raffaello baldini - qualche poesia

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Raffaello Baldini Qualche poesia

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Page 1: Raffaello Baldini - qualche poesia

Raffaello Baldini

Qualche poesia

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È Natale, 2015

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Raffaello Baldini Santarcangelo di Romagna, 24 novembre 1924 Milano, 28 marzo 2005 Scriveva in dialetto romagnolo. Nella variante di Santarcangelo. Se lo gode davvero chi sa, ma anche chi riesce a farselo suonare nella testa, il ritmo romagnolo a cantilena. Almeno così sembra a me. E, sempre a me, sembra che quello che dice lo dice bene anche tradotto. Guardatore e ascoltatore, sornione e malinconico, faceva finta di essere un provinciale, di essere un vecchio, di essere un brontolone, di parlare di cose minime. Adesso è quasi di moda, anche al di qua del Santerno, ma non credo tanto oltre. E invece lo meriterebbe. Almeno credo.

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Adesso qualche pezzo in originale, per capire come funziona.

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E´ nòn Te cafè? da fè chè? a stagh mèi ma chèsa, a zugh sa cal burdèli, i zugh ch´ò imparè mai! E u m pis da pérd. Il nonno Al caffè? da far che? sto meglio a casa, gioco con quelle bambine, i giochi che ho imparato mai! E mi piace perdere.

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A n´e´ so Invìci mè l´è un pó ch´a pràigh, ad nòta, quant a m svégg, ch´a so lè, ch´a n´arcàp sònn, l´è la vciaia? a n´e´ so, l´è la paéura? a pràigh, e u m pèr ´d sintéi, a n´e´ so, cmè ch´a n fóss da par mè, a n´e´ so, cmè che, l´è robi ch´l´è fadéiga, a déggh acsè, mo a n´e´ so gnénch´ s´a i cràid o s´a n´i cràid. Non lo so Invece io è un po´ che prego, di notte quando mi sveglio, che sono lì, che non riprendo sonno, è la vecchiaia? non lo so, è la paura? prego, e mi pare di sentire dentro, non lo so, come se non fossi solo, non so, come se, sono cose che è difficile, dico così, ma non so nemmeno se ci credo o non ci credo.

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Mo acsè... Mo acsè, dal vòlti, quant a tòurn a chèsa, la saìra, préima d´infilé la cèva, a sòun, drin, drin, u n´arspònd mai niseun. Ma così.... Ma così, delle volte, quando torno a casa, La sera, prima d´infilare la chiave, suono, drin, drin non risponde mai nessuno.

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I mórt Quèll che sa i mórt, e i n dì gnént, o sa tótt, ènch’ quant t si ’d chèsa, da par tè, la nòta, Pórti, finestri céusi, lòu i è lè, che t si ndè lèt, l’è tèrd, t’è smórt la luce, t si svégg, te schéur, u t vén ad chi pensir ch’i n s po’ déi, lòu i è sémpra alé, i t lèz dréinta, mo i è bón, i fa féinta da no èsi. I morti Quello che sanno i morti, e non dicono niente, sanno tutto, anche quando sei a casa, da solo, la notte. Porte, finestre chiuse, loro sono lì, che sei andato a letto, è tardi, hai spento la luce, sei sveglio, nel buio, ti vengono di quei pensieri che non si possono dire, loro son sempre lì, ti leggono dentro, ma sono buoni, fan finta di non esserci.

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Ohi, non è che qui abbia compilato una greatest hits, ho riportato qualche pezzo che avevo in casa, come dire, è roba accumulata nel tempo, forse a caso. Chi è interessato a una buona edizione la cerchi tranquillamente, sono libri di agevole reperimento.

Adesso qualche pezzo un po’ più lungo, solo traduzioni.

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Bella Torna ogni tanto, per sua madre, sta poco, due tre giorni, non esce mai, io poi sono sempre fuori. L'ho incontrata per caso, in farmacia, "Ma quant'è che non ci vediamo?", mi è sembrata più piccola, "Hai i capelli corti", che li aveva lunghi, sulle spalle, ha chiuso gli occhi: "Ti ricordi dei miei capelli?" Vinicio ci aveva fatto una passione. E lei niente. Con quegli occhi verdi e il maglione giallo. Le aveva fatto la corte anche Lele Guarnieri, e la domenica veniva da Cesena a ballare un biondo con una Giulietta sprint. Io, era troppo bella, non m'arrischiavo. Dopo l'ho accompagnata fino a casa, ha aperto, ho detto: "Cosa avrei pagato allora per non portare gli occhiali!", ha riso: "Ci vediamo fra altri vent'anni", poi dal portone accostato, prima di chiudere, m'ha guardato: "Mi piacevi" senza ridere, "quante notti t'ho sognato!".

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Come, muori tutti i giorni Come, muori tutti i giorni, va’ a cagare, va’ là, morirai tu tutti i giorni, io, che sono più vecchio di te, ma non ci penso mai, non ci pensa nessuno, dài, su, se fosse come dici tu, ci sarebbe da diventare matti, poi io, tu di’ quello che vuoi, mi sento giovane dentro, son giovane di spirito, io, il mondo, ma anche tu, guarda il mondo, altro che morire, svegliarsi tutte le mattine, che pare niente, ma pensaci, non è una festa? tutte le mattine avanti fino a sera, e vuoi morire, tu? lascia che muoiano gli altri, che poi muoiono sempre gli altri, ci hai fatto caso? e Molari, poveretto, è morto davvero, lui sabato ha tirato giù la serranda, con tutti i suoi soldi, che se li è goduti porca puttana, se n’è cavate di voglie, e beh, i soldi, ragazzi, però adesso lui è morto e io sono qui al Caffè Roma che mi bevo un bel vinello al selz.

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In bicicletta E là in fondo, Traguardo, e già, domenica corrono, che è anche una bella corsa, su a Montebello, giù nella Marecchia, Poggio Berni, giù nell´Uso, i Gessi, su alla Cornacchiara, Savignano, di lì tutto dritto, poi la volata, sotto il Comune, e io alla finestra, guardo di qui, che si vede benissimo, guardo sempre di qui, ma delle volte, ecco, mi piacerebbe anche essere laggiù, in mezzo a quella baraonda, con le macchine che suonano, i vigili che corrono, arrivano, indietro! state indietro! comandi, fischi, fare a spintoni, ci siamo, sono qui, numeri, colori, bandiere, allungare il collo, viva, viva, spumante, urli, battere le mani, fare il tifo per qualcuno, scommettere che la prossima volta vincerà.

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Si dice bene i coglioni Si dice bene i coglioni, ma loro, io ne conosco più d’uno, si credono d’essere, non lo sanno che sono dei coglioni, e si sposano, hanno figli, e i figli sono figli di coglioni, che io non dico mica, il babbo è il babbo, tu non abbia da voler bene al tuo babbo, portargli rispetto, però questi figli, non lo so, io, non se n’accorgono? quando parlano con il loro babbo, non lo vedono, non lo sentono? o sono coglioni anche loro? che lì allora è fatica, fra coglioni – ecco, sì, no, c’è delle volte che gli scappa detto: il mio babbo è un coglione ma in un altro senso, nel senso che è buono, che è un galantuomo… Che questo però è un discorso, come sarebbe allora? i galantuomini sono dei poveri coglioni? Intendiamoci, può essere che un coglione sia un galantuomo, può essere che sia buono, ma può essere anche cattivo, ci sono i buoni e i cattivi anche tra i coglioni, coglione vuol mica dire, uno è un coglione, ma può andare vestito bene, portare gli occhiali, può essere, guarda io quello che ti dico, può essere anche intelligente, e nello stesso tempo coglione, che è un caso eccezionale, ma succede, essere coglione è una cosa, può essere tutto un coglione, può essere anche istruito, può essere perfino laureato… certo che se è ignorante, i coglioni ignoranti, quelli sono una disgrazia, non si ragiona, è come parlare al muro, e prepotenti – che uno, io capisco,

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quando dico che un coglione può essere tutto, uno può rimanere disorientato, gli viene da dire: allora, se uno è un coglione, in cosa si distingue? insomma, cosa vuol dire essere un coglione? cos’è la coglionaggine? Eh, questa è una domanda, è fatica, come si può dire? fammi pensare, non c’è un esempio? Ecco, i coglioni fanno le cose alla rovescia, e tu li vedi che sbagliano, tu lo sai come andrebbero fatte, provi a dirglielo, anche con le buone maniere, ma loro niente, tirano dritto, tu cerchi di dargli una mano, di metterli sulla buona strada, loro ti guardano con un’aria e t’arrabbi: “Sono dei coglioni!” ti sfoghi in piazza, e in piazza c’è anche qualcuno che ti ascolta: “Hai ragione, sono coglioni, però…” “Però?…” “Cosa si può fare? Sono tanti, comandano loro”.

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La gomma Se ci fosse una gomma da cancellare, una gomma da inchiostro, no da lapis, o se no con una macchina da scrivere battere xxx, o, per far meglio, xyxy o, per fare ancora meglio mnmn, che si fa poco mn, ma cancella, porca masola, che non si capisce più niente, o addirittura, meglio di tutto, ma non ce l’ho un computer ci vorrebbe, che basta un tasto, e sparisce tutto, senza un cancellotto, tutto bianco, come non fosse successo niente, perché io nella mia vita i sbagli che ho fatto

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e questa è per te,

se sei ancora qui

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In due

Lo dico sempre anch’io, in due è il massimo, per stare insieme, se vuoi stare insieme, in dieci, in venti, come fai a stare insieme? la gente invece gli piace d’essere in tanti, “Eravamo una trentina, senza contare i bambini”, e sono contenti, “Stiamo insieme”, che non vuol dir niente, starai attaccato, non insieme, più siete e peggio è, stare insieme è un’altra cosa, non te n’accorgi ? no, non se n’accorgono, per loro, essere in pochi è come non esserci, loro hanno bisogno d’essere in molti, in cento, in mille, in diecimila, in centomila, che io, ci sono stato anch’io, per San Martino, alla festa della Pieve, mangiare, bere, canti, ridi, urli, perché devi urlare, è tutto un urlìo, se no non ti senti, e per loro è allegria, che era un casino, e io lì zitto in mezzo, cosa vuoi che dica, mi pareva, ma davvero, d’essere solo, invece in due, tu e lei, la sera, in casa, a un certo momento spegni la televisione, chiacchieri un po’, lei va di là, torna, sorpresa! due gelati, vuoi crema o cioccolato? poi ogni tanto si esce, si va nei posti, a mangiare fuori, al cinema, il cinema è una roba, come da bambini le favole, si sta lì tutti a sedere, zitti, incantati, se ti viene delle volte da dir qualcosa, dietro c’è sempre uno che protesta: ssst! silenzio! poi Fine, si accendono le luci,

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è come svegliarsi, ti alzi, e basta un niente, che le tieni il cappotto, che se l’infila, che la stringi, non molto, solo sentirla.

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Basta! E pu basta, a m so stòff, l´è tòtt i dè cumpàgn, u n s nu n pò piò. A m vì fè crèss i bafi! Basta! E poi basta, mi sono stufato, è tutti i giorni uguale, non se ne può più. Mi voglio far crescere i baffi!

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