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Origini e avvento del fas cismo 1 Origini e avvento del fascismo in Italia

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Origini e avvento del fascismo 1

Origini

e avvento

del fascismo

in Italia

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Origini e avvento del fascismo 2

Una premessa di caratterelinguistico-concettuale

Il termine italiano fascismo, che indica un modello politico antagonista sia delle democrazie che del socialismo, viene usato in tutte le lingue ad indicare un regime autoritario, gerarchico e tradizionalista capace di mobilitare le masse e stimolarne il sentimento di appartenenza nazionale.

Di invenzione italiana è anche la parole totalitarismo, che indica la subordinazione violenta ed autoritaria dell’individuo ad una finalità comunitaria incarnata dallo Stato, che può violare la libertà dell’individuo fino a farne un ingranaggio di una macchina statuale priva di controllo democratico.

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Il dopoguerra in Italia:dal mito della vittoria mutilata

al delitto MatteottiIl conflitto aveva bruscamente interrotto quel processo

di democratizzazione della vita politica iniziato con Giolitti (presenza delle forze popolari nella vita politica, suffragio universale maschile, diritto di sciopero e associazione politica, etc.)

L’Italia dell’immediato dopoguerra è in una situazione di profonda crisi dovuta a diversi fattori:

1) malcontento degli ambienti di destra e militaristi per la vittoria mutilata: contrariamente a quanto stabilito dal patto di Londra, l’Italia acquisisce solo Trieste, parte dell’Istria e la sola città di Zara in Dalmazia (il resto alla Jugoslavia);

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2) ristagno economico, dovuto al rientro dei reduci che si trovano improvvisamente disoccupati, essendo anche venuta meno l’esigenza di una “produzione di guerra”;

3) inflazione monetaria, dovuta all’improvvisa cessazione degli aiuti finanziari da pare degli alleati;

4) esasperazione dei conflitti sociali, dovuti all’ulteriore divario creatosi tra pochi ricchi e le masse in difficoltà (in questo periodo la CGIL e le organizzazioni cattoliche crescono notevolmente);

5) crisi dei ceti medi, preoccupati dal carico fiscale, dall’inflazione, minacciati tanto dal grande capitale quanto dalle rivendicazioni operaie

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l’instabilità italiana può essere così riassunta da tre diversi punti di vista:

a) esigenza di un cambiamento democratico che riformi il sistema liberale, ormai decaduto;

b) esigenza di cambiamento sociale e di riorganizzazione del sistema produttivo, data l’imponente crescita della classe operaia;

c) esigenza di una rivoluzione militarista e nazionalista che rifiuta il ritorno alla situazione d’anteguerra.

Questi fattori sono alla base del successo che ebbero socialisti (30% dei seggi) e popolari (20%) alle elezioni del 1919, le prime con sistema proporzionale (plurinominale, o di partito), in cui i liberali vennero sconfitti e per la prima volta si presentarono i fascisti.

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Nonostante il risultato netto e la rivoluzione democratica, non si riuscì ad avere una stabilità politica. Infatti socialisti e popolari (guidati da don Luigi Sturzo) non si allearono: i socialisti erano in maggioranza massimalisti (rivoluzionari) e i popolari consideravano la rivoluzione il peggiore nemico; inoltre, i deputati socialisti consideravano il Parlamento un’istituzione borghese da boicottare. Inoltre, né gli uni né gli altri volevano allearsi con i liberali, totalmente screditati.

Questa situazione spiega perché il 1919 e il 1920 (biennio rosso) passarono tra scontri, agitazioni operaie, occupazioni di terre da parte dei braccianti, saccheggi di negozi; in tutto il nord vennero addirittura occupate le fabbriche, che diedero vita a consigli sul modello dei soviet e producevano senza il controllo dei padroni.

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La nascita dei fasci di combattimentoFondati nel marzo 1919 da

Mussolini, i F.I.C. si caratterizzano per un programma antimonarchico, anticlericale, anticapitalista, antisocialista; le rivendicazioni del movimento sono di tipo addirittura socialista: riduzione dell’orario lavorativo, partecipazione dei lavoratori alla gestione delle fabbriche, imposte sul capitale, sequestro dei beni ecclesiastici

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Costituiti prevalentemente da ex-militari (Arditi) delusi, da nazionalisti e piccolo-borghesi, i F.I.C. si danno una struttura paramilitare, le cosiddette squadre d’azione (le squadracce), che si distinguono per l’uso della forza e della violenza nei confronti delle manifestazioni operaie e contadine (spedizioni punitive, aggressioni, incendi, etc.)

Il fenomeno squadrista è sfruttato dai governi, incapaci di intervenire e contrari all’evoluzione democratica in Italia: il fascismo inizia la propria ascesa appoggiato dalle classi dirigenti e dall’esercito, che considerano il fenomeno qualcosa di temporaneo, utile al ripristino dell’ordine pubblico, ma che successivamente si sarebbe potuto mettere da parte.

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Le tre anime del fascismoNel 1921, Mussolini fonda

il Partito Nazionale Fascista, forte di 300.000 iscritti. Il partito non ha un programma preciso: Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze… [di essere] un antipartito che

non avrà nulla in comune coi credi, coi dogmi, colla mentalità […] dei vecchi partiti, in quanto permetterà la coesistenza di tutti coloro - quali che siano i loro credi - che accettano una data soluzione di dati problemi.

Nonostante queste dichiarazioni, il fascismo manifestò ben presto tre precise anime

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1) sindacalista-rivoluzionaria(squadrista): è l’anima antica,

eversiva, più radicale, legata al sindacalismo di Mussolini e al suo disprezzo per la politica. Il partito, però, non attecchì presso operai e contadini, dove erano numerosi i comunisti e i popolari.

CGIL, camere del lavoro, partiti erano gli obiettivi delle spedizioni punitive cui partecipavano squadristi in camicia nera e manganello.

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2) tradizionalistail fascismo ebbe seguito

presso la piccola e media proprietà contadina del centro-sud. Questo mondo rurale di agrari, conservatori, tradizionalisti e anticlericali, costituiva la base di massa del movimento e aborriva il modello sovietico di organizzazione del lavoro nelle campagne.

3) borghesela grande borghesia

industriale vedeva nel fascismo la forza minacciosa e violenta che poteva combattere il movimento operaio e liberare il paese dal pericolo rosso. Finanziarono per primi il partito e lo usarono contro gli operai in sciopero: il fascismo è la continuazione del blocco protetto crispino che Giolitti aveva sconfitto.

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La cultura fascistaL’orgoglioso motto

squadrista “me ne frego” scritto sulle bende di una ferita, è un atto di filosofia, è l’educazione al combattimento, l’accettazione dei rischi che esso comporta; è un nuovo stile di vita italiano.

(B.Mussolini)

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E’ possibile riassumere in alcuni caratteri la posizione politico-culturale del fascismo:

1) pessimismo irrazionalista: dopo la Grande Guerra, non si crede più in valori come il progresso, la libertà, il diritto e, in genere, all’emancipazione dell’umanità ma, al contrario, si diffonde l’idea del tramonto dell’Occidente (Spengler). Questa disperazione culturale crede nel ritorno inesorabile della legge del più forte, nella contrapposizione semplicistica amico/nemico, nella necessità che il forte si imponga sul debole(razzismo).

Di fronte a tutto ciò, resta solo il culto del gesto eroico, della morte data e cercata.

In una parola, il fascismo esalta il culto dell’illegalità violenta.

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2) antimaterialismo3) antindividualismo: lo stato non è al servizio del

cittadino (liberalismo), ma l’individuo è al servizio dello stato: il fascismo esalta il concetto di nazione e di patria e definisce lo stato etico, cioè dotato di diritti morali sull’individuo. Molti intellettuali (Gentile, Volpe, Rocco) aderirono al fascismo in reazione al disimpegno culturale italiani: avevano ora l’opportunità di spendersi per lo stato fascista, di fare attivamente la propria parte.

4) antiparlamentarismo: i fascisti non credono al diritto della maggioranza a governare sulla minoranza, ma alla disuguaglianza irrimediabile e feconda e benefica degli uomini, che non si possono livellare attraverso un fatto meccanico ed estrinseco come è il suffragio universale.

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5) bellicismo: la pace è istigatrice di viltà, appiattimento di popoli e civiltà; la guerra, sola igiene dei popoli, è la dimensione in cui la logica amico/nemico si esplicita, in cui il gesto eroico e la morte trovano compimento. Nonostante il dramma del conflitto appena concluso, la guerra rappresenta l’essenza dell’etica fascista.

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I fattiNel 1922 l’Italia versa in una condizione di guerra civile

latente: la violenza fascista da un lato e gli scioperi operai dall’altro gettano il paese nel caos totale.

Nell’agosto 1922 lo sciopero generale paralizza tutte le attività: il governo Facta è incapace di intervenire; la borghesia industriale e benpensante è esasperata e vuole il ripristino dell’ordine; lo stesso Mussolini lancia al governo un ultimatum: o si interviene o i fascisti reprimeranno gli scioperi con la forza.

A questo punto, il re e i liberali auspicano che il Partito Fascista entri nel governo: avrebbe forse cambiato tattica e si sarebbe adeguato alle regole della politica.

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Mussolini rifiuta l’idea di entrare in un governo di coalizione, e nell’estate del 1922 a Milano i fascisti assaltano e distruggono la sede dell’Avanti, la sede del municipio, e in tutta Italia si impadroniscono delle ferrovie e delle stazioni, facendo funzionare regolarmente il servizio e vanificando lo sciopero.

Di fronte alla paralisi delle istituzioni, Mussolini decide di dare il colpo di grazia al governo: il

24 ottobre a Napoli, al Congresso del P.N.F., si decide di attuare quel misto fra una manifestazione in armi e un colpo di stato incruento che sarà, il

27-28 ottobre, la Marcia su Roma: 50.000 uomini occupano la città, dopo avere occupato stazioni, centrali elettriche, telegrafiche e telefoniche.

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Pur potendo fermare militarmente la marcia (Badoglio era pronto ad intervenire con l’esercito), il re preferì dimettere il governo e dare il nuovo incarico a Mussolini.

In tal modo, con un’azione extraparlamentare, la monarchia e la classe dirigente cedettero alla reazione fascista pur di evitare il pericolo di una rivoluzione socialista.

Il primo governo Mussolini (31 ottobre 1922), dunque, fu perfettamente legale e nell’ambito del costituzionalismo: comprendeva infatti una coalizione di ministri fascisti (solo 35), liberali e popolari.

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Alcuni provvedimenti di legge presi all’inizio del 1923 furono il segnale di una politica volta a smantellare il sistema liberale:

1) le squadracce furono integrate nello stato (e non sciolte) con il nome di Milizia Fascista (un corpo militare di parte);

2) istituzione del Gran Consiglio del Fascismo, un organo di raccordo tra partito e istituzioni,

per vigilare ed epurare la pubblica amministrazione

3) abrogazione delle leggi fiscali di Giolitti;

4) sospensione del disegno di legge sull’assegnazione di terre ai contadini

Il fascismo si configura

come difensore dei ceti abbienti e del grande capitale

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Le elezioni del 1924e il delitto Matteotti

In vista delle elezioni del 1924, il governo varò una legge che annullava il proporzionale: la cosiddetta legge Acerbo stabiliva un premio di maggioranza (due terzi dei seggi) alla lista che avesse preso la maggioranza relativa alle elezioni (purché superiore al 25%).

Nell’aprile 1924 il cosiddetto listone fascista stravinceva le elezioni (soprattutto al centro-sud), condizionate da violenze e brogli.

Nel nuovo Parlamento il deputato socialista Giacomo Matteotti denunciò il clima in cui si erano tenute le elezioni, chiedendone l’annullamento:

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rapito il 10 giugno da agenti del Ministro dell’Interno, il suo cadavere fu rinvenuto nell’agosto successivo: fu il momento più drammatico per il paese (che si rese conto una volta per tutte dell’autentica essenza del fascismo) e per Mussolini stesso (il governo fu lì lì per cadere sotto il peso dell’indignazione dell’opinione pubblica, dei giornali, dei liberali). I deputati dell’opposizione abbandonarono il Parlamento (secessione Aventiniana),

sperando così che il re avrebbe costretto Mussolini alle dimissioni.

MA:

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- la mancanza di compattezza e organizzazione delle opposizioni;

- la mancanza di una reazione popolare forte;- la sostanziale connivenza del re con i fascisti,tutto ciò evitò al fascismo di cadere e, anzi, il regime si

consolidò: Mussolini non riaprì la Camera dopo l’estate, e il

3 gennaio 1925, con un celebre discorso al Parlamento, egli si assumeva la responsabilità morale, storica, politica del delitto, coprendo gli esecutori dell’assassinio e dichiarando la necessità di passare alla forza e alle vie di fatto contro gli oppositori del regime. Da questo momento e fino all’estate del 1943 Mussolini darà vita ad un regime dittatoriale.