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SIAMO UN PAESE DI ANALFABETI FILMICI ? Tax Credit, import/export, marketing e web Scenari per il cinema italiano. Geografie del cinema Pasolini al MoMa di New York. Focus sul cinema rumeno. Atlante del cinema italiano. La new wave dell'animazione italiana Da Milano a Roma, una mappa delle nuove factory digitali. NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO numero 1 dicembre 2012 5,50 € copia omaggio

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Rivista di Cinema

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SIAMO UN PAESE

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NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

numero

1dicembre

2012

5,50 €

copia omaggio

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EDITORIALEdi Gianni Canova

PER CHI HA A CUORE IL CINEMA ITALIANO

Il nome è un numero perché 8 ½ parlerà di numeri: quelli del cinemaitaliano, ma anche – più in generale – quelli del cinema in Italia. Ma ilnome evoca anche il titolo di un film. Un grande film. Un film sul cinemae sull’urgenza di uscire da una profonda crisi ideativa, creativa eprogettuale. 8½ (la nuova rivista che avete fra le mani) ha l’ambizione di

riallacciarsi al grande passato del cinema italiano (quello rappresentato –appunto – dal capolavoro di Fellini) per cercare di dare il proprio contributo alsuperamento delle difficoltà e delle criticità che incombono sul presente.

Dunque, non l’ennesima rivista di critica. Non un magazinemondano infiorettato di gossip e “colore”. Ma neanche unhouse organ o un bollettino aziendale. Piuttosto unostrumento combattivo e fortemente innovativo (almenonelle intenzioni…), che apra discussioni, susciti polemichee dia un contributo significativo a riposizionare con forza ilcinema italiano nell’agenda mediatica e nella percezionedel pubblico.

Lo stato di salute di una cinematografia si valuta anchedalla quantità e dalla qualità di discorsi sociali che essa è ingrado di innescare e dal tipo di immaginario che sa metterein moto. Da troppo tempo, in Italia, i discorsi sul cinemaalimentati dai media si incentrano solo attorno alla liturgiadei red carpets e si avvoltolano nella ricerca di scandaluccida star system che hanno ormai fatto il loro tempo.

8½ osserverà il cinema italiano (e cercherà di dialogare con i suoi protagonisti)a partire da altre prospettive: quelle dell’economia e della tecnologia, delmarketing e della comunicazione, della distribuzione e dell’innovazione. E poi,soprattutto, nella prospettiva della politica. Culturale, ma anche imprenditoriale.Nella convinzione che uno dei problemi che da sempre strozzano il nostropaese sia quello del ritardo con cui si è affermata da noi un’industria culturaledegna di questo nome. Ammesso che si sia mai affermata.

Ogni numero di 8 ½ si aprirà con un’ampia e approfondita discussione su untema. Con una polemica. Con una proposta. Senza assumere posizioniprecostituite, cercheremo di stimolare confronti, anche franchi, che non abbianotimore di infrangere pregiudizi, rendite di posizione o luoghi comuni. Comeproviamo a fare già in questo primo numero con il servizio d’apertura:un’inchiesta che dimostra come l’Italia sia uno dei paesi a più alto tasso di anal-fabetismo iconico di tutto l’Occidente. Con tutto ciò che questo comportaanche sul piano della mancata formazione dei nuovi pubblici del cinema.

Ma 8 ½ si occuperà anche di dare visibilità alle realtàvirtuose che operano in modo innovativo sul mercato del-l’audiovisivo (in questo numero il servizio sulla new wavedell’animazione italiana), dedicherà un focus di approfon-dimento allo stato del cinema in aree geopolitiche e culturalidiverse dalla nostra (il focus sulla Romania) e pubblicherà idati sul mercato cinematografico elaborati dall’Osservatoriodella Direzione Generale Cinema e dall’Ufficio Studi diAnica. Spazi fissi di analisi e discussione saranno poidedicati al rapporto fra il cinema italiano e il web, alle espe-rienze innovative di marketing e di promozione, all’exportdel cinema italiano e ai riconoscimenti che ottiene nelmondo (il servizio su Pasolini al MoMa di New York). Il sitowww.8-mezzo.it si offrirà come luogo online in cui i contenutidella versione cartacea della testata troveranno declinazionimultimediali e approfondimenti crossmediali destinati aimplementarsi in modo significativo nei prossimi mesi.

L’auspicio è che 8 ½ non sia solo una testata fra le tante, ma diventi unostrumento utile al cinema italiano. A quelli che lo pensano e lo fanno, come aquelli che lo vedono e lo amano.

SOMMARIO

Direttore ResponsabileGiancarlo Di Gregorio

Direttore EditorialeGianni Canova

Vice Direttore ResponsabileCristiana Paternò

Capo RedattoreStefano Stefanutto Rosa

In RedazioneCarmen DiotaiutiAndrea Guglielmino

Coordinamento editorialeNicole Bianchi

Hanno collaborato Giulio Bursi, Paola Casella, Francesca Cima, Andrea Corrado,Fabio Ferrazza, Pierfrancesco Favino,Dante Ferretti, Iole MariaGiannattasio, Michela Greco,

Francesca Medolago Albani, Magda Mihailescu, Serafino Murri,Francesco Patierno, FrancescoPitassio, Leonardo Quaresima, Ilaria Ravarino, Rossella Rinaldi,Roberta Ronconi, Federico Rossin,Paola Ruggiero, Pier Luigi Sacco, Marilena Vinci

8½NUMERI, VISIONI E PROSPETTIVE DEL CINEMA ITALIANO

Mensile d’informazione e cultura cinematografica

Iniziativa editoriale realizzata da Istituto Luce-Cinecittà in collaborazione con ANICA e Direzione Generale Cinema

EDITORIALE

PER CHI HA A CUORE IL CINEMAITALIANOdi Gianni Canova

DALLA FRANCIAALLA GRANBRETAGNA, VIAGGIONEI PAESI DOVE IL CINEMA È L’ABC di Roberta Ronconi

SCUOLE DI CINEMA,NON SOLO CENTROSPERIMENTALEdi Paola Casella

COSÌ LA BIENNALEDIVENTAPRODUTTORE di Marilena Vinci

LA MEGLIOGIOVENTÙ (DEL CINEMA) di Michela Greco

NELLA TERRA DI NESSUNO di Leonardo Quaresimae Francesco Pitassio

IL SILENZIO DELLATOPONOMASTICA di G.C.

SCENARI

CHIEDIGLI CHI ERA FELLINI…di Gianni Canova

QUESTIONARIO LA CONOSCENZAFILMICA IN ITALIA

COSA MI PIACE DEL CINEMAITALIANO

CARLO CHATRIANdi Stefano StefanuttoRosa

OFFICINE CREATIVE

DA ROMA ALLAGRECIA CONRAINBOW E LASCUOLA ROMANADEI FUMETTIdi Andrea Guglielmino

SIMONE MASSI:L’ARTE DELLARESISTENZAdi A.G.

MARCO CINELLOdi Nicole Bianchi

NUMERI

IL TAX CREDIT FABENE. BILANCIO DEI PRIMI TRE ANNIdi Andrea Corrado

ITALIA PIÙATTRAENTE PER LE PRODUZIONISTRANIERE di Iole MariaGiannattasio

IL BONUS FISCALEPIACE A IMPRESEFINANZIARIE E ASSICURATIVE di Fabio Ferrazza

INNOVAZIONI

RI-ANIMAZIONI. AL CUORE DELCINEMA ITALIANO di Giulio Bursi

UNO STRUMENTOEFFICACE PER LAMEGAPRODUZIONEDI SORRENTINO di A.C.

PRIMA VOLTA DA COPRODUTTORICON SOLDINI di I.M.G.

DOPO DIAZ, UNANUOVA AVVENTURACON FANDANGO di I.M.G.

COSÌ AUMENTANOGLI INVESTIMENTINEL TALENTARTISTICO di F.F.

ANALFABETISMOFILMICO, LE INIZIATIVE DI CONTRASTO

I RISULTATI IN SALA DEL CINEMADI INTERESSECULTURALE di A.C.

NEL MONDO

Pasolini al MoMA

LE PAROLE DI PASOLINIdi Paola Ruggiero

I NOSTRI VIAGGI DA OUARZAZATEALLA CAPPADOCIA di Dante Ferretti

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SOMMARIO

Progetto Creativo19novanta communication partnersCreative DirectorBruno Capezzuoli, Serena QuartaDesignerSara Gerbasio VideoimpaginazioneValeria Ciardulli

Stampa ed allestimentoArti Grafiche La ModernaVia di Tor Cervara, 171 00155 Roma

Direzione, Redazione, AmministrazioneIstituto Luce-Cinecittà SrlVia Tuscolana, 1055 - 00173 RomaTel. 06722861 fax: [email protected]

Registrazione presso il Tribunale di Roma n° 339/2012 del 7/12/2012

AVREI VOLUTOCONOSCERLOASCOLTARLO di Pierfrancesco Favino

VOLEVAMO ANDARE SULLALUNA, MA NONC’È STATO TEMPO di Ninetto Davoli

Cinema italiano nei festival stranieri

DA ANNECY AIUTI ALLADISTRIBUZIONE IN FRANCIA di Rossella Rinaldi

METTI UNA SERA A CENA CONMARTIN SCORSESEdi Francesco Patierno

INTERVALLOD’AUTORE A LONDRAdi R.R.

Import-export

NUOVI MERCATI PER IL CINEMAITALIANO NELL’ERA 2.0di Federica D’Urso e Francesca MedolagoAlbani per ANICAUfficio Studi

FOCUS

IL CASO ROMANIA

NUOVO CINEMAROMANIA, LA RICETTA È SERVITA di Cristiana Paternò

NEMO PROFETA IN PATRIA di Magda Mihailescu

IL MARKETING DELCINEMA ITALIANO

MARKETING E FILM: LA POLITICA(SI) VENDEdi Ilaria Ravarino

GEOGRAFIE

I LUOGHI DEL CINEMA di Nicole Bianchi

CINEMA ESPANSO

IL CINEMA NEI MUSEI di Federico Rossin

INTERNET E NUOVICONSUMI

RITORNO AL FUTURO: IL CINEMA ITALIANOE LA GALASSIAYOUTUBEdi Serafino Murri

SEI GRADI DI SEPARAZIONE.COMUNITÀVIRTUALI EPROMOZIONECINEMATOGRAFICAdi Carmen Diotaiuti

PUNTI DI VISTA

EUROPA CREATIVA: LA PRODUZIONECULTURALEEUROPEA AL DI LÀDELLA CRISIdi Pier Luigi Sacco

RIPARTIAMO DALLE REGOLE (E DAL PASSATO) di Francesca Cima

BIOGRAFIE

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“Il popolo più analfabeta, la borghesia piùignorante d’Europa”: a quasi cinquant’annidi distanza, la diagnosi sull’Italia che PierPaolo Pasolini faceva pronunciare a unsardonico Orson Welles nel film La ricotta

(1963) è più attuale che mai. Non solo perchél’”ignoranza” resta una piaga cronica del nostropaese (con più dell’80% della popolazione priva diquella che i tecnici chiamano l’alfabetizzazionesuperiore), ma perché alle storiche arretratezze delnostro sistema formativo – da sempre basato piùsulle necessità e le tutele dei docenti che sulleesigenze degli studenti e del paese – si sono andateaggiungendo le conseguenze dei ritardi e deglierrori commessi – appunto – negli ultimicinquant’anni. Il nostro sistema formativo è fermoa mezzo secolo fa: oggi un ragazzo italiano può

arrivare con il massimo dei voti alla maturitàclassica (cioè al più alto livello di istruzionesuperiore previsto dal nostro ordinamento) senzasapere nulla – ma proprio nulla – di alcune dellediscipline fondamentali e imprescindibili percomprendere il mondo in cui viviamo: l’economia,il cinema, i media vecchi e nuovi. A differenza diquanto accade in quasi tutti i paesi europei, unragazzo italiano attraversa tutto l’iter scolasticosenza che nessuno mai gli spieghi che cosa sial’Iva, o una ritenuta d’acconto o come si legga unbilancio (casuale? inessenziale? non proprio…), maanche senza che nessuno – a parte pocheesperienze di sperimentazione non curriculare – glifaccia incontrare 2001: Odissea nello spazio (1968)o La dolce vita (1960), o gli faccia apprezzare labellezza e la potenza (emozionale, estetica e

Siamo il paese a più alto tasso di analfabetismo iconico di tuttol’occidente. Non conosciamo il cinema, ma neanche i media. Siamo beatamente inconsapevolidella bellezza e della potenza del nostro patrimonio filmico così come dei meccanismi di funzionamento della comunicazione audiovisiva nella società multimediale.

SCENARIAnalfabetismo filmico

di Gianni Canova

CHIEDIGLI CHI ERAFELLINI…

L’ALFABETIZZAZIONE ICONICA È UN’EMERGENZA ASSOLUTA: PER IL FUTURO NON SOLO DEL NOSTRO CINEMA MA ANCHE DEL NOSTRO PAESE.

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cognitiva) di un film di Hitchcock o di FrancescoRosi. In tutto il mondo occidentale il cinema sistudia nelle scuole, fa parte del patrimonio culturalecondiviso, diventa momento di crescita estrumento di analisi del mondo e di sé. Da noi no:noi siamo ancora lì a trastullarci con Ugo Foscoloe Giosué Carducci e con un’idea di cultura elitaria,appassita e incartapecorita, che non offre più nullaalle giovani generazioni. Il questionario che pubblichiamo in queste pagineè sconfortante: la maggior parte dei ragazzi italianiad alto tasso di alfabetizzazione (iscritti cioè alprimo anno di università) non è in grado di ricono-scere alcuni dei capolavori assoluti della storia delcinema. Dobbiamo ammetterlo senza infingimenti:siamo il paese a più alto tasso di analfabetismoiconico di tutto l’occidente. E se il cinema da noisoffre più che altrove è anche per questo: perchénessuno ha fatto nulla per creare i nuovi pubblici,o per far sentire alle nuove generazioni la ricchezzaunica e insostituibile che il cinema può regalare.Del resto, non c’è da stupirsi : la cultura italiana ele classi dirigenti di questo paese hanno sempreavuto nei confronti del cinema o una volontà diuso strumentale in funzione egemonico-ideologicao un atteggiamento di sprezzante disdegno e diaristocratica diffidenza. Il risultato? Fuori il cinemadalle scuole. Fuori dai palinsesti della televisionepubblica. Fuori dai programmi di ricerca sostenutinelle università (dove ad essere finanziate dallelobbies accademiche sono ricerche che quasi mairiguardano il cinema e i mass-media). Non solo:benché l’Unione Europea insista da anni sulla cen-tralità della media literacy (l’educazione ai media)come base necessaria e imprescindibile per lacreazione di società inclusive civili e moderne, danoi tutti gli appelli in tal senso vengono lasciati ca-dere nel vuoto (col risultato che ci ritroviamo conuna società “incivile”, rancorosa e frustrata, semprepiù portata all’invettiva lapidaria che alla riflessione,ormai quasi incapace di argomentare….). Una re-

cente ricerca della Fondazione Rosselli dimostracome dal 2006 al 2010 gli italiani abbiano media-mente dedicato venti minuti in più ogni giorno alpiccolo schermo televisivo, passando da 238 a 258minuti di permanenza quotidiana davanti alla Tv:oltre 4 ore di esposizione a un medium rispetto alquale gli italiani non hanno nessuna forma di alfa-betizzazione neanche minima, nessuna capacitàdi lettura e di analisi, nessuna conoscenza neancheelementare di come funzionano la grammatica e lasintassi delle immagini in movimento, nessunaidea dei meccanismi e delle procedure che articolanoil rapporto fra un medium audiovisivo e il suoutente. Risultato? Di nuovo: analfabetismo. Cronico,diffuso, capillare, pervasivo. È stato calcolato chenel Medio Evo un qualsiasi contadino umbro o to-scano incontrava più o meno 40 immagini artificialinel corso della vita (gli affreschi sulle pareti dellachiesa e poco altro…).Oggi lo stesso uomo mediointercetta oltre 600.000 immagini artificiali (cioèartefatti visivi progettati e realizzati per comunicarequalcosa) al giorno. In un arco di tempo relativamentebreve dal punto di vista dell’evoluzione della specieumana – pochi secoli – il nostro apparato percettivovisivo ha subito e sta subendo una mutazione gi-gantesca, i cui effetti sono ancora tutti da studiaree da capire. Come governiamo un traffico di 600.000immagini al giorno? Che ne facciamo? Come le se-lezioniamo? Quali metabolizziamo? Non è più am-missibile che un intero popolo venga lasciato privodelle strumentazioni minime per orientarsi nel si-stema comunicativo contemporaneo. La battagliaper insegnare il cinema e la media literacy nellenostre scuole è una delle priorità politiche assolutedel nostro paese: serve a dare fiato e pubblico alnostro cinema del futuro, ma anche a creare unapopolazione consapevole del mondo in cui vive edei modi in cui in questo mondo si comunicanoemozioni e informazioni. Ogni ulteriore rinviosarebbe non solo colpevole ma catastrofico, eavrebbe effetti devastanti sulle generazioni future.

SCENARI // Analfabetismo filmico

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legenda

Sono stati distribuiti 250 questionari a studenti del primo anno di università (età 19-20 anni).Ne sono stati restituiti 217. Il questionario chiedeva di riconoscere titolo ed autore dei film descritti qui di seguito:

Per continuare il test, collegati al sito www.8-mezzo.it

LA CONOSCENZA FILMICA IN ITALIA

QUESTIONARIO

S le risposte corrette N le risposte errateX le risposte in bianco

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SCENARI // Analfabetismo filmico

Un cronista insoddisfatto va a caccia di incontri e notizie nel mondo convulso che ruota attorno a Via Veneto nella Roma della fine degli Anni ‘50

A

Durante la Seconda Guerra Mondiale un gruppo di soldati italiani resta isolato per tre anni su un’isola vicino alla Turchia. Non tutti torneranno a casa

B

Una giovane donna scompare durante una crociera alle Isole Eolie. Gli amici che erano con lei reagiscono in modo diversoalla sua misteriosa sparizione

C

Una ragazza ha una turbolenta relazione sessuale con un uomo più anziano di lei in un appartamento vuoto in Rue JulesVerne a Parigi

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Un vagabondo è talmente affamato che si mangia le sue scarpe

E193

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Invitato per sbaglio ad un ricevimento, è talmente imbranato che a furia di gaffes distrugge la villa in cui si svolge la festa

F

Per un inspiegabile fenomeno, un gruppo di ricchi borghesi resta bloccato nel salone in cuiera stato invitato a cena e nonriesce a uscire per giorni e giorni

G

Due balordi attraversano l’America a bordo dei loro choppers per recarsi al carnevale di New Orleans

H

Un padre, un figlio e un corvo a zonzo nel brullo paesaggio della campagna romana

I

Dopo aver ritrovato un orecchio mozzato in un prato, un giovano ingenuo si trova ad indagare in un mondo molto molto oscuro

J

Due jazzisti squattrinati, testimoni involontari di una strage mafiosa, per sfuggire ai gangster che li vogliono eliminare si travestono da donna

Risposte

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ALa dolce vita di F. FelliniBMediterraneo di G. SalvatoresCL'avventura di M. Antonioni DUltimo tango a Parigi di B. Bertolucci

ELa febbre dell'oro di C.ChaplinFHollywood Party di B. Edwards GL'angelo sterminatore di L. BuñuelHEasy Rider di D. Hopper

IUccellacci e uccellini di P.P. PasoliniJVelluto blu di D. Lynch KA qualcuno piace caldo di B. Wilder

DALLA FRANCIA ALLA GRANBRETAGNA,VIAGGIO NEI PAESIDOVE IL CINEMA È L’ABC

SCENARI // Analfabetismo filmico

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SCENARI // Analfabetismo filmico

L a cultura cinematografica ha sempreavuto un ruolo centrale in gran parte deipaesi europei, ha sviluppato storia ecoscienza nazionali, ha favorito laconoscenza del mondo, ha aiutato alla

formazione del senso critico e ad approfondire ilsenso estetico. Molti istituti, associazioni private,archivi ed enti specializzati contribuiscono alladiffusione del suo linguaggio all’interno dei singolipaesi. Ma, per quanto riguarda un’educazionesistematica e integrata vera e propria nei sistemieducativi nazionali, molto è ancora da fare. Alcontrario di altre materie artistiche (musica, artifigurative, letteratura), il cinema ha raramentetrovato un suo spazio autonomo all’interno dellescuole. Più spesso invece lo incontriamo abbinatoalle ore di “Lettere” o, nelle scuole di grado inferiore,a quelle di “Educazione civica”. L’argomento ètalmente sensibile e in fase di evoluzione che il BFI(British Film Institute), all’inizio del 2012, ha avviatouna ricerca in tutto il territorio dell’Unione Europeasullo stato dell’insegnamento della Film Literacy, icui risultati dovrebbero essere resi pubblici entro lafine del 2012.Dai dati sinora reperibili presso i siti dei singoliministeri per l’istruzione e gli istituti cinematografici,ecco il quadro che emerge. Nel caso delle scuolepubbliche, l’insegnamento della materia Cinema èspesso facoltativo, molto presente nei programmiextra-scolastici, meno negli orari obbligatori. NelRegno Unito, in Irlanda, Germania, Norvegia, Svezia,l’educazione ai media (stampa, audiovisivi, radio, tv,teatro, computer, cinema) è usata come integrazioneall’insegnamento delle materie letterarie. Il cinematrova invece un orario “dedicato” (anche se spessofacoltativo) nei Paesi Bassi, Ungheria, Cipro,Finlandia, Francia, Malta, Croazia, Svizzera. In Francia, l’educazione cinematografica nellescuole superiori è offerta sia come materiafacoltativa che obbligatoria. Fa parte dei programmi

di educazione ai media, ma spesso affianca anchelo studio delle materie letterarie nel normale orarioscolastico, ed è materia obbligatoria all’interno diLettere per la preparazione alla maturità. Le lineeguida dell’insegnamento cinematografico sonoindicate dagli enti governativi in collaborazione conil CNC. Quest’ultimo, soprattutto sotto l’impulsodi Jack Lang, a lungo ministro francese dellaCultura, negli ultimi venti anni ha promosso diversiprogrammi di educazione al cinema per tutti i livellidi età, fuori e dentro le scuole. Attualmente, sistima che circa il 7,5% degli studenti delle mediesuperiori in Francia riceva un insegnamentospecifico della materia. In Germania i 16 stati federali hanno strategieeducative indipendenti, ma tutti prevedono nellescuole di ogni grado un’educazione ai media ealcune in modo specifico alla materia cinema.Vision Kino, network nazionale cine-audiovisivo, daanni cura delle settimane di educazionecinematografica per le scuole. Dal 2010, tutti iministeri federali per l’educazione, incollaborazione con Vision Kino, hanno tratteggiatoobiettivi comuni riguardanti l’educazione ai medianelle scuole, inclusa l’educazione cinematografica.Quest’ultima coinvolge circa l’11,5% della popolazionescolastica tra i 15 e i 24 anni. Poco più bassa la percentuale in Spagna, dove lematerie specificamente cinematografiche raggiun-gono circa il 10,3% degli studenti delle medie supe-riori. Anche qui, le 17 comunità autonome in cui ilpaese è diviso, possono interpretare in buona parte,individualmente, le linee guida dettate dalle autoritàstatali. Il cinema non risulta come materia e séstante, ma in ausilio alle altre materie curriculari. Nel Regno Unito esistono strategie comuni perInghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. Intutte e quattro le nazioni, la Film Literacy è materiaintegrata all’interno del programma di Lettere,usata per lo sviluppo del senso critico degli allievi

in relazione alla letteratura e alla lingua inglesi. Hainoltre un ruolo nell’educazione civica (in Scozia eNord Irlanda) e nell’educazione civile (Inghilterra).L’uso della materia cinema è dunque esteso in moltidei curricula scolastici. Ci sono inoltre possibilitàper gli studenti tra i 14 e i 19 anni di specializzarsiin Film Study e Media Study, sia in Inghilterra chein Galles. Due organizzazioni nazionali, il BFI eFilm Education, offrono diversi supporti tecnici eprofessionali per l’insegnamento nelle scuole. Sonocirca 20mila gli studenti del Regno Unito tra i 16 ei 19 anni a ricevere una specifica educazionecinematografica nelle scuole di grado superiore,60mila quelli che studiano più in generale “Media”,di cui il cinema è una delle componenti. Per capire come le diverse istituzioni cinematogra-fiche interagiscano con l’insegnamento del cinemanelle scuole, prendiamo il caso dei Paesi Bassi,dove non esiste una strategia governativa univocain proposito, ma dove il ministero dell’Educazioneha delegato in buona parte all’EYE (Istituto di Cine-matografia dei Paesi Bassi) di elaborare strategieeducative di Film Literacy. Già da diversi anni, l’EYE di Amsterdam offre allescuole di tutto il territorio 4 livelli formativi: per lescuole elementari (6-12 anni), inferiori (12-14), su-periori (14-18) e per gli adulti. All’interno delle 6 oresettimanali dedicate normalmente alle “materiecreative” (musica, cinema, danza…), gli insegnantipossono appunto scegliere la materia “cinema”.L’Istituto mette a disposizione aule per le proiezioni,film dedicati o scelti dagli stessi organi scolastici(studenti e/o professori), tutto il materiale didatticogratuito e laboratori in cui gli studenti possono im-parare a “fare” un film. Da alcuni anni, inoltre, neiPaesi Basi tutte le istituzioni cinematografiche (ar-chivi, festival, cineteche, istituti) si sono consorziatinell’associazione Film Educatie, che controlla e ve-rifica che ogni evento cinematografico sul territoriopreveda uno spazio dedicato all’educazione.

Una ricerca del British Film Institute rivela come si insegna Film Literacy sul territoriodell’Unione Europea. Non solo nelle scuolesuperiori, ma persino alle elementari. Come accade ad esempio nei Paesi Bassi.

di Roberta Ronconi

Scuole di cinema,non solo Centro Sperimentale

di Paola Casella

Basta digitare la voce “scuole dicinema” su Google e compareun mare magnum di nomi nelquale è difficile non annegare,con tutti i rischi accademici (ed

economici) che ciò comporta. “Un anno faho cercato di compilare una lista”, ricordaCaterina D’Amico, che in passato ha guidatoil Settore Formazione della Scuola Nazionaledi Cinema e presieduto l’AssociazioneEuropea di Scuole di Cinema e TelevisioneGEECT e l’Associazione Mondiale di Scuoledi Cinema e Televisione CILECT. “La miaimpresa si è rivelata disperata. Hocontattato le Film Commission delle varieRegioni, chiedendo di mandarmi un elencodelle realtà locali del settore: non avevanocognizione di quello che c’era sul territorio”. “È anche vero che le scuole di cinema sonoin gran parte concentrate a Roma - continuaD’Amico - e ho sempre sognato che da noi,come in altri paesi, ci fossero ottime scuoledislocate in tutte le Regioni e che le FilmCommission si occupassero di assicurareuna formazione locale, indirizzando poi iloro migliori alunni verso una scuola nazionaleche a quel punto lavorerebbe su un terrenogià arato e seminato”.

È d’obbligo quindi partire dal Centro Speri-mentale di Cinematografia di Roma, l’unicarealtà pubblica nazionale, anche se ramificatain varie sedi, tra cui quella di Palermo. “Ingrandi capannoni industriali riconvertiti epoi abbandonati, che sembravano una cat-tedrale nel deserto, è nata qualche anno faquesta sede distaccata”, ricorda la registaCostanza Quatriglio, chiamata nel 2010 ainsegnarvi documentario. “L’obiettivo eraformare 12 studenti provenienti da ogniparte d’Italia insegnando a girare e montareun doc tutto da soli, ma anche offrire unmetodo che consentisse di indagare dentro

di sé. Inoltre una scuola di cinema dovrebbeessere formata da professionisti ben inseritinel mondo del lavoro che basino l’insegna-mento sulla pratica”, conclude Quatriglio.

La frequentazione di professionisti del settorecontribuisce alla didattica anche quando re-gisti, attori o produttori sono visitatori oc-casionali. Il regista Alessandro D’Alatri, cheha tenuto lezioni al Centro Sperimentale,alla Cattolica di Milano, all’Università di Yalee alla Scuola di Cuba, nel 2010 ha deciso dipresentare il suo Sul mare alla Nuct di Romavisto che aveva scelto come protagonistidel film due giovani ex studenti. “È undovere, alla mia età, andare incontro aigiovani e dare anche lezioni di sopravvivenzasui contratti non rispettati e lo sfruttamentoche colpisce soprattutto chi è alle prese conla sua opera prima”.

Importante è anche organizzare stage sulcampo e diventare un bacino cui le produzionipossano attingere. “Nel selezionare il castdella serie televisiva Romanzo criminale cisiamo rivolti in primo luogo al CSC”, ricordaad esempio Riccardo Tozzi, patron della Cat-tleya. “Purtroppo, a fronte di alcune realtàsolide e funzionanti, la maggioranza dellescuole sponsorizzate dagli enti sul territoriorientra nella forma di spesa locale fatta piùper la propaganda e per il consenso deipartiti. Per non parlare delle molte realtàprivate che creano solo illusioni e fannoperdere soldi e tempo ai ragazzi”. Un altro criterio di valutazione, quindi, po-trebbe essere il costo della retta in propor-zione al tipo di formazione e di contatti chela scuola assicura. “Lo studente deve sentireche c’è un investimento condiviso – cautelaCaterina D’Amico - altrimenti ha l’impressioneche ciò che gli viene insegnato, anche graziea mezzi tecnici e strutture di produzione di-

spendiose, non valga nulla. È vero, una rettaelevata potrebbe discriminare, ma per questodovrebbero esistere correttivi come borsedi studio o prestiti da restituire quando si èraggiunto uno status lavorativo”.

La quota di iscrizione ai corsi della Scuoladi cinema e televisione del Comune diMilano, che annovera fra i suoi docenti Ma-rina Spada e Michelangelo Frammartino, èad esempio calcolata sulla base della con-dizione economica del nucleo familiare dellostudente secondo l’attestazione Isee e l’of-ferta è articolata su un corso diurno triennalee uno serale (per chi di giorno lavora), en-trambi a numero chiuso. Completamentegratuito è il corso biennale per 66 studentiselezionati tramite colloqui individuali offertodalla Scuola d’arte cinematografica GianMaria Volonté, creata poco più di un annofa nella Capitale da un comitato fondatorefra cui figurano Elio Germano e Valerio Ma-standrea, finanziata dalla Provincia di Roma.Il primo anno gli studenti seguono in comunele varie discipline: tutti fanno tutto e si im-mergono nel lavoro cooperativo, imparandoa relazionarsi e a distinguere i vari ruoli. Ilsecondo anno è più specialistico, con corsifull immersion la mattina e laboratori e trai-ning il pomeriggio”.A Bolzano si è costruita una solida reputa-zione la Scuola di documentario, televisionee nuovi media Zelig che, oltre a fornire uncorso triennale di formazione cinemato-grafica specializzata nel film di realtà, sioccupa anche di produzioni cine e televisivee fa parte di una rete internazionale dicentri d’eccellenza accademica nel settore.La Mediateca Regionale Toscana inveceospita la sede fiorentina della prestigiosaNew York Film Academy, che qui offre corsidi regia in pellicola e in digitale nonché direcitazione. A Napoli, infine, una delle pa-

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SCENARI // Analfabetismo filmico

Come orientarsi nellageografia frastagliata della formazione di settoreda Bolzano a Palermo?Ne parliamo con Caterina D’Amico, che ha guidato il settore formazione del CSC, con i registi Costanza Quatriglio e Alessandro D’Alatri, con Angelo Curti di Teatri Uniti e con il produttoreRiccardo Tozzi.

i

lestre di cinema più interessanti è il labora-torio permanente di formazione sul campodei Teatri Uniti, di cui è presidente AngeloCurti. “Non è una scuola vera e propria maqualcosa di simile alla bottega di un tempo”,precisa Curti. “Con Teatri Uniti produciamoanche cinema e accogliamo giovani istruen-doli nei vari settori: Paolo Sorrentino vennequi come assistente di produzione, capimmoche non era quello il suo mestiere ma rico-noscemmo che aveva altri talenti”. Curti,come Sorrentino, Stefano Incerti e il pro-duttore Nicola Giuliano, sono anche docentioccasionali della scuola di cinema napole-tana Pigrecoemme: stanno cercando conla nuova amministrazione comunale di ra-dicare a Napoli una scuola pubblica nelcampo delle arti sceniche.

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SCENARI // Analfabetismo filmico

12 progetti da 150mila euro per lanciare registi e produttori emergenti da tutto il mondo. È Biennale College, iniziativa sostenuta dalla Biennale con Gucci, il MiBAC e la Regione Veneto. Ne parliamo con il direttore della Mostra di Venezia Alberto Barbera:

“Credo che l’industria culturale sia destinata ad avere un grande sviluppo negli anni a venire, si moltiplicano le piattaforme di distribuzione e il consumo degli audiovisivi, quello che manca sono i contenuti”

Si parte da un bando internazionale da cui ven-gono scelti 15 progetti, ognuno di questi deveessere presentato da un team regista-produttore,la figura del produttore garantisce la correttautilizzazione dei 150mila euro per la realizzazione.Gli autori dei 15 film selezionati andranno a Ve-nezia a gennaio per un workshop e con l’aiutodi tutor ed esperti del settore svilupperanno iloro soggetti e li renderanno compatibili con laloro realizzazione. Al termine di questo workshopci sarà una seconda selezione in cui si arriveràa tre progetti, che saranno quelli finanziati dalla

Biennale College. I vincitori parteciperanno aun nuovo workshop a febbraio in cui sarannoaffiancati da altri tutor e produttori e poi avrannocinque mesi a disposizione per realizzare ilfilm, in tempo per presentarlo alla Mostra 2013dove ci sarà una sezione apposita che diventeràfissa. Dopo la presentazione alla Mostra, BiennaleCollege si occuperà di garantire una circuitazionesuccessiva attraverso i festival, internet, piatta-forme on demand o la vendita a canali televisivie a distributori commerciali che possano essereinteressati.

COME FUNZIONABiennale College

www.labiennale.org/it/cinema/collegecinema

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SCENARI // Analfabetismo filmico

INVISTA

Ci sono precedenti a livello internazio-nale di questa esperienza? Per quantone sappia non esiste nulla di simile almondo. Quelli di Cinéfondation diCannes, dei festival di Berlino e Rot-

terdam, per citare i più famosi, sono dei laboratoritemporanei, mentre il nostro ha l’ambizione di riu-scire ad aiutare alcuni giovani a realizzare un filmdell’arco di 12 mesi. Oggi le tecnologie leggere, l’ab-battimento dei costi di produzione e la pratica deifilm a micro-budget consentono di farlo. Molti deifilm che abbiamo presentato nella sezione Oriz-zonti quest’anno, ad esempio, sono stati realizzaticon cifre persino inferiori ai 150mila euro che noipensiamo di dare per ciascuno dei progetti.

Questa tendenza è generata anche dall’attualecrisi economica?Il cinema in questo momento si trova di fronte a unbivio: da un lato c’è la tendenza, soprattutto tipicadelle grandi produzioni, a investire su pochi titolicon budget elevatissimi, dall’altra c’è l’esigenza diriuscire a realizzare opere di grande qualità con cifrepiù basse. La crisi sta tagliando le risorse e diconseguenza i costi. La vera scommessa delcinema di oggi è andare alla ricerca di una qualitàancora maggiore spendendo meno. Quindi leesperienze di produzioni a basso e bassissimobudget sono sempre più numerose e dimostranodi saper raggiungere i mercati e in qualche casodiventare film di successo cioè remunerativi.

Quali sono i criteri di selezione?Il criterio fondamentale è che i progetti devonoessere realizzabili con 150mila euro. Il budgettuttavia può essere utilizzato liberamente. I giovaniregisti hanno tutte le opzioni, possono anchescegliere degli attori famosi. L’altro criterio è cercaredi capire quali di questi aspiranti registi abbia piùtalento, maggiore originalità e maggiori prospettivedi condurre in porto una piccola impresa comequesta. Ci vogliono una bella idea, un progettooriginale e un talento che sia in grado di farci intuirela potenzialità della storia, che possa essereinteressante anche sul piano del linguaggio, dellamessinscena e della dimensione estetica.

Come si colloca il vostro progetto rispetto allescuole di cinema?Non è assolutamente competitivo o alternativorispetto alle scuole esistenti. Noi abbiamo altreambizioni: intanto di lavorare in ambitointernazionale e poi di lavorare in manierapragmatica senza alcun approccio di tipoaccademico o scolastico, ma in modo dinamico,mettendo la pratica avanti alla teoria.

Cosa pensa delle scuole di cinema del nostropaese?Ammetto di non conoscerle tutte ma credo che lascuola ancora più prestigiosa ed efficace sia il CSC.Nonostante tutte le difficoltà che sta attraversandoin termini economici e gestionali, rimanecomunque una scuola di altissimo livello che negliultimi anni ha contribuito a formare una serie difigure professionali, dal regista all’attore, dallosceneggiatore allo scenografo fino al produttore. Il

problema è che i posti sono pochissimi e lerichieste tantissime, quindi è molto difficile entrare.

Quindi bisognerebbe aumentare i posti adisposizione?Credo che l’industria culturale sia destinata adavere un grande sviluppo negli anni a venire. Simoltiplicano le piattaforme di distribuzione e ilconsumo degli audiovisivi perché la nuovatecnologia non fa che aumentare i canali adisposizione. Quello che manca sono i contenuti equindi ci sarà sempre più bisogno di giovani ingrado di rispondere a questa sfida. Io credo che lescuole servano e debbano essere capaci diconfrontarsi con la realtà dell’industria culturale dioggi. Ci vogliono una formazione teorica e unacultura di base che però devono essere finalizzatealla domanda del mercato, quindi dinamiche esempre più pratiche.

di Marilena Vinci

Un laboratorio di alta formazione,ricerca e sperimentazione per lo sviluppo e la produzione di opere audiovisive a micro-budget che permetta a giovani registi e produttoriemergenti di tutto il mondo, alla loro opera prima o seconda, di realizzare un film in un anno: è Biennale College - Cinema,un’iniziativa sostenuta dalla Biennale di Venezia con la partnership di Gucci, il sostegno del MiBAC - DG Cinema - e della RegioneVeneto.

“In realtà è un vecchio progetto che ha presoforma già con TorinoFilmLab - ci racconta Alberto Barbera - e quando Baratta mi ha proposto di tornare a Venezia una delle iniziative che gli ho prospettato è stata questa: s’inserisceperfettamente nella Biennale, in cui esiste già l’idea di affiancare ad ogni evento un’attività laboratoriale”

COSÌ LA BIENNALE DIVENTA PRODUTTORE

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SCENARI // Analfabetismo filmico

discorso di insediamento di StefanoRulli al Centro Sperimentale di Ci-nematografia, primo momento diincontro con studenti, docenti edipendenti nel nuovo ruolo di pre-

sidente, ha raccolto entusiasmo e consenso. Af-fiancato dai consiglieri di amministrazione NicolaGiuliano, Carlo Verdone e Aldo Grasso, lo sceneg-giatore di La meglio gioventù (2003) è stato chiamatodal ministro Ornaghi a presiedere la storica scuoladi cinema di via Tuscolana, dopo 10 anni di mandatodel sociologo Francesco Alberoni.

Rulli, nel suo discorso di insediamento ha evocatoCalamandrei e incitato alla “resistenza” e all’as-sunzione di responsabilità. Ma ha anche detto chevuole ridare valore alla parola “sperimentale”.C’è necessità di innovazione. Anche la parola “ci-nematografia” ormai va un po’ stretta, perché esi-stono nuove forme di narrazione audiovisiva e bi-sogna tenerne conto, perché importanti autori in-ternazionali si dedicano alle serie tv di eccellenza oal documentario. Da statuto, fino a oggi, al CSC il

cinema è stato centrale, ma bisogna trovare unacapacità di sintesi. Dovremo accogliere nuovi lin-guaggi per trovare modelli narrativi diversi.

Quindi da dove bisogna partire per rilanciare ilCentro?Ci sono grandi professionalità che hanno voglia dipartecipare al cambiamento senza paura. Bisognaguardare alla crisi come a un’occasione per la tra-sformazione, in un paese capace di rinnovarsi solodagli sconquassi. Una difficoltà sta nel reperimentodi risorse, ma bisogna dare un segnale dall’interno,di trasparenza, efficacia, responsabilità.

Il valore della formazione va cercato solo nel per-corso di studi o anche altrove?Ci sono altri due passaggi molto delicati in una scuolad’eccellenza. Il primo è quello dell’accesso: proveròad allungare i tempi dell’esperienza propedeutica dichi supera la prima fase delle selezioni. Attualmente iragazzi vengono “testati” per 2-3 settimane. Voglioche si arrivi a 2-3 mesi, perché c’è bisogno di piùtempo di osservazione per capire dove sia il talento.

La meglio gioventù (del cinema)

“Guardiamo alle altreesperienze europee ma senzadimenticare che non siamouguali, perché abbiamo anchela Cineteca Nazionale. E poi il CSC non è una scuola,ma un progetto di riflessionesul cinema, l’audiovisivo, la cultura. Dobbiamo attingere a nuovi linguaggi,come il videogioco”

La parola a Stefano Rulli,nuovo presidente del CSC

di Michela Greco

Il

“La questione morale ci riguarda tutti”.Perciò ci vuole una “ribellione non tanto esoltanto contro ciò che gli altri hanno malfatto, ma contro ciò che noi avremmo dovutofare e non abbiamo fatto”

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SCENARI // Analfabetismo filmico

www.snc.it

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SCENARI // Inchiesta

“Dobbiamo osservare con attenzione anche

il mondo del videogioco, moltointeressante dal punto

di vista narrativo”

“D’altronde, dopo quella di Mosca, il Centroè la scuola di cinema più importante delmondo.”

Ci vuole rispetto per i ragazzi, non deve essere unadisperata corsa competitiva ma un’esperienza formativache resti e non lasci solo frustrazione. Serve poi unascelta più meditata che impedisca fughe successive.Anche l’ultimo anno è importantissimo, per offrireuno sbocco professionale: una strada potrebberoessere i rapporti trasparenti con le istituzioni.

C’è bisogno anche di una razionalizzazionedei costi?Bisogna fermare gli sprechi. Raccoglieremo dati perverificare quanto l’attuale organizzazione si adattiai nuovi obiettivi. Il problema economico non èdiretto, non siamo sommersi dai debiti. Ma bisognadare il massimo delle risorse alla didattica.

Si lascerà ispirare da qualche scuola inter-nazionale?Guarderemo ad altre esperienze europee, a Londra,Parigi, Berlino, pur sapendo che non siamo uguali,anche perché noi abbiamo anche la Cineteca Na-zionale. Sarà utile scambiarsi informazioni suimodelli finanziari e sui progetti formativi. D’altronde,dopo quella di Mosca, il Centro è la scuola dicinema più importante del mondo.

C’è bisogno di nuove formule narrative per rac-contare la realtà?Sì. Dobbiamo osservare con attenzione anche ilmondo del videogioco, molto interessante dal puntodi vista narrativo, e rimettere in discussione ladidattica contaminando i linguaggi. I ragazzi dovrannoessere capaci di destrutturare l’immagine tradizionale,ma per farlo devono conoscerla benissimo.

Le sembra che gli studenti siano poco preparatisulla storia del cinema?È importante padroneggiare la storia del cinemanon solo per un motivo accademico ma perchéoffra spunti in un percorso creativo. Se ami il cinemalo devi conoscere, ma non è giusto non selezionareun ragazzo che ha talento se non conosce la storiadel cinema: insegnargliela è tra i compiti del CSC.

In questo ha un ruolo importante la Cineteca Na-zionale.Sì, non è affatto accessoria per informare gli allievisul cinema del mondo. Bisogna capire comerenderla più funzionale con la scuola. La Cinetecanon deve solo restaurare e preservare il patrimoniocinematografico e la memoria storica, ma anchepromuovere.

Cosa non vorrebbe più vedere al Centro Speri-mentale?Demonizzazione e demoralizzazione. Il CSC non èsolo una scuola, ma un progetto di riflessione sulcinema, l’audiovisivo, la cultura. Questo progettoè a lungo mancato. Dobbiamo essere un punto diriferimento per il cinema italiano, in cui i maestri simisurino con i nuovi autori.

SCENARI // Analfabetismo filmico

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SCENARI // Analfabetismo filmico

Come avviene il ricambio professionalein Italia? In che modo un sapere pro-fessionale stratificato e una compe-tenza tecnica raffinata si tramandanoda una generazione all’altra? Preval-

gono ancora dei metodi da bottega artigianale, radi-cati nell’esperienza diretta e nell’umile praticantato?L’istruzione avviene in specifici luoghi, con un’ade-guata dotazione tecnica e con protocolli pedagogiciequivalenti ai programmi di formazione offerti dallemigliori accademie del cinema europee o dai corsiuniversitari britannici o statunitensi? In sintetici ter-mini, come avviene il cambio della guardia nella fi-liera del cinema italiano?

A queste molto concrete domande ha provato a ri-spondere una ricerca universitaria finanziata dalMinistero dell’Istruzione, dell’Università e della Ri-cerca e coordinata dall’Università degli Studi diUdine, con la Libera Università di Lingue e Comu-nicazione IULM, l’Università della Calabria e l’Uni-versità degli Studi di Roma 3. Per semplificazione,gli ambiti di interesse possono essere rubricatisotto le voci istruzione, mercato, linguaggio, culturae patrimonio. La formazione professionale si è rivelata una terradi nessuno, con un’ offerta indiscriminata di corsidi cinema: si è realizzato un censimento dell’offertaformativa nazionale, grazie anche al sostegno dellaRegione Autonoma della Sardegna. Attraverso lamappatura, relativa il biennio 2009-11, si è colta lacomplessità dello scenario: più di 1000 corsi, dai

più seri e consolidati ai più palesemente implausibili.I dati raccolti sono consultabili in un database online (www.cinemaformazione.it).Alcuni aspetti ri-sultano evidenti: in primis, la progressiva ritiratadell’investimento pubblico (meno del 10% dell’offertacomplessiva), la riduzione dello spazio di manovraa sua disposizione a fronte dell’emersione disoggetti dallo statuto incerto (corsi a finanziamento

F.S.E., Accademie di Belle Arti) e della proliferazionedell’offerta privata. Sul piano della distribuzionedelle realtà formative, si è notata la prevalenteconcentrazione nei centri tradizionali di produzioneaudiovisiva (Roma, in subordine Milano), conpunte inattese in aree meno rilevanti sul pianoproduttivo (Sicilia), che suscitano interrogativosull’effettiva funzionalità di tali iniziative. A questi dati si associa il ruolo esiguo della forma-

zione universitaria nella professionalizzazione ci-nematografica (il 3% dell’offerta complessiva), perla maggior parte concentrata a un livello di base(master di I livello), a differenza di quanto accadein altri contesti nazionali: due esempi immediatisono il sistema accademico britannico e quellodelle Hochschule tedesco. Infine, dato forse più al-larmante, in Italia si registra la limitata attenzione

alla trasformazione tecnologica e all’emersione dinuovi profili professionali. I corsi per filmmakersono decine, mentre mancano ancora percorsiformativi destinati ad attività più rilevanti negliultimi anni, successivamente al Decreto Urbani eal nuovo protagonismo territoriale: esperti diproduct placement e location manager, per faredue esempi di nuove professionalità per le qualimancano occasioni strutturate di formazione.

NELLA TERRA DI NESSUNO

di Leonardo Quaresima e Francesco Pitassio

Indiscriminata e caotica l’offerta di scuole di cinema e corsi di formazione secondo una ricerca universitaria. I giovani si orientanoancora, soprattutto, con il passaparola. Ma ora è consultabile un database online:www.cinemaformazione.it

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SCENARI // Analfabetismo filmico

Una volta tracciata la mappa del paese, si è cercatodi comprendere in che modo lo si attraversi: comeci si orienti, con quali aspettative, e superandoquali ostacoli. Lo si è fatto attraverso un’indaginequalitativa, a partire da un questionario strutturatoimpartito a protagonisti della formazione, da am-bedue i lati della cattedra.Il campione è stato costituito da venti scuole, perun’adeguata immagine della distribuzione territoriale.La finalità principale era la descrizione del vissutoesperienziale: in altre parole, come ognuno viva laformazione, cosa attende, quale futuro le assegni.Ne è emerso un quadro poco confortante: le trecaratteristiche distintive sono frammentazione, di-somogeneità e mutabilità. Frammentazione dellediscipline in una molteplicità di corsi. Disomogeneitàdi offerta formativa tra realtà. Mutabilità di unaproposta, soggetta a costanti variazioni da unastagione alla successiva. Perciò, accanto a scuoleconsolidate e di rinomanza internazionale, concriteri di selezione rigorosi, piano formativo chiaroe vocazione professionalizzante o di specializzazione,convive una schiera di iniziative la cui prevalente

(spesso opaca) funzione è l’alfabetizzazione, o laformazione di base. Lo scenario ha ricadute pro-blematiche per tutte le parti in campo: negli allieviingenera una difficoltà di orientamento, con parti-colare riguardo alla scelta della realtà formativa.Per le scuole, diviene impervio tutelare la specificitàdel proprio progetto professionalizzante e qualificarloagli occhi del mercato del lavoro: si associa la pre-carietà della condizione dei docenti. Per i datori dilavoro, risulta complicato attribuire una valenzastabile a un percorso di formazione anziché a unaltro. A farla da padrone in Italia è ancora e so-prattutto la dimensione relazionale: il passaparolatra allievi consente l’individuazione delle iniziativeformative più accreditate, la realtà della scuolaproduce reti di contatti tra allievi e la conoscenzatra questi e docenti professionisti offre un primocontatto con il mondo del lavoro. Tuttavia, altricontesti industriali e formativi da tempo si sonoposti il problema di rendere quanto più lineari ilpercorso di formazione e le soglie di ingresso nelmercato del lavoro. Nel caso italiano, questo pro-cesso richiede di essere perfezionato. Crediamo

che questa prima ricognizione possa fornire qualchedato per aumentare la consapevolezza delle sfidefuture e delle strategie utili a vincerle. In tal sensosarebbe auspicabile un tavolo progettuale condivisotra gli stakeholder (istituzioni nazionali e locali,centri formativi partecipanti al consorzio internazionaleCILECT, centri di ricerca universitari, associazioni dirappresentanza dell’industria dell’audiovisivo, as-sociazioni professionali), finalizzato a fissare soglieistituzionali di qualificazione, identificazione eingresso nel mondo del lavoro, con il vantaggio dichiarire i percorsi e le sedi formative, per consentiredi passare da un vivace ma spaesato mucchio sel-vaggio, a un più disciplinato e funzionale plotone,mutando uno sguardo preoccupato sul ricambio inun efficace cambio della guardia.

Antonioni Fellini De Sica Pasolini Rossellini Visconti Leone Sordi Magnani Chaplin

Torino

Milano

Genova

Padova

Bologna

Firenze

Roma

Napoli

Bari

Palermo

largoFellini

viaDe Sica

viaDe Sica

viaPasolini

viaPasolini

viaMagnani

piazzaChaplin

viaDe Sica

viaRossellini

viaRossellini

rotondaVisconti

viaRossellini

viaChaplin

IL SILENZIO DELLA

TOPONOMASTICA

L a scorsa estate, durante una breve va-canza nella provincia francese, mi è capi-tato più volte di imbattermi – in villaggicon poche migliaia di abitanti – in vie ostrade intitolate ai grandi maestri del ci-

nema francese. Registi, ma anche attori. Talora attori molto popolari come Fernandel. Segnoche in Francia i cineasti e gli uomini di cinema ingenerale sono considerati patrimonio della nazione.Segno che fanno parte dell’orgoglio nazionale, eche contribuiscono alla definizione della memoriacollettiva. E da noi? Mentre passeggiavo in rue RenéClair, o in rue Jean Renoir, mi veniva da chiedermiquante – fra le grandi città italiane – abbianodedicato una piazza o una via – poniamo – aFederico Fellini, o a Pier Paolo Pasolini. O a ungigante della cultura e dell’arte del Novecento comeCharlie Chaplin.

Il risultato, sconfortante, è nella tabella chepubblichiamo in questa pagina. Il vuoto dellatoponomastica dice di come il cinema non facciaparte del nostro patrimonio nazionale. Di comecontinui a non essere ammesso tra i beni (o ipatrimoni…) artistico-culturali della nazione. Lenostre vie sono intitolate spesso a figurine minoridella cultura aulica ottocentesca, ma rimuovono atal punto la modernità da condannare all’oblio gliartisti dell’immagine in movimento. Segno che unpo’ tutti noi – operatori culturali, giornalisti, opinionmaker, autori – non abbiamo fatto ciò chepotevamo e dovevamo per dare al cinema la dignitàche gli spetta. Se ora ci ritroviamo con il pubblicopiù ignorante d’Europa, la colpa – dobbiamoammetterlo – è un poco anche nostra.

L'indagine è stata effettuata su Google Maps e TuttoCittà nel novembre 2012

Nelle dieci più grandi città italiane, solo unavia dedicata a Fellini,nessuna ad Antonioni.

di G.C.

SCENARI // Analfabetismo filmico

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Carlo Chatrian, 41enne torinese, dallo scorso novembre è direttore artistico del Festival del film Locarno, dopo aver collaborato con Cinéma du réel di Parigi, Courmayeur Noir in Festival e Alba Film Festival. Critico cinematografico per le riviste Filmcritica, Duellanti, Cineforume direttore della rivista Panoramiques, è dal 2010 consulente della Cineteca svizzera di Losanna e dal 2011 direttore della Fondazione Film Commission Vallée d’Aoste.

di Stefano Stefanutto Rosa

Da poco più di un mese è alla guidadel Festival di Locarno, prevededelle modifiche sostanziali con l’edi-zione in programma dal 7 al 17 ago-sto 2013?

La formula adottata dal mio predecessore OlivierPère non necessita di grossi cambiamenti, è benadeguata al posizionamento del Festival e alla suaidentità. Locarno è sempre stato un luogo discoperta. Scoperta di tutto quello che il presenteoffre con uno sguardo al futuro, in termini di registie di direzioni che il cinema sta prendendo, maanche (ri)scoperta della storia del cinema, dei modidi raccontare. Le ultime retrospettive di Minnelli,Lubitsch, Preminger, che ho curato, e quell’annunciatadi George Cukor, sono un contrappunto impre-scindibile alla ricerca sul presente visto che ilFestival, oltre che frequentato da professionisti egiornalisti, ha un pubblico di appassionati, giovanie meno giovani.

C’è poi la Piazza Grande, un appuntamento perun pubblico più largo.

Negli ultimi anni, la Piazza Grande, che è un po’ ilcuore del Festival, si è aperta ad accogliere personalitànote non solo ai cinéphiles. Senza voler snaturareun festival, che ha privilegiato sempre la qualitàalla notorietà, penso che questo aspetto non vadatrascurato. E poi la piazza è “talmente grande” dafar convivere autori con attori. I due concorsi conoinvece rivolti a quei film destinati a segnare lascena contemporanea: il Concorso Cineasti delpresente, aperto solo a opere prime e seconde, e ilConcorso internazionale con un equilibrio tra registipiù affermati e filmmaker che necessitano dellagiusta piattaforma internazionale per presentarsiai distributori. Dunque un doppio canale per nuoviregisti ed esordienti. Questa è la struttura delFestival a cui s’aggiungeranno altri omaggi, eventiche daranno l’impronta della nuova direzione, maal momento è prematuro parlare di nomi e titoli.

1919

www.pardolive.ch

COSA MI PIACE DEL CINEMA ITALIANO

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COSA MI PIACE DEL CINEMA ITALIANO

Se dovesse comunque annunciare domani una ras-segna di un autore italiano, da chi comincerebbe?

Due le risposte possibili. Se penso a una retrospettivanel senso di un autore che ha un corpus di opereimportanti, il nome più forte è Marco Bellocchio.Anche se ci limitiamo all’ultimo decennio Bellocchio,con i suoi lavori che recuperano la storia italiana eil nostro archivio, arriva a raccontare il nostro Paesemeglio di altri. Narrarlo nel suo caso non significariprodurre in modo mimetico il presente, limite ditanto cinema, ma indagare le strutture di fondo, avolte andando indietro nel tempo come accadecon Buongiorno, notte o Vincere. Nei suoi film ilracconto non è solo un percorso narrativo, ma altempo stesso un tragitto in cui il viaggiatore ricevegli strumenti per orientarsi nel viaggio e così capireil mondo in cui viviamo.

Allora una personale di Bellocchio a Locarno 2013?

No, perché è già stata fatta alla fine degli anni ’90da Paola Malanga, che aveva curato una bellissimapubblicazione.

E l’altra risposta?

Se la personale è invece intesa come un omaggio aun regista che è emerso, che rappresenta anchequello che mi piace del nostro cinema, scegliereiDaniele Gaglianone che ha la capacità, la sfrontatezzadi toccare generi e linguaggi differenti. Un docu-mentario inclassificabile come Rata nece biti (Laguerra non ci sarà), che è la cartografia di un paeseche sta cambiando; un lavoro assolutamente indi-pendente come Pietro, tra i titoli recenti più inte-ressanti; o film più interni al sistema produttivocome Ruggine. Mi piacciono i registi che non hannotimore, anche sbagliando, di sperimentare. Pensoa Michelangelo Frammartino o a Pietro Marcello.

Quale film italiano recente l’ha stupita?

Le quattro volte di Frammartino mi ha sorpresoappena l’ho visto a Cannes. Era un progetto chegià conoscevo grazie anche ad alcune immaginiviste in anteprima. Eppure il risultato finale mi èparso da subito sorprendente, per il modo in cuil’autore ha lavorato su una commedia e sulla ripro-duzione della profondità di una cultura, senza maiannoiare. Vi ho trovato il piacere intellettuale chederiva dalla forza del linguaggio utilizzato, e altempo stesso un piacere che rimanda a quelloofferto dai film di Jacques Tati con le sue gag e ilsuo lavoro sui corpi e sugli spazi che alla finevengono modificati.

Altri film nazionali che l’hanno colpita?

La bocca del lupo di Pietro Marcello, anche sel’effetto sorpresa è qui meno evidente, visto che inquesto film si assiste per me al compimento di unpercorso iniziato già con i primi cortometraggi. Ri-corderei poi L’estate di Giacomo di Alessandro Co-modin, vincitore del concorso Cineasti del presentea Locarno 2011: un’opera intensa ed efficace, anchequesta su spazi e corpi. E poi Rumore bianco di Al-berto Fasulo, un film orizzontale che include degliinserti di narrazione o di saggio, con uno straordinariolavoro sul suono. C’è in Italia una generazione difilmmaker, poco nota e visibile in modo frammen-tario, che ha un grosso potenziale e che si esprimeal meglio quanto è stretto il collegamento conterritori specifici da un punto di vista culturale,geografico e antropologico. Penso a SalvatoreMereu e al lavoro che da anni conduce in Sardegna,il primo episodio di Ballo a tre passi è stato una ri-velazione. E ancora Gianfranco Rosi, documentaristadai tempi creativi lunghi che realizza film sorprendenticome Below Sea Level. Il cinema italiano ovviamentenon si riduce a questi nomi, ci sono registi, giovanie meno giovani, che hanno la fortuna di uscire insala con film di valore. È il caso di Saverio Costanzo,Matteo Garrone, per citarne alcuni. Ma se il puntod’osservazione è quello di critico e di direttore delFestival di Locarno, scelgo di segnalare quei registimeno noti tra il pubblico.

“Se la personale è intesa come un omaggio a un regista che è emerso, che rappresenta anche quello che mi piace del nostro cinema,sceglierei Daniele Gaglianone che ha la capacità, la sfrontatezza di toccare generi e linguaggi differenti”

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COSA MI PIACE DEL CINEMA ITALIANO

C’è un problema di promozione di questo prodottoall’estero?

Non direi. L’attività che svolge in questa direzioneLuce Cinecittà, nonostante le risorse limitate inepoca di tagli, è importante e precisa, a cominciaredalle indicazioni offerte e dalla conoscenza deifestival di riferimento. Semmai c’è scarsa attenzionerispetto a queste forme di linguaggio da parte deiselezionatori dei festival internazionali. Vedi Labocca del lupo che ha girato nel circuito mondialesolo dopo il passaggio al Forum di Berlino, nel frat-tempo la sua vittoria al Concorso del TFF erapassata inosservata ai programmatori stranieri.Direi che spesso la sensibilità, l’idea che il selezio-natore ha della nostra cinematografia non si raccordacon l’immagine che ne riceve dai film proposti.Così è accaduto recentemente con L’intervallo diLeonardo Di Costanzo la cui forza espressiva, no-nostante una carriera estera appena iniziata ma si-gnificativa (dopo Venezia, il film è passato a Torontoe Londra), non mi sembra sia stata colta appieno.

Questa produzione è purtroppo ignorata daigiovani e dagli adolescenti.

Per i giovani, soprattutto in Italia ma non solo, è ilfenomeno cinema a segnare il passo. L’intratteni-mento corre attraverso altri mezzi. E quando lospettatore giovane frequenta la sala, o meglio ilmultiplex, cerca qualcosa che s’avvicini il piùpossibile ad esempio al videogioco. S’aggiunga ilfatto che questi film da noi, a differenza dei nostricugini francesi, non godono di un’adeguata comu-nicazione. La stampa nazionale privilegia quelloche il mercato offre. Se poi un film come Le quattrovolte venisse programmato in un multiplex, credoche gli spettatori uscirebbero subito, perché c’èuna sproporzione tra le aspettative del pubblico diquel luogo e il prodotto. Esemplare l’esperienzache ho vissuto in un multiplex con Habemus Papamdi Nanni Moretti, un film certo non minore e conun cast conosciuto. Ebbene eravamo in cinque avederlo. Eppure il film ha avuto un percorso in saladi tutto rispetto.

Ma questo cinema d’autore e indipendente nonpuò limitarsi alla sala.

Sempre più in futuro funzionerà il sistema dellepiattaforme on-line: a un costo accessibile scarichiil film oppure lo vedi in streaming, anche se ilritorno economico per il film è per ora basso. Noncredo invece alla collocazione di questo cinema inun palinsesto televisivo generico, a meno di non ri-voluzionarne la concezione. Confido piuttosto neicanali tematici.

Utile sarebbe una promozione in televisione.

Le confido un sogno: una rubrica settimanale di15/20 minuti, su una rete di riferimento in unorario decente, con un conduttore carismatico e ri-conoscibile, dedicata al cinema che non si vede,che presenta e lancia titoli fuori dai circuiti tradizionalie dalle logiche di mercato. Titoli non solo italianima anche di cinematografie straniere.

Come giudica l’idea del direttore Marco Müller diriservare un concorso a parte per il cinema italiano,prima a Venezia e ora a Roma?

Nell’affrontare il mio nuovo impegno alla guidadel Festival di Locarno, il primo modello a cui miviene di pensare è proprio quello delle edizionidirette da Müller negli anni ‘90. Anche il lavorosvolto a Venezia è egregio, penso soprattutto aOrizzonti. Per quanto riguarda un concorso dedicatoal cinema italiano penso che sia un ottimo modoper dare visibilità alla cinematografia locale. Ilpericolo è semmai quello di creare una riserva incui delimitare la produzione italiana.

Che posto occupa il nostro cinema d’autore al-l’estero?

All’estero c’è la considerazione generale che ilnostro cinema abbia vissuto una stagione straordi-naria negli anni ’60 e ’70 e che poi sia calato irre-versibilmente, tranne alcune importanti eccezioni.Negli ultimi anni registi come Paolo Sorrentino eMatteo Garrone hanno avuto riconoscimenti a Can-nes, i Taviani quest’anno a Berlino; non sono sicurose questi segnali siano sufficienti a far parlare di ri-nascita del cinema italiano. Mi sembra che manchiun’adeguata conoscenza della complessità dellanostra produzione, soprattutto di quella che simuove in un territorio che non è quello del cinematradizionale, molto legato per contenuti e personaggialla cultura del proprio paese.

“Se penso a una retrospettivanel senso di un autore che haun corpus di opere importanti,il nome più forte è MarcoBellocchio. Anche se cilimitiamo all’ultimo decennioBellocchio, con i suoi lavori che recuperano la storiaitaliana e il nostro archivio,arriva a raccontare il nostropaese meglio di altri”

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L a rivoluzione digitale ha negli ultimi annitrasformato profondamente i modi diproduzione dell’animazione: la crea-zione di tecnologie consumer ibride trala fotografia ed il cinema, e l’immissione

sul mercato delle digital-reflex ad alta definizione,hanno realmente fatto “rinascere” una tecnica “an-tica” quanto il cinema, ovvero la stop motion o“passo uno”, base dell’animazione, rendendola piùsemplice e immediata. L’accessibilità sempre cre-scente di hardware e software dedicati ai personalcomputer è l’altro elemento fondante di questenuove forme di creatività e professionalità chehanno, di fatto, aperto nuove possibilità d’accessoa pratiche artistiche artigianali fino agli Anni ’90 so-stenibili, economicamente e tecnicamente, solo dacase di produzione e da artisti affermati. La pellicolacosta(va), e costa lavorarla, e così il suono, mentreil digitale permette di avere risultati immediati,grande definizione, e non ha costi se non nell’inve-

stimento iniziale. Il mutato panorama mediale incui si situa questo decennio dell’animazione ita-liana (dalla promozione al consumo) è l’altro latodella medaglia: l’esplosione delle nuove piattaformedigitali di social media e portali di video sharingcome You Tube, Vimeo, l’ormai veterano Myspace,e anche web-log come Tumblr e Wordpress, hannopermesso di far diventare queste piattaforme i mo-tori della trasformazione dei princìpi e delle prassidell’autopromozione dell’audiovisivo contempora-neo. Grazie a questo mutamento e rinnovamentodelle condizioni di produzione (tecnologia accessi-bile e a basso prezzo) e di promozione (pratica-mente gratuita), in pochi anni l’Italia ha raggiunto,nell’animazione, un alto livello di competenze e diprodotti che sono ora acclamati come tra i più ac-curati tecnicamente e stilisticamente originali a li-vello internazionale.Citiamone solo alcuni: autori di animazione “classica”che si fanno strada nei festival (Simone Massi con-

RI-ANIMAZIONI. AL CUORE DEL CINEMA

ITALIANOdi Giulio Bursi

INNOVAZIONILa new wave dell’animazione italiana

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

sacrato quest’anno a Venezia), altri che con tecnichemiste vincono premi importanti (Sergio Basso eLorenzo Latrofa ad Annecy 2009, Magda Guidi eMara Cerri a Torino 2012), nascita di factory al-l’avanguardia da Milano a Roma (Dadomani, Mam-mafotogramma, Magicmindcorporation, N9ve, LaTestuggine, Opificio Ciclope), street artists che ri-voluzionano l’animazione internazionale (Blu conil suo Muto), ma anche cineasti solitari, che prati-cando il do it yourself come filosofia produttiva(Donato Sansone, Virgilio Villoresi) riescono aflirtare con il mainstream dei grossi brand pubblicitarisempre più innamorati della stop motion. Il fenomeno emerso in maniera dirompente negliultimi 4-5 anni viene “dal basso”, ha a che fare conil recupero di tecniche antiche, con l’autoproduzione,con la reinvenzione continua del cinema col cinema,grazie ad una serie di giovani autori che fannocarne delle proprie visioni. Villoresi, Sansone, iTambellini, Mori, Ericailcane, sono una generazionesenza padri (padroni), che non ha potuto usufruirené degli studi di animazione che tra gli Anni ’50 e’70 tra Milano e Roma hanno prodotto film,pubblicità e caroselli, né delle case di produzionespecifiche per questo tipo di opere e finanziatedallo stato attraverso l’industria del cinema coipremi di produzione (come la Corona Cinemato-grafica, che dagli Anni ’60 agli Anni ‘80 ha fatto la-vorare ed esordire alcune genialità indipendenticome Claudio Cintoli, Manfredo Manfredi, RosaFoschi, Magdalo Mussio e foraggiato giovani maestricome Pino Zac, Bruno Bozzetto, Gibba). E di chisono figli, dunque? Se con la crisi del cinemaitaliano e la morte di molte di queste societàrestano vivi pochi studi (tra cui quello di Fuzellier-Cavazzuti-Ferrari e successivamente quello creatodal loro allievo Mario Aldis, che fonderà la Gertienel 1989 sempre a Milano), gli Anni ’80 e l’iniziodei ’90 hanno fatto uscire allo scoperto i loroprobabili fratelli maggiori, rare genialità solitarie,autori che hanno basato i loro esordi sulle rovinedella nostra industria. Il torinese Vincenzo Gioanolasu tutti, tra i fondatori di Lanterna Magica nei

primi Anni ’80, visivamente affine ad artisti comeKeith Haring o Harry Smith, che con una diascopia,un piccolo trapano e dei colori, ha per anni creatoopere con la sola logica dell’autoproduzione e “di-pingendo” direttamente su negativo 35mm. Dauna scuola d’arte, in assenza di studi e produttorie non intessendo diretti rapporti col mercato, nascela geniale Ursula Ferrara, figura mitica per le giovanigenerazioni. Dall’altro lato anche la superstar Gian-luigi Toccafondo, da sempre sponsorizzato da Arte,pittore di formazione come la Ferrara, ha lasciato ilsegno. Entrambi capaci di costruire uno stile unicoe senza compromessi, maestri di un artigianatodel “passo uno” che ancora oggi trova pochi egualinel mondo, i due sono artisti il cui profilo si lega almondo dell’arte (gli straordinari “olii animati” dellaFerrara) e delle gallerie, nonostante Toccafondo siaoggi approdato anche al grande cinema dopo averrealizzato una serie di sigle e advertising entratinella storia dell’industria culturale italiana. A questedue figure vanno aggiunte alcune personalità chehanno fatto da ponte tra arte, video e cinema spe-rimentale (da quest’ultimo hanno preso le tecniche,dall’arte video hanno invece imparato ad “installare”le proprie opere), e che completano le influenzeandando al di là dei classici circuiti di cui si parlava(importanti musei, gallerie, biennali). Una genera-zione “di mezzo”, che a partire da Saul Saguatti,Cristiano Carloni e Stefano Franceschetti fino adAlvise Renzini, si è mossa sul crinale di diverse tec-niche, con risultati veramente notevoli, approdandoad un riconoscimento “internazionale” (parados-salmente, la più “alta” ci sembra la presenza dellepellicole dipinte di Saguatti al fianco dei 70mmstrips di Brakhage nella mostra Le macchine dellameraviglia alla Venaria Reale, ma il passaggio diopere di Carloni e Franceschetti al Louvre o al Mu-seum of Contemporary Art di Chicago dice moltosul riconoscimento internazionale ricevuto d questiartisti). L’emergere delle realtà più giovani (tra cuiIgor Imhoff, Virginia Mori, Alice e Stefano Tambellini,Beatrice Pucci, Marco Cappellacci, Giovanni Munarie Dalila Rovazzini) deve molto al progetto di anto-

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

logizzazione, tanto importante quanto fuori daogni logica di mercato editoriale, che Andrea Mar-tignoni e Paola Bistrot stanno portando avanti conla loro serie di DVD Animazioni (ora alla secondauscita, con ben 25 autori coinvolti), e a quello distoricizzazione e curatela iniziati, in solitaria, dauno storico dell’avanguardia italiana come Brunodi Marino e da un curatore e programmatore comeFederico Rossin (con mostre, articoli, retrospettive).Non va sottovalutato anche il ruolo “attivo” dellescuole come il Centro Sperimentale di Cinematografianella sua sede piemontese (spesso anche in vestedi produttore) e il classico Istituto Statale d’Arte diUrbino, o i nuovi corsi di animazione della CFPBauer e dello IED di Milano; il versante pedagogicosemplicemente mancava in Italia, che pur nonavendo una gloriosa storia alle spalle (non abbiamoavuto la “scuola di Praga”, o quella polacca o jugo-slava) è riuscita a sfornare decine di animatori 2De 3D, scenografi, tecnici e registi di ottimo livello(Roberto Catani, Carloni-Franceschetti e GianlucaLo Presti su tutti, che infatti coniugano insegnamentoe lavoro artistico). Se i padri sono lontani, daifratelli maggiori e minori questa generazione haimparato l’indipendenza, la necessaria trasversalità,affermando un’internazionalità che in parte mancavaai grandi maestri (con l’eccezione di ManfredoManfredi, candidato all’Oscar per Dedalo, a cui illavoro di Simone Massi deve molto); maestri chetroppo dazio pagavano all’animazione americana,al “cartone animato”, all’estetica del carosello. Molti di questi giovani autori citati ricoprono variruoli della loro stessa filiera produttiva: sono grafici,animatori 3D, montatori, scenografi, sceneggiatori,che sono in grado di realizzare e seguire direttamente,passo a passo, la propria opera, abbassando note-volmente i costi di produzione e rendendo produt-tivamente “conveniente” conservare una forte au-

tonomia ed un’impronta artigianale. Il fenomenoche descriviamo, per ora, tende a “conservare” an-ziché disperdere le conoscenze pregresse, fa delpassato virtù mantenendo alto il senso critico, ed èper questo che è interessante. Oggi, timidamente,anche gallerie d’arte e musei puntano sulla spondaprevalentemente artigianale di questo lavoro e,promuovendo il percorso artistico “home-made”nella produzione delle opere, si sono aperti percorsi(Wow di Milano, Tricromia di Roma) dove gli ani-matori espongono il loro lavoro e possono presentaree vendere persino i materiali preparatori delle opere.La creazione di vere e proprie factory dell’animazioneda una parte, ed il continuo sviluppo del movimentodei giovani animatori italiani dall’altra, hanno rap-presentato una nuova forma di joint venture trauna nuova autorialità indipendente e una filieraproduttiva trainata per ora solo in parte dai grandibrand commerciali, che sfocia in forme di collabo-razione in cui le prassi delle case di produzionipubblicitarie si legano all’artigianato autoriale ealla committenza del mercato globalizzato.

Oggi, timidamente, anche gallerie d’arte e musei puntano sulla sponda prevalentemente artigianale di questo lavoro.

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

stallazioni (Netmage 2009) ed una serie di pubbli-cità, video e sigle “d’autore” di alto livello. Citiamosu tutti i recenti exploit per Rai5 (gli stacchi perUbik), le pubblicità per Moleskine, Jello, UNDP, equella, in realizzazione, per Valentino, veri e proprigioielli di semplicità e immediatezza semanticaunita ad una grande eleganza visiva, in cui non sirinuncia ad omaggiare vecchi maestri poco cono-sciuti (Jiri Trnka, con lo splendido Fine, in cui si citacongiuntamente il talento del suo conterraneoMario Mariotti) e a creare uno spazio interdimen-sionale in cui zootropi, camere oscure, oggetti fe-ticcio dell’estetica vintage/indie dialogano consuoni, colori e moda dei brands contemporanei.

G.B.

Gianluca Lo Presti, Giulio Masotti,Marco Falatti, Federico Della Putta edEttore Tripodi hanno creato a Milanouno studio unico nel suo genere, incui l’animazione è solo una delle tante

arti utilizzate. Non ancora trentenni ma già artigianiinventivi (Lo Presti), progettisti sicuri (Masotti) e di-segnatori/incisori di talento (Tripodi), hanno saputoconiugare l’home made nella forma più radicale, rea-lizzando da zero e con le loro mani progetti di allesti-mento di assoluto pregio (come Al gran sole caricod’amore, mostra documentaria su Luigi Nono alle-stita per la Triennale di Milano) e facendosi notareanche oltre oceano (il recente allestimento di Allez-up, Montreal 2012). Il versante “pedagogico” (IED,Bauer, IULM) è forse una delle loro declinazioni/in-clinazioni più interessanti, che li ha portati a realiz-zare, in reale collaborazione con gli studenti, sigle(IULM Creative Happening 2012), installazioni (IED2012), e altri lavori. Prediligono la materia prima pla-smata, che sia legno, carta, plastilina o metallo pocoimporta, e sono al contempo dotati di grande cono-scenza di software e hardware per pilotare questa ma-teria e connetterla con le loro visioni.

G.B.

OFFICINE CREATIVE

VIRGILIO VILLORESIwww.virgiliovilloresi.com

Per visionare e commentare i prodotti delle factory, collegati al sito www.8-mezzo.it

MAMMAFOTOGRAMMAwww.mammafotogramma.it

Chi oggi è riuscito a sublimare la pro-pria cinefilia e a superare questa im-passe tra underground e overgroundè sicuramente Virgilio Villoresi. Classe1979, fiorentino, laureato al DAMS di

Antonio Costa, ha saputo scegliere nella propria for-mazione una serie di collaborazioni e suggestionivincenti sia nel campo della moda (Vivì Ponti delbrand Vivetta) che delle arti plastiche (il “maestro”dei pupazzi animati e delle illustrazioni Erica ilCane). Da qui una carriera completamente indipen-dente (non ha una casa di produzione di riferi-mento e vive nel suo studio-casa), che nel continuoomaggio al cinema primitivo e a quello sperimen-tale (che sia polacco, ceco, americano) ha creato in-

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Questo è il pensiero di Maurizio Fore-stieri di Graphilm, una delle aziendepiù antiche del settore dell’anima-zione in Italia. Nata nel 1988 vanta lacollaborazione con i maggiori profes-

sionisti e artisti dell’animazione, da Freccia Azzurra(1996) a Totò Sapore (2003), avendo realizzato im-portanti serie di animazione con Mediaset e Rai, in-dicato come il partner coproduttivo più importante.

Graphilm, il cui credito si annovera anche tra quellidel recente progetto Cenerentola Una Favola In Di-retta, per la regia di Carlo Verdone, nella prospettivadel prossimo progetto che sarà in 3D stereoscopico,è uno studio tradizionale, che opera in 2D con unperfezionamento della CGI connessa alle nuovetecnologie. Graphilm è sinonimo di artigianato dialta qualità, dimostrato dalla realizzazione rigorosadel disegno manuale, in fase di preproduzione, na-turalmente con il supporto di ink and paint e dicompositing che hanno molto velocizzato il processoproduttivo, un tempo lungo e laborioso. Nel rispetto della tradizione manuale del disegnoanimato, Forestieri guarda al futuro di Graphilm edell’animazione italiana tutta con la constatazioneche la crisi abbia molto rallentato, e in alcuni casiannientato, il motore produttivo del settore, eppurecon la fiducia che una grande trasformazione dalpunto di vista dei supporti, quindi degli utenti, siaun processo in atto. Anche se ancora oggi questoadeguamento fatica a delinearsi, potrebbe avere ilsuo riscatto se si delineasse una new economydello spettacolo che desse la possibilità di unnuovo profilo e di una più radicata affermazionedel genere animato nel nostro paese.

N.B.

GRAPHILMwww.graphilm.com

“Credo che l’epoca delle tv generaliste sia terminato e che il futuro moltoprossimo siaesclusivamente in rete: questopresuppone ancheuna tv on demand ela possibilità diun’enorme sceltaa costi moltopiù contenuti”

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

Gruppo Alcuni nasce nel 1973 ed è trale prime factory europee specializ-zate nella produzione di cartoon efiction per ragazzi, presente in piùdi 60 paesi nel mondo dagli USA

alla Repubblica Popolare Cinese, dall’India agliEmirati Arabi. Tra i brand di maggior successo delgruppo, per la televisione: Cuccioli (tra i cartoonpiù amati dai bambini nel mondo, sbarcato ancheal cinema con Cuccioli - Il codice di Marco Polo delquale si sta realizzando il sequel), Leonardo, Slash,Eppur si muove, Symo & Rose, h2Oooo!. Da ricor-dare anche il programma televisivo Ciak Junior de-dicato al cinema fatto dai ragazzi e attualmente inonda in 18 paesi.

“Lavoriamo principalmente per la televisione e peril cinema – spiega il direttore generale del GruppoFrancesco Manfio, socio fondatore assieme alfratello Sergio, direttore artistico - ma siamo presentianche nel settore dei videogiochi e delle applicazioniper cellulari. Molte delle nostre serie in animazionesono coprodotte con RAI Fiction, ma abbiamopartner pubblici e privati in quasi tutto il mondo.Per i nostri ultimi 2 lungometraggi abbiamo ottenutoanche l’appoggio del MIBAC. Abbiamo chiuso nel-l’ultimo triennio un utile operativo, ma è prassi

della nostra società investire tutti gli utili in nuoveproduzioni o in attività collaterali come il “Parcodegli Alberi Parlanti”, un parco a tema dedicato ainostri cartoon che abbiamo aperto nel 2008 aTreviso. Il nostro nuovissimo film Senzanome nelpaese del vento uscirà anche in 3D stereoscopico.La scelta non è soltanto estetica ma permetterà unmaggior coinvolgimento del pubblico, che è unadelle peculiarità che caratterizzano le nostre pro-duzioni per i ragazzi”.

A.G.

GRUPPO ALCUNIwww.alcuni.it

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

L a casa dei conigli nasce nel 2006 in una cantina domestica di Nola, dove ancora stanzia, “spe-rando un giorno di salire in superficie.” Giovanna Pignataro e Tiziano Squillace da sempre la-vorano con mezzi non professionali, perché più economici e perché credono non ci sia bisognodi grandi fondi quando si hanno buone idee. Questo apparente limite logistico non ha mortifi-cato l’artigianalità di altissimo profilo che La casa è riuscita a dimostrare, realizzando produzioni

significative: sono 3 le serie tv di cui Rai Cinema ha acquisito i diritti per la programmazione per piccoli,Minuti Montati, Facciamo luce!, Storie S-piegate, in onda su Rai Tre e Rai YoYo. Allo stato presente sono infase di acquisto e produzione altre 3 serie, dalla cantina di Nola con furore!

La stop motion, la telecamerina acquistata al su-permercato, abbinate a tecniche inventate sulposto, con attrezzi costruiti appositamente, comeil proiettore d’ombre di Facciamo luce!, sono glistrumenti che lo studio usa nella creazione delleproprie serie, espressione pragmatica dell’inge-gno, messa in opera della fantasia e poesia allostato puro, con la capacità di incantare, come suc-cede con Storie S-piegate, un esempio di anima-zione realizzata con pezzi di oggetti trovati in giroper casa e stoffe piegate col ferro da stiro, che“non determinano un stile,” precisa Giovanna,“ma un modo di essere, genuini!”

Attingendo ai salvadanai personali raschiati fin sulfondo, vedendo il resto del mondo come non facil-mente raggiungibile per un’anima troppo raffinatadel prodotto, il colore del futuro dell’animazione ita-liana, secondo La casa dei conigli, “è Nero!”

“Ci sono buone potenzialità, ci sonostudi, soprattutto piccoli, che potreb-bero fare grandi cose, ma si guardatroppo al commerciale e questo an-nulla le possibili peculiarità italiane,omologando tutto al Dio Business, chesecondo noi è negativissimo! Nero!”

N.B.

LA CASA DEI CONIGLIwww.lacasadeiconigli.com

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

K ubrick o la poesia di Fellini sono impre-scindibili fonti d’ispirazione - accantoalle più tradizionali Pixar, MasamuneShiro, Miyazaki - per l’animazionecreata da Maga, puntualizza esplicita-

mente Massimo Carrier Ragazzi, CEO del Maga Ani-mation Studio di Monza, nato nel 1996, che vantaproduzioni con Disney Channel e Rai Fiction, oltreuna lunga esperienza nell’animazione CGI.

Lo studio anima trasversalmente per il cinema, leserie tv, la pubblicità, i videogames, le applicazioniper tablet e cellulari, la video arte e il videoclip: perquello che riguarda il cinema, Maga sta lavorandoda molto tempo a soggetti che auspica un giornopossano venire alla luce, senza avere fretta. “Lacosa importate è realizzare in futuro qualcosa dispeciale. – precisa Massimo - Non mi interessauscire a tutti i costi al cinema. Prima vorrei che lostudio riuscisse ad acquisire sufficiente esperienza,insieme alle giuste capacità tecniche ed artistiche,per posizionare un eventuale progetto allo stesso

livello di un film di qualità Hollywoodiana. Mi pia-cerebbe un giorno realizzare un film interessante ebello come Toy Story o Monster & Co., magari conun’ottima regia e la struttura narrativa di Iron Gianto la poesia di Totoro.”

Nell’attesa di questo, Maga collabora con diversearee del mondo, tra cui Taiwan, Corea, USA,l’Europa tutta, paesi latini e sud Africa: in Italia èdi queste settimane l’esordio della nuova coppiadi personaggi Birgale&Skiro, riconoscibili per ilgrande pubblico in messaggi promozionali realizzatisia mono che 3D stereoscopico, in onda Tv e nellasale cinematografiche. Per quello che riguarda Maga, fortunatamente esistonocontatti internazionali o rari committenti lungimirantima la prospettiva dell’animazione italiana, vista daCarrier Ragazzi, comporta la constatazione che sia al-tissimo il costo di chi voglia creare un sogno se,come accade nel nostro paese, viene accompagnatodall’inesistenza di qualsiasi aiuto pratico da partedello stato: è un’indifferenza che uccide le idee,insieme alla passione degli imprenditori e degli artisti,che potrebbero esportare un Made in Italy speciale ecreare benessere per tutto il paese.

N.B.

MAGA ANIMATION STUDIOwww.maga-animation.com

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

DA ROMA ALLA GRECIA CON RAINBOW

E LA SCUOLA ROMANA DEI FUMETTI

di Andrea Guglielmino

O gni impero ha la sua capitale. E sel’impero è quello dell’animazioneitaliana alla sua testa non può cheesserci Rainbow Cgi, divisione dellaRainbow Srl di Iginio Straffi fon-

data nel 2007 e specializzata nella realizzazione difilm d’animazione in computer graphics. Non ab-biamo scelto a caso la metafora, non solo per l’im-ponenza che la Rainbow sta mano a manoacquisendo arrivando a diventare, con la recente ac-quisizione del 30% della società da parte del co-losso statunitense Viacom, la più importante realtàitaliana legata al mondo dell’entertainment, maanche per affinità con il tema dell’ultimo film rea-lizzato dalla compagnia, Gladiatori di Roma, chedopo essere approdato nei cinema italiani in otto-bre – fungendo anche da pre-apertura per Alicenella Città, kermesse parallela al Festival di Romadedicata ai ragazzi – si appresta, a partire da pa-squa, a “ecumenizzare” il resto del globo comehanno già fatto altri celebri prodotti della compa-gnia, dalle Winx a Huntik. Il film è un divertenteomaggio al genere “peplum” e naturalmente al ce-lebre predecessore di Ridley Scott con RussellCrowe: per permetterci di calarci al meglionell’’arena’ l’amministratore responsabile France-sco Mastrofini, coadiuvato dai rappresentanti deivari reparti, ha simulato per la stampa l’intero pro-cesso di strutturazione di una sequenza in partico-lare, che vede protagonista la buffa strega Circe. Ilpercorso è organizzato in modo da coprire ognitappa del processo di realizzazione, partendo natu-ralmente dall’idea, che poi diventa bozzetto e infinevera e propria sceneggiatura. “Parliamo di circacento pagine - ci spiegano - con 130 scene, e ogni

scena può contenere fino a 100 inquadrature. Na-turalmente, non si tratta ancora della versione de-finitiva, per cui in questa fase non usiamodoppiatori ma qualche “malcapitato” dei nostri uf-fici che presta la sua voce per darci un’idea di comesarà la scena. Facciamo anche 10 o 20 prove perogni inquadratura”.

La fase successiva, illustrata dal direttore artistico Vi-ncenzo Nisco - che alle spalle ha ben 12 filmrealizzati in Disney - non fa che confermarlo. Primadi tutto ci sono bozzetti e schizzi, disegnati a manoda artisti con la A maiuscola, che definiscono illook di ambienti, luci e personaggi e faranno dabase a quanto dovranno fare poi modellatori e ani-matori. “Parliamo di circa 150 scenografie e 350personaggi - racconta Nisco - senza tener conto didettagli come vestiti, folle, materiali, espressionifacciali. Disegniamo tutto, comprese le pietre e ifili d’erba“. Poi passiamo al reparto modellazione,dove il senior modeler Lino Masciulli ci svela inpiccola parte i segreti di Maya, il programma mag-giormente usato per la modellazione in 3D. “Tuttoparte da un poligono semplice, come un cubo, dacui, attraverso vari strumenti, si definiscono leforme, ad esempio il volto di un personaggio “. At-traverso l’ausilio di una tavoletta grafica, Masciulliinizia a incidere i dettagli come rughe o cicatrici:sembra proprio di trovarsi davanti a uno scultoreche lavora con il suo scalpello. Il reparto ‘rigging’ èdeputato a rendere credibili i movimenti dei perso-naggi precedentemente modellati, attraverso lastrutturazione di parti “invisibili” come scheletro,muscoli e ossa. Da statue immobili che erano, iprotagonisti dopo questa fase di lavorazione di-

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

ventano vere e proprie marionette, che poi gli ani-matori potranno utilizzare con relativa facilità. Do-podiché parliamo con l’animatrice Valentina D’Orsi,e finalmente vediamo “recitare” i personaggi. Maancora, per la versione definitiva, la strada è lunga.I vestiti, ad esempio, si deformano addosso al per-sonaggio ma non si muovono dinamicamente e inmaniera autonoma come farebbero delle vere stoffe.I capelli sembrano un blocco unico e non uninsieme di corpi separati, e mancano le luci. Diognuno di questi aspetti si occupa naturalmenteuno specifico reparto, e il tour continua fino ad ar-rivare alla fase di ricomposizione. Ce la spiega ilCG Supervisor Gianmario Catania: “Quel che moltinon sanno è che l’immagine arriva alla fase prefinalescomposta in piccoli pezzi. Siamo in grado di mo-dificare l’illuminazione di ogni signolo panneggio“.

Essere rappresentati nel mondoda una compagnia che presto potrebbe raggiungere standardanaloghi a quelli di colossi come Dreamworks e Pixarè certamente motivo di orgoglio,

ma il futuro e il presente dell’animazione italiananon stanno solo nei grandi budget e nelle produzioniimponenti. E nemmeno è vero che l’aiuto dellenuove tecnologie escluda la compresenza del lavoroclassico e artigianale. Se abbiamo paragonato Rain-bow alla Capitale dell’Impero romano, è bello anchetrovare – per mantenerci su una metafora di stampo“classico” – gruppi di coraggiosi spartani che senzatema si gettano all’avventura fronteggiando anchele difficoltà legate a budget non certo milionari. Ot-tenendo però dei risultati pregevoli, con tanto di ri-conoscimenti. Alla 69ma Mostra di Venezia, adesempio, Cartoons on the Bay in Venice, haconferito il Premio Kineo - Diamanti a un’altrapiccola grande creatura che porta la firma della ScuolaRomana dei Fumetti, un’autentica istituzione cheda 20 anni, con l’ausilio dei corsi tenuti da riconosciutiprofessionisti del settore, aiuta i giovani a formarsinel campo dell’arte visuale, che si tratti di striscecartacee o di cartoni per la tv.

Parliamo di Ulisse - Il mio nome è nessuno, serial acartoni prodotto da RaiFiction e realizzato perbuona parte - soprattutto la pre-produzione - dagliautori della scuola: da Massimo Rotundo che si èoccupato del character design a StefanoSantarelli e Massimo Vincenti che hanno copertol’aspetto narrativo creando i soggetti e le sceneg-giature dei vari episodi, fino a Claudio Bruni che hafatto da aiuto regista all’uomo dietro altimone, Giuseppe Maurizio Laganà.“È un premio piccolo - dice il regista - ma molto im-portante. Forse è un nostro complesso, ma si hasempre l’impressione che negli articoli dei giornalici si dimentichi spesso che ai festival partecipanoanche i cartoon, che invece popolano da sempre lafantasia di tutti, basti pensare ad esempio al suc-cesso che ottengono le band che suonano sigle diserie a cartoni. Il problema è che forse oggi ai car-toon è dedicato poco spazio. Sulla Rai ne passanopochi, ormai sono tutti sul digitale terrestre e speroche questa tendenza non mortifichi il genere”.

“Ciò di cui andiamo fieri - dichiara Rotundo - è diessere riusciti a portare il tutto a un livello alto no-nostante si tratti di una serie rivolta ai bambini e airagazzi. Abbiamo evitato i luoghi comuni, la Greciadei tempietti e del peplum. Ci siamo rivolti invecealla vera arte arcaica, proprio per evitare un’icono-grafia fin troppo classica, da “pupi siciliani”. È la di-

mostrazione del fatto che se anche fai un prodottocommerciale puoi comunque inseguire la qualità, efunziona. In Italia questo ragionamento si fa poco: osi fa qualcosa di altamente culturale, magari rivoltoa pochi eletti, o si sceglie la serie B”. E per il futuro?“Non è facile coinvolgere i ragazzi nel processo chesta dietro alla realizzazione di un cartoon - commentaRotundo - perchè l’allievo medio si sente già unautore, vuole firmare, immagina già il suo nome suun cartonato, mentre lì si tratta di lavorare in squadra,per molte ore filate. È tecnicamente difficile: bisognaequilibrare la fluidità dei movimenti e il mantenimentodelle proporzioni. C’è tanta gavetta da fare e questospesso li scoraggia, ed è un peccato, perché alcunisono bravissimi”. Arriverà mai, dunque, un Ulisse 2?“Noi lo vorremmo - conclude Vincenti - e lo propor-remo. Dopodiché, beh...speriamo riesca a superarele Colonne d’Ercole!”

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INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

SIMONE MASSI: L’ARTE DELLA

RESISTENZA

Come un eremita, chino sulla sua scriva-nia, Simone Massi disegna le sue ta-vole a mano, una dopo l’altra, ora dopoora, senza pause. Il computer lo usasolo per rispondere alle e-mail, per il

resto i suoi strumenti sono quelli della tradizione:matita, gessetti, carboncini, pastelli. Una tradizioneche resiste, come resiste lui, con la sua passione. Ènato a Pergola, settemila anime, nelle Marche, nel1970. E lì ha deciso di rimanere. Prima ha fatto l’ope-raio. Poi si è iscritto alla Scuola di Urbino dove haconosciuto Julia Gromskaya, che ora è sua moglie,con cui ha realizzato quasi tutti i suoi film. Che par-lano proprio di quelle anime lì: sono sogni, poesie,scene di vita contadina, sguardi, nuvole, animali, ideeche si trasformano in sguardi e poi in paesaggi evolti. I suoi corti animati sono stati selezionati in fe-stival di oltre cinquanta paesi nel mondo, in tutti icontinenti, duecento i riconoscimenti ricevuti. Del-l’ammazzare il maiale è il miglior cortometraggio se-condo la giuria dei David di Donatello 2012, ed è suala sigla animata di Venezia 69. Ma Simone è tutt’altroche una star. Continua a sentirsi soprattutto un arti-giano e conduce una vita umile e consacrata al la-voro, che ci racconta in esclusiva.

La sua ultima opera è la sigla di Venezia 69, digrande impatto. Ci racconta com’è stato coinvoltoe com’è nato il concept, artisticamente parlando?

Sono stato contattato il 29 febbraio, quando ancoranon avevo vinto il David per Dell’ammazzare il ma-iale ed ero considerato un autore “di nicchia”. Ho

accettato subito con molto entusiasmo, anche per-ché mi hanno lasciato totale libertà creativa. L’unicovincolo, chiaramente, era dover realizzare un’ani-mazione che avesse attinenza con il cinema. È statauna sorpresa, mi aspettavo direttive molto strette,e invece ho potuto scegliere ognuno dei 300 foto-grammi che compongono la sigla e collegarli nellamaniera che ritenevo più opportuna.

Si definisce un “animatore resistente”. Quantaresistenza ci vuole per fare oggi questo mestiere,in Italia?

Disegno da una vita, da quando ero bambino. Mavengo da una famiglia povera, né io né i miei fratelliabbiamo avuto la possibilità di continuare gli studie chi prima e chi dopo siamo tutti entrati in fab-brica. Si può dire che avessimo la strada segnata.Rispetto ai miei fratelli, io avevo in più questo“dono” – come lo chiama mia madre – ma soprat-tutto avevo la passione, che per me conta anche piùdella capacità di disegnare vera e propria. Questapassione mi ha portato, a 23 anni, a lasciare il la-voro e a iscrivermi alla scuola d’arte di Urbino, tramille preoccupazioni, perché avevo lasciato gli studitanto tempo prima e pensavo di non avere più lacapacità di apprendere, la disposizione a memoriz-zare nozioni. Ai miei dubbi si aggiungevano quellidegli altri: erano in tanti a dirmi che stavo facendouna pazzia. Erano tempi in cui ancora si poteva par-lare di posto fisso, di certezze, di fronte all’incer-tezza a cui certamente il nuovo percorso miavrebbe messo di fronte.

www.simonemassi.it

33

INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

ANIMATORE RESISTENTE

Della sua esperienza di operaio, cosa si è portatodietro?

I ritmi di lavoro e la produzione. Non mi ha maispaventato l’idea di dover disegnare tanto. Ero abi-tuato alla produzione incessante, al lavoro fisico emanuale. In fabbrica lo facevo per prodotti di cui amalapena potevo comprendere l’utilizzo finale, acui non potevo essere sentimentalmente legato.Anche l’animazione è produzione, anche se di qual-cosa che apparentemente sembra meno concreto,perché proiettata da un fascio di luce.

Torniamo alla “resistenza”…

Il mio primo corto si chiamava Immemo-ria, era un piccolo omaggio alla lotta par-tigiana e, a quanto mi risulta, è stato ilprimo a trattare questo tema, che miè molto caro. Tanto che l’ho ripreso poinel 2001, in Tengo la posizione, e lofarò ancora in Animo resistente, cheuscirà a gennaio, e che tratterà pro-prio del ritorno sui luoghi della lotta.E di resistenza, per tornare alla sua do-manda, per fare animazione d’autore in Ita-lia, ce ne vuole parecchia. Non ci sono i fondi,non c’è disponibilità da parte dei produttori, nonc’è distribuzione, non ci sono spazi in Tv. Disegnotutto a mano e da solo, anche perché non possopermettermi collaboratori, e i tempi finiscono coldilatarsi. Per un corto mi ci vogliono due anni,senza feste, sabati o domeniche libere. Questo èun lavoro che richiede un impegno costante,non si può fare a tempo perso.

E lei, come ha fatto ad arrivare dov’è ora?

Con un passo alla volta, senza pensare e senza vol-tarmi, con pazienza, determinazione e l’aiuto deltempo. Soldi, per la verità, non ce ne sono mai stati.All’inizio, con molta ingenuità nei confronti delmondo dell’animazione, ma anche del paese, mi il-ludevo che sarei arrivato a fare questo mestiere gra-zie alla meritocrazia, costruendomi un curriculum.Non è stato così. Anche quando ho cominciato aricevere premi, prima 50, poi 60, poi 100, oggi hosuperato i 200. Ebbene, io non ho mai trovato unaproduzione. Per quel che riguarda il cortometraggioormai nemmeno ci provo più. Mi sono proposto avari studi, ma non ho mai ricevuto risposte positive.Non so se dipenda dal genere che faccio, dall’averincontrato le persone sbagliate, magari dal mio ca-rattere. Probabilmente c’è un sistema in Italia cheil cinema d’animazione d’autore non lo consideraproprio: né come arte, né come mestiere, né comecinema, in nessun senso. Nei primi anni, mi appog-giavo ai miei genitori. Il precedente governo miavrebbe definito un “bamboccione”. In verità, hofatto molte rinunce: niente macchina, zero soldi intasca. In questo modo però sono riuscito a co-struirmi una piccola filmografia nella speranza chemi sarebbe servita a trovare lavoro. Da circa 6 anniho una casa mia dove vivo con mia moglie Julia,animatrice anche lei. Neanche a dirlo, i problemi sisono triplicati. Conduco un’esistenza molto umile,ma fin qui ci sono arrivato. Ad essere sincero, nonsaprei dire come. Credo che il mio caso abbia delmiracoloso, non so quanti altri autori avrebbero po-

tuto andare avanti così come ho fatto io, per 19anni.

Lei è resistente anche nello stile, rigorosamente“carta e matita”. Si lascia mai tentare dalle nuovetecnologie?

Ne comprendo il potenziale, ma non è la mia strada,per vari motivi. Il primo è che io sono un uomo delNovecento e un disegnatore del Novecento e cometale ragiono, lavoro e mi affeziono. Come il poveroSanguineti ha continuato a usare fino all’ultimo unamacchina da scrivere, così io continuo a disegnarenella maniera che conosco e con i mezzi che amoveramente, la matita e il foglio di carta. Insommac’è un attaccamento al mezzo, una sorta di legame.È un modo di lavorare probabilmente anacronisticoma che alla fine produce qualcosa di ‘concreto’, mi-gliaia di fotogrammi che corrispondono ad altret-tante illustrazioni e che esistono, si possonotoccare. Magari un giorno anche vendere.

E la sigla veneziana?

Quattro mesi per 30 secondi, calcolando però chemi hanno rallentato il formato, l’uso del colore el’ansia di non poter sbagliare: era la platea piùgrande che avessi mai affrontato!

Quali sono le sue tecniche predilette?

Sono partito dalla grafite, dalla matita. Poi ho fattoun po’ di ricerca con chine e carboncino, sia nero

che colorato. Attualmente uso pastelli a olio graffiatipoi delle punte secche, degli strumenti d’incisioneche mi riportano in qualche modo alla mia forma-zione in fabbrica, all’utilizzo del ferro e alla formaottenuta per sottrazione. Mi sembra di aver trovatola tecnica che cercavo da sempre, sono circa 7 anniche la uso e per ora non sto cercando altro. Anchela sigla di Venezia l’ho realizzata così.

Come vede il futuro dell’animazione in Italia?

Potrebbe essere una sorpresa. Io ho incontrato tantedi quelle difficoltà che potrei riempirci un’enciclopedia,ma proprio perché sono riuscito a superarle e ad an-dare avanti, oggi mi sento più ottimista di 10 anni fa.Ho dimostrato a me stesso e anche ai colleghi più gio-vani che fare animazione d’autore in Italia è possibile.Non siamo più quattro gatti, c’è un gruppo forte checresce sempre di più per numero e qualità. Anche al-l’estero c’è più attenzione, ci sono premi importanti.C’era stata una buona stagione negli Anni ’70, con ilfiorire dell’animazione comica di Bozzetto, Manuli,Cavandoli, poi l’oblio. Ora le cose stanno andandomeglio, paradossalmente proprio grazie a quella tec-nologia che poco fa le ho detto di non amare: Internet,le e-mail, i social network, Youtube, sono tutti stru-menti che permettono di creare contatti facilmente, dimettere in giro le opere con efficacia. Pur non essendoottimista sugli italiani, tutto sommato delle speranzele ho. Poi non è detto che un autore debba necessa-riamente risiedere in Italia. Si possono realizzare opereitaliane anche con finanziamenti stranieri.

A.G.

34

INNOVAZIONI // La new wave dell’animazione italiana

MARCO CINELLOdi Nicole Bianchi

Marco Cinello, un romano in America, un italianoin America.

Sono nato e cresciuto a Roma. Avviato auna poco brillante carriera da ragioniere,sono stato fulminato dalla consapevo-lezza che un lavoro fisso, in una stanzabuia e dietro a un computer, non era

quello che volevo, così ho deciso di inseguire il miosogno “da artista”. L’importante era disegnare edessere creativo. Nel 1989 ho avuto la fortuna di es-sere assunto dalla Amblin di Steven Spielberg aLondra, che mi ha portato poi a lavorare su oltre 20film e numerose serie televisive. Ironicamente, oggimi ritrovo a lavorare in una stanza buia e dietro aun computer, ma facendo cose decisamente piùcreative.

Gli U.S.A, Los Angeles: il perché dell’emigrazioneprofessionale.

Los Angeles era la destinazione più naturale: conla maggior parte degli Studios (e dei soldi) con-centrati in questa città è normale che le sfide pro-fessionali che puoi trovare siano di livello altissimo.Se riesci a vincerle puoi veramente lavorare ovunquenel mondo.

Storia di successo di un italiano all’estero: daSpongebob The Movie allo sviluppo del designdell’ultima serie Tv The Flintstones.

Non credo sia un discorso di italianità ma di pro-fessionalità. È vero che come italiani possiamoportare in una produzione qualcosa che all’Americamanca: flessibilità, capacità di adattarsi, un certotipo di creatività fuori dagli schemi. Ma è anchevero che la professionalità americana non è seconda

a nessuno: o si è capaci ad adattarsi a determinatiritmi o ci sarà sempre qualcuno pronto a rimpiazzarti,non importa la nazionalità.

Prospettive future dell’animazione internazionale,su cui anche l’Italia dovrebbe cercare di puntare.

Indipendentemente dalla tecnica di realizzazione,sono i contenuti che rendono una produzioneappetibile al mercato internazionale. Storie su pizze,spaghetti e mandolini non fanno altro che rinforzaredeterminati stereotipi e certamente non radicano lanostra credibilità nel sapere raccontare storie che ab-biano un respiro e un’ audience perlomeno europea.

Il caso Winx visto dagli States.

L’esperienza della Rainbow conferma la mia osser-vazione precedente. Le Winx sono un prodotto “in-

ternazionale”, che ha trovato un’audience non soloitaliana, e come tale lo rende appetibile e di successo.Il fatto che siano riusciti a realizzare una produzionecosì partendo da una piccola città e senza esserepassati per il “canale obbligato” della RAI, ai mieiocchi, li rende ancor più capaci.

John Lasseter ha invitato Bruno Bozzetto a tenereuna lezione alla Pixar, spiegando di reputarlo trale unicità artistiche della storia mondiale del-l’animazione: riflessione sulla storia dell’anima-zione italiana.

Bruno Bozzetto è stato, è e sarà sempre il più im-portante artista italiano dell’animazione. Allegro NonTroppo (1976) ha 36 anni e sfido chiunque a trovareun altro film animato italiano o un artista che abbiaavuto lo stesso impatto internazionale da allora...

Grafic artist: eccellenza italiana nella produzione statunitense, esordisce alla Amblin di Spielberg, cura il design di Spongebob The Moviee oggi pubblica Batula, libro illustrato per bambini,sold out a New York Comic Con 2012

SpongeBobTheMovie©Nickelodeon

Con il primo numero della rivista 8½ inizia una sfida innovativa e stimo-lante: trasferire su un piano divulgativo e giornalistico i contenuti istitu-zionali, finora frequentati soprattutto dagli addetti ai lavori attraverso ilweb o in occasioni pubbliche di confronto e discussione. Si tratta di unulteriore sforzo di comunicazione e trasparenza, attraverso la carta stam-

pata, che affrontiamo con entusiasmo e curiosità. Questa sezione della rivista- curata da Andrea Corrado, Iole Maria Giannattasio e Fabio Ferrazza - proporràogni mese l’approfondimento di un tema specifico: numeri, analisi statistichee testimonianze, con il coinvolgimento di operatori pubblici e privati, in colla-borazione con il Centro Studi della Direzione generale per il Cinema-MiBAC,per offrire occasioni di conoscenza e riflessione sugli strumenti normativi esull’economia della cinematografia italiana.In questo primo numero, il dossier è dedicato a un bilancio dei primi tre annidi applicazione del tax credit al settore cinematografico. Nella difficoltà

dell’attuale fase economica e nel conseguente rinnovamento delle politichepubbliche di sostegno al settore, le agevolazioni fiscali rappresentano unpasso avanti verso un sistema più automatico e neutrale, in grado dicompensare la diminuzione di risorse disponibili. Il tax credit è in scadenza adicembre 2013 e gli operatori del settore confidano nella sua estensione per iprossimi anni.Ma quale è stato il suo concreto utilizzo ad oggi? Come ha funzionato? E conquali risultati? Grazie a cifre e interviste abbiamo indagato sulle opportunitàofferte dal nuovo strumento e sui suoi effetti, raccogliendo anche le valutazionidi imprese che vi hanno fatto ricorso. A completare questa sezione, altre pagine nelle quali racconteremo le novità,spesso poco note o scarsamente valorizzate, collegate all’attività istituzionalea favore del cinema nazionale, nel contesto del mercato e della cultura cine-matografica.

36

N U M E R IIl dossier economico della DG Cinema

IL TAX CREDIT FA BENE. BILANCIO DEI PRIMI TRE ANNI

ILtax credit fa bene al cinema. Le imprese, e non solo quelle cinematografi-che, lo utilizzano, gli investimenti privati nel cinema aumentano, le pro-duzioni internazionali girano in Italia e le sale si rinnovano. Dopo circa treanni dall’entrata in vigore degli incentivi fiscali per il settore cinematogra-fico, il bilancio è positivo e i dati lo confermano. Dall’introduzione delle

misure a ottobre 2012, i film per i quali esiste almeno una richiesta di riconosci-mento di credito d’imposta sono 609.Sono 541 i soggetti che hanno presentato domanda per l’attribuzione del“bonus” fiscale.Il credito totale richiesto è pari a circa 229,7 milioni di euro, di cui l’80,75% da359 imprese di produzione cinematografica, il 4,90% da 28 imprese didistribuzione e il 14,35% da 154 soggetti (“investitori esterni”) non appartenential settore cineaudiovisivo che investono nella produzione di opere nazionali(Fig. 1). Il credito d’imposta già riconosciuto è pari a circa 147 milioni di euro.Del credito totale autorizzato, l’78,47% è concesso ad imprese di produzione ci-nematografica, il 14,57% ad imprese di distribuzione cinematografica e il 6,96%ad “investitori esterni” (Fig. 2). L’investimento per il quale è richiesto il beneficio fiscale è pari circa 1.360milioni di euro, di cui circa 85 milioni, il 6,24%, effettuato da “investitoriesterni”. Per quanto riguarda il credito d’imposta destinato alla digitalizzazione dellesale, a partire dall’introduzione delle misura fiscale e sino al mese di ottobre2012, il totale delle agevolazioni richieste dagli esercenti ammonta a circa 27milioni, mentre il credito concesso complessivamente è pari a circa 25,5 milioni.Le richieste per accedere al beneficio fiscale evidenziano, inoltre, un investimentototale di circa 86 milioni, effettuato per digitalizzare 1.008 schermi, la maggiorparte presente nelle multisale da 5 e 10 schermi e in quelle con non più di 4schermi, che costituiscono rispettivamente il 42,06% ed il 25,10% del totale(Fig. 3).Nei prossimi mesi sembra molto probabile un aumento delle richiesteper digitalizzare le sale più piccole, anche grazie alla novità normativa introdottadal cosiddetto “Decreto Sviluppo”, convertito dalla Legge n. 134/2012, cherende cedibile il credito alle banche e ai fornitori degli impianti.

Fig. 1)Ripartizione del credito richiesto per tipologia di credito d’imposta: produzionee distribuzione cinematografica ed “investitori esterni” (dati aggiornati a ottobre2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC

Fig. 2)Ripartizione del credito autorizzato per tipologia di credito d’imposta: produzionee distribuzione cinematografica ed “investitori esterni” (dati aggiornati a ottobre2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC

Fig. 3)Tax credit esercenti cinematografici: ripartizione del numero schermi per tipologiadi complesso (dati aggiornati a ottobre 2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC

Con l’obiettivo di tutelare e rafforzare le potenzialità culturali del settore cinemato-grafico, la recente normativa (Legge Finanziaria 244/2007 e successivi decretiattuativi) ha introdotto in Italia agevolazioni fiscali sotto forma di credito d’imposta(tax credit). Le disposizioni prevedono la possibilità di compensare debiti fiscalicon il credito maturato a seguito di un investimento. Destinatari sono le impresedi produzione e distribuzione cinematografica, gli esercenti cinematografici, leimprese di produzione esecutiva e post-produzione (industrie tecniche), nonchéle imprese non appartenenti al settore cineaudiovisivo (“investitori esterni”) cheeseguono apporti in denaro in esecuzione di contratti di associazione inpartecipazione e di contratti di cointeressenza stipulati con il produttore cinema-tografico. Gli incentivi previsti in favore delle imprese di produzione sono invigore dal 15 luglio 2009, mentre quelli per le imprese non appartenenti al settorecineaudiovisivo, di distribuzione ed esercizio cinematografico dal 13 aprile 2010.

LA NORMA E I DESTINATARI

di Andrea Corrado

€ 185.515.981

80,75%

€ 32.977.181

14,35%

€ 11.251.434

4,90%

produzione

investitori esterni

distribuzione

€ 115.417.636,74

78,47%

€ 21.424.080

14,57%

€ 10.239.077

6,96%

produzione

distribuzione

investitori esterni

Multisala

fino a 4 schermi

253

25,10%

Multisala

oltre 10 schermi

161

15,97%

Monosala

170

16,87%

Multisala

da 5 a 10 schermi

424

42,06%

NUMERI // L'economia del cinema italiano

37

ITALIA PIU ATTRAENTE PER LE PRODUZIONI STRANIERE,

di Iole Maria Giannattasio

INpoco più di tre anni di applicazione dell’age-volazione fiscale, sono 24 le società italianedi produzione esecutiva che hanno richiestoil credito d’imposta, per un totale di circa20,6 milioni di euro, a seguito di un investi-

mento nella produzione di 30 film stranieri di varienazionalità. Tra questi, più numerose sono le operedi paesi di area anglosassone (Australia, RegnoUnito, Stati Uniti) ma non mancano quelle di altripaesi europei (Austria, Belgio, Francia, Germania,Olanda, Spagna e Svizzera) ed extra-europei (Alge-ria, Giappone e Marocco) (Fig. 4).Tra i titoli più noti, gli americani The Tourist diFlorian Henckel von Donnersmarck e To Romewith Love di Woody Allen insieme agli inglesi Ninedi Rob Marshall e The American di Anton Corbijn.

Il credito già riconosciuto è pari a circa 14,5 milioni, mentre l’investimento nella produzione di filmstranieri, per il quale è stato richiesto il beneficio fiscale, ammonta a circa 82,4 milioni, di cui il 74,5% perla realizzazione di film inglesi ed americani (Fig. 5).L’introduzione di questa agevolazione rende l’Italia più attraente per le produzioni internazionali, cheportano risorse finanziarie, opportunità di formazione per la manodopera locale e innovazione neiprocessi di lavorazione.La realizzazione sul nostro territorio di opere cinematografiche destinate a platee internazionali favorisceanche la circolazione e la promozione dell’immagine e della cultura italiane all’estero.

ALGERIA

AUSTRALIA

AUSTRIA

BELGIO

FRANCIA

GERMANIA

GIAPPONE

MAROCCO

OLANDA

REGNO UNITO

SPAGNA

STATI UNITI

SVIZZERA

1

1

1

1

1

4

2

1

1

11

1

4

1

Fig. 4)Film stranieri per i quali richiesto credito d'imposta: ripartizione del numero film per nazionalità* del film (datiaggiornati a ottobre 2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC

NUMERI // L'economia del cinema italiano

38

Fig. 5)Film stranieri per i quali richiesto credito d'imposta:

ripartizione dell’investimento per nazionalità* del film (dati aggiornati a ottobre 2012)

Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC

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NUMERI // L'economia del cinema italiano

39

ILbeneficio fiscale previsto per gli “investitoriesterni” è strumento per attrarre risorse pro-venienti da altri settori economici da impie-gare nella produzione cinematografica edanche una opportunità di investimento e di

visibilità per le imprese.Dall’entrata in vigore dell’agevolazione fino a ottobre2012, 154 imprese non appartenenti al settore cine-audiovisivo hanno richiesto il riconoscimento dicredito d’imposta a seguito di un investimento dicirca 85 milioni di euro nella produzione di 126opere filmiche nazionali.Le richieste sono relative ad apporti di capitale chevanno da meno di 4mila euro a 2,5 milioni. Isoggetti intervenuti svolgono attività economichediverse e hanno le loro sedi distribuite sul territorionazionale.Ma quali sono le caratteristiche degli “investitoriesterni” che intervengono finanziariamente nellaproduzione di film nazionali e richiedono il ricono-scimento del “bonus” fiscale? Nelle figure seguenti il numero degli “investitoriesterni” e l’investimento per il quale è richiesto ilbeneficio sono ripartiti per settore di attività, sullabase dei codici Ateco 2007 presenti nella Visura Ca-merale. Tra gli “investitori esterni” sono più numerosele imprese operanti nel settore delle attività profes-sionali, scientifiche e tecniche, 26 imprese pari al16,67% del totale; sono invece 24 quelle del settoredi attività “Commercio all’ingrosso e al dettaglio, ri-parazione di autoveicoli e motocicli” e 21 sia quelleche svolgono attività finanziarie e assicurative siaquelle che svolgono attività manifatturiere (Fig. 6).La maggior parte dell’investimento, 38,6 milionipari al 45,47% del totale, proviene però dalle impreseoperanti nel settore delle attività finanziarie e assi-curative, seguite da quelle che svolgono attività pro-fessionali, scientifiche e tecniche e da quelle chesvolgono attività manifatturiere, rispettivamente conil 12,54% ed il 10,29% del totale (Fig. 7).All’interno del settore “Attività finanziarie e assicu-rative”, di particolare rilievo è il ruolo giocato dellebanche (codice Ateco 2007: K.64.19.1). Il 38,45%dell’investimento delle società esterne al settore ci-neaudiovisivo, circa 32,7 milioni, è effettuato da 10banche intervenute nella produzione di 46 film.Anche grazie allo strumento del credito d’imposta,le banche possono sostenere il cinema in una logicaindustriale, valorizzando risorse professionali edartistiche e impiegando vantaggiosamente risorseeconomiche. Allo stesso tempo, le produzioni cine-matografiche possono migliorare il proprio “knowhow” finanziario, interagendo con le banche.Dalla ripartizione del numero degli “investitoriesterni” e dall’investimento per il quale è richiestoil riconoscimento del beneficio per regione di pro-venienza, si evince che sono le imprese del Lazioad essere maggiormente coinvolte.È infatti il Lazio la regione in cui ha sede il maggior

numero di soggetti, 42 pari al 27,27% del totale,mentre sono 22 quelli della Lombardia e 19 quellisia della Campania sia del Piemonte.Le regioni in cui non si registra a ottobre 2012 lapresenza di “investitori esterni” sono: Basilicata,Friuli Venezia Giulia, Liguria, Molise e Valle d’Aosta(Fig. 8).

Le imprese del Lazio effettuano anche la maggiorparte dell’investimento, il 35,89% del totale, seguiteda quelle del Piemonte e dell’Emilia Romagna ri-spettivamente con il 20,01% e il 17,36% del totale(Fig. 9).

IL BONUS FISCALE PIACE A IMPRESE FINANZIARIE E ASSICURATIVEdi Fabio Ferrazza

b - estrazione di minerali da cave e miniere 1

c - attività manifatturiere 21

d - fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata 1

e - fornitura di acqua, reti fognarie, attività di gestione dei rifiuti e risanamento 1

f - costruzioni 9

g - commercio all'ingrosso e al dettaglio, riparazione di autoveicoli e motocicli 24

h - trasporto e magazzinaggio 2

i - attività dei servizi di alloggio e di ristorazione 9

j - servizi di informazione e comunicazione 13

k - attività finanziarie e assicurative 21

l - attività immobiliari 10

m - attività professionali, scientifiche e tecniche 26

n - noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese 6

p - istruzione 1

q - sanità e assistenza sociale 2

r - attività artistiche, sportive, di intrattenimento e divertimento 5

s - altre attività di servizi 2

Fig. 6) Tax credit “investitori esterni”: ripartizione del numero di investitori per settore di attività* (dati aggiornati a ottobre2012). Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC e su dati Registro Imprese delle Cameredi Commercio

Fig. 7)Tax credit “investitori esterni”: ripartizione dell’investimento per settore di attività* (dati aggiornati a ottobre 2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per il Cinema-MiBAC e su dati Registro Imprese delle Camere diCommercio

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007

pres

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ura

Cam

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e

Commercio all'ingrosso e al dettaglio; Riparazione di autoveicoli e motocicli€ 5.640.300 - 6,64%

Attività artistiche, sportive, di intrat-tenimento e divertimento€ 2.667.500 - 3,14%

Attività immobiliari€3.548.000 - 4,18%

Attività professionali, scientifiche e tecniche€10.657.500 - 12,54%

Noleggio, agenzie di viaggio, servizi di supporto alle imprese€ 2.030.000 - 2,39%Trasporto e magazzinaggio€ 1.600.000 - 1,88%

Attività dei servizi di alloggio e di ristorazione€ 2.221.600 - 2,61%

Servizi di informazione e comunicazione€ 6.447.760 - 7,59%

Attività manifatturiere€ 8.743.012 - 10,29%

Fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata € 1.100.000 - 1,29%Costruzioni€ 1.085.000 - 1,28%

Estrazione di minerali da cave e miniere€ 90.000 - 0,11%

Sanità e assistenza sociale€ 340.000 - 0,40%

Istruzione€ 5.000 - 0,01%

Altre attività di servizi€ 140.000 - 0,16%

Attività finanziarie e assicurative €38.632.282 - 45,47%

Fornitura di acqua; reti fognarie, attivitàdi gestione dei rifiuti e risanamento€ 10.000 - 0,01%

NUMERI // L'economia del cinema italiano

40

Trentino Alto Adige 1

Veneto 9

Lombardia 22

Piemonte 19

Umbria 1

Marche 1

Toscana 9

Emilia Romagna 9

Abruzzo 2

Campania 19

Lazio 42

Puglia 6

Sardegna 2

Calabria 11

Sicilia 1

Trentino Alto Adige

€ 160.000 - 0,19%

Veneto

€ 8.115.000 - 9,55%

Lombardia

€ 8.143.512 - 9,59%

Piemonte

€ 17.000.000 - 20,01%

Umbria

€ 10.000 - 0,01%

Marche

€ 10.000 - 0,01%

Toscana

€ 3.993.800 - 4,70%

Emilia Romagna

€ 14.744.582 - 17,36%

Abruzzo

€ 300.000 - 0,35%

Campania

€ 664.000 - 0,78%

Lazio

€ 30.492.360 - 35,89%

Puglia

€ 429.700 - 0,51%

Sardegna

€ 120.000 - 0,14%

Calabria

€ 770.000 - 0,91%

Sicilia

€ 5.000 - 0,01%

Fig. 8)Tax credit “investitori esterni”: ripartizione del numerodi investitori per regione di provenienza* (dati aggiornatia ottobre 2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per ilCinema-MiBAC e su dati Registro Imprese delle Cameredi Commercio

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Fig. 9)Tax credit “investitori esterni”: ripartizione dell’investimentoper regione di provenienza* (dati aggiornati a ottobre2012)Fonte: Elaborazione su dati Direzione Generale per ilCinema-MiBAC e su dati Registro Imprese delle Cameredi Commercio

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UNO STRUMENTO EFFICACEPER LA MEGAPRODUZIONE DI SORRENTINO

di A.C.

ILtax credit è uno strumento “efficace e fon-damentale per il cinema, come dimostra ilsuo utilizzo in tutti i paesi del mondo”. Nonlascia spazio a dubbi la valutazione di An-drea Occhipinti, che con la sua Lucky Red

ha utilizzato il credito di imposta sia per la megacoproduzione di This Must Be the Place, sia per ladistribuzione di titoli come La kryptonite nellaborsa, Dieci regole per fare innamorare e il docu-mentario su Vasco Rossi Questa storia qua.Un’esperienza significativa, della quale ci parlaStefano Massenzi, responsabile acquisizioni dellasocietà e artefice del piano finanziario per il filmdi Sorrentino. “Il tax credit è stato uno deimattoni della costruzione finanziaria del film,che ha messo insieme Medusa, l’investimentodi Banca Intesa, Eurimages grazie alla coprodu-zione con Francia e Irlanda, anche qui con untax credit, fino al coinvolgimento della societàdi vendite internazionali Pathè. Nel caso di ThisMust Be the Place, visto l’ingente investimentocomplessivo, lo strumento del credito d’impostaè stato importante per una parte di poco inferioreal 10 per cento”.

Tanto più in una congiuntura come l’attuale, incui si riducono le risorse disponibili e le fonti difinanziamento per la produzione di film, perMassenzi “è importante potere contare su unmeccanismo come il tax credit, che ha la carat-teristica di essere neutrale e non deve esseresottoposto al giudizio di una commissione o algusto personale, svincolato com’è da decisionisoggettive, sempre criticabili e discrezionali”.Per quanto riguarda la distribuzione, Massenzispiega che “il tax credit è un aiuto in un settoreparticolarmente rischioso. Quando compriamoun film all’estero acquisiamo tutti diritti, inveceper i titoli italiani quella serie di diritti sono statigià alienati per costruire il budget produttivo.Quindi, visto che statisticamente solo pochi rie-scono a recuperare in sala le spese di copia e dilancio, il rischio è notevole. Di fatto, il credito diimposta con la possibilità di recuperare partedell’investimento riduce il costo e, per questo,interviene a sostegno della distribuzione deifilm italiani”.In conclusione, l’augurio di Massenzi è chel’agevolazione fiscale per gli investimenti nel ci-

nema non sia messa in discussione: “È unostrumento ormai sperimentato e soprattuttofunziona. È stato perfezionato dopo i primi dueanni, sono stati chiariti i dubbi sull’utilizzo,sono stati tolti i limiti sull’utilizzo annuale, chelo frenavano. In più, è uno strumento democra-tico: è possibile fare un film libero, anche conmeno contributi ministeriali, ma con uno stru-mento fiscale accessibile a tutti”.

Società indipendente di produzione e distribu-zione, creata da Andrea Occhipinti, Lucky Redfesteggia i venticinque anni di attività. Sono oltre300 i titoli distribuiti in sala, inclusi quelli diautori di fama internazionale e alcuni veri e

propri “casi” cinematografici, come La marciadei pinguini, Cous cous, Il Divo e, soprattutto,The Millionare, vincitore di 8 premi Oscar. Lasocietà ha prodotto film di Mario Martone, Ago-stino Ferrente, Salvatore Mereu, Paolo Sorrentino,

Renato De Maria e, a livello internazionale, hacoprodotto film di Lars von Trier, Peter Mullan,Michael Haneke, Alejandro Amenabar, PatriceLeconte, Michel Ocelot, Jean-Pierre e Luc Dar-denne.

LUCKY RED

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Illva Saronno ha finanziato la produzione del film Il comandante e la ci-cogna di Silvio Soldini. Il direttore generale Stefano Battioni definiscequesto investimento come un aspetto di una più ampia vocazione aimercati internazionali e alla costruzione di strategie sofisticate di mar-keting. “Da circa tre anni abbiamo individuato nel cinema una delle più ef-

ficaci piattaforme di comunicazione, un’area in cui con Disaronno vogliamoessere presenti per arrivare alle persone in maniera più appropriata. Questoderiva dall’evoluzione del modo di fare marketing che da verticale diventa oriz-zontale, coinvolgendo il consumatore a 360 gradi e con una particolare atten-zione ai contenuti. Abbiamo fatto diversi esperimenti nel settorecinematografico: dal product placement alla creazione di spazi nei festival in-ternazionali più importanti. Abbiamo sviluppato l’idea di una scuola di cinemaper i giovani, di cui Silvio Soldini è stato direttore sotto l’egida di Film Factoryinsieme a Istituto Europeo di Design e alla rivista ‘Ciak’ ”.È così che l’azienda è entrata in contatto con il regista e ha deciso disostenerlo nel film che stava preparando, anche incentivati dalla possibilitàdi beneficiare del credito d’imposta. “Quando abbiamo proposto alla IllvaHolding di investire nella produzione cinematografica, l’amministratoredelegato Augusto Reina è stato lungimirante. Nella decisione finale lapossibilità di utilizzare il tax credit è stata fondamentale perché riduce inmaniera sostanziale il rischio, garantendo un ritorno immediato grazie allacompensazione fiscale”.

Il film è uscito nella sale a ottobre e il primo bilancio di Battioni èpositivo: “L’esperienza ci ha permesso di approfondire i contatti con unmondo che ci interessa molto. Un futuro investimento si baserà chiaramenteanche sui risultati di questa prima operazione. Al di là delle valutazioni fi-nanziarie, ancora da farsi, quando abbiamo visto il film per la prima voltaci siamo emozionati all’idea di aver contributo ad un’opera di tale classee raffinatezza”.

PRIMA VOLTA DA COPRODUTTORI CON SOLDINI di I.M.G.

Illva Saronno Holding è una multinazionale italianacon sede a Saronno a forte diversificazione strategicadi business. L’azienda è leader nella produzione di al-colici grazie a Disaronno, ‘il liquore italiano più bevutonel mondo’, distribuito in oltre 160 paesi e con cinquesecoli di storia alle spalle, insieme ad altri prodotti digrande prestigio.

ILLVA SARONNO HOLDING

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Tra le 154 imprese estranee al cinema, che hanno richiesto il credito d’imposta perl’investimento nella produzione di film italiani, abbiamo raccolto le testimonianzedi due imprenditori che raccontano la loro esperienza.

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L’azienda Rossi Restauri ha contributo alla produzione di due film prodottida Fandango: Il paese delle spose infelici di Pippo Mezzapesa e Diaz-Don'tClean Up This Blood di Daniele Vicari. Angela Rossi, titolare della ditta, èvenuta a conoscenza del credito d’imposta proprio attraverso il produttoreconterraneo Domenico Procacci, fondatore e alla guida di Fandango. “Se-

guivamo da tempo l’attività della Fandango in quanto appassionati di cinemae letteratura, apprezzandone la linea produttiva condotta nel tempo con coe-renza di ideali. Le produzioni sono per lo più espressione di ricerca, denunciae libertà che, per la loro trasposizione cinematografica, vengono spesso affi-date a sceneggiatori, registi ed attori giovani che danno al cinema prodottodalla Fandango un sapore di leggerezza, passione, colore ed impegno sociale.Inoltre - continua Angela Rossi - Procacci è pugliese e questo ci spinge asostenere, nel nostro piccolo, la sua attività. Circa due anni fa lo incontrammoper proporgli una nostra partecipazione economica alla sua impresa. In quel-l’occasione il produttore ci segnalò la legge sul tax credit, da poco attiva, econvenimmo sulla possibilità di iniziare a collaborare tramite questo strumento.Riteniamo che l’attività di impresa non possa prescindere dal sostegno adattività culturali ed artistiche e abbiamo prediletto il cinema data l’opportunitàofferta dal credito d’imposta”.Il giudizio complessivo sull’esperienza è quindi molto positivo.“Ci ha fattoconoscere da un altro punto di vista ed in maniera più concreta un mondoche amiamo. Stiamo già concordando con la Fandango la collaborazione allaproduzione di un altro film. Ripeteremo l’investimento su altri titoli finché cisarà la legge sul tax credit e probabilmente anche qualora non venisserinnovata. Riteniamo però - conclude la titolare della Rossi Restauri - chesarebbe opportuno estendere tali sostegni ad altri settori artistici, quali lamusica, l’arte, il teatro, bisognosi, specialmente in questo momento, di aiutieconomici”.

DOPO DIAZ, UNA NUOVA AVVENTURACON FANDANGO

di I.M.G.

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ROSSI RESTAURI

Rossi Restauri è un’azienda pugliese che si occupa direstauro architettonico ed artistico di edifici storici emonumentali sin dal 1948. Impresa di fiducia dellaSoprintendenza ai Beni Artistici e Monumentali diPuglia, ha restaurato importanti monumenti pugliesitra cui le Cattedrali di Trani, Bitonto, Bari, Monopoli,il Castello di Ceglie Messapica, il Palazzo del Sedile aBari. Attualmente è impegnata nel restauro del Com-plesso monumentale denominato “Casale di Balsi-gnano” in Modugno, nel restauro del Palazzo Tupputiin Bisceglie, della Cattedrale di Conversano e dinotevoli altri palazzi privati.

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COSI AUMENTANO GLI INVESTIMENTI NEL TALENT ARTISTICOdi F.F.

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ILcredito d’imposta è un tradizionale strumentodi politica fiscale utilizzato per incentivare gliinvestimenti e sostenere così la crescita eco-nomica. I risultati di uno studio*, realizzatodalla Direzione Generale per il Cinema-

MiBAC e recentemente pubblicato, mostrano comel’incentivo fiscale sia stato efficace nello stimolareinvestimenti addizionali nella produzione cinema-tografica. Obiettivo della ricerca è determinare l’ef-fetto dell’introduzione del credito d’imposta pensatoper le imprese di produzione cinematografica sulcosto di produzione del film. L’analisi è condotta suun campione di film prodotti, prima dell’introdu-zione della misura, da imprese che hanno presentato

domanda per fruire in modo retroattivo dell’agevo-lazione (“film retroattivi”) e su un campione di filmprodotti, dopo l’introduzione della misura, da im-prese che hanno potuto prevedere la possibilità dicompensare debiti fiscali a seguito dell’investimento,permettendo all’effetto incentivante dell’agevola-zione di manifestarsi (“film non retroattivi”).I due campioni sono costruiti in modo tale da poteressere considerati “rappresentativi” della totalitàdelle opere cinematografiche di lungometraggio nona carattere documentaristico, di nazionalità italiana,non realizzate in regime di coproduzione, prodotteprima e dopo l’introduzione della misura da impreseche vogliono e che possono fruire dell’agevolazione.

Dopo l’introduzione dell’agevolazione fiscale, leimprese studiate producono film con un costomedio più alto. L’incremento è maggiore dell’importoteoricamente recuperabile in compensazione e con-frontando l’aumento del costo medio con il creditod’imposta teorico spettante è possibile stimare,per ciascun euro di mancato gettito, un investimentoaggiuntivo di 1,56 ¤.Questo aumento di spesa riguarda, in particolare,la voce di costo “Spesa per personale artistico” e lavoce di costo “Oneri sociali complessivi”, ad indicareun maggiore investimento nel talento artistico ecreativo.

*Fabio Ferrazza e Iole Maria Giannattasio, “Analisi input-side dell’impatto del Tax Credit in Italia” in Le ricadute del Tax Credit. L’impatto economico delleforme di incentivazione alla produzione cinematografica, Luiss Business School e Anica con la collaborazione della DG per il Cinema-MiBAC, GraffiettiStampati, Roma, 2012

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ANALFABETISMO FILMICO,LE INIZIATIVE DI CONTRASTO

Aproposito di analfabetismo filmico, fenomeno purtroppo diffuso al qualeil primo numero di 8½ dedica l’apertura, lo Stato sostiene o promuovealcune iniziative che, sebbene non siano da sole risolutive, contribui-scono a diffondere la cultura cinematografica e a formare le nuove ge-nerazioni. A cominciare dall’attribuzione della qualifica di “Film per

ragazzi”, assegnata dal Ministero per i Beni e le Attività culturali insieme agliincentivi per gli esercenti delle sale cinematografiche nelle quali siano pro-grammati i titoli riconosciuti “per ragazzi”. A partire dal 2010, sono stati 126i film che hanno ricevuto questa qualifica, di cui una trentina di titoli italiani.Il risultato dovrebbe essere un ampliamento degli spazi per il cinema social-mente positivo ed educativo per i minori.Con la stessa finalità ricevono contributi pubblici sia festival dedicati al cinemaper ragazzi sia corsi di formazione e percorsi educativi per far conoscere aigiovani spettatori le diverse cinematografie, le tecniche e i generi. Tutte occasioniper alimentare l’immaginario e stimolare la creatività delle nuove generazioni.In tema di educazione all’immagine, il MiBAC e il Ministero dell’Istruzione,dell’Università e della Ricerca partecipano al progetto proposto dall’Associazione

degli esercenti cinematografici (Anec) con Agiscuola, per mettere a disposizionedelle scuole attività e servizi in campo audiovisivo e multimediale, con ap-profondimenti sulla storia, il linguaggio e le tecniche del cinema.Ancora, gli esercenti delle sale sono i soggetti beneficiari della recenteintroduzione della cedibilità del credito d’imposta (tax credit), riconosciutoper gli interventi di digitalizzazione degli schermi. Inclusa nel cosiddetto“Decreto sviluppo”, la cedibilità del credito rende quest’ultimo “monetizzabile”e spinge, quindi, le tante piccole e medie imprese dell’esercizio ad avvantaggiarsidell’agevolazione fiscale per rinnovare la tecnologia delle rispettive sale. Con illoro adeguamento, affiancato da programmazioni flessibili e strategiepromozionali sui prezzi dei biglietti, è possibile attrarre un pubblicopotenzialmente interessato ma spesso scoraggiato dalla qualità insufficientedi molte strutture.Anche se le risorse sono poche e le difficoltà economiche pesano, alcuniinterventi a basso costo possono essere efficaci e aiutare a invertire tendenzeche rischiano di danneggiare il cinema come cultura e come industria.

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I RISULTATI IN SALA DEL CINEMA DI INTERESSE CULTURALEdi A.C.

Idati Cinetel dicono che nel mese di ottobre il ci-nema italiano, con 56 titoli sugli schermi, ha ri-chiamato in sala 1.634.086 spettatori. L’incassosupera i 10 milioni di euro, pari al 18,6 per centodel mercato, che è stato dominato dalle produ-

zioni Usa, arrivate al 70,7 per cento con quasi 38milioni incassati da 69 titoli in sala. Nella classificadei primi 20 incassi del mese, 6 sono di film italiani,tutti riconosciuti di interesse culturale. Il risultatomigliore è stato quello di Gladiatori di Roma, il filmdi animazione di Iginio Straffi uscito in sala il 18 ot-tobre, che a fine mese aveva totalizzato 1.917.729euro in 14 giorni di programmazione, per arrivareoltre i 3 milioni e 200mila ¤ al 18 novembre, ultimarilevazione prima che questo numero della rivistaandasse in stampa. Subito dietro Viva l’Italia diMassimiliano Bruno, nei cinema dal 25 ottobre conun incasso di 1.822.394 ¤ in una sola settimana eandato oltre i 5 milioni a novembre.A seguire Tutti i santi giorni di Paolo Virzì, che dallaprima uscita dell’11 ottobre a fine mese aveva rag-giunto quota 1.762.319 ¤, per fermarsi sotto i 2milioni a metà novembre. Poco sopra i 2 milioni,sempre al 18 novembre, è arrivato Reality il film diMatteo Garrone vincitore del Grand Prix a Cannes,che dal 28 settembre a fine ottobre aveva incassato1.991.830 ¤. Inferiore, anche se con meno giorni diprogrammazione, il risultato al botteghino di Il co-mandante e la cicogna, in sala dal 18 ottobre:1.256.156 ¤ al 18 novembre per il film di SilvioSoldini, che è stato realizzato con un contributopubblico di 1.100.000 ¤. Io e te di Bernardo Bertolucci

ha invece incassato poco più di 760mila ¤ nell’ultimasettimana di ottobre ed è arrivato a superare 1milione e 600mila nella rilevazione del 18 novem-bre.Nel mese di ottobre, insieme a quelli già indicati, ifilm riconosciuti di interesse culturale che hannoesordito sugli schermi sono stati in totale 12,incluso anche Appartamento ad Atene in sala comeil film di Garrone dal 28 settembre. L'opera primadi Ruggero Dipaola, realizzata con un contributoministeriale di 550mila ¤, si è fermata a 90mila ¤ diincasso. Gli altri titoli sono Un giorno speciale diFrancesca Comencini, con poco più di 200mila ¤di incasso, Bellas mariposas di Salvatore Mereu,realizzato con un contributo di 600mila ¤ e arrivatodal 25 ottobre nei cinema, dove fino al 18 novembreaveva incassato circa 160mila ¤, lo stesso risultatoottenuto al botteghino dal secondo film di EdoardoGabbriellini Padroni di casa, che ha ricevuto uncontributo di 250 mila euro. A questi, va aggiuntoil film di esordio All’ultima spiaggia di Gianluca An-sanelli, con 285mila ¤ di incasso dall’uscita in salail 4 ottobre.Mentre scriviamo Venuto al mondo di Sergio Ca-stellitto, arrivato in sala l'8 novembre, è alla secondasettimana di programmazione. Realizzato con uncontributo pubblico di 700mila ¤, il film ha già in-cassato 3.112.476 ¤. Uscito nella stessa data, nonsta ottenendo lo stesso successo La nave dolce diDaniele Vicari, riconosciuto di interesse culturale epremiato con il Pasinetti nel corso della Mostra delCinema di Venezia.

Non sono al momento valutabili, ma ne riparleremonel prossimo numero, i risultati al botteghino dialtri quattro titoli di interesse culturale, in sala dal15 novembre: Il sole dentro di Paolo Bianchini, rea-lizzato con 500mila ¤ di contributo; Vitriol esordiodi Francesco Afro De Falco, con il contributo di 50mila ¤;v il secondo lungometraggio di Stefano Mor-dini Acciaio, che ha avuto un sostegno di 150 mila¤, e Alì ha gli occhi azzurri di Claudio Giovannesi,con un contributo di 100mila ¤. Il film è arrivato insala dopo il doppio riconoscimento nel Festival delFilm di Roma, che gli ha consegnato il Premio spe-ciale della giuria e quello per la Migliore operaprima o seconda.Doppio successo nel Festival diretto da MarcoMüller anche per E la chiamano estate, nei cinemadal 22 novembre. Realizzato con un contributo di600 mila ¤, il film di Paolo Franchi ha vinto il Mar-c'Aurelio per la regia e il Premio per l'interpretazionefemminile, andato a Isabella Ferrari.Stessa uscita prevista per l'atteso Dracula 3D diDario Argento, 300mila ¤ di contributo, e per Ilpeggior Natale della mia vita di Alessandro Genovesi,che ha chiesto e ottenuto il riconoscimento dell’in-teresse culturale senza contributo. A completare leuscite in sala di novembre Itaker di Toni Trupia,300mila ¤ di contributo assegnato ad agosto 2011.Sempre a ottobre, sono iniziate le riprese di Il sudo niente dell’esordiente Fabio Mollo, coproduzioneitalo-francese riconosciuta di interesse culturale adicembre 2011 con un contributo di 150 mila ¤.

PRODUZIONE ITALIANAIN CRESCITA NEL 2012

di I.M.G

Nei primi 9 mesi del 2012 i film di lungome-traggio nazionali prodotti (ossia che hannoricevuto nulla osta per la visione in pubblico)sono stati 112, 10 in più di quelli realizzatinello stesso periodo dell’anno precedente. Leopere interamente italiane sono 89, più 7 percento rispetto al periodo gennaio/settembre2011, mentre le coproduzioni sono 23, anchequeste in aumento rispetto all’analogo periodo2011 (+21%). Si tratta di 13 coproduzionimaggioritarie, 9 minoritarie e 1 paritaria.Tra i 112 lungometraggi prodotti fino a set-tembre, 23 hanno ottenuto l’interesse culturaleper opere di registi già affermati, 14 anchecon contributo; 27 lo hanno avuto in quantoopere prime o seconde, 22 anche con il contri-buto. Sono invece 65 i film per i quali, fino aottobre, è stata richiesta almeno una formadi tax credit.

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Al MoMA di New York la retrospettiva completa, una mostra, due performance dal vivo e un volumeper celebrare l’uomo e l’artista.

NEL MONDOPasolini al MoMA

NEL MONDO // Pasolini al MoMA

Dal 13 dicembre al 5 gennaio

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NEL MONDO // Pasolini al MoMA

di Paola Ruggiero

Così Pier Paolo Pasolini definiva NewYork nel 1966 in un’ intervista rilasciataa Oriana Fallaci per il settimanale l’Eu-ropeo, in occasione del suo primo viag-gio in America. Proprio a New York, dal

13 dicembre al 5 gennaio, il Luce-Cinecittà, in colla-borazione con il Fondo Pasolini, la Fondazione Ci-neteca di Bologna e il Museum of Modern Art,organizza un grande evento dedicato all’autore. Pro-porre una retrospettiva su Pasolini non è parlare diPasolini, ma lasciar parlare Pasolini attraverso i suoifilm, i suoi dipinti, i suoi scritti, attingendo ad un’ere-dità artistica tra le più vaste e variegate.

Pasolini è regista, pittore, giornalista, poeta; leggerei suoi scritti è addentrarsi in un universo denso disignificati, dove ogni parola ha un peso, ognipensiero ne genera altri, come evocato dal bellissimoallestimento curato da Dante Ferretti e FrancescaLo Schiavo per la mostra proposta all’Auditoriumdi Roma lo scorso anno, nel quale una gigantescamacchina da scrivere era posta al centro dellospazio e da essa uscivano e si spargevano tutto in-torno centinaia di fogli scritti. È lo stesso Pasolini adichiarare: “Amo ferocemente, disperatamente lavita… divoro la mia esistenza con un appetito insa-ziabile..” . È questo lo spirito della sua continuaricerca, affrontata con il fervore proprio di ogni pas-sione. Parlare di Pasolini è riduttivo, meglio lasciarparlare lui, con la modernità che gli è propria, unamodernità atemporale, che supera il presente stesso,un presente che ancora oggi, a quasi 40 anni dallasua scomparsa, è attuale o, meglio ancora, futurista.

Sono le stesse parole di Pasolini ad anticipare aNew York la proiezione dei suoi film, attraversofilmati selezionati dagli archivi del Fondo Pasolini,nei quali è proprio l’autore a parlare dell’opera inprogramma. La retrospettiva completa è propostaal pubblico statunitense con copie nuove, alcunefatte oggetto di un’opera di conservazione e di re-stauro, come nel caso di Medea (1969) che, grazieal contributo di Gucci, ha visto la trasposizione in35mm di un’edizione digitale restaurata dalla SNCdi Parigi. Al cinema di Pasolini è dedicato il volumedal titolo Pier Paolo Pasolini My Own Cinema natoanch’esso dalla collaborazione tra Luce-Cinecittà,La Fondazione Cineteca di Bologna e il Fondo Pa-solini. 250 pagine illustrate che, attraverso unaricca antologia di interviste, racconti, appunti di

diario, pagine di soggetti e sceneggiature, disegnanola fisionomia del laboratorio creativo di questopoeta-regista, seguendo le sue riflessioni sui ventiduefilm realizzati in 14 anni di attività. New Yorkaccoglie anche la mostra di Ritratti e autoritratti al-lestita nello spazio Location One nella zona diSoho: quaranta opere provenienti dal Fondo Pasolini,conservate nell’Archivio contemporaneo AlessandroBonsanti del Gabinetto scientifico e letterarioVieusseux di Firenze, nelle quali Pasolini indaga,attraverso i tratti somatici, le caratteristiche psico-logiche del soggetto, interpretandone con pochisegni la personalità. Un solo tratto deciso segna,ad esempio, il profilo di Maria Callas, svelandonela fierezza del portamento; un segno a matitatraccia invece il profilo autorevole e ironico altempo stesso di Roberto Longhi, suo professoreall’università e suo “maestro”, come egli stesso lodefiniva. “Il suo lessico era una completa novità.

La sua ironia non aveva precedenti. La sua curiositànon aveva modelli. La sua eloquenza non avevamotivazioni - diceva di lui Pasolini, e aggiungeva -Per un ragazzo oppresso, umiliato dalla culturascolastica, dal conformismo della cultura fascista,questa era la rivoluzione”. La sua visione dellacultura era aperta, priva di schemi e la sua arte neè la testimonianza, un’arte che ha il suo destinatarioideale nei giovani, i più idonei a cogliere la suanatura rivoluzionaria, anticonformista, la sua letturaprofetica dei fenomeni sociali. È a loro che èdedicato un ciclo di conferenze organizzato nelleUniversità newyorkesi da Antonio Monda e unrecital dal vivo in programma al MoMA con attoriitaliani e statunitensi che interpretano le parole diPasolini. Ma Pasolini è molto altro ancora.

Le parole di Pasolini“È una città magica, travolgente, bellissima… una di quelle città fortunate che hanno la grazia.Come certi poeti che ogniqualvolta scrivono un verso fanno una bella poesia… mette addosso la voglia di fare, affrontare, cambiare: ti piace come le cose che piacciono a 20 anni”

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NEL MONDO // Pasolini al MoMA

di Dante Ferretti

Conobbi Pier Paolo Pasolini agli inizidella mia carriera, nel 1964, quandoavevo solo ventun anni e lavoravocome assistente scenografo di LuigiScaccianoce. Il primo suo film a cui col-

laborai fu Il Vangelo secondo Matteo(1964), cui se-guirono, sempre come assistente di Scaccianoce,Uccellacci e uccellini nel 1965 e Edipo Re nel 1967. Fupoi con Medea (1969) che firmai per la prima voltala scenografia a parte intera.Quando girammo Edipo Re, per la prima volta,rimasi a lavorare da solo alla scenografia. Arrivammoa Ouarzazate, che all’epoca era una sorta di villaggiowestern, con due alberghi, un ospedale, un luogodesolato. Mangiammo insieme a Scaccianoce poilui ripartì per Marrakech. Pasolini si arrabbiò un po’per l’assenza di Scaccianoce e mi incaricò di andareavanti da solo. Mi disse di andare a Roma, a vederele scenografie degli interni fatte da Scaccianoce,perché aveva cambiato stile rispetto al lavoro fattoin quella fase e voleva che anche le scene in studiorecassero queste modifiche. In studio era stataallestita la camera nuziale del palazzo reale, doveEdipo fa l’amore con sua madre. Pasolini voleva chequella stanza fosse spoglia e barbarica, con formeessenziali ma incombenti. Me ne occupai quasi in-teramente. Fu in quel momento che emerse quella sintonia frame e lui che sarebbe durata fino alla sua morte, perquasi dieci anni, e che per me è stata fondamentale.A pensarci bene, la sintonia che si stabilì fra me ePasolini è un fenomeno strano perché avevamogusti pittorici differenti: le mie predilezioni sonol’Art Déco, l’immaginario degli Anni ‘30 e ‘40, l’artemetafisica di De Chirico e anche l’arte astratta,mentre Pasolini detestava l’arte astratta e adoravagli artisti del ‘200, del ‘300 e del ‘400. Credo che la nostra sintonia dipendesse dal concepire

la scenografia come invenzione e reinvenzione dielementi reali, storici, adottando il mélange e la con-taminazione degli stili, di elementi apparentementedissonanti che invece trovano armonie formali im-prevedibili.

L’importanza che dava al rapporto diretto con larealtà, naturalmente, si ritrovava anche nelle sceltedei luoghi dove effettuare le riprese. Con Pasolini siviaggiava molto: per Medea andammo in Turchia,per I racconti di Canterbury (1972) in Inghilterra, perIl fiore delle Mille e una notte (1974) in Yemen,Persia, Nepal. Non a caso, quando ha voluto rac-contare un universo che odiava, si è chiuso in internio in studio per Salò (1975). Tutti i film che ho fatto con lui erano ambientati nelpassato, remoto nel caso dei primi due film dellaTrilogia, addirittura favoloso per Le Mille e una nottee più recente per Salò. La realtà del passato, però,non voleva ricostruirla filologicamente, ma reinventarla.Il lavoro scenografico diventava un processo checonduceva ad una contaminazione fra stili diversi:non voleva essere legato alla realtà ma crearne unaautonoma che corrispondeva alla sua visione, allasua visionarietà.I viaggi con Pasolini erano esperienze di vita e nonsolo di lavoro, perché sceglieva luoghi, spazi, ambienti,carichi di storia, a volte drammatica, oppure disagevolima sorprendenti dal punto di vista figurativo. Pensatealle cuspidi, alle vallate della Cappadocia, uno scenarioquasi irreale, da sogno, o da incubo. Ma al tempo stesso, creava delle analogie sorprendentiche sulla carta potevano lasciare perplessi e invecesullo schermo funzionano sempre, creando effettisorprendenti e stranianti: in Medea la Cappadociadiventa la Colchide, la laguna di Grado è stata tra-sformata nello scenario dell’infanzia mitica di Giasonecol Centauro, la piazza dei Miracoli a Pisa è diventata

Corinto. Non sempre al campo girato in un luogocorrispondeva il controcampo nello stesso luogo:per esempio, la soglia della casa di Medea, il grandeportone dove si affaccia, l’abbiamo costruito e filmatoin teatro, ma il controcampo è stato girato ad Anziodove abbiamo allestito la casa della maga su unacollina che finiva nel mare. La veste estetica del filmrisulta miracolosamente unitaria, anche se è statogirato in modo molto frammentario e in luoghi di-versissimi.Come dicevo, Medea fu la mia prima esperienza dascenografo a tutti gli effetti. Avevo appena finito dilavorare come assistente di Danilo Donati al Satyricon(1969) di Fellini e all’improvviso mi arrivò una tele-fonata del produttore di Medea, Franco Rossellini,che mi chiamava in Cappadocia sul set. Pasolininon voleva lo scenografo proposto dalla produzionee aveva chiesto che venissi chiamato io. Partii sedutastante. Iniziammo a girare alle sette di sera e laprima cosa che costruii fu il carro su cui Medeafugge dalla Colchide per unirsi a Giasone. Ho lettola sceneggiatura durante la notte e realizzai le sce-nografie giorno dopo giorno, adattandole ad ambientiche erano già stati scelti. Fu una grande scuola,anche perché era un film audace, dal punto di vistafigurativo e narrativo.L’anno dopo facemmo Il Decameron e iniziò laTrilogia della vita. Pasolini voleva mostrare un’Italiapopolare che già allora stava scomparendo e lacercava a Caserta vecchia, nel napoletano, a Napoli,che conosceva benissimo e dove si erano conservatialcuni vicoli, ambienti, strade, dove potevamo inter-venire su una materia preesistente consumata daltempo ma ancora lì, concretamente esistente. Ricordo anche la sua sofferenza quando durante isopralluoghi scopriva che un edificio antico era statolasciato nell’incuria e minacciato di distruzione. Nel‘70 ormai erano già ben visibili i danni della specula-

Lo scenografo Premio Oscar Dante Ferretti racconta la sua lungacollaborazione con lo scrittore e regista, iniziata quando aveva solo 21 anni. “Il grande rimpianto della mia vita è non aver potuto fare insieme Porno-teo-kolossal, sarebbe stato un lavoro smisurato e visionario”

I nostri viaggi da Ouarzazate allaCappadocia

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NEL MONDO // Pasolini al MoMA

A lberto Moravia nell’orazione funebre dei funerali di Pasolini disseche prima di tutto avevamo perso un poeta. Che in un secolo, dipoeti, ne nascono tre o quattro, che il poeta dovrebbe esseresacro. Queste parole mi sono sempre rimaste in mente perchéraccontano molto bene la fragilità e la delicatezza della poesia e

quanto sia necessario preservarla e proteggerla. Eppure Pasolini, proprio il piùfragile e delicato dei poeti, perfino fisicamente, ha voluto con tutta la sua operanon essere mai protetto da nulla. Oggi forse i poeti non fanno più paura ma al-lora, nella ricerca delle verità del mondo e delle società, la poesia, l’intelligenzaerano capaci di destabilizzare animi e poteri. Senza dubbio Pasolini è stato il

primo nemico di chi non avrebbe mai voluto che le verità venissero messe anudo e per di più spiegate alle masse. Avevo sei anni quando fu assassinato enon ho potuto che leggere quanto ha scritto o vedere i suoi lavori di regista esempre mi è capitato di chiedermi che cosa sarei diventato se lui fosse ancorain vita. Tutti noi sogniamo a volte di voler vivere in altre epoche, in altre città: iovorrei poter tornare indietro per conoscerlo, per ascoltarlo, per sentire da lui laluce che ha lasciato accesa sotto forma di parole. Purtroppo questo non è pos-sibile ma quello che possiamo fare invece è ridirle quelle parole, tener viva quellaluce, come direbbe Moravia, preservarla e proteggerla.

zione edilizia selvaggia e lui soffriva anche fisicamentedi questa situazione, di cui comprendeva la gravità.Per Il Decameron, mi mostrò le riproduzioni diGiotto, dell’arte del ‘300 e del ‘400, di artisti comeBosch ma anche successivi, come Bruegel, anchese era un film mediterraneo, calato nell’universo na-poletano. Giravamo in ambienti dal vero e da unaparte, filmò vecchie abitazioni riadattate, dall’altra learchitetture preesistenti rovinate furono ricostruite.Era sempre particolarmente attento ai valori plasticie grafici delle immagini, agli equilibri come aglisquilibri espressivi e in particolare alle simmetriecompositive, nei volumi, nelle linee, nei colori.A proposito dei materiali usati, nel Decameron illegno è un elemento fondamentale, domina ovunquee non solo negli interni. Prima delle riprese, avevosaputo che vicino a Roma stavano smontando unacasa antica e coi miei collaboratori ci siamo precipitatia prendere tutto quel legno. Abbiamo costruito tuttigli arredi, i mobili con quel legno e la sua materia èdivenuta una componente importante del film, conle pietre affumicate delle vecchie case popolari. PerCanterbury, Pasolini voleva invece ricreare un mondo

del nord, gotico, più tetro di quello napoletano, e mimostrò ancora Bosch, le riproduzioni della pitturanordica medievale. Buona parte del villaggio di Can-terbury è stata ricostruita e io costruii i grandi lettidel film. Se guardate con attenzione, noterete neicostumi, nelle decorazioni e perfino nella sequenzadi un rogo (dove viene bruciato un uomo), l’impor-tanza del rosso, un rosso acceso. Pasolini cercava ilrosso della lava, come una tinta che percorre tantescene e ambienti del film. Sull’Etna, poi, costruimmol’Inferno ispirandoci a Bosch con i dannati e i demoniimmersi nella terra vulcanica.Aveva una grande passione per Sana’a, questa cittàincredibile, al tempo stesso barbarica e raffinatissima.Il mio primo impatto con Sana’a era avvenuto nel‘70 quando girammo un episodio del Decameron,Alibech, che poi fu tagliato al montaggio. Già alloraPasolini pensò di girarvi una parte delle Mille e unanotte, la visione di quella città si legò subito allavisione del film futuro.Salò è stato un lavoro più lungo perché è un filmquasi tutto in interni, quindi ambienti da ricreare exnovo. Poi, all’improvviso, pochi mesi prima che il

film uscisse, arrivò la notizia del suo assassinio. Ri-cordo che fu molto duro quel momento, fu terribile.Pochi mesi prima mi aveva dato il copione di Porno-teo-kolossal per cui voleva delle scenografie visionarie.Sarebbe stato un lavoro smisurato, straordinario edè un grande rimpianto della mia vita. Mi ricordo l’ul-tima cosa che ho fatto per lui, quando andai daSergio Citti a disegnare i primi abbozzi delle sceno-grafie. Nel 2011, quando la Cineteca di Bologna miha chiesto di pensare ad un’installazione dedicata aPasolini per la Festa di Roma, ho pensato ad unagrande macchina da scrivere, da cui usciva unanuvola di fogli di carta, con i suoi scritti, le sueparole. Dietro quell’immagine c’era anche il ricordodell’impressione che mi fece leggere, quando eraancora vivo, i testi che scriveva sul Corriere dellasera. L’immagine che ho di lui, la associo alla forzae all’intelligenza acuminata di quei testi, che eranola diagnosi implacabile del presente che stiamo vi-vendo.Dal volume Pier Paolo Pasolini My Cinema, a cura diGraziella Chiarcossi, edito da Cineteca di Bologna eLuce Cinecittà, 2012

Pierfrancesco Favino non ha mai incontratoPasolini, assassinato quando lui aveva sei anni,ma l’ha conosciuto, e amato, attraversola sua poesia. “E il poeta dovrebbe essere sacro”

Avrei voluto conoscerloascoltarlodi Pierfrancesco Favino

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NEL MONDO // Pasolini al MoMA

I l mio primo incontro con Pier Paolo Pasoliniavvenne sul set de La ricotta, era il 1963, ioavevo 15 anni e mi trovavo da quelle partiper caso, mi avvicinai, insieme agli amicicon cui ero, incuriosito da tutta quella gente

vestita in modo strano. Mio fratello lavorava comefalegname alle scenografie ed era anche lui sul set,mi presentò Pier Paolo che mi sorrise e mi fece una“scafetta” sulla testa. Da quel momento la mia vitaè cambiata completamente. L’anno successivo aquell’incontro Pier Paolo mi fece fare una piccolaparte ne Il Vangelo secondo Matteo, io non mi sen-tivo all’altezza, per me fino a quel momento il ci-nema era qualcosa di lontano e irraggiungibile, malui mi rassicurò, sapeva sempre farlo, aveva unmodo accogliente, ma allo stesso tempo determi-nato. Nel ’65 il primo ruolo da protagonista in Uc-cellacci e uccellini, anche in quel caso tutte le mieresistenze svanirono quando Pier Paolo mi disse

che non dovevo far altro che essere me stesso ecosì feci. Recitavo con Totò, un mito del cinema, eprima di iniziare le riprese Pier Paolo volle che ci in-contrassimo. Fummo invitati a cena a casa di Totòe Franca Faldini, un appartamento ai Parioli, per meal tempo anche solo accedere al quartiere Parioliera una magnifica avventura, ricordo che perfinol’ascensore mi parve una scoperta incredibile, avevaal suo interno un sedile in velluto rosso e chiesi aPier Paolo quale fosse il motivo di sedersi per arri-vare solo al terzo piano: lui si divertiva a vedere lamia meraviglia rispetto a tutto, per me ogni cosaera nuova. Fummo accolti da Totò in una lunga ve-staglia di seta, c’era una grande tavola imbandita efu un problema capire quale forchetta tra le tanteusare, quale bicchiere e come stare seduto, ma PierPaolo non sembrava mai giudicarmi: anni doposeppi da Franca Faldini che, una volta andati via,Totò disinfettò la sedia sulla quale ero seduto, ho

riso moltissimo per questo. Intanto la frequenta-zione tra me e Pier Paolo era diventata quotidiana:io ragazzino di borgata , trasferito all’età di quattroanni da un paesino della Calabria alla periferia ro-mana, un padre manovale che portava a casa “ilpane” e una famiglia numerosa, mi trovai catapul-tato in un mondo fatto di intellettuali, letterati,poeti; a volte sentivo un grande disagio perché noncapivo casa dicevano, un disagio fisico, stavo male,mi veniva proprio il mal di stomaco, ma nonquando mi trovavo solo con lui. Pier Paolo sapevaparlarmi e mi spiegava quello che non era alla miaportata. Io ho avuto molto da Pier Paolo, moltis-simo, ma anche lui avvicinandosi a me ha potutoaccostarsi e comprendere meglio il mio mondo,quello della borgata, un mondo naturalmente poe-tico che Pasolini ha sempre difeso perché, vero, luidiceva che le persone sono migliori fino alla quintaelementare. Non esiste oggi nessuno come lui, ca-pace di vedere tanto profondamente la realtà e didire la verità, lui non accettava mai compromessiperché non gli importava di essere escluso dal si-stema, per questo era molto contestato. Pier Paolomi manca molto, così come credo la sua “voce”manchi molto al nostro paese: chissà quante “sto-rie” avrei ancora vissuto e poi dicevamo sempreche avremmo fatto un viaggio insieme sulla luna,ma non c’è stato il tempo!

Volevamo andare sullaluna, ma non c’èstatotempodi Ninetto Davoli

Complice di tante avventure, Ninetto Davoliracconta come diventò attore grazie a Pier Paolo,anche se non si sentiva all’altezza. Prima di fareUccellacci e uccellini, lo portò a cena da Totò.“Quando me ne andai disinfettò la sedia su cui mi ero seduto, ho riso moltissimo per questo”

di Rossella Rinaldi

Da Annecy aiuti alla distribuzione in Francia

Buenos Aires, 4 dicembre, Ventana SurItalian Screenings

• Il Pasticciere di Luigi Sardiello• La scoperta dell'alba di Susanna Nicchiarelli• Tutto tutto niente niente di Giulio Manfredonia• Tutti contro tutti di Rolando Ravello• Tutti i santi giorni di Paolo Virzì• Il comandante e la cicogna di Silvio Soldini• Benur di Massimo Andrei• Breve storia di lunghi tradimenti

di Davide Marengo• Workers di Lorenzo Vignolo• L'Intervallo di Leonardo Di Costanzo• È stato il figlio di Daniele Ciprì• Un giorno speciale di Francesca Comencini• Gli Equilibristi di Ivano De Matteo• Pinocchio di Enzo d'Alò• Bella addormentata di Marco Bellocchio• Venuto al mondo di Sergio Castellitto

Istanbul, 9-15 dicembre3° Appuntamento con il cinema italiano

• È stato il figlio di Daniele Ciprì• L’intervallo di Leonardo Di Costanzo• Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni• Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini• Romanzo di una strage di Marco

Tullio Giordana • La guerra dei vulcani di Francesco Patierno• Evento speciale: Pinocchio di Enzo D’Alò

Barcellona, 14-18 dicembre1° Mostra de Cinema Italià de Barcelona

• Magnifica presenza di Ferzan Ozpetek• Padroni di casa di Edoardo Gabbriellini• Nina di Elisa Fuksas• La guerra dei vulcani di Francesco Patierno• È stato il figlio di Daniele Ciprì• L'intervallo di Leonardo Di Costanzo• Il rosso e il blu di Giuseppe Piccioni• Romanzo di una strage di Marco Tullio

Giordana• La guerra del maiale di David Maria Putortì• Eventi speciali: le proiezioni della copia

restaurata di Stromboli e di Pinocchio di Enzo D’Alò

FILM IN SELEZIONE A BUENOS AIRES, ISTANBUL, BARCELLONA

NEL MONDO // Cinema italiano nei festival stranieri

Jean Gili: “Il cinemaitaliano all’estero non ha il successo commercialeche merita, ma è rimastoil gusto di vederlo nellerassegne”

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Nato nel 1983, Annecy Cinéma Italienha visto da subito un tale amore daparte del pubblico da diventare il piùimportante festival di cinema italianoin territorio francofono. “Ho l’impres-

sione che il cinema italiano all’estero non abbia il suc-cesso che merita nelle sale commerciali, ma èrimasto il gusto di vederlo nelle rassegne”, ci spiegaJean Gili, direttore artistico della manifestazione dopola scomparsa di Pierre Todeschini, nel 2007, e storicocritico di Positif (ai cui sessant’anni il festival ha de-dicato un omaggio lo scorso ottobre). “Credo che dauna decina di anni tutto sia diventato più semplice,ma in passato avevamo problemi a trovare delleopere prime e seconde di qualità per il nostro con-corso. Ora presentiamo film d’autore e impegnati,commedie, progetti super indipendenti: stiamo cer-cando di dare la più ampia visione possibile del ci-nema italiano”. La selezione di Annecy non riguarda

solo i film già usciti nelle sale italiane, ma anche opereinedite, e da pochi anni è stata aggiunta una sezionecompetitiva per i documentari.

Annecy – vinta quest’anno da La kryptonite nellaborsa di Ivan Cotroneo che si è aggiudicato anche ilPremio per l’interpretazione femminile per ValeriaGolino - cerca soprattutto di favorire la vendita deinostri film in Francia attraverso un aiuto alla distribuzionedel vincitore, un compenso che viene dato all’eventualedistributore per la pubblicità televisiva sul canale sa-tellitare Cinéplus. Riguardo alla presenza di distributorifrancesi, spiega ancora Gili: “Siamo in ottimi rapporticon loro. Magari hanno già visto i film, ma vengono averificare le reazioni del pubblico. Devo ammettereche ora è meno diffusa l’idea che un film italianodebba necessariamente essere un insuccesso”. Tra ititoli presentati, ad esempio, sia Cesare deve morireche Diaz avevano già una distribuzione oltralpe.

Stefano Chiantini, regista di Isole, ci ha raccontato lasua esperienza al festival: “Il giorno della mia ultimaproiezione mi sono recato al cinema con la paurache la sala fosse semi deserta. Fuori invece c’era unafila interminabile. Al mini dibattito non sapevo benecosa dire e, per farla breve, ho chiesto agli spettatoridi lasciare 10 euro a testa per aiutarmi a produrre ilnuovo film se avessero apprezzato Isole. Bene, 78persone hanno lasciato i dieci euro. Ecco, questo se-condo me rende bene lo spirito di Annecy”.

CalendarioFestival Stranieri:

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di Francesco Patierno dal New York Film Festival 2012

Sono stati sette i film italiani invitati que-st’anno al BFI London Film Festival,programmati nelle sezioni volute dallanuova direzione, affidata all’australianaClaire Stewart (ex direttrice del Sydney

Film Festival). Tre anteprime britanniche, Reality diMatteo Garrone, distribuito da Independent, Cesaredeve morire di Paolo e Vittorio Taviani , che usciràin sala con New Wave Films, e La guerra dei vulcanidi Francesco Patierno. Il trend positivo del cinemaitaliano in UK è confermato dai dieci titoli distribuitinelle sale negli ultimi dodici mesi (nel periodo1999/2001 sono usciti uno o due film italianil’anno). La stampa inglese ha accolto con notevole apprez-zamento i nostri titoli. Per Lee Marshall di ScreenInternational “L’intervallo è un film che può facil-mente trovare la sua strada negli spazi del cinema

d’autore in Europa e nel resto del mondo”. È unfilm “non affaticato dalle metafore, che radica lesue suggestioni simboliche nel dramma sobrio enell’autenticità delle interpretazioni dei suoi attorinon professionisti”. Continua Marshall: “venendodai documentari, Di Costanzo rende questo disin-cantato romanzo di formazione sorprendentementereale”. Lusinghiero l’articolo di The Guardian.

Secondo Peter Bradshaw L’intervallo ed È stato ilfiglio sono “un paio di gioielli italiani”. Se L’Intervalloè “attento, ponderato e recitato benissimo”, il filmdi Ciprì è “assolutamente sfolgorante. Una pazzatragicommedia sull’avidità e il tabù” che paragonaa “Ben Jonson e a L’amico di famiglia di Sorrentino”.Toni Servillo è definito “il re del cinema contempo-raneo italiano”.

R.R.

Una domenica di fine settembre. New York. Antonio Monda ha orga-nizzato per i Taviani e il sottoscrittoun brunch nel “Monda’s World”,come lo definisce il New York

Times, cioè la casa che si affaccia su Central Park,abituata ad accogliere e a connettere gente più omeno famosa proveniente da tutto il mondo.Dopo aver ricevuto indicazioni dal tipico portierenewyorkese, salgo al secondo piano, apro la portae... già mi sembra di stare a Hollywood. Unsimpatico Jeff Goldblum inizia a chiacchierare conme degli attori italiani e fa un brindisi sul cinema.A qualche metro, Paul Schrader racconta una bar-zelletta a un produttore americano (che ho visto infoto da qualche parte) e alla moglie. Antonio vienea scusarsi con Jeff e, prendendo la bottiglia di vinoche gli ho portato, mi dice: “C’è una persona chenon vede l’ora di parlare con te”.

È Ingrid Rossellini (figlia di Roberto e gemella diIsabella), che ha saputo del mio documentario edè ansiosa di vederlo “perché tutti quanti ne hannodetto un gran bene”. Nel giro di mezz’ora diventiamoamici (anche perché è una delle poche persone aparlare in italiano), conversiamo amabilmente emi racconta un sacco di fatti pazzeschi sulla suavita e su quella dei suoi. È passata un’ora e già misento di casa a New York. All’improvviso si apre la porta ed entra... Lui. Il miomito, in carne ed ossa. Devo contenermi per non al-zarmi dal divano, abbandonare i miei nuovi amiciamericani e andare ad abbracciarlo. Mi contengo afatica e continuo a sentire distrattamente le paroledegli altri. Lui, intanto, è scomparso dalla mia vista,forse in un’altra stanza della grande casa. Poi, come per magia, succede quello che ad ognunodovrebbe capitare almeno una volta nella vita. Siavvicina Antonio e mi dice: “Ce l’hai un dvd del tuo

film, vero? C’è Martin che ha una gran voglia di ve-derlo. Sai, sta girando e non può venire alla proie-zione. Dai, vieni con me che ti vuole conoscere”.E così, Martin Scorsese mi stringe amichevolmentela mano e con la sua nota e appassionata parlatafrenetica mi fa domande che non capisco e mi dicealtre cose che capisco ancora meno. Io faccio “sìsì” con la testa e sorrido ad ogni cosa che dice. Glipasso il dvd della Guerra dei vulcani, che lui dopoaver guardato attentamente infila nella tasca delsuo abituale completo blu, e anche Ingrid ciraggiunge per formare un gruppetto che, dall’esterno,potrebbe essere un terzetto di grandi amici.Sono brillo e contento. Allora, in un momento diloro distrazione, prendo il cellulare, faccio finta dileggere una importantissima mail e scatto unafoto, perché tutto questo non sembri il frutto di unbellissimo sogno.

Il regista, ospite del New York FilmFestival con La guerradei vulcani, racconta una domenica piuttosto speciale

L’opera prima di Leonardo Di Costanzo, al BFI London FilmFestival, piace ai critici e conferma il trendpositivo per i nostricineasti nel Regno Unito

Intervallo d’autore a Londra

Metti una sera a cena con Martin Scorsese

NEL MONDO // Cinema italiano nei festival stranieri

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NEL MONDO // Import-export

Dopo l’epoca gloriosa che vide il picconegli Anni ’60, quando il mercato ci-nematografico internazionale era do-minato dai grandi titoli italiani, lacurva del successo dei nostri film

all’estero ha visto una progressiva e inesorabile ca-duta, che si è protratta fino alla fine del secoloscorso, per poi cercare una nuova ascesa nell’ul-timo decennio. Il panorama dell’attuale mercatodell’esportazione assume quindi forme e dimen-sioni certamente più modeste rispetto a 50 anni fama, nonostante questo, interessanti nell’ottica diuna reimpostazione dei modelli produttivi e distri-butivi a cui l’intera industria dei contenuti è chia-mata a rispondere.

Non solo il mercato dell’export ha subito profondemodifiche nel corso degli ultimi decenni, ma l’intera

struttura dell’industria cinematografica si è trasfor-mata, a partire dallo stesso “stile imprenditoriale”di tutti i soggetti coinvolti nella filiera: produttori,distributori, società di servizi tecnici, circuiti diesercizio. Il contesto generale dei mezzi di comu-nicazione, come è noto, è in costante evoluzione,sia sul fronte del contenuto, sia sul fronte della tec-nologia, sia su quello economico-industriale. Ilpeso specifico di ciascun comparto – accanto al ci-nema, la televisione, il web, le telecomunicazionimobili, l’editoria, la musica – si riduce e si riadattaandando a cercare fette di mercato sempre piùspecifiche e connotate in termini di target, modalitàdi fruizione, offerta. Il ruolo che assume il cinemasia nel mercato interno che in quello internazionale,quindi, non è in alcun modo raffrontabile conquanto avveniva 50 anni fa, quando la concorrenzadi altri mezzi era di fatto inesistente e i flussi di

scambio con gli altri paesi erano molto più semplicie ridotti. Nello specifico, inoltre, il settore del-l’esportazione di prodotto cinematografico subisceinfluenze contrastanti, che vedono lo scontro fra laspinta centrifuga verso la “globalizzazione” dei lin-guaggi e dei bacini di mercato e la forza centripetache cerca un recupero delle identità culturali e lin-guistiche locali. Complessivamente, la bilancia com-merciale per il settore audiovisivo pende semprepiù fortemente a favore dell’importazione. Nessunaistituzione, tuttavia, rileva statisticamente la com-ponente “cinema” all’interno del più ampio seg-mento, in cui naturalmente il prodotto televisivoprevale quantitativamente sia in termini di volumi(ore) che di valore.Il segmento dell’export cinemae del suo valore economico, estrapolato dal ma-crosettore audiovisivo, ha iniziato a essere osservatoin profondità solo di recente1.

Dal punto di vista più strettamente economico, vainnanzitutto rilevato che l’attuale mercato del-l’esportazione vede la commercializzazione di titoliche per il 98% appartengono al cosiddetto “catalogo”,ovvero film prodotti precedentemente al 2006: unasorta di “rendita” dell’epoca d’oro del cinemaitaliano. Il restante 2% del mercato, che riguarda ifilm di produzione recente, è invece il segmentopiù interessante dal punto di vista dell’industria edegli operatori attualmente attivi: l’analisi dei volumicoinvolti in questo mercato e l’osservazione diflussi e tendenze commerciali in atto rappresentauno spunto fondamentale in fase di impostazionedelle politiche imprenditoriali degli operatori piùevoluti.

Dei 612 film prodotti in Italia nel quinquennio2006-2010, il 60% ha avuto accesso al mercato in-ternazionale. La commercializzazione di questi titoliha portato a ricavi complessivi pari a circa 45milioni di euro, con una media di 9 milioni l’annoin un trend costante nel periodo. Si tratta indub-

di Federica D’Urso e Francesca Medolago Albani per ANICA Ufficio Studi

Nuovi mercati per il cinema italiano nell’era 2.0

Dei 612 film prodotti in Italia nel quinquennio 2006-2010, il 60% ha avuto accesso al mercato internazionale. La commercializzazione di questi titoli ha portato a ricavi complessivi pari a circa 45 milioni

di euro, una cifra modesta. Ma scenari inediti potrebbero aprirsi.

1 Gli unici dati economici disponibili sul tema dell’esportazione di cinema italiano sono forniti da due ricerche promosse e realizzate dall’Ufficio Studi ANICA: L’export di cinema italiano, I QUADERNI DELL’ANICA N. 5, agosto 2010. L’export di cinema italiano 2006-2010, I QUADERNI DELL’ANICA N. 6, agosto 2012.Entrambe le pubblicazioni sono disponibili in formato elettronico sul sito ANICA. www.anica.it/online/index.php/studi-anica/quaderni-anica.html

Il commercio estero dei diritti audiovisivi in Italia(anni 2003-2011 / valori in migliaia di euro)

esportazioni

importazioni

2003 2011

350

0

Fonte: Celata e Marinelli / Digilab su dati Istat 2003-2011 per DGCinema - MiBAC / Schermi di Qualità, ottobre 2012

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NEL MONDO // Import-export

biamente di una cifra modesta, soprattutto nelconfronto con i valori generati dal mercato interno:basti pensare che i ricavi derivanti dal solo “mercatosala” nazionale – pari a non più del 25/30% deiricavi del film sul mercato interno, derivanti dallosfruttamento su tutte le piattaforme distributive -nel 2011 hanno raggiunto 662 milioni di euro com-plessivi, di cui 235 milioni per i soli film italiani.

Generalmente il contratto di vendita del film prevedeun “minimo garantito” per la cessione di tutti idiritti di distribuzione sul territorio di riferimento eil valore medio delle transazioni si attesta intornoai 10-20.000 euro, con variazioni molto significativein base al paese acquirente. Storicamente, il bacinopiù importante per l’export di prodotto italiano, siaper volumi sia per valori, è l’Europa occidentale ein primo luogo la Francia, dove il valore mediodella singola transazione oscilla fra i 60.000 e i200.000 euro. Va tuttavia rilevato che l’Europa Oc-cidentale è anche il mercato più saturo per ilprodotto italiano, mentre stanno emergendo areegeografiche più lontane e potenzialmente moltorecettive, che dimostrano un interesse crescenteper i film italiani di produzione recente, pur mante-nendosi su un valore delle transazioni ancora piut-tosto modesto: si tratta dei paesi dell’Europadell’Est, che tendono a investire sui volumi più chesui valori, puntando sull’acquisto di numerosi titoli;Nord America, Sud America e Asia, che tendonoad acquistare diritti prevalentemente televisivi paye free (Sud America) o relativi ai mercati secondari(particolarmente interessante il mercato dei dirittiancillari in Medio ed Estremo Oriente), rinunciandoal classico diritto theatrical. Si può evincere daquesto fenomeno che la diversificazione e lo spac-chettamento dei diritti rappresentano una fra lepiù efficaci strategie di accesso a nuovi potenzialimercati.

estremo oriente 213

nord america 109

australia e nuova zelanda 84

america latina 128

medio oriente 106

africa 5

europa 964Numero di transazioni di titoli italiani 2006-2010

europa

216

america

latina

87

nord

america

86

austalia

84

medio

oriente

69

africa

5

estremo

oriente

102

Circolazione di titoli italiani 2006-2010

Fonte: ANICA su varie

Fonte: ANICA su varie

Focalizzando infine l’attenzione sulla tipologia di prodotto maggiormente esportato, emerge con evidenzache i film che hanno maggiori chance di accedere con successo al mercato internazionale sono, non sor-prendentemente, quelli che hanno partecipato ai principali festival e mercati di settore e che hanno quindiavuto una visibilità presso i compratori e distributori stranieri. Oltre a questa, che sembra essere la con-dizione essenziale e imprescindibile per un buon risultato commerciale all’estero, altri elementi che con-tribuiscono in modo positivo sono la presenza di un cast riconoscibile o un regista di fama internazionale. Ma al di là dei valori numerici, ciò che sembra davvero interessante nell’osservazione di questo mercatoè il ruolo che il cinema può assumere in una generale ottica di esportazione del cosiddetto “Made in Italy”.Ancora oggi l’immagine che dell’Italia arriva all’estero è veicolata da storie e personaggi che hanno narratoil paese attraverso la pellicola cinematografica. Il valore reale di questo mercato va quindi calcolato nel-l’ambito più generale dell’esportazione dell’immagine del paese nel mondo, a cui il cinema offre un valoreaggiunto dato dal prestigio dell’opera d’arte: il cinema non solo è di per sé un mercato economicamenterilevante, ma è anche un attivatore di valore che a cascata si riverbera su tutti gli altri settori industriali, apartire dal manifatturiero. Questo valore non è calcolato né probabilmente calcolabile, ma certamente as-sume dimensioni considerevoli. Ciò che l’industria cinematografica auspica è quindi una sempre maggioreintegrazione fra settori produttivi apparentemente molto lontani fra loro, in un’ottica di sistema che deveavere come obiettivo la promozione dell’immagine dell’Italia nel mondo.

Superficie Popolazione

InformazioniGenerali

Moneta

LEU(plurale LEI)

Capitale

BUCARESTpopolazione

2 milioni di abitanti

21.848.504abitanti (2011)

238.391kmq

FOCUS // Dove il cinema sta meglio

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Di numero in numero, 8½ esplorerà lo stato di salute dell'industria e della cultura cinematografica in vari paesi del mondo.Molti dei quali hanno affrontato con intelligenza problemie contraddizioni che noi non riusciamo a sbrogliare. La prima tappa di questo viaggio è Bucarest.

Il casoRomania

Gruppi etniciRomeni 89%Ungheresi 7,5%Gitani 1,9%Tedeschi, altri 1,6%ReligioniOrtodossi 87%Cattolici 5%Protestanti 5%Altro 4,5%

FOCUS

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FOCUS // Dove il cinema sta meglio

“Molto popolare in Francia, il cinema romeno viene snobbato dal nostro pubblico che preferisce le produzioni americane, nutrito com’è, fin dall’infanzia, dalle serie TvUsa. Così la distribuzione d’essai versa in condizioni davvero disastrose. Il pubblico, per un film nazionale, si è assottigliato a poche migliaia di spettatori,mentre per un film di Hollywood è dieci volte tanto”

Nuovo Cinema Romania, la ricetta è servita

L a fotografia, ben poco lusinghiera, vienedal regista romeno attualmente più fa-moso al mondo, Cristian Mungiu, pre-miato all’ultimo festival di Cannes perOltre le colline (miglior sceneggiatura e

migliore interpretazione femminile alle due giovaniinterpreti Cosmina Stratan e Cristina Flutur), storiavera – e agghiacciante - di un esorcismo in un con-vento della remota Moldavia. Ma Mungiu è soprat-tutto la Palma d’oro del 2007 con 4 mesi, 3settimane e 2 giorni. Ovvero l’uomo simbolo della

di Cristiana Paternò

rinascita del cinema romeno (l’ultima Palma risa-liva a cinquant’anni prima con il cartoon Breve sto-ria di Ion Popescu-Gopo, cineasta a cui è anchededicato il premio di cinema nazionale, paragona-bile ai nostri David di Donatello). All’epoca quaran-tenne, all’opera seconda, Mungiu arrivò al Festivalpiù grande del mondo con un film dal titolo bi-slacco di cui nessuno sapeva nulla e che, subitodopo la prima proiezione per la stampa, era diven-tato il favorito del palmarès, tanto da soffiare laPalma a rivali come i Fratelli Coen e Gus Van Sant.

Raccontava una storia che affondava nel passatonazionale, situata al tramonto del regime di Ceau-sescu, e mostrava con stile secco, duro e un’este-tica rigorosa, la vicenda di due studentesse e di unaborto illegale.

Ma a guardar bene quel successo non fu, almenoagli occhi degli osservatori più attenti, un fulminea ciel sereno. Il raccolto degli anni precedenti eragià abbastanza ricco, specie se si considerano ledimensioni lillipuziane di questa cinematografia:

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FOCUS // Dove il cinema sta meglio

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La morte del signor Lazarescu di Cristi Puiu - consi-derato da molti l’apripista della Nouvelle Vague diBucarest – ottenne il Prix Un Certain Regard nel2005 e una sfilza di altri riconoscimenti ovunquenel mondo, A Est di Bucarest di Corneliu Porumboiuvinse la Caméra d’or nel 2006, mentre il 2007 èanche l’anno di California dreamin’ vincitore delpremio Un Certain Regard, opera di un autoreappena ventisettenne, Cristian Nemescu, purtropposcomparso a pochi mesi dal debutto per un tragicoincidente d’auto. La cosa impressionante è chementre dal ’57 al 2000, cioè in oltre quarant’anni, ilcinema romeno vince appena quattro premi inter-nazionali di un certo peso, dalla metà degli anni2000 la lista si allunga a dismisura. Ed è ancorapiù impressionante se si pensa che i film prodottiin questo paese sono 18 o 19 l’anno, cifra grossomodo stabile dal 2006 al 2010, ma con un calo nel2007 e 2008 quando furono rispettivamente 11 e 9anche per una forte flessione delle coproduzioni(principali partner sono Francia, Germania, Italia,Polonia). Nel 2011 sono stati prodotti 12 lungome-traggi e 10 documentari per il cinema. Tra gli artefici di questi successi figura il CentroNazionale della Cinematografia che si chiama pro-prio CNC Centrul National al Cinematografiei, ri-calcando anche nella sigla il modello francese. IlCNC, istituito nel 1998, dipende direttamente dalMinistero della Cultura e Affari Religiosi (si chiamaproprio così). Eroga finanziamenti – sia rimborsabiliche a fondo perduto - non solo per la produzione,ma anche per la distribuzione e l’esportazione. Isoggetti finanziati devono rispondere ovviamentea una serie di requisiti minimi oltre ad aver superatouna prova selettiva: essere iscritti al registro dellacinematografia, avere un capitale sociale di almeno5.000 euro, garantire almeno il 6% del budgettotale del film in contanti o servizi; i produttori

devono spendere almeno il 20% del budget in unoStato membro della UE o firmatario del Central Eu-ropean Free Trade Agreement; per le coproduzioniè richiesta una partecipazione di coproduttoriromeni al 10% (se multilaterali) o 20% (per le co-produzioni bilaterali). Ora è allo studio anche unsistema di incentivi sulla tassazione, ma i costi diproduzione risultano già particolarmente favorevoli,come dimostra l’enorme mole di mega-produzionistraniere che hanno messo qui le tende (vedi boxsugli studios): per dire, la Miramax nel 2003 harealizzato negli Studios CastelFilm il kolossal sullaguerra di secessione Ritorno a Cold Mountain, conla superstar Nicole Kidman, economizzando circa20 milioni di dollari, un quarto dell’intero budgetpari a 80 milioni di dollari. Tra il 2003 e il 2010 il CNC ha sostenuto più di 90film. Tra questi anche Mar nero, opera prima di Fe-derico Bondi con Ilaria Occhini nel ruolo di Gemma,un’anziana e un po’ scorbutica signora fiorentinache, rimasta vedova, viene accudita da Angela, unabadante romena dall’animo gentile e sofferente. Ilprogetto, finanziato al 10% dalla Francia e al 10%dalla Romania con la HiFilms di Ada Solomon, hacome produttore di maggioranza l’italiana FilmKairòs. Per la produttrice Giorgia Priolo “Mar neroera perfetto per una coproduzione di questo tipo eAda mi disse subito di sì anche perché era unastoria che poteva risollevare l’immagine del suopaese, appannata da alcuni episodi di cronaca nerache si erano verificati l’anno prima”. Il film vinsepoi a Locarno il premio per l’interpretazione fem-minile, andato a Ilaria Occhini, che divideva lascena dall’inizio alla fine con la bravissima DorotheaPetre. Bilancio decisamente positivo per la giovaneproduttrice italiana: “In Romania certo non hannotanti soldi come in Francia ma tutto funziona eanche la settimana di riprese, tra l’altro in condizioni

geograficamente difficili nella zona del Delta, èfilata liscia”. Difficoltà invece ci sono state perl’uscita in Romania di Mar nero, nonostante i rico-noscimenti internazionali, “ci sono poche sale eanche la loro Nouvelle Vague viene vista piùall’estero che in patria”.

“Il periodo della transizione dal comunismo al ca-pitalismo ha generato storie intriganti per il cinema- dice Bobby Paunescu di Mandragora Movies – ele porte dei festival si sono aperte per gli autoriromeni che ormai possono permettersi anche diraccontare vicende contemporanee”. Il dinamicoproduttore, che ha al suo attivo un titolo simbolodella rinascita come La morte del signor Lazarescu,è perfettamente bilingue (è cresciuto a Milano,dove ha studiato). Nel 2009 ha debuttato nellaregia con Francesca la storia di una ragazza di Bu-carest (Monica Birladeanu) decisa, tra mille ostacolie difficoltà, ad aprire un asilo multietnico in Italia.Coprodotto da Domenico Procacci, il film esordì aVenezia nella sezione Orizzonti non senza polemichee strascichi legali per una battuta contro la deputataAlessandra Mussolini, famosa per le sue dichiarazionivenate di razzismo. E infatti l’idea della pellicola,come ci aveva raccontato all’epoca Paunescu, eranata dopo l’omicidio a Roma di Giovanna Reggiani,seviziata e assassinata il 30 ottobre 2007 a Tor diQuinto dal romeno Romulus Nicolae Mailat, con-dannato per questo all’ergastolo in secondo grado.Paunescu, che ha da poco prodotto il primo progettoin lingua inglese di Nae Caranfil, Closer to themoon con Vera Farmiga, iniziò a fare ricerche, sco-prendo che in Italia vivono 1 milione e 400mila ro-meni e che ci sono 20mila imprese gestite da suoiconnazionali di cui 1.700 solo a Verona. “La Romanianon è solo 900 criminali in carcere nel vostropaese, è anche la patria dell’inventore dell’insulina

Il TIFF Transilvania International Film Festival, nato nel2002 si svolge a Cluj, nella regione ben nota ai cultoridelle gesta del Conte Dracula ed è la principale manifestazionecon un concorso internazionale per opere prime e seconde.Un altro festival internazionale è quello di Timisoara, il Ti-mishort, che si svolge a maggio ed è dedicato al cortome-traggio e diretto dal regista Paul Negoescu, autore dell’operaprima, Un mese in Thailandia, presentata alla Settimanadella critica di Venezia 2012. Nella capitale Bucaresttroviamo varie rassegne, tra cui Anim’est, riservato alcinema d’animazione con sei sezioni competitive, che spa-ziano dallo spot pubblicitario alle produzioni delle scuoledi cinema, con un occhio di riguardo alla creatività deiBalcani. Sempre a Bucarest nel mese di aprile si svolgeNext nato in memoria del regista Cristian Nemescu.

www.tiff.rowww.animest.rowww.nextfilmfestival.ro

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FOCUS // Dove il cinema sta meglio

Nel 2011 i biglietti venduti sono stati 7 mln 200mila con 241 schermi di cui 110 digitali (saliti nel 2012 a 122). Leader dell’esercizio è Cinema City (www.cinemacity.ro) con 106 schermi in 9 città alla fine del 2011. Il trend vede l’apertura di sempre nuovi multiplex, tra cui quello del Baneasa Shopping City a Bucarest, con 13 schermi tra cui il più grande del paese, che misura 22 metri di larghezza.

A 40 km da Bucarest, in una vasta e grigiapianura seminata a grano e contrappuntatada laghetti e specchi d’acqua, sorgono dal‘92 gli Studios Castel Film (www.castelfilm.ro)fondati dal direttore della fotografia e produttoreVlad Paunescu. Otto teatri di posa su 9.590mq, il vasto Teatro 5 – proprio come quello diFellini a Cinecittà - di 3.354 mq con vasca perriprese subacquee. Qui si può ancora vedereil villaggio di Cold Mountain di Anthony Min-ghella, kolossal in costume girato nel 2003.

Tra i set ospitati da questa struttura troviamo Ghost Rider: the Spirit of Vengeance dellaColumbia con Nicolas Cage, il Barbarossa di Renzo Martinelli, il dramma postbellico Adam re-surrected di Paul Schrader con Willem Dafoe e Jeff Goldblum e la serie BBC The last enemy conRobert Carlyle e la star nazionale Anamaria Marinca, la trentenne protagonista di 4,3,2, chevive a Londra e ha avuto un piccolo ruolo anche nel film “romeno” di Francis Ford CoppolaUn’altra giovinezza. MediaPro Studios, a 40’ da Bucarest e 20’ dall’aeroporto internazionale,nato addirittura negli anni ’50 ma riconvertito a standard internazionali dopo la caduta del co-munismo, è la struttura più grande in Romania sia per la produzione che per la post-produzione, con 19 teatri di posa tra cui il più vasto nell’Europa continentale (4.200 mq).Disponibile anche un laboratorio per gli effetti speciali. Hanno girato qui Claude Lelouch,Fanny Ardant per la sua opera da regista Cendres et Sang, Franco Zeffirelli con Callas Forever euna schiera di divi americani.

http://www.mediaprostudios.com/http://www.castelfilm.ro/

Studios Castel Film e MediaPro Studios

e del pap test, la patria di Brancusi e Mircea Eliade“. Ma il film non si limita adenunciare incomprensioni e pregiudizi e vuole dare conto della “crisi diidentità di una società post-comunista che non ha ancora trovato la suastrada, anche se è dotata di un’energia vulcanica”. Spiega ancora Paunescu,che ha lanciato nel 2012 la Solar, una società di produzione indipendente conbase negli Stati Uniti: “Nella situazione difficile seguita alla caduta di Ceausescuci sono stati giovani autori molto bravi a raccontare i problemi di corruzione edisorientamento, in una sorta di neorealismo in sedicesimo”.

La fine del regime è uno spartiacque significativo non solo per la societàromena, ma anche per il suo cinema. “Ci sono voluti 16 anni dopo la mortedel Conducator perché una nuova generazione di registi, grosso modotrentenni, riuscisse a rompere col periodo precedente al 1989, quando lacensura del regime costringeva il cinema a trincerarsi dietro metafore”. Loteorizza il critico del Guardian, Ronald Bergan. “Anche la New Wave utilizzagli strumenti della metafora per dipingere la società romena, ma fa suo pureun approccio documentaristico, un realismo intenso e a volte disturbante e unsottofondo di humour nero”.

Parte del merito, come si diceva, è sicuramente del sistema di sostegnopubblico, che fino al 2010 ha erogato cifre che vanno dagli 11.949.600 ¤ del2007 ai 7.554.700 ¤ del 2010 (tuttavia nel 2011 è saltata una sessione e ilcredito è stato di 2.381.000 con il finanziamento più elevato, pari a 144.418,assegnato al Transylvania International Film Festival 2012 (vedi box sui festival).Ad esso si aggiungono ora gli oltre 80 mln ¤ messi dalla Commissioneeuropea per il cinema romeno. Inoltre la televisione nazionale TVR (www.tvr.ro)è obbligata a contribuire per una percentuale che va dal 7,5% al 15% degli

introiti pubblicitari al fondo del CNC e al finanziamento di progetti cinematografici.Infine la Romania aderisce al SEE Cinema Network, rete di undici paesidell’Europa sud-orientale (Albania, Bosnia Erzegovina, Bulgaria, Croazia, Cipro,Macedonia, Grecia, Slovenia, Turchia, Serbia & Montenegro) che erogaanch’esso finanziamenti.

Più che mai forte a livello internazionale, il cinema romeno ha tuttavia il suopunto debole proprio nell’esercizio (vedi box sull’esercizio). Le sale cinemato-grafiche, che nel 2004 erano 155, sono nel 2010 appena 68 con 194 schermi e50.733 posti, nel 2011 sono salite a 75 con 56.728 posti, le multisale sono 20 intutto (erano 9 nel 2004), gli spettatori sono 6 milioni e mezzo su unapopolazione di quasi 22 milioni di persone, gli incassi ammontano a 27milioni 206mila con un prezzo medio del biglietto che si aggira attorno i 4 ¤.Se si guarda ad esempio la top ten del 2010 balza agli occhi la sproporzionetra gli spettatori di Avatar (610.075) e quelli del campione nazionale If I Wantto Whistle, I Whistle (55.858). Meno di un decimo. Proprio come dice Mungiu.Mentre nella prima metà del 2012 sono usciti otto titoli nazionali: migliorincasso quello della commedia The Bride was stolen al 41° posto con 16.874ingressi in quattro settimane. Anche nel 2011 il campione di casa è stata unacommedia, The Godmother, finita all’83° posto con 26.788 biglietti venduti.

Fonti: Romanian Film Centre (si ringrazia Alina Salcudeanu, responsabile ForeignAffairs); Filmneweurope.com (in particolare il dossier Industry realizzato per il Festival diLocarno nel 2012); Legge Cinema del 14 luglio 2005; “Shooting Romania”, pubblicazione a cura della Romanian Film Promotion aderente all’EFP.

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FOCUS // Dove il cinema sta meglio

Oltre le colline

Mi sembra che i giornalisti siano avolte a corto di parole quando sitratta di esprimere l’intensità e –perché no? – la peculiarità di uncinema che non smette di

sorprendere. Se si tentasse di fare l’inventario ditutti i titoli e, ancor più, di tutti i premi ottenuti daigiovani cineasti romeni in questi ultimi tempi, temoche questo piccolo spazio non sarebbe sufficiente. Tutti i successi sono la prova di un immensocapitale che, onestamente, abbiamo sognato manon avremmo mai immaginato potesse averequeste dimensioni. Dopo il dicembre 1989, allafine di una lunga attesa, è nato un nuovo cinema.Non ri-nato, benché, alle sue spalle, il terreno nonsia sempre stato arido. All’inizio degli anni ’90, Lechêne di Lucian Pintilie apriva già un nuovo orizzonte.Purtroppo il film non è diventato una vera locomotiva.Doveva emergere un’altra generazione, per imporreuna nuova definizione di cinema: Cristi Puiu, CristianMungiu, Corneliu Porumboiu, Catalin Mitulescu,Cristian Nemescu, Radu Muntean, Tudor Giurgiu,Calin Netzer, Tudor Voican, Razvan Radulescu.Senza elaborare manifesti estetici, hanno voluto,semplicemente, fare un altro cinema, vivo, liberatoda restrizioni, dogmi, cliché e menzogne, un cinemache, senza essere un regolamento di conti pro-grammatico col passato, fosse capace di ricordarci

a quale punto le vecchie ferite siano ancora dolorose.I successi hanno creato un modello che ha stimolatotutti i giovani che si affacciavano alla settima arte,ma anche una pressione non trascurabile sugliautori e sul cinema romeno come fenomeno situatonell’orizzonte di osservazione del mondo cinema-tografico nel suo complesso. Nello spazio di otto anni abbiamo vinto a Cannestre Palme d’oro (di cui due per il cortometraggio),un premio per la sceneggiatura e per l’interpretazionefemminile, una Caméra d’Or, tre premi Un CertainRegard e poi due premi EFA, due Orsi d’oro (delcortometraggio) e un Orso d’argento a Berlino,per non citare che i riconoscimenti più importanti.E dunque la vita, di sicuro, è bella, ma tutt’altroche facile da vivere. Soprattutto quando il successoall’estero non corrisponde all’accoglienza in patriada parte del cosiddetto grande pubblico. Ancorauna volta si conferma il detto „Nemo profeta in pa-tria”. Ma qui bisogna sfumare il discorso. Non sitratta di poca voglia o curiosità degli spettatori peri film romeni tanto acclamati all’estero, verso quelcinema serio, che chiede conto alla coscienzaumana. Ci sono almeno due fattori che pesanosulla bilancia: la perversione del gusto di una gene-razione educata allo spirito del cinema americanocommerciale che invade le nostra sale, e un’altrarealtà, ancor più dura: l’assenza di un vero mercato

capace di assorbire questi prodotti. In altre parole,la scarsità di sale. Prima del 1989, avevamo 300schermi, oggi sono a 70, multiplex a parte. Ci sonocittà dove, non essendoci un centro commerciale,non c’è una sola sala. L’unica possibilità per chivive in queste zone è la carovana del cinema, un ci-nema itinerante iniziato da Cristian Mungiu con ilsuo 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni. Ma anche conquesto metodo, la media resta una delle più bassein Europa, lo 0,19 per abitante. Un piccolo quadrodei biglietti venduti dai più blasonati titoli romeninel decennio 1997-2007 la dice lunga: 4,3,2 (CristianMungiu) - 88.684; La morte del signor Lazarescu(Cristi Puiu) - 28.735; California Dreamin’ (CristianNemescu) - 21.912; A Est di Bucarest (Corneliu Po-rumboiu) - 12.984. Il solo cineasta romeno che siariuscito a unire al prestigio critico l’apprezzamentoda parte del pubblico resta il cinquantaduenne NaeCaranfil, creatore sui generis nel paesaggio del filmromeno, ai confini tra le due generazioni. Più re-centemente Tudor Giurgiu, direttore del Festival diTransilvania, ha seguito le sue orme dirigendo lacommedia Des gens et des escargots, che ha venduto51.341 biglietti nel primo mese di uscita nelle sale.Aspettiamo con curiosità le sorti del nuovo film diMungiu, Oltre le colline, fresco di uscita e mi chiedose stavolta il doppio successo di Cannes gli sarà diqualche aiuto.

“Sono pazzi questi romeni”. Così scriveva Libération nel settembre del 2003.

“È pazzo questo romeno”, ripeteva lo stesso giornale in una cronaca

dedicata al film di Corneliu PorumboiuA Est di Bucarest.

Nemo profeta in patriadi Magda Mihailescu

Filo diretto da Bucarest. Il punto di vista critico.

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FOCUS // Dove il cinema sta meglio

IL MARKETING DEL CINEMA ITALIANO

MARKETING E FILM: LA POLITICA (SI) VENDEdi Ilaria Ravarino

“Prima voti, poi rifletti”. Era l’autunno del2010 e Antonio Albanese, nei panni del po-litico Cetto La Qualunque, spronava i so-stenitori del Partito du Pilu a non perderetempo in inutili ruminazioni intellettuali. Il

voto, spiegava Cetto agli italiani, è una questionemeccanica: l’importante non è parlarsi addosso,ma infilare la scheda nell’urna.

Mai messaggio pubblicitario fu più azzeccato diquello: uscito il 21 gennaio 2011 in 560 copie, ilprimo film di Cetto, Qualunquemente, fu uno deipiù grandi successi della stagione italiana. E nonsolo a livello di incassi. Il personaggio interpretatoda Albanese, infatti, registrò un consenso persinomaggiore di quello ottenuto in sala, dove purearrivò a toccare i 17 milioni di euro. “Se il Partito duPilu fosse una forza politica - diceva un sondaggioriportato dal quotidiano La Repubblica - otterrebbeil 2,3% dei consensi degli italiani”. Orchestrata inquattro mesi, la campagna promozionale di Qua-lunquemente è ancora oggi uno dei più brillanticasi di corto circuito tra realtà e fantasia creativa.

“Siamo stati molto fortunati – spiega Gianluca Pi-gnataro, direttore marketing di Fandango - perchéci siamo ritrovati a gestire un prodotto che avevacontenuti talmente forti da uscire dai confini stessidel film. La degenerazione della politica italiana, inun certo senso, ci ha aiutati”. Sarebbe impossibileinfatti spiegare il successo della campagna (Ciakd’oro 2011 al miglior manifesto; miglior campagnae miglior locandina cinematografica al Trailers Fil-mFest di Catania) senza prendere in considerazioneil periodo storico-politico di riferimento. E cioè ildeclino di Berlusconi e le primarie del Pd, eventomediatico che proprio durante la lavorazione delfilm era giunto - tra candidature ritirate, bocciate eripensate - a un faticoso traguardo.

“Prima voti, poi rifletti”, arringava Cetto dai suoi ma-nifesti elettorali, strizzando l’occhio al popolo disinistra sopravvissuto alle primarie nazionali del2009 e nuovamente chiamato al voto per le primarieregionali del marzo 2010. Partita con grande anticiposull’uscita del film per sfruttare il fenomeno delle pri-marie, e finita casualmente per cavalcare il boom delcaso Ruby, la campagna ebbe subito un avvio incen-diario. Bastò un solo annuncio di Albanese, “Lancioil Partito du Pilu”, perché 250.000 click contemporaneimandassero in tilt il sito internet del film. Ma il colpodi genio arrivò a dicembre, quando nelle piazze di al-cune città italiane comparvero i gazebo – con tantodi logo - del Partito du Pilu. Strutture del tuttoidentiche a quelle che gli elettori avevano da pocofrequentato per le primarie, dove accedere a gadgetelettorali e dove registrare la propria adesione. Lefirme raccolte dal partito di Albanese, per la cronaca,furono 20.000. In soli due giorni.

Mutato (ma non troppo) lo scenario politico, adue anni di distanza Antonio Albanese ci riprova. Ecosì, proprio mentre il popolo di destra si divide equello di sinistra torna a interrogarsi sulle primarie,ecco che Cetto La Qualunque scende in campocon Tutto tutto niente niente, nuova avventura ci-nematografico-politica del candidato du Pilu alleprese, stavolta, con gli intrighi delle poltrone romane.

In uscita il 13 dicembre, il film si è avvalso di unacampagna promozionale modellata su quella del2010, definita insieme ai distributori della 01 eideata in collaborazione con il cast del film. Titolodella campagna? Le vere primarie: ogni riferimentoa Renzi, Vendola e Bersani non è, ovviamente, ca-suale. Partita ai primi di novembre con più di unmigliaio di manifesti a Roma e Milano, la campagnaha giocato stavolta non solo con il volto e il pro-gramma di Cetto, ma anche con quello degli sfidanti,

il secessionista Rodolfo Favaretto e il misticoFrengo Stoppato. Le tappe: affissioni dal 5 novembre,con i volti e gli slogan dei tre candidati e il lancio,dalla Fiera di Lucca Comics & Games, dei loro“saluti agli elettori”, teaser destinati alle sale scrittidagli autori del film.

Riposto in soffitta il gazebo, Cetto si è poi manifestatonelle principali città italiane attraverso un bus “bran-dizzato”: una scelta inevitabile nell’anno in cui a farescuola sono stati il pullman di Barack Obama e ilcamper di Matteo Renzi. La parola d’ordine, stavolta,è stata una: semplicità. E anche in questo caso adessere chiamato in causa è stato soprattutto il popolodi sinistra, perso nei cavilli dei regolamenti delle pri-marie. Quelle di Cetto sono state molto più semplicidi quelle del Pd: solo un click sul sito del film el’utente ha potuto assegnare la sua preferenza a Fa-varetto, Stoppato o La Qualunque, ottenendo la pos-sibilità di far campagna per uno dei tre candidati(leggi: pubblicità al film) diffondendo il materialepromozionale sui propri canali social. Come nel 2009,il grosso del lavoro di promozione è avvenuto in an-ticipo. Una scelta decisiva in un’era in cui, come diceanche il press agent della dolce vita Enrico Lucherini,il lancio dei film è soprattutto “un problema ditempo, che non c’è più”. Lavorando all’interno dellaproduzione, la squadra marketing della Fandango èpartita ancora una volta avvantaggiata: per Pignataro“il segreto è lavorare in anticipo, la strategia diventauna questione creativa, divertente, un gioco di squadrada portare avanti con sceneggiatori e registi”. Ildenaro resta una parte importante nella creazione diun buon lancio (la campagna delle primarie è costatacirca il 20% del budget del lancio di Tutto tuttoniente niente), ma molto più forte del potere economicoè quello delle idee. Specialmente se arrivano al mo-mento giusto. “Prima voti, poi rifletti” è un must chenon sembra passare mai di moda.

Bastò un solo annuncio di Albanese, “Lancio il Partito du Pilu”, perché 250.000 clickcontemporanei mandassero in tilt il sito internetdel film Qualunquemente. Alle radici di un caso di corto circuito mediatico. Che tenta il bis conTutto tutto, niente niente.

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GEOGRAFIE

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I LUOGHI DEL CINEMA

Atlante di cineturismo del cinema italiano, tra set e ambientazioni narrative

di Nicole Bianchi

L a lettura del rapporto tra set e ambien-tazioni narrative dei film italiani distribuitinei mesi di ottobre e novembre 2012dimostra come solo un terzo dei titolirifletta effettivamente il luogo comune

di un presunto romanocentrismo del cinema italiano:la maggior parte delle pellicole è stata ambientatarealmente e narrativamente in luoghi altri da Roma,quasi andando alla scoperta di geografie nonscontate e poco frequentate, quali l’appennino to-sco-emiliano di Gabriellini in Padroni di casa, giratointeramente a Montepiano, frazione di Vernio, pro-vincia di Prato e la Sardegna - Poltu Quatu - di E ionon pago di Alessandro Capone o la Piombino diStefano Mordini in Acciaio.

Succede anche che l’ambientazione sia in localitànon apertamente o esplicitamente dichiarate o cheil territorio nazionale venga usato, per analogiageofisica, anche per inscenare viaggi narrativi oltreconfine: questa è la geografia secondo Silvio Soldinine Il comandante e la cicogna, in cui ci sono taglid’inquadratura e dettagli che suggeriscono unaibridata città del nord Italia, in cui sono riconoscibili,con una voluta indeterminatezza, sia Torino cheMilano, in una sorta di ipotetico inanellamento ur-

bano. Alla fine si passa il confine: ma è la Valled’Aosta che “interpreta” il territorio svizzero. Senzache produttivamente questa trasferta sia effettiva-mente avvenuta, per affinità estetica di territorio,vive la massima credibilità: l’ambientazione del-l’ultima sequenza vede una baita montana immersanel verde, che difficilmente potrebbe consentire diaffermare che non si tratti effettivamente del territorioelvetico. Il confine, invece, l'ha passato realmenteSergio Castellitto scegliendo Sarajevo quale prota-gonista geografica del suo Venuto al mondo.

L’assenza di un marcato romanocentrismo si ac-compagna anche - nei due mesi presi in esame – aun interessante – e anche qui non scontato – equilibriotra gli spazi metropolitani e le località di provincia,come se il cinema italiano seguisse una sorta di geo-grafia del decentramento: Piombino, Monopoli,Fasano, non dimenticando l’appennino sopra citato,le montagne valdostane e il settentrione sardo, sonole località ricorrenti in queste pellicole. Roma rimanela città prediletta quando la stessa deve essere prota-gonista ma, altrimenti, le escursioni hanno destinazioniaffatto prevedibili. A dimostrazione di come la sceltadei luoghi diventi sempre più uno degli elementicreativi caratterizzanti del cinema italiano.

La rubrica che qui esordisce ha l’ambizione di provare a costruire, di numero in numero, una sorta di geografia del cinema italiano: un piccolo atlante in progress, che aggiorni la mappa mutevole dei luoghi in cuiil cinema italiano sceglie di ambientare le proprie storie e di costruire i propri paesaggiambientali, narrativi ed emozionali.

ALL'ULTIMA SPIAGGIARomaRoma

PADRONI DI CASAMontepiano provincia di PratoMontepiano provincia di Prato

UN GIORNO SPECIALERomaRoma

TUTTI I SANTI GIORNIRomaRoma

IL COMANDANTE E LA CICOGNATorino, Valle d’AostaTorino, Valle d’Aosta

IO E TERomaRoma

VIVA L'ITALIARoma, L’AquilaRoma, L’Aquila

E IO NON PAGOPoltu Quatu Poltu Quatu

VENUTO AL MONDOSarajevo Sarajevo, Dubrovnik, Roma, Torino

ACCIAIOPiombino (LI)Piombino (LI)

ALÌ HA GLI OCCHI AZZURRIRomaRoma

IL SOLE DENTROAfricaBari

VITRIOLNapoliNapoli

E LA CHIAMANO ESTATENon dichiarataBari, Monopoli, Fasano

IL PEGGIOR NATALE DELLA MIA VITANon dichiarataValle d'Aosta

COSIMO E NICOLEGenova, Francia, Roma Genova, Francia, Torino

UNA FAMIGLIA PERFETTATodiTodi

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CINEMA ESPANSO

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CINEMA ESPANSO

I l cinema sperimentale esce dal circuito underground e approda nei musei più importanti d’Europa ed’America: un esempio fondante di questa nouvelle vague è quella di The Tanks, alla Tate Modern diLondra, dal 18 luglio al 28 ottobre. The Tanks è un evento-mostra decisivo per una riscrittura radicaledello statuto del cinema sperimentale di oggi e di ieri, della curatela museale per il domani, della praticaartistica in generale. Si tratta di ben quindici settimane di “Art in Action”: performance, proiezioni, in-

stallazioni, dibattiti che mirano a reinscrivere nello spazio museale varie forme di arte live e in particolare unfenomeno come quello dell’expanded cinema che, teorizzato nei gloriosi Anni ‘60 e ‘70 da Gene Youngblood& C. e praticato da cineasti-artisti come forma sinestesica totalizzante e liberatoria, ritrova oggi nuova linfavitale e propulsività progettuale. I “serbatoi” della Tate sono quelli della sperimentazione che, vuoti e arrugginitida decenni, vengono riempiti oggi di una nuova benzina artistica che possa al contempo aiutare a ripensaree riattivare l’expanded e a rimettere in sesto il motore dell’arte contemporanea, ibridando le forme e rinsaldandotra loro blocchi di tradizione e pratiche fino ad oggi considerati lontani. La storia della performance viene at-traversata e resa nuovamente leggibile attraverso una ricontestualizzazione museale che la fortifica teorica-mente e ne ristruttura l’ontologia artistica: i concetti di esposizione e opera vengono allargati e resi più dinamici,senza tuttavia cadere in un’indifferenziata pappa multimediale.

The Tanks pone domande fonda-mentali sulla storia dell’avanguardiae sulla sua storicizzazione: comemettere in tensione dialettica ilpassato di un’azione con il presentedi una mostra?Come ri-presentare, documentaree archiviare la pratiche artistichelive senza violarne lo spirito e lalettera?Come realizzare nel museo di ogginuove forme di expanded art chesappiano guardare con acutezza esenza nostalgia al passato?

Per giungere ad un tale livello di complessità lospazio museale della Tate è stato completamente ri-semantizzato: le installazioni, performance e proiezioniespanse portano con sé un’avvolgente apertura per-cettiva, forano e percorrono i muri della galleriaaprendo verso un denso altrove conoscitivo – adesempio nell’opera Light Music di Lis Rhodes – ir-rompono energicamente nel canonico universo-museo rendendelo un multi-verso organico e utopico(si veda tutta le sezione dedicata al collettivo britannicoFilmaktion): un nuovo spazio-tempo attraverso cuiripensare alla radice i concetti di socialità artistica,rito museale e comunità politica (come in PlatoNow di Juan Downey). L’expanded cinema diventa portatore di nuove ideee pratiche che bypassano il concetto stesso di mostrae di evento: il pubblico viene coinvolto – concet-tualmente e fisicamente – in un percorso che riapree scava la nozione di archivio, collezione, museo eopera d’arte. Si prende dal passato prossimo e re-moto per guardare al futuro: vengono ripensati alcontempo lo statuto del cinema e quello del museo.

A guidare il tutto non è un appiattimento che miraall’evenemenziale commerciale, ma un serio lavorodi scavo e documentazione. Un ulteriore e decisivoesempio per comprendere e analizzare il nuovo fe-nonemo dell’expanded cinema proposto nei Tanksè Retracing Black di Aldo Tambellini. Artista poliva-lente e infaticabile, di origini italiane ma immigratonegli States, figura chiave dell’underground ne-wyorkese, Tambellini è un maestro dell’arte multi-mediale che ha incrociato per cinquant’anni film,video, danza, fotografia e pittura.

I due curatori della performance espansa – Pia Bo-lognesi e Giulio Bursi – hanno solcato lungamenteil mare magnum dell’archivio di Tambellini mettendoinsieme i pezzi di un puzzle che sembrava inestri-cabile: è una lezione di come la curatela non sidebba limitare a esumare figure dimenticate rilan-ciandole sul palcoscenico museale, ma debba sem-mai operare a cavallo fra l’esattezza filologia, l’in-venzione archeologica e il rigore della teoria. La documentazione messa a punto ha permessonon solo di ricostruire un evento perduto e sognato,di ripercorrere una storia delle forme e delle azioniartistiche più importanti degli ultimi decenni, masoprattutto di realizzare oggi una nuova opera. Ilripensamento dell’espressionismo pittorico, delcinema astratto, del video di lotta, porta versoun’opera espansa che parla del presente esplosodell’epoca contemporanea: il mondo nero e alcollasso di Tambellini è un gorgo percettivo chearriva a tener insieme arte materica e concettuale,esperienza espansa e riflessione politica. Il suonoelettronico e noise fa da contrappunto alle proiezionie alle performance, la materia pulsante dei videoentra in dialettica con la scultura cinetica: RetracingBlack è una panoramica a 360° sulle pratiche arti-stiche contemporanee più radicali e una lezione

sull’arte del montaggio e sull’uso dello spazio-tempo. La Tate Modern si è fatta carico di produrre,finanziare e veicolare un’esperienza estetica chealtrove né ieri né oggi sarebbe stata possibile:nessuna cineteca, né cinema potrebbero oggi darecorpo alla sensualità dirompente dei sogni cine-matici di Tambellini.

Ecco perché il fenomeno expanded nei musei nonva rubricato come modaiolo o passatista, ma con-siderato seriamente in tutta la sua complessità estratigrafia, perché possa arrivare ad innervare l’artedel presente e modificare attivamente il nostrosguardo di spettatori troppo spesso pigri e passivi,che sia al cinema o in una galleria d’arte.

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INTERNET E NUOVI CONSUMI

RITORNO AL FUTURO: IL CINEMA ITALIANO E LA GALASSIA YOUTUBEdi Serafino Murri

In un’epoca in cui esperienze come quella diSpike Lee con il Babelgum Online Film Fe-stival dimostrano che canali come YouTubepossono rimuovere antichi pregiudizi econo-mici e culturali alla circolazione del cinema

indipendente, qual è: quale potrebbe essere il rap-porto del cinema italiano con questo mezzo di dif-fusione planetaria di contenuti video? È notiziarecente che l’Istituto Luce abbia aperto su YouTubeun canale dove il suo patrimonio di memoria cine-giornalistica (30.000 video dell’Archivio Storico) è adisposizione di tutti. Per il resto, il traffico “ufficiale”si limita ai canali delle distribuzioni, alla diffusionedi trailer e materiali promozionali, eventi che regi-strano “poche” centinaia di milioni di visualizzazioniannue. I numeri relativi al flusso video di YouTubesono di ben altra portata. Mentre le televisioni, allacui espansione è storicamente imputato il declinodel cinema di sala, si dibattono in una crisi pro-fonda, la crescita di questo strumento, che sta ai“nativi digitali” come la tv alle generazioni prece-

denti, sembra inarrestabile. Ma occorre saper leg-gere tra le righe delle sue iperboliche cifre, per com-prendere cosa determini le perduranti resistenzedell’industria a un suo ampio e dinamico uso.

YouTube è il sito di streaming più visto al mondo.Nato nel febbraio 2005 e acquistato dalla GoogleIncorporation nel 2006, in sette anni è divenuto ilmaggiore broadcaster del pianeta: in un solo mesesono caricati su YouTube più contenuti video diquelli realizzati dai tre maggiori network USA nell’arcodi sessant’anni. Uno dei dati più interessanti è cheil 70% del traffico di YouTube proviene dal di fuoridegli USA, ed esiste una versione localizzata delsito in 39 paesi, in 54 lingue, cosa che ha permessoil risultato di oltre 30.000 partner commerciali nelmondo. Per quanto riguarda i “contatti”, nel 2011YouTube ha registrato la vertiginosa cifra di untrilione di visualizzazioni (un milione di milioni dimilioni, una media di 140 visualizzazioni per ognipersona sulla Terra): tra i tre miliardi di video

inseriti, sono però solo poche migliaia i lungometraggi.La preoccupazione per il rispetto del copyright suYouTube dovrebbe già trovare risposta nel sistemagratuito ContentID, che permette di rilevare lo sca-ricamento video non autorizzato, e chiederne lamonetizzazione. Compensare i timori dell’industriaè un processo lento, che implica scommessa im-prenditoriale ma anche una riformulazione dei pa-radigmi della circolazione dei beni culturali, dibenefici degli autori e oneri dei fruitori. Se una dellerock band più importanti del nostro tempo, i Ra-diohead, ha deciso di bypassare la mediazione di-stributiva fornendo i propri album in versione scari-cabile a offerta libera dal proprio sito, continuandoa vendere versioni lussuose in vinile o biglietti deiconcerti come merci destinate all’esperienza direttae materiale, c’è speranza di poter applicare unmodello simile anche al cinema, differenziando itarget commerciali, rinunciando ad alcuni privilegidell’antico assetto. Il punto è comprendere che il ci-nema di sala sarà sempre, come il vinile e il concerto,

Se una delle rock band più importanti del nostro tempo, i Radiohead, ha deciso di offrire i propri album in versione scaricabile a offerta libera dal proprio sito, continuando a venderne versioni lussuose in vinile o biglietti dei concerti come merci destinate a un mercato basato sull’esperienza diretta e materiale, c’è speranza di poter applicare un modello simile anche ai film.

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INTERNET E NUOVI CONSUMI

un’esperienza non surrogabile: YouTube non unrivale, ma un formidabile strumento di supporto.

Del resto, il vero discrimine resta quello della qualità.A fianco dei sofisticati canali dedicati, i contributiuser-generated privati rappresentano il vero corpodelle statistiche a crescita esponenziale. Ogni giornosu Facebook vengono guardati 500 anni di video diYouTube e ogni minuto su Twitter condivisi oltre700 video. Il punto di forza di YouTube è che chi loutilizza passa per il motore di ricerca per arrivare aicontenuti, laddove il social networking si basa perlo più sull’interazione casuale tra utenti. Eppure, ilsuo impatto promozionale è considerato debole,nonostante le inserzioni pubblicitarie sui video sianoin crescita costante. La speranza è che in futuro siapossibile differenziare l’offerta cinematografica suYouTube, prevedere sneak-preview online gratuitedei film a tempo limitato, o la diffusione temporaneadi estratti dalle opere in uscita, mettendo in circola-zione prodotti creati per la Rete, che spingano il

pubblico alla visione dell’opera. Sfruttando quelliche appaiono come punti deboli: simultaneità edestemporaneità.

Infine, attraverso YouTube e la sua democraziaorizzontale, si potrebbero perseguire obiettivi am-biziosi per il nostro cinema. Primo fra tutti, quellodi smentire l’etichetta che distributori internazionali(soprattutto anglosassoni) affibbiano da decenni alcinema italiano: essere un prodotto “local”, didifficile comprensione al di fuori del contesto na-

zionale. YouTube è uno dei rari strumenti in gradodi “globalizzare” un prodotto senza ri-localizzarlo.Il cinema italiano potrebbe così dimostrare quanto,al contrario, la sua essenza sia “glocal”: quanto lasua specificità e lontananza dai modelli holly-bolly-wodiani, egemoni delle (anti)estetiche del pianeta,sia fatta di storie universali, che sanno cogliere ilsenso del presente più a fondo dei prodotti daexport costruiti sui cliché dell’entertainment. E moltospesso, con non meno spettacolarità.

YOUTUBE È UNO DEI RARI STRUMENTI IN GRADO DI “GLOBALIZZARE” UN PRODOTTO SENZA RI-LOCALIZZARLO.

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INTERNET E NUOVI CONSUMI

SEI GRADI DI SEPARAZIONE.COMUNITÀ VIRTUALI E PROMOZIONE CINEMATOGRAFICAdi Carmen Diotaiuti

Come si sta modificando la Rete ecome i social network cambiano ilmodo di conoscere, comunicare econdividere il cinema? Le nuove formeespressive messe a disposizione dal

cosiddetto Web 2.0 rappresentano un’opportunitào un rischio per l’industria cinematografica?

La capacità di creare contenuti autonomamente econdividerli in Rete è il principale presupposto delWeb 2.0, termine che identifica una vera rivoluzionenei comportamenti dei navigatori, stimolata dalladiffusione di applicazioni ad alto livello di interattività.Blog, forum, community e piattaforme di condivisionehanno creato un nuova tipologia di utente: non piùfruitore passivo di informazioni ma creatore dicontenuti. Lo spettatore in Rete ha assunto unanuova identità, quella del prosumer: un produtto-re-consumatore che partecipa attivamente alla de-finizione e produzione di informazioni, fortementeinserito in una rete di relazioni sociali. All’internodi questa rete le possibilità di condivisione sono il-limitate e diventa economicamente rilevante da unpunto di vista promozionale quel messaggio chegli spettatori arrivano a ritenere degno di esserecondiviso.

Mentre il mercato pubblicitario assiste ad una decli-nante credibilità verso i messaggi tradizionali, iconsigli dei consumatori sono diventati la forma dipromozione più influente perché percepiti come im-parziali e disinteressati. Il passaparola, secondo il

pubblico, riduce il rischio perché è frutto di un’espe-rienza autentica, e in pochissimo tempo i giudizidegli spettatori sul web possono lanciare o stroncareun film. Occorre quindi programmare in manieraaccurata la promozione di un film attraverso i socialmedia: non si tratta di presenziare la rete con lacreazione e proliferazione di profili ma trovare lastrategia in grado di catturare l’attenzione del pubblicopotenzialmente interessato, incuriosirlo con anteprimee contenuti esclusivi, stimolarlo e divertirlo in modoche si senta coinvolto in una relazione emotiva conil film e arrivi a sponsorizzarlo spontaneamente al-l’interno della propria rete di contatti.

Uno spazio d’elezione per la condivisione di opinionisono le comunità virtuali cinematografiche: spazidi prossimità, dal forte potere fidelizzante, in cui lavicinanza tra gli spettatori non è fisica ma comunquemolto forte perché stimolata da un sentimento diappartenenza e dalla comunanza d’interessi. È pro-prio all’interno di una comunità virtuale che lastrategia del passaparola può esprimere il suo po-tenziale promozionale, valorizzato dagli strumentiinnovativi offerti dal web: Facebook, Twitter, blog,forum. L’obiettivo non è svelare o anticipare partedel film ad una comunità ristretta di utenti, maoffrire la possibilità di un’esperienza allargata delcontenuto cinematografico e di gettare uno sguardosu un mondo finzionale ben più ampio di quelloofferto dalla fruizione del film al cinema. Sceneinedite, suggestioni sonore, scenari possibili maesterni alla trama principale del film, contest e

Un recente sondaggio di The Hollywood Reporterfuga i timori dell’industriaitaliana nell’utilizzare i social network. Non solo oltre la metà degli intervistati (56%) ritiene che questi siano uno strumentoinfluente nel decidere cosa vedere al cinema o in Tv, ma ammette di essere più condizionatodai commenti positivi che da quelli negativi.

Che influenza hanno i social network nel decidere cosa guardare o ascoltare?

44% ritiene non siano influenti56% ritiene siano importanti

Mentre sono al cinema pubblicanocommenti sul film che stannoguardando:24% degli utenti di Facebook 21% degli utenti di Twitter

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INTERNET E NUOVI CONSUMI

ore per consultare social network

giochi a tema diffusi attraverso la community,creano un pubblico fidelizzato e appassionato, efanno in modo che la community si alimenti anchedopo l’uscita in sala del film. Ne è esempio ilblockbuster The Amazing Spider-Man uscito in salalo scorso luglio, che vanta una pagina Facebooktutt’ora attiva e con oltre due milioni e mezzo difan, in cui vengono regolarmente pubblicate curiositàe nuovi contenuti sui personaggi del film, molti deiquali frutto della creatività stessa degli utenti.

Lo spettatore nei social network si relaziona attiva-mente con l’opera cinematografica, ne ricodifica lastruttura narrativa, inventa nuovi contenuti e li dif-fonde in prima persona. Diventa parte integrantedella narrazione ma anche medium primario dellapromozione. I sei gradi di separazione tra gliindividui diventano il circuito di trasmissione delmessaggio promozionale del film. Ma in questanuova forma di comunicazione sono cambiate ledirettrici: è l’individuo, che diffonde e non subiscepiù il messaggio, ad essere diventato il mediumprimario della comunicazione. Proprio per questo,però, è anche diventato impossibile controllarnedel tutto l’oggetto. Il rischio ovviamente è che conlo stesso meccanismo e la stessa velocità di tra-smissione si diffonda in Rete un giudizio positivoo una critica. Deriva forse da questo lato incontrol-labile del web e delle sue infinite connessioni, la ri-luttanza che talvolta l’industria cinematografica ita-liana ancora mostra nell’utilizzare appieno i socialmedia come mezzo di promozione dei film.

Timore peraltro infondato, come dimostra unrecente sondaggio di Penn Schoen Berland perThe Hollywood Reporter. Non solo oltre la metàdegli intervistati (56%) ritiene che i social networksiano uno strumento influente nel decidere cosavedere al cinema o in Tv, ma ammette di esserepiù condizionato dai commenti positivi che daquelli negativi. Sebbene il 40% ritenga di sentirsimaggiormente influenzato nella scelta dalla visionedi trailer e anteprime, strumenti di marketing tuttosommato tradizionali, un navigatore su tre ammettedi aver visto un film dopo averne letto sui socialnetwork. Soprattutto il genere horror e i film perteenagers sembrano beneficiare maggiormente delpassaparola spontaneo generato dalla rete.

Facebook e Twitter vengono percepiti il più dellevolte (88%) come una vera e propria forma d’in-trattenimento, utilizzata a supporto delle esperienzedi entertainment tradizionale di cui stanno inevita-bilmente modificando le modalità di fruizione.Spinti dal desiderio di rimanere ovunque connessie di condividere in tempo reale le impressioni suifilm, infatti, buona parte degli spettatori ammettedi postare commenti direttamente dalla sala eritiene addirittura che questa attività sia un valoreaggiunto alla visione del film.

LEGGI IL SONDAGGIO DI THE HOLLYWOODREPORTER: COME FACEBOOK E TWITTER INFLUENZANOL’INDUSTRIA DELL’AUDIOVISIVOE DEI VIDEO GAMES

Gli utenti dicono di essermaggiormente influenzatidai post positivi che daquelli negativi per:

82% musica76% spettacoli tv75% film74% videogiochi

84

48

87

ore per ascoltare musica

ore per guardare spettacoli televisivi

ore per guardare film

ore per guardare video-clip

ore per utilizzare sistemi di messaggisticaistantanea

OGNI SETTIMANA SI SPENDONO ONLINE:

di Pier Luigi Sacco

Europa Creativa: la produzione culturale europea al di là della crisi

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PUNTI DI VISTA

L e politiche dell’Unione Europea po-tranno avere molti limiti, ma un meritova riconosciuto: destinano da sempreuna quantità significativa di risorse (secomparata con quello che accade, ad

esempio, in Nord America) alla produzione cultu-rale e creativa, rendendo possibile un’area di ricercae sperimentazione relativamente libera dai vincolidi mercato di cui peraltro beneficiano indiretta-mente, ma significativamente, anche i segmenti delsistema più commercialmente orientati. I due pila-stri tradizionali su cui si è retto finora il finanzia-mento comunitario della produzione culturaleerano i programmi MEDIA e Cultura: il primo ri-volto all’industria audiovisiva (cinema, televisione,animazione, new media, ecc.), il secondo a tutti glialtri campi (le arti visive, lo spettacolo dal vivo, i fe-stival, la musica, la letteratura, ecc.). I risultati otte-

nuti dai due programmi sono stati molto significa-tivi, contribuendo soprattutto alla creazione di retidi co-produzione e di distribuzione su scala euro-pea che hanno permesso una circolazione reale deicontenuti creativi, abbattendo le barriere linguisti-che ma soprattutto mettendo in comunicazionescene culturali spazialmente e socio-storicamentelontane, che altrimenti avrebbero avuto poche op-portunità concrete di interazione e scambio.Il carattere dualistico del programma, che separavaappunto l’industria audiovisiva dalle altre sfere diproduzione culturale, finiva però per produrre unacesura piuttosto artificiale tra ambiti creativi spessoprofondamente interconnessi. È per questa ragioneche, a partire dal 2014 e per il ciclo di programma-zione che si estenderà fino al 2020, i due programmisono stati riuniti nel nuovo Europa Creativa (CreativeEurope). Il programma continuerà, come faceva il

La finestra 2014-2020 sarà per noi una sorta di ultimo treno: se non saremo in grado durante questo periodo di fare dello sviluppo dell’industria culturale e creativa uno degli assi portanti del nuovo modello di crescita post-crisi,avremo definitivamente dilapidato una delle fonti più potenti,riconosciute e credibili di vantaggio competitivo di cui ancora disponiamo.

PUNTI DI VISTA

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1.000film europei

23 lingueufficiali

2.500 sale

precedente MEDIA, a fornire supporto alla circola-zione del cinema europeo: in particolare, continueràl’impegno a favore della distribuzione, sia in pellicolache in digitale, di più di 1.000 film europei tantonelle sale continentali che al di fuori dei confini co-munitari, sostenendo 2.500 sale in modo da per-mettere loro di destinare almeno il 50% della loroprogrammazione al cinema europeo. Allo stessotempo, il programma cercherà di cogliere più chein passato le nuove opportunità offerte dalla globa-lizzazione dell’offerta e della circolazione dei prodotticulturali e dalla crescente digitalizzazione deiprocessi creativi, ampliando le modalità e gli schemidi supporto in modo da migliorare ulteriormentela capacità di circolazione e di aumentare l’orienta-mento all’esportazione della cultura europea neinuovi mercati emergenti. Queste novità si traduconoin un aumento dei finanziamenti per lo sviluppodelle competenze creative dei professionisti culturalie delle attività transnazionali anche al di fuori deiconfini comunitari, nella creazione di un innovativofondo di garanzia che faciliterà l’accesso al creditodei produttori europei nonché l’ottenimento diprestiti a condizioni agevolate rispetto al mercato,e nell’elaborazione di nuove forme di sostegno allaproduzione audiovisiva che tengano conto del pro-fondo mutamento su molti livelli degli scenari com-petitivi e tecnologici. La forte attenzione verso ladimensione del mercato non implica un passaggioin secondo piano di questioni decisive, quali l’at-tenzione verso la diversità culturale e linguistica, al

contrario: la scommessa europea è proprio quelladi fare, ancora più che in passato, di questa diversitàun elemento portante del proprio sistema di offertaculturale, guardando al di là delle oggettive com-plicazioni create da uno spazio geografico relativa-mente ristretto, con 23 lingue ufficiali e una diversitàculturale tra le più elevate su scala globale.

È importante sottolineare come, a meno di sorpresedell’ultimo momento in fase di approvazione par-lamentare, il programma Creative Europe aumenti,seppur di poco, il volume complessivo dei finan-ziamenti alla produzione e circolazione creativaeuropea in questo difficile momento: non è ilsegnale di un cambio di paradigma, ma certamenteè un modo concreto per riconoscere una crescenterilevanza delle politiche culturali all’interno dell’agendaeuropea della politica economica. Sarebbe bellopoter cogliere riflessi simili nell’agenda della politicaeconomica italiana, ma in questo caso, purtroppo,la strada appare molto più lunga e accidentata.

Eppure dovrebbe essere chiaro che la finestra 2014-2020 sarà per noi una sorta di ultimo treno: se nonsaremo in grado durante questo periodo di faredello sviluppo dell’industria culturale e creativauno degli assi portanti del nuovo modello di crescitapost-crisi, avremo definitivamente dilapidato unadelle fonti più potenti, riconosciute e credibili divantaggio competitivo di cui ancora disponiamo.

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PUNTI DI VISTA

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PUNTI DI VISTA

RRIPARTIAMO DALLE REGOLE (E DAL PASSATO)di Francesca Cima

Se si provasse a digitare queste tre parolein un motore di ricerca: “crisi”, “ci-nema”, “italiano”, l’esito dei risultati sa-rebbe rilevante nei numeri e costante inuna cronologia che possiamo far partire

all’indomani di Cabiria, il film di Giovanni Pastronedel 1914, di imponente, ricco e molto esportato im-patto scenografico, impreziosito dalle auliche dida-scalie di Gabriele D’Annunzio. Solo in quelmomento, forse, il cinema è stato considerato daun intero paese, a partire da chi lo faceva, pensavae costruiva ma anche da chi lo accompagnavaalla conquista del mondo, un’arte e un’in-dustria importanti. Poi, certo, altri momentifelici sono seguiti: la stagione neorealista ei grandi maestri degli Anni ‘60, evocatispesso come contrappunto estetico edespressivo al cinema del presente; ma giàsi parlava di crisi, e se ora può sembrarestonato l’uso di questo termine applicato aquei decenni, resta il fatto che quelle stagionipiù fortunate non sono mai state messe a fruttoe non hanno fatto nascere un’industria matura edautonoma.La domanda a cui tutti gli operatori del settore(autori, produttori, distributori) dovrebbero rispon-dere, per poterla poi rinviare ai legislatori, è se

La crisi deve essere un’opportunità anche per la ricerca dei contenuti, perché il pubblico va sempre stimolato con nuovi prototipi e percorsi narrativi.

È tempo che il cinema torni nel patrimonio collettivo, che entrinelle scuole, che la sua storia, depositata nelle cineteche, diventifruibile dal grandepubblico.

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RUBRICA // Punti di vista

l’attuale crisi aggiunga solo un nuovo capitolo aduna storia già nota, o se siamo di fronte ad un feno-meno straordinario, il nodo più stretto di una ciclicacatena, venuto al pettine dopo decenni di anarchiaprogettuale e politica rispetto alla cultura. In attesadi risposte e di analisi più approfondite, apparechiaro che il settore deve essere da una parte salvatocon provvedimenti urgenti e non più procrastinabili,legati alla fotografia di questo preciso momento;dall’altra anche gli interventi più urgenti (comespesso recitano i nostri provvedimenti legislativi)

andrebbero inseriti in un protocollo di cura più pro-fondo, anche aggressivo, che combatta il morbopiù pericoloso in questo momento che è quellodella sfiducia, del non crederci più, dell’accontentarsidei piccoli numeri o della logica del meno peggio.Allora provvedimenti mirati, urgenti, più semplicida individuare, dovrebbero essere inseriti in unpensiero più ampio, condiviso da tutti i settori dellafiliera: produzione, distribuzione, esercizio. Oggipiù che mai i tre settori dovrebbero comprendereche la sopravvivenza o la supremazia di uno solo

sugli altri mina l’esistenza degli altri due e che è ne-cessario fare qualche passo indietro, ridurre qualchenumero, rinunciare a qualche incasso immediatoper il futuro dell’intero comparto. Più che un elencodi provvedimenti urgenti, sui quali le associazionistanno già lavorando, propongo tre frasi in grado dicontenere sia un indirizzo per il futuro che alcuniinterventi di minore calibro ma comunque utili perl’intera filiera.

Sembra ormai una frase fatta e quindi priva di si-gnificato, ma dopo un ventennio di assenza totalela regola dovrebbe diventare la parola d’ordine nelprossimo futuro. Regole per la produzione e il fi-nanziamento, soprattutto in rapporto alle emittenti,tutte, vincolate agli investimenti da una normativaora troppo sfuggente, da indici di valutazione eco-nomica del prodotto poco uniformi e non condivisida tutta l’industria. Urge regolare il luogo per ec-cellenza delle non regole, la rete, dove oramai sitrova, gratis, di tutto, anche quei film di scarso im-patto sul mercato. Alcune regole si dovrebberoquasi inventare, con grande ingegno e fantasia,per arginare i vari conflitti di interesse e la concen-trazione verticale del mercato. Distribuzione edesercizio potrebbero accogliere alcune regole col-laudate in altri paesi, ad esempio quella in vigorenella sempre ammirata Francia che limita e definisceil numero massimo di copie di un film nello stessomultiplex. In generale, complici la crisi e l’abbassa-mento della media per ogni schermo di questocaldo autunno, se si riducessero un po’ le copie inuscita ogni weekend forse riusciremmo a far respiraremeglio tutti i film, non solo quelli di qualità, e pro-lungarne la vita oltre la prima settimana di pro-grammazione. L’elenco potrebbe continuare, maintanto impariamo questa nuova parola: “regole”.

Mentre si rievoca il passato illustre del nostrocinema che nessuno vuole mettere in discussionema che alle volte può finire con lo schiacciare qual-siasi tentativo di innovazione e di ricerca, la sensa-zione è che in realtà si sia fatta tabula rasa delnostro patrimonio. Scomparsa la storia del cinemaofferta fino a qualche decennio fa dalla televisione,il nuovo spettatore, pur cresciuto a pane e immaginidi qualunque tipo, fatica a riconoscere non solo ilcinema di qualità ma i classici del passato; Chaplin,Ford, lo stesso Fellini sono nomi svuotati del lorocorredo filmico per molti ragazzi, che pur consumanoore di immagini ogni giorno. È tempo che il cinematorni nel patrimonio collettivo, che torni nei palinsestitelevisivi ed entri nelle scuole, che la storia delcinema depositata nelle cineteche diventi viva efruibile dal grande pubblico. Solo così, per il cinemadel presente, ci saranno spettatori possibili e nonoccasionali consumatori sempre più difficili da in-tercettare. Piccoli passi si potrebbero già sperimentarecon una circuitazione più strutturata sulla profondità,sul territorio, con agevolazioni e incentivi per quellesale che sono riuscite a fidelizzare un pubblico at-traverso rassegne e cineforum.

1 2RIPARTIAMO DALLE REGOLE

CHE IL PASSATO SIA VERAMENTE CON NOI

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RUBRICA // Punti di vista

In tutto questo non di soli numeri si dovrebbeparlare e anche gli autori dovrebbero in questomomento prendere parte al dibattito: la crisi deveessere un’opportunità anche per la ricerca dei con-tenuti, perché il pubblico va sempre stimolato connuovi prototipi e percorsi narrativi. Senza però di-menticare i “fondamentali” che ci vengono dal

passato, anzi ricordare il passato per valorizzare ilpresente, alimentando il dibattito, la coscienza e lacultura, quella alta dell’arte e quella bassa delglamour e dello star system, proprio come nell’in-vidiata Francia dove il cinema è diventato parte in-tegrante della vita pubblica e politica, orgoglio na-zionale da esportazione.

3Come spesso accade, i momenti di riduzione dellerisorse e di difficoltà finanziaria fanno emergere,oltre che le criticità di un sistema, anche le oppor-tunità connesse alla necessità di ridurre gli investi-menti. Se per la produzione c’è già stata una fortecontrazione dell’impatto finanziario anche graziealle nuove tecnologie digitali, gli altri settori ancoraseguono regole e cifre che peraltro non sembranopiù in linea con un mercato sempre più frammentatoe con un pubblico esigente, che sembra non accor-gersi più degli imponenti, ma forse troppo tradi-zionali, piani di lancio messi a punto dai repartimarketing. È il momento di giudicare, per poi ana-lizzare e studiare, i numeri non più in terminiassoluti (l’incasso e quindi il successo o l’insuccessodi un film, come capita di leggere spesso sullastampa “catastrofica” e polemica sul cinema italiano)ma relativi: esaminare l’incidenza dell’uscita rispettoalle successive fasi di sfruttamento di un film, veri-ficare la sostenibilità di un piano di lancio commi-surato ai risultati e ai costi di produzione. Alcunicasi di questo autunno (il modello Teodora, per in-tenderci) dovrebbero aprire la strada a formule piùagili, eque e sostenibili, small e slow, per prenderea prestito parole e formule anticrisi di altri settoridell’industria nostrana.

LA CRISI PUÒ ESSERE UN’OPPORTUNITÀ

BIOGRAFIE

Dopo la laurea in Storia del cinema con una tesi sui musical della Warner degli Anni '30 (re-latore Gian Piero Brunetta), si trasferisce a Roma dove frequenta il corso di Produzione alCentro Sperimentale. Lì conosce Nicola Giuliano e Carlotta Calori, assieme ai quali fondanel 1994 la Indigo Film. Per qualche anno ognuno dei tre soci segue un percorso personale,finchè nel 2001 la Indigo produce il suo primo lungo, L'uomo in più, esordio alla regia di

Paolo Sorrentino. Da allora, la Indigo produce tutti i successivi film di Sorrentino ma anche altri titoli im-portanti del cinema italiano contempraneo come La ragazza del lago, La guerra di Mario, La kryptonitenella Borsa, oltre a documentari diretti - tra gli altri - da Leonardo Di Costanzo, Pietro Marcello e DanieleVicari. Insegna Produzione al Centro Sperimentale.

Il suo articolo è a pag.77

Professore ordinario di Economia della cultura presso l'Università IULM di Milano, dove è ancheprorettore all'internazionalizzazione. È direttore della candidatura di Siena a Capitale Europeadella Cultura 2019 e Presidente dell’Osservatorio Culturale Regionale delle Marche. Nei suoiinteressi culturali rientrano anche l'arte partecipativa, i manga giapponesi, i tv drama giappo-nesi e coreani, il tango e la techno minimale e dub.

Il suo articolo è a pag. 74

Critico e storico del cinema, membro della Romanian Filmakers Union e della FIPRESCI. Scriveper numerose riviste culturali (Cultura, Dilema Veche, Observator Cultural) e collabora rego-larmente con la radio e la tv romene. Dal 1990 lavora per Adevarul, il principale quotidianonazionale, come capo della sezione Cinema. Ha scritto libri su Sophia Loren, Lucian Pintilie(pubblicato anche in Italia col titolo Guardare in faccia il male), Malvina Ursianu, François

Truffaut. Ha vinto per cinque volte il Romanian Filmakers Union’s Prize per la critica e l’editoria di settore.Ama la letteratura orientale, i viaggi e i gatti, sia in carne ed ossa che in foto.

Il suo articolo è a pag. 63

Nato a Roma nel 1966. Critico cinematografico (Close-Up, FilmMaker’s Magazine, Bianco e Nero,XL di Repubblica), autore di monografie (Pasolini, Kieslowski, Scorsese), selezionatore di Fe-stival (Nuovo Cinema di Pesaro, Mostra del Cinema di Venezia, Roma Fiction Fest), ha scritto,diretto e condotto trasmissioni per RaiSat Cinema World ed è autore per RaiMovie. Ha esorditoalla regia cinematografica nel 2004 con Movimenti; tra gli altri film, l’episodio finale di Feisbum

(2009), Angelo Azzurro Reloaded. Ha insegnato in diverse università a Roma e a Milano.

Il suo articolo è a pag. 70

FRANCESCA CIMA

SERAFINOMURRI

MAGDA MIHAILESCU

PIER LUIGI SACCO

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Sul prossimo numero, in uscita a febbraio 2013:

• Servono ancora a qualcosa i festival del cinema?• Nuove creatività digitali: le web series italiane• Focus: cinema e pubblico in Svezia

"L'Italia? Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa."(Orson Welles in La ricotta, 1963, di Pier Paolo Pasolini)