prototipazione rapida

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D-shape GRUPPO ZEROWATT: GIOVANNI GABRIELLI, ANDREA PASQUALI, KOLJA REINHARDT, DAVIDE SCIANNANDRONE RICERCA SU D-SHAPE (PROTOTIPAZIONE RAPIDA)

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Relazione definitiva_luglio'10

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D-shape

GRUPPO ZEROWATT: GIOVANNI GABRIELLI, ANDREA PASQUALI,KOLJA REINHARDT, DAVIDE SCIANNANDRONE

RICERCA SU D-SHAPE (PROTOTIPAZIONE RAPIDA)

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FIRENZEfacoltà di Architettura - corso 4s

corso di Tecnologia dell’Architetturaproff.re: G. Ridolfia.a. 2009/10

ringraziamo,la famiglia Dini per la disponibilità e gentilezza, dimostrataci accogliendoci nella loro ditta Dinitech; e per il tempo dedicatoci.

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D-shape

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INDICE

-il ruolo della matematica nelle invenzioni delle architetture

-realizzare forme complesse. sostenibilitàe prototipazione rapida l’architettura e l’industria edile

-D.shape

-Legante inorganico vs. organico

-intervista all’arch. Andrea Morgante

-la realtà del D-shape: oggi e domani

-contributo fotografico

- fonti

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D-shapeIL RUOLO DELLA MATEMATICA

NELLE INVENZIONI DELLE ARCHITETTURE

1. INTRODUZIONE

La ricerca di geometrie innovative ha dato nuove idee all’architettura con-temporanea.Il XXI secolo ha introdotto una nuova era per la progettazione architetto-nica, i programmi CAD si sono evoluti con l’obiettivo di poter sviluppare e controllare qualunque forma architettonica.Le possibilità che la tecnologia informatica offre al team di progettazione fanno sì che possa esistere una stretta relazione tra il software e il proget-tista, in quanto la macchina può partecipare attivamente alla ricerca della forma più idonea.In passato la ricerca di nuove forme architettoniche e strutturali era indi-rizzata dallo studio della matematica e dall’osservazione partecipe della natura.

2. EVOLUZIONE DEL LINGUAGGIO ARCHITETTONICO

Prima del XVI sec. la dimensione tecnico costruttiva si basava su intuizioni statiche e regole tecnico-empiriche, che attraverso l’impiego di strumenti progettuali quali riga, squadra e compasso per mettevano il raggiungimen-to di forme geometriche pure.Tra il XVII e il XVIII sec. le intuizioni statiche si arricchiranno di un linguag-gio analitico(calcolo differenziale) che corrisponderanno nella realtà pro-gettuale ai dettami della proporzione.Con il XIX sec. si assiste alla nascita dell’ingegneria strutturale che si av-varrà dell’uso di tecniche sperimentali e in una fase successiva di strumenti informatici (modellazione digitale) che permetteranno l’ottenimento di for-me complesse. Ciò comporterà un linguaggio architettonico influenzato in gran parte da elementi matematici-analitici della meccanica teorica o da codici numerici elaborati da macchine computazionali.

3. IL MODELLO COME METODO PROGETTUALE

1.Antoni Gaudì: il ‘modello dei fili appesi’ era costituito da un sistema ‘ro-vescio’ di funi e tessuti che riproponeva quello voltato; alle funi venivano applicati pesi proporzionali ai carichi che si assumeva fossero sopportati in ogni nodo. Si eseguiva poi un rilievo del modello.

2.Heinz Isler: il ‘modello dell’inversione della membrana’ si basava sull’ot-tenimento di uno stato di pura trazione di una superficie elastica priva di alcuna rigidezza flessionale.Una volta raggiunta la configurazione funicolare del carico si inverte la su-perficie in modo da avere una sollecitazione di compressione uniforme.

3.Sergio Musmeci: il ‘modello con membrane elastiche’ rendeva possibile con l’utilizzo di membrane in gomma (neoprene) vincolate in punti determi-nati una reale ottimizzazione-razionalizzazione della materia.

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Cagliari_Zaha Hadid_architettura freeform

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4. IL MODELLO ‘DIGITALE’

Si basa su di un insieme di regole o direttive atte a fornire una risposta specifica ad uno o più dati di ingresso (input). Un algoritmo si dice corretto se è costituito da una sequenza di passi che, applicata indifferentemente a qualunque istanza del problema, produce in un tempo finito la soluzione desiderata. In architettura le tecniche di modellazione informatiche, utilizzate in alter-nativa agli strumenti tradizionali di rappresentazione, basate su funzioni matematiche di particolare complessità permettono di ottenere le cosidette superfici N.U.R.B.S.Si distinguono ‘tecniche di morfogenesi’ e ‘tecniche di ottimizzazione strut-turale’.

1.La morfogenesi (architettura non standard): I dati che configurano le sem-bianze delle architetture vengono modificati attraverso complesse formule matematiche e algoritmi, tramite l’ immissione di codici genetici capaci di modificarne le conformazioni.I software utilizzati sono nati per l’industria degli effetti speciali e dell’ ani-mazione e vengono utilizzati per un percorso personale di investigazione sulla forma.

2.Ottimizzazione strutturale: si basa su di una graduale rimozione di ma-teriale a livello strutturale così da ottenere forme evolute verso un risultato basato sulla razionalizzazione della materia.

In definitiva con l’avvento dell’era digitale e il conseguente utilizzo della matematica come strumento progettuale il ruolo dell’ architetto si configura come soggetto attivo del processo progettuale e non di semplice selezio-natore di forme prodotte dal computer.

“Il mondo è complesso, cambia velocità, procede a sbalzi. Tendiamo a fuggire di fronte a que-ste difficoltà perché costringono la mente a ragionamenti complicati, perché la matematica è difficile. Ma la potenza dei moderni sistemi di calcolo sta rendendo possibile ciò che non lo è mai stato: non siamo più costretti a ragionare in modo schematico né limitati in un concetto derivato di linearità. Abbiamo a disposizione una ricchezza di cui dovremmo rallegrarci,una ricchezza che dobbiamo esplorare.”Cecil Balmond

REALIZZARE FORME COMPLESSESOSTENIBILITÀ E PROTOTIPAZIONE RAPIDA: PER

L’ARCHITETTURA E L’INDUSTRIA EDILE

1. INTRODUZIONE

La prototipazione rapida sta emergendo come una nuova ed importante tecnologia che sta rivoluzionando il modo di fabbricare piccoli oggetti, con una vasta gamma di materiali includendo plastiche resistenti e titanio, ven-gono prodotti giocattoli, gioielli , mobili e componenti meccanici. Questi sviluppi sono stati adottati dall’ industria edile, con le prime prove fatte in Italia con D-shape.Le costruzioni ecosostenibili si stanno rivelando sempre di più una neces-sita e non più un optional.Gli standards di vita occidentali sono responsabili del surriscaldamento ter-restre; l’industria edile consuma una grande quantità di materie prime ed è una delle maggiore cause globali di spreco energetico.

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D-shapeL’ attuale tasso di cantieri in Cina fornisce un esempio allarmante; in soli 15 anni stanno costruendo e ristrutturando più della metà di tutte le abitazioni residenziali ed edifici commerciali.I governi stanno sponsorizzando una cultura costruttiva moderna per sod-disfare le nuove esigenze dovute all’ inquinamento e all’ esaurirsi delle risorse. Le industrie stanno cercando in tutti i modi di soddisfare le nuove esigenze adattando un’industrializzazione più massiccia e ispirandosi alle soluzioni tecniche adottate nel mondo dell’ automatizzazione e quello ae-reospaziale.

2. COSTRUZIONI SOSTENIBILI

Il termine di costruzione sostenibile non è mai stato definito e specificato esplicitamente come ad esempio; sostenibilità, verde, ecologico ma è stato spesso usato impropriamente.Il Brundlandt report ha definito la parola sostenibilità:

”lo sviluppo sostenibile è uno sviluppo che garantisce i bisogni delle generazioni attuali senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri”.

Tuttavia questa definizione è troppo generica per fissare il termine di costru-zione ecosostenibile in quanto non bisogna tralasciare l’uso dei materiali, pertanto la naturalezza e la manutenzione durante la vita di un edificio, la sostenibilità delle risorse, lo spreco e la riciclabilità; l’uso dell’energia gene-rata da processi naturali, sostenibilità delle risorse, inquinamento dell’aria, dell’acqua, isolamento termico, acustico, ventilazione e molti altri fattori.

3. RAPID BUILDING

Il rapid building deriva dalla prototipazione rapida sviluppatasi in Giappone e U.S.A. tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ‘90. Il rapid building è definito come un processo che costruisce automaticamente strato per strato un oggetto 3D.Oggi giorno la prototipazione è una tecnologia ormai matura infatti tra po-chi anni le stampanti 3D avranno delle dimensioni e dei costi accessibili a tutti. Il rapid building odierno non prototipa solo piccoli oggetti ma anche componenti e sistemi più complessi e più grandi; lì potremmo dividere in 3 categorie: • Metalli; • Polimeri; • Pietra sintetica.

A partire dai anni ‘90 sono stati fatti molti i tentativi di rapid building: nel 1996 il Contour Crafting del Dr. Khoshnevis, nel 1997 Pegna basato sulla pittura della sabbia di Navajo, il Robocrane di Williams nel 2004 e nel 2006 il D-shape del Ing. Enrico Dini. Le tecniche sviluppate da Pegna e Williams non sono state approfondite abbastanza, mentre il Contour Crafting, D-shape sono ancora in fase di sviluppo, producendo muri di varie forme e grandezze e grandi sculture.Ciascuna di queste ‘macchine’ usa metodi di fabbricazione, processi e ma-teriali diversi ma tutte possono essere definite come produttrici di pietre sintetiche.

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4. CONTOUR CRAFTING

Contour rafting è stata sviluppata dall’università della California dal Dr.Khoshnevis, è una macchina di deposizione che usa il calcestruzzo con l’aggiunta di resine chimiche per controllare la viscosità e il tempo di sta-gionatura del materiale. La testa d’estrusione deposita il materiale con una mestola robotica, la quale controlla il profilo, garantendo una superficie levigata. Contour rafting deposita due strati di materiale paralleli tra di loro lasciando un’intercapedine la quale viene riempita con un materiale volu-minoso in quanto al processo di costruzione questo sistema garantisce tempi rapidi e c’è un minimo utilizzo di casseforme che faranno parte della struttura ultimata.

5. D-SHAPE

D-shape si è dimostrata, con la realizzazione di un prototipo con un’altezza di 2 m “Radiolaria” una vera macchina capace di costruire freeform, ora il team di esperti ultimata una scultura con un’ altezza di 7 m da posizionare al centro di una rotonda, sta affrontando la sfide più ardue come la realiz-zazione di un intero edificio o di una base lunare “stampata” direttamente sulla Luna oltrepassando ogni limite che la ragione umana pone.Il processo inizia con la deposizione di uno strato di sabbia alto 5-10 mm su tutta l’ area di costruzione, poi una macchina che assomiglia alle testine di una stampante si muove su tutta la superficie e selettivamente deposita sulla sabbia un legante inorganico; il processo si ripete strato per strato finchè l’ oggetto finale non è completato.Il processo D-shape ha molti vantaggi, i materiali di partenza (sabbia, le-gante inorganico) hanno le caratteristiche giuste per essere definiti mate-riali ecosostenibili e quello finale; pietra creata in una brevissimo tempo rispetto ai tempi della natura. E’ un processo che produce pochissima ani-dride carbonica,al contrario di quello del calcestruzzo, che necessita una grande produzione di CO2. Al contrario di altri sistemi di Rapid building che generano la forma finale con la sottrazione di materiale non riutilizzabile; D-shape con il suo processo generativo permette la riutilizzazione della sabbia non usata.

6. PROTOTIPAZIONE VIRTUALE:ANALISI E OTTIMIZZAZIONE

Il settore aereospaziale è stato uno dei pionieri nell’utilizzo di software: f.e.m., progettazione parametrica e prototipazione virtuale. Ormai l’utilizzo di questi sofware rappresentano una necessità irrinunciabile senza di essi non ci potrebbe essere una progettazione così spinta. Questo trend ha colpito anche il mondo dell’architettura e dell’ ingegneria, con l’utilizzo di software computazionali, parametrici e ottimizzazione.Lo studio di ingegneria Arup ha sviluppato una serie di strumenti computa-zionali per far fronte alla crescente complessità progettuale .Progetti come il Water Cube per le olimpiadi del 2008 sono dei chiari esempi di come questi software operano: una ottimizzazione della struttura reticolare e del-la superficie basato sulle proprietà delle bolle di sapone un algoritmo in grado di ottimizzare il peso della struttura garantendo l’assoluta rigidezza di essa.Un ulteriore sviluppo dell’ algoritmo creato per il Water Cube lo possiamo vedere sulla struttura del Rectangular Pitch Stadium in Melbourne, dove il processo di ottimizzazione ha permesso il risparmio del 10% di acciaio per la struttura portante della copertura e dell’area della stessa copertura. Il risultato permette di ridurre lo spreco di elementi costruttivi e la riduzio-ne della domanda di risorse primarie. L’ottimizzazione ha un grandissimo

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Pisa_D-shape by Dinitech

Melbourne_O.Arup_Pitch Stadium

California_Contour Crafting

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D-shapepotenziale nell’ industria edile specialmente se essa viene utilizzata in con-certo con dei software f.e.m.Software di ottimizzazione strutturale sono stati sviluppati nel mondo da di-verse università come ad esempio il dipartimento di ingegneria meccanica dell’ università danese,l’Innovative Structures Group dell’università di Mel-bourne. Sviluppato da quest’ultima BESO è in grado di ottimizzare strutture soggette a diverse sollecitazioni rispettando i vincoli progettuali. Il modello può includere parti del progetto che non necessitano di un’ottimizzazione come ad esempio i piani di calpestio. La stabilità viene garantita da un software f.e.m. ABAQUS il quale controlla la stato tensionale di tutta la struttura dopo ogni iterzione di BESO che aggiunge o sottrae materia alla struttura.Le tipologie architettoniche create con un ottimizzatore strutturale si adat-tano perfettamente alle tecnologie di rapid building, in quanto le forme ge-nerate non appartengono alla geometria Euclidea così che sono difficili da realizzare con i metodi costruttivi tradizionali. I costi primari del Rapid Bu-ilding sono il tempo di produzione ed i materiali, indipendentemente dalla complessità geometrica la quale è spesso un problema.L’ottimizzazione strutturale offre importanti opportunità per lo sviluppo di progetti fortemente modellati dai carichi presenti, sia per tutto il progetto sia per singoli elementi come muri e colonne. Per esempio in un normale edificio multipiano ottimizzato con BESO è osservabile il percorso che il software utilizza per arrivare alla risoluzione del problema, questo esem-pio ci mostra chiaramente come questa tecnologia può essere applicata, i moltissimi parametri che possono creare forme complesse; difficili da re-alizzare nel mondo reale. Sono presenti ancora dei forti contrasti tra le soluzioni formali date dal software e la capacità degli architetti ed ingegneri di realizzarle.

7. CONSTRUCTION SCALE ADDITIVE FABRICATION

Le tecnologie di prototipazione rapida possono soddisfare tutti i vantaggi che offre la prototipazione virtuale, l’analisi e l’ottimizzazione possono of-frire una realtà costruttiva sostenibile, dovuta alla completa fedeltà al file cad. Quando il rapid building ed i materiali utilizzati avranno raggiunto una maturazione dal punto di vista tecnologico, ci sarà la possibilità di inte-grare passivamente ed attivamente le tecnologie nell’edificio, incorporan-do una costruzione sostenibile sia nella fabbricazione sia nelle tipologie tecnologiche dell’edificio; anche se i muri non sono rettilinei ma freeform non comportano un’aumento della spesa di costruzione, permettendo una maggiore libertà formale per le facciate e per gli interni ed allo stesso tem-po garantendo un’adeguata illuminazione e ventilazione. Lo spessore del muro non deve necessariamente essere costante e la parte interna può essere svuotata e plasmata così che da avere un risparmio di materia e contemporaneamente aumentando l’isolamento termico e la modalità di-stributiva dei carichi.I giunti tra due elementi possono essere fabbricati direttamente, già con un sistema che non permette infiltrazioni d’acqua o ponti termici. Aperture e condutture già facenti parte della struttura dove si dovrà solamente inserire porte, finestre, tubazioni.Alcuni di questi aspetti sono stati dimostrati dalla realizzazione di una co-lonna con D-shape. E’ il primo prototipo delle caratteristiche formali, strut-turali e tecnologiche che saranno utilizzate per la creazione di un edificio in Sardegna “Villa delle Rocce”. La colonna alta 3.2 metri dimostra l’integra-zione ottenuta tra le parti cave per un risparmio di materia e quelle piene che garantiscono un’adeguata resistenza tensionale.

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processo di ottimizzazione strutturale_software BESO

Pisa_colonna per Villa delle Rocce

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8. CONCLUSIONE

Abbiamo visto come il rapid building può realmente fabbricare forme complesse; non Euclidee con una notevole complessità formale interna ed esterna. Abbiamo dimostrato come gli strumenti di ottimizzazione e di analisi riescono a fornirci soluzioni che garantiscono l’utilizzo del massimo potenziale dal materiale usato.L’integrazione di sistemi attivi e passivi riescono a migliorare le performan-ce dell’edificio, tramite la variazione della densità e della geometria pos-siamo soddisfare diverse situazioni esigenziali dell’edificio, permettendo di avere una forte sostenibilità.Dalla prototipazione rapida stiamo avendo delle risposte tangibili e concre-te aiutata anche dai software di progettazione. Presto queste tecniche ci potranno consegnare architetture che potranno realmente competere con altri sistemi edilizi, aumentando la sostenibilità e diminuendo la produzione di anidride carbonica. Combinando i vantaggi dell’uso di materie rinnovabi-li, non inquinanti e con un basso spreco durante il processo di costruzione potremmo realmente abbattere lo spreco di energia.In un futuro molto prossimo alcune di queste tecnologie analizzate potran-no realmente assemblare interi edificii e avranno la straordinaria possibilità di soddisfare la forte necessità di eco-sostenibilità dell’industria edile mon-diale.Tra le tecnologie di Rapid building analizzate, quella del D-shape a nostro parere è la più promettente, essendo fondato su tecnologie semplici e re-almente ecosostenibile.

D-SHAPE«Guardi che sarà pure un business, ma questa è prima di tutto un’invenzione».Dice Enrico Dini, geniaccio, ingegnere, inventore, mentre prende un bel respiro e avvia la macchina con cui punta a sostituire le colate di calce-struzzo con il «visto si stampi» e le vertigini di cantiere con l’edilizia modello tipografia. Il foglio è spesso un centimetro ed è steso per dieci metri quadri senza un’ombra di piega. L’inchiostro invece è trasparente, a metterselo sulla lingua sa di acqua salata, e anche all’odore ricorda i bagni termali di Saturnia o di Montecatini. D’altronde non siamo lontani: l’azzardo tipografi-co cui stiamo per assistere è ospitato in un capannone di Bientina, a pochi chilometri da Pontedera, tra i campi della provincia pisana. E toscana è pure la sala comandi: un guru e quattro seguaci che sembrano pronti per il remake di Amici miei, e invece sono qui per cambiare il mondo, o almeno il modo in cui l’abbiamo abitato finora. Sì, perché il foglio in realtà è uno stra-to di sabbia, l’inchiostro un collante a miscela di cloruri, e a essere stampati non sono documenti in formato extralarge ma cinque fette di una colonna di pietra destinata a stravolgere l’immaginario di architetti e costruttori. L’in-gegner Dini, estroso capocordata di questo drappello di pionieri, la spiega semplicemente così: «Oggi è normale costruire strutture di legno, torri di cemento, pa-lazzi di vetro. Fra qualche anno sarà normale stamparsi una casa di roccia».

1. INTRODUZIONE

A partire dal XIX secolo, l’industria edile ha usato come materiale da co-struzione il cemento Portland colato in casseformi contenenti armature in acciaio, per creare murature ha usato pietre e mattoni. Malgrado l’utilizzo di macchinari da costruzione come gru, pompe, betoniere, “stampi”, l’indu-stria edile attualmente si serve dell’intervento manuale di costruttori profes-sionali che con la loro manodopera traducono il progetto dell’architetto in realtà. La tecnologia costruttiva di oggi non permette sempre di realizzare

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fratelli Dini, geniacci toscani

Z-corp_3D

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D-shapele free-form realizzate con i più avanzati software di modellazione. Questi nuovi software 3D permettono all’architetto di concepire e progettare la sua idea di costruzione facilmente, ma gli esistenti metodi di costruzione impediscono di raggiungere la piena potenzialità che può essere espressa dai nuovi software di modellazione. I materiali esistenti, come cemento ar-mato e murature, sono troppo costose e non escono dalla logica costruttiva del portale. Per esempio, per costruire una superficie complessa (nurbs) sarebbe necessario la realizzazione di stampi o costose casseforme a per-dere munite di apposite complesse armature.La stereolitografia, conosciuta anche come stratificazione o stampa 3D, permette la creazione di oggetti tridimensionali provenienti da file CAD e viene già utilizzata per la prototipazione rapida.Oggi viene utilizzata per la fabbricazione di piccoli oggetti. Questi modelli di edifici in scala sono stati creati da una stampante Z-Corp 3D le quali utiliz-zano questo metodo. Per creare lo stesso edificio in scala reale si necessi-ta solamente di una stampante dalle giuste dimensioni e un buon legante. Con l’introduzione della tecnologia D_shape Dini ha dato il via all’applica-zione di questo processo su ampia scala; dichiarando: “Con il D-shape faremo in modo che gli architetti possano realizzare le costruzioni progettate utilizzando una macchi-na robotica che si serve della tecnologia di progettazione CAD-CAE-CAM e che è in grado di costruire opere architettoniche. Questo permetterà un livello di precisione e di libertà mai avuto prima e le limitazioni dei costruttori e dei muratori non saranno più d’intralcio alla visione degli architetti”.

2. D-SHAPE LA RIVOLUZIONE COPERNICANA

Questa figura mostra come «Radiolaria» è apparsa proprio dopo il pro-cesso «di stampa» durato due settimane e dopo la rifinitura manuale di una settimana. Si tratta di una struttura monolitica stampata usando strati di sabbia di uno spessore di circa 5-10 mm tenuti insieme da un nuovo e rivoluzionario legante inorganico. Si tratta del primo esempio in assoluto di stereolitografia classica applicata all’industria edile e rappresenta una grande innovazione sia del prodotto che del processo. Questo gazebo è stato progettato dall’architetto londinese Andrea Morgante ispirandosi a un piccolo micro aimler Smart della stessa cilindrata sviluppa una potenza di 85 cavalli e una velocità di 145 km/h max. queste due macchine, oltre ad avere quattro ruote, hanno una cosa molto importante in comune: un motore interno a combustione. Probabilmente la stampante concepita da Dini si trova a un livello analogo a quello raggiunto dai pionieri del settore automobilistico oltre un secolo fa, ma l’inventore ritiene che almeno due concetti si ritroveranno ancora nelle stampanti del futuro: • il principio di usare collanti ecologici e inorganici a basso prezzo come un getto d’inchiostro opera su un foglio di carta; • il principio di stampare una struttura di contenimento dal momento che questo rende la macchina leggera e di facile assemblaggio.Dini ritiene inoltre che supportata da investimenti adeguati e da partners giusti lo sviluppo sarà rapido. Dini punta a sviluppare una stampante da cantiere e non da laboratorio. Una macchina resistente e affidabile; sofi-sticata ma facile da usare; con un rapido avviamento meccanico, elettrico, elettronico, di minimo ingombro e luce; di facile assemblaggio e smontag-gio; con un funzionamento a costi ridotti, con la possibilità di usare collanti ecologici e sabbie locali per ridurre l’impatto ambientale; una macchina modulare in grado di stampare costruzioni grandi e piccole basata su una tecnologia aperta a grandi margini di miglioramento essa potrà essere svi-luppata dai futuri ricercatori grazie alla semplicità dell’idea di fondo; una macchina capace di stampare strutture sbalorditive e resistenti. Una tecnologia concepita per garantire un giusto equilibrio tra il genere umano e l’ambiente grazie alla sua ecosostenibilità e alla sua bellezza ot-tenuta con costi ridotti. Questa tecnologia potrebbe rivoluzionare il modo di progettare e di costruire degli architetti.

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Pisa_Radiolaria design by A.Morgante

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3. DESCRIZIONE DEL PRODOTTO E DEL PROCESSO

Dopo 4 anni di ricerca e sviluppo Dini ha recentemente testato con suc-cesso un prototipo che garantisce una capacità di stampa 6X6 m. Questo permette la realizzazione di veri edifici di sabbia solidificata costruiti senza l’intervento umano usando una stampante 3D che necessita di sabbia e un legante inorganico. Vista dall’esterno D-Shape appare come una grande struttura in alluminio al cui interno verrà realizzata la costruzione. Il CAD-CAM software guida il macchinario durante il processo di realizzazione e questa struttura sorregge il braccio di stampa che è il cuore di questa nuova tecnologia. La macchina è composta da un piano rigido di dimensioni 6X6 m. che si solleva lungo 4 colonne. Queste possono avere una lunghezza che può raggiungere i 12 metri. Ogni angolo del piano è munito di un mo-tore di sollevamento elettro-pneumatico controllato da un decoder con una risoluzione di 0,1 mm. Il piano sorregge una trave che a sua volta sorregge la testa della stampante composta da 300 valvole che spruzzano un inchio-stro che solidifica la sabbia. Gli augelli sono posizionati con un interasse di 20 mm. e possono creare un tracciato di stampa la cui larghezza dipende dalla velocità con cui si muove il braccio di stampa, dalla pressione con cui viene spruzzato il legante e il diametro degli augelli. Malgrado le sue dimensioni, la struttura è leggera, di facile trasporto e assemblaggio; può essere assemblata e disassemblata da due operai . L’area di stampa che attualmente è di 6X6 m. potrebbe essere indefinita in quanto essa dipende dal limite strutturale della struttura che sorregge la testa della stampante. La velocità di stampa del braccio può variare da 0 a 500 mm/sec. Essa può scorrere lateralmente fino a 20 mm. per coprire il vuoto lasciato tra un augello e l’ altro. Questo significa che per stampare la sezione completa, la testa della stampante deve essere spostata in avanti o indietro di 20 mm. per coprire l’intera area di stampa.

4. IL MATERIALE

All’inizio della ricerca Dini ha brevettato un sistema basato sull’uso di una resina epossidica spruzzata da un augello su uno strato di sabbia deposi-tato su di un perimetro chiuso. Subito ha ottenuto ottimi risultati in termini di risoluzione di stampa ma il risultato finale era un oggetto costoso, in-fiammabile e molto inquinante. Inoltre la macchina operava lentamente e gli augelli venivano sottoposti ad una forte e costosa manutenzione dovuta al deterioramento della parte organica della miscela. Le resine epossodi-che e poliuretane possono fungere perfettamente da legante ma non sono ecosostenibili sia per ragioni di produzioni sia per gli sprechi durante la lavorazione; producono una materia finale infiammabile e rilasciano un gas tossico. Le resine necessitano anche di un preciso rapporto tra il legante e il materiale granulare, che aumentano notevolmente i costi di produzione delle testine che depositano il legante. Inoltre le augelli necessitano di una accurata e frequente manutenzione, pulizia e una sostituzione periodica delle componenti nelle quali si mescolano i leganti. Un altro svantaggio dell’uso di resine come legante è il basso modulo di elasticità del conglome-rato finale, il quale crea una forte deformabilità della struttura. Così Dini ab-bandonato questo metodo ha iniziato una ricerca di un legante che potesse soddisfare la sua idea di materiale perfetto ovvero: inorganico, economico, ecologico e con una bassa viscosità da poterlo utilizzare come inchiostro e capace di dare le giuste caratteristiche meccaniche al conglomerato. Dini non è stato in grado di trovare niente di simile sul mercato pronto all’uso, ma ha trovato qualcosa di simile per i suoi scopi nell’industria delle pietre artificiali. Aiutato da chimici esperti, è stato sviluppato un inchiostro strut-turale, con bassa viscosità, alta tensione superficiale e con straordinarie capacità reticolari con l’aggiunta di un catalizzatore. Questa volta Dini è stato capace di sviluppare un legante liquido-solido inorganico dove la par-te liquida è rilasciata dagli augelli e la parte solida si trova mescolata con

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Pisa_particolare augelli

Pisa_magnesio ossido_sabbia dolomitica

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D-shapela sabbia. Il catalizzatore è una materiale solido ridotto in polvere, il quale è mischiato con la parte granulare del legante. In particolare il catalizzato-re ha una granulometria minore rispetto a quella della materia granulare. Questo fattore aiuta ad aumentare la resistenza del conglomerato ottenuto, in quanto il catalizzatore occupa gli spazi vuoti lasciata dalla parte solida del legante. La parte liquida del legante ha una bassa viscosità, inoltre il liquido ha un’alta resistenza tensionale superficiale. Questa permette una rapida apertura e chiusura degli augelli. Il materiale granulare può avere una granulometria tra gli 0.01 mm. e 0.65 mm. I materiali con questo range di granulometria si possono trovare facilmente sia da pietre calcaree sia da materiali di scarto di altre produzioni. Il materiale granulare non è inerte durante la reazione di catalisi ma al contrario è coinvolta attivamente e profondamente. Perciò il materiale ottenuto da questo procedimento non è un comune calcestruzzo, cioè un materiale con una bassa resistenza a trazione dove l’inerte è tenuto insieme fragilmente, ma al contrario si crea un materiale che richiama la struttura di una pietra microcristallina, la quale dimostra una forte resistenza, anche a trazione dovuta alla sua struttura interna. Inoltre la reazione di catalisi è così rapida che permette al conglomerato di maturare in breve tempo e di acquisire quasi già da subito una resistenza vicina al suo valore ultimo, questo permette di velocizzare il percorso di costruzione.

5. IL PROCESSO

Il processo di costruzione inizia con l’architetto che progetta la forma uti-lizzando un CAD 3D. Il file 3D viene poi convertito in un STL file (STeroLi-tography) poi viene importato nel programma che controlla D-shape. Per dimostrare come D-shape sia la parte mancante tra le idee del mondo ar-chitettonico e il mondo del fare costruzioni riportiamo il progetto dell’archi-tetto Andrea Morgante; il primo ad utilizzare questa tecnologia. L’oggetto del progetto è il gazebo a forma di radiolaria. Il processo di costruzione con D-shape è simile a quello di stampa perché si procede con una stesura di legante su di uno strato di sabbia. Questo è simile a quello che fa una stampante ad inchiostro su un foglio di carta. Così permette all’architetto di pensare senza vincoli costruttivi alle sue forme strutturali. Il processo av-viene in un’unica sessione non-stop partendo dalle fondazioni ed arrivando fino al tetto senza tralasciare le scale le partizioni interne dei muri, superfici concave e convesse, bassi rilievi, colonne, statue e le cavità per i vari im-pianti. Durante il processo di stampa di ogni sezione le testine depositano l’inchiostro strutturale sulla sabbia. Il processo di solidificazione dura 24 ore. La stampante inizia dal basso della costruzione e si solleva di volta in volta di 5-10 mm.

6. D-SHAPE IL PROFILO SOCIETARIO

D-shape è nata nel 2007 come Mono-lite UK Ltd, con lo scopo di produrre e vendere Rapid Building 3D. La D-shape Ltd detiene il brevetto della tecno-logia e il relativo knowhow. In un futuro prossimo D-shape competerà con i tradizionali metodi costruttivi che usano cemento armato, mattoni e sassi.Secondo la visione dell’inventore, D-shape Ltd diventerà una compagnia leader con piccole filiali in diversi stati del mondo e sostanzialmente offri-ranno un servizio e R&D company.

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Pisa_legante su strato di sabbia

Pisa_particolare della superficie

Pisa_postazione di controllo_Dini jr.

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7. IL FONDATORE

Enrico Dini è il fondatore di D-shape Ltd. ed ha inventato,sviluppato e bre-vettato, la tecnologia D-Shape. Lavora a tempo pieno come tecnico re-sponsabile del progetto.Nato a Pisa nel 1962 si è laureato in ingegneria civile all’ università di Pisa.La sua famiglia viene da una lunga tradizione di matematici, scienziati e in-gegneri. Il nonno Ulisse Dini, famoso matematico, che compose numerosi scritti sulle superfici geometriche equazioni e teoremi di analisi infinitesima-le. Il padre Egisto insegnava ingegneria dell’automazione a Pisa, e prima era il capo del dipartimento di calcolo della Piaggio. Ha fatto parte anche del gruppo di ricerca di Corradino D’ Ascanio inventore dell’ elicottero, Ve-spa e dell’ Ape.Durante la sua cariera lavorativa, Dini si è occupato della robotica ed au-tomazione di macchine industriali come: saldatrici, fresatrici, sgrossatrici, macchine incollanti, manipolatori per macchine inniettrici. Specializzato nella robotica dell’industria di calzature ed ha fatto parte di molti gruppi di ricerca finanziati dallo stato e dalla regione.Enrico Dini coopera con la scuola Superiore di Sant’Anna, con il diparti-mento tecnologico della Normale di Pisa e con il dipartimento di ingeneria di Pisa Ulisse Dini.

8. SCHEDA TECNICA

Dimensioni totali: 7.5 x 7.5 m Altezza: 3-6-9-12-18 metri Massima area di stampa : 6 x 6 m Numeri di augelli: 300 a 20 mm d’ interasse Nozzle intervention time: 10-15 msec Comandi e controlli: PC-PLC Siemens operating via Profibus communica-tion protocolPeso : (senza alimentatore): 1.300 kgPeso: con alimentatore: 5000 kgPotenza: 380 V-220 V - 50Hz Consumo energia: (senza alimentatore: 2kWMassima energia consumata:(includendo alimentatore): max 40 kW Granulometria min/max: 0,1- 60 mm (0,3 mm during first test) Produttività: 15 cm/giorno: (effettiva durante i test) - 30 cm (teorica) con 2 turni.Personale necessario per far funzionare la macchina: 2Dimensioni Pixel: 5 mm Strato mimimo di sabbia: 5 mm +/- 0,5 mm Srato massimo di sabbia: 60 mmRisoluzione teorica di stampa: 25 dpi Risoluzione effettiva durante i test: 4-6 dpi

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Pisa_nuovo prototipo di D-shape

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D-shapeLEGANTE INORGANICO VS. ORGANICO

1. RESINE EPOSSIDICHE E RESINE POLIURETANICHE

Le resine epossidiche sono sostanzialmente dei polieteri, ma mantengono questo nome sulla base del materiale di partenza utilizzato per produrle e in virtù della presenza di gruppi epossidici nel materiale immediatamen-te prima della reticolazione. Queste resine sono del tipo termoindurenti, opportunamente catalizzate, danno origine a polimeri ad alte prestazioni ampiamente utilizzati nella costruzione e manifattura di articoli tecnici.Le resine epossidiche associano alle eccellenti proprietà meccaniche un ottimo potere adesivo, caratteristiche di isolamento elettrico e di resistenza agli agenti chimici. Esse hanno un bassissimo ritiro, un’ottima resistenza alla temperatura ed un’elevata insensibilità ai substrati alcalini ed all’umidi-tà, sia prima che dopo l’indurimento.Le resine epossidiche, opportunamente formulate, sono particolarmente indicate per il trattamento di supporti metallici, per l’adesione anche in pre-senza di umidità o per substrati alcalini, come il calcestruzzo.Il loro principale utilizzo è nel campo dei rivestimenti, in quanto queste resine combinano proprietà di flessibilità, adesione e resistenza chimica praticamente ineguagliabili. Vengono utilizzate anche come adesivi, schiu-me e pavimenti industriali.Le resine epossidiche possono essere formate e laminate e permettono di creare articoli in materiale rinforzato con fibra di vetro che hanno carat-teristiche meccaniche, elettriche e chimiche migliori di quelli ottenuti utiliz-zando, ad esempio, i poliesteri insaturi. Soltanto il prezzo degli epossidi impedisce un utilizzo più massiccio di questi materiali.La resina epossidica più usata è prodotta attraverso una reazione di poli-codensazione tra l’epicloroidrina e il defenilpropano. Si utilizza un eccesso di epicloroidrina in modo da assicurare la presenza di gruppi epossidici ad entrambi gli estremi del polimero a bassa massa molecolare (900-3000). In base al peso molecolare questo polimero è un liquido viscoso o un solido fragile alto fondente. Queste resine subiscono i processi di cura in presen-za di innumerevoli materiali tra cui poliammine, poliammidi, fenol-formal-deide, urea-formaldeide, acidi e anidridi acide. Le reazioni che hanno luogo possono essere reazioni di accoppiamento o di condensazione.Le resine epossidiche sono protagoniste di una delle storie più straordi-narie dell’industria della plastica. A partire dalla loro introduzione oltre 50 anni fa, si può dire che si siano affermate nel tempo come il gruppo più versatile di prodotti dalle elevate prestazioni mai sviluppato prima. Le loro applicazioni variano dagli elettrodomestici ai progetti edilizi su vasta scala, dall’industria tessile ai satelliti, dai rivestimenti interni di contenitori per cibi e bevande ai rivestimenti esterni di strutture marine.Poiché si tratta di un gruppo di resine sintetiche, il loro stato fisico può variare da liquido a bassa viscosità a solido ad alto punto di fusione. Quan-do vengono reticolate con un gran numero di agenti indurenti o induritori, possono formare una vasta gamma di materiali con caratteristiche uniche, fornendo in tal modo un contributo considerevole ai principali settori indu-striali.La resina epossidica termoindurente per poliaddizione (EP) è un formulato a due componenti: • resina epossidica (derivati dagli idrocarburi); • indurente adatto (legante epossidico).Caratteristiche: • buona resistenza alla maggior parte dei prodotti chimici; • resistenza relativamente buona agli acidi; • buona aderenza al supporto; • buona resistenza meccanica all’urto e all’usura; • basso ritiro durante l’indurimento; • relativa insensibilità all’umidità, a seconda della formulazione.

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Resine Epossidiche

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Le resine poliuretaniche si suddividono in: resine caricate e resine pure con possibilità di caricare a parte.Nel primo caso i sistemi disponibili sono di comune impiego nella realiz-zazione di modelli e/o negativi e sono pertanto formulati per offrire elevata copiabilità, per avere compattezza, resistere all’usura (ad esempio provo-cata dalla sabbia per fonderia) e per avere buona stabilità dimensionale nel tempo.Nel secondo caso ovvero nei poliuretani puri, di comune impiego nella re-alizzazione di modelli, prototipi, dime di taglio, negativi e oggettistica, la formulazione tiene conto di parametri fondamentali quali la bassa viscosità, la facilità d’impiego dovuta al rapporto 100:100, la facile caricabilità del sistema.In entrambi i casi le resine poliuretaniche sono studiate per essere impie-gate con estrema facilità (confezioni pre dosate, e nel caso dei poliuretani caricati, con spazio necessario alla miscelazione all’interno del contenitore della resina), l’assenza di odore da utilizzo di solventi o plastificanti di bas-sa qualità.La resina poliuretanica termoindurente per poliaddizione (PUR) è un for-mulato a uno o due componenti: • resina poliuretanica (derivati dagli idrocarburi); • umidità ambiente - o indurente adatto (legante poliuretanico).Caratteristiche: • elasticità variabile in funzione dei componenti; • buona resistenza alla benzina ed agli oli minerali; agli acidi e ai solventi in funzione della formulazione; • buona resistenza all’urto, all’usura e buone caratteristiche meccaniche generali; • indurimento relativamente rapido; ritiro all’indurimento praticamente nullo; • sensibilità all’umidità del supporto e dell’ambiente; • temperatura di applicazione minima10°C.

2. LITOGENESI E FORMAZIONE DOLOMITI

La litogenesi è il processo di formazione delle pietre e delle rocce.Il ciclo litogenetico (anche litogenesi o ciclo delle rocce) è il modello che rappresenta le relazioni genetiche delle rocce tra loro e col magma nell’am-bito della crosta terrestre.Le rocce ignee sono dette primarie in quanto sono le uniche che derivano dal magma e non da altre rocce, per cui si perde la memoria della struttura precedente.Le rocce metamorfiche sono comunque al termine della storia di un mate-riale roccioso. Infatti, prima di subire anatessi a causa della profondità cui sono portate e trasformarsi in magma le rocce devono subire metamorfi-smo regionale.Si può descrivere schematicamente il ciclo litogenetico partendo dal pro-cesso magmatico: il magma raffreddandosi e consolidandosi origina rocce intrusive o effusive e provoca sulle rocce circostanti un processo di meta-morfismo di contatto.Le rocce intrusive possono essere sollevate fino a raggiungere la superfi-cie terrestre dove, insieme alle rocce effusive sono aggredite dagli agenti esogeni ed entrano nel ciclo sedimentario.I sedimenti che si accumulano vengono sepolti e per diagenesi formano le rocce sedimentarie. Quest’ultime, come le stesse rocce magmatiche ori-ginarie, possono essere seppellite sotto altri strati di sedimenti e spinte in profondità all’interno della crosta terrestre o essere coinvolte in processi di formazione di una catena montuosa; si trovano così coinvolte in un proces-so metamorfico.Quando poi le rocce, spinte a maggior profondità, solitamente a causa della subduzione della placca tettonica in cui si trovano, sono sottoposte a un aumento di temperatura e pressione tale da provocare il fenomeno dell’anatessi, ossia una loro fusione, si forma nuovo magma e il ciclo si

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magma

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D-shapechiude, ricominciando.Non sono possibili molti altri percorsi: • le rocce sedimentarie possono essere erose e risedimentarsi a loro volta; • le rocce magmatiche possono essere metamorfosate senza subire il processo sedimentario; • le rocce metamorfiche possono essere aggredite dagli agenti esogeni, senza subire una fusione, risultando in materiale detritico che sedimente-rà.Le Dolomiti prendono il nome dal naturalista francese Déodat de Dolomieu (1750-1801) che per primo studiò il particolare tipo di roccia predominante nella regione, battezzata in suo onore dolomia (carbonato doppio di calcio e magnesio).La dolomia e quasi tutte le rocce che affiorano nella zona dolomitica si sono formate in fondo al mare durante quello che viene chiamato “proces-so litogenetico” (o della formazione delle rocce). Ben diverso è il “processo orogenetico”, in cui si ha la formazione delle montagne e che, nel caso delle Dolomiti, è separato da quello litogenetico da ben 100-150 milioni di anni.L’innalzamento delle rocce dolomitiche è tutt’ora in corso e si prevede che nel futuro ingloberanno nuovi settori di rocce sospinte dallo scontro tra le placche europea e africana; al termine di questa spinta prevarranno gli agenti esogeni tendenti ad appianare e addolcire il paesaggio montano. La successione delle rocce stratificate che affiora nelle Dolomiti si è for-mata a partire dal Permiano, circa 270-280 milioni di anni fa, in un periodo nel quale la nostra regione appariva come un’ ampia pianura alluvionale dal clima arido e caldo, dove i fiumi accumulavano detriti di vario genere, trasformatisi in seguito in solida roccia, nota come Arenaria di Val Garde-na. Questa, ad ovest della Val Badia e della Valle del Cordevole, poggia su di un potente basamento di porfidi, risultato di colate vulcaniche e nubi ardenti, mentre ad est del suddetto allineamento, essa giace direttamente su antichissime rocce metamorfiche, dette filladi quarzifere.Circa 255-260 milioni di anni fa, il mare invade la regione determinando ini-zialmente il formarsi di depositi salini, bianchi e farinosi, e poi di sedimenti scuri detti Formazione di Bellerophon.Circa 235 milioni di anni fa, nell’ Anisico, alcune zone si sollevano ed emer-gono dal mare, formando isole. Alla fine dell’Anisico, però, tutta la zona subisce un lento processo di sprofondamento (la “subsidenza”), che ovvia-mente fa sprofondare anche quelle isolette, sulle quali attecchiscono co-munità organogene, dal momento che il clima, ora, è di tipo tropicale, con acque calde, limpide e ben aerate. Si tratta di primitive scogliere coralline che cercano di tenere il passo della subsidenza per rimanere costante-mente a pochi metri di profondità e che oggi costituiscono alcune delle più famose montagne dolomitiche quali lo Sciliar, il Latemàr, la Marmolada, il Catinaccio, le Pale di S. Martino, le Odle, il Putia e la parte inferiore della Civetta. La roccia di cui sono formate è detta Calcare della Marmolada o Dolomia dello Sciliar a seconda della composizione chimico-mineralogica (nei profondi bacini adiacenti, contemporaneamente, si accumulano sedi-menti detti Formazione di Livinallongo).Alla fine del Ladinico, 230 milioni di anni fa, si formano due grossi vulcani che emergono dall’ acqua (uno vicino Predazzo e uno nei pressi della Val di S. Nicolò) e dai quali fuoriesce un’ enorme quantità di lava e tufi che si riversa lungo i pendii delle scogliere riempiendo così i bacini marini. Interi gruppi sono formati da queste rocce vulcaniche: la catena del Padòn, il M. Pore e il Piz del Corvo, il Col di Lana, La Cima di Pape, il sottogruppo Colac-Buffaure.Subito dopo si verifica un brusco abbassamento del livello del mare che determina l’emersione delle scogliere, dei banchi carbonatici e degli edifici vulcanici. Ovviamente le nuove condizioni subaeree portano alla fine del delicato ecosistema “di scogliera” e i vari edifici vulcanici vengono spianati dall’ erosione e i detriti finiscono di riempire i bacini. In zone più lontane dai vulcani, comunque, persistono ampie aree bacinali.

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Dolomiti

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Adesso sono fenomeni tettonici a sconvolgere la regione: si formano faglie che portano alla deformazione, al piegamento e all’accavallamento delle rocce precedentemente deposte. Probabilmente furono assai comuni ter-remoti, maremoti e grandi frane sottomarine.Una volta terminata questa turbolenta fase, la zona dolomitica torna ad essere un tranquillo mare tropicale nel quale prosperano coralli, alghe e spugne. Il risultato è che inizia a formarsi una nuova generazione di sco-gliere e piattaforme carbonatiche, questa volta di età carnica (la così detta Dolomia Cassiana), molto meno sviluppata in altezza e più in larghezza (il fondo infatti è più regolare e c’è meno subsidenza). Da queste rocce sono formate, per esempio, il Settsass, il Picco di Vallandro e la parte inferiore del Sella. Nei bacini adiacenti, invece, si vanno accumulando i fini prodotti delle erosioni delle rocce vulcaniche mescolati a particelle calcaree di varia natura: è questa la Formazione di S. Cassiano, notevolissima per via della straordinaria quantità di fossili in essa contenuti.224 milioni di anni fa, alla fine del Carnico, un nuovo forte abbassamento del mare determina la fine dello sviluppo delle scogliere e un ulteriore ri-empimento dei bacini: la regione torna ad essere un’area piatta, in parte marina, in parte costiera. Su questa superficie si deposita la Formazione di Raibl, di spessore modesto e dal vivace colore rosso-verde. E’ costituita di questi sedimenti la cengia che taglia tutto il Sella a metà altezza, come pure la base della Tofana di Rozes e delle 5 Torri.Con il Norico, 223 milioni di anni fa, in un mare sottile e caldo, in continua subsidenza, si deposita, metro dopo metro, una potente successione di dolomie stratificate, la Dolomia Principale (il suo spessore è di ben 1000 metri) che oggi costituisce alcune delle cime più famose delle Dolomiti ca-dorine e bellunesi: le Tre Cime di Lavaredo, il Cristallo, il Pomagagnon, la Croda da Lago, le 5 Torri, la Civetta e molte altre ancora.Giungiamo così alla fine del Trias e all’inizio del Giurassico: tutta l’ Italia è coperta dal mare ed il clima diviene umido, di tipo marino. Non ci sono più dolomie o depositi salini, ma calcari grigi, ben stratificati, di cui sono costi-tuite la parte sommitale del Pelmo, della Civetta, dell’ Antelao ecc.Tra 170 e 135 milioni di anni fa, la regione sprofonda ulteriormente e si hanno i depositi di Ammonitico Rosso (un calcare caratterizzato dalla pre-senza delle ammoniti), mentre con il Cretaceo, l’ultimo periodo dell’era Me-sozoica, si depositano le rocce più giovani della nostra regione (le Marne del Puez, materiali teneri e di colore grigio-verde) e terminano così le ulti-me pagine del libro che ci racconta la storia geologica delle Dolomiti.Fu in un’epoca relativamente recente nella storia della geologia delle Do-lomiti che questi monti presero il nome che a tutt’oggi li contraddistingue: Dolomiti. Nel 1788 il geologo e mineralista francese Déodat Tancréde de Dolomieu legò il suo nome in modo inscindibile a queste montagne. Egli individuò la composizione chimica di queste rocce alpine, scoprendo che il minerale che le costituisce è il carbonato doppio di magnesio e calcio. Do-lomieu distinse così la Dolomite dal più comune calcare, ne ebbe la prova scientifica quando inviò dodici campioni di minerale a Nicolas De Saussu-re. Il mineralista accreditò così definitivamente a Dolomieu la scoperta di questa nuova roccia.Lo scenario dolomitico è il risultato della particolare storia geologica di que-sta regione montuosa. Nelle Dolomiti si trovano, infatti, associate due tipi di rocce, quella dolomitica e quella vulcanica, che normalmente non lo sono perché derivano da processi e da ambienti totalmente diversi. Siccome la roccia dolomitica è molto più resistente agli agenti della degradazione meteorica (sole, pioggia, gelo, scorrimento delle acque) rispetto alle rocce vulcaniche, le quali si alterano e infrolliscono facilmente, risulta che i pallidi e torreggianti picchi dolomitici si trovano vicino o emergono dalle verdi valli e dai dolci pendii, dove invece stanno le scure rocce di origine vulcanica.

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D-shape3. REAZIONE DI CATALISI

La catalisi (dal verbo greco καταλύειν, che significa rompere, sciogliere) è un fenomeno chimico attraverso il quale la velocità di una reazione chimica subisce delle variazioni per l’intervento di una sostanza (o una miscela di sostanze), detta catalizzatore, che non viene consumata dal procedere della reazione stessa.Con il termine catalisi si intende anche una branca della chimica, afferente in particolare alla chimica industriale, che studia sintesi, caratterizzazione, design e messa a punto di molecole adatte a coprire il ruolo di catalizza-tori per il miglioramento o anche la messa in atto stessa delle più svariate reazioni.Il principio generale della catalisi consiste nella variazione del meccanismo di reazione, e quindi dei vari “salti” (corrispondenti al valore dell’energia di attivazione) che i reagenti devono compiere per arrivare ai prodotti. L’ef-fetto della catalisi è di natura cinetica, e non termodinamica: l’azione del catalizzatore infatti modifica gli stadi intermedi di una reazione, ma non ne modifica gli stati finali. Questo significa che la catalisi non influisce sulla possibilità o meno che una reazione ha di svolgersi.Nella maggioranza dei casi sfruttati nella pratica, la catalisi conduce a per-corsi di reazione caratterizzati da una minore energia di attivazione totale, con un conseguente aumento della velocità di reazione; ci sono anche casi in cui l’intervento di un catalizzatore implica meccanismi che abbassano la velocità: si parla in questo caso di catalisi negativa o inibizione (e il cataliz-zatore vien più propriamente chiamato inibitore della reazione).In base alla fase in cui si trova il catalizzatore, si hanno due tipi di catalisi: • catalisi omogenea: se il catalizzatore è disciolto nel mezzo di reazione, cioè si trova nella stessa fase (ad esempio liquida) in cui sono presenti i reagenti; • catalisi eterogenea: se il catalizzatore e i reagenti non sono nella stessa fase (ad esempio se il catalizzatore è un solido finemente disperso in un ambiente di reazione fluido).

INTERVISTA ALL’ARCH. ANDREA MORGANTE

Come sei venuto a conoscenza della tecnologia sviluppata da D-shape?In modo abbastanza casuale e paradossalmente fortuito. Nel 2007 un ingegnere italiano entrò in contatto con Future Systems sapendo che un architetto italiano lavorava lì da anni (il sotto-scritto) con l’obiettivo di sviluppare un oggetto non ben definito che avrebbe quindi stampato come primo prototipo assoluto. Ebbi allora la fortuna di incontrare Enrico Dini, fondatore di D-shape. Accettai l’incarico come impegno personale poiché al tempo lo studio non avrebbe accettato mai un progetto “speculativo”, come si dice qui. Insomma, non pagato. La tecnolo-gia all’epoca sembrava folle, ma ancora più folle sarebbe stato non supportare chi con tanta passione e coraggio voleva rendere questo sogno realizzabile. Da quel giorno si è anche instaurata una profondissima amicizia con Enrico, un genio toscanaccio che molto ricorda il coraggio e l’incosciente creatività di illustri predecessori toscani come poteva essere Brunel-leschi. Ci incontriamo spesso a Londra, magari in qualche pub, parlando sempre di progetti rivolti al futuro.

Il progetto di Radiolaria è precedente alla scoperta della tecnologia mega-printing o è stato sviluppato espressamente per indagarne e esaltarne le potenzialità? Se era precedente, come immaginavi di realizzarlo? Attende-vi una tecnologia adeguata?E’ da ormai molti anni che lo sviluppo di software tridimensionale allarga costantemente gli orizzonti dei progettisti, ma la realtà è che la tecnologia costruttiva è rimasta gravemente qualche passo indietro. Il rapid-prototyping ha certamente aiutato a concretizzare molte vi-sioni digitali, ma sempre ad una scala ridotta e priva di qualsiasi funzionalità se non quella di illustrare in scala ridotta la complessità tipologica creata dall’architetto. D-shape ha colto questa fondamentale vuoto nel mercato costruttivo e per prima si è incaricata di sviluppare questo strumento in grado di formalizzare in modo solido e funzionale complessi modelli digi-tali. Il progetto Radiolaria è quindi stato sviluppato per la prima volta pensando alle specifiche potenzialità di questa macchina.

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Come è stato costrutito il modello 3d? Che software hai utilizzato?Dopo molti tentativi, utilizzando software a modellazione NURBS (tipo Rhinoceros), ho deciso di completare il modello finale con un software a “subdivision”, poiché mi sembrava più coe-rente al tipo di fabbricazione. In specifico ho utilizzato Cinema 4D per la creazione della mate-matica finale, che è poi stata tradotta in un file STL per la stampa. Avessi utilizzato tecniche di modellazione più tradizionali non avrei dato abbastanza filo da torcere alla macchina.

Vi è un motivo che giustifichi l’assenza di armature? E’ un limite tecnico o non sono necessarie? Se fossero impiegate si potrebbero ottenere sezioni ancor più snelle di quelle di Radiolaria?Il motivo dell’assenza di armature in ferro risiede nelle proprietà intrinseche e meccaniche del materiale di stampa, un’altra sub-rivoluzione di questo metodo costruttivo. A differenza del cemento, dove l’inserimento di barre di ferro sopperisce alla mancata resistenza del cemento a sforzi di trazione, il materiale inorganico stampato è resistente anche a trazione, poiché non subisce nessun fenomeno di ritiro e quindi presenta una massa molto più compatta e meno porosa rispetto al cemento tradizionale. Chiaramente con dei limiti di carico, ma nel caso specifico di Radiolaria anche la tipologia tridimensionale è stata modellata per minimizzare i carichi che generavano un’eccessiva tensione. La geometria è alquanto armoniosa ed organi-ca sotto il profilo degli sforzi. In quest’ottica è stata coscientemente scelta una struttura simile a quella degli scheletri minerali delle radiolarie, poiché già instrinsecamente iperstatici sotto il profilo tipologico e geometrico.

Ho letto che il progetto di Radiolaria prevede dimensioni molto più genero-se (circa 10 metri di altezza): quali sono i limiti tecnici che hanno imposto di realizzare il prototipo in scala ridotta? Si tratta di vincoli tecnici o econo-mici?I vincoli sono stati prevalentemente di natura economica. Ora i tempi sono maturi per stam-pare Radiolaria in scala elevata.

Che possibili applicazioni prevedi per una simile tecnologia costruttiva?Le applicazioni sono molteplici, se si pensa alla libertà costruttiva e strutturale che il materiale offre. Per darti un esempio estremo D-shape è entrato nella lista ufficiale di possibili fornitori dell ESA (European Space Agency) poiché all’interno del loro programma di ricerca esiste un’interesse nello sviluppare soluzioni costruttive innovative sul suolo lunare. D-shape offre il vantaggio di poter utilizzare la polvere lunare come materiale di stampaggio, quindi non è pre-visto nessun trasporto di materiale, come dire…, edile, ma solo il trasporto della stampante. In modo meno esotico è facile immaginare il potenziale sostenibile di un sistema costruttivo in grado di sfruttare polveri o sabbie locali senza aggiungere al carico di utilizzo energetico il trasporto del materiale di costruzione.

Che limiti?La capacità creativa di chi è chiamato a progettare… I costi sono relativi, nel senso che se si vuole realizzare forme organiche o geometricamente complesse il costo di stampi o cas-seforme a perdere realizzate è molto alto, spesso proibitivo. E poi c’è lo smaltimento delle casseforme, spesso non più riutilizzabili.

A cosa assomiglia, una volta solidificato, il materiale utilizzato, come dire, l’inchiostro? Pensi sia plausibile immaginare anche l’impiego di altri mate-riali, per esempio plastici?Il materiale stampato varia dal tipo di inerte utilizzato. La libertà di scelta di inerti è vastissima: sabbie, polveri e sfridi di marmo fino a materiale composito. Nel caso di radiolaria è stato uti-lizzato un inerte derivante da sfridi di polveri calcaree, quindi il materiale finale è praticamente indistinguibile da un manufatto in marmo.

LE REALTÀ DEL D-SHAPE: OGGI E DOMANIÈ dei giorni scorsi, infatti, la firma di una lettera d’intenti con un gruppo di imprese di costruzione per costituire a settembre una newco che avrà l’esclusiva per commercializzare nel Mezzogiorno la tecnologia D-shape della Dinitech. «Il contratto prevede l’impegno della newco ad acquistare 30 plotter pro-dotte da Dinitech, in tre anni, e tutti i prodotti chimici che fanno parte della nuova tecnologia» spiega Lando Franchi, un commercialista del capoluogo toscano a cui l’in-gegner Dini, una volta messa a punto la tecnologia, si è rivolto per trasfor-mare l’idea in un’impresa, coinvolgendo nel capitale della Dinitech anche il gruppo Fedeli (specializzato nell’importazione e commercializzazione di prodotti chimici di base) e la Camera di Commercio di Pisa che ha il 20% del capitale della società costituita a novembre 2009 con un milione di

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D-shapecapitale sociale.«Il contratto con questo gruppo di imprenditori rappresenta la svolta che aspettavamo. A re-gime vale 30 milioni di fatturato, un milione a macchina. Se il sud ha queste potenzialità, mi aspetto che nel nord del paese la risposta possa essere ancora più forte» spiega Enrico Dini dall’Inghilterra dove spesso viene invitato a presentare la tecnologia D-shape e dove quattro anni fa ha costituito la Monolite Uk, (via internet e spendendo appena 168 sterline), titolare di tutti i brevetti. «Mi fa un po’ rabbia – ammette l’ingegnere-inventore-imprenditore – aver dato i brevetti in mano agli inglesi, ai quali andranno i proventi fiscali indotti della commercializzazione di questa tecnolo-gia che io ritengo rivoluzionaria. Ma in Italia ho trovato troppe difficoltà. Non esiste un modello di finanziamento in grado di valorizzare un’idea concepita da una sola persona, così come non esiste un soggetto, una commissione, uno strumento di valutazione che misuri il valore della persona che sta dietro all’idea». Così il paese non riesce a valorizzare gli in-ventori, «una categoria strana, trasversale, interdisciplinare, spesso costituita da “imperfetti competenti” che però non può contare, in Italia, su interlocutori in grado di valorizzarne le idee. (Non hanno creduto in D-shape M. Fuksas ed Impregilo). Spesso è inevitabile, come nel mio caso, andare all’estero». Un sistema, secondo Dini, che «prima forma i cervelli e poi li esilia». C’è da dire, comunque, che la famiglia di Dini operava già nel settore meccanico, con la Dini Engineering che produce macchine per il settore calzaturiero e che oggi produce anche i plotter D-shape.

1. LE POSSIBILI APPLICAZIONI

Dopo anni di dubbi e difficoltà, oggi l’ingegnere pisano guarda al futuro con molto ottimismo. E mentre tratta in Sardegna un accordo simile a quello realizzato con gli imprenditori pugliesi, per costruire villette a basso impatto ambientale, mimetizzate tra le rocce dell’isola, Dini pensa ai possibili svi-luppi del prodotto. «Nella mia mente - spiega - vedo da qui a pochissimi anni un gruppo internazionale articolato in una decina di business unit specializzate per categorie di prodotto: interior design, exterior design e arredo urbano, cladding (rivestimenti esterni) in forma libera o ventilata, settore navale, difesa (opere militari difensive), grandi costruzioni, social housing ma anche urbanistica». Insomma, Dini guarda lontano, come è giusto che fac-cia un inventore. Come è giusto che faccia un imprenditore. E pensare che meno di tre anni fa stava per vendere tutto a una banca italiana e l’opera-zione saltò per colpa del credit crunch.

2. I POSSIBILI UTILIZZI

1. Pubblico / UrbanoLe fermate degli autobus, panchine / sedute; chioschi; effetto marmo colorato marciapiedi, fontane. 2. PrivatoGazebo, arredamento da piscina (rocce fittizie, fontane, piccoli ponti, sedie, pavimenti); scalinate artistiche, fontane, fioriere pietra da arredamento: vasche, cucine, divani, tavoli. 3. Campi da gioco e scuola dell’infanziaedifici di fantasia, gallerie, caverne, montagne. 4. ReligiosiTempli, campanili, altari, statue, archi, colonne. 5. Parchi e ZooQuasi nullo l’impatto ambientale architettura, bungalows, acquari, grotte6. Studi artisticiLa riproduzione di edifici, fantasy / forme futuriste, grotte per i film. 7. ArcheologiaParti mancanti di colonne, ecc 8. Grande scala di prototipazione rapidaLa metà scala o 1 / 4 modelli in scala degli edifici, copie di ogni esistente edilizia; sfere grotta, ellissoidi, piramidi. 9. Genio civile / parti complesse di impianti industrialiporzioni di ponti, porzioni di strada, sezioni del tubo, porzioni pilastri, in pietra galleggiante, sezioni porto, marina arredamento, le travi a sezione variabile e colonne, depurazione delle acque, isolamento piatti 10. Stone machinesporte di pietra, cuscinetti di pietra, strutture articolate in pietra.

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Pisa_parte della Villa delle Rocce

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Chaise Longue_realizzata per Ma-terialise NV. Rappresenta un’esem-piodi arredo per interni ed esterni non realizzabile con tecniche tradizoionali

Radiolaria_architetto Andrea Mor-gante, Shiro Studio. Ispirata ad un organismo unicellulare (radiolaria) presenta forme cave create a d’oc per esaltare tutto il potenziale della tecnologia D-shape; il prototipo in scala ridotta appare come una struttura monolitica alta 2 mt. e composta da 200 strati di sabbia, da 10 mm l’uno.La versione definitiva della scultura sarà alta 7 mt. e verrà collocata in uno spazio pubblico a Pontedera, Pisa.

Arredo urbano_Londra

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BIBLOGRAFIA

Ecco D-shape il plotter che stampa la pietra in 3D di G. Chiellino(Il sole 24 ore, 17/07/2010)

“Visto, si stampi” e la tua nuova casa è già pronta(wired,19/10/2009)

SITOGRAFIA

http://www.lsdmagazine.com/edifici-stampati-la-nuova-tecnologia-costrut-tiva-di-d_shape/3284/

http://www.solidsmack.com/fabrication/enrico-dino-3d-printed-structures-houses-gaudi/

www.blueprintmagazine.co.uk/.../the-worlds-first-printed-building/

www.microstationconnections.com/feature_full.php

www.d-shape.com/d_shape_presentation.pdf

www.dinitech.it

it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia

www.uniroma1.it/internazionale/.../fac-simile_domanda.1.12.doc