percorso di genere alla galleria borghese -...

12
1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso Dafne, Proserpina, Danae fino all’Amor Sacro e l’Amor Profano Obiettivi: considerare la figura della donna come oggetto del piacere nell’arte seicentesca riflettere sulla scarsità di artiste donne presenti nella Galleria Villa Borghese: un po’ di storia Tre sono le fasi costruttive della villa: Nel 1605 salì al soglio pontificio il cardinale Camillo Borghese (15521621), della nobile famiglia romana dei Borghese, col nome di Paolo V. Protagonista assoluto della corte pontificia fu in quel periodo il nipote prediletto del papa, il cardinale Scipione Borghese (1577-1633), nominato cardinale dallo zio appena ventiseienne. Animato da una dispendiosa passione per l’arte, commissionò nel 1607 la costruzione di una villa "fuori Porta Pinciana" all’architetto Flaminio Ponzi; Alla morte del Ponzi subentrò l’architetto Giovanni Vasanzio (Jan van Santen, 1550/1621), architetto originario dei Paesi Bassi ma attivo in Italia; la villa fu completata nel 1633. Oltre alla palazzina e alla piazza davanti adorna di Statue e vasi, completavano l’assetto complessivo della villa i Giardini, l’Uccelliera, il Teatro e la Porta d’ingresso al Parco. Scipione Borghese, contemporaneamente alla costruzione della villa, cominciò a raccogliere opere d’arte, molto spesso con spregiudicati espedienti, e a commissionare lavori a diversi artisti dell’epoca, dando l'avvio a una delle collezioni più grandi dell'epoca. Ecco i padroni di casa, raffigurati da Gian Lorenzo Bernini:

Upload: vuduong

Post on 17-Feb-2019

229 views

Category:

Documents


0 download

TRANSCRIPT

Page 1: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

1

Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma

Da Paolina attraverso Dafne, Proserpina, Danae fino all’Amor Sacro e l’Amor Profano

Obiettivi:

considerare la figura della donna come oggetto del piacere nell’arte seicentesca

riflettere sulla scarsità di artiste donne presenti nella Galleria

Villa Borghese: un po’ di storia

Tre sono le fasi costruttive della villa:

Nel 1605 salì al soglio pontificio il cardinale Camillo Borghese (1552–1621), della nobile famiglia romana dei Borghese, col nome di Paolo V. Protagonista assoluto della corte pontificia fu in quel periodo il nipote prediletto del papa, il cardinale Scipione Borghese (1577-1633), nominato cardinale dallo zio appena ventiseienne. Animato da una dispendiosa passione per l’arte, commissionò nel 1607 la costruzione di una villa "fuori Porta Pinciana" all’architetto Flaminio Ponzi; Alla morte del Ponzi subentrò l’architetto Giovanni Vasanzio (Jan van Santen, 1550/1621), architetto originario dei Paesi Bassi ma attivo in Italia; la villa fu completata nel 1633.

Oltre alla palazzina e alla piazza davanti adorna di Statue e vasi, completavano l’assetto complessivo della villa i Giardini, l’Uccelliera, il Teatro e la Porta d’ingresso al Parco.

Scipione Borghese, contemporaneamente alla costruzione della villa, cominciò a raccogliere opere d’arte, molto spesso con spregiudicati espedienti, e a commissionare lavori a diversi artisti dell’epoca, dando l'avvio a una delle collezioni più grandi dell'epoca.

Ecco i padroni di casa, raffigurati da Gian Lorenzo Bernini:

Page 2: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

2

Nel 1766 Marcantonio IV Borghese (1730-1809) affidò i lavori di trasformazione ad Antonio Asprucci, che diede al complesso un’impronta di stile neoclassico. Una schiera di pittori lavorò per affrescare pareti e volte di tutte le sale. Nel nuovo allestimento Asprucci dispose i capolavori della scultura antica secondo un nuovo criterio espositivo, ponendoli al centro di ogni sala e raccordando l'intero tema decorativo al soggetto del gruppo scultoreo. Riservò il piano terra alle statue, mentre i dipinti furono sistemati nel piano superiore, secondo un concetto di ascesa che dalle sculture antiche si innalza a forme d’arte più sublimi, come la pittura.

Agli inizi del XIX secolo la villa venne ulteriormente ampliata da Camillo Borghese (1775/1832), figlio di Marcantonio con l'intervento dell'architetto Luigi Canina. A lui si devono i Propilei neoclassici (1827) su Piazzale Flaminio, realizzati su modelli dell'antica Grecia. Nel 1807 Camillo, marito di Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, fu costretto dal cognato a una vendita forzosa alla Francia.

Nel 1902 il principe Paolo vendette il parco con tutti gli edifici e le opere d’arte allo Stato italiano per 3.600.000 lire. Nel 1903 il parco fu ceduto al Comune di Roma, mentre la Palazzina e le opere d’arte rimasero al demanio statale.

La villa: descrizione

La leggerezza della struttura, articolata in due corpi aggettanti collegati da un portico, la luminosità della chiara facciata, s’inseriscono perfettamente nel contesto naturale, mentre i rilievi e le sculture antiche, che adornano l’esterno, riproducono la ricchezza delle opere contenute all’interno. L’accesso al portico avveniva tramite una scala a due rampe, che imitava quella di Michelangelo per il Palazzo Senatorio del Campidoglio. A fine ‘700 la scala fu smontata per cedimenti del terreno e sostituita da una scala a tronco di piramide. Nel recente restauro del 1994 la scala originale di Flaminio Ponzio è stata reintegrata con le sue esatte misure, come pure è stato ripristinato il colore marmoreo con specchiature più chiare di fondo. L’ordine dorico dei pilastri e le armoniche proporzioni sottolineano il carattere di un’architettura all’antica.

Page 3: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

3

La facciata della Villa nel 1963, con la scala a tronco di piramide

Percorso all’interno della Galleria

Superato il portico, dove sono esposti rilievi di età romana e il grande salone di ingresso, che celebra la gloria della civiltà romana, entriamo nella Sala detta “di Paolina”

Sala I- Paolina – la figura storica mitizzata

È dominata al centro da una delle sculture più celebri della collezione Borghese, la Statua-ritratto di Paolina Borghese Bonaparte nelle vesti di Venere vincitrice, opera di Antonio Canova (1757-1822).

Paolina Borghese (1805-1808) - Antonio Canova

La statua, capolavoro dello stile neoclassico, rappresenta Paolina Bonaparte, sorella di Napoleone, consorte del principe Camillo Borghese, distesa, a busto nudo, con i fianchi e le gambe avvolte in un panneggio, in forme levigatissime.

La nobildonna (Ajaccio, 1780 – Villa Fabbricotti, 1825), famosa per la sua bellezza e il suo fascino, amante della vita di corte, fu molto chiacchierata per aver posato nuda in questa occasione. Frivola, poco colta, era nota per la sua infedeltà: aveva

tradito più volte il suo primo marito, da cui era rimasta vedova; e anche come sposa del principe Borghese continuò ad avere amanti ufficiali e avventure occasionali. Camillo era spesso assente e consentiva alla moglie di condurre la vita che più le piaceva, immersa nello sfarzo e nella vanità. Molto legata al fratello, Paolina lo seguì nel suo esilio all’isola d’Elba, e avrebbe voluto seguirlo anche a Sant’Elena, ma le fu proibito.

Page 4: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

4

La statua fu per qualche tempo esposta al pubblico ma poi il principe, geloso, vietò le visite. Il pomo che Paolina regge nella mano sinistra ricorda quello della Venere Vincitrice del giudizio di Paride. Ad opera finita, Canova passò sul corpo nudo di Paolina un impasto di cera rosata e polvere di marmo, col quale ottenne un effetto di morbidezza e calore. Il supporto ligneo, drappeggiato all’esterno, ospita un meccanismo che faceva ruotare la scultura. S’inverte così il ruolo tra opera e fruitore: è la scultura a essere in movimento, mentre l'osservator, fermo, coglie la scultura da tutti i lati.

Questo ritratto senza veli di una persona di rango fu un fatto eccezionale per l'epoca, anche se la persona nell’opera subisce una metamorfosi, da personaggio storico diventa divinità antica, raffigurata in un atteggiamento di classica quiete e nobile semplicità, secondo i dettami del neoclassicismo.

Sala III - Apollo e Dafne

La donna oggetto del desiderio maschile: rapimenti e stupri nel mito

Capra Amaltea, Gruppo con Enea, Anchise e Ascanio, Ratto di Proserpina, David, Apollo e Dafne, Busti di Scipione Borghese, La Verità, Busto di Paolo V: queste le opere di G. L. Bernini ospitate nella Galleria. Domina la sala III il gruppo di Apollo e Dafne

Apollo e Dafne (1622-25) - Gian Lorenzo Bernini

La scena ritrae l’episodio tratto da Le Metamorfosi di Ovidio e sembra tradurre i versi nel marmo.

Dafne, figlia e sacerdotessa di Gea, la Madre Terra, e del fiume Peneo, era una giovane ninfa che viveva serena passando il suo tempo nella quiete dei boschi dedicandosi alla caccia; ma la sua vita fu stravolta dal capriccio di due divinità: Apollo ed Eros. Racconta infatti la leggenda che un giorno Apollo, fiero di avere ucciso il gigantesco serpente Pitone alla tenera età di quattro giorni, incontra Eros, intento a forgiare un nuovo arco, e si burlò di lui, del fatto che non avesse mai compiuto delle azioni degne di gloria. Il dio dell’amore, ferito dalle parole di Apollo, si vendicò: costruì due frecce, una dorata, destinata a far nascere la passione, che scagliò nel cuore di Apollo, l’altra di piombo, destinata a respingere l'amore, che lanciò nel cuore di Dafne. Da quel giorno Apollo iniziò a vagare disperatamente per i boschi alla ricerca della ninfa; quando infine riuscì a trovarla, Dafne, impaurita, scappò. Accortasi però che la sua corsa era vana, in quanto Apollo la incalzava sempre più da vicino, invocò la Madre Terra di aiutarla e questa, impietosita dalle richieste della figlia, iniziò a trasformare il suo corpo in un albero di alloro: i suoi capelli e le sue braccia diventarono rami; il suo corpo sinuoso si ricoprì di ruvida corteccia; i suoi piedi si tramutarono in robuste radici. Il dio, disperato, proclamò a gran voce che la pianta dell'alloro sarebbe stata sacra al suo culto e segno di gloria da porsi sul capo dei vincitori. Il nome Dafne significa infatti "lauro", alloro.

L'epica è piena di miti che riguardano le divinità e i loro amori difficili. In realtà il vero messaggio afferma che è inutile tentare di conquistare l'essere amato, se questi non ricambia

Page 5: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

5

gli stessi sentimenti: la sua scelta va rispettata, qualunque sia, e non bisogna usare violenza. Dafne è modello di virtù, intesa come donna che difende l'onore che Apollo vorrebbe intaccare; è donna vittima del desiderio accanito e possessivo di Apollo, dio-uomo, teso a soddisfare la sua passione, senza tenere in considerazione la volontà di lei, fino a rovinarle definitivamente la vita.

L'opera marmorea in scala naturale, iniziata dal Bernini a ventiquattro anni, presenta Apollo in corsa che tenta di afferrare la ninfa in fuga, in un crescendo della sua metamorfosi: la corteccia avvolge gran parte del corpo, ma la mano di Apollo, secondo i versi di Ovidio, sotto il legno sente ancora il battito del cuore. I due bellissimi corpi giovanili si dispongono secondo una falcata che segue una linea aperta, che va dai piedi quasi in volo di Apollo alle braccia levate in alto da Dafne, e la loro pelle levigata, diafana contrasta con il ruvido e lo scabro dell’elemento vegetale.

La presenza di tale favola pagana nella casa del cardinale fu giustificata con un distico morale composto in latino dal cardinale Maffeo Barberini (futuro Papa Urbano VIII) e inciso nel cartiglio della base, che dice: chi ama seguire le fuggenti forme dei divertimenti, alla fine si trova foglie e bacche amare nella mano.

Il tema delle Metamorfosi nella sala è valorizzato anche in due dipinti di Dosso Dossi: la Maga Circe, che tramuta esseri umani in scimmie, 1530, e Apollo che suona dopo aver perso Dafne, 1524.

Sala IV – Ratto di Proserpina

I dipinti della volta sono ispirati alle vicende della ninfa Galatea, narrate da Ovidio nelle Metamorfosi. Al centro si colloca Il trionfo di Galatea, figlia di Nereo, desiderata dal ciclope Polifemo, ma innamorata del pastore Aci. Nei due ovali laterali sono rappresentati “la gelosia di Polifemo”, che scaglia un sasso per uccidere Aci, e “l’addio di Galatea ad Aci”, trasformato in fonte.

Al centro della sala è Il Ratto di Proserpina (1621-22) di Gian Lorenzo Bernini

Il grande gruppo marmoreo raffigura Plutone, potente dio e re degli Inferi che rapisce Proserpina, figlia di Cerere. La madre, intercedendo presso Giove, ottenne il permesso di far tornare per metà dell'anno la figlia sulla terra, per poi passare l'altra metà nel regno di Plutone: così ogni anno in primavera la terra si copre di fiori per accoglierla. In questo gruppo lo scultore sviluppa il tema della torsione elicoidale dei corpi, contrapponendo il moto delle figure (la mano di Proserpina spingendo arriccia la pelle del viso di Plutone, che a sua volta, afferrando la preda, affonda le dita nelle sue carni). Il gruppo, visto da un lato, rappresenta Plutone che stringe al volo la presa; visto di fronte, il vincitore trionfa fermo con il trofeo in braccio; visto dall’altro lato si scorge il volto rigato di lacrime di Proserpina. Momenti successivi della storia quindi sono sintetizzati in un'unica immagine.

È innegabile l’aria di cupidigia sul volto di Plutone e la disperazione sul volto di Proserpina. Anche nel mito rapimenti e stupri vedono la donna vittima!

Page 6: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

6

Sala VI – La Verità

Al centro della sala è collocato il gruppo berniniano di Enea, che fugge dall’incendio di Troia, salvando il vecchio padre Anchise, nelle cui mani sono custoditi i Penati, e il figlio Ascanio che porta il sacro fuoco della casa.

La Verità è un’opera allegorica realizzata intorno al 1647-1648 dal Bernini per se stesso.

La verità svelata dal Tempo (1645-52) - Gian Lorenzo Bernini

É stata scolpita in un periodo in cui l’artista era caduto in difficoltà presso la corte papale, per le accuse infondate mossegli dagli avversari riguardo al suo intervento nella basilica di San Pietro.

La Verità, svelata dal Tempo, stringe con la mano destra il disco solare, emblema della luce della Ragione. È tradizionalmente rappresentata nuda, perché va "svelata" o rivelata (“nuda veritas”). Ed è il Tempo che la svela, cioè a lungo andare la Verità necessariamente si scopre, e viene a galla. Collocata sopra uno scoglio, è in atto di sorridere. Questo nudo, sinuoso e opulento, richiama le floride Veneri del Rubens, ma fa riferimento anche a Michelangelo per il voluto contrasto tra parti levigatissime e parti incompiute.

Sala VIII – una Madonna scollacciata

L’ultima sala del pianterreno è nota per la consistente presenza di opere di Caravaggio (Milano 1571 - Porto Ercole, Grosseto 1610). Sono esposti, infatti, sei dipinti del maestro lombardo: Giovane con canestra di frutta, Autoritratto in veste di Bacco o Bacchino malato, San Girolamo, Madonna dei Palafrenieri, San Giovanni Battista e David con la testa di Golia.

Ci soffermiamo su La Madonna dei Palafrenieri (1605-1606). Il dipinto fu commissionato dalla Confraternita dei Palafrenieri per il proprio altare nella basilica di San Pietro, ma fu rimossa per motivi di decoro e acquistata dal cardinale Borghese per una cifra irrisoria. Caravaggio dipinge un Bambino troppo cresciuto per essere ritratto completamente nudo, e una Vergine troppo scollacciata; inoltre si dice che la modella scelta per quest'ultima fosse Lena, una nota prostituta. La Vergine è raffigurata mentre schiaccia il serpente del Peccato, aiutata dal Figlio. Accanto a loro, ma in posizione più distaccata, compare Sant'Anna.

Page 7: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

7

Piano Primo – Pinacoteca

Sala IX – una beltà verginale

Appartengono all’attività giovanile di Raffaello (Urbino 1483- Roma1520) la celebre Deposizione, nota anche come Pala Baglioni, la Dama col liocorno e il Ritratto d’uomo.

Dama con liocorno (1505-1507) - Raffaello Sanzio

Risale al periodo fiorentino di Raffaello, prima del trasferimento a Roma. Rappresenta una fanciulla fiorentina, vestita di un prezioso abito alla moda dei primi anni del Cinquecento, con le ampie maniche di velluto rosso e il corpetto di seta. Probabilmente è un ritratto fatto in occasione del matrimonio, per la presenza di simboli coniugali: la collana d'oro annodata al collo poteva rappresentare il vincolo matrimoniale, e l’unicorno che giace in grembo alla donna, animale fantastico tratto dalla letteratura medievale, potrebbe essere un attributo simbolico della verginità.

Sala X – Danae e il piacere

Dai maestri fiorentini del primo ‘500 si passa in questa sala alle scuole del Nord Italia, Parma, Bologna, Brescia, Ferrara, Genova. Sono esposte a confronto due Veneri, una di Cranach, (pittore rinascimentale tedesco), del 1531: coperta da un sottilissimo e trasparente velo, guarda l’osservatore, mentre dei versi scritti in alto ricordano che il piacere è accompagnato dal dolore, come capita al piccolo Cupido che assaggia il miele del favo, pizzicato dalle api; e l’altra del Brescianino, del 1525, che si contempla nello specchio di una conchiglia, attorniata da due Cupidi.

Page 8: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

8

Vero e proprio gioiello della sala è la Danae del Correggio (1489-1534).

Danae (1530/1) - Correggio (Antonio Allegri) (Correggio, Reggio Emilia 1489-1534)

L'opera raffigura l'istante in cui Danae si congiunge a Giove, trasformato in pioggia d'oro, aiutata da Amore. Dalla loro unione nascerà Perseo.

Fa parte della serie degli Amori di Giove (insieme alla Leda, Il Ratto di Ganimede e Giove e Io) che Correggio dipinse per Federico II Gonzaga allo scopo di farne dono a Carlo V in occasione della sua incoronazione a Bologna nel 1530. La scena è ambientata in

un interno domestico, l'atmosfera è intima e serena; due amorini, indifferenti all'evento miracoloso che ha luogo alle loro spalle, in primo piano, testano su una pietra di paragone il metallo della punta della freccia amorosa. L’opera colpisce per l’atmosfera sensuale, accentuata anche dal delicato colorito.

Sala XII – Leda

La sala delle Baccanti, chiamata così per l’affresco nella volta, ospita pittori del primo ‘500 di area leonardesca. La Leda, creduta fino alla fine dell’800 opera di Leonardo, probabilmente è un rimaneggiamento di un allievo su un dipinto incompiuto di Leonardo. Leda, su uno sfondo di paesaggio leonardesco, è abbracciata al cigno-Giove.

Come quello di Danae, è un altro accoppiamento del lussurioso Giove, che, pur di accoppiarsi con belle mortali, non esita a sottoporsi alle più svariate trasformazioni, col beneplacito, a quanto pare, delle prescelte.

Sala XIX –La caccia di Diana

La sala di Elena e Paride si ispira nella decorazione della volta all’Iliade, al centro della volta è la Morte di Paride.

La caccia di Diana (1616/17) - Domenichino (Domenico Zampieri) (Bologna 1581 – Napoli 1641)

Con spregiudicata fantasia narrativa, l’artista rielabora i celebri Baccanali tizianeschi. Diana guida una gara con l’arco, intorno a lei si distribuiscono in un gruppo articolato le vergini. Perni della composizione sono le due ninfe in primo piano: una delle due rivolge lo sguardo verso lo spettatore invitandolo a violare l’apparizione della

Page 9: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

9

divinità. L’altra addita un levriero che si lancia verso i profanatori dell’apparizione.

Sala XX – Amori a confronto

La sala, decorata nella volta con tele raffiguranti i momenti salienti della favola di Amore e Psiche, ospita quattro tele di Tiziano (Pieve di Cadore, Belluno, 1480/85 - Venezia 1576): Amor Sacro e Amor Profano, San Domenico, Cristo alla colonna e Venere che benda Amore.

Amor Sacro e Amor Profano (1514)- Tiziano

Capolavoro di Tiziano venticinquenne. Lo stemma sulla fronte del sarcofago riconduce l'opera alle nozze della figlia di un noto giurista padovano con un veneziano della famiglia degli Aureli, celebrate nel 1514. La donna seduta indossa in effetti tutti gli ornamenti abituali di una sposa: l'abito candido, i guanti, la cintura e la corona di mirto, simbolo di amore coniugale; ancora il bacile poggiato sul sarcofago allude a quello utilizzato dopo il parto, e la coppia di conigli sullo sfondo sono un augurio di fecondità. Ad assistere la sposa è Venere in persona. Ma questa è solo una delle interpretazioni. In verità il soggetto si presta a molteplici livelli di lettura. La donna nuda con in mano la fiamma ardente dell’amore di Dio potrebbe essere la Venere Celeste, immagine della bellezza spirituale, e quella riccamente vestita, col vaso di gioie, la Venere Volgare, la felicità terrena. Il titolo invece rivela una lettura in chiave moralistica del tardo ‘700 della donna svestita, intesa come la passione, l’amore carnale, e della donna vestita come l’amore casto e puro. I colori che caratterizzano le due donne, rosso per la prima e bianco argenteo per la seconda, hanno certamente favorito questa lettura.

L’opera, comunque la si voglia interpretare, realizza una perfetta armonia di opposti: il bianco e il rosso, la donna nuda e la donna vestita, l’alba e il crepuscolo sullo sfondo, la morte, simboleggiata dal sarcofago e la vita, simboleggiata dall’acqua, in esso contenuta, che Cupido sta rimescolando.

Page 10: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

10

LE ARTISTE PRESENTI NELLA COLLEZIONE DI GALLERIA BORGHESE

Sono solo tre le artiste presenti in galleria, e delle loro opere alcune non sono esposte, ma si trovano nei Depositi

Fede Galizia - “Giuditta con la testa di Oloferne” (1601)

Avendo iniziata la sua attività nella bottega del padre, miniaturista e costumista, creatore di abiti per feste e per opere teatrali, la pittrice è più attenta alla cura delle vesti e dei gioielli che non alla resa drammatica della scena, che pure è tanta, avendo l’eroina biblica da poco recisa la testa del nemico Oloferne. Esistono 4 versioni dello stesso soggetto di mano dell’autrice, gli altri tre sono nel museo americano di Sarasota, nella Galleria Sabauda di Torino e in una collezione privata milanese. E in tutte mostra una sbrigliata fantasia nel creare stoffe e gioie: ogni singola immagine "prova" un diverso modello di sartoria e una diversa acconciatura. La Giuditta della Galleria Borghese è la seconda versione, autografa, del tema. Rispetto alla versione americana la Giuditta Borghese volge lo sguardo a sinistra, anziché verso lo spettatore, che è quindi meno coinvolto.

FEDE GALIZIA (Milano/Trento, 1574/78 – Milano, 1630)

Sono ancora incerti anno e luogo di nascita. Figlia del pittore miniaturista, Nunzio Galizia, iniziò a dipingere già all'età di 12 anni. La pratica incisoria e quella miniaturistica, apprese dal padre, influenzarono la sua arte. Non appartenne ad alcuna scuola, ma nella sua cultura autodidatta si avvertono gli echi della grande tradizione lombarda, di carattere naturalistico. Morì di peste.

Fra le sue opere si contano molti ritratti, scene religiose e pale d'altare, ma è famosa per le sue nature morte: se ne conoscono una dozzina. Hanno un'impostazione seriale: un piano d'appoggio, frontale, inquadrato da vicino, con frutti e fiori - pesche, pere e gelsomini, per lo più - trattati con un gusto geometrico della forma. Spesso, accanto ai frutti, figurano animali vivi o morti, per lo più uccelli. Nature morte "attente, ma come contristate”, le definì il Longhi.

Lavinia Fontana - “Il sonno di Gesù” (1591)

E’ una delicata rappresentazione della Sacra Famiglia: vi compare anche Sant’Elisabetta, che regge san Giovannino, il quale, con l’indice sulla bocca, ci invita al silenzio per non disturbare il sonno del Bambino Gesù. La Vergine e San Giuseppe, da amorevoli genitori, vegliano sul figlioletto che dorme.

E’ proprio la sensibilità femminile che suggerisce a Lavinia una versione così intima e familiare di un tema più che abusato in arte.

Page 11: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

11

Lavinia Fontana – Ritratto di giovane

È il ritratto di un giovane, di cui non si conosce l’identità. Colpisce l’espressività e l’intensità dello sguardo; il giovane gira la testa, come colto all’improvviso, in una posa vivace e spontanea.

Lavinia Fontana - “Minerva nell’atto di abbigliarsi” (1613)

E’ l’ultima opera della pittrice bolognese e fu eseguita per il cardinale Scipione Borghese. La dea, nuda, dal fisico longilineo, è rappresentata in piedi, di profilo, in atto di abbigliarsi, mentre un puttino le porge l’elmo, suo inconfondibile attributo iconografico. Il colore caldo dell’incarnato contribuisce a delineare le forme rendendole sensuali.

.

LAVINIA FONTANA (Bologna 1552 – Roma 1614)

Figlia del pittore Prospero Fontana, manierista bolognese, venne avviata alla pittura dal padre nella sua bottega, dove conobbe grandi artisti come i Carracci e Giambologna, eruditi e committenti. Nella sua arte confluiscono influenze raffaellesche e michelangiolesche, soprattutto dopo il suo trasferimento a Roma, ma anche ascendenze fiamminghe, specialmente nei paesaggi. Il suo spiccato interesse verso la natura si mescola a un colore morbido e sensuale. Le sue prime opere sono ritratti, nei quali penetra, attraverso la fedeltà fisionomica, la psicologia dei personaggi; negli autoritratti l’immagine di una donna onesta e onorata, moglie e madre, istruita alla luce del sapere umanistico, che si dedica alla pittura, alla musica e alla lettura, segue i dettami del Cortegiano del Castiglione. Si cimentò anche in pale d’altare e soggetti mitologici.

Lavinia si sposò a 25 anni, ma alla condizione di poter continuare a dipingere anche da sposata; il marito, anch’egli pittore ma poco dotato, abbandonò la sua carriera per supportare la moglie diventandone l’assistente. Nonostante l’impegno del lavoro, ebbe ben 11 figli, di cui solo tre sopravvissero. Tra il 1603 e 1604 si trasferì a Roma, dove lavorò per le famiglie Boncompagni, Borghese e Barberini ed ebbe la protezione del papa Gregorio XIII (Ugo Boncompagni) che la nominò Pontificia Pittrice. Colta da una crisi mistica, si ritirò in convento insieme al marito nel 1613, un anno prima di morire.

Page 12: Percorso di genere alla Galleria Borghese - Romaformazione.toponomasticafemminile.com/pluginfile.php/10718... · 1 Percorso di genere alla Galleria Borghese - Roma Da Paolina attraverso

12

Elisabetta Sirani – Lucrezia

E’ rappresentata l’eroina romana Lucrezia, moglie di Lucio Tarquinio Collatino. La donna, famosa per la sua bellezza e le sue virtù, secondo un racconto di Tito Livio, durante l’assedio della città di Ardea, fu stuprata dal figlio del re etrusco, Tarquinio il Superbo. Non potendo sopportare la vergogna, si uccise con un pugnale.

Lucrezia è stato un soggetto molto diffuso nell’arte tra ‘500 e ‘600, come simbolo di forza, valore e fedeltà. Qui è ritratta a torso nudo, con lo sguardo rivolto in alto, in una posa nobile e un atteggiamento di rassegnazione.

ELISABETTA SIRANI (Bologna, 1638 – Bologna, 1665)

Anche lei era figlia di un pittore, Giovanni Andrea Sirani, affermato pittore bolognese, primo assistente di Guido Reni. Elisabetta studiò con le due sorelle alla scuola paterna, dove si distinse subito per il suo talento, realizzando alcuni ritratti già all'età di diciassette anni.

Nonostante la morte prematura, a 27 anni, ha lasciato circa 200 opere; era nota per la velocità del suo pennello: tratteggiava i soggetti con schizzi veloci e quindi li perfezionava con l'acquarello; era specializzata in rappresentazioni sacre (in particolare Madonne) o di natura allegorica, nonché nei ritratti di eroine bibliche o letterarie. Realizzò anche apprezzate incisioni all'acquaforte ricavate in genere dai suoi quadri. Maturò progressivamente uno stile proprio, più naturalistico e realistico.

In un ambiente dove il predominio maschile mal tollerava "l'intrusione" di protagoniste femminili, Elisabetta eseguì in pubblico una parte delle proprie opere, per allontanare qualsiasi sospetto sull’autenticità delle sue opere. Fece parte di quel movimento pittorico barocco noto come scuola bolognese; e Bologna fu anche una prolifica officina di artiste donne, che poterono esprimersi anche grazie alla protezione loro accordata dai rispettivi padri, come fu appunto anche per Lavinia Fontana, figlia di Prospero.

Oscure le circostanze della sua morte: Ginevra Cantofoli, una sua discepola, fu sospettata di aver avvelenato la maestra per un'esasperata gelosia d'amore. In verità anche il padre, forse per invidia nei confronti della figlia, fu visto come responsabile della morte di Elisabetta. Nessuno dei tre indagati, compresa una domestica, fu però accusato formalmente e la pittrice fu dichiarata morta a causa di una peritonite.