parlare di immagini, mostrare con le immagini

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Corso di laurea specialistica in Editoria Media e Giornalismo A.A. 2006-2007 Tesina per il corso di Linguistica del testo della prof.ssa Loretta Del Tutto Parlare di immagini, mostrare con le immagini. Il linguaggio e metalinguaggio pittorico. Presentata da Cecilia Benzoni, Laura Gimminiani ed Emma Re Cecconi

Author: cecilia-benzoni

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D'accordo con Marin, Schapiro e Fabbri vogliamo sostenere che con i propri strumenti comunicativi la pittura può mostrare se stessa, svelare le sue peculiarità di rappresentazione, e oltre se stessa, riarticolarsi e arricchirsi di nuovi significati, grazie anche al livello plastico che sottende il livello delle figure del mondo.

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  • Corso di laurea specialistica in Editoria Media e Giornalismo A.A. 2006-2007

    Tesina per il corso diLinguistica del testo

    della prof.ssa Loretta Del Tutto

    Parlare di immagini, mostrare con le immagini. Il linguaggio e metalinguaggio pittorico.

    Presentata da Cecilia Benzoni, Laura Gimminiani ed Emma Re Cecconi

  • Indice

    1. L'enunciazione......................................................................p. 2

    1.1 L'enunciazione pittorica..................................................................... 7

    1.2 Linguaggio e corporeit..................................................................... 11

    2. Il linguaggio metapittorico....................................................... 14

    3. Semiotica plastica e semiotica figurativa................................. 25

    Bibliografia......................................................................................... 33

    1

  • 1. L'enunciazione

    Nel secolo scorso lo studio dei segni come disciplina nasce con la semiologia e la sua

    critica dell'ideologia che sottende il linguaggio. La semiologia deriva secondo Roland

    Barthes dall'idea che esistono diversi sistemi di segni all'interno di culture date. Questi

    segni non vanno studiati separatamente, ognuno preso di per s, ma in quanto regimi di

    significazione, ossia in quanto elementi presenti entro sistemi semiotici organizzati e

    autosufficienti. Tuttavia per Barthes questi sistemi di significazione sono tutti

    comprensibili e traducibili nella lingua, che ha la caratteristica di aver specializzato una

    parte di se stessa al punto di poter parlare di tutti gli altri sistemi semiotici.1

    Dunque la lingua verbale assurge al ruolo di metalinguaggio universale, e il compito del

    semiologo, oltre quello di mostrare l'ideologia che permea la lingua, sar quello di

    espandere la conoscenza dei sistemi semiotici, imponendo per a tutti i linguaggi il

    modello linguistico-lessicologico che aveva avuto origine dagli studi di Saussure.2

    La lingua naturale la metasemiotica per eccellenza poich attraverso il meccanismo

    dell'enunciazione ha la capacit di poter astrarsi dall'ego, hic et nunc della situazione

    concreta in cui comunicano gli esseri umani.

    Algirdas Greimas riprende da Benveniste la prima formulazione di enunciazione come

    istanza della messa in discorso della lingua saussuriana: tra la langue, lingua

    concepita come paradigmatica e la parole, il sintagma-discorso, stato necessario infatti

    prevedere delle strutture di mediazione, e immaginare che la lingua come sistema possa

    essere preso in carico da un'istanza individuale.

    Infatti, tramite il dbrayage attoriale, spaziale e temporale, il soggetto dell'enunciazione

    costituisce un discorso-enunciato in cui i soggetti, lo spazio, e il tempo sono altri da s

    1 Cfr. Una storia tendenziosa in Fabbri (1998).2 A questa semiotica come translinguistica, una linguistica che pu parlare di tutti i sistemi di segni, si

    oppone il paradigma semiotico di Umberto Eco. L'autore, partendo dagli studi di Charles S. Peirce, pensa la semiotica come lo studio di tutti i segni, senza privilegiare il linguaggio verbale umano. I segni rinviano ad altri segni, e la significazione si produce attraverso le inferenze logiche. Tuttavia, il riferimento principe rimane il testo, concepito come il quadro dei movimenti inferenziali. Inoltre Eco ha una concezione tassonomica, enciclopedica dei segni, cos che la significazione si riduce a comprensione e scambio di segni, dunque codifica e decodifica di un paradigma gi dato, idea non molto diversa da una lessicologia. Cfr. Fabbri (1998) pp.7-15, Pozzato (2001) p.129 e ss., Eco U. (1979), Lector in fabula, Bompiani, Milano.

    2

  • e dal contesto empirico in cui avvenuta l'enunciazione. Quindi tramite l'enunciazione

    la lingua naturale permette al soggetto di parlare del passato e del futuro, di proiettare

    attraverso dei simulacri un tempo e uno spazio lontani.

    Il meccanismo del dbrayage altro non che l'operazione opposta all'embrayage.

    Questa banale tautologia ci serve a collegare le osservazioni di Greimas alla teoria di

    mile Benveniste. Infatti il linguista francese usa indistintamente i termini indicateurs

    ed embrayeurs (da embrayer, innescare) per designare tutto ci che nel discorso fa

    riferimento alla situazione originale di enunciazione.3 Nei saggi che riguardano

    L'uomo nella lingua raggruppati in Problemi di linguistica generale egli parla dei

    pronomi personali e di quegli specifici indicatori della deissi (dimostrativi, avverbi,

    aggettivi) che organizzano le relazioni spaziali e temporali attorno al soggetto preso

    come punto di riferimento: questo, qui, ora, e i loro numerosi correlati quello, ieri,

    l'anno scorso, domani hanno in comune la propriet di definirsi solo in rapporto alla

    situazione di discorso dove sono prodotti, cio sotto la dipendenza dell'io che vi si

    enuncia.4

    In particolare il linguista francese interessato a studiare la categoria dei pronomi

    personali, costante di tutte le lingue naturali5. Io e tu hanno un'unit specifica: l'io

    che enuncia e il tu al quale io si rivolge sono ogni volta unici. Infatti non rimandano

    n a un concetto, n a un individuo. Sono nomi vuoti tramite cui un parlante e un

    ascoltatore possono innescarsi nella situazione del discorso ri-attualizzandola. Invece

    l'egli-esso puo' essere un'infinit di soggetti o nessuno, dunque propriamente una

    non-persona in cui non ci si pu identificare. Cos, mentre io e tu sono invertibili,

    considerato che colui che io definisce con un tu si pensa e pu invertirsi con un io

    e io diventa un tu, egli-esso in s non designa specificamente niente e nessuno.

    In sintesi le espressioni della persona verbale sono organizzate nel loro insieme da due

    correlazioni costanti: la correlazione di personalit, che oppone le persone io/tu alla

    3 Anche se l'embrayage non pu mai essere totale: sebbene la parola ritorni al soggetto in prima persona, nel discorso si situa solamente il simulacro del soggetto, un fantasma, un altro-da-s. L'enunciazione frutto di una schizia senza ritorno. Cfr. anche Casetti F. (1986), Dentro lo sguardo, Bompiani, Milano, p.20.

    4 Benveniste (1966) p. 315 della trad. it.5 E per questo da considerarsi un problema generalmente semiotico che non meramente linguistico,

    anche secondo Benveniste: l'universalit di queste forme e concetti porta a pensare che il problema dei pronomi sia insieme un problema di linguaggio e un problema di lingue, o meglio che sia un problema di lingue solo in quanto anzitutto un problema di linguaggio cfr id. p. 301.

    3

  • non persona egli e la correlazione di soggettivit, interna alla precedente e che

    oppone io, soggetto, a tu, persona altra suscitata dall'io nel discorso.6

    La correlazione che troviamo nella categoria persona/non persona analoga al rapporto

    che Benveniste delinea tra discorso e storia. Esisterebbero due generi d'enunciazione,

    storica e discorsiva, contraddistinti da tempi verbali, pronomi e avverbi diversi. La

    narrazione storica quel genere di enunciazione che esclude ogni forma linguistica

    autobiografica. Lo storico non dir mai io, n qui, n tu, n ora, perch non

    prender mai in prestito l'apparecchiatura formale del discorso, che consiste anzitutto

    nella relazione di persona io-tu. Sono ammesse solo forme in terza persona, che non

    chiamano in causa un io narratore e il tu cui si rivolge. Nessuno parla e gli

    avvenimenti sembrano raccontarsi da soli.7 Ogni enunciazione del discorso, invece,

    presuppone un parlante e un ascoltatore, e l'intenzione nel primo di influenzare in

    qualche modo il secondo. comune a tutti i generi in cui qualcuno si rivolge a qualcun

    altro, si enuncia come parlante e organizza quanto viene dicendo nella categoria di

    persona.8

    La realt di discorso l'unica in cui la correlazione di soggettivit pu diventare

    significativa. Abbiamo gi accennato al fatto che i pronomi personali sono nomi in s

    vuoti e duplici.9 Infatti io designa la persona che enuncia l'attuale situazione di

    discorso contenente io e specularmente tu significa l' individuo al quale ci si

    rivolge allocutivamente nell'attuale situazione di discorso contenente la situazione

    linguistica tu.10

    6 Id. pp. 269-281 della trad. it.7 Cfr. anche il concetto analogo di enunciazione enunciata ed enunciato enunciato in Greimas e

    Courts, riportato in Basso (1999) p.107: A seconda del tipo di dbrayage utilizzato, si distingueranno due forme discorsive nonch due tipi di unit discorsive: nel primo caso si tratter delle forme dell'enunciazione enunciata (o riportata): il caso dei racconti in prima persona, ma anche delle sequenze dialogate; nel secondo caso, delle forme dell'enunciato enunciato (o oggettivato): come accade nelle narrazioni che hanno soggetti qualsiasi, nei discorsi detti oggettivi.

    8 Benveniste (1966) pp. 284-288 della trad. it.9 Id pp. 302-303 della trad. it., si noti in particolare che ogni situazione di impiego di un nome si

    riferisce a una situazione costante e oggettiva che pu restare virtuale o attualizzarsi in un singolo oggetto e che rimane sempre identica nella rappresentazione che essa suscita. Ma le situazioni di impiego di io non costituiscono una classe di riferimento, poich non vi un oggetto definibile come io cui queste situazioni possano rimandare in modo identico.

    10 Cfr. anche Casetti (1986), gi cit. in nota 3,: lio la traccia di una presenza concreta (un rinvio a chi si sta impadronendo della virtualit della lingua) e insieme una pura marca grammaticale (ci che segnala il farsi del discorso, il suo essere in funzione) un segno vuoto a disposizione di chi muove le carte e insieme un momento semplicemente autoriflessivo allinterno del testo. [...] Del resto, che cosa si intende generalmente per soggetto se non ci che sta sotto allazione del proferire unafonte

    4

  • Questa particolarit generalizzabile ai dimostrativi, agli avverbi qui e ora, a quegli

    indicatori di ostensione concomitanti alla situazione di discorso che contiene l'indicatore

    (embrayeur) di persona. Il fatto fondamentale nell'enunciazione discorsiva non tanto il

    contenuto oggettivo dell'enunciato, ma la relazione tra l'embrayeur (di persona, di

    tempo, di luogo, di oggetto indicato) e la presente situazione di discorso. un fatto

    originale e fondamentale che queste forme pronominali non rimandino n alla realt, n

    a posizioni oggettive nello spazio e nel tempo, ma all'enunciazione, ogni volta unica,

    che le contiene e riflettano cos il loro proprio uso. [...] E la forma verbale solidale

    con la situazione individuale di discorso in quanto sempre e necessariamente

    attualizzata dall'atto di discorso e in dipendenza da esso.11

    Le correlazioni tra persona/non persona, discorso/storia e le loro implicazioni sulla

    definizione del soggetto, del tempo e dello spazio dell'enunciazione e dell'enunciato

    sono state riprese da Louis Marin nel suo libro Della rappresentazione. In particolare

    nel saggio Note critiche sull'enunciazione: la questione del presente nel discorso,

    scritto proprio in omaggio a mile Benveniste, Marin arriva alla conclusione che ogni

    linguistica portatrice di una filosofia. Ogni linguistica impone una certa verit del

    linguaggio, come la verit rappresentativa della lingua naturale.

    Marin parla di un presente permanente, intrinseco nella struttura del discorso, e di un

    presente dell'ora, reinventato ogni volta che un uomo parla, quando l'avvenimento e

    il discorso coincidono, nell'istante sfuggente della parola. La presenza presente

    dell'io implicita, e anche se l'io pu prendere nel tempo dell'ora una posizione

    metadiscorsiva rispetto al proprio discorso, non si pu esplicitare l'ego nel presente

    permanente del discorso. Infatti il presente un segno mancante per non dire un

    baratro , una pura linea di demarcazione tra ci che non pi presente e ci che non lo

    ancora, qualcosa che non pu essere rappresentato, ma pu essere indicato

    immediatamente mentre il discorso procede.12

    Dunque il linguaggio pu essere trasparente o opaco13 ovvero ha s capacit

    e nello stesso tempo ci che sottoposto allosservazione e alla riflessione un tema ?. 11 Benveniste (1966).12 Marin (2001) pp. 35-36 della trad.it. nessun significante esprime in proprio la presenza del presente

    dell'ego, Sono i progressi del discorso, per dirla con Benveniste, che la indicano immediatamente, visto che un discorso proferito.

    13 Cfr. id. pp. 196-197: Rappresentare significa anzitutto sostituire qualcosa di presente a qualcosa di assente (il che sia detto per inciso, costituisce la struttura pi generale di un segno). Come sappiamo,

    5

  • espressive e indessicali, analoghe alla correlazione di personalit, e al rapporto tra

    enunciazione storica e enunciazione discorsiva, ma il fatto che esista una dimensione

    non-enunciabile linguisticamente cambia la prospettiva di analisi dell'enunciazione.

    Se Benveniste definisce gli indici dell'ostensione (come il dimostrativo questo),

    termini che implicano un gesto indicante l'oggetto nello stesso momento in cui

    pronunciata l'istanza del termine14, Marin invece rovescia l'ordine dell'analisi

    semantica dell'enunciazione: la sua struttura si rapporta al gesto designante l'oggetto. Il

    raddoppiamento del gesto attraverso il termine questo denuncia la supplementariet

    della parola, che, dunque, nel luogo originario in cui si forma e si enuncia, in quel

    medesimo momento ammutolisce nel gesto del corpo, una pura eccedenza. Il gesto-

    parola, il dito puntato verso il referente reale, che questo dice in sovrappi, generato

    ogni volta che un'enunciazione viene proferita e che ogni volta indica ex-novo, dunque

    varca la frontiera tra il presente permanente e il presente dell'ora. Possiamo allora

    considerare i nomi nell'atto di linguaggio come i rappresentanti istantanei, nel qui-

    ora in cui vengono proferiti, di tutti i questo supplementari. Gesti di indicazione,

    nomi-deittici, negli atti stessi in cui hanno la funzione di nominare.[...] In breve,

    tutto il sistema semiotico della lingua precipita nella semantica dell'enunciazione. [...]

    La denominazione stessa il concetto generale del nome nel suo uso apparir allora

    anche come questo gesto in cui ogni discorso viene neutralizzato, nel senso che per ogni

    discorso filosofico, ogni ragionamento, opera il movimento che ne riconduce gli

    elementi al gesto elementare dell'indicazione in cui ogni metalinguaggio viene

    istantaneamente dissolto. Agli sproloqui metalinguistici astratti della verit

    rappresentativa del linguaggio, lontani dalla vera essenza dell'enunciazione, Marin

    oppone il silenzio del piacere, il gesto silenzioso dell'enunciazione istantanea del

    corpo.

    tale sostituzione sottoposta alle regole di uneconomia mimetica, ed autorizzata dalla similitudine postulata di presente e assente. Daltra parte, per, rappresentare significa mostrare, esibire qualcosa di presente. E latto stesso di presentare che costruisce dunque lidentit di ci che rappresentato, che lo identifica in quanto tale. Da un lato, unoperazione mimetica tra presenza e assenza consente il funzionamento e autorizza la funzione del presente in luogo dellassente, [la trasparenza], e, dallaltro, unoperazione spettacolare, unautopresentazione, [l'opacit], che costituisce unidentit e una propriet attribuendogli un valore legittimo.

    14 Benveniste (1974), p.100 della trad.it.

    6

  • 1.1 L'enunciazione pittorica

    Secondo Marin l'enunciazione non nasce come questione pertinente alla lingua verbale,

    ma nel linguaggio, anzi nei linguaggi, si sviluppa come supplettivo di un gesto

    corporeo. dunque affine all'iconico e all'analogico, pi che all'astratto e al discreto. In

    effetti, all'interno di testi semiotici di diverso tipo musica, pittura, letteratura, cinema

    ecc. ci sono simulacri dell'intersoggettivit che sono iscritti all'interno del testo stesso

    attraverso processi di enunciazione. Come abbiamo gi visto, nella lingua naturale il

    sistema pronominale che iscrive nel discorso i due simulacri io-tu che stanno l a

    rappresentare l'enunciatore e l'enunciatario anche se empiricamente non sono presenti.

    In modo analogo, Louis Marin ha dimostrato come dentro la pittura ci sia l'iscrizione di

    diverse istanze enunciative. Ad esempio nella pittura vascolare greca tutti i personaggi

    si guardano tra loro, sono di profilo, ad eccezione di Medusa (fig.1) che ci mostra

    pienamente il suo viso, ci guarda e d del tu a tutti quelli che si metteranno nella

    posizione di osservatori. In questo tipo di pittura coloro che sono in posizione eccentrica

    rispetto alla normalit ubriachi, moribondi, sileni e pederasti sono generalemente in

    posizione facciale. Tuttavia, non si tratta di una regola universale, ma vale per il

    microcosmo di cui stiamo parlando. In altri tipi di culture e discorso l'opposizione

    frontalit/profilo pu veicolare problematiche diverse dalla eccentricit/normalit. Ad

    ogni modo l'opposizione frontalit/profilo veicola la categoria impersonale/personale

    all'interno di alcuni tipi di organizzazione d'immagine in certe culture.

    Lo storico dell'arte Meyer Schapiro in Profilo e frontalit come forme simboliche15,

    stato il primo studioso ad aver individuato nell'opposizione tra la visione di profilo e la

    visione frontale gli equivalenti pittorici delle diverse forme pronominali della lingua.

    Attraverso lo studio dell'iconografia medievale della battaglia tra gli Ebrei e gli

    Amaleciti, Schapiro studia il cambiamento dell'immagine di Mos.

    15 Schapiro (2002) pp.120-191.

    7

  • Fig.1 Pittore di Amasis, Perseo e Medusa, 550-540 a.C. ca., Londra, British Museum

    Secondo il libro dell'Esodo il patriarca su un'altura prega con le braccia levate al cielo

    affinch gli ebrei guidati da Giosu possano sconfiggere in battaglia gli Amaleciti.

    All'inizio dell'Alto Medioevo la raffigurazione di Mos frontale, le braccia allargate

    sono sorrette da Ur e Aronne, simbolismo che fa capire come questo episodio per le

    prime comunit di cristiani costuituisse un importante anticipo della salvezza grazie alla

    crocifissione: fu assumendo la posizione di Cristo in croce, infatti, che Mos sconfisse

    Amalek. La stessa posa presente in molte figure di dipinti catacombali del periodo,

    dette oranti ed tipica di altri personaggi veterotestamentali presi a modello della

    fede e della salvezza. In un periodo successivo, tuttavia, Mos si gira, mentre altri

    personaggi gli reggono le braccia di profilo. In questa posizione Mos non guarda pi

    all'esterno, ma coinvolto in un evento in terza persona, in una narrazione obiettiva,

    assimilabile all'enunciazione storica di Benveniste. Questo cambiamento di posizione da

    frontale a profilo, per Schapiro si pu spiegare con l'interesse maggiore, anche nelle

    scene sacre, per l'azione, il susseguirsi degli eventi oggettivo, in cui gli attori della

    rappresentazione si muovono in uno spazio comune senza rivolgersi agli spettatori.

    8

  • Dunque mentre nelle immagini pi antiche paleocristiane e bizantine, Mos era

    raffigurato sopra un colle lontano dalla battaglia, ora nello stesso campo dei

    combattenti, inginocchiato, non pi innalzato e le sue braccia protendono verso i

    soldati. In questo contesto la piena frontalit e il profilo funzionano come forme

    contrastive del simbolo e del simbolizzato. Il simbolismo della croce e della salvezza

    nelle vicende dei personaggi veterotestamentali perde d'importanza, c' una tendenza

    secolarizzatrice fortissima nel tardo Medioevo, per cui i libri dell'Antico Testamento

    sono letti dal punto di vista laico come un'epopea di eroi ed eroine ebrei, ideali per

    coraggio, saggezza e bellezza.16

    In molte immagini di figure frontali la testa leggermente piegata, e fin dalla tarda

    antichit il viso viene raffigurato anche di 3/4, accorgimento per cui quando piena

    frontalit e profilo sono accostati la loro natura contrastiva ancora pi evidente ed

    estrema. Il volto di profilo distaccato dall'osservatore e appartiene, assieme al corpo in

    azione ad uno spazio condiviso con altri profili posto sulla superficie del'immagine.

    Stoichita dice testualmente che come la forma grammaticale della terza persona,

    l'impersonale egli o ella con la forma verbale appropriata e concordata; mentre al

    viso rivolto all'esterno viene accreditata un'attenzione, uno sguardo latentemente o

    potenzialmente rivolto all'osservatore e corrisponde al ruolo dell' io nel discorso con

    il suo complementare tu: sembra esistere per noi e per s in uno spazio virtualmente

    contiguo al nostro ed pertanto appropriato ad una figura simbolica o che porta un

    messaggio17.

    Possiamo riportare da Stoichita un ulteriore esempio di come nello stesso contesto

    pittorico e stilistico si possa articolare diversamente l'opposizione frontalit/profilo,

    creando una sorta di polisemia del tema. Nell'iconografia occidentale medievale

    dell'Ultima Cena la vista di profilo attribuita a Giuda, in netto contrasto con gli

    apostoli e Cristo rappresentati in piena frontalit (fig.2).

    16 id. pp.158-168.17 id. p. 162. da notare che Schapiro non fa riferimento esplicitamente a Benveniste, anche se usa le

    stesse categorie pronominali e narrative.

    9

  • Fig.2 Bacio di Giuda, fine del XIII, affresco. Assisi, Basilica di San Francesco, chiesa inferiore.

    Giotto, invece, ottiene una polarizzazione tra i personaggi, contrapponendo l'un l'altro

    due profili dai tratti opposti e dagli sguardi differenziati. Ne Il bacio di Giuda (fig.3) il

    pittore sostituisce alla tradizionale contrapposizione frontalit-profilo un confronto tra i

    profili di Ges e Giuda. Tutti i volti nel quadro sono rivolti verso il centro della scena

    per rafforzare gli sguardi dei due attori principali. Solo nel piccolo spazio tra i due

    profili si pu scorgere un segmento di volto frontale che assieme alle teste che si

    frappongono e ai due profili forma una successione cinematica di tratti umani come

    una testa che ruota, che passa dal profilo rozzo di Giuda ai nobili tratti di Cristo18.

    forse il primo esempio di dipinto in cui le reciproche relazioni soggettive di un io e di

    un tu sono state rese visibili tramite il confrontarsi di due profili.19 D'altronde come un

    18 id. p.172.19 Si potrebbe trovare una corrispondenza con Benveniste leggendo la tematizzazione del Bacio di

    Giuda con il profilo-profilo come correlazione di soggettivit, mentre l'opposizione frontalit-profilo sarebbe una correlazione di personalit.

    10

  • romanzo scritto nella forma narrativa della terza persona pu rivelare l'individualit

    quanto un romanzo scritto in prima persona, cos in un quadro il profilo pu trasmettere

    l'espressione di un'individualit.

    Fig.3 Giotto, Il bacio di Giuda (particolare), 1306. Padova, Cappella degli Scrovegni.

    1.2 Linguaggio e corporeit

    In una nota al suo saggio, Schapiro spiega che nei dipinti frontalit e profilo sono

    posizioni assunte rispetto lo spettatore, che distinguono e accentuano per contrasto i

    significati e le qualit gi fissati degli oggetti rappresentati. Frontalit e profilo sono in

    questo caso pi simili all'accento del discorso, o all'uso espressivo della posizione

    iniziale di una parola in una frase, come scarto rispetto alla sintassi consueta20

    Quando si parla di enunciazione pittorica e si fa riferimento al rapporto

    frontalit/profilo come analogo al rapporto io-tu/egli nella lingua verbale, non si

    vuole trasporre una nozione di linguistica in un altro ambito. A questo proposito Fabbri

    20 id. p.190, nota 27.

    11

  • fa notare che enunciazione in realt ha la stessa radice di neuma, il movimento

    della testa, un gesto, un movimento significativo. Si pu dire che prima ancora di essere

    un atto verbale, l'enunciazione un atto per annuire.

    Il linguaggio non modellato sulla scrittura, dotato di intonazioni, articolato insieme

    alla gestualit in maniera decisiva, accompagnato da tratti fisiognomici precisi: lungi

    dall'essere qualcosa di lineare ha un suo spessore.21 Questo porta a eliminare una delle

    grandi opposizioni semiotiche pi comuni: quella tra analogico e digitale, ovvero tra

    cose che somigliano ai loro referenti, basate sulla continuit ( ad esempio immagine e

    musica), e il digitale che ha a che fare con una qualche discontinuit e che non

    immediatamente riscontrabile nel piano del mondo reale (ci si riferisce in questo caso al

    carattere astratto e discontinuo del linguaggio verbale). Fabbri invece sostiene che un

    linguaggio altamente sintattico pu essere allo stesso tempo visivo e motivato, dunque

    analogico, portando come esempio il linguaggio dei sordomuti. Il linguaggio dei segni

    diverso da nazione a nazione, pur essendo altamente motivato. Dunque insieme

    iconico e astratto e, riuscendo a riprodurre tutti i possibili significati, parallelo al

    linguaggio verbale. D'altronde il linguaggio verbale co-evoluto col gesto, non nato

    come facolt in s e per s, slegata dalle altre capacit di comunicazione dell'uomo.

    Dunque dobbiamo superare l'idea che i segni linguistici siano arbitrari, discontinui,

    digitali, sintattici, mentre gli altri segni siano continui, analogici, iconici, come fossero

    segni minori. La svolta semiotica di Fabbri passa anche attraverso la cancellazione della

    separazione tra discontinuit verbale e continuit iconica.22

    Da queste considerazioni si pu riformulare il problema dell'ermeneutica semiotica. Si

    deve spezzare il circolo vizioso della eterna parafrasi fatta dalla lingua naturale sugli

    altri sistemi semiotici, usando le sue stesse categorie. Bisogna invece pensare a

    ermeneutiche della pittura, del cinema, della gestualit, che permettano a questi sistemi

    di segni di parlare di se stessi, di auto-interpretarsi, ma anche di interpretare altri sistemi

    21 Un problema sottovalutato dal modello saussuriano riguarda l'affettivit nel linguaggio. A seconda delle passioni del soggetto la corporeit e la voce prendono delle intonazioni particolari, che non sono affatto distintive, ma continue, analogiche. Bolinger (cit. in Fabbri (1998) p. 49) afferma che per sapere che cos' la frase si ha bisogno dell'intonazione e anzi, gli unici criteri di segmentazione del linguaggio sono quelli intonativi, che molto hanno a che vedere con l'emozione. L'intonazione un gesto vocale, un'immagine emotiva. L'emozione ha qualcosa del gestuale e dell'iconico, del continuo, del gradiente, non del discontinuo.

    22 Fabbri (1998) L'immagine e il gesto.

    12

  • di segni, attraverso sostanze dell'espressione che ritraducono in parte il significato

    espresso nel sistema d'origine. Possiamo pensare a un quadro ermeneutico che parli di

    un altro quadro, esplicitandolo e interpretandolo. Pu esistere un metaquadro, un quadro

    che espliciti non solo le ipotesi teoriche manifestabili anche con la lingua, ma

    addirittura possa parlare di significati puramente pittorici, non manifestabili con le

    parole.

    La prima semiologia presupponeva che solo tutto ci che dicibile in qualche misura

    pensabile. Tuttavia, se prendiamo un quadro e tentiamo di dire cosa c' in esso,

    possiamo nominare tutto quello che c' dentro e analizzare le cose che sono nel quadro,

    ma cosa stiamo analizzando in realt? Semplicemente le parole con cui abbiamo

    descritto gli elementi del quadro; ci che emerso semplicemente quello che le nostre

    parole sono riuscite a descrivere. Ma c' un significato del quadro che sia in qualche

    misura percepibile in maniera diversa? La risposta di Fabbri affermativa: esiste una

    organizzazione del senso del quadro che ricorre a unit espressive proprie della pittura

    Anzi, un'analoga organizzazione allo stesso modo percepibile in un balletto, nei gesti

    degli animali o nella struttura di un paesaggio.23

    D'accordo con Marin, Schapiro e Fabbri vogliamo sostenere che con i propri strumenti

    comunicativi la pittura pu mostrare se stessa, svelare le sue peculiarit di

    rappresentazione, e oltre se stessa, riarticolarsi e arricchirsi di nuovi significati grazie

    anche al livello plastico che sottende il livello delle figure del mondo. Sar dunque la

    tematica della pittura come metalinguaggio che verr sviluppata nei capitoli successivi,

    lasciando che i quadri ci mostrino loro stessi.

    23 Infatti, prima della semiosi, cio dell'incontro tra certe forme dell'espressione e certe organizzazioni di senso, c' la possibilit di studiare una forma narrativa come pura organizzazione di significazione. Fabbri definisce la narrativit ogni intreccio di azioni e passioni organizzati in vista di qualche realizzazione dei soggetti e degli oggetti, dunque dei valori in gioco ovvero la concatenazione di quelle azioni agite o subite (passioni) dai soggetti attuate per raggiungere un certo scopo. La narrativit mette in movimento la significazione combinando gli attanti e ha una funzione configurante che rinvia d'acchito a un certo significato. Il senso di un poema, ad esempio, non dipende dall'insieme di parole o delle frasi che lo compongono, non esterno, ma l'articolazione configurativa di azioni che esiste all'interno del testo a produrre una particolare articolazione significativa. La narrazione non dunque solo un evento verbale: possiamo immaginare un balletto narrativo, un mimo, una musica a tonalit narrativa. La medesima organizzazione della forma del contenuto, ossia della semantica, pu essere manifestata da una forma espressiva diversa (verbale, gestuale, musicale, ecc..) sebbene le diverse sostanze (sonorit, corporeit, spazialit) ridefiniscano i significati: molto diverso esprimere una narrativit con la musica o con le parole. Fabbri dunque oppone all'idea della lingua come translinguistica, la narrativit che pu permettere una forma di intersemioticit. Fabbri (1998) La narrativit, L'immagine e il gesto, Corpo e schemi astratti.

    13

  • 2. Il linguaggio metapittorico

    La pittura figurativa, soprattutto quella ambientata in interni, allestisce le sue scene

    costellandole di oggetti del mondo quotidiano; questi oggetti, per, a differenza di

    quanto accade nella realt, non funzionano quasi mai alla stregua di silenziose

    presenze che non pongono problemi, se non quelli fondamentalmente connessi al loro

    puro uso strumentale.

    In pittura, infatti, un oggetto, per il solo fatto di essere rappresentato, inserito in una

    composizione, perde il suo carattere di singolarit per assumere quello di relazione con

    gli altri oggetti e/o con un soggetto.

    E ci accade sia nei generi pi oggettuali sia in quelli meno: nella natura morta ossia

    la pittura di piccole cose, secondo la definizione di Vasari (1568), fatta

    esclusivamente di oggetti riprodotti a scala naturale e in modo integrale gli elementi

    costitutivi non sono mai ingenui, dal momento che sono selezionati (clessidra, teschio,

    fiori, frutti, orologi, etc.) in trompe-loeil e funzionali a rappresentare, in una solidariet

    globale, lidea della vanit delle cose, della caducit della condizione umana. In un altro

    genere, il ritratto, gli oggetti che circondano leffigie del personaggio sono quasi sempre

    delegati a parlare delle qualit o delle caratteristiche precipue del ritrattato, e lo stesso

    dicasi per gli oggetti-attribuiti, che sicuramente ancor pi dei tratti fisiognomici,

    definiscono la codificata iconografia dei santi.

    La pittura, di conseguenza, prelevando loggetto dalla dimensione del quotidiano, lo

    iscrive in un nuovo contesto nel quale, nonostante la valenza di specchio del mondo

    reale, loggetto stesso vede ridefinita la sua funzione nel rapporto relazionale che viene

    a instaurare con la restante parte della scena. E necessario aggiungere anche che questa

    relazione non mai uguale: al di l della citata natura morta, dove agli oggetti

    attribuito un significato costante, tutti gli altri oggetti non hanno un significato

    simbolico, generalizzato; ognuno di essi, infatti, assume una precisa significazione solo

    quando relato con il tutto.

    Alcuni oggetti come nicchie, porte, finestre, quadri riportati, carte geografiche, specchi

    assumono anche funzioni metapittoriche, come ha ben messo in luce Stoichita nella sua

    14

  • opera Linvenzione del quadro.

    La pittura con i suoi strumenti ha la capacit di parlare di se stessa e il genere dei

    cabinets d'amateurs rappresenta la forma metavisiva per eccellenza.

    Il Cabinet damateur (fig.4) raffigura una collezione di quadri che tra loro sono

    collegati da una serie di relazioni, che possono essere definite contestuali. Rispetto ai

    rapporti contestuali con cui larte ha familiarit (ciclo di affreschi, polittico ad ante..) il

    rapporto che si stabilisce allinterno di una galleria ha la peculiariet che ogni immagine

    (entit , in origine a s stante) ha come sfondo linsieme delle altre opere e pu

    diventare a sua volta figura, per poi essere riassorbita nello sfondo.

    possibile stabilire anche dei concatenamenti laterali, isolando, allinterno di una serie,

    sequenze formate da due, tre o pi immagini: ci non sminuisce il rapporto di base, che

    quello dellunicit dellopera in rapporto alla collezione globalmente considerata.

    La contestualit che presente allinterno di una collezione provoca una situazione

    autoriflessiva, permettendo allarte di parlare di se stessa.

    Fig. 4 Rubens e Jan Brueghel il vecchio, Allegoria della vista, 1617, Madrid, Prado.

    Nella pittura del XVII secolo lOlanda seppe tematizzare latto della percezione

    pittorica in quanto percezione autoriflessiva:il pittore olandese si pone davanti alla tela

    per cercare di capire che cos la pittura.

    Il quadro, la carta geografica e lo specchio sono tre superfici-rappresentazioni che,

    15

  • proiettate nella profondt del campo della pittura, danno origine, nel corso del XVII

    secolo, a un discorso intertestuale, ossia a un dialogo che verte sullo statuto stesso della

    rappresentazione.

    Il meccanismo dellincastonatura implica la necessit di riflettere riguardo allo statuto

    dellimmagine, implica cio una riflessione metapittorica.

    La maggior parte delle opere olandesi che propongono incastonature sono scene che

    descrivono un interno borghese o unattivit quotidiana: alla parete appesa

    unimmagine che viene messa in rapporto con linsieme. Linterno lo spazio

    espositivo di unimmagine, talvolta due, ognuna delle quali dialoga monadicamente con

    limmagine cornice.

    La Pesatrice di Vermeer (fig.5) un esempio della rappresentazione di un quadro nel

    quadro che pu essere considerata come unoperazione mirante a un discorso meta-

    artistico, mettendo in gioco i vari elementi del quadro.

    Fig. 5 Johannes Vermeer, La Pesatrice, 1662-64 ca, Washington, National Gallery of Art.

    Lopera riproduce un interno che illuminato da una finestra, sulla sinistra c uno

    specchio che si percepisce come semplice tocco di luce e al centro raffigurata una

    16

  • donna che tiene nella mano destra un bilancino, mentre la mano sinistra appoggiata a

    un tavolo cosparso di monete e di cofanetti aperti, ricchi di perle e gioielli.

    Sulla parete di fondo, parallelo alla superficie della rappresentazione, c un quadro con

    una cornice debano raffigurante un Giudizio Universale. Quale rapporto intercorre tra

    la scena e il quadro riportato?

    La presenza del quadro nel quadro fa s che il dipinto di Vermeer sia unimmagine

    interpretabile: gli spettatori dellepoca e quelli di oggi si avvicinano al dipinto

    interrogandosi sul suo significato. La storia dellinterpretazione del quadro di Vermeer

    molto complessa e articolata, fortemente correlata alle questioni concernenti la presenza

    del quadro nel quadro.

    Limmagine riportata allinterno del dipinto-cornice collegata con il soggetto da uno

    specifico significato: alcuni vi scorgono un ammonimento, altri leggono il quadro come

    una divinazione o in termini astrologici.

    Il dipinto la Pesatrice un sistema fatto di oggetti e immagini: gli elementi emblematici

    (le perle, la bilancia, lo specchio) sono completati grazie allinserimento di un'immagine

    (Il Giudizio universale) che ha la capacit di mettere in discussione il senso del quadro

    nella sua globalit.

    Oltre allartificio del quadro nel quadro anche la presenza di specchi e di carte

    geografiche unoperazione mirante a un discorso meta-artistico.

    Nel panorama pittorico lo specchio ha sempre avuto, come prima funzione, quella di

    mimesis della realt, ma nella pittura del XVII secolo stato investito di connotazioni

    supplementari che lo hanno reso uno strumento semiotico. A questo proposito

    opportuno affrontare uno dei motivi ricorrenti nel Seicento in pittura e cio la presenza

    dello specchio nella natura morta.

    Il quadro di Juan de Arellano Florero (fig.6) presenta tre mazzi di fiori, di cui uno in

    realt unimmagine allo specchio. Lo specchio non riproduce tutta la

    rappresentazione, ma si limita a darne solo unimmagine frammentata, avendo una

    posizione obliqua. Forse il quadro vuole dimostrare che anche la pittura, come la

    scultura, in grado di offrire una pluralit di punti di vista. Il mazzo di fiori, per quanto

    una volta riflesso, non potrebbe mai essere paragonato a una scultura per il semplice

    motivo che la natura morta [ne] era aprioristicamente esclusa.

    17

  • La natura morta e il Florero di Arellano una natura morta un genere pittorico e

    la si pu considerare per definizione un genere metapittorico24

    Fig. 6 Juan de Arellano, Florero, 1665, La Corua, Museo Municipale.

    Il quadro ha un valore paradigmatico: se ogni natura morta un para-ergon,

    linserimento dello specchio nellambito stesso della rappresentazione equivale a un

    para- di un para-ergon

    Per para-ergon (para = contro; ergon = opera) si intende ci che si aggiunge allopera

    e, nello stesso tempo, ci che le si contrappone.25 Lo specchio di de Arellano gioca con

    questo paradosso: proprio come il quadro anche lo specchio presenta una cornice e il

    bordo di sinistra tocca la cornice del quadro. Uno dei due bouquet si riflette

    parzialmente nella superficie specchiante, mentra laltro sfiora lo specchio. Esso

    quindi, come il quadro, una superficie di rappresentazione e perci strumento e segno

    di metapittura.

    24 Stoichita (1998).25 Id. L'autore cita la definizione di parergon proposta da Jacques Deridda: Un parergon va contro,

    accanto, in aggiunta allergon, al lavoro compiuto [...] ma non rimane in disparte, bens entra in contatto e coopera in La verit en peinture, Paris, 1978, p.63 (trad. it. La verit in pittura, Roma s. d.).

    18

  • Unaltra immagine che viene percepita come segno la carta geografica che, inserita

    allinterno di un dipinto, pu implicare una riflessione sullo statuto dellimmagine.

    Nel Panorama e pianta della citt di Toledo di El Greco (fig.7) presente un dialogo

    tra limmagine-cornice, veduta panoramica della citt di Toledo, e la rappresentazione

    cartografica della stessa citt. Il foglio di pergamena, posto nellangolo destro del

    quadro, propone in una superficie verticale quello che il quadro rappresenta nel senso di

    profondit.

    Nel quadro lantica capitale spagnola riconoscibile grazie agli edifici pi

    rappresentativi: lAlcazr e la Cattedrale, sedi del potere temporale e spirituale, ed

    presente anche una rappresentazione simbolica per ricordare le origini sante della

    citt.

    Fig. 7. Dominikos Theotokopulos detto El Greco, Panorama e pianta di Toledo, 1610-14 circa, Toledo, Museo El Greco.

    Tra la veduta della citt di Toledo e la sua immagine cartografica intercorre un rapporto

    fondamentale per la comprensione del senso dellintera opera. La Toledo-carta

    geografica non copre, non occulta la Toledo-dipinta: esiste una zona di contatto, ma non

    di sovrapposizione.

    Sia la veduta che la pianta hanno come referente in comune la citt, ma nessuna delle

    due in grado di rappresentarla integralmente: la vera Toledo si trova nel punto in cui

    le due rappresentazioni convergono. La carta geografica ha la funzione di segno perch

    19

  • permette di interpretare in maniera corretta lintero dipinto: essa una superficie di

    rappresentazione portata dentro il quadro.

    Il suo ruolo sembra quasi quello di imporre allo spettatore una scissione dello sguardo,

    una specie di viaggio ottico tra due sistemi di rappresentazione tra loro correlati.

    Gli elementi metapittorici offrono, quindi, la possibilit alla pittura di parlare di se

    stessa e di svelare i propri artifici.

    Il periodo meta-artistico della pittura europea, che vede il suo culmine nel XVII secolo

    in Olanda, arriva a meditare anche sul ruolo del pittore allinterno della

    rappresentazione e sullatto del dipingere.

    Fig. 8 Diego Velzquez, La famiglia di Filippo IV (o Las menias), 1656, Madrid, Prado.

    20

  • Las Menias (fig.8) di Velazquez il prototipo esemplare della pittura sulla pittura e

    viene interpretato nella maniera corretta se si adoperano gli strumenti stessi della

    pittura: tramite essi lopera di Velazquez svela il proprio senso e il suo fascino. Nella

    apparente libert che il dipinto lascia allo spettatore-interprete c volont di farlo

    meditare sul paradosso della rappresentazione.

    Il pittore in piedi davanti al cavalletto, posto in una sala con alcuni quadri alle pareti

    che rappresentano due allegorie della creazione artistica messa a confronto con la

    creazione divina.

    rappresentato in un momento di sosta ed perfettamente visibile allo spettatore: la

    sua scura sagoma, il volto chiaro, segnano uno spartiacque tra il visibile e linvisibile26.

    Il suo sguardo invece di fissarsi sullimmagine da dipingere, penetra nello spazio di chi

    guarda, fissa un punto invisibile che gli spettatori possono facilmente individuare

    perch corrisponde con loro stessi.

    In primo piano a sinistra presente il retro della tela che arriva a toccare quasi la

    superficie del quadro reale, di cui occupa una buona parte, mentre la parte centrale

    occupata dallinfanta Margherita e dal suo seguito che sono rappresentati in un

    momento di svago. Anche la loro attenzione rivolta allesterno del quadro, dove si

    presuppone ci siano i modelli del pittore: la coppia dei sovrani.

    propria questa immagine che appare riflessa nello specchio appeso nella parete di

    fondo, ma lo specchio riflette realmente quello che si trova al di l della tela?

    In realt, grazie a studi geometrici, stato dimostrato che esso riproduce un frammento

    di quello che il pittore intento a dipingere nel quadro, di cui noi vediamo solo il retro.

    Velazquez riprende lidea di specchio riflettente dal celebre dipinto di Van Eyck I

    coniugi Alnorfini (fig.9), ma ne ribalta la funzione: quello che riprodotto, infatti, non

    la realt, ma la pittura.

    La parete di fondo presenta il trinomio quadro, specchio, porta , oggetti che assumono

    valenze metapittoriche: il vano della porta instaura una frattura in fondo al quadro dal

    momento che si presenta, in rappporto alla specchio e alle tele appese, come un foro.

    Tutto ci che accade in questo ultimo piano comprensibile solo se si considera il

    quadro, nella sua globalit, come una messa in scena del lavoro dellartista.

    26 M. Foucault (1977), Le parole e le cose, Rizzoli, Milano, p.8.

    21

  • la dynamis dellatto stesso del fare, in sospeso tra la tavolozza e la tela, al centro di

    una sala con i quadri alle pareti, uno specchio, porte, finestre, al cospetto di uno

    spettatore invisibile, ma necessariamente presente27

    Dal vano della porta fuoriesce una figura (Jos Nieto y Velazquez) che osserva dalla

    cornice della porta ci che lo spettatore-interprete osserva dalla cornice del quadro: se

    davanti ai nostri occhi si svela uno scenario di produzione in prima persona, Nieto lo

    percepisce alla rovescia, come uno scenario in terza persona. Egli vede il pittore alle

    spalle, ma ha un vantaggio che noi, spettatori, non avremmo mai: quello di vedere il

    dritto del quadro in cui il pittore sta lavorando.

    Fig.9 Jan van Eyck, I coniugi Arnolfini, 1434, Londra, National Gallery.

    Las Menias mette in gioco i limiti della rappresentazione: specchio e cornici, ognuno a

    proprio modo, tematizzano la tensione tra la presenza e lassenza dellimmagine.

    27 Ibidem, p.248.

    22

  • La tematizzazione dello scenario di produzione segna il compimento degli sforzi

    autoriflessivi della pittura, presenti soprattutto nei Paesi Bassi e in Spagna, aree

    geografiche periferiche dell'Europa del tempo, che si distaccarono dallarte italiana per

    compiere una meditazione sul piano metapittorico dellarte.

    Le questioni aperte da questo genere di riflessioni sono vissute direttamente

    dallimmagine: raddoppiamento e opposizione, ricerca sulle possibilit di

    comunicazione, di assorbimento dello spettatore e delle tracce dellautore sono solo un

    elenco incompleto delle componenti presenti nellingranaggio meta-artistico.

    Las Menias segna per lo studioso Foucault lavvento della pittura come pura

    rappresentazione, sganciata dallonere della somiglianza e capace di costruire

    autonomamente una storia della visione, con diverse soglie di visibilit: minime, ad

    esempio in certi quadri nello sfondo, massime, nella restituzione, grazie allo specchio,

    dei simulacri del re e della regina.

    Lo spazio tuttavia ancora percepito secondo le intelaiature prospettiche di simulazione

    della profondit.

    Fig.10 E.Manet, Un bar aux Folies-Bergre, Parigi, Museo DOrsay

    Nella produzione di Manet, invece, e particolarmente nellopera Un Bar alle Folies-

    23

  • Bergre (fig.10), lo spazio porta tutto in primo piano, eliminando le coordinate

    prospettiche. Lo specchio rafforza la scelta di negare la profondit, infatti non solo non

    si vede ci che appare dietro la donna, ma alle sue spalle non si vede se non ci che le

    sta dinnanzi.

    In questo aspetto il quadro appare lopposto delle Menias di Velazquez, dove loggetto

    dello sguardo intuibile solamente dallimmagine appannata sullo sfondo. In Manet,

    linterlocutore di Suzon (la donna del Bar) sospinto in una zona impossibile da

    raggiungere.

    Foucault analizzando i quadri di Manet sostiene che il pittore, come gli artisti

    fiamminghi nel XVII secolo, ha fatto giocare nella rappresentazione gli elementi

    materiali fondamentali nella tela. Lo spettatore davanti ai suoi quadri mobile e la tela

    nella sua fisicit gioca con tutte le propriet della rappresentazione.

    Manet, con le sue immagini, stava creando, inventando la tela-oggetto, la pittura-

    oggetto. Era questa la condizione fondamentale affinch un giorno ci si sbarazzasse

    della rappresentazione per lasciare giocare lo spazio con le sue propriet pure e

    semplici, le sue stesse propriet materiali.28

    28 Foucault (2005).

    24

  • 3. Semiotica figurativa e semiotica plastica

    Se una delle ragion dessere della semiotica consiste nel chiamare in causa nuovi campi

    dindagine del mondo e nellaiutarli a costruirsi in discipline autonome, si riconoscer

    che il dibattito sulla natura del linguaggio pittorico sempre pi attuale. Fondamentale

    in tal proposito il saggio Semiotica figurativa e Semiotica plastica di Algirdas-Julien

    Greimas (1984), il quale ha fornito le basi per una semiotica dei testi visivi

    strutturalmente intesa.

    generalmente accettato definire la semiotica visiva non come una semiotica del

    linguaggio: essa non postula lesistenza di un linguaggio visivo che si distinguerebbe a

    priori, e in modo radicale, dal linguaggio verbale. E nemmeno come una semiotica

    del visibile, cio un approccio alla materia o alla sostanza percettiva nel senso

    hjemsleviano dei termini. La semiotica visiva vuole essere una disciplina della forma,

    per riprendere unespressione di Algirdas-Julien Greimas, che mira ancora una volta a

    riconoscere i sistemi di relazioni sensibili e intelligibili cio di espressione e di

    contenuto che costituiscono le semiotiche figurative o plastiche, cos come esse

    vengono manifestate e presupposte da quei segni che sono le opere individuali o

    collettive.

    Per la semiotica di stampo greimasiano, inoltre, il riconoscimento delle immagini non

    dipende dalla loro somiglianza con ci che rappresentato, ma deriva da una

    convinzione culturale. Esso deriva dallapplicazione di una griglia di lettura, che ci

    rende il mondo intelligibile, e, se proiettata su una superficie piana, ci permette di

    vedere simultaneamente un fascio di tratti distintivi e di interpretarli come una figura

    del mondo naturale.

    Quanto detto mette in evidenza come anche in una tale lettura avviene una relazione

    segnica, una semiosi, vale a dire unoperazione che, congiungendo un significante a un

    significato, ha come effetto la produzione dei segni: la griglia seleziona dei fasci di tratti

    visivi che costituisce in formanti figurativi, attribuendo loro dei significati. La

    costruzione dei formanti non altro che unarticolazione del significante planare e sono

    dunque figure del piano dellespressione le quali, inquadrate nella griglia di significato,

    25

  • permettono il riconoscimento delle figure dando avvio allanalisi figurativa. In base ai

    gradi di figurativit dei formanti si possono avere pertinenze diverse. Di base un

    formante pertinente quando il numero di tratti minimo, necessario e sufficiente per

    permettere la sua interpretazione come rappresentante di un oggetto del mondo naturale.

    Questo modo di lettura pu dar luogo a eccessi e a insufficienze: si avr un effetto di

    realt con un formante iconico o unastrazione con un formante non figurativo. Dato

    che questo modo di lettura ha come effetto di produrre la semiosi, ci troviamo in

    presenza di una semiotica che si pu definire semiotica figurativa. In altre parole essa

    studia il modo in cui riusciamo a interpretare determinate configurazioni visive (insieme

    di linee e colori) come segni di oggetti del mondo reale.

    Ma cosa sta sotto il livello figurativo di unimmagine, cio sotto la possibilit di

    riconoscervi oggetti dellesperienza sensibile? Cosa succede quando si sceglie come

    corpus da analizzare un certo numero di superfici non-figurative?

    Per rispondere a questi interrogativi Greimas distingue il livello plastico da quello

    figurativo con lidea di individuare unit pertinenti del piano dellespressione dei testi

    visivi che siano pi piccole e pi generali delle figure del mondo (unit minime

    analoghe alle unit minime delle lingue naturali che sono i fonemi). Egli oper questa

    distinzione cosciente che la semiotica della pittura non si esaurisse con lordine

    figurativo; anzi potremmo dire che comincia proprio nel momento in cui mettiamo tra

    parentesi i contenuti rappresentati nominabili e iniziamo a considerare limmagine per

    ci che , per ci che essa pu dire solo attraverso i suoi strumenti specifici.

    La semiotica plastica, quindi, parte dal presupposto che sia possibile considerare il

    piano plastico29 dellimmagine come linguaggio gi significante, portatore di per s di

    una propria significazione che si situa a un livello pi profondo e pi astratto, i cui

    risultati potranno essere eventualmente affiancati a quelli derivanti da una lettura

    figurativa. La semiotica plastica dunque il linguaggio secondo, il linguaggio altro

    elaborato a partire dalle dimensione figurativa.

    Lo studio dellespressione del livello plastico di unimmagine comincia nellindividuare

    degli strumenti di descrizione, una serie di punti di riferimento fissi che ci

    29 Per plastico Greinas intende lorganizzazione di linee, colori, spazi di un testo indipendentemente dalla riconoscibilit o meno in esso di figure del mondo naturale (Greimas 1984). Il termine plastico non ha nulla a che vedere con la scultura e con le arti plastiche in genere.

    26

  • accompagnano in tutte le nostre analisi: le cosiddette categorie plastiche. Secondo

    Thrlemann (Thrlemann 1982) le categorie plastiche si possono innanzitutto

    distinguere in

    1. costituzionali: sono quelle che ci permettono di considerare gli elementi come

    unit isolabili, indipendentemente dal contesto in cui si trovano. Esse ci

    permettono di descrivere le forme e colori;

    2. non costituzionali: sono di natura topologica e definiscono alcuni aspetti relativi

    dellelemento ( posizione, orientamento, ecc).

    Quelle costituzionali si distinguono poi in due ulteriori tipi:

    a. costituenti: quando le superfici hanno una funzione isolante e discriminante

    ( linee e contorni)

    b. costituite: quando le superfici hanno una funzione individuante e integrante (in

    quanto superfici piane).

    Insomma prima del nostro riconoscimento esistono solo macchie di colore: i colori

    vengono descritti dalle categorie cromatiche che quindi sono costituenti. Le linee e i

    contorni vengono solo in un secondo momento: per questo sono costituite e vengono

    descritte attraverso le categorie eidetiche.

    Lesplorazione del significante plastico inizia con la costruzione delle condizioni

    topologiche della produzione cos come della lettura delloggetto planare. Esso resta

    insufficientemente definito finch non circoscritto, delimitato, separato da ci che non

    ; qui che si parla di formato-cornice o, in termini semiotici della chiusura

    delloggetto. Questo un atto deliberato dal produttore che, situatosi lui stesso nello

    spazio dellenunciazione fuori-quadro, instaura, attraverso una sorta di dbrayage,

    uno spazio enunciato di cui sar il solo responsabile. A partire dalla cornice, che separa

    loggetto da ci che fuori, il testo viene segmentato mediante una griglia topologica,

    virtualmente sottesa alla superficie offerta alla lettura. Cos si individuano le categorie

    topologiche le quali possono essere rettilinee: alto/basso e destra/sinistra; o curvilinee:

    periferico/centrale e circoscrivente/circoscritto.

    Esse strutturano lintera superficie inquadrata tracciandovi gli assi o delimitandovi le

    aree, assolvendo cos la duplice funzione di segmentare linsieme delle parti concrete e

    di orientare eventuali percorsi di lettura. Le categorie eidetiche definiscono le

    27

  • configurazioni a livello della forma (concavo/convesso) e dei contorni (retto/curvo).

    Quelle cromatiche riguardano le propriet del colore, che in semiotica perde la sua

    unicit e diviene forma e quindi scomponibile e analizzabile in tratti distintivi

    (acromatici/cromatici, luminosit e saturazione). Va da s che il riconoscimento delle

    caratteristiche topologiche, eidetiche e cromatiche, che costituiscono il livello

    fondamentale della forma del significante, non esaurisce la sua articolazione. Fra queste

    forme plastiche occorre riservare un posto a parte ai formanti plastici comparabili ma

    diversi dai formanti figurativi organizzazioni particolare del significante che si

    definiscono unicamente per la loro capacit di congiungersi con dei significati e di

    costituirsi in segni. Questo vuol dire che non tutti i tratti grafici, sfumature, linee sono

    formanti plastici allinterno del testo in cui si trovano, ma solo quelli suscettibili di

    essere investiti di valore sul piano del contenuto. Ora un formante plastico pu

    rimandare ad un contenuto sostanzialmente: o perch c una convenzione che lo lega

    simbolicamente a un significato; o secondo un meccanismo semi-simbolico che prevede

    cio non un rapporto uno a uno tra tratto del significante visivo e tratto del significato,

    ma una categoria dellespressione rimanda a una categoria del contenuto.

    Fig. 11 W. Kandinsky, Composizione IV, 1911. Dusseldorf, Kunstsammlung Nordrhein-Westfallen

    28

  • In questo caso i formanti plastici si organizzano per contrasti, per opposizioni, che

    rimandano a contrasti e opposizioni sul piano del contenuto.

    Un esempio di analisi plastica quella fatta da Floch del dipinto di Wassily Kandinsky

    Composizione IV (fig.11), del 1911.30

    La prima cosa che si deve fare quando si analizza un testo individuare le parti che lo

    compongono. In questo modo potremo isolare le singole parti e analizzarle una alla

    volta o fare dei confronti fra di esse. Questa operazione detta segmentazione. Floch

    nota che nelle diverse parti del quadro dominano certe forme piuttosto che altre; cos

    decide di segmentare il dipinto in base ai contrasti plastici, al fatto cio che in una parte

    del quadro gli elementi assumono determinati valori plastici (linee numerose, corte,

    ravvicinate che si intersecano spesso), mentre nellaltra assumono valori opposti (linee

    meno numerose, lunghe e che non si intersecano mai). In questo modo si pu dividere il

    quadro in due parti: quella di destra e quella di sinistra, separate dalle due lunghe linee

    nere parallele che si trovano al centro del quadro. C inoltre una terza parte compresa

    tra le due linee nere in cui incontriamo sia alcune caratteristiche della parte di destra che

    di quella sinistra. Compiuta la segmentazione, Floch passa a ipotizzare quale possa

    essere il significato del dipinto. Il compito difficile perch Composizione IV, pur non

    essendo un quadro non figurativo, caratterizzato da una forte astrazione. Iniziamo con

    lanalizzare la serie di linee che si trovano nella parte superiore del dipinto. Si tratta di

    formanti figurativi di due cavalieri. Quella dei cavalieri una delle immagini pi

    ricorrenti in Kandinsky e vengono rappresentati generalmente in due modi: o da linee

    lunghe e separate, in cui il tema principale la corsa o lo slancio; o da linee

    aggrovigliate e attraversate da un elemento stretto e lungo. Nel quadro in analisi i

    cavalieri vengono rappresentati in questo secondo modo. Nel resto del quadro non ci

    sono pi formanti figurativi, ma formanti plastici che ci permettono di spiegare le varie

    parti del quadro. A sinistra i due pendii contrapposti servono da sfondo a un

    combattimento tra Bene e Male. Il pendio ispido si trova nella parte del Bene, quello

    smussato dalla parte del Male. Larcobaleno collegato allalba, cio alla negazione

    della notte. Nella parte sinistra tutti i formanti dunque hanno un unico tema: lo scontro

    fra le forze del Bene (o della Vita) e le forze del Male (o della Morte). Nella parte destra

    30 Cfr. Floch (1985).

    29

  • la coppia allungata in basso rappresenta, qui come in altri dipinti, la posta in gioco di un

    confronto, mentre le due figure giustapposte, che si trovano in alto, ricordano numerose

    rappresentazioni di santi. Nella parte destra, quindi, il significato tematico sembra

    essere quello della felicit, che risulta dalla negazione della Morte. Nella parte centrale

    il poligono che si trova sopra il monte blu ha un significato legato allidea di

    palingenesi, di fine di un vecchio mondo e inizio di una nuova era. Le figure bianche

    sotto hanno caratteristiche sia dei formanti della parte destra che di quelli della parte

    sinistra. Floch ne conclude che il significato della parte centrale quello dellistanza da

    cui partono i momenti descritti nella parte sinistra e in quella destra: della ricompensa

    per gli eroi e punizione per i traditori.

    Dopo lanalisi del contenuto Floch esegue quella dellespressione plastica, che gli

    permette di dimostrare che la parte destra e quella sinistra sono caratterizzate da valori

    plastici opposti:

    linee: a destra si intersecano mentre a sinistra si congiungono;

    colori: a sinistra hanno una scarsa estensione mentre in quella destra hanno

    molta estensione.

    Tenendo presente quanto detto a proposito del significato tematico delle parti che

    compongono il dipinto, vediamo che ci troviamo di fronte a un sistema semi-simbolico

    in cui i contrasti sul piano dellespressione si legano a contrasti sul piano del contenuto.

    A questo punto possiamo proiettare la categoria vita/morte sul quadrato semiotico e

    leggere il dipinto da sinistra verso destra, ottenendo un percorso narrativo che dalla

    morte ci porta, attraverso la negazione della morte stessa, alla vita.

    Il lavoro sui testi plastici ci ha portato a riflettere, inoltre, su un altro modo di

    manifestazione della spazialit, non compreso nel concetto di spazializzazione messo

    a punto dalla teoria greimasiana, in quanto dipendente dalla categoria

    figurativo/astratto. Quei fenomeni di spazializzazione, estranei al problema della

    figurativit, sono indicati con il termine di topologia planare. Quando ci si occupa di

    opere dette figurative bisogna distinguere allora due tipi di spazialit: spazio simulato e

    topologia planare, che ci permettono di dare una doppia lettura ad ogni figura dipinta.

    Un esempio di questa riformulazione del concetto di spazializzazione portato avanti da

    Thrlemann nellanalisi del dipinto attribuito a Jan Welles de Cock, Loth e le figlie

    30

  • (fig.12).31

    Fig.12 Jan Welles de Cock, Loth e le figlie, ca. 1509, Parigi, Louvre

    Egli effettua inizialmente una segmentazione della superficie pittorica secondo le

    categorie plastiche destra vs sinistra e basso vs alto, resa possibile dallindividuazione di

    31 Corrain (2004).

    31

  • due assi, quello verticale e quello orizzontale, marcati da indici figurativi come lalbero,

    la linea dorizzonte e il tetto della tenda. Con le categorie topologiche, eidetiche e

    cromatiche riesce a individuare rapporti, opposizioni ed iterazioni delle figure del

    quadro a livello semantico. Ci gli consente di mostrare lesistenza di una rete

    relazionale di ordine tematico soggiacente alla rappresentazione, portatrice di un altro

    livello di significazione rispetto a quello che pu ricostruire una lettura effettuata

    secondo le leggi della figurativit illusiva, e che indica inoltre uninterpretazione

    essenzialmente diversa dal testo biblico. Il dipinto, infatti, attraverso la strutturazione

    della superficie in quattro settori rinvianti a quattro distinti concetti tematici

    distruzione (della citt), conservazione (della forma dellessere umano), generazione

    (della razza) e decomposizione (dei corpi) e larticolazione del campo sociale e

    individuale tramite lomologazione tra albero vivo/albero morto e coppia

    incestuosa/scheletro dellanimale, addita lineluttabile destino di morte dellindividuo,

    e non pi la sopravvivenza della razza, il momento finale del racconto pittorico, che si

    conclude cos, a differenza di quello biblico, con un atto disforico. In questo modo il

    quadro, pur continuando a leggersi come rappresentazione verosimile di una scena

    narrativa, rileva nello stesso tempo le strutture astratte, larchitettura logica sulla quale

    si articola il racconto raffigurato, che permettono la lettura seconda del dipinto.

    32

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