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Organo ufficiale SIGENP Si muove o non si muove, questo è il problema … ovvero In quali casi dobbiamo studiare la motilità intestinale? Terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile in età pediatrica Il ruolo dell’endoscopia nella malattia di Crohn con localizzazione del tratto gastrointestinale alto Malattie cardiovascolari e malattie intestinali Gestione clinica della cirrosi con scompenso ascitico nel bambino Topic Highlight Clinical Systematic Review Pediatric Hepatology NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY Volume IX 1/2017 Periodico trimestrale - POSTE ITALIANE SpA - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 conv. in L. 27/02/2004 n. 46 art. 1, comma 1, DCB PISA Aut. Trib. di Milano n. 208 del 29-04-2009 - marzo - Finito di stampare presso IGP - Pisa, aprile 2017 - ISSN: 2282-2453 (Print) – ISSN 2499-7870 (Online)

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Organo ufficiale SIGENP

Si muove o non si muove, questo è il problema …ovvero In quali casi dobbiamo studiare la motilità intestinale?

Terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile in età pediatrica

Il ruolo dell’endoscopia nella malattia di Crohn con localizzazione del tratto gastrointestinale alto

Malattie cardiovascolari e malattie intestinali

Gestione clinica della cirrosi con scompenso ascitico nel bambino

Topic Highlight

Clinical Systematic Review

Pediatric Hepatology

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY

Volume IXN˚ 1/2017

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Consiglio Direttivo SIGENP

PresidenteCarlo Agostoni Vice-PresidenteCostantino De GiacomoSegretarioMaria Elena Lionetti TesoriereMarina AloiConsiglieriAntonella Diamanti, Erasmo Miele, Maria Immacolata Spagnuolo

Direttore ResponsabilePatrizia Alma Pacini

Responsabile Commissione EditoriaClaudio Romano · [email protected]

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Capo RedattoreFrancesco Cirillo · [email protected]

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© Copyright 2017 by Pacini Editore Srl · PisaEdizionePacini Editore Srl, Via Gherardesca 1 · 56121 PisaTel. 050 313011 · Fax 050 [email protected] · www.pacinimedicina.itMarketing Dept Pacini Editore MedicinaAndrea TognelliMedical Project - Marketing DirectorTel. 050 3130255 · [email protected] · twitter @andreatognelliFabio PoponciniSales Manager Tel. 050 3130218 · [email protected] Crosato Junior Sales Manager Tel. 050 3130239 · [email protected] MoriCustomer Relationship ManagerTel. 050 3130217 · [email protected]

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Rivista stampata su carta TCF (Total Chlorine Free) e verniciata idro. L’editore resta a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare e per le eventuali omissioni.Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun fascicolo di periodico dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da AIDRO, Corso di Porta Romana n. 108, Milano 20122, [email protected], http://www.aidro.org. I dati relativi agli abbonati sono trattati nel rispetto delle disposizioni contenute nel D.Lgs. del 30 giugno 2003 n. 196 a mezzo di elaboratori elettronici ad opera di soggetti appositamente incaricati. I dati sono utilizzati dall’editore per la spedizione della presente pubblicazione. Ai sensi dell’articolo 7 del D.Lgs. 196/2003, in qualsiasi momento è possibile consultare, modificare o cancellare i dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo al Titolare del Trattamento: Pacini Editore Srl - Via A. Gherardesca 1 - 56121 Pisa.

Volume IX - N˚ 1/2017 - Trimestrale

EDITORIALEM. Baldassarre

topic highlightSi muove o non si muove, questo è il problema …ovveroIn quali casi dobbiamo studiare la motilità intestinale?Intervista al prof. Osvaldo Borrelli

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEWMalattie cardiovascolari e malattie intestinaliCardiovascular disease and inflammatory bowel diseaseG. D’Arcangelo, M. Aloi

PEDIATRIC HEPATOLOGYGestione clinica della cirrosi con scompenso ascitico nel bambinoClinical management of decompensated cirrhosis in childrenE. Nicastro, M. Calvi, L. D’Antiga

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE

L’approccio nutrizionale alle patologie colestaticheThe nutritional approach in cholestatic liver diseaseD. Elia, F. Laureti, D. Giorgio, A. Liguori, A. Montano, D. Marino, A. Diamanti, T. Capriati

IBD HIGHLIGHTSLa malattia di Behçet a localizzazione gastrointestinale: caratteristiche e diagnosi differenziale con la malattia di CrohnGastrointestinal Behçet’s disease: characteristics and differential diagnosis with Crohn’s diseaseC. Rubino, T. Giani, G. Simonini, R. Cimaz, P. Lionetti

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY

Terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile in età pediatricaPharmacological therapy for irritable bowel syndrome in childrenE. Giannetti, E. Miele

CASE REPORTUn caso complesso di atresia esofageaA rare case of esophageal atresiaM. Capozza, D. Martinelli, N. Laforgia

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY

Il ruolo dell’endoscopia nella malattia di Crohn con localizzazione del tratto gastrointestinale altoThe role of endoscopy in Crohn’s disease located to the upper gastrointestinal tract S. Oliva, S. Cucchiara

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE

Sindrome del vomito ciclicoCosa raccomanda la Consensus NASPGHAN? Cosa deve sapere il pediatra gastroenterologo? Cyclic vomiting syndrome NASPGHAN Consensus statement: what is recommended? What a pediatric gastroenterologist needs to know?C. Romano, D. Comito, O. Borrelli

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Segreteria SIGENP

Biomedia srlVia Libero Temolo, 4 - 20126 Milano

Tel. 02 45498282 int. 215 - Fax 02 45498199E-mail: [email protected]

Sommario

COME SI DIVENTA SOCI DELLA

L’iscrizione alla SIGENP come Socio è riservata a coloro (medici/ricercatori) che dimostrano interesse nel campo della Gastroentero-logia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.I candidati alla posizione di Soci SIGENP devono compilare una ap-posita scheda con acclusa firma di 2 Soci presentatori. I candidati devono anche accludere un curriculum vitae che dimostri interesse nel campo della Gastroenterologia, Epatologia e Nutrizione Pediatrica.In seguito ad accettazione della presente domanda da parte del Consiglio Direttivo SIGENP, si riceverà conferma di ammissione ed indicazioni per regolarizzare il pagamento della quota associativa SIGENP.

Soci ordinari e aderenti • € 50,00 quota associativa annuale SIGENP senza abbonamento DLD • € 90,00 quota associativa annuale SIGENP con abbonamento DLD

Soci junior (età non superiore a 35 anni)• € 30,00 Quota associativa annuale SIGENP con DLD on-line

Per chi è interessato la scheda di iscrizione è disponibile sul portale SIGENP

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1Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:1

EditorialeCarissimi,

la redazione continuerà a lavorare insieme a me per tutto il 2017 per sottoporre alla vostra at-tenzione gli aggiornamenti relativi alla gastroenterologia, epatologia e nutrizione pediatrica che ci auguriamo possano incontrare il vostro desiderio di approfondimento e nuova conoscenza. Per quanto mi riguarda, ogni volta che correggo le bozze di un nuovo articolo, appena giunto in redazione, mi ritrovo sempre arricchita e più consapevole. Spero, insieme a tutti i miei colla-boratori, che questo succeda anche a voi…Apriamo questo numero con l’intervista a Osvaldo Borrelli, grande esperto di motilità intesti-nale, nominato da qualche mese direttore del Dipartimento di Gastroenterologia Pediatrica del “Great Hormond Hospital for Sick Children” di Londra. Siamo felici tutti per il raggiungimento di questo impor-tante risultato. Mi ha fatto molto piacere che, a conclusione della intervista, abbia sottolineato il grande merito della pediatria di famiglia, peculiarità del nostro Sistema Sanitario Nazionale. Non dobbiamo mai dimenticare che i bambini italiani hanno la fortuna di essere seguiti nella loro crescita, passo dopo passo, da uno specialista che si è preparato con serietà durante 5 anni di specializzazione a fronteggiare i problemi più disparati, e ha la capacità di “screenare” quelle situazioni che necessitano di approfondimenti diagnostici in centri di secondo o terzo livello. Va certamente considerata una ricchezza culturale per la popolazione italiana.Eleonora Giannetti ed Erasmo Miele (Napoli) dettagliano in maniera circostanziata la terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile, un disturbo funzionale che colpisce una buona percentuale di bambini e adolescen-ti. Come sottolineano gli autori, “lo scopo di ogni intervento terapeutico deve essere il miglioramento della qualità di vita”.Un importante “step” nella gestione di questi pazienti consiste pertanto nel fornire strategie per far fronte allo stress, fornendo rassicurazioni circa l’assenza di una malattia organica di base. È un articolo che può risultare molto utile nella pratica clinica.L’aggiornamento in ambito di nutrizione è rivolto alla gestione delle patologie epatiche di tipo colestatico. Il team dell’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù (Roma) ci spiega quale dev’essere il corretto approccio in queste condizioni, dettagliando gli apporti di calorie, proteine, vitamine e grassi. È utile ricordare che la malnutrizione in corso di patologie epatiche può influenzare in modo significativo il decorso della malattia di base. In tema di epatologia, Emanuele Nicastro (Bergamo) ci fornisce indicazioni sulla gestione del bambino cirrotico con scompenso ascitico. Non si tratta per fortuna di situazioni di frequente riscontro nella pratica quotidiana di ciascuno di noi ma, quando presenti, rappresentano una vera emergenza ed è utile sapere come muoversi.La rubrica di endoscopia è dedicata alla messa a fuoco delle localizzazioni endoscopiche a carico del tratto gastrointestinale alto. Salvatore Cucchiara e Salvatore Oliva (Roma) ci offrono informazioni aggiornate e utili, che possono aiutare nella diagnosi differenziale tra le differenti IBD. L’esofagogastroduodenoscopia deve pertanto entrare nell’inquadramento diagnostico completo della malattia. La rubrica sulle linee guida è dedicata alla “Consensus” sul vomito ciclico, disturbo funzionale, ma a volte pro-fondamente invalidante. Gli autori Claudio Romano (Messina), Daniela Comito (Moncalieri) e Osvaldo Borrelli (Londra) hanno fatto una disamina attenta delle raccomandazioni NASPGHAN e riassunto gli schemi terapeutici, in modo da essere facilmente consultabili. La rubrica sulle IBD è dedicata alla malattia di Behçet a localizzazione gastrointestinale. Gli addetti al settore troveranno l’articolo di Paolo Lionetti (Firenze) estremamente utile e circostanziato.Marina Aloi (Roma) ha effettuato per noi una revisione clinica sistematica sull’incidenza delle malattie cardiova-scolari in corso di malattie intestinali. Nel suo articolo puntuale e aggiornato ci spiega, tra le altre cose, che elevati livelli di proteina C reattiva e omocisteina possono condurre alla disfunzione endoteliale, segno precoce di atero-sclerosi, e che alterazioni a carico dei fattori della coagulazione, frequenti nei pazienti con IBD, predispongono a eventi tromboembolici arteriosi.Chiudo con la segnalazione del “Case report” sull’atresia esofagea, descritto dai miei colleghi e amici baresi, che ringrazio per la sempre pronta disponibilità.Buona lettura e buona vita a tutti!

2 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:2-4; doi: 10.19208/2282-2453-141

Si muove o non si muove, questo è il problema …ovveroIn quali casi dobbiamo studiare la motilità intestinale?Intervista al prof. Osvaldo Borrelli

Osvaldo Borrelli ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia e la Specializzazione in Pediatria presso l’Università “Federico II” di Napoli, e il dottorato di ricerca in scienze Pedi-atriche presso l’Università “La Sapien-za” di Roma. Attualmente è Direttore del Dipartimento di Gastroenterologia Pediatrica del “Great Hormond Hospi-tal for Sick Children” di Londra. I suoi principali campi d’interesse e ricerca riguardano i disturbi della motilità in-testinale, quali reflusso gastro-esofa-geo, stipsi e pseudoostruzione intes-tinale cronica, e i disturbi funzionali gastrointestinali.

È membro dell’ESPGHAN e della SIGENP e autore di moltissime pubblicazioni su riviste scientifiche inter-nazionali con alto impact factor.

Key wordsGastrointestinal motility • Esophageal manometry • Anorectal manometry

AbstractThere are a variety of motility disorders that can affect the GI tract from the very top (esophagus) to the very bottom (colon and rectum).Each part of the GI tract – esophagus, stomach, small intestine, and large intestine – has a unique function to perform in digestion, and each has a distinct type of motility and sensation. When motility or sensations are not appropriate for performing this function, symptoms occur. Proper evaluation of patients with suspected gastrointestinal motility disorders is important to cor-rectly diagnose a patient’s condition and to treat the patient in an appropriate manner. Tests of gastrointes-tinal (GI) motility allow the assessment and identifica-tion of abnormal patterns and physiology.For each area of the GI tract, there are different GI mo-tility tests that assess different functions and provide different types of information.

Indirizzo per la corrispondenza

Osvaldo BorrelliGreat Ormond Street Hospital for Sick ChildrenWC1N 3JH, London UKE-mail: [email protected]

TOPIC HIGHLIGHT a cura diMariella Baldassarre

È un piacere immenso aprire il primo numero del 2017 con l’intervista a Osvaldo Borrelli. Osvaldo fa parte della redazione del Giornale da molti anni, e non è mai mancato alle riunioni di redazione, arricchendo sempre tutti noi con i suoi contributi e idee originali. Dopo un breve rientro in Italia al termine di un periodo trascorso nella capitale del Regno Unito, ha deciso per il “grande salto”, cioè di trasferire definitivamente e globalmente la sua vita a Londra. È diventato, dopo qualche mese dal rientro definitivo, Direttore del Dipartimento di Ga-stroenterologia Pediatrica del “Great Ormond Street Hospital for Sick Children”, uno degli ospedali pedia-trici d’eccellenza in Europa. L’ho intervistato come grande esperto di motilità in-testinale. Le sue risposte contribuiranno a chiarire in quali ambiti di patologia gastrointestinale è utile pro-porre lo studio della motilità. Mi piace sottolineare che chiude la sua intervista con un omaggio alla Pediatria di Famiglia, e ne sottolinea il ruolo di fiore all’occhiello del Sistema Sanitario Nazionale Italiano.

In quali situazioni patologiche dobbiamo pensare a effettuare uno studio della motilità intestinale? (Ti chiedo di avere un approccio molto pratico, rivolto ai “non specialisti” del settore… Chiarisci un po’ le idee a tutti)

La motilità gastrointestinale è stata per lungo tempo una branca della gastroenterologia pediatrica di dif-ficile comprensione e applicazione. Negli ultimi anni, lo sviluppo tecnologico a essa legata ha permesso la delucidazione di aspetti della fisiopatologia intestinale, fornendo un importante aiuto alla diagnosi e quindi a un trattamento dei disturbi della motilità intestinale. È fondamentale, prima di parlare di indicazioni, chiarire due concetti chiave. Il primo, quando la sintomatologia di un piccolo paziente fa porre il sospetto diagnostico di un disturbo della motilità intestinale, prima di sot-toporre il paziente a specifici studi di motilità, risulta indispensabile, come approccio iniziale, escludere anomalie anatomiche, infiammazioni gastrointestinali

TOPIC HIGHLIGHT Si muove o non si muove, questo è il problema …

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e disordini metabolici, attraverso l’utilizzo di esami endoscopici e radiologici. Inoltre è importante ricor-dare che gli esami manometrici possono identificare alterazioni motorie il cui significato clinico è irrilevan-te, dunque è opportuno un accurato training in modo da evitare un eccesso di interpretazioni, che in alcuni casi può influenzare negativamente le decisioni cli-niche. In generale, la scelta del tipo di esame manometrico dipende dalla sintomatologia lamentata dal paziente. La manometria esofagea è indicata in pazienti con disfagia, pazienti con malattia da reflusso gastroeso-fageo refrattaria, in cui si sta valutando se eseguire un intervento chirurgico anti-reflusso, e in pazienti con nausea e vomito ricorrenti, per escludere una sindrome da ruminazione. La manometria anorettale invece, serve a esclude-re la malattia di Hirschsprung in bambini con stipsi refrattaria alla terapia medica, a valutare la motilità anorettale in pazienti con incontinenza fecale nel so-spetto di alterazioni anatomiche o patologie organi-che, o in pazienti operati di ano imperforato o per malattia di Hirschsprungs, che presentano sintomi ostruttivi e di incontinenza, e per valutare l’efficacia di terapia locale, come la tossina botulinica. Esami manometrici più complessi sono rappresentati dalla manometria antro-duodeno-digiunale e coloni-ca, che dovrebbero essere esclusivamente eseguiti in centri di riferimento nazionali. La principale indi-cazione clinica per la manometria antro-duodeno-di-giunale è rappresentata dalla pseudo-ostruzione cro-nica idiopatica (PICI), sia per effettuare la diagnosi, che per decidere la scelta del tipo di alimentazione artificiale da preferire (gastrica, digiunale, parentale). Infine la manometria colonica è indicata in pazienti affetti da stipsi cronica refrattaria alla terapia medi-ca, in cui s’ipotizza una scelta chirurgica [cecostomia anterograda (ACE), colostomia sinistra, ileostomia].Vi sono poi altre metodiche che permettono di valu-tare la funzione motoria intestinale.Tra le metodiche più utilizzate ricordiamo la pH-im-pedenzometria esofagea, che permette di valutare sia quantitativamente che qualitativamente il pattern di reflusso gastroesofageo, e lo svuotamento gastri-co scintigrafico, che permette di valutare il tempo di svuotamento gastrico e di identificare bambini con gastroparesi.

A chi tocca chiedere l’effettuazione di un’inda-gine così specifica? Al pediatra di famiglia, allo specialista gastroenterologo pediatra…

Sicuramente tutte le indagini manometriche dovreb-

bero essere effettuate in centri di riferimento, che possono essere di vario livello. Alcune metodiche (es pH-impedenzometria) potrebbero essere eseguite in centri di secondo livello. La maggior parte comunque dovrebbe essere eseguita in centri di terzo livello. È importante però che il pediatra di base conosca sia le indicazioni dei vari esami manometrici, in modo da inviare il piccolo paziente nei centri di riferimen-to adeguati, che le diagnosi, in quanto il pediatra di base rappresenta sempre il primo punto di contatto per bambini con condizioni cliniche complesse.

Quali sono le metodiche più usate?

Sicuramente la manometria esofagea e la mano-metria anorettale sono relativamente diffuse, sia nei centri di terzo livello di gastroenterologia pediatrica che in alcuni centri di riferimento di chirurgia pedia-trica. La manometria antro-duodeno-digiunale e la manometria colonica sono sicuramente poco diffu-se e richiedono livelli di “expertise” particolarmente elevati.

Devi andare a lavorare in un’isola sperduta e hai un bagaglio limitato: cosa metti in valigia per con-tinuare a studiare la motilità intestinale?

È una domanda semplice a cui è molto complesso rispondere. Forse porterei con me esclusivamen-te un pH-impedenzometro per effettuare una dia-gnosi corretta di GERD ed evitare trattamenti inutili con inibitori di pompa protonica, che negli ultimi anni sono diventati tra i farmaci più prescritti. Seb-bene io ami la motilità intestinale, penso che un ottimo gastroenterologo pediatra, con un’accura-ta anamnesi e un accurato esame obiettivo possa fare a meno di strumentazioni complesse…Su un isola deserta!!!

Come si lavora negli ospedali inglesi?

Molto bene. Il sistema è completamente diverso e il management è sicuramente ciò che fa la differenza con l’Italia. Tutta l’attività clinica nel sistema inglese è sottoposta a sistemi rigidi di controllo e come con-seguenza tutti i medici devono effettuare l’attività cli-nica dovuta. La “governance” e il “risk management” sono aspetti fondamentali dell’attività clinica in UK, e questo fa in modo che nella maggior parte dei casi il sistema tende ad automigliorarsi, soprattutto nel caso in cui sia non efficiente. Vi è una migliore inte-

Intervista al Prof. Osvaldo Borrelli

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grazione tra universitari e ospedalieri. Sicuramente le strutture di secondo e terzo livello funzionano meglio. Vorrei sottolineare un aspetto del sistema sanitario inglese (NHS), che lo rende inferiore a quello italiano ed è l’assenza della figura del pediatra di famiglia.

Questi ultimi sono una “ricchezza” per l’Italia, perché permettono una “care” migliore dei piccoli pazienti. La pediatria di base è un aspetto straordinario del SSN italiano e spero che continui a funzionare nel modo corrente.

• La scelta del tipo di esame manometrico dipende dalla sintomatologia lamentata da paziente.

• Le tecniche più frequentemente utilizzate sono la manometria esofagea e la manometria anorettale.

• La manometria esofagea è indicata in pazienti con disfagia, con malattia da reflusso gastroesofageo refrattaria, e in pazienti con nausea e vomito ricorrenti, per escludere una sindrome da ruminazione.

• La manometria anorettale serve a escludere la malattia di Hirschsprung in bambini con stipsi refrattaria alla terapia medica, a valutare la motilità anorettale in pazienti con incontinenza fecale nel sospetto di alterazioni anatomiche o patologie organiche, o in pazienti operati di ano imperforato o per malattia di Hirschsprungs, che presentano sintomi ostruttivi e di incontinenza, e per valutare l’efficacia di terapia locale, come la tossina botulinica.

• Gli esami manometrici possono identificare alterazioni motorie il cui significato clinico è irrilevante, dunque è oppor-tuno un accurato training in modo da evitare un eccesso di interpretazioni, che in alcuni casi può influenzare negati-vamente le decisioni cliniche.

5Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:5-9; doi: 10.19208/2282-2453-142

Malattie cardiovascolari e malattie intestinali

Cardiovascular disease and inflammatory bowel disease

Giulia D’Arcangelo Marina Aloi (foto)

Dipartimento di Pediatria, Sapienza, Università di Roma, Unità di Gastroenterologia pediatrica, Policlinico Umberto I, Roma

Key wordsInflammatory bowel disease • Cardiovascular disease • Inflammation • Endothelial disfunction • Atherosclerosis

AbstractOver the past years, an increased risk of devel-oping cardiovascular disease in the absence of the traditional risk factors, has been demon-strated in patients affected with IBD. Endothe-lial dysfunction, an early marker of atheroscle-rosis, can be caused by high levels of cytokines, C-reactive protein and homocysteine, together with an altered lipid and coagulation profile, of-ten observed in IBD patients. The inflamed gut mucosa has an impact on atherogenesis by re-leasing into the circulation microbial products leading to a rise of proinflammatory cytokines. Further epidemiological and prospective stud-ies are needed to assess the exact mechanism through which IBD and cardiovascular disease are related.

Indirizzo per la corrispondenza

Marina AloiDipartimento di Pediatria, Sapienza, Università di Roma, Unità di Gastroenterologia pediatrica, Policlinico Umberto Iviale Regina Elena 324, 00161 RomaE-mail: [email protected]

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEWa cura diOsvaldo Borrelli

IntroduzioneLe malattie infiammatorie croniche intestinali (inflam-matory bowel disease, IBD), malattia di Crohn (MC), rettocolite ulcerosa (RCU) e malattia infiammatoria intestinale non classificata (IBDU, dall’inglese Inflam-matory Bowel Disease Unclassified), sono condizioni infiammatorie croniche primariamente a carico dell’ap-parato gastrointestinale, ma con manifestazioni e co-morbidità sistemiche, e con un possibile interessa-mento anche a carico dell’apparato cardiovascolare. Recenti evidenze suggeriscono in pazienti affetti da IBD un aumentato rischio di infarto miocardico acuto, ictus ischemico e mortalità cardiovascolare, in parti-colare durante le riattivazioni di malattia e in alcune popolazioni a rischio, quali donne e giovani 1. Vi sono tuttavia dati contrastanti sul rischio di eventi vascolari sistemici nelle IBD. Infatti, sebbene una meta-analisi del 2014 fosse risultata a favore di un aumento del ri-schio, l’eterogeneità dei 9 studi presi in considerazione non consentiva di trarre conclusioni definitive 2. Anco-ra più scarsi sono i dati estrapolabili da popolazioni pediatriche 3, 4.Ampiamente dimostrata è una relazione tra infiam-mazione sistemica cronica, disfunzione endoteliale e aggregazione piastrinica, entrambe precursori dello sviluppo di aterosclerosi e malattie coronariche 5. Ele-vati livelli di citochine e di proteina C-reattiva (PCR), caratteristici delle IBD, contribuiscono alla disfunzione endoteliale e all’aterosclerosi. Quest’ultima, marchio distintivo delle malattie cardiovascolari, è la prima cau-sa di mortalità nel mondo. Una sua correlazione con malattie croniche quali il lupus eritematoso sistemico, l’artrite reumatoide, la sclerosi sistemica, è ben do-cumentata, anche se l’esatto meccanismo attraverso cui ciò avvenga non è noto. Tuttavia, diverse eviden-ze suggeriscono che le citochine pro-infiammatorie possano avere un effetto negativo su fegato, tessuto adiposo, muscolatura striata ed endotelio, inducendo alterazioni pro-aterogenetiche: aumento della concen-trazione dei lipidi, iperomocisteinemia, insulino-resi-stenza, stress ossidativo e disfunzione endoteliale  6. In questa review analizzeremo alcuni probabili fattori e

G. D'Arcangelo, M. Aloi

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meccanismi responsabili dell’au-mento del rischio di malattie car-diovascolari nei pazienti con IBD, con riferimento a dati emersi dallo studio di popolazioni adulte e fo-calizzando i pochissimi dati pe-diatrici disponibili.

Markers infiammatoriCome già accennato, le IBD sono accompagnate a livello sistemico da aumentati livelli circolanti di varie citochine. La PCR (notevol-mente più elevata nei pazienti con IBD rispetto ai controlli), è in gra-do di predire eventi cardiovasco-lari (CV), come precedentemente dimostrato da Ridker e colleghi 7 e potrebbe contribuire al processo di aterogenesi, nonostante l’as-senza di ulteriori dati a supporto di questa ipotesi. La PCR è sta-ta messa in relazione con il pro-cesso aterogenico, e suoi elevati livelli sembrano essere predittivi di morbidità e mortalità cardio-vascolare in soggetti apparente-mente sani, in assenza dei fattori di rischio convenzionali 8. Altri tipi-ci mediatori infiammatori delle IBD sono il tumor necrosis factor alpha (TNF-α), l’interleuchina-6 (IL-6) e il vascular endothelial growth factor (VEGF). È noto come l’uso di far-maci anti TNF-α migliori la disfun-zione endoteliale in pazienti con MC 9.

Disfunzione endoteliale e spessore medio-intimale carotideo (carotid intimal media thickness, CIMT) 9

La disfunzione endoteliale è un evento “primum movens” nello sviluppo dell’aterosclerosi. Essa può essere valutata mediante la determinazione della vasodilata-

zione dei grandi vasi, in risposta a un aumento del flusso (flow-mediated vasodilatation, FMD). Si tratta del metodo più usato, a dispetto della scarsa sensibilità, nell’individuare modificazioni pre-coci della funzione endoteliale. Una recente meta-analisi ha se-lezionato 7 studi, includendo 391 pazienti con IBD e 257 controlli, evidenziando una significativa ri-duzione del FMD nei casi rispetto ai controlli (p < 0,0001). Sebbene non siano stati riscontrati signifi-cativi “bias” di pubblicazione, gli autori sottolineano tuttavia l’am-pia eterogeneità degli studi pre-si in esame  10. Nell’unico studio caso-controllo effettuato su una popolazione pediatrica di pazienti con IBD, la percentuale di FMD era significativamente più bassa sia nei bambini con MC (p < 0,0001) che in quelli con RCU (p < 0,01), rispetto ai controlli 4.Nove studi (521 casi e 413 con-trolli) sono stati analizzati nella stessa meta-analisi in merito alla velocità dell’onda di polso caro-tideo-femorale (carotid-femoral pulse wave velocity, cfPWV), altro parametro non invasivo di misura della disfunzione endoteliale e ate-rosclerosi subclinica. Un aumento significativo della cfPWV nei pa-zienti con IBD è stato evidenziato rispetto ai controlli (p  <  0,0001) con una eterogeneità degli studi del 69,7% e l’assenza di “bias” di pubblicazione significativi 10. Un altro marker surrogato di ate-rosclerosi è lo spessore medio-intimale dell’arteria carotide. L’a-nalisi dei dati dei 16 studi presi in esame nella meta-analisi del 2016 ha individuato un aumento significativo del CIMT nei pazienti con IBD (n = 838) rispetto ai con-trolli (n  =  713) (p  <  0,0001)  10. I dati pediatrici provengono anche in questo caso dall’unico studio condotto in questa fascia d’età in cui viene riportato un CIMT si-gnificativamente più alto nei bam-

bini con IBD rispetto ai controlli (p < 0,0001)  4. Lo stesso gruppo nel 2015 ha inoltre individuato anche nell’IMT aortico un marker precoce di aterosclerosi dimo-strandone una correlazione con il CIMT e un suo significativo au-mento nei pazienti con IBD rispet-to ai controlli (p < 0,0005) 3.

Endotossine e microbiota intestinale 9

Non è recente l’ipotesi secondo la quale l’aterosclerosi sia cau-sata dall’infezione. Essa si fonda sul concetto che le lipoproteine siano parte del sistema immune innato che cattura microrganismi ed endotossine, creando aggre-gati che blocchino i vasa vaso-rum con conseguente formazione della placca. Con la descrizione del microbioma e la consapevo-lezza della sua importanza nello sviluppo delle IBD, tale ipotesi ha senz’altro riguadagnato terre-no. L’infiammazione a livello del colon, quale quella che si osser-va nelle IBD, distrugge la barriera intestinale e consente la trasloca-zione della mucosa e l’ingresso nella circolazione di prodotti mi-crobici quali il lipopolisaccaride (LPS) e altre endotossine. I pa-zienti con IBD infatti presentano elevati livelli circolanti di LPS con valori che correlano con l’attività di malattia, come dimostrato nei pazienti con RCU. Elevati livelli di LPS inducono la produzione di ci-tochine proinfiammatorie, contri-buendo al danno endoteliale e alla formazione di cellule schiumose. Di conseguenza l’endotossiemia è stata ritenuta essere un importan-te fattore di rischio di aterosclerosi precoce. Tra le sue azioni, LPS è in grado di stimolare l’ossidazio-ne delle LDL, rendendole tossiche per la cellula endoteliale. È inoltre in grado di attivare i macrofagi, ac-celerando in questo modo l’atero-

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW Malattie cardiovascolari e malattie intestinali

7

sclerosi. L’aumentata espressione di toll-like receptors  2 e 4 (TLR2 e 4) a livello delle placche atero-sclerotiche suggerisce un ruolo nell’effetto del microbiota intesti-nale nel processo di aterogenesi. Nei pazienti con infarto miocardi-co acuto e angina instabile è stata dimostrata una maggiore espres-sione di TLR2 e TLR4 sui mono-citi circolanti rispetto ai controlli sani. In aggiunta a ciò, oltre a una maggiore espressione di TLR2 sui monociti di pazienti con IBD, stu-di in vitro hanno dimostrato che la stimolazione di TLR2 compor-ta un aumento dei livelli di TNFα negli stessi. Viceversa alcuni poli-morfismi dei geni codificanti per il TLR4 sono stati messi in relazione con un ridotto rischio di atero-sclerosi, avvalorando l’ipotesi di un’associazione tra TLR2 e 4, en-dotossine e rischio cardiovascola-re. Nessuna associazione è stata però individuata in uno studio tra i polimorfismi del TLR e il CIMT. Risulta quindi ancora controverso un ruolo dei TLR nella determina-zione del rischio aterosclerotico. La correlazione tra livelli di endo-tossina e rischio cardiovascolare nei pazienti con IBD resta ugual-mente da dimostrare con certez-za, anche se uno studio recente condotto su topi ha rivelato come una terapia antibiotica conduca a infarti miocardici più contenuti e a un migliore recupero post ische-mia della funzionalità miocardica rispetto ai controlli non trattati.

Lipoproteine 9

È noto come le LDL ossidate pro-muovano l’aterosclerosi oltre al rilascio di citochine. Da qui l’in-teresse nell’investigare il profilo lipidico nei pazienti con IBD. È stato dimostrato che bambini con MC presentano un profilo lipidi-co estremamente alterato, oltre a una deplezione di triacilglicerolo e un’aumentata concentrazione

di VLDL plasmatiche. In un gran-de lavoro retrospettivo su pazienti con diagnosi di IBD ricevuta tra il 2000 e il 2007, è stato riportato in questa popolazione un livello di colesterolo e di HDL significati-vamente più basso e un livello di LDL significativamente più alto. Un livello costantemente basso di HDL, come quello che si osserva in tutte le condizioni infiammatorie croniche, è stato dimostrato es-sere un importantissimo fattore di rischio per patologie cardiovasco-lari. Recentemente, inoltre, sono aumentati considerevolmente i dati a favore del ruolo dell’altera-ta funzionalità delle HDL causata dall’infiammazione, indipenden-temente dai livelli ematici. La de-plezione dei fosfolipidi e l’arric-chimento delle HDL con proteine infiammatorie come la sieroami-loide  A o l’apolipoproteina C-III, producono forme disfunzionali o addirittura pro-aterogeniche di HDL. Uno studio del 2006 ha mo-strato come, in soggetti con IBD attiva, l’infiammazione conduca ad alterazione dei lipidi, delle apo-lipoproteine e del profilo lipopro-teico, e a una ridotta capacità di efflusso dal siero del colesterolo, tutte condizioni di aumentato ri-schio cardiovascolare.Tutti i dati disponibili circa un al-terato profilo lipidico nei pazienti con IBD alimentano l’idea di un aumentato rischio di aterosclero-si in questa popolazione rispetto ai soggetti sani. Tuttavia non è al momento chiaro se il meccani-smo che supporti questo rischio aumentato sia rappresentato dal malassorbimento più che dell’in-fiammazione sistemica. Elevati livelli di citochine infiammatorie nei pazienti con IBD sono in grado di alterare la sintesi de novo e la degradazione dei lipidi, con con-seguente alterazione del profilo lipoproteico. È stato pertanto ipo-tizzato un possibile ruolo benefico dell’uso di agenti ipocolesterole-

mizzanti quali le statine nelle IBD, vista la loro capacità di ridurre i livelli di PCR e la formazione di trombi. In modelli animali di topi con colite è stato dimostrato un ruolo antinfiammatorio dell’ator-vastatina. In un ampio studio re-trospettivo è stato dimostrato un intake di steroidi significativamen-te inferiore in 1.986 pazienti con IBD esposti alle statine, rispetto a 9.871 soggetti non esposti.

Ipercoagulabilità e sistema CD40/CDL 9Numerose anomalie del sistema di coagulazione sono state de-scritte nelle IBD. Frammenti di protrombina, complessi trombina-antitrombina, fibrinogeno, fatto-ri XI, IX, VIII e V attivati erano tutti significativamente più elevati in pazienti con RCU attiva, rispetto a coloro con malattia quiescente. Una riduzione dei livelli di anti-trombina III è stata inoltre riscon-trata in pazienti con IBD e si verifi-ca insieme a una ridotta capacità fibrinolitica.I pazienti con IBD esprimono un quantitativo aumentato di piastri-ne circolanti attivate e di aggregati piastrinici che concorrono all’au-mentato rischio tromboembolico. Questo aspetto è particolarmen-te rilevante anche in relazione al ligando del CD40 che viene espresso sulle piastrine attivate e sulle cellule immuni. Esso induce infiammazione dell’endotelio e il blocco del sistema CD40/CD40L nei topi si è dimostrato efficace nel ridurre l’aterogenesi. I pazienti con IBD hanno livelli plasmatici aumen-tati di CD40L riflettendo un suo ri-lascio dalle piastrine attivate.

Omocisteina 9

Un alterato metabolismo dell’o-mocisteina (prodotto della metio-nina) è stato messo in relazione

G. D'Arcangelo, M. Aloi

8

con il meccanismo aterogentico. Essa è in grado di danneggia-re l’endotelio producendo stress ossidativo, attraverso l’inibizio-ne delle proprietà vasodilatatrici dell’ossido nitrico sintetasi e lo stimolo al rilascio di citochine. I pazienti con IBD (in particolare quelli con malattia attiva) hanno tipicamente elevati livelli di omo-cisteina nel plasma e a livello della mucosa del colon, dove l’ipero-mocisteinemia è in grado di con-tribuire all’infiammazione. Queste osservazioni depongono a favore di un ruolo dell’omocisteina nell’a-terogenesi nei pazienti con IBD, anche se mancano dati conclusivi a supporto di questa ipotesi.

Conclusioni e prospettive futureLe evidenze disponibili a supporto di un’associazione tra IBD e au-mento del rischio cardiovascolare, nonostante il limitato numero di studi e l’assenza di lavori prospet-tici, sono numerose e suggestive. I meccanismi attraverso cui tale ri-schio si verifichi non sono noti con certezza, ma la maggior parte dei dati disponibili depone in favore di un contributo dell’infiammazione o delle sue conseguenze. La di-sfunzione endoteliale e l’aumento dell’IMT sono senza dubbio coin-volti, mentre il ruolo dei mediato-ri sistemici dell’infiammazione e della dislipidemia, sebbene intuiti-vo, necessita di ulteriori studi che ne chiariscano il meccanismo. La figura 1 riassume i potenziali lega-mi tra IBD e malattie cardiovasco-lari Da non sottovalutare è anche il contributo del prolungato uso di farmaci cui vanno incontro i pa-zienti con IBD.Dati epidemiologici più consisten-ti e studi prospettici sono neces-sari per quantificare tale rischio ed eventualmente porre in essere pratiche di sorveglianza.

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Figura 1.Nei pazienti con IBD vi è un aumento di citochine, PCR e colesterolo-LDL. Questi elementi, uniti a una riduzione dei livelli di colesterolo-HDL o a una loro alterata funzionalità, contribuiscono all’aumento del rischio di aterogenesi e malattie cardiovascolari. Un’ulteriore caratteristica delle IBD è l’alterata per-meabilità intestinale, che comporta la traslocazione di prodotti microbici e di endotossine dal lume intestinale alla circolazione sistemica, determinando l’attivazione delle cellule immunitarie ed endoteliali e contribuendo all’atero-sclerosi. Inoltre, i pazienti con IBD, presentano elevati livelli di omocisteina e di fattori della coagulazione noti per essere implicati nel processo ateroscle-rotico e della formazione di trombi (da Schicho et al., 2015 9, mod.).

Possibili legami tra IBD e malattie cardiovascolari

CLINICAL SYSTEMATIC REVIEW Malattie cardiovascolari e malattie intestinali

9

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• Le malattie infiammatorie croniche intestinali sono condizioni infiammatorie croniche dell’apparato gastrointestinale con un possibile interessamento a carico dell’apparato cardiovascolare in assenza dei tradizionali fattori di rischio.

• Elevati livelli di proteina C reattiva e omocisteina possono condurre alla disfunzione endoteliale, segno precoce di aterosclerosi.

• Alterazioni a carico dei fattori della coagulazione, frequenti nei pazienti con IBD, predispongono a eventi tromboem-bolici arteriosi.

• Anche il microbiota intestinale, mediante prodotti microbici rilasciati dalla mucosa intestinale infiammata in circolo, contribuisce al processo di aterosclerosi.

10 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:10-14; doi: 10.19208/2282-2453-143

Gestione clinica della cirrosi con scompenso ascitico nel bambinoClinical management of decompensated cirrhosis in children

Emanuele Nicastro (foto)Matteo Calvi

Lorenzo D’Antiga

Epatologia, Gastroenterologia e Trapianti Pediatrici, Ospedale Papa

Giovanni XXIII, Bergamo

Key words Ascites • Decompensated

cirrhosis • End stage liver disease • Management • Liver transplantation

AbstractDecompensated cirrhosis is a common picture in end stage liver disease in children. Correct management of this condition improves morbid-ity and quality of life while awaiting liver trans-plantation. Control of ascites requires careful fluid administration and sodium restriction, natriuretic effect of spironolactone, albumin supplementation. Efforts should be made to prevent or promptly treat complications such as gastrointestinal bleeding, spontaneous bacte-rial peritonitis, hepatorenal syndrome and en-cephalopathy.

Indirizzo per la corrispondenza

Emanuele NicastroEpatologia, Gastroenterologia e Trapianti Pediatrici, Ospedale Papa Giovanni XXIII piazza OMS 1, 24127 BergamoE-mail: [email protected]

PEDIATRIC HEPATOLOGY a cura diFrancesco Cirillo

IntroduzioneLa cirrosi è il risultato di processi di necrosi, fibrosi e ri-generazione nodulare del parenchima epatico. Si defi-nisce scompensata un’epatopatia cirrotica in cui com-paia ascite. Altre complicanze sono il sanguinamento da varici esofagee, la peritonite batterica spontanea, la sindrome epatorenale, l’encefalopatia epatica. Per la gestione del sanguinamento da varici esofagee, si rimanda a una recente review 1.La cirrosi nel paziente pediatrico ha cause differenti dall’adulto (rappresentate in Tabella I) 2. Il minor tempo di attesa e la bassa mortalità in lista per trapianto di fegato fanno sì che la grande maggioranza dei bam-bini cirrotici raggiunga l’età adulta. Ciò rende ragione dell’importanza di una corretta gestione.

PatogenesiIl più importante fattore predittivo di scompenso nella cirrosi è il gradiente pressorio venoso epatico (HVPG), rappresentativo del grado di ipertensione portale. L’aumento delle resistenze intraepatiche (dato da di-storsione dell’architettura epatica e disfunzione endo-teliale) determina, a livello del circolo splancnico prima e sistemico poi, una vasodilatazione ossido nitrico-mediata. Il crollo delle resistenze sistemiche determina l’aumento secondario dell’output cardiaco con la cir-colazione iperdinamica tipica di questa condizione  3. L’attivazione del sistema renina-angiotensina-aldoste-rone crea infine espansione di volume plasmatico. Au-mentati livelli di endotossine e citochine proinfiamma-torie peggiorano ulteriormente il circolo iperdinamico.

Valutazione del bambino con cirrosiLa clinica del bambino con epatopatia cirrotica varia a seconda dell’etiologia e dell’età. Sintomi aspecifici sono astenia, affaticabilità, inappetenza, nausea, vo-mito. Più specifici sono i segni cutanei (spider naevi, teleangectasie del volto, eritema palmare, ippocrati-

PEDIATRIC HEPATOLOGY Gestione clinica della cirrosi con scompenso ascitico nel bambino

11

smo digitale). La fase di scompen-so si distingue per la comparsa di ascite clinicamente evidente ed edemi periferici. Sono elencati in Tabella II gli esami laboratoristici e strumentali utili.

Trattamento dell'asciteIl trattamento dell’ascite nella cir-rosi è essenzialmente rivolto alla mobilizzazione dei fluidi peritone-ali e alla correzione dell’ipovole-mia relativa.

Restrizione dell’introito di sodioUn introito di sodio non control-lato può esacerbare l’ascite, sul-la spinta dell’iperaldosteronismo. È raccomandato un apporto di 1-2 mEq/kg/die di sodio nei bam-bini e di 1-2  g/die negli adole-scenti.

DiureticiSono usati per indurre un bilancio negativo del sodio. Lo spironolat-tone è il farmaco di prima scelta per la natriuresi (0,5-3 mg/kg/die in 2-3 dosi). La dose può essere tito-

lata monitorando il rapporto Na+/K+ nelle urine (da mantenere > 1). L’uso di furosemide (0,5-2 mg/kg/die in 2-4  dosi) è sinergico, au-mentando la quantità di sodio di-sponibile all’eliminazione nel tubu-lo distale; effetti indesiderati sono l’insufficienza renale prerenale, ototossicità e la sindrome epa-torenale. Occorre fare attenzione alle diselettrolitemie, in partico-lare iperkaliemia (spironolattone), iponatremia e alcalosi metabolica (furosemide). È raccomandato il monitoraggio di peso corporeo e circonferenza addominale.

Restrizione di liquidiL’iponatriemia è un fattore pro-gnostico sfavorevole sugli outco-me di mortalità in lista di attesa e nel post-trapianto  4. È effetto dell’ipovolemia (da diminuzione delle resistenze sistemiche e uso di diuretici) che dà ipersecrezione di ADH e ritenzione di acqua libe-ra. Se la natriemia è < 130 mEq/L, è indicata una restrizione di liquidi.

AlbuminaL’ipoalbuminemia è un fattore pre-cipitante lo squilibrio idroelettroli-tico dello scompenso ascitico. La somministrazione di albumina ap-pare ridurre le complicanze rena-li, il rischio di peritonite batterica spontanea e di infezioni in gene-rale  5. Può essere somministrata alla concentrazione del 20% al dosaggio di 0,5-1 g/kg/die.

ParacentesiIndicazioni alla paracentesi eva-cuativa sono l’ascite refrattaria con dolore per distensione o la diffi-coltà respiratoria. La puntura eco-guidata viene solitamente eseguita circa 3-4 cm in posizione mediale e cefalica rispetto alla spina iliaca anterosuperiore (solitamente è tol-lerato un drenaggio di 120-150 ml/kg in 3 ore). È altamente consiglia-ta la successiva supplementazione di albumina (riduzione di compli-

TABELLA I.Principali cause di cirrosi nel bambino.

Ostruzione biliare Atresia delle vie biliari

Cisti del coledoco

Calcolosi biliare

Colestasi genetiche Sindrome di Alagille

PFIC1 (ATP8B1 deficiency)

PFIC2 (BSEP deficiency)

PFIC3 (ABCB4 deficiency)

Difetti della sintesi degli acidi biliari

Cause metaboliche Deficit di alfa-1-antitripsina

Morbo di Wilson

Galattosemia

Intolleranza ereditaria al fruttosio

Tirosinemia tipo 1

Fibrosi cistica

Emocromatosi

LAL deficiency

Malattie da deplezione di DNA mitocondriale

Autoimmuni Epatite autoimmune

Colangite sclerosante

Virali Epatite B/D

Epatite C

Epatite E

Alterazioni vascolari Sindrome di Budd-Chiari

Malattia veno-occlusiva

Cardiopatie

Pericardite costrittiva

E. Nicastro et al.

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canze a breve termine, in partico-lare di paracentesis-induced circu-latory dysfunction, e mortalità). La paracentesi non è scevra da com-plicanze, quali sanguinamento, in-fezione, perforazione intestinale.

Peritonite batterica spontanea (PBS)La peritonite batterica spontanea (PBS) è un’infezione del liquido ascitico per traslocazione di bat-teri dal tratto gastrointestinale (>  250  neutrofili/mm3 sul liquido ascitico). È sospettata in presen-za di febbre, ascite ed encefalo-patia, con o senza dolori addo-minali. Fattori di rischio sono una PBS pregressa, il sanguinamento da varici e il grado d’insufficienza epatica. Il trattamento empirico si

basa su cefalosporine di terza ge-nerazione, piperacillina/tazobac-tam, o fluorochinoloni. Una PBS può insorgere in circa il 30% dei bambini con epatopatia avanzata e ascite, ed è correlata ad aumentata mortalità. La metà di questi bambini non ha alcun se-gno di infezione 6. Ciò pone la questione dell’utilità di una paracentesi diagnostica nel setting di un centro trapianti europeo con bassa mortalità in lista di attesa: potrebbe essere ri-servata a bambini con epatopatia in scompenso ascitico ed elevato end stage liver disease score 7.

Sindrome epatorenale (SER)La sindrome epatorenale (SER) è una riduzione del filtrato glome-

rulare nel paziente cirrotico in as-senza di shock, altre cause di ipo-volemia e di altra patologia renale. Rarissima in età pediatrica, è più comune in presenza di fattori pre-cipitanti (paracentesi, infezioni) 8.Il pilastro della terapia è l’espansio-ne volemica associata alla riduzio-ne della vasodilatazione periferica, con l’uso di albumina (0,5-1 g/kg/die) e di analoghi della vasopres-sina, (terlipressina). I diuretici non dovrebbero essere impiegati se non in casi selezionati. Ogni altro approccio (trattamenti extracor-porei come l’emo(dia)filtrazione, confezionamento di TIPS) è da considerare esclusivamente come ponte al trapianto di fegato.

Transjugular Intrahepatic Portosystemic Shunt (TIPS)Il confezionamento per via transgiugulare di uno shunt tra una vena sovraepatica e la vena porta (TIPS) è un’opzione per il controllo delle complicanze dell’i-pertensione portale nei bambini 9. Nel bambino con cirrosi ha un ruo-lo nel controllo del sanguinamento da varici esofagee. Il suo utilizzo nella cirrosi scompensata è limi-tato dallo scarso beneficio atteso, dai rischi legati alla coagulopatia e al peggioramento dell’encefalo-patia.

Encefalopatia epatica (EE)L’encefalopatia epatica (EE) è precipitata da infezioni, sanguina-menti del tratto gastrointestinale, squilibri idroelettrolitici e in par-ticolare iponatriemia, stipsi, uso eccessivo di diuretici e di seda-tivi. I sintomi iniziali sono subdoli (disinteresse al gioco, difficoltà scolastiche, disturbi del sonno, irritabilità) fino a cambiamenti nella personalità, letargia, stupor,

TABELLA II. Esami utili nella valutazione di un paziente cirrotico.

Ematologia Emocromo con formula leucocitaria

PT, aPTT

Gruppo sanguigno

Biochimica AST, ALT

GGT, ALP, bilirubina tot/dir

Elettroforesi sieroproteine/albumina

Vit-25OHD, PTH, calcio, fosfato, magnesio

Sodio, potassio, cloro

Urea, creatinina

Emogasanalisi, acido lattico

PCR

Alfa-fetoproteina

Su paracentesi Esame chimico-fisico

Esame citologico

Amilasi, bilirubina

Ecografia addome + colordoppler

ColangioRM in casi selezionati

EGDS

EEG (se segni neurologici)

PEDIATRIC HEPATOLOGY Gestione clinica della cirrosi con scompenso ascitico nel bambino

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coma. La diagnosi è clinica, avva-lorata dal riscontro di iperammo-niemia. L’EEG è utile nel follow-up, ma le alterazioni riscontrate sono aspecifiche. Oltre alla forma conclamata, vi è l’encefalopatia minima, identificabile con test psi-cometrici e strumentali.La terapia più efficace per l’EE è il lattulosio (sospensione 66,7%, 0,4  ml/kg/dose per 2-3  dosi/die, negli adolescenti fino a 30  ml 3 volte al giorno), anche attraver-so clismi (15-20 ml/kg di volume, ottenuto diluendo la sospensione di lattulosio  1:1 con fisiologica, ripetibili 2-3  volte al giorno). Si associano antibiotici intestinali (rifaximina fino a 30 mg/kg/die in 3 dosi; neomicina 50-100 mg/kg/die in 3-4  dosi, mag  12  g/die). Il fallimento della terapia medica richiede la gestione in ambiente intensivo con la possibilità di trat-tamenti extracorporei.

NutrizioneIl bambino con cirrosi scompen-sata presenta spesso malnutri-zione da scarso input calorico (anoressia, nausea e malassorbi-mento). Inoltre, esiste un aumento della spesa basale, per cui l’input ideale è di circa 120-150  kcal/kg/die. In tema di macronutrienti, l’apporto proteico non dovrebbe essere inferiore a 2-3 g/kg/die di proteine. I lipidi dovrebbero costi-tuire il 30-35% dell’introito calori-co (di cui 30-50% MCT) (10). La nutrizione per os va privilegiata e mantenuta, e il supporto enterale è indicato quando per via orale non si riesce a somministrare più del 30% delle calorie o in caso di malnutrizione severa. In Tabella III sono indicati gli apporti consigliati di principali vitamine e oligoele-menti.

CoagulopatiaI parametri coagulativi di laborato-rio rispecchiano poco il rischio di sanguinamento. L’uso di plasma fresco congelato (5-10  ml/kg) va riservato alla profilassi del sangui-namento in previsione di proce-dure a rischio, in caso di severa coagulopatia o alla presenza di sanguinamento clinicamente evi-dente o sospetto.

ConclusioniL’epatopatia scompensata con ascite refrattaria o recidivan-te rappresenta un’indicazione al trapianto. La gestione si basa su controllo dell’intake di fluidi e uso appropriato di diuretici. È auspi-cabile la condivisione di standard di cura in quest’ambito.

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8 Erly B, Carey WD, Kapoor B, et al. Hepatorenal syndrome: a review

TABELLA III.Apporti raccomandati di vitamine e oligoelementi.

Sodio cloruro max 2 mEq/kg (bambini)max 2 g/die (adolescenti)

Zinco 1-2 mg/kg/die

Calcio 25-100 mg/kg/die

Vitamina D Calcifediolo 2-5 ug/diei.m. Colecalciferolo 30.000 UI ogni 2 mesi

Vitamina A < 10 kg: 5.000 UI/die> 10 kg: 10.000 UI/diei.m. 50.000 UI ogni 2 mesi

Vitamina E TPGS* 25 UI/die i.m. 10 mg/kg ogni 3 settimane

TPGS, tocoferil polietilenglicole 1000 succinato

E. Nicastro et al.

14

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• Lo scompenso ascitico è una conseguenza dell’ipertensione portale, culminante con l’espansione volemica renina-angiotensina-mediata.

• Il trattamento dell’ascite prevede restrizione di sodio, uso di diuretici e albumina, e bilancio idrico giornaliero.

• La peritonite batterica spontanea (PBS) è sottodiagnosticata e andrebbe cercata nei bambini con insufficienza epatica severa in scompenso ascitico.

• Lo scompenso ascitico non responsivo o recidivante al trattamento medico è indicazione al trapianto di fegato.

15Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:15-20; doi: 10.19208/2282-2453-144

L’approccio nutrizionale alle patologie colestatiche

The nutritional approach in cholestatic liver disease

Domenica Elia (foto) Francesca Laureti Daniela Giorgio Alessandra Liguori Alessia Montano Daniela Marino Antonella Diamanti Teresa Capriati

Unità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, Roma

Key wordsPediatrics • Cholestasis • Malnutrition • Liver failure • Nutrition support

AbstractInfants with cholestasis are at risk for malnutri-tion. It derived from increased requirements/decrease intake of proteins and calories and fat malabsorption. The nutritional approach should be based on the following key points: a) anthro-pometric evaluation; b) clinical assessment of malnutrition and c) nutritional strategy that maximizes anabolism.

Indirizzo per la corrispondenza

Domenica EliaUnità Operativa Semplice di Nutrizione Artificiale, Ospedale Pediatrico Bambino Gesùpiazza di Sant’Onofrio 4, 00146 RomaE-mail: [email protected]

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCEa cura di

Antonella Diamanti

IntroduzioneLa colestasi è una sindrome caratterizzata da un ridot-to flusso biliare canalicolare che determina accumulo dei costituenti della bile nel sangue e nei tessuti con danno epatico secondario 1, 2.Dal punto di vista eziologico si distinguono forme in-traepatiche ed extraepatiche (Tab. I). Circa il 50% dei casi di colestasi neonatale è dovuto all’atresia delle vie biliari 1, 2. Indipendentemente dalla causa, dal punto di vista fi-siopatologico e nutrizionale la colestasi comporta sempre le stesse conseguenze ossia ritenzione emati-ca di alcune sostanze (acidi biliari causa di prurito ed epatotossicità, bilirubina causa di ittero, colesterolo causa di xantomatosi e ipercolesterolemia) e oligoe-lementi con ridotta presenza di acidi biliari nella bile e nell’intestino con conseguente malassorbimento di lipidi, vitamine liposolubili e minerali. Una condizione di malnutrizione è presente in circa l’80% dei pazienti con colestasi  1. La malnutrizione aumenta la mortalità e la morbilità associate alle pa-tologie sottostanti e influenza notevolmente anche l’e-sito del trapianto di fegato in età pediatrica 3, mentre un corretto supporto nutrizionale previene un ulteriore danno del parenchima epatico e aumenta la probabili-tà di successo del trapianto 4.

Fisiopatologia della malnutrizione nel bambino con colestasiLa malnutrizione nel bambino con colestasi è deter-minata da:1. ridotto introito dei nutrienti dovuto alle alterazioni

della fisiologia della alimentazione: la anoressia, il vomito e il senso di sazietà precoce, le alterazioni del gusto. La presenza costante di prurito costitui-sce un ulteriore elemento di fastidio e di distrazione dal cibo;

2. compromissione dell’assorbimento e della digestio-ne dei nutrienti: colpisce soprattutto la componente lipidica (ad alta densità energetica) a causa della ri-

D. Elia et al.

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duzione degli acidi biliari dispo-nibili;

3. aumento della spesa energetica di circa il 40% a causa delle ri-dotte riserve energetiche (tessu-to adiposo e glicogeno);

4. alterazione delle normali vie me-taboliche: ad esempio la pro-gressione della malattia epatica riduce l’interazione del Growth Hormone (GH) e dei suoi effet-tori (Insulin Growth Factor 1 o IGF-1 e Insulin Growth Factor Binding Protein o IGF-BP) con l’insulina e altera il pattern di crescita.

Valutazione dello stato nutrizionale del bambino con epatopatia colestaticaLa valutazione dello stato nutrizio-nale del paziente con epatopatia colestatica si avvale di indicato-ri antropometrici, strumentali ed ematochimici 5-7.Il semplice peso può essere fal-samente influenzato da edemi, ascite o epatosplenomegalia, mentre la misurazione dell’altezza è un buon indice per valutare la presenza di malnutrizione croni-

ca ma non rileva la malnutrizione acuta. Più affidabile nella defini-zione di una malnutrizione acuta in questi pazienti può essere la Mid-Upper Arm Circumference (MUAC o misura della circonfe-renza del braccio nel punto medio della parte superiore). La MUAC cambia poco durante i primi anni: un valore tra 13,5 e 12,5 cm indi-ca una malnutrizione moderata, mentre sotto i 12,5  cm definisce una malnutrizione severa. Altri in-dicatori utili sono la misura della plica tricipitale (per quanto la sua precisione nei bambini con una vasta atrofia muscolare possa es-sere discutibile) e la circonferen-

TABELLA I. Eziologia della colestasi infantile.

Forme intraepatiche

Infettive FetopatieInfezioni batteriche perinatali (TORCH, lue, sepsi, Coxackie, Echovirus, HIV, Parvovirus B19)Infezioni delle vie urinarie post-natali

Paucità vie biliari Non sindromicheSindromiche (Alagille)

Altre malattie genetiche e metaboliche

Deficit di alfa1 antitripsinaGalattosemia, intolleranza ereditaria al fruttosio, tirosinemia, emocromatosi neonataleColestasi intraepatiche familiari progressiveDifetti di sintesi degli acidi biliariDisordini perossosisomialiMalattie di accumulo di Gaucher, Niemann-Pick tipo C, WolmanMitocondriopatie, disordini della glicosilazione, glicogenosi tipo 4, sindrome artogriposi-disfunzione renale-colestasiFibrosi cistica, deficit di citrina

Altre Endocrinopatie (ipopituitarismo, ipotiroidismo, iposurrenalismo)AngiomaNutrizione parenterale totaleIpossiaColestasi neonatale benigna idiopatica (30-35%)

Forme a interessamento biliare extra e intraepatico

Atresia delle vie biliari (AVB)Colangite sclerosante

Forme extraepatiche

Calcolosi biliare Perforazione spontanea dei dotti biliareStenosiDilatazione congenita Bile spessa (post-emolisi)

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE L’approccio nutrizionale alle patologie colestatiche

17

za cranica (rilevata generalmente fino ai 2 anni di vita) come indice dello sviluppo cerebrale 4, 5. Questi parametri accompagnati da quelli ematochimici (albumina, transfer-rina, prealbumina, retinol binding protein, IGF1) e dall’analisi biom-pedenziometrica della composi-zione corporea 7 possono insieme dare un’idea complessiva del gra-do di malnutrizione e guidare l’in-tervento nutrizionale.

Intervento nutrizionale nei pazienti con epatopatia colestatica

Energia, nutrienti e strategie nutrizionaliIn Tabella II e III sono riassunte le raccomandazioni relative alla nu-trizione nel bambino con epatopa-tia colestatica delle principali linee guida 8, 9.

EnergiaUn bambino con malattia epatica colestatica nel primo anno di vita ha bisogno di un apporto energe-tico che può raggiungere il 130-150% del fabbisogno stimato per un bambino di pari età. Bambini di età maggiore possono neces-sitare fino al 180% degli apporti stimati.

CarboidratiNeonati e bambini con epatopatie in fase progressiva vanno incon-tro a ipoglicemia per effetto della riduzione della neoglucogenesi e della glicogenosintesi. Per tale motivo si dovranno privilegiare nella scelta dietetica amidi e po-limeri del glucosio a catena corta. Questi ultimi sono preferiti sia ai polimeri complessi per il maggiore grado di digestione e la facilità di assorbimento sia ai mono e disac-caridi per il minor carico osmotico

e per il minor effetto fermentativo da parte dei batteri intestinali.

LipidiI lipidi sono nutrienti importanti perché sono ricchi di energia, a bassa osmolarità e sono fonte di acidi grassi polinsaturi (PUFA) che rappresentano i costituenti es-senziali delle membrane cellulari. Nei pazienti colestatici è compro-messo soprattutto l’assorbimento degli acidi grassi a catena lun-ga (LCT). In questo caso gli aci-di grassi a catena media (MCT), non richiedendo l’emulsione con gli acidi biliari per poter essere assorbiti, possono rappresenta-re una buona fonte energetica. Gli MCT, però, sono privi di aci-di grassi essenziali (AGE) e sono poco palatabili. Pertanto bisogna trovare il giusto rapporto tra MCT a LCT in quanto una quota elevata di grassi MCT (> 80%) può com-portare una carenza di AGE e può altresì provocare qualche effetto collaterale da scarsa tolleranza (dolori addominali e diarrea). Un rapporto di 50:50 tra MCT e LCT è in genere un valido compromesso (massimo beneficio energetico da una fonte lipidica assorbibile e ap-porto corretto in omega 3 e ome-ga 6). In effetti le formule speciali utilizzate nel bambino con cole-stasi prevedono solitamente una quota di grassi MCT pari al 50% dei grassi totali. Ovviamente l’in-serimento di grassi MCT nella die-ta è consigliato solo quando sono evidenti i segni di malnutrizione e di malassorbimento lipidico, poi-ché la scarsa palatabilità può con-tribuire a peggiorare l’inappetenza causa della malnutrizione stessa.

ProteineLa ridotta funzionalità epatica de-termina anche una riduzione della sintesi delle proteine plasmatiche (ipoalbuminemia e alterazione del profilo degli aminoacidi sierici). In particolare alcune evidenze mo-

strano una riduzione degli ami-noacidi a catena ramificata (me-tabolizzati dal muscolo per una maggior richiesta) e un aumento di quelli aromatici (metabolizzati principalmente dal fegato) come conseguenza dell’insufficienza epatica. Un’assunzione di circa 2-4  g/kg/die può essere sufficiente per pro-muovere la crescita e la sintesi proteica endogena associata ad una buona copertura calorica. L’i-perammoniemia di per sé non giu-stifica una restrizione proteica, in assenza di encefalopatia. Una ri-duzione dell’apporto proteico al di sotto di 2  g/kg/die dovrebbe es-sere evitato, in quanto può com-portare un aumento di consumo endogeno di proteine muscolari.L’uso sistematico, poi, di diete semi-elementari non è giustifi-cato, in quanto non vi è nessuna evidenza di malassorbimento pro-teico nel paziente con colestasi. Piuttosto la grave malnutrizione può comportare un’atrofia della mucosa intestinale con riduzione dell’efficienza enzimatica e quindi una formula idrolizzata può risul-tare efficace compatibilmente con l’accettazione dell’alimento da parte del bambino. La presenza di aminoacidi a catena ramificata (BCAA) in alcune formule specia-li ha prodotto effetti positivi sulla composizione corporea e sullo stato nutrizionale (Tab. II).

Vitamine, minerali e oligoelementiIl malassorbimento dei grassi è la causa primaria della carenza di vitamine liposolubili (A, D, E e K), ma vi contribuiscono anche le alterazioni del metabolismo inter-medio. È stato suggerito che le vitami-ne liposolubili dovrebbero es-sere somministrate per via pa-renterale se il livello di bilirubina sierica supera 85  µmol/L (5  mg/dL), ma alte dosi in formulazio-

D. Elia et al.

18

ne orale possono essere usate con uguale successo (Tab.  III). In particolare esiste una forma di vi-tamina  E idrosolubile (tocopheryl

polyethylene glycol-1000 succi-nate o D-alfa-TPGS-E) che sem-bra avere buoni effetti nelle condi-zioni di deficit di vitamina E.

Anche le vitamine idrosolubili do-vrebbero essere supplementare raddoppiando l’apporto previsto dai LARN. Minerali come calcio e

TABELLA II. Fabbisogni nutrizionali nel bambino con colestasi.

Nutrienti Fabbisogni giornalieri Fonte

Calorie 100% RDA per età o 130-180% del fabbisogno per il peso reale

Formule ipercaloriche o alimenti naturali + supplementi calorici

Carboidrati 45-60% calorie totali Da preferire maltodestrine e amidi

Lipidi totali/MCT

PUFA

30-50% calorie totali di cui 30-70% MCT

> 10% quota lipidica

Dipende dal grado di malassorbimento e dalla formula utilizzata

Pesce, uova, noci, olio di semi di lino

Proteine

BCAA

2-3 g/kg (ridotte solo in caso di iperammoniemia ma non < 2 g/kg)

10% della quota proteica

Formula con proteine intere o idrolisate + alimenti naturali ad alto valore biologico

Presenti in alcune formule speciali per patologia

Legenda. MCT: trigliceridi a catena media; PUFA: acidi grassi polinsaturi; BCAA: aminoacidi a catena ramificata.

TABELLA III.Supplementazioni in vitamine, minerali e oligoelementi nel bambino colestatico (da Baker et al., 2007 7, mod.).

Nutriente Segni/sintomi di carenza Supplementazione Commenti/monitoraggio

Vitamina A Cecità notturna, xeroftalmia e/o cheratomalacia

< 10 kg 5000 UI/die per os>10 kg 10000 UI/die per os50.000 UI/mese via IM

Rapporto retinolo sierico (µg/dL)/RBP (mg/dL) x 0,0734 > 0,8

Vitamina D Osteoporosi, rachitismo, osteomalacia

Colecalciferolo 1200-8000 UI/die per osCalcitriolo 0,05-0,20 µ/kg/die per os

25-OH-vitamina D plasmatica > 30 ng/ml

Vitamina E Anemia emolitica, atassia, degenerazione neuromuscolare, oftalmoplegia, disfunzione retinica

α - tocoferolo acetato: 25-200 UI/kg/die per osTPGS: 15-25 UI/kg/die per os

Vitamina E plasmatica 3,8-20,3 µ/mlRapporto Vitamina E/lipidi totali:> 0,6 mg/g (< 1anno)> 0,8 mg/g (> 1 anno)

Vitamina K Coagulapatia, ecchimosi e sanguinamento, MEN

1,2 < INR < 1,5: 2,5 mg/die per os1,5 < INR < 1,8: 2,5 mg/die per os e 2-5 mg per via IMINR > 1,8: 5 mg/die per os e 2-5 mg per via IM

INR < = 1,2

PIVKA II < 3 ng/ml

Vitamine idrosolubili

Scorbuto, scarsa resistenza alle infezioni, nevriti e polinevriti, dermatite, diarrea, anemia

200% RDA È necessario un supplemento per os

Minerali Demineralizzazione ossea, acrodermatite e diarrea

Calcio 25-100 mg/kgSelenio 1-2 µ/kgZinco 1 mg/kgFosforo 25-50 mg/kg

È necessario un supplemento per os

Legenda. RBP: retinol binding protein; TGPS: tocopheryl polyethylene glycol 1000 succinate; MEN: malattia emorragica del neonato; INR: inter-national normalized ratio; PIVKA II: protein induced in vitamin K absence II.

PEDIATRIC NUTRITION & HEALTH AND FOOD SCIENCE L’approccio nutrizionale alle patologie colestatiche

19

magnesio e oligoelementi come selenio e zinco andrebbero sup-plementati, poiché è di frequente riscontro un basso livello plasma-tico. Il ferro andrà supplementato solo in caso di perdite da sangui-namento gastrointestinale e iper-tensione portale.

Acqua ed elettrolitiL’introito di acqua ed elettroliti dovrebbe essere normale (in re-lazione al peso del bambino). In caso di sovraccarico idrico per la presenza di ascite è indicata la re-strizione. L’assunzione minima di sodio 1  mmol/kg/die e di potas-sio di circa 2 mmol/kg/die sono di norma adeguate.

Gestione nutrizionale pratica della colestasi: formulazioni e vie di somministrazioneL’obiettivo del trattamento nutri-zionale nei pazienti con colestasi è di contrastare la malnutrizione ostacolando il catabolismo e di fa-

vorire la ripresa della crescita per preparare il bambino ad affrontare in modo ottimale il trapianto epa-tico.Nel bambino < 1 anno di età, per raggiungere l’obiettivo, abbiamo a disposizione due tipi di formu-le per enterale: formule idrolisate classiche (caratterizzate da una presenza maggiore di grassi MCT rispetto alla formule a proteine intere) e formule specifiche per epatopatie a base di proteine in-tere (caratterizzate da apporto ca-lorico superiore alle altre formule per lattanti, apporto di grassi MCT del 50% e profilo aminoacidico a favore degli aminoacidi a catena ramificata). La formulazione in polvere di que-sti prodotti consente di persona-lizzare gli apporti modulandone la concentrazione. L’aggiunta di maltodestrine e di olio MCT a queste formule consente di au-mentare ulteriormente l’appor-to calorico laddove sia presente una restrizione idrica o quando il bambino non riesca a raggiunge-re spontaneamente degli apporti sufficienti (Tab. IV).Per quanto riguarda, poi, la moda-

lità di somministrazione è sempre importante mantenere l’oralità e proporre queste formule sempre prima per bocca. Si ricorrerà alla nutrizione artificiale – in primis nu-trizione enterale (NE) per sondino nasogastrico (SNG) –  solo quan-do gli apporti orali spontanei sia-no notevolmente ridotti. In questo caso, nel lattante, si consiglierà al termine del pasto spontaneo per bocca il reintegro della quota avanzante del pasto attraverso il SNG, mentre nel bambino divezzo si potrà optare per una NE nottur-na (con la formula specifica per patologia) associata a pasti solidi diurni concordati sulla base delle preferenze del bambino (proporre al bambino pasti spontanei pic-coli e frequenti formulati con alta densità calorica). Nei bambini più grandi, l’integrazione con malto-destrine e olio MCT consentirà di raggiungere la quota calorica desiderata e si dovrà prevedere un’integrazione con oli a maggior contenuto di acido alfa-linolenico (come ad esempio l’olio di semi di lino) per garantire un apporto di precursori adeguato per la sintesi endogena in DHA ed EPA (impor-

Tabella IV. Esempio di modulazione dell’apporto calorico e proteico.

Per incrementare l’apporto calorico

Formula speciale per patologia 18%

Formula speciale per patologia 18%Maltodestrine 4%

Formula speciale per patologia 18%Maltodestrine 5%Olio MCT 3cc

Calorie 0,86 kcal/ml 1 kcal/ml 1,3 kcal/ml

Proteine 2 g 2 g 2 g

Per incrementare l’apporto calorico e l’apporto proteico

Formula speciale per patologia 18%Liof. di carne 2 g

Formula speciale per patologia 18%Maltodestrine 4%Liof. di carne 2 g

Formula speciale per patologia 18%Maltodestrine 5%Olio MCT 3ccLiof. di carne 2 g

Calorie 0,86 kcal/ml 1 kcal/ml 1,3 kcal/ml

Proteine 3 g 3 g 3 g

D. Elia et al.

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tante soprattutto per i bambini che non assumono latti di formula). In commercio esistono formulazioni di olio MCT integrati con AGE e alcuni di questi possono essere usati durante la cottura.Quando ogni tentativo di NE sia fallito (ad esempio quando il SNG non può essere utilizzato per ripe-tute emorragie da varici esofagee o se il paziente mostra una intol-leranza alla NE per comparsa di diarrea osmotica o nel caso in cui la NE non sortisca gli effetti volu-ti) si può ricorrere alla nutrizione parenterale (NP). La somministra-zione per questa via nei pazienti ben compensati segue i principi standard ed è un’indicazione a breve termine che non impedisce la ripresa del programma di NE appena possibile. Nei pazienti con patologia epatica scompensata invece (usualmente in attesa del trapianto) la NP può determinare un peggioramento della patologia epatica sebbene questo rischio oltre l’età neonatale (e con l’ec-cezione di pazienti con associato intestino ultracorto) sia basso. In

questi casi è bene monitorare la bilirubina (il cui incremento può rappresentare la sommatoria del peggioramento della patologia di base e dell’effetto della NP), somministrare anche dei piccoli boli di NE (pratica protettiva per la funzione epatica) e somministrare profilatticamente UDCA (pratica non dimostratamente efficace ma ragionevolmente accettabile) 10.

Bibliografia1 Nastasio S, Maggiore G. Malat-

tie croniche epatobiliari. Manuale Sigenp di Nutrizione Pediatrica 2016, pp. 251-258.

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4 Young S, Kwarta E, Azzam R, et

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5 Veiga da Silva F, Menezes Ferri P, Costa Nascentes Queiroz T, et al. Nutritional evaluation of children with chronic cholestatic disease. J Pediatria 2016;92:197-215.

6 Diamanti A, Capriati T, Elia D. Mal-nutrizione in difetto. Manuale Si-genp di Gastroenterologia ed Epa-tologia Pediatrica 2014, pp. 3-6.

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10 Zhao V, Ziegler TR. Nutrition sup-port in end-stage liver disease. Crit Care Nurs N Am 2010;22:369-80.

• Il bambino con patologia epatica colestatica richiede una precoce e regolare valutazione dello stato nutrizionale allo scopo di avviare un intervento nutrizionale, ove necessario.

• La nutrizione enterale (per os o per sondino nasogastrico) è sempre da preferirsi alla nutrizione parenterale che deve essere vista come ultima possibilità in questi pazienti e utilizzata con precise indicazioni e in pochi casi.

• Il fabbisogno energetico totale nel bambino con colestasi va aumentato del 40% o più in relazione al peso a causa del suo stato catabolico.

• I singoli nutrienti (carboidrati, lipidi, proteine, vitamine) presenti nella alimentazione vanno singolarmente adattati alla condizione di malassorbimento tipica della patologia epatica colestatica.

• Il fallimento delle strategie nutrizionali può avere conseguenze prognostiche negative importanti sugli outcomes del trapianto epatico in questi pazienti.

21Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:21-27; doi: 10.19208/2282-2453-145

La malattia di Behçet a localizzazione gastrointestinale: caratteristiche e diagnosi

differenziale con la malattia di CrohnGastrointestinal Behçet’s disease: characteristics

and differential diagnosis with Crohn’s disease

Chiara Rubino1

Teresa Giani2

Gabriele Simonini2

Rolando Cimaz2

Paolo Lionetti3 (foto)

1 Scuola di Specializzazione in Pediatria, Università di Firenze; 2 SODc Reumatologia, Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze; 3 SODc Gastroenterologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze

Key wordsGastrointestinal Behçet’s disease • Children • Inflammatory bowel diseases • Differential diagnosis

AbstractBehçet’s disease (BD) is a chronic, systemic, in-flammatory disease with variable clinical presen-tation. Gastrointestinal BD occurs in up to 50% of pediatric patients. It frequently shares a similar clinical presentation with Crohn’s disease. How-ever, comprehensive analysis of intestinal and extraintestinal manifestations, laboratory tests, endoscopy and histology can help differential di-agnosis.

Indirizzo per la corrispondenza

Paolo LionettiSODc Gastroenterologia e Nutrizione, Ospedale Pediatrico Meyerviale Pieraccini 24, 50139 FirenzeE mail: [email protected]

IBD HIGHLIGHTSa cura diFortunata Civitelli

Generalità sulla malattia di Behçet e criteri diagnosticiLa malattia di Behçet (Behçet’s disease, BD) è una patologia infiammatoria sistemica che presenta delle caratteristiche in comune sia con le malattie auto-in-fiammatorie che con le vasculiti. La patogenesi, non ancora del tutto chiarita, vede coinvolti diversi fattori genetici (legati alla regolazione della risposta immuni-taria) e ambientali, il che potrebbe spiegare la variabi-lità dell’espressione clinica 1. La frequenza della BD è maggiore lungo l’antica via della seta. La prevalenza è maggiore in Turchia (80-370/100.000), è compresa tra 13,5 e 35/100.000 in Giappone, Corea, Cina, Iran, Arabia Saudita, è inve-ce tra 0,27 e 5,2/100.000 in Europa settentrionale e negli Stati Uniti. In Italia la prevalenza stimata è 3,8-15,9/100.000 2, 3. Nelle aree in cui la malattia è più co-mune non vi è differenza di incidenza nei due sessi, mentre negli Stati Uniti e in Europa settentrionale le donne sono più colpite degli uomini. La BD esordisce tipicamente tra 20 e 40 anni, tuttavia nel 4-26% dei casi l’esordio avviene prima dei 16 anni 1. In età pedia-trica la frequenza dell’uveite è inferiore rispetto all’età adulta e vi è un alto tasso di aggregazione familiare, il che suggerisce una più forte componente genetica. I criteri diagnostici più usati per la BD sono quel-li dell’International Study Group for Behçet’s disease pubblicati nel 1990 4, che vedono come requisito es-senziale le afte orali ricorrenti, rilevate dal medico o dal paziente, con almeno tre episodi l’anno, e almeno due tra i seguenti segni, in assenza di altre spiegazioni cliniche:• aftosi genitale ricorrente: ulcere o esiti cicatriziali, os-

servati dal medico o dal paziente;• lesioni oculari: uveite anteriore o posteriore, cellule in

umor vitreo, vasculite retinica; • lesioni cutanee: eritema nodoso osservato dal medi-

co o dal paziente, lesioni papulo-pustolose o pseu-do-follicolite con noduli acneiformi, rilevate dal me-dico;

• test della patergia positivo: la patergia  rappre-senta  un’iperattività  cutanea  a  semplici  traumi

C. Rubino et al.

22

quali,  ad  esempio,  la  pun-tura  con  un  ago. Il test viene eseguito iniettando sottocute 0,5 ml di soluzione salina con un ago 20  gauge (inserzione obli-qua per 5 mm nella cute, in ge-nere all’avambraccio), è positivo se alla lettura a 24-48 ore com-pare una papulo-pustola sterile di diametro maggiore di 2 mm.

Un recente studio prospettico os-servazionale multicentrico ha indi-viduato le caratteristiche cliniche più frequenti della BD in età pe-diatrica e, in base a queste, sono stati proposti dei nuovi criteri dia-gnostici 1: • aftosi orale ricorrente: almeno

tre l’anno;• aftosi o ulcere genitali, tipica-

mente con esito cicatriziale;• coinvolgimento cutaneo: follico-

lite necrotizzante, lesioni acnei-formi, eritema nodoso;

• coinvolgimento oculare: uveite anteriore o posteriore, vasculite retinica;

• segni neurologici, ed eccezione di cefalea isolata;

• segni vascolari: trombosi veno-se, trombosi arteriose, aneuri-smi arteriosi.

Ciascun criterio corrisponde a un punto e sono necessari 3 punti su 6 per porre diagnosi di BD pedia-trica. Tali criteri devono ancora essere validati su una coorte in-dipendente da quella dello studio ma rappresentano un riferimento per futuri trial terapeutici.

Caratteristiche cliniche della malattia di Behçet gastrointestinaleLe manifestazioni gastrointesti-nali della BD si presentano in una percentuale compresa tra il 3 e il 25% di pazienti adulti con BD, con una certa variabilità geografi-ca. Tali manifestazioni si presenta-no in genere tra 4, 5 e 6 anni dopo l’insorgenza delle ulcere orali 2. In

età pediatrica diversi studi riporta-no una frequenza maggiore delle manifestazioni gastrointestinali, che può arrivare fino al 50% dei casi  5. Hung et al., in uno studio del 2013, hanno evidenziato una maggiore frequenza delle mani-festazioni gastrointestinali come sintomi di presentazione della BD nei pazienti sotto i 10 anni rispetto a quelli tra 10 e 16 anni (57,1% vs 0%) 5. Nella BD si distinguono due forme di interessamento gastrointestina-le. La più comune è la vasculite neutrofila dei piccoli vasi, soprat-tutto vene e venule, che provoca infiammazione mucosale e forma-zione di ulcere. Più rara è invece la vasculite dei grandi vasi, ad esem-pio le arterie mesenteriche, che può condurre a infarti intestinali 2.La sede più spesso coinvolta è l’i-leo, seguito dal cieco e dal colon. Questi segmenti presentano tipi-camente ulcere mucosali singole o comunque in numero inferiore a cinque, di diametro maggiore di 1  cm, forma rotonda o ovale, con margini discreti e distribuzio-ne focale (Fig.  1). Raramente tali lesioni si complicano con steno-si, ascessi, fistole e perforazioni. Sono fattori di rischio per la perfo-razione l’età inferiore a 25 anni alla diagnosi, una pregressa laparoto-mia e ulcere “a vulcano” (ulcere penetranti in profondità con mar-gini nodulari, pieghe convergenti o pseudopolipi) alla colonscopia. Le manifestazioni cliniche più co-muni sono addominalgia, nausea, vomito, diarrea. Meno frequenti sono invece sanguinamento ga-strointestinale e calo ponderale 6. L’esofago è colpito raramente (2-11%) e in più del 50% dei casi è associato al coinvolgimento di altri tratti intestinali 2. Le manifestazio-ni cliniche possono essere dolore retrosternale, disfagia, odinofagia, melena ed ematochezia. A livello endoscopico sono presenti ulce-re singole o multiple, che tendono

ad aggregare nell’esofago medio-distale. Possono esserci compli-canze tipo stenosi, perforazioni, fistole. Le varici esofagee sono descritte in pazienti con ostruzio-ne cavale. Lo stomaco è la sede gastroin-testinale meno colpita e i sintomi sono dispepsia ed epigastralgia 2. All’esame endoscopico possono essere riconosciute ulcere gastro-duodenali oppure isolate in sede gastrica o duodenale. Tali ulcere sono tipicamente resistenti alla terapia medica antiacida. Il coinvolgimento ano-rettale è raro, si osserva in meno dell’1% dei casi  6. Le lesioni in tale sede sono ulcere con le medesime ca-ratteristiche di quelle ileo-cecali. La sindrome di Budd-Chiari è la manifestazione più frequente di un coinvolgimento epatico. La preva-lenza è compresa tra 1,3 e 3,2% dei casi  2. La trombosi venosa è legata alla disfunzione endotelia-le secondaria alla vasculite. Altre forme di coinvolgimento epatico nella BD sono la formazione di ascessi asettici, epatite cronica e colangite sclerosante 2.

FIGURA 1.Ampia ulcera nel colon trasverso in pa-ziente con BD (da Hokama, Kishimoto, Ihama, et al., Endoscopic and radio-graphic features of gastrointestinal involvement in vasculitis. World J Ga-strointest Endosc 2012;4:50-6, mod.).

IBD HIGHLIGHTS La malattia di Behçet a localizzazione gastrointestinale:

caratteristiche e diagnosi differenziale con la malattia di Crohn

23

Il coinvolgimento pancreatico nella BD è descritto in rari casi di pancreatite acuta e cronica 2.

Diagnosi differenziale della malattia di Behçet gastrointestinaleLa BD intestinale può porre pro-blemi di diagnosi differenziale con le malattie infiammatorie croniche intestinali, in particolare la malat-tia di Crohn (Crohn’s disease, CD) e con patologie infettive. BD e CD possono avere una pre-sentazione clinica analoga. Sono accomunate dal coinvolgimento preferenziale del tratto ileo-ceco-colico con ulcere discontinue e dalla possibile presenza di ulcere orali. All’esame istologico posso-no esservi in entrambe reperti di infiammazione linfocitica o neu-trofila aspecifica. Inoltre alcune delle manifestazioni extra-intesti-nali quali artrite, eritema nodoso e uveite, possono essere presenti in entrambe le patologie 2. Alcuni elementi tuttavia possono aiutare nella diagnosi differenzia-le. 1. La localizzazione perianale,

presente in circa un terzo dei pazienti con CD, è rara nei pa-zienti con BD.

2. Le complicanze intestina-li sono più frequenti nella CD per la maggiore infiammazione transmurale. Un lavoro di Jung et al.  7 ha evidenziato nella CD una frequenza significa-tivamente maggiore di fistole (CD 27,4% vs BD 7,6%), ste-nosi (CD 38,3% vs BD 7,2%), ascessi (CD 19,6% vs BD 3,3%).

3. Nella CD le lesioni si presenta-no macroscopicamente come afte longitudinali, con aspetto ad acciottolato per le fissu-razioni profonde. La distribu-zione delle lesioni, sebbene

discontinua in entrambi i casi, appare più diffusa nella CD. Nella BD le lesioni appaiono di forma rotonda o ovale, di dimensioni maggiori di 1  cm, singole o comunque in numero inferiore a 5, con distribuzione focale. Lee et al. 8 sono riusciti a differenziare BD e CD in più del 90% dei casi in base alla forma e alla distribuzione delle ulcere alla colonscopia.

4. All’esame istologico delle le-sioni il riscontro di granulomi non necrotizzanti è suggestivo per CD, sebbene questi siano riconoscibili nel 15-36% dei casi. Le lesioni vasculitiche orientano invece verso la BD.

5. Il coinvolgimento oculare viene riscontrato nel 5% dei casi di CD e si tratta prevalentemente di quadri di episclerite 10. Men-tre nella BD l’interessamento oculare è presente nel 25-75% dei casi e la manifestazione più frequente è l’uveite, spesso posteriore 3.

6. Per quanto riguarda le altre manifestazioni extra-intesti-nali, nella CD l’artrite è la più frequente. Tra le manifestazio-ni cutanee, l’eritema nodoso si presenta nel 6-15% dei pa-zienti, il pioderma gangrenoso nello 0,1-1,2%  9. Le manife-stazioni del sistema epato-bi-lio-pancreatico comprendono colangite sclerosante primi-tiva, epatite cronica autoim-mune, litiasi biliare  9,  10. Nella BD le tipiche manifestazioni extra-intestinali sono le ulce-re orali (più grandi, frequenti e persistenti che nella CD) e genitali, le lesioni dermato-logiche papulo-pustolari e pseudo-follicolitiche, le mani-festazioni neurologiche (lesio-ni parenchimali, trombosi ve-nosa cerebrale, pseudotumor cerebri, ictus) e vasculitiche 3. Inoltre, sia l’eritema nodoso che l’artrite periferica sono

più frequenti nella BD che nel-la CD 3, 9.

7. La sierologia ha un ruolo li-mitato nella diagnosi diffe-renziale. Infatti gli ASCA (an-ticorpi  anti-saccharomyces cerevisiae) sono positivi nel 41-76% dei pazienti con CD, ma anche nello 0-44,3% dei pazienti con BD intestinale. Le IgM anti-alfa-enolasi sono po-sitive nel 50% dei casi di CD e nel 67,5% dei casi di BD ga-strointestinale 2.

Tra le forme infettivologiche la tu-bercolosi intestinale può essere difficilmente distinguibile dalla BD e dalla CD sia dal punto di vista clinico che endoscopico e va con-siderata in diagnosi differenziale soprattutto in soggetti provenienti da paesi endemici  6. La sintoma-tologia è caratterizzata da dolore in fossa iliaca destra, febbre, su-dorazioni notturne, calo ponde-rale. Le indagini diagnostiche in questo caso si avvalgono dell’in-tradermoreazione di Mantoux o dell’Interferon-Gamma Release Assay (Quantiferon o T-Spot) e la successiva conferma avviene con ricerca del Mycobacterium tuber-colosis tramite metodica PCR ed esame colturale sulle biopsie ot-tenute dalla colonscopia. L’amebiasi intestinale costituisce un altro quadro di natura infettiva da considerare in diagnosi diffe-renziale in soggetti provenienti dal Medio-Oriente 6. Le ulcere dell’a-mebiasi intestinale sono tipica-mente localizzate in regione ileo-cecale, ma hanno una maggiore estensione laterale e una minore profondità rispetto a quelle della BD. Per escluderla è necessaria la ricerca di parassiti e uova nelle feci. Le ulcere indotte da FANS, che spesso pazienti con BD assumo-no a scopo sintomatico, sono in-vece meno profonde, meno este-se e meno numerose di quelle da BD 6.

C. Rubino et al.

24

Diagnosi, prognosi e terapia della malattia di Behçet gastrointestinaleCheon et al. 11 hanno proposto un algoritmo per la diagnosi di BD in-testinale, che in base alle caratte-ristiche dell’ulcera ileocecale e alle manifestazioni associate individua quattro categorie (Fig.  2): BD in-testinale determinata, probabile, possibile, non diagnosticata. Le prime tre categorie hanno sensibi-lità 98,6%, specificità 83%, valo-re predittivo positivo 86%, valore predittivo negativo 98%. Per monitorare l’attività della BD intestinale è stato introdotto nel 2011 uno specifico Disease Ac-tivity Index for Intestinal Behçet’s disease (DAIBD)  12, mentre prima l’attività veniva valutata con indi-ci impiegati per la CD. Il DAIBD valuta otto parametri, riportati in Tabella  I. In base al punteggio complessivo l’attività di malattia

viene classificata come quiescen-te, intermedia, moderata, grave. La valutazione non richiede dati endoscopici o di laboratorio, il che è un vantaggio perché ne consen-te l’utilizzo anche in ambulatorio. Tuttavia il punteggio non sembra correlare perfettamente con i re-perti endoscopici e non è ancora chiaro se sia il quadro clinico o quello endoscopico ad avere la migliore associazione con la pro-gnosi.La prognosi a lungo termine del-la BD intestinale sembra sovrap-ponibile a quella della CD  2,  13. Il 28,5% dei pazienti ha un decorso clinico grave, con diverse recidi-ve e cronicizzazione dei sintomi. Il tasso di ricorso alla chirurgia è elevato: 20% a 1  anno, 27-33% a 5 anni, 31-46% a 10 anni dalla diagnosi  2. Sono fattori predittivi di ricorso alla chirurgia la giovane età (< 40 anni) alla diagnosi, un’al-ta attività di malattia (DAIBD > 70) alla diagnosi, la presenza di ulce-

re “a vulcano” all’endoscopia. Un esteso coinvolgimento ileale e il coinvolgimento oculare sono fat-tori prognostici negativi. La Tabella  II riassume le opzioni terapeutiche per la BD gastroin-testinale e i livelli di evidenza di-sponibili per ciascuna opzione, aggiornati al 2015 2. Per la malattia di gravità inter-media la terapia di prima linea è l’acido 5-aminosalicilico o 5-ASA (Fig.  3)  13. Nei casi refrattari o di gravità moderata-severa si pos-sono somministrare i corticoste-roidi. Per i casi steroido-resistenti o steroido-dipendenti sono indi-cati i farmaci immunomodulatori (azatioprina, 6-mercaptopurina) o, in alternativa, i farmaci anti-TNF alfa (infliximab, etanercept, ada-limumab). La chirurgia è indicata in caso di mancata risposta alla terapia medica o di complicanze intestinali (perforazione, sangui-namento persistente).

FIGURA 2.Algoritmo per la diagnosi di BD intestinale (da Cheon et al., 2009 11, mod.).

* Tipica: < 5 ulcere, di forma ovale, profonde, a margini ben definiti, localizzate in regione ileo-cecale.** Atipica: ulcerazioni che non soddisfano tutti i criteri per ulcera tipica.

IBD HIGHLIGHTS La malattia di Behçet a localizzazione gastrointestinale:

caratteristiche e diagnosi differenziale con la malattia di Crohn

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ConclusioniIl coinvolgimento intestinale è causa importante di morbidità nei pazienti con BD e può mani-festarsi con un ampio spettro di

sintomi. La presentazione clinica della BD intestinale può essere sovrapponibile a quella della CD. Tuttavia, un’attenta analisi delle caratteristiche cliniche (intestinali

ed extraintestinali), endoscopi-che e istologiche può consentire la diagnosi differenziale tra le due patologie.

TABELLA I.Parametri e punteggio per il calcolo del Disease Activity Index for Intestinal Behçet’s disease (DAIBD) (da Cheon et al. 2011 12, mod.).

Parametro Punteggio

Condizioni generali nella settimana precedente• buone• discrete• mediocri• scadenti• pessime

010203040

Febbre• < 38°• ≥ 38°

010

Manifestazioni extraintestinali 5 punti per ciascuna manifestazione*

Dolore addominale nella settimana precedente:• assente• lieve• moderato• grave

0204080

Massa addominale• assente• massa palpabile

010

Tensione addominale• assente• lieve• moderata-severa

01020

Complicanze intestinali 10 punti per ciascuna manifestazione**

Numero di evacuazioni liquide nella settimana precedente:

• 0• 1-7• 8-21• 22-35• ≥ 36

010203040

Gravità di malattia• BD intestinale quiescente• BD intestinale lieve• BD intestinale moderata• BD intestinale grave

Punteggio totale≤ 19

20-3940-74≥ 75

* Vengono aggiunti 5 punti per ciascuna delle seguenti manifestazioni: ulcere orali, ulcere genitali, lesioni oculari, lesioni cutanee, artralgie. Vengono aggiunti 15 punti per ciascuna delle seguenti manifestazioni: coinvolgimento vascolare, coinvolgimento del sistema nervoso centrale. ** Fistola, perforazione, ostruzione intestinale

C. Rubino et al.

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TABELLA II.Terapia della Malattia di Behçet (da Skef et al., 2015 2, mod.).

Terapia Livello di evidenza pubblicato

5-ASA/sulfasalazina Studi di coorte retrospettivi

Corticosteroidi Raccomandazioni delle European League Against Rheumatism

Talidomide Case reports

Azatioprina, 6-mercaptopurina Studi di coorte retrospettivi

Micofenolato Case reports

Methotrexate Case series

Tacrolimus Case reports

Infliximab Trial clinici a braccio singolo, studi di coorte retrospettivi, case series

Adalimumab Trial prospettici, senza braccio di controllo con placebo

Etanercept Case reports

FIGURA 3.Approccio terapeutico per la BD gastrointestinale (da Cheon et al., 2009 17, mod.).

IBD HIGHLIGHTS La malattia di Behçet a localizzazione gastrointestinale:

caratteristiche e diagnosi differenziale con la malattia di Crohn

27

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13 Cheon JH, Kim WH. An update on the diagnosis, treatment, and prognosis of intestinal Behçet’s disease. Curr Opin Rheumatol 2015;27:24-31.

• La malattia di Behçet (Behçet’s disease, BD) è una patologia infiammatoria sistemica cronica che presenta delle caratteristiche comuni sia con le malattie auto-infiammatorie sia con le vasculiti.

• Le caratteristiche cliniche principali della BD in età pediatrica includono: aftosi orale e genitale ricorrente, manifesta-zioni articolari, lesioni cutanee, oculari, neurologiche e vascolari.

• In una percentuale variabile (3-25%) di pazienti è possibile un coinvolgimento gastrointestinale, con sintomatologia clinica e aspetto endoscopico (lesioni ulcerative a livello ileo-cieco-colon) sovrapponibili alla malattia di Crohn (MC).

• La diagnosi differenziale tra le due patologie è spesso complessa e richiede un’attenta analisi delle manifestazioni cliniche (intestinali ed extra-intestinali), dei dati di laboratorio, endoscopici e istologici.

• Le opzioni terapeutiche per la BD sono simili a quelle usate nella MC: 5-ASA nelle forme lievi, corticosteroidi nelle recidive, farmaci immunosoppressori e biologici nelle forme moderate-severe.

28 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:28-31; doi: 10.19208/2282-2453-146

Terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile in età pediatricaPharmacological therapy for irritable bowel syndrome in children

Eleonora Giannetti (foto)Erasmo Miele

Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria,

Università di Napoli “Federico II”

Key wordsMicrobiota • Irritable bowel

syndrome • Functional gastrointestinal disorders •

Pharmacological therapies • Probiotics

AbstractIrritable bowel syndrome includes abdomi-nal pain (AP) or discomfort associated with changes in bowel patterns. The four therapeu-tic approaches include pharmacologic, dietary, psychosocial and complementary/alternative medicine interventions. A Cochrane review con-cluded that only weak evidence exists regarding beneficial effects of pharmacological agents in functional AP in children.

Indirizzo per la corrispondenza

Erasmo MieleDipartimento di Scienze Mediche Traslazionali, Sezione di Pediatria, Università di Napoli “Federico II” via Pansini 5, 80131 NapoliE-mail: [email protected]

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY

PHARMACOLOGY a cura diMonica Paci

La sindrome del colon irritabile (SCI), in accordo con i criteri di Roma, è caratterizzata da dolore addomina-le o “discomfort” (sensazione di fastidio), associati ad alterazioni dell’alvo (Tab. I) 1. La letteratura riporta una prevalenza della SCI che varia tra il 6% e il 14% nei bambini e tra il 22% e il 35,5% negli adolescenti. Una diagnosi in cui il medico sia sicuro di ciò che afferma, che preveda la sola spiegazione della causa del dolore associata alla rassicurazione, può essere terapeutica. Obiettivi specifici della terapia comprendono modifi-che della gravità dei sintomi e lo sviluppo di strategie per affrontare meglio la sintomatologia 1. Come nell’adulto, anche in età pediatrica i nuovi criteri di Roma IV raccomandano una sub-classificazione in differenti sottotipi in base alla tipologia di alvo predo-minante (stipsi- SCI [S-SCI] o diarrea-SCI [D-SCI]). In età pediatrica, come dimostrato in uno studio recente, il sottotipo “con stipsi” risulta essere quello prevalen-te, con una frequenza significativamente maggiore nel sesso femminile 2.Nonostante non sia stata raggiunta ancora una com-pleta conoscenza della fisiopatologia di tale disordine, la SCI è considerata un disordine dell’asse cervello-in-testino. Questa connessione bidirezionale tra il sistema nervoso centrale ed enterico collega i centri emoziona-li e cognitivi del cervello con le funzioni e i meccanismi intestinali periferici (quali la motilità intestinale, l’attiva-zione immunitaria, la permeabilità intestinale, il siste-ma di segnale entero-endocrino): i mediatori di segna-le neuro-immuno-endocrini sono alla base di questa connessione, che determina l’espressione clinica della maggior parte dei Disordini Funzionali Gastrointestinali (DFGI) 3. Lo scopo di ogni intervento terapeutico deve essere il miglioramento della qualità di vita. Il passo più im-portante nella gestione dei bambini con SCI consiste nello spiegare la diagnosi ai genitori e, se possibile, al bambino e nel fornire strategie per far fronte allo stress rassicurando che non vi è alcuna malattia organica di base 4.La gestione complessiva dei bambini con SCI do-vrebbe essere stabilita in base ai sintomi specifici del

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile in età pediatrica

29

paziente e a trigger identificabili. Il modello biopsicosociale per i DFGI rappresenta il caposaldo di un approccio multidisciplinare.I quattro approcci terapeutici prin-cipali includono interventi diete-tici (fibre, restrizioni dietetiche), interventi psicosociali (terapia comportamentale, psicoterapia), interventi farmacologici (rilassanti muscolari, antidepressivi triciclici, olio di menta piperita, probiotici) e medicine complementari/alterna-tive. I trattamenti farmacologici dispo-nibili per la gestione della SCI sono molteplici, e l’utilizzo di molti di questi è raccomandato dalle li-nee guida internazionali. Cionono-stante, un’analisi critica ha dimo-strato che l’evidenza dell’efficacia delle diverse classi di farmaci approvati, compresi antispastici e antidepressivi, è debole. Studi condotti sia in età adulta, che in età pediatrica, infatti, hanno dimo-strato che esiste una percentuale di pazienti con SCI che risponde al placebo 5. La farmacoterapia comprende gli antidepressivi, gli antispastici, la ciproeptadina, l’olio di menta pi-perita, gli antibiotici e i probiotici 6. Gli antidepressivi sono tra gli agenti farmacologici più studiati nei DFGI: i trials sul loro utilizzo in

età pediatrica mostrano tuttavia risultati contrastanti. In uno studio randomizzato, doppio-cieco, con-trollato, con 33 partecipanti di età compresa tra i 12 e i 18 anni, i pa-zienti che hanno assunto amitrip-tilina hanno riportato un migliora-mento della qualità di vita e una significativa riduzione della diar-rea e del dolore addominale  7. In uno studio multicentrico, condot-to da Saps e colleghi, su 83 bam-bini con diagnosi di SCI, dolore addominale funzionale o dispep-sia funzionale, randomizzati in due gruppi (placebo/amitriptilina), non si evidenziava una differenza significativa tra i due gruppi 8. Una Cochrane review conclude che l’amitriptilina non sembra appor-tare beneficio nel trattamento dei DFGI in bambini e adolescenti.Farmaci antispastici, quali l’olio di menta piperita, si pensa sia-no utili nel trattamento dei dolori addominali funzionali (DAF) per i loro effetti sulla diminuzione de-gli spasmi della muscolatura li-scia del tratto gastrointestinale, che sembra siano responsabili di sintomi quali il dolore. In una re-cente meta-analisi, la classe degli antispastici è risultata maggior-mente efficace rispetto al placebo nel trattamento di adulti affetti da SCI 9.

Uno studio recente ha valutato l’effetto della terapia con trime-butina maleato in bambini e ado-lescenti affetti da SCI. Nel 94,9% dei bambini trattati è stata os-servata risoluzione dei sintomi al termine delle 3  settimane di te-rapia, rispetto al gruppo non in trattamento, in cui la risoluzione spontanea della sintomatologia è stata osservata solo nel 20,5% dei bambini 10. Resta tuttavia non valutato il ruolo del possibile effet-to placebo.La ciproeptadina è un farmaco con diversi meccanismi di azione, tra cui proprietà antistaminiche, anticolinergiche e antiserotoni-nergiche, così come una possi-bile azione di blocco dei canali del calcio. È stata utilizzata per la stimolazione dell’appetito e per la prevenzione del dolore e del vo-mito nell’emicrania addominale e nella sindrome del vomito ciclico. In un trial condotto su 29 bambini e adolescenti con DAF, gli auto-ri hanno riportato che l’86% dei pazienti del gruppo in trattamen-to con ciproeptadina mostrava miglioramento o risoluzione del dolore addominale rispetto al 35,7% del gruppo che assumeva placebo. Tali risultati necessitano tuttavia di ulteriore conferma con studi più ampi  11. Recentemente è stato riportato, in uno studio retrospettivo in aperto, che la ci-proeptadina è risultata sicura ed efficace per la terapia dei bam-bini con sintomi dispeptici  12. Il meccanismo attraverso il quale tale farmaco migliorerebbe i sin-tomi dispeptici può essere corre-lato agli effetti serotoninergici a livello gastrico.Il ruolo degli antibiotici nel tratta-mento dei bambini con SCI rima-ne controverso. Il razionale alla base di tale terapia è quello di trattare la proliferazione batterica del piccolo intestino. La rifaximi-na, un antibiotico non assorbibi-le, off-label in età pediatrica, è un

TABELLA I.Criteri diagnostici (Roma IV) per la diagnosi di sindrome del colon irritabile in età pediatrica.

Deve includere tutti i seguenti criteri, soddisfatti per almeno 2 mesi prima della diagnosi:

1. Dolore addominale per almeno 4 giorni al mese, associato a uno o più dei seguenti: a. correlazione con la defecazione; b. cambiamento della frequenza evacuativa; c. cambiamento della consistenza delle feci.

2. In bambini con stipsi, il dolore non si risolve con la risoluzione della stipsi (i bambini in cui il dolore si risolve hanno una stipsi funzionale e non una SCI).

3. Dopo una valutazione appropriata, i sintomi non possono essere completamente spiegati da altra condizione medica.

E. Giannetti, E. Miele

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farmaco utilizzato nei pazienti con SCI. La sua efficacia è stata dimo-strata in due ampi studi randomiz-zati controllati; l’effetto rispetto al placebo sembra persistere per 8 settimane dopo la cessazione del trattamento 13. I probiotici giocano un ruolo emergente nella terapia dei DFGI, a causa del crescente riconosci-mento dell’importanza del micro-biota intestinale nell’influenzare l’asse cervello-intestino, e del ruolo svolto dalle infezioni intesti-nali nella genesi dei DFGI correlati al dolore addominale 14. Numerosi trials, la maggior parte condotti su popolazioni di studio con numerosità ridotta, hanno di-mostrato l’efficacia dei probiotici nei pazienti adulti con DFGI. In età pediatrica sono disponibili pochi studi clinici randomizzati. Guandalini ha condotto un trial in doppio cieco, randomizzato cross-over, placebo-controllo  15, in bambini e adolescenti con SCI, per valutare l’effetto di una misce-la di probiotici (VSL#3), costituita da elevate concentrazioni di otto differenti ceppi batterici (Lactoba-cillus acidophilus, Lactobacillus plantarum, Lactobacillus casei, Lactobacillus bulgaricus, Bifido-bacterium breve, Bifidobacterium longum, Bifidobacterium infantis, e Streptococcus thermophilus). I risultati hanno mostrato che nel periodo in cui assumevano VSL#3, i pazienti presentavano un miglioramento del dolore e gon-fiore addominale che è risultato essere significativo rispetto al pla-cebo. Nel 2014 sono state condotte una review sistematica e una meta-nalisi 16 che hanno incluso 9 trials sull’efficacia di differenti probiotici nel trattamento dei DFGI in bam-bini e adolescenti. La metanalisi concludeva che il Lactobacillus GG, Lactobacillus reuteri DSM 17938 e il VSL#3 aumentano si-gnificativamente il successo te-

rapeutico, in particolare in colo-ro che hanno anche alterazioni dell’alvo. Recentemente abbiamo valutato l’efficacia di una miscela di 3 bifi-dobatteri (Bifidobacterium infantis M-631, breve M-16V1 e longum BB5361) in bambini con SCI e DF. Il principale risultato del nostro stu-dio è stato una significativa ridu-zione del dolore addominale in pa-zienti con SCI trattati con probiotici rispetto a coloro che assumevano placebo. Inoltre, abbiamo riscon-trato un miglioramento della qualità di vita in una proporzione significa-tiva di pazienti con SCI trattati con la miscela di bifidobatteri. Tuttavia, tali risultati non si sono confermati nel pazienti con DF 17.In conclusione, le evidenze sull’efficacia del trattamento far-macologico nei bambini con SCI sono scarse. Non è possibile rac-comandare una specifica tera-pia farmacologica. Il clinico può valutare di prescrivere eventual-mente una terapia farmacologica nei pazienti che presentano una sintomatologia più severa, che non risponde a interventi dietetici e alla rassicurazione e che non si risolve nel tempo. Sono necessari, pertanto, ulteriori studi clinici, con follow-up a lun-go termine e ben disegnati, per confermare i dati già esistenti in letteratura.

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14 Carabotti M, Scirocco A, Maselli MA, et al. The gut-brain axis: in-teractions between enteric mi-

NEWS IN PEDIATRIC GASTROENTEROLOGY PHARMACOLOGY Terapia farmacologica della sindrome del colon irritabile in età pediatrica

31

• La sindrome del colon irritabile (SCI), in accordo con i criteri di Roma, è caratterizzata da dolore addominale o “discomfort”, associati ad alterazioni dell’alvo.

• La letteratura riporta una prevalenza della SCI che varia tra il 6% e il 14% nei bambini e tra il 22% e il 35,5% negli adolescenti.

• Nonostante non sia stata raggiunta ancora una completa conoscenza della fisiopatologia di tale disordine, la SCI è considerata un disordine dell’asse cervello-intestino.

• I quattro approcci terapeutici principali includono interventi dietetici (fibre, restrizioni dietetiche), interventi psicosocia-li (terapia comportamentale, psicoterapia), interventi farmacologici (rilassanti muscolari, antidepressivi triciclici, olio di menta piperita, probiotici) e medicine complementari/alternative.

• La farmacoterapia comprende gli antidepressivi, gli antispastici, la ciproeptadina, l’olio di menta piperita, gli antibiotici e i probiotici.

crobiota, central and enteric ner-vous systems. Ann Gastroenterol 2015;28:203-9.

15. Guandalini S, Magazzù G, Chia-ro A, et al. VSL#3 improves sym-ptoms in children with irritable bowel syndrome: a multicenter, randomized, placebo-controlled, double-blind, crossover stu-

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32 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:32; doi: 10.19208/2282-2453-147

Un caso complesso di atresia esofageaA rare case of esophageal atresia

Manuela Capozza1 (foto)Domenico Martinelli2

Nicola Laforgia1

1 UOC Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale. Dipartimento

di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università degli Studi

di Bari “Aldo Moro”, Bari; 2 UOC Neonatologia e Terapia Intensiva

Neonatale “F. Miulli”, Ente Ecclesiastico, Ospedale Generale

Regionale Acquaviva delle Fonti, Bari

Indirizzo per la corrispondenza

Manuela CapozzaUOC Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale. Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”piazza Giulio Cesare 11, 70124 BariE-mail: [email protected]

a cura diANTONIO DI MAURO

CASE REPORT

Presentazione clinicaD. è un neonato late-preterm nato a 35+5 settimane di età gestazionale da taglio cesareo, con sospetto pre-natale di atresia esofagea. La radiografia del torace eseguita alla nascita, dopo posizionamento di son-dino nasogastrico, ha mostrato un’atresia esofagea con doppia fistola tracheoesofagea di tipo IV secondo Vogt-Roberts o D secondo Gross.In terza giornata di vita il paziente è stato sottoposto a intervento chirurgico correttivo con confezionamento di anastomosi esofagea termino-terminale e riparazio-ne della fistola tracheoesofagea. Dopo l’intervento ha effettuato nutrizione parenterale esclusiva per 9 giorni e in decima giornata postoperatoria è stata iniziata mi-nimal enteral feeding, con scarsa tolleranza enterale. A un mese di vita è stato pertanto sottoposto a rivaluta-zione endoscopica con evidenza di stenosi esofagea da anello tracheale cartilagineo, per la quale ha effet-tuato un secondo intervento chirurgico.

Esame obiettivoDopo il secondo intervento chirurgico il paziente ha continuato a presentare difficoltà nell’alimentazione e scarsa coordinazione suzione-deglutizione. Nono-stante la modifica del tipo di latte e il frazionamento dei pasti, è stato necessario proseguire la nutrizione parenterale per 44 giorni complessivi, per consentire un adeguato incremento ponderale. D. ha inoltre iniziato a presentare frequenti episodi di desaturazione e crisi di apnea, successivamente o in concomitanza con le poppate, con necessità di mano-vre rianimatorie per ripristinare i normali parametri vitali.

Possibili ipotesi diagnostiche• Deiscenza della sutura chirurgica• Stenosi dell’anastomosi esofagea• Sepsi post-chirurgica• Tracheomalacia post-atresia esofagea• Malattia da reflusso gastroesafageo

Sviluppo e soluzione del caso clinico a pagina 42

33Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:33-36; doi: 10.19208/2282-2453-148

Il ruolo dell’endoscopia nella malattia di Crohn con localizzazione del tratto

gastrointestinale altoThe role of endoscopy in Crohn's disease located to the

upper gastrointestinal tract

Salvatore Oliva (foto)Salvatore Cucchiara

UOC di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica, Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria Infantile, La Sapienza, Università di Roma

Key wordsInflammatory bowel disease • Upper GI endoscopy • Biologics • Porto criteria

AbstractUpper gastrointestinal (GI) tract in-flammation in inflammatory bowel disease has become increasingly recognized, even in the absence of specific localizing symptoms, as children more frequently undergo upper endos-copy according to the recent Porto criteria. Pedi-atric data suggest that upper endoscopy is useful in differentiating CD from ulcerative colitis, when inflammation is otherwise predominantly confined to the colon; however, this question has yet to be studied in adults. Infliximab therapy for upper GI-CD seems as effective as that seen for more distal GI inflammation.

Indirizzo per la corrispondenza

Salvatore OlivaUOC di Gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica,Dipartimento di Pediatria e Neuropsichiatria InfantileLa Sapienza, Università di Romaviale Regina Elena 326, 00161 RomaE-mail: [email protected]

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARYa cura di

Salvatore Oliva

IntroduzioneLa maggiore frequenza e facilità di esecuzione delle eso-fagostroduodenoscopie (EGDS) ha fatto aumentare nei pazienti con IBD, l’interesse verso la localizzazione “alta” della malattia di Crohn (MC), definita appunto come flo-gosi in qualsiasi punto tra l’esofago e le prime anse duo-denali. Inoltre, è stato di recente messo in discussione il vecchio paradigma secondo cui la presenza di un'infiam-mazione in un qualsiasi punto dell’intestino che non fos-se il colon precludesse la diagnosi di colite ulcerosa (CU). Diversi studi hanno dimostrato la reale frequenza delle lesioni alte da malattia di Crohn e l’utilità dell’esecuzione dell’endoscopia alta nel sospetto di IBD. Tuttavia, a oggi, non ci sono ancora criteri validati per definire questo tipo di lesioni, né chiare raccomandazioni per l’esecuzione dell’EGDS nei pazienti adulti con IBD senza sintomi ca-ratteristici di interessamento alto.

PrevalenzaLa prevalenza della localizzazione alta della MC varia significativamente nelle diverse casistiche a seconda dell’indicazione all’EGDS (di routine o come valuta-zione dei pazienti con sintomi suggestivi). I primi studi infatti, eseguiti solo su pazienti sintomatici, riportava-no una prevalenza tra l’1 e il 5% 1, 2. Altri 2 report più recenti evidenziavano una percentuale simile (3-4%), sempre in pazienti sintomatici o con complicanze nel tratto alto (stenosi e/o fistole) 3, 4. Nelle casistiche ba-sate invece sulla effettuazione di EGDS di routine in tutti i pazienti affetti da MC vengono descritte lesioni macroscopicamente evidenti, anche se lievi, tra il 30 e il 64% dei casi 5, 6. Tali percentuali salgono ulteriormen-te nel caso si considerino anche le lesioni microscopi-che, presenti fino al 70% dei casi 7. Più recentemente, in età pediatrica, sono state descritte alterazioni, an-che lievi, del tratto intestinale alto in circa il 64% dei casi in bambini con MC che si sottoponevano a EGDS di routine, a prescindere dalla presenza di sintomi  8. La stessa percentuale (68%) è stata osservata anche in un recente report in pazienti adulti alla diagnosi  9. Il significato di queste lesioni non è stato ancora pie-

S. oliva, S. Cucchiara

34

namente stabilito, ma conferma la natura di infiammazione pan-enterica della MC. Considerando solo questi dati sem-brerebbe che la prevalenza della malattia di Crohn con localizzazio-ne intestinale alta sia più elevata nei bambini piuttosto che negli adulti. In realtà tale differenza è semplice-mente legata alla differente pratica endoscopica in queste due fasce d’età. Negli adulti, infatti, si tende a eseguire l’EGDS soprattutto in pre-senza di sintomi suggestivi, mentre in età pediatrica tale esame viene considerato di routine assieme alla ileocolonscopia. Due recenti studi, infatti, hanno confermato l’assen-za di differenze tra l’età pediatrica e quella adulta per questo tipo di localizzazione 10, 11. Inoltre, sembre-rebbe che la localizzazione alta sia più frequente nei ragazzi più grandi, con percentuali che sono del 5% nella fascia 0-5 anni, del 10% tra 6-12 anni, e superiori al 13% nei ra-gazzi tra i 13-17 anni. Per questo,

sebbene ci sia una grande diso-mogeneità nella descrizione delle lesioni alte, queste non sembrereb-bero essere più frequenti in età pe-diatrica rispetto al passato.

Classificazione e definizioneLa vecchia classificazione di Vienna considerava la localizzazione ga-strointestinale (GI) alta come un’en-tità a se stante, senza contemplare la possibilità di una coesistenza con altre localizzazioni 12. La classifica-zione di Montreal e la sua versione modificata per l’utilizzo pediatrico (la classificazione di Parigi) hanno invece inserito la possibilità che la localizzazione GI alta (nominata L4) sia coesistente con altre localizza-zioni (L1-3)  13. Questa sostanziale differenza nella classificazione ri-flette la maggiore attenzione e con-sapevolezza verso la localizzazione GI alta. Tuttavia, la classificazione di Montreal non specifica nel detta-

glio la tipologia di lesioni compatibili con la definizione di L4, né la sua precisa estensione (Tab. I). La clas-sificazione pediatrica di Parigi, inve-ce, fa un passo in avanti in questo senso, descrivendo meglio la loca-lizzazione e dividendo la classifica-zione L4 in due sub-categorie (L4a, L4b), a seconda che la malattia si localizzi prossimalmente o distal-mente al legamento di Treitz (Tab. I).Ovviamente, la presenza di stenosi o di ulcerazioni estese nello stoma-co/esofago è chiaramente identifi-cativa di questo tipo di localizzazio-ne, mentre le singole ulcere aftoidi non possono sempre essere con-siderate come connesse alla MC. Il Consorzio Nord Americano per la Genetica delle IBD, per esem-pio, ha arbitrariamente stabilito un cut-off superiore a 10 erosioni per la definizione L4. Mentre le altera-zioni istologiche senza presenza di lesioni macroscopicamente eviden-ti, inclusa anche la presenza di un granuloma, non sono considerate

Tabella I. Classificazioni di Vienna, Montreal e Parigi a confronto.

Vienna Montreal Parigi

Età alla diagnosi A1 < 40 aa A1 < 16 aa A1a < 10 aa

A2 > 40 aa A2 > 17aa < 40 aa A1b 10 < 17 aa

A3 > 40 aa A2 17 < 40 aa

A3 > 40 aa

Localizzazione L1 ileale L1 ileale L1 malattia limitata al terzo distale ileo ± ceco

L2 colonica L2 colonica L2 colonico

L3 ileocolonica L3 ileocolonica L3 ileocolonica

L4 localizzazione isolata

L4 localizzazione isolata * L4a Malattia alta prossimale al Legamento di Treitz

L4b Malattia alta distale al legamento di Treitz ma prossimale al terzo distale dell’ileo

Comportamento B1 non-stenosante, non-penetrante

B1 non-stenosante, non-penetrante

B1 non-stenosante non penetrante

B2 stenosante B2 stenosante B2 stenosante

B3 penetrante B3 penetrante B3 penetrante

p malattia perianale modificata† B2B3 stenosante and penetrante

* L4 può essere aggiunto alla classificazione L1-L3 quando è presente anche una localizzazione alta della malattia.† “p” viene aggiunto alla classificazione B1-B3 quando è presente una malattia fistolizzante.

ENDOSCOPY LEARNING LIBRARY Il ruolo dell’endoscopia nella malattia di Crohn con localizzazione del tratto gastrointestinale alto

35

come sufficienti per la classifica-zione di MC gastroduodenale. Alla luce di questa variabilità di inter-pretazione nelle lesioni alte, diventa difficile stimare la reale incidenza e fare degli studi di correlazione ge-notipo-fenotipo che definiscano la tipologia di pazienti realmente coin-volta da questa localizzazione.

Il ruolo dell'endoscopia nella valutazione delle sospette IBD La Società Europea di Gastroen-terologia Pediatrica (ESPGHAN) ha recentemente pubblicato le li-nee guida per la valutazione dei bambini con sospetta IBD. Queste raccomandazioni, definite anche “criteri di Porto”, stabiliscono la necessità di effettuare una valuta-zione con endoscopia alta in tutti i casi di sospetta IBD in età pediatri-ca 14, in contrasto invece a ciò che attualmente avviene nell’adulto, dove l’utilizzo della EGDS viene consigliato solo in caso di sintomi.Il razionale dell’esecuzione di una l’EGDS è basato principalmente su due fattori: 1) la possibilità di fare una valutazione completa delle le-sioni da MC e di stabilire un ade-guato trattamento in base all’esten-sione; 2) la capacità di discriminare più facilmente tra MC e CU nei casi di lesioni localizzate esclusivamen-te al colon. Ovviamente quest’ulti-mo punto diventa superfluo nei casi di MC localizzata anche al piccolo intestino o all’ileo terminale. Sto-ricamente la localizzazione all’in-terno del tratto intestinale è stata utilizzata come determinante nella diagnostica delle IBD 15. Diversi report in letteratura hanno evidenziato come questo para-digma non sia vero in senso as-soluto. Negli ultimi anni, infatti, è stato descritto un interessamento alto anche nella colite ulcerosa, definito appunto “gastroduodeni-te associata a CU” 16. Per questo

motivo la valutazione delle lesio-ni alte deve essere effettuata con cautela e da personale esperto prima di classificare tale quadro come una L4. Sfortunatamente, spesso diventa difficile descrivere le lesioni proprio per la mancan-za di specificità e di letteratura a riguardo. In questi casi la malat-tia infiammatoria continua quindi a essere considerata come “non classificata” (IBD-U secondo l’a-cronimo inglese). Gli aspetti endoscopici alti da MC solitamente includono iperemia, erosioni, ulcerazioni (Figg.  1, 2), stenosi (Figg.  3, 4) e apertura di fistole, mentre la gastrite senza ulcerazioni si osserva più frequen-temente nella CU. Gli aspetti isto-logici comprendono l’edema della mucosa, la presenza di infiamma-zioni, erosioni, ulcerazioni, altera-zioni dei villi e di granulomi. Que-

sti ultimi vengono identificati con maggiore frequenza (40-68%) nel-le biopsie gastriche che in quelle coloniche (13,6-55,6%). Per que-sto anche nell’adulto, come in età pediatrica, bisognerebbe rac-cogliere 2 biopsie per segmento (esofago, stomaco e duodeno) nei casi di EGDS per sospetta IBD.Tuttavia, mentre nell’adulto la pre-senza di lesioni alte correla for-temente con la presenza di altre localizzazioni, in età pediatrica è frequente trovare anche solo delle lesioni esclusivamente localizzate al tratto alto (12-28%). Per que-sto motivo in età pediatrica l’E-SPGHAN e la ECCO raccomanda-no sempre l’esecuzione alla prima valutazione per sospetta IBD, di una EGDS contestualmente alla ileo-colonscopia, a prescindere dalla presenza di sintomi alti.

Figura 1.Ulcere aftoidi dell’antro.

Figura 2.Ulcere del fondo gastrico.

Figura 3.Stenosi del piloro.

Figura 4.Stenosi del piloro.

S. oliva, S. Cucchiara

36

SintomatologiaSebbene la maggior parte dei pa-zienti con una localizzazione alta risulti completamente asintomatica, in una discreta percentuale di casi il sintomo maggiormente indicativo è la presenza di dolore addomina-le nei quadranti superiori (durante e/o immediatamente dopo il pasto). Meno frequentemente si possono riscontrare anche nausea e vomi-to. La perdita di peso, che spesso si osserva, sembrerebbe maggior-mente legata a un comportamento di difesa, piuttosto che a un vero e proprio malassorbimento. Tuttavia lo scarso appetito che ne deriva deve essere sempre valutato con attenzione per la possibile presen-za di una stenosi pilorica e/o duo-denale. Per cui, anche in assenza di sintomi caratteristici, è sempre fondamentale prestare attenzione a qualsiasi segno che possa suggeri-re la presenza di una complicanza.

Terapia della MC gastroduodenaleLe attuali strategie terapeutiche della localizzazione alta derivano da dati estrapolati da studi su pa-zienti con MC con localizzazione cosiddetta “classica”. Negli ultimi anni, infatti la terapia con gli anti TNF-alpha è diventata di cruciale importanza anche nelle localizza-zioni alte. Per esempio nello studio ACCENT I, il 56% dei pazienti con localizzazione gastroduodenale aveva risposto alla terapia con in-fliximab già dopo 2 settimane di trattamento. In generale sembre-rebbe che la localizzazione alta non necessiti di trattamenti molto diffe-renti dalle altre localizzazioni, anche se l’aggiunta di farmaci come gli ini-bitori di pompa protonica potrebbe comunque aiutare nell’ottenimento del mucosal healing a questo livel-lo. Inoltre, l’utilizzo di terapie anche con farmaci biologici potrebbe es-sere giustificato dal fatto che la localizzazione alta si associa più

• Gli aspetti endoscopici alti da MC includono iperemia, erosioni, ulcerazioni, stenosi e apertura di fistole. La gastrite senza ulcerazioni si osserva più fre-quentemente nella CU.

• Bisognerebbe sempre raccogliere 2 biopsie per segmento (esofago, stoma-co e duodeno) nei casi di esecuzione di EGDS per sospetta IBD.

• La localizzazione alta non necessita di trattamenti molto differenti da quelli usati nelle altre localizzazioni di MC, eccetto forse per l’aggiunta di Inibitori di pompa protonica. L’utilizzo di terapie più aggressive, come la terapia bio-logica, potrebbe essere giustificato per la maggiore severità della prognosi in questo tipo di localizzazione.

frequentemente a un decorso ne-gativo.

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37Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:37-41; doi: 10.19208/2282-2453-150

Sindrome del vomito ciclicoCosa raccomanda la Consensus NASPGHAN?

Cosa deve sapere il pediatra gastroenterologo?

Cyclic vomiting syndrome NASPGHAN Consensus statement: what is recommended?

What a pediatric gastroenterologist need to know?

Claudio Romano1 (foto)Donatella Comito2

Osvaldo Borrelli3

1 Dipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Messina; 2 Dipartimento di Pediatria, ASLTO5, Ospedale S. Croce, Moncalieri (TO); 3 Division of Neurogastroenterology & Motility, Department of Paediatric Gastroenterology, Great Omrond Street Hospital, London, UK

Key wordsCyclic vomiting syndrome • Pediatric functional disorders • Childhood episodic syndrome • Metabolic diseases

AbstractCyclic vomiting syndrome (CVS) is character-ized by recurrent and stereotyped episode of intense vomiting interspersed by periods of var-ying length during which the patients are com-pletely symptom-free. The diagnosis is made by exclusion of other organic diseases, which can lead to extensive testing. Treatment has to be tailored to patient’s needs and symptoms aim-ing at avoiding the trigger factors, terminating the acute phase, and preventing or reducing the frequency and intensity of acute episodes.

Indirizzo per la corrispondenza

Claudio RomanoDipartimento di Pediatria, Università degli Studi di Messinavia Consolare Valeria, 98125 MessinaE-mail: [email protected]

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICEa cura di

Teresa Capriati

Cosa raccomanda la Consensus NASPGHAN?Nel 2008, la Società Nord Americana di Gastroentero-logia e Nutrizione Pediatrica (NASPGHAN) ha pubbli-cato la prima Consensus Statement sulla diagnosi e il management della Sindrome del Vomito Ciclico (SVC). In questa pubblicazione sono stati definiti i nuovi criteri diagnostici riportati nella Tabella I. Nell’approccio clini-co a questa condizione, inquadrata nell’ambito dei di-sordini funzionali gastrointestinali, prevale la tendenza verso una diagnosi “di esclusione” attraverso l’esecu-zione di indagini di I livello, quali elettroliti sierici (sodie-mia, potassiemia, cloremia), bicarbonatemia, glicemia, Blod Urea Nitrogen (BUN), creatinina ed ecografia ad-dominale, specie durante la fase acuta. Un’attenta rac-colta anamnestica e l’esame obiettivo possono orien-tare verso l’indicazione a identificare quei sottogruppi di bambini in cui sono necessarie indagini di II livello (Tab. II). In pazienti di età inferiore a 2 anni, il riscontro di una relazione con il digiuno (o con pasti iperprotei-ci), di ipoglicemia, di acidosi metabolica, di alcalosi respiratoria o di iperammoniemia possono indurre alla

TABELLA I.Criteri clinici per la diagnosi di sindrome del vomito ciclico.

• Presenza di almeno 5 attacchi in qualunque periodo di tem-po, oppure un minimo di 3 attacchi in un periodo di 6 mesi

• Episodici attacchi di intensa nausea e vomito di durata compresa tra 1 ora e 10 giorni, intervallati da un periodo di almeno 1 settimana

• Modalità di presentazione dei sintomi stereotipata nel sin-golo paziente

• Ricorrenza del vomito durante gli attacchi superiore a 4 vol-te in un’ora

• Ripresa delle normali condizioni di salute nei periodi intercritici

• Assenza di altre patologie

C. Romano et al.

38

ricerca di una malattia metabolica o mitocondriale. In assenza di se-gnali d’allarme è giustificato un in-tervento terapeutico o la profilassi degli accessi acuti con l’utilizzo di diversi tipi di molecole. La pre-sentazione clinica della SVC è ca-ratterizzata da episodi di vomito stereotipati intervallati da periodi di benessere. In particolare sono state identificate quattro fasi: fase prodromica, caratterizzata da sintomi e segni di disfunzione au-tonomica; fase emetica, con in-tenso vomito spesso biliare; fase di recupero, in cui vi è una pro-gressiva remissione dei sintomi e una riassunzione orale regolare di liquidi e alimenti e una fase di completo benessere. Ogni fase ha implicazioni terapeutiche da personalizzare in base al paziente e alle caratteristiche dei suoi sin-tomi. Durante la fase di benesse-re, tra una crisi e l’altra, può esse-

re utile avviare una modifica dello stile di vita (Tab. III), una profilassi farmacologica e una prevenzione degli episodi acuti (Tab.  IV). Du-rante la fase prodromica e quella emetica è raccomandata una te-rapia di supporto e sintomatica che sarà più efficace quanto più tempestivamente sarà avviata (Tab.  V). Nella fase di recupero i bambini possono rialimentarsi come di consueto, ma in alcuni casi è necessaria una gradualità, per evitare la ricomparsa di nau-sea.

Cosa deve sapere il gastroentero-logo pediatra?La Consensus Statement, redat-ta da un gruppo di esperti NA-SPGHAN nel 2008 1, ha fornito al pediatra un inquadramento della SVC, malgrado nel corso degli ul-timi anni siano state apportate al-cune minori modifiche. Nel 2006, sono stati pubblicati i Criteri di Roma III, e la SVC era stata clas-sificata nell’ambito dei Disordini

Funzionali Gastrointestinali, una combinazione variabile di sintomi gastrointestinali cronici o ricorren-ti età-dipendenti e non spiegabili con cause organiche 2. Studi epi-demiologici e di patogenesi hanno mostrato una correlazione fra la SCV e una storia familiare positiva per emicrania o disturbi funzionali, ereditarietà materna, polimorfismi del DNA mitocondriale associati all’emicrania e risposta a farmaci antiemicranici. La SVC è pertan-to adesso considerata una varia-bile di equivalente emicranico e in una buona percentuale di casi precede la comparsa di emicrania in età adulta 3. Circa 2 anni dopo la pubblicazione NASPGHAN, un nuovo inquadramento ha previsto l’inserimento di questa sindrome nell’ambito delle “Sindromi Peri-odiche del bambino”. Nell’ultima revisione del 2013, l’International Classification of Headache Disor-ders, Third Edition (ICHD III beta) 4, considera la SVC come una delle varianti emicraniche pediatriche, denominate “Sindromi Episodiche del bambino”, insieme alle coliche

TABELLA II.Segnali d’allarme e diagnostica di laboratorio/strumentale.

Vomito biliare, dolore addomi-nale severo e/o ematemesi: è opportuno eseguire in ogni momento: ecografia addome e pelvi, amilasi e li-pasi, EGDS; opportuno eseguire duran-te l’attacco: ALT/GGT, amilasi e lipasi.

Tutti gli attacchi che precipi-tano per il digiuno, malattie intercorrenti, pasto altamente proteico:dosare all’inizio dell’attacco e prima di avviare infusione ev di liquidi: glucosio, elettroliti per il gap anionico, chetoni nelle urine, lattati, ammonio, aminoa-cidi sierici, acidi organici urinari, consi-derare di eseguire carnitina plasmatica e acilcarnitina.

Esame neurologico anormale (stato mentale alterato, movimenti oculari anomali, papilledema, asimme-tria motoria, andatura anomala): come suggerito in B + RM encefalo.

TABELLA III.Modifiche dello stile di vita.

Rassicurazione (p.e. gli episodi non sono autoindotti) e anticipazione (p.e. storia naturale)

Evitare triggers: • Compilare un ‘diario del vomito’ dei fattori potenzialmente scatenanti l’episodio• Evitare il digiuno• Riconoscere il ruolo potenziale delle emozione come trigger (minimizzare un

evento importante)• Mantenere una buona igiene del sonno (p.e. evitare la deprivazione di sonno)• Evitare cibi potenzialmente trigger: cioccolato, formaggio, glutammato mosodi-

co, antigeni alimentari• Evitare un’eccessiva produzione energetica

• Supplementare con carboidrati (per episodi indotti dal digiuno)• Fornire succhi di frutta, altre bevande che contengono zucchero• Fornire spuntini extra tra i pasti, prima di uno sforzo fisico o del sonno

• Attuare modifiche dello stile di vita per la cefalea • Regolare esercizio aerobico (evitare eccessivo sforzo)• Regolare schema alimentare (p.e. evitare di saltare i pasti)• Evitare o moderare il consumo di caffeina

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Sindrome del vomito ciclico

39

gassose dell’infanzia, al torcicollo, alle vertigini parossistiche benigne dell’infanzia e all’emicrania addo-minale. Tutte le varianti emicrani-che pediatriche sono caratterizzate da attacchi stereotipati e reversibili con una ricorrenza periodica inter-vallati da un benessere clinico. La ICHD  III beta rivisita i criteri clinici NASPGHAN della SVC, preveden-do almeno 5 attacchi di intensi nausea e vomito, che rispondano ai criteri A e B:A. stereotipati in ciascun paziente

e ricorrenti con una periodicità prevedibile;

B. tutto ciò che segue:1. nausea e vomito almeno 4

volte in 1 ora;2. gli attacchi durano ≥ 1 ora e

fino a 10 giorni;3. gli attacchi si verificano a

una distanza di ≥ 1 settima-na;

4. completa risoluzione dei sintomi tra 2 attacchi;

5. esclusione di patologia or-ganica.

La diagnosi prevede comunque l’esclusione di cause organiche di vomito con un coinvolgimento in prima istanza del pediatra con competenze in ambito gastroen-terologico. È dunque essenziale riconoscere o sospettare questa condizione, riducendo i tempi di un eventuale ritardo di diagnosi e avviando un corretto work-up diagnostico. Negli ultimi anni, la frequenza di questa condizione sembra essere aumentata, pa-rallelamente a un aumento delle diagnosi di sindromi periodiche e dei disordini funzionali gastrointe-stinali in età pediatrica. È riporta-to un ritardo medio di diagnosi di 2-5 anni nel bambino. L’incidenza è sottostimata all’1,7-2,7%, con una lieve prevalenza del sesso femminile. Il primo episodio si ve-rifica tipicamente tra i 2 e i 9 anni, con un’età mediana di 5 anni, e si

risolve a 10 anni di età, per poi ri-comparire talvolta nell’adolescen-za e nel giovane adulto. Spesso, i bambini con SVC giungono in Pronto Soccorso in fase acuta e vengono dimessi con diagnosi di vomito su base infettiva o cheto-si, senza indagare sulla ricorrenza degli stessi episodi. Per il pediatra gastroenterologo è importante rispettare il work-up diagnostico, proposto dalla Con-sensus NASPGHAN, che prevede A) esami ematochimici: esami di laboratorio, work-up metabolico e test per escludere errori con-geniti del metabolismo e talvolta, in presenza di segnali d’allarme, anche B) esami strumentali: 1)  per escludere cause ostruttive o gastroduodenali di vomito: a. imaging addominale (radiografia addominale o TC addome in casi selezionati, studio radiografico del transito con bario o entero-RM, ecografia addominale) b. esofagogastroduodenoscopia (se vomito ematico o sospetto di malattie specifiche come la ce-liachia, malattie infiammatorie e acido-correlate); 2) per escludere malattie neurologiche: imaging cerebrale (RM encefalo e fossa cranica posteriore), EEG. L’identificazione di nuovi marker diagnostici specifici è comunque auspicabile in futuro, anche alla luce delle nuove conoscenze in ambito fisiopatologico.La terapia farmacologica presup-pone l’utilizzo di molecole diver-se nell’ambito del trattamento di profilassi delle crisi, abortivo e supportivo della fase acuta, e un ulteriore terapia di supporto o adiuvante che comprende l’allon-tanamento di eventuali fattori pre-cipitanti l’attacco acuto e il sup-porto psicologico in molti casi. Le classi dei farmaci a disposizione sono riportati in maniera completa e con relativi dosaggi nella Tabel-la  IV. Alcune molecole possono risultare off-label per alcune fasce

TABELLA IV.Profilassi e/o prevenzione dei sintomi della SVC.

Bambini ≤ 5 anni di etàAntistaminici:• Ciproeptadina I scelta 0,25-0,5 mg/kg/die in 2 o 3 dosi

Effetti collaterali: aumento dell’appetito, incremento ponderale, sedazione• Pizotifene (disponibile in Gran Bretagna e Canada)Beta-bloccanti: • Propanololo II scelta 0,25-1,0 mg/kg/die per 1-2 settimane

Effetti collaterali: letargia, ridotta tolleranza all’esercizio fisicoControindicazioni: asma, diabete, cardiopatie, depressione

Bambini > 5 anni di etàAntidepressivi triciclici: • Amitriptilina I scelta dose iniziale 0,25-0,5 mg/kg; incremento

settimanale fino a 1,0-1,5 mg/kgMonitorare intervallo QTc tramite ECGEffetti collaterali: costipazione, sedazione, aritmia, alterazioni comportamentali

Beta-bloccanti: • Propanololo II scelta (vedi sopra)Altri agenti:• Anticonvulsivanti: fenobarbital 2 mg/kg• Alternative: topiramato, acido valproicoSupplementazione:• L-carnitina: 50-100 mg/kg• Coenzima Q10: 10 mg/kg/die

C. Romano et al.

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TABELLA V.Terapia della fase prodromica e della fase acuta.

Terapia di supporto

Fluidi, elettroliti e management nutrizionale• Fluidi: soluzione glucosata al 10% + KCl a 1,5 volte la reidratazione di

mantenimento oppure nel connettore a Y soluzione glucosata al 10% a 1,0 volta il mantenimento e soluzione salina normale a 0,5 volte il mantenimento

• Nutrizione: (mancata alimentazione per 3-5 giorni) nutrizione parenterale periferica con 1,5 g di AA/kg/die con intake energetico di 55-70 kcal/kg/die

Antiemetici (antagonisti 5HT3)• Ondansetron 0,3-0,4 mg/kg/dose ev ogni 4-6 h (fino a 20 mg)

Effetti collaterali: stipsiAlternativa: granisetron

Sedativi• Difenidramina 1,0-1,25 mg/kg/dose ev ogni 6 h• Lorazepam 0,05-0,1 mg/kg/dose ev ogni 6 h

Effetti collaterali: depressione respiratoria, allucinazioni• Clorpromazina 0,5-1,0 mg/kg/dose ev ogni 6 h + difenidramina ev

Effetti collaterali: reazioni distoniche, se somministrata non in associazione

Analgesici (non steroidei o narcotici)• Ketorolac 0,4-1,0 mg/kg ev ogni 6 h (max 30 mg/dose, max 120 mg/die)

Effetti collaterali: emorragie gastrointestinaliAlternative: narcotici: morfina ev, fentanyl a bolo o in infusione paziente-controllata

Trattamento segni e sintomi specifici• Dolore epigastrico: soppressione acida con H2Ra o PPI (ranitidina o

pantoprazolo ev)• Diarrea: antidiarroici (Imodium)• Ipertensione arteriosa: ACE inibitori (captopril)

Trattamento complicanze specifiche• Disidratazione e squilibrio elettrolitico: reintegro delle perdite• Acidosi metabolica: determinare e trattare la causa• SIADH: restrizione introiti idrici• Ematemesi: H2Ra o PPI ev• Perdita di peso: nutrizione naso gastrica o parenterale

Terapia abortiva

Antiemicranici (triptani)• Sumatriptan: 20 mg intranasali all’esordio dell’episodio

Effetti collaterali: dolore/bruciore al collo, vasospasmo coronaricoControindicazioni: emicrania dell’arteria basilare

Remissione dei sintomi e rialimentazione• Alimentazione regolare ad libitum

Legenda. H2Ra: antagonisti dei recettori H2; PPI (Proton Pump Inibitors): inibitori di pompa protonica; ACE (angiotensine converting enzyme): enzima di conversione della angiotensina; SIADH (Syndrome of inappropriate antidiuretic hormone): sindrome da inappropriata secre-zione di ormone antidiuretico

di età, anche se nella Consensus sono indicati con un livello  II e III di evidenza (o grado D di racco-mandazione). La Consensus NA-SPGHAN consiglia di utilizzare i farmaci di profilassi all’inizio a un dosaggio minimo, adeguandoli poi in base alla risposta clinica o al grado di tolleranza. Salvatore et al. riportano come indicazione ad avviare una profilassi la ricor-renza di almeno 6 crisi/anno, una presentazione clinica severa e la necessità di una ospedalizzazione della durata di almeno 3 giorni o più 5.Tra le nuove molecole, dal punto di vista farmacologico, Cristofori et al. hanno dimostrato l’efficacia di un antagonista del recettore della neurokina-1 (aprepitant) nel management della profilassi delle forme di SVC refrattario alle tera-pie convenzionali  6. Al momento tale farmaco è disponibile solo in alcuni paesi.Accanto alla terapia farmacolo-gica convenzionale è suggerito il ruolo della terapia complemen-tare (carnitina, coenzima Q, con-traccettivi orali a bassi estrogeni, agopuntura, psicoterapia) o di supporto. Mancano però anche in questo caso grandi trials clinici controllati che avallino tale atteg-giamento terapeutico. In corso di attacco acuto, come viene raccomandato, è opportuno riconoscere, durante un accesso di Pronto Soccorso, questa con-dizione per avviare un adeguato programma di reidratazione insie-me all’utilizzo di farmaci antieme-tici e/o sintomatici (Tab. VI).In conclusione, la Consensus NA-SPGHAN sulla SVC ha rappre-sentato un importante supporto per un approccio diagnostico e terapeutico appropriato a questa condizione. Il pediatra generali-sta e specialista deve conoscere e sospettare questa condizione in presenza di storia clinica e di sintomi suggestivi. Il follow-up

GUIDELINES: WHAT IS THE BEST FOR CLINICAL PRACTICE Sindrome del vomito ciclico

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clinico e il trattamento farmaco-logico, in una buona percentuale dei casi, prevede un approccio multidisciplinare (pediatra ga-stroenterologo e neuropsichiatra infantile). Il supporto alle famiglie è previsto attraverso un sito web completamente gratuito proposto dal NASPGHAN e continuamente aggiornato http://cvsaonline.org/.

Bibliografia1 Li BU, Lefevre F, Chelimsky GG,

et al. North American Society for Pediatric Gastroenterology, Hepa-tology, and Nutrition Consensus Statement on the diagnosis and management of cyclic vomiting syndrome. JPGN 2008;47:379-93.

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6 Cristofori F, Thapar N, Saliakellis E, et al. Efficacy of the neurok-inin-1 receptor antagonist aprepi-tant in children with cyclical vomit-ing syndrome. Aliment Pharmacol Ther 2014;40:309-17.

TABELLA VI.Proposta di approccio in Pronto Soccorso.

Ambiente buio, quiete, controllo parametri vitali ogni 4-6 ore

Reidratazione ev: bolo di soluzione fisiologica a 10 ml/kg ripetibile se disidratato; infusione di soluzione glucosata al 10% (D10 0.45 NS+ Kcl) a 1,5 volte il mantenimento

Ondansetron ev: 0,3 mg/kg/dose ogni 6 h x 24 h

Ricovero SE: disidratazione > 5%, non urina da > 12h, Na < 139 mEq/L, gap anionico > 18 mEq/L o vomito incoercibile

Intake idrico orale consentito

In caso di sintomi persistenti e dopo consulenza specialistica possono essere utiliz-zati anche:

Lorazepam ev: 0,05 mg/kg/dose ogni 6 h x 24 h

Ketorolac ev: 1,0 mg/kg/dose (≤ 30 mg/dose totale) ogni 6 h se dolore addomi-nale moderato-severo

La Consensus Statement “NASPGHAN” sulla sindrome del vomito ciclico ha consentito di:

• definire i sintomi tipici;

• orientare il clinico verso una adeguata diagnostica differenziale;

• definire un protocollo di trattamento farmacologico della fase acuta e della profilassi.

42 Giorn Gastr Epatol Nutr Ped 2017;IX:42-44

Soluzione del caso clinico di pagina 32

a cura diANTONIO DI MAURO

Manuela Capozza1

Domenico Martinelli2

Nicola Laforgia1

1 UOC Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale. Dipartimento di Scienze Biomediche e Oncologia Umana, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”, Bari; 2 UOC Neonatologia e Terapia Intensiva Neonatale “F. Miulli”, Ente Ecclesiastico, Ospedale Generale Regionale Acquaviva delle Fonti, Bari

Key words Esophageal atresia • Gastrointestinal malformations • Tracheomalacia • Diagnostic procedures • Food disorders

AbstractEsophageal atresia (EA) is a relatively common congenital anomaly, which is often associated with other anomalies. We report a case of a newborn affected by esophageal atresia with significant post-operative and long-term compli-cations, including feeding and swal-lowing disorders.

CASE REPORT

Sviluppo caso clinico risoluzioneLe condizioni cliniche generali del paziente sono sem-pre risultate complessivamente discrete e sia gli indici di flogosi che gli esami colturali sono risultati negativi. L’ecografia cerebrale, addominale e l’ecocardiografia sono risultate nella norma per l’età, escludendo mal-formazioni congenite maggiori. L’esame endoscopico non ha evidenziato stenosi dell’anastomosi o fistole tracheoesofagee e la pH-impedenzometria delle 24 ore è risultata negativa, escludendo l’ipotesi diagnostica di GERD, frequente complicanza tardiva post-operatoria. La diagnosi definitiva è stata effettuata attraverso l’e-secuzione di broncoscopia, che ha messo in evidenza tracheomalacia secondaria alla presenza di un anello va-scolare attribuibile all’arco aortico. Il paziente è stato per-tanto sottoposto a intervento chirurgico di aortopessi al fine di ridurre la compressione vascolare sulle vie aeree. D. ha mostrato un rapido miglioramento del suo status clinico e la totale scomparsa delle crisi di desaturazio-ne. Ha inoltre presentato una corretta coordinazione suzione-deglutizione e una buona tolleranza entera-le, con progressivo incremento delle quantità di latte assunte. La dimissione è avvenuta dopo 4 settimane dall’intervento di aortopessi.

Punti critici della diagnostica differenzialeNell’approccio diagnostico al caso clinico abbiamo considerato le più comuni complicanze post-ope-ratorie dei pazienti con atresia esofagea, in grado di spiegare sia le problematiche alimentari, che re-spiratorie.L’esofagogastroscopia e l’ecografia addominale hanno escluso la presenza di altre malformazioni gastrointestinali associate, quali la stenosi ipertro-fica del piloro, che presenta un’incidenza 30 volte più alta rispetto al resto della popolazione 1. È sta-to inoltre necessario escludere la presenza di al-tre anomalie congenite maggiori, presenti in circa il 50% dei pazienti, come accade nella sindrome Charge o nella sindrome Vacterl, associazioni non casuali di difetti congeniti a eziologia non nota  2. La presenza di una o più anomalie associate, as-sieme al sottotipo di atresia esofagea, possono compromettere la prognosi quoad vitam e quoad valetudinem e ridurre le possibilità di sopravviven-za, che in neonati con atresia esofagea non VLBW (peso  >  1500  g) e non cardiopatici sono appros-simativamente del 100% 3. È importante ricordare che l’atresia esofagea può essere inoltre associata anche ad anomalie non visibili o non clinicamente rilevanti, come l’assenza del nervo vago, l’innerva-zione intrinseca anomala dell’esofago, o malforma-zioni dell’albero tracheobronchiale, che sono state indagate tramite broncoscopia 4.Un aspetto fondamentale sul quale ci siamo con-centrati è stato lo studio delle problematiche ali-mentari del paziente, nel sospetto che fossero strettamente interconnesse agli episodi di apnea subentranti. Il raggiungimento di un’alimentazione enterale completa ed efficace rappresenta infatti una delle principali problematiche e un obiettivo primario nei pazienti operati di atresia esofagea. La disfagia e l’incapacità di alimentarsi per via orale possono presentare diversi fattori causali, quali di-sturbi della motilità, scarsa coordinazione tra su-zione e deglutizione, GERD, lesioni anatomiche,

CASE REPORT Soluzione del caso clinico

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ostruzione e infiammazione dell’e-sofago 5, 6. Indipendentemente dal risultato della procedura chirurgica, alcuni pazienti operati possono comun-que sviluppare un’improvvisa oral aversion associata all’esperienza traumatica per i numerosi interventi medici subiti (intubazione endotra-cheale, reflusso gastroesofageo, posizionamento di sondini naso-gastrici) in grado di influenzare si-gnificativamente l’approccio all’ali-mentazione per via enterale 7. Nel 2014 uno studio canadese ha inol-tre dimostrato che i bambini estre-mamente pretermine o con atresia esofagea diversa dal tipo C, come nel nostro caso clinico, presentano maggiori difficoltà nell’alimentazio-ne (Fig. 1) 8.L’obiettivo principale dell’ap-proccio terapeutico ai pazienti con atresia esofagea è dunque quello di prevenire qualsiasi tipo di disturbo dell’alimenta-zione, attraverso l’ideazione di un planning precoce, preciso e individualizzato, per aiutare il

paziente nelle diverse fasi della sua crescita. Per promuovere e stimolare lo sviluppo precoce ed adeguato dei meccanismi di su-zione e deglutizione, su pazienti sottoposti a correzione chirurgi-ca tardiva sono stati testati dei protocolli di sham feeding pre-operatorio, sicuri ed efficaci nel ridurre i tempi per il recupero di una completa nutrizione entera-le 9.Nel nostro caso clinico tutte le strategie terapeutiche attuate (ad-densanti, frazionamento dei pasti) si sono dimostrate inefficaci e il sospetto che il paziente presen-tasse sintomi atipici di malattia da reflusso gastroesofageo è stato fugato dalla negatività della pH-impedenzometria.La broncoscopia è stata dirimente per la risoluzione del caso clinico. La presenza di tracheomalacia da compressione vascolare con ne-cessità di aortopessi è un evento estremamente raro, riportato solo nell’1% dei pazienti operati di atresia esofagea.

Le complicazioni mediche (per-dite anastomotiche, nuove fistole tracheoesofagee, stenosi della regione dell’anastomosi con ne-cessità di nuova dilatazione en-doscopica) e i problemi di alimen-tazione e/o respiratori, causa di prolungate ospedalizzazioni, sono invece molto più frequenti, secon-do quanto riportato nel Registro nazionale francese delle atresie esofagee 10. Il caso clinico che abbiamo ri-portato sottolinea la necessità di un’accurata valutazione preope-ratoria, di un attento e costante follow-up postoperatorio, per la possibile presenza di anomalie congenite “nascoste” e di un’a-deguata capacità di alimentarsi al momento della dimissione, asso-ciata in maniera statisticamente significativa con un ridotto rischio di complicazioni.

Bibliografia1 Marseglia L, Manti S, D’Angelo G,

et al. Gastroesophageal reflux and

Figura 1.Diversi tipi di atresia esofagea con e senza fistula tracheoesofagea.

M. Capozza et al.

44

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8 Shawyer AC, Pemberton J, Fla-geole H. Post-operative mana-gement of esophageal atresia-tracheoesophageal fistula and gastroesophageal reflux: a Cana-dian Association of Pediatric Sur-geons annual meeting survey. J Pediatr Surg 2014;49:716-9.

9 Lemoine C, Faure C, Villeneuve A, et al. P-21: feasibility and sa-fety of sham feeding in long gap esophageal atresia. Dis. Esopha-gus Off J Int Soc Dis Esophagus 2016;29:294.

10 Schneider A, Blanc S, Bonnard A, et al. Results from the french na-tional esophageal atresia register: one-year outcome. Orphanet J Rare Dis 2014;9:206.

• L’atresia esofagea è una delle più comuni malformazioni del tratto gastrointestinale ed è spesso associata a disturbi dell’alimentazione e deglutizione, disfagia e oral aversion.

• Un planning di nutrizione precoce, preciso e individualizzato può prevenire i disturbi dell’alimentazione nelle diverse fasi di crescita dei pazienti con EA.

• Un’accurata valutazione preoperatoria e un follow-up post-operatorio dettagliato e prolungato devono essere sempre eseguiti anche in casi clinici di atresia esofagea dal decorso apparentemente scontato, per la possibile associazione di anomalie congenite “nascoste”.

• L’acquisizione di un’adeguata capacità di alimentarsi al momento della dimissione è fondamentale per ridurre il rischio di complicazioni.