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Corriere Fiorentino Domenica 26 Luglio 2015 FI 21 Polimoda, cambio ai vertici. Linda Loppa va a Parigi Nasce una nuova piattaforma e Venturi diventa preside Cambio ai vertici di Polimoda. Dal primo gennaio l’attuale direttore Linda Loppa guiderà la nuova piattaforma «Strategy & Vision» a Parigi. Mantenendo comunque le radici a Firenze, la scuola lancia una connection con la capitale francese per consolidare e sviluppare relazioni globali. Il progetto sarà sviluppato insieme a Danilo Venturi, capo dipartimento business di Polimoda, che diventa preside dell’istituto di Villa Favard. «Una visione sulla formazione moda sarà il filo conduttore della mia nuova carriera in Polimoda che contaminerò con nuovi stimoli e ispirazioni», ha detto Linda Loppa. Culture Le Signore de’ Medici La nipote di Francesco Sforza e madre di Giovanni dalle Bande Nere Fu donna d’armi e di governo. A otto anni visitò Firenze e quel viaggio le segnò l’animo Caterina, la tigre di Forlì «Se potessi scrivere tutto, fa- rei stupire il mondo». Eroina indomita, Caterina Sforza è l’inattesa stella di una stirpe guerriera, la nipote del più im- portante fra i capitani di ventu- ra, Francesco Sforza, e la madre dell’ultimo dei grandi condot- tieri, Giovanni dalle Bande Ne- re. Ma è anche colei che tiene sotto il tiro dell’artiglieria il Conclave del 1484, che accetta di sacrificare i figli per non cedere la città di Forlì, che sfida il Va- lentino umiliandolo. Donna d’armi e di governo, paladina cavalleresca «essa è grande nel- la Storia non già per aver inizia- to tempi nuovi, ma per avervi spiccato come figura antica» (P.D.Pasolini). E anche per aver affidato il piccolo Giovanni alla tutela di Jacopo Salviati: salvan- do lui, e la stirpe medicea. Caterina è frutto dell’amore di Galeazzo Maria Sforza per Lu- crezia Landriani, amante uffi- ciale e madre di 4 dei suoi figli. Il nonno Francesco è fondatore della potenza dinastica a Mila- no, lo zio Ludovico (il Moro) lo splendido usurpatore che briga per vent’anni fino a mettersi la corona ducale sul capo. Cre- sciuta dalla nonna Bianca Maria Visconti, fin da piccola Caterina non può essere imbrigliata. Ri- belle e contestatrice, tira di spa- da, ama la caccia. Alta, ben fatta, biondissima, la valchiria sforze- sca — ritratta da tutti i più gran- di pittori, Botticelli in testa, ma anche Leonardo? — sarà «femi- na, quasi virago, crudelissima e di grande animo. Senza dubio prima donna d’Italia» (cronista veneziano). A 8 anni fa parte del corteo che scorta il duca di Mi- lano in visita a Lorenzo il Ma- gnifico. La bimba è incantata dalla dimora senza prigioni e senza torri dei Medici: in qual- che modo, il viaggio a Firenze le segna l’animo, ma molti anni devono passare prima che la ruota della vita giri e la riporti in via Larga. Per ora Caterina rien- tra a Milano, e senza fiatare si infila nel matrimonio con Giro- lamo Riario — l’imbelle nipote di papa Sisto IV — che la stupra per «assaggiarla prima del ma- trimonio». Ha 10 anni, ed è l’ul- tima volta che obbedisce. Bab- bo Sforza cede al Riario la con- tea di Imola, cui si aggiunge la città di Forlì, donata dal Papa. Girolamo e Caterina diventano signori degli Stati Romagnoli, prezioso territorio di passaggio per chi transita verso il Sud: hanno una terra su cui regnare, anche se vivono a Roma, dove lui è capitano della Chiesa. Ma con l’improvvisa morte dello zio Papa (1484), la fortuna volge al- trove. Come sempre su Roma calano disordine e terrore, chi aveva subìto torti si dedica alla vendetta. Nel caos generalizza- to, ecco sorgere una condottie- ra: Caterina — incinta — non esita a mettersi alla testa dei ca- zio (Sforza) non le restituisce la signoria. Diventa amministra- trice unica per conto del primo- genito Ottaviano, revisiona il si- stema fiscale, riduce i dazi, con- trolla le milizie. Nessuno lo sa, ma si è sposata in segreto con Giacomo Feo, fratello di un ca- stellano a lei fedele. Un amore furioso, radicale, da cui nasce un bimbo. Giaco- mo entra presto in rotta di colli- sione con la brigata Riario: i fi- gli temono che la madre abbia perso la testa, e finisca per per- dere anche lo Stato. Così il patri- gno cade vittima di una com- plotto cui nessuno – a Forlì – sembra estraneo. A parte lei, crudele Caterina: terribile sarà la vendetta della «tigre di Forlì», intere famiglie ne vengono col- pite fino all’estinzione. È un ba- gno di sangue. Nel 1496 l’amba- sciatore della Repubblica di Fi- renze, Giovanni de Medici del ramo Popolano, si affaccia nella vita di una madonna folle di so- litudine e dolore. Forse Giovan- ni le ricorda la grazia serena di quel passaggio a Firenze; forse semplicemente le porge una spalla — e una città — cui ap- poggiarsi. I due si sposano al volo, e nell’aprile del 1498 nasce Ludovico, così chiamato in ono- re dello zio, Duca di Milano. Ma è una felicità illusoria: sei mesi dopo, il Medici muore di malat- tia, lasciandola vedova per la terza volta. Ha 36 anni e otto fi- gli. Il nome dell’ultimogenito Ludovico si muta in Giovanni, come il padre scomparso. Le «Bande Nere» arriveranno più tardi. Ma Caterina non ha tempo per le lacrime: Cesare Borgia, fi- glio del nuovo papa Alessandro VI, adesso alleato dei Francesi, mira alla terra di Romagna. E se Imola apre le porte al Valentino «alla maniera delle puttane» (Sanudo), la contessa — dopo aver lasciato i figli a Firenze — vola a Forlì. Si barrica ancora una volta nella rocca: spera ne- gli aiuti dello zio Sforza (che ha riconquistato Milano), della re- pubblica fiorentina. Nessuno si muove. Chiusa nell’armatura, la spada in pugno, Caterina guida personalmente la difesa. Ha una taglia sulla testa, il Valenti- no la bombarda giorno e notte: ma lei non cede, sembra tenerlo in pugno. Il 12 dicembre 1500 Cesare sferra l’ultimo assalto, 500 uomini muoiono sugli spal- ti. La rocca cade. Caterina com- batte finché – sola e circondata — si arrende. La preda tocca al Borgia: viene portata a Roma e rinchiusa in Castel Sant’Angelo. Per sei mesi sopporta ogni sorta di abusi. Ma sopravvive. Libera- ta per l’intervento francese, si ri- fugia a Firenze, trovando asilo nel convento delle Murate insie- me al piccolo Giovanni travesti- to da femmina per sfuggire le insidie di chi vuole togliergli l’eredità (e forse la vita). Muore di polmonite a 46 anni, mentre sta ancora brigando per recupe- rare la Signoria. Se ne va da pa- drona del proprio destino, da «figura antica», ultima grande donna del Medioevo più che del Rinascimento. Talvolta spaven- tevole, mai spaventata. «Se po- tessi scrivere tutto — mormora ad una suora — farei stupire il mondo». (4. Continua. Le precedenti puntate: 28/06; 12/07 e 19/07) @danielacavini © RIPRODUZIONE RISERVATA di Daniela Cavini valieri del marito, a occupare Castel Sant’Angelo e lì rimanere per 12 giorni, minacciando il Va- ticano. Vuole che i cardinali si riuniscano in Conclave, e che un nuovo Papa possa sedare i tumulti. Quando il pavido Giro- lamo tratta con gli alti prelati, Caterina è costretta a ritirarsi. Ma non a dimenticare di poter tenere alta la spada. Lasciata Roma i Riario si rifu- giano a Forlì, dove Girolamo viene assassinato da una con- giura di notabili locali: contro la città ribelle, Caterina si rinchiu- de nella rocca di Ravaldino, e lì tiene duro, incurante del fatto che gli assedianti abbiano in ostaggio i sei figli. «Impiccateli pure – risponde a chi minaccia di ucciderli, mostrando il basso ventre – ho qui quanto basta per farne altri…». Dalla rocca resi- ste fino a quando l’esercito dello Protagonista Lorenzo di Credi, «La dama dei gelsomini» (Pinacoteca Civica di Forlì). Gli studiosi fin dall’800 hanno identificato questa figura femminile con Caterina Sforza Sopra Caterina mentre guida la resistenza a Forlì (da «Storia d’Italia» di Paolo Giudici, Nerbini); a destra statua di Giovanni dalle Bande Nere in San Lorenzo e Caterina nella «Primavera» di Botticelli (per alcuni studiosi è proprio lei una delle tre Grazie) Alta, bionda e ribelle, tira di spada e ama la caccia. Fu lei a salvare la stirpe medicea

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  • Corriere Fiorentino Domenica 26 Luglio 2015 FI21

    Polimoda, cambio ai vertici. Linda Loppa va a ParigiNasce una nuova piattaforma e Venturi diventa presideCambio ai vertici di Polimoda. Dal primo gennaio l’attuale direttore Linda Loppa guiderà la nuova piattaforma «Strategy & Vision» a Parigi. Mantenendo comunque le radici a Firenze, la scuola lancia una connection con la capitale francese per consolidare e sviluppare relazioniglobali. Il progetto sarà sviluppato

    insieme a Danilo Venturi, capo dipartimento business di Polimoda, che diventa preside dell’istituto di Villa Favard. «Una visione sulla formazione moda sarà il filo conduttore della mia nuova carriera in Polimoda che contaminerò con nuovi stimoli e ispirazioni», ha detto Linda Loppa.

    Culture

    Le Signore de’ Medici La nipote di Francesco Sforza e madre di Giovanni dalle Bande Nere Fu donna d’armi e di governo. A otto anni visitò Firenze e quel viaggio le segnò l’animo

    Caterina, la tigre di Forlì«Se potessi scrivere tutto, fa-

    rei stupire il mondo». Eroinaindomita, Caterina Sforza èl’inattesa stella di una stirpeguerriera, la nipote del più im-portante fra i capitani di ventu-ra, Francesco Sforza, e la madredell’ultimo dei grandi condot-tieri, Giovanni dalle Bande Ne-re. Ma è anche colei che tienesotto il tiro dell’artiglieria ilConclave del 1484, che accetta disacrificare i figli per non cederela città di Forlì, che sfida il Va-lentino umiliandolo. Donnad’armi e di governo, paladinacavalleresca «essa è grande nel-la Storia non già per aver inizia-to tempi nuovi, ma per avervispiccato come figura antica»(P.D.Pasolini). E anche per averaffidato il piccolo Giovanni allatutela di Jacopo Salviati: salvan-do lui, e la stirpe medicea.

    Caterina è frutto dell’amoredi Galeazzo Maria Sforza per Lu-crezia Landriani, amante uffi-ciale e madre di 4 dei suoi figli.Il nonno Francesco è fondatoredella potenza dinastica a Mila-no, lo zio Ludovico (il Moro) losplendido usurpatore che brigaper vent’anni fino a mettersi lacorona ducale sul capo. Cre-sciuta dalla nonna Bianca MariaVisconti, fin da piccola Caterinanon può essere imbrigliata. Ri-belle e contestatrice, tira di spa-da, ama la caccia. Alta, ben fatta,biondissima, la valchiria sforze-sca — ritratta da tutti i più gran-di pittori, Botticelli in testa, maanche Leonardo? — sarà «femi-na, quasi virago, crudelissima edi grande animo. Senza dubioprima donna d’Italia» (cronistaveneziano). A 8 anni fa parte delcorteo che scorta il duca di Mi-lano in visita a Lorenzo il Ma-gnifico. La bimba è incantatadalla dimora senza prigioni esenza torri dei Medici: in qual-che modo, il viaggio a Firenze lesegna l’animo, ma molti annidevono passare prima che laruota della vita giri e la riporti invia Larga. Per ora Caterina rien-tra a Milano, e senza fiatare si

    infila nel matrimonio con Giro-lamo Riario — l’imbelle nipotedi papa Sisto IV — che la stupraper «assaggiarla prima del ma-trimonio». Ha 10 anni, ed è l’ul-tima volta che obbedisce. Bab-bo Sforza cede al Riario la con-tea di Imola, cui si aggiunge lacittà di Forlì, donata dal Papa. Girolamo e Caterina diventanosignori degli Stati Romagnoli,prezioso territorio di passaggioper chi transita verso il Sud:hanno una terra su cui regnare,anche se vivono a Roma, dovelui è capitano della Chiesa. Macon l’improvvisa morte dello zioPapa (1484), la fortuna volge al-trove. Come sempre su Romacalano disordine e terrore, chiaveva subìto torti si dedica allavendetta. Nel caos generalizza-to, ecco sorgere una condottie-ra: Caterina — incinta — nonesita a mettersi alla testa dei ca-

    zio (Sforza) non le restituisce lasignoria. Diventa amministra-trice unica per conto del primo-genito Ottaviano, revisiona il si-stema fiscale, riduce i dazi, con-trolla le milizie. Nessuno lo sa,ma si è sposata in segreto conGiacomo Feo, fratello di un ca-stellano a lei fedele.

    Un amore furioso, radicale,da cui nasce un bimbo. Giaco-mo entra presto in rotta di colli-sione con la brigata Riario: i fi-gli temono che la madre abbiaperso la testa, e finisca per per-dere anche lo Stato. Così il patri-gno cade vittima di una com-plotto cui nessuno – a Forlì –sembra estraneo. A parte lei,crudele Caterina: terribile saràla vendetta della «tigre di Forlì»,intere famiglie ne vengono col-pite fino all’estinzione. È un ba-gno di sangue. Nel 1496 l’amba-sciatore della Repubblica di Fi-

    renze, Giovanni de Medici delramo Popolano, si affaccia nellavita di una madonna folle di so-litudine e dolore. Forse Giovan-ni le ricorda la grazia serena diquel passaggio a Firenze; forsesemplicemente le porge unaspalla — e una città — cui ap-poggiarsi. I due si sposano alvolo, e nell’aprile del 1498 nasceLudovico, così chiamato in ono-re dello zio, Duca di Milano. Maè una felicità illusoria: sei mesidopo, il Medici muore di malat-tia, lasciandola vedova per laterza volta. Ha 36 anni e otto fi-gli. Il nome dell’ultimogenitoLudovico si muta in Giovanni,come il padre scomparso. Le«Bande Nere» arriveranno piùtardi.

    Ma Caterina non ha tempoper le lacrime: Cesare Borgia, fi-glio del nuovo papa AlessandroVI, adesso alleato dei Francesi,mira alla terra di Romagna. E seImola apre le porte al Valentino«alla maniera delle puttane»(Sanudo), la contessa — dopoaver lasciato i figli a Firenze — vola a Forlì. Si barrica ancorauna volta nella rocca: spera ne-gli aiuti dello zio Sforza (che hariconquistato Milano), della re-pubblica fiorentina. Nessuno simuove. Chiusa nell’armatura, laspada in pugno, Caterina guidapersonalmente la difesa. Hauna taglia sulla testa, il Valenti-no la bombarda giorno e notte:ma lei non cede, sembra tenerloin pugno. Il 12 dicembre 1500Cesare sferra l’ultimo assalto,500 uomini muoiono sugli spal-ti. La rocca cade. Caterina com-batte finché – sola e circondata— si arrende. La preda tocca alBorgia: viene portata a Roma erinchiusa in Castel Sant’Angelo.Per sei mesi sopporta ogni sortadi abusi. Ma sopravvive. Libera-ta per l’intervento francese, si ri-fugia a Firenze, trovando asilonel convento delle Murate insie-me al piccolo Giovanni travesti-to da femmina per sfuggire leinsidie di chi vuole toglierglil’eredità (e forse la vita). Muoredi polmonite a 46 anni, mentresta ancora brigando per recupe-rare la Signoria. Se ne va da pa-drona del proprio destino, da«figura antica», ultima grandedonna del Medioevo più che delRinascimento. Talvolta spaven-tevole, mai spaventata. «Se po-tessi scrivere tutto — mormoraad una suora — farei stupire il mondo».

    (4. Continua. Le precedentipuntate: 28/06; 12/07 e 19/07)

    @danielacavini© RIPRODUZIONE RISERVATA

    di Daniela Cavini

    valieri del marito, a occupareCastel Sant’Angelo e lì rimanereper 12 giorni, minacciando il Va-ticano. Vuole che i cardinali siriuniscano in Conclave, e cheun nuovo Papa possa sedare itumulti. Quando il pavido Giro-lamo tratta con gli alti prelati,Caterina è costretta a ritirarsi.Ma non a dimenticare di potertenere alta la spada.

    Lasciata Roma i Riario si rifu-giano a Forlì, dove Girolamoviene assassinato da una con-giura di notabili locali: contro lacittà ribelle, Caterina si rinchiu-de nella rocca di Ravaldino, e lìtiene duro, incurante del fattoche gli assedianti abbiano inostaggio i sei figli. «Impiccatelipure – risponde a chi minacciadi ucciderli, mostrando il bassoventre – ho qui quanto basta perfarne altri…». Dalla rocca resi-ste fino a quando l’esercito dello

    ProtagonistaLorenzo di Credi, «La dama dei gelsomini» (Pinacoteca Civica di Forlì). Gli studiosi fin dall’800 hanno identificato questa figura femminile con Caterina Sforza

    Sopra Caterina mentre guidala resistenza a Forlì (da «Storia d’Italia» di Paolo Giudici, Nerbini); a destra statua di Giovanni dalle Bande Nere in San Lorenzo e Caterina nella «Primavera» di Botticelli (per alcuni studiosi è proprio lei una delle tre Grazie)

    Alta, bionda e ribelle, tira di spada e ama la caccia. Fu lei a salvare la stirpemedicea

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