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147 RASSEGNE PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO / a. V, n. 2, agosto 2001 La discalculia evolutiva Daniela Lucangeli (Università di Padova) Patrizio Tressoldi (Università di Padova) In questo lavoro vengono presentate le informazioni necessarie per definire la sintomatologia, i processi cognitivi sottostanti, la diagnosi e le linee di intervento per il recupero della discalculia evolutiva. Partendo da una analisi critica delle direttive diagnostiche dell’ICD-10 e del DSM-IV viene offerta una panoramica dello sviluppo delle teorie cognitive relative allo sviluppo delle abilità di cal- colo e ai modelli di interpretazione del disturbo di apprendimento. Vengono inoltre presentati gli strumenti di valutazione presenti sul mercato italiano e le loro caratteristiche per definire il distur- bo di calcolo e le linee di un intervento di recupero dopo una breve rassegna degli studi che si sono occupati di questo. 1. Introduzione Nell’ambito degli studi inerenti alla psicologia clinica dello sviluppo, un’area di indagine riguarda i disturbi specifici dell’apprendimento. La let- teratura è particolarmente ricca di ipotesi e modelli interpretativi relativi alle diverse tipologie di disturbo. L’analisi dei disturbi dell’elaborazione numerica e del calcolo, definita più propriamente con il termine di discalculia evolutiva, rientra in tale area di indagine, ed è proprio ad essa che questa rassegna si riferisce. In particolare, lo scopo di questa rassegna è quello di ricostruire il filo degli studi che si sono occupati della discalulia evolutiva tentando di definirne gli aspetti clinici, i processi cognitivi e neuropsicologici, le meto- dologie diagnostiche e le possibili linee di intervento riabilitativo. Poiché tali studi presentano un panorama complesso e non lineare di ipotesi e in- terpretazioni, la presente rassegna prende in esame gli aspetti cruciali del dibattito contemporaneo sulla natura e sulle caratteristiche della di- scalculia evolutiva, evidenziandone tre diversi aspetti nodali: – cosa si intenda e quali ipotesi possano spiegare le caratteristiche cognitive e neuropsicologiche del disturbo di calcolo; le metodologie diagnostiche; le possibilità di intervento riabilitativo. 2. La discalculia evolutiva: definizione e classifica- zione Come già evidenziato, la discalculia evolutiva può essere considerata un disturbo specifico dell’apprendimento. Definirne le caratteristiche impli-

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La discalculia evolutivaR A S S E G N E

PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO / a. V, n. 2, agosto 2001

La discalculia evolutivaDaniela Lucangeli (Università di Padova)Patrizio Tressoldi (Università di Padova)

In questo lavoro vengono presentate le informazioni necessarie per definire la sintomatologia, iprocessi cognitivi sottostanti, la diagnosi e le linee di intervento per il recupero della discalculiaevolutiva. Partendo da una analisi critica delle direttive diagnostiche dell’ICD-10 e del DSM-IV vieneofferta una panoramica dello sviluppo delle teorie cognitive relative allo sviluppo delle abilità di cal-colo e ai modelli di interpretazione del disturbo di apprendimento. Vengono inoltre presentati glistrumenti di valutazione presenti sul mercato italiano e le loro caratteristiche per definire il distur-bo di calcolo e le linee di un intervento di recupero dopo una breve rassegna degli studi che sisono occupati di questo.

1. Introduzione

Nell’ambito degli studi inerenti alla psicologia clinica dello sviluppo,un’area di indagine riguarda i disturbi specifici dell’apprendimento. La let-teratura è particolarmente ricca di ipotesi e modelli interpretativi relativialle diverse tipologie di disturbo.

L’analisi dei disturbi dell’elaborazione numerica e del calcolo, definitapiù propriamente con il termine di discalculia evolutiva, rientra in tale areadi indagine, ed è proprio ad essa che questa rassegna si riferisce.

In particolare, lo scopo di questa rassegna è quello di ricostruire ilfilo degli studi che si sono occupati della discalulia evolutiva tentando didefinirne gli aspetti clinici, i processi cognitivi e neuropsicologici, le meto-dologie diagnostiche e le possibili linee di intervento riabilitativo. Poichétali studi presentano un panorama complesso e non lineare di ipotesi e in-terpretazioni, la presente rassegna prende in esame gli aspetti crucialidel dibattito contemporaneo sulla natura e sulle caratteristiche della di-scalculia evolutiva, evidenziandone tre diversi aspetti nodali:

– cosa si intenda e quali ipotesi possano spiegare le caratteristichecognitive e neuropsicologiche del disturbo di calcolo;

– le metodologie diagnostiche;– le possibilità di intervento riabilitativo.

2. La discalculia evolutiva: definizione e classifica-zione

Come già evidenziato, la discalculia evolutiva può essere considerataun disturbo specifico dell’apprendimento. Definirne le caratteristiche impli-

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

ca dunque definire anche le caratteristiche generali dei distubi specificidell’apprendimento.

In termini generali, la definizione proposta da Hammill (1990), sullabase dell’intesa a cui sono giunte numerose associazioni di ricerca ed inter-vento nel campo dei disturbi d’apprendimento, sostiene che:

learning disability (L.D.) si riferisce ad un gruppo eterogeneo di disturbi manifesta-ti da significative difficoltà nell’acquisizione e nell’uso di abilità di ascolto, espres-sione orale, lettura, ragionamento e matematica, presumibilmente dovuti a disfun-zioni del sistema nervoso centrale. Possono coesistere con la L.D. problemi neicomportamenti di autoregolazione, nella percezione sociale e nell’interazione so-ciale, ma non costituiscono di per sé una L.D. Le «Learning Disabilities» possonoverificarsi in concomitanza con altri fattori di handicap o con influenze estrinseche(culturali, d’istruzione, ecc.) ma non sono il risultato di quelle condizioni o influen-ze (p. 77).

In sintesi la L.D. viene a raccogliere una gamma diversificata di pro-blematiche nello sviluppo cognitivo e nell’apprendimento scolastico, nonimputabili primariamente a fattori di handicap mentale grave e definibili inbase al mancato raggiungimento di criteri attesi di apprendimento (per iquali esista un largo consenso) rispetto alle potenzialità generali del sog-getto (Cornoldi, 1991, 1999).

Per passare dunque dai termini generali delle caratteristiche che ladiscalculia evolutiva condivide con le altre tipologie di L.D., alle caratteri-stiche specifiche che ne distinguono la natura, è necessario riferirsi alleindicazioni date dai due sistemi internazionali più usati per la definizione ela classificazione dei disturbi stessi: l’ICD-10 (International Classificationof Diseases, dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) e il DSM-IV (Dia-gnostic System Manual, dell’Associazione Psichiatri Statunitensi).

Secondo quanto indicato nell’ICD-10 ed in accordo con quanto de-scritto nel DSM-IV, i sintomi delle difficoltà aritmetiche sono:

– incapacità di comprendere i concetti di base di particolari opera-zioni;

– mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici;– mancato riconoscimento dei simboli numerici;– difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard;– difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema

aritmetico che si sta considerando;– difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali

o simboli durante i calcoli;– scorretta organizzazione spaziale dei calcoli;– incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le «tabelline» del-

la moltiplicazione.

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La discalculia evolutiva

Come si può riconoscere già da una prima analisi degli aspetti indivi-duati, sotto un’unica classificazione del disturbo sono rappresentate unaserie di difficoltà che interessano aspetti molto differenti: dalla compren-sione dei simboli aritmetici, alla comprensione del valore quantitativo deinumeri; dalla scelta dei dati per la soluzione di un problema, all’allinea-mento in colonna; dalla semplice memorizzazione di combinazioni tra nu-meri (come nel caso delle tabelline), all’uso competente delle proceduredi calcolo.

Da un punto di vista teorico dunque, è necessario domandarsi qualesia la natura delle diverse difficoltà evidenziate. Se infatti ognuna di que-ste difficoltà può incidere negativamente sull’apprendimento dell’abilità dicalcolo, è possibile inferire che derivino da un’unica base neuropsicologi-ca, cognitiva o di altro genere?

Analizzando lo stato delle conoscenze sulle funzioni alla base del si-stema del calcolo, scopriremo che anche la stessa abilità di calcolo,come la lettura e la scrittura, sembra dipendere da una serie molto com-plessa di competenze cognitive e neuropsicologiche.

3. Ipotesi e modelli cognitivi e neuropsicologici

Come evidenziato da diversi autori (Cornoldi e Pra Baldi, 1988; Butter-worth, 1999; Lucangeli, 1999), il dibattito contemporaneo inerente alla na-tura dei disturbi dell’elaborazione numerica e del calcolo presenta un pano-rama di ipotesi ed interpretazioni assai complesso ed eterogeneo.

Volendo delineare in sintesi le principali ipotesi al riguardo ne risultaun profilo piuttosto articolato, che riportiamo qui di seguito evidenziando-ne via via le definizioni e le cause di difficoltà individuate.

Fin dal 1967 Johnson e Myklebust descrivevano i soggetti con disa-bilità nell’area del calcolo in termini di bambini con difficoltà visuo-moto-rie, di orientamento, di effettuazione di stime di tempo e di distanza, conimmaturità sociale e scarsa autonomia nell’esecuzione di altre attività. Intermini molto analitici gli autori individuavano diverse tipologie di difficoltàcaratterizzate dall’incapacità di: stabilire una corrispondenza uno a uno;riconoscere la relazione tra simbolo e quantità; associare i simboli uditivi(nomi dei numeri) e visivi; apprendere i sistemi cardinale ed ordinale di nu-merazione e conteggio; visualizzare raggruppamenti di oggetti inclusi inun insieme più ampio; comprendere il principio della conservazione dellaquantità; eseguire le operazioni aritmetiche; comprendere il significatodei segni di operazione; capire la disposizione dei numeri su un foglioscritto; seguire e ricordare la sequenza di fasi che devono essere usatenelle diverse operazioni matematiche; comprendere i principi della misu-

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

ra; leggere carte geografiche e grafici; scegliere i principi adatti per risol-vere i problemi aritmetici (aggiungere, sottrarre, ecc.).

A partire da tale minuziosa elencazione di diverse difficoltà riscontra-bili nel disturbo del calcolo, in letteratura sono state molteplici le defini-zioni di discalculia evolutiva, in riferimento a specifiche ipotesi di «incom-petenze» cognitive e/o neuropsicologiche.

Cohn (1968, 1971) ha definito la discalculia come un «ritardo nell’ac-quisizione delle capacità numeriche», caratterizzata dall’incapacità di svi-luppare le facoltà di riconoscere i simboli numerici, di ricordare le opera-zioni basilari o l’uso di simboli (operatori, separatori), di richiamare allamemoria le tabelline e i numeri di riporto delle moltiplicazioni, di mantene-re l’ordine proprio dei numeri durante il calcolo.

Kosc (1974) ha definito «discalculia» un disordine specifico dell’ap-prendimento dei numeri, con probabile origine in una alterazione del siste-ma nervoso centrale, non accompagnato da difficoltà mentali generali,ma frequentemente associato ad altri disturbi della funzione simbolica,come la dislessia e la disgrafia. In particolare, Kosc distingue 6 tipi di di-scalculia dello sviluppo:

1) verbale, legata all’uso del linguaggio orale dei termini matematici;questa difficoltà è spesso confusa con alcuni sintomi dell’afasia;

2) protognostica, legata alla manipolazione quantitativa degli oggettie degli insiemi;

3) lessicale, che riguarda la lettura dei simboli matematici;4) grafica, che riguarda la scrittura dei simboli matematici;5) ideognostica, o concettuale, che riflette una incapacità a com-

prendere le idee e le relazioni matematiche e nel fare calcoli mentali;6) operazionale, che è un disturbo nell’abilità di eseguire le operazio-

ni ed include lo scambio di operazioni e la sostituzione di operazioni sem-plici per quelle più complesse (cfr. Lucangeli, 1999).

Rourke e Strang (1983) hanno rilevato difficoltà nell’organizzazionespaziale, difficoltà nel dettaglio visivo, errori di procedimento, di persevera-zione, difficoltà grafo-motorie, problemi di memoria, errori di giudizio e diragionamento, ipotizzando deficit neuropsicologici alla base del disturbo.

Badian (1983) ha ripreso tre categorie proposte da Hecaen, Angeler-gues e Houllier (1961) (alessia e/o agrafia per i numeri, acalculia spazia-le, anaritmetria) e, attraverso l’analisi degli errori aritmetici commessi daibambini, ha introdotto un’ulteriore categoria: la discalculia attenzionale-se-quenziale caratterizzata da inaccuratezza nell’addizionare e nel sottrarre,nel ricordare le tabelline e nel considerare il riporto o la virgola. Se, adesempio, i soggetti con tale disturbo hanno appena concluso un’addizio-ne, è molto probabile che essi tendano ad eseguire l’esercizio successivorifacendo un’addizione, ignorando il fatto che è chiaramente segnato un

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La discalculia evolutiva

altro simbolo matematico. Questa tipologia di errore è frequentementeosservata anche in bambini con deficit dell’attenzione e iperattività.

Ajuriaguerra e Marcelli (1982) hanno ipotizzato l’esistenza di cinquecomponenti della discalculia evolutiva: difficoltà di apprendimento del cal-colo, agnosia delle dita, incapacità di distinguere tra destra e sinistra, di-sgrafia, aprassia costruttiva.

Se gli studi fin qui citati si riferiscono principalmente a descrizioni ea classificazioni della discalculia evolutiva, ipotizzandone le basi in struttu-re cognitive e neuropsicologiche (per una sintesi comparata vedi tab. 1),le ricerche recenti, più che a tali classificazioni del disturbo, si riferisconoai modelli neuropsicologici di elaborazione della conoscenza numerica edel calcolo sviluppati prevalentemente dallo studio di soggetti adulti(Ashcraft, 1992; McCloskey 1992; Dehane e Changeux, 1993), eviden-ziandone le caratteristiche anche nei bambini.

Ricerche più recenti di Temple (1989, 1991, 1997), Sokol, Macarusoe Gollan (1994), Macaruso e Sokol (1999) che hanno focalizzato l’atten-zione non tanto ai meccanismi coinvolti nel calcolo in soggetti adulti ben-sì in età evolutiva, si ispirano ad esempio al modello neuropsicologicomodulare di McCloskey.

Secondo questi autori le competenze di processazione numerica di-pendono da diverse componenti cognitive (comprensione, produzione ecalcolo). In particolare, secondo il modello proposto, la rappresentazionementale della conoscenza numerica, oltre ad essere indipendente da altrisistemi cognitivi, è strutturata in tre moduli a loro volta distinti funzional-mente. Il sistema di comprensione trasforma la struttura superficiale dei

TAB. 1. Classificazione dei diversi tipi di discalculia

Autore Difficoltà segnalate

Kosc Operazionale Lessicale Concettuale GraficaCohn Ricordare Riconosc. Mantenere Richiamare

operazioni simboli ordine tabellinedei numeri

Rourke, Strang Procedimento Memoria Visuo- Grafo-spaziali motorie

Badian Attenzionale- Alessia Ricordo Acalculia Agrafiasequenziale numeri tabelline spaziale numeri

Ajuriaguerra, Apprendimento Difficoltà DisgrafiaMarcelli calcolo spaziali;

Aprassiacostruttiva

Temple Discalculia Dislessia Discalculiaprocedurale cifre fatti

aritmetici

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

numeri (diversa a seconda del codice, verbale o arabo) in una rappresen-tazione astratta di quantità. Il sistema del calcolo assume questa rappre-sentazione come input, per poi manipolarla attraverso il funzionamento ditre componenti: i segni delle operazioni, i «fatti aritmetici» o operazionibase e le procedure del calcolo. I meccanismi di produzione rappresenta-no l’output del sistema del calcolo, forniscono cioè le risposte numeriche.Secondo tale modello, nella produzione e nella comprensione dei numeriintervengono meccanismi lessicali e sintattici, tra loro indipendenti, re-sponsabili rispettivamente dell’elaborazione delle singole cifre contenutenel numero e dell’elaborazione dei rapporti fra le cifre che costituiscono ilnumero. Più precisamente, l’elaborazione di un numero comporta inizial-mente una sua rappresentazione concettuale o semantica, tramite cuivengono identificati tutti gli elementi che costituiscono il numero, specifi-cando per ciascuno di essi le informazioni relative alla quantità e all’ordi-ne di grandezza. Tali informazioni regolano il lessico dei numeri e sono instretta interdipendenza con la sintassi che regola i numeri stessi (valoreposizionale delle cifre).

In sintesi, i modelli cognitivi e neuropsicologici (per una rassegna sivedano Butterworth, 1999; Lucangeli, 1999), hanno come obbiettivo prin-cipale quello di identificare l’architettura generale del sistema di elabora-zione del numero e del calcolo, e descrivono un sistema complesso incui la disfunzione di alcune parti si può tradurre in specifiche difficoltà dicalcolo.

Ad esempio, l’osservazione degli errori commessi da bambini con dif-ficoltà di calcolo, ha permesso alla Temple (1991, 1997) di descriveretre tipi di discalculia evolutiva in linea con il modello di McCloskey:

1) La dislessia per le cifre è caratterizzata da difficoltà nell’acquisi-zione dei processi lessicali sia nel sistema di comprensione del numeroche di produzione del calcolo. Temple descrive al riguardo il caso di unbambino discalculico di 11 anni. L’analisi degli errori commessi in compitidi ripetizione, scrittura e lettura, sia di numeri arabici, che di numeriespressi in codice verbale, evidenzia uno specifico pattern di errore. Glierrori sono del tipo:

34 = sessantasei;1 = nove;8483 = ottomilaquattrocentoottantaquattroLa processazione sintattica risulta completamente intatta, mentre ri-

sulta compromessa la processazione lessicale preposta alla selezione eal recupero dei singoli elementi lessicali. Tali evidenze permettono di for-mulare alcune ipotesi sull’organizzazione della processazione numerica inetà evolutiva:

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La discalculia evolutiva

– il lessico dei numeri costituisce un ambito autonomo rispetto al lin-guaggio;

– i meccanismi di processazione lessicale sono funzionalmente indi-pendenti dai meccanismi di processazione sintattica;

– l’accesso lessicale, è influenzato dalla posizione;– i «dici» o «tens», i numeri dall’11 al 19, costituiscono una classe

lessicale distinta.

2) La discalculia procedurale è caratterizzata da difficoltà nell’acqui-sizione delle procedure e degli algoritmi implicati nel sistema del calcolo.Temple descrive il caso di un ragazzo discalculico di 17 anni che non pre-senta nessun tipo di difficoltà nell’area della processazione numerica (let-tura e scrittura di numeri arabici, lettura e scrittura di numeri espressi incodice verbale), e neppure nella conoscenza dei fatti aritmetici, ma la cuicapacità di applicare correttamente le procedure di calcolo risulta moltocompromessa: commette sia errori di riporto, che di incolonnamento, edi prestito. La conoscenza procedurale sarebbe dunque distinta dalla pro-cessazione numerica e dalla conoscenza dei fatti numerici. E le compo-nenti stesse della conoscenza procedurale potrebbero essere selettiva-mente compromesse.

3) La discalculia per i fatti aritmetici è caratterizzata da difficoltà nel-l’acquisizione dei fatti numerici all’interno del sistema del calcolo. Templedescrive il caso di una ragazza discalculica di 19 anni, la cui capacità dielaborazione dei numeri è intatta, così come la conoscenza delle procedu-re di calcolo, mentre risulta compromesso il recupero dei fatti aritmetici.L’analisi degli errori commessi ha evidenziato due differenti tipi di errore: glierrori di «confine» determinati dalla inappropriata attivazione di altre tabelli-ne confinanti (come per esempio 6 � 3 = 21) e errori di «slittamento» incui una cifra è corretta, l’altra è sbagliata (come per esempio 4 � 3 = 11).

Se le ricerche della Temple sono riuscite a descrivere possibili tipolo-gie di discalculia evolutiva, caratterizzando ciascuna di esse in riferimen-to alle cause e alle condizioni neuropsicologiche alla base del disturbostesso, va comunque evidenziato che tutt’oggi manca una modalità condi-visa dai diversi autori per analizzare le cause delle difficoltà implicate neidisturbi di calcolo.

Tuttavia, in linea con l’analisi proposta dalla Temple, è possibile indivi-duare nella letteratura, classificazioni comuni nell’analisi degli errori com-messi dai bambini e ricostruire così, grazie all’aiuto proposto dai modellistessi, possibili cause e concause, il tutto in vista di una corretta analisi,necessaria non soltanto in fase diagnostica ma anche per l’intervento ria-bilitativo.

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

4. Errori nel sistema del calcolo

Rispetto all’intervento riabilitativo e al recupero delle difficoltà specifi-che di elaborazione del numero e del sistema di calcolo, la letteratura haprevalentemente proposto una prospettiva che individua il tipo di interven-to da effettuare a partire dall’analisi dell’errore manifestato dal soggetto.Tale analisi consente infatti di riconoscere le componenti di elaborazionecoinvolte nel disturbo.

In sintesi, richiamando le classificazioni proposte (ad esempio lastessa classificazione proposta da Temple) gli errori nel sistema di calco-lo sono stati attribuiti a differenti tipi di difficoltà:

– errori procedurali e di applicazione di strategie;– errori nel recupero di fatti aritmetici;– difficoltà visuo-spaziali.

4.1. Errori procedurali e di applicazione di strategie

Ne sono esempio gli errori di quei bambini che pur avendo appresoprocedure di conteggio facilitanti, si aiutano ancora con procedure più im-mature. Nell’operazione 2 + 5 partono da 2 per aggiungere 5 invece cheporre l’addendo più grande come punto di partenza (Svenson e Broquist,1975).

Quando anche le più semplici regole di accesso rapido, comeN � 0 = 0 oppure N + 0 = N, non sono interiorizzate abbastanza, allora èpossibile confondere l’applicazione della seconda regola per la prima el’uso di queste norme procedurali in genere (ad esempio in 8 � 0 = 8 vie-ne scambiata la regola del prodotto con quella dell’addizione; in 8 – 8 = 1non è applicata la procedura N – N = 0). Data l’incapacità di usufruire ditali regole di facilitazione il sistema di memoria può iniziare a sovraccari-carsi di informazioni che invece potrebbero essere «sintetizzate». Questosignifica un notevole dispendio di energie cognitive nel caso di compitipiù complessi rispetto alle operazioni entro la decina.

Secondo Hitch (1978) la difficoltà nei calcoli orali può essere pro-priamente imputabile ad un simile sovraccarico, in particolare all’incapa-cità di tenere a mente i risultati parziali, o di tenere a mente in quanteparti è stato scomposto un fattore o addendo (ammesso che sia statapossibile la tecnica di scomposizione), al fine di recuperare queste infor-mazioni per produrre il risultato finale. D’altra parte anche i calcoli scrit-ti, richiedono di saper operare tramite risultati intermedi rievocati al mo-mento opportuno.

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La discalculia evolutiva

Secondo Seron e Deloche (1984), intervenire con strategie di facilita-zione in caso di difficoltà di acquisizione di strategie e procedure richiedeun’analisi qualitativa del possibile disturbo. Qualora si tratti di una difficol-tà a carico della memoria a lungo termine, l’imposizione di «apprendere amemoria» ha un limite al di là del quale è meglio non ostinarsi. Può esse-re d’aiuto invece il conteggio in avanti e indietro che può sostituire agil-mente i processi d’accesso diretto: se la persona impara a contare nellebasi da 2 a 9 possono essere risolti anche i problemi relativi alla moltipli-cazione e divisione. Più realistico è che vengano imparate solo le tabelli-ne di 1, 2 e 10. Si può allora risalire ai fatti aritmetici tramite generalizza-zione dei risultati. Come negli esempi che seguono (cfr. Lucangeli, 1999)

4 � 3 = (2 � 2) + (2 � 2) + (2 � 2);5 � 8 = (5 � 10) – (5 � 2).Se la difficoltà coinvolge principalmente la memoria di lavoro, l’obiet-

tivo principale è di non sovraccaricarla (si veda Butterworth, Cipollotti eWarrington, 1996): i risultati intermedi, ad esempio, possono esserescritti a parte, oppure può essere usato un supporto concreto (pallottolie-re, oggetti, ecc.) per rappresentare gli operatori, per aiutare la scomposi-zione e procedere con una gradualità guidata. La modalità più semplicedi scomposizione è quella che fa continuo riferimento al numero 10: ilcalcolo intermedio ha come risultato 10, e a questo viene aggiunto o tol-to il resto della quantità.

Riguardo a specifiche difficoltà di calcolo dovute a scorrette applica-zioni delle procedure, prendendo spunto da contributi di autori diversi (tracui Badian, 1983; De Corte e Verschaffel, 1981; Brown e Burton, 1978;Semenza, Miceli e Girelli, 1997), se ne può delineare un possibile profilo.In particolare si possono incontrare difficoltà:

a) nella scelta delle prime cose da fare per affrontare una delle quat-tro operazioni (incolonnamento o meno; posizione dei numeri, del segnodi operazione ed altri segni grafici come la riga separatoria, ecc.);

b) nella sequenza procedurale da seguire per la specifica operazionee nel suo mantenimento fino a risoluzione ultimata;

c) nell’applicazione delle regole di prestito e riporto;d) nel passaggio ad una nuova operazione. Il bambino applica proce-

dure tipiche di un’operazione ad un’altra;e) nella progettazione e nella verifica. Spesso un bambino comincia

immediatamente il processo di risoluzione senza analizzare dall’esternol’operazione, individuando difficoltà e strategie da usare. Una volta ottenu-to il risultato, è frequente che un bambino lo accetti come valido senza ri-flettere sull’operazione nella sua globalità. Anche in questo caso sono fre-quenti possibili errori di perseverazione.

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

4.2. Errori nel recupero di fatti aritmetici

Una tipologia di errori particolarmente frequente nella discalculia evo-lutiva riguarda il recupero di fatti aritmetici dalla memoria a lungo termi-ne. I modelli che consentono di spiegare tali errori sono per lo più i «mo-delli a rete».

Secondo Ashcraft (1992) le conoscenze aritmetiche sono simili adaltre conoscenze elaborate dalla memoria a lungo termine, e questo sianella loro rappresentazione in memoria, sia nei processi usati per accede-re alla conoscenza. I fatti aritmetici semplici sono rappresentati nella me-moria in una rete organizzata di informazioni che vengono recuperate at-traverso un processo di attivazione che si diffonde, così come è assuntonel funzionamento della stessa memoria semantica. Nella rete, ciascunaassociazione tra un compito aritmetico e la sua risposta è rappresentatain termini di forza o grado di accessibilità. La forza con cui i nodi sonoimmagazzinati e interconnessi è funzione della frequenza di presentazionee dell’esercizio, specialmente nelle prime fasi dell’apprendimento.

Gli errori di recupero dei fatti aritmetici in memoria a lungo terminepossono dunque dipendere da errate associazioni tra i compiti aritmeticie la loro specifica risposta.

Secondo Siegler (Siegler e Shrager, 1984) gli errori di recupero di-retto dei risultati possono derivare dall’immagazzinamento degli stessi: laloro memorizzazione infatti si rafforza ogni volta che il soggetto produceuna determinata risposta per l’operazione data, e ciò avviene anche se larisposta è errata (si vedano anche Geary, 1990, 1993). Nelle ripetizionisuccessive dell’operazione il recupero dello stesso risultato sarà coeren-te con la sua memorizzazione, anche quando vi sia un’associazione erra-ta tra l’operazione e il risultato scorretto.

Un tipo di errore frequente descritto al riguardo (Ashcraft e Battaglia,1978; Miller, Perlmutter e Keating, 1984; Campbell, 1990), è ad esem-pio la confusione tra il recupero di fatti aritmetici di addizione con quelli dimoltiplicazione:5 + 5 = 25;3 � 3 = 6.

4.3. Le difficoltà visuo-spaziali

Anche l’abilità visuo-spaziale ha un ruolo notevole sulla risoluzione deicalcoli. Rourke e Strang (1983) hanno evidenziato, ad esempio, comeuna difficoltà a rilevare il dettaglio visivo possa compromettere il ricono-scimento dei segni di operazione (ad es. + e �).

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La discalculia evolutiva

La difficoltà visuo-spaziale può comunque riguardare non soltantoaspetti percettivi ma diversi livelli di organizzazione dei dati implicati so-prattutto nella scrittura di un’operazione: se un bambino ha difficoltà adacquisire i concetti «da destra a sinistra», «dal basso verso l’alto», ecc.,presumibilmente incontrerà maggiori difficoltà nell’incolonnamento dei nu-meri e nel seguire la direzione procedurale, sia in senso orizzontale cheverticale. Questa confusione spaziale è facilmente riconoscibile perchéporta a far iniziare a caso un’operazione, a scrivere indifferentemente dasinistra a destra, o viceversa i risultati parziali, quindi a sorvolare sulle re-gole di prestito e riporto. Al contrario non coinvolge affatto i processi dicalcolo orali (Badian, 1983).

In sintesi, la situazione attuale delle ricerche sembra evidenziare chel’apprendimento del calcolo aritmetico necessita di una serie di sotto abi-lità, alcune specifiche, altre trasversali a più competenze. Quanto più siriesce ad individuare eventuali difficoltà nelle diverse competenze coinvol-te, tanto più si riesce a definire una diagnosi che non sia solo di classifi-cazione, ma che offra anche un profilo funzionale capace di fornire indica-zioni utili per il trattamento o per la gestione del disturbo.

Le riflessioni desunte dalle ricerche e dalla letteratura aprono dunqueil campo a riflessioni parallele relative a come operare clinicamente per lacorretta diagnosi del disturbo, diagnosi che non si fermi a etichetta clas-sificatoria, ma consenta una descrizione funzionale delle abilità, così dapermettere una scelta mirata dell’intervento riabilitativo.

5. La diagnosi della discalculia evolutiva e strumentidi indagine clinica

Facendo riferimento alle direttive diagnostiche presentate a p. 148,un primo livello di diagnosi è l’accertamento di un eventuale deficit nellafunzione esaminata, e quindi, nel caso specifico, se la prestazione nelcalcolo aritmetico sia significativamente inferiore alle attese rispetto allenorme di riferimento. Come per tutti gli altri disturbi dell’apprendimento,la prestazione, per essere ritenuta deficitaria deve essere significativa-mente al di sotto di quelle ritenute adeguate. Il criterio delle due deviazio-ni standard è comunemente accettato in ambito sia di ricerca che clinico,in quanto separa il 3% della popolazione dall’altro 97% se la distribuzionesottostante è di tipo normale. In caso contrario si può scegliere un crite-rio corrispondente al 5% percentile inferiore. In ambito italiano, esistonosei strumenti che possono rispondere alla domanda: qual è il livello diprestazione nell’abilità di calcolo del soggetto?

Uno strumento è costituito dalle prove «Emme +» di Soresi e Corcione

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

(1992). Per ogni classe, dalla prima alla quinta elementare vengono propo-ste alcune prove che coprono buona parte dei contenuti oggetto di istruzio-ne secondo i programmi ministeriali. L’intera batteria, richiede comunqueconoscenze ed abilità diverse dal solo calcolo aritmetico, come la soluzio-ne di problemi, logica, statistica, geometria. Dalle norme infatti, non è pos-sibile ricavare i dati per il confronto delle sole prestazioni di calcolo.

Una batteria analoga è quella del Nucleo di Ricerca in Didattica dellaMatematica dell’Università di Pavia (1994). Anche questo strumento pre-vede prove diverse dalla 1a elementare alla 3a media, divise in tre sezioni:aritmetica, geometria e logica. Nella sezione aritmetica però vengono ri-chieste non solo prestazioni di calcolo aritmetico, ma anche soluzioni diproblemi e conoscenze relative ai diversi argomenti di matematica trattatinelle diverse classi come frazioni, potenze, equivalenze ecc. Anche se gliautori lo sconsigliano, è possibile confrontare i punteggi del soggetto coni dati normativi separatamente per le diverse sezioni.

Un terzo strumento, meno recente, è la prova di abilità numerica del-la batteria PMA (Thurstone e Thurstone, 1965) utile dalla 2a elementarealla 3a media. In questo caso, la prova richiede sia abilità di calcolo, inparticolare addizioni, che il completamento di serie numeriche e la solu-zione di semplici problemi, oltre ad alcune conoscenza quantitative (comead esempio quanti secondi ci sono in un minuto ecc.). Il vantaggio è cheè una prova a tempo, in genere attorno ai 5 minuti e quindi si prestabene ad una valutazione veloce.

Nella batteria Q1 (De Beni e gruppo MT, 1995), per la scuola ele-mentare e media, è presente una sezione specifica di valutazione delleabilità aritmetiche che comprende sia prove di calcolo che di soluzione diproblemi.

Mentre gli strumenti fin qui descritti possono servire per un accerta-mento complessivo di una eventuale difficoltà nell’apprendimento in mate-matica, con la batteria di «Valutazione delle abilità matematiche» di Rossie Malaguti (1996), è possibile misurare l’efficienza in diverse sotto abilitàoltre a quella del calcolo aritmetico orale e scritto (per la descrizione siveda il paragrafo successivo). Sono inoltre previste prove di soluzione diproblemi, di geometria e di logica.

Infine, uno strumento specifico per l’accertamento delle difficoltà dicalcolo aritmetico dalla 3a alla 5a elementare, è la batteria ABCA di Lu-cangeli, Tressoldi e Fiore (1998). La batteria prevede operazioni aritmeti-che di addizione, sottrazione, moltiplicazione e divisione sia orali chescritte. La prestazione del soggetto può essere confrontata con i dati diun campione normativo sia per la correttezza che per la velocità permet-tendo così di avere anche una misura dell’automatizzazione.

Questi ultimi due strumenti sono gli unici, almeno in Italia, che preve-

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La discalculia evolutiva

dano anche delle prove specifiche per misurare l’efficienza delle sottoabilità implicate nel calcolo aritmetico, prove potenzialmente utili per ladiagnosi di secondo livello.

6. Diagnosi di secondo livello: strumenti di indagineclinica

Stabilire che il livello di prestazione del bambino è significativamenteinferiore a quanto atteso per capacità cognitive generali, livello di istruzio-ne e prestazioni in altri ambiti di apprendimento anche scolastico, è il pri-mo passo. Come rilevato dalla rassegna sui modelli cognitivi e neuropsi-cologici, il calcolo aritmetico è l’espressione di una combinazione di di-verse abilità, alcune specifiche, altre comuni a più abilità cognitive. Poterfare una diagnosi di secondo livello significa, a nostro avviso, definire unprofilo di queste «sotto abilità» in modo da precisare in forma personaliz-zata il disturbo. Come previsto, a parità di prestazione deficitaria, ci siaspettano profili distinti.

Per formulare una diagnosi di secondo livello occorre naturalmentefare riferimento ad un modello del calcolo cognitivo, neuropsicologico odi altro genere. In base a questo modello si identificheranno le sotto abili-tà da esaminare.

Attualmente in Italia, come descritto nel paragrafo precedente, sonoa disposizione solo due strumenti: la batteria di Valutazione delle AbilitàMatematiche (Rossi e Malaguti, 1996) e la batteria ABCA (Lucangeli, Tres-soldi e Fiore, 1998).

Il primo permette di valutare la prestazione del soggetto rispetto atre fasce di livello, buona, discreta, insufficiente, in diverse sotto abilitàquali, l’organizzazione spaziale e temporale, la componente logico-opera-toria, la componente simbolica e di comprensione e produzione dei nu-meri.

L’ABCA è direttamente ispirato dal modello neuropsicologico di Mc-Closkey (1992) con alcuni adattamenti per l’età evolutiva. Nella sua formaattuale, per la diagnosi di secondo livello permette di valutare lo statodella accuratezza e della velocità di cinque sotto abilità sottostanti allacomprensione del valore quantitativo dei numeri e dei simboli aritmetici(denominazione ed uso dei simboli aritmetici; ordinamento di numeri dalpiù piccolo al più grande e viceversa; inserimento di simboli di maggiore,minore ed uguale; confronto visivo ed uditivo di quantità; identificazionedel valore posizionale) e sei sotto abilità sottostanti alla produzione di nu-meri (enumerazione all’indietro; dettato di numeri; tabelline; conteggio diinsiemi; incolonnamento; recupero di combinazioni tra numeri). Inoltre du-

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D. Lucangeli, P. Tressoldi

rante lo svolgimento delle prove di calcolo orale e scritto previste per ladiagnosi di primo livello, è possibile analizzare la qualità e la conoscenzadelle procedure per lo svolgimento delle quattro operazioni aritmetiche.

7. Specificità e comorbidità

Richiamando le riflessioni proposte nel paragrafo 2 relativamente alladefinizione e classificazione clinica della discalculia evolutiva, è interes-sante rilevare come per l’ICD-10, la compresenza di un disturbo di letturae/o scrittura, precluda la diagnosi di disturbo di calcolo, mentre per ilDSM-IV, è possibile diagnosticarlo come comorbidità. Questa differenza,evidenzia lo stato di incertezza sulle caratteristiche dei diversi disturbi inparticolare sul loro grado di indipendenza. Senza un accordo sul modellocognitivo e neuropsicologico che descriva l’architettura funzionale in chia-ve evolutiva delle diverse abilità scolastiche, non è possibile prendere unadecisione. La nostra posizione, in accordo con i dati clinici e sperimentaliderivanti dalla neuropsicologia cognitiva, ci porta a considerare il calcolocome una funzione cognitiva che utilizza in gran parte componenti o sot-to abilità distinte da quelle richieste per la lettura e la scrittura. Quindi lacompresenza di un disturbo anche in queste abilità, va considerata comecomorbidità. Resta tuttavia da approfondire il peso delle sotto abilità nonspecifiche come ad esempio quello della memoria verbale e fonologica. Èipotizzabile infatti che una inefficienza a questo livello possa ostacolare losviluppo di alcune sotto abilità sia della lettura che del calcolo. Numerosericerche infatti hanno cercato e continuano a cercare comunanze e diffe-renze nei diversi gruppi di soggetti che manifestano associazioni e disso-ciazioni di disturbi. Nella rassegna di Morrison e Siegel (1991) vengonopresi in esame diversi sottotipi di soggetti con disabilità aritmetiche, quel-li con associata difficoltà di lettura, quelli con associata difficoltà ortogra-fica e quelli con disturbo specifico. Nei primi due gruppi si rilevano spes-so deficit in compiti di memoria verbale a breve termine e di lavoro, inquelli con disturbo specifico, difficoltà in compiti visuo-percettivi e visuo-spaziali. C’è poi naturalmente il sottogruppo che presenta entrambi i tipidi difficoltà e probabilmente rappresenta i soggetti con maggior livello didifficoltà di apprendimento. Geary (1993) nella sua rassegna sulle disabili-tà in matematica individua tre sottotipi, il primo con prevalente deficit nel-la memoria verbale, spesso associato a difficoltà di lettura, il secondo edil terzo con deficit specifici rispettivamente prevalenti nelle procedure dicalcolo e nelle abilità visuo-spaziali.

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La discalculia evolutiva

8. Il trattamento delle difficoltà

Gran parte delle esperienze di recupero delle difficoltà di calcolo cheabbiamo raccolto non derivano da una analisi o classificazione che si ri-faccia ai modelli o alle interpretazioni presentate in letteratura. Tuttavia,abbiamo scelto di presentarle per fornire al lettore dei suggerimenti sulcosa fare una volta completata la diagnosi di primo e di secondo livello.

Tra le proposte relative all’insegnamento delle procedure di calcolo siva dalla applicazione di principi dell’insegnamento diretto, che comprendedimostrazione, guida esplicita, modellamento, autoverbalizzazioni, rinfor-zo, come ad esempio la proposta dell’insegnamento della procedura delladivisione di Rivera e Smith (1988), al training per apprendere combinazio-ni additive di due numeri, detti anche fatti additivi, di Goldman, Pellegrinoe Mertz (1988). In questo studio, a parte altri obiettivi, si è cercato di ve-rificare se una pratica intensiva di circa 20 lezioni, in media una alla setti-mana, con un set di 80 fatti additivi per la durata di circa 10 minuti, fos-se più efficace se i problemi erano presentati in un ordine solo, ad esem-pio: 4 + 2, oppure anche nell’ordine inverso, 2 + 4. I risultati indicano unmiglioramento sensibile nella correttezza e nei tempi di risposta che sem-bra ripercorrere quello degli alunni senza difficoltà per entrambi i tipi dipratica.

Una tecnica che sembra utile per favorire l’apprendimento dei fattimoltiplicativi, le famose tabelline, è quella del Constant Time Delay (CTD)(Koscinski e Gast, 1993) che in pratica consiste nel proporre al soggettouna tabellina es. 7 � 3 fornendo inizialmente subito la risposta. Successi-vamente, viene riproposta e se il soggetto non risponde in modo autono-mo entro 4 secondi, viene riproposta di nuovo. Come si può capire, èuna delle tante varianti possibili di un apprendimento di tipo associativo.

Per facilitare la comprensione del valore quantitativo rappresentatodai numeri viene suggerita la linea dei numeri, ovvero una rappresentazio-ne della successione dei numeri associata alla quantità corrispondente.Un buon esempio applicato anche alla sottrazione è fornito da Divecha eCeci (1983) che presentano il metodo degli splits cioè della divisione indecine e unità con una linea dei numeri fino a 100 sulla quale sono evi-denziati i multipli di 10 con un colore diverso. Attraverso fasi di difficoltàoperativa crescente, si guida l’alunno a sottrarre il sottraendo dal minuen-do, prima solo unità e solo decine (es. 36 – 3; 36 – 10), fino a decine eunità senza e con riporto (es. 46 – 12; 54 – 17).

Anche se nella nostra rassegna ci siamo focalizzati sulle difficoltà delcalcolo aritmetico ci sembra utile segnalare anche dei contributi per facili-tare l’apprendimento di altri tipi di calcolo come i numeri razionali e le fra-

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zioni. Per quanto riguarda la comprensione ed il calcolo con i numeri ra-zionali Moss e Case (1999) presentano i risultati di un curriculum ispiratoad una analisi cognitiva di queste conoscenze. In breve si passa da espe-rienze concrete e loro rappresentazione grafica di cosa significa metà o50%, un quarto o 25% ecc. alla scrittura di quantità corrispondenti ad in-teri più una loro parte, es. metri 2,75.

Per quanto riguarda le frazioni, un buon suggerimento viene dal lavo-ro di Baroody e Hume (1991) e dal volume di Medeghini e Quaresmini(1993). Questi autori insistono sull’importanza di favorire la comprensionesemantica di questi concetti prima di richiedere la esercitazione sugli al-goritmi di calcolo. A questo fine suggeriscono l’utilizzo di diversi tipi dirappresentazione grafica e concreta dei rapporti tra intero e sue partiche comprendano la comprensione dell’intero, date delle parti, divisionedell’intero in parti uguali, introduzione del formalismo, confronto di frazio-ni, calcoli con frazioni.

Oltre alle esperienze per un recupero specifico, esistono proposte diinsegnamento di curricoli o di strategie per favorire l’apprendimento delcalcolo aritmetico nel suo complesso dai quali però è possibile trarre an-che suggerimenti per interventi più specifici. Due esempi tipici sono il cur-riculum della Resnick pubblicato anche in italiano (Micheluz e Sesti, 1982)e la proposta di Lloyd e Keller (1989) dell’insegnamento efficace dellamatematica o quella di Pressley sul modello del buon utilizzatore di stra-tegie (Pressley, 1986). Il curriculum della Resnick è composto da ottomoduli ognuno dei quali suddiviso in più fasi ordinate tra loro. I modulicomprendono l’insegnamento del contare e della corrispondenza biunivo-ca, la lettura ed il confronto quantitativo tra numeri, il confronto tra insie-mi e la loro rappresentazione in numeri, la seriazione di insiemi, l’addizio-ne e la sottrazione di numeri e la soluzione di semplici equazioni che ri-chiedono addizione e sottrazione. La bontà del curriculum sta nel definirein sequenza le fasi delle esercitazioni da svolgere per raggiungere gliobiettivi dei diversi moduli. L’ordine di questi però è discutibile in quantoad esempio, se nel modulo riconoscimento ed ordinamento di numeri sirichiede anche di collocarli in ordine di valore quantitativo, è chiaro cheanche le competenze richieste dal modulo sulla seriazione di insiemi deveessere acquisito.

Le proposte di Lloyd e Keller indicano le fasi della buona lezione di«istruzione diretta» che comprendono: riassunto dell’attività precedente,definizione degli obiettivi, pratica suddivisa in semplici fasi concatenate,istruzioni esplicite, tempo sufficiente di pratica, molte domande agli stu-denti durante la pratica, guida esterna durante le fasi iniziali, feedback si-stematico. Pressley invece insiste sull’insegnamento delle strategie. Insintesi: insegnare strategie specifiche in modo esplicito e guidato; inse-

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La discalculia evolutiva

gnare strategie generali di impiego dello sforzo e dell’automonitoraggio;arricchire le conoscenze di base del calcolo; praticare ogni strategia inmodo coordinato.

In conclusione, analizzando le diverse proposte di trattamento, sipossono ricavare alcune riflessioni generali: nella categoria delle espe-rienze di recupero di specifiche abilità di calcolo sembra esserci infatti daun lato enfasi per la cura della comprensione semantica di quantità e laloro corrispondente rappresentazione formale e dall’altro una ricerca diautomatizzazione nel recupero e nell’utilizzo di fatti numerici con lo scopodi rendere meno oneroso in termini cognitivi lo svolgimento dei calcoli.

Questa suddivisione è ben rappresentata nel modello del calcolo pre-sentato nella batteria ABCA nel quale si distinguono gli aspetti di com-prensione da quelli di produzione. I primi richiedono rappresentazioni se-mantiche sul significato di simboli e numeri. Nella produzione invece si ri-chiedono processi di recupero di combinazioni e sequenze di numeri oltreche alla loro identificazione e scrittura. Questa suddivisione ha una impor-tante ricaduta sulle metodologie di trattamento. Nel caso si debbano pro-muovere le conoscenze semantiche è chiaro che si dovranno sceglieremateriali e procedure che facilitino l’accesso ai significati e alla loro rap-presentazione mentale. Nel caso delle abilità di produzione invece, l’enfa-si andrà sulla memorizzazione e l’automatizzazione del recupero. Consi-derando le caratteristiche cognitive dei soggetti, si saprà se e quanto èpossibile aspettarsi da un training strutturato. C’è da aspettarsi ad esem-pio che con soggetti che presentano difficoltà cognitive legate alla com-prensione, spesso associate con un basso QI o marcate difficoltà di rap-presentazione mentale, si debba procedere con molto più impegno perfar acquisire una stabile rappresentazione mentale delle quantità e quindiper molto tempo sarà necessario ricorrere a rappresentazioni esternegrafiche o concrete. Al contrario, per i soggetti che manifestano difficoltànei processi di produzione sarà necessario pensare a training di memo-rizzazione ed automatizzazione.

Alla luce della diagnosi di secondo livello, queste indicazioni possonorealizzarsi in modo più mirato se si parte da un profilo delle sotto abilità.Avendo a disposizione lo stato di efficienza di diverse sotto abilità, saràpossibile scegliere delle esercitazioni mirate al potenziamento di quelledeficitarie (evitando di esercitare l’alunno in quelle che risultassero a livellisufficienti). Il primo obiettivo sarà quello della accuratezza, seguito daquello della velocità. Per quest’ultimo parametro, esistono ancora pocheevidenze sul grado di modificabilità e quindi occorre procedere con moltacautela nel training, soprattutto in ambito scolastico, che per forza dicose dovrebbe essere ripetitivo e continuativo, per non appesantire l’ap-prendimento dell’alunno. Un esempio tipico è il training per automatizzare

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il recupero di combinazioni tra numeri come ad esempio le tabelline. Sel’alunno deve affrontare problemi che richiedono procedure di calcolo, èopportuno venga facilitato nel recupero delle diverse combinazioni, attra-verso l’uso di ausili come la tavola pitagorica o la calcolatrice, mentre po-trà esercitarsi a parte per automatizzarle.

L’insegnamento infine di strategie sia generali che specifiche risulte-rà fondamentale per assicurare il livello massimo di autonomia operativanell’applicazione e nel controllo delle conoscenze e delle abilità acquisite.

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La discalculia evolutiva

Summary. This paper presents the information concerning the symptoms, the underlying cogni-tive processes, the diagnosis and the rehabilitation procedures related to developmental dyscalcu-lia. Starting with a critical analysis of the ICD-10 and DSM-IV diagnostic recommendations, we of-fer a review of the cognitive theories related to the development of arithmetic skills and of the in-terpretative models of developmental dyscalculia. We also present the evaluation instruments atdisposal in Italy and their characteristics to define dyscalculia and the intervention approaches af-ter a brief review of related studies.

Per corrispondenza: Daniela Lucangeli, Dipartimento di Psicologia dello Sviluppoe della Socializzazione, Università di Padova, Via Venezia 8, 35131 Padova. E-mail: [email protected]