piacere sono il futuro – passo dopo passo dallo studio al lavoro

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PIAC ER E, SO N O I L F U TU RO

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Progetto finale dell'alternanza scuola-lavoro degli studenti del liceo scientifico 'Orazio Tedone' di Ruvo di Puglia.

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PIACERE,

SONO

IL FUTUR

O

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progetto realizzato nel corso dell'alternanza scuola-lavoro (40 ore)

presso la casa editrice liberaria di bari,

con la supervisione di carlotta susca

* raffaella cantatore • valentina caprioluca caputi • cinzia ciliberti

giuseppe marco de candia maria laura de sario

sonia di modugno • giuseppe gattulli miriam labianca • tiziana minafra nicole pagano • alessia paparella

maria rita rotondo • rosamaria soriceirene stasi • marianna tedone

immagine di copertina di sonia di modugno

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gli alunni della III Bliceo scientif ico 'o. tedone'

ruvo di puglia (BA)*

Piacere, sono il futuro

• passo dopo passo, dallo studio al lavoro •

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Ciao, sono Maria Laura e da grande vorrei un lavoro che mi soddisfi, che mi insegni qualcosa, ma soprattutto che mi distingua.

Sono Raffaella e vorrei svolgere un lavoro che mi renda felice e soddisfatta, ma che allo stesso tempo mi appaghi dal punto di vista economico.

Da grande desidererei diventare un’assistente sociale perché vorrei far parte dell’ambito organizzativo delle risorse sociali. Da questo lavoro mi aspetterei esperienze che influenzino in maniera positiva la mia vita. (Alessia)

Sembra un po’ utopistico ma vorrei un lavoro che mi soddisfi sotto tutti i punti di vista: soldi, felicità e libertà; un lavoro che mi consenta una condizione agiata, tempo per chi mi circonda e tempo per me. (Luca)

Sono Valentina e desidero svolgere un lavoro che mi soddisfi economicamente, mi renda libera e che rispecchi i miei ideali di futuro.

Sono Nicole, non saprei dire con certezza quale lavoro vorrei svolgere; ci sono tanti lavori che mi affascinano per la loro particolarità o per la mia propensione in quell’ambito, ma quello che so per certo è che il lavoro che svolgerò avrà tra i suoi obiettivi principali quello di aiutare persone in difficoltà, vorrei

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un lavoro che aiuti il maggior numero possibile di persone ad essere felici, inoltre desidero che questo lavoro mi gratifichi e che mi dia la possibilità di dedicarmi anche alla sfera privata.

Mi chiamo Giuseppe G. e il mio sogno è quello di viaggiare e approfondire le mie conoscenze. Spero che il mio lavoro da ingegnere informatico mi permetta di raggiungere i miei obiettivi, rendendomi felice.

Ciao, sono Cinzia, sono una ragazza ambiziosa ma ho molti punti interrogativi sul mio futuro: vorrei diventare un’assistente sociale rispettata e pronta ad affrontare qualsiasi situazione per risolverla al meglio.

La mia indole tendenzialmente introspettiva e riflessiva, l’interesse verso il mondo psicologico personale e altrui mi porterebbero quasi spontaneamente a intraprendere la professione di psicologa. Inanzitutto vorrei sgombrare il campo da luoghi comuni e stereotipi: da “allo psicologo si rivolgono solo i pazzi” a “in fondo tutti siamo psicologi”, oltre a offrire un aiuto competente e professionale a chiunque ne senta la necessità. Vorrei semplicemente dare il giusto ascolto agli altri, quello che tutti meriterebbero indistintamente. Ambisco a un mestiere che mi appaghi spiritualmente, ma anche economicamente, e che mi consenta di viaggiare e al tempo stesso di dedicarmi a me stessa e anche alla mia futura, probabile famiglia. (Sonia)

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Sono Tiziana, il mio sogno è poter diventare criminologa. È un lavoro che mi affascina e che potrà rendermi felice. Voglio potermi distinguere dagli altri, e attraverso questa professione sono sicura di riuscirci.

Ciao, sono Giuseppe D., vorrei un lavoro importante e allo stesso tempo che mi dia la possibilità di dedicare tempo ai miei hobby, alla mia famiglia e che mi permetta di viaggiare.

Non so ancora cosa la vita risevi per me realmente, sicuramente il mio sogno è quello di svolgere un lavoro che mi soddisfi interiormente prima ancora che economicamente. Mi piacerebbe lavorare in campo scientifico, in modo che riesca ad appagare me ed essere utile agli altri. (Rosamaria)

Vorrei che il mio lavoro garantisse la mia indipendenza e mi rendesse libera; vorrei conquistare il mio futuro; mi piacerebbe prendere gli altri per mano e accompagnarli lungo la strada della libertà. (Irene)

Da grande vorrei essere una psicologa perché mi piacerebbe ascoltare e aiutare attraverso le mie esperienze, inoltre vorrei che mi soddisfacesse economicamente e che mi facesse viaggiare molto, scoprire nuovi posti e diverse realtà; allo stesso tempo poter aver tempo per coltivare altri interessi e per la famiglia. (Maria Rita)

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Mi chiamo Miriam e vorrei molto viaggiare e conoscere posti nuovi per poi tornare e diventare medico, aiutare la gente senza chiedere nulla in cambio ottenendo una soddisfazione personale e anche degli altri.

Il mio futuro è incerto: ora come ora mi piacerebbe diventare medico, ma sono consapevole del fatto che possa cambiare idea. Ciò che vorrei è svolgere una professione che mi soddisfi e che possa fare con passione. (Marianna)

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interviste ai profes-sionisti

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grande

SCHERMO

Viggo Mortensen interpreta Freud nel film A Dangerous Method

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Psicologo-Psicoterapeuta {Antonio Montrone, 60 anni}

Quale è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Dopo le medie, ho frequentato il liceo scientifico. Nel 1980 mi sono laureato in Psicologia presso l’Università di Roma dato che nel 1975 in Italia si aprirono solo due facoltà di Psicologia, una a Roma e l’altra a Padova. Avevo due grandi passioni: l’architettura e la psicologia. Infine ho scelto di intraprendere questo percorso di studi per capire meglio me stesso e per risolvere dei problemi personali legati alle turbolenze adolescenziali e alla depressione; infatti, contemporaneamente agli studi universitari in Psicologia, avevo già iniziato una psicoanalisi individuale presso la città di Andria. Questa lunga psicoanalisi personale mi è servita sia per risolvere, anche se solo in parte, le mie problematiche che come formazione.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

In Italia negli anni ’80 non c’era ancora una cultura psicologica, basti pensare che in Puglia vi erano solo due importanti psicoanalisti. Inoltre i ragazzi erano obbligati ad arruolarsi e a prestare servizio militare e a causa di questo ho perso una grande opportunità lavorativa cosicché ho incontrato delle difficoltà iniziali nel trovare un’occupazione. In seguito mi sono iscritto all’Albo degli psicologi e dopo ho aperto uno studio da psicoanalista nel quale ho lavorato per circa cinque anni. Nel frattempo iniziai a stancarmi a causa della poca flessibilità degli orari di lavoro e decisi di mettere su una cooperativa sociale che è

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PIACERE, SONO IL FUTURO

stata aperta per alcuni anni, poi mi sono rivolto a un ente privato presso cui ho lavorato. Successivamente ho fatto alcuni concorsi in ritardo perché ormai avevo già una libera professione e infine sono entrato nella ASL dove lavoro tuttora.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Sì, riesco a conciliare la mia professione con la sfera privata perché ho degli orari di lavoro che mi permettono di fare ciò. Invece quando lavoravo nel privato, gli orari di lavoro spesso si dilatavano e trovavo difficoltà nel conciliare la mia professione con la vita privata.

Quali consigli daresti a chi vuole svolgere la tua stessa professione?

L’unico consiglio che sento di dare è: la passione governa le scelte. Fatevi guidare dalle vostre passioni, dai vostri interessi e dalle vostre inclinazioni. Quindi consiglierei Psicologia a chi ha una predisposizione all’ascolto ma consiglio anche di conciliare testa e cuore. Purtroppo attualmente ci sono moltissimi laureati in Psicologia e i posti di lavoro scarseggiano. Inoltre il corso di laurea è molto lungo e prettamente teorico: vi sono sei anni di laurea più un anno aggiuntivo e quattro anni di specializzazione; in totale si impiegano circa undici anni, quindi intorno ai trent’anni si dovrebbe concludere il proprio percorso di studi1.

1. Oggi il percorso di studi per diventare psicologo prevede una laurea triennale e una magistrale (3 + 2 anni).

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ALUNNI DELLA III B LICEO 'O. TEDONE' - RUVO

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Attualmente la Psicologia è rientrata a tutti gli effetti nel settore sanitario mentre prima rientrava nel settore psico-sociale. Sinceramente consiglierei dei percorsi di studio affini alla Psicologia che rientrano sempre nell’ambito sanitario ma più brevi come Logopedia, Infermieristica, Fisioterapia, oppure consiglierei professioni come assistente sociale ed educatore professionale sanitario. Anche se consiglierei pienamente di intraprendere il corso di studi universitari in Medicina dato che si ha vasta scelta e diversi sbocchi lavorativi e inoltre il tirocinio di Medicina viene anche pagato, invece per fare quello di Psicologia spetta al giovane laureato pagare.

Ti senti gratificato?Sì, mi sento gratificato e soddisfatto del mio lavoro

dato che faccio quello che mi è sempre piaciuto e a cui ho sempre ambito e perché è stato il frutto di una scelta fatta con passione.

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Bill Murray è un famoso oceanografo e documentarista nel film

Le avventure acquatiche di Steve Zissou

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BIOLOGO MARINO {Pasquale Ricci, 29 anni}

Quale è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Il mio percorso di studi è stato caratterizzato da corsi di laurea in Scienze Ambientali Marine ed Ecologia e Biologia Marina, rispettivamente nelle sedi universitarie di Taranto e Lecce. Conseguita la laurea magistrale ho vinto il concorso di dottorato e ho frequentato questo alto livello di specializzazione necessario per diventare ricercatore. Ho affrontato questo percorso di studi da fuorisede, motivato da una grande passione per il mare, maturata da bambino e sostenuta fortemente dai miei genitori.  

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Sia durante che dopo la laurea ho avuto la possibilità di lavorare attraverso piccoli contratti nell’ambito della gestione e controllo della pesca e di intraprendere la carriera da ricercatore. Le difficoltà di questo settore di ricerca sono dovute principalmente alla precarietà lavorativa, dove la copertura contrattuale non è continuativa e devi essere disponibile a muoverti in luoghi diversi per poter avere uno stipendio.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Abbastanza. Molto spesso bisogna sapersi adattare e sacrificare un po’ del proprio tempo per studiare ed essere disponibili a fare esperienze.

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Quali consigli daresti a chi vuole svolgere la tua stessa professione?

Essere consapevoli che il mestiere del ricercatore ha un fine sociale importante e bisogna affrontarlo con lo spirito della solidarietà, di una sfida che porta sacrifici, ma tantissime gratificazioni. In particolare il mestiere del biologo marino ti permette di fare esperienze particolari e molto formative, sia nella ricerca sia nell’ambito dell’educazione ambientale. Pertanto, il consiglio è di sfruttare tutte le opportunità che si hanno a disposizione, soprattutto andando all’estero.

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Consiglierei lo stesso percorso di studi a chi è appassionato al tema della biologia marina.

Ti senti gratificato?Sì, rispetto al percorso di studi, mentre nell’ambito

lavorativo la gratificazione non sempre viene percepita rispetto al proprio impegno quotidiano.

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Il lavoro è amore rivelato.E se non riuscite a lavorare con amore, ma solo con disgusto, è meglio per voi lasciarlo e, seduti alla porta del tempio, accettare l’elemosina di chi lavora con gioia.

{Khalil Gibran}

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Il protagonista della serie tv Mr. Robot è un hacker che vuole abbattere il capitalismo

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INGEGNERE INFORMATICO {Giuseppe Delucce, 32 anni}

Quale è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Ho frequentato il liceo scientifico, poi la laurea triennale in Ingegneria informatica e la specialistica in Ingegneria dell’automazione. Sono “figlio d’arte” e mi hanno sempre attirato le materie scientifiche. Ciononostante, non ritengo che una scuola secondaria a indirizzo scientifico sia un requisito necessario per questo tipo di studi (anche se magari aiuta): ho visto miei colleghi che hanno frequentato il classico o il tecnico industriale laurearsi a pieni voti.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Durante il periodo della tesi, il mio relatore mi aveva già chiesto se volessi rimanere anche dopo la laurea all’interno del laboratorio che gestiva. Ho acconsentito e vi sono rimasto per quasi un anno come ricercatore. Si lavorava su commesse esterne fatte da aziende del circondario barese, dunque è stata una solida palestra per l’inserimento nel mondo lavorativo, che tra l’altro è avvenuto in modo graduale. Nel frattempo ho inviato il curriculum e ho fatto vari colloqui. L’idea che mi sono fatto è che se uno vale, il posto di lavoro lo trova e anche velocemente. Certo, siamo al Sud e magari non è proprio sotto casa, ma un impiego si trova.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Si fa quel che si può! Diciamo che il lavoro è full time, ma almeno i weekend cerco di staccare completamente.

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Quali consigli daresti a chi vuole svolgere la tua stessa professione?

Intraprendere questo tipo di studi non è semplice, ci vuole passione, determinazione e spirito di sacrificio, altrimenti in fondo non si arriva. C’è un tasso di abbandono molto alto. Ma se è quello che si vuol fare nella vita, lo consiglio assolutamente. Non sono di quelli che si accontenterebbero di fare un lavoro di ripiego…

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Lo consiglierei assolutamente, ferme restando le considerazioni di cui sopra. Il settore è in espansione, a mio parere rappresenta una delle professioni del futuro.

Ti senti gratificato?Mi sento abbastanza gratificato. Nella vita si può

sempre migliorare, ma questo è un buon punto di inizio.

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Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita.

{Confucio}

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Ellen Pompeo è Meredith Grey, medico in carriera nella serie televisiva Grey’s Anatomy

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ricercatrice scientif ica a new york

{Rosamaria Ruggieri, 61 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Dopo la laurea in Biologia, ho lavorato per

quattro anni all’istituto di ricerche farmacologiche ‘Mario Negri’ a Milano. Poi sono andata all’istituto Weizmann in Israele dove ho seguito il dottorato per cinque anni, imparando la biologia molecolare. Di lì sono andata in California, San Francisco, dove ho fatto prima un periodo di tre anni di post doc, come ulteriore pratica, e poi ho trovato lavoro presso un’industria di biotecnologia, lavorando nel campo dei tumori. Dopo sette anni, mi sono spostata a New York, in un istituto di ricerca medica associata a un ospedale, dove lavoro ancora.

Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?Sono stata interessata alla natura da quando ero

piccola. Poi quando ero al liceo, ho letto la biografia di Marie Curie che mi ha colpita molto e mi ha ispirata. Quando ho cominciato a studiare la cellula e la sua composizione, sono stata affascinata dalla sua complessità e ho deciso che volevo saperne di più. Per me questo è stato il momento in cui ho deciso che avrei studiato Biologia.

Sei riuscita a trovare subito un’occupazione? Hai trovato difficoltà?

Come ho detto prima, il mio percorso di studi è stato lungo, ma dopo il post doc, non ho avuto problemi a trovar lavoro perché avevo già preso contatti con un professore che lavorava nell’industria

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PIACERE, SONO IL FUTURO

e con cui avevo collaborato. In questo campo, il modo più facile per trovare lavoro è tramite contatti professionali.

È stato difficile allontanarsi dall’Italia e ambientarsi in un nuovo Paese? Quanto la conoscenza di una seconda lingua oltre l’italiano ti ha aiutato?

Il mio allontanamento dall’Italia è stato meno traumatico che per altri perché mi ero già spostata a Milano. Questo passaggio è stato più difficile, direi, perché mi sono staccata dalla famiglia e dagli amici. La passione per le novità e la curiosità di conoscere nuovi posti e nuove culture hanno minimizzato la lontananza dall’Italia. La conoscenza dell’inglese è stata indispensabile per adattarmi in un posto nuovo. All’inizio è stato difficile sentirsi integrata nel nuovo Paese, ma col tempo ci si abitua a tutto.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

La mia professione richiede molta energia e, specialmente le donne fanno doppia fatica a conciliare la vita familiare col lavoro. Conosco però molte donne che hanno avuto successo in questo lavoro pur formando una famiglia. Io sono stata fortunata a trovare il mio compagno nel mio stesso campo lavorativo e, visto che lavoriamo insieme, condividiamo molto tempo e interessi comuni.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

A chi fosse veramente motivato a fare questo lavoro, direi di non arrendersi di fronte alle difficoltà. Non è un lavoro semplice, perché si tratta di fare cose che non ha fatto nessuno prima, anche se si usano

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metodologie note. Si va sempre a caccia di nuove idee che non sempre funzionano. Quando però si scopre qualcosa di nuovo e importante, la soddisfazione è enorme. Purtroppo però, con le difficoltà economiche che ci sono anche in America, sta diventando sempre più difficile trovare i fondi per finanziare la ricerca.

Consigliresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Ai miei tempi in Italia non c’era il dottorato equivalente al titolo internazionale. Quindi, il mio percorso è stato un po’ più lungo di quello dei miei colleghi. Io ho cominciato il mio dottorato dopo la laurea di quattro anni e altri cinque anni a Milano (ho insegnato per un anno a Milano prima di andare al ‘Mario Negri’).

Ti senti gratificata?Direi di sì, anche se, come dicevo prima, la

pressione economica si sta facendo sentire sempre di più e una parte considerevole del lavoro consiste nel preparare proposte di studi per procurarsi i fondi necessari.

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SCHERMO

In Quo Vado Checco Zalone è un impiegato comunaleche è pronto a superare qualsiasi sfida pur di

mantenere il suo posto fisso

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impiegata comunale {Tiziana Barile, 47 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi?Ho frequentato il liceo scientifico di Ruvo di

Puglia perché ritengo che il liceo offra le basi adeguate per proseguire gli studi all’università. Ho frequentato l’Università degli Studi di Bari nel dipartimento di Scienze politiche, perché avevo una particolare inclinazione per le materie che trattavano.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Non sono subito riuscita a trovare un’occupazione

perché negli anni ’90 era difficile. Successivamente solo grazie a un concorso sono riuscita a trovare un posto stabile presso l’Agenzia delle Entrate a Bologna, quindi distante dalla mia famiglia.

Hai trovato difficoltà?Sì perché i ragazzi che concorrevano per il posto

erano tanti, ma ho non ho rinunciato.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

A volte è difficile conciliare la professione con la vita privata perché il lavoro porta via tempo ed energie.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

Consiglierei di svolgere questa professione perché ti permette di stare a contatto con la gente e ti dà tanta soddisfazione.

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Per chi volesse dedicare tanto tempo allo studio consiglierei il mio percorso.

Ti senti gratificata? Sì mi sento gratificata anche se c’è ancora tanta

strada da percorrere per sentirmi totalmente appagata.

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Il lavoro allontana da noi tre grandi mali: la noia, il vizio e il bisogno.

{Voltaire}

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SCHERMO

Il criminologo Spencer Raid (Matthew Gray Gubler) sfrutta le sue capacità per creare l’identikit

dei serial killer in Criminal Minds

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Professore Associato di Criminologia

{Armando Saponaro, 50 anni}

Qual è stato il suo percorso di studi? Cosa la ha motivata a intraprenderlo?

Ho conseguito la maturità scientifica e poi la laurea in Giurisprudenza. La scelta iniziale era determinata dalla mia passione per le scienze cosiddette ‘esatte’, in particolare Fisica delle particelle e Astrofisica. Successivamente devo ammettere che ho ceduto a una logica maggiormente pragmatica legata alla maggiore spendibilità del titolo sul mercato del lavoro. Il background del liceo scientifico però mi ha poi aiutato nel percorso perché la criminologia è fortemente interdisciplinare implicando nozioni che spaziano dalla biologia alla medicina, dalla psicologia alla sociologia. Invero poi ho completato il percorso con diversi corsi post laurea e un dottorato in Criminologia, Diritto e Procedura penale.

È riuscito a trovare subito un’occupazione? Ha incontrato difficoltà?

Occorre segnalare che la professione di criminologo non ha un albo e potremmo idealmente distinguere due carriere: il criminologo universitario e la professione privata. La prima ha le medesime difficoltà della carriera universitaria in generale e prevede un impegno nella ricerca e nella didattica. In effetti il percorso formativo è abbastanza lungo poiché già ai miei tempi era opportuno conseguire il titolo di dottore di ricerca e poi vi era una gavetta

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con le notorie incertezze per il raggiungimento di un posto di ruolo. La seconda prevede la consulenza in ambito pubblico, per esempio carcerario, come esperto ex art. 80 Legge penitenziaria esprimendo pareri per l’adozione delle misure alternative, oppure in ambito privato in enti e associazioni che si occupano di interventi nell’ambito della devianza e della criminalità. Sebbene personalmente non esercito in tale ambito, posso sicuramente sottolineare le difficoltà per l’elevato numero di aspiranti criminologi a fronte di chi lavora effettivamente, la scarsa remuneratività e il ristretto bacino di utenza.

Riesce a conciliare la sua professione con la sfera privata?

Pur pagando un grande prezzo in termini di sacrificio personale, dovendo per esempio spesso impiegare le ore notturne, sì. Occorre considerare che però svolgo anche la professione di avvocato e conciliare tutte le attività con le esigenze personali e familiari è estremamente difficile.

Quali consigli darebbe a chi volesse svolgere la sua stessa professione?

Dato che non esiste un albo dei criminologi, consiglierei di scegliere quale professione di base si preferisce ed è consona alle proprie aspirazioni, per esempio psicologo, sociologo, giurista, avvocato, educatore e poi specializzarsi con appositi percorsi post laurea.

Consiglierebbe il suo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Dipende dalle inclinazioni, comunque per la carriera universitaria è oggi fondamentale il

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dottorato mentre per la professione privata non è essenziale, considerando che appunto le professioni di base collegate all’ambito criminologico sono varie.

Come fare per diventare criminologo?Tecnicamente chiunque consegua oggi un valido

titolo universitario post laurea può intraprendere la professione privata seguendo poi le prescrizioni della legge 4/2013 per le professioni non regolamentate.

Si sente gratificato?Domanda complessa, nel senso che in molti

campi secondo il mio parere la progressiva burocratizzazione e procedimentalizzazione delle professioni ha confinato in uno spazio ristretto la passione e la motivazione del singolo, ora certamente molto più mortificate che in passato, almeno per quanto mi riguarda.

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SCHERMO

Lino Guanciale e Vanessa Incontrada interpretano l’avvocato e la praticante

della serie tv Non dirlo al mio capo

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GRANDE

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Ryan Goslin è l’assistente distrettuale Willy Beachum nel Caso Thomas Crawford

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Avvocato {Eriberto Tritto, 44 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Ho conseguito il diploma di scuola secondaria superiore presso il liceo scientifico di Altamura. Successivamente ho conseguito la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Bari.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Mi ritengo particolarmente fortunato: subito dopo gli studi universitari ho frequentato, ai fini della pratica forense, uno studio legale molto avviato nella mia città. È stata un’esperienza molto dura ma, nel contempo, molto formativa. Terminata la pratica e conseguita l’abilitazione all’esercizio della professione di avvocato, sono stato inquadrato nel predetto studio legale e investito da subito di grandi responsabilità; tutto ciò ha creato le condizioni per un mio (quasi) immediato inserimento nel mondo lavorativo, offrendomi soprattutto la possibilità di appassionarmi a questa meravigliosa professione, fatta di tanti sacrifici e tante gioie.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Si tratta senza dubbio di una professione che richiede il massimo impegno e grandi sacrifici. Ma ritengo che con tanta buona volontà si possa riuscire a conciliare tutte le esigenze, anche quelle personali e familiari.

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

In primis, di farsi sospingere dalla passione. Si tratta, tuttavia, di una professione che è molto mutata nel tempo: oggi per interpretarla al meglio risulta indispensabile formarsi come professionisti europei, dinamici, integrati nel mercato e in sinergia con le altre categorie professionali.

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Certo che sì. Credo nell’importanza dell’Avvocatura, al suo rilievo costituzionale.

Poi, ma in questo forse sono di parte, ritengo personalmente che quella forense si possa considerare una delle professioni più belle e stimolanti in assoluto.

Ti senti gratificato? Se mi limitassi ad analizzare gli aspetti meramente

economici, rischierei di riproporre le solite (oramai stucchevoli) considerazioni: la crisi incalza, alcuni assistiti non pagano, altri pagano onorari al di sotto dei minimi tariffari (che neppure esistono più). Nonostante tutto ciò, personalmente sono molto felice del mio lavoro, al quale ho dato tanto, ma dal quale ho ricevuto altrettanto, soprattutto in termini di soddisfazione personale.

Vincere un processo, far bene il proprio lavoro, vedere un giudice che segue le nostre tesi e apprezza il nostro modo di argomentarle sono tutte sensazioni senza prezzo.

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Felice colui che ha trovato il suo lavoro; non chieda altra felicità.

{Thomas Carlyle}

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SUL

rettangolo

verde

Eva Carneiro è stata fino al 2015 la fisioterapista della squadra del Chelsea, oggetto di numerosi

articoli su riviste sportive e di gossip

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f isioterapista {Lia Brilla, 47 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Ho conseguito la maturità all’istituto magistrale, quindi la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari, specializzandomi in Fisioterapia. Non volevo fare la maestra di scuola elementare.

Sei riuscita a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Tre giorni dopo la laurea ho trovato lavoro a Rimini presso un istituto di riabilitazione neurologica. Le difficoltà riscontrate sono state quelle di adattamento in una città diversa dalla mia.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Non sempre è possibile.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

Per svolgere la mia professione, ritengo sia necessario amore per il prossimo e tanto studio; io sono contenta di quello che ho fatto.

Ti senti gratificata? Sì, sono gratificata.

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in

real

life

Fabrizio Pulvirenti è il medico italiano guarito da ebola dopo avere contratto il virus in Sierra Leone,

dove lavorava come volontario per conto di Emergency

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medico {Gabriella Guastamacchia, 58 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Ho frequentato il liceo scientifico, quindi mi sono laureata in Medicina e Chirurgia. Ho sempre desiderato diventare medico.

Sei riuscita a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Dopo la laurea mi sono specializzata in Malattie dell’apparato digerente, e dopo un anno ho lavorato in Medicina dei servizi (SERT – Ufficio vaccinazioni e medicina fiscale). Dal 1994 sono medico di famiglia.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

È difficile conciliare il mio lavoro con la vita privata ma ci riesco, con tanto sacrificio.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

L’impegno è essenziale, ma è molto importante l’aggiornamento. Per diventare medico, consiglio il mio percorso. Naturalmente la specializzazione dipende dalla propensione personale.

Ti senti gratificata? Il mio è un lavoro che mi gratifica molto. Essere

un medico di famiglia mi fa sentire molto vicina ai pazienti.

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piccolo

schermo

Judy Reyes è Carla Espinosa, l’inflessibile infermiera di Scrubs – Medici ai primi ferri

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Infermiere {Roberto Sinisi, 51 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Nel 1980, dopo aver frequentato per due anni la scuola superiore, sono passato alla scuola per infermiere professionale, ponendo in secondo piano la maturità, che ho conseguito successivamente nel corso degli anni.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Fortunatamente sì, grazie a un concorso nel 1983.

Anche se c’era molta concorrenza.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Sì, può risultare difficile a volte, ma con qualche rinuncia e qualche sacrificio si può fare.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

A chi volesse intraprendere questa professione consiglierei di essere determinato e motivato poiché potrebbe risultare un lavoro difficile e stancante se preso alla leggera. Consiglieri il mio stesso percorso di studi a chiunque volesse lavorare in ambito infermieristico. Ancora oggi non mi pento delle mie scelte e se potessi tornare indietro non cambierei nulla.

Ti senti gratificato? Sì, abbastanza. È un lavoro che gratifica molto dal

punto di vista emotivo e non solo.

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Sul

grande

schermo

In Padri e figlie di Gabriele Muccino, Amanda Seyfried è Katie, un’assistente sociale

che si occupa di bambini disagiati

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assistente sociale {A.N.}

Non mi sento comoda nel lavoro di assistente sociale: la mia anima è stata sempre combattuta tra il sociale e l’educativo, la mia identità è più di formatore che di assistente sociale. È vero, le due mansioni si intrecciano ma nel mio caso ho privilegiato sempre la funzione educativa; questo mi è stato possibile perché ho lavorato per trent’anni in un consultorio familiare dove ho avuto la possibilità di impegnarmi nella prevenzione e nella promozione della salute e del benessere, obiettivi che rientrano a pieno titolo sia nel lavoro sociale che in quello educativo.

La scelta iniziale di perseguire gli studi in Servizio Sociale nasceva dal desiderio di aiutare la gente ad autopromuoversi, a superare situazioni di difficoltà e di disagio puntando all’empowerment personale e di comunità.

La professione di assistente sociale mi ha però permesso di incontrare molte persone, di ascoltare le loro voci, di osservare i loro volti in situazioni spesso di grande vulnerabilità, di bisogno e di richiesta di aiuto. Il mio percorso di studi si è indirizzato in tal senso, quindi ho acquisito la laurea in Scienze dell’educazione.

La mia preferenza va a tutto ciò che realizzo al di fuori del contesto lavorativo, dove esercito liberamente il mio ruolo di formatrice, ma anche nel mio lavoro di assistente sociale mi avvalgo delle mie competenze nei processi formativi.

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Sul

piccolo

schermo

Cal Lightman (Tim Roth) è uno psicologo esperto in cinesica in Lie to me

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psicologa psicoterapeuta {Loredana Triggiano, 33 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Dopo aver frequentato il liceo classico, mi sono iscritta all’Università di Bari, dove ho conseguito la laurea triennale in Scienze e tecniche pedagogiche e quella magistrale in Psicologia dello sviluppo e delle relazioni. Ciò che mi ha spinto a intraprendere questo lungo percorso di studi è stata la voglia fin da piccola di fare questo lavoro. Avevo le idee chiare già abbastanza presto (quando da ragazzina mi chiedevano “Cosa vuoi fare da grande?”, rispondevo “Capire cosa c’è nella testa delle persone” e penso che questo la dica lunga!)

Sei riuscita a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Ho iniziato presto a lavorare, precisamente mentre ancora frequentavo la scuola di specializzazione poiché, avendo aperto il mio studio, sono stata libera di iniziare subito l’attività privata. All’inizio mi è servito del tempo per farmi conoscere sul territorio e ampliare la clientela, ma pian piano “il passaparola” e la costanza nel lavoro mi hanno aiutato.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Riesco a conciliare tranquillamente il lavoro con la sfera privata in quanto, facendo un lavoro che ha orari d’ufficio, sono libera di coltivare interessi e hobby, oltre che vita sentimentale e sociale.

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

Consiglierei a chi vuole svolgere la mia stessa professione di avere molta pazienza, determinazione e passione perché è un percorso molto lungo e che non dà frutti subito. Consiglierei di studiare presso un ateneo come quello di Padova, tra i migliori del settore, che dia più possibilità di fare esperienze pratiche e non solo teoria, come purtroppo avviene a Bari.

Ti senti gratificata? Sì, mi sento gratificata perché svolgo il lavoro che

mi piace e per il quale ho studiato tanto. Certo, spero di poter crescere sempre di più professionalmente e di avere quella stabilità economica che purtroppo nel mio campo si può acquisire soltanto con la vincita di concorsi presso enti pubblici, come ospedali e consultori.

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Il lavoro caccia i vizi derivanti dall’ozio.

{Seneca}

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Sul

GRANDE

schermo

Gabriele Mainetti è il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot,

con Claudio Santamaria

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Libero professionista settore audiovisivo/cinema

{Gianvito Caputo, 26 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Dopo il liceo scientifico, ho fatto lo IED (Istituto Europeo di Design) a Torino, corso Video Design.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Ho trovato subito un’occupazione, a Torino lavoravo come libero professionista, poi ad Ancona avevo una mia agenzia di comunicazione con un socio, poi ho fatto due anni come dipendente in una grande azienda nel settore e-commerce, quindi di nuovo libero professionista.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Essendo ancora giovane non ho grandi esigenze di vita privata, e lavoro con persone amiche, ma comunque riesco a conciliare i due aspetti, anche se devo rinunciare a volte, a causa del lavoro a qualcosa.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

Consiglierei di fare un corso specifico e poi di documentarsi moltissimo, fare esperienza con professionisti del settore e impegnarsi a fondo per migliorare e crescere. Se qualcuno è davvero interessato al settore consiglierei sin da subito un percoso di studi che lo agevoli nella riuscita.

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Ti senti gratificato? Sì, molto, amo il mio lavoro. Mi permette di

viaggiare, stare tra la gente e vedere tutta la preparazione che c’è dietro un film. È tutto ciò che mi ha sempre interessato, quindi è una soddisfazione per me aver avuto l’occasione di fare questo lavoro.

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Il lavoro mi perseguita, ma io sono più veloce.

{Lupo Alberto}

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Sul

PICCOLO

schermo

La serie televisiva Dottor House è basata sul personaggio interpretato da Hugh Laurie,

un medico misantropo

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medico {Marta Mottola, 55 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Ho frequentato il liceo scientifico di Noci (BA) e dopo mi sono iscritta alla facoltà di Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Bari.

Dopo aver conseguito la laurea, vista la mia propensione per i bambini, ho frequentato per un anno come volontaria il reparto di Pediatria dell’Università di Bari. Successivamente sono entrata, dopo un esame di ammissione, a frequentare la specializzazione in Pediatria. Conseguita la specializzazione e dopo aver cominciato a lavorare con qualche avviso pubblico presso il reparto di Neonatologia dell’ospedale civile di Noci, ho voluto approfondire gli studi in questo campo frequentando un corso di perfezionamento della durata di un anno in Terapia intensiva neonatale presso l’Università “La Sapienza” di Roma e successivamente, sempre nella stessa università, un corso di perfezionamento in Ecografia feto-neonatale.

Penso che il motivo principale che mi ha spinto a scegliere questo corso di studi, oltre alla mia propensione per questa materia, sia stata una malattia lunga e importante di una mia cugina, che è stata costretta per diversi mesi a curarsi presso un reparto di Pediatria.

Sei riuscita a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

No, non ho trovato difficoltà. Durante il corso di specializzazione ho ricevuto l’incarico di medicina

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PIACERE, SONO IL FUTURO

scolastica e ho iniziato a lavorare presso le scuole elementari di Putignano per diciotto ore settimanali.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

Il lavoro del pediatra è molto impegnativo, però mi ritengo fortunata perché faccio il lavoro che sognavo di fare sin da piccola.

Anche se con fatica, riesco a conciliare sfera lavorativa e sfera privata.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

Consiglio di seguire la propria inclinazione con “scienza e coscienza”, e cercare di essere sempre molto vicini ai bambini e al loro nucleo familiare.

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Lo consiglio a chi si sente portato, e a chi non scappa davanti ai libri. Bisogna studiare molto e riuscire a capire i piccoli cenni dei bambini.

Ti senti gratificata?Sì, mi sento molto gratificata del mio lavoro, e di

tutte le esperienze che mi hanno fatto maturare fino ad oggi.

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Se si escludono istanti prodigiosi e singoli che il destino ci può donare, l’amare il proprio lavoro (che purtroppoè privilegio di pochi) costituisce la migliore approssimazione alla felicità sulla terra. Ma questa è una verità che non molti conoscono.

{Primo Levi}

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PIACERE, SONO IL FUTURO

Sul

PICCOLO

schermo

Il dottor Hibbert scopre grazie a una radiografia che Homer Simpson ha

un pennarello conficcato in testa

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medico radiologo {A.N., 34 anni}

Qual è stato il tuo percorso di studi? Cosa ti ha motivato a intraprenderlo?

Dopo essermi diplomato presso il liceo scientifico del mio paese ho partecipato a diversi concorsi, superati quelli per alcune accademie delle nostre forze armate, decisi di provare anche il concorso in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Bari. Superato il test di ammissione a Medicina decisi che quella dovesse essere la mia strada e così abbandonai la mia idea di Uomo dell’Arma e feci lo studente di Medicina. Un percorso lungo e caratterizzato da un vortice di sentimenti che si accavallano, si sostituiscono e ti accompagnano costantemente. Dall’ansia di dover studiare alla paura di poter sbagliare qualcosa, alla gioia di vedere il professore che ti scrive il suo bel voto sul libretto e il piacere di depennare un altro dei tanti esami che mancano alla meta. La meta che sembra sempre così lontana, soprattutto in quei momenti in cui ti vedi come uno studente a vita e magari intorno a te i tuoi amici già lavorano e tu ti chiedi “E quando anche io?” e prevale quella tristezza e scoraggiamento che ti fa quasi pensare di non potercela fare. Ma come dicevano i latini “Per aspera sic itur ad astra” e alla fine arriva quel giorno in cui tutte le tristezze e le paure volano via, quello che sembrava lontano è li e davanti alle persone che ti sono state sempre accanto ti proclamano “Dottore”, un’emozione unica che ti ripaga di ogni cosa. Di certo è un percorso lungo e difficile che necessita di determinazione, con la consapevolezza che raggiunto l’obiettivo bisogna porre il paziente al

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PIACERE, SONO IL FUTURO

centro di tutto, accoglierlo e capire che prima di essere un paziente è una persona, che va compresa, accolta e aiutata. Il lavoro non deve diventare un semplice fatto materiale e asettico ma deve creare quell’empatia con l’altro; i nostri interessi personali vanno sempre tenuti in disparte, prima il paziente e la sua salute, poi il resto.

Sei riuscito a trovare subito un’occupazione? Hai incontrato difficoltà?

Mi ritengo una persona molto fortunata, subito dopo la mia laurea sono entrato in un progetto di ricerca sul carcinoma prostatico presso l’Ospedale Miulli di Acquaviva delle Fonti e pochi mesi dopo superai il concorso per accedere alla scuola di Specializzazione di Medicina Nucleare dell’Università di Bari. Altro lungo percorso che ha i suoi lati positivi e negativi ma per lo meno con lo stipendio in tasca, che comunque non guasta.

Finita la specializzazione sono subito stato assunto come consulente per la Diagnostica PET/CT presso il Policlinico di Bari dove ho lavorato per otto mesi; dopo questa esperienza sono stato assunto presso l’ospedale “Perrino”di Brindisi dove tuttora lavoro. Sono stato fortunato ma ho lavorato anche tanto; nel corso della specializzazione ho pubblicato decine di articoli su riviste indicizzate e impattate, collaborando su progetti di ricerca che hanno ricevuto premi internazionali e costruendomi un curriculum importante, ovviamente tutto ciò costa sacrifici.

Riesci a conciliare la tua professione con la sfera privata?

A volte diventa difficile conciliare le due cose, spesso il lavoro ti assorbe completamente e il resto assume un ruolo secondario, ma poi si arriva a un

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punto in cui ci si rende conto che bisogna trovare il giusto mezzo. Io ci sto ancora lavorando, ma sono sulla buona strada.

Quali consigli daresti a chi volesse svolgere la tua stessa professione?

Perseveranza, non mollare mai alle difficoltà che si incontrano e rialzarsi ogniqualvolta si cade e sempre più forti, avere molta umiltà e voglia di crescere e imparare. In questo lavoro c’è sempre qualcosa da imparare e qualcuno che può insegnarti (dal collega al paziente, ascoltare sempre e mai annoiarsi). L’arroganza è il male maggiore in questo mestiere.

Consiglieresti il tuo stesso percorso di studi o uno alternativo?

Credo che il mio sia stato un percorso di studi abbastanza buono, dipende tutto dal nostro modo di porci nell’apprendimento e nella conoscenza. Bisogna essere costruttivi e propositivi e a volte anche autodidatti, quando serve.

Ti senti gratificato?Sì, tantissimo, amo il mio lavoro e lo faccio con

passione, il ringraziamento di un paziente o magari poter regalare un sorriso o alleviare le sofferenze di chi ti sta di fronte non ha prezzo e ti ripaga di ogni fatica.

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interviste agli stu-denti uni-versitari

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PIACERE, SONO IL FUTURO

economia {Cataldo D’Introno, 23 anni}

Economia aziendale, banca e finanza

Per quanto concerne la mia scelta post diploma, oggi “col senno di poi”, posso dire di aver scelto il percorso universitario più congruo ai miei interessi, soprattutto il percorso triennale in Economia aziendale. Con riferimento invece al periodo subito dopo il conseguimento del diploma, potrei esprimere la mia sicurezza di scelta in un 60-70%.Sfortunatamente la scuola superiore non mi ha fornito/proposto alcuna attività di orientamento universitario, per assurdo non mi sono state indicate neanche le sedi universitarie presenti all’interno della provincia con i relativi percorsi di studio.Non ho frequentato un liceo, ma un istituto tecnico, anche se sostenere che un liceale dedica più tempo allo studio di un tecnico è un’ipotesi abbastanza forte; il passaggio dalla vita liceale a quella universitaria è stato traumatico, perché sono cambiati notevolmente

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il tempo dedicato allo studio e il tempo trascorso a perseguire i miei interessi personali non correlati al primo. Il mio approccio allo studio è cambiato in termini quantitativi più che qualitativi, passando dalle 2-4 ore giornaliere alle 6-7 ore giornaliere nei periodi di sessione esami.Il mio primo esame posso definirlo un completo disastro, ma al contempo una spinta verso l’upgrade, al mio primissimo esame sono stato bocciato con un: «Non siamo più alle superiori» che non dimenticherò facilmente. Dopo questi ho cambiato approccio e sono riuscito a perseguire i miei obiettivi e anche a laurearmi in corso.Riesco comunque a coltivare i miei interessi e le mie relazioni sociali senza alcun cambiamento per queste ultime, un po’ meno per gli interessi, in quanto sono stati i primi a essere ridotti ma non accantonati nel dimenticatoio.Consiglierei il mio percorso universitario a studenti cui piace creare valore e sono appassionati dal sistema economico e da i suoi “effetti collaterali”.Le mie intenzioni future sono in primis terminare il percorso magistrale in Banca e Finanza (Università degli studi di Verona) successivamente cercare un’occupazione nel settore, che spazia dal mondo finanziario a quello bancario/assicurativo, o in alternativa, intenzione abbastanza ardua, creare una start up nel settore agro-alimentare, ma non sono esclusi anche altri settori come il primario, dovesse cascare il mondo sarei anche contento di sostenere dei progetti sociali.

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Scienze della comunicazione

{Maria Laura Scarnera, 28 anni}

Eri sicura della tua scelta universitaria?Sì, mi sembrava la più adatta alle mie inclinazioni,

ma studiando mi è sembrata una scelta superficiale, anche se poi mi sono ricreduta nuovamente. La scuola superiore non ha offerto alcun corso di orientamento, ci hanno lasciati ‘liberi di scegliere’ ma in realtà allo sbaraglio.

Il mio inizio è andato molto, molto male: non avere lezioni obbligatorie mi ha fatto credere di poter evitare di seguire, e quindi ho dovuto recuperare negli anni successivi facendo il doppio del lavoro. Al liceo non mi piaceva studiare, per il contesto chiuso o le materie noiose, ma il mio approccio è cambiato; mi sono laureata in ritardo alla triennale, ma ho recuperato alla specialistica.

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Come hai affrontato il tuo primo esame?Al mio primo esame ho rifiutato un 24. Avevo

studiato male perché avevo continuato ad applicare il metodo di studio del liceo, studiando le paginette in maniera superficiale. Con la stessa professoressa poi ho fatto la tesi sia alla triennale che alla specialistica. Se il primo esame va male non vi scoraggiate perché bisogna prendere il giusto ritmo. Il fallimento non significa che si debba continuare a fallire.

Riesci a coltivare i tuoi interessi e amicizie?Sì, perfettamente. Non vado alle feste ma sono

abbastanza nerd. Allo studio dedico poco perché ho imparato un metodo.

L’età conta molto anche nel rapporto con i docenti perché crescendo il distacco anagrafico con i professori si accorcia e non si avverte il peso del giudizio.

Consiglieresti il tuo stesso percorso universitario?Dipende da quello che si vuole fare. Puntate a

lavorare per bene, ad avere un progetto. Se si cerca una facoltà di parcheggio si perde solo tempo. Meglio impegnarsi per seguire le proprie passioni.

Progetti per il futuro?Tantissimi, su tutti quello di continuare con la

sceneggiatura di un fumetto, poi vorrei lavorare in campo editoriale, magari facendo l’editore, anche in cinque anni.

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lettere moderne {Francesco Coletta, 21 anni}

Sono passati circa otto mesi dal mio primo giorno di università. Ma questa affermazione non è del tutto vera. L’anno precedente mi sono iscritto a Ingegneria edile/architettura e ho frequentato le lezioni per due mesi; agli inizi di dicembre, ho deciso di abbandonare. Il motivo? Non mi era chiaro all’inizio, l’ho scoperto solo in seguito, dopo una lunghissima pausa riflessiva. Ma è meglio procedere con ordine.

In questi otto mesi ho seguito sette corsi e tre laboratori e ho avuto modo di conoscere poco più di una dozzina di professori; nel frattempo, ho socializzato con gli altri studenti, cercando di ritrovare in loro un po’ di me e delle mie idee, o di trovare qualcosa di diverso ma interessante. È stata una ricerca fallimentare; probabilmente avrei avuto più fortuna in Klondike a caccia d’oro.

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La categoria dei professori la conosciamo tutti: alcuni di loro sono pessimi insegnanti e non meriterebbero di avere un microfono fra le mani; altri al contrario sono eccelsi e riescono a coinvolgere il pubblico con carisma e ironia tanto che si vorrebbe gridare a tutta voce BIS! come se ci si trovasse sotto un palco. Il professore vecchio brutto e cattivo è un membro cardine del corpo insegnanti e lo si ritrova un po’ dappertutto: chi di noi non ne ha conosciuto uno? Ma non condanno gli insegnati, piuttosto alcuni studenti. Tralasciando il partitismo, molti di coloro che ho incontrato si sono iscritti qui a Lettere per motivi banali, stupidi e talvolta davvero assurdi. Qui, ho conosciuto gente che non andava bene in matematica. Qui, ho conosciuto gente che non ha interessi, a parte la superficialità. Qui, ho conosciuto gente che usa il termine stile solo per quello che indossa. Qui, ho conosciuto gente che legge poco e gente che ama solo pubblicare le copertine dei libri su Instagram, magari assieme a un fiore spezzato o una gamba scoperta. E poi ho conosciuto gente che scrive, che legge e ama la letteratura, ma che si rifiuta di conoscere le regole per fare meglio. E allora, senza censure, mi chiedo: tutta questa gente che cazzo viene a fare all’università?

A questa domanda non so rispondere, e se azzardassi un’opinione di certo non porterebbe vantaggio alla mia argomentazione; posso però giustificare la mia scelta, indicando il motivo per cui io ho deciso di studiare Lettere. Anche qui, mi lascio trasportare della spontaneità e parlo senza censure, consapevole dei rischi che corro. Io studio Lettere perché voglio essere uno scrittore. Lo affermo volendo restare alla larga dalle speculazioni sull’essere o sul diventare uno scrittore; ignorando

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PIACERE, SONO IL FUTURO

le difficoltà economiche future e le delusioni che potrebbero pervenire dal mercato editoriale. Adesso non mi importa; io voglio essere uno scrittore e ormai ho deciso. Voglio fare lo scrittore come uno studente di medicina vuole fare il medico ed è per questo che mi sono iscritto all’università e seguo il corso di laurea di Lettere moderne: perché voglio imparare tutto quello che c’è da sapere in questo settore. In cambio offro impegno, determinazione e sacrificio, fino a consumarmi gli occhi sullo schermo e i polpastrelli sulla tastiera. Io sono qui per questo.

Infine, se mi si chiedesse come convincere i neodiplomati, indecisi e spaventati come lo sono stato io, della validità di un corso di laurea umanistico, io direi loro di iscriversi a un corso scientifico, o a un altro corso che li renda indecisi, perché solo così tutto sarà chiaro. Io direi loro di fare il passo falso e di sbagliare. Lo dico perché questa è la mia esperienza, questo è successo a me e adesso sono pronto a scommettere che la mia determinazione è molto più tenace di quella di molti altri che mi siedono accanto (quasi) ogni mattina.

All’insicurezza credo che si debba rispondere con l’errore; sbagliando volontariamente un passo ci si concede la possibilità di non sbagliare quello successivo. E questo vale anche per le cose importanti.

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lettere moderne {Grazia Sorice, 22 anni}

Ottenuto il diploma, eri sicuro/a della tua scelta universitaria?

Avendo frequentato un liceo ero convinta sin dall’inizio che dopo il diploma avrei frequentato l’università; la scelta della facoltà è stata abbastanza relativa, in quanto ero sicura da sempre di intraprendere un percorso di studi nel campo umanistico-letterario.

La scuola superiore ti ha proposto un’attività di orientamento? Se si, si è rivelata efficace?

La scuola mi ha proposto attività d’orientamento del tutto inutili e inefficaci, con scarsa organizzazione; ho provveduto personalmente a informarmi su tutto ciò che mi interessava sapere, attraverso il sito web della facoltà.

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ALUNNI DELLA III B LICEO 'O. TEDONE' - RUVO

Come hai vissuto il passaggio dalla vita da liceale a quella da universitario?

Il passaggio dalla vita liceale a quella universitaria è stato abbastanza sconvolgente. Il dover gestire i propri studi con molta libertà, autonomia e indipendenza non è affatto semplice, dopo anni in cui i professori hanno rappresentato delle vere e proprie guide nel percorso di studi. Ritrovarsi in un mondo in cui io stessa ero artefice della mia vita mi ha spaventato parecchio inizialmente, e solo con il tempo ho raggiunto una tale sicurezza che mi ha permesso di proseguire gli studi con impegno, volontà e coraggio.

Il tuo approccio allo studio è cambiato?L’approccio di studio è cambiato

proporzionalmente alla quantità di materiale da studiare; il tutto accompagnato a nuove terminologie, nuove materie e nuovi docenti. È ovvio che studiando ciò che ho sempre desiderato non mi è pesato enormemente, però il tempo che ho iniziato a dedicare allo studio si è raddoppiato.

Come hai affrontato il tuo primo esame?Il mio primo esame l’ho affrontato con molta ansia,

in quanto mi sono ritrovata faccia a faccia con un docente all’interno del suo studio. Mi sentivo sola, impaurita, ma dopo aver iniziato a parlare mi sono tranquillizzata, grazie anche alla sicurezza che il professore dimostrava.

Riesci a coltivare i tuoi interessi e le tue relazioni sociali?

Con l’università ho abbandonato alcuni miei interessi, soprattutto il primo anno, in quanto dovevo

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ancora inquadrare il tutto. Pian piano li ho ripresi, ho imparato a sapermi gestire ma non nego che ho dovuto sacrificarmi parecchio.

Consiglieresti il tuo stesso percorso universitario?Il mio percorso universitario lo consiglieri solo a

chi ha davvero interesse e passione per la letteratura, perché è davvero molto impegnativo, tanto che a volte potrebbe risultare noioso a chi non lo affronta con piacere.

Quali sono le tue intenzioni per il futuro?L’unica mia intenzione futura è ovviamente

lavorare in questo tipo d’ambito, in particolare inserirmi nel mondo della scuola. Insegnare è stata da sempre la mia grande passione, e credo di avere le giuste possibilità; è ancora molto presto in quanto il percorso da affrontare è davvero lungo ma chissà un giorno riuscirò a ricompensare i miei sacrifici.

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