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1 Problematiche e servizi socio sanitari per gli anziani nella provincia Monza e Brianza Proposte per un bilancio sociale e di genere A cura gruppo Welfare SPI M.B.: Maria Nella Cazzaniga, Mario Castiglioni, Cosetta Lissoni, Gianmario Boschiroli A cura del gruppo welfare Spi Brianza Maria Nella Cazzaniga, Mario Castiglioni, Cosetta Lissoni, Gian Mario Boschiroli

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Problematiche e servizi socio

sanitari per gli anziani nella

provincia Monza e Brianza

Proposte per un bilancio sociale e di genere

A cura gruppo Welfare SPI M.B.: Maria Nella Cazzaniga, Mario Castiglioni, Cosetta Lissoni, Gianmario Boschiroli

A cura del gruppo welfare Spi Brianza

Maria Nella Cazzaniga, Mario Castiglioni, Cosetta Lissoni, Gian Mario Boschiroli

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Introduzione

In questi ultimi anni, abbiamo assistito ad una graduale trasformazione dei modelli di

programmazione e di implementazione dei servizi sociali. Le nuove emergenze delle fragilità

adulte, del disagio giovanile e delle criticità abitative, hanno gradualmente messo in secondo

piano le tradizionali priorità di intervento nel settore degli anziani e delle disabilità.

La continua crescita della popolazione anziana con il conseguente aumento delle persone

parzialmente o totalmente non autosufficienti, il peso crescente delle difficoltà connesse alle

solitudini, al disagio psichiatrico e la dimensione assunta dalle demenze e dall’alzheimer

non hanno trovato risposte adeguate nei servizi pubblici. Ancora una volta tale difficoltà si

sono scaricate in termini economici ma, soprattutto, nelle relazioni di cura, sulle fragili reti

famigliari.

Appare particolarmente grave, in tale contesto, l’incapacità a migliorare la collaborazione e

l’integrazione tra servizi sociali e quelli socio sanitari. Anche gli errori commessi dalla

Regione Lombardia per la presa in carico delle persone fragili e con patologie croniche,

hanno ulteriormente aggravato le criticità esistenti.

Ovviamente, tale situazione ha prodotto esiti assai differenziati nei vari contesti e hanno

avuto ripercussioni differenti nella vita delle persone, tra uomini e donne.

Abbiamo ritenuto importante proporre e sostenere varie esperienze comunali che hanno

saputo costruire un bilancio sociale, quale sintesi degli interventi e dei risultati complessivi

realizzati nei singoli anni o nel mandato amministrativo. Riteniamo utile poter affiancare a

tali strumenti anche il bilancio di genere che consente una più adeguata comprensione, per

le varie fasce d’età, dei risultati conseguiti.

La predisposizione dei Piani di Zona per il triennio 2018/2020 offre l’occasione per una più

articolata valutazione degli interventi previsti per la popolazione anziana e per sollecitare

l’utilizzo di strumenti idonei ad un monitoraggio costante, non solo dei flussi di spesa, ma

dei risulti ottenuti.

In tale direzione, abbiamo ritenuto di formulare suggerimenti e proposte finalizzate a

migliorare l’integrazione e l’omogeneizzazione della qualità dei servizi nel territorio,

attraverso la valorizzazione delle esperienze degli ambiti sociali. Siamo consapevoli,

tuttavia, che le scelte regionali sulla definizione dei distretti socio sanitari risultino del tutto

avulse dalle necessità e dalla storia della provincia di Monza e Brianza.

Il corposo lavoro di analisi e proposta, elaborato dal gruppo Welfare dello Spi, vuole essere

un contributo per rafforzare l’importante ruolo unitario delle Organizzazioni Sindacali che

hanno saputo presidiare i luoghi decisionali nel sociale e nella sanità, in cooperazione con

il Terzo Settore e in un costante confronto collaborativo con i Comuni.

La costruzione del Tavolo Welfare provinciale è il risultato di un lungo lavoro che deve

trovare la necessaria continuità.

E’ sembrato importante, cogliere l’occasione del congresso per allargare la nostra

discussione a temi decisivi del sociale, delle politiche per la popolazione anziana e non

autosufficiente, proponendo una differente riflessione sull’utilizzo del Bilancio sociale e di

Genere.

Occorre, infine, sottolineare che il lavoro che viene presentato, è frutto dell’impegno e della

passione delle compagne e dei compagni del gruppo welfare Spi, ma deve rappresentare

una ulteriore sollecitazione ad affrontare i temi della parità di genere, della democrazia

paritaria, nell’insieme delle nostre scelte e delle nostre attività.

Monza, 20 settembre 2018

Pietro Albergoni

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Problematiche e servizi socio sanitari per gli

anziani nella provincia di Monza e Brianza

Proposte per un bilancio sociale e di genere

Per poter formulare degli interventi nel campo del sociale e socio sanitario rivolto al territorio della nostra Provincia, occorrono alcuni linee d’indirizzo quali: la legislazione regionale, i dati elaborati del territorio, le DGR (delibere di Giunta Regionale), le scelte nei Piani di Zona 2018\20: nonché da parte degli amministratori a livello di rappresentanza presso ATS, Ambiti territoriali e Ambiti Distrettuali. E’ giusto per noi dare rilievo alle proposte delle OO.SS. e del Tavolo Welfare di MB. L’intreccio fra sociale promosso dai Comuni e dagli Ambiti è strettamente connesso però con l’aspetto sanitario e sociosanitario. Ad essi confluiscono le proposte che dovrebbero integrarsi con le destinazioni delle risorse economiche e professionali. E’ ovvio trattandosi di una particolare parte di popolazione di genere che si debba tenere in considerazione gli aspetti della Medicina di Genere.

Con la DGR n.7631 del 28 dicembre 2017, si sono rese note le Linee Guida dei Nuovi Piani di Zona 2018\20. Essa si collega alle recenti riforme lombarde, quali la n.23\2015 e la nuova “presa in carico del paziente cronico e fragile” avviata nel 2018, con le peculiarità sociosanitarie\sanitarie del sistema lombardo.

Si vuole solo ricordare in questo contesto come sia rimasta irrisolta dal 2015 una questione rilevante rispetto alla legge 23\2015 ed ai successivi atti: ad esempio non è stato previsto alcun parere obbligatorio dei Sindaci nella elaborazione dei POAS (piano organizzativo aziendale strategico) delle ATS (Azienda Tutela Salute). Le linee della DGR 7631 riorganizzano in modo abnorme i confini degli Ambiti Distrettuali della nostra Provincia rispetto alla popolazione e alla gestione dei servizi. Limita la possibilità prevista dalle norme che identificano i Comuni quali titolari delle funzioni amministrative concorrenti per INTERVENTI SOCIALI svolti a livello locale. Nella DGR7631 inoltre è stata predisposta una premialità per la presentazione dei PdZ con date di scadenza molto ravvicinate e con scarsità di risorse, utilizzando una parte del FNPS (Fondo Nazionale Politiche Sociali) in modo IMPROPRIO. Entro il 30 giugno 2018, solo 4 hanno risposto con Accordo di Programma (Carate, Desio, Seregno, Monza), Vimercate ha deciso di aspettare l’ultima scadenza di dicembre. Aldilà di quanto previsto dalla DGR 7631 sui nuovi azzonamenti, sono stati deliberati ed accolti dalla Regione i PdZ dei vecchi 5 Ambiti Territoriali MB, in effetti NON SI E’ ANCORA VISTA UNA NUOVA DELIBERA REGIONALE CHE CAMBIASSE i confini rispetto alla 7631.

Con delibera n1221 del 26 giugno 2018, è stato sottoscritto un accordo di programma tra la ASST di Monza e la ATS Brianza, la Provincia di Monza ed i

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Comuni dell’Ambito Distrettuale di Monza e dell’Ambito Distrettuale di Desio per l’attuazione del PdZ 2018/2020.

ANALISI DEMOGRAFICA POPOLAZIONE PROVINCIA E FRAGILITA’ IN ATS Brianza

La tabella sottostante riporta la popolazione residente al 1° gennaio 2017, per classi di età e genere, nella Provincia di Monza e Brianza. La popolazione residente (reale) è costituita da 868.856 persone, di cui il 51,1% femmine.

Osservando i dati grezzi, la fascia di età prevalente è quella adulta (fascia 15-64 anni, pari al 64% del totale), mentre la popolazione anziana (ultra 65enni) rappresenta “solo” il 39,8%.

Popolazione residente al 1° gennaio 2017, reale e per classi di età e genere, nella Provincia di MB.

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La tavola sottostante riporta la popolazione residente, totale e distinta per genere e la densità abitativa per ciascun Ambito e distretto socio-sanitario. L’Ambito più popoloso è quello di Desio-Seregno, seguito da Monza-Carate e infine da Vimercate. Il distretto più popoloso è quello di Desio, seguito da Vimercate. Il distretto più densamente popolato è quello di Monza, dove vivono in media 3.564 abitanti per chilometro quadrato, seguito da Desio (3.208 ab. /km2).

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Classi d’età

La tabella sottostante riporta la popolazione residente per distretto, classe d’età e genere. Considerando la provincia di MB, la popolazione ultra 65enne costituisce oltre il 20% del totale.

Confronto fra popolazione residente al 1° gennaio 2016 e al 1° gennaio 2017, provincia di Monza e Brianza

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Ciò che si apprezza dal grafico è, come già visto in precedenza, una presenza relativamente inferiore del genere femminile fra le fasce d’età più basse e una presenza al contrario superiore fra le fasce d’età più anziane. In particolare, la differenza salta immediatamente all’occhio se osserviamo la fascia degli ultra 80enni.

RIFLESSIONE

Con QUESTI DATI ANAGRAFICI riferiti all'area anziani e nello specifico di genere, abbiamo cercato di analizzare gli investimenti riferiti alla spesa sociale, comparata a livello nazionale e regionale.

ANALISI SPESA SOCIALE NAZIONALE /REGIONALE

L’analisi di spesa sociale, che è oggetto di questo capitolo, è stata affrontata prendendo in considerazione diverse fonti di dati ed anni di rilevazione, usufruendo quindi della disponibilità di evidenze numeriche aggiornate e congrue con l’obiettivo dello studio quali-quantitativo utile alla stesura del Piano di Zona.

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RISORSE FINANZIARIE

Nel progetto delle Linee d’Indirizzo Regionali, le risorse economiche-finanziarie programmate e gestite in modo coordinato ed associato, fanno riferimento ai seguenti fondi:

• Fondi propri dei Comuni allocati nei rispettivi bilanci o trasferiti all’Ente Capofila, secondo quanto previsto nei Bilanci Preventivi annuali e pluriennali dei singoli Comuni e dell’Ufficio di Piano;

• Fondo Nazionale Politiche Sociali;

• Fondi per la lotta alla povertà;

• Fondo per le Non Autosufficienze;

• Fondo Sociale Regionale;

• Fondi Provinciali dedicati;

• Compartecipazioni a carico dei fruitori dei servizi-interventi;

• Eventuali fondi aggiuntivi derivanti da terzi;

• Eventuali ulteriori fondi definiti da specifici provvedimenti regionali.

Introduzione sulla spesa per il welfare locale lombardo nel triennio 2013/2014/2015

In Lombardia rispetto all’andamento complessivo della spesa sociale nel triennio 2013-2015 si sono registrate due fasi alterne: nel 2013 la spesa sociale ha subito un calo del 1,3%, confermando la sofferenza del triennio precedente in misura percentuale del 5,8% - ciò a causa del periodo di austerità e dei sacrifici imposti agli enti locali dovuti al quasi totale azzeramento del Fondo Nazionale Politiche Sociali e del Fondo Nazionale Non Autosufficienza del 2012, mentre per il biennio 2014/2015 la tendenza si inverte e si registra un aumento del 1,2% rispetto all’annualità precedente.

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Stando ai dati Istat, l’ammontare delle risorse impiegate per il welfare locale dai Comuni, singolarmente o in forme associate, registra un ulteriore lieve incremento (+0,2%) nell’anno 2015 a livello nazionale (anche se i dati del 2015 sono provvisori). Per quanto riguarda la spesa pro capite a carico dei Comuni singoli o associati, si segnala che a livello nazionale nel triennio 2013/2015 il valore si attesta attorno a 114 euro di media; questo dato è relativamente in linea con la spesa pro capite in Lombardia che, per l’anno 2015, è di 122 euro di media (invariata rispetto al 2012).

Se consideriamo la spesa pro capite in euro per categoria di utenza possiamo vedere come si collocano i dati della Regione rispetto a quelli nazionali: si evidenzia in particolare che la spesa regionale per famiglie e minori è leggermente superiore a quella nazionale, allo stesso tempo la spesa regionale per la categoria immigrati e nomadi è di poco inferiore a quella dell’Italia nel suo complesso; le restanti categorie di utenza rimangono fedeli alla prospettiva nazionale, fatta eccezione per i disabili, che vedono una spesa pro capite a livello regionale nettamente superiore, mentre per quanto riguarda gli anziani e l'area del disagio adulti il peso specifico si è ridotto

Dalla nostra lettura dei 5 PdZ della provincia MB, risulta confermato un investimento contenuto per gli anziani a fronte dell’area minori e disabili, con elevata spesa per il sostegno alla famiglia, alla casa ed il lavoro.

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ANALISI delle risorse

L’area della non autosufficienza: gli interventi a favore di anziani e disabili adulti

L’analisi di contesto

Oltre a quanto emerso dall’anagrafe socio demografica e da quella

relativa alla spesa sociale, vi sono alcuni ulteriori dati utili a

determinare il contesto in cui si colloca la programmazione sociale

zonale.

Per comodità di esposizione decliniamo per area tematica le ulteriori

specifiche relative al contesto socio economico e dei servizi presenti

sul territorio.

Area anziani

La fotografia del contesto demografico, che qui si riprende

brevemente, ci ha aiutati ad ottenere un’immagine generale della

popolazione anziana, ma ci sono altri dati che possono servire a

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meglio inquadrare le problematiche legate all’invecchiamento nella

Provincia di Monza e Brianza.

La popolazione anziana

La popolazione residente nella Provincia di MB negli ultimi 10 anni è

cresciuta del 5,6%

Analizzando i dati relativi alla popolazione residente suddivisa per

fasce d’età nella Provincia di Monza e della Brianza si osserva come,

negli ultimi 10 anni, la percentuale di anziani di 65 anni ed oltre

rispetto alla popolazione totale è passata da 18,9% a 21,8%, con un

aumento in un decennio di più di 2 punti percentuali.

E’ vero che essere anziani non significa automaticamente essere

malati o essere disabili, è altrettanto vero che le probabilità di non

essere autonomi nella vita quotidiana aumentano, al pari del bisogno

di cure, in maniera significativa con il crescere dell’età anagrafica.

Ci si trova quindi di fronte ad un ventaglio di bisogni variegati, che

sfoceranno inevitabilmente in richieste di prestazioni assistenziali di

natura molto diversa tra loro.

In questo contesto, le famiglie rispondono alla sfida dell'invecchiamento demografico con una rete parentale sempre più scarsa (diminuzione dei tassi di natalità) e composta da donne, che devono sdoppiarsi tra lavoro e famiglia. Il desiderio di una famiglia di mantenere il proprio caro, non più autonomo, all’interno del proprio ambiente di vita si coniuga con il bisogno di trovare un’assistente familiare (badante) che sia di aiuto nel lavoro di cura. Di fatto il ricorso alle assistenti familiari è sempre più spesso la soluzione di assistenza ideale per le famiglie, in quanto permette di rispondere in maniera totale alle loro esigenze.

Ma talvolta, in queste circostanze la famiglia, si trova sola nell’individuare una persona di fiducia e responsabile nella pratica dell’accudimento.

Lo Sportello Badanti offre alla famiglia un aiuto “professionale” nella ricerca dell’assistente familiare (badante) con competenze adatte allo specifico contesto familiare.

Quanto sopra esposto, evidenzia una tipologia di anziani tendente ad arrivare ad una fascia chiamata dei “grandi anziani” over 84. La tendenza è in linea sia a livello regionale che provinciale, con una quota significativa.

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L’anagrafe della fragilità: progettare politiche sociali in un momento di scarse risorse finanziarie e professionali, promuovendo i servizi per i cittadini anziani (dati rilevati dai 5 ambiti di MB)

La dinamica demografica del progressivo invecchiamento della popolazione in rapporto all’analisi della spesa sociale pone riflessioni e prospettive di flessibilità e di pianificazione nella gestione delle risorse, sia umane che finanziarie per fare in modo che possano dinamicamente rispondere ai bisogni specifici di questa fascia di popolazione.

La spesa sociale relativa agli investimenti sui servizi e/o interventi nell’area anziani dei servizi sociali comunali nel 2016, incideva mediamente dell’8% sulla spesa sociale complessiva. Confrontando tale percentuale con l’analogo dato del 2012 (8,6%), si registra un depotenziamento seppur ridotto dell’allocazione di risorse su quest’area negli ultimi anni, a fronte invece di un dato socio demografico che rivela un’evoluzione della popolazione anziana over 65 dell’ultimo quindicennio, sia nella componente maschile ma soprattutto femminile, ed in particolare dei cosiddetti “grandi vecchi”.

Si registra, inoltre, sempre sul fronte degli interventi sociali e sempre in riferimento al periodo 2012-2016, un trend decrescente rispetto all’utenza presa in carico dai servizi “tradizionali” offerti dai Comuni: il servizio assistenza domiciliare/pasti e l’intervento di compartecipazione ai costi di struttura (RSA).

Una delle cause potrebbe essere la minore rispondenza dei servizi storicamente strutturati rispetto ai bisogni evidenziati dall’utenza. Individuare con chiarezza le politiche che si intendono perseguire potrebbe permettere di attivare azioni e alleanze più rispondenti ai bisogni di contesto. Il tema del progressivo invecchiamento della popolazione porta con se, inoltre, un tema di genere. Come evidenzia il grafico sopraesposto, il delta tra la popolazione maschile e quella femminile aumenta spostandosi verso la fascia dei grandi anziani. Tale elemento mette in evidenza la necessità di presidiare ed esplorare i bisogni specifici, non unicamente nella dimensione clinica ma anche socio-relazionale (solitudine, povertà).

Questa considerazione è rafforzata dalla dinamica di impoverimento relazionale che i grandi anziani vivono, spesso dovuta alla perdita di relazioni affettive. La solitudine della popolazione anziana, che spesso si riflette in fattori di stress per i care giver, diventa così un elemento significativo per la costruzione di interventi specifici.

Citiamo un tratto della pubblicazione di Cristiano Gori e Rosemarie Tidoli di “Lombardia sociale” nel capitolo inerente gli anziani non autosufficienti: “Il nocciolo della questione è che, malgrado gli innumerevoli atti, non si è agito sul disegno del sistema che, nelle sue linee chiave, è rimasto invariato. Il

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riferimento fondamentale per la struttura delle principali UdO sociosanitarie e sociali resta infatti la D.G.R. n. 4871/1987 che vara il PSSR (Piano socio-sanitario regionale) 1988-90. Da qui deriva il loro assetto d’insieme, completato poi dalle normative di accreditamento dei primi anni 2000. L’impianto complessivo dei servizi tradizionali, però, mantiene ancora oggi caratteri tipici della cultura gerontologica degli anni ’90; le modifiche successive hanno riguardato perlopiù aspetti amministrativi e di assetto istituzionale. I “nuovi” temi (residenzialità intermedia, domiciliarità integrata, servizi di prossimità), infatti, non fanno ancora definitivamente parte del sistema a regime. Manca, inoltre, in tutta l’azione di governo, una solida previsione demografica da cui partire per tracciare le linee di sviluppo per i prossimi dieci o venti anni: i trend demografici attesi per il futuro, anche prossimo – mostrati nell’appendice di questo capitolo – ne indicano invece l’assoluta necessità.”

Inoltre i presupposti previsti nella legge 23/2015 che sostenevano l'integrazione socio sanitaria sociale rispetto, nel nostro caso, all'area anziani, ha purtroppo evidenziato, invece, una crescente sanitarizzazione del sistema socio sanitario e sociale evidenziatasi con gli accorpamenti degli assessorati regionali per i malati cronici, della popolazione anziana non autosufficienti che non ha ancora dato il necessario rilievo alle difficoltà delle famiglie nella gestione della quotidianità al domicilio.

Sempre dalla pubblicazione di Lombardia sociale: l'invecchiamento, dunque, fatica ad essere percepito come un processo continuo caratterizzato dall’intreccio e dall’interazione di numerose variabili esistenziali, sociali, economiche, funzionali e di salute. In controtendenza rispetto alle indicazioni ormai consolidate provenienti dal dibattito internazionale, la legislazione continua a proporre la malattia come chiave di lettura dei bisogni della vecchiaia, i setting ospedalieri quale osservatorio privilegiato della domanda – a scapito del territorio – e il tradizionale metodo clinico come standard di riferimento per progettare, coordinare e regolare l’erogazione dei servizi.”

In effetti l’eterogeneità dei bisogni evidenziati si esprime solo in maniera chiara nella distribuzione della popolazione anziana nelle diverse aree delle menomazioni. Le menomazioni più accentuate sono: di tipo motorie, quelle intellettive e le menomazioni viscerali.

Ci si trova quindi di fronte ad un ventaglio di bisogni variegati, che sfociano inevitabilmente in richieste di prestazioni assistenziali e socio-sanitarie di natura molto diversa tra loro cui è necessario far fronte con risposte flessibili e diversificate. La fragilità dell’utenza qui considerata pone, però, anche una riflessione sulla necessità che tali risposte siano il più possibile integrate. Perché ciò avvenga, è fondamentale che i soggetti che programmano tali risposte ma anche quelli che le erogano siano facilmente codificabili ed abbiamo dei luoghi chiari in cui fare integrazione. Tale sfida è ancora più forte se si considerano alcuni degli ultimi provvedimenti di Regione Lombardia che,

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pur permettendo di esercitare la libertà di scelta del cittadino, sembra vadano a frammentare ulteriormente il quadro, mettendo l’utente ed anche il Case Manager nella condizione di dover far sintesi tra una parcellizzazione di enti e servizi. Ci riferiamo, ad esempio, alla DGR 7770/2017 che delinea il nuovo modello di Assistenza Domiciliare Integrata prevedendo che il PI sia definito non più dall’ASST ma direttamente dal singolo erogatore. Od anche alla DGR 6134/2017 relativa al cosiddetto “governo della domanda”.

FONTI di finanziamento Nazionali, Regionali e Comunali per la popolazione anziana

FNA, FNPS, Reddito d’Autonomia, REI, Voucher e Buoni Sociali regionali, Presa in Carico, Invalidità civile con indennità accompagnamento, Fondi dedicati dai Comuni (es: rette RSA per incapienti)

SERVIZI SOCIO SANITARI E RESIDENZIALI PER ANZIANI

RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI PER ANZIANI (RSA) E CENTRI DIURNI INTEGRATI (CDI)

Residenze sanitarie assistenziali per anziani (RSA) Al 31.12.2016

Sul territorio dell’ATS erano presenti 65 RSA (figura) con una disponibilità complessiva di 5.734 posti letto autorizzati, di cui 5.413 accreditati e 5.285 a contratto (inclusi i pl per post acuti). Per quanto riguarda la collocazione delle strutture nei tre distretti, il distretto di Lecco dispone di 27 RSA (2.229 posti autorizzati, 2.114 accreditati e .2012 a contratto). Nel Distretto di Monza le RSA sono 15 (1.547 posti autorizzati e accreditati, di cui 1.481 a contratto e 40 pl per post acuti); e nel Distretto di Vimercate sono presenti 23 RSA (1.958 posti autorizzati, 1.752 a contratto) Le liste di attesa costituiscono uno degli aspetti

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peculiari di queste strutture. Le RSA del territorio dell’ATS della Brianza registrano una lista di attesa composta da 6.643 domande presentate da 3.988 persone che per l’80% (n 3.197) sono residenti nel territorio dell’ATS stessa. La presenza di un numero di domande maggiore rispetto alle persone dipende dal fatto che in molte occasioni gli utenti hanno presentato più di una richiesta (nel 57% dei casi vi è più di una domanda). I territori comunali che registrano il maggior numero di cittadini che hanno fatto domanda sono: Monza (518 persone), Vimercate (293 persone), Seregno (125 persone) e Desio (103 persone).

Ma il nodo più critico riguarda lo stanziamento predisposto dalle SSR per ogni utente, di fatto si registra una sostanziale immutabilità dal 2008 al 2010 del finanziamento della quota sanitaria per cui è assegnata dalla regione attraverso la classificazione dei SOSIA in media di 40€ a giornata. Come evidenziato anche dalle OO.SS, si tratta di una copertura insufficiente per i gestori che debbono garantire un'assistenza di qualità importante, dati gli utenti con gravi patologie che lasciano il domicilio. Ciò si discosta in modo significativo dalla media delle regioni del centro-nord quali Emilia Romagna e toscana che coprono la retta sanitaria con 60€ giornaliere. La scelta della Regione Lombardia di questa copertura quota sanitaria, ha fatalmente cresciuto quella sociale a carico dell'utente, determinando gravosi problemi di sostenibilità economica per molti nuclei familiari e per incapienti a carico del Comune.

Centri Diurni Integrati (CDI)

I CDI presenti sono complessivamente 30 con 689 posti a contratto e 870 posti autorizzati. Il Distretto di Lecco dispone di 7 strutture collocate nei Comuni di Calolziocorte, Cesana Brianza, Galbiate, Lecco, Lomagna e Olginate per 222 posti autorizzati (145 a contratto). Nel Distretto di Monza i CDI sono 11, collocati a Brugherio, Desio, Limbiate, Monza, Villasanta e Muggiò, per un numero complessivo di 344 posti autorizzati (319 a contratto). Nel Distretto di Vimercate sono presenti 12 CDI, collocati ad Agrate, Arcore, Bellusco, Besana Brianza, Ceriano Laghetto, Giussano, Lissone, Mezzago, Ornago, Ronco Briantino, Seregno, Vimercate per un numero complessivo di 304 posti autorizzati (225 a contratto).

ATS Brianza si colloca in linea con il valore medio regionale per quanto riguarda l’indice d’offerta calcolato sui posti accreditati (rispetto al 27,74% della numerosità di soggetti ultrasettantacinquenni: indicatore Regione Lombardia), ma è evidente l’eterogeneità della distribuzione entro i territori della ATS (assenza di strutture a Bellano; 40,72 posti a contratto x 1.000 a Monza): si osserva infatti una forte concentrazione delle UdO nel distretto di Monza. In considerazione della tipologia del servizio risulta cruciale l’elemento di

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prossimità: l’analisi per distanza dalla residenza del soggetto alla UdO evidenzia come generalmente non si superi un raggio di 10 km. Per quanto riguarda l’analisi delle rette, nei CDI (così come risulta dalle Schede Struttura del 2015) si rileva che a livello della ex ASL di Lecco gli ospiti pagano interamente la retta (in media 99%) con intervento comunale solo in una struttura, nell’area ex ASL Monza invece il 94% delle rette è a carico degli ospiti e il contributo comunale si attesta complessivamente al 3% (il rimanente 3% è a carico di altri enti/soggetti).

Dalle rilevazioni sottostanti e dalla nostra esperienza degli Sportelli Sociali, si evidenzia quanto segue:

• Scarsità dell’offerta;

• Rette piuttosto alte, quasi impossibilità di integrare le rette con gli strumenti economici previsti dalla Regione Lombardia (B2) con le scelte applicate dalla Regione che si differenziano dalla cornice nazionale;

• Scarsità di offerta, se si sottolinea, la richiesta dei familiari per l'inserimento in CDI per Alzheimer, dovuta al solo accreditamento e non alla contrattualizzazione per cui la retta resta a totale carico dell'utente anche per la quota sanitaria;

• Liste d'attesa.

RETE D'OFFERTA DELLA DOMICILIARIETA'

Gli utenti e l’offerta dei servizi della domiciliarietà

Anche dalla nostra esperienza come operatori dello Sportello della Non

Autosufficienza, risulta evidente l’estrema difficoltà per gli utenti di trovare

risposte efficaci alle richieste di sostegno, poiché spesso mancano:

informazione, coordinamento fra le risorse disponibili, coordinamento tra i

servizi, la presa in carico globale, la regia che dovrebbe sottendere per un Pai

integrato per l’utente. Orientarsi su misure come i voucher per soggetti anziani

fragili, B2, RSA aperta, reddito di autonomia, SAD comunali e ADI è una vera

e propria impresa. Inoltre utenti e caregiver faticano molto, nel riconoscere le

varie funzioni dei soggetti che ruotano intorno alla persona, orecchiano le

diversità solo con sigle ATS, ASST, equipe multidimensionale, ADI, SAD ed

erogatori. Può succedere a volte che vi siano anche delle sovrapposizioni di

servizi, data la scarsa comunicazione fra i vari operatori. Il ruolo di

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orientamento e presa in carico dovrebbe essere garantito dall’Ente Pubblico

con il Segretariato Sociale, compreso l’importante aspetto del budget di cura

per l’intervento. Accade spesso che il ruolo di informazione sui vari servizi

venga svolto dalle Cooperative che seguono l’utente, nell'offerta può

determinare in alcuni casi un conflitto di interessi. Inoltre con le varie opzioni di

servizi e con le novità in atto, si riscontra l’inevitabile caduta

dell’intermediazione dei servizi Sociali comunali, poiché l’utente si relaziona

direttamente con il Gestore. Possiamo evidenziare come spesso succede, che

conoscere e organizzare, da parte degli operatori gli interventi per l’interessato,

sia difficile, data la mole burocratica e le interdizioni fra i vari possibili sostegni:

voucher, buoni sociali. I Pai sono quasi sempre scollegati fra loro, il Comune,

Asst, Gestori, a parte rare eccezioni, per la presa in carico risulta frammentata,

mancando purtroppo una figura di raccordo. Tipico, ma non unico esempio, è

la valutazione multidimensionale delle necessità dell’utente che dovrebbe

vedere l’integrazione sociale e sanitaria, ma nonostante la mole di DGR che

propugnano questa integrazione per vari motivi, prevale l’aspetto sanitario e la

monetizzazione degli interventi. Il regista tanto invocato, fra i vari attori,

dovrebbe essere la famosa figura del case manager, sia nel pubblico che nel

privato, ma il case manager per ora in larga misura, con la competenza e la

conoscenza dettate dal bisogno, risulta essere il caregiver che si auto progetta

il PAI del proprio famigliare.

La presa in carico dell’utente cronico e fragile

Come SPI CGIL Mb su questa importante nuova strategia, che è partita come

sperimentazione dal gennaio 2018, abbiamo subito compreso la complessità

e le criticità delle scelte regionali rispetto al Piano nazionale. Si sono collocate

nella coniugazione lombarda nel tener conto delle regole di sistema 2018, della

Riforma sanitaria regionale, della libera scelta dei cittadini rispetto ai servizi

Pubblici e Privati Accreditati. Ma la questione che abbiamo compreso subito

ed evidenziato in una specifica Commissione della ATS, è stata la mancanza

di una informazione idonea per gli utenti, fuori dalla propaganda. Per

questo abbiamo steso ben due Vademecum per i nostri attivisti, poiché la

fragilità e la cronicità potevano riguardare in larga misura gli utenti anziani.

Abbiamo fatto moltissimi incontri pubblici con altre OOSS ed in collaborazione

con alcuni professionisti come MMG e Co-Gestori. Non vogliamo commentare

il sin qui avvenuto, solo ricordare la scarsa partecipazione e adesione degli

utenti, le difficoltà incontrate dalle persone rispetto ai vari passaggi previsti, dei

MMG rispetto al rapporto fiduciario con i propri pazienti, degli erogatori e

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problemi irrisolti nonostante alcune nuove linee della regione. Inoltre

mancando presupposti importanti per la realizzazione seria di Presst (non fai

da te) e della scelta di strutture da riconvertire in POT, aldilà di certe

sperimentazioni, denotano una certa superficialità sui Presst nella nostra ATS

e la mancanza dell’accreditamento di almeno un POT nella nostra provincia.

Come ben evidenziato la fragilità resta ancora la parte più in ombra nonostante

la stessa DGR affermasse che quando la cronicità si associa a condizioni di

vulnerabilità sociale, livelli di complessità tali da compromettere la normale vita

sociale, compromissione dell’ambito funzionale psicomotorio con perdita

dell’autonomia, non riguardi solo l’aspetto clinico. Sottolineiamo, dunque,

come accanto ad una corretta informazione nel districarsi tra le norme e le

offerte regionali, occorra lavorare per un welfare generativo e di comunità che

sappia offrire sostegni adeguati e di prossimità per la persona ed il caregiver.

Centri Diurni Integrati (CDI).

I CDI presenti sono complessivamente 30 con 689 posti a contratto e 870 posti autorizzati. Il Distretto di Lecco dispone di 7 strutture collocate nei Comuni di Calolziocorte, Cesana Brianza, Galbiate, Lecco, Lomagna e Olginate per 222 posti autorizzati (145 a contratto). Nel Distretto di Monza i CDI sono 11, collocati a Brugherio, Desio, Limbiate, Monza, Villasanta e Muggiò, per un numero complessivo di 344 posti autorizzati (319 a contratto). Nel Distretto di Vimercate sono presenti 12 CDI, collocati ad Agrate, Arcore, Bellusco, Besana Brianza, Ceriano Laghetto, Giussano, Lissone, Mezzago, Ornago, Ronco Briantino, Seregno, Vimercate per un numero complessivo di 304 posti autorizzati (225 a contratto).

ATS Brianza si colloca in linea con il valore medio regionale per quanto riguarda l’indice d’offerta calcolato sui posti accreditati (rispetto al 27,74% della numerosità di soggetti ultrasettantacinquenni: indicatore Regione Lombardia), ma è evidente l’eterogeneità della distribuzione entro i territori della ATS (assenza di strutture a Bellano; 40,72 posti a contratto x 1.000 a Monza): si osserva infatti una forte concentrazione delle UdO nel distretto di Monza. In considerazione della tipologia del servizio risulta cruciale l’elemento di prossimità: l’analisi per distanza dalla residenza del soggetto alla Udo evidenzia come generalmente non si superi un raggio di 10 km. Per quanto riguarda l’analisi delle rette, nei CDI (così come risulta dalle Schede Struttura del 2015) si rileva che a livello della ex ASL di Lecco gli ospiti pagano interamente la retta (in media 99%) con intervento comunale solo in una struttura, nell’area ex ASL Monza invece il 94% delle rette è a carico degli ospiti e il contributo comunale si attesta complessivamente al 3% (il rimanente 3% è a carico di altri enti/soggetti).

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ADI - Assistenza domiciliare integrata

Questo intervento di tipo socio sanitario è strettamente legato, fra le altre ragioni, ad un buon funzionamento dei protocolli di dimissioni protette

ADI % assorbimento risorse

Le figure sottostanti evidenziano la marcata differenza territoriale tra gestione con voucher e gestione diretta: quest’ultima modalità si concentra per quasi il 80% nel territorio del Distretto di Lecco, a causa di consuetudini instauratesi nel tempo e di differenti scelte organizzative adottate dalle precedenti ASL.

Appare evidente come il sistema ADI all’interno della ATS Brianza abbia caratteristiche particolari che differenziano i territori e che influenzano qualunque analisi, considerato che l’ADI diretta tende a garantire i profili più impegnativi dal punto di vista assistenziale e le cure palliative (servizi che risultano più onerosi in termini di costi).

L’ADI si rivolge prevalentemente alla popolazione anziana, che rappresenta infatti il 90% delle persone assistite. La quota di pazienti di età inferiore a 65 anni, per quanto contenuta, è essenzialmente caratterizzata da soggetti con gravi e gravissime disabilità, spesso con presa in carico a lungo termine.

Percentuale di pazienti presi incarico nel 2016 per fascia di età

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COSTI

L’analisi del costo medio per paziente assistito nei tre distretti è diretta conseguenza del servizio erogato: infatti il costo pro capite più elevato si registra a Monza, dove è più frequente il ricorso a voucher di profilo più alto. La eterogeneità territoriale della distribuzione dei costi pro-paziente si caratterizza ulteriormente nella analisi per ambito territoriale, dove emergono con particolare rilievo le differenze di costo all’interno del distretto di Lecco.

Nel Distretto di Lecco le attività a maggior costo (cure palliative e profilo ad alta intensità) sono effettuate dall’ADI diretta mentre il settore privato svolge in particolare attività prestazionali.

Di interesse è anche il numero di pazienti in carico ad ogni erogatore: ben 17 erogatori (poco meno del 50%) si fanno carico ciascuno di meno di 50 pazienti, ed un quarto invece gestisce tra i 200 e i 500 pazienti.

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Emerge dai dati esposti come nella provincia di Monza Brianza, con riferimento alle norme Regionali, la presa in carico dell'ADI sia esternalizzata rispetto ad una presa in carico diretta.

Nonostante la mancanza aggiornata di dati relativi di altre Regioni, la Lombardia risulta offrire una copertura importante. Citiamo da Lombardia Sociale: “Il modello di erogazione dell’ADI, infatti, resta quello tradizionale, poco idoneo ad affiancare le famiglie con interventi di supporto coerenti con i bisogni della disabilità cronica e progressiva dell’età anziana. Più che un servizio di assistenza integrata, l’ADI lombarda conferma la sua natura soprattutto mono-professionale, infermieristica o riabilitativa. Interviene sulle conseguenze più immediate delle malattie (lesioni da decubito, gestione di cateteri e accessi venosi, riabilitazione successiva a cadute o ricoveri), ma non sulla presa in carico complessiva della fragilità e della non autosufficienza. L’offerta, inoltre, è basata su un numero limitato di accessi riguardanti soprattutto prestazioni singole e circoscritte. Ugualmente non viene risolto il problema delle divisioni fra interventi sociosanitari (ADI) e sociali (SAD), che continuano ad operare su binari paralleli senza una reale integrazione. L’ADI conserva, nei fatti, l’assetto conseguente alla riforma del 2003, fondato su un’impostazione sostanzialmente prestazionale (Gori, 2005). Infatti, gli atti emanati nel periodo esaminato, così come nella precedente legislatura, hanno per lo più introdotto ulteriori riferimenti normativi ed amministrativi, senza tuttavia incidere sul modello d'intervento” …

” Nel gennaio 2018, a meno di due mesi dalle elezioni regionali, è stata emanata una delibera, la D.G.R. n. 7770/2018, che riorganizza radicalmente l’ADI apportando diverse novità, tra le quali un diverso sistema di profilazione e tariffazione. La normativa prevede un periodo di osservazione di sei mesi a partire da gennaio 2018, dopo il quale verrà valutato se apportare delle modifiche. Solo nella XI legislatura, dunque, si potrà capire se, e quali, saranno le concrete ricadute di tale delibera.”

RSA APERTA E LEGGERA

Ad oggi non siamo in possesso di dati rispetto tutte le convenzioni stipulati con ATS e le RSA della provincia, che hanno deciso di offrire nel proprio ambito, la possibilità di RSA Aperta.

Condividiamo la scelta del legislatore lombardo che ha diversificato la tradizionale offerta delle RSA come offerta di erogazione di multi servizi aperta al territorio; risulta da approfonditi studi come all'inizio di questa proposta vi sia stata una crescita positiva delle domande e degli utenti che sono stati raggiunti, questo però, ha innalzato il budget a carico delle ATS e degli erogatori.

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Conseguentemente nella passata legislatura regionale, con appositi provvedimenti, la Regione ha limitato l'accesso al servizio.

Citiamo da Lombardia Sociale: “Al proposito, infatti, va sottolineato che anche la X legislatura non ha ritenuto di introdurre nel sistema regionale nuovi modelli di residenzialità non istituzionale, alternativi o complementari alla tradizionale offerta della RSA e dei servizi domiciliari.

MISURE B1 e B2

La misura B1 si rivolge a persone con gravissime disabilità ed è in carico alla ATS/ASST

La misura B2 si rivolge ad utenti non autosufficienti ed è in carico alle ASST/Ambiti e Comuni. E' quella maggiormente utilizzata dagli anziani anche con erogazione economica al caregivers familiare, e prevede voucher e buoni sociali. L'erogazione economica è preferita sia dagli utenti che dall'ente erogatore; è più facile che erogare voucher legati all'acquisto di prestazioni con un percorso gravoso sia a livello amministrativo che burocratico. Si riconferma come la Non Autosufficienza continui ad essere una realtà vissuta nel privato della famiglia.

SAD

Il servizio assistenza domiciliare è erogato dal Comune sotto varie forme: pasti, igiene personale e della abitazione, telesoccorso. Sono tutti servizi erogati quasi sempre da cooperative

Per noi, come per tanti osservatori sociali, questo servizio è inadeguato per le esigenze dell'utente perchè ed andrebbe ripensato nella sua valenza di bisogno e monitoraggio sulla situazione che comprenda segnalazioni integrative alla pulizia dell'abitazione e dell'igiene personale. Inoltre negli ultimi anni molti Comuni hanno introdotto una compartecipazione elevata.

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PROPOSTE DI GENERE

Un Bilancio sociale di genere, oltre del poter disporre del finanziamento nazionale e di una scelta politica, ha un forte collegamento in Lombardia con la riforma n.23\2015, con le Regole 2018, con la coniugazione regionale del presa in carico della cronicità e con la Dgr sulle linee dei Piani di Zona 2018\20 e con tanti altri provvedimenti regionali, senza scordare leggi nazionali importanti i cui contenuti attribuiscono un ruolo principe ai Comuni rispetto al sociale, come ad es. la L.328\2000, dove un ruolo sociale era preminente e non figlio di “un Dio minore”

La nuova Governance è una scommessa: salti di scala e sovrapposizioni sia

con la riforma che con la DGR sui PDZ n .7631. Con quest’ultima si vede

l’entrata nella Cabina di Regia ATS delle ASST, il ruolo importante affidato al

Comune Capofila dell’Ambito Distrettuale con la regia della programmazione

ed anche il depositario di tutte le risorse economiche provenienti dai fondi

regionali e nazionali per i PDZ.

Un passaggio delicato: si riuscirà a tener conto delle tante ed originali

specificità espresse dal territorio? In questi specificità rientrano anche i ruoli

del volontariato e del Terzo Settore che vede un’esperienza particolare nella

nostra provincia: il tavolo di Sistema Welfare, composto dalla Provincia, dagli

Ambiti territoriali, ramo politico e uffici di Piano, le OOSS, Aziende consortili e

Fondazioni. Mediante un Protocollo di intesa in questi anni ha gestito molti

aspetti della programmazione sociale: un Piano Interambiti, regolamenti per

l’accesso ai servizi sociali, una vera integrazione ancor più concreta almeno

estesa al Terzo settore, il quale dovrebbe poter entrare nella Cabina di regia

dell’ATS Brianza.

Le tante richieste ai Comuni da parte della DGR sovra citata sono diverse,

occorrerebbe, per realizzarle, un serio ripensamento sulla medesima e su parti

dell’intera legge regionale 23/2015. Comunque a prescindere occorrerebbero

fondi sufficienti, risorse umane per tutto ciò che si richiede all’ente locale.

Proponiamo alcune linee di indirizzo per un bilancio di sociale e di genere

stretto tra il legame sociosanitario e sociale, Comune ed Ambito.

Anche con queste linee d'indirizzo, rivolte a più istituzioni, i dati anagrafici sono

il primo presupposto:

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• lettura dei dati anagrafici, con un approccio di genere in grado di

classificare le generazioni secondo una omogeneità di problematiche

personali, familiari e sociali implicite rispetto al dato dell’età. Una

classificazione orientata a raggiungere tale obiettivo, articola la

popolazione residente secondo aree anagrafiche di genere

• Il PdZ interambiti 2015-2017 indica per gli anni 2002, 2006, 2010, 2014,

l’indice di dipendenza strutturale, detto anche “carico sociale” dove si

esprime il rapporto (moltiplicato per 100) fra la popolazione in età non

lavorativa (inferiore ai 14 anni e superiore ai 65 anni) e la popolazione in

età lavorativa (fra i 14 anni ed i 65 anni). Questo indice rappresenta il

divario tra la popolazione in età potenzialmente produttiva rispetto a

quella non produttiva: quanto più l’indice si avvicina a 100, tanti più

consistente è la quota di popolazione non lavorativa rispetto a quella

lavorativa.

Ad esempio l’ambito di Carate Brianza l’indice di dipendenza strutturale

Femminile si nota un incremento di tale indice dal 2002 pari al 48,7% al

57,2% del 2014, si può dedurre che la inoccupazione nella popolazione

femminile dell’ambito di Carate Brianza è notevolmente aumentata.

AREE ANAGRAFICHE DI GENERE – ANZIANI

• Area di assistenza e supporto Dai 60-79 anni: le tematiche di genere

in tale fascia di età sono direttamente connesse con l’impegno e

le responsabilità di cura e assistenza certamente di maggiore

appannaggio delle donne. Questa fascia di età viene a sua volta

suddivisa in:

60-69 anni: prevede una presenza nel mercato del lavoro decrescente e un

crescente impegno nella assistenza e cura agli anziani e ai bambini;

70-79 anni: coincide con alcuni impegni nei confronti di eventuali nipoti, ma

soprattutto cominciano ad avere un ruolo maggiormente impegnativo le

problematiche collegate alla salute, tra cui l’area di cura per anziani.

L’allungamento della vita attiva, sconosciuta alle generazioni precedenti,

caratterizzata dalla fuoriuscita dal mondo del lavoro di pensionati con una forte

autonomia in termini fisici, sociali ed economici, è oggi da considerarsi una

vera risorsa in termini sociali, proprio perché il mancato impegno lavorativo e

l’integrità fisica le possono attribuire la caratteristica di generazione

socialmente e anagraficamente “disponibile” e impegnata a supportare e

sostenere nel lavoro di cura e assistenza sia le generazioni successive

(sostegno ai genitori anziani) che le precedenti (sostegno ai figli e nipoti).

• AREA della quarta età in cui la popolazione anziana ha problemi di non

autosufficienza e di progressiva perdita di autonomia fisica e cognitiva

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(area di cura agli anziani) rappresenta un’area generazionale

caratterizzata da un ritorno alla condizione di soggetti bisognosi di

assistenza e cura, e quindi con un impatto familiare sulle figure

soprattutto femminili che all’intero della famiglia svolgono il ruolo di

caregivers.

Viene ancora suddivisa in due fasce di età caratterizzate soprattutto dallo

stato di salute e dalla progressiva perdita di autonomia, corrispondente ad un

proporzionalmente maggior bisogno di cure e assistenza: dai 80-89 anni e over

90.

Immediato per tale area di riferimento è il ruolo e l’impegno del

servizio pubblico per le politiche per gli anziani e per il sociale.

GLI STRUMENTI GENERALI

• Dati anagrafici e studi statistici; • Fondo NA, fondo Politiche Sociali e tutte le altre risorse che pervengono

alla Regione ed agli Enti Locali per il finanziamento dei propri bilanci, alle ATS, Asst ed ai PdZ;

• Piani di Zona 2018-2020; • Dati INPS (numero pensioni e suddivisione di genere); • Sindacalista Civico Spi Cgil MB.

Sfugge all'Ente pubblico una vasta area grigia che non ricorre ai due pilastri fondamentali, anche nel nostro territorio, quali: ricovero in RSA e assistenza privata esercitata dalle badanti/caregivers e la scarsa disponibilità legata ai servizi pubblici domiciliari. GLI INTERVENTI

Fra i diversi interventi, per la condizione femminile, si sottolinea l’importanza di

promuovere azioni per l’inclusione sociale, interventi tesi a contrastare la

violenza e le molestie e il sostegno a chi è vittima di queste esperienze

negative, di aiuto alle donne capofamiglia con reddito basso, donne anziane

sole, di azioni positive per l’integrazione delle donne immigrate

GLI STRUMENTI SPECIFICI

• documenti di programmazione ATS, ASST, PdZ e Comuni;

• area socio sanitaria: RSA, ADI, CDI, RSA aperta, medicina di genere;

• area sociale: SAD, Sportello Badanti;

• FNA: utenti che usufruisco dei fondi NA per caregivers assunti e familiari,

B1, B2;

• Trasporto sociale protetto;

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PROPOSTE

• Progetto tra Ambito distrettuale ed ATS/ASST per la stesura di un

Bilancio Socio Sanitario di Genere per le pensione Anziane;

• Medicina di Genere: per fare ciò occorre una programmazione con linee

guida nazionale e regionali, onde organizzare questa specifica risposta,

nei servizi ospedalieri, socio sanitari, tutti strettamente collegati ai servizi

sociali del territorio. Precorsi e temi: le malattie del cuore (prevenzione e

cura over 60, il rischio malattie cardiovascolari per la donna);

prevenzione e cura dei tumori femminili nella menopausa ed in over 60;

promozione ed interventi di supporto alle problematiche specifiche sulla

fragilità della donna in età adulta (depressione e demenza);

farmacologia: le medicine non sono uguali per le stesse patologie fra

donne e uomini anziane/i; le differenze di salute; il genere e le variabilità

sociali;

• Forum interambiti permanente delle Donne con particolare attenzione

alla condizione delle donne anziane, con la presenza delle OO.SS,

• Protocollo d’intesa tra le Amministrazioni Comunali ed i Sindacati

Pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl, Uilp Uil, per la costituzione di un

“OSSERVATORIO SULLA POPOLAZIONE ANZIANA”;

• RSA e CDI non solo accreditati ma anche contrattualizzati;

• Trasporto sociale protetto;

• Progetti per il sostegno delle Solitudini in collaborazione con le

Associazioni di volontariato;

• Informazione diffusa da parte della ATS/ASST e delle Amministrazioni

Comunali sull'offerta dei servizi e dei contributi regionali anche con

strumenti innovativi/telematici;

• Sostenere piani e azioni di contrasto alla violenza sulle donne anziane e

ludopatia;

• CITTA’ VIVIBILE E SICURA PER LE DONNE: Ognuno vorrebbe una città

ed un territorio sicuro e luoghi di lavoro sicuri. Per rispondere a questa

domanda occorre promuovere un sistema integrato di sicurezza, che

affronti le tematiche che portano ad un effettivo aumento di qualità della

vita nei diversi ambiti della quotidianità quali: il sociale, l’educativo,

sanitario, socio assistenziale, ambientale, urbanistico;

• Progetti con Comuni ed ATS di prevenzione sugli stili di vita;

• Superamento delle barriere architettoniche, nelle abitazioni e nelle città;

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• Programma di recupero e riqualificazione del patrimonio esistente

dell'edilizia pubblica e programmi di nuova costituzione di alloggi sociali,

cohousing e residenzialità leggera per anziani.

I COLLABORATORI

• Le Università

• I vari istituti di ricerca/dipartimenti

• Osservatori

• Soggetti istituzionali che operano nel settore socio sanitario sociale e del

genere

• Servizi pubblici, Spazi, Tempi (delibere)