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effigie letteratura Giorgio Steimetz QUESTO È CEFIS L’altra faccia dell’onorato presidente Questo è cefis:Saggi e documenti.qxd 26/11/10 13:16 Pagina 1

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G i o r g i o S t e i m e t z

QUESTO È CEFISL ’ a l t r a f a c c i ad e l l ’ o n o r a t o p r e s i d e n t e

Questo è cefis:Saggi e documenti.qxd 26/11/10 13:16 Pagina 1

Indice

VII

3

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89

99

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147

189

Come corsari sulla filibustaintroduzione di Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti

Questo è Cefis

La Petrolcefis s.p.a.Le due potenze occulte del pozzo d’oro nero, 5 - Gli strumenti dell’imperialismo, 11 - L’uomo vestito d’amianto, 20- La fiera delle vanità, anno XVIII dell’Eni, 29 - Il mestiere del padrone di case, 40 - I diagrammi politici del carbo-naro rosso-nero, 49

La Montecefis s.p.a.Il disguido, 59 - Nuovi fasti del ribaltatore, 64 - Le piste a ostacoli, 67 - Il pio marchingegno, 72

Le oche del Campidoglio per Eugenio CefisI cinquant’anni del capo, 79

Un taumaturgo chiamato Eugenio CefisIl re del trapezio, 91

Ulteriore saggio su Eugenio CefisIl poliedrico ingegno del capitano d’industria, 101

L’anonima Cefis & C.Il clan del Mandarino, 111 - Altri capoversi, per un apologo morale, 121 - Feudi e vassalli del Gran barone, 130 -Le varie ed eventuali del cavaliere d’industria, 139

L’anonima metanoGli allegri squadroni, 149 - Nell’orbita del sole nascente, 160 - Ultimo round per k.o., 173

Indice dei nomi, dei luoghi e dei personaggi

QUESTO È CEFISCopyright © 2010 Effigie edizioniVia Vallazze 115, 20131 Milano

[email protected]

Prima edizione: ottobre 2010ISBN 978-88-89416-56-3Printed in Italy

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Non c’è nulla che sia nascosto che non debba essere svelato,né nulla di segreto che non debba essere conosciuto.

Vangelo di Luca 12, 2

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VII

Nel 1972 arriva in libreria Questo è Cefis. L’altra faccia dell’onorato presi-dente di Giorgio Steimetz, una quasi biografia – non autorizzata – del presi-dente di Eni e Montedison, pubblicata dall’Agenzia Milano Informazioni diCorrado Ragozzino, di cui Steimetz è forse l’alter ego.1 L’agenzia è finanzia-ta da Graziano Verzotto, democristiano della corrente dorotea di MarianoRumor, uomo di Enrico Mattei ed ex presidente dell’Ente minerario siciliano.Fu anche l’informatore di Mauro De Mauro, il giornalista de “l’Ora” diPalermo rapito e ucciso dalla mafia nel 1970. Così come era accaduto a Matteisette anni prima. Così come accadrà a Pier Paolo Pasolini cinque anni dopo.

Questo è Cefis vive solo pochi mesi, poi scompare. Dalle due sedi dellaBiblioteca Nazionale Centrale spariscono anche le copie d’obbligo; se netrova ancora traccia nel registro di quella fiorentina, ma il volume non c’è: «aridosso della pubblicazione, gli uomini della Montedison si mossero efficace-mente per toglierne dal mercato il maggior numero di copie possibile e scon-giurare al Presidente l’eventualità di un’inchiesta giudiziaria».2

Il libro, probabilmente pubblicato con l’intento di avvertimento o di minac-cia nei confronti di Eugenio Cefis, racconta la spregiudicata avventura di unodei timonieri del pubblico-privato, la mescolanza di poteri tra Stato e le mafiesommerse economico-finanziarie.

Pier Paolo Pasolini sta lavorando in quegli anni sugli stessi temi e, forse, stautilizzando le stesse fonti. Proprio nel 1972 comincia a scrivere Petrolio, ilgrande romanzo incompiuto, che sarebbe stato pubblicato postumo solo nel1992, diciassette anni dopo la sua morte. Un romanzo del quale la critica haspesso enfatizzato l’aspetto erotico – la doppia vita di un ingegnere petrolchi-mico – mentre il suo vero tema è il Potere. È un romanzo che cerca di rende-re visibile il Potere in tutte le sue forme, attraverso “Visioni”.3 Vi si parla delNuovo Potere che agisce sugli individui in forme capillari, attraverso imposi-zione di modelli, e che raggiunge anche i loro corpi. Vi si parla della banalitàdel potere, quella che agisce attraverso la «col-lusione» innocente (dove“innocente” sta per “nascosto alla coscienza”) degli individui, degli intellet-tuali, persino dei letterati, nel loro desiderio di carriera. Vi si parla anche delPotere delle trame, quelle destinate a restare segrete. E anche di quello dellestragi. Si parla persino di una bomba fatta scoppiare alla stazione di Bologna4

Come corsari sulla filibustadi Carla Benedetti e Giovanni Giovannetti

1 Secondo Riccardo Antoniani, «Il libro fu scritto in realtà da Luigi Castoldi, un ex partigiano della Formazione Di Dio operativa nella Vald’Ossola di cui fu comandante Cefis» (Contro tutto questo, in corso di pubblicazione in Francia).

2 Antoniani, Contro tutto questo

3 Si veda, di Carla Benedetti, Quattro porte su Petrolio, in Autori vari, Progetto Petrolio, Cronopio 2003. Come si legge in Petrolio: «Il pote-re è sempre, come si dice in Italia, machiavellico: cioè realistico. Esso esclude dalla sua prassi tutto ciò che può venir ‘conosciuto’ attraver-so Visioni» (p. 461).

4 «La bomba è fatta scoppiare: un centinaio di persone muoiono, i loro cadaveri restano sparsi e ammucchiati in un mare di sangue che inon-da, tra brandelli di carne, banchine e binari. […] La bomba viene messa alla stazione di Bologna. La strage viene descritta come una“Visione”» (pp. 542 e 546).

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IX

tore della rivista “l’Erba Voglio”. Nella cartella dell’Archivio si conservaanche la lettera di Fachinelli a Pasolini, datata 20 settembre 1974: «CaroPasolini, le faccio avere una conferenza di Cefis e una fotocopia del libro sudi lui, ritirato. Forse le possono servire».

La “conferenza” di cui parla Fachinelli è il testo del discorso tenuto daEugenio Cefis all’Accademia militare di Modena il 23 febbraio 1972 (pubbli-cato sulla rivista “l’Erba Voglio”, n. 6). Pasolini si riproponeva di inserirlointegralmente nel romanzo, a mo’ di cerniera «a dividere in due parti ilromanzo in modo perfettamente simmetrico e esplicito».9

Nonostante le comuni sintonie, Pasolini e Fachinelli non si conobbero maidi persona. Lo riferisce Riccardo Antoniani:

A partire dal gennaio 1974, Fachinelli scrisse diverse volte a Pasolini. Anche in virtù di quelcomune muovere «da un’estrema sinistra non ancora definita e certo ancora non facilmentedefinibile» in cui si inseriva il discorso sulle pratiche non-autoritarie da lui condotto fino allo-ra insieme a Lea Melandri sull’“Erba Voglio”. Fu in questa rivista che venne pubblicato il celebre discorso La mia patria si chiama multi-nazionale tenuto da Eugenio Cefis all’Accademia militare di Modena nel 1972. Che con quel-le parole rivolte a un pubblico di militari, in quell’Accademia dove una volta fu cadetto, Cefislasciasse presagire «un tintinnio di sciabole», come sostenne il Generale Folde alla commis-sione Anselmi, è fuori dubbio. In sostanza veniva invocata una riforma costituzionale orien-tata a un presidenzialismo autoritario, per cui di fatto si sarebbe precluso al Pci qualsiasiaspettativa di governo: il golpe bianco. Come e dove Fachinelli riuscisse a procurasi i discorsi, anche quelli non pronunciati, dell’al-lora presidente della Montedison rimane ancora un mistero. Fatto sta che tentò di coinvolge-re Pasolini nel progetto di un libro di “pronto intervento” su Cefis e il Nuovo Potere a cui ilpoeta avrebbe dovuto contribuire analizzando e recensendo alcuni di questi testi. Fu così che Pasolini entrò in possesso dei tre discorsi di Cefis e di una fotocopia del libro diGiorgio Steimetz Questo è Cefis.10

Petrolio non è scritto come lo sono normalmente i romanzi. Non c’è un nar-ratore che racconta una storia, ma un autore che costruisce man mano il pro-getto di un romanzo da farsi, accumulando una serie di “Appunti”. Ed è inquesta forma che Pasolini pensava di pubblicarlo. Egli aveva del resto giàsperimentato questa peculiare forma-progetto in opere cinematografichecome Appunti per un film sull’India e Appunti per un’Orestiade africana.11 Eanche nella Divina Mimesis, data alle stampe poco prima della morte (che sifinge l’edizione di un manoscritto ritrovato, il cui autore è morto, «ucciso acolpi di bastone, a Palermo, l’anno scorso»).12 Questa struttura gli consenteuna grande libertà di scrittura e la possibilità di inserire, in fasi successive,materiali eterogenei, anche non letterari, presi dalla cronaca o da altro.

Ma una domenica pomeriggio, sopra una bancarella di testi usati, la fortu-na incontra Calia, e Calia il libro. Finalmente ne può fare una comparazionecon Petrolio – funzionale alle sue indagini – e ne espone i risultati in una notaa margine della Richiesta di archiviazione.13

Anche Pier Paolo Pasolini (ucciso a Ostia il 2 novembre 1975) aveva dun-

– quasi una profezia di quella che davvero sarebbe scoppiata il 2 agosto 1980.Si parla anche dell’Eni, che Pasolini non considera solo un’azienda ma «untopos del potere». E ovviamente della morte di Mattei.

Non potevano del resto mancare questi ingredienti in un libro intitolatoPetrolio, l’odierno Vello d’Oro, per il quale si fanno guerre e viaggi in Oriente,come li fece Mattei, come un tempo li fece Giasone con gli Argonauti (altrotema del libro). Vi si trova quindi – come scrive Gianni D’Elia – anche il «rap-porto terribile tra economia e politica, le bombe fasciste e di Stato, la struttu-ra segreta delle società “brulicanti”, come i loro nomi, in beffardi acronimi».5

Le fonti di Petrolio

L’introvabile libro di Steimetz, che qui ripubblichiamo, è stato una delle fontidi Petrolio, da cui Pasolini riprende dati e notizie relative all’Eni e a Cefis, e avolte anche intere frasi. Ma ad accorgersene non è stato un filologo bensì unmagistrato, il sostituto Procuratore pavese Vincenzo Calia, mentre stava svol-gendo una nuova inchiesta sull’omicidio di Mattei. L’aereo del presidentedell’Eni, in volo tra Catania e Milano, precipitò infatti la sera del 27 ottobre1962, nella campagna di Bascapè, presso Pavia. La procura di Pavia aveva giàsvolto anni prima un’inchiesta su quella morte, che però si era conclusa conuna sentenza di «non luogo a procedere, perché i fatti non sussistono», avendoattribuito la caduta dell’aereo a un incidente, dovuto all’errore del pilota IrnerioBertuzzi.6 Calia riapre l’inchiesta il 20 settembre 1994, sulla base di nuovi fatti,e la conclude il 20 febbraio 2003 con una Richiesta di archiviazione.

Calia legge Petrolio, titolo irresistibile per un magistrato immerso nell’in-dagine sulla morte del presidente dell’Eni e vi trova una sorprendente coinci-denza. Venticinque anni prima di lui, Pasolini era giunto alla stessa ipotesi acui lo stava ora portando la sua lunga indagine: Mattei fu eliminato da un’o-scura regia politico-istituzionale interna all’Italia, di cui Cefis teneva le fila.Ecco cosa scriveva Pasolini in uno schema riassuntivo di Petrolio intitolatoStoria del petrolio e retroscena:

In questo preciso momento storico (I° BLOCCO POLITICO) Troya (!) sta per essere fatto presi-dente dell’Eni: e ciò implica la soppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologica-mente spostato in avanti).7

Calia commenta alcune pagine di Petrolio nella sua Richiesta di archiviazio-ne. E per primo coglie le analogie tra Questo è Cefis e il romanzo di Pasolini,collegando tra loro i fili di questa intricata matassa. Fatica però a reperire illibro di Steimetz. Non sa che una fotocopia si può trovare al GabinettoVieusseux di Firenze,8 proprio tra le carte di Pasolini, il quale a sua volta l’a-veva ricevuta nel settembre 1974 da Elvio Fachinelli, psicoanalista e anima-

VIII

5 Gianni D’Elia, Il Petrolio delle stragi, Effigie 2006, p. 22

6 La prima inchiesta, condotta dal pm pavese Edgardo Santachiara, si era conclusa il 31 marzo 1966.

7 Appunti 20-30. Storia del problema del petrolio e retroscena, pp. 117-18

8 Archivio Contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux di Firenze, cartella V (Materiali Vari)

9 Appunti 20-30. Storia del problema del petrolio e retroscena, in Petrolio, p. 118

10 Antoniani, Contro tutto questo. Il n. 6 di “Erba Voglio” fu curato da Fachinelli insieme a Giuseppe Turani.

11 Si veda, di Carla Benedetti, La forma-progetto, in Pasolini contro Calvino, Bollati Boringhieri 1999, pp. 158-70

12 La divina Mimesis, Einaudi 1975, p. 61

13 Vincenzo Calia, Richiesta di archiviazione, nota 1290, p. 416

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XI

E così con le altre società, immobiliari, petrolifere, metanifere, finanziarie,del legno, della plastica. della pubblicità, televisive, ecc.

Tutto questo viene notato da Calia,18 dando così una preziosa indicazioneanche per la ricerca critica e filologica sulle fonti di Petrolio. Una più accura-ta comparazione tra i due testi è stata poi condotta da Silvia De Laude, che nefornisce con grande precisione i risultati nelle Note all’edizione di Petrolio del2005, da lei curata.19 La studiosa mostra che Pasolini riprende quasi testual-mente da Questo è Cefis «ampi estratti nella sezione su Aldo Troya e il suo“impero” (Appunti 22, 22a, 22b, 22c, 22d)». Ad esempio, Steimez scrive:

Edito dalla Nuova Editoriale S.p.A., l’“Avvenire” esce regolarmente a Milano ed è nato,come tutti sanno, dalla fusione tra il quotidiano cattolico bolognese e il confratello ambrosia-no. […] Comunque sia, il quotidiano gode di particolare simpatia pubblicitaria Eni. […] Glistipendi, rispetto alle tabelle e alle medie dell’ambiente, risultano eccellenti, abbastanza dafar scattare d’invidia sottile il cast del “Corriere” dei Crespi. Non si è badato a spese per l’au-mento delle pagine, delle rubriche dei servizi […] si sono ingaggiati – per un organo in pre-cedenza clericale e codino – giornalisti del “Corriere” (Vice redattore capo dei servizi sporti-vi); […] redattori dell’Ansa e di “Panorama” […] l’ex direttore della giovanile e leggera rivi-sta “Ciao Big”; alla cronaca nera, nientemeno che l’ex direttore di “Kent”, l’elegantissimo efrivolo mensile per uomini (soli); ancora, l’ex redattore capo di quello che fu per qualchetempo l’ignobile “Abc”; nonché l’ex diretore di “Sì”, rampollo di “Abc”.20

Pasolini così lo riscrive in Petrolio:

Per esempio, edito dalla Nuova Editoriale Italiana Spa, usciva a Milano nuovo “Avvenire”, natodalla fusione tra il quotidiano cattolico bolognese e l’omonimo quotidiano lombardo. L’Eniaveva una particolare predilezione per questo giornale, che non si limitava a pregi pubblicitari.Gli stipendi dei redattori e dei collaboratori vennero talmente aumentati da suscitare l’invidiadel “Corriere della Sera”; vennero aumentate le pagine, le rubriche, i servizi, ecc. Si ingaggia-rono addirittura dei giornalisti del “Corriere” – per esempio il viceredattore capo dei servizisportivi – insieme ai redattori dell’Ansa e di “Panorama”; per non parlare di altri personaggi piùeccentrici, come per esempio l’ex direttore di “Ciao Big”, l’ex direttore del mensile per uominisoli “Kent”, l’ex direttore di “Sì” (figliazione di “Abc”) e l’ex redattore capo di “Abc” stesso.21

Di alcuni personaggi cambiano i nomi: il presidente della Nuova EditorialeItaliana s.p.a. Giuseppe Restelli in Petrolio è Ettore Zolla; al suo vice AngeloMorandi, Pasolini dà per nome Guido Casalegno. Ancora da Questo è Cefis:

Essendo infatti il Presidente Mattei preso dalle sue mille attività sino al punto di non trovarenemmeno il tempo di firmare montagne di corrispondenza ordinaria e limitandosi a porre il sigil-lo autografo sulle missive di un certo impegno, il Morandi funzionava da negro per la firma,siglando per esteso, con imitazione quasi perfetta dell’originale di Mattei e con fedeltà anastati-ca ammirevole, il corriere di poco conto, anche magari riferito alla posta di quell’Ente (non diStato) che il Presidente proteggeva e di cui si occupa pienamente, oggi, lo stesso Cefis.22

Così in Petrolio:

Il presidente Enrico Bonocore era intatti talmente preso dal vortice delle sue attività – fonda-trici, appartenenti al tempo mitico – da non trovare il tempo nemmeno di porre la sua firmasotto le centinaia di lettere di corrispondenza ordinaria (per le lettere più importanti usava unsigillo autografo): era quindi Casalegno – ripeto, uomo sostanzialmente onesto – a firmare il

que avanzato in Petrolio sospetti sulla morte di Mattei, alludendo a responsa-bilità di Cefis. Pur nella frammentaria stesura del romanzo incompiuto taliallusioni sono chiaramente rintracciabili. Il personaggio chiamato Troya nonpuò che mascherare Eugenio Cefis («Aldo Troya, vice presidente dell’Eni, èdestinato a diventare uno dei personaggi chiave della nostra storia»),14 mentreBonocore è lo stesso Mattei.15 La descrizione che Pasolini fa di Troya è delresto non solo inequivocabile, ma anche tale da rivelare la fonte usata: si trat-ta appunto di Questo è Cefis.

Lui, Troya, è un uomo sui cinquant’anni […]. La prima cosa che colpisce in lui è il sorriso.[…] un sorriso di complicità, quasi ammiccante: è decisamente un sorriso colpevole. Con essoTroya pare voler dire a chi lo guarda che lui lo sa bene che chi lo guarda lo considera un uomoabbietto e ambizioso, capace di tutto […] Il linguaggio con cui egli si esprimeva era la sua atti-vità, perciò io, per interpretarlo, dovrei essere un mercialista oltre che un detective. Mi sonoarrangiato, ed ecco cosa sono venuto a sapere.[…] Troya emigrato a Milano nel 1943, fu coltonon inaspettatamente impreparato alle proprie scelte, a quanto pare, dalla fine del fascismo edall’inizio della Resistenza. Partecipò infatti alla Resistenza […]. Il capo di quella formazionepartigiana era l’attuale presidente dell’Eni, Ernesto Bonocore. […] le madri: una certa PinettaSprìngolo di Sacile, per Troya, e una certa Rosa Bonali, di Bescapè per Bonocore. […] La cosache vorrei sottolineare è la seguente: Troya nella formazione partigiana era secondo. E la cosapareva gli si addicesse magnificamente fin da allora. […]. Sarebbe troppo lungo, e per me, poi,impossibile, seguire tutta la lenta storia (due decenni) di questa accumulazione e di questaespansione. Mi limiterò dunque a dare un panorama, […]. Dunque, Troya è attualmente vice-presidente dell’Eni. Ma questa non è che una posizione ufficiale, premessa per un ulteriorebalzo in avanti dovuto non tanto a una volontà ambiziosa quanto all’accumularsi oggettivo emassiccio delle forze guidate da tale volontà. La vera potenza di Troya è per ora nel suo impe-ro privato, se queste distinzioni sono possibili. Troya ha da sempre coerentemente agito sottoil segno del Misto. Dunque non c’è mia reale soluzione di continuità tra ciò che è suo e ciò cheè pubblico […] L’altro fondamento primo dell’impero di Troya era la Società Immobiliari ePartecipazioni (?), intestata a Amelia Gervasoni [….] sorella della moglie di Troya.16

Pasolini elenca una lunga serie di società tra loro collegate, amministrate dapersone riconducibili al vice presidente dell’Eni. Come scopre Calia, si trattadi alcune delle società elencate da Giorgio Steimetz in Questo è Cefis: i cuinomi sono stati sostituiti da Pasolini con altri, ma assonanti. Ad esempio, alla“Immobiliari e Partecipazioni” di Pasolini, corrisponde la In.Im.Par. (Ini -ziative Partecipazioni Immobiliari) di Steimetz. Alla “Spiritcasauno” e“Spiritcasadieci” di Pasolini, che devono il nome «al fatto che presentementeCarlo Troya abitava in via di Santo Spirito, a Milano» (Calia), corrispondo-no, nella realtà, la Chioscasauno e Chioscasadieci, così chiamate perchéEugenio Cefis abitava in via Chiossetto a Milano. Steimetz cita la Ge.Da., poiPro.De. (Profili Demografici s.p.a.), Da.Ma. (Data Management s.p.a.) eSystem-Italia (la stessa società che aveva assunto la figlia del contadinoMario Ronchi di Bascapé), e Pasolini le elenca con acronimi assonanti:

Un anno dopo la “Am.Da.” viene incorporata dalla “Li.De.” (Lineamenti Demografici Spa),con oggetto “stampa e spedizione di lettere e corrispondenze, formazione di schedari ecc.”.[…] Qualcosa insomma, tecnicamente, come un piccolo Sid […]. Poi la ‘Li.De.’ si trasferi-sce (appunto) a Roma […]. E la società prende il nome di “Da.Off.”, Data Office Spa. Ma perpoco, perché ben presto […] la società si richiama di nuovo “Am.Da.”. E a questo punto […]la società ampliandosi, espandendosi, prende il definitivo nome di “Pattern italiana”[…]17

X

14 Appunto 20. Carlo – Come in un romanzo di Sterne – lasciato nell’atto di andare a un Ricevimento, p.90

15 Bonocore, che Pasolini chiama Enrico nell’Appunto 20, p. 100.

16 Appunto 22. Il cosiddetto impero dei Troya: lui, Troya, pp. 94-98

17 Appunto 22c. Il cosiddetto impero dei Troya: la ramificazione più importante del fratello Quirino, p. 104

18 Richiesta di archiviazione, nota 1290, p. 416

19 Petrolio, a cura di Silvia De Laude, Oscar Mondadori 2005, pp. 595-615

20 Qui, p. 37

21 Appunto 20. Carlo – come in un romanzo di Sterne – lasciato nell’atto di andare a un Ricevimento, p. 90

22 Qui, p. 38

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XIII

Scrive Steimetz:

Eugenio Cefis […] conta 50 anni […] non teme le Cassandre dei tumori, è un patito delleMarlboro che offre con larghezza all’interlocutore, non potendo né sapendo sacrificargli unsorriso per la quasi totale assenza di comunicativa. […] Cefis allora intensifica la propriaverve ipnotica, giungendo sino al risolino allettante, astuzia sottile del proletario furbo […] Ilbarone del metano compresso, così come si mostra schivo davanti alle telecamere e ai papa-razzi, così com’è allergico ad apparire in pubblico […] Colleziona con devozione (e profitto)gli ex-voto, investimento d’arte tra i più intelligenti. Trova conforto e relax nella Citroën Ds21 intestata alla segretaria.29

Pasolini:

Lui, Troya è un uomo sui cinquant’anni, ma ne dimostra meno. La prima cosa che colpisce inlui è il sorriso. Colpisce, prima di tutto, perché si sente subito che è un sorriso divenuto stereo-tipo. […] Troya, cioè, sorridendo furbescamente, voleva far sapere ininterrottamente, senzasoluzione di continuità, e a tutti che lui era furbo. […] Non amava assolutamente nessunaforma di pubblicità. Egli doveva, per la stessa natura del suo potere, restare nell’ombra, e infat-ti ci restava […] Si sapeva che girava con una macchina, una Citroën verde, non intestata nem-meno a lui (che dunque non era possessore nemmeno di una modesta Citroën); e si sapevaanche che faceva raccolta di oggetti in ceramica bianca (cosa che dava l’aria di piccoli cimite-ri a certi tavolini, non certo pezzi rari d’antiquariato, della sua casa e anche del suo ufficio).30

Analizzando l’Appunto 22a, Silvia De Laude annota che anche «l’“imperoprivato” di Troya, con i suoi vari “feudi” è descritto, in questo e nei treAppunti seguenti (22b, 22c, 22d), sulla base del libro di Steimetz, che com-prende fra l’altro uno schema grafico31 costruito esattamente come il “grafico”con “rettangoli” in cui si allude in Petrolio». Scrive Pasolini:

Il lettore dunque osservi questo grafico. I rettangoli che rappresentano le varie Società o Entidell’impero di Troya sono tratteggiati: il tratteggio significa cifra, cioè, nella fattispecie, capi-tale sociale, dichiarato e reale. L’ultimo rettangolino è tratteggiato solo a metà. Si tratta delle“Iniziative culturali” della Sig.ra F., della cui consistenza finanziaria ci è nota solo una metà.32

Anche Ivan Troya, fratello di Aldo, ricalca la descrizione fatta da Steimetz diAlberto Cefis, fratello di Eugenio: «il fratello Alberto, ingegnere, che ammi-nistra le piantagioni in Canada».33 E così Pasolini: «Un feudo assai lontano,oltre oceano, e precisamente in Argentina, nelle immense pianure presso Mardel Plata. Qui egli possiede una vera e propria piccola “regione”, il cui feuda-tario è, pare da molti anni, il fratello Ivan».34

Adolfo Cefis (fratello minore di Eugenio) in Petrolio corrisponde a QuirinoTroya (o Arduino). La Trevalor Trust Reg. di Adolfo diventa la PentavalorTrust Reg. di Quirino; la Sosvic, Sosmel; la Walchiria Établissement si trasfi-gura in Walhalla Établissement.

De Laude elenca altre allusioni di Pasolini a nomi di società e personaggiregistrati da Steimetz: la Lignea Sas di Quirino Troya e soci allude all’ArboreaSas di Adolfo Cefis; l’Am.Da., Amministrazione Dati Spa, ricalca la Ge.Da.

corriere ordinario per Enrico Bonocore: siglando per esteso, con ammirevole imitazione dellafirma originale del Capo. In conseguenza di tale sua sconfinata pazienza manuale, GuidoCasalegno, occupava presentemente la carica che abbiamo detto: oltre a essere DirigenteAmministrativo della Snam, e Direttore della Divisione Segisa, controllando così amministra-tivamente e finanziariamente il “Giorno”; ed era entrato a fare parte della piccola fluttuanteoligarchia del cosiddetto impero dei Troya.23

Con ironia, Steimetz titola un suo paragrafo Il nababbo degli investimenti avuoto, sulla moltitudine di infruttuosi investimenti Eni nel Sudan, in Somaliao nel Golfo Persico:

Nel ‘58 l’Eni investe in Marocco dai 12 ai 15 miliardi con la Somip, ma si sa come vannoqueste cose. Pazienza, di oro nero nemmeno l’ombra. Nel Sudan (1959), altri pozzi inghiot-tono miliardi e non regalano un barile di petrolio. Dopo l’intermezzo libico, dieci miliardi inSomalia cinque milioni al giorno circa per azionare le sonde senza conclusioni migliori.Finalmente il Golfo Persico, con lo Scarabeo, la piattaforma galleggiante dell’Eni, e il petro-lio si trova; profitto iniziale subito annullato dalle contemporanee, inutili trivellazioni nelmassiccio montuoso dello Zagros, un anno di lavoro a quota 3350.24

Pasolini così lo riscrive nell’Appunto 54 (Il viaggio reale nel Medio Oriente):

L’Eni aveva investito in Marocco dai 12 ai 15 miliardi: ma non vi si era trovato neanche unagoccia di petrolio. E ciò precedentemente al viaggio del nostro ingegnere. Nel viaggio in que-stione, le cose, appunto, non erano andate molto meglio. Nel Sudan [...] un altro buon nume-ro di miliardi e anche qui neanche una goccia di petrolio. In Eritrea furono investiti precisa-mente dieci miliardi – cinque milioni al giorno per azionare le sonde – senza il minimo risul-tato positivo. Nel Golfo Persico invece il petrolio – novello Vello d’Oro secondo il nostroidioletto – fu trovato: entrò così trionfalmente in questione lo ‘Scarabeo’, la famosa piattafor-ma galleggiante dell’Eni. Disgraziatamente però, esattamente nello stesso periodo, tutto ciòche venne guadagnato nel Golfo Persico, andò perduto nel massiccio montuoso dello Zagros:un inutile anno di trivellazioni a quota 3350.25

Petrolio avanza dentro a una stratificazione di esibite citazioni. Addiritturaclamorosa, nell’Appunto 129, la ripresa della festa narrata da FëdorDostoevskij nei Demoni,26 libro in cui Pasolini si specchia e specchia l’Italiadei primi anni Settanta («No, io parlo – come dice Dostoevskij, e come io nonoserei dire – delle ‘mezze calzette’». Il riuso di materiali preesistenti, conriprese che non di rado sono alla lettera, è insieme il risultato di un lavoro didocumentazione e un’esigenza estetica. Per De Laude, così come per Calia,sono «poche, nel ritratto di Aldo Troya, le varianti rispetto al libro diSteimetz»27; cambia il luogo di nascita: Sacile, in provincia di Pordenone,invece di Cividale («ma di Udine quando egli era nato», scrive Pasolini).28

XII

23 Appunto 20. Carlo – come in un romanzo di Sterne – lasciato nell’atto di andare a un Ricevimento, p. 100

24 Qui, p. 14

25 Appunto 54. Il viaggio reale nel Medio Oriente, p. 199

26 Dostoevskij: «La festa ebbe luogo, malgrado tutte le perplessità della trascorsa giornata “spiguliana” Credo che se anche Lembke fossemorto in quella stessa notte, la festa avrebbe avuto luogo alla mattina: a tal punto Julija Michajlovna le attribuiva un certo speciale signifi-cato. Ahimè; era rimasta nella cecità fino all’ultimo momento e non capiva l’umore della società. Nessuno credeva in ultimo che il giornosolenne sarebbe passato senza qualche colossale avventura, senza uno ‘scioglimento’, come si esprimevano taluni, stropicciandosi antici-patamente le mani». Pasolini: «La festa ebbe luogo, malgrado tutte le perplessità della trascorsa giornata “calda”. Credo che se anche il vice-presidente Miceli fosse morto in quella stessa notte, la festa avrebbe avuto ugualmente luogo alla mattina: a tal punto donna Giulia Miceliattribuiva ad essa una specie di significato. Era commovente come ella fosse rimasta nella sua cecità fino all’ultimo e non avesse capito l’u-more della società. Nessuno credeva, a quel punto, che il giorno solenne sarebbe trascorso senza qualche eccitante imprevisto, senza unvero e proprio ‘scioglimento’ come si esprimevano alcuni (destinati peraltro a essere delusi, benché avessero previsto bene)» (Petrolio, acura di De Laude, p. 541. Si veda Petrolio, a cura di De Laude, nota n. 79, p. 613-4.

27 Petrolio, a cura di S. De Laude, p. 212

28 Appunto 22. Il cosiddetto impero dei Troya: lui, Troya, in Petrolio, Oscar Mondadori, p. 104

29 Si veda qui, rispettivamente alle pp. 20, 6, 13, 81, 88

30 Appunto 22. Il cosiddetto impero dei Troya: lui, Troya, pp. 94-96

31 Qui, p.172

32 Appunto 22i. Seguito del puzzle ecc., p. 115

33 Qui, p. 81

34 Appunto 22a. Il cosiddetto impero dei Troya: le filiali più vicine alla casa madre, p. 98

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XV

Lampi sull’Eni

Tutte le edizioni di Petrolio finora pubblicate43 contengono uno strano capito-lo formato da un titolo e una pagina bianca. Il titolo è Appunto 21. Lampisull’Eni. È quello che viene subito prima dell’Appunto 22. Il cosiddeto impe-ro dei Troya, cioè le pagine di cui abbiamo parlato finora. Secondo GraziellaChiarcossi, erede di Pasolini e curatrice della prima edizione di Petrolio, quelcapitolo non è mai strato scritto. Eppure viene richiamato in un’altra paginadi Petrolio come se fosse già scritto: «Per quanto riguarda le imprese antifa-sciste, ineccepibili e rispettabili, malgrado il misto, della formazione partigia-na guidata da Bonocore, ne ho già fatto cenno nel paragrafo intitolato Lampisull’Eni, e ad esso rimando chi volesse rinfrescarsi la memoria».44 Anche l’e-dizione di Silvia De Laude, molto accurata nelle note, non commenta quellostrano rinvio a un capitolo che non c’è. Il primo a notare l’incongruenza èstato Calia. Vi si è soffermato poi D’Elia, che la considera la prova di un pos-sibile furto di pagine dal manoscritto di Petrolio, poiché «non si può “riman-dare” che a ciò che si è già scritto»45. Certo, Pasolini avrebbe anche potutoavere in testa i contenuti di quel capitolo, pur non avendolo ancora steso, eripromettendosi di farlo in un momento successivo, ma certamente la “lacu-na” apre delle domande. Soprattutto se la si somma alla natura dell’argomen-to, alle modalità della morte dell’autore, al furto o sopralluogo che secondoalcuni testimoni ci sarebbe stato nella casa di Pasolini subito dopo l’omicidio,alle dichiarazioni di Pasolini stesso secondo le quali Petrolio avrebbe dovutoessere più lungo di quello che ora abbiamo,46 e infine anche al fatto chePetrolio è stato pubblicato ben diciassette anni dopo l’omicidio (un ritardosolo in parte giustificato dall’incompiutezza del manoscritto).

Da ciò che scrive Pasolini, si può ritenere che in quell’appunto mancantedoveva (o avrebbe dovuto) esserci un riferimento esplicito al periodo partigia-no di Cefis, e forse ad alcune ombre del suo passato nella Divisione apoliticaValtoce in Val d’Ossola (poi inquadrata nelle Brigate Fiamme Verdi, di orien-tamento cattolico), e in particolare nella Brigata Alfredo Di Dio, dedicata allamemoria del comandante caduto in un agguato il 12 ottobre 1944 – morte dicui Cefis sembra portare qualche responsabilità.47 Sono gli anni in cui si cemen-tano i legami – già stretti – tra il partigiano “Alberto” (il nome di battaglia di

Gestione Dati Spa; «Evelyn Lane, l’uomo di Hong Kong»35 nel libro di Steimetzlo ritroviamo come «Christopher Coleman, l’uomo di Singapore».36

E ancora: Amelia Gervasoni, cognata di Aldo Troya e sua prestanome, cor-risponde ad Alessandra Righi in Furlani, cognata di Cefis, titolare dellaSocietà Immobiliari e Partecipazioni (Pasolini: «L’altro fondamento primodell’impero di Troya era la Società Immobiliari e Partecipazioni (?), intestataad Amelia Gervasoni. […] Essa era la sorella della moglie di Troya […].Dalla “Immobiliari e Partecipazioni” si figliavano, disponendosi per così diresu due file, altre otto imprese o enti, o non so come diavolo chiamarle. Inprima fila, la Aronese, l’Inv.Imm., la S. Floreano, la Dbdi; in seconda fila: laSpiritcasauno, la Spiritcasadieci, la Cen.Mer., e la Sil».37 Società dai nomi«alquanto ‘brulicanti’» scrive Pasolini. È dunque nel solco già abbozzato daCalia nel 2003, che la filologa De Laude – pur evitando sistematicamente ogniriferimento all’inchiesta del magistrato pavese – due anni dopo torna ad arare:

Anche i nomi di queste società riprendono nomi di società reali registrate da Steimetz: laAronese corrisponde alla Arolo, l’Inv.Imm. esisteva davvero, la S. Floreano è il travestimen-to (con un toponimo friulano, caro a Pasolini) della San Sebastiano, la Dbdi ricalca palese-mente la Fmi – le iniziali sono nel romanzo quelle della principale prestanome di Aldo TroyaDonata Bandel Dragone (p. 108),38 come la Fmi, riferisce ancora Steimetz, era sigla ricavatadalle iniziali di Ambrogia Francesca Micheli, segretaria privata di Cefis. Lo stesso discorsovale per le società di seconda fila, elencate a p. 109:39 i nomi Spiritcasauno e Spiritcasadieciricalcano Chioscasauno e Chioscasadieci (Troya aveva il suo ufficio a Milano in via SantoSpirito, come Cefis in via Chiossetto, da cui Chioscasa); la Cen-Mer. (Centro Meridione)richiama palesemente la reale Immobiliare Centro Sud, e così via.40

Pasolini si mantiene fedele alla ricostruzione di Steimetz anche riguardo allostatuto proprietario delle singole società. Ancora qualche esempio:

Arolo, scrive Steimetz, aveva come soci la prestanome di Cefis Ambrogia Francesca Michelie la General Rock Investment Trust di Vaduz: nel romanzo diventano la prestanome di TroyaDonata Bandel Dragone e la General Lake Investment Trust di Coira. La Chioscasauno, sem-pre stando alle informazioni di Steimetz, era una società a responsabilità limitata rilevata daCefis nel 1961: così nel romanzo la Spiritcasauno.41

Testo alla mano, si può dire quindi che molte delle informazioni di Pasolinisu Cefis – in particolare quelle contenute nell’Appunto 22 (Il cosiddetto impe-ro dei Troya) – venivano da Questo è Cefis. Nel Petrolio delle stragi GianniD’Elia ha anche considerato «con una certa sorpresa che l’ultimo Pasolini“corsaro”, quello che potremmo anche chiamare “il poeta delle stragi”,riprende quasi sicuramente dal colorito libro di Steimetz il suo aggettivo piùromanzesco, salgariano, fortunato e connotato, come si può leggere in Questoè Cefis: “come corsari sulla filibusta”».42

XIV

35 Il cosiddetto impero dei Troya. La ramificazione più importante del fratello Quirino, p. 104

36 Qui, p. 62

37 Appunto 22a. Il cosiddetto impero dei Troya: le filiali più vicine alla casa madre, p. 99

38 Ed. Einaudi, p. 100

39 Ed. Einaudi, p. 99

40 Petrolio, a cura di Silvia De Laude, p. 600

41 Ibid.

42 Il Petrolio delle stragi, p. 7, e qui, p. 40

43 Oltre a quelle già citate, Einaudi 1992 e Mondadori 2005, c’è anche l’edizione del romanzo contenuta nell’opera completa di Pasolini, diret-ta da Walter Siti, e curata dalla stessa De Laude, vol. II, Romanzi e racconti, Mondadori 1998.

44 Appunto 22a. Il cosiddetto impero dei Troya: le filiali più vicine alla casa madre, p. 97

45 Il Petrolio delle stragi, pp.16-17

46 Su “Il Mondo” del 26 dicembre 1974, Pasolini dichiara a Carlotta Tagliarini: «Nulla è quanto ho fatto da quando sono nato, in confrontoall’opera gigantesca che sto portando avanti: un grosso Romanzo di 2000 pagine. Sono arrivato a pagina 600, e non le dico di più per noncompromettermi».

47 Nel 1969 Cefis subisce un oscuro attacco di Giorgio Pisanò e Fulvio Bellini sul “Candido”. Ne accenna Giorgio Galli in La regia occulta(Tropea, 1996): «Il comandante delle formazioni partigiane di orientamento Dc in Val d’Ossola, Alfredo Di Dio, cade in combattimento duran-te la battaglia per Domodossola, alla quale aveva partecipato anche Cefis. Nel 1969 è in corso uno dei molti scontri per il controllo dellaMontedison. Pisanò organizza un gruppo di suoi piccoli azionisti. Secondo Eugenio Scalfari e Giuseppe Turani (Razza padrona, p.117) operad’intesa con Cefis». Ma il rapporto si incrina: «Venti giorni prima della clamorosa assemblea della Montedison, Giorgio Pisanò era arriva-to a stampare su “Candido” una lettera aperta a Eugenio Cefis nella quale si potevano leggere frasi come la seguente: “Non è in questa sede,comunque, che interessano i suoi trascorsi di giovane ufficiale durante la seconda guerra mondiale e di capo partigiano in Val d’Ossola (aproposito quand’è che renderà la sua preziosa testimonianza su quanto accadde la tragica mattina del 12 ottobre, al Sasso di Finero, e sullalunga agonia di Alfredo Di Dio)”. [Pisanò] insinuava, cioè, che il presidente dell’Eni sapesse sulla morte di Di Dio più di quanto non avessemai detto e, lasciava capire, di quanto avesse interesse di dire» (Razza padrona, Feltrinelli 1974, pp. 206-207).

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XVII

pressione del suo predecessore (caso Mattei cronologicamente spostato inavanti)», egli si discosta dall’ipotesi corrente, secondo cui la morte di Matteiaveva come unico movente gli interessi della lobby petrolifera americana oquelli francesi in Algeria (è l’ipotesi ventilata anche nel film di FrancescoRosi, Il caso Mattei).51 Non solo. Per Pasolini, Mattei era stato ucciso per farposto a Cefis (in cui si doveva leggere «fisicamente Fanfani», come è scrittosopra il diagramma). Dunque un intrigo per buona parte interno all’Italia e aisuoi blocchi di potere, le cui fila erano tenute in mano da Cefis, così comericostruirà Calia molti anni dopo. Un complotto «orchestrato “con la copertu-ra degli organi di sicurezza dello Stato” e poi occultato in un intreccio diomertà e depistaggi pronti a ricompattarsi ogni volta che, nella storia delPaese, qualcuno minaccia di rivelarne il segreto».52 Secondo il pentito “stori-co” di Cosa nostra Tommaso Buscetta:

Mattei fu ucciso su richiesta di Cosa nostra americana perché con la sua politica aveva dan-neggiato importanti interessi americani in Medio Oriente. A muovere le fila erano molto pro-babilmente le compagnie petrolifere, ma ciò non risultò a noialtri direttamente, in quantoarrivò Angelo Bruno, della famiglia di Filadelfia, e ci chiese questo favore a nome dellaCommissione degli Stati Uniti [...] Occorreva pertanto studiare un metodo per eliminarlo deltutto inusuale per noi e tale da fare in modo che l’episodio rimanesse avvolto nel mistero piùfitto. Salvatore Greco ‘Cicchiteddu’ si assunse il compito di organizzare materialmente l’at-tentato. Egli, a sua volta, si consultò con Stefano Bontade [...] Il contatto con Mattei fu stabi-lito da Graziano Verzotto, un uomo di potere che rappresentava l’Agip in Sicilia e militavanella Democrazia cristiana. Verzotto non era informato, ovviamente, del progetto di Cosanostra, ma era molto legato a Di Cristina53 [...] Penso che fu proprio Verzotto, o lo stesso DiCristina a presentare a Mattei un gruppo di giovanotti della mafia (quelli che ho nominatoprima più Stefano Bontade) che lo portarono a caccia – sapevamo che Mattei aveva una pas-sione per questo sport – nei dintorni di Catania il giorno prima della sua morte [...] Di Cristinaprocurò l’accesso a una riserva privata dove accompagnare Mattei. L’aereo di quest’ultimo fumanomesso durante questa battuta di caccia. Esisteva, ovviamente, una vigilanza che dovevaessere elusa. Ma la vigilanza di quei tempi non era quella di oggi: consisteva in un paio diguardie che passeggiavano su e giù nei pressi dell’aereo.54

Buscetta dunque conferma: l’aereo di Mattei subì un sabotaggio. Lo si riscon-tra anche dalle confessioni di altri “pentiti”: Gaetano Iannì («per l’eliminazio-ne di Mattei c’era stato un accordo tra gli americani e Cosa nostra. Il centrodi Cosa nostra, cioè Palermo, incaricò per l’eliminazione Di CristinaGiuseppe il quale con la sua famiglia fece in modo che sull’aereo sul qualeviaggiò il Mattei venisse collocata una bomba»)55 e Salvatore Riggio(«Sempre in ordine alla morte di Enrico Mattei, nella famiglia di Riesi si par-lava di una bomba messa sull’aereo»).56

Cefis) e l’Office of Strategic Services (Oss) precursore della Central Intel li -gence Agency (Cia), l’agenzia di spionaggio per l’estero degli Stati Uniti.

Dunque, o quelle pagine non sono state scritte oppure sono state sottratte. Ein questo secondo caso si tratterebbe di una sottrazione mirata. Perché propriole pagine di Lampi sull’Eni? Chi si impossessò di quelle carte doveva essere aconoscenza del loro contenuto. Sapeva che nel romanzo si parlava dell’omici-dio di Mattei e si faceva anche il nome del mandante, Eugenio Cefis. Ma il suobisturi non lavorò alla perfezione. Forse per la fretta, forse per scarsa dimesti-chezza con la strana forma compositiva di Petrolio, egli non si accorse che inun’altra pagina del manoscritto, uno schema riassuntivo del 16 ottobre 1974(circa un mese dopo aver ricevuto da Fachinelli la fotocopia di Questo è Cefis)riportava il “sunto” del capitolo mancante. Si tratta del passo già citato sopra«Troya sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la soppressionedel suo predecessore (caso Mattei…)» ecc, assieme a un diagramma, questo.48

Pasolini annota un «romanzo non tanto ‘a schidionata’ quanto ‘a brulichio’, omagari a ‘shish kebab’ / tutta questa è un’enorme digressione alla Sterne, chelascia Carlo nell’atto di andare al ricevimento della signora F. E lo riprendequando entra / - specchietto dell’Impero Eni poi Montedison / - specchiettodell’impero Monti secondo questo schema». Di nuovo Calia evidenzia (qui incorsivo) alcuni passaggi di Petrolio utili alle sue indagini:

- La signora presso cui c’è il ricevimento è la Signora titolare di un Ente Culturale finanzia-to (per ragioni di amicizia o parentela) sia da Cefis che da Monti […] / * Il racconto che portaal punto di incrocio del salotto della Signora è costituito tutto da notizie e informazioni diaffari e parentele ecc. (Appunti 20-30). Ma anche nel punto di incrocio si raccontano <?> fattidi affari, interessi, mene, clientelismo che preparano la II parte / In questo preciso momentostorico (I° BLOCCO POLITICO) Troya (!) sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica lasoppressione del suo predecessore (caso Mattei, cronologicamente spostato in avanti). Eglicon la cricca politica ha bisogno di anticomunismo (’68): bombe attribuite ai fascisti49 /(Restivo lo conosciamo nel salotto della signora F.) / Il II° BLOCCO POLITICO (app. sarà carat-terizzato dal fatto che la stessa persona (Troya) sta per essere fatto presidente dellaMontedison. Ha bisogno, con la cricca dei politici, di una verginità fascista (bombe attribui-te ai fascisti) / ** inserire i discorsi di Cefis: i quali servono a dividere in due parti il roman-zo in modo perfettamente simmetrico e esplicito […] / Mattei lo usa per i contatti coi fasci-sti proprio per la sua intaccabilità di antifascista e cattolico di sinistra / I fascisti siciliani ricat-tano – per questa ragione – Carlo quando è il momento di ammazzare Mattei; e Carlo si facomplice (sia pure solo col silenzio). A proposito della mafia [...]50

Quando Pasolini scrive che Carlo Troya (Carlo, come il padre di Pasolini)ovvero Cefis, «sta per essere fatto presidente dell’Eni: e ciò implica la sop-

XVI

48 Appunti 20-30. Storia del problema del petrolio e retroscena, pp. 117-18

49 Nella realtà, le bombe milanesi del 12 dicembre 1969 vennero attribuite agli anarchici Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda.

50 Appunti 20-30. Storia del problema del petrolio e retroscena, pp. 117-18; Richiesta di archiviazione, nota 1290, p. 416

51 In Francia Mattei era osteggiato sia dal generale De Gaulle che dagli ‘ultras’ dell’Organisation de l’armée secrète (Oas), un gruppo terrori-stico clandestino che si oppone al disimpegno francese in Algeria. Nell’estate del 1961 Mattei era stato informato dal segretario particolaredi Gronchi di piani in atto per ucciderlo da parte dell’organizzazione estremista francese. Una settimana dopo l’Oas inviò una lettera a Matteiminacciandolo di morte. Non esistono particolari d’archivio su questi fatti, ma è certo che Mattei, che probabilmente finanziava i ribelli alge-rini, fosse inviso ai francesi.

52 Si veda Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza, “il Fatto Quotidiano”, 4 marzo 2010. Alle stesse conclusioni era forse arrivato anche MauroDe Mauro, il giornalista siciliano ucciso nel 1970 dalla mafia.

53 Di cui Verzotto era stato testimone alle nozze.

54 Verbale dell’interrogatorio del 29 aprile 1994, in Richiesta di archiviazione, pp. 2165-2172. Nelle ore passate da Mattei in Sicilia, non risul-ta che il presidente dell’Eni abbia preso parte a battute di caccia.

55 Verbale dell’interrogatorio del 27 luglio 1993, pp. 3-5

56 Verbale dell’interrogatorio del 15 luglio 1996, in Richiesta di archiviazione, p. 3214

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XIX

no infatti Cefis troppo potente, in quanto controllava direttamente laMontedison e gestiva l’Eni tramite Girotti».61

A Palermo il quotidiano “l’Ora” smise presto di occuparsi del metanodotto.Verzotto: «Le mie informazioni dell’epoca mi indussero a ritenere che ilmutamento di condotta da parte de “l’Ora” fosse stato direttamente ispirato da‘Botteghe Oscure’, cui faceva comodo l’esclusivo rapporto centralizzato coni finanziamenti dell’Eni, escludendo eventuali finanziamenti periferici diffi-cilmente controllabili dalla direzione del partito». Il progetto del metanodot-to «e la nostra posizione politica erano sostenuti dall’agenzia “RomaInformazioni” di Matteo Tocco, non so se collegata a “Milano Informazioni”[di Corrado Ragozzino]. Tale agenzia era la sola che in quel momento nonriceveva sussidi dall’Eni, essendo invece finanziata dall’Ente minerario sici-liano». Verzotto parla di De Mauro: con il giornalista «c’era una intesa con-solidatasi nel tempo. Da ultimo, io gli avevo chiesto di darmi una mano nelsostenere il progetto del metanodotto e nel contrastare chi vi si opponeva. Erainteso che tale aiuto – che De Mauro mi offriva di buon grado – doveva risol-versi in articoli e servizi contro l’Eni e il suo vertice e a favore del metano-dotto». Secondo Verzotto, per comprendere i motivi del suo sequestro-assas-sinio è prima «necessario chiarire perché Mauro – apparentemente senzaragione – fosse stato spostato dalla cronaca allo sport, pochi mesi prima».62

Mauro De Mauro viene “prelevato” a Palermo il 17 settembre 1970. Le inda-gini portano presto al fermo del commercialista Antonino Buttafuoco, un mas-sone iscritto alla loggia palermitana Armando Diaz (ne faceva parte anche l’a-mico di Guarrasi Stefano Bontade, il mandante), loggia collegata alla P2. Incittà si dà ormai per imminente l’arresto di Vito Guarrasi, «tanto che la sededella Rai di Palermo – lo ricorda Giampaolo Pansa – era già stata allertataaffinché potesse preparare una scheda biografica filmata del personaggio». Maecco il colpo di scena: dopo aver annunciato il 2 novembre l’imminente arre-sto del «puparo», il questore di Palermo Ferdinando Li Donni fa una tantorepentina quanto apparentemente inspiegabile marcia indietro. Si scoprirà cheil 10 novembre 1970 Guarrasi ha incontrato segretamente il comandante dellalegione Carabinieri di Palermo, il colonnello Carlo Alberto Dalla Chiesa. Puracoincidenza, ma il 17 novembre 1970, poche ore dopo l’incontro «senza appa-rente ragione le indagini si arrestarono. La squadra mobile abbandonò la “pistaMattei” e, di fatto, le stesse indagini sulla scomparsa di Mauro De Mauro».63

Sin dal primo Rapporto del 6 ottobre 1970 l’Arma cerca di depistare leindagini, dall’omicidio Mattei al narcotraffico, ignorando sistematicamenteVito Guarrasi – il cui nome non figurerà mai nei rapporti dei Carabinieri – alcontrario della Polizia, che in due indagini parallele (della Squadra mobile edell’Ufficio politico) perseguiva con decisione la pista Mattei. MarioFratantonio è il giudice istruttore che segue l’inchiesta sulla scomparsa di De

La scia del sangue

Il 4 settembre 1998 Graziano Verzotto – interrogato a Pavia – confida a Caliache per Mauro De Mauro «il sabotaggio del Morane Saulnier [il bireattore sucui è morto Mattei] si spiegava con una pista esclusivamente italiana. Talepista, secondo De Mauro, portava direttamente ad Eugenio Cefis e a VitoGuarrasi», avvocato palermitano in odore di mafia, già componente del Cdadella società anonima “l’Ora” di Palermo – il quotidiano vicino al Pci pressocui lavorava De Mauro – e braccio destro di Cefis in Sicilia.57 È un tardivoriscontro della testimonianza di Junia De Mauro al giudice istruttore diPalermo Mario Fratantonio il 17 marzo 1971: «Sono in grado di affermarecon sicurezza che mio padre addossava precise responsabilità per la morte diMattei all’attuale presidente dell’Eni Eugenio Cefis».

Un rapporto del 1944 custodito a Washington nell’archivio delDipartimento di Stato, indica Vito Guarrasi tra i componenti di spicco di Cosanostra nell’isola. Dal 1948 al 1950 Guarrasi ha avuto Alfredo Dell’Utri (padredi Marcello) quale socio nella Ra.Spe.Me. Spa, azienda che operava nel set-tore medico. Secondo il giornalista di “Epoca” Pietro Zullino, «Cefis avevaforti cointeressenze nelle raffinerie Sarom di Ravenna e Mediterranea diGaeta. Queste raffinerie sono tra le principali rifornitrici del sistema difensi-vo Nato per il sud-Europa e della Sesta Flotta americana; raffinano e vendo-no petrolio Esso e Shell. Mattei cercava di obbligare la Nato mediterranea adiventare cliente dell’Eni; Cefis si opponeva a questo progetto, per via dellesue cointeressenze».58

C’è poi il progetto del metanodotto tra la Sicilia e l’Algeria, del valore di500 miliardi in lire, caldeggiato da Nino Rovelli e Verzotto, appoggiato dallaRegione Sicilia e avversato da Cefis (che possedeva azioni della società pro-prietaria delle navi metaniere), oltre che dai petrolieri Angelo Moratti (pro-prietario della società armatrice delle metaniere, che aveva il trasporto del gasliquefatto in appalto da Esso e Eni) e Vincenzo Cazzaniga, presidente di EssoItalia.59 Per loro era più redditizio il trasporto via mare dall’Africa fino aPanigaglia presso La Spezia. Verzotto lamentava che «Quasi tutta la stampanazionale era allineata sulle posizioni dell’Eni perché direttamente o indiret-tamente finanziata dall’ente»: Eugenio Cefis era infatti chiamato dal presi-dente della Sir60 Nino Rovelli «il grande elemosiniere». Rovelli era politica-mente sostenuto da Giulio Andreotti, dal governatore della Banca d’ItaliaGuido Carli e da Giovanni Leone, e «ambiva a rimpiazzare Cefis nel control-lo dei finanziamenti ai partiti. Rovelli e i politici che lo sostenevano riteneva-

XVIII

57 Dal luglio al dicembre 1957 Guarrasi è stato membro del Cda de “l’Ora” e dal 1957 al 1964 del Cda dell’Immobiliare “l’Ora”, la tipografiadel quotidiano; «Il rapporto tra Guarrasi e “l’Ora” è la sintesi del rapporto di vicinanza che il Pci, improvvisamente cooptato all’interno delsistema di potere della Regione Sicilia, tenta di costruire con sponde politiche assai lontane. Punto di arrivo di questa operazione è il gover-no di Silvio Milazzo, pianificato dallo stesso Guarrasi, nel quale dal 1958 al 1960 destra e sinistra si coalizzano lasciando per la prima voltala Dc all’opposizione» (Lo Bianco-Rizza, Profondo nero, pp.132-33).

58 Scrive Zullino, «Cefis aveva facilitato una importantissima commessa Eni alla ditta Lenci (bambolotti reclamistici della benzina SuperCortemaggiore) essendo in relazione intima con una signora Lenci; Mattei aveva trovato spropositato il prezzo da pagare e ne era nato unoscontro molto antipatico con tale Marvelli, marito della detta signora Lenci (un locale di proprietà Eni al quartiere Eur di Roma risultava affit-tato alla stessa signora, che vi aveva installato una boutique)» (Richiesta di archiviazione, pp. 378-79).

59 Secondo Verzotto, Cazzaniga era un socio occulto di Moratti (Richiesta di Archiviazione, p. 365).

60 Società italiana resine, il terzo gruppo chimico italiano dopo Eni e Montedison.

61 Richiesta di archiviazione, p. 366. Raffaele Girotti è stato vicepresidente di Montedison. Nel 1971 prende il posto di Cefis alla guidadell’Eni, carica da cui si dimetterà nel 1975.

62 Testimonianza resa il 4 settembre 1998, Richiesta di archiviazione, pp. 341 sgg. Verzotto pagava De Mauro: «Era tra noi inteso che talecollaborazione sarebbe stata retribuita dall’Ente minerario siciliano. Ci si era regolati così anche in altre precedenti occasioni. La giustifica-zione formale dell’esborso da parte dell’Ems (o di una società collegata) a favore di De Mauro, sarebbe stato un incarico per una ricercasociologica affidata ufficialmente al giornalista».

63 Richiesta di archiviazione, p. 299

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XXI

Rispondendo a Calia il 4 settembre 1998, Graziano Verzotto riferisce di averavuto l’impressione «che De Mauro fosse stato sequestrato anche per spaven-tarmi e per convincermi ad abbandonare il progetto del metanodotto».70

Coinvolto nello scandalo dei “fondi neri” dell’Ente minerario siciliano (depo-sitati presso l’istituto di credito del banchiere della mafia Michele Sindona), nel1975 Verzotto fugge a Beirut e infine a Parigi sotto falso nome, “coperto” daiServizi segreti francesi. Farà ritorno in Italia 16 anni dopo, grazie a un indulto.

Pietro Scaglione, 65 anni, viene assassinato il 5 maggio 1971, qualche oraprima della sua partenza per Milano: il giorno successivo era atteso inTribunale per testimoniare sulla «telefonata compromettente» di Buttafuoco aGuarrasi poco dopo il rapimento di De Mauro, telefonata che incastrava l’av-vocato consulente di Cefis in Sicilia.71

Il Cavalier Antonino Buttafuoco verrà scarcerato e poi assolto.Alcuni anni dopo, il questore Ferdinando Li Donni sarà nominato vice capo

della polizia.Il colonnello dei Carabinieri Giuseppe Russo (l’ideatore del depistaggio

sulla droga)72 nel 1977 verrà ucciso dalla mafia.Morte violenta anche per Emanuele D’Agostino, Stefano Giaconia, Nino

Grado e Mimmo Teresi, i killer al soldo di Bontade che i “pentiti” FrancescoDi Carlo e Gaetano Grado hanno indicato come i sicari di De Mauro.

Nel 1973 Carlo Alberto Dalla Chiesa è promosso Generale di brigata. No -mi nato Prefetto di Palermo nove anni dopo, il 3 settembre 1982 viene uccisoin un agguato mafioso.73

Scrive Steimetz: «Sarebbe giusto trovare un nuovo De Mauro a prova dilupara. Per risapere quali rivelazioni la mafia ha vietato al giornalista cheintendeva far luce sulla fine di Mattei. Peccato davvero che l’uomo diMatelica sia finito così, e così presto. Con lui vivo, Cefis sarebbe appena unfunzionario, un vice, anche se con la smania delle immobiliari. O forse Matteil’avrebbe dopo la prima cacciata, definitivamente estromesso. Invece l’arabafenice è risorta dalle ceneri (altrui), anche se ai funerali di Enrico Matteil’Eugenio Cefis (che non l’amava in vita) era simpaticamente assente, purdovendogli tutto: prima e specialmente dopo».74

Mauro: «Il col. Dalla Chiesa assunse direttamente a verbale GrazianoVerzotto. Il comportamento dell’ufficiale era assolutamente anomalo perchéera una ingerenza sull’istruttoria in corso». Ugo Saito è il sostituto procurato-re palermitano incaricato dell’indagine: il rapporto dei Carabinieri «almenonella sua prima stesura, a giudizio sia mio che di Scaglione,64 non era nemme-no sufficiente ad avviare delle misure di prevenzione […] Ricordo che ilcolonnello Dalla Chiesa mi portò personalmente il Rapporto in udienza,accompagnato da operatori della televisione. Rammento che feci presente aDalla Chiesa che io ero in udienza e che il Rapporto doveva essere deposita-to, come è norma, nella segreteria della Procura».65 Come lamenta Saito:

Improvvisamente non ho visto più nessuno. […] Ebbi successivamente occasione di incon-trare in procura Boris Giuliano e siccome i nostri rapporti erano molto cordiali, gli chiesicome procedevano le indagini sulla vicenda De Mauro e come mai, improvvisamente, nessu-no pareva più interessarsi a tali investigazioni. Boris Giuliano manifestò il suo stupore per ilfatto che io non ero a conoscenza della circostanza che a ‘Villa Boscogrande’, un Night Clubin località Cardillo, vi era stata una riunione alla quale avevano partecipato i vertici dei ser-vizi segreti e i responsabili della polizia giudiziaria palermitana. In tale riunione fu impartitol’ordine di ‘annacquare’ le indagini. [...] Giuliano mi precisò anche che era presente il diret-tore dei servizi segreti, facendomene anche il nome: oggi non sono più certo se si trattasse diMiceli o Santovito. Si trattava comunque di colui che in quel momento era al vertice dei ser-vizi segreti66 [ ...] Prima dell’interruzione delle indagini di cui le ho appena fatto cenno, l’i-struttoria era giunta a focalizzare delle responsabilità molto elevate e noi prevedevamo chequando avessimo assunto i provvedimenti opportuni, sarebbe successo un finimondo. Noi conla Polizia ritenevamo infatti, con assoluta certezza, che De Mauro era stato eliminato perchéaveva scoperto qualcosa di eccezionalmente rilevante relativamente alla morte di EnricoMattei. Ritenevamo inoltre che il rag. Buttafuoco non era altro che l’ultimo anello di una cate-na che faceva capo ad Amintore Fanfani e alla sua corrente... naturalmente quando parlo diquesta linea investigativa e di queste decisioni, parlo di decisioni cui eravamo giunti, in pienoaccordo, il Procuratore Scaglione e io.67

Come ricorda Antonio Zaccagni, funzionario dell’ufficio politico della que-stura di Palermo, «la nostra attività era stata sospesa per espressa richiesta delQuestore. […] Da quel momento non ci siamo più interessati del caso DeMauro».68

Interrogata da Calia, il 22 maggio 1996 la moglie di De Mauro EldaBarbieri ricorda una visita di Dalla Chiesa dieci giorni dopo il sequestro: ilcolonnello «insisteva nel sostenere che De Mauro era stato sequestrato peraver scoperto dove sbarcava la droga destinata alla mafia». La signora replicòsottolineando che il marito «si occupava da oltre un mese esclusivamentedella ricostruzione degli ultimi giorni di vita di Enrico Mattei. Fu a quel puntoche Dalla Chiesa mi disse: “signora, non insista su questa tesi, perché, se cosìfosse, ci troveremmo dinnanzi a un delitto di Stato e io non vado contro loStato”. Io mi indignai e invitai il colonnello a uscire di casa».69

XX

64 Pietro Scaglione, procuratore capo di Palermo.

65 Richiesta di archiviazione, p. 332

66 Il 18 ottobre 1970 Eugenio Henke lascia la guida dei servizi segreti al trapanese Vito Miceli.

67 Nel 1971 l’indagine sulla morte di Mauro De Mauro dei giudici Saito e Fratantonio vide emergere la responsabilità di Fanfani, di Cefis edi una terza persona rimasta ignota quali mandanti della morte di Mattei. I due magistrati trasmisero a Pavia le parti in cui si ipotizzavano«responsabilità a carico di alcuni personaggi di rilievo della vita italiana: Fanfani, Cefis e un altro, di cui non ho adesso memoria»(Fratantonio a Calia il 20 febbraio 1998). I documenti non sono mai giunti alla Procura pavese, e tantomeno si trova traccia della loro tra-smissione nel fascicolo processuale di Palermo (Richiesta di archiviazione, p. 332).

68 Richiesta di archiviazione, p. 358

69 Ivi , p. 297

70 Richiesta di archiviazione, p. 349. Da quel momento migliorano i rapporti economici di Verzotto con Guarrasi. Come si legge nellaRelazione della Commissione parlamentare antimafia, «la Banca Loria, già del gruppo Sindona […], passò nel febbraio 1972 sotto il con-trollo di una finanziaria, la Gefi, che ne acquistò il pacchetto di maggioranza. Del Consiglio di amministrazione della Gefi faceva parte, giàprima dell’acquisto del pacchetto di maggioranza della Banca Loria, l’avvocato Vito Guarrasi. Due mesi dopo l’operazione, il 28 aprile 1972,entrò anche il senatore Graziano Verzotto».

71 La trascrizione della telefonata sparisce dal fascicolo giudiziario dell’inchiesta De Mauro. Dagli archivi del Tribunale di Palermo sparisceanche il nastro con la registrazione, insieme a cinque faldoni sulla prima indagine. Scomparse anche le impronte digitali lasciate dai rapito-ri sull’auto di De Mauro. La notizia è ripresa da una informativa di Polizia, segnalata in Lo Bianco-Rizza, Profondo nero, p. 184.

72 Secondo il commissario della Questura di Palermo Bruno Contrada, l’ex partigiano della Brigata Osoppo Giuseppe Russo era in «rappor-ti con i Servizi segreti militari» (Richiesta di archiviazione, p. 333).

73 Sul Prefetto di Palermo resta l’ombra della P2. Secondo Francesco Cossiga, «Dalla Chiesa era sempre stato massone, lui, il padre e il fra-tello...». E infatti il nome di Romolo Dalla Chiesa risulta (tessera P2 n. 1611). Ma, prosegue l’ex capo dello Stato, «la P2 con la sua carrie-ra non c’entra» (intervista di Giovanni Minoli a Cossiga, Rai 3, 16 gennaio 2006). L’affiliazione risalirebbe al 1976, su invito del generaledell’Arma Franco Picchiotti (tessera P2 n. 1745). Dagli elenchi degli iscritti alla P2 (ritrovati il 17 maggio 1981 nella casa di Licio Gelli aCastiglion Fibocchi, in provincia di Arezzo) sarebbe stata sottratta la pagina che conteneva il nome del Generale e di suo fratello (l’episodioè risolutamente negato dai parenti di Dalla Chiesa). Nel maggio 1982 il ministro degli Interni Virginio Rognoni lo nomina prefetto di Palermo.Isolato e «disarmato» («mi mandano in realtà come Palermo con gli stessi poteri del prefetto di Forlì») Carlo Alberto Dalla Chiesa muore il3 settembre 1982, ucciso dalla mafia insieme alla giovane moglie Emanuela Setti Carraro. Nella sentenza di condanna degli assassiniVincenzo Garatolo e Antonino Madonia si legge: «Si può convenire con chi sostiene che persistono ampie zone d’ombra concernenti sia lemodalità dell’invio in Sicilia del generale, sia la coesistenza di specifici interessi all’interno delle stesse istituzioni alla sua eliminazione».

74 Qui, p. 129

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XXIII

Secondo un rapporto della Guardia di Finanza una delle società accoman-danti della Edilnord Centri Residenziali di Umberto Previti padre di Cesare(già Edilnord sas di Silvio Berlusconi & c.) con sede a Lugano, curiosamen-te si chiama Cefinvest. Nel 1979 le Fiamme Gialle sottopongono Berlusconiad indagine. Lui dirà che della Edilnord è «un semplice consulente», verràcreduto e l’indagine sarà archiviata. Il capitano del Nucleo speciale di poliziavalutaria che l’aveva condotta era Massimo Maria Berruti, che «negli anniOttanta lasciò le Fiamme Gialle per mettersi in proprio come commercialista.In seguito Berruti lavorò a lungo per conto del gruppo Fininvest» divenendoinfine deputato di Forza Italia.78

Insomma, vent’anni prima di Berlusconi anche «Cefis sa quello che vuolee lo ottiene a qualsiasi prezzo, specie quando spende i soldi dello Stato, facen-do funzionare gli ingranaggi con l’olio sottratto agli ingranaggi stessi. No,non è un ladro. Amministra fondi dello Stato, li investe, li dispensa comecrede, autonomo come glielo garantisce, giustamente, la carica ricevuta».79 Ilpresidente di Montedison «dispone inoltre di un esercito di funzionari, dimezzi di informazione, di centri d’opinione privati e di Stato, di occulte pro-tezioni che lo sostengono e (magari a malincuore) lo riveriscono; si assicurafavori e silenzio commissionando spazi pubblicitari».80

Secondo Massimo Teodori (radicale, membro della Commissione parlamen-tare sulla Loggia P2) il capo dell’Eni «diviene progressivamente un vero e pro-prio potentato, che sfruttando le risorse imprenditoriali pubbliche, condizionapesantemente la stampa, usa illecitamente i servizi segreti dello Stato a scopodi informazione, pratica l’intimidazione e il ricatto, compie manovre finanzia-rie spregiudicate oltre i limiti della legalità, corrompe politici, stabilisce allean-ze con ministri, partiti e correnti». Insomma, Cefis corrompe tutto e tutti. Sonoda antologia i “mattinali” che il capo dei Servizi segreti Vito Miceli (tessera P2n. 1605) quotidianamente inoltrava al presidente di Montedison, quasi che ilSid fosse una sua personale polizia privata. Lo riferisce un’inchiesta diGiuseppe Catalano, pubblicata da “L’espresso” il 4 e l’11 agosto 1974 (artico-li che ritroviamo tra le carte di Pasolini al Vieusseux). Scrive Catalano:

Nel 1972 Cefis era già da un anno presidente della Montedison. Dopo essere stato alla presi-denza dell’Eni per dieci anni esatti. In quel momento il problema principale era proprio l’Eniperché, avendo contribuito a insediare come suo successore Raffaele Girotti ed avendo spe-rato che Girotti fosse una specie di suo fedele luogotenente lasciato di vigilanza in modo cheEni e Montedison non fossero altro che un unico gruppo guidato ovviamente da Cefis; vice-versa in quei primi mesi s’accorse che Girotti dimostrava un’inconsueta e testarda autonomia.Non è da stupirsi se gran parte delle schede informative che il Sid passava a Cefis si riferiva-no a fatti e orientamenti concernenti l’Eni. Altre preoccupazioni e interessi del nuovo presi-dente della Montedison erano in quel momento conoscere esattamente cosa avveniva al ver-tice dei partiti e in particolare del partito socialista, posto che per quanto riguarda laDemocrazia cristiana egli aveva fonti dirette e autonome di informazione.81

Attraverso spioni di Stato il presidente della Montedison monitorava politici,industriali, giornalisti, aziende pubbliche e private. Uno scenario inquietante,

A conclusione della sua inchiesta, nonostante la mancata certificazione disicari e mandanti, Vincenzo Calia scrive:

Dalle fonti di prova raccolte […] emerge che l’esecuzione dell’attentato venne decisa e pia-nificata con largo anticipo, probabilmente quando fu certo che Enrico Mattei, nonostante gliaspri attacchi e le ripetute minacce non avrebbe lasciato spontaneamente la presidenzadell’Ente petrolifero di Stato. […] la programmazione e l’esecuzione dell’attentato furonocomplesse e comportarono – quantomeno a livello di collaborazione e di copertura – un coin-volgimento degli uomini inseriti nello stesso Ente petrolifero e negli organi di sicurezza delloStato con responsabilità non di secondo piano. Tale coinvolgimento trova conferma nelle sop-pressioni di prove e di documenti, nelle pressioni, nelle minacce e nell’assoluta mancanza, inogni archivio, di qualsiasi documento relativo alle indagini e agli accertamenti sulla morte diuno dei personaggi più eminenti nel quadro politico ed economico dell’epoca. […] È facilearguire che tale imponente attività, protrattasi nel tempo, prima per la preparazione e l’esecu-zione del delitto e poi per disinformare e depistare, non può essere ascritta – per la sua stes-sa complessità, ampiezza e durata – esclusivamente a gruppi criminali, economici, italiani ostranieri a “Sette [...o singole] sorelle” o servizi segreti di altri Paesi, se non con l’appoggioe la fattiva collaborazione – cosciente, volontaria e continuata – di persone e strutture profon-damente radicate nelle nostre istituzioni e nello stesso Ente petrolifero di Stato, che hannoeseguito ordini o consigli, deliberato autonomamente o con il consenso e il sostegno di inte-ressi coincidenti, ma che, comunque, da quel delitto hanno conseguito vantaggi.75

Indagando sulla morte del presidente dell’Eni (nonostante l’accertamento delreato, l’inchiesta verrà archiviata per l’impossibilità di incriminare i colpevo-li), Calia ha potuto constatare la lucidità dello scrittore “corsaro” nel ricostrui-re in Petrolio il degrado e la mostruosità italiana, identificando il burattinaioprincipale in Cefis, affarista e “liberista” tanto quanto Mattei era utopista e“statalista”.

Dopo la scalata dell’Eni alla Montedison (il colosso chimico privato acquisi-to con pubblico denaro), nel 1971 Cefis ne diventa il presidente, lasciando l’Eni(a cui era alla guida dal 1967) al fido Raffaele Girotti. Come ironizza Steimetz,Cefis «si crede un semidio e trova fedeli osservanti in questo suo culto dellapersona. Se tutti gli danno retta, è ovvio che finisca per convincersi di aver per-fettamente e abitualmente ragione. È saccente, tiene a distanza i villani, silascia appena ossequiare. Ma in Italia lo applaudono ad esempio. L’economiadel Paese – come avvertono gli studiosi e i politici seri – va piuttosto male, senon a rotoli, ma lui accantona miliardi senza faticare molto visto il numero diutili idioti che lo favoriscono».76 Basterebbe aggiungere una bandana estiva, eil ritratto di Steimetz calza alla perfezione con quello di un altro Cavaliere.Chissà, forse Questo è Cefis lo si può trovare anche nella napoleonica villa SanMartino di Arcore, acquisita nel 1972 dalla Edilnord – una società immobilia-re in quel momento intestata a Mauro Borsani (zio di Berlusconi) e amministra-ta da Giorgio Dall’Oglio (cognato di Berlusconi) – per una ridicola cifra intor-no a 250 milioni in lire (già all’epoca ne valeva 1.700; oggi il suo prezzo sali-rebbe a 7,3 miliardi delle vecchie lire) completa di parco (1 milione di mq.), dipinacoteca (Tintoretto, Tiepolo, Luini...) e biblioteca con oltre 10.000 volumi(per la loro cura, venne assunto nientemeno che Marcello Dell’Utri).77

XXII

75 Richiesta di archiviazione, pp. 425-26

76 Qui, p. 146

77 Giovanni Ruggeri, Berlusconi. Gli affari del presidente (Kaos 1994, pp. 79-90); si veda anche, di Autori vari, La Grande Truffa. Previti,Berlusconi e l’eredità Casati Stampa (Kaos 1998, p.127). Parco e scuderia furono invece affidati a Vittorio Mangano, il pluriomicida «stallieredi Arcore» legato a Cosa nostra (secondo Paolo Borsellino, «Mangano era una delle teste di ponte dell’organizzazione mafiosa nel nord Italia»),che Berlusconi assume su consiglio dello stesso Marcello Dell’Utri. Su Dell’Utri si rimanda, in questo testo, alla p. XXVI e alla nota n. 93.

78 Luca Andrei, Tanto denaro dal nulla, in Berlusconeide, “Diario del mese” marzo 2001, p. 112

79 Qui, p. 122

80 Qui, p. 140

81 Giuseppe Catalano, Cefis e il Sid. Il mattinale, “L’espresso”, 4 agosto 1974. L’inchiesta prosegue l’11 agosto con un secondo articolo diCatalano dal titolo E l’ammiraglio allora disse.

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XXV

Notizie acquisite il 20 settembre 1983, da qualificato professionista molto vicino ad elementiiscritti alla Loggia P2, dei quali non condivide le idee […]. La Loggia P2 è stata fondata daEugenio Cefis che l’ha gestita sino a quando è rimasto presidente della Montedison. Da tale perio-do ha abbandonato il timone, a cui è subentrato il duo Ortolani-Gelli, per paura. Sono di tale perio-do gli attacchi violenti (Rovelli della Sir) contro uomini legati ad Andreotti con il quale si giunsead un armistizio per interessi comuni: lo scandalo dei petroli […] Alle 15,30 di oggi, 21 settem-bre 1983, ho conversato telefonicamente con la nota fonte di New York che mi ha confermato.87

La “strategia della tensione” non vuole destabilizzare; al contrario vuole con-solidare un sistema che si muove con le bombe degli anni Settanta per arriva-re con mezzi più subdoli alla presa del potere dei nostri giorni. La chiave dilettura di questo criminale asse politico-economico tentacolare sta in granparte in Questo è Cefis e nel “visionario” e mutilato Petrolio: preannunciatodi 2.000 pagine, e destinato a rimanere incompiuto, Petrolio è anche unromanzo-verità sull’Italia del doppio boom, sviluppo e bombe. Bombe stragi-ste, piduiste e mafiose. Uno «Stato nello Stato» che nel 1962 ha tolto di mezzoMattei, nel 1970 De Mauro, nel 1971 il giudice Pietro Scaglione e nel 1975,con ogni probabilità, lo stesso Pasolini. A loro va aggiunto il vice questore diPalermo Boris Giuliano, ucciso da Leoluca Bagarella il 21 luglio 1979.

La storia d’Italia è piena di capitoli oscuri che a decenni di distanza nonsono stati ancora chiariti: bombe, omicidi, finti suicidi, sparizioni, finti inci-denti, Mattei, De Mauro, Scaglione, Feltrinelli, Pinelli, Falcone, Borsellino,Ambrosoli, Giuliano, Rostagno, D’Antona, Biagi, Ilaria Alpi, Michele Landi,tutti i testimoni di Ustica... e la lista potrebbe continuare. A ogni morte unfascicolo distrutto, un memoriale scomparso, un computer manomesso.Anche l’omicidio di Pasolini è uno di quei capitoli bui?

Nel corso delle indagini siciliane sulla morte di Mattei, Boris Giuliano siritrovò a indagare Vito Guarrasi. Secondo una nota del Sisde del 25 luglio1979, «Da una ampia azione informativa e di sondaggio, sviluppata anche incollaborazione di alcune fonti “qualificate”, in ordine alle recenti uccisioni del-l’avv. Giorgio Ambrosoli, liquidatore della Banca Privata Italiana di Sindona,e del vice Questore Boris Giuliano, Capo della Squadra mobile di Palermo,sono emerse le seguenti indicazioni […] Si vocifera che il defunto viceQuestore Giuliano si occupasse, quasi a titolo personale, cercando di evitareogni indiscrezione, della scomparsa del noto giornalista Mauro De Mauro, eli-minato – si afferma – per aver trovato il bandolo della matassa sull’incidenteaereo che costò la vita al presidente Enrico Mattei. In proposito un magistratodella Procura di Roma, collegando l’intera vicenda, avrebbe confidato a per-sona amica che, secondo il suo giudizio, l’eliminazione di De Mauro, dell’On.Mattei e del vice Questore Giuliano, gli richiamerebbe il nome dell’exPresidente della Montedison Eugenio Cefis». Dopo la morte di Giuliano, acapo della Mobile di Palermo verrà nominato Giuseppe Impallomeni (tessera

che entra in Petrolio. Come annota Silvia De Laude, «Pasolini riprende pres-soché alla lettera» i “mattinali” del Sid reinventandoli narrativamente.82

Cefis è industriale di Stato e contemporaneamente imprenditore privato.«Quali sono dunque gli addebiti che muoviamo al dott. Eugenio Cefis?», scri-ve Steimetz: «Anzitutto il fatto di aver intestato alla sua segretaria privata uncerto numero di società immobiliari e di partecipazione industriale e commer-ciale. In secondo luogo quello di essere entrato, attraverso alcune di tali società,in compartecipazioni con gruppi finanziari stranieri, i quali per dislocazione,tradizione e consuetudine puzzano di legale intrallazzo onde evadere il fisco(italiano)».83 Insomma, «prosperano più i suoi affari privati che quelli affidatialle sue cure dallo Stato. Si noti inoltre che il brav’uomo finanzia i partiti edispone pertanto di alleati in ogni posto chiave. In altre parole: nel’45 Cefiscapitali non ne possedeva; oggi ha dei beni valutabili a miliardi»84 In Questo èCefis Steimetz elenca poi le società e indica i prestanome: sono i «feudi e vas-salli del Gran barone» o, con Pasolini, «Il cosiddetto impero dei Troya».

Nel 1976, a soli 56 anni, improvvisamente Cefis abbandona la direzione diMontedison e si ritira a Lugano. In Svizzera coltiva l’ossessione di cancella-re ogni traccia del suo passato: come ricorda l’ex dirigente Eni Mario Pirani,«Cefis appariva a tutti molto misterioso, quasi a volere confermare le proprieorigini di ufficiale del Servizio informazioni militare (Sim). Aveva persinoproibito che apparisse la sua immagine o il suo nome sui giornali».85 Come,del resto, Troya alias Cefis in Petrolio: «Egli doveva, per la stessa natura delsuo potere, restare nell’ombra. E infatti ci restava. Ogni possibile “fonte”d’informazione su di lui era misteriosamente quanto sistematicamente fattasparire».86 E Giorgio Bocca: «In genere, si atteggiava da agente segreto.Quando doveva incontrarsi con qualcuno, lo portava sulla sua Citroën Ds inaperta campagna. Non si fidava di nessuno: era un pessimo personaggio».Un’ossessione di cui quantomeno hanno fatto le spese libri come Questo èCefis del misterioso Steimetz, e L’uragano Cefis (introvabile pubblicazione diun altrettanto misterioso Fabrizio De Masi) e, verosimilmente, Petrolio.

La P2, da Cefis a Gelli

«Ma è possibile che facciano fuori uno scrittore?» La risposta di Calia: «Possi -bilissimo. E se vuole la mia opinione, io ne sono convinto». Pasolini non è statoucciso da un “ragazzo di vita” poiché omosessuale, bensì da sicari armati daipoteri, occulti o meno, in quanto oppositore a conoscenza di verità scottanti,elementi e conoscenze che andavano forse ben oltre i mandanti della morte diMattei. Quali? In un appunto del Servizio segreto militare (Sismi) rintracciatoda Calia si afferma nientemeno che Cefis è il vero capo della P2:

XXIV

82 Petrolio a cura di S. De Laude, pp. 605-06

83 Qui, p. 197

84 Qui, p. 182

85 Pirani a Calia il 20 febbraio 1996. Richiesta di archiviazione, p. 399

86 Appunto 22. Il cosiddetto impero dei Troya: lui, Troya, p. 95

87 Richiesta di archiviazione, p. 404. Da un altro appunto del Sisde del 17 settembre 1982 si apprende che «Intensi contatti sarebbero inter-corsi in Svizzera, fino al mese di agosto u.s., tra Licio Gelli ed Eugenio Cefis, presidente della Montedison International». Come ha scrittoGianluigi Melega, intorno a Cefis orbitavano molti personaggi nell’elenco della P2: «Albanese Gioacchino (tessera P2 n. 2210). Entra nell’Enicome assistente al Ministro delle Partecipazioni Statali. Nel 1966 ne esce per fare l’assistente al Ministro delle Partecipazioni Statali, il demo-cristiano di sinistra Carlo Bo. Rientra all’Eni come assistente di Eugenio Cefis con delega alle relazioni esterne e ai rapporti con la stampa.È uno dei tessitori della scalata Eni alla Montedison, poi dell’acquisto del “Messaggero” e del controllo indiretto del “Corriere della Sera” aitempi di Angelone Rizzoli (tessera n. 1977) e Bruno Tassan Din (tessera n. 1633), direttore Franco Di Bella (tessera n. 1887). Dopo l’abban-dono di Cefis, Albanese passa per pochi mesi nella direzione dell’impero edilizio di Mario Genchini (tessera n. 1627), ma con l’arrivo all’Enidi Giorgio Mazzanti presidente (tessera n. 2111) e di Leonardo Di Donna potentissimo direttore finanziario (tessera 2086) ritorna alla gran-de come vice presidente dell’Anic» ( “L’espresso”, 4 settembre 1997).

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XXVII

Le verità negate

«Chi tocca il Principe avrà del piombo; chi non lo tocca avrà dell’oro», scri-ve Steimetz: piombo tipografico o di un qualche calibro? Un ragazzo di 17anni, Pino Pelosi, si è autoaccusato dell’omicidio di Pasolini. Il 26 aprile 1976il Tribunale di Roma lo ha condannato alla pena di nove anni, sette mesi edieci giorni di carcerazione, oltre a una multa di 30.000 lire per atti osceni. Il7 maggio 2005 Pelosi ha ammesso che quel giorno non era solo, che altri ave-vano partecipato al pestaggio: «Erano in tre, sbucarono dal buio. Mi disserotu fatti i cazzi tuoi e iniziò il massacro. Io gridavo, lui gridava... Avrannoavuto 45, 46 anni, gli gridavano “sporco comunista”, “arruso”, “fetuso”».Insomma, fu un agguato e forse Pelosi era solo un’esca.

Pasolini, stando alla seconda versione di Pelosi, viene massacrato da «tresiciliani»; nel frattempo altri provvedono a sottrarre da Petrolio il capitoloLampi sull’Eni, «che dall’omicidio ipotizzato di Mattei guida al regime diEugenio Cefis, ai “fondi neri”, alle stragi dal 1969 al 1980 e, ora sappiamo,fino a Tangentopoli, all’Enimont, alla madre di tutte le tangenti».91

Chi sono i veri assassini? Quali i mandanti? Domande in sospeso su cuiinsiste Gianni D’Elia nel suo prezioso libro-inchiesta Il Petrolio delle stragi,ripreso nel 2009 da Giuseppe Lo Bianco e Sandra Rizza in Profondo nero.92

Assieme al dossier di Carlo Lucarelli e Gianni Borgna uscito su “Micromega”n. 6/2005, alle tante firme italiane e internazionali raccolte dalla rivista “Ilprimo amore” per la riapertura del processo e al presunto ritrovamento di unaparte del capitolo mancante Lampi sull’Eni,93 forse porterà ad una nuova più

P2 n. 2213), che subito sopprime la sezione Antimafia e la sezione Catturandidella Mobile.88 Questore del capoluogo siciliano fu nominato GiuseppeNicolicchia, di cui venne rinvenuta la domanda d’iscrizione alla P2 nel 1981.L’antistato di Eugenio Cefis, Licio Gelli, Umberto Ortolani e Elio Vito Ron -danelli consegna infine il testimone alla monocrazia mediatica dell’affiliatoSilvio Berlusconi (tessera P2 n. 1816), che il 18 gennaio 1994 insieme aMarcello Dell’Utri (membro dell’Opus Dei e amico di Gaetano Cinà, esponen-te della famiglia mafiosa dei Malaspina, vicina al boss Stefano Bontade, coin-volto nell’omicidio di Mattei) fonda Forza Italia. Non è nota la provenienza deicapitali che inaugurano l’“irresistibile” ascesa dell’uomo di Arcore.

La lucidità visionaria di Petrolio, l’inquietante intreccio tra politica crimi-nalità e affari che lì si racconta, sarà chiaro solo molti anni dopo, così comela strategia delle stragi fasciste e di Stato che passa, anche terminologicamen-te, dagli articoli al romanzo. Così scrive Pasolini nel famoso articolo Ilromanzo delle stragi (quello che inizia con «Io so. Io so i nomi….»), uscito il14 novembre 1974 sul “Corriere della Sera”:

Ma non esiste solo il potere: esiste anche un’opposizione al potere. In Italia questa opposizio-ne è così vasta e forte da essere un potere essa stessa: mi riferisco naturalmente al Partitocomunista italiano. […] Il Partito comunista italiano è un Paese pulito in un Paese sporco, unPaese onesto in un Paese disonesto, un Paese intelligente in un Paese idiota, un Paese coltoin un Paese ignorante, un Paese umanistico in un Paese consumistico […] Ora, perché nean-che gli uomini politici dell’opposizione, se hanno – come probabilmente hanno – prove oalmeno indizi, non fanno i nomi dei responsabili reali, cioè politici, dei comici golpe e dellespaventose stragi di questi anni? È semplice: essi non li fanno nella misura in cui distinguo-no […] verità politica da pratica politica.

Come si è visto, Pasolini entra in possesso di Questo è Cefis a partire dalla finedel settembre 1974, «almeno due settimane dopo che la cugina GraziellaChiarcossi, su richiesta dell’autore, fece una fotocopia del dattiloscritto, perpaura che questo andasse perduto come precedentemente accadde a Primo Leviper il furto dell’auto. Sappiamo allora che le accuse luterane del Processo aiNixon italiani furono speculari alla stesura delle pagine più politiche di Petrolio,e che se di giorno Pasolini scriveva “di sapere ma di non avere le prove” di nottestilava i nomi e i cognomi e i retroscena di quelle trame eversive che per più diun decennio adulterarono la prassi democratica nel nostro Paese».89

A sinistra il Pci sa e ha le prove, ma sta a guardare. Il partito «pulito» riven-dica la sua diversità antropologica mentre il suo “doppio”partecipa come tuttial banchetto Enimont, amministra clientele, soffoca i movimenti e ogni altroembrione di nuove culture politiche libertarie. È la palestra alla quale si formabuona parte della classe dirigente immortale e immorale che continua a gui-dare il Partito democratico.90

XXVI

88 Impallomeni era stato allontanato dalla Mobile di Firenze per un giro di tangenti. Dal 309° posto della graduatoria dei vice questori aggiun-ti, era inopinatamente passato al 13° posto, fatto che gli consentì l’incarico alla Questura di Palermo.

89 Antoniani, Contro tutto questo

90 Rimanendo all’inchiesta di Calia, una nota di Polizia del 18 marzo 1974 riporta quanto segue: «Non è un segreto che, per tenersi buono ilPci, vi sono grossissime società private che, quando decidono di fare le loro campagne pubblicitarie a tutta pagina, includono nei loro bud-get anche la stampa comunista. Lo stesso criterio - per non essere accusati d’intolleranza - impiegano le grosse società di mano pubblica,quali l’Eni, l’Iri, la Montedison, ecc… Ciononostante, poiché tradizionalmente i quotidiani del pomeriggio sono ritenuti un cattivo veicolo pub-blicitario, in rapporto ai quotidiani del mattino, “l’Ora” non ospita quasi mai grossi quantitativi di questo tipo di pubblicità, che normalmenteviene pagata a tariffa piena (una pagina di pubblicità Spi costa attorno ai due milioni). Per tale motivo, il quotidiano palermitano, ormai dadiversi anni, non attende che sia la Spi a fornirgli la pubblicità, ma tenta d’acquisirla direttamente dalle Società e dagli Enti […] In proposito,

si ricorda, che nel settembre scorso su “l’Ora” (che riprendeva integralmente gli articoli che apparivano sul confratello “Paese Sera”) appar-ve un’inchiesta sui petrolieri italiani condotta da Miriam Mafai. L’inchiesta passò al pettine l’origine e la natura delle fortune finanziarie deipetrolieri quali Monti, Moratti, Garrone, Rovelli, etc. Visti i sistemi con cui opera “l’Ora”, non si può escludere che i petrolieri e l’Unionepetrolifera abbiano versato denaro contante al giornale o si siano impegnati in contratti pubblicitari, con pubblicità tabellare o redazionale.Si sa per certo, ad esempio, che dopo un periodo di polemica con la Sir dell’ing. Rovelli, “l’Ora”, da alcuni mesi, marcia in perfetto accordocon l’industriale: segno che avrà cominciato a intrattenere “rapporti” concreti con lui». (Richiesta di archiviazione, p. 346)

91 D’Elia, Il Petrolio delle stragi, p. 98. Il cugino di Pasolini Guido Mazzon (testimonianza raccolta da D’Elia e Giovannetti il 24 ottobre 2005, a Pavia):«Mia cugina Graziella [Chiarcossi, erede del poeta] mi telefonò due volte: il giorno del delitto – “I fascisti hanno ucciso Pier Paolo”– e qualchetempo dopo, un mese, non ricordo bene. Mi ricordo bene quello che mi disse: “sono venuti i ladri in casa, hanno rubato della roba, gioielli e cartedi Pier Paolo”» . Mazzon ha poi ripetuto la sua testimonianza a Paolo Di Stefano (sul “Corriere della Sera”, 4 marzo 2010): «Nel ‘75, dopo la tra-gedia di Pier Paolo, Graziella chiamò mia madre per dirle di quel furto. Quando mia madre me lo riferì, pensai: “Accidenti, con quel che è capitatoci mancava pure questa”. E pensai anche: “Strano però, che senso ha andare a trafugare le carte di un poeta?”. Il mio stato d’animo sul momento fuproprio quello. Avevo 29 anni e ricordo bene la sensazione che ebbi. Poi il particolare del furto mi tornò alla mente leggendo Petrolio e venendo asapere della parti scomparse» Perché l’imbarazzo? «Perché non riesco a capire come mai mia cugina continui a negare quel fatto. Dopo l’annunciodel ritrovamento , l’ho cercata al telefono, ma senza successo: vorrei chiarire, cercare di ricomporre il ricordo. Mia madre è morta due anni fa e nonposso più chiederle conferma, ma quella comunicazione telefonica ci fu e si verificò dopo la morte di Pier Paolo, non potrei dire esattamente quan-ti giorni dopo». Ancora Mazzon a Matteo Sacchi (“il Giornale”, 4 marzo 2010): «Io ricordo bene che dopo la morte di Pasolini mia madre ricevetteuna telefonata proprio da Graziella Chiarcossi che le comunicava che c’era stato un furto. Avevano portato via delle carte e dei gioielli. Mia madreera molto turbata. All’epoca non pensammo affatto a Petrolio. Ma col senno di poi e con queste rivelazioni, tutto potrebbe assumere un senso».

92 Lo stesso titolo di uno dei capitoli del libro di D’Elia, che i due autori correttamente indicano tra le principali fonti d’ispirazione del loro lavoro.

93 «L’ho letto, è inquietante, parla di temi e problemi dell’Eni, parla di Cefis, di Mattei e si lega alla storia del nostro Paese». Così parlòMarcello Dell’Utri il 2 marzo 2010, annunciando che di Lampi sull’Eni – il capitolo mancante di Petrolio, il mutilato romanzo di Pier PaoloPasolini – proprio di quelle pagine proprio lui, beffardamente era entrato in possesso. Una notizia clamorosa due volte: perché l’amico dellostalliere di Arcore stava dando (inconsapevolmente?) una “notizia di reato” e perché nonostante Dell’Utri ci saremmo trovati di fronte a pagi-ne di rilevante interesse sia storico che letterario. Presto Dell’Utri si corregge: «in realtà non l’ho letto... me ne hanno riferito un sunto... sem-bra che in quelle pagine Pasolini parli... parli dell’Eni... di Cefis... di Mattei...». E a Paolo Di Stefano (“Corriere della Sera”, 12 marzo 2010):Ma lei li ha visti? «Li ho avuti tra le mani per qualche minuto, sperando di poterli leggere con calma dopo». Che fisionomia avevano? «Unasettantina di veline dattiloscritte con qualche appunto a mano». Poi si preciserà che sono esattamente 78 «di un totale di circa duecento».Potrebbe essere il famoso capitolo mancante, intitolato Lampi sull’Eni? Risposta: «Più esattamente Lampi su Eni». Alessandro Noceti (col-laboratore di Dell’Utri) su “il Giornale” del 4 marzo 2010 dice che quelle pagine «erano all’interno di una cassa. La cassa apparteneva ad unIstituto che ne è anche proprietario». A quanto sembra, le veline sparite sarebbero in mano a un antiquario – un intermediario – che le avreb-be offerte al sodale di Berlusconi, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Nell’ottobre 1974 Pasolini dichiara di esserearrivato a 600 pagine (un mese prima erano 337), mentre al filologo Aurelio Roncaglia la cugina Graziella Chiarcossi ne consegna 522: 492pagine dattiloscritte, le altre a mano, «senza contare – osserva D’Elia – che in pochi mesi ne aveva scritte circa 200».

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XXIX

La cattiveria è soprattutto una rendita politica, e lo sa bene la Lega nord che«raccoglie le paure degli uomini spaventati e le moltiplica. Capta la xenofo-bia e la riproduce». È la Lega dei localismi «che intercetta lo spaesamentoprodotto dalla globalizzazione. Intercetta il distacco dallo Stato, dalle istitu-zioni, dalla Ue. E lo amplifica».98

Sulla cattiveria si stanno costruendo rendite elettorali e fortune politiche eantipolitiche e lo sa bene il sistema dei partiti, di destra e di sinistra, semprepiù attratti dalle semplificazioni del populismo e della demagogia, scorciatoieche ignorano la realtà.

Che la cattiveria sia una rendita economica, finanziaria, politica e persinosociale lo sanno bene i furbetti e le mafie. Infatti larga parte dell’economiaitaliana è sommersa o in mano a chi, dismesse coppola e lupara, oggi operain Borsa: il sommerso e le mafie, sommati, fanno un fiume di denaro – circail 40 per cento del Pil – che preme sull’economia legale e condiziona il libe-ro mercato. Le mafie fatturano 175 miliardi di euro – l’11,1 per cento del Pil– che è frutto di attività criminali e che viene reinvestito nell’edilizia e nelleattività commerciali, o in operazioni finanziarie attraverso banche compia-centi. Nelle sole regioni del Nord, oltre 8.000 negozi sono gestiti direttamen-te dalle mafie inabissate dei colletti bianchi. In Italia, 180mila esercizi com-merciali sono sottoposti all’usura, con tassi di interesse in media del 270 percento: un movimento di denaro di 12,6 miliardi che va ad aggiungersi al rica-vato delle estorsioni (circa 250 milioni di euro), della droga (59 miliardi dieuro), delle armi (5,8 miliardi), della contraffazione (6,3 miliardi), dei rifiuti(16 miliardi), dell’edilizia pubblica e privata (6,5 miliardi) delle sale gioco escommesse (2,4 miliardi), della compravendita di immobili, della ristorazio-ne, dei locali notturni, ecc. Uomini cerniera mantengono i collegamenti con ilmondo dell’economia, della politica e della finanza. Le mafie condizionanol’intera filiera agroalimentare (7,5 miliardi) interagendo con segmenti dellagrande distribuzione.

Le mafie delocalizzano, diversificano gli investimenti, hanno molta liqui-dità, non pagano le tasse, non hanno bisogno di indebitarsi con le banche epagano cash. Le Procure hanno invece le armi spuntate, perché la legge sulriutilizzo a fini sociali dei beni confiscati ai mafiosi può essere facilmenteaggirata (ad esempio, intestando le proprietà a compiaciuti prestanome), men-tre strumenti che potrebbero rivelarsi incisivi, come l’anagrafe dei conti cor-renti bancari, è disattesa da vent’anni.99

La cattiveria a volte è un crimine. Ed è criminale lasciare morire esseriumani (come è ormai norma al largo di Lampedusa), criminale uccidere per-sone che spesso stanno fuggendo da altre guerre. La cattiveria a volte nem-meno la si vede. Ad esempio, quella nascosta dietro le “morti bianche” sullavoro, una vera emergenza.

La cattiveria di chi usa le malattie, le povertà e il disagio per traghettarepubblico denaro verso privatissime strutture d’area.

approfondita indagine sulla morte del grande regista e poeta friulano.94 Quasiquarant’anni dopo. Quarant’anni di verità negate agli italiani, in un Paeseesposto alle pulsioni mafiose del Potere. È la pasoliniana «mutazione antro-pologica della classe dominante», che ritroviamo nel linguaggio narcotizzan-te della televisione (la grande scommessa P2 persa da Cefis, vinta da Ber -lusconi), nelle parole vuote – menzognere e terroristiche – della pseudopoli-tica e nell’immutata logica del Potere, che ha portato al mondo in cui vivia-mo adesso.

Gli italiani sono oggi relegati nella cattiva società dei ceti immobili; delfinto sviluppo senza progresso; delle diseguaglianze senza ascensore sociale«in un Paese orribilmente sporco» e privo di mobilità.

Il Paese della corruzione, delle tangenti, dei favoritismi e dello spreco delpubblico denaro; un Paese tenuto in scacco – oggi come allora – dall’invasivae colonizzante contaminazione delle mafie, che approfittando del vuoto sifanno Stato, in Lombardia come in Sicilia, in Emilia e Liguria come in Calabriae in Campania. Nella politica, nell’economia, e nella finanza e nella società lacontaminazione destruttura e corrode nonostante la retorica del consenso strau-sata da chi coltiva l’interesse particolare, ignorando la globalizzazione degliuomini e le svolte epocali annunciate dall’arrivo dei nuovi migranti; e assecon-dando irresponsabilmente gli umori forcaioli della piazza. Quella piazza che inun’allucinante circolarità loro stessi sobillano, alterando tragicamente l’eticapubblica, al punto da elevare a cultura prevalente il nuovo fascismo e con tuttoil suo portato di razzismo e xenofobia che, senza ostacoli o freni inibitori, siriversa dalla politica populista al senso comune. L’Italia sembra così il terrenodi coltura per un nuovo sovversivo «regime reazionario di massa».95 È del restoin corso un forte impoverimento del ceto medio – a livello europeo – che puòavere come esito una qualche nuova forma di fascismo.96

Ma l’effetto più visibile di questa contaminazione pervasiva, è il cresceredella cattiveria: «Il tasso di cattiveria sta crescendo sempre più. Le macchineeconomiche, mediatiche, sportive e di altro tipo funzionano facendo venirefuori il peggio dalle persone e dal Paese. Ovunque esasperazione, invidia, risen-timento, livore, paura. L’Italia di questi anni è la fabbrica della cattiveria».97

La cattiveria è una rendita economica, e lo sanno bene i Governi che negliultimi vent’anni hanno sostenuto l’ascesa del loro Prodotto interno lordo conle spese militari e con l’indebitamento di milioni di famiglie, attratte dalmiraggio della new economy – la truffa del secolo – mentre intanto i profittimigravano dall’industria verso il sistema finanziario e si drenava il denaro deipiccoli risparmiatori, indotti a indebitarsi dall’offerta vantaggiosa di finanzia-menti da parte del sistema creditizio, come nella truffaldina deriva di mutuiSubprime sulle case.

XXVIII

94 Il 27 marzo 2009 l’avvocato Stefano Maccioni e la criminologa Simona Ruffini hanno depositato alla Procura di Roma un’istanza di riaper-tura delle indagini sulla morte di Pasolini

95 La formula era di Palmiro Togliatti, A proposito di fascismo (1928)

96 «Che cos’è, infatti, il globalismo (e l’aggettivo “globale” ricorre in Petrolio) se non la forma più avanzata del “cristiano” vecchio coloniali-smo?», si domanda D’Elia: «Un colonialismo delle merci e dei capitali sulla vita degli umani, con altissima velocità dello Sviluppo e dellaMiseria, di cui il petrolio è l’essenza, la marxiana benzina del valore di scambio» (D’Elia, Il Petrolio delle stragi, p. 27).

97 Antonio Moresco, La fabbrica della cattiveria, “Il primo amore” n. 6/2008

98 Ilvo Diamanti, Se il Carroccio diventa una Lega nazionale, “la Repubblica”, 13 dicembre 2009

99 Senza alcun clamore, per il triennio 2009-2011 il Governo Berlusconi prevede una riduzione dell’organico delle forze di Polizia di almeno40.000 operatori e tagli di spesa per più di 3 miliardi di euro. Il Governo conferma la riduzione del 50 per cento delle indennità per i serviziin strada e per il controllo del territorio, nonché la riduzione del 40 per cento della retribuzione accessoria per malattia o infortuni sul lavoro.

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La cattiveria delle false bonifiche – quelle a danno della salute dei cittadini– e dei veri bonifici sui conti cifrati esteri di persone già ricche eppure osti-natamente venali.

La cattiveria dei cementificatori, degli asfaltatori e di chi non smette di spe-culare sul consumo di territorio vergine, che è un bene non riproducibile.

La cattiveria di chi vuole trasformare l’acqua in una merce su cui lucrare,con rincari fino a cinque volte il prezzo attuale.

La cattiveria dei «cattolici senza fede», leghisti digiuni dei Vangeli che esi-biscono una croce senza più Cristo né carità. È la Lega «sorta nel vuoto pro-dotto dall’eclissi del sacro e dalla secolarizzazione. Propone una nuova reli-gione. Naturalmente secolarizzata. Senza Dio e senza chiesa. Sovente, controla Chiesa».100

Tutto questo e molto altro ancora è cattiveria, ma al peggio non c’è mai fine.I cambiamenti climatici, l’inquinamento delle acque e la biodiversità in decli-no sono di gran lunga più cattivi e devastanti della crisi finanziaria, al puntoda minare il futuro stesso della specie umana, che negli ultimi cinquant’anniè raddoppiata. Nello stesso tempo, un terzo delle specie selvatiche o si sonoestinte o sono state decimate dal nostro espansionismo.

Scrive Gianni D’Elia: «le parti di Petrolio che non si trovano più davanoforse molto fastidio al Nuovo Potere, che si andava consolidando. Forseavrebbero fatto lo stesso botto di Mani pulite, contro la Tangentopoli stragi-sta di quella stagione, invece sepolta nella rimozione che siamo diventati,pasolinianamente, “a mutazione criminale avvenuta”».101 E allora leggiamoQuesto è Cefis, e rileggiamo anche Petrolio, che al libro di Steimetz devemolto. Ripercorriamo «il viaggio dantesco dentro i “gironi” della notte repub-blicana, della sua “mutazione antropologica” e politica infernale».

XXX

100 Diamanti, “la Repubblica”, 13 dicembre 2009

101 Il Petrolio delle stragi, p. 30

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