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uaderniacp w.quaderniacp.it Bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della Associazione Culturale Pediatri www.acp.it www.quaderniacp.it Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% NE/VR - Aut Tribunale di Oristano 308/89 Maggio - Giugno 2015 / Vol. 22 n. 3 Lo screening per ipercolesterolemia in età pediatrica pag. 121 Dopo la sentenza di Bologna... pag. 142 ISSN 2039-1374 Rivista indicizzata in Google Scholar e in SciVerse Scopus Le bronchiti asmatiche ricorrenti nel bambino in età prescolare

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Bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici della Associazione Culturale Pediatri www.acp.it

www.quaderniacp.it

Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – 70% NE/VR - Aut Tribunale di Oristano 308/89

Maggio - Giugno 2015 / Vol. 22 n. 3

Lo screening per ipercolesterolemiain età pediatrica pag. 121

Dopo la sentenza di Bologna... pag. 142

ISSN 2039-1374 Rivista indicizzata in Google Scholar e in SciVerse Scopus

Le bronchiti asmatiche ricorrenti nel bambino in età prescolare

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Maggio - Giugno 2015 / Vol. 22 n. 3

Editorials107 Which training for which doctor?

Fabrizio Consorti108 Quaderni acp distance learning:

a thank you to our readers Michele Gangemi

Formation at a distance109 Reccurrent asthmatic bronchitis in preschooler

Luciano de Seta, Maria Simona Sabbatino, Federica de Seta

Informing parents115 “Maria has always a cough!”

Stefania Manetti, Costantino Panza, Antonella Brunelli

Community corner119 The origin of the memory of words in newborns

Mental health120 Depression in child and adolescents

Massimo Soldateschi

Forum121 Screening for hypercholesterolemia in pediatric age

Paola Sabrina Buonuomo, Marina Macchiaiolo, Andrea Bartuli

The child and the legislation124 The right of a minor to a family. Law 28/3/2001 n. 149

Augusta Tognoni

Education in medicine127 Rethinking medical education. A debate

by the Italian Network for Global Health EducationChiara Bodini, Giulia Civitelli, Alice Fabbri, Angelo Lorusso, Nadia Maranini, Marianna Parisotto, Alessandro Rinaldi

A window on the world130 The education of girls

Stefania Manetti

Telescope132 The new anthropometric standards by the

INTERGROWTH-21st projectEnrico Bertino, Paola Di Nicola, Alessandra Coscia

Appraisals136 Selective mutism: a child who is not always able to talk

Federica Trivelli, Claudia Gorla, Marina Picca, Maria Cristina Tischer 139 Gastroesophageal reflux between physiology

and pathology: the NICE guidelineEnrico Valletta, Martina Fornaro

Vaccinacipì142 After the verdict of Bologna

Franco Giovanetti

144 Book146 Movies147 Meeting synopsis148 Letters

150 Info

152 ACP documents152 The five practices at risk of inappropriateness of which

patients and doctors should talk aboutAnna Maria Falasconi

IN COPERTINA“Il bagno” (1905), Joaquin Sorolla y Bastida (1863-1923), olio su tela, New York, Metropolitan Museum of Art.

DirettoreMichele Gangemi Direttore responsabileFranco DessìDirettore editoriale Giancarlo Biasini Comitato editoriale Antonella BrunelliSergio Conti Nibali Luciano de SetaStefania Manetti Costantino PanzaLaura Reali Paolo SianiMaria Francesca Siracusano Maria Luisa Tortorella Enrico VallettaFederica ZanettoCasi didatticiFAD - Laura Reali CollaboratoriRosario CavalloFrancesco Ciotti Giuseppe Cirillo Antonio Clavenna Carlo CorchiaFranco GiovanettiNaire SansottaItalo SpadaAugusta Tognoni

Presidente ACPPaolo SianiProgetto grafico ed editingSara BattistinProgrammazione webGianni PirasIndirizziAmministrazione: Via Montiferru, 6 09070 Narbolia (OR)tel/fax 078 57024Direzione: Via Ederle 36 37126 [email protected] soci: Via G. Leone, 2407049 Usini (SS)cell 392 3838502, fax [email protected]: Cierre Grafica via Ciro Ferrari, 5 Caselle di Sommacampagna (VR)www.cierrenet.itInternetLa rivista aderisce agli obiettivi di diffusione gratuita online della letteratura medica ed è disponibile integralmente all’indirizzo:www.quaderniacp.itRedazione [email protected]

NORME REDAZIONALI PER GLI AUTORI I testi vanno inviati alla redazione via e-mail ([email protected]) con la dichiarazione che il lavoro non è stato inviato contemporaneamente ad altra ri-vista. Per il testo, utilizzare carta non intestata e carattere Times New Roman corpo 12 senza corsivo; il grassetto solo per i titoli. Le pagine vanno numerate. Il titolo (italiano e inglese) deve essere coerente rispetto al contenuto del testo, informa-tivo e sintetico. Può essere modificato dalla redazione. Vanno indicati l’Istituto/Ente di appartenenza e un indirizzo e-mail per la corrispondenza. Gli articoli vanno corredati da un riassunto in italiano e in inglese, ciascuno di non più di 1000 caratteri, spazi inclusi. La traduzione di titolo e riassunto può essere fatta, se richiesta, dalla redazione. Non devono essere indicate parole chiave.• Negli articoli di ricerca, testo e riassunto vanno strutturati in Obiettivi, Metodi,

Risultati, Conclusioni.• I casi clinici per la rubrica “Il caso che insegna” vanno strutturati in: La storia,

Il percorso diagnostico, La diagnosi, Il decorso, Commento, Cosa abbiamo im-parato.

• Tabelle e figure vanno poste in pagine separate, una per pagina. Vanno numerate, titolate e richiamate nel testo in parentesi tonde, secondo l’ordine di citazione.

• Scenari secondo Sakett, casi clinici ed esperienze non devono superare i 12.000 caratteri, spazi inclusi, riassunti compresi, tabelle e figure escluse. Gli altri con-tributi non devono superare i 18.000 caratteri, spazi inclusi, compresi abstract e bibliografia. Casi particolari vanno discussi con la redazione. Le lettere non de-vono superare i 2500 caratteri, spazi inclusi; se di lunghezza superiore, possono essere ridotte dalla redazione.

• Le voci bibliografiche non devono superare il numero di 12, vanno indicate nel testo fra parentesi quadre e numerate seguendo l’ordine di citazione. Negli articoli della FAD la bibliografia va elencata in ordine alfabetico, senza nume-razione.

• Esempio: Corchia C, Scarpelli G. La mortalità infantile nel 1997. Quaderni acp 2000;5:10-4. Nel caso di un numero di autori superiore a tre, dopo il terzo va inserita la dicitura et al. Per i libri vanno citati gli autori secondo l’indicazione di cui sopra, il titolo, l’editore, l’anno di edizione.

• Gli articoli vengono sottoposti in maniera anonima alla valutazione di due o più revisori. La redazione trasmetterà agli autori il risultato della valutazione. In caso di non accettazione del parere dei revisori, gli autori possono contro-dedurre.

• È obbligatorio dichiarare l’esistenza di un conflitto d’interesse. La sua eventuale esistenza non comporta necessariamente il rifiuto alla pubblicazione dell’arti-colo.

Pubblicazione iscritta nel registro nazionale della stampa n° 8949© Associazione Culturale Pediatri ACP Edizioni No Profit

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n. 3 / 2015 Editoriale

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n. 3 / 2015 Editoriale

Quale formazione per quale medico?Fabrizio ConsortiSocietà Italiana di Pedagogia Medica

Il recente documento della FNOMCEO “Professione medica nel terzo millennio - Quale modello formativo”1 si è inserito con forza in un dibattito già attivo negli ultimi anni. I cinque cambi di ordinamento subiti dai corsi di laurea in Medicina per mano del Ministero e le ricorrenti “sventure” del sistema di am-missione sono stati una forte spinta a riflettere sul modello di formazione dei medici, anche se riflessione e interventi spesso non sono stati basati su argomenti pedagogici e su una visione chiara e condivisa di quale medico si voglia formare.Alcune criticità socio-sanitarie e alcune tendenze internazionali di progettazione formativa sono utili al dibattito circa la forma-zione pre e post-laurea.

I bisogni e le politiche sanitarie

È in corso un grande cambiamento epidemiologico: la popola-zione italiana2 è sempre più vecchia e afflitta da poli-patologie croniche. L’indirizzo tracciato dal recente Patto per la Salute è altresì chiaro: riorganizzazione dell’assistenza territoriale, in-tegrazione più forte tra ospedale e territorio, valorizzazione della sinergia inter-professionale. Infine, esistono contradditto-rie spinte sociali, da una parte verso una pretesa di infallibilità tecnologica della medicina, dall’altra verso il recupero della di-mensione relazionale e di alleanza medico-paziente. La medicina è fondata su un contratto sociale3 e sarebbe un gra-ve errore da parte dei medici definire in maniera esclusivamente auto-referenziale cosa sia la professione. Date queste premesse, è evidente che gli obiettivi del corso di laurea in Medicina e della formazione post-laurea debbano essere rimodulati, ma è insufficiente modificare solo i “programmi”.L’aggiornamento dei contenuti è necessario (nuove acquisizioni bio-molecolari, nuove linee guida, nuove tecnologie ecc.), l’at-tenzione a temi emergenti, come le cure palliative o le capacità inter-culturali, è indispensabile. Si tratta però soprattutto di adottare un nuovo modello nella progettazione della formazio-ne medica, a tutti i livelli.

Dai contenuti alle competenze

La Commission on the Education of Health Professionals for the 21st Century, riunita sotto l’egida del Lancet, ha pubblicato un cor-poso report4, che identifica la formazione per competenze e la formazione inter-professionale come due elementi qualificanti della formazione per il XXI secolo. La definizione del concetto di competenza mantiene ancora vivo un dibattito intenso fra i pedagogisti, ma possiamo sinteticamente considerarla come la capacità di usare un insieme strutturato di conoscenze, abilità pratiche e attitudini in un contesto professionale specifico.Progettare e soprattutto valutare per competenze (= ricercare e certificare la “capacità di usare”), al di là dei programmi di-sciplinari, produrrà cambiamenti sostanziali nelle modalità di

formazione. Diverse iniziative internazionali hanno definito modelli di competenze mediche. Ricordiamo il progetto euro-peo Tuning Medicine5, che ha prodotto uno schema di 12 do-mini di competenza, ognuno dei quali raggruppa un secondo livello di esiti formativi specifici. In Canada, nel 2005, è stato concluso un grande sforzo coope-rativo, mirato a definire le competenze di base di un medico6. Il modello – denominato CanMEDS – ha avuto diffusione in molti altri Paesi e prevede 7 domini di competenza, denominati “ruoli”. Il ruolo di Medical Expert (“Agire efficacemente come clinico, integrando tutti ruoli CanMEDS per fornire assistenza medica eccellente, eticamente fondata e centrata sul paziente”) è al centro, come elemento unificante. Gli altri ruoli sono di Co-municatore (col paziente e il suo contesto sociale), Collaboratore (come membro di un team), Manager (capace di gestire risorse e aumentare l’efficienza delle organizzazioni), Difensore della sa-lute (di individui, popolazioni e gruppi sociali), Studioso (impe-gnato nell’apprendimento continuo e riflessivo) e Professionista (portatore di valori). Ogni ruolo contiene da tre a sei compe-tenze principali, ulteriormente precisate con livelli di dettaglio inferiore. I ruoli CanMEDS sono usati sia nella formazione pre che post-laurea, a livelli di abilità diversi. Sarebbe molto impor-tante, partendo da queste esperienze già disponibili, avviare an-che in Italia un’iniziativa di definizione formale dell’esito atteso della formazione. Incentrare la didattica e la valutazione, anche quella dell’esame di abilitazione, non sul “conoscere” i contenuti ma sul “saperli usare in un contesto professionale” è la molla per qualsiasi evoluzione efficace del sistema formativo nei corsi di laurea, nelle specializzazioni e nell’educazione continua.

[email protected]

1. Professione medica nel terzo millennio. Quale modello formativo. FNOMCEO. http://media.fnomceo.it//Media/downloadFile.dwn? id= 199&version=5.2. Italia in cifre: edizione 2014. Istat. http://www.istat.it/it/archivio/ 133297.3. Vicarelli G. Società e professione nel ’900. In: Bianco A (Ed). Cen-to anni di professione al servizio del Paese. Roma: FNOMCEO, 2010.4. Frenk J, Chen L, Bhutta ZA, et al. Health professionals for a new century: transforming education to strengthen health systems in an interdependent world. Lancet 2010;376(9756):1923-58.5. The Tuning Project (Medicine). Learning outcomes/competences for undergraduate medical education in Europe. http://www.tuning -medicine.com/index.asp. 6. Royal College of Physicians and Surgeons of Canada. CanMEDS. http://www.royalcollege.ca/portal/page/portal/rc/canmeds.

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n. 3 / 2015Editoriale

Nella FAD di Quaderni acp gli Autori e tutta la redazione vo-gliono porre il lettore al centro del processo di cambiamento, con un apprendimento che si integra con le esperienze prece-denti acquisite nella vita professionale, in linea con le caratteri-stiche dell’apprendimento dell’adulto (un adulto non impara se non è reso protagonista del proprio apprendimento): un possi-bile motivo del gradimento della nostra formazione che, molto fruibile, consente che il tempo mentale favorevole possa coinci-dere con il tempo cronologico, come raccomandano gli antichi Greci.L’unico rammarico è quello di non essere riusciti a promuovere il cooperative learning anche attraverso l’introduzione del tutor virtuale e del forum. Tale opportunità non è stata sfruttata e ci piacerebbe capirne i motivi dalle vostre lettere. La FAD è anche un ottimo strumento per una formazione condivisa sia in ambito ospedaliero che nelle forme associative della pediatria territoriale. È ancora poca l’abitudine all’aula virtuale e al lavoro in gruppo, ma proprio questa esigenza for-mativa rappresenta la sfida del futuro, in particolare per l’ACP: per creare una vera integrazione tra ospedale e territorio biso-gna lavorare sulla formazione dei professionisti della salute (non solo medici, ma anche infermieri pediatrici) in ottica sistemica. Il sistema sanitario è ancora troppo lontano dalla società civile e tende a interpretare i reali bisogni fornendo risposte semplifi-cative e medicalizzanti in un preponderante tecnicismo. Come dice Altan in una sua efficace vignetta: “stiamo cercando di capire che malattie vuole avere la gente”, a scapito di una risposta omogenea da parte di tutte le componenti del sistema e della capacità di fare squadra, e rimandando un’immagine di scarsa coesione, grande confusione di ruoli e atteggiamenti conflittuali. ACP e la sua rivista non possono abdicare alla for-mazione del pediatra che sa essere curioso e che non si accon-tenta di fornire risposte sbrigative a quesiti complessi. Le scuole di specializzazione in pediatria non sembrano ancora aver colto questo bisogno e si limitano a risposte parziali e non omogenee sul territorio nazionale.Vi invitiamo a iscrivervi numerosi anche alla FAD 2015 che ha tutte le carte in regola per garantire una formazione di qualità, sia per i contenuti che per il metodo, e vi ringraziamo per il vostro positivo riscontro.

[email protected]

La FAD di Quaderni acp: un grazie ai lettoriMichele GangemiDirettore Quaderni acp

Si è conclusa la seconda edizione della formazione a distan-za (FAD) con un riscontro molto lusinghiero che ci ripaga dell’impegno e conferma la bontà della scelta (Quaderni acp 2013;20:1). Tutti gli items considerati per la valutazione ECM (che comprendevano, in particolare, la rilevanza degli argo-menti trattati e la qualità educativa dell’iniziativa di forma-zione) hanno avuto risposte positive sopra il 95% da parte dei 241 pediatri che hanno portato a termine il percorso formativo.Il tempo previsto per lo svolgimento della FAD è stato ritenuto congruo nella maggioranza dei casi rispetto alle aspettative. L’assenza di sponsor è stata apprezzata all’unanimità e ha reso trasparenti i contenuti. Possiamo ritenere che la scommessa sia stata vinta e che l’in-tuizione della nuova direzione di Quaderni e dell’attuale presi-denza ACP sia stata premiata dai lettori e dai soci. L’ottimo lavoro del provider (Accademia Nazionale di Medi-cina) ha fatto il resto, unitamente al paziente lavoro di Gianni Piras e di tutta la redazione. Un ringraziamento particolare va a Laura Reali che produce i casi didattici con grande compe-tenza e aderenza agli obiettivi educativi. Una cara amica, che ascolto sempre con particolare attenzio-ne, mi ha detto che è rimasta sorpresa dall’elevato numero di adesioni (oltre 300 paganti) nonostante la numerosa concor-renza, almeno apparentemente gratuita. Ho molto riflettuto su questa giusta considerazione e mi sono convinto che il lavoro dell’ACP in tutti questi anni abbia lasciato il segno contribuen-do a formare il cosiddetto “pediatra riflessivo” (Quaderni acp 2014;21:98), quello che non sceglie solo in base alla gratuità vera o presunta delle offerte.Saper riconoscere una formazione di qualità presuppone infatti un pensiero sul proprio percorso professionale e il bisogno di imparare dall’azione sull’azione, come sostiene SchÖn, il pe-dagogista statunitense che sottolinea la differenza tra i trucchi del mestiere (imparare dall’azione) e il saper sapere (imparare sull’azione). Le nozioni si dimenticano facilmente; il metodo si acquisisce e si applica nei vari ambiti del lavoro quotidiano. I casi didattici a partenza dal testo cartaceo permettono al let-tore di trasformare le conoscenze in competenze: una tipologia di formazione basata sul problem solving che coinvolge il di-scente e pone le basi per il suo cambiamento. Uno dei principi del counselling in ambito formativo consiste proprio nel mobilizzare le risorse del discente, senza sostituirsi a lui e rendendolo protagonista del proprio apprendimento. I numerosi congressi pediatrici non sembrano ancora lavorare in tal senso e continuano a creare sempre più dipendenza dai vari relatori e dalla loro pletora di diapositive.

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n. 3 / 2015 FAD

1. Di cosa parliamo

1.1 Bronchite asmatica, bronchite asmatica ricorrente, wheezingPer bronchite asmatica (BA), o bron-chite asmatiforme, s’intende un’affezio-ne acuta delle vie respiratorie inferiori in età prescolare o più raramente in età scolare, frequentemente associata a infe-zioni virali delle prime vie aeree. Sul pia-no clinico è caratterizzata da un espirio prolungato e da sibilo espiratorio conse-guente a una stenosi più o meno grave del tratto respiratorio (broncostenosi), dovu-ta a infiammazione ed edema della mu-cosa bronchiale. Tale sintomatologia può essere accompagnata da tosse, dispnea prevalentemente espiratoria o senso di costrizione toracica. All’ascoltazione del torace si apprezzano un espirio prolun-gato, ronchi e rantoli a piccole e medie bolle e sibili prevalentemente espiratori. Il termine bronchite asmatica ricorrente (BAr) è riservato a quei casi di BA che si ripetono almeno tre volte in un anno. È invalso l’uso nella letteratura scienti-fica italiana della parola inglese whee-zing a indicare il respiro sibilante che si ascolta durante l’espirio in un bambino con broncostruzione. Il wheezing può essere definito come un suono musicale acuto e continuo che si ausculta durante l’espirio come risultato del restringimen-to del lume delle vie aeree intratoraciche e della limitazione al flusso espirato-rio, indipendentemente dalle cause che l’hanno determinato. Il wheezing quindi corrisponde al nostro respiro sibilante o fischiante. E pertanto non sta a indicare una ma-lattia vera e propria, ma un sintomo cau-sato da un restringimento delle vie aeree causato da infezioni virali, asma o altre patologie che nulla hanno a che vedere né con le BA né con l’asma.

1.2 Eziologia e prevalenza

Le BAr interessano prevalentemente i bambini in età prescolare. I virus più

frequentemente implicati sono il virus respiratorio sinciziale (VRS), i rinovirus, i metapneumovirus umani e i virus in-fluenzali. Le BA, come le infezioni virali respiratorie, riconoscono la loro massi-ma frequenza tra i due e i quattro anni e diminuiscono rapidamente nell’età della scuola. La BA è la forma più co-mune di “respiro sibilante” o wheezing in età prescolare; nelle età successive l’a-sma bronchiale è di gran lunga la causa più frequente. Non tutte le BAr sono da ricondursi a un’infezione virale. Nei ca-si atipici o in quelli non responsivi alle terapie convenzionali, sintomi simili a quelli della BAr possono essere presenti in una varietà di quadri clinici di altra natura (tabella 1). Le BAr a eziologia virale si manifestano prevalentemente in autunno-inverno. Il bambino presenta in successione rinite, tosse secca e respiro sibilante con più o meno evidente dispnea. Alcuni studi hanno dimostrato che un bambino su tre soffre almeno di un episodio di BA prima dei tre anni di vita con una preva-lenza del 50% all’età di sei anni. Secondo uno studio prospettico italiano, il 19% dei bambini nei primi 18 mesi di vita manifesta uno o più episodi di wheezing associato a infezioni delle vie aeree e nel 40% dei casi il wheezing è ricorrente in occasione di infezioni successive. Uno studio condotto attraverso un’in-chiesta telefonica negli USA e in sei nazioni europee, e che ha coinvolto 300 famiglie italiane, ha stimato una preva-lenza del 45% di ricorrenza di wheezing nei sei mesi invernali. Le BAr a eziologia virale presentano caratteristiche fenotipiche differenti dall’asma atopica e si risolvono sponta-neamente entro i sei anni nel 60% dei casi. L’identificazione dei diversi fenotipi di bronchite asmatica e il riconoscimento dei fattori di rischio associati sono molto importanti per prevedere l’evoluzione a lungo termine e per identificare i bambi-ni ad alto rischio per asma allergico che potrebbero trarre beneficio da interventi di prevenzione secondaria.

1.3 Storia naturale delle BA e fattori di rischio per asma

Il rapporto tra BAr e asma è complesso perché una parte dei bambini con BAr in età prescolare presenterà asma nell’età scolare e nell’adolescenza. Diverse coor-ti di bambini sono state studiate per cercare di chiarire quali fossero i fattori intrinseci ed estrinseci che condiziona-no l’evoluzione delle BAr verso l’asma o la guarigione. Una delle prime classifi-cazioni è stata proposta da Martinez e coll. nel 1995. Nella popolazione di 1246 neonati con infezioni delle basse vie re-spiratorie, seguiti per circa sei anni, sono stati identificati tre diversi fenotipi di wheezing. La classificazione di Martinez e coll. è fondata sull’epoca d’inizio dei sintomi e la loro durata nel tempo.Secondo questi due parametri sono stati identificati tre gruppi di bambini e quin-di tre fenotipi che sono, oltre ai bambini che non hanno mai fischiato e che costi-tuiscono il 51,5%, i seguenti: • Wheezers precoci transitori. Questo è il fenotipo più rappresentato nel gruppo dei wheezers (19,9%). È una condizione che inizia generalmente nei primi mesi di vita e scompare in età scolare.

Le bronchiti asmatiche ricorrenti nel bambino in età prescolareLuciano de Seta1, Maria Simona Sabbatino1, Federica de Seta2

1. UOC di Pediatria e Patologia Neonatale, Ospedale S. Paolo di Napoli; 2. Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali - Sezione di Pediatria - Università degli Studi di Napoli Federico II

tabella 1

Diagnosi differenziale delle BAr atipiche

Malattie dell’apparato respiratorio• bronchiectasie • displasia broncopolmonare• fibrosi cistica• discinesia ciliare primitiva

Causate da ostruzione meccanica• malformazioni congenite • linfoadenopatie e tumori • laringomalacia e tracheomalacia • anelli o malformazioni vascolari• inalazione di corpo estraneo

Cause che coinvolgono altri apparati• cardiopatie congenite• malattia da reflusso gastroesofageo

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n. 3 / 2015FAD

Questi “fischiatori” precoci in genere fi-schiano in seguito a infezioni virali delle basse vie respiratorie e abitualmente non presentano storia familiare di asma o personale di sensibilizzazione allergica. Il fattore principale di rischio per questi bambini sembra essere la ridotta funzio-ne polmonare che resta tale anche all’età di 6 anni, nonostante il wheezing sia già scomparso. Il wheezing transitorio può essere causato anche dalla prematurità e dall’esposizione a fattori ambientali quali il fumo di sigaretta sia durante la gravidanza che nel periodo post-natale. • Wheezers persistenti. Sono il 14% dei lattanti che fischiano prima dei tre anni e il wheezing è ancora presente all’età di sei anni. I sintomi sono molto frequenti nel primo anno di vita e continuano con minore frequenza fino all’inizio dell’a-dolescenza. Nella maggior parte dei casi gli episodi iniziano dopo un’infezione da virus respiratorio sinciziale. Questi bam-bini presentano una funzionalità pol-monare di poco ridotta se paragonati al gruppo di bambini di controllo. • Wheezing a inizio tardivo. Inizia tra i tre e i sei anni di età e interessa il 15% dei bambini che fischiano prima dei tre anni. Più della metà di tutti i casi d’asma persistente comincia prima dei tre anni e l’80% inizia prima dei sei anni: essi sono associati a una precoce sensibilizzazione a trofo o aeroallergeni.

I bambini con wheezing persistente e quelli con wheezing a inizio tardivo hanno più probabilità di andare incon-tro ad asma vero e proprio. Maggiore è il rischio se sono anche portatori di una costituzione atopica e, in questi casi, l’a-sma può persistere fino all’adolescenza e in età adulta. Utilizzando la stessa coorte di bambini seguiti dalla nascita, Marti-nez e coll. hanno sviluppato un Indice Predittivo d’Asma (Asthma Predictive Index o API), tenendo conto dell’esisten-za o meno di alcune variabili. Alcune di queste sono state individuate come criteri maggiori, perché più fortemente correlate con un’evoluzione verso l’asma delle età successive, e altre come criteri minori, perché meno correlate all’esito verso l’asma. I criteri maggiori sono: 1) un’anamnesi positiva per asma e 2) una storia di eczema nei genitori. I criteri minori sono: 1) la presenza nei genitori di una rinite allergica e/o 2) di un’eosi-nofilia periferica. Il bambino che rispon-de a uno o più dei criteri maggiori o a due o più dei criteri minori deve essere

considerato API positivo (ad alto rischio d’asma). Il bambino che non risponde ai suddetti criteri è ritenuto API negativo (a basso rischio d’asma). I bambini API positivi presentano un rischio d’asma del 65% mentre quelli API negativi hanno una probabilità di sviluppare asma del 5%. In seguito l’API è stato modificato per renderlo statisticamente più attendi-bile aggiungendo altri fattori di rischio. Nella tabella 2 sono riportati i due indi-ci a confronto, l’API originale e quello modificato, il Modified Asthma Predictive Index (mAPI). Più recentemente la Task Force dell’European Respiratory Society (ERS) ha proposto una classificazione più semplice dei fenotipi dell’asma con l’individuazione di soli due fenotipi: 1) il wheezing episodico (virale), le nostre BA virali e 2) il wheezing multi-fattoriale. Il primo, più comune fenotipo nei bambini in età prescolare, si caratterizza per di-stinti episodi di wheezing in assenza di sintomi tra gli episodi acuti. Di solito questi sono associati a infezioni virali stagionali come quelle da VRS, corona-rovirus, metapneumovirus umani, virus parainfluenzale e adenovirus. Il wheezing multi-fattoriale è il secondo fenotipo e può essere causato sia da virus sia da altri fattori scatenanti quali il fumo di siga-rette e l’esposizione ad allergeni.

1.4 BA ricorrenti e bronchiolite

La bronchiolite è abitualmente consi-derata il primo episodio di wheezing e rappresenta il primo episodio con ran-toli crepitanti, associato a segni clinici

d’infezione virale (febbre, raffreddore) in un bambino di età inferiore ai dodici mesi. La bronchiolite ha una sintomato-logia peculiare che la rende diversa dalle successive BA, anche se il sintomo più evidente, il respiro sibilante o wheezing, è comune a tutte e due le patologie. La diagnosi differenziale si fonda su due punti fondamentali: 1) il reperto di ran-toli crepitanti, presenti nella bronchiolite e 2) la mancata risposta ai farmaci antia-smatici (beta-2 stimolanti e cortisonici sistemici) che sono, di contro, molto ef-ficaci nelle BA. È importante ricordare che il primo episodio di wheezing con presenza di rantoli crepitanti in tora-ce è la bronchiolite mentre i successivi (che non presentano crepitio) sono BA da virus. In alcuni casi la bronchiolite può essere seguita, nei mesi e negli anni successivi, da uno o più episodi di BAr da virus. Una serie di studi ha riportato un’associazione tra infezione da VRS e successiva comparsa di BAr da virus e asma a tre anni di età, sia tra i neonati pretermine sia in quelli a termine, e l’esi-stenza, inoltre, di un rapporto tra gravità della bronchiolite e gravità dei successivi episodi di BA.

1.5 Anamnesi ed esame clinico

L’obiettivo dell’anamnesi e dell’esame clinico è quello di identificare il quadro dei sintomi e la loro gravità, oltre a in-dividuare ogni possibile fattore scate-nante e riconoscere quegli aspetti clinici che possano suggerire un’altra diagnosi o un’altra patologia associata. In par-

tabella 2Predictive index modificato*

mAPI versus originale API1) Storia di ≥ 4 episodi di wheezing di cui uno diagnosticato dal medico2) In aggiunta il bambino deve avere positivo ≥ 1 dei criteri maggiori o ≥ 2 dei criteri minorimAPI: criteri maggiori• storia di asma nei genitori• dermatite atopica• sensibilizzazione allergica

a più di uno allergene

API originale: criteri maggiori• storia di asma nei genitori, dermatite

atopica diagnosticata dal medico

mAPI: criteri minori• sensibilizzazione allegica a latte,

uovo, arachidi• wheezing senza raffreddore• eosinofilia > 4%

API originale: criteri minori• rinite allergica diagnosticata

dal medico• wheezing senza raffreddore• eosinofilia > 4%

La differenza tra i due indici è segnalata in grassetto

*tradotto da Guilbert TW, Morgan WJ, Zeiger RS, et al. JACI 2004;114:1282.

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111 Quaderni acp - www.quaderniacp.it

n. 3 / 2015 FAD

topia e l’asma atopico. Questi risultati suggeriscono che nell’ambiente dei cen-tri cittadini i bambini esposti a specifici allergeni e batteri durante il primo anno di vita hanno una minore probabilità di soffrire di BAr e di acquisire una sensi-bilizzazione allergica. La contemporanea esposizione ad alti livelli di alcuni bat-teri e allergeni nelle prime epoche della vita potrebbe avere un effetto protettivo verso le malattie allergiche e fa pensare a nuove strategie preventive per le BAr e le malattie allergiche basate su tale esposi-zione nelle prime epoche della vita.

3. Come trattarle

L’obiettivo del trattamento delle BAr è di controllare i sintomi, ridurre le ricadute e migliorare la qualità della vita. È diffici-le standardizzare l’approccio terapeutico delle BAr, considerate la loro eziologia multifattoriale, la diversità delle mani-festazioni cliniche e la mancanza di un buon livello di ricerche sui meccanismi fisiopatologici. Per questo, spesso, si de-ve fare riferimento alle linee guida sull’a-sma statunitensi o inglesi, che riservano una loro sezione all’asma dei bambini in età prescolare. La terapia delle BAr può essere divisa in due momenti: 1) il trat-tamento delle riacutizzazioni o delle crisi acute di broncostenosi o wheezing e 2) la prevenzione delle riacutizzazioni.

3.1 Trattamento delle riacutizzazioni

Il trattamento delle riacutizzazioni si ba-sa fondamentalmente sull’uso dei farmaci beta 2-stimolanti a breve durata d’azio-ne.In Italia il farmaco utilizzato è il sal-butamolo. L’azione broncodilatatrice di questo farmaco e il suo effetto protettivo verso gli stimoli bronco-ostruttivi sono stati ampiamente dimostrati da ricerche controllate e randomizzate nei bambini in età prescolare. Infatti i bambini, nei primi due anni di vita, possiedono beta 2-recettori funzionali dalla nascita e la stimolazione di questi recettori produ-ce lo stesso effetto che nei bambini più grandi. Le linee guida (LG) sull’asma nei bambini di età inferiore a cinque an-ni indicano univocamente che il salbu-tamolo dovrebbe essere somministrato preferibilmente mediante spray dosato con distanziatore e che questo sistema è da preferire al nebulizzatore pneumatico sia in termini di efficacia sia di praticità. Nei bambini di età inferiore a 4-5 anni è

contribuire al viraggio delle BAr dell’età prescolare in asma allergico (e non aller-gico) dell’età scolare e dell’adolescenza, fino all’età adulta. Numerosi fattori di rischio nella prima infanzia sono asso-ciati alle BA in età prescolare. Tra questi ricorderemo: 1) la frequenza dell’asilo-nido e la

presenza di fratelli maggiori; 2) l’esposizione al fumo di sigaretta e al

fumo materno durante la gravidanza;3) l’esposizione al particolato derivante

dall’inquinamento ambientale in-dustriale e da traffico veicolare, alle endotossine batteriche e agli allergeni della polvere di casa;

4) la rapida crescita in peso nei primi tre mesi di vita.

La presenza di uno o più fratelli e la fre-quenza al nido durante i primi sei mesi di vita proteggono dalla comparsa d’a-sma nelle successive epoche della vita. I bambini maggiormente esposti ad altri bambini a casa o a scuola vanno incontro a un maggior numero di BA all’età di 2 anni rispetto ai bambini poco o per nulla esposti, ma presentano meno frequente-mente asma dall’età di 6 fino all’età di 13 anni.

Il fumo materno in gravidanza è stato associato al wheezing precoce transitorio. Invece il wheezing a comparsa tardiva (nessun wheezing a tre anni ma comparsa a sei anni) è associato all’asma materno, al sesso maschile e alla rinite a esordio pre-coce. Il wheezing persistente (comparsa a tre anni e presenza a sei anni) è associa-to alle BAr, all’asma materno, all’atopia. Alcuni studi hanno dimostrato che l’au-mentata esposizione al fumo di tabacco e all’inquinamento ambientale porta a un aumento dell’incidenza d’asma. Per quanto riguarda l’inquinamento da aller-geni e batteri, uno studio multicentrico sul rapporto tra questo tipo d’inquina-mento e il rischio di ammalare d’asma e di wheezing nei primi anni di vita, con-dotto in quattro città degli Stati Uniti, ha dimostrato che l’esposizione cumula-tiva a più allergeni dopo i tre anni di età è associata alla sensibilizzazione allergica e che la sensibilizzazione allergica all’età di tre anni è correlata al wheezing ricor-rente. Di contro, l’esposizione nel primo anno di vita agli allergeni di scarafaggi, topi e gatti è protettiva nei confronti del-le BAr. Inoltre, nel primo anno di vita la ridotta esposizione a specifici batteri nella polvere di casa è associata con l’a-

ticolare bisogna valutare la frequenza e la gravità dei sintomi respiratori, la loro eventuale associazione con fattori scate-nanti quali l’esercizio fisico, le infezioni virali, il fumo di sigaretta e gli allergeni ambientali, così come ricercare un’even-tuale storia di eczema o di asma nei ge-nitori, un’eosinofilia periferica, una rinite allergica o un wheezing senza sintomi di raffreddore. La diagnosi differenziale delle BAr è complessa e dipende dall’età del bambino. Alcuni elementi atipici do-vrebbero subito indirizzare il pediatra a considerare una diagnosi diversa da quella delle BAr da virus e non da virus: • sintomi comparsi alla nascita o subito

dopo, soprattutto se associati a un ri-tardo di crescita;

• ritardo di crescita; • vomito associato a sintomi respiratori;• wheezing continuo;• completa mancata risposta ai farmaci

antiasma;• mancata associazione con i caratteristi-

ci fattori scatenanti, quali le infezioni virali delle vie respiratorie superiori o l’esposizione ad allergeni dopo la sensi-bilizzazione a essi.

Nel capitolo sull’eziologia sono già state ricordate le diverse patologie che devono essere prese in considerazione in presen-za di elementi atipici delle BAr. Un discorso a parte merita il reflusso gastroesofageo (RGE), troppo spesso associato alle BAr che non rispondono alla terapia con corticosteroidi inalatori (CI), anche se non è chiaro se il RGE sia la causa del wheezing nell’infanzia o si tratti solo di un’associazione casuale di due patologie frequenti. In una ricer-ca condotta in un gruppo di bambini in età scolare con un wheezing scarsamen-te controllato dai CI e senza sintomi di RGE, l’aggiunta d’inibitori di pompa protonica non ha migliorato né i sintomi né la funzione polmonare.

2. Prevenzione della ricorrenza delle BA e della trasformazione in asma

Studi condotti nei Paesi europei hanno dimostrato che i 2/3 dei ricoveri ospe-dalieri per BAr e asma nei bambini po-trebbero essere evitati con migliori cure preventive. Per attuare un’efficace pre-venzione è indispensabile conoscere i fattori di rischio individuali, familiari e ambientali, sia esterni sia domestici, che possono favorire il recidivare delle BA e

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con maschera nei bambini più piccoli. La Task Force dell’ERS raccomanda diffe-renti approcci a seconda del fenotipo del wheezing e propone l’utilizzo dei CI nei wheezing multifattoriali (vedi paragrafo 1.3). Va subito premesso che gli studi condotti sul ruolo dei CI nel modificare la storia naturale delle BAr ad alto ri-schio di evolvere verso l’asma hanno dato risultati negativi. Questi studi, tuttavia, hanno dimostrato che nel periodo di trattamento si verificava una significati-va riduzione del numero delle ricadute e, quindi, del numero degli episodi acuti. Secondo le raccomandazioni della Task Force dell’ERS, che si riferiscono a bam-bini di età < 5 anni affetti da wheezing episodico o multifattoriale, i bambini che richiedono l’adozione di una terapia di mantenimento sono quelli nei quali: • i sintomi respiratori non sono controlla-

ti tra gli episodi acuti; • gli episodi sono frequenti (per esempio,

almeno tre episodi in una stagione);• gli episodi sono meno frequenti ma gra-

vi, tali da richiedere l’accesso in Pronto Soccorso e il ricovero in ospedale;

• i beta 2-stimolanti a breve durata d’a-zione si rendono necessari frequente-mente, almeno 2 volte a settimana.

In questi casi è previsto l’impiego di CI a basse dosi (fluticasone 100-200 mcg/die) con l’eventuale aggiunta degli IRLT e il possibile raddoppio delle dosi di CI in caso di mancata o scarsa risposta. Nei casi in cui tutto questo iter terapeu-tico non portasse a sostanziali miglio-ramenti e si dovesse rendere necessario l’uso intermittente di corticosteroidi per via sistemica, è previsto l’invio al pedia-tra allergologo o pneumologo in un Cen-tro di III livello per escludere l’eventuale esistenza di altre malattie causa delle BAr, riportate nella tabella 1.

Non esistono LG specifiche per il trat-tamento a lungo termine delle BAr as-sociate a infezioni virali delle alte vie respiratorie, soprattutto perché la lette-ratura sull’argomento, oltre che essere aneddotica, ha fornito finora scarsi ri-sultati. L’impiego dei CI come terapia di mantenimento con basse dosi non sembra fornire benefici mentre l’impie-go di alte dosi di CI sembra associato a miglioramenti ma è gravato da effetti collaterali.Un recente studio italiano indipenden-te condotto dai pediatri di famiglia ha voluto verificare l’efficacia nella pratica clinica del beclometasone dipropiona-

farmaci di sicura efficacia nella terapia dell’attacco acuto d’asma quando som-ministrati insieme ai beta-2 stimolanti, in particolare nelle forme moderate e severe. Il loro utilizzo, invece, nelle crisi acute delle BAr da virus nei bambini in età prescolare è stato recentemente messo in discussione. Un ampio trial controlla-to in bambini in età prescolare con whe-ezing di grado lieve-moderato, associato a infezioni da virus, ha dimostrato che il trattamento con il prednisolone non ri-duce il numero di giorni di ricovero in ospedale e l’entità dei sintomi. Inoltre una post-hoc analisi di due trials sull’ar-gomento non è stata in grado di dimo-strare che il trattamento con cortisonici orali nel wheezing acuto virale sia supe-riore ai controlli nel ridurre le giornate di degenza in ospedale e altri indicatori di guarigione clinica. I bambini con sin-tomi gravi, tali da richiedere l’ospedaliz-zazione, dovrebbero ricevere comunque steroidi orali. La posologia dei cortiso-nici orali è di 1-2 mg/kg per 3-5 giorni per il prednisone, di 0,1-0,2 mg/kg per il betametasone per 3-5 giorni nelle forme moderate e severe. Bisogna somministra-re ossigeno supplementare a tutti i bam-bini ipossiemici affetti da wheezing acuto grave per mantenere il livello di SpO2 su valori tra 94-98%. Se la SpO2 si mantiene su valori <92% in aria ambiente dopo un iniziale trattamento con broncodilatatori, bisogna valutare la possibilità di ricovera-re il bambino.

3.2 Terapia di mantenimento

Quali sono le indicazioni per instaurare una terapia di mantenimento o di con-trollo preventivo degli episodi di BAr?I bambini candidati a questo tipo di tera-pia sono quelli:• che presentano sintomi respiratori tra

gli episodi acuti;• affetti da episodi ricorrenti molto fre-

quenti dovuti a cause infettive; • che hanno presentato riacutizzazioni

gravi che hanno richiesto l’accesso in Pronto Soccorso e l’ospedalizzazione.

I farmaci da utilizzare come terapia di mantenimento sono i CI e gli inibitori dei recettori per i leucotrieni (IRLT), dei quali il più utilizzato è il montelukast. C’è un particolare tipo di corticosteroi-di per uso topico utilizzati a bassissimo dosaggio, il cui assorbimento sistemico è molto scarso. Si somministrano pre-feribilmente con aerosol pressurizzato con distanziatore munito di boccaglio o

preferibile usare il distanziatore munito di mascherina, insegnando ai genitori a fare aderire bene la mascherina sul viso e a controllare che il bambino respiri con la bocca. I puff devono essere erogati uno per volta. Il nebulizzatore resta la moda-lità di erogazione dei farmaci inalatori consigliata da tutte le LG nell’attacco acuto d’asma grave, e quindi anche delle BA gravi, perché consente di sommini-strare il salbutamolo insieme all’ossigeno in flusso continuo. Nell’ottobre del 2014 l’AIFA ha limitato l’uso di Broncovaleas (salbutamolo) 5 mg/ml soluzione da ne-bulizzare ai bambini di età superiore a due anni in ragione di alcune segnalazio-ni di eventi avversi legati all’accidentale sovradosaggio del farmaco in bambini piccoli. Tuttavia, poiché, come già detto, il sal-butamolo per via aerosolica (sommini-strato insieme all’ossigeno) è indicato nel trattamento delle crisi gravi di bronco- stenosi anche prima dei due anni di età, la nota AIFA è stata sottoposta a critiche che, con tutta probabilità, porteranno a una sua revisione. Il dosaggio consigliato per il salbutamolo nebulizzato nell’attac-co d’asma acuto di grado lieve-moderato è di 0,15 mg/kg pari a 0,6 gtt/kg ogni 4-6 ore in 3 ml di soluzione fisiologica. Nella crisi d’asma moderata-grave o gra-ve è suggerito un dosaggio da quattro a dieci gtt, indipendentemente dalla gravi-tà della crisi, l’età e il peso del bambino. Uno schema pratico da utilizzare può es-sere quello di somministrare 5 gtt fino a 10 kg di peso; 8 gtt da 10 a 15 kg e 10 gtt da 15 a 20 kg. Se si utilizza l’aerosol pres-surizzato con distanziatore (100 mcg/puff) il dosaggio è di 4-10 puff secondo il seguente schema: fino a 10 kg 2 puff, da 15 kg 3 puff, da 20 kg 4 puff. Il sal-butamolo può essere utilizzato anche per via endovenosa quando non c’è risposta alla terapia iniziale, incominciando con una dose bolo (15 mcg/kg in 10 minuti) e proseguendo, se necessario, con il farma-co in infusione continua. Il salbutamolo sospensione orale non è raccomandato nella terapia della crisi acuta d’asma nei bambini in età prescolare. Come terapia aggiuntiva al beta 2-stimo-lante nella fase acuta può essere utilizza-to l’ipratropio bromuro. L’uso di questo farmaco è ben tollerato, la sua azione è sinergica con quella del beta 2-stimolan-te. La posologia è di 250 mg/dose misce-lato con la soluzione di salbutamolo.I corticosteroidi per via orale sono far-maci considerati in tutte le LG come

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riserve di cui si è prima detto. Le prove di efficacia per il montelukast sono meno convincenti, in parte anche per la scarsa numerosità degli studi.

4. Prognosi

Gli studi di follow up di popolazioni han-no dimostrato che i sintomi di una parte considerevole dei bambini in età presco-lare con BAr presenta remissione nell’età della scuola. Le percentuali di tali remissioni variano dal 48% di alcuni studi al 63% di altri. In uno studio inglese i bambini affetti da wheezing che ha richiesto il ricovero in ospedale, o almeno quattro visite da par-te del pediatra dopo il primo anno dalla diagnosi, sono a rischio elevato di asma persistente all’età di 12 anni. Il che in-duce a pensare che la gravità e l’intensità dei sintomi possano produrre (o predire) effetti a lungo termine.Anche se sembra che i sintomi di gran parte dei bambini abbiano una remis-sione più avanti negli anni, nell’età del-la scuola o nell’adolescenza, alcuni di questi bambini continuano a presentare sintomi persistenti o vanno incontro a ricadute nell’età adulta dopo un periodo di remissione. Tenendo conto di questo dato epidemiologico, dopo un periodo di trattamento con farmaci di mantenimen-to, bisognerebbe valutare la possibilità di sospendere la terapia di mantenimento e di monitorare l’evoluzione dei sintomi in assenza di terapia.

[email protected]

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o importanti sintomi intercorrenti tra un episodio e l’altro) o API positivi e non in quelli con BAr virus-indotte (whee-zing virale). L’impiego di alte dosi di CI in maniera preventiva, in occasione di episodi virali in bambini con wheezing moderato-severo che ha richiesto l’im-piego di cortisone sistemico o il ricorso al Pronto Soccorso, trova spazio nella pratica clinica solo in casi selezionati. Le basse dosi di CI somministrate con il distanziatore (100-200 mcg/die per 2-3 mesi) non sono associate a nessun effetto avverso importante e sono ben tollerate. Infatti, le ricerche eseguite misurando la lunghezza del femore hanno dimostrato che dosi di 200 mcg di budesonide non hanno alcun effetto sulla crescita degli arti inferiori mentre dosi di 400 o 800 mcg producono questo effetto in mo-do più o meno marcato. È evidente che l’utilizzo di medie dosi giornaliere di CI per lunghi periodi di tempo va riservato a casi gravi, calcolandone il rishio/be-neficio. Le LG ERS raccomandano un trial di tre mesi con CI per stabilire la lo-ro efficacia nel wheezing multifattoriale. Se i sintomi si riducono, ma persistono nonostante tale terapia, si può conside-rare la possibile associazione con il mon-telukast.Nel wheezing ricorrente in bambini di età compresa tra 6 e 24 mesi, è stato osservato che otto settimane di terapia con montelukast non hanno significati-vi effetti sul numero dei giorni liberi da sintomi, sull’uso di cortisonici sistemici e sulla funzionalità polmonare. Men-tre, nei bambini più grandi, ma di età < 5 anni, con BA episodiche associate a sintomi nei periodi intercorrenti, la som-ministrazione quotidiana di montelukast è associata a una significativa riduzione del rischio di ricorrere ai corticosteroidi per uso sistemico. In un altro studio più recente il trattamento con montelukast quotidiano non è stato associato a nes-sun cambiamento nel numero di giornate senza sintomi. Da quanto detto sulla terapia di man-tenimento si deduce il sicuro beneficio della somministrazione di basse dosi quotidiane di CI nei bambini con BAr con atopia e sintomi intercorrenti tra le riacutizzazioni. Anche utili sono le alte dosi preventive intermittenti di CI nei bambini della prima infanzia con BAr a eziologia virale di grado moderato-seve-ro senza sintomi intercorrenti che hanno richiesto un accesso in Pronto Soccorso o una terapia con cortisonici orali, con le

to nella profilassi del wheezing virale in bambini con precedenti episodi di whe-ezing virale. I risultati di questo studio confermano che gli steroidi inalatori a basse dosi non sono efficaci nel prevenire le recidive di wheezing se utilizzati all’i-nizio dell’episodio infettivo. Inoltre essi non hanno prodotto benefici nel ridurre i sintomi delle infezioni delle vie aeree. I CI a basse dosi quotidiane per lunghi periodi (100-200 mcg/die di fluticasone) si sono, invece, dimostrati efficaci nelle BAr non associate a virus, in una popola-zione mista di bambini in età prescolare con o senza atopia e in quelle con indice predittivo (API) positivo, come riportato in una metanalisi di tre recenti ricerche.Il loro impiego ha ridotto il rischio di ricadute che hanno richiesto l’uso di cor-tisonici orali del 40% se paragonati con i bambini trattati con placebo. La tera-pia quotidiana con basse dosi di CI è in grado di produrre benefici anche a lungo termine, perché a un anno dalla sospen-sione del farmaco la frequenza dei sin-tomi si è dimostrata uguale a quella del gruppo di controllo trattato con placebo. I CI sono stati utilizzati anche ad alte dosi (3-4 volte il dosaggio della terapia di mantenimento, per esempio 800-1000 mcg/die di fluticasone) in maniera pre-ventiva e intermittente per 7-10 giorni all’inizio dell’episodio infettivo per pre-venire l’insorgere del wheezing. Si tratta di bambini dei primi due anni di vita che soffrono di BAr in occasione d’infezioni virali (wheezing virale) di grado modera-to e severo, senza sintomi tra un episodio e l’altro e che hanno richiesto l’accesso al Pronto Soccorso o l’impiego di corti-costeroidi orali almeno in due occasioni. La letteratura più recente sull’argomen-to dimostra che tale impiego riduce del 30% le ricadute che richiedono l’uso di corticosteroidi orali.L’impiego di CI quali budesonide o flu-ticasone a medie dosi (200-400 mcg per lunghi periodi di tempo) in bambini che non hanno risposto alle basse dosi e l’im-piego di dosaggi elevati per cicli ricor-renti di 7-10 giorni sono stati associati a significativo rallentamento della crescita staturale e ponderale, oltre che a interfe-renze sulla normale funzionalità dell’as-se ipofisi-surrenale. I dati fin qui esposti suggeriscono gli ottimi risultati nell’uso dei CI a basse dosi giornaliere per perio-di lunghi (100-200 mcg/die per tre mesi), senza significativi effetti collaterali, nei bambini in età prescolare affetti da ripe-tuti episodi di BAr (bambini con atopia

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Concorso Fotografico “Pasquale Causa” Edizione 2015

Regolamento

Il concorso è libero, non è riservato ai soli soci ACP né agli iscritti al Congresso. Le foto dovranno avere come tema i bambini in riferimento ai temi del Congresso, dovranno essere accompa-gnate da didascalia, nome, cognome, indirizzo, e-mail, telefono, qualifica dell’autore e dalla eventuale libera-toria firmata dai soggetti fotografati.

Le foto potranno essere fornite in formato digitale ed inviate, entro e non oltre il 10 settembre 2015, al seguen-te indirizzo e-mail: [email protected] specificando in oggetto

CONCORSO FOTOGRAFICO PASQUALE CAUSA

Il giudizio di qualità sulle foto sarà compito di una giuria scelta dalla Segreteria scientifica del Congresso. Verranno premiati nel corso del Congresso i primi 3 classificati.

Segreteria NazionaleAssociazione Culturale Pediatrimail: [email protected] - [email protected]. (+39) 392 3838502 - Fax: (+39) 1786075269

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n. 3 / 2015 Info genitori

“Buongiorno dottoressa, sono la mam-ma di Maria. Come al solito ha di nuovo la tosse, la notte non dormiamo. Ha una tosse piena di muco, non ce la facciamo più! È da quando va all’asilo nido che non si capisce più nulla. Sta bene solo qualche giorno, ma il naso cola sempre; confesso che ho comprato uno sciroppo, ma non è cambiato nulla. Siamo veramente stan-chi di sentirla tossire, e siamo anche pre-occupati. È vero che al nido tossiscono in continuazione, ma si può andare avanti così?... Ma la tosse che cosa è?”La tosse è un ottimo sistema che permet-te alle vie aeree, cioè naso, gola, trachea, bronchi e polmoni di rimanere pulite. Infatti, quando è presente una irritazione nelle vie aeree, il riflesso della tosse per-mette di far fuoriuscire aria e muco con forza dalle vie aeree.

“Quali sono le cause della tosse?”Le cause più frequenti sono le infezioni virali delle alte vie respiratorie come il raf-freddore, le laringiti o il laringospasmo; altre cause frequenti nel primo anno di vita sono le bronchioliti, che colpiscono le vie aeree più piccole, oppure nei bam-bini più grandi le allergie come l’asma. La pertosse era causa frequente di tosse insistente a spasmi e per la sua gravità era chiamata tosse cattiva: se colpiva i bambini sotto l’anno di età poteva por-tare a morte per asfissia. Da quando tutti i bambini si vaccinano è diventata una malattia rara.

“Quando Maria ha la tosse e ci sentiamo per telefono mi chiede sempre che tosse ha: secca o grassa. Che differenza c’è?”Ci sono tossi secche, senza muco, e tossi grasse, piene di muco. Le infezioni virali che causano la maggior parte delle tossi provocano una infiammazione della pa-rete delle vie respiratorie: la tosse secca indica che è presente una irritazione, in questi casi è utile bere molta acqua e, se l’aria è secca, umidificare l’ambiente do-ve si soggiorna. Durante la guarigione il rivestimento di questa parete viene so-stituito e eliminato con la produzione di muco: la tosse diventa grassa, ed essendo

un meccanismo di difesa è utile per la guarigione, la tosse grassa va quindi in-coraggiata e non bloccata.

“... al nido tutti noi genitori ci chiediamo se è prudente mandare a scuola un bimbo con la tosse; ... e poi è possibile che una tosse duri tanto?”I bambini possono ritornare a scuola o al nido quando la febbre è scomparsa e si sentono in forma: in corso di una infezio-ne virale la tosse dura dalle 2 alle 3 set-timane e non ci sono norme di legge che richiedono l’allontanamento del bambino dalla comunità se ha un raffreddore. In ogni caso, il miglior modo di preve-nire la diffusione di tosse o raffreddori è quello di lavarsi molto spesso le mani. Bisogna anche sapere poi che le ultime ricerche scientifiche hanno dimostrato che i bimbi che hanno spesso tosse e raf-freddore hanno una minore probabilità di andare incontro a malattie croniche importanti da grandi.

“Il problema è anche cosa fare: le farma-cie sono piene di medicine per la tosse...”.Se il naso è pieno di muco è utile liberarlo con frequenti lavaggi con acqua o solu-zione salina. La soluzione salina si può preparare anche in casa, aggiungendo un cucchiaino di sale da cucina a mezzo litro di acqua. Se la tosse è molto fastidiosa si può alle-viare con bevande calde o acqua, e umi-dificando l’ambiente casalingo. Dopo l’anno di età si può dare un cuc-chiaino di miele anche più volte al giorno, poiché rende le secrezioni più fluide e la tosse più grassa. Il miele è efficace quan-to i farmaci per la tosse. A volte la tosse può causare vomito, spesso nei più piccoli che hanno ancora cibo non digerito nel-lo stomaco; in questi casi bisogna offrire cibo in piccole quantità e frequenti sorsi di acqua. Le medicine per la tosse non sono raccomandate sotto i due anni per-ché non sono efficaci e possono causare altri disturbi. Quindi, se la tosse è secca e insistente, con accessi prolungati, e se i ri-medi usati non sono stati efficaci, bisogna chiedere consiglio al proprio pediatra.

“… una sola volta Maria ha avuto un epi-sodio di broncospasmo... Questo vuol dire che diventerà asmatica da grande?”Il broncospasmo o wheezing (in inglese: respiro sibilante) si manifesta nei primi anni di vita in corso di infezioni; in alcu-ni casi nel bambino più grande può esse-re sintomo di asma, specie se in famiglia qualcuno ne soffre. Durante un episodio di broncospasmo la tosse può essere in-sistente e il respiro può essere affannoso; non sempre questo sibilo si avverte, ma il pediatra riesce a sentirlo appoggiando lo stetoscopio sul torace. In questi casi ci sono dei farmaci appropriati da sommi-nistrare; chiedi consigli al tuo pediatra.

“Quando devo preoccuparmi?”Non tutte le tossi richiedono una visi-ta medica, specie quelle da raffreddore. Spesso la bambina che tossisce riesce a riposare; meno i genitori, che non riesco-no a dormire per il rumore e la preoccu-pazione provocati dalla tosse. In questi casi le medicine che bloccano la tosse non sono indicate perché la tosse è una specie di “spazzacamino” delle vie respiratorie.

Invece è importante contattare il pediatra quando: • la bambina non partecipa, non gioca, e

sembra molto malata;• la tosse è cominciata subito dopo avere

ingoiato un piccolo oggetto;• la tosse è cominciata subito dopo avere

ingerito un farmaco o dopo una puntu-ra di insetto;

• il respiro è affannoso o molto veloce;• le labbra hanno un colorito bluastro

durante la tosse;• la bambina ha meno di tre mesi e pre-

senta segni di malessere o ha febbre;• la bambina ha tosse e febbre e non ri-

esce a mangiare o a dormire;• la tosse è presente da più di tre setti-

mane.

[email protected]

“Maria ha sempre la tosse!”Stefania Manetti1, Costantino Panza2, Antonella Brunelli3

1. Pediatra di famiglia, Piano di Sorrento (Napoli); 2. Pediatra di famiglia, Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia); 3. Direttore del Distretto ASL, Cesena

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n. 3 / 2015Candidati alla Presidenza

Regolamento

Diritto al voto

I soci dell’Associazione iscritti da almeno un anno e in regola con il pagamento delle quote hanno diritto al voto.

Modalità di espressione del voto

Dallo scorso anno è attiva la modalità elettronica di voto, per cui non verranno più spedite le schede cartacee. Il socio, per esprimere le proprie preferenze, dovrà au-tenticarsi all’area riservata dove, appena le votazioni saranno attive, troverà l’apposita maschera con l’elenco dei candidati. Il voto sarà anonimo come per la vecchia modalità cartacea. Le preferenze espresse andranno automaticamente a incrementare un conta-tore elettronico.Si potrà votare anche in sede congressuale con le apposite schede fornite dalla segre-teria.

I voti da esprimere

Per la Presidenza si potrà esprime un so-lo voto, mentre per il Consiglio direttivo un massimo di tre voti. I candidati alla Presidenza sono elencati qui sotto con un curriculum da loro stessi preparato. Segue il programma di entrambi.I curricula dei candidati al Direttivo e ulte-riori approfondimenti in merito ai candi-dati alla Presidenza saranno pubblicati su

“Appunti di viaggio”.

Curricula dei candidati alla Presidenza ACP

Antonella BrunelliNel corso della mia vita professionale pen-so di aver sperimentato e praticato (qua-si) tutto quel che la laurea in Medicina ti permette di fare: a partire dalla frequen-tazione di Cliniche Universitarie nel corso degli studi, ho iniziato la mia attività dalle guardie mediche e turistiche; sono passata alla convenzione di medicina generale, poi a quella pediatrica, poi alla specialistica dei

consultori pediatrici; fino all’ospedale, che era la mia meta. Poi, dopo 20 anni dalla laurea, la mia attività è passata dalla clini-ca a quella gestionale organizzativa, fino alla direzionale: da Responsabile di Area Materno-Infantile distrettuale a Direttore di Distretto, a cui, negli ultimi 4 anni, ho aggiunto la Direzione delle Attività So-cio-Sanitarie. Come è successo? Spiegare questo cambia-mento a parole non è semplice, ma la sensa-zione che mi ha guidato è stata quella di un alpinista, o di un pilota di elicotteri. Della base in cui stai, tu conosci tutto, distingui la genziana e il cardo, ne conti i petali e le spine, riconosci le sfumature di colore. Poi, cambi la posizione e cambi la prospettiva: i dettagli si perdono, i singoli cespugli si confondono, alla fine del viaggio rimango-no solo macchie di colore. Ma l’orizzonte è diventato infinito e tu vedi anche quel-lo che c’è di fianco, e oltre la valle, e oltre molte valli. Ma non perdi il riferimento di quel fiore, e se anche non lo vedi, sai be-nissimo dov’è. E da quella posizione puoi capire come i cambiamenti, anche indiretti, o distanti, nel bene e nel male, modifichi-no la realtà di quella pianta. Allora, la ri-sposta potrebbe essere questa: sono andata fin lì per portare il mio contributo a chi le scelte le fa, e per orientare queste scelte nel rispetto anche del più piccolo fiore.Si chiama advocacy? Centralità del cittadi-no? Responsabilità professionale?La mia scuola, la mia esperienza, le mie ca-ratteristiche, la mia appartenenza all’ACP da oltre 25 anni mi hanno portato dove mai avrei immaginato, dove non credevo avrei voluto. È stato difficile lasciare la cli-nica, quel rapporto sempre nuovo e ricco che avevo coi bambini, con gli adolescenti, quella famiglia di colleghi di reparto. Mi sono ritrovata sola, con qualche pari di altri territori, e provenienti da esperienze lontanissime dalla mia. Ma la necessità di incidere sulle cose, di poter dare vita a quella cultura di cui mi sono nutrita, mi ha fatto trarre grande soddisfazione per ogni singolo percorso attuato, per ogni singola integrazione raggiunta, per ogni innovazione organizzativa introdotta. Con l’unico fine di fornire ai cittadini la miglior

risposta possibile, da parte di professionisti capaci, nell’ambito di una organizzazione adeguata. E in tutto questo, l’ACP è stata la mia famiglia.Questo è il mio curriculum.Il resto, un banale elenco di titoli e date.

Federica Zanetto• Nata a Cagliari il 6-07-1956, residente a

Vimercate (Monza Brianza), Via B. Cre-magnani 13/22.

• Pediatra di famiglia ASL Monza e Bri-anza dal febbraio 1985.

• Animatore di Formazione della Regione Lombardia; socia dell’ACP dal 1988.

• Membro del Direttivo Associazione Culturale Pediatri Milano e Provincia.

• Membro del comitato editoriale di Quaderni acp dal 2003.

• Membro del Direttivo Nazionale ACP (triennio 2003-06).

• Referente dell’ACP per la Regione Lom-bardia.

• Referente progetto “Nati per Leggere” Regione Lombardia.

• Referente dell’ACP alla Consensus Con-ference 2007 “Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento. Raccomandazioni per la pratica clinica di dislessia, disor-tografia e discalculia”.

• Referente dell’ACP nel gruppo di lavoro multidisciplinare sul Documento di con-senso 2012 “Valutazione neuroevolutiva e promozione dello sviluppo psicomoto-rio 0-3 anni”.

• Laureata in Medicina e Chirurgia il 26/11/1981, presso l’Università degli Studi di Milano.

• Specializzata in Pediatria il 9/7/1984, presso l’Università degli Studi di Milano.

• Corso IREF metodologie formative. Milano, 1994.

• Diploma di counselling skill. CHANGE, Torino, 1996.

• Corso Nazionale ACP “Le metodolo-gie della formazione”: Motta di Livenza, 2001.

• Corso di Perfezionamento in Evidence Based Medicine. Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia – settembre 2001/febbraio 2002.

Elezione alle cariche direttive

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n. 3 / 2015 Candidati alla Presidenza

di reti, professionali e organizzative, per dare risposte complesse e più qualificate, e in luoghi nuovi. Che coinvolgano l’Univer-sità, l’Ospedale, gli Enti Locali, la Scuola. E i Pediatri di Famiglia. Possiamo pensare a una flebo per la diarrea in un ambulatorio infermieristico del pediatra e non in una OBI ospedaliera? Il pediatra ospedaliero sta rivedendo la propria organizzazione per piattaforme e per intensità di cura, il pediatra di famiglia continua a lavorare “in solitaria”, e, al momento, insieme all’Uni-versità rappresenta la parte più statica, con la legittimazione di una convenzione che ancora (per quanto?) permette questo. Par-tecipare alla progressione e al cambiamen-to vuol dire contribuire a rafforzare il ruolo e la professionalità del pediatra di famiglia all’interno dell’intero sistema. Se si guarda solo al proprio ambulatorio si rimane fuori. E indipendenti.

Le aree di impegnoIl Congresso Nazionale serve per indivi-duare le aree nelle quali l’ACP può rappre-sentare una forza innovativa. All’ultimo Congresso ne sono state individuate tre: perinatale, adolescenza, qualità della vita nel corso di malattie croniche e disabilità, di cui alcuni temi rappresentano un possi-bile impegno a integrazione delle quattro priorità già esplicite dell’ACP. Penso agli screening neonatali, al “Pensiamoci prima” e ai “Mille giorni”, ai lungo-sopravviventi al cancro e alle condizioni di cronicità, alle tecniche riabilitative rispettose per i bam-bini disabili, e al diritto alla migliore quali-tà di vita possibile. Penso a qualcosa di nuovo, che parla di equità, prossimità, accessibilità, presa in carico; sono territori raccontati ma ancora non praticati, e credo rappresentino lo spi-rito innovativo dell’ACP.

Il Congresso NazionaleE a proposito di Congresso Nazionale di-venta necessaria una terza riflessione.Tutti gli acipini vogliono bene all’ACP. Eppure, quando il Congresso di Cesena ha proposto questi temi, e gli aggiornamen-ti avanzati, e la tavola rotonda con ACP, FIMP e SIP - un fatto epocale -, quando è chiaro che nel corso dell’Assemblea si discute il programma politico dell’ACP, è stato difficile raggiungere i 100 paganti: a 20 giorni dalla dead line c’erano 20 iscritti. Il gruppo della Romagna, rispettando la sottoscrizione del Codice ACP, ha fatto il Congresso senza una lira, con un budget di circa 20.000 €. Il costo era di 220 € tutto compreso (tranne il pernottamento); ma

di passione, di diritti, e di uguaglianze. Fu un’azione fortemente innovativa, anticon-venzionale, contro i poteri forti consolidati. Dirompente. E da allora l’ACP ha intra-preso quelle funzioni riassunte nelle nostre parole chiave: formazione, empowerment, advocacy. Negli ultimi quarant’anni altre Associazioni, Società scientifiche, anche Federazioni sindacali, hanno capito questo e si sono, per lo meno a parole, allineate ai nostri obiettivi.Ma io ho avuto un Maestro che, con pen-siero repubblicano di logica, rigore e one-stà intellettuale, ci ha insegnato a guardare oltre la dimensione del singolo, a ragiona-re “per comunità”: dei bambini, delle loro famiglie, anche professionali; e se non se ne curano gli aspetti organizzativi, la pro-pria funzione e le proprie responsabilità, qualunque gruppo non può utilizzare al meglio le competenze del singolo. E se questi obiettivi non appartengono anche alla Cultura Istituzionale, nessuna azione, locale o circoscritta, può durare nel tempo. Per questo, per il privilegio di poter mette-re insieme questi due insegnamenti, dopo i primi 40 anni dalla sua costituzione, io penso sia necessario che ora l’ACP faccia qualcosa in più. Qualcosa di C. Dobbiamo individuare chiaramente quali sono i nostri attuali obiettivi: la politica dell’Associazio-ne. Dobbiamo valutare se sono originali, altrimenti non è necessaria una Associa-zione in più. Dobbiamo sederci ai tavoli ministeriali e regionali per promuovere alle Istituzioni le nostre idee, perché di-ventino patrimonio pubblico e non privato, e affinché la nostra Associazione divenga riferimento negli ambiti decisionali, così da accreditarsi anche nei confronti di altre Associazioni e Istituzioni, e rappresenti un nuovo modo di fare Cultura. Senza questa opportunità, difficilmente l’ACP uscirà da una situazione che la porterà a un ruolo di mera Associazione professionale. Smetterà di essere C.

Gli strumentiPer migliorare la qualità delle risposte, e quindi la salute materno-infantile, sono necessari strumenti: fra questi la forma-zione e l’organizzazione. Dobbiamo avere chiaro il ruolo della formazione attraverso cui migliorare le nostre capacità; così come quello dell’organizzazione: quella attuale non basta più. Una organizzazione sanita-ria che ha oltre 30 anni non può più essere adeguata alla struttura sociale di oggi, ai bisogni, alle domande, alle differenze. Va perseguito quanto espresso nel Documen-to ACP “Dove va la pediatria”: la necessità

• Corso di Formazione “Ricerca e Speri-mentazione Clinica in Pediatria Am-bulatoriale”. Centro per la Salute del Bambino - Trieste, 2002.

• Master Nazionale di Formazione per i Formatori al counselling in Medicina - Torino, 2001.

• Corso di Formazione “Supporto alla genitorialità e promozione della lettura ad alta voce in famiglia” - Trieste, 2004.

• Corso di Perfezionamento in Pediatria della Disabilità, Università degli Stu-di Milano-Bicocca. Anno accademico 2011-2012.

• Corso di Perfezionamento in Psicologia Clinica Perinatale. Università degli Studi di Brescia. Anno accademico 2012-2013.

• Corso annuale di formazione in Clinica Transculturale. Crinali C.S. Onlus. Mi-lano, marzo 2014-marzo 2015.

• Coordinamento di gruppi di lavoro, pub-blicazioni e partecipazione ad attività di ricerca in ambito nazionale e locale.

Programmi dei candidati alla Presidenza dell’ACP

Antonella Brunelli

Ricominciamo dalla CSarebbe potuta mancare del tutto: As-sociazione Pediatri. Oppure, con spirito patriottico, essere una I: Associazione Italiana Pediatri. O, con sentimento pro-fessionale, una M: Associazione Medici Pediatri. Invece, quel gruppo di Illuminati nel 1974 ci mise una C: Associazione Cul-turale Pediatri.E allora, ricominciamo dalla C.Partiamo da una riflessione che è quella di molti di noi: l’ACP di 40 anni fa non esiste più. Naturale, siamo nel 2015 anziché nel 1974, e alcuni compiti che quella ACP si era data probabilmente sono esauriti, e questo è certamente un fatto positivo. Pensiamo solo alla formazione: quanto erano innova-tivi i gruppi di lavoro o la discussione in aula coi casi clinici. Oggi abbiamo la FAD telematica, fantascienza per allora. Allora, quando eravamo giovani; ora abbiamo i capelli argentati, e la nostra responsabili-tà è diversa, e deve essere più protagonista nella lettura della realtà attuale, attraverso gli insegnamenti di quella C. Così faccia-mo la seconda riflessione. Al Congresso di Cesena si ricordava come la presidenza Panizon (lui universitario) avesse dato voce ai pediatri di famiglia, fino ad allora fuori dai “piani nobili” ospedalieri e universitari. Un pensiero triestino di respiro basagliano,

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n. 3 / 2015Candidati alla Presidenza

affidabile sui bisogni veri della salute del bambino. ACP deve farsene garante in tal senso, avvalendosi di collegamenti e colla-borazione con istituti che si occupano isti-tuzionalmente di ricerca, per la valutazione e definizione appropriata di iniziative e proposte ma anche per il coordinamento e la supervisione nel corso del loro svol-gimento. Alla diffusione e discussione dei risultati, anzitutto in ambito associativo, va dedicato un impegno particolare, costante e partecipato.

Le collaborazioniACP deve perseguire la ricerca di sinergie e la collaborazione intrapresa nel tempo e a diverso livello con soggetti, istituzioni, società scientifiche e professionali dell’area pediatrica. Intorno a bisogni assistenziali complessi e alle molte situazioni di vul-nerabilità oggi servono conoscenza e re-sponsabilità, ma anche sguardi e punti di osservazione altri (anche quelli dei genitori, esperti del proprio bambino, a fronte degli operatori, esperti dei bambini) per mettere insieme pezzi diversi e per garantire rispo-ste articolate e flessibili che richiedono a servizi, strutture e figure del mondo della cura di rivedere le proprie modalità di fun-zionamento.

I gruppi locali e la vita associativaVoce locale di un modo di pensare e di un modo di muoversi, essi rappresentano una ricchezza da sostenere e di cui avere cura, valorizzando competenze, interessi e iniziative di qualità che nel tempo hanno connotato i diversi contesti e che rappre-sentano un bagaglio prezioso in ambito ACP, ma non solo. I gruppi locali ACP, parte di una rete istituzionale dove inter-venti e proposte devono comprendere la conoscenza delle risorse e delle caratteri-stiche ambientali/culturali entro cui essi si collocano e sono operativi, devono potersi riferire a quanto promosso e messo in cam-po dal livello nazionale anche attraverso la rete dei referenti regionali e nella consape-volezza di poter contare su mezzi informa-tivi affidabili e su un’attività segretariale nazionale che ha sempre più affinato il col-legamento tra centro e periferia.

Editoria ACPAttenzione particolare deve continuare a essere rivolta a Quaderni acp, anche come veicolo di sensibilizzazione e attrazione dei non soci verso ACP; a “Appunti di viaggio”, utile e puntuale diario di bordo; a www.acp.it, come contenitore capace e spazio costantemente aggiornato.

mento attivo anche nella valutazione degli eventi (“cosa mi porto a casa”) rispetto ad attivazione di buone pratiche e qualità di modelli proposti. La partecipazione attiva di alcuni gruppi locali ACP alla elabora-zione e stesura della Newsletter pediatrica, iniziata a tutti gli effetti a gennaio 2006 (“un gruppo, un indice”), si è delineata nel tempo come una proposta di formazione continua interessante, praticabile local-mente e da implementare ulteriormente in ambito associativo in quanto “pacchetto” strutturato, metodologicamente corretto e formativo anche in termini di capacità di programmazione e gestione dei tempi, costanza nel percorso intrapreso, valoriz-zazione di risorse e competenze locali. Va previsto un ampliamento della sorveglian-za anche a temi in linea con le priorità di intervento via via individuate nell’ambito della promozione e tutela della salute del bambino (esempio: pediatria dello svilup-po). Va sostenuto il prezioso lavoro della redazione della Newsletter pediatrica impe-gnata per un’ulteriore visibilità e diffusione anche all’esterno dell’ACP, accanto alla attuale disponibilità di un vero e proprio archivio sul sito ACP, aperto a tutti, in cui si possono recuperare titoli, abstract e commenti.

ACP ha ampliato dal 2013 la sua proposta formativa con un percorso di formazione a distanza (FAD) che, erogato da Quaderni acp, tratta argomenti clinici derivanti dalla pratica professionale quotidiana. Il salto di qualità sui contenuti, sui metodi e sulla capacità di conciliare questa modalità di rapido aggiornamento con una formazione di base di qualità ha come presupposto la cura della progettazione didattica (centrata su contenuti e conoscenze da mobilizzare e fare propri in maniera significativa per essere in grado di svolgere/trattare effica-cemente compiti e situazioni complesse) e della struttura dei materiali di appren-dimento (guida, definizione precisa degli obiettivi, accuratezza dei percorsi principa-li e delle loro sezioni di approfondimento).

ACP ha dedicato alla ricerca non poche energie, anche se spesso poco coordinate tra loro e non costanti nel tempo. Moda-lità di aggiornamento attivo, partecipato, collaborativo che sollecita a precise re-sponsabilità e alla disponibilità al controllo esterno e tra pari, essa implica responsabi-lità e consapevolezza in ambito associati-vo nazionale e locale nell’investimento in progetti rilevanti, coordinati e condivisi, rivolti a produrre informazione scientifica

meno di 100 pediatri sono stati disposti a pagarli per venire al Congresso Naziona-le dell’ACP. E questo apre anche un altro tema, delicato ma fatale: la sopravvivenza economica dell’ACP. Allora dobbiamo farci molte domande, ma dobbiamo anche proporre delle risposte. Quella C è inno-vazione. Io, con il passato ben in mente, le risposte le cerco nel futuro.

Federica Zanetto

Formazione e ricercaAggiornamento, formazione professionale e diffusione della cultura dell’età evolutiva sono da sempre tra le finalità dell’ACP che ne deve essere garante in termini di quali-tà ed efficacia in ambito nazionale e locale. Grazie al suo “bagaglio” deve assicurare il proprio contributo per individuare i biso-gni formativi veri, impattanti in termini di ricaduta culturale e miglioramento di qua-lità e appropriatezza della cura quotidiana, al di là della percezione del bisogno del singolo (soggettiva, non necessariamente generalizzabile) e con una riflessione a più voci alla luce delle priorità assistenziali e dei cambiamenti di scenari evidenziati da Rapporti, Osservatori e tavoli nazionali dedicati. Sono da prevedere e da definire in tal senso “pacchetti formativi” di base, essenziali, da proporre nell’ambito di pro-grammi più generali inerenti a conoscenze e prassi che necessitano di aggiornamento continuo di qualità. La tipologia prevalen-te degli incontri di formazione proposti in ambito locale è ancora quella dell’incontro con l’esperto, con lavori di gruppo e revi-sione tra pari, accanto a incontri periodici nell’ambito di percorsi predefiniti, meno frequenti, caratterizzati da confronto e interattività. Va implementata a livello lo-cale la formazione interdisciplinare intesa non solo come integrazione tra le diverse specialità della pediatria (pediatri di fami-glia, ospedalieri, specializzandi) ma anche come percorsi di condivisione con le altre professionalità dell’area materno-infantile, per azioni congiunte e da sottoporre a valu-tazione formale in termini di appropriatez-za ed efficacia. Va incentivato il contributo ACP ad attività di formazione organizzate a livello di ASL o Regione, nella prepara-zione del progetto di formazione e con la partecipazione al coordinamento scientifi-co-didattico. Ai colleghi più giovani e ai pediatri da po-co usciti dalle Scuole di Specializzazione va rivolta una particolare cura e attenzione anche locale in termini di offerta formati-va di qualità. Va previsto il loro coinvolgi-

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n. 3 / 2015

Le ricerche che mirano ad approfondire le caratteristiche della memoria pre e neona-tale hanno ricadute fondamentali per chi si occupa di interventi precoci a sostegno dello sviluppo del neonato. La distinzione che i neonati operano fra il recupero delle informazioni delle vocali o delle consonanti ci indica il grado di accuratezza delle loro capacità discriminative. La presenza di ta-li processi mnemonici supporta la necessità di favorire e progettare interventi precoci in epoca neonatale che prevedono l’uso del lin-guaggio verbale, di parola e di canto, diretti e significativi, quali strumenti di comuni-cazione e di reciproca regolazione fra adulto e neonato. La questione infine non può che aprire al dibattito fondamentale sull’emer-gere progressivo di forme neonatali di rap-presentazioni in termini mnemonici.

Manuela Filippa, [email protected]

La ricercatrice

Come mai i bambini piccoli sono più ve-loci e più bravi degli adulti a imparare le lingue? Questa è una domanda affascinante che mantiene impegnati diversi scienziati e laboratori di ricerca nel mondo. Ma un paradosso forse altrettanto intrigante è che da piccoli siamo effettivamente più bravi a imparare nonostante nei primi giorni/me-si di vita non ci ricordiamo di quello che ascoltiamo o in generale di quello che acca-de nell’ambiente che ci circonda. Come mai da piccoli riusciamo a imparare senza ricor-dare? Nel cervello dei neonati si possono rilevare tracce delle parole che loro avevano ascoltato in precedenza. E questi ricordi sono principalmente dovuti alle vocali - e non alle consonanti, come invece accade negli adulti – il che suggerisce i meccanismi che differenziano l’apprendimento del lin-guaggio nell’età evolutiva e in quella adulta. Scoperte possibili soltanto grazie al suppor-to dei genitori con i loro bambini e al com-promesso con la ricerca scientifica di alcune istituzioni del sistema sanitario nazionale.

Silvia Benavides-Varela, [email protected]

spiegargli cosa stiamo facendo. Quando è necessario procedere con stimoli fastidiosi o dolorosi, abbiamo l’obbligo di motivare e sostenere verbalmente le nostre azioni. I genitori avranno il compito e la soddisfa-zione di produrre parole e suoni piacevoli, rassicuranti e interessanti. Quando ci rivol-giamo a un neonato, non possiamo bara-re, perché nella prosodia della nostra voce (adesso possiamo dire delle nostre vocali) vengono trasmessi i nostri ‘sentimenti ed emozioni’, che necessariamente divente-ranno i suoi.

Alessandro Volta, Montecchio Emilia (RE)[email protected]

Il pediatra

Riconoscere e memorizzare i suoni è fon-damentale per lo sviluppo del linguaggio. La dimostrazione di queste nuove proprietà della memoria uditiva nel neonato delle aree cerebrali coinvolte costituiscono un ulteriore e significativo passo avanti nella compren-sione delle sue straordinarie competenze. La qualità delle relazioni e l’ambiente psico-fi-sico in cui queste si svolgono fin dal con-cepimento hanno significativi effetti sulla promozione o meno della salute. Promuo-vere e sostenere il benessere dei genitori in gravidanza, travaglio e parto, nonché il loro successivo coinvolgimento nell’assistenza anche in situazioni di patologia, oltre a es-sere un diritto di entrambi, è una compo-nente essenziale dell’assistenza al neonato che negli ultimi anni ha rivoluzionato le modalità assistenziali, con modifiche ar-chitettoniche, culturali e organizzative (ro-oming-in totale, privacy e protagonismo dei genitori anche nelle TIN).

Gherardo Rapisardi, Bagno a Ripoli (FI)[email protected]

La pedagogista musicale

I ricercatori entrano nel dettaglio contrad-dicendo alcune delle interpretazioni corren-ti sulla memoria neonatale: le informazioni veicolate dalle vocali sono meglio memo-rizzate rispetto a quelle delle consonanti.

L’angolo della comunità

I neonati e i feti hanno la capacità di rico-noscere il suono delle parole e identificare le proprietà prosodiche del linguaggio parlato. In questo studio i ricercatori hanno moni-torato l’attività cerebrale di 44 neonati do-po che questi avevano ascoltato delle parole attraverso una spettroscopia all’infrarosso, tecnica di imaging non invasiva che permet-te di ottenere una mappatura dell’attività cerebrale. Nella prima parte dell’esperimen-to i ricercatori hanno fatto ascoltare alcune parole e quindi registrato l’attività cerebrale corticale. Dopo una pausa di due minuti, tempo necessario per riconoscere un’atti-vità di memorizzazione delle parole prece-dentemente ascoltate, ai piccoli venivano fatte ascoltare sillabe nelle quali venivano modificate alternativamente consonanti o vocali. Le sillabe che presentavano la stes-sa vocale ma differente consonante (es. sisi/lili) rispetto alle parole udite in precedenza, presentavano un elevata risposta cerebrale (p < 0,001) rispetto alle parole costruite con la stessa consonante ma differente vocale. L’i-maging cerebrale evidenziava l’attivazione di aree della regione frontale destra: le stesse che negli adulti vengono reclutate durante il recupero delle informazioni. Da questo studio emerge che alcune aree del cervello, come la corteccia frontale destra, che prima si consideravano immature e perciò poco at-tive nei bambini piccoli, sono già funzionali nei primi giorni di vita.

Benavides-Varela S, Hochmann JR, Macagno F, et al. Newborn’s brain activity signals the origin of word memories. PNAS 2012;109: 17908-13.

Il neonatologo

All’inizio del ’900 Januz Korczak scrisse: “il neonato pensa per emozione e sentimen-to”. Il neonato non è solo istinto e cervello arcaico; egli è già competente, ‘riflessivo’ e in grado di attivare i lobi frontali molto prima di quanto potevamo immaginare. Le conseguenze pratiche di questa ricerca so-no molteplici, ma la principale deve essere la consapevolezza per i genitori e gli ope-ratori che il neonato ascolta, memorizza e apprende ciò che diciamo. Allora, quando lo visitiamo e lo manipoliamo, dobbiamo

L’origine della memoria delle parole nei neonatiRubrica a cura di Costantino Panza

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n. 3 / 2015Salute mentale

La depressione nel bambino e nell’adolescenteRubrica a cura di Angelo Spataro. Intervista di Massimo Soldateschi1 a Gabriele Masi2

1. Pediatra di famiglia, ACP Toscana, Gruppo “salute mentale” dell’ACP; 2. Direttore della UOC di Psichiatria e Psicofarmacologia dell’IRCCS, Fondazione Stella Maris di Calambrone (Pisa)

Con quale frequenza si manifestano i disturbi depressivi nel bambino e nell’a-dolescente?I disturbi depressivi possono coinvolgere circa l’1-2% dei bambini e il 4-6% degli adolescenti. In questi numeri rientrano la depressione lieve, la depressione di inten-sità moderata e la depressione grave.Questi disturbi hanno una tendenza al miglioramento nella gran parte dei casi, in genere dopo diversi mesi, ma esiste anche il rischio di cronicizzazione con frequen-ti ricadute nel 40% dei casi entro 2 anni e fino al 70% dei casi entro 5 anni, soprat-tutto nelle forme più gravi. Probabilmen-te l’aumento delle depressioni infantili registrato in questi ultimi anni è legato a una maggiore sensibilità diagnostica delle forme più precoci e più lievi che un tempo passavano inosservate perché ritenute una variante della norma. La depressione lieve rappresenta un ostacolo in molte attività della vita sociale, scolastica e familiare, che vengono comunque svolte, anche se con sforzo. Nella depressione di intensi-tà moderata una parte significativa delle attività della vita quotidiana non è pos-sibile, mentre lo era prima dell’episodio depressivo. La depressione grave invece è caratterizzata da una paralisi pressoché totale delle capacità del bambino e dell’a-dolescente, associata a un intenso senso di sofferenza soggettiva.

Quali sono le più frequenti manifesta-zioni del disturbo depressivo nel bambi-no e nell’adolescente? Un episodio depressivo è caratterizzato da un persistente abbassamento del to-no dell’umore, con tristezza e tendenza al pianto, irritabilità, abbassamento della immagine di sé, sentimenti di vergogna, indegnità e colpa, perdita di speranza nel futuro, perdita di interesse o piacere in gran parte delle attività che precedente-mente davano piacere, associato ad altri sintomi quali alterazioni dell’appetito e del sonno, calo di energia, difficoltà di memo-ria e concentrazione, ricorrenti pensieri di morte. Questi fenomeni, per essere signi-ficativi, devono essere di intensità e durata tali da determinare un evidente impatto

sul funzionamento sociale e scolastico, la cui intensità definisce i livelli di gravità di cui si parlava prima.

Quali sono i meccanismi che possono condurre alla depressione?Fattori genetici definiscono una vulnera-bilità di base, ma fattori ambientali mo-dulano tale vulnerabilità. L’esposizione a eventi negativi favorisce lo sviluppo di un disturbo depressivo, ma l’effetto è tanto maggiore quanto maggiore è la vulnera-bilità genetica, anche se eventi ambientali estremamente negativi, soprattutto se cro-nici, avranno un effetto devastante su tutti i bambini che ne sono vittima, senza una particolare predisposizione genetica. Ogni fase della vita può rappresentare un periodo critico, anche se certamente l’in-gresso in adolescenza, con il cambiamento delle caratteristiche fisiche, delle aspetta-tive sociali, del rapporto tra i sessi e con il potenziamento delle capacità di introspe-zione rendono il bambino particolarmente sensibile a eventi esterni e in cui la vulne-rabilità di base può esplicitarsi in modo più evidente e talvolta drammatico.

Quali sono i possibili eventi scatenanti?Ogni condizione sfavorevole può costitui-re un elemento di rischio, soprattutto se si combina con una vulnerabilità genetica. Il peso di alcuni fattori è certamente influen-zato dalle condizioni sociali e culturali di un dato momento storico. Per esempio il ruolo delle frustrazioni scolastiche è oggi maggiore rispetto al passato perché gran parte dei bambini e degli adolescenti vede nella scuola un percorso obbligato deter-minante per il loro futuro; un fallimento scolastico può essere visto quindi come un importante ostacolo che può compromet-tere l’avvenire. Allo stesso modo, in una civiltà dell’immagine, il ruolo dell’aspetto fisico è probabilmente aumentato rispetto al passato.

Come gestire la depressione? Ovviamente la strategia terapeutica di tut-te le forme depressive lievi, e in generale delle depressioni a esordio prima dell’in-gresso in pubertà, è quella di gestire le

componenti ambientali (famiglia, scuola), di assicurare un supporto psicoeducativo adeguato e, se necessario, un sostegno psi-coterapeutico entro le due-tre settimane dall’esordio dei sintomi. Nelle forme più gravi, soprattutto a esordio dopo la puber-tà, è più spesso necessario, accanto a un intervento sull’ambiente di vita, anche un intervento psicoterapeutico individuale.Dovrebbe essere valutata l’efficacia di ta-le intervento almeno per tre mesi. Nelle forme a più elevata intensità, o nelle for-me di intensità moderata che non abbiano risposto al trattamento psicoterapeutico, è opportuno valutare la possibilità di as-sociare un trattamento farmacologico. Il farmaco che è stato più studiato e che offre maggiore sicurezza per le forme di depressione del bambino sopra gli 8 anni e dell’adolescente è la fluoxetina.

Quali sono i rischi maggiori del tratta-mento farmacologico?Anche se è vero che la fluoxetina è un farmaco relativamente sicuro, esso può determinare, in particolare in soggetti predisposti, stati di eccitazione compor-tamentale. Inoltre si ritiene che possa favorire l’emergere di ideazioni suicida-rie sotto i diciotto anni di età, anche se manca l’evidenza scientifica che il tratta-mento con gli antidepressivi SSRI, come la fluoxetina, sia collegato a tale rischio. Il rischio di suicidio infatti è insito in ogni disturbo depressivo grave, in particola-re in adolescenza, e il modo migliore di prevenirlo è quello di curare al meglio la depressione con tutti gli strumenti a no-stra disposizione. Se il timore del rischio di ideazione suicidaria ci portasse a non curare con i trattamenti farmacologici la depressione, certamente non adotterem-mo un comportamento eticamente cor-retto. Naturalmente nelle forme più gravi deve essere messa in atto una particolare cautela nel monitoraggio, e soprattutto in queste forme è necessario, ancor più che nelle altre, che l’intervento psicote-rapeutico, l’intervento farmacologico e l’attenzione alle condizioni familiari e sociali siano tutti strettamente integrati sin dall’inizio.

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n. 3 / 2015 Forum

Lo screening per ipercolesterolemia in età pediatricaPaola Sabrina Buonuomo, Marina Macchiaiolo, Andrea BartuliMalattie Rare e Genetica Medica, Dipartimento di Medicina Pediatrica, Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, Roma

Screening in pediatria

L’orizzonte degli screening diventa sempre più ampio sotto la spinta delle nuove possibilità diagnostiche e della disponibilità di interventi terapeutici, non neces-sariamente farmacologici, in grado di modificare positivamente la storia naturale di molte malattie. Anche gli obiettivi spesso non riguardano più solo la cura e la prognosi del singolo paziente, ma tendono ad allargarsi alla famiglia e alla società tutta. Dopo aver trattato di fibrosi cistica e malattie metaboliche, ecco allora che il quarto appuntamento di questo Forum si occupa di ipercolesterolemia, condizione il cui percorso è partito dall’adulto, percorre ora l’età pediatrica e potrebbe ri-tornare ancora all’adulto. Anche questo è un argomento “caldo”, per molti aspetti ancora non del tutto conosciuto e poco discusso tra i pediatri italiani. Gli Autori del contributo lavorano presso il Centro Malattie Rare e Genetica Med-ica dell’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù”, diretto dal dott. Andrea Bartuli. Il Centro è capofila del progetto multiregionale SPIF, finanziato dal Ministero della Salute – Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malattie (CCM).Ricordiamo che chi volesse intervenire sugli aspetti oggetto di questo Forum può farlo scrivendo al direttore di Quaderni acp o a me personalmente.

Carlo Corchia - [email protected]

Premessa

L’ipercolesterolemia familiare (IF) è una malattia geneticamente trasmessa che causa caratteristicamente un ridotto catabolismo del colesterolo LDL, la sua elevata concentrazione nel sangue, il suo deposito nei tessuti e nei vasi e la com-parsa nel tempo di malattia cardiovasco-lare precoce (MCVp), ovvero accidenti cardiovascolari che sopraggiungono nel-le donne di età inferiore ai 60 anni e ne-gli uomini di età inferiore ai 55 anni1. Nel torrente ematico la forza centrifuga costringe le piccole molecole di coleste-rolo a sfregare ripetutamente sull’endo-telio vascolare, soprattutto nei vasi di calibro più piccolo come quelli del cuore e del rene, attivando una serie di mecca-nismi infiammatori che nel tempo danno origine alla placca ateromasica. Il fegato è l’organo deputato a modulare la produzione endogena del colesterolo, che è percentualmente la più cospicua, attraverso fini meccanismi di feed back recettoriale, di cui il più importante è il recettore per LDL. La produzione del recettore per LDL è mediata da un gene ormai abbastanza noto, situato sul cromosoma 19, il gene

LDL-R appunto. Si conoscono quasi 2000 mutazioni di questo gene, il cui ef-fetto sul recettore LDL si manifesta non come effetto tutto-o-nulla, ma attraverso una riduzione percentuale della funzione recettoriale. La percentuale di attività residua rende ragione dei valori di cole-sterolemia LDL più o meno elevata nei pazienti affetti2.

Perché uno screening per ipercolesterolemia in età pediatrica

Nelle persone affette da IF il colesterolo è molto elevato fin dall’infanzia, ma non ci sono elementi clinici che possano farlo sospettare. Il sospetto diagnostico può essere formulato attraverso un sempli-ce dosaggio dei livelli di colesterolo nel sangue, a partire dai due anni di vita, e un’anamnesi familiare positiva per iper-colesterolemia e/o MCVp3,4. In casi selezionati può essere utile effet-tuare un esame genetico mirato per con-fermare la diagnosi. L’IF è infatti una condizione genetica-mente trasmessa con modalità autosomi-ca codominante: se un genitore è affetto, tipicamente un/a figlio/a avrà un rischio del 50% di essere affetto da questa pato-

logia. Il 50%! Come lanciare una mone-tina e puntare su testa o croce. Questo rende ragione dell’alta prevalen-za attesa nella popolazione. Mentre la forma di IF in omozigosi (IFo) è molto grave ma anche estremamente rara (prevalenza 1:1.000.000), si calcola per la forma eterozigote (IFe) una pre-valenza pari a una persona affetta ogni 380-500 individui. Non ultimo, quindi, l’identificazione di un bambino affetto determinerebbe, per quanto detto in merito alla diffusione della patologia in ambito familiare, l’i-dentificazione a cascata di un numero minimo equivalente di pazienti adulti affetti tra i parenti di I e II grado.Se la IF non viene identificata e trattata in fase precoce, i soggetti affetti hanno un rischio fino a 20 volte aumentato ri-spetto alla popolazione generale di ave-re un evento cardiovascolare precoce; il rischio massimo arriva al 50% per gli uomini intorno ai 50 anni, al 30% per le donne intorno ai 60 anni5. Il concetto di cumulative burden (carico cumulativo) del colesterolo LDL è frequentemente utilizzato negli studi su pazienti adulti per illustrare questo dato in relazione al rischio di MCVp e per stressare l’impor-tanza di un trattamento precoce. Il rischio di MCVp è stato messo in re-lazione ai valori di colesterolemia LDL per stabilire, stratificando per fattori di rischio aggiuntivi, quale sia il carico a cui il rischio di un evento cardiovascolare acuto aumenta significativamente. Un individuo non affetto da IF raggiun-ge questo carico (quantificato in 160 mmol, circa 6190 mg) intorno ai 55 anni.Per un individuo con IF eterozigote tale carico è raggiunto a 35 anni se la ma-lattia non è trattata; intorno ai 48 anni se la malattia è trattata dai 18 anni; in-torno ai 53 anni se la malattia è trattata in età pediatrica6. Se una persona viene identificata come affetta, disponiamo di strategie terapeutiche efficaci per ridurre il rischio cardiovascolare correlato e, in caso di intervento precoce in età pedia-trica, ricondurlo agli identici valori della popolazione generale.

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n. 3 / 2015Forum

zioni sono puntualmente disattese8-10.Quali sono gli elementi che in molti Pae-si, tra cui l’Italia, limitano il raggiun-gimento di buoni risultati di screening? Probabilmente il primo elemento è la mancata conoscenza di questa condizio-ne e la mancata condivisione di un ap-proccio sistematico al problema. Una recente survey svolta in Danimarca su una popolazione non selezionata di oltre 69.000 soggetti ha permesso di sti-mare una prevalenza di IFe pari a 1:137. Ben il 33% dei soggetti affetti aveva già manifestato un evento cardiovascolare acuto. A fronte di ciò, solo il 48% dei soggetti con IFe aveva ricevuto una dia-gnosi e il necessario trattamento ipocole-sterolemizzante11. In secondo luogo, mancano gli strumenti per facilitare la raccolta dei dati e condi-videre i percorsi assistenziali, terapeutici e di sorveglianza. In Italia, su una po-polazione che, stando ai dati ISTAT ag-giornati al 1° gennaio 2015, è pari a 60,8 milioni di persone, per la prevalenza at-tesa della IFe (1:380), ci aspettiamo un numero di affetti pari a circa 160.000, di cui oltre 28.000 nella fascia di età pedia-trica. Non abbiamo idea della reale per-centuale dei pazienti diagnosticati.

“Progetto SPIF” (Screening Pediatrico Ipercolesterolemia Familiare), modello di screening pediatrico dell’ipercolesterolemia familiare per la prevenzione della malattia cardiovascolare precoce

La diffusione della conoscenza di que-sta condizione diventa pertanto cruciale ai fini della precoce identificazione dei bambini affetti.In collaborazione con il Ministero del-la Salute e del Centro Nazionale per la Prevenzione e il Controllo delle Malat-tie (CCM) è stato avviato un progetto multiregionale (Lazio, Umbria, Emilia Romagna, Campania) con l’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” come ca-pofila; esso ha come obiettivo quello di aumentare le conoscenze in merito a questa condizione, ipotizzare la diagnosi e avviare gli opportuni percorsi assisten-ziali e, non ultimo, creare un registro di malattia. Il progetto, che ha una durata di due an-ni, è suddiviso in fasi. Nella prima fase, che vede l’intervento coordinato dei medici dei centri di ri-ferimento (Ospedale Pediatrico “Bam-

nelle più recenti linee guida internazio-nali3,4. Poiché esse possono provocare epatotossicità transitoria, per lo più all’i-nizio del trattamento, è utile controlla-re la funzionalità epatica 4-6 settimane dopo l’inizio della terapia. La miopatia descritta nell’adulto, che può evolvere anche fino a rabdomiolisi, non è invece mai stata riportata negli studi condotti sui bambini. I dati di sicurezza sono del tutto rassicuranti nel breve ter-mine e, benché non siano conclusivi nel lungo termine a causa della disponibilità di casistiche cliniche ancora limitate a un follow up che si aggira intorno ai due de-cenni, gli elementi disponibili non desta-no particolari preoccupazioni e lasciano ipotizzare l’assenza di effetti sulla cresci-ta e lo sviluppo7. L’utilizzo di integratori alimentari che interferiscono a differenti livelli nel metabolismo del colesterolo (omega3, fitosteroli, fibrati, glucoman-nano) non sembra essere supportato da evidenze importanti. Nuove e innovative terapie che utilizzano meccanismi alter-nativi di regolazione della produzione di colesterolo (anticorpi monoclonali, RNA missense) sono già all’orizzonte e saranno a breve disponibili anche per l’età pediatrica. Certamente la presa in carico di un soggetto clinicamente sano, ma potenzialmente a rischio di MCVp, ha un costo anche economico, costo però di gran lunga inferiore alla spesa in ter-mini di mortalità o morbilità secondaria al verificarsi dell’evento cardiovascolare acuto.

Le raccomandazioni in età pediatrica

Già nel 2008 l’American Academy of Pe-diatrics ha pubblicato ufficialmente l’in-dicazione a testare la colesterolemia in tutti i bambini almeno una volta tra i 9 e gli 11 anni, e dai due anni in su in caso di familiarità sospetta per ipercolestero-lemia e/o MCVp3. A supporto di queste indicazioni vi sono gli esempi virtuosi di alcuni Stati del Nord Europa in cui le strategie di screening messe in atto negli ultimi 10 anni hanno permesso di incre-mentare significativamente la percentua-le di pazienti diagnosticati. Dati recenti in Olanda, per esempio, di-mostrano che il programma di screening nazionale ha permesso di identificare 25.000 soggetti affetti da IFe nel 2013, approssimativamente 1/3 degli attesi. Nonostante ciò, nella maggior parte de-gli Stati europei e negli USA le indica-

Le strategie terapeutiche

Benché, come detto, la dieta concorra in percentuale minima ai valori di co-lesterolemia, se questa percentuale si aggiunge al colesterolo prodotto per sin-tesi endogena i valori di colesterolemia aumentano considerevolmente. È per-tanto molto importante, soprattutto se la diagnosi viene posta in età pediatrica, instaurare abitudini alimentari corrette che hanno così le maggiori probabilità di mantenersi nel tempo, fino all’età adulta.Le raccomandazioni formulate dalle maggiori società internazionali di nutri-zionisti per il trattamento dell’ipercole-sterolemia in bambini di età superiore ai due anni concordano nell’indicare una riduzione dell’introito di grassi nella dieta pari a circa il 28-30% delle calo-rie totali giornaliere, in particolare con un apporto di grassi saturi inferiore al 7-10% e di colesterolo inferiore a 75-100 mg/1000 calorie.Dal punto di vista pratico queste indica-zioni dietetiche comportano l’assunzione quotidiana di 4 pasti principali con una corretta ripartizione delle calorie gior-naliere: 20% tra colazione e spuntino, 40% a pranzo, 10% a merenda e 30% a cena. Nella preparazione dei cibi è im-portante consigliare di moderare il con-sumo di sale e di condimenti, preferendo l’olio extravergine di oliva e la cottura al vapore, al forno, in umido, con pentola antiaderente. La tradizionale dieta me-diterranea costituisce il modello ideale di dieta consigliabile; negli ultimi anni essa viene proposta anche nei Paesi con tradizioni alimentari differenti, come gli Stati Uniti3.La promozione di regolare attività fisica non ha un effetto diretto sul metabolismo lipidico ma concorre al miglioramento della funzione cardiovascolare nel tempo. Il trattamento farmacologico vero e pro-prio viene consigliato nei bambini di età superiore agli 8 anni che, dopo 6-12 mesi di adeguato trattamento dietetico, presentino valori di colesterolemia LDL persistentemente superiori ai valori di ri-ferimento per età e sesso3. I farmaci di prima scelta sono le statine; esse si sono dimostrate molto efficaci nel trattamento della ipercolesterolemia, de-terminando una riduzione dei valori di LDL-C anche del 30-50%7. Le statine, il cui utilizzo in età pediatri-ca è in aumento, sono state inserite come farmaco di prima scelta nel trattamen-to delle ipercolesterolemie del bambino

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Forumn. 3 / 2015

7. Vuorio A, Kuoppala J, Kovanen PT, et al. Statins for children with familial hypercho-lesterolemia. Cochrane Database Syst Rev 2014;7:CD006401. 8. Goldberg AC, Hopkins PN, Toth PP, et al. Familial hypercholesterolemia: screening, diagnosis and management of pediatric and adult patients. Clinical guidance from the National Lipid Association Expert Panel on Familial Hypercholesterolemia. J Clin Lipi-dol 2011; 5:S1-S8.9. Singh S, Bittner V. Familial hypercholes-terolemia: epidemiology, diagnosis and screening. Curr Atheroscler Rep 2015;17:3.10. Brice P, Burton H, Edwards CW, et al. Familial hypercholesterolaemia: a pressing issue for European health care. Atheroscle-rosis 2013;231:223-6.11. Benn M, Watts GF, Tybjaerg-Hansen A, Nordestgaard BG. Familial hypercholes-terolemia in the danish population: preva-lence, coronary artery disease, and cholester-ol-lowering medication. J Clin Endocrinol Metab 2012;97: 3956-64.

2015; Mar 14 (epub ahead of print). 2. Brautbar A, Leary E, Rasmussen K, et al. Genetics of familial hypercholesterolemia. Curr Atheroscler Rep 2015;17:491.3. Daniels SR, Greer FR, and the Commit-tee on Nutrition. Lipid screening and cardio-vascular health in childhood. Pediatrics 2008;122 :198-208.4. Haney EM, Huffman LH, Bougatsos C, et al. Screening and treatment for lipid disor-ders in children and adolescents: systematic evidence review for the US Preventive Ser-vices Task Force. Pediatrics 2007;120: e189-e214.5. Knowles JW, O’Brien EC, Greendale K, et al. Reducing the burden of disease and death from familial hypercholesterolemia: a call to action. Am Heart J 2014;168:807-11.6. Consensus Statement of the European Atherosclerosis Society. Familial hypercho-lesterolaemia is underdiagnosed and under-treated in the general population: guidance for clinicians to prevent coronary heart dis-ease. Eur Heart J 2013:34:3478-90.

bino Gesù” di Roma, AOU Policlinico di Modena, UOC di Pediatria-Malattie Metaboliche e Rare di Napoli), è già sta-ta avviata una attività formativa diretta a tutti i Pediatri di Libera Scelta delle Regioni coinvolte nel progetto (circa 2300 nelle 4 Regioni). L’attività forma-tiva avviata viene svolta attraverso corsi di formazione a distanza (FAD online) e frontali, eventi formativi dedicati, dif-fusione di materiale informativo elet-tronico e cartaceo. Lo screening potrà interessare circa 2.400.000 bambini e ragazzi di età inferiore ai 14 anni, e per-metterà inoltre di identificare a cascata almeno un altro soggetto adulto affetto nella famiglia. I pazienti screenati potranno essere regi-strati in un registro su piattaforma web appositamente creato per questo proget-to. È auspicabile che tale modello possa essere facilmente riproducibile e possa contribuire nel tempo a ridurre il nume-ro dei soggetti italiani non diagnosticati precocemente, soprattutto in età pedia-trica.

Per saperne di più: www.ipercolesterolemiafamiliare.blog-spot.it/; e-mail: [email protected]

[email protected]

1. Najam O, Ray KK. Familial hypercholes-terolemia: a review of the natural history, di-agnosis, and management. Cardiol Ther

box riassuntivo

• L’ipercolesterolemia familiare è una malattia genetica caratterizzata da un au-mento del colesterolo LDL, indipendentemente dalla dieta e dallo stile di vita adottato.

• I soggetti affetti hanno un rischio fino a 20 volte aumentato rispetto alla popo-lazione generale di sviluppare un evento cardiovascolare acuto.

• Si stima che la prevalenza sia elevata (circa 1:380-500 in tutte le etnie). Tuttavia, questa condizione è largamente sottodiagnosticata: si calcola che meno dell’1% dei soggetti affetti abbia una diagnosi di IF. Conseguentemente, ci sono poten-zialmente migliaia di bambini e adulti in Italia che non sanno di essere affetti da una condizione che li pone a serio rischio di sviluppare una malattia cardiova-scolare in età giovane-adulta.

• Come già avviato in alcuni Paesi europei (Olanda, Regno Unito, Spagna), un programma di screening a cascata è in grado di incrementare significativamente il numero di diagnosi.

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n. 3 / 2015Il bambino e la legge

Diritto del minore a una famiglia. La Legge 28/3/2001 n. 149Augusta TognoniMagistrato

The state of “abandonment” of the child from the parents is the precondition of the declaration of adoptability. The article intends to illustrate the development of doctrine and jurisprudence relating to the Law 05/04/1983 n. 184 “regulating adoption and custody of minors”, as amended by Law 03/28/2001 n. 149 with the different title: “right of the child to a family.”

Lo stato di “abbandono” del minore da parte dei genitori è il presupposto della dichiarazione di adottabilità. L’articolo intende illustrare l’elaborazione dottrinale e la giurisprudenza relative alla Legge 4/5/1983 n. 184 “disciplina dell’adozione e dell’affidamento dei minori”, modificata dalla Legge 28/3/2001 n. 149 con il diverso titolo “diritto del minore a una famiglia”.

La Legge 4/5/1983 n. 184 “discipli-na dell’adozione e dell’affidamento dei minori” è stata modificata dalla Legge 28/3/2001 n. 149 con il diverso titolo “diritto del minore a una famiglia”, che evidenzia la centralità del minore come soggetto titolare di diritti soggettivi per-fetti, autonomi, con la qualità di parte processuale che ha diritto alla nomina di un difensore nei procedimenti che lo riguardano, in particolare nella proce-dura per la dichiarazione dello stato di adottabilità.

L’adozione nazionale

L’art. 1 esprime con efficacia la filosofia della legge: “il minore ha diritto di cre-scere ed essere educato nell’ambito della propria famiglia” (1° comma), con l’av-vertenza che “le condizioni di indigenza dei genitori o del genitore esercente la potestà genitoriale non possono essere di ostacolo all’esercizio del diritto del mi-nore alla propria famiglia”. “A tal fine a favore della famiglia sono disposti interventi di sostegno e di aiu-to” (2° comma). Quando la famiglia non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del minore si applicano gli istituti di cui alla presente legge (affida-mento, adozione, 4° comma). Il diritto del minore a vivere, crescere ed essere educato nell’ambito di una fa-miglia è assicurato senza distinzione di sesso, etnia, lingua, religione, nel rispet-to dell’identità culturale del minore e co-munque non in contrasto con i principi fondamentali dell’ordinamento.

L’art. 2 precisa che il minore tempora-neamente privo di un ambiente familiare idoneo “nonostante gli interventi di so-stegno e di aiuto disposti” è affidato a una famiglia in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui ha bisogno. Ove non sia possibile l’affidamento, è consentito l’inserimento in una comuni-tà di tipo familiare o, in mancanza, in un istituto di assistenza pubblico o privato.Nel provvedimento di affidamento fa-miliare emesso dal Tribunale per i Mi-norenni sono indicati specificamente le motivazioni, i tempi, i modi dell’eserci-zio dei poteri riconosciuti all’affidatario e le modalità attraverso le quali i genitori e gli altri componenti del nucleo fami-liare possono mantenere i rapporti con il minore. L’affidamento familiare cessa, valutato l’interesse del minore, quando sia venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine, ov-vero nel caso in cui la prosecuzione rechi pregiudizio al minore.In caso di mancato recupero della fami-glia di origine è aperta la procedura della dichiarazione di adottabilità.Presupposto necessario per la dichia-razione dello stato di adottabilità è la “situazione di abbandono morale e ma-teriale” del minore, accertamento che richiede profonda sensibilità, come si avverte nei numerosi scritti di psicologi e giuristi specializzati in diritto di fami-glia; non è questa la sede per approfondi-re le complesse tematiche.Dottrina e giurisprudenza sono concordi nell’affermare alcuni principi-base.

Integra l’ipotesi di “abbandono” l’ina-deguatezza dell’apporto affettivo e ma-teriale dei genitori che assurge a gravità tale da integrare una situazione di man-canza di assistenza; si configura cioè in una situazione di fatto obiettiva dei ge-nitori che, a prescindere dagli intendi-menti, si comportano in modo tale da compromettere gravemente e irreversi-bilmente lo sviluppo psico-fisico-morale del minore, ponendo in essere maltrat-tamenti sistematici, ancorché inflitti con la convinzione che costituiscano una forma di educazione. I comportamenti del genitore devono essere valutati non isolatamente, ma globalmente anche in proiezione futura, al fine di stabilire se siano il risultato di una situazione deter-minata da una causa di forza maggiore di carattere transitorio, ovvero se la perso-nalità del genitore presenti tratti negativi così radicati da escludere una prognosi favorevole. Un contesto ambientale di “abbandono” giustifica il sacrificio della primaria esigenza del minore di cresce-re e svilupparsi nella famiglia di origine, valutata con riferimento ai genitori, ai fratelli e al più ampio ambito familiare dei parenti entro il quarto grado (cfr. ex plurimis, Cass. 7/2/2002 n. 1674; Cass. 8/8/2002 n. 11993; Cass. 28/10/2005 n. 21100; Cass. 12/5/2006 n. 11019; Cass. 28/2/2006 n. 4407).

L’abbandono non è escluso dalle sem-plici espressioni labiali e dai propositi di affetto e di interessamento futuro espres-so dai genitori del minore. La mancan-za di assistenza materiale e morale può ritenersi cessata solo ove ricorrano con-creti elementi rivelatori della serietà e credibilità dei propositi del genitore, con riferimento a tutta la vita passata del me-desimo in ogni aspetto significativo della sua personalità. Particolare riguardo va al senso di responsabilità dimostrato nei confronti della famiglia, che si traduca in una concreta disponibilità e attitudine ad assicurare al figlio un’assistenza ade-guata, con la precisazione essenziale che i diritti del minore devono essere valutati nella loro globalità, non soltanto nella

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plificatoria. Alcune isolate decisioni dei Tribunali per i Minorenni (Trib. Min. Bologna 9/9/2000, Fam. e dir. 2002 pag. 79; Trib. Min. Roma 16/1/1999, Dir, Fam. e persone 2000, pag. 144) hanno dichiarato l’adozione con mantenimen-to dei rapporti tra adottato e famiglia di origine, prevedendo cioè che il bambino adottato possa mantenere un rapporto con i membri della sua famiglia a cui sia positivamente legato, se i genitori adotti-vi accettano la soluzione.Si obietta in dottrina che, per consentire una non interruzione dei rapporti tra fa-miglia di origine e adottato (considerato che la legge espressamente prescrive la sospensione dei rapporti), sarebbe neces-saria una profonda revisione dell’istituto dell’adozione e dei suoi principi portanti.La storia del bambino adottato è una me-moria da rispettare.

La realtà della filiazione adottiva è di-versa da quella della filiazione biologica. I genitori adottivi devono essere consa-pevoli che accogliere un bambino come figlio vuol dire accettare che egli sia na-to da altri e che abbia una sua storia che non può essere trascurata, con il massi-mo rispetto delle sue esigenze affettive, educative e del suo legame con le origini. Efficace e commovente è la testimonian-za di una ragazza adottata, abbandonata da una madre troppo fragile: “La storia è la narrazione della nostra vita; ma l’a-dozione ti precipita dentro la storia dopo che è già cominciata: è come leggere un libro a cui mancano le prime pagine; è come arrivare quando il sipario si è già alzato. La sensazione che qualcosa man-ca non ti abbandona mai e non può essere che così perché qualcosa manca davvero”. La profondità del legame con la propria storia è testimoniata dalla ricerca del-la propria identità: l’art. 28 della Legge 149/2001 prevede che “i genitori adottivi devono informare il minore di tale sua condizione”, dovere al quale “provvedono nei modi e nei termini che essi ritengono più opportuni” (1° comma).“L’adottato, raggiunta l’età di 25 anni, può accedere alle informazioni che ri-guardano la sua origine e l’identità dei propri genitori biologici. Può farlo anche raggiunta la maggiore età se sussistono gravi e comprovati motivi attinenti alla sua salute psico-fisica” (5° comma) e do-po che il Tribunale per i Minorenni del luogo di residenza avrà concesso l’auto-rizzazione, previa un’istruttoria tesa a “valutare che l’accesso alle notizie non

costituisce criterio preferenziale l’avere già adottato un fratello dell’adottando o il fare richiesta di adottare più fratelli ovvero la disponibilità dichiarata all’ado-zione di minori con handicap.Per effetto dell’adozione l’adottato ac-quista lo stato di figlio legittimo degli adottandi, dei quali assume e trasmette il cognome (adozione legittimante). Qua-lunque attestazione di stato civile riferita all’adottato deve essere rilasciata con la sola indicazione del nuovo cognome e con l’esclusione di qualsiasi riferimento alla paternità e alla maternità del minore.L’art. 7 stabilisce che il minore che ha compiuto 14 anni non può essere adotta-to se non presta personalmente il proprio consenso. Il consenso dato può essere revocato sino alla pronuncia definitiva dell’adozione. Se l’adottando ha compiu-to 12 anni, deve essere sentito personal-mente; se ha un’età inferiore, deve essere sentito in considerazione della sua capa-cità di discernimento.Tema comune a tutti i casi di adozione è il trauma della rottura dei legami prima-ri dei bambini separati dai genitori o da figure genitoriali sostitutive con cui sono cresciuti. Tema contrapposto è la soffe-renza degli adulti cui i bambini vengono tolti dalle decisioni del Tribunale per i Minorenni. Il bilanciamento tra diritti e interessi confliggenti, che caratterizza l’intervento giudiziario, è difficile e sof-ferto, poiché si tratta di diritti e interessi opposti all’interno di legami profondi ed esistenziali. Conciliare diritti e affetti è una grande sfida del diritto di famiglia per trovare il punto di equilibrio tra la norma, che è per sua natura rigida, co-gente, esigibile e i sentimenti, che sono per loro natura atipici, delicati, non sem-pre coerenti.

La procedura adottiva, prevista dalla leg-ge come extrema ratio “a tutela dei diritti e del preminente interesse del minore” in situazioni di “abbandono” (maltratta-menti, abusi, gravissima trascuratezza), è la più inquietante, in quanto compor-ta l’interruzione di ogni rapporto giu-ridico e reale con la famiglia di origine durante la minore età dell’adottando. L’interruzione del rapporto è ritenuto presupposto per consentire al bambino e ai genitori adottivi di costruire tra loro una relazione esclusiva, rassicurante, al riparo da possibili interferenze distur-banti. È peraltro aperta la domanda se la cesura dei legami primari sia sempre utile e indispensabile, o piuttosto sem-

loro dimensione attuale ma anche e so-prattutto in quella futura. L’irreparabilità del pregiudizio de-ve risultare da un giudizio probabili-stico a priori; previsione certamente molto delicata, esposta ai rischi di pro-filassi socio-familiare È da sottolinea-re che l’interesse del minore non si può identificare con la “preferibilità” di una nuova famiglia rispetto alla famiglia d’origine; il giudice può solo dare una famiglia “nuova” al minore che è stato “abbandonato” dai genitori, ma non deve dare al minore una famiglia “migliore”.In caso di mancato recupero della fami-glia di origine è aperta la procedura di adottabilità. Sono dichiarati in stato di adottabilità (dal Tribunale per i Mino-renni del distretto nel quale si trovano) i minori di cui sia accertata la situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale da parte dei genitori o dei parenti entro il quarto grado: • l’adozione è consentita a favore dei mi-

nori dichiarati in stato di adottabilità (art. 8);

• adozione significa distacco del minore dalla famiglia di origine e il suo succes-sivo inserimento nella “nuova” famiglia degli affetti;

• l’adozione è disposta dal Tribunale per i Minorenni con sentenza in Camera di consiglio.

L’art. 6 precisa che l’adozione è consen-tita ai coniugi uniti in matrimonio da almeno tre anni, tra i quali non sussista separazione personale neppure di fatto.I coniugi devono essere affettivamen-te idonei e capaci di educare, istruire e mantenere i minori che intendano adot-tare. L’accertamento riguarda l’attitudine a educare il minore, la situazione perso-nale ed economica, la salute, l’ambien-te familiare (ascendenti, parenti degli adottanti), i motivi per i quali intendono adottare.L’età degli adottanti deve superare di al-meno 18 anni e di non più di 45 anni l’età dell’adottando. I detti limiti di età pos-sono essere derogati qualora il Tribunale per i Minorenni accerti che dalla manca-ta adozione derivi un danno grave e non altrimenti evitabile per il minore. Non è preclusa l’adozione quando il li-mite di età degli adottanti sia superato da uno solo di essi, ovvero quando l’adozio-ne riguardi un fratello o una sorella del minore già dagli stessi adottato. Ai medesimi coniugi sono consentite più adozioni anche con atti successivi e

Il bambino e la leggen. 3 / 2015

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n. 3 / 2015Il bambino e la legge

comporti grave turbamento all’equilibrio psico-fisico del richiedente” (5° e 6° com-ma). L’espressione “gravi e comprovati motivi attinenti alla salute psico-fisica” è intesa in dottrina e giurisprudenza come relativa non solo alla sussistenza attuale di un disturbo psichico, ma anche alla necessità di prevenire danni alla salute; si sottolinea la necessità di un supporto psico-sociale per la persona adottata che si accinge a ridefinire la propria identità, poiché la ricerca delle origini è l’inizio di un percorso di emancipazione, spesso esito di una lotta interiore che comporta il superamento del senso di tradimento nei confronti della famiglia adottiva, con il corollario che è frequente la richiesta del ragazzo di mantenere la propria ri-cerca segreta ai genitori adottivi.

Complessa e sfaccettata è l’interpretazio-ne del 7° comma: “l’accesso alle informa-zioni non è consentito se l’adottato non sia stato riconosciuto alla nascita dalla madre naturale e qualora anche uno solo dei genitori biologici abbia dichiarato di non voler essere nominato o abbia mani-festato il consenso all’adozione a condi-zione di rimanere anonimo”.La Corte Costituzionale con sentenza 425/2005 ha affermato la legittimità co-stituzionale della norma, motivando che la garanzia assoluta dell’anonimato della gestante in difficoltà mira a proteggere con un corretto bilanciamento dei diritti la madre e il nascituro.In contrasto con detta prospettazione, la Corte Europea (sentenza Godelli del

25/9/2012) ha ritenuto che l’assolutez-za del diritto all’anonimato della madre biologica comporta l’assenza di qualun-que bilanciamento di interessi rispetto ai diritti del figlio adottivo di conoscere la propria identità e le proprie origini, in violazione dei diritti sanciti dall’art. 8 della Convenzione Europea, che garan-tisce il diritto alla vita privata e familiare, e, quindi, il diritto a conoscere le proprie origini biologiche, parte integrante della nozione di vita privata. In questa ottica la Corte di Strasburgo ha condannato l’Italia per la violazione dell’art. 8 del-la Convenzione, argomentando che la legislazione italiana non prende in con-siderazione gli interessi/diritti del figlio adottivo e non riconosciuto alla nascita di chiedere l’accesso alle informazioni sulle sue origini.A commento-critica della sentenza del-la Corte Europea si replica in dottrina che la normativa italiana, nel garantire in modo assoluto il diritto all’anonima-to alla madre che decida di abbandona-re il figlio, mira a fornire lo strumento normativo volto a garantire il diritto alla vita al nascituro, rassicurando la madre perché non prenda decisioni irreparabili e partorisca in strutture adeguate; aspet-to - si sottolinea - che richiede una più puntuale riflessione in relazione alla ga-ranzia del diritto alla vita del bambino tutelato dall’art. 2 della Convenzione.Con sentenza 278/2013 la Corte Costi-tuzionale ha motivato che la norma (art. 28 comma 7) “è censurabile per la sua eccessiva rigidità. Il vulnus è rappresen-

tato dalla irreversibilità del segreto sull’i-dentità della madre biologica”. I giudici avvertono la necessità che sia raggiunto un equilibrio tra i diritti di entrambi i soggetti (madre e figlio) e sottolineano che “il bisogno di conoscenza del nome della madre da parte del figlio adottivo rappresenta uno di quegli aspetti della personalità che possono condizionare l’intimo atteggiamento e la stessa vita di relazione di una persona in quanto tale”. Ha quindi dichiarato “l’illegittimità co-stituzionale dell’art. 28 comma 7 nel-la parte in cui non prevede - attraverso un procedimento stabilito dalla Legge che assicuri la massima riservatezza - la possibilità per il giudice di interpellare la madre su richiesta del figlio ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione”.

“Sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni volte a consentire la verifica della perdurante attualità della scelta della madre naturale di non voler essere nominata e a cautelare in termini rigorosi il suo diritto all’anonimato”.

La Legge 149/2001 riserva una tratta-zione specifica all’adozione internazio-nale e all’adozione in casi particolari (art. 44), argomenti che saranno trattati in un prossimo articolo.

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n. 3 / 2015

globale conduce all’indebolimento della responsabilità (in quanto ciascuno tende a essere responsabile solo del suo compito specializzato), nonché all’indebolimento della solidarietà (in quanto ciascuno non sente più il legame con i concittadini)” 4.Uno degli ambiti in cui un certo pensiero critico rispetto alla formazione medica tradizionale si è sviluppato, articolando contenuti e approcci ‘altri’, è quello della salute globale.

La Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG): un agente del cambiamentoA livello internazionale è sempre più condivisa la necessità di aggiornare l’at-tuale curriculum formativo delle profes-sioni sanitarie con l’inserimento delle tematiche inerenti alla salute globale, co-me ben dimostrano il fervente dibattito a riguardo nella comunità accademica e scientifica sui più importanti giorna-li internazionali e le crescenti iniziative inerenti a tale tema sorte recentemente a livello europeo5. A titolo di esempio, il General Medical Council del Regno Unito ha divulgato nel 2009 le proprie racco-mandazioni riguardo ai curricula delle scuole di Medicina, sottolineando come l’introduzione di un approccio formativo globale sia ormai irrinunciabile6. Benché considerato da molti una parte critica della missione educativa, scientifi-ca e morale delle università7,8, l’insegna-mento della salute globale nelle scuole di Medicina italiane appare ancora carente e caratterizzato da contenuti non omo-genei.

Il dibattito su queste tematiche, inne-scato nel 2001 con la Dichiarazione di Erice sull’equità e il diritto alla salute e l’istituzione dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (OISG), ha ricevuto un grande impulso con il progetto Equal

esami, armonizzato e standardizzato al-cuni parametri, ma osando ben poco nel campo dell’innovazione, dell’approccio, dei contenuti e delle metodologie forma-tive2,3.La formazione in medicina è di fatto ferma a un principio riduttivista di forte impronta biomedica che appartiene più al secolo scorso che all’attuale, e che la rende inadeguata, nelle parole di Edgar Morin, ad affrontare “realtà o problemi sempre più polidisciplinari, trasversali, multidimensionali, transnazionali, glo-bali, planetari […]” (si pensi per esempio all’aumento delle disuguaglianze in salu-te, alla complessa gestione delle patologie croniche in un contesto di crescente disa-gio socio-economico, ai cambiamenti so-cio-demografici legati a fenomeni quali l’immigrazione). Sempre Morin afferma che “l’indebolimento della percezione

Educazione in medicina

Ripensare la formazione in salute. Un dibattito a cura della Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute GlobalePer la RIISG: Chiara Bodini1, Giulia Civitelli2, Alice Fabbri1, Angelo Lorusso1, Nadia Maranini1, Marianna Parisotto1, Alessandro Rinaldi2 1. Centro Studi e Ricerche in Salute Internazionale e Interculturale, Alma Mater Studiorum, Università di Bologna; 2. Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive, Università Sapienza di Roma

Global health education is a growing feature of international and national medical schools. In Italy the Italian Network for Global Health Education (RIISG – Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale) promotes its teaching in both medical and non medical schools. Global health teaching is meant to integrate not only academic curricula with specific subjects but also to introduce a new way of thinking and acting by improving health provider knowledge, attitudes and practices in order to produce a change in the whole society. Faced with the inadequacy of the current university system in shaping health care professionals responding to the needs of the community the Italian Network promotes a public debate about a new health education.

A livello internazionale e nazionale si sta sempre più diffondendo l’insegnamento della salute globale. In Italia la Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG) ne promuove la diffusione all’interno delle Scuole di Medicina e Chirurgia e non solo, nella convinzione che fare formazione in salute globale non voglia dire soltanto integrare i curricula universitari con tematiche specifiche, ma introdurre un nuovo modo di pensare e agire la salute per generare reali cambiamenti sia nella comunità che nell’intera società. Di fronte all’inadeguatezza dell’attuale sistema universitario nel formare professionisti sanitari rispondenti ai bisogni della comunità, la RIISG promuove un dibattito e un confronto pubblico per una nuova formazione in salute maggiormente rispondente al contesto all’interno del quale tali professionisti dovranno inserirsi.

Inadeguatezza della formazione medica

In un’intervista del 1971, alla domanda se il percorso di formazione dei medici fosse in grado di preparare professionisti adeguati ai bisogni della comunità, Giu-lio Maccacaro rispondeva: “Sicuramente no! Esso è sostanzialmente immutato da qualche generazione: nel suo orienta-mento pratico fondamentale e anche nel suo telaio logico-dottrinario, a cui le sco-perte scientifiche e gli sviluppi tecnologi-ci hanno aggiunto ricchezza di nozioni e novità di discipline, metodi e strumenti, senza mutarne tuttavia la struttura”1. A oltre quarant’anni da quell’intervista, nel nostro Paese molto poco è cambia-to, e più nella forma che nella sostanza. Riforme curriculari hanno aumentato e diminuito a fisarmonica il numero degli

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n. 3 / 2015Educazione in medicina

trasformazione. Spesso dal basso, senza clamori, ma rintracciabile nella piega autoriflessiva che la disciplina ha pre-so in alcuni contesti, tra cui la RIISG: da sguardo principalmente su territori e problematiche altre (disuguaglianze Nord-Sud, mercato globale e accesso ai farmaci ecc.), a strumento di lettura dell’interdipendenza tra locale e globale, tra micro e macro, comprendente nell’a-nalisi la stessa produzione del sapere me-dico-scientifico come parte in causa (nel non saper leggere e dunque occultare le radici sociali della malattia; nel piegarsi all’influenza del mercato ecc.). Segnale di questo, ed esito forse inatteso, è un direzionamento maggiore degli studenti coinvolti verso scelte professionali orien-tate alla medicina di famiglia e del terri-torio, o alla sanità pubblica.Le diverse realtà afferenti alla RIISG stanno prendendo sempre più consa-pevolezza che fare formazione in salute globale non vuol dire integrare i curricula universitari con tematiche specifiche, ma introdurre un nuovo modo di pensare e agire la salute per generare reali cambia-menti sia nella comunità che nell’intera società, colmando il divario esistente tra evidenza scientifica e decisioni operative. Tale formazione vuole evidenziare come sia il metodo a dare significato e valore ai contenuti, attraverso un approccio parte-cipativo in grado di promuovere relazioni paritarie tra docente e discente e ponen-do quest’ultimo al centro del processo formativo.

Il momento pare dunque opportuno per riprendere la domanda posta a Maccaca-ro oltre quarant’anni fa e tentarne una ri-sposta attualizzata al presente. Si intende farlo a partire da un’esplorazione del bi-sogno che, in tante parti d’Italia, ha in-nescato movimenti trasformativi rispetto ai contenuti e alle metodologie di forma-zione (in salute), e che nell’attenzione per la salute globale e nella costituzione della RIISG ha trovato una forma espressiva ma forse non l’unica. Sul sito www.saluteinternazionale.info, nella sezione ‘salute globale’, è stata inau-gurata nel febbraio scorso un’area dedi-cata alla formazione al fine di dare voce a esperienze formative ‘altre’, nonché a opinioni di ‘parti in causa’ interessate a vario titolo alla formazione degli opera-tori sanitari (studenti, organi accademici e professionali, autorità sanitarie, asso-ciazioni di cittadini e pazienti ecc.). Ci auguriamo che quest’area possa diventa-

tà italiana in termini di offerta formativa nell’ambito della salute globale e rendere disponibile in ogni Facoltà di Medicina e Chirurgia almeno un corso opzionale su queste tematiche. A questo proposito è stata portata avanti una mappatura delle attività didattiche elettive inerenti alla salute globale pre-senti nelle diverse Facoltà di Medicina e Chirurgia a partire dal 2007, attraverso un questionario realizzato e distribuito con la collaborazione del SISM (Segre-tariato Italiano degli Studenti in Me-dicina) in tutte le Università dove tale associazione è presente. Il lavoro di mappatura ha mostrato nel periodo 2007-2013 un numero medio di corsi in aumento, con un miglioramen-to negli anni della coerenza di tali corsi con il curriculum proposto dalla RIISG12. Questo è avvenuto sia nel contesto di corsi di formazione promossi dalla Rete o da alcuni suoi membri, sia attraverso corsi integrativi opzionali organizzati nelle singole Università, sia mediante la-boratori autorganizzati dagli studenti, fino a giungere a riconoscimenti formali quali l’introduzione di crediti formativi dedicati in alcune Università italiane (per esempio Roma e Genova). Nonostante il trend in aumento, si è evidenziata un’of-ferta ancora inadeguata e con diseguale distribuzione dei corsi, presenti preva-lentemente nel Nord e nel Centro Italia e solo in numero limitato nelle Università del Sud.

Un nuovo modo di pensare e di agire la salute

Adottando uno sguardo critico e che non si ferma alle etichette e alle definizioni, quello di cui ci si rende conto è che – di fatto – la maggior parte della recente produzione scientifica e di insegnamento nel campo della salute globale ha preso la strada di una riproduzione, con vesti nuove, dei tradizionali approcci di me-dicina tropicale e salute internaziona-le (anche nel ‘format’ di costosi corsi a pagamento spuntati come funghi nelle università sempre più in competizione per fette di mercato che ne garantiscano i profitti, o la sopravvivenza). Nonostan-te ciò, è da rilevare come una parte del movimento volto a favorire la diffusione della salute globale – radicato nel disa-gio rispetto a un sapere medico sempre più inadeguato e meno risolutivo nella complessità del presente – abbia iniziato un lento e un po’ sommerso processo di

opportunities for health, action for deve-lopment, cofinanziato dalla Comunità Europea e realizzato dall’Organizzazio-ne non governativa Medici con l’Africa Cuamm, in partenariato con oltre 20 soggetti rappresentativi della comunità sanitaria italiana ed europea (universi-tà, centri di ricerca, aziende sanitarie e ospedaliere, ordine dei medici, organiz-zazioni non governative e associazioni). A seguito della prima fase del progetto Equal (triennio 2007-2009) le istituzio-ni accademiche, le società scientifiche, le organizzazioni non governative, le associazioni e i singoli individui mag-giormente coinvolti nella diffusione del paradigma della salute globale su tutto il territorio italiano, sia nelle università che nel contesto della società civile, han-no dato vita alla Rete Italiana per l’Inse-gnamento della Salute Globale (RIISG, http://www.educationglobalhealth.eu/it/)9. Nella visione elaborata all’interno della RIISG, la salute globale è da in-tendersi come un nuovo paradigma per la salute e l’assistenza sanitaria, radicato nell’approccio teorico dei determinan-ti sociali di salute10, basato sui principi enunciati nella Dichiarazione di Alma- Ata (1978)11 e sostanziato da ampie evi-denze scientifiche. L’approccio di salute globale può essere applicato al campo della prevenzione, della diagnosi, della riabilitazione, del trattamento delle malattie, così come a quello della promozione della salute a li-vello individuale e/o di comunità. Parlare di salute globale significa parlare di un’area di conoscenza che, recuperan-do correnti di pensiero legate alla medi-cina sociale e alla sanità pubblica degli anni ’60-’70 (ma con radici ben più an-tiche), propone il passaggio a una lettura di tipo processuale, multidisciplinare e biopsicosociale della salute e della malat-tia, collocandole all’interno del contesto ecosociale che le include e (ri)produce.

Obiettivo primario della RIISG è dun-que la promozione di attività volte a diffondere in diversi contesti formativi questo nuovo paradigma della salute, strettamente connesso a un’etica di re-sponsabilità sociale, per generare reali cambiamenti nella comunità. Il piano di azione condiviso dagli atto-ri (che ha ricevuto ulteriore impulso da un secondo progetto Equal nel triennio 2011-2014) prevede il conseguimento di differenti obiettivi specifici, primo fra tutti aumentare la conoscenza sulla real-

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n. 3 / 2015 Educazione in medicina

9. Civitelli G, Silvestrini G, Carovillano S, et al. La rete italiana per l’insegnamento della salute globale: attualità e prospettive. Medici Manager 2010;2:34-9.10. WHO - Commission on Social Deter-minants of Health CSDH. Closing the gap in a generation: health equity through action on the social determinants of health. Final Re-port of the Commission on Social Dermi-nants of Health. Geneva: WHO, 2008.11. World Health Organization. Declaration of Alma-Ata International Conference on Primary Health Care. Geneva: WHO, 1978.12. Bruno S, Silvestrini G, Carovillano S, et al. Rete Italiana per l’Insegnamento della Salute Globale (RIISG). L’insegnamento della Salute Globale nelle Facoltà di Medici-na e Chirurgia in Italia: l’offerta formativa nel triennio 2007-2010. Annali di Igiene, Medicina Preventiva e di Comunità 2011; 23:357-65.

Per_una_medicina_da_rinnovare._Interna-zionalizzazione_e_responsabilita_sociale_della_formazione_medica_Politiche_Sani-tarie_13_4_216-_-221.

4. Morin E. I sette saperi necessari all’educa-zione del futuro. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2001.5. Bateman C, Baker T, Hoornenborg El, Ericsson U. Bringing global issues to medical teaching. Lancet 2001;358:1539-42.6. General Medical Council. Tomorrow’s Doctors. London: GMC; 2009. http://www.gmc-uk.org/education/undergraduate/to-morrows_doctors_2009.asp.7. Horton R. Global science and social move-ments: towards a rational politics of global health. International Health 2009; 1:26-30.8. Stefanini A. Troppi atenei sordi e miopi sui mali della povertà. Sole 24 ore Sanità, 22-28 Febbraio 2005.

re spazio di dibattito e confronto, nell’i-dea che ripensare la formazione (a partire da concrete esperienze di cambiamento), particolarmente in un’epoca caratteriz-zata da grandi cambiamenti economici, socio-demografici e nell’organizzazione dei servizi, sia un passaggio necessario per tutelare il diritto alla salute di tutti.

La RIISG – Rete Italiana per l ’Insegnamento della Salute Globale – ha elaborato un documento nel quale è sinteticamente raccolta la sua posizione rispetto al recente dibattito innescatosi a livello nazionale sulla formazione medica.Il documento e maggiori informazioni sono disponibili alla URL: www.educationglobalhealth.eu/it/news /320-ripensare-la-formazione-medica.

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1. Una facoltà di medicina capovolta, intervi-sta pubblicata su “Tempo Medico”, novembre 1971, n. 97. In: Maccacaro Giulio, “Per una medicina da rinnovare”. Milano: Feltrinelli, 1979:377-82.2. Dammacco F, Danieli G. La formazione del medico dalla tabella XVIII ai nostri giorni. In: “Centenario della costituzione de-gli Ordini dei Medici. Cento anni di profes-sione al servizio del Paese”, a cura di FNOM-CeO, Health communication, Roma 2011. www.slideshare.net/trapanimartino/la-for-mazione-del-medico-dal la-tabel la-xv i-ii-ai-nostri-giorni.3. Stefanini A. Per una medicina da rinno-vare. Internazionalizzazione e responsabilità sociale della formazione medica. Politiche Sanitarie 2012;13:216-221. http://www.aca-demia.edu/3532529/Stefanini_A._2012_

Informazioni su come proporre un contributoI contributi potranno:• esporre esperienze di formazione in salute globale o, più in generale, esperienze

di formazione in salute coerenti con una visione di salute globale (orientate ai determinanti sociali, alla partecipazione, al contrasto delle disuguaglianze in un’ottica di giustizia sociale ecc.)

• contenere riflessioni su nuove necessità formative e/o nuovi approcci alla for-mazione in salute

I contributi dovranno avere le seguenti caratteristiche:• titolo• autori (nome e cognome di ciascuno)• afferenza di ciascun autore• indirizzo e-mail dell’autore referente• lunghezza tra le 1200 e le 1500 parole• eventuali riferimenti bibliografici in Vancouver Style (es. Pattisson Pete. Qatar’s

World Cup ‘slaves’. Abuse and exploitation of migrant workers preparing emir-ate for 2022. The Guardian, 25.09.2013)

I contributi dovranno essere inviati al seguente indirizzo: [email protected] Il comitato di redazione si riserva di leggere i contributi inviati e di fare eventuali osservazioni o commenti prima della loro pubblicazione.

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n. 3 / 2015Osservatorio internazionale

L’educazione delle ragazzeStefania ManettiPediatra di famiglia, Piano di Sorrento (Napoli)

Nel mese di novembre del 2014 i ribelli nigeriani di Boko haram (in lingua hau-sa Boko haram significa “l’educazione occidentale è peccato”) hanno annuncia-to in un video che le 219 ragazze liceali nigeriane rapite, dopo essersi convertite all’Islam, sono state date in sposa. Re-centemente in una fossa comune sono stati ritrovati i corpi di tante giovani donne che pare si fossero opposte a que-sta conversione e al matrimonio.Il 2014 è finito con due ragazze kamika-ze che si sono fatte esplodere nel merca-to della città di Maiduguri, nel nord-est della Nigeria, e con una terza ragazza scampata per un malfunzionamento dell’esplosivo che portava a cintura sotto il niqab; la ragazza ha poi raccontato di essere stata obbligata dai genitori a im-molarsi.Il 2015 è iniziato con uno scenario si-mile sempre a Maiduguri, nello stesso mercato, dove una bimba di 10 anni si è fatta saltare in aria provocando la morte di 19 persone e il ferimento di altre 18. Un comando a distanza ha azionato l’e-splosivo, collocato in una cintura intorno alla sua vita minuta, provocando la stra-ge. Impensabile che la bambina avesse la coscienza di quello che stava per fare, nonostante qualcuno abbia cercato di de-scriverla come una “attentatrice suicida”. Termine inappropriato e osceno, per una bambina di 10 anni. Sempre a inizio anno si è aperto, nella nostra parte di questo strano mondo, uno scenario diverso, la strage nella sede del giornale Charlie Hebdo. Una strage con-tro il potere della parola, della satira e della libertà di espressione. Mentre giorni dopo un esercito silen-te di persone marciava a Parigi a favore della libertà di satira e contro la violen-za inaudita appena vissuta, gli abitanti di Maiduguri contavano i propri mor-ti nella strage del mercato e gli altri 55 negli attentati precedenti di novembre e dicembre, nel silenzio dei mezzi di infor-mazione1.

La minaccia di Boko haram persiste, ci sono stati altri attentati sempre a Maidu-

guri. Il 24 marzo alcune fonti dalla città di Damasak, sempre in Nigeria, dove le forze governative sono riuscite sconfig-gere i jihadisti, hanno denunciato il ra-pimento di 500 bambini. In Nigeria, ma non solo, i politici, per di-strarre gli elettori dalla necessità di rifor-me essenziali, alimentano la diffidenza delle persone verso altre etnie e religioni. Ragazze, bambine e bambini sono vit-time, spesso scelte e non occasionali, di giochi di potere e di religione. Anche il diritto all’istruzione, come conseguenza di tutto ciò e forse per scelta, rimane in molti luoghi ancora un diritto profonda-mente negato. Nonostante ci siano stati notevoli pro-gressi, 57 milioni di bambine e bambi-ni in età di scuola primaria non vanno a scuola, metà di loro vivono in Paesi in conflitto. 250 milioni di bambini nel mondo non arrivano al quarto grado del-la scuola primaria o non riescono ad ac-quisire le abilità necessarie per imparare a leggere e scrivere. Questi numeri sono purtroppo al femminile perché sono pre-valentemente le bambine a non farcela, e non perché siano meno brave, ma perché si scontrano con le barriere della discri-minazione e della violenza. Per questo non vengono mai mandate a scuola o so-no costrette a terminare prima. Se poi guardiamo i numeri della fre-quenza alla scuola secondaria, questa disparità di genere aumenta enorme-mente perché le ragazze-bambine sono frequentemente costrette a sposarsi, ge-nerare figli o lavorare. Eppure l’accesso gratuito alla istruzione per tutti i bambi-ni del mondo è una promessa e un obiet-tivo del Millenium Development Goals e del movimento Education for all.

L’importanza di investire nell’istruzione di un Paese è oramai chiara a tutti. Se una nazione non ha cittadini partecipi, istruiti e informati, non cresce. L’istru-zione riduce l’ineguaglianza e porta a una salute migliore. I Paesi con alti livelli di istruzione sono più stabili e meno soggetti a conflitti; inoltre, la parità di genere nell’istruzio-

ne è strettamente correlata a una crescita economica maggiore.Nonostante tutto ciò i 2/3 delle persone non alfabetizzate nel mondo sono donne, sono circa 31 milioni le ragazze che non vanno a scuola, quando proprio l’istru-zione delle ragazze potrebbe trasformare il mondo: se tutte le donne che vivono nell’Africa sub-sahariana completassero il ciclo di istruzione primaria, il tasso di mortalità materna si ridurrebbe del 70%.

Ogni anno di istruzione in più aumen-ta il reddito di una donna del 25%. Il numero di bambine spose si ridurrebbe drasticamente; maggiore è il tempo che una ragazza rimane a scuola, meno è il rischio di contrarre il virus HIV. I Paesi che non investono nell’istruzione femminile e nella riduzione di queste di-sparità di genere perdono circa un bilione di dollari ogni anno; inoltre l’educazione delle ragazze ha anche un potente effetto trans-generazionale. In sintesi, l’istruzione femminile contri-buirebbe a salvare vite e a rendere un pae-se più ricco e con meno conflitti. Ridurre la disparità di genere nel campo dell’educazione non è opera facile; non basta, infatti, facilitare l’accesso delle bambine e delle adolescenti all’istruzio-ne. Sono tanti gli ostacoli da superare come l’insicurezza dei luoghi, gli inse-gnanti poco formati su questi aspetti, i libri di testo che favoriscono le disparità di genere riducendo le possibilità di ac-cesso al mondo dell’istruzione da parte delle ragazze. Interventi mirati ad aumentare i livelli di literacy della componente femmini-le di una popolazione faciliterebbero senz’altro l’istruzione delle ragazze. Per arrivare a tutto questo sono necessarie modifiche nei comportamenti, atteggia-menti e valori.

Recentemente è stato pubblicato il report del GPE (Global Partnership for Educa-tion) 2014, i cui dati mostrano un pro-gresso in campo educativo, ma anche la necessità di lavorare ancora molto e so-prattutto in maniera diversa.

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n. 3 / 2015 Osservatorio internazionale

stanziamenti per l’educazione meno di 1/4 - pari al 23% - è andato alle nazioni e ai bambini vittime di conflitti. “È para-dossale che un Paese come il Lussembur-go che destina in assoluto la cifra più alta - 12.000 dollari - per un anno di scuola di un bambino lussemburghese”, com-menta Valerio Neri, direttore di Save the Children Italia, “poi dia 0,01 dollari per l’istruzione di un bambino di un Paese in guerra. Sono disparità troppo eclatanti che vanno colmate”6.

Data la cifra di 9 miliardi di dollari ne-cessaria a garantire educazione per tutti i bambini entro il 2015, l’Italia risulta tra le nazioni che hanno contribuito meno, per appena il 7% di quota “equa”. All’in-terno dei fondi per l’educazione primaria, una parte significativa - circa il 34% - è stata allocata ai Paesi in guerra, il 30% ai Paesi a medio reddito, il 12% a quelli a basso reddito.

“Sicuramente è un dato positivo il fatto che, a differenza di altre nazioni, l’Italia abbia riservato una quota parte più con-sistente ai Paesi in conflitto”, commenta Valerio Neri. “Le risorse che l’Italia de-stina all’aiuto allo sviluppo sono esigue e, finché non verranno incrementate, il nostro contributo all’educazione nei Pae-si in guerra resterà minimo, cioè dell’or-dine di 0,03 dollari per un anno di scuola di un bambino”.

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1. Onyabo E. La Nigeria aspetta il ritorno delle studentesse rapite. Internazionale, 12 Gennaio 2015.2. Global partnership for education. Results for Learning Report 2014/15. http://www.globalpartnership.org/2014-2015-results-for-learning-report.3. http://www.worldsocialagenda.org/.4. UNESCO. Regional Report on out-of-school children. http://www.uis.unesco.org/Education/Pages/out-of-school-children-mena.aspx.5. United Nations.Department of Economic and Social Affairs. Millennium Develop-ment Goals Report 2014. http://www.un.org/en/development/desa/publications/mdg-report-2014.html.6. Regional Report on out of school chil-dren, UNESCO 2014, Middle East and North Africa.

quelle che hanno maggiormente ridotto questi aiuti. Vittime di questa situazio-ne sono specialmente i Paesi che vivono situazioni di conflitti interni, instabilità politica e fragilità; qui i progressi recenti fatti nel campo dell’istruzione sono ora sotto forte minaccia a causa della ridu-zione di questi fondi4.

L’impegno a rendere universale l’istru-zione di base viene riaffermato nel 2000 al Forum mondiale sull’educazione ri-unito a Dakar, in Senegal, e inserito nello stesso anno nella Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite tra le principali priorità per lo sviluppo inter-nazionale. Garantire l’educazione primaria uni-versale è il secondo degli otto obiettivi di sviluppo del Millennio (Millennium Development Goals, MDG). Paesi ric-chi e poveri hanno preso questo impe-gno, ma per far sì che questo obiettivo sia raggiunto è necessario che entro il 2015 i bambini e le bambine di tutto il mondo completino un ciclo di educa-zione primaria. I calcoli basati sul trend degli ultimi anni evidenziano purtroppo che senza un’ulteriore accelerazione, ben 58 degli 86 Paesi che non hanno ancora raggiunto l’istruzione primaria universa-le non riusciranno a conseguirla entro il 20155. Nonostante infatti le dichiarazio-ni di impegno, il Rapporto 2008 “Scuola, ultima della lista” (Save the Children) ri-leva come 19 su 22 governi donatori non abbiano destinato all’educazione nei paesi in via di sviluppo la porzione di finanzia-menti necessari, ovvero la “quota equa”, per raggiungere l’obiettivo dell’educazio-ne universale entro il 2015: in questa clas-sifica l’Italia si colloca al terzultimo posto, seguita solo da Austria e Grecia. Nel 2006 i Paesi donatori hanno assunto impegni in aiuti all’educazione primaria per quasi 5 miliardi di dollari, ma ne so-no stati erogati solo 2,7. La cifra stimata come necessaria è di 9 miliardi di dollari ogni anno per rag-giungere l’obiettivo dell’educazione per tutti entro il 2015. Di tale cifra, in vi-sta dell’obiettivo dell’istruzione primaria universale, almeno la metà, pari a 5,2 miliardi di dollari, cioè 44,62 dollari per ogni bambino, dovrebbe essere destinata ai Paesi in conflitto.Il rapporto di Save the Children docu-menta come la quota finora destinata agli stati fragili a causa dei conflitti sia stata troppo bassa rispetto al numero di bam-bini che non va a scuola: sul totale degli

I risultati ottenuti hanno prodotto cam-biamenti sostanziali nell’approccio al problema educativo nei paesi in via di sviluppo fondamentalmente su due ver-santi: dare priorità a chi ha maggiore bisogno e focalizzare l’attenzione dei de-cisori sugli obiettivi di apprendimento. L’aumento di Paesi poveri in conflitto e, quindi, in situazioni di grande fragilità, ha reso necessario un cambio di prospet-tiva per raggiungere con maggiore effica-cia contesti altrimenti esclusi2.

Lentamente l’educazione sta diventando più equa per quanto riguarda il genere; in media su 100 ragazzi che portano a termine il ciclo di studi primari ci sono 89 ragazze che raggiungono lo stesso obiettivo. Tuttavia ci sono ancora delle diseguaglianze difficili da ridurre: in al-cuni Paesi poveri e rurali le ragazze non hanno alcuna speranza di accedere alla scuola primaria. Esistono inoltre profon-de diseguaglianze geografiche e di reddi-to che in alcuni contesti pesano quanto o ancora di più delle differenze di genere. Quando si parla di buona istruzione non basta solo assicurarvi l’accesso ma sono necessari percorsi formativi di qualità. Una buona qualità nell’istruzione favori-sce non solo l’acquisizione delle nozioni ritenute necessarie, ma crea un ambiente educativo arricchente e stimolante, con-tribuendo in tal modo a migliorare la vita stessa dei discenti e il loro benesse-re sociale. Alla base ci deve essere una chiara definizione degli obiettivi con una loro precisa valutazione a distanza e con la partecipazione attiva di docenti e di-scenti, con il rispetto e il coinvolgimen-to delle comunità locali e utilizzando la lingua madre che funge da veicolo e da strumento, in un ambiente sicuro per i maschi e le femmine, sensibile quindi al genere e attento alla salute3. La risorsa finanziaria più importante per l’educazione è quella che proviene dai go-verni. La buona notizia è che negli ultimi anni gli investimenti pubblici sull’istru-zione in rapporto al PIL sono, anche se lentamente, cresciuti dal 4,4% nel 2008 al 4,8% nel 2012. Tuttavia molti paesi in via di sviluppo hanno bisogno di ulteriori fondi per poter raggiungere i loro target per l’istruzione. La notizia preoccupan-te è che negli ultimi tre anni questi aiuti proveniente dai Paesi sviluppati si sono ridotti, specialmente quelli a sostegno di una istruzione di base, con una riduzione del 16% tra il 2010 e il 2012. La Francia e i Paesi Bassi sono state, tra le nazioni,

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n. 3 / 2015Telescopio

I nuovi standard antropometrici del progetto INTERGROWTH-21stEnrico Bertino, Paola Di Nicola, Alessandra CosciaNeonatologia e Terapia Intensiva Neonatale dell’Università - AOU Città della Salute e della Scienza, Torino

In 2006, WHO produced international growth standards for infants and children from birth up to age 5 years on the basis of recommendations from a WHO expert committee. Using the same methods and conceptual approach, INTERGROWTH-21st Project developed international standards for fetuses and newborn infants. INTERGROWTH-21st is a multi-ethnic population-based project that assessed fetal growth and newborn size in eight geographically defined urban populations distributed worldwide. These groups were selected using strict individual eligibility criteria in order to obtain a population at low risk of impaired fetal growth. Fetal ultrasound measurements and neonatal anthropometric measures were obtained by trained anthropometric teams using the same methods and the same equipment at all sites. Quality control measures and standardization strategy were employed in all the study sites (adapted from the WHO Child Growth Study protocol). In the eight study sites 4607 women were considered eligible for calculation of the international standards of fetal growth according to gestational age. In addition, for the calculation of the 3rd, 10th, 50th, 90th, and 97th centile values at birth between 33 and 43 weeks of gestational age, separately for males and females, 20486 pregnant women with single fetuses were considered eligible. These fetal and neonatal standards at birth complement the WHO growth standard during the so-called “first 1000 days of life”; they can be useful both for clinical practice and epidemiologic studies.

Nel 2006 l’OMS ha prodotto gli standard auxologici internazionali per i bambini di 0-5 anni. Usando gli stessi metodi e lo stesso approccio concettuale, il progetto INTERGROWTH-21st ha sviluppato, completando il quadro, gli standard antropometrici internazionali fetali e neonatali. Il progetto INTERGROWTH-21st è uno studio multietnico, di popolazione, che ha valutato la crescita fetale e le dimensioni antropometriche neonatali in 8 popolazioni geograficamente definite. La selezione dei soggetti è avvenuta tramite criteri di inclusione restrittivi con esclusione di tutti i casi esposti a fattori di rischio ritenuti in grado di influenzare la crescita fetale. Le misurazioni ecografiche fetali e quelle antropometriche neonatali sono state effettuate con tecniche standardizzate accurate, sottoponendo i misuratori e gli strumenti di misura a periodici controlli di qualità. Negli 8 centri sono state selezionate complessivamente 4607 donne seguite durante la gravidanza. I centili costruiti al termine del progetto rappresentano gli standard internazionali per la crescita fetale. La costruzione degli standard antropometrici internazionali alla nascita si è basata su 20.486 neonati singoli di età gestazionale compresa tra 33 e 43 settimane. Gli standard fetali e neonatali completano le carte OMS utilizzate per la valutazione dell’accrescimento durante i cosiddetti “primi 1000 giorni di vita” e possono essere utili sia per studi epidemiologici sia nella pratica clinica.

Introduzione

Il modo più semplice e diffuso per va-lutare lo stato di salute in età pediatrica è quello della valutazione della crescita, utilizzando come strumento appropriati standard di riferimento. Le carte antro-pometriche sono considerate lo strumen-to di elezione anche per la classificazione auxologica dei feti e dei neonati e man-tengono un ruolo di rilievo nella pratica clinica e nella ricerca. Nei passati decen-ni sono state proposte numerose carte fetali e neonatali che tuttavia presentano grande eterogeneità nelle modalità di co-struzione e nella qualità metodologica1-3.In particolare resta aperto il dibattito se utilizzare differenti carte nazionali o un unico standard internazionale.Nel 1994 il Comitato di Esperti dell’OMS ha raccomandato l’utilizzo di standard internazionali per la valutazione della crescita. In base a queste raccoman-dazioni l’OMS ha prodotto uno standard di crescita dalla nascita a 5 anni di età pubblicato nel 20064, che costituisce og-gi uno strumento condiviso da utilizzare universalmente5. Fino a ora mancavano standard internazionali sulla crescita fe-tale e sulle dimensioni dei neonati. Per questo motivo l’Università di Oxford ha promosso il progetto multicentrico e multietnico INTERGROWTH-21st, realizzato da aprile 2009 a marzo 2014 e finalizzato alla costruzione di uno standard antropometrico internazionale fetale e neonatale. Gli standard fetali e neonatali sono stati pubblicati in due se-parati articoli su Lancet nel mese di set-tembre 2014.

Metodi e risultati dei due studi

Il progetto INTERGROWTH-21st è uno studio multicentrico e multietnico realizzato tra aprile 2009 e marzo 2014 in 8 centri di diversi Paesi del mon-do (Italia-Torino, Inghilterra-Oxford, Brasile-Pelotas, Stati Uniti-Seattle, In-dia-Nagbur, Cina-Beijing, Oman-Mu-scat, Kenia-Nairobi). Secondo un approccio analogo a quello

Recensione degli articoli: Papageorghiou AT, Ohuma EO, Altman DG, et al. International standards for fetal growth based on serial ultrasound measurements: the Fetal Growth Longitudinal Study of the INTERGROWTH-21st Project. Lancet 2014;384:869-79; Villar J, Cheikh Isdmail L, Victora CG, et al. International standards for newborn weight, length, and head circumference by gestational age and sex: the Newborn Cross-Sectional Study of the INTERGROWTH-21st Project. Lancet 2014;384:857-68.

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Telescopion. 3 / 2015

che ha prodotto i precedenti standard re-alizzati dall’OMS4, la selezione delle po-polazioni, sia per lo studio fetale che per quello neonatale, è stata eseguita secondo criteri di inclusione restrittivi finalizzati a ottenere “una popolazione sana di rife-rimento” esente il più possibile da fattori di rischio ritenuti in grado di influenzare la crescita fetale (tabella 1)6.Per costruire gli standard longitudinali di crescita fetale sono state selezionate complessivamente, nelle 8 aree geografi-che, 4607 donne gravide con feti singoli, arruolate a meno di 14 settimane di ge-stazione e seguite regolarmente con con-trolli ecografici periodici. Gli standard trasversali antropometri-ci neonatali sono stati invece costruiti utilizzando una popolazione totale di 20.486 nati singoli sani di età gestazio-nale compresa tra 33 e 43 settimane. Le misurazioni ecografiche fetali e quelle antropometriche neonatali sono sta-te effettuate con protocolli, tecniche e strumenti standardizzati. Gli strumenti di misurazione e i misuratori sono stati sottoposti a periodici controlli di qualità. Poiché in tutti i Paesi partecipanti so-no stati selezionati i centri a cui afferi-va oltre l’80% delle gravidanze dell’area geografica, lo studio è stato definito population-based. In tutti i centri sono state implementate strategie uniformi di assistenza in gravidanza e nel perio-do neonatale. Gli aspetti metodologi-ci e concettuali del progetto sono stati descritti in un numero monografico del BJOG nell’anno 20136.Nei due studi vengono presentati il 3°, 10°, 50°, 90° e 97° centile delle principali variabili antropometriche fetali e neona-tali utilizzate abitualmente nella pratica clinica.

Valutazione metodologica

Una prima considerazione va fatta sul-le definizioni utilizzate nei due studi. Mentre le carte ecografiche sono cor-rettamente definite “standard di cre-scita fetale”, nell’articolo sugli standard neonatali viene giustamente utilizzato il termine “standard antropometrici neo-natali” invece di “carte di crescita in-trauterina”, impiegato spesso in passato. Queste carte infatti, basate necessaria-mente su valutazioni di tipo trasversale, non possono essere utilizzate per descri-vere o studiare la crescita intrauterina dei feti, la quale può essere solo ricavata da indagini ecografiche longitudinali, come

avvenuto nel primo degli studi recensiti.Il dibattito sulla costruzione e sull’uti-lizzo delle carte da utilizzare per la va-lutazione auxologica di feti e neonati, così come dei soggetti in età pediatrica, è tutt’ora aperto. In particolare è discus-so se questi debbano essere, secondo la terminologia inglese, un reference o uno standard. Quando non vengono impie-gati criteri di esclusione restrittivi sui fattori di rischio per la crescita, la carta costituisce un reference che descrive “co-me la crescita realmente e mediamente è” in una determinata popolazione. La maggioranza delle carte antropometri-che fetali e neonatali attualmente dispo-nibili sono reference costruiti, tra l’altro, con grande eterogeneità metodologica. Queste caratteristiche rendono im-possibile stabilire se le differenze tra le carte siano dovute a reali differenze tra le popolazioni o piuttosto a differenze nella metodologia di costruzione delle carte stesse o nella prevalenza di fattori di rischio nelle diverse popolazioni. Per questi motivi è impossibile costruire un reference internazionale3,7. Attualmente esiste in Italia un reference antropometri-co neonatale di buona qualità metodolo-gica utilizzato nella pratica clinica e nella ricerca8. Viceversa, un approccio che uti-lizzi criteri restrittivi, con esclusione di tutti i casi esposti a fattori di rischio (di salute, nutrizionali, socioeconomici, am-bientali) ritenuti in grado di influenzare la crescita fetale, costituisce la base per ottenere uno standard che descrive “come la crescita dovrebbe essere”. In tal caso, eventuali differenze tra le carte potreb-bero essere espressione di reali differenze tra le popolazioni e, nel caso in cui queste siano trascurabili, è possibile utilizzare le carte come standard internazionale. Questo tipo di approccio, impegnativo dal punto di vista delle risorse umane e finanziarie impiegate, è quello seguito nel progetto INTERGROWTH-21st.È da osservare come le carte antropo-metriche presentate nei due studi si rac-cordino bene con gli standard postnatali 0-5 anni OMS. Per esempio il peso, la lunghezza e la circonferenza cranica me-di dei nati a termine sono 3,3 chilogram-mi (DS 0,5), 49,3 centimetri (DS 1,8 ) e 33,9 centimetri (DS 1,3), mentre quelli dello studio OMS sono, rispettivamente, 3,3 chilogrammi (DS 0,5), 49,5 centime-tri (DS 1,9) e 34,2 centimetri (DS 1,3)4. Da osservare come a un anno di età la coorte dello studio INTER-GROWTH-21st, di cui è in corso il

follow-up e i cui risultati non sono stati ancora pubblicati, presenti dei valori me-di di lunghezza pari al 49° e 52° centile e di circonferenza cranica pari al 49° e 50° centile degli standard OMS rispetti-vamente per maschi e femmine, eviden-ziando una concordanza quasi perfetta tra le due diverse carte. È possibile quin-di disporre oggi, per la prima volta, di uno standard di crescita internazionale unico per i feti, per i neonati tra 33 e 43 settimane di EG e per i bambini fino a 5 anni di età. Per verificare la reale possibilità di ap-plicare queste curve come standard a livello mondiale il gruppo di ricerca ha confrontato la variazione delle dimen-sioni antropometriche nelle 8 popola-zioni. I risultati, pubblicati nel mese di luglio 2014, hanno mostrato differenze trascurabili9. Per esempio, solo un valore tra l’1,9% e il 3,5% della variabilità to-tale nella lunghezza cefalo-caudale, nella circonferenza cranica fetale e nella lun-ghezza dei neonati può essere attribuito a differenze tra i diversi centri. Questa variabilità, molto simile a quella del 3% descritta dall’OMS per la lunghezza dei bambini10, è inferiore a quella osservata fra soggetti dello stesso centro. Tali os-servazioni sono compatibili con recenti studi secondo i quali due individui presi a caso da due popolazioni diverse, quali quelle nordafricane ed europee, possono avere più similitudini genetiche di due individui della stessa popolazione. Ciò suggerisce che le differenze antropome-triche tra le varie popolazioni possono essere dovute maggiormente a fattori am-bientali, allo stato di salute e di nutrizione piuttosto che alle differenze genetiche11.Da rilevare che la percentuale di na-ti pretermine nello studio INTER-GROWTH-21st è stata globalmente del 5,5%. Attualmente la percentuale di nati pretermine in Europa varia dal 5 al 10%12. Questa bassa percentuale di na-scite pretermine è verosimilmente con-seguente alle caratteristiche della target population sulla quale sono costruiti gli standard, esente da fattori di rischio. Da osservare inoltre che nello studio IN-TERGROWTH-21st la grande mag-gioranza dei nati pretermine (84%) è rappresentata da neonati fra le 34 e le 37 settimane di età gestazionale (late pre-term) e quindi a rischio più basso di gravi complicanze dopo la nascita rispetto ai nati di età gestazionale inferiore. Questo valore, nella popolazione gene-rale, è invece intorno al 75%, con una

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n. 3 / 2015Telescopio

percentuale più alta, rispetto ai soggetti dello studio INTERGROWTH-21st, di neonati molto pretermine e di conse-guenza più problematici.

I principali pregi del progetto INTER-GROWTH-21st sono i seguenti:• si tratta del primo studio prospettico

multicentrico disegnato ad hoc per in-dagare l’accrescimento intrauterino;

• le tecniche e gli strumenti di misura del feto e del neonato, precisi e accurati, sono stati standardizzati, sottoponen-do i misuratori a periodici controlli di qualità intra e inter-personali;

• si tratta di uno studio population-based e non hospital-based, a differenza di molti altri studi eseguiti finora sia in campo ostetrico che neonatale;

• l’approccio restrittivo nella selezione

della popolazione ha consentito di costruire il primo standard antropomet-rico internazionale multietnico per la valutazione auxologica di feti e neonati;

• il modello statistico (polinomi frazio-nali) utilizzato per tracciare le carte è appropriato.

I principali limiti dello studio sono inve-ce i seguenti:• sebbene le differenze etniche tra le

dimensioni dei neonati in condizioni ottimali di salute, socioeconomiche e ambientali siano molto ridotte, non scompaiono completamente. Questa osservazione era già stata evidenziata nello studio OMS dove la differenza nella lunghezza alla nascita tra neona-ti norvegesi e indiani era di 1,4 centi-metri10. Pertanto, l’utilizzo di un unico standard internazionale può essere la scelta giusta o sbagliata a seconda che queste differenze siano considerate o no trascurabili3,7;

• gli standard antropometrici neonatali sono disponibili solo a partire dalle 33 settimane di età gestazionale. Risulta infatti molto difficile, se non impossi-bile, reperire soggetti esenti da fattori di rischio nelle età gestazionali più basse;

• i valori soglia per la definizione dei soggetti SGA andranno probabilmen-te ridefiniti. Infatti, essendo il valore del 10° centile di uno standard più alto rispetto al 10° centile dei reference, con l’utilizzo come cut-off del primo avre-mo un numero più elevato di sogget-ti definiti SGA. Inoltre, non è ancora disponibile, per le variabili antropo-metriche neonatali, uno strumento che renda possibile la loro espressione in termini di standard deviation score (SDS). La possibilità di disporre de-gli SDS, che esprimono in termini di deviazione standard (DS) la distanza della variabile antropometrica in esame rispetto alla media per l’età gestaziona-le, permette una precisa quantificazio-ne della crescita utile in campo clinico e nella ricerca.

Conclusioni

Mancava fino a ora a livello internazio-nale uno standard di riferimento per la crescita fetale e neonatale, utile in par-ticolare per integrare l’utilizzo delle carte OMS nella valutazione della cre-scita durante i cosiddetti “primi 1000

tabella 1

Caratteristiche delle donne al momento dell’arruolamento (<14 settimane di gestazione)*

Età compresa tra 18 e 34 anni compiutiBMI tra 18,5 e 30Altezza ≥ 153 centimetriGravidanza singolaData dell’ultima mestruazione nota, con cicli mestruali regolari (28 ± 4 giorni), senza uso di contraccettivi ormonali o allattamento al seno nei 2 mesi prima della gravidanzaConcepimento naturaleAnamnesi patologica negativa, non necessità di terapia farmacologica a lungo ter-mine (compreso il trattamento per infertilità o di medicinali da banco, ma con esclusione di assunzione routinaria di ferro, folati, calcio, iodio o integratori mul-tivitaminici)Nessuna evidenza di problematiche socio-economiche in grado di ostacolare la crescita del feto, valutate secondo le definizioni locali di rischio socialeNon fumatrici e non facenti uso di droghe come la cannabis nei 3 mesi prima e durante la gravidanzaNon assunzione di alcol (definito come >5 unità - 50 ml di alcol puro - a settimana) durante la gravidanzaNon più di un aborto spontaneo nell’anamnesi delle due gravidanze precedenti consecutiveNessun bambino pretermine nato (<37 + 0 settimane di gestazione) o con peso alla nascita <2500 g o >4500 g in precedenti gravidanzeAssenza di pregresse mortalità perinatale o neonatale, malformazioni congenite, e nessuna evidenza durante la gravidanza di malattie congenite o anomalie del fetoNella precedente gravidanza assenza di pre-eclampsia/eclampsia, di sindrome HELLP o di condizioni morbose associate alla gravidanzaAssenza clinicamente significativa di anticorpi atipici da alloimmunizzazione ver-so i globuli rossiEsame urine negativoPressione sistolica <140 mm Hg e pressione diastolica <90 mm HgAssenza di segni o di trattamento per anemia nel corso della gravidanza (monito-raggio dei livelli di emoglobina durante tutta la gravidanza)Assenza di malattie sessualmente trasmesse, tra cui la sifilide e la tricomoniasi clinicaProfessione senza rischio di esposizione a sostanze chimiche o tossiche; esclusione di donne praticanti un’attività molto faticosa valutate secondo standard locali o praticanti sport impegnativi e di contatto, come le immersioni subacquee o attività simili

*Adattata da voce bibliografica 6.

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n. 3 / 2015 Telescopio

giorni di vita”, cioè dal concepimento fino a due anni di età, considerati oggi un periodo critico non solo per lo svi-luppo neuro-cognitivo ma anche per lo stato di salute globale in adolescenza e in età adulta, in particolare per quanto riguarda il rischio di obesità, ipertensio-ne, diabete. Gli standard antropometrici internazionali prodotti dal progetto IN-TERGROWTH-21st colmano questa mancanza e potranno essere utili sia per ricerche epidemiologiche che nella pra-tica clinica. In particolare, dal punto di vista epidemiologico, potranno essere uno strumento uniforme utile per un confronto tra le varie popolazioni e per la valutazione nel tempo dell’efficacia degli interventi finalizzati a migliorare lo stato di salute, la nutrizione e le condizioni so-cioeconomiche e ambientali nel periodo perinatale. Nella pratica clinica potranno essere utili nei vari Paesi del mondo per l’identificazione dei soggetti con deficit del peso rispetto alla lunghezza (wa-sting), ma soprattutto di quelli con deficit in lunghezza rispetto all’età gestazionale (stunting). La diagnosi precoce di stun-ting, infatti, è oggi considerata utile per l’identificazione dei soggetti a rischio, il cui monitoraggio potrà essere proseguito dopo la nascita utilizzando gli standard dell’OMS.

[email protected]

1. Ioannou C1, Talbot K, Ohuma E, et al. Systematic review of methodology used in ultrasound studies aimed at creating charts

box riassuntivo

• Le differenze di crescita di feti e di neonati appartenenti a diversi gruppi etnici si riducono notevolmente in condizioni ottimali socio-ambientali, di salute e di nutrizione. Ciò rende possibile la costruzione di uno standard internazionale per la crescita fetale e neonatale.

• I nuovi standard fetali e neonatali dello studio INTERGROWTH-21st si rac-cordano bene tra loro e con gli standard post-natali 0-5 anni precedentemente pubblicati dall’OMS, rendendo disponibile un unico standard internazionale di riferimento.

• L’utilizzo dei nuovi standard internazionali potrà affiancarsi ai vari reference na-zionali, quali per l’Italia le carte INeS, attualmente disponibili e impiegati nella pratica clinica.

of fetal size. BJOG 2012;119:1425-39. 2. Bertino E, Giuliani F, Occhi L, et al. Benchmarking neonatal anthropometric charts published in the last decade. Arch Dis Child Fetal Neonatal Ed 2009;94:F233.3. Bertino E, Milani S, Fabris C, et al. Ne-onatal anthropometric charts: what they are, what they are not. Arch Dis Child Fetal Ne-onatal Ed 2007;92:F7-F10.4. de Onis M, Garza C, Onyango AW, et al; le Comité de nutrition de la Société française de pédiatrie. [WHO growth standards for infants and young children]. Arch Pediatr 2009; 16:47-53.5. de Onis M, Onyango A, Borghi E, et al. WHO Multicentre Growth Reference Study Group. Worldwide implementation of the WHO Child Growth Standards. Public Health Nutr 2012;15:1603-10.6. Villar J, Altman DG, Purwar M, et al., for the International Fetal and Newborn Growth Consortium for the 21st Century. The objectives, design and implementation of the INTERGROWTH-21st Project. BJOG. http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pu-bmed/ 23678873 2013;120 Suppl 2:9-26.7. Milani S, Buckler JM, Kelnar CJ, et al.The use of local reference growth charts for clinical use or a universal standard: a bal-

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Il punto su n. 3 / 2015

Il mutismo selettivo: il bambino che non riesce sempre a parlare Federica Trivelli1, Claudia Gorla2, Marina Picca3, Maria Cristina Tischer4

1. Psicoterapeuta cognitivo-comportamentale, Torino; 2. Psicoterapeuta sistemico-relazionale, Mediplus, Cesano Maderno (MB); 3. Pediatra di Famiglia, Milano; 4. Pediatra di Famiglia, Saronno

Selective mutism is a not well known and often underdiagnosed anxiety disorder of children. The article outlines the criteria for an early diagnoses and for an effective psychotherapeutic taking care.

ll mutismo selettivo è un disturbo d’ansia dell’infanzia poco noto e sottodiagnosticato. L’articolo indica i criteri per una diagnosi precoce e una efficace presa in carico psicoterapeutica.

Definizione

Il mutismo selettivo (MS), denominato in passato afasia volontaria e successiva-mente mutismo elettivo1,2, è un disturbo d’ansia osservabile in età infantile, ca-ratterizzato da persistente impossibilità a comunicare con linguaggio verbale in situazioni sociali specifiche3,4. Il termine ‘selettivo’ indica che il muti-smo compare in una determinata situa-zione: a scuola, con adulti o coetanei estranei o conosciuti in contesti dove i bambini non si sentono a proprio agio5. L’incapacità del bambino di esprimersi liberamente non dipende da immaturità neurologica, da alterazioni del processo di articolazione e di espressione lingui-stica o da particolari deficit cognitivi. Il disturbo è legato a uno stato di paura e di ansia1. Il disturbo è classificato nell’ul-tima versione del Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali (DSM-5)3 nella sezione concernente i disturbi d’an-sia. È considerato una malattia, compa-rendo anche nell’ultima edizione della Classificazione Internazionale delle Malat-tie (ICD-10)4.

Epidemiologia

L’incidenza del MS è di circa un caso ogni mille bambini, con maggior pre-valenza nel sesso femminile2,3,5, una frequenza ritenuta sottostimata per man-cate e non corrette diagnosi5.L’insorgenza del disturbo si colloca tra i 3 e i 5 anni, età in cui il bambino si di-stacca dal nucleo familiare, in particolare dalla madre, e fa ingresso nella colletti-vità infantile1.

La diagnosi di MS di solito avviene più tardivamente, tra i 6 e i 7 anni, nei primi anni di frequenza della scuola primaria. Il ritardo diagnostico è condizionato dal non riconoscimento del disturbo, spesso confuso con timidezza o atteggiamento oppositivo provocatorio del bambino2.

La clinica

Il bambino con MS non presenta distur-bi di linguaggio (balbuzie), di udito (ipo-acusia) o mentali (autismo, schizofrenia, ritardo cognitivo). Il bambino è in grado di parlare nelle situazioni in cui si sente a proprio agio, con i genitori o i familiari conviventi, purché in assenza di perso-ne o contesti che causino un aumento del suo livello d’ansia. Tra le situazioni dove si manifesta la difficoltà a parlare si annovera anche la visita del pediatra curante, sia essa svolta nello studio pro-fessionale o presso il proprio domicilio.La diagnosi del disturbo è possibile quando l’anomalia è persistente e pre-sente da almeno un mese e non riguardi il primo periodo di frequenza a scuola, nel quale molti bambini possono essere riluttanti a parlare3. Il bambino con MS pur non riuscendo a parlare ha in realtà il desiderio di farlo e, quando l’ansia non è tale da “paralizzarlo”, può compensa-re la sua difficoltà utilizzando il canale non-verbale, con sguardi, sorrisi e movi-menti corporei. La presenza dell’intento comunicativo non verbale è un elemento che consente la diagnosi differenziale dal bambino con tratti autistici, oltre al fatto che questi bambini hanno una comunicazione ver-bale normale nella propria famiglia.

Il disturbo di comunicazione verbale può attenuarsi spontaneamente nel periodo della tarda infanzia o adolescenza con una conversione dello stato d’ansia in altre forme di fobia. La non corretta e tempe-stiva diagnosi, o la non adeguata psicote-rapia del disturbo, sono fattori limitanti il recupero del livello di autostima con sviluppo di fobia sociale e isolamento. Il giovane con MS, che pur sapendo non può esprimere il proprio sapere, accumu-la col passare del tempo insoddisfazione e frustrazione con frequente abbandono scolastico. Non trattare il MS significa quindi lasciare il bambino o il ragazzo in sofferenza psicologica.

Diagnosi differenziale

La diagnosi differenziale del MS si pone principalmente con la timidezza, tratto della personalità caratterizzato da tran-sitorio disturbo di adattamento a nuove situazioni, e con il disturbo oppositivo provocatorio, condizione dove il livello inappropriato e persistente di rabbia può manifestarsi con la volontà del bambino a non parlare. Altre condizioni che ren-dono difficoltoso l’utilizzo del linguag-gio verbale e che possono essere confuse con il MS sono i disturbi pervasivi dello sviluppo (psicosi), le disabilità intelletti-ve (ritardi cognitivi) e i disturbi di udito (ipoacusie)3. Il rischio di interpretare il comportamento del bambino come de-rivante da carattere timido porta spesso a sottovalutare un disturbo patologico, relegandolo a tratto temperamentale sta-bile e impedendo la possibilità di una diagnosi e presa in carico precoce. Un tempestivo riconoscimento della patologia già durante la frequenza nella scuola dell’infanzia può permettere la completa risoluzione sintomatologica e consentire al bambino di manifestare le proprie emozioni e opinioni anche attra-verso il canale verbale.Esistono un’elevata variabilità nella se-lettività e diversi livelli di gravità del

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Il punto sun. 3 / 2015

disturbo. Spesso i bambini riescono a comunicare verbalmente con i pari ma non con gli adulti: in questi casi è faci-le attribuire intenzionalità al silenzio interpretando il comportamento come espressione di disturbo oppositivo pro-vocatorio. Nei casi molto gravi di MS si assiste a totale inibizione della comuni-cazione verbale, associata a piccoli rituali compulsivi e a stereotipie, comportamen-ti da non interpretare come disturbo per-vasivo dello sviluppo: nel MS l’intento comunicativo è sempre mantenuto3.

Ipotesi patogenetiche

La letteratura annovera tra le principa-li teorie che hanno cercato di spiegare il MS la teoria psicodinamica, la teoria cognitivo-comportamentale e la teoria sistemico-familiare6. La teoria psico-dinamica pone l’accento sul conflitto irrisolto. Il bambino con MS pertanto avrebbe una fissazione allo stadio orale o anale dello sviluppo. Il bambino, per evi-tare punizioni frustranti, sposterebbe la rabbia oppure regredirebbe a uno stadio di sviluppo non verbale. Secondo questa prospettiva, il MS sarebbe un meccani-smo per fronteggiare la rabbia e l’ansia e nello stesso tempo punire i genitori. At-tualmente tale spiegazione sta perdendo di validità a causa della mancanza di dati empirici a supporto di questa tesi6. Un’altra interpretazione psicodinami-ca interpreta il sintomo come blocco reattivo al processo di separazione-in-dividuazione7. Diversamente, la teoria cognitivo-comportamentale propone una causa fondata su una non corretta regolazione delle principali emozioni: rabbia, paura, disgusto, tristezza, gioia, sorpresa. Il non parlare diviene per il bambino una strategia difensiva rispetto a situazioni vissute come ansiogene. La teoria sistemico-familiare ipotizza che i bambini con MS vivono in fami-glie con semantica fobica. Molti bambini con MS sperimentano relazioni familiari con rapporti eccessivamente protettivi da parte di uno o entrambi i genitori. La relazione intra-familiare disfunziona-le induce nel bambino la convinzione che per sopravvivere sia necessaria la costan-te presenza dei genitori: di conseguenza, la loro assenza o il trovarsi al di fuori dell’ambiente domestico provoca paura dell’estraneo, con aumento dello stato d’ansia e blocco del canale comunicativo verbale6. Le ricerche più recenti non sup-portano l’ipotesi secondo cui un’ipotetica

causa del MS sia da ricercare in esperien-ze traumatiche vissute dal bambino in prima persona8-12. A oggi non è ancora stata trovata una correlazione diretta tra trauma e MS8.

Terapie psicologiche

Il bambino con MS può guarire con un trattamento psicoterapeutico che gli in-segni a controllare paura e ansia. Nei bambini fino ai 5 anni di età è pre-feribile un approccio indiretto, con pre-sa in carico della coppia genitoriale e stretta collaborazione con gli educatori della collettività infantile, senza coinvol-gimento diretto del bambino. Lo psico-terapeuta aiuta i genitori a individuare e correggere i fattori che predispongono e mantengono lo sviluppo del disturbo, quali il rapporto simbiotico con uno dei due genitori, la paura del mondo ester-no vissuto come pericoloso in contrasto con la sicurezza dell’ambiente familia-re, il ridotto stimolo all’esplorazione e all’autonomia, la discordanza tra figlio ideale e reale, l’attenzione esclusiva alla prestazione verbale, la costante attenzio-ne al giudizio degli altri. Agli educatori lo psicoterapeuta spiega come l’ingresso a scuola in un bambino predisposto sia un fattore precipitante e come il mutismo non sia un comportamento intenzionale, ma il risultato d’impossibilità a parlare dovuto a uno stato d’ansia. Agli educa-tori si propongono strategie relazionali da adottare con il bambino, suscettibi-li di valutazioni e modifiche in itinere. L’approccio psicoterapeutico diretto è riservato a bambini più grandi, dall’età scolare, età nella quale si sviluppa la ca-pacità di riflessione e introspezione.

Il caso

M. è una bambina di 6 anni, primogeni-ta di una famiglia composta da mamma, papà e sorella minore di 2 anni. Frequenta la prima elementare in una scuola pubblica in un paese di provin-cia. La classe è composta da 24 bambi-ni. Il gruppo insegnanti è composto da un’insegnante per le materie scientifiche, una per italiano, uno per religione, una per attività motoria, un’insegnante per la lingua straniera. Dopo qualche mese di frequenza scolastica le insegnanti co-municano ai genitori che la bambina non parla né con loro, né con i compagni. È stata quindi proposta una presa in cari-co con approccio integrato comprendente

attività di supporto con insegnanti e ge-nitori e contemporaneo lavoro psicotera-peutico diretto con M. Agli insegnanti sono stati indicati alcuni modi per ridurre nella bambina il livel-lo d’ansia: permettere la comunicazione non verbale, per consentire l’autonomia nel comunicare le proprie necessità; af-fidare compiti di responsabilità senza necessità dell’uso della parola, per au-mentare il livello di autostima; indivi-duare momenti privilegiati di relazione con gli insegnanti, per aumentare il gra-do di confidenza e fiducia con gli stessi; favorire il lavoro organizzato in piccoli gruppi, con iniziale intermediazione de-gli insegnanti, per migliorare la relazione con i coetanei; proporre alla classe rispo-ste corali, evitando il lavoro in cerchio con risposta singola, per favorire la co-municazione verbale sebbene celata dal-la contemporanea risposta dei coetanei; facilitare le risposte nelle interrogazioni facendo indicare con il dito la risposta tra più soluzioni o facendo scrivere la rispo-sta in spazi vuoti da riempire, per valuta-re il reale livello di apprendimento di M.; agire sull’intero gruppo classe con l’uso di frasi predisposte che consentano a M. di sentirsi protetta e compresa dall’adul-to e al contempo plachino la curiosità dei compagni (per esempio: “M. è una gran chiacchierona, solo che a volte le paro-line proprio non riescono a uscire dalla bocca”). In una seconda fase è stato in-trodotto l’uso della registrazione verbale dei compiti svolti a casa, con la duplice finalità di verificare l’apprendimento e al contempo permettere alla bambina la progressiva abitudine al suono della pro-pria voce in ambito scolastico. Parallela-mente sono state indagate le dinamiche familiari con l’obiettivo di modificare i fattori predisponenti al mantenimen-to del MS. L’indagine psicologica ha permesso di individuare una relazione simbiotica tra M. e la madre, con una figura paterna dal ruolo marginale. Con alcuni incontri di psicoterapia sistemi-co-familiare si è migliorata l’accettazione materna delle difficoltà della bambina, colmando la distanza tra figlia “reale” e “ideale”, riducendo l’atteggiamento iper-protettivo materno e permettendo al pa-dre di poter esprimere la propria capacità genitoriale. Al padre è stato proposto di trascorrere più tempo con la figlia, sia in casa sia in altri ambiti, con attività dove M. potesse esprimere autonomia decisio-nale e organizzativa. In analogia ai consi-gli dati agli insegnanti, anche ai genitori

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n. 3 / 2015Il punto su

Child Psychol Psychiatry 1997;38:257-62.10. Dummit ES, Klein RG, Tancer NK, Asche B, Martin J, Fairbanks JA. Systematic assessment of 50 children with selective mut-ism J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 1997;36:653-60.11. Steinhausen H, Juzi C. Elective mutism: an analysis of 100 cases. J Am Acad Child Adolesc Psychiatry 1996;35:606-14.12. Black B, Uhde TW. Psychiatric charac-teristics of children with selective mutism: a pilot study. J Am Acad Child Adolesc Psy-chiatry 1995; 34:847-56.

Dedichiamo questo articolo a Maria Cristi-na Tischer, Pediatra di Famiglia a Saronno, scomparsa improvvisamente e prematura-mente nel febbraio di quest’anno, prima che l ’articolo, scritto con il suo contributo, venis-se pubblicato. Ci sembra un modo concreto per ricordare la sua vivace intelligenza, il suo coraggio, le sue capacità e rigore profes-sionale, la grande generosità ed impegno nel sociale. Una donna, madre e professionista davvero “speciale”. Un pensiero affettuoso ai suoi cari.

è stato suggerito di consentire a M. l’uso della comunicazione non verbale e di in-tervenire nei casi in cui la bambina fosse in difficoltà. Allo scopo di migliorare la relazione con i coetanei si è consiglia-to ai genitori di invitare a casa propria a giocare un coetaneo per volta, estenden-do gradualmente l’invito a un gruppo e proponendo un luogo di giochi diverso dall’ambiente domestico. Durante questi incontri è stata valorizzata l’importanza dei genitori nel ruolo di intermediari, passando da presenza costante come or-ganizzatori di attività e mediatore verbale a presenza silenziosa nel momento in cui la bambina avesse iniziato a utilizzare la comunicazione verbale. La psicoterapia effettuata con la bambina si è dapprima incentrata sulla capacità di riconoscimento delle proprie emozioni, attraverso attività di gioco specificamen-te ideate. È stato insegnato alla bambi-na l’uso del termometro delle emozioni, strumento utile a individuare e comu-nicare il livello dell’emozione esperita, per applicarlo quindi durante l’uso del registratore, rendendo narrabile l’espe-rienza vissuta da M. La registrazione è stata inizialmente effettuata con il padre in una dimensione ludica nella quale lo stesso padre doveva sostenere una sfida verbale per ottenere un premio. In un momento successivo, al diminuire dei livelli di ansia, il gioco si è spostato sul-le risposte della bambina in varie situa-zioni. M. ha potuto esplorare il proprio vissuto emotivo disegnando le diverse situazioni in cui ha utilizzato il dispo-sitivo (aula di computer con presenza di papà, aula di computer con papà e porta socchiusa, aula di computer con presenza di papà e insegnante, aula scolastica con insegnante senza papà) e indicando con il termometro l’intensità emotiva ipotizzata per poterla poi confrontare con l’intensità emotiva effettivamente esperita. Dopo qualche mese M. ha iniziato a ri-spondere verbalmente agli estranei al di fuori dell’ambito scolastico, inizialmente con monosillabi e con tono vocale basso, e quindi progressivamente con una comu-nicazione verbale adeguata nel tono e nel fraseggio, ha iniziato a parlare anche in classe con i compagni e con le insegnanti.

[email protected]

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Indicazioni per il pediatra di famiglia

• Non minimizzare il disturbo con frasi come “Suo figlio è solo molto timido, è un comportamento che passa col tempo”. La sottostima dei sintomi ritarda il ricorso a interventi efficaci.

• Contattare gli insegnanti per avere da loro informazioni dirette e precise sui comportamenti verbali del bambino a scuola.

• Inviare a professionista psicologo con esperienza specifica nella terapia del di-sturbo. Un approccio terapeutico di tipo integrato cognitivo-comportamentale e sistemico-familiare consentono il raggiungimento di risultati migliori.

Indicazioni per i genitori (utili anche per educatori e insegnanti)

• Organizzare giochi con coetanei, nei quali genitori, educatori o insegnanti siano presenti per facilitare l’incontro tra il bambino e i coetanei e favorire situazioni che richiedano la comunicazione verbale.

• Spiegare il motivo del comportamento taciturno del bambino alle persone che lo chiedono, per consentire al bambino di sentirsi capito senza che la propria autostima sia sminuita: tutti sanno che lui sa parlare e vorrebbe parlare, ma non riesce a farlo e ciò avviene non per colpa sua (per esempio: “Il bambino è un gran chiacchierone, ma in certe situazioni le parole non riescono a uscire dalla sua bocca, lui avverte una sorta di nodo alla gola”).

• Non sostituirsi al bambino nel dare risposte alle domande che gli rivolgono le persone, per permettere al bambino di trovare l’occasione per risolvere il suo disturbo.

• Non domandare al bambino la causa del suo silenzio: il desiderio di comprendere il comportamento del bambino induce spesso le persone alla continua ricerca della motivazione che in realtà il bambino non è in grado di cogliere e spiegare.

• Non interrogare di continuo il bambino sui suoi possibili progressi, per evitare di aumentare il grado di attenzione al bambino che in una simile situazione non trova stimolo per abbandonare il suo atteggiamento.

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n. 3 / 2015 Il punto su

Il reflusso gastroesofageo tra fisiologia e patologia: le indicazioni NICEEnrico Valletta, Martina FornaroUO di Pediatria, Ospedale G.B. Morgagni - L. Pierantoni, AUSL della Romagna, Forlì

A meno di due anni dalla pubblicazio-ne di un’estesa linea guida dell’Ameri-can Academy of Pediatrics sulla gestione del reflusso gastroesofageo (RGE) nel bambino, il NICE britannico stila uno stringato documento che, schematica-mente, cerca di ridelimitare il problema dando indicazioni molto pratiche su chi, quando e come indagare e trattare per un possibile RGE clinicamente rilevante1,2. La sensazione è che, esauritasi l’onda di piena nei primi anni 2000 e ricondotto alle sue dimensioni funzionali il sem-plice RGE, la vera patologia da reflusso – e cioè la malattia da RGE (MRGE) – consista di numeri certamente più ri-dotti e si caratterizzi per contesti e ma-nifestazioni cliniche che, se presenti, richiedono giustificatamente l’attenzio-ne del pediatra.

RGE, MRGE e marked distress

Come sempre nei documenti che trat-tano questo tema, lo sforzo iniziale è distinguere, nei termini e nella sostan-za, quello che è fisiologico (il RGE) da quello che è, o potrebbe essere conside-rato, patologico (la MRGE). In quest’ultimo caso ci si devono aspet-tare oltre al reflusso anche i sintomi (segni di malessere o dolore) e/o i segni (esofagite, polmonite da aspirazione) di una complicanza di un certo rilievo. Nei bambini piccoli o disabili che non possono comunicare resta il problema di come interpretare o quantificare quello

che viene definito marked distress (evi-dente disturbo, importante malessere) perché potrebbe spingere a intraprende-re qualche indagine in più. È questo un elemento che viene anco-ra affidato alla sensibilità clinica di chi valuta il bambino nel suo contesto fami-liare e di abituali comportamenti.

Quando rassicurare

L’indicazione è di rassicurare i genitori sulla benignità del semplice RGE per-ché riguarda oltre il 40% dei lattanti, può essere frequente (anche più di 6 vol-te) nel corso della giornata e si risolve entro l’anno di vita nel 90% dei casi. Il RGE non ha bisogno pertanto di ul-teriori indagini. Il discorso è diverso (e di questo è bene parlare con i genitori) se il vomito di-venta a getto, biliare (verde o giallo-ver-de) o ematico, se il bambino appare molto sofferente (il marked distress di cui parlavamo), si alimenta con difficoltà o rallenta il ritmo di crescita. Qualche attenzione in più merita an-che il RGE che prosegue invariato oltre l’anno di vita. Anche il pediatra deve rassicurarsi. Non è ragionevole evocare il RGE in un bambino che non rigurgita ma che ha solo uno di questi sintomi: difficol-tà di alimentazione, malessere, rallen-tamento della crescita, tosse cronica, raucedine o un singolo episodio di pol-monite.

Quando sembra RGE ma può non esserlo

Possiamo ricordare sinteticamente alcu-ne “bandierine rosse” che, in presenza del sintomo rigurgito, debbono far pensare anche ad altro: il vomito a getto della ste-nosi ipertrofica del piloro o quello biliare dell’occlusione intestinale, l’ematemesi, il sangue nelle feci o la diarrea cronica (allergia alle proteine del latte vaccino?), l’esordio dopo i 6-12 mesi o la disuria (infezione delle vie urinarie?), la febbre, la fontanella tesa o l’alterazione della co-scienza/irritabilità (sepsi? meningite?), l’incremento anomalo della circonferen-za cranica o il vomito/cefalea al mattino (idrocefalo? tumore cerebrale?).

Quando, invece, pensare a una (possibile) MRGE

Un lattante che rigurgita ha proba-bilmente un RGE complicato se c’è evidenza di esofagite o di polmonite ri-corrente da aspirazione o se ha frequenti otiti medie (più di 3 episodi in 6 mesi). Nei bambini con disabilità neurologica le erosioni dentali sono un segno da con-siderare con attenzione. La sindrome di Sandifer, con gli episodi di rotazione ed estensione del collo, resta una manifestazione patologica caratteri-stica del RGE. Nel bambino più grande e in grado di descrivere i propri sintomi, pirosi e dolore epigastrico o retrosterna-le sono segni affidabili di una MRGE.Ci sono poi una miscellanea di situazio-ni o condizioni cliniche che debbono in-nalzare l’indice di sospetto per un RGE clinicamente rilevante e che sono ripor-tate nella tabella 1. Il NICE dà anche indicazioni ugualmente schematiche e definite per l’impiego della diagnostica strumentale e/o radiologica che sono sintetizzate nella tabella 2.

Quale terapia per il RGE e la MRGE?

Il primo approccio al lattante con RGE deve essere prudente e conservativo.

The recent NICE guideline on paediatric gastroesophageal reflux disease (GERD) synthesizes the best literature evidences and usefully supports clinicians in the management of infants and children with GERD. It represents a further simplification in approaching a clinical condition in which the boundary between physiology and pathology is not always easy to understand and the risk of overdiagnosis and overtreatment is actual.

La recente linea guida del NICE sulla malattia da reflusso gastroesofageo (MRGE) in età pediatrica riassume sinteticamente le migliori evidenze della letteratura e fornisce un utile supporto pratico al pediatra nella gestione di lattanti e bambini con MRGE. È un ulteriore passo semplificativo nell’approccio a una condizione nella quale il confine tra fisiologia e patologia non è sempre facile da individuare e il rischio di un eccesso di diagnosi e di trattamento è concreto.

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n. 3 / 2015Il punto su

Ferma restando l’indicazione a mante-nere la posizione supina durante il son-no, viene raccomandato di verificare la tecnica di allattamento in un lattante al seno che mostri segni di disagio durante la poppata. Se l’allattamento è artificia-le, si può iniziare riducendo la quantità di latte a ogni poppata e aumentandone la frequenza per poi passare all’uso del-le formule ispessite o, successivamente, all’impiego dell’alginato per 1-2 setti-mane di prova. Se l’alginato è efficace si continua sospendendolo ogni tanto per

verificare se il problema è stato superato. Il rigurgito non complicato del lattante non giustifica il ricorso ai farmaci an-ti-H2 (AH2) né agli inibitori di pompa (IPP).Un trattamento ex juvantibus di 4 setti-mane con AH2 o IPP è invece giustifica-to nei bambini che non sono in grado di esprimersi (perché troppo piccoli o con neurodisabilità) se hanno un evidente RGE e almeno una delle seguenti con-dizioni: difficoltà di alimentazione senza apparente causa, evidente malessere e/o

rallentamento della crescita. La medesima terapia farmacologica può essere proposta per analogo periodo di tempo nei bambini e adolescenti che riferiscono epigastralgia e/o dolore re-trosternale persistente. Se i sintomi non si risolvono dopo le 4 settimane o se si ripresentano alla sospensione della te-rapia è probabilmente il momento di pensare all’esofago-gastro-duodenosco-pia (EGDS). Se si trova un’esofagite da reflusso è indicato proseguire il tratta-mento con AH2 o IPP, e l’EGDS può

tabella 1Situazioni cliniche associate a maggiore frequenza di RGE

Condizione clinica NoteAsma Il RGE è più frequente in chi ha l’asma ma non è certo che ne sia la causa o che ne peggiori

il decorso

Prematurità

In queste situazioni il rischio di MRGE è aumentato

Storia familiare di RGEErnia iataleErnia diaframmatica operataAtresia esofagea operataDisabilità neurologicaObesitàApnea o ALTE Raramente sono secondarie a un RGE, ma l’eventuale relazione va considerata e, eventual-

mente, indagata

tabella 2

Indicazioni alla diagnostica strumentale

Indagine Indicazioni

Rx digerente/prime vie (con contrasto)

• Vomito biliare (soprattutto se ricorrente) nel sospetto di un volvolo intestinale• Disfagia

EGDS • Ematemesi• Melena• Disfagia• RGE che persiste oltre l’anno di vita• Persistente rallentamento della crescita in presenza di RGE evidente• Segni di malessere senza evidente spiegazione nei bambini con neurodisabilità• Dolore epigastrico o retrosternale che richiede terapia continuativa o che non risponde alla

terapia• Difficoltà di alimentazione in presenza di evidente RGE• Anemia sideropenica senza evidente spiegazione• Sospetta sindrome di Sandifer

pH-metria (semplice o con im-pedenzometria)

• Polmoniti ricorrenti da possibile aspirazione• Episodi di apnea senza evidente spiegazione• Episodi convulsivi non epilettici senza evidente spiegazione• Infiammazioni delle alte vie aeree senza causa evidente• Erosioni dentali associate a neurodisabilità• Frequenti otiti medie• Possibile necessità di plastica antireflusso• Sospetta sindrome di Sandifer • Se si ritiene utile per valutare la soppressione acida in corso di terapia

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n. 3 / 2015 Il punto su

essere ripetuta successivamente per veri-ficare l’evoluzione delle lesioni. In linea generale non c’è indicazione all’uso del domperidone, della metoclo-pramide o dell’eritromicina né nel RGE né nella MRGE.Talora, può essere indicato intervenire in maniera più decisa sul disturbo dell’ali-mentazione e della crescita, impiegan-do anche la nutrizione per via enterale. L’impiego del sondino nasogastrico (o nasodigiunale nei casi di intolleranza all’alimentazione gastrica e di grave ri-schio di aspirazione polmonare) ha come obiettivi la ripresa della crescita ponde-rale e il raggiungimento di un peso ade-guato e deve essere sospeso non appena possibile.L’indicazione alla fundoplicatio chirurgi-ca resta quella della MRGE intrattabile e grave dopo che la terapia farmacologica ha fallito e, segnatamente, nei bambini nei quali ogni altro provvedimento con-servativo - inclusa l’alimentazione ispessi-ta per via enterale - è risultata inefficace o impraticabile. Prima di procedere all’intervento occorre, naturalmente, acquisire un quadro com-pleto della situazione anatomo-funzionale con l’impiego ragionato di endoscopia, ra-diologia e pH-impedenzometria.

Infine, tre domande che attendono risposta...

Quali sono i sintomi di MRGE nel bambino neurodisabile?

La pratica prevalente oggi è quella di considerare e trattare il bambino neuro-disabile come a elevato rischio di MRGE. Tuttavia gli studi che affrontano e cercano di quantificare il problema sono pochi e di scarsa qualità. C’è bisogno di ricerche che, attraverso un approccio più oggettivo (pH-metria), ci consegnino un dato reale di prevalenza e di rilevanza clinica.

L’idrolisato ha un ruolo nel trattamen-to del RGE/MRGE?

Nei lattanti con reflusso, allattati artifi-cialmente, l’ipotesi di un’intolleranza alle proteine del latte è spesso affrontata con il passaggio all’idrolisato in formula. Le evidenze che questa pratica sia efficace e valga effettivamente il costo che com-porta sono scarse. La strada è aperta per uno studio che consideri, in particolare, i lattanti con familiarità atopica e quelli nei quali ogni pratica conservativa non far-macologica si è dimostrata inefficace.

La plastica antireflusso (fundoplicatio) riduce effettivamente il RGE?

Sembrerebbe una domanda oziosa, ma il panel del NICE ci dice che non è così. Se c’è una certa evidenza (ma non for-tissima) che la chirurgia riduca il RGE, c’è molta meno certezza che sia efficace anche sul RGE occulto (quello che si ferma prima di diventare rigurgito vero e proprio). Anche questo è un ambito di ricerca nel quale l’impiego sistematico della pH-metria potrebbe darci indica-zioni più precise.

... e un breve commento

Non sembrano esserci novità sostanzia-li in questo documento del NICE ma, piuttosto, la conferma di un approccio sempre più semplificativo e lineare al problema clinico del RGE/MRGE. Resta la sensazione di una certa difficoltà nel definire i confini di una condizione spesso ai limiti tra fisiologia e patologia che può ancora indurre a fare molte cose in termini di diagnosi e trattamento pur con scarse evidenze forti disponibili. Diversi aspetti richiederebbero ulteriore approfondimento, e anche questa linea guida andrebbe vista nel contesto delle revisioni critiche della letteratura che

l’hanno preceduta e che hanno via via messo in luce i molti dubbi e le poche certezze in questo ambito1,3-6. Ma nella nostra pratica clinica il messag-gio sembra già essere stato ben recepito, riducendo sostanzialmente il “rumore di fondo” e concentrando l’attenzione sui non molti bambini che probabilmen-te soffrono davvero di una patologia da reflusso.

[email protected]

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n. 3 / 2015

morbillo in Italia? Limitando la nostra attenzione alla percentuale dei vaccinati con una dose a 24 mesi, possiamo osser-vare una flessione proprio a partire dal 2013 (ricordiamo che la sentenza di Ri-mini è dell’aprile 2012), dopo alcuni anni in cui la curva si era stabilizzata intorno al 90%6, un livello comunque insuffi-ciente. Alcune anticipazioni inducono a prevedere un’ulteriore flessione nel 2014, con un outlook negativo anche per quanto riguarda il prossimo futuro. Essendo il morbillo una malattia a ele-vata contagiosità, la perdita anche di un solo punto nella percentuale di copertura si traduce in nuova circolazione del vi-rus in futuro. Solo una copertura pari o superiore al 95% può condurre all’inter-ruzione della trasmissione endemica del virus in base alla formula pc = 1 – (1/R0), dove pc è la proporzione critica di immuni necessaria per l’eliminazione di una malattia trasmissibile e R0 (che per il morbillo è pari a 18) è il numero me-dio di infezioni secondarie causate da un singolo individuo infetto in una popola-zione interamente suscettibile7. Nel caso del morbillo, pc = 1 – (1/18) = 0,95. Questo dato, tradotto in percen-tuale, corrisponde appunto al 95%. Per contrastare una crisi di fiducia così importante come quella cui stiamo assi-stendo in Italia probabilmente saranno necessari anni di lavoro, e non esistono soluzioni semplici. Una situazione così complessa solleva almeno due quesiti. Il primo è: come comunicare a livello di popolazione? Negli ultimi anni le attività di forma-zione si sono concentrate sul counselling individuale, ma nell’era dei social network è indispensabile acquisire la capacità di raggiungere la popolazione in un modo nuovo: stampare opuscoli o veicolare in-formazioni su siti web di tipo divulgativo è utile, ma non basta. La seconda domanda è: l’introduzione di sempre nuovi vaccini potrebbe avere un impatto negativo sull’accettazione dei programmi vaccinali? L’evoluzione tec-nologica sta allargando lo spettro delle malattie prevenibili da vaccino ma, spe-

I casi osservati non sono distribuiti in modo uniforme, essendo concentrati in alcuni stati, come California, Arizona e Illinois. Particolarmente seria è la si-tuazione in California, la cui scarsa co-pertura vaccinale, stimata tra il 50% e l’86%2, è in grado di spiegare i 133 casi confermati dal dicembre 2014 al 13 mar-zo 20153. Lo scorso dicembre almeno 42 persone hanno contratto il morbillo nel parco Disneyland di Orange County, con successiva diffusione ad altri stati dell’U-nione4. Se gli Stati Uniti piangono, il vecchio continente non ride. Sette Paesi della Regione Europea dell’OMS duran-te il 2014 e sino al febbraio 2015 hanno segnalato 22.149 casi di morbillo. La maggior parte dei casi è concentrata nell’Europa dell’Est, mentre in quella occidentale spiccano l’Italia e la Germa-nia con 1674 e 1091 casi rispettivamen-te5. I focolai di morbillo che continuano a verificarsi in Europa dipendono dalla presenza di sacche di persone, anche adulte, suscettibili in quanto non vac-cinate o vaccinate in modo incompleto; questa situazione a sua volta è legata al numero crescente di genitori che rifiu-tano di vaccinare i loro figli, mentre in alcune realtà persistono barriere di tipo socio-economico in grado di ostacolare la vaccinazione. I viaggi internazionali, molto più fre-quenti che in passato, aumentano il ri-schio di esposizione al virus del morbillo e la sua diffusione tra le sacche di suscet-tibilità. Ai 1674 casi di morbillo segnalati in Ita-lia nel 2014, dobbiamo aggiungere i 2251 casi del 2013. Di questi, l’80,8% sono occorsi in sei regioni (Emilia Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Piemonte e Sardegna) e la maggior parte ha riguar-dato la fascia d’età 15-39 anni. Ogni tre pazienti con morbillo, uno è stato ricoverato in ospedale5. Qual è la copertura vaccinale contro il

Vaccinacipì

Dopo la sentenza di Bologna...Franco GiovanettiDirigente medico, Dipartimento di Prevenzione,ASLCN2, Alba, Bra (Cuneo)

Cartesio avrebbe detto che l’assenza di un nesso causale tra vaccinazioni e auti-smo è un concetto chiaro e distinto.Nonostante ciò, è stata necessaria una sentenza della Corte d’Appello di Bolo-gna affinché questo concetto si potesse affermare anche nelle aule giudiziarie. La comunità scientifica ha accolto con soddisfazione il ribaltamento della sentenza di Rimini, che nel 2012 ave-va stabilito un nesso di causalità tra la somministrazione del vaccino trivalen-te morbillo, parotite e rosolia (MPR) e la successiva insorgenza di autismo in un bambino. Tuttavia questo fatto non dovrebbe essere sbandierato come una vittoria, bensì come il naturale epilogo di una vicenda che ha già provocato dei danni nella nostra popolazione: la sen-tenza di Rimini è stata il detonatore di una crisi di fiducia verso la prevenzione vaccinale. Le conseguenze di questa crisi si stanno manifestando in modo eviden-te in tutta Italia attraverso un aumento del rifiuto, che appare esteso a tutte le vaccinazioni del programma di immu-noprofilassi pediatrica e non circoscritto alla sola MPR. Questa è la situazione in Italia, ma che accade se volgiamo il no-stro sguardo agli altri Paesi? In Europa occidentale e nel Nord Ame-rica è ancora la controversia sull’autismo a dominare la scena, grazie all’effetto moltiplicatore di internet e in particolare dei social media. Nel 2000 gli Stati Uniti avevano dichia-rato l’eliminazione del morbillo, avendo raggiunto l’interruzione della trasmis-sione endemica del virus. La graduale erosione del consenso verso la vaccinazione, intervenuta in anni re-centi, ha portato a un aumento d’inci-denza a partire dal 2011, ma è dal 2014 che la situazione è divenuta più critica, con più di 600 casi; questo trend nega-tivo sembra continuare anche nel 2015, almeno in base ai primi dati disponibili1.

L’Autore non ha rapporti economici di alcun tipo con case farmaceutiche. Negli ultimi 10 anni ha sporadicamente accettato inviti da Wyeth (ora Pfizer), Sanofi Pasteur, Novartis Vaccines e GSK per la partecipazione a convegni.

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n. 3 / 2015 Vaccinacipì

3. California Department of Public Health. Measles Surveillance Update 3-13-2015. http://www.cdph.ca.gov.4. California Department of Public Health. California Department of Public Health Confirms 59 Cases of Measles 1/21/2015. http://www.cdph.ca.gov.5. WHO Regional Office for Europe. WHO/Europe calls for scaled-up vaccina-tion against measles. Copenhagen, 25 Feb-ruary 2015. http://www.euro.who.int.6. Ministero della Salute. Malattie infettive e vaccinazioni. Coperture vaccinali. www.salute.gov.it/portale/temi/p2_4.jsp?area= Malattie%20infettive.7. Anderson RM, May R. Infectious diseas-es of humans. Dynamics and control. Ox-ford: Oxford University Press, 1991.

attualmente mancano, ma di cui non possiamo fare a meno per affrontare una crisi che non ha precedenti.

[email protected]

1. CDC: Measles cases and outbreaks. http://www.cdc.gov/measles/cases-out-breaks.html.2. Majumder MS, Cohn EL, Mekaru SR, Huston JE, Brownstein JS. Substandard Vaccination Compliance and the 2015 Mea-sles Outbreak. JAMA Pediatr 2015;169 (5):494-5.

cialmente in Italia, la cultura scientifica della popolazione è carente e comuni-care determinati concetti indispensabili per favorire scelte consapevoli, come per esempio le nozioni di rischio e probabili-tà, costituisce un’impresa davvero ardua. In questo vuoto della cultura scientifica di base s’inseriscono facilmente i consi-glieri fraudolenti e i diffusori di bufale antivaccinali. Contemporaneamente la disomogeneità dell’offerta vaccinale in Italia, con tanti calendari vaccinali quante sono le Regio-ni, contribuisce ad alimentare un clima di confusione e sfiducia. Per rispondere ai due quesiti sarebbero necessarie delle indagini di tipo sociologico e psicologico in grado di fornire quelle evidenze che

XXVII Congresso Nazionale ACP

OLTRE I CONFINI15-16-17 Ottobre 2015

Napoli, Circolo Canottieri

Sessione Comunicazioni Orali

Utilizzando il format elettronico disponibile sul sito www.congressonazionale.acp.it (vedi i campi richiesti nello schema di seguito), i partecipanti possono inviare abstract di ricerche, casi clinici, esperienze e progetti nell’ambito della pediatria di famiglia, ospedaliera e territoriale nel-le sue diverse declinazioni. La lunghezza complessiva dell’abstract non deve superare le 300 parole e il primo Autore deve avere un’età inferiore a 40 anni e deve essere iscritto al Congresso.

Una apposita Commissione valuterà gli abstract, i tre che avranno ricevuto la valutazione più alta saranno brevemen-te illustrati in seduta plenaria con max 3 diapositive, per un tempo di 5 minuti, seguito da 3 minuti di commento e pubblicati sulla rivista Quaderni acp.Il primo Autore del miglior abstract selezionato riceverà in premio l’iscrizione gratuita a uno dei tre eventi forma-tivi nazionali dell’ACP a sua scelta (Congresso Nazionale, “Tabiano” e “Gli Argonauti”). Il primo Autore degli altri due abstract selezionati riceverà l’iscrizione all’ACP per l’anno 2016. Gli abstract dovranno pervenire alla Segreteria, esclusi-vamente via mail, al seguente indirizzo: [email protected] entro e non oltre il 15 settembre 2015. Verrà data comu-nicazione dell’accettazione degli abstract prima dell’inizio del Congresso.

Campi richiesti dal format elettronico per la presentazione di abstract

Titolo

Nome degli Autori

Gruppo ACP o Ente di appartenenza o altro identificativo professionale

Indirizzo e-mail del primo Autore

Testo (max. 300 parole), strutturato (obiettivi, materiali e me-todi, risultati, conclusione) della comunicazione.

Segreteri organizzativaDefla organizzazione eventiVia del Parco Margherita, 49/380121 Napolitel. 081 402093 - Fax 081 0606133infodefla.it - www.defla.it

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Libri: occasioni per una buona letturaRubrica a cura di Maria Francesca Siracusano

n. 3 / 2015Libri

soli, il doppio dei consumi di un miliar-do di africani. Quanti di noi ci hanno mai pensato?

Carlo Corchia

Padre: è naturale?

Autori: Alessandro Volta, Maria Francesca AgnelliNeopapà è facile!Il leone verde, 2015 - pp. 104, euro 9

Essere padre o essere madre è un atto natu-rale o un processo culturale? In altre parole, si deve insegnare, spiegare, stimolare a es-sere padre oppure quando nasce un bam-bino nasce naturalmente anche un padre? Domanda retorica in quanto conosciamo bene la risposta. Il desiderio del padre di essere presente al parto è un indicatore del coinvolgimento a 9 mesi di età del bimbo (Cassidy & Shaver, Handbook of Attachment, 2th ed., pag 860) e la presenza di un padre impegnato nel gioco o nella lettura ad al-ta voce nei primi anni di vita della figlia è associato a un minor rischio di disturbi in-ternalizzati o esternalizzati nell’adolescenza (Flouri E et al. The role of father involve-ment in children’s later mental health. J Adolesc 2003;26:63). Ancor oggi, al maschio in molte culture non è permesso di accudire alla propria prole, così come era tradizione anche nella nostra penisola fino a poco tem-po fa. Ben venga quindi questa guida in formato tascabile dove un pediatra-neona-tologo acipino e una illustratrice raccontano con semplicità e molta sensibilità il mestiere di padre dall’inizio della gravidanza fino al

popoli mediterranei, sia rimasto bloccato per secoli all’interno dei propri confini, fino ai decenni e agli eventi più recenti, che appaiono inquietanti e fanno inevi-tabilmente pensare a cosa avverrà da qui in avanti. E ancora. Quali sono i rapporti tra crisi e cambiamento, sia per i singoli individui che per le società, in un quadro caratterizzato da una crescente incapaci-tà di scendere a compromessi in politica, dalla diffusione dei mezzi di comunica-zione elettronica, dal contestuale declino della comunicazione personale e diretta e dalla tendenza ad attingere informazioni da emittenti ideologiche e di nicchia? Le connessioni tra dieta, stili di vita e salute, insieme ai diversi modi di percepire il ri-schio, influiscono sulle persone, sui popoli e sulle società, ma in modo differente tra una nazione e l’altra, nonostante e proba-bilmente proprio a causa della globalizza-zione e della rapidità con cui la tendenza alla omologazione dei comportamenti si diffonde in tutto il mondo. Infine, i pro-blemi principali che il mondo dovrà af-frontare riguardano, secondo Diamond, i cambiamenti climatici (che hanno come punti di partenza l’entità della popolazio-ne mondiale, l’impatto medio pro capite sull’ambiente e gli scarti temporali dei sistemi complessi per raggiungere nuovi equilibri), le diseguaglianze tra nazioni e all’interno di ciascuna di esse (che si as-sociano a sentimenti di invidia, rabbia e frustrazione e sono responsabili di malat-tie, migrazioni di intere popolazioni, ter-rorismo e scadimento delle condizioni di salute) e la gestione delle risorse naturali essenziali per l’uomo. È, quest’ultimo, un tema particolarmente delicato e affrontato in modo più o meno volutamente scorretto dai mezzi di informazione. Infatti i livelli di consumo delle risorse di una società so-no dati dal prodotto della popolazione di un Paese per il consumo medio nazionale procapite delle risorse, che per i Paesi del mondo sviluppato è, in media, trentadue volte superiore a quello dei Paesi poveri. Il calcolo, quindi, è presto fatto ed è impres-sionante: poiché l’italiano medio consuma trentadue volte più dell’africano medio, sessanta milioni di italiani totalizzano, da

Un ornitologo osserva le società umane

Autore: Jared DiamondDa te solo a tutto il mondoEinaudi, 2015 - pp. 126, euro 13

È questo il sottotitolo del breve libro di Jared Diamond Da te solo a tutto il mon-do, appena pubblicato da Einaudi. Chi ha letto Armi, acciaio e malattie con cui l’au-tore ha vinto il premio Pulitzer non può non essere rimasto affascinato dalla capa-cità di Diamond, professore di biologia all’UCLA, di riuscire a collegare aspetti diversi della storia, dell’ambiente e delle società umane per avere risposte su ciò che ai meccanicisti può apparire inspiegabile. La critica al paradigma della scienza è già nell’introduzione: “Certi scienziati, come i chimici o i biologi molecolari, sostengono che gli esperimenti manipolativi control-lati siano il marchio di garanzia della vera scienza. Le loro, dicono, sono «scienze dure»; la ricerca nel campo delle scienze sociali è «molle», dunque difettosa. […] Gli scienziati sociali non sanno rispon-dere con certezza neppure alle domande più fondamentali: non sanno dirci, per esempio, perché certe nazioni sono ricche e altre povere”. Ma ciò non impedisce di far lavorare il cervello per trovare risposte a interrogativi sul peso della geografia nel contribuire alla ricchezza o povertà dei po-poli, o al ruolo del buon governo e delle buone istituzioni nella ricchezza e pover-tà delle nazioni. Allo stesso modo non si può trascurare di mettere sotto la lente d’ingrandimento il Paese più popoloso del mondo, la Cina, e cercare di capire per-ché un antico passato di civiltà, per quanto apparentemente non inferiore a quello dei

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n. 3 / 2015 Libri

e abbandono, sfida e solitudine, rivalità e gelosia, amore. Il libro è piuttosto denso di tesi, molto vere e molto pensate. La coppia. Oggi non è più al legame coniugale che si chiede di durare ma al sentimento amoro-so. Nell’incontro amoroso si cerca l’assicu-razione di “essere degno di amore” e più l’aspettativa è grande e più alla coppia sarà chiesto di riparare ferite già vissute. La coppia presenta il paradosso di costruire una relazione nuova, ma nella quale ven-gono a reiterarsi bisogni fondamentali di amore, protezione, attaccamento e ricono-scimento. L’altrove. Un bambino non può crescere in una situazione duale, perché questo legame lo renderebbe fragile. Gli serve un terzo, gli serve un altrove che impedisca a questa relazione privilegiata di diventare una prigione. L’apertura non cancella il primo legame ma lo sfuma, gli conferisce il sigillo del piacere dello scam-bio e non del bisogno. L’altrove aiuta a costruire l’immagine di sé attraverso gli incontri. Non è possibile sentirsi bene se non ci si riconosce valore e competenze. La coppia è fatta per durare e protegge dalle angosce di abbandono, ma genera anche la paura della reclusione. E il cer-chio si chiude. Il figlio. Oggi si assiste alla

“privatizzazione” del figlio. Il figlio diventa il simbolo del legame tra i genitori, il che può essere gratificante, ma rappresenta si-curamente un peso. Farsi carico di riparare le ferite dei genitori e diventare il perno intorno a cui si organizza la permanen-za della coppia non è uno scherzo. Se il bambino non vuole lasciare la madre per andare a letto o al nido, non è perché la ama di più, è perché ha paura. L’amore della mamma non basta a dargli quella fi-ducia che gli permetterebbe di non vivere la separazione come una perdita. Mentre la separazione è inscritta nel fatto stesso di nascere. Ogni insoddisfazione del figlio viene sentita come un’insufficienza dei genitori, come un loro fallimento. Non insegnare al figlio ad accettare le frustra-zioni lo condanna a essere un “figlio-re”, schiavo delle proprie emozioni. Significa anche dargli troppo potere, che può essere distruttivo, come quando si comincia ad avere paura di lui, oppure quando lo si lascia diventare giudice, come nelle situa-zioni di genitori separati. Stop al bombar-damento. Gli Autori affrontano molti altri temi e lo fanno con quel calore che solo chi ha metabolizzato le tante fatiche della vita sa trasmettere. Insomma, finalmente un libro che ha cose da dire. Bisogna leggerlo.

Claudio Chiamenti

sia per la pratica professionale che per l’u-tilizzo in chiave didattica. Ampio spazio viene riservato alle strategie per compren-dere e superare le resistenze del paziente. È difficile parlare di prevenzione senza tenere conto delle difficoltà di incidere sugli stili di vita. Porsi degli obiettivi irrealizzabili è causa di frustrazioni sia per il medico che per il paziente. Del resto il libro ritorna sulla assenza di formazione del medico alle abilità comunicativo-relazionali, nonostan-te lo statuto del corso di laurea in Medicina e Chirurgia preveda che il laureato sia “ in grado di comunicare con chiarezza e uma-nità con i pazienti e i familiari (art. 103)”. Dopo l’analisi degli errori più frequenti, merita una attenta riflessione il capitolo dedicato alla visita strategica. Ampia at-tenzione viene dedicata alla comunicazio-ne non verbale oltre che alla componente verbale. Personalmente penso che il libro possa essere letto anche per capitoli singo-li in base agli interessi del lettore e al suo grado di formazione in questo ambito. La semplificazione di un rapporto complesso e affascinante come quello medico-pazien-te porta inevitabilmente a pensare di aver compreso tutto dell’altro senza in realtà aver capito nulla di sé stessi.

Michele Gangemi

Storie di coppie

Autori: Nicole e Philippe JeammetRicerca di sé, desiderio dell’altro. Il lavoro dell’amoreEdizioni Vita e Pensiero, 2014 - pp. 158, euro 14

Libro a due voci scritto da una coppia. Lui Philippe, psichiatra e psicoanalista, scrive sulla base della sua quarantennale pratica clinica, lei Nicole, psicoterapeuta, scrive su una base più letteraria commentando sto-rie di coppie riprese da romanzi contem-poranei. I temi affrontati sono quelli caldi di sempre: libertà e dipendenza, illusione

primo anno di vita. Ogni pagina contiene un disegno di Maria Agnelli che aiuta a fissare il concetto espresso in poche righe da Alessandro Volta. Ecco la peculiarità di questo piccolo libro: un pensiero e un’il-lustrazione in ogni pagina per descrivere la funzione paterna. Un manuale per neopapà a prova di illetterato o per chi è allergico alla lettura. In un catalogo affollatissimo di manuali per neogenitori, un punto di forza per diffondere un sapere proprio dove c’è più bisogno.

Costantino Panza

La relazione di cura

Autori: Roberta Milanese, Simona MilaneseIl tocco, il rimedio, la parolaPonte alle Grazie, 2015 - pp. 306, euro 24

Il titolo rappresenta una garanzia che spinge a leggere questo libro che tratta gli aspetti della comunicazione-relazione nei vari ambiti della medicina. Inevitabile non pensare a Ippocrate e all’inizio della medi-cina quando il ruolo del medico era incen-trato sulla relazione con il paziente e sulla comunicazione tra i due attori della cura. Il testo ha il pregio di essere scritto da una oncologa e una psicoterapeuta che sanno contestualizzare le abilità comunicativo-re-lazionali senza eccessi di teoria, ma con grande attenzione alle difficoltà del rappor-to medico-paziente nella medicina attuale. Gli undici capitoli che compongono il libro partono dalla necessità di curare la relazio-ne di cura per concludere con una analisi delle difficoltà che espongono il medico al rischio di burn out. Il percorso di lettura ci accompagna a riconsiderare il nostro stile comunicativo poco improntato all’ascolto e alla luce della costruzione dell’alleanza terapeutica con il paziente. L’analisi dei principali errori nella comunicazione me-dico-paziente è ricca di spunti di riflessione

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n. 3 / 2015Film

Uomini, donne, bambini e gazzelle Italo SpadaComitato cinematografico dei ragazzi, Roma

TIMBUKTU (Le chagrin des oiseaux) Regia: Abderrahmane SissakoCon: Ibrahim Ahmed, Toulou Kiki, Abel Jafri, Fatoumata Diawara, Hichem Yacoubi Francia, Mauritania 2014Durata: 97’, col.

Timbuktu è una città del Mali, nell’Africa Sahariana, dichiarata dall’Unesco “patri-monio dell’umanità”. È qui che Abderrah-mane Sissako, regista mauritano trasferitosi in Francia all’età di 22 anni, ambienta il suo film presentato in concorso al Festival di Cannes 2014, vincitore di ben 7 César, tra i quali quello di miglior film e di migliore regia (primo regista africano ad aggiudi-carsi l’ambito riconoscimento), e candidato all’Oscar 2015 come miglior film straniero.In realtà, più della città proposta come una delle sette meraviglie moderne, sono le du-ne del deserto e le sponde del fiume Niger a fare da sfondo a un racconto corale che prende a pretesto un fatto di cronaca per denunciare i crimini della polizia islamica impegnata in una jihad gretta e, per quanto il termine sembri fuori posto, ridicola. Non basta più proibire alle donne di mostrare il volto e di indossare i guanti anche quando puliscono pubblicamente il pesce; ora i di-vieti si moltiplicano e interessano anche gli

uomini: non si può fumare, cantare, ridere, parlare, giocare a calcio… A Kidane, paci-fico tuareg che vive sotto una tenda con la moglie Satima e la figlia adolescente Toya, arrivano solo gli echi di quello che accade a Timbuktu. Il suo mondo è circoscritto alla famiglia e al bestiame che cura con l’aiu-to del pastorello Issan. Anche il pescatore Amadou s’è costruito il suo mondo sulle rive del fiume e tutto lascerebbe immaginare che le persone che non hanno tempo e voglia di cantare e di parlare di sport possano vivere in armonia a contatto con la natura. Non sarà così e basterà un incidente imprevisto a sconvolgere tutto. GPS, la mucca preferita dalla piccola Toya, sfugge al controllo di Is-san e va a impigliarsi nelle reti di Amadou. Reazioni a catena: Amadou uccide GPS, Issan corre piangendo da Kidane, Kidane bisticcia con Amadou e lo uccide acciden-talmente, la legge islamica imposta dagli invasori condanna a morte Amadou, Sati-ma sceglie di morire con l’uomo della sua vita. Costretti alla sintesi si è detto tutto e niente, perché Timbuktu, in quanto narra-zione filmica, per essere del tutto apprezza-to, va solo visto. E non sul piccolo schermo di casa nostra, ma in una sala cinematogra-fica preferibilmente dotata di schermo gi-gante. La fotografia ha un linguaggio che le parole difficilmente riescono a rendere chia-ro. Si veda questo film per convenirne. Ci sono inquadrature eccezionali con primis-simi piani (che meraviglia GPS morente!), colori da favola, accostamenti e metafore, citazioni (consce o inconsce, ha poca im-portanza) di maestri del cinema, sequenze memorabili. Due esempi, tanto per rendere meglio l’idea. Forse e solo se si accetta la stretta relazione tra il cinema e la poesia si possono gustare certi particolari. Quasimo-do aveva detto tutto nei tre versi di “Ed è subito sera”; Sissako traduce la solitudine di chi “sta solo sul cuor della terra/trafitto da un raggio di sole” in un campo lunghissimo da cineteca e fa di Kidane un essere minuto che in preda al rimorso vaga sperduto lungo le sponde del fiume. Forse e solo chi ha la memoria lunga può vedere nella sequenza della partita di calcio giocata senza pallone il riferimento all’incontro di tennis giocato senza racchette e senza pallina che chiude

il Blow Up di Antonioni. Espediente che se nel capolavoro del maestro dell’incomu-nicabilità sottolineava l’impossibilità di se-parare il reale dall’immaginario, qui gioca come voglia di aggrapparsi alla fantasia per ridicolizzare i divieti. Eppure, per quanto possa sembrare strano, Timbuktu non è un film contro l’Islam, ma una presa di distan-za da quanti interpretano in modo errato la jihad. Lo dice seriamente e chiaramente l’i-mam del posto, che prende le difese dei suoi paesani e rimprovera l’oscurantismo degli invasori che, strumentalizzando il Cora-no, impongono con la forza norme ridicole. Lo dice, con aria beffarda e folle, anche un personaggio solo apparentemente margina-le come la donna “strega e sciamana” che preferisce colloquiare con la sua gallina e, facendo forza sulla sua diversità, si permette di schernire gli uomini che, invece di ribel-larsi, perdono il loro tempo disquisendo sui campioni di calcio francesi e brasiliani. Nel vicolo cieco dove si sono rintanati i soste-nitori di una religione integralista l’unica via d’uscita sarebbe il dialogo, ma per fare ciò bisognerebbe parlare la stessa lingua, in senso letterale e metaforico. A Timbuktu invece non c’è dialogo, impedito da un mi-scuglio di lingue e di dialetti che rende dif-ficile persino la comprensione tra gli stessi jihadisti che per capirsi devono fare ricorso a termini inglesi e arabi. E allora ognuno tira per la sua strada, portandosi dietro il proprio dolore come gli uccelli (allude a questo il titolo originale “Il dolore degli uccelli”?), pagando conseguenze pesanti (la carcerazione) e tragiche (la lapidazione). In un clima così opprimente, Sissako intravede (suggerisce?) solo una via d’uscita per le nuo-ve generazioni: fuggire. Lo faranno Toya e Issan, giovani gazzelle inseguite da chi si diverte a sparare alle loro spalle con il sadi-co proposito di mutilare più che di uccidere. Forse riusciranno a raggiungere l’Algeria, la Tunisia o la Libia; forse riusciranno a tro-vare un posto ammassati sui gommoni; for-se riusciranno a sopravvivere alle onde del Mediterraneo; forse approderanno, stanchi e sfiniti, a Lampedusa o a Pozzallo. Forse.

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Congressi controlucen. 3 / 2015

Malattie rare e... Rubrica a cura di Federica Zanetto

Il giorno 31 ottobre 2014 ho avuto il privilegio di partecipare a Milano alla XLPDR Conference 2014, organizzata dalla XLPDR International Association ONLUS.Una mail ricevuta durante l’estate mi invitava all’evento e, con mio stupore e disappunto, senza alcun preavviso, mi includeva nell’elenco dei relatori. È vero che mi interessano, coinvolgono e intriga-no le malattie rare, ma essere considerato un esperto di X-linked reticulate pigmen-tary disorder (XLPDR), proprio no!Tuttavia, una volta chiarito con Patrizia Gentile (Presidente della XLPDR Inter-national Association e mamma di Alex, che pare essere l’unico bambino italiano con questa malattia) e con Salvatore (Se-gretario della XLPDR International As-sociation) il significato della mia presenza in tale contesto (cioè parlare del ruolo del pediatra in una malattia rarissima), ho accettato e volentieri ho cominciato a co-struire nella mia mente quello che avrei voluto dire il fatidico giorno. Direi di più: mi sono sempre più sentito vicino a Patrizia e Salvatore per quella cosa grandissima che stavano organiz-zando e mi sentivo coinvolto nel contri-buire al successo dell’iniziativa. Quella grandissima cosa era fare incon-trare per la prima volta pazienti e fami-liari (si stimano solo una decina di casi noti in tutto il mondo), coinvolti nella malattia con alcuni medici che in qualche

modo, sistematico o occasionale, avevano incontrato e conosciuto la malattia.Eravamo in pochi, meno dell’atteso pur-troppo per gli organizzatori e per chi si è perso l’occasione, ma il clima di confron-to e quello umano sono stati amichevoli e seri.Quello che i medici relatori (Andrew Zinn, genetista di Dallas; Vinod Mo-otha, oculista di Dallas; Gianluca Ta-dini, dermatologo di Milano; Stefano Pensiero, oculista di Trieste; il sotto-scritto, pediatra di Erba) hanno detto lo riassumo in alcuni punti essenziali che sono la chiave di accesso mentale per po-ter pensare (difficile farlo come in tutte le malattie rare, se non si ha già avuto un incontro con la malattia) alla XLPDR: essendo una malattia X-linked colpisce solo i maschi nella forma cutanea (dif-fuse lesioni cutanee reticolate iperpig-mentate), associata a manifestazioni sistemiche, mentre nelle femmine vi è solo l’interessamento cutaneo; lo spettro della malattia nel maschio è caratterizza-to dalle seguenti manifestazioni da met-tere in relazione all’epoca della vita:• neonato: capelli a spazzola all’indietro

con attaccatura bassa, sopracciglia am-pie, sindattilia parziale delle dita delle mani o dei piedi, riduzione delle ghi-andole sudoripare (ipoidrosi con deficit nella termoregolazione);

• infante: comparsa delle lesioni cuta-nee pigmentarie, difficoltà alimentari,

scompenso elettrolitico (iponatriemia anche severa), deficit di crescita, di-sturbi gastrointestinali infiammatori, infezioni polmonari (spesso diagnosti-cate erroneamente come fibrosi cistica), anomalie dentali;

• bambino: infezioni polmonari ricor-renti, fotofobia e discheratosi corneale, calcoli renali;

• adulto: infezioni polmonari ricorrenti, stenosi uretrale, le lesioni cutanee pig-mentarie diventano meno evidenti.

Quanto hanno detto due pazienti adulti provenienti dall’Australia e uno dal Ca-nada è stato che, anche se affetti da una malattia molto rara e complessa e con un interessamento sistemico, si può fare del-la propria illness qualcosa di diverso dalla disease descritta nei libri. Un paziente ha stressato l’importanza di conoscere e saper riconoscere il rischio di sviluppare stenosi uretrale che nel suo caso ha condizionato una grave compro-missione della funzionalità renale. Una curiosità: questi giovani adulti prati-cano attività sportiva e per evitare proble-mi di termoregolazione sono costretti a spruzzarsi regolarmente acqua sul corpo.

Insomma, pochi ma buoni!

Francesco Morandi

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n. 3 / 2015Lettere

o maggiori oneri a carico della finanza pub-blica”. Come si vede nella “concertazione” fra le “rappresentanze” sono indicate quelle “scientifiche, professionali e sindacali”, ma di fatto il problema è gestito dai sindacati e magari affrontato in termini economici. In sostanza si è deciso di dare forza di Legge, quella della stabilità, a un percorso di de-finizione di compiti, già iniziato nel 2011. I medici hanno visto con diffidenza questo articolo 566 e hanno costituito una “Allean-za per la Professione Medica” (APM) che raggruppa tutti i sindacati, per i pediatri la FIMP. Dall’altra parte si è risposto con il “Coordinamento Nazionale delle Profes-sioni Sanitarie”. Dice l’APM che dato che “gli infermieri costano meno di noi” si ri-schia di ridisegnare il “chi fa cosa” sulla ba-se di criteri economici più che per effettive esigenze professionali. Le professioni sani-tarie citate nel 566 hanno puntato molto su questi accordi che ritengono una prima ri-sposta alla loro evoluzione professionale che “in qualche Regione – dicono gli ospedalie-ri della CIMO - ha portato a modelli con i quali vengono affidati a infermieri compiti fino ad allora affidati ai medici”. Il campo della polemica sono stati il Quotidiano Sani-tà e Il Sole 24 Ore Sanità. Oltre ai sindacati interviene F. Proia, del Ministero della Sa-lute, che difende il provvedimento “chiesto dall’Europa e ancora non attuato e che con la Legge di stabilità vede il suo battesimo ufficiale”. In realtà nella Legge di stabilità il problema è solo indicato e mancano ri-ferimenti che possano aiutare a risolverlo. Interviene anche la CARD (Confedera-zione delle Associazioni Regionali dei Di-stretti), sostenendo che gli infermieri sono “già oggi garanti del processo assistenziale e più che mai nell’assistenza domiciliare […]. L’assunzione di responsabilità crescenti è ineludibile per una gestione condivisa della cronicità”. Questo in assoluta sintesi. Ma a me pare si tratti di un problema sul quale l’ACP dovrebbe soffermarsi.

Giancarlo Biasini

Quella che il professor Biasini solleva è una questione di primaria importanza per lo svi-luppo dell’area pediatrica nei prossimi anni. Il

prevenire la caduta a terra (tilt training). I dati ce lo confermano: nel 2012 il 54% dei nostri pazienti eseguiva un tilt test, nel 2013 il 29% e nel 2014 solo il 10%. Colgo dunque l’occasione per riportarvi come nel modello organizzativo della Syncope Unit, oltre a trovare una risposta tutti i casi più complessi, si realizza una multidisciplinar-ietà e un approccio globale al paziente che risulta vincente sia in termini di gestione clinica che delle risorse economiche. Ap-proccio “sistemico” e attenzione alle risorse impiegate: temi molto cari all’ ACP! Grazie.

Silvia PlacidiSyncope Unit, Ospedale Pediatrico Bam-bino Gesù, Palidoro

Ringraziamo la dottoressa Placidi per l’at-tenzione dedicata alla rivista e all’ACP.La redazione

La guerra dei compiti professionali

Caro Direttore, vorrei attirare l’attenzione dei lettori su un problema tipicamente professionale, la cui trattazione viene purtroppo riservata alla pura trattativa sindacale. Si tratta della de-finizione del ruolo degli infermieri sia nel campo del ricovero che dell’assistenza in comunità. La storia: il 29 dicembre 2014 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la cosiddetta Legge di stabilità il cui comma 566, scritto malissimo, dice che “Ferme restando le competenze dei laureati in Me-dicina e Chirurgia in materia di atti com-plessi e specialistici […] con accordo tra Governo e Regioni, previa concertazione con le rappresentanze scientifiche, pro-fessionali e sindacali interessate […] sono definiti i ruoli, le competenze, le relazioni professionali e le responsabilità individuali e di équipe su compiti, funzioni e obiettivi delle professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, tecniche della riabilitazione e della prevenzione [...]. Dall’attuazione del presente comma non devono derivare nuovi

Lettere

La sincope in età pediatrica

Ho letto con piacere l’articolo sulla sincope apparso su Quaderni acp 1/2015. L’Autore descrive in modo molto chiaro e completo di cosa si tratta e quali sono le dimensioni del problema, facendo riferimento alle LG pediatriche del 2009 e proponendo una bel-la lista di riferimenti bibliografici. L’Autore afferma nelle conclusioni: “È auspicabile che, anche in età pediatrica, questi obiettivi siano ricercati individuando strutture spe-cializzate nella diagnostica e nel follow-up delle sincopi, che in Italia hanno ridotto l’incidenza della sincope inspiegata al 3% nella popolazione generale e al 10% in quel-la geriatrica”. In Italia dal 2013 esiste una Syncope Unit Pediatrica certificata GIMSI (Gruppo Italiano per lo Studio Multidis-ciplinare della Sincope) e diretta dal dott. Fabrizio Drago, con sede presso l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Palidoro. I nostri dati preliminari sono stati presentati al Congresso Nazionale ACP a Cesena: le principali criticità di cui parla anche l’Au-tore (“un’ eccessiva percentuale di ricoveri di lunga durata”) sono state superate: i ri-coveri richiesti dal DEA per sincope si sono ridotti dal 41,5% del biennio 2007-2009 al 19,2% del 2009-2011 (Raucci U, Scateni S, Tozzi AE, et al. The avalaibility and the adherence to pediatric guidelines for the management of syncope in the Emergency Department. J Pediatric 2014;165:967-72). Anche le giornate di degenza sono dras-ticamente ridotte da una media di 8 +/- 3 giorni nel 2011-2012 a una media di 3+/- 2 giorni nel 2013-2014. Nel 2014 un totale di 1051 prestazioni sono state erogate, di cui il 70% ambulatoriali, il 25% DH e solo il 5% di ricoveri. L’esperienza accumulata lavorando con questo modello organiz-zativo multidisciplinare ha drasticamente modificato il nostro approccio clinico e il ricorso a esami diagnostici spesso abusati è ormai limitato a casi selezionati. Ne è un esempio il tilt test: in età pediatrica non è il gold standard per la diagnosi, ha un’alta percentuale di falsi positivi e negativi e va riservato solo a casi con diagnosi dubbia e alle sincopi ricorrenti traumatiche, quando ci è utile per “insegnare” al paziente come

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n. 3 / 2015 Lettere

sì. Per dirla meglio, ogni capitolo, per quan-to sintetico, dà conto di riflessioni e pensieri che possono diventare, o lo sono già, orga-nizzazione, anima quindi che diventa real-tà operativa. Altrimenti non so spiegarmi l’attenzione a temi quali l’organizzazione territoriale delle cure e la continuità ospe-dale-territorio, il sostegno precoce alle fa-miglie, le malattie croniche e la disabilità, l’integrazione, la qualità. Questi temi sono l’ACP, sono il frutto della cultura delle cul-ture di questi anni. Credo che si possano e si debbano rendere esplicite le riflessioni, le premesse ideologiche, le scelte di campo che ci hanno accompagnato in questi anni e costruire quindi una sorta di manifesto della meta-pediatria che serva a noi, per discutere tra fratelli, e ai nostri giovani per capirci qualcosa in più e costruirsi un fu-turo più consapevole e non esclusivamente tecnico. Quindi, anche prendendo a presti-to alcune parole chiave del documento di Angelo e Francesco, proporrei di rendere un senso ai seguenti elementi e alle relative problematiche. È solo poco più di un elenco incompleto, al limite è un elenco evocativo che potrebbe contribuire, per così dire, a “metterci a tavola”:• i veri bisogni di salute. I determinanti

della salute. Vero perché maggiormen-te sentito, vero perché epidemiologica-mente rilevante, vero perché…;

• il senso del pediatra e il senso della vita. Senso come significato del prendersi cura, della solidarietà, della simpatia ed empa-tia, dell’essere umano in una comunità;

• la cultura dell’utente e l’autonomia. La privatizzazione del cliente, la comuni-cazione e l’educazione dei genitori, il pediatra tra falsi leader e la pressione in-dustriale;

• i diritti. I diritti universali, i LEA, i dirit-ti condizionati (dall’economia, dalle ide-ologie, dalla cattiva politica, dal capitale sociale);

• disuguaglianze, povertà, comunità. Di-fesa dei diritti entro la comunità, promo-zione della salute all’interno del welfare comunitario, salute come prodotto della complessità;

• metacultura. Oltre lo specchio o dentro la stanza, costruire e ricostruire una mappa concettuale che diventi una conversazio-ne pediatrica.

Giuseppe Cirillo

Pubblichiamo l ’intervento di Cirillo, che ringraziamo, e attendiamo ulteriori con-tributi al dibattito sul futuro dell ’ACP.La Redazione

Salute, ACP ha sostenuto che “[...] il personale infermieristico con formazione pediatrica svol-ge il triage telefonico e ambulatoriale, collabora con il pediatra nei controlli di crescita, nell’e-ducazione sanitaria e gestisce le vaccinazioni. Questo modello di lavoro permette ai pediatri delle cure primarie di acquisire un maggior nu-mero di pazienti, di estendere l’assistenza all’età adolescenziale, di coordinare il percorso di cure dedicato ai pazienti con patologie croniche com-plesse, di potenziare la continuità dell’assisten-za e di integrarsi logisticamente con i Medici di Continuità Assistenziale e con le funzioni della Neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescen-za e della Riabilitazione Pediatrica”. Appare chiaro che, attualmente, in considerazione del cambiamento delle richieste assistenziali, delle modificazioni sostanziali del contesto socio-po-litico, dell’invecchiamento dei professionisti medici sul campo, la qualità dell’assistenza pe-diatrica rivolta a neonati, bambini, adolescenti e alle loro famiglie richiede un forte coinvolgi-mento e una assoluta valorizzazione dell’area infermieristica a specializzazione pediatrica. L’aspetto normativo e ‘sindacale’ non compete alla nostra Associazione, ma l’azione di sensi-bilizzazione culturale e di promozione ci sem-bra sia stata perseguita con determinazione e coerenza. Il nuovo scenario assistenziale che è anche definito nella legge 189/2012 (nota come Decreto Balduzzi) che si caratterizzerà per il lavoro d’équipe e multiprofessionale dovrà pre-vedere necessariamente un cambiamento nei processi di formazione e aggiornamento delle professioni mediche (segnatamente pediatriche) e infermieristiche. Sempre nel nostro documen-to “Dove va pediatria?” affermiamo che “[...] per l’area infermieristica devono essere mante-nuti e ampliati, ove esistono, il corso di laurea in Scienze Infermieristiche Pediatriche e i Ma-ster di specializzazione pediatrica post-laurea. Questi corsi consentiranno di formare personale infermieristico adatto a ricoprire il ruolo di cogestore della salute del bambino e dell’adole-scente sia a livello ospedaliero che territoriale, svolgere funzioni di triage, l’educazione sani-taria, il sostegno e il counselling alle famiglie ecc.”. Ma quella della formazione professionale è una storia ancora più complicata!

Franco Mazzini, consigliere nazionale ACPPaolo Siani, Presidente ACP

Quale futuro per l’ACP?

Penso che le conclusioni/preoccupazioni di Angelo Spataro e Francesco Ciotti, almeno rispetto al documento dell’ACP Dove va la Pediatria, non siano del tutto condivisibili perché questo documento secondo me non ha un’anima esplicita, è vero, ma implicita

tema, come è normale, sollecita difese corpora-tive e richiama ‘mansionari’ professionali, con conseguenti ricadute contrattuali ed economi-che, campi in cui ci muoviamo con difficoltà ma che comunque non ci competono e che lasciamo ad altri. L’ ACP però si interessa di questo ar-gomento nei suoi documenti ufficiali, locali e nazionali, con una visione esclusivamente culturale. Nel 2010 in un documento intitolato “Riflessioni in tema di assistenza pediatrica in Emilia Romagna” presentato all’Assessore alla Salute regionale e sottoscritto da tutti gli attori del mondo pediatrico (anche dalla Società Ita-liana di Scienze Infermieristiche Pediatriche) - eccetto la FIMP Emilia Romagna - abbia-mo affermato che era necessario “[...] favorire l’aggregazione in sedi uniche dei Pediatri di Famiglia (PdF), nelle quali sia prevista la pre-senza di personale di segreteria e di infermieri con formazione pediatrica che possano svolgere triage telefonico e ambulatoriale, controlli di crescita ed educazione sanitaria. Questo mo-dello organizzativo permetterebbe ai PdF, sgravati da compiti impropri, di assistere un maggior numero di pazienti, di gestire e coor-dinare l’assistenza dei pazienti con patologie croniche complesse e di potenziare la continuità dell’assistenza nella fascia oraria 8 - 20”.Abbiamo proseguito nel 2013 con un docu-mento nazionale intitolato “Riorganizzazione dell’Area Pediatrica”: “[...] Nell’ambito delle Cure Primarie il rapporto medico-pazien-te-famiglia è personale e basato sulla fiducia reciproca e sulla libera scelta dei genitori. L’in-fermiere pediatrico collabora con il Pediatra delle Cure Primarie in modo da costituire il nuovo nucleo organizzativo di base (Unità di cura) dell’assistenza nell’area delle cure prima-rie al bambino a all’adolescente”.Lo sviluppo conclusivo dei nostri pensieri in materia è riportato nel documento “Dove va la Pediatria?” discusso in diversi sottogruppi di lavoro e poi completato e presentato a tutti gli iscritti nel 2014. Da questo si evincono le seguenti proposte e suggerimenti operativi:• graduale scomparsa del pediatra “solo”, a fa-

vore di un pediatra delle cure primarie che collabora intensamente coi colleghi di area medica e infermieristica;

• lavoro in stretta sinergia con il personale infermieristico pediatrico per consentire al pediatra di seguire un maggior numero di bambini, di assistere adeguatamente gli ado-lescenti, di coordinare con efficacia l’assistenza ai bambini con alta complessità assistenziale.

Recentemente, a un incontro congiunto ACP-SIP-FIMP per la stesura delle “Linee di indi-rizzo per la promozione e il miglioramento della qualità, della sicurezza e dell’appropriatezza degli interventi assistenziali in area pediatri-co-adolescenziale”, prodotte dal Ministero della

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n. 3 / 2015

no tra i 12 e i 15 mesi di vita.Questo ci porta a fare alcune considera-zioni sui metodi d’indagine adottati nel 2013 dall’ISTAT. Per la prima volta l’al-lattamento è stato misurato usando gli indicatori e i metodi suggeriti dall’OMS per questo tipo di indagini nazionali pe-riodiche. Per la prima volta disponiamo di dati nazionali che permettono con-fronti internazionali. Per esempio, nei bambini sotto i 6 mesi è stato indagato l’allattamento esclusivo nelle ultime 24 ore: 48,7% nei minori di 2 mesi, 43,9% a 2-3 mesi compiu-ti, 38,6% a 4-5 mesi compiuti, per una media del 42,7% nei minori di 6 mesi. Questo indicatore ci offre un’immagine molto più sfaccettata della percentuale dell’85,5% citata all’inizio. C’è eviden-temente ancora molto da lavorare per la protezione, la promozione e il sostegno dell’allattamento!Le altre novità positive, dal punto di vi-sta metodologico, dell’indagine ISTAT del 2013 sono:1) L’attenzione verso i determinanti

sociali dell’allattamento. Oltre alla distribuzione geografica di cui sopra, con l’evidente gradiente nega-tivo Nord-Sud, che dovrebbe indicare chiaramente le regioni cui assegnare la priorità ai fini degli interventi, il rapporto mostra la distribuzione per livello d’istruzione (si allatta meglio e di più nelle famiglie con genitori istruiti) e per cittadinanza (le madri di origine straniera allattano più delle italiane).

2) L’associazione fra i tassi e la durata dell’allattamento con alcune pratiche ospedaliere che, per il grado di evi-denze scientifiche, dovrebbero essere universalmente adottate da almeno 20 anni, e che invece sono di routine solamente in quegli ospedali che sono accreditati o desiderano accreditarsi come Amici dei Bambini. L’allat-tamento migliora infatti quando l’intervallo tra nascita e primo attacco al seno è minore (entro la prima ora), quando l’ospedale pratica il roo-ming-in, e quando il parto è sponta-

particolare per quel che riguarda il pun-to in cui nell’analisi si riporta che “au-mentano, rispetto al 2005, le donne che allattano al seno (85,5% contro l’81,1%). Continua a crescere anche la durata me-dia del periodo di allattamento: da 6,2 mesi nel 2000 a 7,3 mesi nel 2005 fino al valore di 8,3 nel 2013”.Dopo una lettura più approfondita, pos-siamo ancora condividere questo ottimi-smo dei media? Non proprio, se leggiamo il testo com-pleto del rapporto con le opportune chiavi di lettura. L’aumento di cui sopra, dall’81,1% all’85,5%, per esempio, si riferisce a quello che internazionalmen-te è meglio noto come “tasso di inizio dell’allattamento”; indica la percentuale di donne che, negli ultimi 5 anni, hanno dato il loro latte ai figli. Non distingue però se l’abbiano dato, per esempio, per una sola e unica poppata, o se abbiano allattato in maniera esclusiva nei modi e tempi raccomandati sulla base delle evidenze scientifiche. Si tratta perciò di un indicatore di difficile interpretazione. Oltretutto, come riporta chiaramente il rapporto dell’ISTAT, questa percen-tuale è distribuita in modo diseguale tra le varie regioni. Mentre al nord si arri-va quasi al 90%, e sicuramente quasi al 100% negli ospedali accreditati come Amici dei Bambini, al sud si viaggia sotto l’80% con una punta negativa del 71% in Sicilia.Analogamente la durata media dell’al-lattamento, aumentata da 6,2 a 8,3 mesi in 13 anni, non ci dice abbastanza; anche per questo indicatore esistono differenze importanti tra Nord e Sud. Per la prima volta abbiamo un dato in più: quello sul-la durata media dell’allattamento esclu-sivo (cioè senza aggiunta di altri liquidi e alimenti, latte artificiale incluso, come raccomandato per 6 mesi dall’OMS e dal Ministero della Salute). La media nazionale è di 4,1 mesi (4,3 nel Nord-O-vest, 3,9 nel Mezzogiorno). Dalla pros-sima indagine sarà possibile monitorare l’andamento del dato. Interessante anche sapere che quasi il 20% delle mamme continua ad allattare quando i figli han-

Info

Info: notizie sulla saluteRubrica a cura di Sergio Conti Nibali

Auguri a La Leche League Italia

La Leche League Italia festeggia i suoi 35 anni di attività in Italia (e 58 nel mon-do) con la realizzazione dell’evoluzione digitale della storica rivista di aggiorna-mento scientifico LAM - L’Allattamen-to Moderno.Si chiamerà La Gazzetta della Prolatti-na. L’obiettivo che la Leche League Italia persegue con questa rivista scientifica è la diffusione di conoscenze aggior-nate sull’allattamento: ci auguriamo che La Gazzetta della Prolattina possa proseguire il cammino che LAM, nel lontano 1993, aveva iniziato, fornendo studi e approfondimenti per tutti gli operatori e le figure interessate, genitori compresi. La Gazzetta della Prolattina è inviata gratuitamente a tutti gli opera-tori e le figure professionali che sono entrati in contatto con la Leche League Italia nel corso degli anni. È fruibile dal sito http://www.lagazzettadellaprolatti-na.it.

Nota della CIANB sulla “Rilevazione ISTAT gravidanza, parto e allattamento al seno”

All’inizio di dicembre 2014 l’ISTAT ha reso noti i risultati relativi ai prin-cipali aspetti della gravidanza, parto e allattamento, parte dell’Indagine sulle Condizioni di salute e ricorso ai servizi sanitari.Il documento dedica oltre 3 pagine su 13 all’allattamento, confrontando i risultati del 2013 con quelli delle precedenti in-dagini (2000 e 2005). La CIANB ap-prezza l’importante passo avanti fatto nella rilevazione del 2013 per aggiorna-re e ampliare gli indicatori riguardanti l’allattamento per conformarsi agli stan-dard internazionali. La disponibilità di dati nazionali è fondamentale per moni-torare l’andamento delle buone pratiche alimentari come lo è una corretta inter-pretazione sulla stampa di questi dati.La CIANB tuttavia rileva che l’analisi ISTAT dei dati tende a essere interpre-tata dai media in maniera ottimistica, in

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n. 3 / 2015 Info

tazione animale, si invita a promuovere ricerche scientifiche originali, che non duplichino ricerche esistenti e che siano condotte attraverso una metodologia che riduca al minimo lo stress dell’animale. Ciò anche in relazione al nuovo assetto normativo determinatosi in Italia con il recepimento della direttiva 2010/63/UE.

Fonte: http://www.iss.it/binary/coet/cont/CODICE_DI_ETICA.pdf

L’ISTAT ha pubblicato i dati su lettori e lettura nel 2014

Nel 2014, oltre 23 milioni 750 mila per-sone di 6 anni e più dichiarano di aver letto almeno un libro, nei 12 mesi prece-denti l’intervista, per motivi non stretta-mente scolastici o professionali. Rispetto al 2013, la quota di lettori di li-bri è scesa dal 43% al 41,4%. La popolazione femminile mostra una maggiore propensione alla lettura già a partire dai 6 anni di età: complessi-vamente il 48% delle femmine e solo il 34,5% dei maschi hanno letto almeno un libro nel corso dell’anno. La quota di lettori è superiore al 50% del-la popolazione solo tra gli 11 e i 19 anni mentre la fascia di età in cui si legge di più è quella tra gli 11 e i 14 anni (53,5%). La propensione alla lettura è fortemen-te condizionata dall’ambiente familiare: leggono libri il 66,9% dei ragazzi tra i 6 e i 14 anni con entrambi i genitori lettori, contro il 32,7% di quelli con genitori che non leggono libri. Nel Mezzogiorno la lettura continua a essere molto meno diffusa rispetto al re-sto del Paese: meno di una persona su tre nel Sud e nelle Isole ha letto almeno un libro (la quota di lettori è rispettivamente il 29,4% e il 31,1% della popolazione). Si legge di più nei comuni centro dell’a-rea metropolitana: la quota di lettori è al 50,8%, ma scende al 37,2% in quelli con meno di 2000 abitanti. Quasi una famiglia su dieci (9,8%) non ha alcun libro in casa; il 63,5% ne ha al massimo 100. I “lettori forti”, cioè le persone che leggono in media almeno un libro al mese, sono il 14,3% dei lettori, una categoria sostanzialmente stabile nel tempo.

Fonte: http://www.istat.it/it/archivio/lettura

menti sull’etica della ricerca biomedica in linea con i codici che si sono dati i più grandi istituti di ricerca internazionali. Grande attenzione anche al conflitto d’interessi per cui è proposto un modello di “Dichiarazione pubblica di conflitti di interessi dei ricercatori dell’ISS”. Il Codice è suddiviso in cinque parti: in-tegrità nella ricerca, conflitti di interessi, ricerca con l’uomo, ricerca e interventi di sanità pubblica e sperimentazione ani-male.Per quanto riguarda l’integrità nella ri-cerca, il Comitato Etico dell’ISS ha de-ciso di recepire integralmente la sintesi dell’European Code of conduct for research integrity del 2011, ritenuto il documento più autorevole e completo in Europa.La seconda sezione propone alcuni crite-ri generali per individuare e gestire i con-flitti di interessi. L’ISS, come da Statuto, “persegue la tutela della salute pubblica, in particolare attraverso lo svolgimento delle funzioni di ricerca, controllo, con-sulenza, regolazione e formazione”, ed è quindi inevitabile che vi siano relazioni e collaborazioni con istituzioni, private e pubbliche, da cui potrebbero nascere conflitti di interessi.Al fine di garantire l’integrità del giu-dizio professionale e di preservare la fiducia dei cittadini nei confronti dell’o-perato del personale dell’ISS, il Codice suggerisce i criteri di base per vigilare e fronteggiare eventuali conflitti e invita, in particolare, alla dichiarazione degli stessi. Relativamente alla ricerca con l’uomo, un ambito cruciale per l’etica a causa dei possibili rischi per le persone che par-tecipano a sperimentazioni, il Codice dell’ISS evidenzia soprattutto: il valore e la validità della ricerca, l’equità nella selezione dei soggetti, il rapporto tra e benefici e i rischi, l’indipendenza della revisione (ovvero la valutazione della ri-cerca da parte di organismi indipenden-ti), il consenso informato, il rispetto per i soggetti potenziali e arruolati. Nella quarta parte, che riguarda la ricer-ca e gli interventi di sanità pubblica, il Codice ricorda l’importanza di valutare, tutelare e promuovere, nelle scelte di sa-nità pubblica, non soltanto il bene col-lettivo e complessivo, ma anche quello di ogni singola persona.Infine, per quanto attiene alla sperimen-

neo (la durata media dell’allattamento esclusivo diminuisce da 4,3 a 3,8 mesi in caso di cesareo). In ogni caso, come evidente dalla differenza fra tasso di inizio e prevalenza di allattamento nei mesi successivi alla nascita, le buone pratiche adottate nei punti nascita, seppure indispensabili a un corretto avvio dell’allattamento, non sono sufficienti al suo mantenimento nel tempo, come previsto dall’OMS e dal Ministero della Salute, se non adeguatamente confermate e difese nei mesi successivi attraverso le cure del territorio.

Per concludere, un plauso all’ISTAT per aver incluso nella sua indagine 2013 in-dicatori e metodi che ci permettono di capire meglio la situazione, di identifi-care alcune priorità per interventi mi-gliorativi e di iniziare a fare confronti internazionali. Inoltre, un invito a chi fa informazione ad approfondire leggendo la versione integrale del rapporto dell’ISTAT: c’è ancora molto da lavorare per migliorare la situazione, consapevoli che il monito-raggio sulla prevalenza dell’allattamento rappresenta un fondamentale strumen-to di verifica, come segnalato nel nuo-vo Piano Nazionale della Prevenzione 2014-2018. Infine, una raccomandazione a pediatri e altri operatori sanitari affinché col-laborino sempre di più alla protezione dell’allattamento (attività senza la quale promozione e sostegno servono a po-co), garantendo così alle famiglie infor-mazioni sull’alimentazione aggiornate, accurate e indipendenti da interessi com-merciali. Anche per evitare, com’è suc-cesso recentemente in Toscana, di finire sulle prime pagine dei giornali.

Il codice etico dell’ISS

L’Istituto Superiore di Sanità (ISS), co-me prevede anche il nuovo Statuto, si è dotato per la prima volta di un Codice etico scritto, rivolto ai suoi ricercatori e al personale tutto. Il Codice non dà indicazioni immediata-mente operative, ma promuove compor-tamenti che si ispirano a un patrimonio di valori consolidati e ampiamente con-divisi, attinti dai più autorevoli docu-

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n. 3 / 2015Documenti

tivi a sostegno di ciascuna raccoman-dazione;

• la sintesi della metodologia attraverso cui si è giunti alla selezione delle pro-cedure a rischio di inappropriatezza.

• una presentazione breve dell’Associa-zione.

La scheda è stata valutata e approvata da un panel di esperti e dal Gruppo di Re-gia del Progetto e infine resa pubblica sul sito di Slow Medicine. Ora è prevista la diffusione più ampia possibile delle 5 raccomandazioni con-tenute nella scheda a operatori sanitari, associazioni di cittadini, di genitori e di pazienti, per organizzare eventi for-mativi per i medici, produrre materiale informativo per medici e cittadini e per parlarne insieme e arrivare a decisioni condivise.Una proposta per il futuro è di comple-tare la lista delle raccomandazioni con indicatori di performance e di outcome, specifici per ciascuna raccomandazione, per il monitoraggio sul campo della at-tuazione delle stesse e dei relativi risul-tati clinici. Per fare meglio con meno.

[email protected]

La produzione della scheda è stata possibile grazie alla disponibilità degli iscritti all’ACP, alla partecipazione del gruppo di lavoro ACP Lazio e al contributo del dottor Pietro Panei – Department of Therapeutic Research and Medicines Evaluation, ISS, Rome.

Non è difficile riconoscere che il razio-nale e gli obiettivi di “Fare di più non significa fare meglio” sono molto vicini al “fare meglio con meno” - che ACP promuove da sempre - e alla “Medicina tarata sui bisogni”, che il “Documento ACP per una nuova Pediatria” esprime già nella Premessa.Nel giugno 2014 l’ACP ha aderito al Progetto. Per individuare le procedure inappro-priate si è deciso di chiedere a ogni iscrit-to ACP di partecipare in prima persona, segnalando una o più pratiche della pro-pria attività quotidiana che ritenesse cor-rispondere ai criteri previsti. Dopo una fase di prova nella Regio-ne Lazio, scelta perché il referente del Progetto opera in tale Regione, vista la buona risposta, sono stati coinvolti tut-ti i Referenti Regionali ACP, attraverso e-mail informative con il razionale del progetto e le istruzioni da seguire.Tutte le procedure segnalate dai soci so-no state valutate per verificarne la corri-spondenza ai criteri.

Tra tutte quelle adeguate le prime 5 in ordine di numerosità sono state selezio-nate e inserite nella scheda riassuntiva. Questa contiene, per ogni procedura, negli spazi dedicati: • una descrizione breve della raccoman-

dazione, in forma negativa, che indica cosa non fare;

• una sintesi delle migliori conoscenze scientifiche relative ai benefici e ai ri-schi associati alla pratica, scritta con un linguaggio tale da poter essere compre-sa anche dai “non addetti ai lavori”;

• i riferimenti bibliografici più significa-

Le cinque pratiche a rischio di inappropriatezza di cui medici e pazienti dovrebbero parlareAnna Maria FalasconiReferente ACP per il Progetto “Fare di più non significa fare meglio”

La scheda pubblicata in queste pagine di Quaderni acp (cfr pagg. 153-154) è stata prodotta dall’ACP nell’ambito del Progetto “Fare di più non significa fare meglio”, sviluppato nel 2012 e coordi-nato da Slow Medicine, in analogia alla quasi contemporanea iniziativa Choosing Wisely, promossa negli USA anch’essa nel 2012 dall’American Board of Internal Medicine. Lo scopo del Progetto è il miglioramento di qualità, sicurezza ed equità dell’assi-stenza sanitaria, attraverso la riduzione dell’uso inappropriato di indagini e te-rapie, resa possibile da un’assunzione di responsabilità da parte dei professionisti della salute, in primo luogo dei medici, e dall’alleanza con pazienti e cittadini, per condividere i percorsi di salute più appropriati.

Prerogativa del Progetto italiano è che la motivazione economica, il risparmio non sono, per scelta, tra gli obiettivi prima-ri, per evitare che la filosofia delle azioni previste possa essere interpretata come razionamento anziché come razionaliz-zazione. Il disegno del Progetto prevede che ogni Società Scientifica o Associa-zione che aderisce individui, nell’ambito della propria attività lavorativa, cinque pratiche diagnostiche o terapeutiche a rischio d’inappropriatezza in base ai se-guenti criteri:• sono effettuate comunemente;• non apportano benefici significativi,

secondo prove scientifiche di efficacia, alle principali categorie di pazienti alle quali vengono generalmente prescritte;

• possono esporre i pazienti al rischio di subire effetti dannosi.

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n. 3 / 2015 Documenti

Le cinque pratiche a rischio d’inappropriatezza di cui medici e pazienti dovrebbero parlare

Associazione Culturale Pediatri (ACP)

Evitare l’uso abituale dei cortisonici inalatori nelle flogosi delle prime vie respiratorie dei bambini. 1 La tosse è il sintomo più frequente nei bambini che accedono all’ambulatorio del pediatra delle cure primarie. L’uso del cortisone per via aerosolica è largamente diffuso, nel nostro paese, per il trattamento delle patologie delle alte vie respiratorie e per il controllo del sintomo tosse a esse correlato, sebbene non esistano prove della sua efficacia. Tale pratica, se prolungata nel tempo, è associata a effetti collaterali.

Astenersi dal prescrivere aggiunte di latte artificiale nei primi giorni di vita ai neonati in assenza di provate indicazioni mediche. 2 La durata dell’allattamento al seno si correla positivamente con la salute infantile (riduzione di obesità, atopia, asma, infezioni …) e materna. L’allattamento al seno esclusivo nei primi giorni di vita è elemento predittivo positivo di una lunga durata dell’allattamento. Le supplementazioni con latti artificiali interferiscono con il processo naturale della lattazione perché annullano il meccanismo di feed-back tra madre e bambino, sul quale si basa l’adeguata produzione di latte materno.

Non prescrivere antibiotici nelle patologie delle vie respiratorie presumibilmente virali in età pediatrica (sinusiti, faringiti, bronchiti). 3 Gli antibiotici sono i farmaci più prescritti in Italia e il fenomeno dell’antibiotico-resistenza è un problema in progressivo aumento. L’appropriata gestione clinica delle patologie a eziologia infettiva prevede - secondo linee guida esistenti - la vigile attesa nei casi che lo consentono, sulla base di criteri clinici, anamnestici ed epidemiologici, e l’utilizzo degli antibiotici solo nei casi che lo richiedono e con le modalità corrette. Evitare l’uso di antibiotici nelle infezioni presumibilmente virali e trattare in modo ottimale le infezioni batteriche possono limitare l’emergenza di patogeni resistenti e il rischio di eventi avversi da antibiotici.

Non effettuare Rx torace per la diagnosi e il follow up di polmonite non complicata nel bambino.

4 La diagnosi clinica di polmonite nel bambino è possibile, secondo le linee guida che limitano l’uso della radiografia del torace a condizioni particolari ben definite. Più in generale, nella pratica clinica, l’esecuzione di qualsiasi procedura diagnostica (analisi cliniche o valutazioni strumentali) dovrebbe essere sempre motivata dalla necessità di acquisire informazioni indispensabili per orientare la gestione di un problema. Tuttavia, nella pratica quotidiana, accade non di rado che siano effettuate indagini di “controllo” senza una reale necessità pratica, con dispendio di energie e di tempo e possibili rischi per il paziente. L’accurata valutazione anamnestica, clinica ed epidemiologica e il confronto chiaro e completo con il paziente e con i genitori sono la base di una corretta impostazione diagnostico-terapeutica e consentono di ottenere risultati ottimali, selezionando le procedure più appropriate.

Evitare la somministrazione di farmaci (anti-H2, procinetici, inibitori di pompa protonica-PPI) nel Reflusso Gastro Esofageo (GER) fisiologico, che non compromette la crescita e non si associa a segni o sintomi sospetti di Malattia da GER. Non prescrivere medicinali ai “vomitatori felici”.

5 Il GER fisiologico è causa molto frequente di rigurgito o vomito nel primo anno di vita, si risolve con la crescita e non vi sono evidenze significative che sia causa di lesioni, anche nel lungo periodo. I farmaci PPI non sono efficaci per risolvere il GER e non vi sono evidenze sufficienti della loro sicurezza nei bambini. L’uso dei farmaci antiacidi, anti-H2, PPI e procinetici va riservato alla Malattia da GER (GERD) correttamente diagnosticata, che è estremamente rara in età pediatrica e per lo più correlata a condizioni predisponenti. Mancano prove a sostegno dell’utilizzo dei farmaci per la GERD come trattamento empirico a scopo diagnostico nei bambini piccoli, nei quali crisi di pianto inconsolabile, irrequietezza, inarcamento del tronco, talora associati a vomiti e rigurgiti, possono essere manifestazioni fisiologiche di una fase evolutiva che scompaiono in qualche settimana. Ciononostante, i farmaci per la GERD sono ampiamente prescritti sotto l’anno di vita. Per limitare le terapie improprie è necessario riuscire a differenziare il GER fisiologico da quello associato a sintomi che meritano un approfondimento diagnostico, e comunicarne adeguatamente ai genitori il significato che ne giustifica il trattamento con semplici accorgimenti.

Attenzione: le informazioni sopra riportate non sostituiscono la valutazione e il giudizio del medico. Per ogni quesito relativo alle pratiche sopra individuate, con riferimento alla propria specifica situazione clinica è necessario rivolgersi al medico curante.

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n. 3 / 2015Documenti

Come si è giunti alla creazione della lista Il primo passo dell’Associazione Culturale Pediatri per ottenere la lista di raccomandazioni è stato coinvolgere direttamente tutti i pediatri suoi iscritti, con la collaborazione dei referenti di ogni regione, attraverso una mail contenente la storia, il razionale e gli obiettivi del progetto. A ciascun pediatra è stato chiesto di individuare, nella propria attività quotidiana, una o più procedure diagnostiche o terapeutiche - molto comunemente utilizzate, non vantaggiose per il paziente in quel determinato momento, potenzialmente rischiose - delle quali si dovrebbe fare un uso più accorto, basato sui reali bisogni del paziente e con esso condiviso. Tra tutte le raccomandazioni risultate coerenti coi criteri di inclusione del progetto, sono state selezionate dal gruppo di lavoro quelle segnalate dal maggior numero di pediatri, valorizzando anche la loro corrispondenza ai temi propri dell’ACP.

Principali fonti bibliografiche

1 - Anderson-James S, Marchant JM, Acworth JP, Turner C, Chang AB. Inhaled corticosteroids for subacute cough in children. Cochrane Database Syst Rev 2013;(2):CD008888.

- Clavenna A, Sequi M, Cartabia M, Fortinguerra F, Borghi M, Bonati M; ENBe Study Group. Effectiveness of nebulized beclomethasone in preventing viral wheezing: an RCT. Pediatrics 2014;133(3):e505-12.

- Osservatorio ARNO bambini. I profili assistenziali delle popolazioni in età pediatrica. Rapporto 2011. Volume XVI - Collana “Rapporti ARNO”. Cineca - Dipartimento SISS - Sanità. http://osservatorioarno.cineca.org.

2

- Becker GE, Remmington S, Remmington T. Early additional food and fluids for healthy breastfed full-term infants. Cochrane Database Syst Rev 2011;(12):CD006462.

- Dichiarazione congiunta OMS/UNICEF. OMS, Ginevra, 1989. - ESPGHAN Committee on Nutrition, Agostoni C, Braegger C, Decsi T, et al. Breast-feeding: A commentary by the ESPGHAN Committee on Nutrition. J Pediatr Gastroenterol Nutr 2009;49(1):112-25.

- Pokhrel S, Quigley MA, Fox-Rushby J, et al. Potential economic impacts from improving breastfeeding rates in the UK. Arch Dis Child 2015;100(4):334-40.

3 - European Center for Disease Prevention and Control. Summary of he latest data on antibiotic resistance in the European Union. Stockholm, 2013. http://ecdc.europa.eu/en/eaad/Documents/antibiotic-resistance-in-EU-sum-mary.pdf.

- Farley R, Spurling GK, Eriksson L, Del Mar CB. Antibiotics for bronchiolitis in children under two years of age. Cochrane Database Syst Rev 2014;(10):CD005189.

- Hersh AL, Jackson MA, Hicks LA; American Academy of Pediatrics Committee on Infectious Diseases. Principles of judicious antibiotic prescribing for upper respiratory tract infections in pediatrics. Pediatrics 2013;132(6):1146-54.

- NICE clinical guidelines (CG160). Feverish illness in children. Assessment and initial management in children younger than 5 years, 2013.

4 - British Toracic Society. Guidelines for the management of community acquired pneumonia in children: update 2011. Thorax 2011;66(Suppl 2). - Coon ER, Quinonez RA, Moyer VA, Schroeder AR. Overdiagnosis: how our compulsion for diagnosis may be harming children. Pediatrics 2014;134(5):1013-23. - de Seta L, Pannuti F, de Seta F. La polmonite in età evolutiva: dalla diagnosi alla terapia. Quaderni acp 2013;20(3):100-8. - NICE clinical guidelines(CG160). Feverish illness in children. Assessment and initial management in children younger than 5 years, 2013.

5 - Davies I, Burman-Roy S, Murphy MS; Guideline Development Group. Gastro-oesophageal reflux disease in children: NICE guidance. BMJ 2015;350:g7703. - Lightdale JR, Gremse DA; Section on Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition. Gastroesophageal reflux: management guidance for the pediatrician. Pediatrics 2013; 131(5):e1684-95.

- Marchetti F. Indicazioni per l’utilizzo razionale dei farmaci antiacidi (anti-H2 e IPP). Medico e Bambino 2009;28(4):250-4. - Tighe M, Afzal NA, Bevan A, Hayen A, Munro A, Beattie RM. Pharmacological treatment of children with gastro-oesophageal reflux. Cochrane Database Syst Rev 2014;11:CD008550.

- Vandenplas Y, Rudolph CD, Di Lorenzo C, et al.; North American Society for Pediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition, European Society for Pediatric Gastroenterology Hepatology and Nutrition. Pediatric gastroesophageal reflux clinical practice guidelines: joint recommendations of the North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (NASPGHAN) and the European Society for Pediatric Gastroenterology, Hepatology, and Nutrition (ESPGHAN). J Pediatr Gastroenterol Nutr 2009;49(4):498-547.

Slow Medicine, rete di professionisti e cittadini per una cura sobria, rispettosa e giusta, ha lanciato in Italia nel dicembre 2012 il progetto “Fare di più non significa fare meglio”, in analogia all’iniziativa Choosing Wisely già in atto negli Stati Uniti. Società Scientifiche e Associazioni professionali sono invitate a individuare ognuna una lista di 5 esami diagnostici o trattamenti, di uso corrente nella pratica clinica, che secondo le conoscenze scientifiche disponibili non apportano benefici significativi ai pazienti ma possono, al contrario, esporli a rischi. Promuovono il progetto anche: FNOM-CeO, IPASVI, SIQuAS-VRQ, lstituto Change di Torino, PartecipaSalute, Inversa Onlus, Altroconsumo, Federazione per il Sociale e la Sanità della provincia autonoma di Bolzano e Slow Food Italia. Per ulteriori dettagli: www.slowmedicine.it

L’Associazione Culturale Pediatri - ACP - è una libera associazione di 2500 tra pediatri delle cure primarie, ospedalieri e universitari, finalizzata allo sviluppo della cultura pediatrica e alla promozione della salute del bambino. Ha un Codice Etico di comportamento. Svolge attività editoriale, di formazione e di ricerca, NON PROFIT. È impegnata in iniziative di educazione sanitaria e supporto a programmi di Cooperazione Internazionale. Sono suoi temi fondamentali d’interesse: il rispetto e la promozione dei diritti di bambini e adolescenti e la loro salute mentale, la riduzione delle disuguaglianze, la promozione e valorizzazione delle competenze di bambini e genitori fin dalle prime epoche delle vita, il corretto utilizzo delle risorse umane ed economiche in ambito sanitario, l’ambiente come determinante di salute. Per una più completa informazione: www.acp.it

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15-16-17 Ottobre 2015Napoli - Circolo Canottieri

Giovedì 15 oTToBRE

14.45 Apertura del Congresso - P. Siani, S. Manetti (Napoli)

Moderatore: G. Rapisardi (Firenze)

15.00 Potenzialità e caratteristiche di un servizio di visite domiciliari per mamme e bambini - G. Tamburlini (Trieste)

15.20 Discussione

15.40 Fare di più non vuol dire fare meglio: le cinque pratiche a rischio d’inappropriatezza di cui medici e pazienti dovrebbero parlare - A.M. Falasconi (Roma)

15.50 Lo studio Life-Persuaded: stili di vita, abitudini alimentari ed inquinamento da Bisfenolo A e ftalati nei bambini italiani e nelle loro mamme - G. Toffol (Asolo)

16.00 Discussioneecaffè

16.50 Nutrirsinonèsolomangiare-L. Greco (Napoli)

17.10 Discussione

17.30 Geni e ambiente: la rivoluzione epigenetica - E. Burgio (Palermo)

17.50 Discussione

18.10 Il garante per l’infanzia e la salute dei bambini in Italia - V. Spadafora (Roma)

VENERDi 16 oTToBRE

SFaTiaMo i MiTi - la parola agli specializzandi Moderatore: L. De Seta (Napoli)

09.00 Serve davvero trattare la febbre? - P. Marzuillo (Napoli)

09.10 I fermenti lattici servono per la diarrea o per altro? - L. de Martino (Napoli)

09.20 Discussione

liNEE GUiDa NElla pRaTiCa CliNiCa: MiSSioN iMpoSSiBlE?

09.40 Protocolliverificatinellapratica:lapolmonite- F. Marchetti (Ravenna)

Il caso clinico dello specializzando - A. Smarrazzo (Napoli)

10.10 Discussioneecaffè

... Questi FaNTaSMi - Moderatore: C. Corchia (Roma)

11.00 “Un vaccino” in tribunale - R. Cavallo (Lecce)

11.20 Vaccinazioni essenziali, necessarie, utili in età pediatrica - A. Guarino e gli specializzandi S. Viscovo, V. Gallo, G. Giardino (Napoli)

11.40 Discussione

12.00 Dislipidemie e steatosi epatica: many news, bad news? P. Vajro (Salerno), C. Mandato (Napoli)

12.20 Discussione

12.40Ilpediatraeladisabilità:oltreiconfini-G. Zampino (Roma)

13.00 Discussione e pausa pranzo

Moderatore: M. Orrù (Roma)

14.30 Protocolliverificatinellapratica:lelineeguidadellaRegione Emilia-Romagna su otite e faringotonsillite - S. Di Mario (Bologna)

Il caso clinico dello specializzando - A. Rossi (Napoli)

15.00 Discussione

15.20 Comunicazioni orali dei giovani colleghi

15.45 Assemblea ACP e votazioni per il nuovo presidente e il direttivo

SaBaTo 17 oTToBRE

Moderatore: M.F. Siracusano (Messina)

09.00 Consultare il nefrologo: quando e perché - C. Pecoraro e la specializzanda M. Russo (Napoli)

09.30 Discussione

09.50 Il Registro tumori infantili in Campania - F. Vetrano (Napoli)

10.10 Discussione

10.30 Le immagini della fantasia: leggere, pensare, disegnare...crescere! – M. Monachesi (Parma)

10.45 Discussioneecaffè

11.20 “Il dolore dei giovani specializzandi” - M. Sarno (Napoli)

11.40 Discussione con interventi preordinati di M. Gangemi (Verona) e M. Giuliano (Napoli)

12.00 I disordini di identità di genere - A. Albizzati e gli specializzandi (Milano)

12.30 Discussione

12.50 Guide anticipatorie nei bilanci di salute, tra prove di efficaciaepraticaclinica-C. Panza (Reggio Emilia)

13.10 Discussione

13.30 Chiusura del Congresso con il past e il future President e arrivederci in Friuli

iscrizione e quote: congressonazionale.acp.it

SEGRETERia oRGaNizzaTiVa

Via del Parco Margherita, 49/380121 NapoliTel 081 402093 - Fax 081 [email protected]

XXVII CONGRESSO NAZIONALE ACP

OLTRE I CONFINI

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www.quaderniacp.it

Maggio/Giugno 2015 / Vol. 22 n. 3Quaderni acp - Associazione Culturale Pediatri

Editoriale107 Quale formazione per quale medico?

Fabrizio Consorti108 La FAD di Quaderni acp: un grazie ai lettori

Michele Gangemi

Formazione a distanza109 Le bronchiti asmatiche ricorrenti nel bambino

in età prescolareLuciano de Seta, Maria Simona Sabbatino, Federica de Seta

Infogenitori115 “Maria ha sempre la tosse!”

Stefania Manetti, Costantino Panza, Antonella Brunelli

Candidati alla Presidenza116 Elezioni alle cariche direttive: curricula e programmi

Angolo della comunità119 L’origine della memoria delle parole nei neonati

Redazione

Salute mentale120 La depressione nel bambino e nell’adolescente

Intervista di Massimo Soldateschi a Gabriele Masi

Forum121 Lo screening per ipercolesterolemia in età pediatrica

Paola Sabrina Buonuomo, Marina Macchiaiolo, Andrea Bartuli

Il bambino e la legge124 Diritto del minore a una famiglia.

La Legge 28/3/2001 n. 149Augusta Tognoni

Educazione in medicina127 Ripensare la formazione in salute. Un dibattito a cura della Rete Italiana per l’Insegnamento

della Salute GlobaleChiara Bodini, Giulia Civitelli, Alice Fabbri, Angelo Lorusso, Nadia Maranini, Marianna Parisotto, Alessandro Rinaldi

Osservatorio internazionale130 L’educazione delle ragazze

Stefania Manetti

Telescopio132 I nuovi standard antropometrici del progetto

INTERGROWTH-2stEnrico Bertino, Paola Di Nicola, Alessandra Coscia

Il punto su136 Il mutismo selettivo: il bambino che non riesce sempre a parlare

Trivelli Francesca, Gorla Claudia, Picca Marina, Tischer Maria Cristina139 Il reflusso gastroesofageo tra fisiologia e patologia: le indicazioni NICE

Enrico Valletta, Martina Fornaro

Vaccinacipì142 Dopo la sentenza di Bologna…

Franco Giovanetti

Libri144 Da te solo a tutto il mondo

Jared Diamond144 Neopapà è facile!

Alessandro Volta, Maria Francesca Agnelli145 Il tocco, il rimedio, la parola

Roberta Milanese, Simona Milanese145 Ricerca del sé, desiderio dell’altro. Il lavoro dell’amore

Nicole e Philippe Jeammet

Film146 Uomini, donne, bambini e gazzelle

Italo Spada

Congressi controluce147 Malattie rare e...

Lettere 148 La sincope in età pediatrica148 La guerra dei compiti professionali149 Quale futuro per l’ACP?

Info150 Auguri a La Leche League Italia150 Nota della CIANB sulla “Rilevazione ISTAT gravidanza, parto e allattamento al seno”151 Il codice etico dell’ISS151 L’ISTAT ha pubblicato i dati su lettori e lettura nel 2014

Documenti152 Le cinque pratiche a rischio di inappropriatezza di cui medici e pazienti dovrebbero parlare

Anna Maria Falasconi

Come iscriversi o rinnovare l’iscrizione all’ACP

La quota d’iscrizione per l’anno 2015 è di 100 euro per i medici, 10 euro per gli specializzandi, 30 euro per gli infermieri e per i non sanitari. Il versamento può essere effettuato tramite il c/c postale n. 12109096 intestato a: - Associazione Culturale Pediatri, Via Mon-tiferru, 6 - Narbolia (OR) (indicando nella causale l’anno a cui si riferisce la quota) oppure attraverso una delle altre modalità indicate sul sito www.acp.it alla pagina “Come iscriversi”. Se ci si iscrive per la prima volta occorre compilare il modulo per la richiesta di ade-sione presente sul sito www.acp.it alla pagina “Come iscriversi” e seguire le istruzioni in esso contenute oltre a effettuare il versamento della quota come sopra indicato. Gli iscritti all’ACP hanno diritto a ricevere la rivista bimestrale Quaderni acp, la Newsletter mensile Appunti di viaggio e la Newsletter quadrimestrale Fin da piccoli del Centro per la Salute del Bambino richiedendola all’indirizzo [email protected]. Hanno anche diritto a uno sconto sulla iscrizione alla FAD dell’ACP alla quota agevolata di 50 euro anzichÈ 70; sulla quota di abbonamento a Medico e Bambino, indicata nel modulo di conto corrente postale della rivista e sulla quota di iscrizione al Congresso nazionale ACP. Gli iscritti possono usufruire di iniziative di aggiornamento, ricevere pacchetti formativi su argomenti quali la promozione della lettura ad alta voce, l’allattamento al seno, la ricerca e la sperimentazione e altre materie dell’area pediatrica. Potranno partecipare a gruppi di lavoro su ambiente, vaccinazioni, EBM e altri. Per una informazione più completa visitare il sito www.acp.it