peccati di una gentildonna

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Page 1: PECCATI DI UNA GENTILDONNA
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Dedica

Quando un'incantevole donna si umilia fino alla follia Quando troppo tardi scopre che gli uomini sanno tradire

Quale incantesimo può placare la sua malinconia Quale arte può cancellare il suo senso di colpa?

Oliver Goldsmith

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Prologo

Luglio 1786 Fu il rumore delle pietre contro il vetro della finestra a svegliarla, come pioggia pesante in un giorno d'inverno. Restò immobile per un momento, ancora inghiottita dal sonno, poi il rumore tornò di nuovo, acuto come un col-po di fucile. Allora aprì gli occhi e fissò le ombre sul soffitto. I primi raggi dell'alba filtravano nella camera da letto, affievolendo la luce della candela. La porta di comunicazione era aperta e nella camera accanto Miss Snook, la sua istitutrice, russava. Un terzo lancio di pietre la fece correre verso la fine-stra, scostare le pesanti cortine e sollevare il pannello di vetro. Il cielo, di un azzurro delicato, lasciava presagire una splendida mattina, il sole sorgeva sui prati, avvolto da nastri dorati. «Padre!» Lui era fermo sulla ghiaia. Mentre la guardava, la-sciava che il resto delle pietre gli scivolasse tra le dita, poi sollevò la mano in un gesto di saluto. «Lottie! Scendi!» Il suo era un sussurro, che le arrivò portato dalla brezza. Lottie lanciò uno sguardo dubbio-so alla porta di comunicazione, ma Miss Snook russava più forte che mai. Allora, a piedi nudi, percorse in fretta il corridoio, scese le scale rivestite da un tappeto con-

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sunto, grigio alla pallida luce dell'alba, poi calpestò il pavimento di pietra e arrivò al portone. La casa era an-cora immersa in quella particolare quiete del primo mattino che precede l'inizio di un nuovo giorno. Tutti dormivano. Lui la incontrò sui gradini, si inginocchiò per pren-derla fra le braccia e Lottie capì subito che quella notte non era tornato a casa, poiché sapeva di fumo e birra. L'odore gli aleggiava ancora nei capelli, sui vestiti, e la guancia che le premeva contro il viso era ruvida di bar-ba. Sotto il fumo e la birra, però, si sentiva il familiare profumo della sua colonia al sandalo. Un profumo che Lottie aveva sempre amato. Lui la tenne stretta, sussurrandole all'orecchio: «Sto per partire, Lottie. Sono qui per salutarti». Quelle parole, l'urgenza con la quale vennero pronun-ciate, le raggelarono il sangue nelle vene e il freddo salì dai piedi nudi ad avvolgerle tutto il corpo, facendola rabbrividire. Si ritrasse e lo guardò. «Via? E la mamma lo sa?» gli chiese, vedendo un'ombra attraversargli gli occhi scuri, così simili ai suoi. Poi lui le sorrise e per un momento fu come se il sole fosse uscito dalle nuvole, anche se, per chissà quale ragione, la paura non l'abban-donò. «No» rispose lui. «Questo è il nostro segreto, tesoro. Non dire a nessuno che mi hai visto.» Poi si raddrizzò. «Tornerò a prenderti, Lottie. Lo prometto.» Le toccò la guancia e aggiunse: «Fa' la brava». L'orologio della chiesa batteva le quattro e mezzo quando lui si allontanò lungo il viale. Lottie restò ad a-scoltare i rintocchi che si mescolavano allo scricchiolio della ghiaia sotto i passi di suo padre fino a quando la sua alta figura non svoltò nel vicolo alla fine del viale, scomparendo nella bruma mattutina. Avrebbe voluto corrergli dietro, afferrarlo per la giacca e implorarlo di

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tornare. Era terrorizzata. Il cuore le batteva nel petto come quando correva, le lacrime le pungevano gli oc-chi. Il sole stava sorgendo oltre le colline ora, luminoso e grosso, illuminando di luce dorata la bruma, ma lei aveva freddo. Lottie Palliser aveva soltanto sei anni, ma quel giorno la sua vita finiva per la prima volta.

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Londra, luglio 1813 «Quello è il quinto gentiluomo che questa settimana ri-vuole indietro i suoi soldi.» Mrs. Tong, mezzana del Tempio di Venere, entrò nell'opulento boudoir con un rabbioso frusciare di sottane di seta. «Cento ghinee, mi è costato!» sibilò, mettendosi le mani sui fianchi e fis-sando con profonda esasperazione la donna seduta al ta-volo da toletta. «Voi dovreste essere un investimento, signora!» Il suo accento raffinato andava scomparendo per effetto della collera. «Vi avevo assunta come novi-tà, come un'attrazione. La dama più famosa di Londra! Non mi aspettavo certo una vergine ritrosa.» Sollevò le mani. «Lui ha detto che siete stata così fredda da ren-derlo impotente e invece dovreste essere dissoluta, comportarvi in modo scandaloso! Se Lord Borrodale avesse voluto un blocco di ghiaccio nel letto, se ne sa-rebbe rimasto a casa con la moglie!» Lottie Cummings subì in silenzio quella tirata, pre-mendo forte le mani l'una contro l'altra per impedire che tremassero. Nel corso della settimana passata sotto il tetto di Mrs. Tong, aveva imparato che la tenutaria della casa di appuntamenti andava soggetta a simili scoppi d'ira quando le sue ragazze la irritavano e che cosa poteva esserci di più seccante di un cliente insod-

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disfatto che esigeva di venir rimborsato? Il denaro era la linfa vitale di Mrs. Tong; non c'era da stupirsi che fosse furiosa. Lottie odiava quel posto, detestava quel lavoro con una violenza che l'assaliva dal momento in cui si sve-gliava, al mattino, fino a quando cercava di sfuggire da quell'incubo con il sonno. Non aveva mai immaginato che la vita di una cortigiana fosse così. Si era creduta tanto sofisticata, esperta... Aveva persino pensato – che Dio l'aiutasse! – di potersi abituare a quel certo mondo come una professionista. Dopotutto che difficoltà pote-vano esserci? Lei era una donna con una certa sicurez-za, conosceva bene il mondo. Un tempo si era anche ri-tenuta piuttosto talentuosa nell'arte amatoria. Prima di vedere con i suoi occhi la realtà dell'esistenza di una cortigiana, aveva anche creduto di poter prendere il de-naro dei clienti e divertirsi, godendosi le loro attenzio-ni. La sua spavalderia era andata in frantumi. La sua si-cumera era scomparsa, l'aveva tradita. La verità era che non sapeva niente di certe cose. Niente dell'umiliazione di sentir parlare di lei come se non fosse presente, di venir criticata, giudicata, scar-tata come un pezzo di carne. Né del disprezzo con cui la trattavano clienti che, dal momento che pagavano, potevano comportarsi come meglio credevano. Né, se voleva essere brutalmente sincera con se stessa, della profonda repulsione che le ispiravano certi uomini. Pri-ma di allora aveva dormito solo con gentiluomini affa-scinanti e non lo aveva trovato affatto difficile. Si era scelta i suoi amanti. Adesso erano loro a scegliere lei. No, era intollerabile. Era certa che, se fosse rimasta un minuto di più in quella casa, sarebbe impazzita. Già, ma dove poteva andare? Da nessuna parte. La sua famiglia l'aveva cacciata, i

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suoi amici l'avevano ripudiata. Non era qualificata per nessun lavoro e inoltre era troppo famosa perché gliene venisse offerto uno. In più, doveva a Mrs. Tong una considerevole somma di denaro: c'era la cauzione ver-sata a garanzia della sua salute e poi il denaro speso per abbigliarla come una sgualdrina. Lottie era intrappolata in una rete di debiti tessuta apposta per impedirle di fuggire. Si guardò intorno nel boudoir, con le sedie dorate a forma di conchiglia e il letto con i drappeggi color por-pora. Tutti i colori erano chiassosi e del tutto privi di gusto. Lottie avrebbe odiato quell'ambiente anche solo per la sua volgare pretesa di eleganza, se non lo avesse già detestato perché era lo specchio di ciò che era di-ventata. «Io non vi capisco.» Mrs. Tong sedette pesantemente sul letto color porpora. Il materasso emise un sospiro. «La gente diceva che vi concedevate a tutti, quando e-ravate sposata» continuò la mezzana in tono aspro, «e adesso che siete pagata per farlo vi atteggiata a inno-cente oltraggiata.» Lottie serrò le labbra per impedirsi di pronunciare le parole di protesta che aveva sulla punta della lingua. Non poteva permettersi di opporsi a Mrs. Tong, se non voleva ritrovarsi sulla strada. Quella era la sua realtà at-tuale. Vendersi... o morire di fame. E non poteva essere troppo schizzinosa riguardo all'acquirente. Si mise a giocherellare con i vasetti sul tavolo da to-letta, con le creme per la pelle alla rosa e alla lavanda, dal profumo così intenso che le facevano sempre venire voglia di starnutire, con i vistosi belletti e cosmetici che avrebbero dovuto esaltare la sua bellezza, ma che a dire il vero le conferivano un aspetto da cortigiana fin trop-po evidente. A un tratto l'assalì l'impulso di abbassare con violenza la mano sul tavolo da toletta e spazzare

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via tutto quanto, come se in quel modo avesse potuto cancellare la propria attuale condizione. «Lo trovo difficile» si limitò invece a replicare. «Tut-to qui.» Il volto di Mrs. Tong si contrasse in una smorfia di a-perta disapprovazione. «Dio solo sa perché! Quanti uo-mini avete avuto?» «Non così tanti.» Non quanti dicevano le malelingue, almeno. Mrs. Tong sospirò. Per un brevissimo istante nei suoi occhi brillò una luce più dolce, forse il ricordo di ciò che era stata un tempo, prima di mercanteggiare sui corpi di altre donne per far fortuna. «Dovreste ragionare, tornare in voi» dichiarò con brusca comprensione, «o vi ritroverete a vendervi per pochi scellini fuori dai teatri, e nemmeno questo si con-verrebbe a Vostra Signoria. Se non altro qui avete un tetto sulla testa.» Il suo sguardo cinico percorse rapida-mente Lottie. «Non state certo ringiovanendo, non è co-sì? E cos'altro potreste fare, ora che siete divorziata e disonorata?» «Niente» rispose Lottie. «Niente» ripeté piano. Dio solo sapeva quanto ci avesse riflettuto, quanto dispera-tamente avesse cercato un'alternativa. Tutte le porte pe-rò erano chiuse per lei, tutte le attività rispettabili si era-no rivelate impossibili. Un tempo, lavorare per vivere le era parso ridicolo, qualcosa che altri, meno fortunati di lei, facevano. Pareva che la sua unica possibilità fosse guadagnarsi da vivere giacendo su un letto. «Cercherò di impegnarmi di più» promise, sforzan-dosi di apparire tranquilla. Non voleva che Mrs. Tong percepisse la sua disperazione, non aveva intenzione di dare a quella donna un potere ancora maggiore. «Vedete di farlo davvero.» La tenutaria si alzò. «Ci sarà un ricevimento domani sera... Vi parteciperanno

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alcune delle mie ragazze e i miei clienti più seleziona-ti.» I suoi occhi si fissarono in quelli di Lottie. «Mi a-spetto che facciate bene la vostra parte.» Lei sentì un'ondata di nausea e orrore colmarle la go-la, ma deglutì con forza e annuì. Non vomiterò. Non lo farò. Qualcuno bussò alla porta e Betsy, una delle altre ra-gazze, piccola, scura e rotondetta, mise la testa nella stanza. «Vi chiedo scusa, Mrs. Tong, ma è arrivato il prossi-mo cliente di Lottie.» «Ah!» La mezzana sorrise compiaciuta. «Bene...» proseguì, lanciando a Lottie un'occhiata penetrante. «Questo, almeno, vedete di mandarlo via soddisfatto.» La porta si spalancò. Fuori, sul pianerottolo rivestito da un tappeto rosso e oro, Lottie vide un uomo in atte-sa. Indossava una giacca verde e aveva un'espressione lascivamente eccitata sul volto. John Hagan. Era una conoscenza della sua precedente vita, un tipo che aveva sempre cercato di possederla e che adesso era disposto a pagare per realizzare la sua fantasia. Lottie non pote-va rifiutarlo, ma il panico le afferrò il petto, togliendole il respiro. «Io non posso...» Mrs. Tong si girò verso di lei, fulminea come un ser-pente che colpisce la preda. «Allora potete andarvene subito.» Un senso di disperazione la inondò, schiacciandola, privandola di ogni volontà. Tante volte negli ultimi me-si l'aveva sfiorata, ma lei non vi si era mai arresa. Dap-prima, quando Gregory le aveva detto che voleva il di-vorzio, aveva creduto a un terribile errore. Poi lui l'ave-va mandata via, rifiutandosi di rivederla; con agghiac-ciante rudezza le aveva rispedito le sue lettere senza a-prirle e Lottie aveva finalmente capito che sì, c'era stato un terribile errore. Ed era stata lei a commetterlo. Ave-

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va tradito il tacito accordo che esisteva tra loro, era di-ventata troppo sfacciata, dimenticando ogni discrezio-ne. La stampa aveva cominciato a riferire delle sue im-prese e suo marito era diventato lo zimbello del bel mondo. Aveva leso la reputazione di Gregory troppo a-pertamente per poter essere perdonata. Quindi era stata punita. Aveva scritto ai suoi familiari, ma loro si erano rifiu-tati di aiutarla. Gli amici poi, a quanto pareva non erano stati affatto tali, poiché l'avevano rinnegata. Le sole due persone che avrebbero potuto aiutarla si trovavano all'e-stero, irraggiungibili. Gregory aveva pagato profumata-mente perché il caso si risolvesse in fretta nei tribunali e il giorno stesso in cui il divorzio era stato concesso, le aveva fatto notificare l'avviso di lasciare la sua casa. Così si era ritrovata priva di mezzi, mentre durante tutto il doloroso procedimento di divorzio non aveva creduto possibile che una cosa simile potesse davvero accadere. Ebbene, finalmente adesso ci credeva, ora sapeva di essere rovinata. Hagan si avvicinò, il petto in fuori, il passo sicuro, quindi Mrs. Tong, tutta sorrisi e inchini, lo introdusse nella stanza. Lottie afferrò i lembi del négligé, chiuden-doseli sulla gola. «Mia cara Lottie, è un vero piacere rivedervi...» Ha-gan era quasi nauseante nel suo trionfo, si inchinava sulla mano di Lottie ostentando un atteggiamento da gentiluomo, proprio lui, l'ipocrita che l'aveva guardata sprofondare nel fango senza alzare un dito per aiutarla e che adesso intendeva approfittare della situazione. I suoi occhi percorsero la vestaglia trasparente che l'av-volgeva, indugiando sulla curva dei seni e scendendo ancora più in basso. Lottie aveva la bocca asciutta, il cuore le batteva così forte nel petto da farla tremare. Chinò la testa e si mise a fissare il disegno del tappeto.

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«Cento ghinee» La voce di Mrs. Tong la raggiunse, poi vide la mezzana protendere la mano, in attesa del denaro. «Mia cara Mrs. Tong...» iniziò Hagan con tono do-lente, «... ho sentito dire che la nostra sgualdrinella, qui...» Di colpo una profonda malevolenza tinse la sua voce, «può rivelarsi alquanto deludente. Perciò pagherò dopo, non prima. E soltanto se sarò soddisfatto.» La donna esitò. Attraverso il sottile tessuto della ve-staglia, Lottie sentiva il calore del palmo che Hagan le aveva posato su una spalla. Un brivido l'attraversò. Quando si era trovata davanti alla scelta tra morire di fame o vendere l'ultima merce che le era rimasta, non a-veva esitato. Era stata una sua scelta, se pure si poteva definire tale una decisione alla quale non esistevano al-ternative. Aveva venduto il proprio corpo per sopravvi-vere e avrebbe dovuto farlo ancora, fino a quando non sarebbe stata talmente vecchia e sfinita che nessuno l'a-vrebbe più desiderata. Oh, non ci sarebbe voluto troppo tempo, visto che, come Mrs. Tong si era premurata di sottolineare, non era certo nel fiore della giovinezza... Altri brividi gelidi la percorsero al pensiero del futuro che l'attendeva. La mano di Hagan scese sul suo seno, cominciando a trafficare. Lottie sentì il respiro dell'uomo cambiare, farsi pesante di eccitazione. Il futuro comincia qui. «Un momento.» Tutti sobbalzarono. Un uomo era fermo sulla soglia, una spalla appoggia-ta allo stipite. Era vestito da sera, in bianco e nero, e contro i colori sgargianti del bordello dalle pareti rive-stite in damasco e i tendaggi blu pavone, sembrava se-vero e fin troppo sobrio. Era alto, con capelli scuri ta-gliati corti e occhi di uno stupefacente azzurro in un

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volto magro e attento. Lottie sentì Hagan irrigidirsi, come se avesse riconosciuto un rivale. «Signore...» Hagan ritrasse la mano. Il suo volto si era arrossato. «Il vostro intervento è inopportuno. Do-vrete aspettare il vostro turno.» Gli occhi dello sconosciuto incontrarono quelli di Lottie. Era uno sguardo così limpido e penetrante che le tolse il fiato. Strano, pensò, che in quegli occhi ci fosse qualcosa che sembrava quasi rassicurante. Strano e im-possibile, un'illusione, perché quando lo sconosciuto sorrise, ogni traccia di gentilezza scomparve. L'uomo a-vanzò, sicuro, pericoloso. «Oh, non credo proprio» mormorò. «Non è mia abi-tudine mettermi in fila.» L'altro aprì la bocca per replicare, ma Mrs. Tong lo zittì con un gesto della mano. «Milord...» Lottie non riuscì a interpretare il tono di voce della tenutaria. Esprimeva deferenza, senza dub-bio, ma anche qualcos'altro. Cautela? Lottie aveva co-nosciuto ogni sorta di uomo, dai dandy oltremodo raffi-nati agli zerbinotti più rozzi, ma non ne aveva mai in-contrato uno la cui presenza fosse così... fisica. C'era una sensazione di pericolo nella stanza, lei la percepiva nell'aria e le faceva correre un brivido lungo la schiena. All'improvviso l'atmosfera era viva. «Sono sicura che a Mr. Hagan non dispiacerà aspet-tare» dichiarò con voce conciliante Mrs. Tong. «Se vo-leste essere così gentile, signore... Posso offrirvi un bic-chiere di vino?» La donna stava già spingendo Hagan verso la porta e il nuovo venuto si scostò per lasciarlo passare, un'espressione di studiato divertimento sul vi-so. Lottie emise il respiro che aveva trattenuto con un sospiro che credeva silenzioso, ma al quale lo scono-sciuto rispose con una rapida occhiata. La porta si chiuse.

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«Siete Lottie Cummings?» domandò l'uomo. «No» rispose lei. «Non più.» L'unica cosa che aveva voluto da Gregory era il suo denaro. Il nome ormai po-teva tenerselo, non le serviva più. «Ora sono Charlotte Palliser.» Lo sconosciuto reclinò il capo. «Ho saputo che i Pal-liser vi hanno rinnegata.» «Non possono certo privarmi del nome» si stizzì lei. «Mi appartiene dalla nascita.» Lui non ribatté subito, ma la studiò con lo stesso, a-cuto interesse che aveva mostrato dal primo momento in cui l'aveva vista. Il suo sguardo non tradiva nessun apprezzamento sessuale, ma solo un freddo calcolo, pri-vo di qualunque dolcezza e che fece rabbrividire Lottie. «Posso?» L'uomo indicò con un cenno una poltrona e lei si sorprese che le avesse chiesto il permesso. Una si-mile cortesia sembrava strana in un tipo che dava l'im-pressione di essere abituato a prendere ciò che voleva, che qualcuno avesse deciso di contrastarlo o meno. Sedette e incrociò le gambe, posando una caviglia sul ginocchio opposto e appoggiandosi allo schienale con grazia un po' pigra. Il suo corpo, così lungo e snello, appariva elegantemente rilassato, eppure Lottie aveva la sensazione che sarebbe stato un errore crederlo un li-bertino come tanti. C'era troppa energia sotto la superfi-cie, troppo potere e intensità trattenuti. «Chi siete voi» domandò, «perché Mrs. Tong vi per-metta di imporle la vostra volontà e non vi faccia nem-meno pagare in anticipo?» Sembrava che quel tizio, chiunque fosse, non avesse troppa fretta di portarla a letto. Lui rise. «Ethan Ryder, per servirvi.» Una luce mali-ziosa brillava nei suoi occhi azzurri. «E pago sempre dopo» aggiunse. Inarcò un sopracciglio. «Credo stiate arrossendo. Decisamente singolare... in una cortigiana.»

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Lottie distolse il viso. Mr. Ryder aveva ragione. Si sentiva vulnerabile, quasi timida. Quell'individuo sem-brava avere la capacità di mettere a nudo i suoi senti-menti più intimi con un solo sguardo e lei, checché ne dicesse la gente, non era una sgualdrina sfacciata. «Mrs. Tong vi ha chiamato milord» ribatté, renden-dosi conto di avere un tono dubbioso. Lui aveva più l'a-ria del maestro di equitazione che del conte, pur con tutta la sua eleganza. C'era stato un tempo in cui Lottie conosceva tutta l'aristocrazia, ma era certa di non averlo mai incontrato prima; se fosse accaduto, lo avrebbe ri-cordato. «Come siete stata veloce a notarlo» osservò lui, sem-pre con quella sua aria divertita. «Mrs. Tong non ha mentito. Io sono il Barone St. Severin. Oh, e anche il Cavaliere D'Estrange.» «Siete francese?» Lottie sollevò lo sguardo, stupefat-ta. Quell'uomo non possedeva l'accento francese e che provenisse proprio dal paese nemico dell'Inghilterra le appariva alquanto improbabile. Lei non era certo com-petente in politica, né le interessava diventarlo, ma sa-peva che era in atto una guerra tra le due nazioni. «Sono irlandese» rispose l'uomo, scoccandole un sor-riso affascinante. «Ma è una lunga storia.» «Un irlandese con un titolo francese?» si stupì Lottie, poi qualcosa si risvegliò nella sua mente, il ricordo di un pomeriggio nel suo salotto a Grosvenor Square e delle sue amiche che chiacchieravano commentando l'ultimo pettegolezzo e avventandosi come corvi sulla vittima di turno. Che cosa avevano detto di Ethan Ryder, il soldato di ventura irlandese? Rammentò allora che era un famoso spadaccino, un tiratore eccezionale, nonché il miglior cavaliere del suo reggimento. Si diceva che non perdes-se mai ai giochi d'azzardo, che assumesse rischi che di

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solito gli altri uomini evitavano, che fosse freddo e cal-colatore dove gli altri erano precipitosi e avventati e che quindi non commettesse mai errori, che sapesse a-spettare e aspettare, sfinendo i suoi nemici fino a quan-do non li induceva a compiere un passo falso, lo sbaglio che poi gli permetteva di vincere... E dietro quei rac-conti c'erano i sussurri; si mormorava che avesse ucciso un uomo in un duello, che fosse fuggito dalle più pro-fonde segrete, che riuscisse a passare inosservato come un fantasma tra un esercito di nemici... Napoleone aveva ricoperto Ethan Ryder di titoli e de-naro per la sua devozione alla causa francese. Sì, era davvero un soldato di ventura. Lottie vide il sorriso farsi più deciso sulle labbra di lui e una luce più dura illuminare il suo sguardo, come se avesse capito esattamente ciò che lei stava pensando. «Ah!» esclamò. «Siete il figlio bastardo del Duca di Farne, nonché di una trapezista da circo. Colui che ha tradito il proprio padre ed è fuggito in Francia da fan-ciullo per unirsi alla Grande Armée di Bonaparte. A-vevo sentito dire» continuò piano, «che eravate stato catturato dagli Inglesi, diventando così un prigioniero di guerra.» «Sono tutte queste cose» confermò Ethan. Sembrava imperturbabile, come se le parole, anche le più dure, a-vessero da tempo perduto il potere di ferirlo. «E voi» continuò, «siete la moglie divorziata di un banchiere fa-volosamente ricco, la favorita dell'alta società ora cadu-ta in disgrazia, rovinata e costretta a vendersi per so-pravvivere.» Le parole caddero quiete nella calda stanzetta, ma Lottie ebbe un sussulto. A quanto pareva, pensò, a dif-ferenza di lei, Ethan Ryder si sentiva a proprio agio nel-la sua situazione. «Ebbene, avete descritto la mia condizione in modo

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oltremodo accurato» osservò a denti stretti. Lui reclinò il capo da un lato, scrutandole il volto a occhi socchiusi. «Non vi piace venir definita così, vero, Lottie Palliser?» Il suo tono era pacato ma non gentile, non c'era alcuna comprensione nella sua voce. Lottie si chiese se quell'uomo fosse riuscito a guardarle dentro l'anima e a vederne le macchie. «Non volete affrontare il fatto che avete scelto di di-ventare una cortigiana perché preferite sopravvivere piuttosto che morire di fame» continuò, «ma è la verità, così come sono autentiche tutte le cose che avete detto sul mio conto.» Le sue labbra si stirarono nella parodia di un sorriso. «Credo che noi due siamo molto simili, Lottie.» La sua voce era sempre quieta. «Siamo entram-bi dei sopravvissuti, degli avventurieri. Noi non credia-mo nel martirio.» «Noi siamo entrambi prigionieri» puntualizzò Lottie, incapace di non avere un tono amaro. Fece un piccolo gesto con la mano. «Non dovreste forse essere in pri-gione, milord?» Lui scrollò le spalle, impareggiabilmente elegante e al contempo indifferente. «Molta gente condivide la vo-stra opinione. Compreso mio padre.» «Eppure» osservò lei, «siete libero.» Questa volta lui si spostò sulla sedia e la tensione gli irrigidì le spalle. «Se la chiamate libertà... Ho dato la mia parola che non cercherò di fuggire e in cambio so-no relegato in una cittadina di campagna nel mezzo del nulla, senza niente da fare se non aspettare che la guer-ra finisca.» «Allora cosa fate qui a Londra?» volle sapere Lottie. «Avete tradito la vostra parola?» Ethan scosse la testa. La luce della candela colse un riflesso blu nel nero dei suoi capelli e fece sembrare i suoi occhi più profondi e impenetrabili. «A tutti gli uf-

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ficiali è permesso recarsi a Londra, di tanto in tanto, se dichiarano di avere affari urgenti e personali da sbriga-re.» Con un gesto indicò il boudoir e aggiunse: «E cosa può esserci di più urgente e personale della visita a un bordello di Covent Garden?». Sorrise. «Ho bisogno di un'amante» dichiarò. «Per questo sono qui. Sono venu-to a chiedervi se volete accettare questo ruolo.»