pietro fabris - catalogue | catalogo

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4 MASTERPIECES 2 DRAWINGS 1 DISCOVERY Pietro Fabris “E N G L I S H P A I N T E R” BNB ART CONSULTING LIMITED

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Pietro Fabris - CATALOGUE | english painter, 4 masterpieces 2 drawings 1 discovery | catalogue edited by Ermanno Bellucci, editorial coordination of Milena Naldi | BNB Art Consulting 13, New Burlington street london w1 3Bg tel. +44 207 8975092475 e-mail: [email protected] web: www.bnb-artconsulting.co.uk

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4

m a s t e r p i e c e s

2

D r a w i n g s

1

D i s c o v e r y

p i e t r o F a b r i s“E n g l i s h P a i n t E r”

BnBa r t c o n s u l t i n g l i m i t e D

Only recently, thanks to a growing number

of more careful and detailed studies1,

we have been able to piece together frag-

ments concerning the life of Pietro Fabris

as a man and an artist. to begin with,

we can now state with some assurance

that what Fabris himself declared about

his English origins was absolutely true2:

his description of himself as an

“English painter” was not just an affectation

or a crafty attempt to claim a closer connec-

tion with the most generous art patrons

of his time. it was a simple statement

of fact about his birthplace. We are now

in a position to go a little further in recon-

structing his biography.

roughly at the time of Pietro Fabris’s birth

(at some point between 1730 and 1735),

a Jacopo Fabris was active in london.

Born in Venice in 1689, but with a family

originating in either Friuli or Dalmatia, Jacopo

Fabris worked intensively as stage designer

and set decorator in germany, between Karl-

sruhe and hamburg3, before his death in Co-

penhagen in 1761. in london Jacopo Fabris

also tried his hand at painting landscapes.

it therefore seems highly likely that Pietro

was Jacopo’s son, as other scholars have

already suggested4. and it follows that it

was in the workshop or atelier of his

father, who had converted with fervour

to the young Canaletto’s style, that Pietro

received his first training. the conceptual

imprint he received there remains visible in

Pietro’s whole production: the idea of land-

scape as stage design, the quest for light

through atmospherics, his faithful

adherence to the laws of perspective5.

thus Pietro shared with Jacopo not just a

surname but also his choice of genre:

landscape painting as “reformed” by Van

Wittel and spread throughout Europe,

mostly by Canaletto and Joli, at the begin-

ning of the eighteenth century.

Jacopo’s travels from one European court

to the other do not exclude that he also

returned to Venice on occasion.

Pietro certainly spent some time there,

though we do not know for how long,

as indicated by his view of Pola6 and,

even more significantly, the fact that

he learnt the gouache technique,

a technique that Marco ricci had made

ample use of for his English patrons and

that Pietro Fabris himself would introduce

to naples7.

in Venice it is highly plausible that Pietro

Fabris would have met antonio Joli

(Modena c. 1700 - naples 1777),

who is considered his real and most signifi-

cant teacher. Joli was in Venice in 1754,

and after taking part in the first meeting of

the nascent Accademia di Pittura e Scultura

in Venice in February 1755 he left the city

with lord John Brudenell, who was then

finishing his studies with a typical tour

of italy. Joli reached naples with Brudenell

in 17568. is it just a coincidence that Pietro

Fabris is known to have been in naples,

the capital of the Kingdom of the two

sicilies, that year, as the two paintings

shown here attest? Even if it were only

a coincidence, we are nevertheless certain

that the two artists, Joli and Fabris, worked

together closely from the very beginning

of their activities in naples. Both were

involved in documenting Carlo and Maria

amalia’s departure for spain in 1759.

Joli painted two related paintings dated

1761 that depict Charles of Bourbon’s

departure for Spain as seen from the dock-

yard, and Charles of Bourbon’s departure

for Spain as seen from the Sea (naples,

Prefettura), while Fabris painted a Charles

of Bourbon embarking from the dockyard

(private collection), which he signed

and dated ‘Pietro Fabris l’inglese f. 1761’.

Fabris also painted a Cuccagna

(maypole festival) at Largo di Castello

(Milan, Cocoon art gallery), which shows

the King taking part in a popular festival

for the last time before his departure

for spain.

Joli’s view of largo di Castello with the

populace attacking the shacks where bread

was stored during the 1764 famine

(today in Vienna, Kunsthistorisches Museum)

was copied by Fabris for the gallery

of the English ambassador to the Kingdom

of the two sicilies, William hamilton.

Of The Royal Procession to Piedigrotta

(naples, san Martino Museum),

probably painted by Joli for lord Brudenell,

we know Fabris’s version (Florence,

Uffizi reserve collection).

Joli and Fabris both painted the same

subject in their The game of the palla

a bracciale: Joli’s is in a private collection,

solo di recente, grazie prima alle intuizioni e

poi agli studi sempre più attenti e approfon-

diti1, qualche piccolo tassello della vicenda

umana ed artistica di Pietro Fabris inizia ad

andare al suo posto. Per iniziare, oggi possia-

mo affermare con sufficiente sicurezza che

quanto sostenuto dallo stesso Fabris circa le

sue origini inglesi risponda assolutamente

al vero2: insomma, definirsi ‘english painter’

non era un vezzo da artista o, ancor peg-

gio, un capzioso tentativo di creare una più

stretta familiarità con coloro, gli inglesi, che

all’epoca rappresentavano i più numerosi,

e più generosi, committenti di opere d’arte,

ma una semplice dichiarazione del proprio

luogo di nascita.

Partendo da questo che è ormai un dato

acquisito, possiamo provare ad avanzare

qualche ulteriore ipotesi di ricostruzione

biografica.

negli anni della presumibile nascita di Pietro

Fabris, collocabile fra il 1730 ed il 1735,

opera a londra Jacopo Fabris, nato a Venezia

nel 1689, ma di origini familiari friulane o

dalmate, che morirà a Copenaghen nel 1761,

dopo un intenso periodo di attività come

decoratore teatrale e scenografo in germa-

nia, fra Karlsruhe e amburgo3, misurandosi

inoltre, proprio in inghilterra, con la pittura

di veduta. Mi sembra inevitabile pensare che

Pietro sia figlio di Jacopo, come, d’altronde,

suggerito già da altri studiosi4. Ed è quindi

consequenziale che sia nella bottega di Jacopo,

che ormai ha aderito con convinzione ai

modi del primo Canaletto, che Pietro abbia

la sua prima formazione. le conseguenze

della frequentazione paterna sono un

imprimatur concettuale che traspare costan-

temente in tutta la sua produzione: l’idea

scenografica del paesaggio, la ricerca della

luminosità nella resa atmosferica, una appli-

cazione assoluta delle leggi prospettiche5.

Con Jacopo Fabris, quindi, Pietro non

avrebbe in comune soltanto il cognome,

ma anche la scelta del genere pittorico: il ve-

dutismo ‘riformato’ da Van Wittel e diffuso

in Europa nella prima metà del settecento

soprattutto da Canaletto e Joli. le peregri-

nazioni di Jacopo per le corti europee non

escludono ritorni a Venezia, dove senz’altro

Pietro passa un periodo, non sappiamo

quanto lungo, testimoniato dalla redazione

di una veduta di Pola6 e, soprattutto, dalla

acquisizione della tecnica di pittura alla

gouache, ampiamente utilizzata, soprattutto

per la committenza inglese, da Marco ricci

ed importata a napoli, con il successo che

conosciamo, proprio da Pietro Fabris7.

a Venezia - e questa è un’altra ipotesi molto

plausibile -, Pietro Fabris entra in contatto

con antonio Joli (Modena 1700 ca – napoli

1777), considerato il suo vero e più

importante maestro. l’artista modenese è a

Venezia nel 1754 e, dopo aver partecipato

all’assemblea costituente della accademia

di Pittura e scultura di Venezia nel febbraio

dell’anno successivo, si mette al seguito di

lord John Brudenell - impegnato a completa-

re i suoi studi con il classico viaggio in italia -,

e con lui giunge a napoli nel 17568.

È solo un caso che esattamente nello stesso

anno è certa la presenza di Pietro Fabris

nella capitale del regno delle Due sicilie,

ampiamente documentata dalla redazione

di due dei dipinti, firmati e datati, che qui si

presentano? se anche ciò fosse solo un caso,

è invece certo il rapporto intenso di colla-

borazione fra i due artisti, stabilitosi sin dal

primo momento della loro attività a napoli,

impegnati insieme a documentare la par-

tenza di Carlo e Maria amalia per la spagna

nel 1759: Joli realizza una coppia di dipinti

- datati 1761 - raffiguranti La partenza da

Napoli di Carlo di Borbone per la Spagna

vista dalla Darsena e La partenza da Napoli

di Carlo di Borbone per la Spagna vista dal

mare (napoli, Prefettura), e Fabris realizza un

Imbarco di Carlo di Borbone dalla Darsena

(Collezione privata) - firmato e datato ‘Pietro

Fabris l’Inglese f. 1761’-; e sempre di Fabris

è la Cuccagna a Largo di Castello (Milano,

galleria Cocoon art), che raffigura l’ultima

partecipazione del sovrano ad una festa

di popolo prima della sua partenza

per la spagna.

Una veduta del largo di Castello con le

‘baracche’ per la vendita del pane assaltate

dalla popolazione in occasione della carestia

del 1764 di Joli (oggi a Vienna, Kunsthistori-

sches Museum) fu replicata da Fabris per la

quadreria dell’ambasciatore inglese nel re-

gno delle Due sicilie, William hamilton.

De Il corteo reale a Piedigrotta (napoli,

Museo di san Martino), probabilmente rea-

lizzato da Joli per lord Brudenell, si conosce

una versione di Fabris (Firenze, depositi degli

Uffizi). Così come sono di analogo soggetto

i dipinti Il gioco della palla a bracciale

realizzati dall’artista modenese (Collezione

privata), sia dall’anglo-napoletano, firmato

e datato 1768 (londra, Marylebone Cricket

Club). Per quest’ultimo episodio, è interes-

sante notare come la prima versione

di questo soggetto sia da attribuire a Fabris,

con un ribaltamento di ruoli: il maestro

deriva dall’allievo.

gli esempi di questa continua, stretta e,

ormai, paritaria relazione tra i due artisti

potrebbero continuare, ma qui basta citare

un ultimo ed illuminante episodio sul livello

della loro collaborazione: in un documento

pubblicato da Emilie Beck9, lo stesso Fabris

dichiara di aver eseguito ‘figurine’ nei dipinti

di Joli. Che ciò sia accaduto solo nell’ultimo

periodo di vita di Joli, quando era afflitto da

una quasi totale cecità, o fosse una pratica

comune, non è dato di sapere; comunque

ci conferma un rapporto di intimità

professionale e umana totale.

E d’altra parte doveva essere oggettiva

la percezione non solo di autonomia,

ma anche di un simile valore artistico

p i e t r o F a b r i s : b r i e f n o t e s o n h i s l i f e a n d a r t P i e t r o F a b r i s : c e n n i s u l l a v i t a e s u l l ’ a r t e

catalogue edited byermanno Bellucci

editorial coordination milena naldi

translationsilvia arcangelilicinia magrini

graphic desingKuni Design strategy - www.kuni.it

printed bygrafiche dell’artiere, Bentivoglio, Bologna, italy - www.graficartiere.com

©BnB art consulting limited - november 2010

special thanks to charles Beddington

i

Only recently, thanks to a growing number

of more careful and detailed studies1,

we have been able to piece together frag-

ments concerning the life of Pietro Fabris

as a man and an artist. to begin with,

we can now state with some assurance

that what Fabris himself declared about

his English origins was absolutely true2:

his description of himself as an

“English painter” was not just an affectation

or a crafty attempt to claim a closer connec-

tion with the most generous art patrons

of his time. it was a simple statement

of fact about his birthplace. We are now

in a position to go a little further in recon-

structing his biography.

roughly at the time of Pietro Fabris’s birth

(at some point between 1730 and 1735),

a Jacopo Fabris was active in london.

Born in Venice in 1689, but with a family

originating in either Friuli or Dalmatia, Jacopo

Fabris worked intensively as stage designer

and set decorator in germany, between Karl-

sruhe and hamburg3, before his death in Co-

penhagen in 1761. in london Jacopo Fabris

also tried his hand at painting landscapes.

it therefore seems highly likely that Pietro

was Jacopo’s son, as other scholars have

already suggested4. and it follows that it

was in the workshop or atelier of his

father, who had converted with fervour

to the young Canaletto’s style, that Pietro

received his first training. the conceptual

imprint he received there remains visible in

Pietro’s whole production: the idea of land-

scape as stage design, the quest for light

through atmospherics, his faithful

adherence to the laws of perspective5.

thus Pietro shared with Jacopo not just a

surname but also his choice of genre:

landscape painting as “reformed” by Van

Wittel and spread throughout Europe,

mostly by Canaletto and Joli, at the begin-

ning of the eighteenth century.

Jacopo’s travels from one European court

to the other do not exclude that he also

returned to Venice on occasion.

Pietro certainly spent some time there,

though we do not know for how long,

as indicated by his view of Pola6 and,

even more significantly, the fact that

he learnt the gouache technique,

a technique that Marco ricci had made

ample use of for his English patrons and

that Pietro Fabris himself would introduce

to naples7.

in Venice it is highly plausible that Pietro

Fabris would have met antonio Joli

(Modena c. 1700 - naples 1777),

who is considered his real and most signifi-

cant teacher. Joli was in Venice in 1754,

and after taking part in the first meeting of

the nascent Accademia di Pittura e Scultura

in Venice in February 1755 he left the city

with lord John Brudenell, who was then

finishing his studies with a typical tour

of italy. Joli reached naples with Brudenell

in 17568. is it just a coincidence that Pietro

Fabris is known to have been in naples,

the capital of the Kingdom of the two

sicilies, that year, as the two paintings

shown here attest? Even if it were only

a coincidence, we are nevertheless certain

that the two artists, Joli and Fabris, worked

together closely from the very beginning

of their activities in naples. Both were

involved in documenting Carlo and Maria

amalia’s departure for spain in 1759.

Joli painted two related paintings dated

1761 that depict Charles of Bourbon’s

departure for Spain as seen from the dock-

yard, and Charles of Bourbon’s departure

for Spain as seen from the Sea (naples,

Prefettura), while Fabris painted a Charles

of Bourbon embarking from the dockyard

(private collection), which he signed

and dated ‘Pietro Fabris l’inglese f. 1761’.

Fabris also painted a Cuccagna

(maypole festival) at Largo di Castello

(Milan, Cocoon art gallery), which shows

the King taking part in a popular festival

for the last time before his departure

for spain.

Joli’s view of largo di Castello with the

populace attacking the shacks where bread

was stored during the 1764 famine

(today in Vienna, Kunsthistorisches Museum)

was copied by Fabris for the gallery

of the English ambassador to the Kingdom

of the two sicilies, William hamilton.

Of The Royal Procession to Piedigrotta

(naples, san Martino Museum),

probably painted by Joli for lord Brudenell,

we know Fabris’s version (Florence,

Uffizi reserve collection).

Joli and Fabris both painted the same

subject in their The game of the palla

a bracciale: Joli’s is in a private collection,

solo di recente, grazie prima alle intuizioni e

poi agli studi sempre più attenti e approfon-

diti1, qualche piccolo tassello della vicenda

umana ed artistica di Pietro Fabris inizia ad

andare al suo posto. Per iniziare, oggi possia-

mo affermare con sufficiente sicurezza che

quanto sostenuto dallo stesso Fabris circa le

sue origini inglesi risponda assolutamente

al vero2: insomma, definirsi ‘english painter’

non era un vezzo da artista o, ancor peg-

gio, un capzioso tentativo di creare una più

stretta familiarità con coloro, gli inglesi, che

all’epoca rappresentavano i più numerosi,

e più generosi, committenti di opere d’arte,

ma una semplice dichiarazione del proprio

luogo di nascita.

Partendo da questo che è ormai un dato

acquisito, possiamo provare ad avanzare

qualche ulteriore ipotesi di ricostruzione

biografica.

negli anni della presumibile nascita di Pietro

Fabris, collocabile fra il 1730 ed il 1735,

opera a londra Jacopo Fabris, nato a Venezia

nel 1689, ma di origini familiari friulane o

dalmate, che morirà a Copenaghen nel 1761,

dopo un intenso periodo di attività come

decoratore teatrale e scenografo in germa-

nia, fra Karlsruhe e amburgo3, misurandosi

inoltre, proprio in inghilterra, con la pittura

di veduta. Mi sembra inevitabile pensare che

Pietro sia figlio di Jacopo, come, d’altronde,

suggerito già da altri studiosi4. Ed è quindi

consequenziale che sia nella bottega di Jacopo,

che ormai ha aderito con convinzione ai

modi del primo Canaletto, che Pietro abbia

la sua prima formazione. le conseguenze

della frequentazione paterna sono un

imprimatur concettuale che traspare costan-

temente in tutta la sua produzione: l’idea

scenografica del paesaggio, la ricerca della

luminosità nella resa atmosferica, una appli-

cazione assoluta delle leggi prospettiche5.

Con Jacopo Fabris, quindi, Pietro non

avrebbe in comune soltanto il cognome,

ma anche la scelta del genere pittorico: il ve-

dutismo ‘riformato’ da Van Wittel e diffuso

in Europa nella prima metà del settecento

soprattutto da Canaletto e Joli. le peregri-

nazioni di Jacopo per le corti europee non

escludono ritorni a Venezia, dove senz’altro

Pietro passa un periodo, non sappiamo

quanto lungo, testimoniato dalla redazione

di una veduta di Pola6 e, soprattutto, dalla

acquisizione della tecnica di pittura alla

gouache, ampiamente utilizzata, soprattutto

per la committenza inglese, da Marco ricci

ed importata a napoli, con il successo che

conosciamo, proprio da Pietro Fabris7.

a Venezia - e questa è un’altra ipotesi molto

plausibile -, Pietro Fabris entra in contatto

con antonio Joli (Modena 1700 ca – napoli

1777), considerato il suo vero e più

importante maestro. l’artista modenese è a

Venezia nel 1754 e, dopo aver partecipato

all’assemblea costituente della accademia

di Pittura e scultura di Venezia nel febbraio

dell’anno successivo, si mette al seguito di

lord John Brudenell - impegnato a completa-

re i suoi studi con il classico viaggio in italia -,

e con lui giunge a napoli nel 17568.

È solo un caso che esattamente nello stesso

anno è certa la presenza di Pietro Fabris

nella capitale del regno delle Due sicilie,

ampiamente documentata dalla redazione

di due dei dipinti, firmati e datati, che qui si

presentano? se anche ciò fosse solo un caso,

è invece certo il rapporto intenso di colla-

borazione fra i due artisti, stabilitosi sin dal

primo momento della loro attività a napoli,

impegnati insieme a documentare la par-

tenza di Carlo e Maria amalia per la spagna

nel 1759: Joli realizza una coppia di dipinti

- datati 1761 - raffiguranti La partenza da

Napoli di Carlo di Borbone per la Spagna

vista dalla Darsena e La partenza da Napoli

di Carlo di Borbone per la Spagna vista dal

mare (napoli, Prefettura), e Fabris realizza un

Imbarco di Carlo di Borbone dalla Darsena

(Collezione privata) - firmato e datato ‘Pietro

Fabris l’Inglese f. 1761’-; e sempre di Fabris

è la Cuccagna a Largo di Castello (Milano,

galleria Cocoon art), che raffigura l’ultima

partecipazione del sovrano ad una festa

di popolo prima della sua partenza

per la spagna.

Una veduta del largo di Castello con le

‘baracche’ per la vendita del pane assaltate

dalla popolazione in occasione della carestia

del 1764 di Joli (oggi a Vienna, Kunsthistori-

sches Museum) fu replicata da Fabris per la

quadreria dell’ambasciatore inglese nel re-

gno delle Due sicilie, William hamilton.

De Il corteo reale a Piedigrotta (napoli,

Museo di san Martino), probabilmente rea-

lizzato da Joli per lord Brudenell, si conosce

una versione di Fabris (Firenze, depositi degli

Uffizi). Così come sono di analogo soggetto

i dipinti Il gioco della palla a bracciale

realizzati dall’artista modenese (Collezione

privata), sia dall’anglo-napoletano, firmato

e datato 1768 (londra, Marylebone Cricket

Club). Per quest’ultimo episodio, è interes-

sante notare come la prima versione

di questo soggetto sia da attribuire a Fabris,

con un ribaltamento di ruoli: il maestro

deriva dall’allievo.

gli esempi di questa continua, stretta e,

ormai, paritaria relazione tra i due artisti

potrebbero continuare, ma qui basta citare

un ultimo ed illuminante episodio sul livello

della loro collaborazione: in un documento

pubblicato da Emilie Beck9, lo stesso Fabris

dichiara di aver eseguito ‘figurine’ nei dipinti

di Joli. Che ciò sia accaduto solo nell’ultimo

periodo di vita di Joli, quando era afflitto da

una quasi totale cecità, o fosse una pratica

comune, non è dato di sapere; comunque

ci conferma un rapporto di intimità

professionale e umana totale.

E d’altra parte doveva essere oggettiva

la percezione non solo di autonomia,

ma anche di un simile valore artistico

p i e t r o F a b r i s : b r i e f n o t e s o n h i s l i f e a n d a r t P i e t r o F a b r i s : c e n n i s u l l a v i t a e s u l l ’ a r t e

catalogue edited byermanno Bellucci

editorial coordination milena naldi

translationsilvia arcangelilicinia magrini

graphic desingKuni Design strategy - www.kuni.it

printed bygrafiche dell’artiere, Bentivoglio, Bologna, italy - www.graficartiere.com

©BnB art consulting limited - november 2010

special thanks to charles Beddington

i

fra i due, se i reali scelgono Fabris

per illustrare scene e momenti della vita

di corte. lo testimoniano Il corteo

delle barche reali a Palazzo Donn’Anna

(Collezione privata), di cui esistono

in spagna due repliche dello stesso autore,

una nel Palazzo reale di aranjuez e l’altra -

firmata e datata 1768 -, a Madrid,

Palazzo della Zarzuela; un Ferdinando IV

di Borbone alla caccia del cinghiale,

firmata e datata 1773 (Caserta, Palazzo

reale), oltre alla già citata Cuccagna

a Largo di Castello10. a queste opere

si va ad aggiungere una tela raffigurante

la Veduta dell’arco Traiano di Benevento

con Carlo III di Borbone, Maria Amalia

e la corte in visita11, databile fra il 1758

ed il 1762. Quest’ultimo dipinto ci permette

di accennare ad un altro dei pittori

importanti nella formazione artistica di Fabris:

Carlo Bonavia. napoletano o forse romano

di origine, Bonavia è documentato,

attraverso le sue opere, attivo a napoli

già dal 1751, quando sigla e data

il Molo di Napoli con la Lanterna

(londra, già Christie’s)12 e fino al 1788.

Formatosi nel solco della tradizione

paesaggistica napoletana di leonardo

Coccorante e Michele Pagano,

Bonavia ha il grande merito di diffondere in

ambito partenopeo i modi di

Claude-Joseph Vernet, riprendendone

le tematiche, i tagli prospettici, il gusto

per il ‘capriccio’ e l’invenzione paesaggistica.

È da Bonavia che Fabris mutua la delicata

e raffinata resa del dato naturale e

paesaggistico, con una stesura cromatica

che rende leggere, quasi morbide,

anche le rocce tufacee;

ma da Bonavia vengono anche, e soprattutto,

i primi piani affollati di figurine, il gusto per il

‘racconto’ della vita di nobili e popolani.

Per concludere l’argomento delle influenze

esercitate su Fabris da altri protagonisti

dell’ambiente artistico napoletano, se va

ridimensionata quella di Philip hackert -

tracce di quella ‘pittura secondo natura’

paradigma assoluto dell’artista tedesco, le

ritroviamo episodicamente, soprattutto nel

periodo della piena maturità e solitamente

nei dipinti di grande formato -, sicuramente

più significativi sono gli influssi di altri pittori

legati alla corte, quali Francesco Celebrano

e giuseppe Bonito, di cui in seguito diremo.

Così come in altra occasione, e con un diverso

approfondimento, si dovrà affrontare il tema

del forte fascino che dovettero esercitare su

Fabris i cosiddetti ‘bamboccianti’.

stimolante resta tuttavia per Fabris l’ambiente

artistico londinese, a cui lo lega non tanto

la sua nascita, quanto piuttosto l’amore per

il disegno e la pittura all’acquerello, seppur

nella variante della tempera e della gouache,

molto apprezzati in inghilterra. a londra,

nel 1768, espone disegni e vedute di napoli

presso la Free society e nel 1772 alla society

of artists. Evidentemente tali esposizioni

ebbero un significativo successo se,

fra il 1777 ed il 1782, Paul sandby e

archibald robertson stampano a londra l

e Twenty Views of Naples and its environs,

trasposizione su lastra, con la tecnica

dell’acquatinta - la tecnica calcografica

che più si avvicinava, nell’effetto finale,

all’acquerello -, dei disegni originali di Fabris.

Un’opera destinata a definire a livello europeo

i topoi fondamentali per ogni descrizione

iconografica di napoli e dei suoi dintorni.

l’importanza di Pietro Fabris nel rinnovamento

della cultura artistica napoletana nella

seconda metà del settecento è dimostrata

dall’influenza della sua opera nelle scelte

degli artisti operanti nel regno fino alla

metà del secolo successivo. se ciò è vero nel

campo della pittura, ancora più evidente è

in ambito calcografico, dove la dipendenza

da prototipi di riferimento è ancor più, e più

immediatamente, leggibile. Basti pensare

al ruolo di archetipo assoluto avuto dalla

Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno

di Napoli…, 35 tavole disegnate, incise

all’acquaforte e pubblicate da Fabris nel

1773; una catalogazione di ‘tipi’ e mestieri

del popolo a cui attingeranno a piene mani

svariate generazioni di pittori, disegnatori

e incisori, locali e stranieri, in relazione alla

infinita produzione di opere destinate ad

illustrare il ‘racconto’ della vita popolare.

Ed è impensabile che Domenico Venuti,

direttore della real Fabbrica di Porcellane

di Capodimonte, non abbia tenuto conto

dell’enorme successo di questa opera quando,

nove anni dopo la pubblicazione della

Raccolta, incaricava alessandro D’anna di

realizzare un reportage grafico sulle vestiture

del regno da utilizzarsi quale modello per la

decorazione della più ricercata produzione

ceramica13.

Ma l’opera grafica più importante di Fabris

restano le 59 tavole incise all’acquatinta

e colorate a gouache, che rappresentano

il formidabile corredo illustrativo dei Campi

Phlegraei. Observations on the Volcanos

of Two Sicilies, stampato a napoli il 1776,

a cui seguirà, nel 1779, il Supplement the

Campi Phlegraei being an account

of the great eruption of Mount Vesuvius

in the month of August 1779,

di sir William hamilton.

Fine collezionista, scienziato e letterato,

sir William hamilton giunge a napoli

il 17 novembre 1764 quale inviato

straordinario di sua Maestà Britannica

presso il re delle Due sicilie.

Fin dai primissimi anni del suo soggiorno

napoletano, forse anche per la comune

provenienza, hamilton diventa convinto

sostenitore e generoso mecenate di Fabris:

nella sua collezione privata arriverà a

possedere ben 32 opere del pittore e non

lesinerà il suo aiuto per introdurlo negli

ambienti più esclusivi della capitale del regno

e nel giro dei viaggiatori stranieri

del Grand Tour.

la decisione dell’ambasciatore inglese di

affidare proprio a Fabris il difficile compito

di illustrare, con lucidità scientifica, ma

anche con qualità artistica assoluta, i Campi

Phlegraei, risale già al 1768, quando hamilton

si fa accompagnare dal nostro pittore nel suo

viaggio in sicilia: e che il compito di Fabris

fosse già definito è dimostrato dal commento

alla tavola XXXVii dei Campi Phlegraei,

che rappresenta la View of the Island of

Stromboli, desunta da un disegno originale

del 1768 “taken by Monsieur Fabris on his

return from Sicily with the Author”.

ancora grazie a hamilton possiamo contenere

la data della morte di Fabris fra il 1792 -

quando firma e data i Preparativi per il

pellegrinaggio al Santuario della Madonna

dell’Arco14- e il 1795, quando, in un opuscolo

realizzato per descrivere l’eruzione

del Vesuvio avvenuta quell’anno, hamilton

afferma di aver impegnato per il corredo

iconografico il “Signor Xaverio Gatta,

successor to the late ingenius Mr. Fabris”15.

i t a l i a n o

1 Franco mancini, Pietro Fabris. Raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli, napoli, guida editori, 1985; nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, napoli, electa napoli, 1987; nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, napoli, electa napoli, 1989; carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, napoli, electa napoli, 1990; rossana muzii, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990, napoli, electa napoli, 1990; emilie Beck1, ‘1767: le prime goua-ches napoletane’, in ‘confronto’, 2003, numero 1, pp. 73-79; emilie Beck2, Pietro Fabris: dieci anni di attività napoletana. Alcuni documenti inediti, in ‘napoli nobilissi-ma’, quinta serie, vol. iX, 2008, fasc. i-ii, pp. 76-88.

2 oltre a vari dipinti firmati ‘pietro Fabris l’inglese’, nella dedica a william Hamilton nel volume Raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli del 1773, si firma ‘l ’umilissimo servitore P.o Fabris inglese a Napoli’; e lo stesso sir william Hamilton, nella lettera di presentazione dei Campi Phlegraei a sir John pringle, presidente della royal society di londra, a p. 5 scrive “(…) Mr . Peter Fabris, a most ingenious and able artist, a native of Great Britain”.

3 antonio morassi, Anticipazioni per il vedutista Jacopo Fa-bris, in ‘arte veneta’, 1966, pp. 279-281; marilena mosco, Minori del Settecento veneto. Jacopo Fabris, in ‘arte illustrata’, 1974, pp. 82-97; rodolfo pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, milano, electa, 1996, vol. ii, pp. 301-302; Filippo pedrocco, Il Settecento a Venezia. I vedutisti. milano, rizzoli, 2001, pp. 178-180.

4 carlo Knight, op. cit., p. 152; marilena mosco, Napoli-Firenze e ritorno…, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, catalogo della mostra, napoli, guida editori, 2001, p. 37 e nota 19, p. 40.

5 soprattutto per questo ultimo argomento, è significativo ricordare che Jacopo Fabris fu autore di un ‘trattato teorico di prospettiva e architettura’, portato a compimento e pubblicato a copenaghen nel 1760: cfr. Filippo pedrocco, op. cit., p. 179.

6 cfr. emilie Beck1, op. cit., p. 76.

7 ad ulteriore conforto di questa tesi, Bernardo tanucci, il potente primo ministro del regno, in una lettera inviata a carlo iii per informarlo della concessione della ‘privativa’ per la stampa dei Campi Phlegraei, specifica “(…) due tomi di varie vedute di questo Regno, e di quello di Sicilia colorite con un certo segreto da un artefice Fabris”, laddove il ‘certo segreto’ non può essere che l’uso della gouache.

8 mariella utili, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella ve-duta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990, napoli, electa napoli, 1990, p. 399.

9 emilie Beck2, op. cit., p. 84, n. 4.

10 in particolare è interessante notare che la posizione di ripresa della scena è dal palco reale: un privilegio, questo, evidentemente non concesso a chiunque. cfr. ermanno Bellucci, Importanti dipinti di veduta, galleria cocoon art, milano, 2007, pp. 26-29.

11 il dipinto è di recente stato presentato ad una vendita christie’s (londra, Old Master & 19th Century Paintings, Drawings & Watercolours, 7 luglio 2010, lotto 232).

12 nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, napoli, electa napoli, 1989; scheda n. 57, p. 191; fig. 56, p. 243.

13 maria cristina masdea, Le vestiture del Regno di Napoli: origini e fortune di un genere nuovo, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, catalogo della mostra, napoli, guida editori, 2001, p. 41 e p. 44.

14 nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, napoli, electa napoli, 1987; scheda p. 163, n. 310; fig. 410, p. 397.

15 william Hamilton, An Account of the late Eruption of Mount Vesuvius, napoli, s.d. (ma 1795), p. 43.

while Fabris’s, signed and dated 1768,

is held in london by the Marylebone Cricket

Club. in this case, though, we may note that

the first version of this painting is attributable

to Fabris, with the pupil turning master.

Examples of the continuous and close

relationship between the two artists - now

equals - could be extended, but one will suf-

fice to illuminate the extent of their coopera-

tion. in a document published by Emilie Beck9,

Fabris himself declared to have painted

‘small figures’ in a painting by Joli. We do

not know whether this happened only

in Joli’s last days, when he had

become almost completely blind, or whether

it had been common practice before, but

the evidence nevertheless testifies to the

professional and human intimacy between

the two artists. and yet the royal commis-

sion for Fabris to paint scenes of court life

demonstrate that the royals recognized

Fabris’s autonomy and that he was Joli’s

artistic equal. among them are The procession

of the Royal barges to the Donn’Anna Palace

(private collection), two copies of which,

by the same author, are preserved in spain,

one in the royal Palace of aranjuez signed

and dated 1768, the other in the Zarzuela

Palace in Madrid; and Ferdinand of Bourbon

hunting boar, signed and dated 1773 (royal

Palace, Caserta), beside the already

mentioned Cuccagna at Largo di Castello10

and A view of Trajan’s Arch in Benevento

with the visit of Carlo III of Bourbon,

Maria Amalia and the Court11, datable

between 1758 and 1762.

this last painting allows us to mention

another artist who played an important role

in Fabris’s artistic development,

Carlo Bonavia. neapolitan or perhaps ro-

man by birth, Bonavia was already active in

naples in 1751, as his paintings attest, when

he signed and dated a Peer of Naples with

a lantern12 (london, formerly at Christie’s),

and he remained there until 1788.

trained in the neapolitan landscape tradi-

tion of leonardo Coccorante and Michele

Pagano, Bonavia’s great merit was to

introduce Claude-Joseph Vernet’s style

to naples. Bonavia adopted Vernet’s themes,

his choices of perspectival points of view,

his taste for capricci and his landscape in-

novations. Fabris in turn took from Bonavia

his delicate and sophisticated rendering of

natural elements, landscape forms and a

way of developing colours that makes even

tufaceous rocks look light, almost soft.

But in particular Fabris took from Bonavia his

use of close-up passages crowded with little

figures and his taste for narrating the lives of

aristocrats and ordinary people alike.

to conclude our discussion of the influences

on Fabris of other protagonists of the art

scene in naples, if Philip hackert’s has been

exaggerated - we find only occasional traces

of hackert’s paradigmatic ‘painting accord-

ing to nature’ (‘pittura secondo natura’), and

this especially in Fabris’s mature period and

usually in large format paintings

- the influence of other artists patronised

by the court in naples such as Francesco

Celebrano and giuseppe Bonito is more

significant, and we shall come back

to them. the strong attraction that the

so-called bamboccianti exercised over Fabris

also requires a separate discussion

elsewhere. the london art scene was also

stimulating for Fabris, not just because

of his biographical associations with

England but also because of his love

for watercolour drawings and paintings,

and in particular his tempera and gouache

versions that were much appreciated

in England. Fabris exhibited his drawings

and views of naples in london

in 1768 at the Free society, and in 1772

at the society of artists.

Fabris participation in these exhibitions must

have been resoundingly successful

as between 1777 and 1782 Paul sandby

and archibald robertson printed in london

Twenty Views of Naples and its Environs,

which transposed Fabris’s drawings onto

plates using aquatint the etching technique

that most approximated the watercolour

effect. this work would go on to define

the fundamental iconography for

any visual description of the city of naples

and its environs, throughout Europe.

Pietro Fabris’s important role in renewing the

artistic culture in naples in the second half

of the eighteenth century

is demonstrated by the influence his work

had on the choices made by artists working

in the Kingdom of the two sicilies up to the

mid-nineteenth century. if this is true in the

domain of painting, it is even truer for print-

making, where the importance of prototypes

is even more, and more directly, legible. One

need only think of the absolutely archetypal

role played by the Collection of Various Cos-

tumes and Trades in the Kingdom of Naples,

35 plates drawn, etched and published

by Fabris in 1773, a catalogue of popular

types and trades from which generations

of local and foreign painters, draughtsmen

and engravers drew liberally to produce

a vast array of works aimed at illustrating

the narrative of popular life. it is impossible

to imagine that Domenico Venuti,

the director of the royal Porcelain Factory

of Capodimonte, was oblivious

to the enormous success

this work enjoyed when, nine years after

its publication, he commissioned

of alessandro D’anna a graphic reportage

on the styles of clothing worn

in the Kingdom to be utilised as models

for the highest level of ceramic production13..

Fabris’s most important graphic art

production, however, was the 59

aquatint plates coloured with gouache

that accompanied the publication

of Campi Phlegraei. Observations

on the Volcanos of the Two Sicilies,

printed in naples in 1776, followed in 1779

by the Supplement to the Campi Phlegraei,

being an account of the great eruption

of Mount Vesuvius in the month

of August 1779, by sir William hamilton.

a fine collector, scientist and man of letters,

sir William hamilton reached naples on

17 november 1764 as special Envoy of his

Majesty the King of England to the Kingdom

of the two sicilies.

From the very first years of his stay

in naples, perhaps also thanks

to their common English background,

hamilton became an enthusiastic

and generous patron to Fabris - his private

collection eventually came to include

as many as 32 works by the artist -and tire-

lessly helped him to obtain introductions

to the most exclusive circles in naples

and to English travellers on the Grand Tour.

hamilton’s decision to entrust Fabris with the

difficult task of illustrating in a lucid

scientific way, but also with great artistry,

the Campi Phlegraei, dates back to 1768,

when hamilton asked Fabris to accompany

him on a tour of sicily.

that Fabris’s involvement in the projected

Campi Phlegeraei was already decided

is shown by a comment by hamilton

to plate XXXVii of the Campi Phlegraei

depicting the “View of the island

of stromboli”, derived from an original 1768

drawing “taken by Monsieur Fabris

on his return from sicily with the author”.

it is also thanks to hamilton that we know

that Fabris must have died between 1792

- when he signed and dated the Prepara-

tions for the Pilgrimage to the Sanctuary

of the Madonna dell’Arco14 - and 1795,

when hamilton wrote in his pamphlet

on the eruption of Mount Vesuvius that

had taken place that year that he had

commissioned the illustrations from

“signor Xaverio gatta, successor to the late

ingenious Mr. Fabris”15.

1 Franco mancini, Pietro Fabris. Raccolta di varii Vesti-menti ed Arti del Regno di Napoli, naples, guida edi-tori, 1985; nicola spinosa, Pittura napoletana del Set-tecento dal Rococò al Classicismo, naples, electa napoli, 1987; nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, naples, electa napoli, 1989; carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, naples, electa napoli, 1990; rossana muzii, in All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Otto-cento, exhibition catalogue, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990, naples, electa napoli, 1990; emilie Beck1, 1767: le prime gouaches napoletane, in ‘confronto’, 2003. 1, pp. 73-79; emilie Beck2, Pietro Fabris: dieci anni di attività napoletana. Alcuni docu-menti inediti, in ‘napoli nobilissima’, fifth series, vol. iX, 2008, fasc. i-ii, pp. 76-88.

2 Beside the various paintings signed ‘pietro Fabris l’in-glese’, in his dedication to william Hamilton contai-ned in the volume Raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli del 1773, Fabris signed himself ‘[his] the humblest servant p.o Fabris the english in naples’ (‘l ’umilissimo servitore P.o Fabris inglese a Napoli ’); and sir william Hamilton hismelf, in his introductory letter for Campi Phlegraei to sir John pringle, president of the royal society in london, write on page 5 “(…) Mr. Peter Fabris, a most ingenious and able artist, a native of Great Britain”.

3 antonio morassi, Anticipazioni per il vedutista Jacopo Fabris, in ‘arte veneta’, 1966, pp. 279-281; marilena mosco, Minori del Settecento veneto. Jacopo Fabris, in ‘arte illustrata’, 1974, pp. 82-97; rodolfo pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, milan, electa, 1996, vol. ii, pp. 301-302; Filippo pedrocco, Il Settecento a Venezia. I vedutisti. milan, rizzoli, 2001, pp. 178-180.

4 carlo Knight, op. cit., p. 152; marilena mosco, Napoli-Firenze e ritorno…, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, exhibition catalogue, naples, guida editori, 2001, p. 37 and fn. 19, p. 40.

5 For this last point especially it is significant to remem-ber that Jacopo Fabris was the author of a Theoretical Treatise on Perspective and Architecture, completed and printed in copenaghen in 1760: cfr. Filippo pedrocco, op. cit., p. 179.

6 see emilie Beck1, op. cit., p. 76.

7 to further strengthen this hypothesis, Bernardo tanucci, the powerful chief minister of the Kingdom, specified in a letter to charles iii discussing the copy-right of the printing of Campi Phlegraei, that “(…) due volumes of various views of this Kingdom, and of the of Sicility [are] coloured in a certain secret way by the artist Fabris”, where the ‘certain secret way’ can only mean gouache.

8 mariella utili, in All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Ottocento, exhibition catalogue, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990, naples, electa napoli, 1990, p. 399.

9 emilie Beck2, op. cit., p. 84, fn. 4.

10 it is especially interesting to note that the scene is depicted from the point of view of the royal Box, clearly a privilege limited to few. cfr. ermanno Bellucci, Importanti dipinti di veduta, galleria cocoon art, milan, 2007, pp. 26-29.

11 The painting recently appeared in an auction at chri-stie’s (london, Old Master & 19th Century Paintings, Drawings & Watercolours, 7 July 2010, lot 232).

12 nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, naples, electa napoli, 1989; no. 57, p. 191; fig. 56, p. 243.

13 maria cristina masdea, Le vestiture del Regno di Napoli: origini e fortune di un genere nuovo, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, exhibition catalogue, naples, guida editori, 2001, p. 41 and p. 44.

14 nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, naples, electa napoli, 1987; p. 163, n. 310; fig. 410, p. 397.

15 william Hamilton, An Account of the late Eruption of Mount Vesuvius, naples, s.d. [1795], p. 43.

e n g l i s H

p i e t r o F a b r i s“ E n g l i s h P a i n t E r “

fra i due, se i reali scelgono Fabris

per illustrare scene e momenti della vita

di corte. lo testimoniano Il corteo

delle barche reali a Palazzo Donn’Anna

(Collezione privata), di cui esistono

in spagna due repliche dello stesso autore,

una nel Palazzo reale di aranjuez e l’altra -

firmata e datata 1768 -, a Madrid,

Palazzo della Zarzuela; un Ferdinando IV

di Borbone alla caccia del cinghiale,

firmata e datata 1773 (Caserta, Palazzo

reale), oltre alla già citata Cuccagna

a Largo di Castello10. a queste opere

si va ad aggiungere una tela raffigurante

la Veduta dell’arco Traiano di Benevento

con Carlo III di Borbone, Maria Amalia

e la corte in visita11, databile fra il 1758

ed il 1762. Quest’ultimo dipinto ci permette

di accennare ad un altro dei pittori

importanti nella formazione artistica di Fabris:

Carlo Bonavia. napoletano o forse romano

di origine, Bonavia è documentato,

attraverso le sue opere, attivo a napoli

già dal 1751, quando sigla e data

il Molo di Napoli con la Lanterna

(londra, già Christie’s)12 e fino al 1788.

Formatosi nel solco della tradizione

paesaggistica napoletana di leonardo

Coccorante e Michele Pagano,

Bonavia ha il grande merito di diffondere in

ambito partenopeo i modi di

Claude-Joseph Vernet, riprendendone

le tematiche, i tagli prospettici, il gusto

per il ‘capriccio’ e l’invenzione paesaggistica.

È da Bonavia che Fabris mutua la delicata

e raffinata resa del dato naturale e

paesaggistico, con una stesura cromatica

che rende leggere, quasi morbide,

anche le rocce tufacee;

ma da Bonavia vengono anche, e soprattutto,

i primi piani affollati di figurine, il gusto per il

‘racconto’ della vita di nobili e popolani.

Per concludere l’argomento delle influenze

esercitate su Fabris da altri protagonisti

dell’ambiente artistico napoletano, se va

ridimensionata quella di Philip hackert -

tracce di quella ‘pittura secondo natura’

paradigma assoluto dell’artista tedesco, le

ritroviamo episodicamente, soprattutto nel

periodo della piena maturità e solitamente

nei dipinti di grande formato -, sicuramente

più significativi sono gli influssi di altri pittori

legati alla corte, quali Francesco Celebrano

e giuseppe Bonito, di cui in seguito diremo.

Così come in altra occasione, e con un diverso

approfondimento, si dovrà affrontare il tema

del forte fascino che dovettero esercitare su

Fabris i cosiddetti ‘bamboccianti’.

stimolante resta tuttavia per Fabris l’ambiente

artistico londinese, a cui lo lega non tanto

la sua nascita, quanto piuttosto l’amore per

il disegno e la pittura all’acquerello, seppur

nella variante della tempera e della gouache,

molto apprezzati in inghilterra. a londra,

nel 1768, espone disegni e vedute di napoli

presso la Free society e nel 1772 alla society

of artists. Evidentemente tali esposizioni

ebbero un significativo successo se,

fra il 1777 ed il 1782, Paul sandby e

archibald robertson stampano a londra l

e Twenty Views of Naples and its environs,

trasposizione su lastra, con la tecnica

dell’acquatinta - la tecnica calcografica

che più si avvicinava, nell’effetto finale,

all’acquerello -, dei disegni originali di Fabris.

Un’opera destinata a definire a livello europeo

i topoi fondamentali per ogni descrizione

iconografica di napoli e dei suoi dintorni.

l’importanza di Pietro Fabris nel rinnovamento

della cultura artistica napoletana nella

seconda metà del settecento è dimostrata

dall’influenza della sua opera nelle scelte

degli artisti operanti nel regno fino alla

metà del secolo successivo. se ciò è vero nel

campo della pittura, ancora più evidente è

in ambito calcografico, dove la dipendenza

da prototipi di riferimento è ancor più, e più

immediatamente, leggibile. Basti pensare

al ruolo di archetipo assoluto avuto dalla

Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno

di Napoli…, 35 tavole disegnate, incise

all’acquaforte e pubblicate da Fabris nel

1773; una catalogazione di ‘tipi’ e mestieri

del popolo a cui attingeranno a piene mani

svariate generazioni di pittori, disegnatori

e incisori, locali e stranieri, in relazione alla

infinita produzione di opere destinate ad

illustrare il ‘racconto’ della vita popolare.

Ed è impensabile che Domenico Venuti,

direttore della real Fabbrica di Porcellane

di Capodimonte, non abbia tenuto conto

dell’enorme successo di questa opera quando,

nove anni dopo la pubblicazione della

Raccolta, incaricava alessandro D’anna di

realizzare un reportage grafico sulle vestiture

del regno da utilizzarsi quale modello per la

decorazione della più ricercata produzione

ceramica13.

Ma l’opera grafica più importante di Fabris

restano le 59 tavole incise all’acquatinta

e colorate a gouache, che rappresentano

il formidabile corredo illustrativo dei Campi

Phlegraei. Observations on the Volcanos

of Two Sicilies, stampato a napoli il 1776,

a cui seguirà, nel 1779, il Supplement the

Campi Phlegraei being an account

of the great eruption of Mount Vesuvius

in the month of August 1779,

di sir William hamilton.

Fine collezionista, scienziato e letterato,

sir William hamilton giunge a napoli

il 17 novembre 1764 quale inviato

straordinario di sua Maestà Britannica

presso il re delle Due sicilie.

Fin dai primissimi anni del suo soggiorno

napoletano, forse anche per la comune

provenienza, hamilton diventa convinto

sostenitore e generoso mecenate di Fabris:

nella sua collezione privata arriverà a

possedere ben 32 opere del pittore e non

lesinerà il suo aiuto per introdurlo negli

ambienti più esclusivi della capitale del regno

e nel giro dei viaggiatori stranieri

del Grand Tour.

la decisione dell’ambasciatore inglese di

affidare proprio a Fabris il difficile compito

di illustrare, con lucidità scientifica, ma

anche con qualità artistica assoluta, i Campi

Phlegraei, risale già al 1768, quando hamilton

si fa accompagnare dal nostro pittore nel suo

viaggio in sicilia: e che il compito di Fabris

fosse già definito è dimostrato dal commento

alla tavola XXXVii dei Campi Phlegraei,

che rappresenta la View of the Island of

Stromboli, desunta da un disegno originale

del 1768 “taken by Monsieur Fabris on his

return from Sicily with the Author”.

ancora grazie a hamilton possiamo contenere

la data della morte di Fabris fra il 1792 -

quando firma e data i Preparativi per il

pellegrinaggio al Santuario della Madonna

dell’Arco14- e il 1795, quando, in un opuscolo

realizzato per descrivere l’eruzione

del Vesuvio avvenuta quell’anno, hamilton

afferma di aver impegnato per il corredo

iconografico il “Signor Xaverio Gatta,

successor to the late ingenius Mr. Fabris”15.

i t a l i a n o

1 Franco mancini, Pietro Fabris. Raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli, napoli, guida editori, 1985; nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, napoli, electa napoli, 1987; nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, napoli, electa napoli, 1989; carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, napoli, electa napoli, 1990; rossana muzii, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990, napoli, electa napoli, 1990; emilie Beck1, ‘1767: le prime goua-ches napoletane’, in ‘confronto’, 2003, numero 1, pp. 73-79; emilie Beck2, Pietro Fabris: dieci anni di attività napoletana. Alcuni documenti inediti, in ‘napoli nobilissi-ma’, quinta serie, vol. iX, 2008, fasc. i-ii, pp. 76-88.

2 oltre a vari dipinti firmati ‘pietro Fabris l’inglese’, nella dedica a william Hamilton nel volume Raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli del 1773, si firma ‘l ’umilissimo servitore P.o Fabris inglese a Napoli’; e lo stesso sir william Hamilton, nella lettera di presentazione dei Campi Phlegraei a sir John pringle, presidente della royal society di londra, a p. 5 scrive “(…) Mr . Peter Fabris, a most ingenious and able artist, a native of Great Britain”.

3 antonio morassi, Anticipazioni per il vedutista Jacopo Fa-bris, in ‘arte veneta’, 1966, pp. 279-281; marilena mosco, Minori del Settecento veneto. Jacopo Fabris, in ‘arte illustrata’, 1974, pp. 82-97; rodolfo pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, milano, electa, 1996, vol. ii, pp. 301-302; Filippo pedrocco, Il Settecento a Venezia. I vedutisti. milano, rizzoli, 2001, pp. 178-180.

4 carlo Knight, op. cit., p. 152; marilena mosco, Napoli-Firenze e ritorno…, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, catalogo della mostra, napoli, guida editori, 2001, p. 37 e nota 19, p. 40.

5 soprattutto per questo ultimo argomento, è significativo ricordare che Jacopo Fabris fu autore di un ‘trattato teorico di prospettiva e architettura’, portato a compimento e pubblicato a copenaghen nel 1760: cfr. Filippo pedrocco, op. cit., p. 179.

6 cfr. emilie Beck1, op. cit., p. 76.

7 ad ulteriore conforto di questa tesi, Bernardo tanucci, il potente primo ministro del regno, in una lettera inviata a carlo iii per informarlo della concessione della ‘privativa’ per la stampa dei Campi Phlegraei, specifica “(…) due tomi di varie vedute di questo Regno, e di quello di Sicilia colorite con un certo segreto da un artefice Fabris”, laddove il ‘certo segreto’ non può essere che l’uso della gouache.

8 mariella utili, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella ve-duta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990, napoli, electa napoli, 1990, p. 399.

9 emilie Beck2, op. cit., p. 84, n. 4.

10 in particolare è interessante notare che la posizione di ripresa della scena è dal palco reale: un privilegio, questo, evidentemente non concesso a chiunque. cfr. ermanno Bellucci, Importanti dipinti di veduta, galleria cocoon art, milano, 2007, pp. 26-29.

11 il dipinto è di recente stato presentato ad una vendita christie’s (londra, Old Master & 19th Century Paintings, Drawings & Watercolours, 7 luglio 2010, lotto 232).

12 nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, napoli, electa napoli, 1989; scheda n. 57, p. 191; fig. 56, p. 243.

13 maria cristina masdea, Le vestiture del Regno di Napoli: origini e fortune di un genere nuovo, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, catalogo della mostra, napoli, guida editori, 2001, p. 41 e p. 44.

14 nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, napoli, electa napoli, 1987; scheda p. 163, n. 310; fig. 410, p. 397.

15 william Hamilton, An Account of the late Eruption of Mount Vesuvius, napoli, s.d. (ma 1795), p. 43.

while Fabris’s, signed and dated 1768,

is held in london by the Marylebone Cricket

Club. in this case, though, we may note that

the first version of this painting is attributable

to Fabris, with the pupil turning master.

Examples of the continuous and close

relationship between the two artists - now

equals - could be extended, but one will suf-

fice to illuminate the extent of their coopera-

tion. in a document published by Emilie Beck9,

Fabris himself declared to have painted

‘small figures’ in a painting by Joli. We do

not know whether this happened only

in Joli’s last days, when he had

become almost completely blind, or whether

it had been common practice before, but

the evidence nevertheless testifies to the

professional and human intimacy between

the two artists. and yet the royal commis-

sion for Fabris to paint scenes of court life

demonstrate that the royals recognized

Fabris’s autonomy and that he was Joli’s

artistic equal. among them are The procession

of the Royal barges to the Donn’Anna Palace

(private collection), two copies of which,

by the same author, are preserved in spain,

one in the royal Palace of aranjuez signed

and dated 1768, the other in the Zarzuela

Palace in Madrid; and Ferdinand of Bourbon

hunting boar, signed and dated 1773 (royal

Palace, Caserta), beside the already

mentioned Cuccagna at Largo di Castello10

and A view of Trajan’s Arch in Benevento

with the visit of Carlo III of Bourbon,

Maria Amalia and the Court11, datable

between 1758 and 1762.

this last painting allows us to mention

another artist who played an important role

in Fabris’s artistic development,

Carlo Bonavia. neapolitan or perhaps ro-

man by birth, Bonavia was already active in

naples in 1751, as his paintings attest, when

he signed and dated a Peer of Naples with

a lantern12 (london, formerly at Christie’s),

and he remained there until 1788.

trained in the neapolitan landscape tradi-

tion of leonardo Coccorante and Michele

Pagano, Bonavia’s great merit was to

introduce Claude-Joseph Vernet’s style

to naples. Bonavia adopted Vernet’s themes,

his choices of perspectival points of view,

his taste for capricci and his landscape in-

novations. Fabris in turn took from Bonavia

his delicate and sophisticated rendering of

natural elements, landscape forms and a

way of developing colours that makes even

tufaceous rocks look light, almost soft.

But in particular Fabris took from Bonavia his

use of close-up passages crowded with little

figures and his taste for narrating the lives of

aristocrats and ordinary people alike.

to conclude our discussion of the influences

on Fabris of other protagonists of the art

scene in naples, if Philip hackert’s has been

exaggerated - we find only occasional traces

of hackert’s paradigmatic ‘painting accord-

ing to nature’ (‘pittura secondo natura’), and

this especially in Fabris’s mature period and

usually in large format paintings

- the influence of other artists patronised

by the court in naples such as Francesco

Celebrano and giuseppe Bonito is more

significant, and we shall come back

to them. the strong attraction that the

so-called bamboccianti exercised over Fabris

also requires a separate discussion

elsewhere. the london art scene was also

stimulating for Fabris, not just because

of his biographical associations with

England but also because of his love

for watercolour drawings and paintings,

and in particular his tempera and gouache

versions that were much appreciated

in England. Fabris exhibited his drawings

and views of naples in london

in 1768 at the Free society, and in 1772

at the society of artists.

Fabris participation in these exhibitions must

have been resoundingly successful

as between 1777 and 1782 Paul sandby

and archibald robertson printed in london

Twenty Views of Naples and its Environs,

which transposed Fabris’s drawings onto

plates using aquatint the etching technique

that most approximated the watercolour

effect. this work would go on to define

the fundamental iconography for

any visual description of the city of naples

and its environs, throughout Europe.

Pietro Fabris’s important role in renewing the

artistic culture in naples in the second half

of the eighteenth century

is demonstrated by the influence his work

had on the choices made by artists working

in the Kingdom of the two sicilies up to the

mid-nineteenth century. if this is true in the

domain of painting, it is even truer for print-

making, where the importance of prototypes

is even more, and more directly, legible. One

need only think of the absolutely archetypal

role played by the Collection of Various Cos-

tumes and Trades in the Kingdom of Naples,

35 plates drawn, etched and published

by Fabris in 1773, a catalogue of popular

types and trades from which generations

of local and foreign painters, draughtsmen

and engravers drew liberally to produce

a vast array of works aimed at illustrating

the narrative of popular life. it is impossible

to imagine that Domenico Venuti,

the director of the royal Porcelain Factory

of Capodimonte, was oblivious

to the enormous success

this work enjoyed when, nine years after

its publication, he commissioned

of alessandro D’anna a graphic reportage

on the styles of clothing worn

in the Kingdom to be utilised as models

for the highest level of ceramic production13..

Fabris’s most important graphic art

production, however, was the 59

aquatint plates coloured with gouache

that accompanied the publication

of Campi Phlegraei. Observations

on the Volcanos of the Two Sicilies,

printed in naples in 1776, followed in 1779

by the Supplement to the Campi Phlegraei,

being an account of the great eruption

of Mount Vesuvius in the month

of August 1779, by sir William hamilton.

a fine collector, scientist and man of letters,

sir William hamilton reached naples on

17 november 1764 as special Envoy of his

Majesty the King of England to the Kingdom

of the two sicilies.

From the very first years of his stay

in naples, perhaps also thanks

to their common English background,

hamilton became an enthusiastic

and generous patron to Fabris - his private

collection eventually came to include

as many as 32 works by the artist -and tire-

lessly helped him to obtain introductions

to the most exclusive circles in naples

and to English travellers on the Grand Tour.

hamilton’s decision to entrust Fabris with the

difficult task of illustrating in a lucid

scientific way, but also with great artistry,

the Campi Phlegraei, dates back to 1768,

when hamilton asked Fabris to accompany

him on a tour of sicily.

that Fabris’s involvement in the projected

Campi Phlegeraei was already decided

is shown by a comment by hamilton

to plate XXXVii of the Campi Phlegraei

depicting the “View of the island

of stromboli”, derived from an original 1768

drawing “taken by Monsieur Fabris

on his return from sicily with the author”.

it is also thanks to hamilton that we know

that Fabris must have died between 1792

- when he signed and dated the Prepara-

tions for the Pilgrimage to the Sanctuary

of the Madonna dell’Arco14 - and 1795,

when hamilton wrote in his pamphlet

on the eruption of Mount Vesuvius that

had taken place that year that he had

commissioned the illustrations from

“signor Xaverio gatta, successor to the late

ingenious Mr. Fabris”15.

1 Franco mancini, Pietro Fabris. Raccolta di varii Vesti-menti ed Arti del Regno di Napoli, naples, guida edi-tori, 1985; nicola spinosa, Pittura napoletana del Set-tecento dal Rococò al Classicismo, naples, electa napoli, 1987; nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, naples, electa napoli, 1989; carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, naples, electa napoli, 1990; rossana muzii, in All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Otto-cento, exhibition catalogue, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990, naples, electa napoli, 1990; emilie Beck1, 1767: le prime gouaches napoletane, in ‘confronto’, 2003. 1, pp. 73-79; emilie Beck2, Pietro Fabris: dieci anni di attività napoletana. Alcuni docu-menti inediti, in ‘napoli nobilissima’, fifth series, vol. iX, 2008, fasc. i-ii, pp. 76-88.

2 Beside the various paintings signed ‘pietro Fabris l’in-glese’, in his dedication to william Hamilton contai-ned in the volume Raccolta di varii Vestimenti ed Arti del Regno di Napoli del 1773, Fabris signed himself ‘[his] the humblest servant p.o Fabris the english in naples’ (‘l ’umilissimo servitore P.o Fabris inglese a Napoli ’); and sir william Hamilton hismelf, in his introductory letter for Campi Phlegraei to sir John pringle, president of the royal society in london, write on page 5 “(…) Mr. Peter Fabris, a most ingenious and able artist, a native of Great Britain”.

3 antonio morassi, Anticipazioni per il vedutista Jacopo Fabris, in ‘arte veneta’, 1966, pp. 279-281; marilena mosco, Minori del Settecento veneto. Jacopo Fabris, in ‘arte illustrata’, 1974, pp. 82-97; rodolfo pallucchini, La pittura nel Veneto. Il Settecento, milan, electa, 1996, vol. ii, pp. 301-302; Filippo pedrocco, Il Settecento a Venezia. I vedutisti. milan, rizzoli, 2001, pp. 178-180.

4 carlo Knight, op. cit., p. 152; marilena mosco, Napoli-Firenze e ritorno…, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, exhibition catalogue, naples, guida editori, 2001, p. 37 and fn. 19, p. 40.

5 For this last point especially it is significant to remem-ber that Jacopo Fabris was the author of a Theoretical Treatise on Perspective and Architecture, completed and printed in copenaghen in 1760: cfr. Filippo pedrocco, op. cit., p. 179.

6 see emilie Beck1, op. cit., p. 76.

7 to further strengthen this hypothesis, Bernardo tanucci, the powerful chief minister of the Kingdom, specified in a letter to charles iii discussing the copy-right of the printing of Campi Phlegraei, that “(…) due volumes of various views of this Kingdom, and of the of Sicility [are] coloured in a certain secret way by the artist Fabris”, where the ‘certain secret way’ can only mean gouache.

8 mariella utili, in All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Ottocento, exhibition catalogue, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990, naples, electa napoli, 1990, p. 399.

9 emilie Beck2, op. cit., p. 84, fn. 4.

10 it is especially interesting to note that the scene is depicted from the point of view of the royal Box, clearly a privilege limited to few. cfr. ermanno Bellucci, Importanti dipinti di veduta, galleria cocoon art, milan, 2007, pp. 26-29.

11 The painting recently appeared in an auction at chri-stie’s (london, Old Master & 19th Century Paintings, Drawings & Watercolours, 7 July 2010, lot 232).

12 nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, naples, electa napoli, 1989; no. 57, p. 191; fig. 56, p. 243.

13 maria cristina masdea, Le vestiture del Regno di Napoli: origini e fortune di un genere nuovo, in Napoli-Firenze e ritorno. Costumi popolari del Regno di Napoli nelle Collezioni Borboniche e Lorenesi, exhibition catalogue, naples, guida editori, 2001, p. 41 and p. 44.

14 nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, naples, electa napoli, 1987; p. 163, n. 310; fig. 410, p. 397.

15 william Hamilton, An Account of the late Eruption of Mount Vesuvius, naples, s.d. [1795], p. 43.

e n g l i s H

p i e t r o F a b r i s“ E n g l i s h P a i n t E r “

p i e t r o F a b r i s“ E n g l i s h P a i n t E r “

olio su tela, cm 70,8 x 98,9Firmato e datato sul retro della tela: ‘Fabris P. 1756’

oil on canvas, 28 x 39 in.signed and dated on the reverse of the canvas: ‘Fabris P. 1756’

Scena di vita popolare in una grotta a Mergellina;

sullo sfondo, la Riviera di Chiaja

A scene of popular life in a grotto in Mergellina;

the Riviera of Chiaja beyond

il punto di ripresa è posto all’interno di una

delle tante grotte tufacee che si aprivano

sul mare fra Mergellina e Posillipo. il pittore,

guardando verso sinistra, descrive la riviera

di Chiaja fino al Castel dell’Ovo; in fondo, la

sagoma inconfondibile del Vesuvio.

nel profondo primo piano, sulla destra

un gruppo di ‘musicanti’ - perfettamente

illuminati grazie alla luce che entra dal

foro ‘aperto’ dall’artista nella sommità

della grotta - al centro giocatori di carte e,

accostate alla riva, le barche dei pescatori

che offrono la loro mercanzia.

the vantage point is located in one of the

many tuff stone caves that once opened to

the sea between Mergellina and Posillipo.

in the left background, the painter depicts

the riviera di Chiaja down

to the Castel dell’Ovo. in the distance,

the unmistakable silhouette

of the Vesuvius is easily discerned.

in the foreground, at the right, is a group

of musicanti, illuminated by the light

flooding in from a hole opened by the artist

in the roof of the grotto. in the centre one

sees figures playing cards and beyond,

on the shore, fishermen offering their catch.

Provenienzamrs. Frances Henderson, londra, 1918; trafalgar gallery, londra, 1985; collezione privata.

BibliografiaTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, londra, trafalgar Fine art pubblications ltd., 1985; pp. 66-71.nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, napoli, electa napoli, 1987;scheda n. 302, pp. 161-162; tavv. 66-69, pp. 134-135 e 138-139.nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, napoli, electa napoli, 1989; scheda n. 152, p. 200; tavv. 84-85, pp. 106-107; figg. 134-135, p. 288.carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, napoli, electa napoli, 1990, tav. a p. 84.rossana muzii, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990; napoli, electa napoli, 1990; scheda p. 383; tavv. a p. 231. Vedute napoletane dal Quattrocento all’Ottocento, collana ‘guide artistiche electa napoli’; napoli, electa napoli, 1996; tavv. a pp. 96-99.

EsposizioniTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, londra, royal accademy, 1985.All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990.I Borbone. Il viaggio nella memoria 1734-1861, napoli, palazzo reale, maggio 2000 - febbraio 2001.

Provenancemrs. Frances Henderson, london, 1918; trafalgar gallery, london, 1985; private collection.

BibliografyTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, london, trafalgar Fine art pubblications ltd., 1985, pp. 66-71.nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, naples, electa napoli, 1987,

no. 302, pp. 161-162; plates 66-69, pp. 134-135 and 138-139.nicola spinosa - leonardo di mauro, Vedute napoletane del Settecento, naples, electa napoli,

1989, no. 152, p. 200; plates 84-85, pp. 106-107; figs. 134-135, p. 288.carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, naples, electa

napoli, 1990, illustrated p. 84.rossana muzii, in All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Ottocento,

exhibition catalogue, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990; naples, electa napoli, 1990; p. 383; illustrated p. 231.

Vedute napoletane dal Quattrocento all ’Ottocento, collana ‘guide artistiche electa napoli’; naples, electa napoli, 1996; illustrated pp. 96-99.

ExibitionsTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, london, royal accademy, 1985.

All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Ottocento, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990.

I Borbone. Il viaggio nella memoria 1734-1861, naples, palazzo reale, may 2000 - February 2001.

le due coppie di dipinti che qui si presentano

sono le prime opere certe di Pietro Fabris,

datate 1756 e 1757. Pur essendo realizzate

a distanza di un anno l’una dall’altra,

è evidente che i quattro dipinti fanno parte

di un unico progetto compositivo, poiché nel

loro insieme costituiscono la più dettagliata

ricostruzione vedutistica della linea di costa

della città di napoli.

Per ottenere questo risultato, Fabris, definita

con Castel dell’Ovo l’ideale linea di confine

fra le due rade in cui si divide l’intero golfo,

pone il suo punto di ripresa alla fine della

riviera di Chiaja, a Mergellina, nei dipinti del

1756, e sulla spiaggia della Marinella,

all’altezza del Mandracchio,

nei dipinti datati all’anno successivo.

Dotato di una tecnica straordinaria, che gli

permette di dipingere con la stessa perizia

ad olio e a tempera, eccezionale disegnatore

ed incisore, Fabris sa sintetizzare le migliori

esperienze artistiche a lui precedenti e con-

temporanee, elaborando un proprio stile

personale, definito da una qualità pittorica

costantemente altissima, sempre riconoscibile

e coerente in tutta la sua produzione.

se già tutti i vedutisti settecenteschi,

da Van Wittel a Joli, da Vernet a Bonavia,

danno forza alle loro descrizioni paesaggi-

stiche inserendo in esse personaggi, animali

e cose della vita quotidiana, Fabris ribalta

l’equilibrio, prediligendo il ‘racconto’

della vita al ‘racconto’ dei luoghi.

nei suoi dipinti - ed in particolare,

per la prima volta e in modo programmatico,

in queste quattro opere -, la ‘scena popolare’

prende il sopravvento sull’ambientazione:

il paesaggio diviene una formidabile quinta

teatrale, assolutamente perfetto

e massimamente dettagliato nel suo disegno,

ma che non può essere compreso e goduto

appieno senza conoscere gli attori che in

quel palcoscenico agiscono. Pur essendo

certamente opere giovanili, la qualità dei

dipinti è assoluta; citando un classico modo

di dire partenopeo, Pietro Fabris, come pittore,

‘nasce ‘mparato’: la pennellata è sciolta,

condotta senza indecisioni o ripensamenti;

il colore è steso con gusto ed acume su un

disegno dettagliato e puntuale; le luci e le

ombre sono date con sapienza e precisione;

nei primi piani la distribuzione delle figurine è

perfetta ed ogni singolo personaggio, animale

o cosa della scena è totalmente leggibile;

i fondi paesaggistici descrivono la città in

modo rigoroso, seppur addolciti da morbide

velature che amplificano la profondità del

campo visivo. E se queste qualità tecniche

saranno una costante di tutta la migliore

produzione di Fabris, in questi quattro dipinti

si respira la freschezza dell’invenzione,

l’entusiasmo della creazione, di una ‘prima

volta’ che non è ancora ‘mestiere’.

in buona parte dei dipinti appartenenti alla

sua produzione successiva, Fabris riutilizzerà

i modelli - sia gruppi che personaggi singoli -

presenti in questi quattro dipinti. nella pur

sempre affascinante produzione pittorica

di Pietro Fabris, questi quattro dipinti rappre-

sentano senz’altro l’eccellenza assoluta.

the two pairs of paintings presented here

are the earliest works certain to be by Pietro

Fabris, dated 1756 and 1757. although one

year elapsed between the production of the

two pairs of paintings, it is clear that the four

pictures are part of a single compositional

project, since taken together they represent

the most detailed visual reconstruction of

the coastline of the city of naples from this

time. in order to obtain this result Fabris,

after choosing Castel dell’Ovo as an ideal

borderline between the two coves that

compose the whole gulf, selects, for the 1756

paintings, a vantage point at the end of the

riviera di Chiaja, at Mergellina, and on the

beach at Marinella, near the Mandracchio,

in the paintings dated the following year.

Endowed with an extraordinary technique

that permits him to paint with equal skill in

oil and tempera, an exceptional draughtsman

and engraver, Fabris is able to synthesise

the best previous and contemporary artistic

practises, developing a personal style defined

by a consistently very high pictorial quality,

always recognisable and uncompromised

through his whole production.

if all the settecento landscape painters, from

Van Wittel to Joli, from Vernet to Bonavia,

give strength to their landscape descriptions

by inserting into them figures, animals and

objects of everyday life, Fabris reverses the

balance, having a preference for the narrative

of life rather than the narrative of places.

in his paintings - and in particular, for the

first time and programmatically, in these

four works - the ‘popular scene’ overrules

the setting. the landscape becomes an

extraordinary theatrical backdrop or set piece,

absolutely perfect and extremely detailed

in its drawing, but it cannot be understood

and fully enjoyed without a knowledge

of the actors performing on that stage.

these are certainly the works of a young

artist, nevertheless their quality is absolute.

to quote a classically neapolitan phrase,

as a painter Fabris ‘was born learned’: his

brushstroke is fluid, performed without

indecision or afterthought; the colour is

spread with taste and clarity on a detailed

and precise drawing; light and shade is

dispensed with wisdom and precision; in

the foregrounds the distribution of the little

figures is perfect, and each single character,

animal or object in the scene is completely

legible; the landscape backgrounds describe

the city with rigour, though softened by a

smooth glazing that amplifies the depth of

the visual field. and while these technical

qualities will be a constant throughout all

the best works of Fabris, these four paintings

display the freshness of invention, the

enthusiasm of creation, of a ‘first time’ that

is not yet a trade method stamped and worn

with familiarity. in many of his following

paintings Fabris would go on

re-use the models - both groups and single

figures - occurring in these four paintings.

in Pietro Fabris ‘s always fascinating pictorial

production, these four paintings certainly

represent absolute artistic excellence.

p i e t r o F a b r i s : 4 m a s t e r p i e c e s P i e t r o F a b r i s : 4 c a p o l a v o r i

4

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ii

p i e t r o F a b r i s“ E n g l i s h P a i n t E r “

olio su tela, cm 70,8 x 98,9Firmato e datato sul retro della tela: ‘Fabris P. 1756’

oil on canvas, 28 x 39 in.signed and dated on the reverse of the canvas: ‘Fabris P. 1756’

Scena di vita popolare in una grotta a Mergellina;

sullo sfondo, la Riviera di Chiaja

A scene of popular life in a grotto in Mergellina;

the Riviera of Chiaja beyond

il punto di ripresa è posto all’interno di una

delle tante grotte tufacee che si aprivano

sul mare fra Mergellina e Posillipo. il pittore,

guardando verso sinistra, descrive la riviera

di Chiaja fino al Castel dell’Ovo; in fondo, la

sagoma inconfondibile del Vesuvio.

nel profondo primo piano, sulla destra

un gruppo di ‘musicanti’ - perfettamente

illuminati grazie alla luce che entra dal

foro ‘aperto’ dall’artista nella sommità

della grotta - al centro giocatori di carte e,

accostate alla riva, le barche dei pescatori

che offrono la loro mercanzia.

the vantage point is located in one of the

many tuff stone caves that once opened to

the sea between Mergellina and Posillipo.

in the left background, the painter depicts

the riviera di Chiaja down

to the Castel dell’Ovo. in the distance,

the unmistakable silhouette

of the Vesuvius is easily discerned.

in the foreground, at the right, is a group

of musicanti, illuminated by the light

flooding in from a hole opened by the artist

in the roof of the grotto. in the centre one

sees figures playing cards and beyond,

on the shore, fishermen offering their catch.

Provenienzamrs. Frances Henderson, londra, 1918; trafalgar gallery, londra, 1985; collezione privata.

BibliografiaTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, londra, trafalgar Fine art pubblications ltd., 1985; pp. 66-71.nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, napoli, electa napoli, 1987;scheda n. 302, pp. 161-162; tavv. 66-69, pp. 134-135 e 138-139.nicola spinosa - leonardo Di mauro, Vedute napoletane del Settecento, napoli, electa napoli, 1989; scheda n. 152, p. 200; tavv. 84-85, pp. 106-107; figg. 134-135, p. 288.carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, napoli, electa napoli, 1990, tav. a p. 84.rossana muzii, in All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, catalogo della mostra, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990; napoli, electa napoli, 1990; scheda p. 383; tavv. a p. 231. Vedute napoletane dal Quattrocento all’Ottocento, collana ‘guide artistiche electa napoli’; napoli, electa napoli, 1996; tavv. a pp. 96-99.

EsposizioniTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, londra, royal accademy, 1985.All’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all’Ottocento, napoli, castel sant’elmo, 12 maggio - 29 luglio 1990.I Borbone. Il viaggio nella memoria 1734-1861, napoli, palazzo reale, maggio 2000 - febbraio 2001.

Provenancemrs. Frances Henderson, london, 1918; trafalgar gallery, london, 1985; private collection.

BibliografyTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, london, trafalgar Fine art pubblications ltd., 1985, pp. 66-71.nicola spinosa, Pittura napoletana del Settecento dal Rococò al Classicismo, naples, electa napoli, 1987,

no. 302, pp. 161-162; plates 66-69, pp. 134-135 and 138-139.nicola spinosa - leonardo di mauro, Vedute napoletane del Settecento, naples, electa napoli,

1989, no. 152, p. 200; plates 84-85, pp. 106-107; figs. 134-135, p. 288.carlo Knight, Hamilton a Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande capitale europea, naples, electa

napoli, 1990, illustrated p. 84.rossana muzii, in All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Ottocento,

exhibition catalogue, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990; naples, electa napoli, 1990; p. 383; illustrated p. 231.

Vedute napoletane dal Quattrocento all ’Ottocento, collana ‘guide artistiche electa napoli’; naples, electa napoli, 1996; illustrated pp. 96-99.

ExibitionsTrafalgar Galleries at the Royal Academy - IV, london, royal accademy, 1985.

All ’ombra del Vesuvio. Napoli nella veduta europea dal Quattrocento all ’Ottocento, naples, castel sant’elmo, 12 may - 29 July 1990.

I Borbone. Il viaggio nella memoria 1734-1861, naples, palazzo reale, may 2000 - February 2001.

le due coppie di dipinti che qui si presentano

sono le prime opere certe di Pietro Fabris,

datate 1756 e 1757. Pur essendo realizzate

a distanza di un anno l’una dall’altra,

è evidente che i quattro dipinti fanno parte

di un unico progetto compositivo, poiché nel

loro insieme costituiscono la più dettagliata

ricostruzione vedutistica della linea di costa

della città di napoli.

Per ottenere questo risultato, Fabris, definita

con Castel dell’Ovo l’ideale linea di confine

fra le due rade in cui si divide l’intero golfo,

pone il suo punto di ripresa alla fine della

riviera di Chiaja, a Mergellina, nei dipinti del

1756, e sulla spiaggia della Marinella,

all’altezza del Mandracchio,

nei dipinti datati all’anno successivo.

Dotato di una tecnica straordinaria, che gli

permette di dipingere con la stessa perizia

ad olio e a tempera, eccezionale disegnatore

ed incisore, Fabris sa sintetizzare le migliori

esperienze artistiche a lui precedenti e con-

temporanee, elaborando un proprio stile

personale, definito da una qualità pittorica

costantemente altissima, sempre riconoscibile

e coerente in tutta la sua produzione.

se già tutti i vedutisti settecenteschi,

da Van Wittel a Joli, da Vernet a Bonavia,

danno forza alle loro descrizioni paesaggi-

stiche inserendo in esse personaggi, animali

e cose della vita quotidiana, Fabris ribalta

l’equilibrio, prediligendo il ‘racconto’

della vita al ‘racconto’ dei luoghi.

nei suoi dipinti - ed in particolare,

per la prima volta e in modo programmatico,

in queste quattro opere -, la ‘scena popolare’

prende il sopravvento sull’ambientazione:

il paesaggio diviene una formidabile quinta

teatrale, assolutamente perfetto

e massimamente dettagliato nel suo disegno,

ma che non può essere compreso e goduto

appieno senza conoscere gli attori che in

quel palcoscenico agiscono. Pur essendo

certamente opere giovanili, la qualità dei

dipinti è assoluta; citando un classico modo

di dire partenopeo, Pietro Fabris, come pittore,

‘nasce ‘mparato’: la pennellata è sciolta,

condotta senza indecisioni o ripensamenti;

il colore è steso con gusto ed acume su un

disegno dettagliato e puntuale; le luci e le

ombre sono date con sapienza e precisione;

nei primi piani la distribuzione delle figurine è

perfetta ed ogni singolo personaggio, animale

o cosa della scena è totalmente leggibile;

i fondi paesaggistici descrivono la città in

modo rigoroso, seppur addolciti da morbide

velature che amplificano la profondità del

campo visivo. E se queste qualità tecniche

saranno una costante di tutta la migliore

produzione di Fabris, in questi quattro dipinti

si respira la freschezza dell’invenzione,

l’entusiasmo della creazione, di una ‘prima

volta’ che non è ancora ‘mestiere’.

in buona parte dei dipinti appartenenti alla

sua produzione successiva, Fabris riutilizzerà

i modelli - sia gruppi che personaggi singoli -

presenti in questi quattro dipinti. nella pur

sempre affascinante produzione pittorica

di Pietro Fabris, questi quattro dipinti rappre-

sentano senz’altro l’eccellenza assoluta.

the two pairs of paintings presented here

are the earliest works certain to be by Pietro

Fabris, dated 1756 and 1757. although one

year elapsed between the production of the

two pairs of paintings, it is clear that the four

pictures are part of a single compositional

project, since taken together they represent

the most detailed visual reconstruction of

the coastline of the city of naples from this

time. in order to obtain this result Fabris,

after choosing Castel dell’Ovo as an ideal

borderline between the two coves that

compose the whole gulf, selects, for the 1756

paintings, a vantage point at the end of the

riviera di Chiaja, at Mergellina, and on the

beach at Marinella, near the Mandracchio,

in the paintings dated the following year.

Endowed with an extraordinary technique

that permits him to paint with equal skill in

oil and tempera, an exceptional draughtsman

and engraver, Fabris is able to synthesise

the best previous and contemporary artistic

practises, developing a personal style defined

by a consistently very high pictorial quality,

always recognisable and uncompromised

through his whole production.

if all the settecento landscape painters, from

Van Wittel to Joli, from Vernet to Bonavia,

give strength to their landscape descriptions

by inserting into them figures, animals and

objects of everyday life, Fabris reverses the

balance, having a preference for the narrative

of life rather than the narrative of places.

in his paintings - and in particular, for the

first time and programmatically, in these

four works - the ‘popular scene’ overrules

the setting. the landscape becomes an

extraordinary theatrical backdrop or set piece,

absolutely perfect and extremely detailed

in its drawing, but it cannot be understood

and fully enjoyed without a knowledge

of the actors performing on that stage.

these are certainly the works of a young

artist, nevertheless their quality is absolute.

to quote a classically neapolitan phrase,

as a painter Fabris ‘was born learned’: his

brushstroke is fluid, performed without

indecision or afterthought; the colour is

spread with taste and clarity on a detailed

and precise drawing; light and shade is

dispensed with wisdom and precision; in

the foregrounds the distribution of the little

figures is perfect, and each single character,

animal or object in the scene is completely

legible; the landscape backgrounds describe

the city with rigour, though softened by a

smooth glazing that amplifies the depth of

the visual field. and while these technical

qualities will be a constant throughout all

the best works of Fabris, these four paintings

display the freshness of invention, the

enthusiasm of creation, of a ‘first time’ that

is not yet a trade method stamped and worn

with familiarity. in many of his following

paintings Fabris would go on

re-use the models - both groups and single

figures - occurring in these four paintings.

in Pietro Fabris ‘s always fascinating pictorial

production, these four paintings certainly

represent absolute artistic excellence.

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Fabris, gazing out from the same grotto

to the right, shows us the ridge of the

Posillipo hill sloping down to the sea.

the scene is dominated by a tarantella,

danced by two young girls and a group

of boys. to the right, a group of table

companions are busy eating maccheroni.

a replica of this pair of paintings,

of identical size, with the same graphic

layout and minimal variations in the

characters’ depiction, is signed and dated

1766 on the reverse of the canvas

and has always been in the royal

Collection, london.

guardando sempre dalla stessa grotta verso

destra, Fabris ci mostra la punta della collina

di Posillipo degradante a mare.

la scena è dominata da una ‘tarantella’,

ballata da due giovani popolane e da un

gruppo di fanciulli. sulla destra un gruppo

di commensali a tavola impegnati a

mangiare ‘maccheroni’.

Di questa coppia di dipinti esiste una

replica, di misure sostanzialmente identiche,

con la stessa impaginazione grafica e con

minime varianti nel disegno dei personaggi,

dall’origine nelle collezioni reali inglesi,

firmata e datata 1766 sul retro della tela.

Scena di vita popolare con una tarantella in una grotta a Mergellina;

sullo sfondo, Posillipo

A scene of popular life with a tarantella in a grotto in Mergellina;

Posillipo beyond

olio su tela, cm 70,8 x 98,9Firmato e datato sul retro della tela: ‘Fabris P.’

oil on canvas, 28 x 39 in.signed and dated on the reverse of the canvas: ‘Fabris P.’

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Fabris, gazing out from the same grotto

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Posillipo hill sloping down to the sea.

the scene is dominated by a tarantella,

danced by two young girls and a group

of boys. to the right, a group of table

companions are busy eating maccheroni.

a replica of this pair of paintings,

of identical size, with the same graphic

layout and minimal variations in the

characters’ depiction, is signed and dated

1766 on the reverse of the canvas

and has always been in the royal

Collection, london.

guardando sempre dalla stessa grotta verso

destra, Fabris ci mostra la punta della collina

di Posillipo degradante a mare.

la scena è dominata da una ‘tarantella’,

ballata da due giovani popolane e da un

gruppo di fanciulli. sulla destra un gruppo

di commensali a tavola impegnati a

mangiare ‘maccheroni’.

Di questa coppia di dipinti esiste una

replica, di misure sostanzialmente identiche,

con la stessa impaginazione grafica e con

minime varianti nel disegno dei personaggi,

dall’origine nelle collezioni reali inglesi,

firmata e datata 1766 sul retro della tela.

Scena di vita popolare con una tarantella in una grotta a Mergellina;

sullo sfondo, Posillipo

A scene of popular life with a tarantella in a grotto in Mergellina;

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.

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino al Vesuvioil pittore ci porta sulla spiaggia della Marinella,

nei pressi del Porto e, guardando verso sinistra,

descrive la riviera del Carmine, con la cortina degli edifici

che a mare chiudono la zona più antica della città,

fra i quali spicca il campanile della chiesa del Carmine

e i due torrioni aragonesi che proteggevano

una delle porte della città;

sullo sfondo il genius loci dell’intero golfo,

il Vesuvio, e la linea di costa fino a torre del greco.

nel primo piano, con uno spicchio di edificio a fare da

quinta scenica, vari venditori di vivande: sulla destra una

donna con le pannocchie di granturco arrostite, sulla

sinistra il ‘mellonaro’ – il venditore di angurie -,

scaricate dal carretto; in secondo piano, venditori di

sorbetti e di fichi e ciliegie.

A scene from popular life at the Marinella;

a view of Naples as far as Mount Vesuvius beyond

the painter transports us to the beach at Marinella,

near the harbour. in the left background he depicts

the riviera of the Carmine, with the curtain of buildings

that close off the most ancient part of the city to the

seafront; amongst these, the steeple of santa Maria del

Carmine stands out, as well as the two great aragonese

towers which once protected the city gates. in the

background, the genius loci of the whole Bay of naples,

Mount Vesuvius, and the coastline down to torre del

greco are easily discernible. in the foreground, before

the corner of a building that juts out like a kind of

theatrical wing or backdrop, there are various food ven-

dors: at the right, a woman with roasted ears of corn;

at the left, a mellonaro, i.e. a vendor of watermelons,

unloading his goods from a cart; in the background,

vendors of water-ice and of figs and cherries.

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oil on canvas, 28 x 39 in.signed and dated on the reverse of the canvas: ‘P. Fabris P. 1757 ’

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Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino al Vesuvioil pittore ci porta sulla spiaggia della Marinella,

nei pressi del Porto e, guardando verso sinistra,

descrive la riviera del Carmine, con la cortina degli edifici

che a mare chiudono la zona più antica della città,

fra i quali spicca il campanile della chiesa del Carmine

e i due torrioni aragonesi che proteggevano

una delle porte della città;

sullo sfondo il genius loci dell’intero golfo,

il Vesuvio, e la linea di costa fino a torre del greco.

nel primo piano, con uno spicchio di edificio a fare da

quinta scenica, vari venditori di vivande: sulla destra una

donna con le pannocchie di granturco arrostite, sulla

sinistra il ‘mellonaro’ – il venditore di angurie -,

scaricate dal carretto; in secondo piano, venditori di

sorbetti e di fichi e ciliegie.

A scene from popular life at the Marinella;

a view of Naples as far as Mount Vesuvius beyond

the painter transports us to the beach at Marinella,

near the harbour. in the left background he depicts

the riviera of the Carmine, with the curtain of buildings

that close off the most ancient part of the city to the

seafront; amongst these, the steeple of santa Maria del

Carmine stands out, as well as the two great aragonese

towers which once protected the city gates. in the

background, the genius loci of the whole Bay of naples,

Mount Vesuvius, and the coastline down to torre del

greco are easily discernible. in the foreground, before

the corner of a building that juts out like a kind of

theatrical wing or backdrop, there are various food ven-

dors: at the right, a woman with roasted ears of corn;

at the left, a mellonaro, i.e. a vendor of watermelons,

unloading his goods from a cart; in the background,

vendors of water-ice and of figs and cherries.

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oil on canvas, 28 x 39 in.signed and dated on the reverse of the canvas: ‘P. Fabris P. 1757 ’

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p i e t r o F a b r i s“ E n g l i s h P a i n t E r “

here, the landscape being immortalised is particularly complex

and charming. Besides the remarkably readable details of the

most important architectural landmarks of the city

- Castel dell’Ovo, Castelnuovo and, up on the top of the hill,

the Certosa of san Martino dominated by the hovering and

protective bulk of Castel sant’Elmo - the depiction of the

harbour is here of special importance. it was in these very

years that the harbour underwent the modernisation and

refurbishment works that had been ordered by Charles iii

Bourbon, and which commenced with the construction,

in the 1740s, of the Mandracchio, as the protected area within

the harbour intended for small boats was named. in the middle

of the Ponte nuovo, delimiting the Mandracchio, a building

stands out; this is the edifice which came to be called ‘of the

Immacolatella’, due to the statue of the Virgin Mary on its top;

along with other decorations, this was executed by Francesco

Pagano. the building was intended to host the Deputazione

della Salute (a sort of quarantine station), designed by the

architect Domenico antonio Vaccaro. the construction of the

Immacolatella, which concluded the works commissioned by

Charles iii, took place between 1755 and 1756.

this painting has an element that functions as a kind of

theatrical wing too, now (of course) to the right of the

composition, as well as various groups of characters looking

after their daily business. it should be stressed that in this

painting also, as in the others, the scene is not a simple

assembly of popular ‘types’. rather, all the portrayed characters

are arranged with mastery, care being taken to maintain

perspective and graphic balance, as if they were

on the proscenium of a theatre stage, participating, each for

their part, in the unified, decorous, integral development

of the narrative of everyday life.

la descrizione paesaggistica è qui particolarmente complessa

ed affascinante. a parte i dettagli, assolutamente leggibili,

delle più importanti emergenze architettoniche della città

- il Castel dell’Ovo, Castelnuovo e, in alto sulla sommità

della collina, la Certosa di san Martino dominata dalla mole

incombente e protettiva di Castel sant’Elmo -

va segnalata la raffigurazione della zona portuale così come

si definisce proprio in quegli anni, nell’ambito dei lavori

di ammodernamento e sistemazione del litorale del Carmine

e del Porto di napoli voluti da Carlo iii di Borbone, e iniziati

con la realizzazione, intorno agli anni ‘40, del Mandracchio,

come era definita, all’interno dei porti, la zona protetta

destinata ad accogliere barche di piccolo formato.

al centro del Ponte nuovo, che delimita il Mandracchio,

spicca l’edificio detto dell’immacolatella, per la presenza

sulla sua sommità della statua della Vergine Maria,

realizzata, con le altre decorazioni, da Francesco Pagano,

destinato ad ospitare la Deputazione della salute

(una sorta di ‘stazione di quarantena’),

il cui progetto architettonico si deve a Domenico antonio

Vaccaro. l’edificazione dell’immacolatella, che conclude

i lavori voluti da Carlo, avviene proprio fra il 1755 ed il 1756.

anche in questo dipinto vi è una quinta scenica,

ovviamente posta sulla destra, e vari gruppi di personaggi

impegnati nelle loro attività quotidiane; va sottolineato che

in questo, come negli altri dipinti, la scena non è mai un

semplice assemblaggio di ‘tipi’ popolari,

poiché tutti i personaggi raffigurati sono disposti, con sapienza,

cura prospettica ed equilibrio grafico, come sul proscenio

di un palcoscenico teatrale, partecipando,

ognuno per la propria parte, allo sviluppo unitario

del racconto della vita quotidiana.

A scene of popular life at the Marinella,

a view of Naples as far as the Castel dell’Ovo beyondoil on canvas, 28 x 39 in.

signed and dated on the reverse of the canvas: ‘Fabris P.’

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino a Castel dell’Ovoolio su tela, cm 70,8 x 98,8Firmato e datato sul retro della tela: ‘Fabris P.’

il disegno, inedito, che qui si presenta, e il suo pendant, sono in stretta relazione

con la coppia di dipinti con scene di vita popolare datati 1757.

in questo, lo sfondo paesaggistico è sostanzialmente identico al dipinto, mentre,

pur senza alterare l’impaginazione grafica, vi sono diverse varianti nelle figure.

Di maggior rilievo, al centro, la sostituzione del carretto del ‘mellonaro’

con un venditore di vino a cavallo e a sinistra un gruppo di saltimbanchi

con un orso ammaestrato, un episodio mai più ripetuto in nessun altro dipinto,

sia dello stesso Fabris che del suo allievo più diretto, Xavier della gatta;

una donna è affacciata al balcone che, nel dipinto, è invece vuoto.

Di questo disegno è conservata nel Museo di san Martino, a napoli, una

redazione precedente, con una raffigurazione al tratto della sola scena popolare.

this heretofore unpublished drawing and its pendant exhibit an immediate

connection to the pair of paintings with scenes of popular life dated 1757.

in this drawing, the landscape is basically identical to that of the painting,

with no alteration of the graphic layout, although several variations

in the figures do appear. the most considerable variation is the substitution

of the watermelon vendor’s cart in the centre with a wine vendor on horseback;

also, at the left, instead of a group of acrobats, there is a trained bear,

something never repeated in any other painting, neither by Fabris himself

nor by his most direct pupil, Xavier della gatta;

finally, a woman looks out from a balcony that, in the painting, is empty.

a previous draft of this drawing is kept in the Museo di san Martino, in naples,

depicting the only the figural scene, not the landscape background.

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino al Vesuviomatita rialzata a biacca su carta, mm 249 x 391

Provenienzacoll. william esdaile; londra, vendita sotheby’s parke Bernet, 11 dicembre 1980; collezione privata.

A scene from popular life at the Marinella,

a view of Naples as far as Mount Vesuvius beyondpencil heightened with white on paper, 9.8 x 15.4 in.

Provenancecoll. william esdaile; london, sotheby’s parke Bernet, 11 december 1980;

private collection.

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p i e t r o F a b r i s“ E n g l i s h P a i n t E r “

here, the landscape being immortalised is particularly complex

and charming. Besides the remarkably readable details of the

most important architectural landmarks of the city

- Castel dell’Ovo, Castelnuovo and, up on the top of the hill,

the Certosa of san Martino dominated by the hovering and

protective bulk of Castel sant’Elmo - the depiction of the

harbour is here of special importance. it was in these very

years that the harbour underwent the modernisation and

refurbishment works that had been ordered by Charles iii

Bourbon, and which commenced with the construction,

in the 1740s, of the Mandracchio, as the protected area within

the harbour intended for small boats was named. in the middle

of the Ponte nuovo, delimiting the Mandracchio, a building

stands out; this is the edifice which came to be called ‘of the

Immacolatella’, due to the statue of the Virgin Mary on its top;

along with other decorations, this was executed by Francesco

Pagano. the building was intended to host the Deputazione

della Salute (a sort of quarantine station), designed by the

architect Domenico antonio Vaccaro. the construction of the

Immacolatella, which concluded the works commissioned by

Charles iii, took place between 1755 and 1756.

this painting has an element that functions as a kind of

theatrical wing too, now (of course) to the right of the

composition, as well as various groups of characters looking

after their daily business. it should be stressed that in this

painting also, as in the others, the scene is not a simple

assembly of popular ‘types’. rather, all the portrayed characters

are arranged with mastery, care being taken to maintain

perspective and graphic balance, as if they were

on the proscenium of a theatre stage, participating, each for

their part, in the unified, decorous, integral development

of the narrative of everyday life.

la descrizione paesaggistica è qui particolarmente complessa

ed affascinante. a parte i dettagli, assolutamente leggibili,

delle più importanti emergenze architettoniche della città

- il Castel dell’Ovo, Castelnuovo e, in alto sulla sommità

della collina, la Certosa di san Martino dominata dalla mole

incombente e protettiva di Castel sant’Elmo -

va segnalata la raffigurazione della zona portuale così come

si definisce proprio in quegli anni, nell’ambito dei lavori

di ammodernamento e sistemazione del litorale del Carmine

e del Porto di napoli voluti da Carlo iii di Borbone, e iniziati

con la realizzazione, intorno agli anni ‘40, del Mandracchio,

come era definita, all’interno dei porti, la zona protetta

destinata ad accogliere barche di piccolo formato.

al centro del Ponte nuovo, che delimita il Mandracchio,

spicca l’edificio detto dell’immacolatella, per la presenza

sulla sua sommità della statua della Vergine Maria,

realizzata, con le altre decorazioni, da Francesco Pagano,

destinato ad ospitare la Deputazione della salute

(una sorta di ‘stazione di quarantena’),

il cui progetto architettonico si deve a Domenico antonio

Vaccaro. l’edificazione dell’immacolatella, che conclude

i lavori voluti da Carlo, avviene proprio fra il 1755 ed il 1756.

anche in questo dipinto vi è una quinta scenica,

ovviamente posta sulla destra, e vari gruppi di personaggi

impegnati nelle loro attività quotidiane; va sottolineato che

in questo, come negli altri dipinti, la scena non è mai un

semplice assemblaggio di ‘tipi’ popolari,

poiché tutti i personaggi raffigurati sono disposti, con sapienza,

cura prospettica ed equilibrio grafico, come sul proscenio

di un palcoscenico teatrale, partecipando,

ognuno per la propria parte, allo sviluppo unitario

del racconto della vita quotidiana.

A scene of popular life at the Marinella,

a view of Naples as far as the Castel dell’Ovo beyondoil on canvas, 28 x 39 in.

signed and dated on the reverse of the canvas: ‘Fabris P.’

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino a Castel dell’Ovoolio su tela, cm 70,8 x 98,8Firmato e datato sul retro della tela: ‘Fabris P.’

il disegno, inedito, che qui si presenta, e il suo pendant, sono in stretta relazione

con la coppia di dipinti con scene di vita popolare datati 1757.

in questo, lo sfondo paesaggistico è sostanzialmente identico al dipinto, mentre,

pur senza alterare l’impaginazione grafica, vi sono diverse varianti nelle figure.

Di maggior rilievo, al centro, la sostituzione del carretto del ‘mellonaro’

con un venditore di vino a cavallo e a sinistra un gruppo di saltimbanchi

con un orso ammaestrato, un episodio mai più ripetuto in nessun altro dipinto,

sia dello stesso Fabris che del suo allievo più diretto, Xavier della gatta;

una donna è affacciata al balcone che, nel dipinto, è invece vuoto.

Di questo disegno è conservata nel Museo di san Martino, a napoli, una

redazione precedente, con una raffigurazione al tratto della sola scena popolare.

this heretofore unpublished drawing and its pendant exhibit an immediate

connection to the pair of paintings with scenes of popular life dated 1757.

in this drawing, the landscape is basically identical to that of the painting,

with no alteration of the graphic layout, although several variations

in the figures do appear. the most considerable variation is the substitution

of the watermelon vendor’s cart in the centre with a wine vendor on horseback;

also, at the left, instead of a group of acrobats, there is a trained bear,

something never repeated in any other painting, neither by Fabris himself

nor by his most direct pupil, Xavier della gatta;

finally, a woman looks out from a balcony that, in the painting, is empty.

a previous draft of this drawing is kept in the Museo di san Martino, in naples,

depicting the only the figural scene, not the landscape background.

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino al Vesuviomatita rialzata a biacca su carta, mm 249 x 391

Provenienzacoll. william esdaile; londra, vendita sotheby’s parke Bernet, 11 dicembre 1980; collezione privata.

A scene from popular life at the Marinella,

a view of Naples as far as Mount Vesuvius beyondpencil heightened with white on paper, 9.8 x 15.4 in.

Provenancecoll. william esdaile; london, sotheby’s parke Bernet, 11 december 1980;

private collection.

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olio su tela, cm 128 x 101

oil on canvas, 50.4 x 39.8 in.

Una donna che fila, una bambina, due contadini ed un pescatore

che mangiano su una roccia e due cani, presso un casale a Posillipo

A woman spinning, a girl, two farmers and a fisherman eating

on a rock and two dogs, near a farmhouse in Posillipo

Excluding the figure of the woman on horseback, which is reversed

in respect to the painting, here the variations in the figures are minor

and the consistency between painting and drawing is immediately apparent

in the figures, the architecture and the overall compositional balance.

More significant variations are to be seen in the landscape,

which in the drawing appears closer to the vantage point of the scene.

this involves a greater foreshortening of the harbour pier

at the Castel dell’Ovo and of the immacolatella on Castelnuovo and

a truncation of the view of the Certosa di san Martino and the Castel sant’Elmo.

Popular life scene at the Marinella;

in the background a view of Neaples to Castel dell’Ovopencil heightened with white on paper, 9.6 x 15.3 in.

Provenancecoll. william esdaile; london, sotheby’s parke Bernet, 11 december 1980;

private collection.

se si esclude la figura della donna a cavallo che risulta capovolta

rispetto al dipinto, qui le varianti nei personaggi sono minori

ed è immediatamente percepibile la consequenzialità disegno/quadro

nell’architettura delle figure e nel complessivo equilibrio compositivo.

Più significative varianti vanno segnalate nel paesaggio, che risulta,

rispetto al dipinto, più vicino al punto di ripresa della scena;

ciò comporta uno schiacciamento del molo del Porto su Castel dell’Ovo

e dell’immacolatella su Castelnuovo e una veduta solo parziale, tagliata,

della Certosa di san Martino e di Castel sant’Elmo.

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino a Castel dell’Ovo matita rialzata a biacca su carta, mm 245 x 389

Provenienzacoll. william esdaile; londra, vendita sotheby’s parke Bernet, 11 dicembre 1980; collezione privata.

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olio su tela, cm 128 x 101

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Una donna che fila, una bambina, due contadini ed un pescatore

che mangiano su una roccia e due cani, presso un casale a Posillipo

A woman spinning, a girl, two farmers and a fisherman eating

on a rock and two dogs, near a farmhouse in Posillipo

Excluding the figure of the woman on horseback, which is reversed

in respect to the painting, here the variations in the figures are minor

and the consistency between painting and drawing is immediately apparent

in the figures, the architecture and the overall compositional balance.

More significant variations are to be seen in the landscape,

which in the drawing appears closer to the vantage point of the scene.

this involves a greater foreshortening of the harbour pier

at the Castel dell’Ovo and of the immacolatella on Castelnuovo and

a truncation of the view of the Certosa di san Martino and the Castel sant’Elmo.

Popular life scene at the Marinella;

in the background a view of Neaples to Castel dell’Ovopencil heightened with white on paper, 9.6 x 15.3 in.

Provenancecoll. william esdaile; london, sotheby’s parke Bernet, 11 december 1980;

private collection.

se si esclude la figura della donna a cavallo che risulta capovolta

rispetto al dipinto, qui le varianti nei personaggi sono minori

ed è immediatamente percepibile la consequenzialità disegno/quadro

nell’architettura delle figure e nel complessivo equilibrio compositivo.

Più significative varianti vanno segnalate nel paesaggio, che risulta,

rispetto al dipinto, più vicino al punto di ripresa della scena;

ciò comporta uno schiacciamento del molo del Porto su Castel dell’Ovo

e dell’immacolatella su Castelnuovo e una veduta solo parziale, tagliata,

della Certosa di san Martino e di Castel sant’Elmo.

Scena di vita popolare alla Marinella;

sullo sfondo una veduta di Napoli fino a Castel dell’Ovo matita rialzata a biacca su carta, mm 245 x 389

Provenienzacoll. william esdaile; londra, vendita sotheby’s parke Bernet, 11 dicembre 1980; collezione privata.

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A new addition to Fabris’s catalogue

the immediate success gained

by Pietro Fabris’s ‘genre scenes’ with

important italian and foreign commissioning

patrons explains the scarcity of paintings

with large figures, with the exception

of two canvas paintings of sacred subject

matter, Saint Francis of Assisi and Saint

Anthony of Padua, currently in the Church

of santa Chiara in Bari (cf. nicola spinosa,

Pittura napoletana del Settecento dal

Rococò al Classicismo, naples, Electa

napoli, 1987; no. 231, p. 144;

figs. 314-315, p. 337); and a Silenus,

a copy from Polidoro da Caravaggio,

painted for the private gallery of William

hamilton (cf. Carlo Knight, Hamilton a

Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande

capitale europea, naples, Electa napoli,

1990, p. 86, present location unknown).

One more painting could be added

to this list, an interior scene called

The Sewing Lesson, published

in the catalogue of the exhibition Gaspare

Traversi. Napoletani del ‘700 tra miseria

e nobiltà (naples, Electa napoli, 2003;

no. C11a, p. 212, illustrated p. 213),

but this can be considered to have large

figures due to the artist’s conceptual

approach and graphic layout rather

than for the real size of the work

(24.4 x 26.4 in.). Various examples

of interior scenes with labouring artisans

exist - showing cobblers, the spinstresses,

blacksmith - always of a small size

(no larger than 15.7 x 19.7 in.), in which,

however, the figures are of the same scale

as the ones crowding the plein air views.

it should however been noted that

this work also, which can be dated

to the 1780s, remains intimately connected

to the well-known world of the popular

scene, explored by Fabris in its characteristic

types and compositive possibilities since

his neapolitan debut, and which would find

a systematisation akin to cataloguing

in the Raccolta di vari vestimenti ed arti

del Regno di Napoli… of 1773.

and if there is no doubt that the setting

of the scene and all the characters acting

in it come from models already used

in other paintings, the dilation of the figures

and the consequent need for adapting

the visual space to their size force Fabris

to devise a graphic layout completely new

and different to those already widely tested.

in order to do this, the iconographic sources

he refers to are also different from

the usual ones already illustrated.

here the reference models are

Francesco de Mura, Filippo Falciatore,

Francesco Celebrano and, above all,

giuseppe Bonito. But Fabris has

two advantages in respect to these artists:

given his earliest Venetan background

and his refusal - probably more conceptual

than real - to consider himself completely

‘neapolitan’, he felt more liberated from

the ties of a totally local artistic education

that would have compelled him to come

to terms with the heavy, although extremely

important, heritage of the past. Moreover

his encounter of high-ranking patrons,

especially those from abroad, drove him

- and forced him - to a confrontation

with international artistic models.

Fabris enjoyed a wider cultural background

by virtue of his neapolitans references.

the fact that this rich cultural education

only rarely shines through in his oeuvre

does not mean that it did not exist.

and this is confirmed by the painting

presented here, which synthesizes,

with a freedom and expressive modernity

difficult to find in a local circle, the logic

of arrangement of the neapolitan school,

the velocity and frankness of Venetan

brushwork as well as the liquid and fluent

application of colour, a characteristic

of French origin.

Un’aggiunta al catalogo di Fabris

Considerato il successo che le ‘scene

di genere’ di Pietro Fabris ebbero

immediatamente presso importanti

committenti sia italiani che stranieri,

è comprensibile che rarissimi siano i suoi

dipinti a ‘figure grandi’, se si escludono

due oli su tela di soggetto sacro,

San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio

da Padova, attualmente nella chiesa

di santa Chiara a Bari (cfr. nicola spinosa,

Pittura napoletana del Settecento dal

Rococò al Classicismo, napoli, Electa napoli,

1987; scheda n. 231, p. 144; figg. 314-315,

p. 337) e un Sileno, copia da Polidoro

da Caravaggio, realizzata per la

galleria privata di William hamilton

(cfr. Carlo Knight, Hamilton a Napoli.

Cultura, svaghi, civiltà di una grande

capitale europea, napoli, Electa napoli,

1990, p. 86; ubicazione attuale ignota).

Vi sarebbe ancora una scena di interno,

raffigurante La lezione di cucito, pubblicata

nel catalogo della mostra Gaspare Traversi.

Napoletani del ‘700 tra miseria e nobiltà

(napoli, Electa napoli, 2003;

scheda C11a, p. 212, tav. p. 213),

ma che si può considerare a ‘figure grandi’

più per l’approccio concettuale dell’artista,

per la impaginazione grafica, che per

le dimensioni reali dell’opera (cm 62 x 67).

Così come esistono vari esempi

di raffigurazioni di interni con artigiani

al lavoro - la casa del ciabattino, la casa

della filatrice, la casa del fabbro - sempre

di piccolo formato (cm 40 x 50ca,

al massimo), nei quali, comunque,

la grandezza delle figure è uguale a quella

dei personaggi che animano le affollate

vedute en plein air. Peraltro, va detto

in premessa che anche questa opera,

databile agli anni Ottanta, resta comunque

collegata intimamente con il ben noto

mondo della scena popolare, indagata

da Fabris nei suoi ‘tipi’ caratteristici

e nelle sue possibilità compositive

fin dai suoi esordi napoletani e che troverà

una sistematizzazione quasi catalografica

nella Raccolta di vari vestimenti ed arti

del Regno di Napoli…, del 1773.

E se indubbiamente l’ambientazione

della scena e tutti i personaggi che

in essa agiscono, provengono da modelli

già utilizzati in altri dipinti, la dilatazione

delle figure e la conseguente necessità

di adeguare lo spazio visivo alla loro

dimensione, obbligano Fabris a modulare

una impaginazione grafica totalmente

nuova e diversa rispetto a quelle già

ampiamente sperimentate.

Per fare ciò è chiaro che anche le fonti

iconografiche a cui ricorre sono diverse

da quelle solite e di cui abbiamo già detto.

Qui i modelli di riferimento sono Francesco

De Mura, Filippo Falciatore, Francesco

Celebrano e, soprattutto, giuseppe Bonito.

Ma rispetto a tutti questi artisti, Fabris

ha due vantaggi: considerata la sua

primissima formazione veneta ed il suo

rifiuto - forse più concettuale che reale -

a sentirsi fino in fondo un ‘napoletano’,

il pittore si sente maggiormente libero

dal vincolo di una formazione artistica

tutta svolta in un ambito locale che obbliga

a fare i conti con la pesante, seppur

importantissima, eredità del passato;

inoltre la frequentazione

con una committenza di alto rango,

soprattutto straniera, lo spinge -

e lo costringe - a confrontarsi con modelli

artistici internazionali.

insomma Fabris gode di un retroterra

culturale di più ampio respiro rispetto

ai suoi riferimenti napoletani.

il fatto che questa ricca formazione

culturale traspaia solo di rado nella sua

produzione, non significa che non ci sia.

E proprio il dipinto che qui si presenta

lo conferma, sintetizzando,

con una libertà e modernità espressiva

che è difficile ritrovare in ambito locale,

la logica compositiva di scuola napoletana,

la velocità e franchezza di pennellata veneta

e la stesura liquida e fluente del colore

di marca francese.

Una

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A new addition to Fabris’s catalogue

the immediate success gained

by Pietro Fabris’s ‘genre scenes’ with

important italian and foreign commissioning

patrons explains the scarcity of paintings

with large figures, with the exception

of two canvas paintings of sacred subject

matter, Saint Francis of Assisi and Saint

Anthony of Padua, currently in the Church

of santa Chiara in Bari (cf. nicola spinosa,

Pittura napoletana del Settecento dal

Rococò al Classicismo, naples, Electa

napoli, 1987; no. 231, p. 144;

figs. 314-315, p. 337); and a Silenus,

a copy from Polidoro da Caravaggio,

painted for the private gallery of William

hamilton (cf. Carlo Knight, Hamilton a

Napoli. Cultura, svaghi, civiltà di una grande

capitale europea, naples, Electa napoli,

1990, p. 86, present location unknown).

One more painting could be added

to this list, an interior scene called

The Sewing Lesson, published

in the catalogue of the exhibition Gaspare

Traversi. Napoletani del ‘700 tra miseria

e nobiltà (naples, Electa napoli, 2003;

no. C11a, p. 212, illustrated p. 213),

but this can be considered to have large

figures due to the artist’s conceptual

approach and graphic layout rather

than for the real size of the work

(24.4 x 26.4 in.). Various examples

of interior scenes with labouring artisans

exist - showing cobblers, the spinstresses,

blacksmith - always of a small size

(no larger than 15.7 x 19.7 in.), in which,

however, the figures are of the same scale

as the ones crowding the plein air views.

it should however been noted that

this work also, which can be dated

to the 1780s, remains intimately connected

to the well-known world of the popular

scene, explored by Fabris in its characteristic

types and compositive possibilities since

his neapolitan debut, and which would find

a systematisation akin to cataloguing

in the Raccolta di vari vestimenti ed arti

del Regno di Napoli… of 1773.

and if there is no doubt that the setting

of the scene and all the characters acting

in it come from models already used

in other paintings, the dilation of the figures

and the consequent need for adapting

the visual space to their size force Fabris

to devise a graphic layout completely new

and different to those already widely tested.

in order to do this, the iconographic sources

he refers to are also different from

the usual ones already illustrated.

here the reference models are

Francesco de Mura, Filippo Falciatore,

Francesco Celebrano and, above all,

giuseppe Bonito. But Fabris has

two advantages in respect to these artists:

given his earliest Venetan background

and his refusal - probably more conceptual

than real - to consider himself completely

‘neapolitan’, he felt more liberated from

the ties of a totally local artistic education

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to terms with the heavy, although extremely

important, heritage of the past. Moreover

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- and forced him - to a confrontation

with international artistic models.

Fabris enjoyed a wider cultural background

by virtue of his neapolitans references.

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does not mean that it did not exist.

and this is confirmed by the painting

presented here, which synthesizes,

with a freedom and expressive modernity

difficult to find in a local circle, the logic

of arrangement of the neapolitan school,

the velocity and frankness of Venetan

brushwork as well as the liquid and fluent

application of colour, a characteristic

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Un’aggiunta al catalogo di Fabris

Considerato il successo che le ‘scene

di genere’ di Pietro Fabris ebbero

immediatamente presso importanti

committenti sia italiani che stranieri,

è comprensibile che rarissimi siano i suoi

dipinti a ‘figure grandi’, se si escludono

due oli su tela di soggetto sacro,

San Francesco d’Assisi e Sant’Antonio

da Padova, attualmente nella chiesa

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Pittura napoletana del Settecento dal

Rococò al Classicismo, napoli, Electa napoli,

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Vi sarebbe ancora una scena di interno,

raffigurante La lezione di cucito, pubblicata

nel catalogo della mostra Gaspare Traversi.

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più per l’approccio concettuale dell’artista,

per la impaginazione grafica, che per

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Così come esistono vari esempi

di raffigurazioni di interni con artigiani

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di piccolo formato (cm 40 x 50ca,

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in premessa che anche questa opera,

databile agli anni Ottanta, resta comunque

collegata intimamente con il ben noto

mondo della scena popolare, indagata

da Fabris nei suoi ‘tipi’ caratteristici

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fin dai suoi esordi napoletani e che troverà

una sistematizzazione quasi catalografica

nella Raccolta di vari vestimenti ed arti

del Regno di Napoli…, del 1773.

E se indubbiamente l’ambientazione

della scena e tutti i personaggi che

in essa agiscono, provengono da modelli

già utilizzati in altri dipinti, la dilatazione

delle figure e la conseguente necessità

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dimensione, obbligano Fabris a modulare

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nuova e diversa rispetto a quelle già

ampiamente sperimentate.

Per fare ciò è chiaro che anche le fonti

iconografiche a cui ricorre sono diverse

da quelle solite e di cui abbiamo già detto.

Qui i modelli di riferimento sono Francesco

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Ma rispetto a tutti questi artisti, Fabris

ha due vantaggi: considerata la sua

primissima formazione veneta ed il suo

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inoltre la frequentazione

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culturale di più ampio respiro rispetto

ai suoi riferimenti napoletani.

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E proprio il dipinto che qui si presenta

lo conferma, sintetizzando,

con una libertà e modernità espressiva

che è difficile ritrovare in ambito locale,

la logica compositiva di scuola napoletana,

la velocità e franchezza di pennellata veneta

e la stesura liquida e fluente del colore

di marca francese.

Una

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Donna del Borgo di Chiaja

incisione su rame da: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

incisione su rame da: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

copperplate engraving from: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

copperplate engraving from: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

Stro.[men]to delle donne Napole[ta]ne

detto Tamburro

Donna del Borgo di Chiaja

incisione su rame da: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

incisione su rame da: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

copperplate engraving from: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

copperplate engraving from: pietro Fabris, Raccolta di vari vestimenti ed arti del Regno di Napoli …, napoli 1773.

Stro.[men]to delle donne Napole[ta]ne

detto Tamburro

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