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Anno accademico: 2012/2013
Docente: Geoffrey Allen
Panorama del Nuovo Testamento
Modulo 1
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Panorama del Nuovo Testamento
Modulo 1
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I VANGELI SINOTTICI
(Matteo, Marco, Luca)
BIBLIOGRAFIA
(per lapprofondimento)
AUTORE TITOLO E CASA EDITRICE
Harrison, E.F.
Parola del Signore 2: Introduzione al Nuovo
Testamento. Modena, Voce della Bibbia, 1972
(fuori stampa)
Alexander, David e Pat (a
cura di)
Guida alla Bibbia. Roma, Ed. Paoline, 1982 (fuori
stampa)
Marshall I., Millard A.,
Packer J. e Wiseman D. (a
cura di)
Nuovo Dizionario Biblico. Roma. GBU, 2008.
Drane, John Ges e i quattro Vangeli. Torino, Claudiana, 1986
Guthrie D. / Motyer J.A. (
a cura di )
Commentario Biblico, vol. III. Modena, Voce della
Bibbia, 1976 (fuori stampa)
Walvoord J. / Zuck R. Investigare le Scritture vol. 2. Vicenza, Casa
Biblica, 2002.
AA.VV. Commentari al Nuovo Testamento. Roma, Ed. GBU
Lagrange, M-J. (a cura di)
Sinossi dei Quattro Evangeli. Brescia, Morcelliana,
1970 (fuori stampa. Una compilazione sinottica
dei quattro Vangeli, a cura di Antonio Piacentini,
disponibile a richiesta dal docente del presente
corso)
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1. INTRODUZIONE: LAMBIENTE E LA LINGUA DEL NUOVO
TESTAMENTO
1.1 Il contesto storico
Dopo la conquista e la distruzione di Gerusalemme da parte dei Babilonesi nel
587 a.C., i Giudei non furono mai pi una nazione indipendente. Il ritorno (solo di
una parte del popolo) dallesilio in Babilonia avvenne comunque sotto il dominio
medo-persiano. La conquista di questo impero da parte di Alessandro Magno (331
a.C.) segna linizio del dominio ellenistico del Medio Oriente, importante perch
da esso deriva luso del greco come lingua franca.
Dopo la morte di Alessandro senza lasciare eredi (323), lenorme impero da lui
conquistato fu diviso tra i suoi generali, che divennero fondatori di altrettante
dinastie: Tolomeo (Egitto), Seleuco (Siria) e Antigono (Macedonia). La Giudea
faceva parte dellimpero dei Seleucidi, i quali seguirono una politica aggressiva di
ellenizzazione (introduzione forzata di costumi greci). Nel 2 secolo a.C., Antioco
IV estese questa politica alla sfera religiosa, profanando il Tempio di
Gerusalemme (come era stato profetizzata da Daniele) e provocando cos la rivolta
dei Maccabei (175-164), membri di una famiglia sacerdotale costituitisi poi leader
politici, come raccontata nellomonimo libro apocrifo.
Nel 64 a.C. la Siria, e quindi anche la Giudea, fu conquistata dai Romani. Essi
stabilirono come procuratore della Giudea Antipatro, e successivamente come re-
suddito suo figlio Erode I detto il Grande (37-4 a.C.). Egli dovette per prima
sconfiggere ed eliminare il candidato dei Parti, Antigono, un discendente dei
Maccabei. Fu Erode a ricostruire e ampliare il Tempio di Gerusalemme (a partire
dal 19 a.C.). Egli per non era Giudeo, bens di estrazione edomita.
Erode I fece uccidere tre dei propri figli (Alessandro, Aristobulo e Antipatro), e alla
sua morte il regno fu diviso tra altri tre suoi figli. La Galilea e la Perea (la regione
ad est del Giordano) furono affidate ad Antipa, detto anche Erode il Tetrarca
(esiliato 39 d.C.), il quale fu responsabile della morte di Giovanni Battista
(decapitato nella sua fortezza a Macheronte, sulla sponda orientale del Mar
Morto); i territori a nord-est (Iturea e Traconitide) andarono a Filippo (Lc 3:1), che
stabil la propria capitale a Cesarea di Filippo. La Giudea e la Samaria furono dati
ad Archelao (4 a.C.-6 d.C.) (Mt 2:22), il quale per si rivel cos sanguinario da
provocare la rivolta dei Giudei, che si appellarono ai Romani perch fosse
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destituito. Fu quindi mandato in esilio e fino al 41 d.C. quei territori furono
affidati a governatori romani (dei quali il pi noto Ponzio Pilato).
Nel 37 Erode Agrippa, nipote di Erode il Grande dal figlio Aristobulo, fu costituito
dallimperatore Claudio re dei territori a Nord-Est che erano stati di Filippo; dopo
lesilio di Antipa (39) vi furono aggiunti anche la Galilea e la Perea, e nel 41 anche
la Giudea e la Samaria. La sua morte improvvisa allet di 54 anni raccontata in
Atti 12:20 (e anche da Giuseppe Flavio). Sal allora al trono suo figlio Erode
Agrippa II, le cui udienze del prigioniero Paolo sono raccontati in Atti capp. 25-26.
Al tempo del Nuovo Testamento, tra i raggruppamenti principali nel giudaismo
erano:
I Farisei (spesso associati agli scribi) erano il partito religioso, stretti osservatori
della Legge, nella tradizione fondata da Esdra.
I Sadducei erano il partito dei sacerdoti e dei capi benestanti, che dominavano il Sinedrio; essi discendevano dai Maccabei nel loro ruolo pi recente di capi
politici. Erano pesantemente compromessi con i Romani, dai quali derivava il
loro potere (cfr. Gv 11:49-50).
Gli Zeloti, la resistenza politico-militare al dominio romano, si consideravano gli eredi spirituali dei Maccabei del periodo pi antico. Essi guidarono la rivolta
armata contro i Romani a partire dal 66 d.C. Uno dei 12 discepoli, Simone detto
lo Zelota (Lc 6:15, Atti 1:13; detto anche il Cananeo, dallaramaico qanan,
zelota o zelante, Mc 3:18, Mt 10:4), proveniva da questa origine.
Gli Esseni (mai nominati nel N.T.) erano asceti mistici che vivevano ricercando la
purezza religiosa e morale e si consideravano gli unici in Israele ad essere
rimasti fedeli al patto, oltre che gli unici a poter capire i misteri dellA.T. Si
ritiene che la comunit di tipo monastico di cui si sono scavati i resti a Qumran,
nel deserto della Giudea, e alla quale appartenevano presumibilmente i rotoli
del Mar Morto ritrovati nelle grotte l vicino, rappresentasse questo
movimento. Alcuni studiosi ritengono che Giovanni Battista possa aver passato
l la sua giovinezza (cfr. nel deserto, Lc 1:80).
1.2 La lingua
Il Nuovo Testamento fu scritto nella forma di greco chiamata koine (comune),
una semplificazione del dialetto attico in cui scritto gran parte della letteratura
classica. Tale dialetto era diventata la lingua dellamministrazione pubblica, del
commercio e della comunicazione quotidiana tra popoli che parlavano molte
lingue diverse (un po come linglese oggi). Ai tempi del Nuovo Testamento i
Giudei erano in gran parte bilingui, tanto che esistevano in Giudea sinagoghe
dove si usava il greco (Atti 6:1, 9:29). verosimile che Ges sapesse il greco oltre
allaramaico e allebraico (che era la lingua biblica e liturgica).
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Il linguaggio del Nuovo Testamento non dunque religioso, formale o letterario,
ma al contrario la lingua della comunicazione quotidiana, scritta per in gran
parte da persone che non la usavano in famiglia.
2. LA RELAZIONE TRA I VANGELI SINOTTICI
2.1 Il Vangelo
Questa parola (= buona notizia) usata nel N.T. per indicare il messaggio della
salvezza in Cristo annunciato da Lui e dagli Apostoli. Nel N.T. viene usata sempre
al singolare: vi un solo Vangelo (cfr. Gal. 1:8). Luso della parola per indicare
ciascuno dei primi quattro libri del N.T. inizia solo al 2 secolo d.C.
Questo unico Vangelo lo troviamo narrato da quattro autori in quattro versioni
diverse, non divergenti ma convergenti: il vangelo secondo .... Tre delle
versioni presentano notevoli somiglianze, per cui sono dette sinottiche (dallo
stesso punto di vista), mentre la quarta (Giovanni) ha una prospettiva molto
diversa:
o perch lautore non voleva ripetere tante cose gi dette da altri (se, come
comunemente si ritiene, il 4 Vangelo fu scritto molto pi tardi degli altri);
o perch fu scritto in modo indipendente, prima della diffusione delle altre
versioni (lipotesi di J.A.T. Robinson in Redating the New Testament, 1976).
2.2 Confronto fra i Vangeli Sinottici
A. I fatti
Quasi tutto il contenuto di Marco viene riprodotto da Matteo, e gran parte anche
da Luca. Questo schema, dovuto a Westcott (vedi Harrison, pag. 149) d unidea
della situazione (cifre in percentuali):
Peculiarit Parallelismi
(con altri Vangeli)
Marco 7 93
Matteo 42 58
Luca 59 41
Giovanni 92 8
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Tuttavia, nei brani paralleli, Marco tende a riferire pi dettagli degli altri due
Sinottici (ad es.: Mc 9:14-29, 12:32-34).
Inoltre circa 200-250 versetti sono paralleli tra Matteo e Luca, sebbene a volte in
forma talvolta differente. Queste sezioni contengono soprattutto i discorsi di Ges
(mentre Marco ne privilegia le azioni). Naturalmente le differenze si potrebbero
spiegare, almeno in parte, dalla probabilit che Ges abbia ripetuto gli stessi
discorsi e insegnamenti in pi occasioni e cambiandone le forme. In alcuni casi
questa spiegazione si impone con forza: ad es. nei casi del Sermone sul Monte
(Mt capp. 5-7) e il Sermone sulla pianura (Lc 6:20-49), delle due forme diverse
del Padre nostro (Mt 6:9-13, Lc 11:2-4), o delle parabole simili ma diverse dei
Talenti (Mt 25:14-30) e delle Mine (Lc 19:11-27).
B. Le teorie
largamente accettata lipotesi secondo la quale Marco sarebbe la versione pi
antica, usata poi come fonte sia da Matteo, sia da Luca. Tale ipotesi sostenuta
da due considerazioni:
i dettagli contenuti solo in Marco, verosimilmente omessi dagli altri come non
essenziali, mentre invece difficile supporre che Marco li abbia aggiunti alla
versione trovata in (ad es.) Matteo, omettendo nello stesso tempo tutti gli
insegnamenti contenuti in Matteo;
se Marco fosse una riduzione di Matteo, difficilmente sarebbe stato accettato
come canonico per quelle poche cose che contiene in esclusiva.
Se invece il materiale comune fosse soltanto derivato da una fonte orale comune,
sarebbe difficile spiegare il linguaggio quasi identico. Luca 1:1 afferma che,
quando egli si mise a scrivere, gi esistevano narrative scritte del Vangelo, che
presumibilmente furono consultate da lui.
Per il materiale comune tra Matteo e Luca, sono possibili tre ipotesi:
1. Matteo consult Luca;
2. Luca consult Matteo;
3. Entrambi consultarono una fonte comune (comunemente chiamata Q, dal
tedesco Quelle = fonte).
Questultima ipotesi generalmente considerata la pi verosimile. (Per una
discussione pi dettagliata, vedi Harrison, pagg. 153-158).
Da notare per che, se questa ipotesi esatta, impossibile sapere:
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a) quanto del materiale contenuto nellipotetica Q era identico, o simile, a quello
di Marco. (Talvolta Q cio Matteo e Luca concordemente riporta lo stesso
episodio in una versione diversa da quella di Marco.)
b) quanto materiale riportato solo da Matteo, o solo da Luca e quindi attribuito
alle loro rispettive fonti esclusive (dette M e L) provenga in realt da Q,
ma sia stato utilizzato solo dalluno o dallaltro.
Qualcuno ha identificato Q con il documento di Matteo di cui Papia (135 d.C.
ca.., citato da Eusebio) scrisse: Matteo mise insieme gli oracoli [o detti] in lingua
ebraica [?aramaica?], e ognuno li interpret [o tradusse] come meglio poteva. Ma
Q potrebbe essere comunque una fonte o tradizione orale.
In conclusione, sembra piuttosto verosimile questo schema ipotetico:
fonti esclusive (M) Marco Q fonti esclusive (L)
Matteo Luca
2.3 Critica delle forme
stata dedicata molta attenzione negli ultimi decenni alla critica delle forme,
con la quale si spera di risalire alla fase orale della trasmissione del Vangelo,
immaginando anche il tipo di situazione in cui il brano pu essere stata utilizzata
nella predicazione o nellinsegnamento. Sono state avanzate pretese esagerate
per questo tipo di analisi, tuttavia lo studio ad es. delle parabole, dei detti (tipo
proverbio) di Ges, dei miracoli, ecc. pu avere qualche utilit. In particolare, sono
stati fatti vari tentativi di ricostruire la forma originale in aramaico dei detti di
Ges, e di trovarvi una forma poetica o mnemonica. Ovviamente, ogni tentativo
del genere rimane unipotesi non dimostrabile che pu essere pi o meno valida. I
tentativi di alterare il testo greco in base a tali ricostruzioni sono comunque poco
attendibili.
3. INTRODUZIONE AI SINGOLI VANGELI
3.1 Marco
Autore: Giovanni Marco fu un compagno dopera prima di Paolo (At. 13:5, Col.
4:10, Filem. 24) e poi di Pietro (1 Pt. 5:13). Fu cugino di Giuseppe detto Barnaba
(Col. 4:10), un facoltoso Ebreo (Levita) di Cipro (At. 4:36). La casa di sua madre
Maria a Gerusalemme era un punto dincontro per i credenti di quella citt (At.
12:12). abbastanza verosimile lidentificazione di Marco con il giovane di Mc
14:51 (episodio riferito solo da Marco e irrilevante ai fini della storia). Qualcuno
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ha suggerito che la casa dellUltima Cena potrebbe essere stata quella della sua
famiglia (Mc 14:14).
Composizione: Papia, vescovo di Ierapoli intorno al 140 d.C., riferisce:
Marco, diventato linterprete di Pietro, scrisse accuratamente, per non in
ordine, tutto quanto ricordava delle parole e degli atti di Cristo. Egli infatti
non ascolt il Signore direttamente, n fu suo seguace, ma in seguito...
accompagn Pietro, che ne adattava listruzione alle necessit del momento,
non come se dovesse compilare in ordine gli oracoli del Signore. Quindi non vi
fu errore da parte di Marco nello scrivere le cose come le ricordava (riferito
da Eusebio, Stor. Eccl. 3.39.15).
Similmente Ireneo di Lione, il quale era stato discepolo di Policarpo (martire ca.
158 d.C.), scrive:
Dopo la loro dipartita [cio di Pietro e Paolo], anche Marco, discepolo ed
interprete di Pietro, ci ha tramandato per iscritto la sostanza delle cose
predicate da Pietro.
Egli dice anche che Marco scrisse mentre Pietro e Paolo predicavano il Vangelo a
Roma e vi fondavano la chiesa. La parola dipartita exodos, che pu essere
letta sia come partenza (il significato pi comune), sia come morte
(linterpretazione della maggior parte degli studiosi, cfr. Lc 9:31, 2Pt 1:15).
Secondo Clemente di Alessandria, lopera fu scritta mentre Pietro era ancora in
vita dietro richiesta di alcuni credenti; invece il Prologo Antimarcionita al
Vangelo di Marco dice che fu scritto dopo la morte di Pietro.
Queste testimonianze sono concordi nellindicare Pietro come fonte principale del
contenuto del Vangelo di Marco, e sembrano indicare una data di composizione
prima o poco dopo il martirio di Pietro intorno al 62 d.C. Tale data sembra
confermata anche dal frammento di papiro ritrovato in una caverna di Qumran
(noto come papiro 7Q5 e pubblicato da J. OCallaghan nel 1972), che non pu
essere stato scritto pi tardi del 68 d.C. e che la maggior parte degli studiosi
ritiene sia un frammento del Vangelo di Marco.
Anche il confronto tra Mc 15:21 e Rom. 16:13 (Rufo nominato come persona
nota ai lettori originali del Vangelo di Marco) conferma la probabilit di una
composizione a Roma.
Contenuto: il libro si divide in due parti:
1:1 - 8:30: Chi Ges?
8:31 - fine: Perch Ges venuto? (cfr. 8:31 e 10:45).
I capitoli 1-9 trattano il ministero in Galilea, i rimanenti quello in Giudea.
Caratteristiche:
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1. Una chiara struttura (v. sopra).
2. Vivacit e freschezza del linguaggio, con molti dettagli.
3. Contiene molta narrativa, meno degli insegnamenti di Ges (cfr. At. 10:34-43).
4. Il linguaggio contiene molti aramaismi, ma anche parecchie parole latine.
5. C un problema testuale per quanto riguarda il finale (16:9 - fine).
3.2 Luca
Autore: collaboratore di Paolo; medico (Col 4:14), forse originario di Filippi o di
Troas. Autore anche degli Atti, che contiene brani scritti alla 1a
persona plurale.
Lunico autore biblico probabilmente non ebreo.
Composizione: secondo Ireneo, Luca, discepolo di Paolo, mise per iscritto il
vangelo da lui [Paolo] predicato. La data probabilmente tra il 60 e il 70 d.C.
Fonti: a parte Marco e Q (vedi 2.1.2), Luca dispone di una fonte vicina a Maria
madre di Ges (forse lei stessa), cfr. capp. 1-2. Luca conobbe Giacomo, fratello del
Signore (At. 21:18) e visse per pi di due anni in Palestina, dove fu anche ospite di
Filippo levangelista (At. 21:8-10).
Caratteristiche:
1. il Vangelo per i Gentili:
a) usa termini comuni in greco al posto di termini ebraici (rabbi, osanna, ecc.),
e spiega anche la geografia palestinese;
b) stabilisce le date facendo riferimento agli imperatori romani;
c) d pi spazio a personaggi non Ebrei (il buon Samaritano, il lebbroso
guarito, ecc.);
d) la sua genealogia risale ad Adamo, progenitore di tutti gli uomini (cfr. Atti
17:26).
2. D molta attenzione ai poveri e ai sofferenti (cfr. Lc 6:20 con Mt 5:3).
3. D grande enfasi allopera dello Spirito Santo.
4. D molta attenzione alle donne.
5. D importanza alla lode e alla gioia.
6. D particolare importanza alla preghiera.
7. Con la lettera agli Ebrei, Luca scrive il greco migliore, dal punto di vista
stilistico e grammaticale, del N.T.
8. molto accurato dal punto di vista storico (v. 2:1-2, 3:2 ecc.).
9. Forse si possono individuare tracce del linguaggio medico.
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3.3 Matteo
Autore: Papia (citato da Eusebio) scrive: Matteo mise insieme gli oracoli [loghia] in
lingua ebraica, e ognuno li interpret come meglio pot. Anche Ireneo, Origene e
Girolamo riferiscono che Matteo scrisse un Vangelo per gli Ebrei nella loro lingua.
Questo documento fu presto identificato con il primo Vangelo.
Tale identificazione incontra alcune difficolt:
a) Il Vangelo di Matteo fu noto anche ai Padri solo in greco (e sembra che abbia
attinto da Marco, che fu certamente scritto in greco).
b) incerto il significato di loghia, sebbene possa probabilmente comprendere
fatti oltre che detti.
c) Sembra strano che un Apostolo e testimone oculare sia tanto dipeso da Marco,
che non lo era.
Per queste ragioni, la grande maggioranza degli studiosi moderni non accetta
questa identificazione.
comunque possibile che sia stato Matteo, dopo aver compilato in Aramaico (pi
probabile che in Ebraico) una raccolta dei detti di Ges, li abbia poi incluso in una
narrazione in greco in cui attinge anche da Marco. O forse il nostro Vangelo
proviene da un ambiente vicino a Matteo e attinge alla sua fonte.
Data: sembra probabile una data fra il 65 e 180. Da notare che Eusebio credeva
che fosse posteriore a Marco e a Luca.
Caratteristiche:
1. il Vangelo per gli Ebrei:
a) usa un linguaggio contenente molti termini ebraici, senza dare spiegazioni;
b) contiene moltissime citazioni dallAntico Testamento per dimostrare che in
Cristo si erano compiute le profezie;
c) mostra un grande rispetto per la Legge (mentre polemico con i Farisei).
2. Mostra uno spiccato interesse per la Chiesa ( il solo Vangelo a contenere
questa parola: 16:18, 18:17), vista come il nuovo Israele.
3. D molto spazio agli insegnamenti di Ges, concentrati principalmente in
cinque discorsi, ognuno dei quali termina con la formula: Quando ebbe finito
questi discorsi... (o simile): cap. 5-7; 9:36 - 11:1; 13:5-53; 18:1 - 19:1; 24:11 -
26:1.
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4. LA NASCITA E LINFANZIA DI GES (Matteo capp. 1-2, Luca capp. 1-3)
Mentre Marco tralascia del tutto la nascita e linfanzia, i racconti di Matteo e di
Luca sono del tutto diversi, ed evidente che Matteo narra le cose dal punto di
vista di Giuseppe, mentre Luca lo fa dal punto di vista di Maria. Solo Luca, poi,
racconta le circostanze della nascita di Giovanni Battista (1:5-25, 57-80).
Il fidanzamento (Lc 1:27) era considerato un contratto matrimoniale vincolante
(cfr. marito, Mt 1:18-19) e di solito durava un anno.
significativo il fatto che, seppure sia Matteo che Luca raccontano del
concepimento miracoloso di Ges da Maria ancora vergine, da nessuna parte la
Bibbia usa questo fatto come prova della Sua divinit: evidentemente perch un
dato non dimostrabile e che viene accolto per fede, quindi da chi gi crede per
altri motivi.
La visita dei Magi (sacerdoti/astrologi orientali, mai definiti nella Bibbia re, e dei
quali non specificato il numero) la strage degli innocenti e la fuga in Egitto (Mt
2:1-18) sono narrate soltanto da Matteo.
Per quanto riguarda linfanzia e la giovinezza di Ges, viene riferito un solo
episodio, quello della visita al Tempio quando aveva dodici anni (let del bar
mitzvah, quando i ragazzi ebrei vengono ammessi come membri adulti del popolo
di Dio). Da notare che le storie dellinfanzia (compresi parecchi miracoli) con-
tenute nei Vangeli apocrifi non hanno nessuna storicit o attendibilit: in genere
provengono da ambienti eretici (Gnostici), e le storie di miracoli sono in aperto
contrasto con laffermazione di Gv. 2:11 (e cfr. Mc 6:2) che Ges non oper
nessun miracolo prima dellinizio del ministero pubblico.
5. GIOVANNI BATTISTA, IL BATTESIMO E LA TENTAZIONE
(Matteo 3:1-4:11, Marco 1:1-13, Luca 3:1-4:13)
Tutti e quattro i Vangeli prefiggono al ministero di Ges la descrizione di quello di
Giovanni Battista, ponendo cos la venuta del Messia nel contesto di un risveglio
religioso, in contrasto con le diffuse attese di un liberatore politico e militare. Il
battesimo era un rito di purificazione simbolica gi in uso presso i Giudei, anche
per laccoglienza dei proseliti. Ma la predicazione di Giovanni nella migliore
tradizione dei profeti insiste sulla necessit di una purificazione interiore (cfr.
Gioele 2:13). Nel racconto di tutti e quattro i Vangeli, Giovanni preannuncia Ges
come colui che battezzer nello Spirito Santo.
Quando Ges si presenta per essere battezzato da Giovanni, la discesa su di Lui
dello Spirito Santo e la voce udibile di Dio che esprime approvazione e
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compiacimento fanno contrasto con il resto della gente, che si faceva battezzare
confessando i peccati (Mc 1:5 ecc.).
Subito dopo il battesimo, Ges viene condotto dallo Spirito nel deserto per essere
tentato dal Diavolo. Il digiuno e le tentazioni durano 40 giorni, ma conosciamo
solo quelle conclusive. Poich non cerano testimoni, questo episodio deve essere
stato raccontato da Ges stesso ai discepoli. Le tentazioni gettavano dubbi
sullidentit e sulla chiamata di Ges; suggerivano un abuso della potenza
soprannaturale a fini egoistici; e cercavano di indurlo ad agire fuori dalla volont
di Dio.
Poi Ges inizia a predicare in Galilea; i primi episodi, svolti mentre Giovanni
Battista era ancora in libert, sono raccontati solo da Giovanni (capp. 2-4). Ges
diventa subito una figura controversa perch annuncia fin dallinizio luniversalit
del Vangelo, offendendo i Giudei di pi stretta osservanza (Lc 4:25-30).
6. I MIRACOLI DI GES
In tutti i Vangeli i miracoli occupano un notevole spazio (particolarmente, in
proporzione, in Marco) e hanno la funzione di sollevare la domanda: Chi
dunque questuomo? (Mc 4:41). Sono dunque segni (questo termine per
caratteristico del Vangelo di Giovanni) del Regno di Dio. I miracoli possono essere
classificati in tre grandi categorie:
A. Guarigioni (i pi numerosi), comprese alcune resurrezioni di morti;
B. Liberazioni di indemoniati;
C. Altri miracoli, specialmente di trasformazione della natura (moltiplicazioni di
cibo, ecc.) e dominio su di essa (ad es. la tempesta calmata, camminare sul
lago).
A differenza di altre religioni, i miracoli del Vangelo non hanno quasi mai lo scopo
semplicemente di impressionare o di suscitare meraviglia: sono atti di
misericordia, utili per aiutare le persone (cfr. la tentazione nel deserto). A questa
regola ci sono poche eccezioni: la maledizione del fico (Mt 21:18-22 e parall.),
linvito a Pietro di camminare sullacqua del lago (Mt 14:28-31). Sembra che questi
episodi insoliti servano per porre in rilievo la grande importanza che Ges
attribuisce alla fede.
Nelloperare le guarigioni, notevole la grande variet dei mezzi utilizzati da
Ges: limposizione delle mani (Mc 6:5, Lc 4:40); il contatto con la sua persona o
con gli indumenti (Mt 9:20, 14:36); una parola di comando autorevole (Mt 8:8,13,
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Lc 17:14); la saliva (Mc 7:33, 8:23); ecc. ecc. In alcuni casi scaccia uno spirito di
infermit (Lc 13:11), ma questo piuttosto eccezionale.
7. LA SCELTA E LA FORMAZIONE DEI DISCEPOLI
Discepolo significa alunno o apprendista. Un discepolo aderiva a e seguiva
(anche fisicamente, perch spesso voleva dire una vita itinerante) un maestro,
dopo avergli chiesto di accettarlo come suo discepolo. Ges ebbe molti discepoli,
alcuni dei quali si offrivano volontari (Mt 8:19, Lc 9:57, 61), altri furono chiamati
da Lui (Mt 9:9, 19:21, Mc 1:17, Lc 9:59, ecc.). Anche le donne che lo seguivano e
provvedevano alle sue necessit (Lc 8:2-3) e Maria sorella di Marta la quale,
sedutasi ai piedi di Ges, ascoltava la sua parola (Lc 10:39) possono essere
considerate come discepole.
Fra questi discepoli Ges scelse dopo lunga preghiera e riflessione dodici in
particolare da formare perch portassero avanti la Sua missione nella formazione
e conduzione della Chiesa (Mc 3:13-19 e parall.). Non solo dovevano stare con lui,
osservarlo, ascoltarlo e imparare da lui, ma essere anche formati attraverso
lesperienza pratica: predicare, guarire, ecc. (3:15), ma anche compiti pratici quali
comprare il cibo, trovare lalloggio e tenere la borsa dei soldi.
Fra i Dodici ci fu poi il cerchio intimo dei tre (Pietro, Giacomo, Giovanni) che
Ges porta con s in talune occasioni (ad es. la resurrezione della figlia di Jairo,
Mc 5:37; la Trasfigurazione, Mc 9:2, la preghiera nel giardino di Getsemani, Mc
14:33 e parall.), fra i quali Giovanni identificato in particolare come quel
discepolo che Ges amava.
8. LE PARABOLE
Spesso nel suo insegnamento Ges fa uso di parabole, in cui un racconto su cose
e situazioni familiari usato per illustrare una verit spirituale. Una parabola non
unallegoria, nella quale ogni particolare ha un significato corrispondente (anche
se certe parabole si avvicinano allallegoria, cfr. Mt 13:37-43). Ordinariamente
nella parabola, ci sono uno o due punti principali, mentre i dettagli servono solo
per abbellire la storia e renderla pi interessante (cfr. Lc 15:11-32). Matteo
raccoglie le parabole quasi tutte in alcuni blocchi (cap. 13, 21:28-22:14, cap.
25), mentre in Marco e Luca sono pi dispersi.
Non sempre le parabole sono presentate esplicitamente come tali (Lc 15:11-32,
16:1-8, 19-31), ma il loro carattere evidente dalla forma. Raramente Ges ne
spiega il significato, e allora solo ai discepoli (Mt 13:36, Mc 4:10-11). In questo
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segue un principio didattico molto valido, in quanto i segreti del regno di Dio non
sono per tutti (cfr. le perle date ai porci), ma sono per coloro che cercano,
chiedono e bussano per comprendere e potersene appropriare.
9. I DISCORSI
Oltre alle parabole, i Vangeli (in particolare Matteo e Luca) contengono dei
discorsi o insegnamenti, di cui i pi notevoli sono il Sermone sul Monte (Matteo
capp. 5-7), con il semi-parallelo Sermone sulla pianura (Luca 6:20-49), e il
Discorso profetico (Matt. capp. 24-25 e parall.).
assai probabile che Ges, come altri rabbini (e come era abitudine universale
nelle culture prevalentemente orali), ripetesse gli stessi insegnamenti in pi
occasioni e in forme leggermente diverse. Questo spiegherebbe la diverse forme
in cui vengono riferiti insegnamenti come il Padre nostro (Mt 6:9-13, Lc 6:4) o le
Beatitudini (Mt 5:3-11, Lc 6:20-26), come anche le parabole simili ma diverse (ad
es. i Talenti (Mt 25:14-30) e le Mine (Lc 19:12-27).
10. LA PASSIONE E LA RESURREZIONE
In tutti i Vangeli gli eventi dellultima settimana della vita di Ges occupano un
grandissimo spazio, poich su questi si fonda il messaggio e la speranza del
cristianesimo:
Matteo: 8 capitolo su 28
Marco: 6 capitoli su 16
Luca: 5 capitoli su 24.
In questa fase il parallelismo tra tutti e quattro i Vangeli notevole. Per quel che
riguarda i Sinottici, si possono distinguere le seguenti fasi:
Matteo Marco Luca
1. Lingresso trionfale 21:1-11 11:1-11 19:29-44
2. La purificazione del Tempio 21:12-17 11:15-19 19:45-48
3. Il fico sterile seccato 21:18-22 11:12-14,
20-26
------
4. I discorsi nel Tempio 21:23-39,
22:1523:39
11:27
12:44
20:121:4
(cfr.13:34-35)
5. Il discorso profetico sul Monte
degli Ulivi
24:125:46 13:1-37 21:5-38
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Panorama del Nuovo Testamento
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6. Lultima cena 26:1-35 14:1-31 22:1-38
7. La preghiera nel giardino di
Getsemani
26:36-46 14:32-42 22:39-46
8. Larresto, il processo e la
flagellazione
26:4727:31 14:43
15:20
22:3923:25
9. La crocifissione e il
seppellimento
27:32-66 15:21-47 23:26-56
10. La resurrezione, le apparizioni
e lascensione
cap. 28 cap. 16 cap. 24
notevole il fatto che nei tre Vangeli i racconti delle apparizioni dopo la
Resurrezione sono notevolmente diverse, come se attingessero da tre fonti
diverse e selezionassero tra una grande quantit di episodi (cfr. Atti 1:3).
IL VANGELO DI GIOVANNI
Nota: I commenti dettagliati sul testo di questo Vangelo non saranno oggetto di
domande approfondite nei test, dal momento che scendono pi nel dettaglio di
quanto richiederebbe un Panorama del Nuovo Testamento. Tuttavia si riienuto
di fare cosa utile mettendoli a disposizione per intero, visto che gi esistono, come
risorsa per una futura consultazione e uno studio pi approfondito.
INTRODUZIONE
2.1 Autore e data
Che lapostolo Giovanni, figlio di Zebedeo, sia lautore del Vangelo fu accettato
senza discussione dalla chiesa primitiva. A sostegno di questa convinzione ci
sono delle testimonianze esterne (Ireneo, Ippolito, ecc.), ma anche delle prove
interne: Giovanni non mai espressamente nominato, ma facile identificarlo con
il discepolo che Ges amava, il quale in 21:24 dichiara di essere lautore del
Vangelo (cfr. anche 1:14, 19:35).
Alcuni hanno obiettato che inverosimile che questo Vangelo sia stato scritto dal
pescatore Giovanni, Ebreo descritto in Atti 4:13 come popolano senza istruzione,
per i seguenti motivi:
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Panorama del Nuovo Testamento
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16
linfluenza ellenistica che si nota nel Vangelo;
la sua ostilit nei confronti dei Giudei (da identificare per con le autorit
religiose, non con tutto il popolo);
la familiarit con nozioni filosofiche (ad es. nel Prologo).
Ma la sua lunga permanenza (secondo unantica tradizione) ad Efeso, lostilit dei
capi del Giudaismo ufficiale contro il cristianesimo, e il desiderio di prendere le
distanze da esso per conquistare i Gentili, sono ragioni sufficienti per spiegare
queste caratteristiche; mentre lintelligenza e la cultura non sono da identificare
con il grado di istruzione formale. Anche Ges suscit meraviglia per il suo livello
di cultura, essendo un artigiano senza istruzione formale (Gv 7:15).
La tradizione dice che il Quarto Vangelo fu composto ad Efeso da Giovanni ormai
vecchissimo quindi verso la fine del primo secolo per supplementare e
completare le informazioni date dai Sinottici. Gv 21:23 sembra appoggiare la tesi
della vecchiaia (si accenna in 21:19 al martirio di Pietro come gi avvenuto), e le
prove interne suggeriscono che lautore fosse a conoscenza dei Sinottici. Alcuni
dei pi antichi manoscritti del N.T. che possediamo sono di questo Vangelo: il
papiro Bodmer di Ginevra (ca. 200 d.C.), che contiene quasi tutto il Vangelo, e il
frammento Rylands (Manchester) che risale addirittura al 120 ca.
2.2 Scopo, contenuto e teologia
Lo scopo dichiarato del Vangelo evangelistico ed apologetico (20:31);
evidentemente, come Luca/Atti, si rivolge a un uditorio colto (daltronde il solo in
grado di leggere in quei tempi!). Tuttavia, la frase affinch crediate potrebbe
estendersi al rafforzamento della fede di chi gi credente: infatti questo Vangelo
da sempre particolarmente amato dai credenti per la sua ricchezza teologica e
devozionale. Uno scopo secondario potrebbe essere quello di aggiungere
informazioni non riportate dai Sinottici. In alcuni punti sembra difficile conciliare
Giovanni con la versione dei Sinottici: notoriamente nella cronologia della
Passione, ma anche per es. la purificazione del Tempio allinizio del ministero (Gv
2:13-17, cfr. Mt 21:12-17 ecc., che comunque rappresenta probabilmente un
episodio diverso).
Il Vangelo concentra lattenzione sul ministero di Ges a Gerusalemme, mentre i
Sinottici privilegiano quello in Galilea. A differenza dai Sinottici, linsegnamento
riportato quasi interamente in forma di discorsi o dialoghi, mentre mancano le
parabole. a volte difficile stabilire dove finisce un discorso, e dove inizia il
commento o la riflessione dellautore (ad es. 3:11-21,27-36). I discepoli e la loro
formazione sono meno in vista che nei Sinottici.
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Al centro dellattenzione la cristologia: Chi questo Ges? Rispetto ai Sinottici,
Egli viene presentato pi nel suo aspetto divino e meno in quello umano.
sottolineato il suo ruolo come Messia (1:41, 4:29. 11:27), ma anche e soprattutto
come Figlio di Dio, pre-esistente ed incarnato, e il suo sacrificio come Agnello di
Dio. C una serie di affermazioni che cominciano Io sono (la Via, la Vita, la
Luce, la Resurrezione, la Verit, il Buon Pastore, ecc.), che esprimono aspetti
diversi della sua persona e della sua opera, ma che costituiscono anche pretese di
divinit (cfr. 8:58). I miracoli riportati nel Vangelo sono selezionati per il loro
valore di segni, e ciascuno serve come parabola concreta. Viene dato molto
risalto anche alla persona dello Spirito Santo (specialmente nei capp. 14-16).
CONTENUTO
2.3 Il Prologo: 1:1-18
Anzich iniziare dalla figura storica di Ges, Giovanni comincia dal Cristo
eternamente preesistente (la Parola, greco logos, termine forse preso in prestito
dalla filosofia dellEbreo ellenistico Filone di Alessandria), solo in seguito
identificato con il Ges storico (v.14). Lesordio (v.1) chiaramente inteso a
ricordare Gen. 1:1. Anche il riferimento alla luce (v.5) probabilmente richiama
Gen. 1:3, anche se qui in vista la luce spirituale che allinizio del mondo
illuminava gli uomini, caduti poi nelle tenebre a causa del peccato (cfr. vv.5-9,
8:12, ecc.). Nel v.2 si afferma chiaramente la natura non creata della Parola, che
anzi ha partecipata alla creazione di ogni cosa fatta.
Al v.18 i manoscritti pi antichi hanno non lunigenito figlio ma linsolita
espressione lunigenito Dio, una straordinaria testimonianza della dottrina
cristologica della Chiesa primitiva.
2.4 Testimonianza di Giovanni Battista: 1:19-34
Lautore d per scontato che il lettore sia gi a conoscenza di Giovanni Battista e
della sua opera. forse possibile che ci fossero rimasti ancora dei discepoli o
ammiratori di Giovanni (cfr. Atti 19:1-4). Come nei Sinottici, egli viene presentato
come il precursore che annuncia un altro, pi grande di lui, che verr dopo e che
battezzer nello Spirito Santo; ma qui, Giovanni lo presenta anche come Agnello
di Dio (vv.29,36). Giovanni descrive la discesa dello Spirito Santo su Ges (v.32),
ma non il suo battesimo da parte di Giovanni.
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Notiamo la ripetizione di il giorno seguente (vv.29,35,43, cfr. 2:1), come per
sottolineare il fatto che si tratta di una testimonianza oculare (cfr. 1:14, 1 Gv 1:1-
3, ecc.).
2.5 I primi discepoli: 1:35-51
I Sinottici non riferiscono che Andrea e il suo compagno (forse lo stesso
Giovanni?) fossero stati gi discepoli di Giovanni Battista, anzi raccontano la loro
chiamata a lasciare le reti al lago di Galilea come se fosse una cosa improvvisa;
qui invece ne vediamo la retroscena. Viene ancora sottolineato il carattere
transitorio del ministero di Giovanni e la superiorit di Ges (cfr. 3:28-30). Andrea
qui riconosce subito Ges come Messia, mentre nei Sinottici tale comprensione
sembra arrivare gradualmente e molto pi tardi (Mt 16:16 ecc.).
Anche la chiamata di Simone e il conferimento del soprannome Pietro avvengono
in modo diverso qui rispetto ai Sinottici. possibile riconciliare le due versioni
(qui Ges usa il tempo futuro, come per indicare che Simone non meritava ancora
tale nome); ma Giovanni vuole sottolineare il discernimento profetico e sopran-
naturale di Ges (cfr. 1:47-48, 2:24-25, 4:17-19 ecc.). messo in rilievo la
reazione a catena della chiamata dei discepoli: questo infatti il Vangelo che
sottolinea maggiormente levangelizzazione e la conversione individuale.
Episodi avvenuti mentre Giovanni Battista ancora in libert
2.6 Il miracolo di Cana: 2:1-12
significativo che questo primo miracolo del ministero di Ges viene compiuto a
favore della gioia di una festa di nozze: cos Ges benedice ed approva
listituzione del matrimonio e i festeggiamenti che laccompagnano. Non chiaro
se nelle parole di Maria (v.3) sia implicito un invito a fare qualcosa, o che cosa
(anche se la risposta di Ges lo fa pensare). Maria ricordava certamente le
straordinarie promesse date alla sua nascita e probabilmente capiva che Egli stava
per iniziare il suo ministero pubblico. La risposta di Ges (v.4) sembra un rifiuto
di ingerenze in cose che riguardano solo Lui e suo Padre: per questo chiama Maria
non mamma, ma donna (termine che comunque non comporta una mancanza
di rispetto).
Le due o tre misure (v.6) per 6 recipienti fanno 6-7 ettolitri in tutto: questo, e
lottima qualit del vino (v.10) sono segni della grandezza delle risorse divine.
Sembra che non tutta lacqua fu mutata in vino ma solo quanto ne fu attinto per i
convitati, dal momento che i servitori... avevano attinto lacqua (v.9). Il fatto che
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Panorama del Nuovo Testamento
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si parli di questo primo dei suoi miracoli (v.11) toglie ogni credibilit ai racconti
di miracoli dinfanzia nei cosiddetti Vangeli apocrifi.
2.7 Prima visita a Gerusalemme. La purificazione del Tempio: 2:13-25
Lazione di Ges costituisce una pretesa di autorit sul Tempio (la casa del Padre
mio, v.16), ed un esempio di ira senza peccato (cfr. Ef. 4:26). Le parole
enigmatiche del v.19 divennero base dellaccusa contro Ges al suo processo (Mc
14:58 ecc.), e furono comprese dagli stessi discepoli solo dopo la Resurrezione
(v.22). vv.23-25: non si dnno informazioni dettagliate sui miracoli compiuti
durante questo soggiorno, ma il risultato fu che molti credettero nel suo nome.
Ges, viceversa, non si fidava di loro: il verbo lo stesso, seppure con
costruzione diversa. Implicitamente, si dice che anche in chi crede (magari in
modo superficiale) si pu annidare ancora il male.
2.8 Incontro con Nicodemo: 3:1-21
Mentre di solito troviamo i Farisei ostili a Ges, eccone uno un capo e membro
del Sinedrio (7:50) che vuole interrogarlo seriamente. Il suo nome greco indica
una provenienza ellenistica. Viene di notte si suppone per non farsi vedere e
riconosce Ges come un dottore venuto da Dio in base ai segni.
Ges per non aspetta neanche le sue domande, ma interviene con laffermazione
radicale del v.2. Di nuovo si pu tradurre anche dallalto: entrambi i sensi
vanno benissimo, ma Nicodemo sembra capire il primo (v.4). Notiamo bene che
Ges dice che necessario nascere di nuovo per vedere o entrare nel Regno, non
che sia sufficiente!
v.5: si discute se acqua qui si riferisca o meno al battesimo. Comunque lacqua
parla di purificazione e di rinnovamento (il simbolismo del battesimo stesso). I
due elementi sono abbinati ad es. in Ezech. 36:25-27.
Il vento (v.8) traduce, non la parola comune per vento (anemos), ma quella per
spirito (pneuma). Comunque, in ebraico la stessa parola (ruach) ha entrambi i
significati. Ges parla dellopera dello Spirito come qualcosa di misterioso,
incomprensibile in termini umani, ma che produce effetti percettibili. Nonostante
questo, fa parte delle cose terrene (v.12).
incerto se il discorso di Ges termini al v.12, al v.15 o al v.21. La discesa di cui
al v.13 deve essere lIncarnazione; ma qual la salita (al tempo passato)? Se
Ges che parla, potrebbe riferirsi a discese e salite prima dellIncarnazione
(pensiamo alle apparizioni dellAngelo del Signore); oppure vuol dire: Nessun
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[uomo] salito in cielo; solo io ci sono stato, che ne sono disceso. Le parole che
nel cielo non si trovano nei MSS pi antichi.
Notevole la definizione del giudizio (krisis) al v.19: Dio non giudica
arbitrariamente, ma prende atto della decisione (sentenza) di ogni uomo in
relazione a S. Di nuovo il tema luce/tenebre (cfr. 1:4-9).
2.9 Ges e Giovanni Battista: 3:22-36
Si vede qui la staffetta tra Giovanni e Ges. Giovanni ben conscio del suo ruolo
di precursore e si rallegra del successo dello sposo (vv.29-30).
2.10 Ges e la Samaritana: 4:1-42
La donna si meraviglia (v.9) perch Ges non tiene conto del duplice pregiudizio
giudaico nei confronti delle donne e dei Samaritani. Ma la richiesta di Ges un
pretesto per attaccare discorso con una persona bisognosa. Evitando le sterili
polemiche religiose (si noti Giacobbe nostro padre, v.12 e il v.20!) parte
dallimmediato interesse materiale (v.15) e fa uso dei doni di rivelazione (v.18) per
suscitare meraviglia e rispetto, spostando il discorso sempre dalla religione alla
coscienza e allinteriorit (vv.23-24). Questa donna la prima persona cui Ges si
annuncia apertamente come il Messia (v.26), e ne diventa subito testimone
(vv.28-30).
Con i discepoli (vv.31-38) Ges fa un discorso sul lavoro spirituale: essi devono
seguire il suo esempio (v.34), desiderando compiere la volont di Dio pi dello
stesso cibo. Laccoglienza dei Samaritani (39-42) non incontra pregiudizi da parte
Sua.
2.11 Secondo miracolo in Galilea: 4:43-54
Ges ritorna in Galilea. Lufficiale reale non pu essere identificato con il
centurione dei Sinottici, ma un altro che vive fuori della religiosit ufficiale.
La risposta di Ges (v.48) indica limportanza del miracolo come segno per
portare alla fede, e non solo come risposta al bisogno umano. Nondimeno,
lurgenza delluomo (v.49) vince le resistenze di Ges, facendo appello alla Sua
compassione. Il miracolo mette in evidenza la natura della fede che crede senza
ancora vedere (v.50), e porta alla fede pi importante (v.53), quella nella persona
di Ges, non pi soltanto nella sua opera.
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2.12 Guarigione del paralitico a Betesda: 5:1-16
Non si sa per quale festa giudaica Ges va di nuovo a Gerusalemme. La vasca con
i suoi cinque portici, una volta citata come esempio di errore storico in questo
Vangelo, stata poi scoperta dagli archeologi. I vv.3b-4 mancano nei MSS pi
antichi e sono probabilmente il commento di un copista.
v.6: la domanda di Ges sembra superflua, ma era possibile che, dopo tanti anni,
luomo stesse l pi per abitudine che con leffettiva speranza o desiderio di
tornare sano. (Talvolta anche noi faremmo bene a rivolgere la stessa domanda ai
malati, prima di pregare per una guarigione) Evidentemente per una precisa
rivelazione dal Padre (cfr. vv.19-20) che Ges si rivolge a questuomo in
particolare, fra i tanti malati presenti.
vv.9-10,16: come nei Sinottici, il sabato diventa uno dei principali motivi di
conflitto tra Ges e le autorit religiose. v.14: come in altri casi (ad es. Mc 2:3-12),
si fa un collegamento tra malattia e peccato. Ma in questo caso la guarigione non
presuppone il ravvedimento, piuttosto mira a produrlo.
2.13 Discorso di Ges: 5:17-47
vv.17-18: notiamo la radicalit di chiamare Dio suo Padre, nome che Ges dice
anche a noi di usare. Nei vv.19-30, notiamo il meraviglioso equilibrio tra la
subordinazione del Figlio al Padre (vv.19,30) e la sua uguaglianza al Padre (vv.20-
23, 26). Il v.24 e una classica affermazione della realt della conversione,
effettiva gi al presente: senza fede in Cristo, anche chi vive in realt morto, ma
viene il tempo in cui questa realt si manifester apertamente con la resurrezione
e il giudizio (vv.25-29).
La seconda parte del discorso riguarda i testimoni a favore di Ges, cio: a)
Giovanni Battista (vv.32-35); b) le opere potenti (v.36); c) il Padre stesso, tramite
queste opere (vv.37-38); d) le Scritture (v.39).
2.14 La moltiplicazione dei pani; Ges cammina sul mare: 6:1-21
lunico miracolo riferito in tutti e quattro i Vangeli (il che potrebbe riflettere la
sua popolarit come soggetto di predicazioni nella chiesa primitiva). La scena di
nuovo in Galilea. Solo Giovanni riferisce che lentusiasmo della folla arrivava al
punto di voler dichiarare Ges re (v.15). Come in Mt e Mc, il racconto di Ges che
cammina sul mare segue immediatamente dopo la moltiplicazione dei pani.
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2.15 Il pane della vita: 6:22-71
Solo Giovanni riferisce questo lungo discorso, che prende spunto dal miracolo
appena raccontato. Ges mette in contrasto latteggiamento della folla, che
ricerca solo il vantaggio materiale, con quello giusto di ricercare prima il bene
eterno (vv.26-27). Al v.35 c il primo dei grandi Io sono di questo Vangelo. Ges
stesso il segno, ma anche dopo averLo vista, i pi non credono (cfr. vv.30,36),
mentre nei vv.39,40 Ges afferma di avere potere sulla stessa morte.
Al v.51 Ges introduce un nuovo concetto: quello che il pane la mia carne,
cio la propria vita data in sacrificio. Naturalmente i Giudei si ribellano al pensiero
di dover mangiare la sua carne e bere il suo sangue: ricordiamo che era vietato
loro anche il sangue degli animali, per non parlare di questo cannibalismo! Per
vero che c una sorta di cannibalismo, in quanto Ges doveva morire perch
noi avessimo la vita. Non certo che ci sia qui un riferimento alla Cena del
Signore, come suggeriscono gli interpreti cattolici, anche se probabile che ci
fosse nel pensiero di Giovanni quando scrive; nel v.63, Ges implicitamente
identifica il pane che d vita con le parole, a scanso di qualsiasi interpretazione
di tipo materialistico.
Alla conclusione del discorso, molti anche se definiti discepoli si ritirano e
non seguono pi Ges (vv.60-66). Anche i Dodici mostrano segni di turbamento,
ma, avendo compreso quale sia la fonte della vita eterna, non hanno altra scelta,
per quanto sia alto il prezzo del seguire Ges (vv.67-69).
2.16 Ges e i suoi fratelli: 7:1-9
Nel cap. 2 abbiamo gi visto una certa incomprensione nella relazione tra Ges e
la madre; qui illustrata quella con i fratelli, di aperto scherno e ostilit. vv.3-4:
essi non negano i miracoli, ma non comprendono le motivazioni di Ges,
suggerendo che egli cerchi il riconoscimento pubblico e la popolarit. Nel v.7,
Ges smentisce questa idea con una certa durezza. La testimonianza alla quale
si riferisce quella della vita e della presenza, pi che delle parole.
2.17 Alla festa dei Tabernacoli: 7:10-52
Il v.17 un versetto di grande importanza: la chiave della vera conoscenza
spirituale quella che si ha per rivelazione la volont. v.27: si discute se
Ges possa essere o no il Messia. La tradizione sullorigine nascosta e misteriosa
del Messia era basata soprattutto sui libri apocrifi (1 Enoc, 2 Esdra, ecc.).
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Panorama del Nuovo Testamento
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vv.37-39: nellultimo giorno della festa si celebrava un rito solenne in cui un
sacerdote portava solennemente dellacqua e la versava in dei vasi posti
sullaltare. Come in 4:10, Ges prende spunto da questo rito per parlare
dellacqua che disseta veramente; ma questa volta aggiunge che non solo
disseter chi ne beve, ma diventer anche un fiume per dissetare gli altri. Non
chiaro a quale Scrittura egli si riferisce: la pi vicina sarebbe Is. 58:11.
v.42: Giovanni d per scontato che i suoi lettori conoscono il racconto della
Nativit, che non riferita nel suo Vangelo. Il riferimento a Michea 5:1.
2.18 La donna adultera: 7:53-8:11
Questo brano si trova in uno solo dei MSS pi antichi. Anche alcuni di quelli pi
tardivi che lincludono lo segnano con un asterisco per esprimere dubbi; alcuni lo
mettono alla fine del Vangelo, altri dopo 7:36 o dopo Lc 21:38. Comunque
chiaro che rappresenta una tradizione antica e non ci sono ragioni decisive per
negare la sua storicit, anche se probabilmente non faceva parte del Vangelo
originale di Giovanni. Da Girolamo e Agostino (IV sec.) impariamo che era
presente in alcuni MSS del loro tempo e che anche allora si discuteva sulla sua
autenticit. Lo stile leggermente diverso da quello abituale di Giovanni, e gli
avversari di Ges sono qui chiamati gli scribi e i farisei, espressione frequente
nei Sinottici ma mai usata altrove da Giovanni, il quale parla solitamente de i
Giudei.
I Farisei, come in altre occasioni, cercano di mettere Ges in difficolt con una
domanda a trabocchetto. Notiamo anche che, a dispetto della Legge (Deut.
22:22), volevano lapidare soltanto la donna e non anche luomo preso con lei!
Nella risposta di Ges implicita la pretesa di superiorit sulla Legge e di avere
lautorit di perdonare i peccati. Non va comunque intesa come fanno alcuni
come espressione di indulgenza verso ogni forma di peccato.
2.19 Ges e il Padre: 8:12-59
v.12: il secondo Io sono di Ges: cfr. 1:4-9.
La menzione del Padre (v.18) porta a una discussione sullorigine e identit di
Ges (vv.21-29). vv.31-36: Ges parla del legame essenziale tra verit e libert.
necessario non solo conoscere la parola di Ges, ma anche perseverare in essa,
cio nel metterla in pratica (cfr. Mt 7:24-27). Gli ascoltatori rispondono vantandosi
della loro discendenza da Abramo. (Ricordiamo comunque che, nel senso politico,
gli Israeliti erano stati schiavi in Egitto per 400 anni, poi in Babilonia, e ora
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Panorama del Nuovo Testamento
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stavano sotto il dominio romano!) Nel v.34, Ges espone la condizione di chi
commette il peccato: questa la vera schiavit.
I vv.35-36 possono avere diverse interpretazioni:
1) il figlio Ges, il solo ad avere diritto di residenza nella casa del Padre,
quindi lunico autorizzato a liberare gli schiavi e farli vivere nella casa di suo
Padre. Ma il padrone degli schiavi il peccato (v.34), cos non chiaro per
quale motivo Ges avrebbe il diritto di liberarli: deve essere in questo caso
sottintesa la sua vittoria sul padrone (cfr. Mc 3:27);
2) lo schiavo e il figlio nel v.35 sono due diverse condizioni di peccato. Alcuni
peccano contro voglia, perch ci sono costretti (cfr. Rom. 6:16-22, 7:14-23);
essi possono essere liberati da Ges in quanto Figlio di Dio. Altri sono invece
figli del peccato (cfr. v.44): essi peccano volentieri, per libera scelta. Per loro
non c possibilit di lasciare quella casa (fino a quando non si ravvedono,
cessando cos di essere figli). questa dunque linterpretazione da preferire.
vv.37-44: continua il discorso sulla paternit. Ges insegna un principio
importante: i figli si riconoscono per la loro somiglianza con il Padre
(vv.39,41,42,44). Questo brano smentisce lidea popolare, incoraggiata dal
cattolicesimo liberale, che sono tutti figli di Dio. Nel v.41 c forse
uninsinuazione relativa alle voci che circolavano sulla nascita di Ges; ma pu
anche riferirsi al senso spirituale di fornicazione come infedelt a Dio. Lostilit
dei Giudei arriva al culmine con la tentata lapidazione (v.59).
2.20 Guarigione delluomo nato cieco: cap. 9
Anche questo miracolo ha carattere di parabola concreta, come questa volta
spiega esplicitamente Ges (vv.39-41). Come altre volte in questo Vangelo, Ges
che prende liniziativa della guarigione (cosa rara nei Sinottici). vv.2-3: a
differenza dal cap. 5, questa volta linfermit non risultato del peccato. vv.8-38:
le vivaci discussioni sul miracolo anche questa volta fatta di sabato (v.14)
portano il guarito a capirne sempre meglio il significato e a prendere posizione
sulla persona di Ges. vv.39-41: come in 3:19, il giudizio soprattutto una
separazione. La venuta di Ges sconvolge lapparente ordine morale: cfr. Mt
21:31-32.
2.21 Il buon pastore: 10:1-21
Questo discorso continua senza interruzione dal capitolo precedente, per cui
sembra che Ges voglia proporre un contrasto tra se stesso e i Farisei, cattivi
pastori (cfr. Ezech. 34) e guide cieche (Mt 23:16). Ma i principi qui esposti si
applicano ad ogni vero pastore, che tale perch partecipa al ministero pastorale
di Ges come Suo delegato.
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Il discorso, sebbene proposto in forma diretta (Io sono), ha molte delle
caratteristiche di una parabola, in quanto non possibile attribuire un significato
a ogni singolo dettaglio. vv.3-5: si sottolinea il fatto che le pecore riconoscono il
vero pastore e lo seguono volentieri, mentre il ladro e brigante riesce a
impossessarsene soltanto con la forza o con linganno. v.8: il riferimento deve
essere ai falsi Messia, non ad es. ai profeti dellA.T. v.10: il ladro ogni falso
pastore, ma anche il capostipite di tutti gli impostori, il Diavolo. vv.11-15: si
propone un altro contrasto, quello col mercenario, che custodisce le pecore solo
per guadagno (sia materiale, sia per altri tipi di tornaconto personale: stima,
posizione, fama, ecc.). D la sua vita (vv.11,15,17): il verbo greco (lo stesso nei
tre vv.) sottolinea il carattere volontario del sacrificio di Ges, pensiero sviluppato
ancora nel v.18. La stessa prontezza a sacrificare (mettere da parte) la propria
vita caratterizza ogni vero pastore.
Le altre pecore (v.16) devono essere i Gentili. Sar cos abbattuto il muro di
separazione tra Giudeo e Gentile (cfr. Ef. 2:14).
2.22 Alla festa della Dedicazione: 10:22-42
Questa festa (ebr. hanukkah) solo qui menzionata nelle Scritture canoniche fu
istituita da Giuda Maccabeo (1 Macc. 4:56) per commemorare il ripristino del
Tempio dopo la profanazione operata da Antioco Epifane (164 a.C.), e aveva luogo
in novembre o dicembre (v.22), due mesi e mezzo dopo quella dei Tabernacoli. Il
fatto che avesse luogo dinverno, cio nella stagione piovosa, spiega il perch
Ges stesse sotto il portico di Salomone (v.23).
v.26: Ges riprende il tema del pastore e delle pecore. Chi non riconosce la voce
del Pastore e non lo segue, dimostra di non far parte del suo gregge. La mia
mano la mano del Padre (vv.28-29) prepara la strada allaffermazione seguente:
Io e il Padre siamo uno (lett.: una sola cosa). Questaffermazione di divinit
chiaramente compresa dai Giudei (vv.31-33). vv.34-36: la citazione dal Sal. 82:6
(legge qui deve indicare tutta la Scrittura). Ges afferma (v.35) leterna validit e
inerranza delle Scritture. Il brano citato chiama di gli uomini rivestiti di autorit:
se Dio d loro questo titolo, quanto pi vi ha diritto colui che Dio ha inviato dal
cielo?
2.23 Lazzaro risuscitato: 11:1-46
Questo lultimo e il pi grande dei sette miracoli compresi nel Vangelo di
Giovanni, e quello che occupa maggiore spazio. Costituisce dunque un punto
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culminante, cos come il suo messaggio la vittoria di Ges sulla morte
quello centrale del Vangelo. Come nei casi della figlia di Jairo (Mt 9:23 seg. e
parall.) e del figlio della vedova di Nain (Lc 7:11-17), nonch i simili miracoli
operati dai profeti dellA.T., il ritorno in vita non costituisce una resurrezione nel
senso pieno, di cui Ges sar la primizia (1 Cor. 15:20), ma piuttosto una
guarigione spinta agli estremi limiti: i beneficiari di questi miracoli poi
invecchiarono e morirono come tutti, e attendono anchessi la resurrezione finale
dei morti.
v.2: Giovanni presuppone una certa familiarit con questi personaggi e con i fatti
con loro connessi: lunzione dei piedi di Ges raccontata solo nel cap. 12. v.4:
questa affermazione di Ges sar poi apparentemente smentita dai fatti. v.6: la
N.Riv.omette il paradossale dunque (per il quale cfr. v.15). Ma, anche se Ges
fosse partito subito, non sarebbe comunque arrivato prima della morte di Lazzaro
(v.17). vv.9-10: c un tempo giusto per ogni cosa, e chi cammina secondo lorario
stabilito dal Padre non cade in errori n in pericoli.
vv.20-22: Marta, la sorella pi attivista, viene incontro a Ges. Le sue parole
suggeriscono una speranza che non osa esprimere apertamente. Ges risponde
puntando lattenzione sulla realt di fondamentale importanza, quella della
resurrezione finale e della vita eterna (vv.23-27).
v.32: anche Maria incontra Ges con le stesse parole della sorella, che forse
riflettono dunque dei discorsi fatti tra di loro. Ges, sebbene mosso unicamente
dalla volont del Padre, toccato dallemozione dei suoi amici (vv.33,35,38). Il
verbo tradotto fremere (vv.33,38) significa letteralmente indignarsi: Ges
considera la morte come un nemico (cfr. 1 Cor. 15:26). Il suo comando della
situazione fa contrasto con limpotenza di tutti gli altri (vv.19,31,33,37).
significativo che egli non prega, ma ringrazia e comanda (vv.41-43): la battaglia
era stata gi vinta nella preghiera.
2.24 Reazione delle autorit: 11:47-57
Il Sinedrio non nega la realt dei miracoli (v.47), ma invece di credere in Ges, fa
un calcolo di convenienza politica (v.48). Caiafa (vv.49-50) propone con molto
cinismo, anche se in maniera velata, la sua eliminazione; questo un raro caso di
profezia inconsapevole (vv.51-52). v.52: si anticipa ancora lestensione del
Vangelo ai Gentili. notevole che gli eletti sono chiamati figli di Dio ancora
prima di credere: cfr. 3:21.
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2.25 Lunzione in casa di Lazzaro: 12:1-12
Questo episodio, nonostante le molte somiglianze, non pu essere lo stesso di Lc
7:36-50, che avviene in casa di Simone il fariseo da parte di una donna
peccatrice. invece chiaramente lo stesso episodio di Mt 26:6-13 e Mc 14:3-9,
anche se l si parla della casa di Simone il lebbroso, la donna non nominata, e
si descrive lunzione del capo e non dei piedi. Il valore del profumo notevole: il
denarius era la paga giornaliera di un operaio. Le obiezioni allo spreco, in Mt e
Mc attribuite ai discepoli in generale, qui vengono da Giuda Iscariota in
particolare, e sono attribuite alla sua avarizia perch usava rubare. Giuda viene
cos proposto come un esempio di quanto scritto in Lc 16:10-13.
2.26 Ingresso trionfale in Gerusalemme: 12:12-19
Il grido della folla viene dal Sal. 118, uno dei canti dei pellegrinaggi cantati dai
Giudei che si recavano a Gerusalemme per le grandi feste. soprattutto il
riconoscimento popolare di Ges come Re dIsraele a mettere in allarme i Farisei
(cfr. 11:48). Il motivo principale di questo momento di successo e di popolarit
sta nei miracoli, e particolarmente quello di Lazzaro (vv.17-19).
2.27 Ges e i Greci. Annuncio della Passione: 12:20-50
I Greci devono essere proseliti al Giudaismo o timorati di Dio; il loro incontro
con Ges anticipa lestensione del Vangelo al di fuori dei limiti del Giudaismo
etnico. Si rivolgono a Filippo, la cui origine in una citt agli estremi confini
(bilingui) della Galilea, insieme con il nome greco, lo rendono un intermediario
naturale. Il principio del granello di frumento (vv.24-25) applicato non solo a
Ges stesso, che sta per morire, ma anche in senso pi generale; il v.25 si trova
anche nei Sinottici. Il v.27 sembra un pensiero espresso ad alta voce, non
indirizzato alle persone presenti.
v.31: la destituzione del principe di questo mondo avviene con la crocifissione
(Col. 2:15), ma si concretizza poi progressivamente (1 Cor. 15:24-28). Cos anche
del giudizio di questo mondo, visto come sistema essenzialmente malvagio.
La folla (vv.35,37) ora si volge contro Ges, nonostante i miracoli. Is. 6:10
citato anche in tutti i Sinottici nel contesto della parabola del Seminatore.
notevole il v.41: la visione di Isaia 6 della gloria di Dio nel tempio qui descritta
come visione di Ges. La chiusura del ministero pubblico di Ges ribadisce ancora
i temi della luce (vv.35-36,46) e del giudizio (vv.47-48).
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2.28 Ges lava i piedi ai discepoli: 13:1-17
Questo Vangelo accenna appena alle circostanze della cena (v.2): di nuovo
sembra presupporre una conoscenza dei Sinottici, o almeno degli avvenimenti
raccontati in essi. Viene sottolineata la consapevolezza di Ges: sapendo
sapendo (vv.1,3), e il suo amore per i discepoli (v.1).
Il lavaggio dei piedi riferito solo in questo Vangelo. Ges svolge un servizio
normalmente riservato al servo pi umile, sia come espressione dellamore (v.1),
sia come esempio ai discepoli (v.15). notevole il fatto che egli lavi i piedi anche a
Giuda Iscariota, pur sapendo gi che questi stava per tradirlo (v.11): anche per
noi, dunque, il servizio non determinato dal merito di chi lo riceve, ma dal
comando di Ges di imitare il Suo esempio. Ges qui ci insegna la vera umilt, che
non consiste nel negare i doni o la dignit che abbiamo ricevuto da Dio (v.13-14),
ma nel prendere la posizione di un servo anche nei confronti degli inferiori (cfr.
Fil. 2:5-8, Mc 10:42-45).
Il lavaggio dei piedi ha anche un significato simbolico, ancora nascosto ai
discepoli (v.7): nonostante il lavaggio o purificazione completa allinizio della
vita cristiana, continuiamo ad aver bisogno di una pulizia regolare da parte di
Ges. Questo per un fatto interiore e spirituale, non determinato da riti
esteriori (v.10).
2.29 Annuncio del tradimento: 13:18-30
Ges cita il Sal. 41:9 che in primo luogo si riferisce al tradimento di Davide da
parte di un suo intimo amico (forse Ahitofel, 2 Sam. 17) come una profezia
riferita a S. Egli parla della preconoscenza che ha per dare unulteriore prova del
fatto che pi che un uomo normale (v.19): di nuovo lespressione greca Io
sono. Il v.20 sembra anticipare la sua partenza e il conseguente affidamento della
missione ai discepoli: aveva usato le stesse parole nel mandarli in missione in Mt
10:40.
Lidentit del traditore non viene annunciata apertamente, ma rivelata
privatamente a Giovanni stesso (vv.26, 28). Il gesto di dare il boccone intinto nella
salsa del piatto comune era un segno donore e indica lamore che Ges continua
a nutrire per Giuda Iscariota (cfr. v.1). Ma Giuda rifiuta anche questultimo appello
e cos fa posto perch Satana entri in lui (v.27). Ges ne cosciente e perci lo
invita ora a non perdere pi tempo (v.27). La menzione della notte simboleggia il
male e le azioni vergognose che si nascondono al buio: cfr. 3:19-21, 1 Tess. 5:4-
8.
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2.30 Il discorso dellUltima Cena: 13:31 16:33
Il comandamento dellamore (13:31-38): Per preparare i discepoli alla sua
partenza, Ges d il nuovo comandamento dellamore (vv.34-35): nuovo perch
presenta come norma e misura il Suo amore, non pi quello che ognuno ha per se
stesso (Lev.19:8).
Ges consola i discepoli (14:1-11): I discepoli si erano turbati alla predizione del
tradimento da parte di uno di essi (13:21-28), e ancora di pi a quella
dellimminente e misteriosa partenza di Ges e del rinnegamento di uno dei pi
rappresentativi tra di loro. Perci Ges ora li rassicura, esortandoli ad avere fede
nel Padre e in lui e puntando lattenzione sulla loro futura riunione (vv.2-3). Nella
famosa affermazione del v.6, lattenzione ora puntata sulla via; ma chiunque
viene a Ges lo scopre inizialmente in uno o in un altro di questi tre ruoli. Nei
vv.7-11, insiste ancora sulla piena identificazione che esiste tra se stesso e il
Padre.
La promessa dello Spirito (14:12-31): Ges promette ai credenti la stessa potenza
ha manifestato lui, e delega loro la sua missione (v.12). I due mezzi per accedere
a questa potenza sono la preghiera (vv.13-14) e lo Spirito Santo (vv.15-17), che
finora e stato con loro (perch in Ges), ma presto sar in loro (v.17). qui
descritto soprattutto come Spirito di rivelazione che manifester loro la realt e la
presenza invisibile di Ges e del Padre (vv.18-23); riveler non solo queste cose,
ma anche le verit che riguardano Ges (v.26).
Lultima frase (v.31) stata interpretata da alcuni come indicazione che a questo
punto Ges e i discepoli escono dalla stanza e si avviano verso il Getsemani: il
discorso della vite sarebbe allora suggerito dai vigneti per i quali sarebbero
passati. Ma meglio vederla come anticipazione delleffettiva uscita dopo il cap.
17: cfr. 18:1.
La vite e i tralci (15:1-17): questo famoso discorso allegorico inizia con un altro Io
sono (vv.1,5). Limmagine del popolo di Dio come vite o vigna si trova diverse
volte nellA.T. (Is. 5:1-7; Ez. 15:1-6, 19:10-14; Sal. 80:8-16, ecc.). Qui per Ges
stesso la vite, e i tralci hanno vita perch innestati in Lui. Ma, se il discepolo
un tralcio, Ges tutta quanta la vite: radici, tronco, tralci, foglie e frutto! (cfr. il
discorso della Chiesa come suo Corpo).
v.2: come in tanti altri brani del NT, si sottolinea il fatto che il fine del Vangelo e
quello di produrre frutto: il tralcio che non ne fa viene reciso e buttato via (nel
caso presente, ci pu essere qui un riferimento a Giuda Iscariota), mentre anche
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Panorama del Nuovo Testamento
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quello che fa frutto viene potato (un esempio sar Pietro da qui alla Pentecoste). Il
tralcio non compie sforzi per fare frutto (principio delle opere), ma resta
semplicemente innestato nella vite e il frutto cresce da s (principio della grazia e
dello Spirito). Un aspetto del portare frutto particolarmente notato da Ges la
preghiera efficace, frutto dellunione con Ges e con le Sue parole (v.7); e un
aspetto del dimorare in lui particolarmente sottolineato quello di dimorare nel
suo amore (vv.9-10), il che porta alla ripetizione del nuovo comandamento
(vv.12-13,17).
Infine Ges annuncia, come termine del processo del discepolato, un nuovo tipo
di rapporto con i discepoli: non pi servi, ma amici (vv.14-15) e conferma la loro
elezione per grazia, non per loro scelta umana. questa la garanzia che sar
raggiunto lo scopo di portare frutto per leternit (v.16): di nuovo egli sottolinea la
parte del frutto rappresentata dalla preghiera.
Persecuzioni nel mondo (15:18 16:4): Il mondo qui un sistema ostile a Dio,
controllato da Satana (12:31), al quale partecipa volentieri la maggior parte
dellumanit. I discepoli non devono perci scoraggiarsi per lindifferenza o
lostilit dei pi, come se indicasse una mancanza da parte loro, perch Ges
stesso ha incontrato la stessa reazione (v.20). Nel v.22 egli afferma con chiarezza
che il giudizio tiene conto della luce ricevuta: ora che Ges venuto, dando
abbondanti prove di essere venuto da Dio (v.24) e ha dato agli uomini la
possibilit di riconciliarsi con Dio e di essere liberati dalla schiavit del peccato
(8:32-36), chi non se n valso non ha pi scusa per il propria peccato.
Nel v.25, Ges cita il Sal. 35:19 o 69:4, che chiama di nuovo Legge, anzi la loro
legge, per sottolineare il fatto che la riconoscono ma non losservano. Anche qui
egli cita delle parole scritte allorigine da Davide per descrivere una propria
esperienza, e che a sua insaputa parlavano profeticamente del Cristo. Nel v.26
ripete ancora la promessa dello Spirito, questa volta come testimone di Ges, sia
con le opere potenti, sia con la convinzione portata nei cuori degli ascoltatori (cfr.
16:8). In 16:1-4, ritorna sul tema delle persecuzioni, aggiungendo che queste
avverranno, da parte del mondo, in nome della religione: parola adempiuta
prima con Saulo (Atti 9:1-2), poi durante tutta la storia del cristianesimo
(Inquisizione ecc.).
Lopera dello Spirito Santo (16:5-15): Il cuore di questo brano il v.7: utile per
voi, ossia vantaggioso, vi conviene. La venuta dello Spirito non solo
compensa la partenza di Ges, ma addirittura da preferirsi alla Sua presenza
continuata. Questo perch lo Spirito non sar soggetto a nessuno dei limiti
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Panorama del Nuovo Testamento
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imposti dalla natura umana di Ges, ma potr agire in ogni luogo
contemporaneamente, non si stancher, ecc.; inoltre, sar dentro i discepoli e non
solo vicino a loro (14:17). vv.8-11: qui si parla dellopera dello S.S. nei confronti
del mondo. Egli convincer gli uomini increduli di essere peccatori, soprattutto del
peccato supremo di rifiutare di abbandonarsi con fede allunico Salvatore (cfr.
6:28-29, 12:48); della giustizia di Ges, dimostrata dalla sua accoglienza presso il
Padre; e della certezza del giudizio, dimostrata dal trionfo della Resurrezione e
dalla vita di Cristo nella Chiesa. Nei vv.12-15, invece, si parla della Sua opera nei
credenti: di nuovo sottolineata la rivelazione di verit ancora nascoste (cfr. ad
es. Ef. 3:2-6).
La morte, la resurrezione e la glorificazione di Ges (16:16-33): Di nuovo Ges
parla della sua imminente partenza, aggiungendo per che la separazione sar
seguita da una gioiosa riunione (vv.20,22), quando potranno capire cose finora
incomprensibili (vv.23a, cfr. Atti 1:3). Ripete ancora le grandi promesse che
riguardano la preghiera (vv.23b-27). Chiude per il discorso avvertendoli dello
smarrimento che proveranno durante i giorni della sua assenza (v.32, cfr. cap.
21), e con lannuncio della sua vittoria come fonte della pace in cui potranno
vivere pure in mezzo alle difficolt (v.33).
2.31 La preghiera per i discepoli: cap. 17
Dopo aver parlato con i discepoli, Ges chiude il suo ministero terreno con questa
grande preghiera, in parte preparazione alla Croce (vv.1-5), in parte intercessione
per i discepoli attuali (vv.6-19) e per tutti i futuri credenti (vv.20-26).
v.2: di nuovo si sottolinea la grazia e lelezione divina come base della
conversione. v.3: lunica definizione biblica di vita eterna, della quale Ges
mette in rilievo non la durata, ma lessenza: conoscere (essere in unione con) Dio
(Padre e Figlio). vv.4-5: la glorificazione reciproca: il Figlio glorifica il Padre con
lubbidienza e il compimento della missione; il Padre glorifica il Figlio esaltandolo
alla propria presenza (cfr. Fil 2:5-11).
Il nome (vv.6,26) non una parola, ma la Persona (cfr. Is. 30:27). v.9: Ges inizia
fin da ora quella che sar la sua principale occupazione dora in poi (Ebr. 7:25,
Rom. 8:34). La sua preghiera per la loro protezione (vv.11,15), unit (v.11) e
santificazione (vv.17,19).
La preghiera si estende poi a tutti i futuri credenti (vv.20-26), sottolineando di
nuovo lesigenza dellunit (vv.21-23), che sar la dimostrazione pi convincente
del fatto che Ges realmente venuto dal Padre.
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2.32 Il tradimento e larresto: 18:1-11
Giovanni non parla della lotta di preghiera nel giardino, ma c un riferimento ad
esso nel v.11. vv.4-5: Ges non aspetta che Giuda lo individui, n tantomeno cerca
di fuggire, ma si fa avanti e si autoidentifica.
v.6: perch cadono a terra? Sembra sotto la potenza del Nome pronunciato da
Ges: Sono io (ego eimi) la stessa espressione altrove tradotta Io sono, cio il
nome di Dio. Questo fatto sottolinea ancora il fatto che Ges non viene
sopraffatto, ma si offre volontariamente allarresto e alla morte. Tutti i Vangeli
riferiscono il gesto di Pietro che taglia lorecchio al servo del sommo sacerdote,
ma solo Giovanni ne d il nome, mentre invece omette la sua guarigione da parte
di Ges (Lc 22:51).
2.33 Ges davanti al Sinedrio. Pietro rinnega Ges: 18:12-27
Gli altri Vangeli parlano solo di Pietro che segue Ges alla casa di Anna (qui
chiamato il sommo sacerdote, cfr. v.24, sebbene avesse lasciato questo incarico,
v.13), il quale conservava ancora molta influenza. Laltro discepolo, secondo
lusanza di Giovanni, dovrebbe essere lui stesso, ma non si sa come avesse
conosciuto il sommo sacerdote (v.15). Comunque, anche il v.26 implica che
Giovanni conosceva bene questa casa.
La descrizione dellinterrogatorio (v.19) suggerisce che sospettavano Ges di aver
impartito ai discepoli un insegnamento segreto e sovversivo. La calma e la
padronanza di s dimostrate di Ges (v.23) fanno contrasto con il maltrattamento
(v.22) che mette in risalto lirregolarit di tutto il procedimento. Il rinnegamento di
Pietro (vv.17,25-27) riferito solo sommariamente, senza menzione della sua
reazione (cfr. Mt 26:75).
2.34 Il processo davanti a Pilato: 18:28-40
Nel v.28 c un contrasto ironico tra la scrupolosit dei capi nellosservare le
norme rituali (temevano probabilmente di rimanere contaminati entrando in una
casa dove ci fosse del lievito, cfr. Es. 13:7, anche se non c nessuna norma
precisa in questo senso nella legge di Mos), e la leggerezza con cui si apprestano
ad uccidere un uomo innocente per motivi di convenienza politica (cfr. 11:50). La
loro risposta a Pilato (v.30) evasiva e nello stesso tempo arrogante.
v.32: la pena di morte presso gli Ebrei era per lapidazione (cfr. Stefano, Atti 7:58),
mentre Ges aveva predetto che sarebbe stato crocifisso (cfr. anche Sal. 22:16).
Questa predizione, che talmente colp Giovanni, non si trova comunque in
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Giovanni, il quale laccenna soltanto (3:14, 8:28, 12:32), ma esplicito nei
Sinottici (Mt 20:18-19 ecc.).
v.33: si vede che Pilato ha avuto notizia di Ges, e che gli interessa solo
leventuale pericolo della sovversione politica. vv.36-37: Ges ammette di essere
Re, ma chiarisce la natura del suo regno (questo importante nello stabilire un
orientamento per i cristiani nei confronti della politica e delle guerre tra nazioni).
v.38: questa celebre domanda esprime lo scetticismo delluomo di mondo nei
confronti della filosofia e della teologia, e non un serio desiderio di conoscere la
risposta. Tuttavia non ritiene Ges un sovversivo pericoloso. v.39: cerca una via
duscita dalla difficolt volendo graziare Ges, che per egli stesso ritiene
innocente. Per quel che riguarda Barabba (v.40), impariamo da Mc 15:7 che era un
ribelle politico.
2.35 Ges flagellato e schernito: 19:1-16
v.1: da Lc 23:16 appare che Pilato ordina la flagellazione come alternativa alla
condanna a morte (cfr. v.4). La flagellazione romana era una punizione
estremamente severa, alla quale la vittima non sempre sopravviveva: il flagello era
fatto di strisce di cuoio armate di punte di ferro, piombo o osso. A questo si
aggiungono gli scherni dei soldati, qui riferite solo in breve.
Con le famose parole Ecco luomo! (v.5), Pilato intende semplicemente:
quelluomo che mi avete presentato, ma lEvangelista certamente vi d un senso
pi profondo: LUomo per eccellenza. v.6: il lavaggio delle mani riferito solo da
Mt (27:24), ma queste parole esprimono lo stesso atteggiamento di debolezza,
indifferenza e cedimento. v.8: Pilato si trova tra due fuochi.
v.11: la risposta di Ges ribadisce la sua superiorit ai regni umani, e insegna la
sovranit di Dio anche sulle autorit di questo mondo (cfr. Rom. 13:1). v.15: le
parole dei capi ebraici esprimono di fatto il rifiuto del governo di Dio: cfr. 1 Sam.
8:7.
2.36 La crocifissione: 19:17-37
Giovanni non parla di Simone di Cirene, obbligato a portare la croce, e solo in
breve dei due malfattori crocifissi con Ges (v.18). Questo invece il solo Vangelo
a dire che liscrizione (vv.19-22) fu ordinata da Pilato. Aggiunge anche il
particolare sulla tunica di Ges (vv.23-24), con il riferimento al Sal. 22:18: i
Sinottici dicono solo che si divisero le sue vesti, tirando a sorte.
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Panorama del Nuovo Testamento
Modulo 1
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Le donne vicino alla croce (vv.25-27): non chiaro dal testo di Giovanni se le
donne sono tre o quattro, se cio la sorella di sua madre e Maria di Cleopa
siano due persone diverse oppure la stessa. Ma, confrontando con Mt 27:56 e Mc
15:40, sembra chiaro che devono essere due, e che la sorella della madre di
Ges la stessa con Salome (Mc) e la madre dei figli di Zebedeo (Mt). In questo
caso Giovanni e Giacomo sarebbero cugini di Ges, e questo aiuta a spiegare
perch Ges affida a Giovanni la cura di sua madre (ricordiamo che i suoi fratelli
non sono presenti e non hanno ancora creduto in lui, per cui c evidentemente
una breccia tra loro e la madre). Inutile soffermarsi sulla curiosa interpretazione di
molti cattolici di questo episodio, seconda la quale Ges avrebbe invece affidato
Giovanni alle cure di Maria, e di conseguenza anche tutti i discepoli successivi (!).
vv.28-29: la Scrittura accennata sarebbe il Sal. 69:21. v.30: lultima parola dalla
croce si riferisce non tanto alle sofferenze di Ges, ma alla sua opera di
redenzione. Egli rese lo spirito volontariamente: cfr. 10:18.
Anche il fatto che non gli spezzano le gambe (vv.31-36) un adempimento della
Scrittura (Es. 12:46, riferimento allagnello pasquale), cos come il colpo di lancia
(Zacc. 12:10). Il sangue e acqua, particolarmente sottolineato da Giovanni (v.35,
cfr. 1 Gv 5:6), stato variamente interpretato: o un fatto soprannaturale,
oppure lacqua fu in realt il siero separatosi dal sangue gi coagulato, una
prova conclusiva dellavvenuta morte.
2.37 Il seppellimento di Ges: 19:38-42
Solo Giovanni menziona il ruolo di Nicodemo, assieme con Giuseppe, nel
seppellimento di Ges. sottolineato il fatto che la tomba era nuova (v.41),
perch in questo modo il corpo di Ges non venne a contatto con la corruzione e
limpurit rituale.
2.38 La resurrezione: 20:1-10
Del gruppo di donne descritto nei Sinottici, Giovanni menziona solo Maria
Maddalena, la quale per parla al plurale (v.2), quindi a nome anche di altre.
omessa anche lapparizione dellangelo. Evidentemente Giovanni ha operato una
scelta tra il materiale disponibile per focalizzare lattenzione su determinati
aspetti della resurrezione: in particolare sulle testimonianze oculari, tra le quali la
propria.
Solo Giovanni descrive accuratamente laspetto dei panni in cui il corpo di Ges
era stato avvolto (v.7). Evidentemente questo costituisce una prova importante
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Panorama del Nuovo Testamento
Modulo 1
35
della resurrezione (v.8): non solo perch nessuno, venuto a rapire il corpo, si
sarebbe trattenuto a spogliarlo, ma anche perch i panni indisturbati
dimostravano chiaramente di non essere stati srotolati dal corpo, il quale si era
piuttosto smaterializzato, come poteva fare Ges dopo la resurrezione (cfr.
v.19). (N.B. La descrizione del sudario piegato in un luogo a parte sembra
essere una prova conclusiva della falsit della Sindone di Torino, che, essendo una
tela unica, non corrisponde a questa descrizione).
2.39 Lapparizione a Maria Maddalena: 20:11-18
Sia Matteo che la conclusione pi lunga di Marco concordano nel dire che la prima
apparizione di Ges fu alle donne (Mt) o alla sola Maria Maddalena (Mc); ma
Giovanni ne d il racconto pi dettagliato. solo quando Ges la chiama per nome
che Maria lo riconosce: la luce era ancora poca, ma anche nelle altre apparizioni i
discepoli hanno difficolt a riconoscerlo.
Il divieto di toccarlo (v.17) stato spiegato in vari modi, visto che poco dopo Ges
non lo vieta alle donne che gli strinsero i piedi (Mt 28:9), e che in Lc 24:39 e Gv
20:27 invita i discepoli a farlo: 1) La parola tradotta toccare avrebbe il significato
di attaccarsi, avvinghiarsi: Ges quindi dice a Maria di non attaccarsi alla sua
persona fisica, che tra poco non si vedr pi: il trionfo della resurrezione si
sarebbe completato solo con lascensione (cos Calvino e altri). 2) Vuol dire: Non
perdere tempo ora nellabbracciarmi, perch solo tra quaranta giorni me ne andr
da voi, ma corri subito a dirlo agli altri. 3) Ges qui parla, non dellAscensione,
ma di una sua prima visita a presentarsi alla presenza del Padre. Ma in questo
caso rimane comunque misterioso perch questo sarebbe una ragione per non
toccarlo.
Ai miei fratelli: e la prima volta che Ges usa questo termine riferendosi ai
discepoli, e lo rafforza ancora dicendo al Padre mio e Padre vostro. La nuova
nascita strettamente legata alla resurrezione: cfr. 1 Pt. 1:3.
2.40 Due apparizioni ai discepoli: 20:19-31
Nel corpo spirituale della resurrezione (cfr. 1 Cor. 15:44), Ges pu passare
nonostante le porte chiuse; tuttavia, porta ancora i segni della crocifissione.
vv.21-23: si discute se qui Ges conferisca effettivamente lo Spirito Santo, o se si
tratta piuttosto di unanticipazione della Pentecoste. chiaro invece che,
delegando loro la sua stessa missione, conferisce loro anche la sua autorit
spirituale, che comprende la facolt di perdonare i peccati (Mc 2:10). Ma
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Panorama del Nuovo Testamento
Modulo 1
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ovviamente, essi dovevano esercitarla allo stesso nodo in cui lo aveva fatto Lui:
non arbitrariamente, ma in sottomissione e ubbidienza ai principi morali che
governano luniverso e a quanto gli suggeriva il Padre (Gv 5:19,30).
Giovanni omette altre apparizioni e salta subito al seguito di questo, dopo otto
giorni. La risposta di Ges allincredulit di Tommaso (v.29) non deve trarre in
inganno: Ges concede volentieri delle prove a chi sinceramente le richiede, e la
fede cos fondata non per questo meno reale; ma il Signore vuole evitare che si
rifiuti di credere senza prove. La confessione di Tommaso Signor mio e Dio
mio! comunque la pi chiara espressione di fede di tutto il Vangelo, e
conduce naturalmente ai vv.30-31, in cui Giovanni spiega lo scopo del suo
Vangelo e dei segni in esso riferiti: portare il lettore alla stessa fede.
2.41 Apparizione ai discepoli in Galilea: 21:1-14
Ges aveva detto che avrebbe incontrato i discepoli in Galilea (Mc 16:7); qui per
si trovano insieme solo sette degli Undici. Il miracolo della pesca ripete quello di
Lc 5:1-7, e chiaramente ha significato di segno, oltre a portarli a riconoscere
Ges. per notevole il fatto che Ges ha gi pronti pesci e pane da offrire loro!
2.42 Il colloquio con Pietro: 21:15-25
Pietro portava ancora la vergogna del triplice rinnegamento (Ges aveva dovuto
includerlo esplicitamente tra i discepoli nel suo messaggio, Mc 16:7), ma ora Ges
lo riabilita, nello stesso tempo assicurandosi che non cada pi nel peccato della
presunzione. Infatti Pietro ora rifiuta di paragonarsi con gli altri discepoli, dicendo
di amare Ges pi di loro (v.15, cfr. Mc 14:29); anzi, con la triplice ripetizione
della domanda in termini sempre minori (lultima volta Ges usa il verbo fileo,