorbi-ta la Conquista consentiva alla storiografia di introdurre unafrattura tra le aspirazioni della monarchia per la difesa dei dirittidei nativi, la sua attenzione costante per la loro evangelizzazione ela violenza della realtà indiana. Le leggi di Burgos e Valladolid, leLeyes Nuevas, le Ordenanzas del 1573, solo per citare alcuni degli

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31 B. Bernal, El derecho castellanodentro el sistema jurídico indiano,in: Anuario mexicano de historiadel derecho 10 (1998) 89–105;F. Martínez Martínez, Acercade la recepción del ius communeen el derecho de Indias: notassobre las opiniones de los juristasindianos, in: Anuario mexicano dehistoria del derecho 15 (2003)447–523; H. Pihlajamäki, Laheterogeneidad del ius commune:observaciones entre el derechoeuropeo y el derecho indiano, in:Actas y estudios, XIII Congresodel Instituto internacional de his-toria del derecho indiano, a curadi L. González Vale, San Juan2003, 57–73; per un approfondi-mento cfr. sempre BarrientosGrandón, Historia del DerechoIndiano (nt. 3) 195–390; sul de-recho indiano criollo rinvio aI. Sánchez Bella, El derecho in-diano criollo, in: id., Nuevos es-tudios de derecho indiano, Pam-plona 1995, 65–100; sulla Casade Contratación, v. ora C. Petit,Casa y tribunal. Jurisdicción yconflictos de la contración en losaños fundacionales, in: España yAmérica. Un océano de negocios.Quinto centenario de la Casa de laContratación, 1503–2003. Catá-logo de la exposición, Madrid2003, 119–129.

32 Cfr. Recopilación de las Leyes delos Reynos de Indias, (Madrid1791), 3 voll.; Madrid 1998, l. 2,t. 1, ley 2.

33 Cfr. J. M. Góngora, El Estado enel Derecho Indiano. Época defundación, 1492–1570, Santiagode Chile 1951; A. Maravall, Es-tado moderno y mentalidad social(1972), Madrid 1986;H. Pietschmann, Staat undstaatliche Entwicklung am Beginnder spanischen KolonisationAmerikas, Münster 1980. In unastoriografia giuridica italiana, an-cora alla metà degli anni ottanta,

poco attenta al rapporto tra dirittoe politica nel cinquecento spagno-lo, v. V. Piano Mortari, Il pen-siero politico dei giuristi delRinascimento (1987), in: id., Iti-nera juris. Studi di storia giuridicadi età moderna, Napoli 1992,215–363.

34 Cfr. Nuzzo, Il linguaggio giuridi-co (nt. 28) e bibliografia ivi citata,44–51.

esempi più noti, traducevano le preoccupazioni religiose dei so-vrani, riflettevano l’impegno assunto da Ferdinando e Isabella conAlessandro VI, e poi ribadito sia da Carlo V sia da Filippo II, edavano avvio ad un circuito virtuoso tra tre poli: le cancellerieimperiali e i giuristi della Corona, le aule e i teologi di Salamanca, iterritori e le popolazioni indiane. Aspirazioni cristiane, ragiona-menti politici e logiche giuridiche concorrevano nel definire il lorostatus, permettendo ancora negli anni settanta, a Morales Padróndi vedere nelle leggi di Burgos »el primer cuerpo básico del estatutoindigena«, e a García Gallo di giustificare la coesistenza, in questocorpo normativo fondamentale, del riconoscimento dell’umanitàe della libertà dell’indigeno con il mantenimento del sistema (disfruttamento) dell’encomienda.35

All’interno di questa cornice intellettuale, intransigente nelladifesa della diversità ispanica come dell’unità e dell’identità nazio-nale devono quindi essere cercati i fili che legano le riflessioni delmaestro madrileno alla cultura storico giuridica italiana della primametà del secolo scorso, e sempre al suo interno vanno ricercate leinfluenze che il sistema calassiano del ius commune esercitò su dilui. Nonostante infatti la difesa della diversità ispanica passasse perun ridimensionamento del diritto comune o ne imponesse unacompleta nazionalizzazione, una sua salda costruzione teoricanon poteva prescindere dalla forza sistemica delle riflessioni cheFrancesco Calasso conduceva negli stessi anni intorno al concettodi diritto comune e al suo rapporto con il ius proprium.36 A questoproposito emergono significative coincidenze temporali.

Nello stesso anno in cui appariva nel Anuario de Historia delDerecho Español un saggio di García Gallo sul concetto di legge esul suo ruolo nel sistema delle fonti nelle Indie del XVI, FrancescoCalasso pubblicava Introduzione al diritto comune, un testo desti-nato a divenire un classico della letteratura giuridica, in cui sonoraccolti alcuni dei lavori fondamentali che egli dedicò al problemadel diritto comune nel corso degli anni trenta.37 Allo studiosospagnolo non sfuggi la ›novità‹ editoriale italiana e non mancòdi citarla. Per la costruzione di un concetto unitario e scientifico diderecho indiano quelle pagine gli erano necessarie, fornivano l’inte-laiatura concettuale per tenere insieme il vecchio diritto castiglianoesteso nelle Indie e il nuovo diritto emanato appositamente peri territori d’oltre Oceano. In una rappresentazione che non avevabisogno del diritto comune né come diritto romano, perché già

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35 F. Morales Padrón, Teoría yleyes de la conquista, Madrid1979, 308–310; A. García Gal-lo, La condición jurídica del indio(1977), in: id., Los orígines es-pañoles de las instituciones ame-ricanas, Madrid 1987, 755–756.

36 »El primer libro que me hizo leerfue el Medioevo del diritto de Ca-lasso« sottolinea Gustavo Villa-palos nel ricordare i primiinsegnamenti impartitigli da Gar-

cía Gallo, Memoria de unmaestro, in: Homenaje (nt. 17)versione on line.

37 F. Calasso, Introduzione al dirittocomune, Milano 1951.

nazionalizzato, né come diritto prodotto dall’interpretazione deigiuristi, perché proprio Calasso aveva provveduto a ricondurlaall’interno del »sistema legislativo«,38 e che si era liberata sia dellastoricità sia della spiritualità nelle quali invece lo storico leccese loaveva immerso poiché ogni tensione storica e religiosa era stata giàselezionata e positivizzata, rimanevano uno di fronte all’altro solodue ordinamenti normativi: il castigliano e l’indiano e con essi il›vecchio‹ problema dell’unità.39

La soluzione allora era in quelle pagine, nell’idea di sistemache esse teorizzavano e in quella di stato che ancora evocavano.Leggi castigliane e leggi indiane, al pari del ius commune e del iusproprium costituivano gli elementi che, all’interno di una cornicestatuale, una tensione dialettica tra generale e particolare, tracomune e speciale poteva legare intrinsecamente ed organicamentein un sistema unitario.40

3. L’invenzione di una tradizione

Nella metà del secolo scorso il diritto castigliano riproducevanella sua versione indiana le caratteristiche che lo contraddistin-guevano nella madrepatria e la sua narrazione continuava asvilupparsi attraverso canoni narrativi differenti da quelli che lastoriografia giuridica europea era solita utilizzare negli stessi anni.Era una storia orgogliosamente diversa, incentrata sul primatodella legislazione, cristiana e nazionale al tempo stesso. Una storiain cui alla letteratura giuridica si affidava un ruolo di secondopiano e in cui del ius commune si udiva soltanto l’eco. Il vecchiodiritto comune vi partecipava indirettamente attraverso la media-zione dei giuristi chiamati, sotto il controllo del re, all’elaborazionee allo studio scientifico della legislazione, o gli era assegnata unapiccola parte tra le componenti del diritto castigliano. AttraversoLa Ley de las Siete Partidas, la grande compilazione di Alfonso Xdel 1265, la tradizione romanistica e canonistica era penetratainfatti anche nel Regno di Castiglia e da qui nelle Indie ma, piegataad una precisa politica del diritto rivolta all’unificazione territo-riale e combinata con diritti ed usi locali, era divenuta un dirittocomune nazionale. Alle Partidas e al diritto in esse contenuto,l’Ordenamiento de Alcalà di Alfonso XI del 1348 e successiva-mente gli altri monumenti legislativi castigliani, le Leyes de Torodel 1505, la Nueva Recopilación del 1567 ed infine la Novísima

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38 »La storia del diritto comune« –scrive F. Calasso, Il problemastorico del diritto comune (1936),in: id., Introduzione (nt. 37) 129,– »è storia di questo sistema uni-tario, e non soltanto del dirittoromano comune, e meno ancoradella scienza del diritto o dellagiurisprudenza. Chè infatti, scien-za e giurisprudenza furono l’orga-no potentissimo della evoluzionedel sistema: ma essendo questo unsistema legislativo, la posizionedommatica dell’attività del giu-rista o del giudice vi rimase sempreed esclusivamente quella di attivitàinterpretativa, sul fondamentologico e giuridico, e quindi contutte le norme e i limiti che ogniattività interpretativa può avere inun sistema legislativo«; cfr. ancheCalasso, Il diritto comune comefatto spirituale (1948, ma 1946),sempre in: id., Introduzione(nt. 37) 137–80. Utilizza il passosopracitato Costa, ›Ius commune‹(nt. 2); cfr. sempre anche Grossi,L’ordine giuridico medievale(nt. 2).

39 Sul rapporto tra Calasso e la cul-tura filosofica di matrice idealistaR. Ajello, Il collasso di Astrea.Ambiguità della storiografia giu-ridica italiana medievale e moder-na, Napoli 2002, 118 ss., 400 ss.;da altra prospettiva anche A. Igle-sia Ferreirós, Ius commune: uninterrogante y un adiós, in: El drétcomú i catalunya, a cura di id.,VIII Simposi – Barcelona, Nogue-ra 1999, 489–508, insiste sulproblema dell’unità.

40 García Gallo, La ley como fu-ente (nt. 30); id., Metodología(nt. 19) 177: »el ordenamientojurídico no es tan sólo un conjuntode normas, sino uno auténticosistema regido por principios ydesarrollado de modo armónico«.Ed è proprio questo sforzo di sis-tematizzazione che affascinerà lasua allieva messicana María delRefugio González. La ricondu-zione del diritto indiano al dirittocastigliano era poco frequente nelMessico nazionalista postrivolu-zionario, scrive la storica in Al-

fonso García Gallo como histo-riador del derecho indiano, in:AHDE 63–64 (199–1994) 1394,»no solo porque la disciplina abiatenido escasos cultivadores sinotambién porque la Revoluciónmexicana representó una fracturacon toda la historiografía jurídicaeuropea, ampliamente desarrolla-da ya para finales del siglo XIX«;alla recezione di García Gallo inMessico è dedicato l’articolo di

J. A. Caballero, La recepción dela escuela institucional de AlfonsoGarcía Gallo en México, in:Anuario mexicano de historia delderecho 13 (2001) 151–164; piùin generale sui rapporti tra storio-grafia europea e messicana, J. delArenal Fenochio, La »escuela«mexicana de historiadores delderecho, in: Anuario mexicano dehistoria del derecho 18 (2006) 57–76.

Recopilación del 1805, affidarono un ruolo marginale: un dirittocomune sussidiario che occupava l’ultimo posto all’interno di unarigida scala gerarchica delle fonti con al vertice la legislazione del ree a cui seguivano, ove non fossero stati in contrasto con quella, ifueros municipales e locales.41

Di questa storia giuridica nazionale, castigliana e indiana,García Gallo fu il principale cantore.42 »La necessidad ineludibile«– si legge nel suo manuale – »de cerrar el paso a la revolucióncomunista que se preparaba desde el poder forzó al pueblo españolsin dintinción de clases, con el apoyo decisívo de la parte nocontaminada del Ejército a alzarse contra el gobierno republicano(18 de julio de 1936). La resistencia opuesta por éste y loselementos marxistas dieron lugar a una sangrienta guerra queconcluyó con la derrota del comunismo (1 abril 1939). Esta guerrade liberación contra el comunismo internacional contribuyó aexaltar los valores nacionales. A la visión pesimista del pasadode España sostituyó la exaltación de su Historia, el áfan de euro-peizarla; el de hacerla grande, revalorizando sus posibilidadesmateriales y e spirituales. Se ha destacado la raíz católica deEspaña, se ha visto la cultura española, no como algo caduco yvergonzante que había que sustituir con algo importado de fuera,sino como el sistema ideológico de la Hispanidad – es decir de lospueblos de sangre y habla español – a sentir el orgullo español y lavieja doctrina del tradicionalismo hispano, se ha hermanedado conlas soluciones novísima preconizadas por José Antonio Primo deRivera (1903–1936) bajo la dirección del Jefe del Estado Gene-ralísimo Francisco Franco«.43 Un cantore dell’idea di Hispanidad,nazionalista e cattolico, dunque, ma García Gallo fu anche unostorico del diritto, nell’asfittico ambiente culturale della Spagnafranchista, consapevole di ciò che accadeva oltre i confini, intellet-tuali e fisici, del proprio paese; un giurista informato del dibattitointernazionale teorico e metodologico sul ruolo della storia deldiritto e sui rapporti con le scienze sociali ed economiche, membrodi istituzioni internazionali europee e sudamericane e attento co-noscitore delle posizioni storiografiche italiane.

La storia del diritto nei paesi di lingua spagnola è segnata dallasua presenza, dalla sua instancabile attività nella penisola ibericacome nell’America Latina e da una ricchissima produzione scien-tifica.44 Capace di farsi carico dell’eredità di Edoardo de Hinojosay Naveros (1852–1919) e di mitizzarne la figura, di sentirsi suo

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41 A. García Gallo, El pluralismojurídico en la América española(1980), in: Los orígines (nt. 35)303; A. García y García, Lapenetración del derecho clásicomedieval en España, in: AHDE 36(1966) 575–592. Tra la secondametà degli anni settanta alla metàdel decennio successivo la storio-grafia spagnola cominciò a com-plicare questa immagine: cfr. pertutti la sintesi di B. Clavero,

Temas de Historia del Derecho:Derecho Común, Sevilla 1977;C. Petit, Derecho Común y De-recho Castellano. Notas de lite-ratura jurídica para su estudio(Siglos XV–XVII), in: Tijdschriftvoor Rechtsgeschiedenis 50 (1982)157–195.

42 La centralità di Don Alfonso nellastoria giuridica spagnola è atte-stata dalle numerose semblanzasa lui dedicate. Alcune delle quali

furono scritte mentre egli eraancora in vita. È questo il casodell’articolo di M. A. Pérez dela Canal apparso nel 1968nell’Anuario de estudios medieva-les 5 (1968) 673–679, e di quellodi J. López Ortiz pubblicato inoccasione della sua jubilación nel1980 in un numero del Anuario dehistoria del derecho español (VII–XXVIII) interamente dedicatogli.Dopo la morte avvenuta nel 1992,apparvero sempre nel AHDE 63–64 (1993–1994) i contributi diJosé Martínez Gijón (1381–1392) e di María del RefugioGonzález (1393–1399) e poi nel1996 l’Homenaje in cinque tomidell’Università Complutense diMadrid. Nei numerosi scritti bio-grafici e autobiografici contenutinell’Homenaje, manca qualunqueaccenno al contesto storico epolitico in cui è immersa la vitae l’opera di García Gallo. Un’ec-cezione è rappresentata dal ricor-do di J. Lalinde, Alfonso GarcíaGallo ante el reto del universalis-mo represivo cultural, in: Home-naje (nt. 17). Nel 2003 l’Anuariosi premurava di segnalare ai suoilettori le celebrazioni religiose per idieci anni dalla morte del maestro,attitrandosi le critiche di Clavero– Tomás y Valiente. Jurista entiempo de tribulación y transición,a cura di S. de Dios, J. Infante,E. Torijano, Salamanca 2004, 24– che rimproverava al Consigliodirettivo della rivista un uso pri-vato della stessa.

43 A. García Gallo, Manual dehistoria del derecho español,Madrid 1959, 129.

44 Sul ruolo svolto dal maestro ca-stigliano presso l’Instituto Inter-nacional de Historia del Derechoindiano fondato a Buenos Airesnel 1966 e diretto insieme conRicardo Zorraquín Becú e Alami-ro de Avila Martel (1918–1990),v. E. Martiré, Alfonso GarcíaGallo y el Instituto Internacionalde Historia del Derecho Indiano,in: Homenaje (nt. 17) versione online.

discepolo e nello stesso tempo di criticare metodologicamente illavoro del maestro e della sua stessa scuola, García Gallo si assunsel’onere di progettare una nuova storia del diritto, pensandola inprimo luogo come una disciplina scientifico – giuridica, e di faredello storico del diritto un giurista e uno scienziato.

Le prime immagini di questa rinnovata storia del dirittospagnolo come scienza giuridica furono messe a fuoco tra il 1948e il 1952 in due pubblicazioni dedicate a Hinojosa, una introdut-tiva della riedizione completa delle opere del maestro, e, l’altrafrutto di una conferenza tenuta all’Instituto nacional de estudiosjurídicos, poi pubblicata l’anno successivo nell’Anuario de Historiadel Derecho Español.45

L’operazione metodologica che García Gallo si proponeva nonera affatto semplice: si trattava di introdurre l’opera di Hinojosa, dicommemorarne il centenario della nascita e nello stesso tempo ditracciare le linee guida della propria storia del diritto. Si trattava diimporre una svolta attraverso il profondo rinnovamento dell’ar-mamentario concettuale utilizzato dalla storiografia giuridica spa-gnola, compreso quello di Hinojosa e della sua »scuola«, ma dioccultare i cambiamenti di prospettiva ai quali lavorava all’internodi un discorso e di una rappresentazione che privilegiasse, sia sulpiano politico, sia sul piano giuridico, le continuità piuttosto che lefratture.46

Era l’invenzione di una tradizione scientifica unitaria, il rac-conto fantastico di un gruppo omogeneo che non ruotava attornoal maestro né che dal maestro era stato orientato, di cui solo treerano stati suoi allievi diretti (e famosi: Galo Sánchez, ClaudioSánchez Albornoz, José María Ramos Loscertales), ma di cui tuttiseguivano le tracce lasciate dai suoi scritti. »Tutti sono discepoli diHinojosa, – scriveva García Gallo – e nessuno può richiedere per séo per il proprio indirizzo l’esclusiva del suo magistero; né conside-rarsi l’unico e legittimo erede dei suoi insegnamenti. Pretenderlosarebbe svilire l’immensa trascendenza che ha avuto l’opera diHinojosa e tradire la sua ampiezza di vedute che gli permise diallontanarsi da ogni bandiera e da ogni chiesa, qualunque nefossero le idee«.47 In questo modo chiunque poteva essere consi-derato suo allievo, ma »includere tutti – ha scritto molto effica-cemente Jesús Vallejo – suppone la possibilità che chiunque siaescluso; indicare tanto marcatamente Hinojosa suppone impedireche qualunque altro lavoro si converta in referenza. Tra biografo e

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45 A. Garciá Gallo, Hinojosa y suobra, in: E. de Hinojosa y Na-veros, Obras, vol. 1, Madrid1948, 13–124; id., Historia,derecho e historia del derecho(nt. 21) 5–36.

46 Fratture che non mancarono diessere manifestate in modo anchepiuttosto evidente con la pubbli-cazione nel AHDE del 1941 di unlavoro su Nacionalidad y territo-rialidad del derecho en la épocavisigoda (168–264) in cui attaccale tesi di Hinojosa sulla compo-nente germanica del diritto spa-gnolo espresse in El elementogermánico en el derecho español(1910), di cui si veda ora l’edizio-ne, preceduta da uno studio intro-duttivo, a cura di F. Tomás yValiente (Madrid 2000).

47 García Gallo, Historia, derechoe historia del derecho (nt. 21) 10.In Hinojosa (nt. 45), lo stessoAutore aveva individuato in Ra-mos Loscertales (1890–1956),Sánchez Albornoz (1893–1984) eGalo Sánchez (1892–1969), concui aveva studiato a Barcelona eMadrid, gli allievi che più di ognialtro avevano dato impulso aglistudi storico giuridici. Non si di-mentichi però che Hinojosa nonera uno storico del diritto né in-segnò mai discipline giuridiche,ma storia medievale e che, ad ec-cezione di Galo Sánchez, anche glialtri suoi allievi diretti non furonodei giuristi. Hinojosa infatti dal1884 al 1899 insegnò alla Scuolaper archivisti e solo l’anno succes-sivo, a 48 anni, fu nominato Ca-tedrático de Historia antigua ymedia de España, presso la Facol-tà di lettere e filosofia di Madrid(I. Peiró Martín, G. PasamarAlzuria, La Escuela Superior deDiplomática. Los archiveros en lahistoriografía española contem-poránea, Madrid 1996, 133). Li-mitandoci poi ai famosi tre allievidiretti, si può notare che il magi-sterio di Hinojosa dovette eserci-tarsi su Sánchez Albornoz e GaloSánchez in un periodo di tempolimitato, compreso tra il 1910,anno in cui Hinojosa fu nominato

direttore della sezione storica delCentro di Studi Storici, e in cuiebbero inizio i suoi seminari storicisulle fonti medievali frequentatidai due giovani studiosi, e il 1914anno in cui un ictus ridusse for-temente la sua attività didattica escientifica. Non prima del 1914dovette esserci l’incontro con Ra-mos Loscertales, da quell’annodottorando a Madrid, L. GarcíaValdeavellano, En la muerte de

don José María Ramos Loscertales(1890–1956), in: AHDE 26 (1956)895–901; cfr. anche A. GarcíaGallo, Galo Sánchez, in: AHDE31 (1961) 1–8; id., D. ClaudioSánchez Albornoz, fundador delAnuario (1893–1894), in: AHDE54 (1984) 97–161; F. J. Devoto,C. Sánchez Albornoz y el Anuariode Historia del Derecho Español,in: Cuadernos de historia de Es-paña 77 (2001) 225–232.

biografato vi è solo la personalità nebulosa e collettiva della›Scuola‹.«48 Una »scuola apolitica« per García Gallo, oggi unaescuela nebulosa, che da un rinnovatore conduceva ad un altrorinnovatore, impermeabile alla violenza di una guerra civile e poiindifferente a un regime durato trentasei anni, capace di rinnovarsinel rispetto delle genealogie, ma anche di condannare all’obliocoloro che con le proprie tesi o convinzioni politiche avrebberopotuto complicare questa rappresentazione.49 La realtà però resti-tuiva immagini più dure e affidava in primo luogo alla guerra e alregime il compito di provvedere all’omogeneità della »scuola« diHinojosa e di García Gallo. Rafael Altamira, Sánchez Albornozfurono esiliati e morirono il primo a Città del Messico nel 1951 eil secondo, rientrato definitivamente in Spagna solo nel 1983, adÁvila l’anno successivo. Ots Capdequí (1893–1975) fece ritornonella madrepatria nel 1953 e riprese l’insegnamento nel 1962, maesclusivamente nei corsi di dottorato.50 Lo stesso Anuario de Hi-storia del Derecho Español, fondato nel 1924 da Sánchez Albor-noz, Ramos Loscertales, Galo Sánchez, Ramón Carande (1887–1986), Ots Capdequí (1893–1975), e diretto formalmente da DíezCanseco (1860–1930), che negli anni prima della guerra si eracaratterizzato per le aperture metodologiche e una notevole sen-sibilità verso le discipline non giuridiche, con il nuovo consiglioredazionale, nel 1941, e, dal 1945, sotto la direzione di GarcíaGallo, si chiuse alle nuove tendenze storiografiche e si mostrò stru-mentale al progetto di storia giuridica che il professore di Soriainiziava a perseguire.51

La ricerca della continuità, l’insistenza sul tessuto unitario cheriuniva maestro ed allievi fino all’›invenzione‹ delle genealogie,riflettevano dunque altre continuità, altre »persistenze« per utiliz-zare un termine caro a García Gallo. Innanzitutto considerare lastoria del diritto come una scienza giuridica, e non più come unascienza storica, implicava l’utilizzo di una metodologia giuridica.Ciò avrebbe permesso, da un lato, di liberare il diritto dalla »intimaunione con la politica, l’economia, la società« e il contesto culturalee dalle forme erudite alle quali invece l’avrebbe condannato unostudio storicistico, e, dall’altro, di individuare nel giurista il prin-cipale interlocutore dello storico del diritto. Del resto anche lostorico del diritto era un giurista e come tale doveva avvertirel’obbligo di sottrarre il suo oggetto, il diritto appunto, alle sugge-stioni che giungevano da altre discipline, di liberarlo da conta-

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48 J. Vallejo, La Escuela de Hino-josa y las Cuestiones de Altamira,in: Libro Homenaje. In memoriamCarlos Díaz Rementeria, a cura diG. E. Pinard, A. Merchan, Huel-va 1998, 772; v. anche R. Levene,La concepción de E. de Hinojosasobre la historia de las ideas po-líticas y jurídicas en el derechoespañol y su proyección en elderecho indiano, in: AHDE 23(1953) 259–287.

49 Si pensi a Joaquin Costa (1846–1910), »un personaje que exige surehabilitación«, scrivevano M. yJ. L. Peset, Vincent Vives y la his-toriografia del derecho en España,in: Vorstudien zur Rechtshistorik,a cura di J. M. Scholz, Frankfurtam Main 1977, 182–183 e alquale, come accenna Vallejo, LaEscuela de Hinojosa (nt. 48) 775,n. 31, lo stesso Hinojosa ricono-sceva una centralità fondamentale

nella storiografia spagnola. Unaltro esempio eccellente è RafaelUreña y Smenjaud (1852–1930) lacui riscoperta è avvenuta solo inanni recenti grazie alla sensibilitàdi Carlos Petit, La prensa en laUniversidad: Rafael de Ureña y laRevista de ciencias jurídicas y so-ciales (1918–1936), in: QuaderniFiorentini 24 (1995) 199–302;id., El catedrático y la biblioteca.Visigotismo y profesión universi-taria de Rafael de Ureña, in: R. deUreña y Smenjaud, Legislacióngótico-hispana, a cura di C. Petit,Pamplona 2003, IX–CXLVI; suirapporti con Hinojosa, in part.51 ss.

50 Su Ots, allievo di Altamira, maascritto alla scuola di Hinojosa, v.M. Peset, Estudio preliminar, in:J. M. Ots Capdequí, Obra dis-persa, a cura di M. Peset, Valencia1992, IX–IL; id., Juristas valen-cianos en el exilio, in: El exiliovalenciano en América. Obra ymemoria, a cura di A. Girona,M. F. Mancebo, Valencia 1995,157–179, con riferimenti oltre chead Ots e Altamira anche a Echa-varría (1903–1977); F. Tomás yValiente, Ots Capdequí (Valencia1893 – Benimondo 1975), in:AHDE 63–64 (1993–1994)1411–1414.

51 Il nuovo consiglio di redazione eradiretto da Galo Sánchez (vicedi-rettore Torres López, segretarioLópez Ortiz) e vedeva la parteci-pazione tra i redattori del giovaneGarcía Gallo. Nel 1944 GarcíaGallo fu nominato Secretario delInstituto nacional de Estudios Ju-rídicos, cioè dell’ente del ConsejoSuperior de Investigaciones Cien-tíficas (che aveva sostituito, dal1941, la Junta de Ampliación deEstudios e Investigaciones Cientí-ficas) che fino al 1986 fu l’editoredella rivista. Lo stesso GarcíaGallo ne racconta la storia, Brevehistoria del Anuario, in: AHDE 51bis (1982) 7–53. Nel 1985 GarcíaGallo si dimise dalla direzione equello che era il Consiglio di re-dazione divenne un Consiglio didirezione; ulteriori indicazioni in:M. y J. L. Peset, Vincent Vives(nt. 49) 190–194; e J. Vallejo,Un cuarto de siglo, una historia,un anuario, in: Crónica jurídicahispalense 1 (2003) 388–418.

minazioni culturali che, provenienti in quegli anni soprattutto dallascuola francese delle Annales, ne avrebbero alterato l’identità.Identità: ecco il punto.

Egli ricostruendo il discorso giuridico, il percorso dal quale sierano formati gli ordinamenti e le istituzioni, non parlava del dirittodi un tempo lontano, ma di un diritto attuale che disciplinavaquotidianamente ogni aspetto della vita sociale. Allo storico quindiaffidava il compito delicato di ricordare e di selezionare ciò chepoteva concorrere alla formazione della memoria e dell’identità delgiurista e ciò che ancora una volta era da condannare all’oblio.

Se allora gli ordinamenti, o più esattamente le istituzioni,divenivano l’oggetto di uno studio rigoroso, condotto con unasensibilità giuspositivistica e, sostanzialmente di tipo dogmatico, ildiscorso dello storico del diritto non era più rivolto ad indagaree sottolineare le fratture, ma le »persistenze«. Lo studio delle isti-tuzioni permetteva infatti, a differenza della storia dei sistemi o deidogmi giuridici inesorabilmente condannati ad essere entrambivittime delle trasformazioni temporali, di svolgere il filo che univail passato al presente. Solo le istituzioni presentano un nucleofondamentale che resiste al tempo e alla sua violenza. Solo realtàistituzionali come lo stato, l’individuo, la famiglia, la società con-cludeva García Gallo »sono sempre le stesse in tutti i popoli e intutti i tempi«.52

Anche nell’ambito del diritto indiano i problemi con cui lostorico del diritto era chiamato a confrontarsi non erano differentie la ridefinizione dell’identità disciplinare continuava ad essere ilsuo obiettivo principale. Tuttavia mentre in Spagna egli individua-va un fondatore, contribuiva a mitizzarne il profilo e si rappresen-tava, attraverso un preciso progetto metodologico incarnato anchein una rivista, come suo erede, nell’America centro-meridionalel’assenza di una scuola formata nel rispetto di un rigoroso metodogiuridico, lo portava a proporsi come il vero fondatore del dirittoindiano.53

Negli stessi anni in cui aveva pronunziato e dato alle stampela conferenza su Historia, derecho e historia del derecho, GarcíaGallo pubblicava due articoli di storia della storiografia in cuisottoponeva ad una attenta critica, che anni dopo definì »co-struttiva«, le metodologie impiegate dagli storici del diritto nellostudiare il derecho indiano.54 Pur riconoscendo la centralità el’importanza nella disciplina di Rafael Altamira e soprattutto di

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52 García Gallo, Historia, derechoe historia del derecho (nt. 21) 31.

53 Anche Tau Anzoátegui, El tejido(nt. 17) 28, sottolinea che la criticadi García Gallo alla storiografiaprecedente conduceva al ricono-scimento di una »situación de or-fanedad« negli studi di dirittoindiano in cui appariva che nep-pure Altamira e Levene avevanosvolto un »papel directivo«. Egliritiene che »cabría preguntarse si

este juicio no está impulsado porun excesivo rigor metodológico oacaso teñido de cierto recelo per-sonal«.

54 Gli articoli sono: Panorama actualde los estudios de historia del de-recho indiano (1952), e El desa-rollo de la historiografía jurídicaindiana (1953), ripubblicati inGarcía Gallo, Estudios (nt. 27),rispettivamente 37–62 e 11–35.Negli anni successivi ritornò spes-

so a trattare problemi a caratteremetodologico, ribadendo le tesigià espresse o precisando le sueposizioni. Particolarmente utileProblemas metodológicos (nt. 30)63–119; cfr. anche Metodología(nt. 19); Bases para una progra-mación de la enseñanza de la his-toria del derecho y en especial dela del derecho indiano (1972), in:id., Los origines (nt. 35) 1069–1102.

Ricardo Levene, anche egli come Hinojosa in Spagna »maestro detodos«, le aperture alla storia, alla sociologia, alla politica checaratterizzavano l’approccio dei due studiosi avevano pregiudicatoinesorabilmente anche l’oggetto dei loro stessi studi. Mancava inessi il senso giuridico, il riconoscimento della centralità del mo-mento giuridico, la volontà di studiarlo »con spirito e tecnica digiuristi«.55 »Se il diritto è un ordinamento, un sistema, senzacadere in eccessi dogmatici è necessario ricostruirlo, senza dubbioalcuno, sulla base delle sue tessere, ma cercando di caratterizzarlo,di evidenziare la sua natura, i suoi principi, la sua logica e dianalizzare le sue disposizioni. Come procede il giurista con il dirittovigente«.56

»La vocazione storica o sociologica della maggior parte deglistudiosi della storia del diritto indiano – aveva già scritto quindicianni prima – li porta ad attendere ai fenomeni sociali dimentican-dosi di quelli propriamente giuridici e a non valutarli per quelle chesono le loro caratteristiche, ma al contrario con criteri estranei aldiritto. La costruzione dogmatica, che costituisce il compito prin-cipale dei giuristi scientifici – si occupino del diritto romano,medievale o attuale – si è appena tentata. […] Lo studio dogmaticoè perfettamente compatibile con quello storico del diritto indiano,un compito che incombe ai giuristi e non agli storici che rimane nonrealizzato […] La Storia del Diritto deve essere per il giurista unmodo per conoscere il diritto, e non la storia o la sociologia. Perquesto deve essere studiata con metodo e tecnica giuridica«.57

Lo storico del diritto indiano era dunque tenuto ad impegnarsiper riscoprire la sua identità e quella della sua disciplina, e acontribuire alla formazione di una coscienza nazionale attraversola ricostruzione della storia del proprio »diritto positivo nazio-nale«. Poiché anche il diritto aveva una sua identità era necessarioleggerlo nella sua evoluzione, dimenticando le preoccupazionistoriche e sociologiche, e comprimendo l’attenzione predominanteper gli aspetti politici, sociali, economici.58 Di conseguenza anchela storia del diritto indiano, troppo a lungo affidata solo agli storicie lontana dalle attenzioni dei giuristi, doveva essere consideratauna disciplina scientifica, in quanto il diritto che ne era oggetto, piùche semplice tecnica, era vera scienza. Esso era un sapere neutrale eavalutativo in grado di tradurre in leggi e concetti giuridici valorigenerali, la cui legittimità si fondava sulla distanza che lo separavadal mondo violento della politica e degli scontri socioeconomici e

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55 García Gallo, Problemas meto-dológicos (nt. 30) 112. Ma già inHinojosa (nt. 25) CX egli avevaricordato che »le preoccupazionisociologiche« di Altamira »rele-gavano il diritto in secondo pia-no« e che »non era un ricercatoredel tipo di Hinojosa«. A questoproposito scrive Vallejo, La es-cuela de Hinojosa (nt. 48) 778,»Un investigador del tipo de Hi-nojosa de García Gallo es lo que

Altamira claramente no era. No esque relegase Altamira lo jurídico aun segundo plano, sino que de-fendía una posición metodológicaque entendía que hacer la historiadel derecho implicaba bastantemás que hacer la historia, estric-tamente del derecho; y no se tra-taba entonces de hacer sociología,sino de seguir haciendo historiadel derecho sin perder de vista sus

manifestaciones y condicionantesmás diversos«.

56 García Gallo, Problemas meto-dológicos (nt. 30) 112.

57 García Gallo, Panorama actual(nt. 54) 55 ss.

58 García Gallo, Problemas meto-dológicos (nt. 30) 107–119. Ilpasso citato è tratto da id., Basespara una programación (nt. 54)1078. Posizioni ribadite nel 1974recensendo l’Apologia della storiagiuridica (1973) di Bruno Paradisie criticando le aperture metodo-logiche in essa contenute, Cues-tiones de historiografía jurídica,in: AHDE 44 (1974) 741–752;una lettura comparata delle posi-zioni metodologiche di GarcíaGallo e Paradisi in: A. d’Ors,Sobre historiografía jurídica, in:AHDE 47 (1977) 799–811.

sulla capacità di costruirsi e rappresentarsi come un sistema unico,chiuso e autoreferenziale, in grado di trovare in sé la ragioneimmanente della propria verità. Anche il compito del giurista chesi accingeva a studiare il diritto indiano era quindi di »scoprire ilprocesso dinamico dell’evoluzione giuridica, conoscere l’essenza,caratteri e norme del sistema giuridico – e non gli aspetti socialirelazionati con il sistema stesso – e contemplare i suoi distintiaspetti o livelli che si trovano nelle Indie«.59

Tuttavia se l’obiettivo era quello di costruire un diritto nazio-nale o di individuare le matrici di un’identità giuridica che acco-munasse la Spagna alle sue antiche province indiane attraverso ilriconoscimento della centralità del diritto positivo statale e ilricorso ad una idea di sistema come strumento di unità e coor-dinamento tra fonti giuridiche diverse, i rischi di tale operazionemetodologica non erano pochi e la storiografia europea più sen-sibile aveva provveduto a denunciarli negli stessi anni in cui ilmaestro madrileno dava alle stampe, a Santiago del Cile, la suaMetodología.60

Le trasformazioni sociali ed economiche che attraversavano lesocietà di molti paesi europei imponevano un rinnovamento dellediscipline storico giuridiche e un riesame delle loro metodologie.Gli storici del diritto cominciavano a mettere in discussione iltradizionale approccio dogmatico istituzionale e l’idea di veritàche esso implicava. Tendevano a sovrapporre dimensione socialee dimensione giuridica.61 Riducevano quella distanza tra hecho ederecho che ancora García Gallo rivendicava come specificità deldiscorso giuridico, riconoscendo un’esistenza al mondo dei fattisolo nel momento in cui era sussunto nel testo giuridico. Spezza-vano l’identità necessaria tra testualità giuridica e ordinamentodell’esperienza e la stessa giuridicità del testo non appariva lorocome »una forma a priori dell’esperienza«, un dato oggettivo enaturale, ma il frutto dell’attività di uno storico che ha accettato lafrantumazione del proprio oggetto in una molteplicità di discorsi epratiche testuali diverse e che ha scelto di »assumere come oggettodi indagine una particolare catena testuale, un insieme di testiproduttivi di sapere intorno al diritto«.62 Paventavano infine ipericoli impliciti in una ricostruzione storica in cui il presupposto eil punto d’arrivo della ricerca si identificasse con un principio diordine e di unità e non con una ricerca della differenza e dellamolteplicità, e denunciavano con forza i rischi metodologici di

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59 García Gallo, Metodología(nt. 19) 132–133.

60 Per un’analisi dei limiti della sto-riografia giuridica italiana all’ini-zio degli anni settanta, impermea-bile alle suggestioni provenientidal marxismo e incapace di inter-cettare le tensioni e le inquietudiniche provenivano da una societàattraversata da forti scontri socialiv. A. Mazzacane, Problemi ecorrenti di storia del diritto, in:Studi Storici 3 (1976) 5–24; nellostesso torno d’anni, senza alcunapretesa di completezza, cfr. ancheP. Costa, Semantica e storia delpensiero giuridico, in: QuaderniFiorentini 1 (1972) 45–87;A. Schiavone, Storiografia giu-ridica e apologia del diritto mo-derno, in: Democrazia e Diritto 2(1973) 65–86; L. Berlinguer,Considerazioni su storiografia ediritto, in: Studi Storici 1 (1974)3–56; J. M. Scholz, HistorischeRechtshistorie. Reflexionen an-hand französischer Historik, in:Vorstudien zur Rechtshistorik(nt. 49) 1–175; A. Hespanha,A história do direito na históriasocial, Lisboa 1978; B. Clavero,Historia, ciencia, política del dere-

cho, in: Quaderni Fiorentini 8(1979) 5–58.

61 Cfr. i contributi raccolti in: Storiasociale e dimensione giuridica.Strumenti d’indagine e ipotesi dilavoro, a cura di P. Grossi, Mila-no 1986.

62 P. Costa, Saperi, discipline disci-plinamento: verso una ›nuova‹storia della cultura giuridica?, in:Annali della facoltà di giurispru-denza dell’Università di Macerata

2 (1989) 1002; cfr. anche le raffi-nate pagine di C. Petit, Oralidady escritura, o la agonía del métodoen el taller del jurista historiador,in: Historia, Istituciones, Docu-mentos 19 (1992) 355–358; e leproposte metodologiche in chiaveluhmanniana di A. Serrano Gon-zález, La Rata en el labirinto o laHistoria como observatorio jurí-dico, in: AHDE 62 (1992) 675–713.

una storia »giuridica« del diritto; di una storiografia rivolta allacostruzione di un diritto statale retrospettivo o di »una storio-grafia giuridica ridotta alla elaborazione dogmatica condotta suimateriali del passato, pertanto incapace di definire la propriaspecificità rispetto alle altre discipline giuridiche e incapace per-fino di riflettere efficacemente sugli schemi interpretativi da essaimpiegati«.63

4. Verso gli anni ’80

In una Spagna che cominciava a cambiare anche García Gallosembrava aprire lievemente all’Europa e al suo diritto comune, ericonoscere Il ruolo della scienza giuridica nella formazione deldiritto ispanoamericano dal secolo XVI al secolo XVIII, per citareuna sua relazione al Congresso della Società Italiana di Storia deldiritto tenutosi a Firenze nel 1973.64

Le aperture però sono più formali che sostanziali e la fedeltàall’impianto statualistico immutato. La comunicazione fiorentina,il cui titolo tradisce forse la volontà di rendere un omaggio allapatria del ius commune, contiene infatti un unico fugace riferi-mento al diritto comune, al quale è assegnato il ruolo di ispiratoredel diritto castigliano, ed è interamente costruita intorno allalegislazione, promulgata da un soggetto politico – il re – ed ese-guita da altri soggetti politici. Alla legge García Gallo continuavaad affidare il compito di disciplinare in ogni aspetto la vita nelleIndie, di imprimere i segni della cristianità e della giuridicità suiterritori indiani e sui suoi abitanti, e sempre alla legge egli sirivolgeva per individuare la soluzione, nel rispetto della giustiziae della legalità, degli infiniti problemi che la realtà americanaproduceva, in primo luogo proprio quello della difesa e dellaacculturazione delle popolazioni indigene. La scienza quindi pote-va giocare la sua partita solo prima della legge, preparandola,all’interno del Consejo de Indias attraverso un »riguroso planta-miento doctrinal«, e dopo la legge, facendola oggetto di studio inaltrettanto rigorosi trattati.65

Paradossalmente però mentre fondava sulla legge il suo siste-ma, esaltandone l’anelito religioso e insistendo sull’aspirazioneevangelizzatrice presente nelle leggi castigliane per ricordare almondo la saldezza morale dei sovrani cattolici e le differenze chel’espansione spagnola oltre Oceano presentava rispetto ad altre

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63 Mazzacane, Savigny e la storio-grafia giuridica (nt. 13) 41 e labibliografia ivi citata.

64 Si tratta del III Congresso inter-nazionale della Società italiana distoria del diritto, organizzato daBruno Paradisi, La formazionestorica del diritto moderno in Eu-ropa, i cui atti furono pubblicatiper i tipi di Olschki nel 1976 (3voll.). Sempre nel 1976 apparveun altro lavoro di sintesi di Gar-

cía Gallo, La penetración de losderechos europeos y el pluralismojurídico en la América Española,1492–1824, in: Index 6 (1976) 3–11. García Gallo aveva parteci-pato anche ai lavori del II Con-gresso della Società italiana distoria del diritto e un suo contri-buto, Los problemas de edición delas fuentes del derecho local es-pañol, è presente negli Atti, La

critica del testo, vol. 1, Firenze1971, 245–256.

65 García Gallo, La ciencia jurídi-ca en la formación del derechohispanoamericano en los siglosXVI al XVIII (1973), in: Estudios(nt. 27) 158–200.

imprese di conquista, il maestro spagnolo non poteva evitare diarenarsi nelle secche di uno sterile giuspositivismo e nelle griglieinterpretative di un modello statualistico che lo privava di unangolo di osservazione privilegiato del mondo di antico regime.Il ricorso esclusivo a categorie normative e ad un immaginariostatocentrico era incompatibile con la ricchezza delle pratichegiuridiche premoderne, con la molteplicità degli ordini normativi,morali, teologici religiosi, che condividevano il medesimo spaziodel diritto e ai quali lo stesso diritto era inevitabilmente subordi-nato.66 Non solo quindi questo modello ›moderno‹ di stato, nellostesso tempo punto di avvio della ricerca e suo ultimo obiettivo,gli impediva di cogliere i diversi livelli delle operazioni giuridichedella conquista, e gli permetteva di disinteressarsi della realtàeffettuale e della sua violenza, ma gli ostacoli epistemologici cheintroduceva – centralità, legalismo, concentrazione del potere –erano tali da impedire di comprendere che quel tessuto morale ereligioso poteva essere la chiave per cogliere il significato giuridicodei circuiti che univano il pontefice, i sovrani di Castiglia, i con-quistadores, i nativi, per leggere i testi (anche quelli legislativi) chequei circuiti producevano e per ricostruire le strategie di controlloche li percorrevano.67

Pochi anni dopo nel 1977 in un articolo dedicato alla condi-zione giuridica delle popolazioni indigene, cui ho accennato nellepagine precedenti, García Gallo sentì l’esigenza di ribadire l’op-portunità di porre la legislazione al centro dell’esperienza giuridicaspagnola, preoccupandosi di rispondere alle critiche metodologi-che che cominciavano ad essergli avanzate da una nuova storio-grafia più attenta »a la situación de hecho« che al »derecho« e allesue rappresentazioni formalistiche. »Per mezzo del diritto, attra-verso le sue norme ben intenzionate, i governatori spagnoli, nelmomento in cui il mondo intero era privo della minima esperienzanella gestione di popoli di scarsa cultura e nella convivenza conquelli ed erano nulle le conoscenze antropologiche, provarono arisolvere problemi che non poche volte, per la loro complessità egrandezza, non riuscirono ad arginare«. Di fronte a questo sforzotitanico non è giusto, quindi, continua García Gallo »sottolinearesolo ciò che le leggi indiane non poterono evitare, o i mali che perun effetto imprevedibile, nonostante i loro buoni propositi, pote-rono causare. Ciò che è giusto è anche sottolineare e avvalorare,quello che esse conseguirono, benché non fosse tutto quello che

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66 B. Clavero, Antidora. Antropo-logía católica de la economíamoderna, Milano 1991; A. M.Hespanha, La economía de lagracia, in: id., La gracia del de-recho, trad. spagn. Madrid 1993,152; Grossi, L’ordine giuridicomedievale (nt. 2). Con riferimentoall’esperienza giuridica indiana,T. Herzog, Sobre la cultura jurí-dica en la América colonial [siglosXVI–XVIII], in: AHDE 65 (1995)

903–912; Nuzzo, Il linguaggiogiuridico della Conquista (nt. 28).

67 Petit, Oralidad y escritura (nt. 62)347; cfr. anche A. M. Hespanha,A historiografia juridico-institu-cional e »a morte do Estado«, in:Anuario de filosofia del derecho 3(1986) 191–227.

avevano preteso. Il fatto che si tutelasse la popolazione indigena,che sia giunta fino ai nostri giorni, che non fosse stata annichilitao schiavizzata come in tante altre parti del mondo, che si elevasseil suo livello culturale – nel modo limitato in cui uno Stato lontanoe una minoranza di spagnoli poterono realizzare in un mondoimmenso come quello americano – si deve all’osservanza dei pre-cetti del diritto indiano«.68

Parole certo oggi inaccettabili storiograficamente e politica-mente. Ma anche parole che, scritte nella Spagna del 1977, testi-moniano la malinconia di chi temeva, attraverso i segnali che unanuova storiografia giuridica cominciava a lanciare, la disintegra-zione del proprio mondo politico culturale, e l’orgogliosa rivendi-cazione della diversità e della grandezza spagnola. In una Spagnacondizionata da opzioni culturali e religiose di carattere conser-vatore e sottoposta al revancismo della dittatura franchista, anchela storiografia giuridica era stata chiamata a partecipare all’edifi-cazione del mito dell’hispanidad, costruendo una storia giuridicanazionale resistente agli influssi e alle contaminazioni europee.69

Da questa prospettiva quindi non appare un caso che i più impor-tanti storici del diritto spagnoli dagli anni trenta fino alla fine deglianni settanta si siano concentrati soprattutto sul momento legisla-tivo, esaltandone la centralità e l’efficacia e che, sia le aperture adun rinnovamento metodologico, sia la nuova centralità riconosciu-ta al diritto comune e al ruolo della dottrina nella produzione deldiritto, al pari di quanto accadeva nelle altre narrazioni storio-grafiche europee, siano state possibili, per lo più, solo con il mutaredelle condizioni politiche.70

Nel 1977 infatti dalle pagine di una pubblicazione del MaxPlanck di Francoforte, i fratelli Peset, e, due anni dopo, da quelledei Quaderni Fiorentini, Bartolomé Clavero, sottoposero ad unadura critica l’impostazione »istituzionale« di García Gallo e rivi-sitarono l’immagine della scuola di Hinojosa che egli aveva im-posto. L’accento tornava a battere sulla dimensione storica delfenomeno giuridico, sulle sue connessioni con la realtà sociale ela struttura economica e si individuava proprio nell’esaltazionenazionalistica della diversità ispanica e nella dilatazione del mo-mento legislativo le cause principali dei ritardi storiografici e del-l’indifferenza verso un fenomeno europeo come quello del dirittocomune e verso la storia costituzionale spagnola del secolo XIX.71

E se García Gallo ancora nel 1979 insisteva nel rimanere fedele ad

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68 García Gallo, La condiciónjurídica (nt. 35) 756.

69 García Gallo, Manual (nt. 43)129–130, v. n. 45.

70 Cfr. l’analisi di J. M. Scholz,Zum Forschungsstand der neue-ren Rechtsgeschichte Spaniensund Portugals, in: Zeitschrift fürneuere Rechtsgeschichte 3/4(1980) 164–187.

71 J. L. y M. Peset, Vincent Vives(nt. 49) 235–243; M. Peset,

Prólogo, in: A. Pérez Martín,J. M. Scholz, Legislación y juris-prudencia en la España de antiguorégimen, Valencia 1978, VIII–XII;cfr. più recentemente lo scritto diMariano Peset che precede (IX–CIII) l’edizione da lui curata diuno dei testi più significativi diHinojosa, El régimen señorial yla cuestión agraria en Cataluñadurante la edad media (1905),Pamplona 2003; B. Clavero,

Historia, ciencia, política del de-recho (nt. 60) 5–58. Già nella pri-ma metà dei settanta si possonoavvertire i primi segnali di un rin-novamento metodologico, v. il la-voro dello stesso B. Clavero, Lahistoria del derecho ante la histo-ria social, in: Historia, Institucio-nes, Documentos 1 (1974) 239–261. La stessa rivista siviglianaHistoria, Instituciones, Documen-tos che faceva capo a MartínezGijón costitituì uno dei luoghitestuali dove la trattazione di pro-blemi metodologici e di nuove te-matiche potette essere affrontatacon una libertà forse non ancorapossibile a Madrid nell’Anuario.

una storia di tipo istituzionalistico ed attribuiva la poca attenzionededicata al diritto comune in Spagna alla centralità della compo-nente germanica del diritto altomedievale spagnolo,72 poco tempodopo uno dei suoi più brillanti allievi Francisco Tomás y Valiente(1932–1996), compì un altro passo importante nel processo di re-visione della metodologia del maestro che egli stesso aveva iniziatocinque anni prima con un saggio il cui titolo parafrasava quellodella famosa conferenza romana di García Gallo. In esso Tomás yValiente affermò che non solo non era possibile fare storia deldiritto così come il maestro castigliano aveva pensato nel 1952, maanche che tutta »la direzione verso cui García Gallo aveva orien-tato teoricamente la Storia del Diritto in Spagna, vista soprattuttodalla triplice prospettiva del Manuale, dei suoi propri fondamenti edella globale caratterizzazione dell’Anuario, non sembrava con-vincente«.73

La storia circolare che ho provato a raccontare si avvia verso lasua conclusione e dunque verso il suo inizio. Ma mancano ancoradue passaggi fondamentali.

Il primo nel 1986 in Murcia. Nell’anno in cui la Spagna en-trava in Europa, Helmut Coing presentò al I Simposio Interna-cional del Instituto de Derecho Común una relazione significa-tivamente intitolata España y Europa, un pasado jurídico comúnin cui riconosceva la fine della diversità ispanica e la parteci-pazione anche della cultura giuridica spagnola alla storia europea.Il direttore del più prestigioso istituto europeo, il Max-Planck-Institut für europäische Rechtsgeschichte di Francoforte, permet-teva alla Spagna di accedere alla memoria condivisa dell’anticodiritto comune, e attestava il ruolo svolto dai teologi spagnoli delXVI secolo nel percorso verso l’edificazione del sistema giuridico ela trasformazione del diritto in scienza giuridica.74 Certo, la storiaraccontata dal direttore del Max Planck, come ha scritto fero-cemente Douglas Osler, non era altro che »the old translatio studiiwith a few superficial patches to cover its nakedness, a few sops tothe peddlers of unstable legal currency«.75 Un’ennesima riprosi-zione in chiave germanocentrica del mito della storia del dirittoeuropeo, che nasce in Italia, si sviluppa in Francia, si perfeziona inOlanda e si conclude con il trionfo della pandettistica in Germania.Ma Coing, per i suoi ospiti spagnoli, vi introdusse una significativavariante: certificò l’esistenza del diritto comune nel patrimoniogiuridico spagnolo, legittimando il lavoro svolto negli ultimi anni

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72 A. García Gallo, El derecholocal y el común en Cataluña,Valencia, Mallorca, in: AA.VV.,Diritto comune e diritti locali nellaStoria d’Europa, Milano 1980,229–249; lievi aperture in due ar-ticoli successivi, Notas sobre ladinámica del derecho, in: AA.VV.,Liber Amicorum. Profesor DonIgnacio de la Concha, Oviedo1986, 247–251; Historia del de-recho y cultura, in: AA.VV., Estu-dios jurídicos en homenaje almaestro Guillermo Floris Marga-dant, México, D. F. 1988, 155–161.

73 F. Tomás y Valiente, Historia delderecho e historia (1976), in: id.,Obras completas, vol. VI, Madrid1997, 3285–3298. Il testo di To-más y Valiente da cui si è estra-polato il passo citato è Nuevasorientaciones de la historia delderecho en España (1981), in: id.,

Obras completas, cit., 3640. Nonmancavano però autorevoli ag-giustamenti e difese del métodoinstitucional; cfr. per tutti i saggidi J. A. Escudero pubblicati trail 1965 e il 1971, poi raccolti inHistoria del derecho: historiogra-fía y problemas, Madrid 1973;una sintesi ora in: id., Curso dehistoria del derecho. Fuentes e in-stituciones politico-administrati-vas, Madrid 1985, 3–43.

74 H. Coing, La contribución de lasnaciones europeas al derecho co-mún, in: A. Pérez Martín, Es-paña y Europa, un pasado jurídicocomún. Actas I Simposio Interna-cional del Instituto de DerechoComún, Murcia 1986, 45–61.

75 D. J. Osler, The Myth of Euro-pean Legal History, in: Rechtshis-torisches Journal16 (1997)403 ss.;Id. The Fantasy Men, in: Rechts-geschichte 10 (2007) 169–192.

dagli storici del diritto iberici, e ammise all’interno del racconto icampioni della seconda scolastica. Il diritto spagnolo era finalmen-te parte della storia giuridica dell’Europa continentale.

Il secondo passaggio è datato 1989 e si svolse in Toscana, doveun convegno organizzato dal Centro di studi per la storia delpensiero giuridico moderno, sotto la direzione di Paolo Grossi,Hispania entre derechos propios y derechos nacionales, permisealla storiografia spagnola di »autopresentarsi sulla scena giuridicaeuropea«, e di sottoporsi ad una sorta di psicoterapia di gruppo difronte ai colleghi italiani.76 Nella relazione introduttiva infattiTomás y Valiente non solo portò a compimento il processo dirivisitazione metodologica delle posizioni concettuali di GarcíaGallo iniziato nel 1976, ma incrinò definitivamente la rappresen-tazione della scuola di Hinojosa che il maestro madrileno avevadiffuso, disvelando le manipolazioni ideologiche cui era statasottoposta e arrivando sostanzialmente a mettere in discussionel’esistenza stessa di una scuola di Hinojosa e successivamente diGarcía Gallo.77 Nel secondo volume compare invece un’altra im-portante relazione che ci permette di integrare il piano metodolo-gico con quello contenutisco e ci riconduce nelle Indie, nel luogo,cioè, dal quale siamo partiti. Non era sfuggita agli organizzatoridell’incontro l’importanza di complicare le immagini di Hispaniaindagando le sue proiezioni giuridiche nei territori d’oltre Oceano.Si era affidato così alla sapienza di Victor Tau Anzoátegui il com-pito di illustrare l’allora esoticissimo derecho indiano ed i suoirapporti con il diritto castigliano e il diritto comune. E Tau, attra-verso il filtro della relazione murciana di Coing del 1986, primacitazione, e l’utilizzo della sua autorità per ribadire il rinnovatointeresse verso la diffusione del diritto comune nel mondo ispanico,sostenne che fosse impossibile comprendere e descrivere il dirittocomune in Spagna »senza tenere in debito conto la sua espansionenello spazio atlantico«.78 Dopo il diritto e i giuristi castiglianianche il derecho indiano e i suoi protagonisti chiedevano di farparte della storia giuridica europea. Vi era un »unico sistema giu-ridico di radice europea continentale«, »un’unica unità di studio«in cui si integravano diritto comune, diritto castigliano, dirittoindiano. García Gallo ed i suoi innumerevoli lavori continuavanoa fornire a Tau Anzoátegui le coordinate metodologiche e l’im-magine insostituibile di un sistema con funzione centripeta, mal’oggetto di quelle coordinate e di quel sistema appariva dalla

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76 Hispania. Entre derechos propiosy derechos nacionales (2 voll.), acura di B. Clavero, P. Grossi,F. Tomás y Valiente, Milano1990. L’espressione tra virgolette èdi P. Cappellini, Le Spagne deldiritto, in: Rivista di storia deldiritto italiano 62 (1989) 505–517; cfr. anche la recensione diA. Serrano González, Hispa-nia, después de entonces, in:AHDE 60 (1990), 633–654.

77 F. Tomás y Valiente, Escuelas ehistoriografía en la historia delderecho español (1960–1985), in:Hispania (nt. 76) 11–46; poi id.,Eduardo de Hinojosa y la historiadel derecho en España, in: AHDE63–64 (1993–1994) 1065–1088;cfr. l’intervento anche di un altroallievo di García Gallo, J. Sán-chez Arcilla Bernal, Jacobus idquod ego. Los caminos de la cien-

cia jurídica, Madrid 2003, 7–19;48–68.

78 V. Tau Anzoátegui, El derechoindiano en su relación con losderechos castellano y común, in:Hispania (nt. 76) vol. 2, 572–591.

relazione del maestro argentino ben più complesso di quanto nonlo fosse nei lavori dello storico del diritto madrileno.

Il diritto comune, via Madrid, era ormai sbarcato nelle Indie.Il Congresso toscano ne prendeva atto, attestava pubblicamentel’ingresso del derecho indiano nella grande storia del diritto euro-peo e rendeva possibili nuove narrazioni.

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