ono nuova serie rivolta del popolo …de magistris dal palco avalla la linea del premier...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 46 - 21 dicembre 2017 Con l’instaurazione di una società comunista sarà possibile fermare l’attuale barbarie di Salvatore Di Meglio - Presidente del Circolo di Rifondazione Comunista di Ischia L’obiettivo di una società senza né classi né profitto è sicuramente la mèta comune di Francesco Castagna – del PRC Ischia PAG. 11 Cosa penso del Documento del Comitato centrale del PMLI per il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre Cosa penso del Documento del Comitato centrale del PMLI per il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre PAG. 14 MANTOVA Il sindaco Palazzi, della banda di Renzi, indagato per tentata concussione Cercava di ottenere “favori sessuali” in cambio di contributi ad associazione culturale. Usava dipendenti comunali come garzoni per la spesa SOTTOSCRIVI PER IL PMLI PER IL TRIONFO DELLA CAUSA DEL SOCIALISMO IN ITALIA Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze Il capofila dell’imperialismo americano calpesta il diritto internazionale e la Risoluzione 181 RIVOLTA DEL POPOLO PALESTINESE CONTRO LA DECISIONE DI TRUMP SU GERUSALEMME Appello di Hamas: “Intifada per la liberazione della Palestina” LA LEGA ARABA: “RISOLUZIONE ONU CONTRO GLI USA” Gerusalemme. L’immediata manifestazione dei palestinesi davanti la moschea contro la decisione di Trump e dell’imperialismo americano di riconoscerla come capitale di Israele DOPO AVERLI UTILIZZATI PER COMBATTERE LO STATO ISLAMICO Trump molla i curdi in Siria, Putin lo rimpiazza PAG. 14 Su iniziativa del PD in risposta all’irruzione squadristica del Fronte Skinhead IN PIAZZA A COMO CONTRO IL FASCISMO Presenti tutte le forze di “centro-sinistra” e alcuni ministri, nonché l’Anpi e la Cgil IL PD PERÒ NON SI MUOVE PER METTERE FUORILEGGE I GRUPPI NEOFASCISTI E NEONAZISTI COMUNICATO DELL’UFFICIO STAMPA DEL PMLI Con “Repubblica” contro lo squadrismo fascista Come voleva Berlusconi GENTILONI, RENZI E ORLANDO IMBAVAGLIANO LA STAMPA Il decreto legge delle intercettazioni lede i diritti dell’informazione e della difesa. I cronisti rischiano tre anni per rivelazione di segreto. La polizia giudiziaria decide quali conversazioni sono rilevanti e quali no IN UN COMUNICATO LA CELLULA “VESUVIO ROSSO” CONDANNA CON FORZA LA REPRESSIONE DEI DISOCCUPATI, STUDENTI E DEI CENTRI SOCIALI NAPOLETANI La polizia di Minniti carica i contestatori di Gentiloni a Napoli De Magistris dal palco avalla la linea del premier sull’occupazione giovanile e non denuncia il manganellamento dei contestatori Salento LA LOTTA NO TAP DIVENTA UNA TEMPESTA POPOLARE Tremila manifestanti in corteo. Partecipazione del PMLI alla manifestazione di Lecce. Città blindata e occupata militarmente. Fermati 60 manifestanti dalla polizia a Melendugno ANNIVERSARIO DELLA LIBERAZIONE DI VENAUS I No Tav tornano in piazza La polizia del nuovo Scelba Minniti usa il manganello e arresta tre attivisti durante la marcia di protesta contro il cantiere della devastazione di Chiomonte PRESIDIO DI SOLIDARIETÀ SOTTO LE MURA DEL CARCERE LE VALLETTE DI TORINO PER CHIEDERE L’IMMEDIATA SCARCERAZIONE PAG. 8 PAG. 2 PAG. 3 PAG. 6 PAG. 4 PAG. 12 PAG. 8

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XLI - N. 46 - 21 dicembre 2017

Con l’instaurazione di una società comunista sarà possibile fermare l’attuale barbarie

di Salvatore Di Meglio - Presidente del Circolo di Rifondazione Comunista di Ischia

L’obiettivo di una società senza né classi né profitto è sicuramente la mèta comune

di Francesco Castagna – del PRC Ischia PAG. 11

Cosa penso del Documento del Comitato centrale del PMLIper il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

Cosa penso del Documento del Comitato centrale del PMLIper il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

PAG. 14

MAntovA

Il sindaco Palazzi, della

banda di Renzi, indagato

per tentata concussioneCercava di ottenere “favori

sessuali” in cambio di contributi ad associazione culturale. Usava

dipendenti comunali come garzoni per la spesa

SOTTOSCRIVI PER IL PMLI PER IL TRIONFO DELLA CAUSA DEL SOCIALISMO IN ITALIA

Conto corrente postale 85842383 intestato a: PMLI - Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 Firenze

Il capofila dell’imperialismo americano calpesta il diritto internazionale e la Risoluzione 181

RIVOLTA DEL POPOLO PALESTINESE CONTRO LA DECISIONE DI TRUMP

SU GERUSALEMMEAppello di Hamas: “Intifada per la liberazione della Palestina” LA LegA ArAbA: “rIsoLUzIone onU Contro gLI UsA”

Gerusalemme. L’immediata manifestazione dei palestinesi davanti la moschea contro la decisione di Trump e dell’imperialismo americano di riconoscerla come capitale di Israele

DoPo AveRLI utILIzzAtI PeR CoMbAtteRe Lo StAto ISLAMICo

trump molla i curdi in Siria, Putin lo rimpiazzaPAG. 14

Su iniziativa del PD in risposta all’irruzione squadristica del Fronte Skinhead

In PIAzzA A CoMo ContRo IL FASCISMoPresenti tutte le forze di “centro-sinistra” e alcuni

ministri, nonché l’Anpi e la CgilIL PD Però non sI mUove Per mettere

fUorILegge I grUPPI neofAsCIstI e neonAzIstI

CoMunICAto DeLL’uFFICIo StAMPA DeL PMLI

Con “Repubblica” contro lo squadrismo fascista

Come voleva berlusconi

GENTILONI, RENzI E ORLANDO IMbAVAGLIANO LA STAMPA

Il decreto legge delle intercettazioni lede i diritti dell’informazione e della difesa. I cronisti rischiano tre anni per rivelazione di segreto. La polizia giudiziaria decide quali conversazioni sono rilevanti e quali no

In un CoMunICAto LA CeLLuLA “veSuvIo RoSSo” ConDAnnA Con FoRzA LA RePReSSIone DeI DISoCCuPAtI,

StuDentI e DeI CentRI SoCIALI nAPoLetAnI

La polizia di Minniti carica i contestatori di Gentiloni a napoli

De magistris dal palco avalla la linea del premier sull’occupazione giovanile e non denuncia il

manganellamento dei contestatori

SalentoLA LOTTA NO TAP DIVENTA

UNA TEMPESTA POPOLARE

tremila manifestanti in corteo. Partecipazione del PmLI alla

manifestazione di Lecce. Città blindata e occupata militarmente. fermati 60

manifestanti dalla polizia a melendugno

AnnIveRSARIo DeLLA LIbeRAzIone DI venAuS

I no tav tornano in piazza

La polizia del nuovo scelba minniti usa il manganello e arresta tre attivisti durante la marcia di protesta contro il cantiere della devastazione di ChiomontePresIDIo DI soLIDArIetà sotto Le mUrA DeL CArCere Le vALLette DI torIno Per CHIeDere L’ImmeDIAtA

sCArCerAzIone

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PAG. 2 PAG. 3

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PAG. 4PAG. 12 PAG. 8

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2 il bolscevico / antifascismo N. 46 - 21 dicembre 2017

Su iniziativa del PD in risposta all’irruzione squadristica del Fronte Skinhead

In pIazza a Como Contro Il fasCIsmo

Presenti tutte le forze di “centro-sinistra” e alcuni ministri, nonché l’Anpi e la CgilIl PD Però non sI muove Per mettere fuorIlegge I gruPPI neofAsCIstI e neonAzIstI

Gli organizzatori stimano in oltre diecimila i manifestan-ti che hanno partecipato sul lungolago di Como alla mo-bilitazione antifascista nomi-nata “E questo è il fiore”. Un nome evocativo della canzo-ne partigiana Bella Ciao che i manifestanti hanno comincia-to a cantare già prima dell’i-nizio dell’iniziativa in maniera spontanea, per sottolineare il carattere antifascista del-la giornata. La mobilitazione, “Contro ogni fascismo e ogni intolleranza”, è stata promos-sa dal PD immediatamente dopo l’irruzione dei militanti del Veneto Fronte Skinhead alla riunione della rete antiraz-zista comasca, ed ha visto la partecipazione di partiti della sinistra borghese e dell’asso-ciazionismo di sinistra. Sulla piazza di Como tante le ban-diere del Pd e quelle tricolori dell’Anpi accanto a quelle di Sinistra italiana, Rifondazione comunista e della Cgil. Hanno aderito anche il nuovo conte-nitore riformista di Grasso, “Li-beri e uguali”, MDP Articolo 1 e “Campo progressista”.

Gli interventi dal palco

Dal palco, Annamaria Fran-cescato, portavoce della rete Como Senza Frontiere che ha subito il blitz neofascista, ha rivendicato l’impegno del-la rete, criticando le politiche italiane che subappaltano la gestione dei flussi a regimi del terrore, nel tentativo di crimi-nalizzare tutte le organizza-zioni non governative, senza alcun distinguo. Un attacco quindi diretto a Minniti, fra l’al-tro bersaglio di alcuni cartelli dei manifestanti, e al governo, reo di aver promosso e appro-vato una riforma razzista e, nella sostanza, anch’essa fa-scista. Sulla questione centra-le delle intimidazioni squadri-ste, la portavoce si è scagliata contro la propaganda fascista, nazista e razzista perché è “negazione delle idee, dei fon-damenti stessi della Repubbli-

ca Italiana e più in generale della democrazia”. L’interven-to si è concluso con un minu-to di silenzio in memoria delle vittime innocenti nel Mediter-raneo, terminato con un lungo applauso. Sul palco si sono poi susseguiti alcuni studen-ti giovani e giovanissimi che hanno letto alcune testimo-nianze di condannati a morte della Resistenza e di deporta-ti nei campi di sterminio. L’ulti-mo intervento è stato riservato al giornalista della trasmissio-ne Rai “Nemo” Daniele Pier-vincenzi, vittima dell’aggres-sione di Ostia.

Le contraddizioni del PD tra le parole e i

fattiFra le dichiarazioni dei tan-

ti rappresentanti delle istitu-zioni presenti, la presidente della Camera Boldrini ha sot-tolineato: “Ci sono ambienti nel nostro paese che hanno sempre voluto essere indul-genti nei confronti del fasci-smo, parlando di un fascismo buono e un nazismo cattivo.

Ma non ci sono sconti possi-bili”. Presenti tutti i vertici del PD; oltre a Renzi, ultimo pro-de demolitore della Costitu-zione borghese del ’48 che oggi a parole chiede di difen-dere, a Del Rio, e Piero Fas-sino, ci sono anche i ministri Maurizio Martina che si lascia andare in un “oggi partecipa-no le persone che non si vol-tano dall’altra parte davanti a xenofobia e razzismo”, no-nostante la Riforma Minniti, Roberta Pinotti, che invita a “non sottovalutare”, e Valeria Fedeli, esecutrice entusiasta della “Buona scuola” di Renzi. Ma allora, cosa aspettano il PD a prendere iniziative politi-che e parlamentari e il gover-no a mettere fuori legge tutte le organizzazioni ed i partiti nazifascisti, razzisti e xenofo-bi che in maniera sempre più prepotente scorribandano nel nostro Paese, come chiedo-no da tempo le associazioni antifasciste quali l’ANPI e an-che il nostro Partito? Su que-sto punto, cruciale, la segre-taria della CGIL Camusso ha ricordato: “Nella Costituzione - principale elemento di coe-

sione di questa giornata - c’è il divieto della ricostruzione del partito fascista. Li si è la-sciati crescere e presentare alle elezioni, si è continuato a dire ’sono ragazzate’ mentre siamo di fronte a un fenome-no di intimidazione diffuso”. Nonostante le mille contrad-dizioni che non sono sfuggite agli antifascisti conseguenti, il tentativo di strumentalizza-re la giornata antifascista da parte del PD appare evidente; è questo un tentativo di riav-vicinamento anche con l’ANPI dopo l’aspra polemica duran-te il referendum costituziona-le del dicembre di un anno fa. L’Associazione Naziona-le Partigiani d’Italia, ha infatti intrapreso un nuovo corso da poco tempo a seguito dell’av-vicendamento alla Presidenza di Carlo Smuraglia (dimissio-nario) con Carla Nespolo, pri-ma presidente non partigiana della storia dell’ANPI, già pri-ma parlamentare piemontese del PCI e donna delle istitu-zioni dal 1970 al 1992 quando terminò la sua seconda legi-slatura come senatrice. Augu-riamoci che l’ANPI, ora come

allora, sappia mantenere il suo ruolo di contenitore ampio per un quanto più largo fron-te unito antifascista, volgendo un occhio critico anche a futuri governi di “centro-sinistra”.

La diserzione del Movimento di GrilloNon ha partecipato alla

manifestazione, nonostante il grave raid squadrista avvenu-to nel suo territorio, il sindaco della città di Como, Mario Lan-driscina eletto in una lista so-stenuta da Lega Nord, Forza Italia e Fdi che ha annunciato il suo rifiuto assieme a tutta la giunta. Con la destra, con la giunta leghista e con Salvini, che ha dichiarato “In piazza oggi a Como c’è chi sostiene l’immigrazione fuori control-lo”, entra vergognosamente il Movimento 5 Stelle che per voce del suo candidato pre-mier Di Maio, ha annuncia-to la diserzione dalla manife-stazione antifascista di Como poiché “l’iniziativa è chiara-mente strumentalizzata dal PD”. Gravi le parole di Di Maio che, dopo tante avvisaglie in passato, si è preoccupato più di non scontentare i suoi elet-tori di destra, che di difendere l’antifascismo come valore as-soluto del movimento poiché tale non è. Inoltre, dichiaran-do che “Noi abbiamo sempre detto che il M5S è antifasci-sta, perché la Costituzione è antifascista. (…) Sappiamo benissimo che la nostra è una Repubblica che rigetta qualsi-asi rigurgito fascista”, nei fatti abbraccia, condivide e rilancia una risposta che proprio i fa-scisti istituzionali, a partire da Berlusconi, Meloni e lo stesso Salvini, utilizzano per sviare il problema.

Allargare il fronte unito antifascistaNoi pensiamo che sia un

fatto positivo riprendersi le piazze per rivendicare l’an-

tifascismo e l’antirazzismo, e ci auguriamo che il fronte unito si sviluppi e divenga il più ampio e forte possibile. La manifestazione di Como, al di là dei secondi fini dei suoi promotori, è un avveni-mento positivo, che si inse-risce, come sostiene Carla Nespolo dell’ANPI, “Nel sol-co della nostra iniziativa av-viata con le giornate naziona-li antifasciste del 27 maggio e del 28 ottobre per solleci-tare e costruire percorsi uni-tari.” Le antifasciste e gli an-tifascisti però non devono cadere vittime delle pallottole inzuccherate del PD e della sua dirigenza poiché ciò che conta è quello che si fa, mol-to più di quello che si dice o che si afferma di essere. Pri-ma Renzi in maniera spaval-da e sfrontata in stile duce-sco, ora Gentiloni con la sua ipocrita pacatezza, eviden-ziano in maniera inconfondi-bile cosa vuole veramente il PD e il suo governo, mante-nuto spesso in maggioranza dai voti di Alfano e di Verdini, fascisti e massoni. Dopo que-sta operazione, utile quanto elettoralistica, che ha avu-to il merito di ricomporre una piazza antifascista al di fuori del pur importante 25 Aprile, e di confinare il fascista Fio-re con tutta Forza Nuova in un hotel dal momento in cui la piazza per la contromani-festazione gli è stata negata, il PD tornerà al lavoro per re-stringere ancora gli spazi de-mocratici borghesi, come ha appena fatto blindando ver-gognosamente la legge elet-torale assieme a Berlusconi, e per ridurre ulteriormente i diritti dei lavoratori, degli stu-denti e dei pensionati. E allo-ra, è di nuovo tempo che tut-ti gli antifascisti conseguenti non lascino le piazze finché non siano messi fuorilegge tutti i gruppi neofascisti e ne-onazisti e continuino a bat-tersi come leoni in un largo fronte unito contro il fascismo di ieri e di oggi.

A SPinetoLi, in ProvinciA Di AScoLi Piceno

il sindaco PD sfila con i fascisti di casaPound contro l’“invasione” di 37 profughi

Il pomeriggio dello scorso 20 novembre a Spinetoli, una cittadina di poco più di set-temila abitanti in provincia di Ascoli Piceno, si è svolta una manifestazione del Comitato Cittadini Spinetoli contro l’ar-rivo di 37 migranti nel piccolo centro marchigiano.

Alla testa del corteo, al quale hanno partecipato un centinaio di persone, era presente il sindaco del PD Alessandro Luciani e hanno anche partecipato alcuni con-siglieri comunali di varie forze

politiche, ma evidentemente il primo cittadino non ha notato (o ha fatto finta di non notare) che al corteo partecipava una delegazione di una decina di esponenti del movimento ne-ofascista Casapound Asco-li, che sfilavano indossando una maglietta con il nome e il simbolo.

Alla fine c’è stata una as-semblea in un ex cinema dove ha parlato il sindaco, che ha dichiarato di vole-re indire un referendum per respingere i 37 migranti dal

territorio comunale, e dove sono entrati indisturbati an-che i componenti della dele-gazione fascista, xenofoba e razzista, alle cui orecchie le parole del sindaco devo-no essere sembrata una vera melodia.

Casapound Ascoli ha quin-di orgogliosamente rivendica-to con un comunicato la pre-senza al corteo: “Abbiamo partecipato con una nostra delegazione al corteo contro l’arrivo di un numero impreci-sato di immigrati in via Tevere

a Pagliare di Spinetoli orga-nizzato dal comitato locale”.

È vergognoso che un sin-daco del PD condivida la poli-tica e sfili in un corteo insieme ai componenti del movimento fascista, razzista e xenofobo Casapound.

Del resto è evidente che se quel sindaco promuove una politica di destra volta a respingere i migranti, è inevi-tabile che si crei uno sciagu-rato sodalizio con le peggiori organizzazioni di estrema de-stra, tra cui Casapound.

Como, 9 dicembre 2017. La manifestazione antifascista e antirazzista contro il blitz squadrista

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N. 46 - 21 dicembre 2017 antifascismo / il bolscevico 3Comunicato dell’Ufficio stampa del PMLI

Con “RePUbbLICa” ContRo Lo sqUadRIsMo fasCIstaIl PMLI condanna l’assalto

squadrista di Forza Nuova a “Repubblica” alla quale espri-me la totale solidarietà antifa-scista e la profonda gratitudi-ne per la meritoria inchiesta sui gruppi neofascisti e neo-nazisti italiani.

Questa intollerabile azio-ne squadristica, che ricorda sinistramente quelle contro

i giornali antifascisti da par-te delle squadracce musso-liniane, ha superato il segno di guardia. L’obiettivo imme-diato sono lo Ius soli e l’ac-coglienza degli immigrati, ma l’obiettivo strategico è quel-lo di creare le condizioni per una aperta dittatura fascista mussoliniana.

Il governo, a comincia-

re dall’inetto Minniti, e il par-lamento non possono più ri-manere con le mani in mano, devono intervenire imme-diatamente per mettere fuo-ri legge Forza Nuova, Casa Pound e i gruppi simili.

Intanto tutti i sindacati, con l’appoggio aperto delle for-ze antifasciste, dovrebbe-ro dichiarare unitariamente

lo sciopero generale per im-porre lo scioglimento di tali gruppi. Le parole non basta-no, specie quando gli emuli di Mussolini e Hitler menano le mani e inneggiano al “primo atto di guerra”.

L’Ufficio stampa del PMLI

7 dicembre 2017

Questo comunicato stam-pa è stato ignorato dai me-dia. Non ci sorprende; con-ferma che per i membri di destra e di “sinistra” del regi-me capitalista e neofascista il PMLI non deve mai appari-re, è il nemico comune.

Quello che sorprende, ma fino a un certo punto, è che il comunicato del PMLI non

è stato nemmeno citato da “Repubblica” alla quale era espressamente rivolto per solidarietà, evidentemente non gradita. Antifascismo sì, ma anche anticomunismo. Per tutelare il capitalismo, le sue istituzioni, i suoi governi e i suoi media.

assalto di forza nuova a “Repubblica”Mercoledì 6 dicembre una

squadraccia fascista compo-sta da una dozzina di militan-ti di Forza Nuova, radunati dietro uno striscione in cui in-vitavano al boicottaggio del-le testate “L’Espresso” e “Re-pubblica”, col volto coperto da maschere e muniti di fumoge-ni e bandiere nere, ha fatto ir-ruzione a Roma nel cortile di via Cristoforo Colombo anti-stante le redazioni del grup-po Gedi urlando minacce e intimidazioni contro i giornali-sti che, a giudizio degli squa-dristi, sono “colpevoli”, di aver condotto una serie di meritorie inchieste su carta e sul web sulle attività dei gruppi neofa-scisti e neonazisti italiani.

Nel mirino dei neofascisti c’è soprattutto la giornalista Arianna Giunti, autrice di alcu-ne inchieste, la quale è stata pesantemente insultata e mi-nacciata dai neofascisti: “va trovata per darle una lezione”.

Durante l’irruzione i militanti in camicia nera hanno letto un proclama di accuse alla reda-zione e lanciato alcuni fumo-geni all’indirizzo di dipendenti del giornale che protestavano per la provocazione.

Un assalto squadrista che nei modi, metodi e obiettivi, si ispira direttametne a quel-li condotti contro i giornali an-tifascisti da parte delle ca-micie nere di Mussolini negli anni ‘20. Non a caso l’azione squadrista è avvenuta al cul-mine delle inchieste condot-

te da “Repubblica” sul diffon-dersi di episodi di fascismo e intolleranza in tutto il Paese: dall’irruzione di skinhead nella sede di una ong pro-migranti a Como, all’esposizione di una bandiera del secondo Reich in una caserma dei carabinieri a Firenze, al caso della sede romana di Forza Nuova dove i nuovi iscritti venivano spinti a effettuare raid punitivi contro gli immigrati.

Subito dopo l’assalto, sul-la loro pagina Facebook, i ne-ofascisti hanno rincarato la dose di minacce con slogan e discorsi farneticanti riporta-ti su un comunicato stampa in cui fra l’altro si legge: “Que-sto pomeriggio un portavoce del movimento ha letto la di-chiarazione di guerra contro il Gruppo L’Espresso... Roma e l’Italia si difendono con l’azio-ne, spalla a spalla, se neces-sario a calci e pugni... Torce accese per ‘illuminare’ la verità contro le menzogne dei penni-vendoli di regime e maschere sul volto... Ci siamo presen-tati così perché oggi rappre-sentiamo ogni italiano tradito da chi con la penna favorisce Ius soli, invasione e sostituzio-ne etnica... Oggi è stato solo il ‘primo attacco’ contro chi dif-fonde il verbo immigrazioni-sta, serve gli interessi di Ong, coop e mafie varie. Da oggi inizia il boicottaggio sistema-tico e militante contro chi dif-fonde la sostituzione etnica e l’invasione. Oggi è iniziata

la difesa dei patrioti contro il veleno di questi terroristi ma-scherati da giornalisti. Questi infami sappiano che non gli daremo tregua, li contestere-mo ovunque. Boicotta De Be-nedetti, il Gruppo L’Espresso, La Repubblica, combatti il si-stema... loro sanno che noi li conosciamo e li combattiamo. Come sempre la nostra rispo-sta militante non si farà atten-dere”.

Mentre il caporione nazi-fa-scista e boss nazionale di Fn, Roberto Fiore, in una dichiara-zione all’Ansa aggiungeva ac-cuse a minacce contro i gior-nalisti e confermava che: “È il primo atto di una guerra politi-ca contro il gruppo Espresso e contro il Pd. Stanno portando avanti un’opera di mistificazio-ne e di criminalizzazione che vuole mettere fuori gioco For-za Nuova”.

Immediata la reazione dei Comitati di redazione di “Re-pubblica” e “L’Espresso” che hanno diffuso un comunicato per denunciare come “il dila-gare di intolleranza, odio, xe-nofobia e fascismo che Re-pubblica sta puntualmente documentando con grande at-tenzione da settimane” abbia raggiunto “una soglia di gran-de preoccupazione”. Ma “il nostro giornale - rassicurano - non si fa intimidire da queste minacce, fatte utilizzando un linguaggio fascista e parama-fioso, e non smetterà di infor-mare i lettori su Forza Nuova,

così come su ogni altro partito politico italiano”.

In una nota congiunta l’Or-dine dei giornalisti e Fnsi fra l’altro denunciano che: “L’ag-gressione di Forza Nuo-va contro le redazioni dell’E-spresso e di Repubblica rappresenta un nuovo intolle-rabile atto di squadrismo con-tro la democrazia e la libertà di informazione... Anche que-sta nuova ‘testata’ contro l’ar-ticolo 21 della Costituzione troverà la risposta che merita attraverso l’illuminazione del-le loro attività e delle continue violazioni della legalità costi-tuzionale”. In mattinata “non a caso, avevamo rappresentato al ministro Minniti la necessità di monitorare e prevenire le ri-petute azioni di minacce con-tro i giornalisti che hanno scel-to di indagare sulle formazioni neonaziste e neofasciste. A questo punto - sottolineano ancora Fnsi e OdG - la rispo-sta dello Stato diventa ancora più urgente e necessaria”.

Immediatamente è stato diffuso un Comunicato dell’Uf-ficio stampa del PMLI titolato:

Con “Repubblica” contro lo squadrismo fascista (pubbli-cato in questa stessa pagina), in cui peraltro si legge: Questa intollerabile azione squadristi-ca, che ricorda sinistramente quelle contro i giornali antifa-scisti da parte delle squadrac-ce mussoliniane, ha superato il segno di guardia. L’obietti-vo immediato sono lo Ius soli

e l’accoglienza degli immigra-ti, ma l’obiettivo strategico è quello di creare le condizioni per una aperta dittatura fasci-sta mussoliniana.

“Piena solidarietà alla re-dazione nazionale del quoti-diano La Repubblica” è arri-vata anche dall’Associazione Nazionale Partigiani: “Il fasci-smo, già sconfitto dalla storia e dalla civiltà, non deve ave-re più spazio nell’Italia demo-cratica”.

Solidarietà anche da Emer-gency: “Purtroppo non si tratta di un fatto isolato. Sono mesi che ci ostiniamo a sottovalu-tare manifestazioni di vero e proprio squadrismo in tutta Italia. Oggi sono stati colpiti i giornali, solo una settimana fa è stata minacciata un’associa-zione che si occupa di migran-ti. Abbiamo già visto l’esito di episodi come questi negli anni Trenta del secolo scorso. Nel nostro Paese e in tutta Europa stanno rinascendo movimen-ti nazifascisti che vedono nei poveri il nemico, il più debo-le e più facile da combattere. L’intolleranza è la premessa della violenza, che ci sta por-tando dritto verso la guerra”.

Solidarietà ai giornalisti del gruppo è arrivata fra gli al-tri anche dal capo dello Sta-to Sergio Mattarella, dalla pre-sidente della Camera Laura Boldrini, dal presidente del Senato Pietro Grasso, dal pre-mier Paolo Gentiloni, dal mini-stro dell’Interno Marco Minniti,

e dai boss del PD e dei 5Stel-le, Renzi e Grillo che laconi-camente condannano l’azio-ne squadrista rivendicando la “sacralità della libertà di stam-pa e di opinione, contro ogni violenza” ma si guardano mol-to bene dal denunciare il regi-me neofascista e i tentativi da parte di Forza Nuova, Casa Pound e i gruppi simili di crea-re le condizioni per una aper-ta dittatura fascista mussoli-niana.

Il governo, a comincia-re dall’inetto Minniti, e il par-lamento non possono più ri-manere con le mani in mano, devono intervenire immedia-tamente per mettere fuori leg-ge Forza Nuova, Casa Pound e i gruppi simili.

Le parole non bastano, specie quando gli emuli di Mussolini e Hitler menano le mani e inneggiano al “primo atto di guerra”.

Tanto più se si pensa che poche ore dopo l’assalto, 7 militanti di Fn che hanno pre-so parte all’irruzione sono sta-ti identificati e denunciati per manifestazione non preavvi-sata, travisamento, violenza privata e accensione di artifi-zi pirotecnici in luogo aperto al pubblico. Ma non per apolo-gia del fascismo. Non per vio-lazione della legge n.645 del 20 giugno 1952 e delle norme che vietano la ricostruzione del partito fascista.

In pieno centro a firenze

bandIeRa nazIsta neLLa CaMeRata deI CaRabInIeRIVergognosi tentativi di sminuire la provocazione fascista

�Redazione di FirenzeÈ stato solo per la sensibi-

lità antifascista degli abitan-ti della zona e l’intraprenden-za del giornalista Matteo Calì de “Il sito di Firenze” che l’ha filmata dall’esterno e messa in rete che la bandiera nazi-sta esposta da un carabiniere nella sua camerata della Ca-serma Baldissera (sul Lungar-no della Zecca, meno di 1 km da Palazzo Vecchio) è diven-tata un caso e un problema per l’Arma.

La bandiera di guerra del-la marina del secondo Reich, esposta frequentemente ai ra-duni neofascisti di tutta Euro-pa prevalentemente in chia-ve razzista antisemita, era affissa provocatoriamente in bella mostra nella camerata e accompagnata da un foto-montaggio del caporione della Lega Matteo Salvini con il mi-tra in mano.

Un segnale inequivocabile dell’orientamento di fatto pre-valente fra i carabinieri, sicu-ramente a Firenze e dintorni. Pensiamo anche allo stupro delle due studentesse ameri-cane da parte di due carabi-nieri in servizio il 6 settembre scorso o all’arresto il 14 giu-gno di quest’anno di 9 cara-binieri della stazione toscana di Aulla (in provincia di Lucca) perché dediti, secondo i magi-strati inquirenti, a “violenze si-stematiche e metodiche” che nelle intercettazioni si sentono dire: “sono fascista” e parlan-do di immigrati “basterebbe prenderli e invece di portarli in caserma farli sparire” “ca-piscono solo le legnate”. Inol-tre va sottolineato che la Ca-serma Baldissera è un grande complesso vicinissimo al cen-tro di Firenze e oltre alle ca-merate per i circa 300 militi del VI Battaglione Toscana ospita

anche gli uffici del comando regionale dell’Arma.

Per questo le punte dell’i-ceberg che emergono riguar-do ai comportamenti e alle posizioni fra i carabinieri fio-rentini fanno paura e richia-mano alla mente le milizie fa-sciste o gli squadroni della morte. Comportamenti e po-sizioni che sono fuorilegge e che vanno stroncati con deter-minazione.

Invece, non solo eviden-temente godono di copertu-re dal vertice dell’Arma, ma sono stati anche colpevol-mente minimizzati nei com-menti di vari esponenti politi-ci, a partire dalla ministra della Difesa Roberta Pinotti (PD) al comandante capo dei carabi-nieri generale Tullio Del Sette che hanno promesso “accer-tamenti”. Non sono da meno gli esponenti cittadini: la ma-glia nera spetta a Silvano Sar-

ti, presidente provinciale ad honorem dell’ANPI, costui ha cercato di abbassare i toni ti-rando fuori che i carabinieri hanno dato un contributo alla lotta di Liberazione dal nazi-fascismo, così come il sinda-co renziano Dario Nardella, sposando la tesi della singo-la mela marcia e spianato la strada a una sbrigativa archi-viazione. Il procuratore mili-tare Marco De Paolis, infatti, dopo aver detto di aver av-viato un’indagine sulla vicen-da della bandiera neonazista ha dichiarato: “Probabilmente non è stato commesso nes-sun reato militare, ma c’è un problema disciplinare e un grande problema culturale”. Il giovane carabiniere colpevole si è difeso sostenendo sfac-ciatamente “è stata una leg-gerezza, non sapevo che era un simbolo nazista”. (sic)

L’allarme antifascista inve-

ce va suonato forte e chiaro, gli antifascisti devono rispon-dere con forza nelle piazze come ha sollecitato il PMLI nel suo comunicato in solidarietà a la Repubblica e ignorato dai mass-media: “Il governo, a co-minciare dall’inetto Minniti, e il parlamento non possono più rimanere con le mani in mano, devono intervenire immedia-tamente per mettere fuori leg-ge Forza Nuova, Casa Pound e i gruppi simili. Intanto tut-ti i sindacati, con l’appoggio aperto delle forze antifasciste, dovrebbero dichiarare unita-riamente lo sciopero generale per imporre lo scioglimento di tali gruppi”.

Non bastano iniziative tar-dive come la proposta, fi-nalmente fatta propria dalla Commissione affari istituzio-nali del comune, di modifica-re lo statuto e che impegna il Comune stesso a contrastare

le ideologie di estrema destra e a negare gli spazi pubblici ai neofascisti, dopo che le sedi e le iniziative neofasciste in città si moltiplicano da anni, e i ne-ofascisti stanno sviluppando una violenta, massiccia, sub-dola e pericolosa attività verso gli studenti delle medie supe-riori, che si trovano, ad esem-pio, i volantini fascisti nei libri comprati all’usato. Nella vici-na Scandicci, storicamente a guida PCI-PDS-DS-PD, i neo-fascisti tengono un “regolare” banchino durante il mercato settimanale.

La bandiera nazista visibile dalla finestra della caserma dei carabi-nieri “Baldissera”

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4 il bolscevico / antifascismo N. 46 - 21 dicembre 2017

In un comunicato la Cellula “Vesuvio Rosso” condanna con forza la repressione dei disoccupati, studenti e dei Centri sociali napoletani

La poLizia di Minniti carica i contestatori di GentiLoni a napoLiDe Magistris dal palco avalla la linea del premier sull’occupazione giovanile e non denuncia il manganellamento dei contestatoriLa Cellula “Vesuvio Rosso”

di Napoli del PMLI condanna fermamente le cariche avve-nute ieri mattina a Napoli fuo-ri al Teatro Mercadante in piaz-za Municipio contro precari, disoccupati e studenti. Mentre si svolgeva l’iniziativa “Avere 20 anni a Napoli” tenutasi nello storico teatro partenopeo alla presenza del fantoccio di ma-trice renziana Gentiloni, il go-vernatore della Campania De Luca, il neopodestà De Magi-stris e i presidenti del CNR e di Confindustria. I disoccupati del movimento “7 Novembre”, i precari “Bros”, Partenope ribel-le, Usb, studenti e movimenti che agiscono sul territorio par-tenopeo hanno protestato rice-vendo per risposta le violente cariche poliziesche del Mini-stro dell’Interno Minniti, il nuo-vo Scelba.

I marxisti-leninisti parteno-pei, nel ribadire la propria so-lidarietà ai manifestanti, ripu-diando qualsiasi modello di sviluppo capitalista liberista, sottolineano ancora una volta che priorità per Napoli e Cam-pania sono il lavoro, il risana-mento delle periferie, lo svi-luppo e l’industrializzazione

coadiuvate da bonifiche del territorio sotto il controllo di co-mitati popolari e l’immediato potenziamento e rinvigorimen-to dei servizi ospedalieri. Ma solo col socialismo si potrà ve-ramente avere “20 anni a Na-poli”, e non secondo le ricet-te capitalistiche che vogliono Gentiloni, De Luca e De Ma-gistris.La Cellula “Vesuvio Rosso”

di Napoli del PMLINapoli, 12 dicembre 2017________

A protezione del convegno, organizzato dal fogliaccio dei Caltagirone “Il Mattino”, il nuo-vo Scelba Minniti ha schierato un ingente dispositivo di sicu-rezza con l’ordine perentorio di reprimere qualsiasi contesta-zione.

Cinonostante un gruppo di manifestanti fin dalle prime ore del mattino è riuscito a pe-netrare nella “zona rossa” at-traverso un cantiere di fronte al Mercadante e a inscenare una clamorosa contestazione contro i massimi responsabili dello sfacelo economico e so-ciale che condanna intere ge-nerazioni alla precarietà e al

supersfruttamento capitalista e il Mezzogiorno alla fame.

La reazione dei manganel-latori di Gentiloni e Minniti non si è fatta attendere. Tre violen-tissime cariche a suon di man-ganello si sono abbattute su decine di giovani, studenti e disoccupati inermi. Tre ragaz-zi, Carmine, Vincenzo e Ma-rio, sono stati fermati e denun-ciati dalla Digos. Le loro colpe sono di aver denunciato pub-blicamente il supersfruttamen-teo dell’alternanza scuola-la-voro, il lavoro nero e precario e

di lottare per ottenere un futuro migliore.

Mentre dal palco il premier Gentiloni, con perfetta faccia di bronzo, tesseva le lodi dell’o-diosa politica economica anti-popolare fatta di lacrime e san-gue soprattutto per le regioni del Sud, inaugurata dal nuo-vo duce Renzi col varo del fa-migerato Jobs Act e persegui-ta dall’attuale esecutivo con la controriforma pensionistica, i pesanti tagli alla scuola e alla sanità pubbliche e le privatiz-zazioni, a tutto vantaggio dei

padroni che si riempiono le ta-sche di benefici e sgravi fisca-li attraverso l’istituzione delle cosiddette Zone economiche speciali e tutte le altre agevo-lazioni contenute nel pacchet-to impresa 4.0; mentre i lavora-tori, i giovani e famiglie al Sud languono nella miseria e nella disocuppazione.

La ricetta di Gentiloni basa-ta sul “binomio turismo-cultura, green economy, innovazione e ricerca, Il Mediterraneo” non prevede investimenti né tanto-meno un piano straordinario per l’occupazione e il rilancio del Mezzogiorno, ma addirit-tura suona come una vera e propria beffa al cospetto di un territorio che da sempre detie-ne il record di giovani disoccu-pati in Europa e che proprio di recente si è visto scippare dal governo importanti commesse nei cantieri navali di Castella-mare per favorire le produzioni di Fincantieri al Nord.

Tale politica economica che riserva a milioni di giovani un futuro precario, malpagato e senza prospettive è stata aval-lata anche dal neopodestà di Napoli De Magistris il quale, durante il suo intervento non

solo si è guardato bene dal de-nunciare dal palco il violento manganellamento dei conte-statori e dall’incalzare il gover-no perché vari urgentemente un piano straordinario per il la-voro, lo sviluppo e l’industria-lizzazione del Mezzogiorno. Ha persino omaggiato Genti-loni perché, a suo dire, proprio “Grazie alla leale cooperazio-ne istituzionale tra Governo, Regione e Città i giovani stan-no avendo occasioni occupa-zionali nei settori della cultu-ra e del turismo... Il 70-80 per cento degli studenti di istitu-ti alberghieri di Napoli – dice - stanno trovando lavoro grazie alla rinascita culturale e turisti-ca della nostra città. I segnali della ripresa – conclude – arri-vano dal turismo, dalla cultura, dal commercio e dall’artigia-nato oltre che da un avvicina-mento dei ragazzi all’agricoltu-ra”. Omettendo furbescamente che ormai le pochissime oc-casioni di lavoro che i giovani meridionali riescono a trovare sono in stragrande maggioran-za di tipo stagionale, a termine, precario, malpagato, senza al-cun diritto e tutela sindacale, al limite dello schiavismo.

Napoli,11 dicembre 2017. Le cariche di polizia e carabinieri contro stu-denti, giovani e disoccupati che manifestavano contro Gentiloni che partecipava ad un convegno

Contro l’aggressione squadristica di Forza Nuova

Partecipato corteo antifascista a ForlìPresenza militante del PMLI

�Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì

Lunedì 11 dicembre si è tenuta a Forlì una partecipa-ta manifestazione contro l’ag-gressione fascista di venerdì 8, quando una squadraccia di Forza Nuova ha aggredito a bastonate, colpendo il Segre-tario Fiom di Forlì e persino

un agente di polizia in borghe-se, un gruppo di antifascisti che stava protestando per la presenza di un banchino del-la stessa organizzazione neo-fascista, facendo un cordone attorno ad essi. Gli squadristi giunti da Rimini a dar manfor-te al pugno di fascisti di For-lì, e arrivati di corsa bastoni in mano hanno creato scompiglio

lanciando anche un fumoge-no vicino ad una delle banca-relle presenti per il tradizionale mercatino di natale in Piazzet-ta della Misura.

Nei giorni successivi si sono moltiplicate le prese di posizio-ne contro l’aggressione fasci-sta e i sindacati confederali hanno indetto un corteo. Diver-se prese di posizione però sono

state di facciata, qualcuno ad-dirittura ha accusato gli antifa-scisti di aver volutamente “pro-vocato” Forza Nuova, qualcun altro ha condannato la “violen-za di entrambe le fazioni”, ma la maggioranza ha giudicato inaccettabile l’aggressione fa-scista e invitato ad alzare la guardia contro i rigurgiti neo-fascisti che costituiscono un

pericolo per la “democrazia”. Il sindaco PD di Cesena ha in-vitato il suo omologo forlivese Drei ad unirsi nell’antifascismo alla luce del regolamento ap-provato proprio a Cesena, così come anche nel Comune di Santa Sofia (nel forlivese), che dovrebbe (a parole) impedire ai fascisti di tenere iniziative di piazza mentre invece Forza Nuova continua tranquillamen-te a fare banchini. Drei ha ri-sposto accettando e rilancian-do uno sterile coordinamento provinciale antifascista istitu-zionale. Intanto, il giorno dopo è andato a Predappio ad inau-gurare assieme al locale sin-daco Pd Frassineti una mostra nella casa natale di Mussolini sui progetti di un museo fasci-sta da realizzare nella ex sede della casa del fascio!

Deliri da parte degli squadri-sti di Forza Nuova che hanno detto di essersi difesi (a basto-nate contro un presidio pacifi-

co ...) e di Fratelli d’Italia che hanno appeso in centro una bandiera della Rsi con un car-tello contro i “narco-comunisti”.

A scendere in piazza per ri-badire che l’antifascismo non arretra di fronte alla violenza squadrista i sindacati confe-derali, in particolare la Fiom, anche di altre città come Ce-sena e Imola, particolarmente interessate visto che a essere colpito è stato proprio il Segre-tario della Fiom di Forlì, e poi l’Anpi e l’Istituto Storico della Resistenza, il Centro sociale “Casa Madiba” di Rimini, as-sociazioni, partiti come il PD, PRC, MDP, e naturalmente il PMLI che ha sfilato tenendo alta la propria bandiera, tante associazioni e in fondo al cor-teo il nutrito e rumoroso spez-zone degli studenti antifascisti.

Il PMLI ha manifestato

ComuNICato della Cellula “StalIN” dI FoRlì del PmlI

I fascisti di Forza Nuova aggrediscono a bastonate un presidio antifascista

AggreDIto IL SegretArIo FIoM neL rAID SquADrIStAAncora una volta un grup-

po di fascisti, facenti parte di “Forza Nuova”, si sono resi protagonisti di un’aggressio-ne a colpi di bastone, questa volta contro una manifesta-zione di antifascisti ai qua-li va la piena solidarietà del PMLI, e lo hanno fatto nel bel mezzo del mercatino di nata-le in Piazzetta della Misura a Forlì e questo la dice lunga su quanto questi squadristi si sentano legittimati e impuniti.

E questa non può che es-sere l’inevitabile conseguen-za del clima politico generale dove le istanze razziste del-le quali i fascisti sono natu-rali portatori sono state fatte proprie, seppur con toni di-versi, da tutte le forze parla-mentari, compreso il PD e il governo Gentiloni. Ma anche del clima di generale permis-sivismo e lassismo di fronte

all’avanzare dei gruppi neo-fascisti e squadristi, sia a li-vello nazionale, in quanto queste organizzazione do-vrebbero essere messe im-mediatamente al bando e invece possono liberamen-te presentarsi addirittura alle elezioni, ma anche a livello locale, visto che ad esempio il sindaco Davide Drei, che ora si indigna dicendo che “Forlì non intende tollerare gesti fascisti che grondano di intolleranza e violenza“, non ha fatto nulla per tene-re fede all’impegno che si era preso firmando l’appello dell’Anpi in vista delle elezio-ni amministrative del 2014, con le quali Drei è stato elet-to sindaco, e dove appunto si impegnava, tra l’altro, “ad escludere qualunque tipo di presenza o manifestazione sul territorio forlivese dell’or-

ganizzazione Casapound, o altri soggetti che si ispirano al fascismo, anche specifi-cando i casi suddetti nel re-golamento comunale sulla concessione di spazi pubbli-ci” e ad “effettuare la modifi-ca del regolamento comuna-le in materia di occupazione di suolo pubblico al fine di includere, al momento della richiesta di autorizzazione, una dichiarazione esplicita di riconoscimento dei valori an-tifascisti espressi nella Costi-tuzione Italiana”.

Ed è pure la conseguen-za di atti come quelli del sin-daco di Predappio (anch’egli PD) che si appresta a vara-re il progetto per realizzare un museo sul fascismo nel-la casa natale di Mussolini, contro il quale si è espresso anche l’Anpi nazionale.

Il proliferare dei fascisti

nelle nostre città va ferma-to, ora, unendosi in un gran-de fronte unito antifascista in grado di fronteggiare gli squadristi che di “nuovo” non hanno veramente nulla, puz-zano di vecchio e di marcio esattamente come i loro pre-decessori degli anni ’20.

Cellula “Stalin” di Forlì del Partito marxista-leninista

italianoForlì, 8 dicembre 2017______

Esprimiamo la nostra soli-darietà militante al Segretario della Fiom di Forlì Giovanni Cotugno colpito alla testa da una bastonata sferrata dai fa-scisti di Forza Nuova.

Registriamo che il comuni-cato del PMLI è stato pubbli-cato in parte da “Il Corriere di Forlì” e dal sito “forlitoday.it”.

Forlì, 11 dicembre 2017. La bandiera del PMLI spicca in alto nel corso della partecipata manifestazione antifascista (foto Il Bolscevico)

SEGUE IN 5ª ➫

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N. 46 - 21 dicembre 2017 antifascismo / il bolscevico 5a PRedaPPIo

Inaugurato il progetto per il museo fascistaPresente anche il sindaco di Forlì, dopo l’aggressione di Forza nuova agli antifascisti

�Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di ForlìSabato 9 dicembre il sinda-

co di Predappio Giorgio Fras-sineti (PD) ha inaugurato l’en-nesima mostra all’interno della casa natale di Mussolini, dove da anni il comune di Predappio organizza mostre sul fascismo e su Mussolini, esponendo acriticamente materiale fasci-sta e personale appartenente al duce o che lo ritrae o riguar-da. Una sporca operazione “d’immagine” per sfruttare la sua nascita in questo luogo per attrarre “turisti” e guada-gnarsi un po’ di visibilità, a spe-se però della memoria di chi ha combattuto il fascismo, di chi è morto, è stato torturato o perseguitato per essere antifa-scista, ma anche dell’antifasci-smo di oggi perché Predappio è teatro di manifestazioni fasci-ste e sede di diversi negozi di mercanzia fascista.

Quella appena inaugurata non è però una mostra come le altre, vengono infatti espo-sti i progetti per la realizzazio-ne di un ulteriore museo fasci-sta questa volta da realizzarsi nella ex sede della Casa del fascio.

Per il momento si tratta solo di un progetto, occorrono ben 5 milioni di euro per realizzar-lo, ma pian piano sta prenden-do forma grazie ai contribu-

ti economici già stanziati da più parti (500 mila euro il Co-mune di Predappio che ne ha già spesi 300 mila per la mes-sa in sicurezza dell’edificio, al-trettanti la Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, 2 milio-ni dovrebbero arrivare dal-la Regione, altri dallo Stato) e al lavoro degli “storici” Mar-cello Flores e Alberto De Ber-nardi dell’Istituto per la Storia e le Memorie del Novecento Parri Emilia-Romagna di Bo-logna, incaricato di occupar-si dei contenuti, che tentano di mettersi al riparo dalle criti-che che da più parti arrivano giustificandosi così: “L’esposi-zione permanente si fonda su alcuni punti fermi. Raccontere-mo il carattere violento, illibe-rale, totalitario del fascismo fin dai suoi esordi, con il preciso intento di smontare documen-tando scientificamente i luoghi comuni che ancora esistono e si tramandano”.

Ma al di là di come lo si vuo-le presentare sarà un museo del fascismo, in un luogo sim-bolico per il fascismo e in un paese teatro di manifestazioni fasciste e sede di diversi ne-gozi di mercanzia fascista. Un museo al quale avevano ini-zialmente dato il loro appoggio addirittura l’Anpi locale (ma con la contrarietà dell’Anpi nazionale) e l’Istituto Storico

della Resistenza, ma che poi strada facendo si sono ricre-dute, scrivendo in un comuni-cato dell’11 novembre scorso (assieme alla Fondazione Al-fred Lewin, Associazione Maz-ziniana Italiana, CGIL, UDU, Associazione Luciano Lama): “Rileviamo che l’intera ope-razione è stata portata avan-ti con una impronta dirigista da un pugno di persone, sen-za che si aprisse un confron-to costruttivo con il territorio, sull’impostazione e i contenu-ti del ‘museo’ e sul contesto, particolarmente delicato, in cui esso sorgerà.

Pochi giorni fa, il 28 ottobre, circa 2.000 fascisti, la maggior parte in camicia nera, hanno sfilato per Predappio, riem-piendo poi tutti i ristoranti della vallata. Appare grave la non-curanza con cui amministra-tori e progettisti continuano ad affrontare il problema del con-testo in cui il ‘ museo’ nascerà.

In queste condizioni, il pro-getto di centro di documen-tazione, anziché essere una risorsa per lo sviluppo cultu-rale e sociale del Forlivese e della Romagna, una opportu-nità di crescita per studenti e ricercatori italiani e stranie-ri, rischia di essere un clamo-roso autogoal servito su un piatto d’argento a un turi-smo di nostalgici e di ‘curiosi’.

Le realtà associative e cultura-li firmatarie di questo comuni-cato avrebbero potuto e voluto dare suggerimenti e indicazio-ni, porre in evidenza criticità e contraddizioni, se ci fosse sta-to un confronto democratico e plurale. Ma così non è stato, e non abbiamo quindi intenzione di farci carico, o avallare con il silenzio, una condotta che non ci convince e che troviamo pe-ricolosa”.

Il 9 dicembre la Presiden-te nazionale dell’Anpi Car-la Nespolo ha ribadito che “l’ANPI ribadisce la sua fer-ma contrarietà ad una inizia-tiva che rischia di configurarsi come celebrativa della ditta-tura fascista, seppure al di là dell’intenzione dei promoto-ri. L’esigenza di raccontare quell’epoca - a scopi didattici, informativi e formativi di una forte coscienza collettiva anti-fascista - è di assoluta neces-sità e importanza ma il luogo che dovrebbe ospitare una struttura adeguata a questa fi-nalità non può essere la casa natale del duce. Già oggi Pre-dappio è infatti meta di vergo-gnosi pellegrinaggi nostalgici che sarebbero sicuramente fa-voriti e intensificati dal museo così come prospettato. Pre-sentare poi un ‘progetto’ che non è stato discusso con nes-suno e tanto meno con l’ANPI

e le altre associazioni combat-tentistiche e partigiane appare come una forzatura. Invitiamo i soggetti istituzionali, coinvolti nel progetto, ad una riflessio-ne più approfondita e accorta anche in presenza di un clima nazionale di crescente, violen-to e preoccupante dinamismo neofascista e neonazista”.

Il PMLI si è invece espres-so da subito in maniera net-ta e ferma contro la realizza-zione di tale museo, anche con un intervento del compa-gno Denis Branzanti, Segre-tario della Cellula “Stalin” di Forlì, al Congresso dell’Anpi di Forlì-Cesena che si tenne il 12 marzo 2016, al quale però allora il Presidente provinciale dell’Anpi rispose che ci avreb-bero pensato loro a vigilare af-finchè il museo non prendesse la deriva che puntualmente ha poi invece preso.

I lavori per la sua realizza-zione potrebbero partire en-tro il 2020 ma il sindaco me-galomane Frassineti, finito più volte anche sui giornali inter-nazionali per questo suo at-tivismo revisionista, ha fretta di partire per assumersene i “meriti” da rivendicare in qual-che altra sede, visto che è in scadenza di mandato.

Di fronte alle tante critiche che gli sono piovute addos-so ha avuto l’ardire di ammo-

nire “Basta con le critiche e con gli attacchi. Basta puntar-ci il dito contro. Qui siamo tut-ti antifascisti! Qui stiamo solo cercando di recuperare quello che abbiamo mancato lascian-do sola una intera generazio-ne: l’educazione e la cultura”. Come se l’educazione e la cul-tura si facessero a suon di mo-stre fasciste nella città simbo-lo dei fascisti per la nascita del duce e mèta di adunate nere!

Inizialmente Frassineti era riuscito a imbrogliare molti, ma non certo il PMLI, con la giu-stificazione che bisognereb-be “studiare la storia” e “uscire dall’isolamento” ma più avan-ti va il progetto e più diventa chiaro che si tratta dell’ennesi-ma opera di revisionismo sto-rico aggravato dal luogo sim-bolico che ne fa l’ennesimo servizio reso ai fascisti!

All’inaugurazione ha pre-senziato anche il presidente della provincia di Forlì-Cesena e sindaco di Forlì Davide Drei (PD) che all’indomani dell’ag-gressione condotta a col-pi di bastone dagli squadristi di Forza Nuova a Forlì contro un gruppo di antifascisti non ha trovato niente di meglio da fare che andare a Predappio all’inaugurazione di una mo-stra su un progetto di museo fascista nella casa natale di Mussolini!

PRoVoCatoRIa e INtolleRabIle aRChIVIazIoNe dell’INdagINe Sul geStoRe della “SPIaggIa FaSCISta” dI ChIoggIa

Lo scorso luglio, a seguito di un blitz della Digos di Ve-nezia in una spiaggia di Sot-tomarina di Chioggia, la que-stura aveva steso un verbale nel quale si chiedeva la rimo-zione dei cartelli della Playa di Punta Canna che inneggia-vano in maniera chiara al fa-scismo, indagando il gesto-re per violazione della legge Scelba. Ovunque i richiami all’”ordine e alla disciplina” , gadget fascisti, i cartelli sul-le “camere a gas” e il “man-ganello sui denti”, oltre a nu-merose immagini celebrative di Mussolini. Come se non bastasse, il signor Scarpa, il fascista proprietario, era sta-

to filmato mentre teneva uno dei suoi soliti comizi in spiag-gia in stile ducesco auspican-ti lo sterminio di migranti e tossicodipendenti. Una situa-zione palesemente anticosti-tuzionale che aveva mosso molte associazioni antifasci-ste, su tutte l’ANPI che ave-va chiesto il ritiro della licenza all’esercizio. Dopo le polemi-che che lo avevano investi-to, il gestore di Playa Punta Canna si era immediatamen-te difeso, con la solita codar-dia che nei momenti di difficol-tà ha sempre contraddistinto i fascisti: “Dicono che inneg-gio al regime e sono fascista? Io non sono fascista, io sono

amante della pulizia, dell’or-dine e della disciplina. Esse-re etichettato come fascista per questo mi sembra esage-rato. I miei clienti mi sosten-gono.” Tra i boss politici che erano venuti in soccorso a Scarpa, il leader della Lega Nord Matteo Salvini: “Lascia-te lavorare la gente”, aveva dichiarato presentandosi sulla spiaggia. Addirittura lo Scar-pa è divenuto un opinionista radiofonico andando in onda su Morning Show dell’emit-tente Radio Padova, in col-legamento da Punta Canna, rispondendo a domande d’at-tualità. L’accettazione “di fat-to” dei media del fascismo, è

adesso anche supportata dai PM veneziani che chiedono l’archiviazione della vicenda. Per il procuratore capo, Bru-no Cherchi, e per il sostituto procuratore, Francesca Cru-pi, Scarpa, non ha fatto nes-suna apologia di fascismo; praticamente la Procura af-ferma che le sue sono state solo “stravaganze” ma nulla di riconducibile all’esaltazio-ne del fascismo. Un epilogo vergognoso, uno sdogana-mento a 360 gradi del fasci-smo di una gravità senza pre-cedenti poiché nella sostanza si afferma che le immagini del duce ed i saluti romani, i ri-chiami al Ventennio e i comizi

in spiaggia a favore del “regi-me” e densi di razzismo, in-tolleranza, odio e xenofobia non sono apologia di fasci-smo bensì, una “articolazione del pensiero”. Bisognerebbe però ricordare ai PM compia-centi che dal 25 Aprile 1945, il fascismo nel nostro Paese non è un pensiero come tutti gli altri, ma costituisce un re-ato vero e proprio. Reato che essi hanno avallato renden-dosi complici di una misura che svilisce e infanga la no-stra gloriosa Resistenza e tut-ti i martiri del nazifascismo. A dimostrare questo “andazzo” generale filofascista da par-te degli organismi di controllo, in aggiunta alle vicende delle ultime elezioni amministrative che hanno visto la presenza di liste dichiaratamente fasci-ste senza che nessuno abbia mosso un dito, un mese dopo i fatti di Chioggia, un altro pm, a Milano, aveva chiesto l’ar-chiviazione per il blitz del 29 aprile al Campo X nel cimite-

ro di Musocco, dove i militan-ti dell’ultradestra si trovarono davanti alle tombe dei caduti della Rsi e fecero il saluto ro-mano postando poi sui social la fotografia che immortalava la scena. Secondo il pm Pie-ro Basilone fu solo una com-memorazione e per lui, a dif-ferenza di quanto accaduto in passato, la manifestazio-ne non è stata preceduta da una sfilata pubblica per le vie di Milano con l’esibizione di simboli e vessilli tali da ren-dere concreto il pericolo “at-trazione” del consenso ver-so l’ideologia del Ventennio. In realtà la marcia c’è stata: i militanti neofascisti con in te-sta esponenti di CasaPound, Lealtà Azione, Comunità mili-tante dei dodici raggi, hanno sfilato in corteo sulla pubbli-ca via per raggiungere il cimi-tero con la sola accortezza di non esporre simboli e vessilli del fascismo in strada. Basta poco, dunque, per essere fa-scisti a “termini di legge”.

La spiaggia di Chioggia Sottomarina (Venezia) con i cartelli inneggianti al fascismo e a Mussolini

contro l’aggressione di Forza Nuova, per mettere immedia-tamente al bando tutte le or-ganizzazioni neofasciste alla quali non va concesso alcu-no spazio, ma anche, come riportato nei 2 comunicati stampa inviati nei giorni pre-cedenti, contro l’ipocrisia del-le istituzioni borghesi a partire dal sindaco PD Drei (presen-te al corteo), e affinché non vengano comminate denun-ce agli antifascisti come inve-ce sembra possa avvenire. La presenza del PMLI è stata ci-tata dai siti internet www.for-li24ore.it e www.forlitoday.it, quest’ultimo aveva pubblicato in parte il nostro comunicato di adesione.

Il corteo, composto da cir-ca 600 antifascisti con alla te-sta lo striscione “No al fasci-smo”, è partito proprio dalla piazza teatro dell’aggressio-

ne e ha percorso il centro cit-tadino, passando per piazza Saffi dove furono impiccati di-versi partigiani, per giungere in Piazza Ordelaffi dove ha sede la Prefettura e dove si sono tenuti i comizi conclusi-vi. Gli organizzatori, per boc-ca del segretario Uil di Forlì Luigi Foschi che ha aperto l’i-niziativa, si sono guardati dal citare nella lista letta anche il PMLI fra coloro che aveva-no aderito, dando poi la paro-la a diversi rappresentanti tra i quali una dell’Anpi, uno de-gli studenti, un parroco, ma in particolare è stato impor-tante quello di Giovanni Cotu-gno, Segretario cittadino del-la Fiom colpito proprio da una bastonata di Forza Nuova che ha detto chiaramente come il fascismo non sia un’opinio-ne alla quale occorre lascia-re spazio, ma un reato, e in quanto tale va perseguito. Ri-costruendo i momenti dell’ag-gressione ha denunciato sia

come gli squadristi siano po-tuti arrivare sul posto arma-ti di bastoni ma anche come abbiano potuto rimanere, sempre con i bastoni in mano, anche dopo l’aggressione e all’arrivo della polizia a sup-porto dei pochi agenti presen-ti inizialmente.

Da sottolineare però la completa assenza di denun-ce politiche, non solo a livello nazionale per le politiche raz-ziste oramai sempre più prassi anche della “sinistra” borghe-se oltre che dell’accondiscen-denza delle istituzioni borghesi verso i gruppi neofascisti, ma anche per quanto riguarda le responsabilità a livello locale per quel che riguarda la con-cessione di spazi pubblici ai gruppi neofascisti; nulla è stato detto nemmeno su Predappio dove si è appena aperta una mostra nella casa natale di Mussolini in cui vengono espo-sti i progetti del museo fasci-sta che troverà spazio nella ex

sede della casa del fascio, de-nuncia che avrebbe spiazzato il diretto interessato, cioè il sin-daco Drei presente alla mani-festazione e anche all’inaugu-razione due giorni prima della mostra a Predappio.

Al termine dell’iniziativa un gruppo di studenti e altri an-tifascisti hanno ripreso il cor-teo per tornare in piazza Saffi e continuare lì con un presidio.

La manifestazione è sta-ta molto importante in quanto ha dimostrato ancora una vol-ta come sia profondo il legame con l’antifascismo e ha dato una forte risposta immediata agli squadristi.

Bisogna dar vita a un largo e conseguente fronte unito an-tifascista per mettere al bando le organizzazioni neofasciste e neonaziste senza illudersi che siano le istituzioni e le “forze dell’ordine” a farlo. Quest’ulti-me le tollerano quando proprio non le agevolano, mentre le masse le ripudiano!

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6 il bolscevico / antifascismo N. 46 - 21 dicembre 2017

Come voleva Berlusconi

Gentiloni, Renzi e oRlando imBavaGliano la stampa

Il decreto legge delle intercettazioni lede i diritti dell’informazione e della difesa. I cronisti rischiano tre anni per rivelazione di segreto. La polizia giudiziaria decide quali conversazioni sono rilevanti e quali no

“Ci sono voluti molti anni, ma alla fine la riforma sarà legge. Te-nacia e buon senso hanno vinto”. Questa dichiarazione trionfale del ministro Angelino Alfano, che ci aveva provato invano a varare una legge bavaglio sulle inter-cettazioni quando era il ministro Guardasigilli di Berlusconi, la dice lunga sul carattere e gli obiettivi politici del decreto legislativo del ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che disciplina l’uso del-le intercettazioni nei procedimen-ti giudiziari e la loro diffusione a mezzo stampa. Provvedimento che è stato trasmesso il 3 no-vembre alla Commissione Giusti-zia del Senato per un parere “non vincolante”, e quindi da conside-rarsi praticamente già approvato, poiché è l’applicazione di una legge delega.

Già su questo punto c’è da denunciare l’ennesima forzatura anticostituzionale, poiché la de-lega fu strappata al parlamento dall’allora governo Renzi con ben due voti di fiducia, il che vuol dire che il governo si è fatta un’autodelega, sostituendosi al parlamento ed avocando arbi-trariamente a sé anche il potere legislativo. Ed è un’altra forzatura anticostituzionale che tale delega sia trasmessa per via ereditaria al governo Gentiloni, che si è assunto il compito di completa-re l’opera del suo predecessore, nonostante che la legislatura stia ormai per scadere.

Con questa legge le inter-cettazioni di un indagato non saranno più trascritte, neanche in brogliaccio come adesso, ma solo contrassegnate con data, ora e dispositivo di registrazione. Starà alla polizia giudiziaria deci-dere quali sono “rilevanti” ai fini processuali e quali no, escluden-do anche quelle “di contesto”, cioè non strettamente attinenti ai reati ma che potrebbero aiuta-re a comprendere la personalità dell’indagato, il suo ambiente, le circostanze in cui il reato è sta-to commesso, altri personaggi coinvolti, ecc. In caso di dubbi

dovrà essere interpellato il pm che deciderà della trascrizione o meno. Le parti escluse verranno custodite in un archivio segreto sotto custodia del procuratore, ed eventualmente distrutte su richiesta. La difesa potrà consul-tarle in fase di udienza stralcio, ma soltanto in audio e senza po-ter avere a disposizione una tra-scrizione su carta.

nascondere le vergogne degli

imputati “eccellenti”Secondo Gentiloni e Orlando

con questo decreto sono state garantite le indagini della magi-stratura ma vengono ridotti gli “abusi”, ed inoltre non sarebbe stata lesa la libertà di stampa. Quest’ultima affermazione si rife-risce alla prima bozza del decreto di Orlando, in cui le intercettazio-ni, sempre solo quelle “rilevanti”, non avrebbero neanche dovuto essere trascritte, bensì solo alle-gate agli atti sotto forma di “ri-assunto”. Un bavaglio talmente sfacciato al diritto di informazione che sollevò un’ondata di indigna-zione tale da far recedere il Guar-dasigilli e ripiegare sulla versione attuale.

Ma nella sostanza il provvedi-mento non è poi cambiato molto. È evidente che lo scopo che si voleva ottenere era quello di na-scondere per sempre all’opinione pubblica quelle intercettazioni di imputati “eccellenti” che saranno anche irrilevanti sul piano penale, ma che possono essere rilevan-tissime sul piano politico. E que-sto è stato ottenuto: si pensi per esempio alle intercettazioni sulle “cene eleganti” di Berlusconi, su-gli intrallazzi di Renzi padre, sulle manovre dell’ex ministra Guidi per compiacere il fidanzato, su quelle dell’ex ministro Lupi per “raccomandare” il figlio, e chi più ne ha più ne metta. Con questa legge avremmo rischiato di non saperne nulla, dato che quelle intercettazioni, che pure hanno

provocato importanti scossoni politici e dimissioni di ministri, sa-rebbero state probabilmente giu-dicate “irrilevanti” e lesive della “privacy” degli indagati, e di con-seguenza secretate e distrutte.

Questa legge lede invece doppiamente il diritto all’informa-zione, perché costituisce anche una grave intimidazione contro i giornalisti, in quanto mentre fino ad ora potevano incorrere nel re-ato di “pubblicazione arbitraria di atti di un procedimento penale” (art. 684 cp), punibile con arresto fino a 30 giorni e ammenda da 51 a 258 euro, oblabile, adesso potrebbero essere perseguiti per “rivelazione di segreto d’ufficio” (art. 326 cp), punibile con la re-clusione da sei mesi a tre anni. Questo a causa del fatto che le intercettazioni stralciate, essen-do secretate, se rivelate rientrano automaticamente in questo se-condo e più grave tipo di reato.

Rischi di abuso di potere e di lesione

dei diritti della difesaUn’altra conseguenza non

meno grave di questa legge è che di fatto la polizia giudiziaria, che è preposta all’ascolto e alla selezio-ne delle intercettazioni tra “rilevan-ti” e “irrilevanti”, viene ad assume-re un potere del tutto arbitrario e quasi assoluto nell’indirizzare le indagini e i processi e nello svelare o nell’occultare all’opinione pub-blica le malefatte degli imputati “eccellenti”. Risulterà inoltre molto più difficile riesaminare in un se-condo momento le parti secretate, perché mancherà qualsiasi riferi-mento, anche sommario, a parte la data e l’ora, per poterle rintrac-ciare, quindi di fatto resteranno segrete per sempre, come hanno sottolineato anche in due distinte interviste a “La Repubblica” l’av-vocato generale della Cassazione, Nello Rossi, e l’ex pm di Palermo oggi passato alla Procura naziona-le antimafia, Nino Di Matteo.

E anche diritti della difesa ven-

gono lesi dal decreto Orlando, perché preclude agli avvocati di utilizzare intercettazioni scartate in quanto giudicate “irrilevanti”, ma che magari potrebbero esse-re utili alla difesa dei propri assi-stiti. È vero che in fase di udien-za stralcio può essere ascoltato l’audio delle intercettazioni, ma senza trascrizioni su carta solo gli studi legali più importanti potran-no permettersi di pagare schiere di giovani laureati per ascoltare ore ed ore di registrazioni: una palese discriminazione ai danni degli imputati più poveri e degli avvocati d’ufficio.

Infine, e non per ordine di im-portanza, il decreto fissa regole più stringenti per l’uso dei sof-tware “trojan” per infiltrare i pc e i telefonini degli indagati, in quanto le microspie ambientali sono or-mai facilmente neutralizzabili. Ma anche qui si opera una discrimi-nazione tra reati, con regole più vincolanti di tempo e di luogo per reati di corruzione, e molto meno vincolanti per reati di criminalità organizzata e terrorismo. Sempre cioè nell’ottica di salvaguardare il più possibile i politici e gli altri

imputati “eccellenti”, per spiare i quali, al contrario di mafiosi e ter-roristi, occorre chiedere l’autoriz-zazione specificando in anticipo il luogo e l’orario dell’intercettazio-ne: un vero nonsenso!

A questo proposito è singo-lare, ma anche eloquente, che quasi contemporaneamente al decreto Orlando il governo abbia chiesto in parlamento il via libera ad un altro provvedimento, moti-vato con la solita “lotta al terrori-smo”, che prolunga a ben 6 anni la conservazione degli archivi dati del traffico telefonico di tutti i cit-tadini, un record assoluto rispetto a tutti gli altri paesi europei, che al massimo arrivano a 2 anni. In questo caso per il governo Gen-tiloni e il ministro Orlando il “dirit-to alla privacy” non vale un fico secco.

leso gravemente il diritto di

informazioneLa Federazione nazionale della

stampa (Fnsi) ha protestato con-tro il provvedimento chiedendo di

“rivederlo” ed effettuare “radicali modifiche”. “L’approvazione del-le nuove norme – hanno scritto in un comunicato il presidente e il segretario generale del sindacato dei giornalisti – non potrà mai far venir meno il diritto-dovere del giornalista di pubblicare qual-siasi notizia, anche coperta da segreto, che abbia rilevanza per l’opinione pubblica e che implichi l’interesse dei cittadini a esserne messi a conoscenza, così come ha più volte ribadito la Corte eu-ropea dei diritti dell’uomo”.

Anche per il presidente della Commissione Giustizia del Sena-to, Felice Casson, il decreto pre-senta profili di incostituzionalità per via dell’autodelega che il go-verno si è fatto, e lede inoltre gra-vemente il diritto di informazione. Tra l’altro, ha rivelato il senatore di Liberi e uguali, “Orlando ha disatteso la promessa che aveva fatto al parlamento di prevede-re norme a tutela dei giornalisti che pubblicano anche materiale riservato ma di indubbio interes-se pubblico”. E con ciò l’Italia potrebbe rischiare una condanna della Corte europea, che già si era pronunciata sulla prevalenza del diritto all’informazione rispet-to a quello della privacy.

Non si fa fatica a capire il perché di tanto giubilo da par-te dell’ex pupillo di Berlusconi e attuale ministro degli Esteri del governo Gentiloni: perché il de-creto di Orlando realizza concre-tamente quell’operazione volta a legare le mani alla magistratura e mettere il bavaglio alla stampa che al neoduce Berlusconi e Al-fano allora non era riuscita. E ciò anche per le remore dell’allora PD di Bersani, che oggi invece con Renzi e Gentiloni si fa addirittura promotore e artefice della sporca operazione. Un ottimo viatico per il futuro governo di “larghe inte-se” tra Berlusconi e Renzi che è nella mente dell’ex premier, e per allontanare lo spettro delle in-chieste Consip e Cpl-Concordia che ancora non lo fa dormire tranquillo.

Roma. I fascisti fanno falò con i giornali di opposizione poco prima del varo delle “leggi fascistissime” che proibivano, tra le altre cose, l’esistenza di una stampa non in linea con il regime

Col pRetesto di “BatteRe il teRRoRismo”

dati dei cellulari e internet conservati 6 anniAddio privacy

È stata pubblicata nella Gaz-zetta Ufficiale lo scorso 27 no-vembre la legge n. 167 del 20 novembre 2017 intitolata “Dispo-sizioni per l’adempimento degli obblighi derivanti dall’apparte-nenza dell’Italia all’Unione euro-pea - Legge europea 2017”, la quale, tra l’altro, dispone all’art. 24 che i dati del traffico telefonico e telematico, insieme ai dati rela-

tivi alle chiamate senza risposta, saranno conservati per settanta-due mesi, ossia 6 anni.

È lo stesso art. 24 a spiega-re che il provvedimento è stato emanato dall’Italia, in attuazio-ne dell’articolo 20 della direttiva (UE) 2017/541 del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 marzo 2017, “al fine di garantire strumenti di indagine efficace in

considerazione delle straordinarie esigenze di contrasto del terrori-smo, anche internazionale”.

L’introduzione dell’emenda-mento che ha poi portato all’e-manazione dell’art. 24 della Leg-ge europea è opera dei deputati Walter Verini e Giuseppe Berretta (PD) che lo hanno elaborato in-sieme all’ex M5S (ora Gruppo misto Mara Mucci), e successi-

vamente il testo di legge è stato votato dall’attuale maggioranza.

In base alla precedente nor-mativa il tempo di conservazione dei dati telefonici e telematici era di 24 mesi (ossia 2 anni, mentre il periodo di conservazione delle chiamate senza risposta era di 30 giorni.

La norma era già stata dura-mente criticata a luglio, durante

i lavori parlamentari, dal presi-dente dell’Autorità Garante per la Privacy, Antonello Soro, il quale aveva affermato che la parifica-zione tra dati di traffico telefonico e telematico, se non giustificata da specifiche esigenze investiga-tive, viola la normativa italiana in tema di privacy e potrebbe addi-rittura risultare incompatibile con le stesse indicazioni comunitarie, e la cosa risulterebbe parados-sale, visto che la norma è stata introdotta dal legislatore italiano proprio in recepimento di una di-rettiva comunitaria.

Il risultato sarà che, con il pretesto della lotta al terrorismo, l’autorità giudiziaria e quella di polizia, che certo non brillano per trasparenza, potranno arbi-trariamente disporre dei dati che le compagnie telefoniche e i pro-vider saranno obbligati ad archi-viare per un tempo mediamente

più che doppio rispetto alla me-dia degli altri Paesi europei, con il rischio concreto di schedature di massa per finalità che, ovvia-mente, l’opinione pubblica non è in grado di controllare.

È evidente che la norma entra-ta in vigore favorisce indiscutibil-mente il controllo poliziesco sulla popolazione e dà al governo, ai servizi segreti e alla magistratu-ra ancora più potere di spiare e schedare chiunque. Inoltre favo-risce le attività, svolte in forma anonima e aggregata, di profila-zione, scoring e marketing delle utenze, effettuate dalle compa-gnie telefoniche e provider inter-net che, con l’allungamento dei tempi di conservazione, ottengo-no indiscutibili vantaggi econo-mici sui costi di gestione, avendo più tempo a disposizione per ef-fettuare le relative operazioni.

Numero di telefono e fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico”

Il numero di telefono e del fax della Sede centrale del PMLI e de “Il Bolscevico” è il seguente 055 5123164. Usatelo liberamente, saremo ben lieti di comunicare con chiunque è interessa-to al PMLI e al suo Organo.

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N. 46 - 21 dicembre 2017 lavoratori / il bolscevico 7Per i giovani sarà la più alta dopo la Danimarca

Ocse: in italia si lavOrerà finO a 71 anniIl tema delle pensioni in Ita-

lia è sempre all’ordine del gior-no. Si susseguono controrifor-me, si dibatte su quale debba essere l’età pensionabile, sui costi della previdenza e an-che in questo fine 2017 queste problematiche sono al centro di un aspro confronto tra alcu-ni sindacati e il governo Genti-loni. Una cosa è certa: nel giro di neanche 20 anni il sistema previdenziale italiano è diven-tato uno dei peggiori d’Europa.

A confermare questa si-tuazione è arrivato il rapporto dell’OCSE (l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Svi-luppo Economico). L’istituto che ha sede a Parigi condu-ce a scadenza biennale un’in-chiesta sui sistemi pensioni-stici dei 35 paesi membri, tra cui fanno parte tutti quelli del G20, che prende il nome di “Pensions at a Glance” (uno sguardo sulle pensioni). Prati-camente parliamo di quasi tut-ta l’Unione Europea, più Usa, Canada e Messico, Giappone, Australia, Turchia e altri Stati minori.

Tra le tante elaborazioni e tabelle i commenti si sono con-centrati sul dato relativo all’e-

tà pensionabile di chi è entrato nel mondo del lavoro nel 2016 all’età di 20 anni. L’Italia si col-loca al secondo posto con un’età prevista di 71,2 anni, scavalcata solo dalla Dani-marca con 74. Evidentemente il paese scandinavo non è poi quella “patria del welfare” e del buon vivere come spesso vie-ne descritta dai mass-media. Assieme a questi due Paesi, nel ristretto e poco invidiabile elenco dove si supera la soglia dei 70 anni troviamo solo l’O-landa con 71.

L’Italia è quindi ben al di so-pra della media OCSE di 65,8 anni per gli uomini e 65,5 per le donne. Da qui al 2060, pur se largamente staccati, supe-reranno la media Paesi come Regno Unito, Irlanda, Por-togallo, Finlandia (68 anni), Usa, Australia, Israele, Norve-gia (67). Al di sotto troviamo invece Slovenia (60) Turchia (61 uomini, 59 donne), Gre-cia (62), Francia (64), Svizze-ra (65/64), Germania, Spagna, Austria e Belgio (65).

I dati smentiscono un altro luogo comune, e cioè che l’a-sticella dell’età debba esse-re più alta dove si vive più a

lungo. Secondo le previsioni dell’Ocse in Giappone, il pa-ese con la più alta aspettati-va di vita al mondo, i giovani che iniziano a lavorare ades-so andranno normalmente in pensione a 65 anni, oppure con un’alta contribuzione a 60 anni, contro i corrispettivi 71,2 e 67,4 anni che occorrono in Italia.

Dal rapporto sulle pensio-ni dell’OCSE, è emerso che ri-spetto ai 35 paesi membri, solo 6 paesi tra cui l’Italia hanno adottato il meccanismo dell’a-spettativa di vita per l’uscita la-vorativa. Comunque negli ulti-

mi due anni, un terzo dei paesi dell’OCSE ha modificato i livel-li di contribuzione, un terzo ha modificato i livelli di prestazio-ni per tutti o alcuni pensionati e tre Paesi hanno promulgato nuove misure per aumentare l’età pensionabile legale. Allo stesso tempo, le recenti rifor-me abbasseranno i redditi di molti futuri pensionati.

Dobbiamo anche rilevare che tra i requisiti richiesti dal-la legge e l’effettivo data del pensionamento ci sono delle discrepanze. In questo caso le differenze tra i vari Paesi si assottigliano e attualmente l’I-

talia con 62 anni è perfino sot-to la media OCSE. Ma questo significa ben poco se non che, soprattutto certe mansioni pe-santi e stressanti, non si pos-sono sopportare oltre un certo limite, ci si accontenta di asse-gni più bassi anziché rimanere a lavorare e ottenere una pen-sione più alta.

I dati relativi all’Italia sono comunque transitori perché si portano dietro lasciti del prece-dente sistema previdenziale, in rapido peggioramento. Non a caso il nostro Paese, dopo l’Irlanda, è quello che registra negli ultimi anni il maggiore au-

mento di permanenza al lavo-ro. Nonostante questo l’Italia è indicata tra gli Stati che de-vono ulteriormente diminuire la spesa pensionistica, attual-mente al 14% netto del Pil.

L’avvertimento e le minac-ce dell’organizzazione impe-rialista con sede centrale nella capitale francese sono chiare: “I Paesi dell’OCSE non devo-no attendere la prossima crisi per attuare le riforme necessa-rie per rispondere all’aumento della longevità, tra rischi cre-scenti di ineguaglianza tra an-ziani e l’evoluzione delle forme di lavoro”.

lO certifica l’inail

aumentano i morti sul lavoroFillea Cgil: “Molti sono anziani sulle impalacature”

Il Jobs Act di Renzi e Gen-tiloni unito alla cancellazione delle norme e delle tutele sin-dacali, alla controriforma For-nero e al supersfruttamen-to capitalista sono la miscela

mortale per migliaia di lavora-tori che quotidianamente per-dono la vita o rimangono gra-vemente infortunati nei luoghi di lavoro.

Secondo gli ultimi dati Inail

pubblicati a metà ottobre in-fatti, nei primi nove mesi del 2017 ci sono stati 769 mor-ti, con un aumento del 2,1% rispetto al 2016. Sono state presentate circa 472 mila de-nunce, 594 casi in più rispet-to allo stesso periodo dell’an-no scorso.

Le vittime sono soprattutto i lavoratori più anziani tra le cui file si registra un sensibile au-mento delle denunce. A farne le spese sono in particolare le fasce di età comprese tra i 55 e i 69 anni con circa quattromi-la casi in più rispetto al 2016.

“Chi si dovesse sorprende-re di questa tragica impenna-ta di infortuni e morti sul lavo-ro, o vive su un altro pianeta o è in malafede”, commenta la segreteria generale della FIl-lea Cgil. “È drammatico il dato dei casi di infortuni tra i 55 e i 69 anni, cresciuti di 4 mila uni-tà, si tratta del 38% del tota-le. Moltissimi dei quali sono muratori e lavoratori delle co-struzioni, costretti a stare sul-le impalcature o in cava o sul muletto oltre ogni limite uma-no possibile. Una strage che ha un solo responsabile: una riforma delle pensioni che non

tiene conto dell’evidenza, e cioè che i lavori non sono tut-ti uguali”.

La Fillea Cgil inoltre denun-cia il rifiuto di ben “il 75% del-le domande per l’Ape Social, quasi tutte di edili, perché i pa-letti imposti – in primis quello che prevede almeno 20 anni di contributi e 6 anni di lavo-ri gravosi negli ultimi sette – sono troppo stretti per queste categorie di lavoratori... Il go-verno non ne ha voluto tener conto. Degli oltre 20 mila over 60 registrati nelle casse edili solo poche centinaia potran-no andare in pensione, gli al-tri staranno sulle impalcature fino a 70 anni”. Se non mori-ranno di lavoro prima.

In forte aumento anche le denunce di infortunio pre-sentate all’Inail che eviden-zia come nei primi tre trimestri 2017 l’aumento infortunistico è stato pari allo 0,1% tra i la-voratori (330 casi in più) e allo 0,2% tra le lavoratrici (+264). Gli incremmenti maggiori si sono registrati al Nord (oltre tremila casi in più) con alla te-sta la Lombardia (+1.794 de-nunce) ed Emilia Romagna (+1.238).

a dieci anni dalla strage thyssen Krupp non è stato fatto niente per la sicurezza in fabbrica

Due OPerai gravemente ustiOnati a tOrinO

Un grave incidente sul lavo-ro è avvenuto nella mattinata di mercoledì 6 dicembre a To-rino. A farne le spese due per-sone che stavano lavorando negli stabilimenti della Vaber, una ditta di prodotti chimici di strada San Mauro, alla peri-feria orientale della città, che produce elementi per carroz-zerie, l’automotive, adesivi e componenti per la nautica e l’aerospaziale.

A farne le spese Giandome-nico Olpeni, 61 anni, respon-sabile della linea di produzio-ne, da pochi mesi in pensione ma ancora attivo nell’azienda, resta intubato e sedato all’o-spedale per le ustioni al volto e alle vie aeree. In condizio-ni leggermente meno gravi si trova invece Giuseppe Gero-sa, 76enne di Milano, consu-lente di una ditta esterna, ri-coverato anche lui con il volto ustionato. Praticamente ille-so un terzo operaio che si tro-vava più indietro al momento dell’incidente, per lui solo tan-ta paura.

Le cause sono ancora in corso di accertamento ma dal-le prime testimonianze emer-se, i due sarebbero stati inve-stiti da una scarica di vapore ad alta pressione seguita ad una esplosione durante la ma-nutenzione di un macchinario appena installato. Al suo inter-no era contenuto del solvente e la fiammata che ne è scaturi-ta è stata poi spenta dal pron-to intervento degli altri operai presenti nello stabilimento.

Il giorno successivo un altro incidente sul lavoro è avvenu-to a Torino, stavolta mortale, in pieno centro storico. Un ope-raio edile di 49 anni che stava lavorando alla ristrutturazione di un edificio nei pressi della Mole Antonelliana, è caduto

da un’impalcatura montata ad un’altezza di 4 metri. Per Vin-cenzo Barbatano non c’è stato niente da fare.

Proprio in questi giorni ri-correvano 10 anni dal terribile incidente avvenuto nello sta-bilimento torinese delle accia-ierie ThyssenKrupp dove per-sero la vita in maniera orribile, bruciati vivi, 7 operai. L’inchie-sta che ne è scaturita ha evi-denziato l’assenza dei più ele-mentari sistemi di sicurezza, dagli estintori vuoti alla scarsa manutenzione, agli straordi-nari che erano costretti a fare gli operai.

Una tragedia che non fu frutto del caso ma della stra-tegia della Thyssen che ave-va intenzione di dismettere l’acciaieria torinese e trasferi-re tutto a Terni. Risparmiava anzitutto sulla sicurezza e non faceva più nessun intervento. Ciro Argentino, delegato della Fiom nel 2007 ricorda: “ero in azienda dal 1995 e non avevo mai visto una decadenza degli impianti e una mancata manu-tenzione come in quel perio-do. L’azienda aveva cambiato politica, si stava preparando il terreno per l’uscita, non com-prava più pezzi di ricambio e risparmiava sulla manutenzio-ne”.

Ricorda che avevano già spento centinaia di incen-di come quello che ha deter-minato la morte dei 7 operai, ma quella sera, a causa dello scoppio di un tubo, tutto si tra-sformò in tragedia. Solo uno morì sul colpo, gli altri sei peri-rono nei giorni successivi uno dopo l’altro, dopo uno stillici-dio di dolore e sofferenza con ustioni su oltre il 90% del cor-po.

Il processo che ne è se-guito ha portato alla condan-

na dell’AD di ThyssenKrupp, Harald Estenhahn, a 16 anni di reclusione in primo grado. La pena sarà quasi dimezza-ta negli altri gradi di giudizio. Altre pene ai dirigenti Gerald Priegnitz, Marco Pucci (en-trambi condannati a 6 anni e 10 mesi) e Daniele Moro-ni (condannato a 7 anni e 6 mesi). Il principale accusa-to, Estenhahn, attualmente si trova in libertà nel suo pae-se, la Germania non ha mo-strato per adesso la minima intenzione di eseguire la sen-tenza.

A dieci anni di distanza da uno dei più gravi incidenti sul

lavoro avvenuti nel nostro Pa-ese niente è cambiato. A livel-lo normativo qualcosa è stato fatto, sull’onda dell’emozio-ne causata dalla tragedia alla Thyssen, ma un conto è fare le leggi un altro è applicarle. La condizione generalizzata di precarietà, la paura di es-sere licenziati, demansiona-ti, delocalizzati, di non trova-re un altro lavoro, le pressioni delle aziende, portano i lavo-ratori stessi a dover accettare dei compromessi anche sulla sicurezza.

Il risultato finale è che sul lavoro si continua a morire come e più di prima.

Quattro morti sul lavoro in un solo giornoL’8 ottobre, mentre a Ca-

gliari l’Associazione Nazio-nale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del lavoro (ANMIL) celebrava la 67ᵃ Giornata na-zionale per le vittime degli in-cidenti sul lavoro e il capo del-lo Stato Mattarella indirizzava un laconico messaggio di sa-luto al presidente nazionale ANMIL, Franco Bettoni, in cui fra l’altro l’inquilino del Quiri-nale si rammaricava “che tra le vittime di infortunio sul la-voro ci siano ragazzi giova-nissimi” e invitava le aziende “a non imporre ai lavorato-ri condizioni molto al di sotto della sicurezza”; l’ecatombe di operai che quotidianamen-te perdono la vita sui luoghi di lavoro a causa del brutale sfruttamento capitalista non si è certo fermata: quattro operai sono morti nel giro di poche ad Agrigento, Torino e Ascoli Piceno.

I primi due, di 61 e 56 anni, sono precipitati da un’altez-

za di 32 metri, finendo den-tro il sovrappieno della vasca vuota a forma di imbuto, usata per lo stoccaggio delle acque presso la diga Furore a Naro, nell’agrigentino. A provoca-re la morte di Francesco Gal-lo e di Gaetano Cammilleri sa-rebbe stato il cedimento di un montacarichi.

La terza vittima è il mano-vratore Francesco Corica di Settimo Torinese che lavora-va per la Villanova, una ditta dell’indotto Fca che gestisce i flussi dei treni nel raccordo ferroviario del Drosso. Secon-do le prime informazioni, la vittima aveva appena finito di caricare delle bisarche quan-do sarebbe stato urtato da un treno in manovra. “Con la par-ziale ripresa dell’attività in mol-ti stabilimenti metalmeccani-ci – ha commentato Federico Bellono, segretario della Fiom Cgil Torino – troppo spesso vittime di gravissimi episodi come quello di ieri sono lavo-

ratori delle ditte esterne, degli appalti e dei subappalti”.

La quarta vittima è un ope-raio di 55 anni dipendente del-la ditta Acciarri caduto in un silos di un’azienda agricola a Comunanza (Ascoli Piceno). L’uomo secondo le prime ri-costruzioni stava caricando del grano dal silos su un mez-zo agricolo, quando per cau-se ancora da accertare è sta-to risucchiato dalla polvere del grano rimanendo soffocato.

“Stando agli ultimi dati INAIL – ha affermato il presi-dente ANMIL Bettoni, la situa-zione si conferma allarmante con un aumento delle denun-ce sia degli infortuni che del-le malattie professionali sia di quelli con esito mortale. Già nei mesi precedenti dell’an-no in corso si erano registra-ti i primi segnali negativi sul fronte infortunistico, ma se la conferma dell’incremento del-le denunce negli OPEN Data INAIL al 31 agosto 2017 non

sorprende, non può neppure lasciare indifferenti se come precisa l’INAIL, nel periodo gennaio-agosto per quanto riguarda gli infortuni ci sono state in Italia 421.969 de-nunce, ovvero ben 5.229 in più rispetto allo stesso perio-do del 2016... La preoccupa-zione per l’aumento infortuni-stico dell’1,3% - ha aggiunto Bettoni - è dettata soprattutto dal fatto che a tale incremen-to hanno contribuito soltanto le gestioni Industria e servizi (+2,0%) e quella Conto Sta-to dipendenti (+3,3%), quindi parliamo proprio di carenza di sicurezza nei luoghi di lavoro più rischiosi... Stesso discor-so per le denunce di infortu-nio sul lavoro con esito mor-tale che sono state 682, 31 in più rispetto ai 651 decessi dell’analogo periodo del 2016 (+4,8%)... quindi è tempo di ri-flessioni e di confronti che de-vono dare seguito a provvedi-menti stringenti”.

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8 il bolscevico / interni N. 46 - 21 dicembre 2017

Anniversario della Liberazione di Venaus

I No TAV TorNANo IN pIAzzALa polizia del nuovo Scelba Minniti usa il manganello e arresta tre attivisti durante la marcia di protesta

contro il cantiere della devastazione di ChiomontePreSidio di SoLidarietà Sotto Le Mura deL CarCere Le VaLLette di

torino Per Chiedere L’iMMediata SCarCerazioneAl culmine di una tre giorni di

mobilitazione intitolata “8 dicem-bre: la Valle che resiste!” centinaia di manifestanti No Tav sono scesi in piazza per rilanciare la lotta con-tro la dannosa, costosissima e inu-tile opera che da oltre 12 anni sta devastando la Val Di Susa.

Come scrivono gli stessi attivi-sti in un resoconto pubblicato sul web: ogni anno, a cavallo dell’8 dicembre, in Val di Susa, i No Tav festeggiano la Liberazione di Ve-naus, momento di rabbia e lotta che si consumò nel 2005 con i primi scontri con le “forze dell’or-dine”, per annunciare al mondo l’ostilità alla linea ad alta velocità Torino-Lione.

Quest’anno l’anniversario, è stato festeggiato con un attacco al cantiere di Chiomonte, che ha rotto una tregua che durava da tempo. Razzi, bombe carta.

La giornata di mobilitazione è iniziata nel pomeriggio alla pedana No Tav di fronte al campo sportivo

di Giaglione, banchetti e concerti hanno accompagnato l’attesa per la polentata che ha preceduto l’ini-zio della passeggiata serale verso la Clarea.

La manifestazione ha preso il via pco prima delle 21 con una marcia di quattro chilometri lun-go il sentiero principale che da Giaglione porta al cantiere della devastazione. A metà strada, se-condo il dispositivo organizzato dalla Questura, è stato collocato un cancello di ferro, per sbarrare l’avvicinamento.

I No Tav hanno risposto con un attacco su più fronti, lanciando razzi a ripetizione, cercando allo stesso tempo di forzare la barriera di metallo tagliandola con un fles-sibile elettrico.

La polizia ha attaccato il corteo con un fitto lancio di lacrimoge-ni per disperdere i manifestanti. Nell’arco della serata ci sono sta-te più ondate di attacchi, per oltre due ore con gli agenti della Digos

che hanno presidiato gran parte della zona, sorvegliando i sentieri e i boschi, ma con scarso successo.

Poco dopo le 22.30 la polizia con un’imboscata è riuscita a fer-

mare tre giovani No Tav a ridosso delle reti del cantiere. Si tratta di due militanti di Askatasuna, e uno del centro sociale Newroz di Pisa. Sono stati arrestati. Due fanno

parte del centro sociale torinese come il 25enne Umberto Raviola, uno dei leader, e Alice Scavone, 27 anni. Il terzo è Cesare Cerulli, 25 anni, del centro sociale di Pisa.

L’accusa nei loro confronti è di resistenza a pubblico ufficia-le, travisamento e possesso ed esplosione di ordigni e materiali esplodenti.

La mobilitazione è proseguita fino al mattino con gli attivisti im-pegnati nella Frazione San Giu-seppe nella pulizia dei sentieri e nella pulizia dei boschi devastati dagli incendi dei mesi scorsi; è proseguita con il buffet a cura dei “Fornelli in lotta” e si è chiusa in serata presso la borgata 8 dicem-bre di Venaus con una assemblea allargata sull’emergenza incendi, sulla sicurezza dei territori e le speculazioni che continuano a de-vastare la Val Susa.

La notizia dell’arresto dei tre attivisti ha subito acceso la mobili-tazione dei No Tav che il 10 dicem-

bre si sono radunati a centinaia sotto le mura del Carcere delle Vallette di Torino, prima sotto il lato maschile, e poi quello femminile, per un saluto a tutti i detenuti e a tutte le detenute. Musica e diversi interventi si sono alternati per circa due ore, ricevendo dall’interno del carcere saluti e richiami da parte di chi vi è rinchiuso.

Mentre a Pisa, sabato 9 di-cembre, i No Tav hanno esposto un grosso striscione con scritto “Cesare libero” davanti a Palazzo Gambacorti.

“In attesa dell’udienza preli-minare fissata presso l’aula del tribunale all’interno delle Vallette – rilanciano i No Tav - continuiamo a far sentire forte ad Alice, Umberto e Cesare la nostra vicinanza e il desiderio di averli presto liberi di lottare insieme a noi.

Alice, Umberto e Cesare Liberi subito!”.8 dicembre 2017. I manifestanti No Tav si dirigono verso il cantiere

della devastazione di Chiomonte

MANToVA

Il sindaco palazzi, della banda di renzi, indagato per tentata concussioneCercava di ottenere “favori sessuali” in cambio di contributi ad associazione culturale. usava dipendenti comunali come garzoni per la spesa

Il 22 novembre i carabinieri del nucleo investigativo di Mantova hanno recapitato un avviso di ga-ranzia al sindaco renziano Mattia Palazzi con l’accusa di tentata concussione sessuale continuata nei confronti della vicepresidente di un’associazione culturale desti-nataria di fondi pubblici.

A casa del 39enne sindaco piddino gli inquirenti hanno seque-strato il telefono cellulare, il pc e il tablet. Stessa procedura adottata anche nei confronti della presiden-te e della vicepresidente dell’asso-ciazione culturale al centro di que-sta vicenda, sentite dai procuratori come persone informate sui fatti.

Secondo il Pubblico ministero (Pm) titolare dell’inchiesta, Palaz-zi dal novembre dell’anno scorso fino a qualche giorno fa ha inviato alla vittima una lunga serie di mes-saggi via facebook e whatsapp in cui chiede prestazioni sessuali in cambio di finanziamenti pubblici.

Nei messaggi si leggono frasi del tipo: “Staresti bene messa a … sei una birichina”, “Ricordati che le cose non vanno avanti senza il benestare del sindaco, attieniti alle regole”. “Vieni qui che ti…”.

Agli atti dell’inchiesta c’è anche una foto di Palazzi nudo spedita alla vittima per convincerla a sot-tostare alle sue richieste.

L’indagato è stato già interro-gato per tre ore dal sostituto pro-curatore Donatella Pianezzi e dal procuratore capo Manuela Faso-lato ma le sue risposte non hanno soddisfato gli inquirenti e perciò è probabile che Palazzi sarà ricon-vocato in procura per un nuovo interrogatorio.

Ma non è tutto. Perché il nome di Palazzi e del suo assessore alla rigenerazione urbana Lorenza Ba-roncelli compaiono tra i fascicoli di una nuova inchiesta avviata della procura mantovana che indaga sull’utilizzo improprio del perso-

nale del Comune, impiegato per commissioni al di fuori delle loro mansioni d’ufficio come fare la spesa o portare i caffè.

L’ipotesi di reato è peculato e già diversi dipendenti comunali sono stati sentiti nei mesi scorsi dagli investigatori il cui lavoro, negli ultimi tempi, si è intensifica-to con altro personale di stanza nel municipio di via Roma chia-mato a rispondere alle loro do-mande.

Tra i vari casi al vaglio degli inquirenti c’è quello di un messo comunale che durante l’orario di servizio veniva mandato dal sinda-co in salumerie e supermercati del centro, lungo l’asse via Calvi-via Orefici-via Giustiziati, a comprare bresaola.

Il secondo episodio riguarda sempre lo stesso messo, stavolta nella veste di cameriere. Su ordi-ne degli amministratori, era solito andare nei bar vicini al Comune a

prendere caffè, cappuccini e brio-che da portare poi al sindaco, al piano nobile del municipio, e ad altri assessori che hanno l’ufficio al secondo piano.

E poi c’è anche un “garzone” donna usata da Palazzi, sempre nelle ore d’ufficio, per acquistare in negozi del centro frutta e verdura.

Convocati in procura alcuni messi-camerieri hanno già am-messo i loro servigi a sindaco e assessora e hanno aggiunto anche alcuni particolari, fra cui ad esem-pio, “l’insoddisfazione del sindaco per come avevano eseguito i suoi ordini o le pretese di un assesso-re”. Palazzi infatti si lamentava

spesso con il messo per la qualità delle prugne acquistate che, a suo dire, sarebbero state troppo acer-be mentre a lui piacciono più ma-ture. Anche l’assessore Baroncelli si è fatta servire dai messi frutta e verdura, caffè e pasticcini di prima qualità e di cui si dice sia molto golosa.

Espulsi dalla sala a roma

STudENTI proTESTANo AL coNVEgNo pd SuLLA ScuoLA“Contro l’alternanza scuola-lavoro, contro lo sfruttamento e contro la

scuola delle multinazionali”Ancora una volta il Partito De-

mocratico ha dimostrato la sua natura anti studentesca e anti po-polare.

Questa si è riversata con tutta la sua violenza su quegli studenti che nella giornata di sabato due dicembre hanno tentato di por-tare la loro protesta sulle politi-che “della buona scuola” e della famigerata alternanza scuola/la-voro all’interno della conferenza organizzata dal PD sul diritto allo studio, alla quale ha preso parte anche la Ministra Fedeli.

Diverse decine di studenti si sono presentati in Piazza di Pietra chiedendo di entrare al convegno per confrontarsi con la Ministra.

La risposta è stata quella oramai consueta della repressione. Prima gli studenti sono stati allontanati dall’entrata della conferenza da un nutrito schieramento di sgherri in divisa i quali sono poi passati ad una vera e propria aggressione fisi-ca con schiaffi, spintoni e pugni atti a intimorire e disperdere gli studen-ti. Questi, nonostante la repressio-ne hanno tenuto la posizione e han-no continuato la protesta di piazza con fumogeni striscioni e slogan.

Quello che gli studenti volevano contestare alla ministra Fedeli, è il criminale sistema di sfruttamento dell’alternanza/scuola lavoro che li vede obbligati a lavori dequalifica-ti, supersfruttati, schiavizzati, che

la “buona scuola” nella pratica si traduce con le aule fredde e prive di riscaldamento, coi soffitti che crollano, con le tasse scolastiche sempre più alte e gli spazi di de-mocrazia all’interno degli istituti sempre più ridotti a lumicino. Ma ormai ci è ben chiaro, e questa ne è l’ennesima dimostrazione, che la ministra così come il governo di cui fa parte non rispondono alle masse popolari e in questo caso studentesche e alle loro esigenze, ma agli interessi del padronato italiano e della grande borghesia internazionale che vedono nelle giovani generazioni di studenti e lavoratori manovalanza a basso costo per la loro sete di profitti.

L’Italia deporta la compagna Leila Khaled, ma questo non metterà a

tacere la voce del popolo palestineseFronte Popolare per

la Liberazione della PalestinaIl Fronte Popolare per la Libe-

razione della Palestina condanna fermamente l’azione delle autori-tà italiane, che hanno negato l’in-gresso alla compagna Leila Kha-led, membro dell’Ufficio politico del Fronte, annullando il suo visto e costringendola a salire a bordo del primo aereo per Amman. Leila Khaled era stata invitata in Italia dall’Unione Democratica Arabo-Palestinese (UDAP) per una serie di conferenze e incontri politici organizzati in occasione del 50° anniversario della fondazione del FPLP.

Il Fronte rileva come questo episodio sia avvenuto a seguito di un’incessante campagna raz-zista condotta negli ultimi mesi dal movimento sionista e dalle forze della destra fascista in Eu-ropa contro il Fronte Popolare e la Resistenza palestinese e liba-nese. Quest’azione da parte delle autorità italiane, che fa parte di tale campagna, non farà altro che spingerci a una maggiore tenacia nel diffondere la voce del nostro popolo nel mondo.

Il Fronte ritiene inoltre che il ruolo dirigente di Leila Khaled, il suo esempio rivoluzionario e sim-bolico per il mondo palestinese, arabo e a livello internazionale,

abbia fatto infuriare lo Stato sio-nista e i suoi alleati in Europa, spingendo le forze del movimen-to sionista a chiederne l’arresto o la deportazione. Non sono però riusciti a impedirle di tenere dei discorsi pubblici in Germania, Spagna, Belgio e altrove in Eu-ropa.

Inoltre, il Fronte sottolinea che con tale azione, le autorità italia-ne compiono una scelta politica di aperto sostegno dello Stato occupante e del sionismo razzi-sta. Essa comunque non riflette la posizione delle forze demo-cratiche, progressiste in Italia e dei valori del popolo italiano che ripudia la guerra, il razzismo, il fa-scismo e l’occupazione.

Il FPLP rende noto che con-tinuerà, in collaborazione con gli amici e i sostenitori in Europa e in Italia in particolare, a seguire la questione dell’espulsione della compagna Leila Khaled a livello politico, mediatico e legale.

Il Fronte elogia inoltre tutte le voci italiane ed europee, le perso-nalità, i partiti e le organizzazioni che hanno condannato questa decisione ingiusta ed espresso il loro appoggio ai diritti del po-polo palestinese e alla sua giusta lotta per la liberazione, il ritorno e la creazione di una Palestina indipendente con Gerusalemme

come sua capitale.Il FPLP esprime il suo apprez-

zamento ai compagni dell’Unione Democratica Arabo-Palestinese per aver rifiutato di annullare le manifestazioni in programma in onore della fondazione del Fron-te, nonostante l’ondata di provo-cazioni e pressioni sioniste.

Il Fronte esorta tutte le for-ze di sinistra e i sostenitori della Palestina in Italia ad ampliare la campagna di boicottaggio contro lo Stato occupante israeliano e costruire campagne di solidarietà con il popolo palestinese e i suoi diritti legittimi.

Saluta tutti gli sforzi compiuti in questo periodo contro il Giro d’Italia, la corsa ciclistica interna-zionale, con la richiesta della fine della collaborazione con lo Stato occupante e che la partenza del-la gara sia spostata da quella in programma nella Palestina oc-cupata, dov’è prevista per inizio maggio 2018.

In conclusione, il Fronte sot-tolinea come la voce della resi-stenza, rappresentata dalla com-battente Leila Khaled e da tutte le forze progressiste e amanti della libertà nel mondo, non sarà messa a tacere e continuerà a opporsi all’occupazione, ai suoi alleati e sostenitori ovunque nel mondo.

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N. 46 - 21 dicembre 2017 corruzione / il bolscevico 9Con in testa Lametia Terme

SCioLTi per mafia 5 Comuni in CaLabria

Il 22 novembre il Consiglio dei ministri, in base all’articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti lo-cali, ha deciso lo scioglimento dei consigli comunali di ben 5 città calabresi: Lametia Terme (70.856 abitanti, in provincia di Catanzaro), Cassano allo Jonio (18.346 abitanti, in provincia di Cosenza), Isola Capo Rizzuto (17.752 abitanti, in provincia di Crotone), Marina di Gioiosa Io-nica (6.594 abitanti, nella città metropolitana di Reggio Cala-bria, Petronà (2.262 abitanti, sempre nel Reggino).

Il caso più eclatante è, non solo per il numero di abitanti, quello di Lametia Terme, sciol-ta addirittura per la terza volta in un quarto di secolo.

Il primo scioglimento è av-venuto nel 1991, quando la cit-tà era amministrata dalla Dc e dal Psi, il secondo nel 2002, ai tempi del sindaco Scaramuzzi-no di Forza Italia.

Oggi tocca al Consiglio co-munale e all’amministrazione di “centro-destra” guidate dal

sindaco Paolo Mascaro. Lo scioglimento è dovuto alle in-dagini riguardanti il vicepresi-dente del consiglio comunale Giuseppe Paladino, indagato per concorso esterno in as-sociazione mafiosa, in quan-to ritenuto vicino alla ’ndrina Cerra-Torcasio-Gualtieri e al consigliere comunale dimis-sionario Pasqualino Ruberto, già coinvolto nello scandalo di “Calabria Etica” (societa “in house” della regione Calabria di cui fu presidente) e nell’in-chiesta “Robin Hood” sui fondi comunitari sottratti alle famiglie bisognose. Arrestato, con l’ac-cusa di estorsione, anche un membro del clan Gualtieri, fi-danzato del consigliere comu-nale Maria Lucia Raso. Alcuni filmati provano la richiesta di voti ai mafiosi locali da parte di un consigliere comunale per le elezioni comunali del 2015.

Per il comune di Isola Capo Rizzuto siamo invece “solo” al secondo scioglimento per ma-fia: la prima volta nel 2003, ai tempi della lista civica di Da-

miano Milone, oggi il tutto ruo-ta intorno all’inchiesta “Jonny” riguardante anche la gestione dei migranti nel Cara e la strut-tura “Misericordia”, per conto della ’ndrina Arena legata al governo locale di “centro-de-stra” del sindaco Bruno (vedi Il Bolscevico n. 21/2017).

Come Lametia anche Cas-sano allo Jonio è al suo terzo scioglimento per mafia. Que-sta volta tocca al sindaco Gianni Papasso, socialista, e alla sua giunta di “centro-si-nistra” essere accusati di vici-nanza alle ’ndrine per vicende riguardanti alcune ditte in odor di mafia alle quali sono stati dati appalti dal comune per di-versi lavori.

Il comune di Marina di Gio-iosa Ionica è al suo secondo scioglimento per mafia, la pri-ma volta nel 2011, con l’allora sindaco Rocco Femia, lista ci-vica, a seguito dell’operazione “Circolo Formato”. Oggi tocca al sindaco Domenico Vestito, lista civica, e alla sua giunta rispondere di condotte e atti

favorevoli alla criminalità. Il comune di Petronà viene

sciolto perché alcuni atti vaglia-ti dalla commissione antimafia dimostrano la vicinanza delle ‘ndrine locali alla dimissionaria sindaca Romina Muraca (lista civica) e alla sua giunta.

Sono da considerarsi de-caduti i consiglieri provinciali provenienti dai Consigli comu-nali sciolti, per effetto della loro nomina “in secondo grado” dai consigli comunali stessi, come prevede la “riforma” Delrio, che ha ridotto il numero dei consi-glieri provinciali e ne ha abolito l’elezione diretta, restringendo così gli spazi di democrazia borghese.

È probabile lo scioglimento di altri 5 comuni nelle prossime settimane: San Gregorio d’Ip-pona, Briatico e Limbadi nel Vibonese, Siderno e Villa San Giovanni, nel Reggino.

Ennesimo triste spaccato dello strapotere della ’ndrine nella regione più povera d’Italia (che esprime il ministro dell’in-terno del governo neofascista

Gentiloni, il nuovo Scelba del PD Marco Minniti) che svela la compenetrazione tra le mafie e i partiti borghesi di destra e di “sinistra” del regime neofasci-sta.

Davvero in Calabria non si capisce più dove inizia lo Stato borghese e finisce la ’ndran-gheta (e viceversa) tanto più se si considera il fatto che una de-cisione del genere da parte del governo, presa a pochi mesi dalle elezioni politiche (e dopo anni di evidente penetrazione mafiosa in questi comuni) è an-che, almeno in parte, strumen-tale al fine di riaccreditare, per quanto possibile, in chiave an-timafiosa i partiti borghesi agli occhi dell’opinione pubblica.

Della serie, sciolgo i comu-ni più screditati per mafia per travestirmi da paladino dell’an-timafia alle prossime elezio-ni politiche, recuperare parte dell’astensionismo, ed avere più voti per servire al meglio la mafia stessa.

La qual cosa dimostra che la testa delle mafie “si tro-

va nell’alta finanza, nei circoli dell’industria, dell’agricoltura, del terziario e nelle istituzioni. Cioè dentro la classe dominan-te borghese, lo Stato borghe-se e l’economia capitalistica”. (dalle Tesi del 5° Congresso nazionale del PMLI, Dicembre 2008.)

È urgente costituire un am-pio fronte unito per il lavoro, lo sviluppo e l’industrializzazione dell’intero Meridione e contro le mafie, innescando la lotta di classe fuori dalle marce, irrifor-mabili e filomafiose istituzioni rappresentative borghesi.

Occorre creare le istituzioni rappresentative della masse fautrici del socialismo basa-te sulla democrazia diretta, la parità di genere e a carattere permanente: le Assemblee po-polari e i Comitati popolari.

Il fenomeno mafioso, pro-dotto del capitalismo, potrà essere distrutto definitivamen-te solo nel socialismo, con la conquista del potere politico da parte del proletariato.

Tra Le diverSe aCCuSe, aSSoCiazione a deLinquere a fini eLeTToraLi

arrestato l’ex sindaco di Santa maria Capua vetereIndagata deputata pd per abuso d’uffIcIo

�Redazione di Napoli Un vero e proprio terremoto

giudiziario ha sconvolto il PD casertano lo scorso 23 no-vembre con un’ordinanza cau-telare emessa dal Tribunale di Santa Maria Capua Vetere per una serie di eventi corruttivi e gare truccate in ambito ammi-nistrativo. Un’operazione con-dotta dal pubblico ministero sammaritano Maria Antonietta Troncone che ha visto l’arresto dell’ex sindaco di Santa Maria Capua Vetere, Biagio Di Muro, e di altre persone legate a co-operative sociali, al culmine di un’indagine su corruzione e gare truccate nell’Ambito So-cio-Sanitario “C8”, che vede indagati anche personaggi legati a doppio filo con il PD casertano, inclusa la deputa-ta del partito di Renzi Camilla Sgambato e l’ex sindaco di Parete ed ex segretario provin-ciale del PD, Raffaele Vitale.

L‘ex sindaco di S. M. Capua Vetere sarebbe addirittura rite-nuto capo di un’associazione a delinquere che gestiva, per fini di ritorno elettorale, nomi-ne e appalti nel settore delle politiche sociali. Con lui sono indagati 28 altri soggetti, tra i quali la deputata del PD Ca-milla Sgambato e l’ex segreta-rio del PD provinciale Raffaele Vitale, per abuso d’ufficio e che, in particolare, avrebbero segnalato la stessa persona a Di Muro cui far vincere le sele-zioni per diventare componen-te dell’Ufficio di Piano dell’Am-bito sociale C8, l’organo che attua i progetti di carattere sociale finanziati dallo Stato e dalla Regione. In particolare si tratterebbe, secondo le inter-cettazioni, della babysitter del-

la deputata, che sarebbe stata raccomandata per l’inserimen-to nelle short-list di varie figure professionali da utilizzare per i servizi sociali da erogare. L’or-dinanza di custodia cautelare è molto dura con responsabi-lità, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione dei reati di abuso d’ufficio, tur-bata libertà degli incanti, pecu-lato, falso in atto pubblico, in materia elettorale, in materia di illecito trattamento dei dati personali e truffa in danno di ente pubblico. Oltre a Biagio Di Muro, vi sono Roberto Pirro, responsabile dei servizi sociali, già coordinatore dell’Ufficio di Piano dell’Ambito Territoriale C8, per i quali è stato assegna-to il carcere; Nicola Santoro, Salvatore Coppola, Biagio Na-polano, Giuseppe Cavaliere, questi ultimi agli arresti domi-ciliari; il resto degli “associati” sarebbero, invece, soltanto indagati e non destinatari di misura cautelare.

Il provvedimento del giudice delle indagini preliminari giunge all’esito della denuncia sporta da un privato cittadino al fine di approfondire la gestione del progetto denominato “Home Care Premium”, promosso dall’Inps e destinato agli ex dipendenti Inpdap. L’impianto del progetto prevedeva lo svi-luppo di attività di natura socio-assistenziali a favore di utenti di più contesti territoriali, gestite, dal punto di vista logistico-amministrativo, dai cosiddetti “ambiti territoriali” statuiti dalla legge 328/2000, ossia la “Leg-ge quadro per la realizzazione del sistema integrato di inter-venti e servizi sociali”. Nello

specifico, i fatti oggetto d’inda-gine hanno riguardato l’Ambito territoriale “C8” (ex “C5”), com-prendente i comuni casertani di Curti, Casapulla, San Prisco, San Tammaro, Capua, Spara-nise, Pignataro Maggiore, Bel-lona, Calvi Risorta, Rocchetta e Croce, Vitulazio, Camigliano, Pastorano e Giano Vetusto, nonché il comune di Santa Ma-ria Capua Vetere che si confi-gura quale comune “capofila” e polo logistico, amministrativo e contabile di tutte le attività ed i servizi assistenziali realizzati, appunto, nell’Ambito “C8”.

La Procura sammaritana accertava alcune irregolari-tà nella gestione del proget-to, che ha portato a far luce su attività illecite afferenti ad ulteriori iniziative di natura socio-assistenziale gestite dallo stesso Ambito “C8”, ma finanziate dalla regione Cam-pania e dalla presidenza del Consiglio dei ministri. Tutti gli indagati contribuivano, pertan-to, a monopolizzare, pilotare e gestire in maniera illecita tutte le iniziative promosse dall’Am-bito territoriale, con la duplice finalità di ricavare un indebito vantaggio economico e di cre-are consenso elettorale a favo-re di alcuni rappresentanti po-litici locali, grazie a funzionari ed impiegati compiacenti da “gestire”. L’assetto così dato all’Ufficio di Piano, ha con-sentito all’ex sindaco Di Muro di controllare tutte le attività di competenza dell’Ambito e di assoggettarle a note logiche di acquisizione del consenso elettorale, con sistemi tipica-mente corruttivi; una chiara ed evidente commistione nell’am-bito delle istituzioni locali in

camicia nera che ha avuto il compito di controllare un set-tore che muove circa 3 milioni di euro l’anno. L’associazione delinquenziale così articola-ta – secondo la Procura – ha indirizzato l’aggiudicazione delle gare d’appalto relative ai progetti, di seguito elenca-ti, a favore di Cooperative e Associazioni – in alcuni casi riunite sotto Ati (Associazioni Temporanee di Impresa) com-piacenti, alcune direttamen-te riconducibili ai promotori dell’associazione a delinquere che ricoprivano ruoli di primo piano nell’iter amministrativo di affidamento dei servizi: Pro-getto “Home Care Premium 2012”, finanziato dall’Inps, dell’importo di 420mila euro, avente ad oggetto prestazio-ni a favore di ex dipendenti Inpdap; aggiudicato all’Ati “la Meridiana-Invento” nonché “Invento – Hares – Terzo Mil-lennio”; Progetto “Volo Libe-ro” finanziato dalla Presiden-za del Consiglio dei Ministri, dell’importo di 86mila euro, volto a favorire l’integrazione culturale, artistica e sportiva di persone disabili, aggiudica-to alla Cooperativa “Invento”; Progetto “Babysitting e Ludo-bus”, finanziato dalla Regione Campania, dell’importo di euro 95.752 euro, finalizzati, rispet-tivamente, alla “conciliazione dei tempi di vita e di lavoro del-le mamme lavoratrici di bam-bini di età fino a 36 mesi” e alla “creazione di momenti lu-dicoricreativi itineranti a favore di minori in genere”, aggiudi-cato al Consorzio “La Rada”; Progetto “Non prendiamoci in giro-Lotta alla droga”, finan-ziato dalla regione Campania,

dell’importo di 2.800 euro, fi-nalizzato alla creazione di mo-menti di riflessione per la lotta all’uso di sostanze stupefa-centi, aggiudicato all’Associa-zione “Agaphantus”; Progetto “Centro per le famiglie’”, finan-ziato dalla regione Campania, dell’importo di 70.600 euro, avente ad oggetto la creazione di spazi dedicati al sostegno, alla tutela e al potenziamen-to delle capacità genitoriali in famiglie multiproblematiche, aggiudicato all’Ati “Invento-Agaphantus”; Progetto “Vou-cher a finalità multipla”, finan-ziato dalla Regione Campania, dell’importo di 132mila euro, finalizzato ad offrire sussidi economici per l’acquisto di servizi di cura rivolti a minori di età compresa tra 0 e 12 anni, nonché per la retribuzione di assistenti familiari per la cura di anziani non autosufficienti, aggiudicato alla Cooperativa “Hares”; Progetto Ads Disabili, finanziato dalla Regione Cam-pania, dell’importo di 125mila euro, con la finalità di consen-tire a persone con disabilità, di conservare autonomia di vita, nella propria abitazione, nel

proprio ambiente familiare e sociale, aggiudicato alla Coo-perativa “Consorzio Italia”.

Patetico il commento della deputata PD Sgambati: “ho ricevuto, nella mattinata odier-na, un avviso di garanzia per concorso in abuso di ufficio per fatti risalenti all’anno 2014. Sono assolutamente serena perché non ho fatto nulla ed ho piena fiducia nella magistratu-ra e nel lavoro dei giudici. Ho già dato mandato ai miei legali al fine di chiarire al più presto possibile la mia posizione per-ché totalmente estranea ai fatti contestatimi”. Nessuna parola sui fiumi di denaro pubblico che hanno permesso, da un lato, indebiti arricchimenti pa-trimoniali da parte degli attuali indagati e, dall’altro, un con-trollo politico elettorale capil-lare della zona del casertano, trattandosi di servizi e progetti destinati a fasce di popolazio-ne facilmente condizionabili sotto il profilo economico, se-condo quanto affermato nella richieste di arresto emesse dai magistrati inquirenti nell’enne-sima inchiesta giudiziaria che ha colpito il PD campano.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 13/12/2017

ore 16,00

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N. 46 - 21 dicembre 2017 PMLI / il bolscevico 11

Questa rubrica è a disposizione dei simpatizzanti e degli amici del PMLI, dei lettori de “Il Bol-scevico” e di chiunque voglia esprimere la propria opinione sul Documento del CC del PMLI per il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre. Non sono accettati i pareri dei fascisti.

Cosa penso del Documento del Comitato centrale del PMLIper il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

Cosa penso del Documento del Comitato centrale del PMLIper il Centenario della Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

Con l’instaurazione di una società comunista sarà possibile fermare l’attuale barbarie

di Salvatore Di Meglio - Presidente del Circolo di Rifondazione Comunista di Ischia

Nel documento diffuso dal compagno Gianni Vuoso vie-ne proposta un’analisi ogget-tiva ed esaustiva di quella che è stata la Rivoluzione Bolsce-vica del 1917 in Russia, a pre-

fazione della Manifestazione unitaria tenutasi il 24 novem-bre 2017 con la presentazione del film “A novanta anni dalla Rivoluzione” c/o la Biblioteca Antoniana ad Ischia Porto.

I Valori della Rivoluzione d’Ottobre che oggi più che mai ci aiutano a comprende-re quanto sia necessario e

impellente la necessità di un nuovo grande Partito Comuni-sta che accolga le istanze del proletariato italiano e dei nuo-vi soggetti emarginalizzati dal-la ristrutturazione in senso ca-pitalistico e fascista dell’Italia e dell’Europa in genere.

La spinta che ci viene dal ricordare la Rivoluzione d’Ot-

tobre è la coscienza che solo con una netta frattura con l’or-dine di cose, con l’instaurazio-ne di una società comunista sarà possibile fermare l’attua-le barbarie, che ormai avvolge

tutto il mondo. Una nuova organizzazione

della società non è più rinvia-bile.

“ … Una cosa però è ormai chiara: il mondo d’oggi può

essere descritto agli uomini d’oggi solo a patto che lo si descriva come un mondo che può essere cambiato” (Bertold Brecht).

L’obiettivo di una società senza né classi né profitto è sicuramente la mèta comune

di Francesco Castagna – del PRC Ischia

Il testo sulla Rivoluzione d’Ottobre del PMLI apparso su Il Dispari il 24 novembre ha molto di condivisibile, perché mette molto bene in luce l’e-pocalità dell’evento, dove per la prima volta nella storia in modo stabile presero il pote-re i lavoratori, gli oppressi, co-loro che avevano avuto voce solo da pochi decenni trami-te le organizzazioni del movi-mento operaio. In un mondo

proteso verso il baratro socia-le e ambientale indotto dal ca-pitalismo è giusto evidenzia-re la necessità di ribaltare e non riformare il capitalismo, dato che, come insegna Marx e come possiamo osservare, questo marcio sistema capita-lista ha crepe e contraddizio-ni così profonde da non poter mai essere riformato con suc-cesso. Senza dubbio la realtà odierna dà ragione a quanto disse Rosa Luxemburg: “So-cialismo o barbarie”.

Certo tra noi del PRC e il PMLI ci sono importanti di-vergenze come sul ritenere Gramsci un vero leninista (se-condo noi di Rifondazione lo è stato realmente, portando avanti un’originale visione im-prontata al leninismo, adatta al contesto italiano) come su altri temi sia ideologici, strate-gici che di politica estera, su cui sarebbe lungo soffermar-si, ma l’obiettivo di una socie-tà senza né classi né profitto è sicuramente la meta comune.

Sciogliere immediatamente i gruppi nazifascisti e chiudere le

loro sediConcordo pienamente con

il testo del comunicato stampa sui fatti avvenuti alla sede del giornale “la Repubblica”. Cre-do che, come già fatto negli anni ‘70 nei confronti di Ordi-ne Nuovo e Avanguardia Na-zionale, chi di dovere debba operare immediatamente per sciogliere i gruppi nazifascisti e chiudere le loro sedi.

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

Il regime capitalista ha sempre coperto il

fascismoQuando il capitalismo sen-

te/sa di essere in perico-lo, si serve del fascismo, os-sia diviene “fascista”, almeno in parte, fingendo di relega-re i “fascisti” più identificabi-li come tali (“Forza Nuova”,

“Casa Pound”, eccetera) nelle “ali estreme”. Si pensi a come il “centro-destra” berlusconia-no-leghista-meloniano “civet-ta” con questi movimenti, da un lato dichiarandoli “fanatici” e “stupidi” ma poi servendo-sene.

Anche il “centro-sinistra”, soprattutto il PD, con il pro-getto di legge Fiano ha fatto finta di voler procedere con-tro queste forze ma poi, non si sa bene perché (o lo si sa fin troppo bene) tutto è caduto nel nulla.

Finché non vi sarà un vero Gigante Rosso (l’unico che potrebbe legittimamente di-venirlo è il PMLI) le tentazio-ni fasciste saranno presenti e certo non sarà il revisioni-smo neo-trotzkista del partito (o accozzaglia elettorale?) re-centemente denominato “Li-beri e uguali”, né tanto meno il PD, nato dal connubio tra re-visionismo spinto e centrismo clericale, a bloccarle; anche perché coltivano tali tentazio-ni nel proprio seno, come in-segna anche la storia italia-na, dove la tolleranza del PCI

togliattiano-revisionista ha in gran parte favorito personag-gi e movimenti di origine fa-scista, in realtà mai pentiti. Moltissimi presidenti del Con-siglio italiano furono fascisti, talora coerentemente e con-vintamente, come Amintore Fanfani, sostenitore anche te-orico del corporativismo e sot-toscrittore del famigerato “Ma-nifesto della razza” del 1938, mentre altri, anche presidenti della Repubblica, lo furono in modo più sfumato e ambiguo, come Antonio Segni, che nel 1964, favorì il “piano Solo”, ossia un tentativo di colpo di Stato, quasi prossimo alla riu-scita, ordito dal generale, co-mandante dell’Arma dei ca-rabinieri (sic!), Giovanni de Lorenzo. Idem vale per Fran-cesco Cossiga, reo confesso di essere stato parte integran-te e uno dei capi di “Gladio” (in inglese “Stay-Behind”, “sta-re nel retroscena”), struttura paramilitare della Nato, attiva dal 1949, che nel 1977-1978 e ancora in tutti gli anni Ot-

tanta intervenne in modo de-terminante nella strategia del-la tensione, con il concorso (ammissioni-dichiarazioni del-lo stesso Cossiga, peraltro) di politici poi “santificati” della prima Repubblica come Aldo Moro, più volte presidente del consiglio e Paolo Emilio Tavia-ni. Moltissimi politici, anche ex “partigiani” di destra, di orien-tamento liberale e azionista, erano notoriamente coinvolti nelle operazioni.

Per non dire della Log-gia P2 (Propaganda 2) di Li-cio Gelli, nella cui lista figura-no molti militari e politici (molti affermano che il vero deus ex machina fosse Giulio Andreot-ti), responsabile anche della strage di Bologna del 2 ago-sto 1980.

Ora ciò si ripete, talora con risvolti grotteschi, spesso co-mici. Per citare Marx, incipit di “Il 18 brumaio di Luigi Bona-parte”, 1852: “Hegel da qual-che parte osserva che tutti i grandi avvenimenti e i gran-di personaggi della storia

universale si presentano, per così dire, due volte. Ha solo dimenticato di aggiun-gere: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa”. Il fascismo al potere e le stragi = tragedia, i tenta-tivi attuali (recente irruzione a Como e quella a “Repubblica” di Forza nuova = manifesta-zioni grottesche, ma comun-que pericolosissime. “Tigri di carta”), certo, ma pericolose.

Eugen Galasso - Firenze

Sono un cultore di Stalin e adoro la

vostra propagandaSono un perfetto preca-

rio del Sud Italia: laureato ma senza un euro! Vi invio in que-sti giorni 10 euro simbolici (che per me sono la sopravvi-venza di una giornata).

Il PMLI è una formazione che conosco ormai da anni partecipando attivamente nei circuiti della sinistra napoleta-na. Sono un cultore di Stalin

e ho sempre adorato la vostra comunicazione e i bellissimi manifesti che vedevo attacca-ti in qualche quartiere di resi-stenza napoletana.

Lunga vita a Peppe Stalin!Davide – provincia di

Napoli

Campagna dell’Unhcr - Alto commissariato delle Nazioni Unite

per i rifugiatiNon sono luci di festa a illu-

minare questo cielo, ma i ba-gliori delle bombe. La guer-ra strappa via dalle loro case bambini, donne e uomini. Al gelo della paura si aggiunge quello dell’inverno, che colpi-sce soprattutto i bambini e i neonati. Una coperta, una stu-fa, abiti caldi fanno la differen-za tra la vita e la morte.

Per donazioni, numero ver-de 800298000

Unhcr (Roma)

Il Documento del CC del PMLI sulla Rivoluzione d’Ottobrein formato pdf sul sito del PMLIPuò essere liberamente s c a r i c a t o , s t a m p a t o in A4 e diffuso da chiunque ne condivide i contenuti.

l link è il seguente: http://www.pmli.it/volantini%20manifesti/documentoCentenarioRivOttobre2017_formA4.pdfUna iniziativa rivoluzionaria che dovrebbero fare tutti i fautori del socialismo indipendentemente dalla loro collocazione organizzativa. Chi non se la sente potrebbe almeno far circolare in rete tra i propri compagni e amici il suddetto Documento.

Leggete il n. 39/2017 Speciale Centenario Rivoluzione d’Ottobre

Si trova sul sito al link: http://www.pmli.it/ilbolscevicopdf/2017n390211.pdf

LeggeteIl Documento del Comitato centrale del PMLI sulla Grande Rivoluzione Socialista d’Ottobre

EsprimeteLa vostra opinione su di esso.

Il Documento tratta i seguenti temi:å L’importanza storica e politica della Rivoluzione d’Ottobreå Il ruolo e gli insegnamenti del Partito bolscevicoå Difendere l’Ottobre significa difendere la dittatura del

proletariatoå La restaurazione del capitalismo in Urss conferma non

smentisce la via dell’Ottobreå Il socialismo è la via d’uscita dalla crisi del capitalismoå Il nostro progetto di socialismoå Seguiamo la via dell’Ottobre per cambiare veramente l’Italia

Il Documento è disponibile sul sito del PMLI:www.pmli.it/articoli/2017/20171025_39i_Doc100Ottobrecorretto.html dal 25 Ottobre 2017Fatta salva la pregiudiziale antifascista, tutti coloro che volessero esprimere la propria opinione sono invitati a inviarla a “Il Bolscevico”, Organo del PMLI, [email protected], non superando le 3 mila battute spazi inclusi. Grazie anticipate

UnIamocI pEr conqUIstarE IL socIaLIsmo E IL potErE poLItIco Da partE DEL proLEtarIato

Partito marxista-leninista italianoSede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FirenzeTel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected] www.pmli.it sta

mpa

to in

pro

prio

Il volantino realizzato dal PMLI che invita a leggere e commentare il Do-cumento del CC del Partito sul Centenario della Grande Rivoluzione So-cialista d’Ottobre

Page 12: ono Nuova serie RIVOLTA DEL POPOLO …De magistris dal palco avalla la linea del premier sull’occupazione giovanile e non denuncia il manganellamento dei contestatori Salento LA

12 il bolscevico / cronache locali N. 46 - 21 dicembre 2017

Salento

La Lotta No taP diveNta uNa temPesta PoPoLareTremila manifestanti in corteo. Partecipazione del PMLI alla manifestazione di Lecce. Città blindata e occupata militarmente.

Fermati 60 manifestanti dalla polizia a MelendugnoLa mobilitazione delle

masse popolari contro il ga-sdotto TAP (che porterà il gas dal Mar Caspio alla Puglia) da “vento” è diventato “tem-pesta” “e tutta la popolazio-ne unita sta combattendo in una “lotta epocale”. Così gli organizzatori commentavano in un comunicato la straordi-naria partecipazione al corteo del 6 dicembre scorso a Me-lendugno (Lecce) che aveva visto scendere in piazza cir-ca 3 mila manifestanti, a cui si erano uniti la quasi totalità dei commercianti della cittadi-na salentina che avevano ab-bassato le saracinesche af-figgendovi il cartello “Chiudo per dignità. Noi non vendia-mo la nostra dignità, noi non vendiamo la nostra terra. NO TAP”, per dire no a un’opera dannosa, inutile e pericolosa.

L’8 dicembre il popolo NO TAP è sceso nuovamente in piazza, stavolta a Lecce,

con un combattivo corteo di un migliaio e più manifestan-ti, blindato da un cordone in-timidatorio messo in piedi da questura e prefettura che hanno militarizzato la città e fatto seguire passo passo il corteo da un elicottero che lo ha sorvolato ininterrottamen-te.

È un colorato e vivace ser-pentone eterogeneo quello che riempie viale Calasso. Ci sono giovani e anziani, fami-glie con bambini e universita-ri, lavoratori e impiegati per-ché il fronte del No al gasdotto unisce tutti. Tante le bandie-re dell’associazionismo e dei comitati a parte da quelli dei No Tap e dei No Tav. Presen-te in maniera militante la Cel-lula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di Lecce del PMLI.

Tanti slogan e frasi scritte su improvvisati cartelloni, ri-lanciati a ripetizione dagli al-toparlanti del furgone in testa

al corteo. Il volantino, letto al termine della manifestazione, denuncia: “Nelle ultime setti-mane, in nome del manteni-mento dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, stia-mo assistendo ad una ecla-tante occupazione militare che interessa la zona dei la-vori per la realizzazione del mostro TAP, in zona San Ba-silio, nel comune di Melen-dugno. Il progetto messo in atto da prefettura e questura svela la vera natura di questa ‘opera strategica’: garantire e proteggere gli interessi del-le multinazionali e dei grandi capitali nella guerra per l’ap-provvigionamento energeti-co, che già vede morte e di-struzione in tutto il mondo”.

Tra gli obiettivi c’è quello di portare la protesta fin sot-to la TAP. Il corteo vive qual-che momento di tensione quando i manifestanti percor-rono viale Cavallotti e arriva-

no all’imbocco di via Impera-tore Adriano e, più avanti, di via Trinchese, il cui accesso è bloccato da uno schieramen-to di poliziotti. Qualche de-cina di attivisti arriva a fron-teggiare gli agenti ma, come denuncia il Movimento No

TAP, è la polizia che ha crea-to tensione e violenza e non i manifestanti.

Una violenza che si è ri-petuta il giorno successivo a Melendugno quando ben 60 manifestanti sono stati ferma-ti dalla polizia mentre cerca-

vano di avvicinarsi al cantie-re della TAP, a San Basilio. I No TAP fermati, tra cui donne e ragazzi minorenni, stavano partecipando al corteo orga-nizzato nel primo pomeriggio in località San Foca.

Centinaia di avvocati in piazza a Napoli contro le condizioni carcerarie dei detenuti

Il sottosegretario alla Giustizia, l’ex PRC Gennaro Migliore, definisce calunniose le denunce della Camera Penale napoletana �Redazione di Napoli Lunedì 11 dicembre a Na-

poli si è tenuta un’importante iniziativa della Camera Pena-le del capoluogo campano sul-

la questione emergenza nelle carceri. Una manifestazione – che ha visto l’adesione anche dell’associazione Ex Detenuti Organizzati Napoletani - che

è partita dalla sede della Ca-mera penale che si trova nel piazzale coperto del Tribunale di Napoli al Centro Direziona-le, per dirigersi verso il carce-re “G. Salvia” di Poggioreale.

Tra i temi fondamentali del corteo degli avvocati penalisti vi è il rispetto della sentenza della Corte europea dei diritti umani, la sentenza Torreggia-ni adottata l’8 gennaio 2013 all’unanimità, che condannò il governo Monti per la viola-zione dell’art. 3 della Conven-zione europea dei diritti umani (CEDU). Tanti i temi sollevati come le inefficienze e disfun-zioni del tribunale di sorve-glianza di Napoli che ostaco-lano l’esercizio del diritto di difesa dei detenuti; il tratta-mento disumano e degradan-te dei detenuti, denunciato anche nel rapporto del comi-tato prevenzione tortura del consiglio d’Europa; l’incredi-bile e vergognoso sovraffol-lamento delle carceri, tornato ad essere una vera e propria emergenza nazionale (7.450 detenuti in più rispetto alla ca-pienza regolamentare, di cui 1.142 in Campania) a questo c’è da aggiungere l’uso ec-cessivo delle misure cautelari in carcere (su 57.994 detenu-ti presenti negli istituti di pena, 20.515 non hanno riportato condanne definitive).

Gli avvocati, vestiti in toga, hanno attraversato via Pog-gioreale facendo il giro della casa circondariale e dirigen-dosi nuovamente verso il Cen-tro Direzionale, incoraggiati dalle urla, “bravi, bravi” lancia-ti dai familiari dei detenuti mol-ti dei quali ancora in attesa di una sentenza di primo grado o definitiva. L’iniziativa, che si è ripetuta in larga parte in altre città e regioni, si è con-

clusa con la proclamazione dell’astensione dalle udienze penali dall’11 al 15 dicembre per continuare la protesta co-minciata in piazza anche nel-le aule di giustizia. Il presiden-te Pietro Ioia, rappresentante degli ex detenuti, ha sottoline-ato lo scandalo e le violenze della cosiddetta ‘Cella zero’ sfociata nel recente rinvio a giudizio di 12 agenti della po-lizia penitenziaria da parte del Tribunale napoletano.

La giornata di lotta si con-cludeva con una conferen-za stampa nella quale tutte le associazioni democratiche e progressiste degli avvoca-ti con alla testa il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli e le Camere Penali di Napoli e Benevento esprime-vano forti perplessità sull’at-tuazione dei decreti relativi alla riforma carceraria da par-te del governo Gentiloni.

L’iniziativa di piazza arriva dopo un novembre di fuoco con l’intervento ad un dibatti-to pubblico organizzato dalla Camera penale sulla contro-riforma Orlando (praticamente bocciata dagli avvocati parte-nopei in documenti del Cen-tro studi della Camera penale, una sorta di “comitato scien-tifico” della stessa), con par-ticolare attenzione alla que-stione delle carceri. Dibattito svoltosi lunedì 13 novembre con la presenza del vicemi-nistro Gennaro Migliore, oggi renziano di ferro, già Respon-sabile nazionale dei giovani del PRC nonché deputato del-la precedente legislatura per l’allora partito diretto dal trot-zkista e neorevisionista Ber-tinotti. Al chiaro richiamo da parte del presidente napole-tano delle Camere penali, Atti-lio Belloni, di fare presto e pro-

durre una seria e significativa riforma delle carceri, arrivava un’inaspettata quanto inaccet-tabile replica stizzita e arro-gante del sottosegretario alla

giustizia del governo Gentilo-ni: “si sfiora la calunnia quan-do si dice che il governo sta ritardando l’emissione dei de-creti attuativi”.

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

NOVEMBRE

9-TGENNAIO 2018 - First-Cisl, Fisac-Cgil, Uilca, Unisin – Sciopero ore straordinarie dei lavoratori delle aziende di

credito Icbpi SpA, Cartasi SpA, Help Line SpA, Oasi SpA Fabi

O - Fast-Tpnl, Fita-Cna, Federtaxi, Satam, Silt-Confcommercio, Tam-Acai, Ugl-Taxi, Unimpresa, Uti, Claai, Fit-Cisl, Usb-

Taxi, Mit, Faisa-Confail, Unica Taxi Cgil, Uritaxi, Orsa-trasporti – Sciopero nazionale del servizio taxi

P - Usb Lavoro Privato Pulizie e multiservizi - Personale ex-lsu e dipendenti ditte appalti pulizie e decoro scuole

P – Feder-Ata-Scuola - Ministero Istruzione Università Ricerca - Sciopero del personale amministrativo tecnico e ausiliario

P - Confederazione Cub Aereo – Sciopero lavoratori comparto aereo, aeroportuale e indotto degli aeroporti

P- Filt, Fit e Uiltrasporti, - Sciopero di 24 ore dei lavoratori dei porti italiani

Q – Associazioni e movimenti di migranti e rifugiati politici, organismi sindacali, sociali e politici - Manifestazione

nazionale a Roma, piazza Repubblica, ore 14, contro il razzismo e per i diritti politici e sociali

R - ORSA Ferrovie – Sciopero personale società Gruppo FSI, NTV, Trenord, Trenitalia addetti alla circolazione treni, alla

vendita e all’assistenza

S – Fillea-Filca-Feneal - Sciopero per l’intero settore edile con manifestazioni a Torino, Padova, Roma, Napoli, Cagliari,

Palermo.

DICEMBRE

Riceviamo da Genova e volentieri pubblichiamo

Lecce, 8 dicembre 2017. La manifestazione dei NoTap

Napoli, 11 dicembre. Presidio indetto dalla Camera Penale del capoluo-go campano sulla questione emergenza nelle carceri

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N. 46 - 21 dicembre 2017 cronache locali / il bolscevico 13Grave attacco al diritto allo studio

Il sIndaco Pd Merola vuole Mettere a PaGaMento la scuola d’InfanzIaIl Comitato Scuola e Costituzione: “La scuola pubblica sarà equiparata a quella privata”

�Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna Il 21 novembre la giunta co-

munale di Bologna, guidata dal PD Virginio Merola, ha proposto una modifica del regolamento e della Carta dei servizi educati-vi e delle scuole d’infanzia co-munali, frequentate da più di 8 mila bambini dai 3 ai 5 anni, che ne abolisce il capover-so: “La frequenza alla scuola dell’infanzia è gratuita” e intro-duce la seguente formula: “La somministrazione dei pasti da parte della scuola è parte inte-grante e non scindibile dell’or-

ganizzazione del servizio di scuola d’infanzia per le sue fi-nalità educative, la cui fruizione non è soggetta a contribuzione autonoma, ma nell’ambito di corresponsione di una tariffa di frequenza della scuola”.

Di fatto la proposta, che do-vrà passare al vaglio del Con-siglio comunale, elimina già da settembre 2018 la gratuità della frequenza introducendo il pagamento di una retta “omni-comprensiva” del pasto.

Sì perché sinora la frequenza era gratuita e si pagava la refe-zione in base alla propria fascia

Isee, mentre quando il bambino portava da mangiare da casa non veniva pagato il corrispetti-vo. Invce in questo modo quan-tunque solo per ora la quota rimanga equivalente a quella attuale, essa verrà pagata sia che venga o meno consuma-to il pasto fornito dalla scuola. Inoltre, ovviamente, potrà subi-re rincari e soprattutto abolisce un diritto costituzionale quale quello del diritto allo studio, che diventa un servizio a pagamen-to, anche per i più piccoli!

Il vicesindaco e assessore alla scuola Marilena Pillati ha

tentato di difendersi afferman-do che “già oggi la frequenza alla scuola d’infanzia non è gra-tuita, perché chiunque iscriva il proprio bambino già oggi paga una tariffa per il servizio di refe-zione, esattamente allo stesso modo nella scuola comunale e in quella statale”.

Il Comitato Scuola e Costi-tuzione denuncia invece che “in questo modo si scaricano sui genitori i costi di gestione, si equipara definitivamente la scuola comunale a quella pri-vata e si stacca definitivamente la scuola comunale da quella

statale, che resta gratuita, cri-ticando anche il “finanziamen-to di un milione all’anno alla scuola privata e introduce la retta di frequenza alle comu-nali, in palese dispregio della volontà popolare che 4 anni fa si è espressa con un referen-dum approvato con il 59% per spostare tutti i fondi pubblici a favore delle scuole comunali e statali per garantirne la gratui-tà”.

Questi sono i frutti avvelena-ti della “Buona scuola” renzia-na dove gli studenti non sono più i giovani da formare per la

società del domani sui quali lo Stato investe agevolandone la prosecuzione degli studi e aiutando coloro che hanno fa-miglie in difficoltà economica, bensì sono semplicemente dei consumatori (anche i bambini di 3 anni!) ai quali vendere un servizio (per di più scadente come lo è la scuola pubblica nel nostro Paese), in perfetta li-nea con la ricerca del massimo profitto capitalistico dove non esistono diritti ma solo prodotti che puoi compare, se te li puoi permettere.

alla cHI-Ma dI scarPerIa e san PIero (fIrenze)

l’assemblea dei lavoratori della lavanderia industriale boccia

l’innalzamento dell’età pensionabileCon una delegazione ho partecipato alla manifestazione di Roma del 2 dicembre contro l’innalzamento

dell’età pensionabile indetta dalla sola CGIL, ma la Camusso inconcludente e poco combattivaMercoledì 29 novembre si è

svolta l’assemblea di fabbrica delle operaie e degli operai del-la Lavanderia Industriale CHI-MA di Scarperia e San Piero (Fi-renze) avente il seguente punto all’ordine del giorno: “Legge di Bilancio 2018 – Le proposte del Sindacato sulle pensioni”.

Davanti a circa 65 lavoratri-ci e lavoratori e alla presenza dei funzionari sindacali di CGIL e CISL, l’assemblea è iniziata con il funzionario CGIL che ha illustrato la trattativa tra gover-no e sindacati. Dopo ha preso la parola il funzionario CISL che ha giustificato l’arrendevolezza e la passività dei vertici confe-derali.

Finiti gli interventi dei fun-zionari sindacali si è aperto il dibattito, che è stato molto vi-vace e ricco di spunti.

Una lavoratrice originaria di un paese dell’Est Europa ha detto: “È importante impe-gnarsi perché sia creato lavoro soprattutto per i giovani che hanno diritto ad un posto fisso. In Europa c’è troppo squilibrio tra i vari Paesi: la Germania sta procedendo in maniera più cauta con la riforma del siste-ma pensionistico. Ma quello che più mi dispiace è che io ho vissuto sotto una dittatura che non era del popolo e qui in Italia l’ho ritrovata (alludendo ai governanti italiani, ndc)”. Un lavoratore ha detto: “In Italia i primi a creare diseguaglianze sono proprio i nostri politici che hanno stipendi e vitalizi esorbi-tanti, pagati con il nostro lavo-ro. E Renzi non dà certo il buon esempio!”. Un’altra lavoratrice ha affermato, sull’onda dell’in-tervento precedente: “E anche Berlusconi è più di vent’anni che dice sempre le stesse cose e fa solo il suo interesse!”. È poi stato il turno di un’altra lavora-trice che ha detto: “Lavoro fin da giovanissima e non posso,

io come tanti altri, arrivare alla pensione sfinita e senza alcuna prospettiva di potermela gode-re. Chi ci governa e chi è eletto in Parlamento deve dare il buon esempio!” . E poi ancora un’al-tra, dubbiosa, iscritta al sinda-cato ha chiesto: “Ma su questo argomento delle pensioni la CGIL ha una propria idea? Per-ché ancora non l’ho capito”.

Al dibattito ho pronuncia-to un intervento preparato ad hoc che ho letto, tatticamente, in chiusura degli interventi per dare maggiore risalto e for-za a quanto detto già dai miei compagni di lavoro. Ho detto: “In Italia è l’Europa che det-ta le regole economiche: essa dice che l’Italia stessa deve far quadrare i conti così come stabilito dalle regole europee, ma come farlo deve essere il governo italiano a pensarci. Il governo, come sempre, lo fa pagare agli strati più deboli di questa società basata sul de-naro. Io credo che i sindacati ci dovrebbero tutelare di più e meglio, qualche dirigente sin-dacale sicuramente non sa, parlo del nostro lavoro, cosa vuol dire lavorare otto o più ore in piedi fermi davanti ad una sti-ratrice industriale o alzare pesi in modo continuativo, d’estate anche con 35/40 gradi. Il nostro è un lavoro usurante ma non è il solo: tutti i lavori sono usuranti e non è giusto, secondo me, chi è usurato e chi no chi lo è di più o chi lo è di meno. Sulle pen-sioni la risposta sindacale deve essere più forte e decisa, qui ci vuole lo sciopero generale! Coi compagni di lavoro spes-so parliamo di quello che non va, è bene esserne coscienti, ma per cambiare in meglio le nostre sorti è necessario che ci impegniamo in prima persona. È per questo che invito tutte e tutti a partecipare alla manife-stazione CGIL del 2 Dicembre,

più saremo e più ci potremo di-fendere!”.

L’intervento è stato accol-to con favore da più di un mio compagno di lavoro, anche se non subito, e infatti sono stati più di uno i riconoscimenti che ho registrato. Una lavoratrice, appena usciti dall’Assemblea mi ha detto: “Non ho avuto la forza di dirlo in Assemblea, ma ci vorrebbe davvero un bel co-munismo, ma fatto bene!”.

L’Assemblea si è poi con-clusa con alcune risposte date a chi era intervenuto e la sen-sazione che ho avuto è stata quella, strisciante, di pessimi-smo più che di rabbia in mol-ti specialmente nei confronti dell’azione dei sindacati che li dovrebbero tutelare. Devo anche dire, per onestà intellet-tuale, che sono convinto del fatto che se ci fosse un vero sindacato dal basso si potreb-bero recuperare tanti lavoratori che ad oggi hanno perso i punti di riferimento. Le operaie e gli operai non sono non coscienti, anzi, sanno bene ciò che vo-gliono e a cosa aspirano.

In conclusione mi sento di dire che l’Assemblea CHI-MA sul tema delle pensioni è stata ricca di spunti per il mio lavoro di delegato sindacale: essa ha fatto emergere il bisogno reale di un vero sindacato che pos-sa rendere reali le aspettative, i bisogni e le aspirazioni delle lavoratrici e dei lavoratori.

la manifestazione nazionale a romaSabato 2 dicembre, insieme

a un compagno e ad una com-pagna di lavoro della CHI-MA, ho partecipato alla manifesta-zione indetta dalla CGIL sul tema della Legge di Bilancio e delle pensioni.

Siamo partiti dalla Camera

del Lavoro di Borgo San Lo-renzo con il pullman organiz-zato dalla CGIL assieme a una trentina circa di partecipanti. Una buona parte era compo-sta da iscritti alla FIOM, cate-goria questa storicamente più combattiva e, a quanto so, ben organizzata nel Mugello. Alla fermata prevista a metà viaggio di andata presso un autogrill mi sono sentito chiamare: dal pullman proveniente da Empoli sono venuti verso di me alcuni compagni della FILCTEM-CGIL (categoria alla quale sono iscrit-to) per salutarmi. Saluto che ho ricambiato calorosamente. Una combattiva compagna mi ha lasciato una bandiera della FILCTEM dicendomi: “Se già ce l’hai bene, se non ce l’hai dalla a chi ne è sprovvisto e digli di sventolarla bene e alta perché è rossa!”.

A Roma in Piazza della Re-pubblica il colpo d’occhio era bellissimo: migliaia di bandiere rosse, alcune con falce e mar-tello, striscioni delle fabbriche e dei luoghi di lavoro, palloncini rossi a profusione. Io mi ero or-ganizzato con cappellino rosso della CGIL, spilla dei Maestri, fazzoletto del PMLI e megafono gentilmente fornitomi dal com-pagno Franco dell’Organizza-zione di Vicchio del Mugello del PMLI. Appena entrati nello spezzone del corteo riservato alla Toscana, ho iniziato a lan-ciare alcuni slogan quali “Giù le mani dalle pensioni”, “Lavoro, diritti, servizi, pensioni!” e altri. Gli slogan, almeno per la prima parte del corteo, sono stati ri-presi e rilanciati da chi era più vicino e anche da altri dietro a noi.

Durante il corteo sono stato raggiunto dal compagno Mas-simo della Valdisieve, lavorato-re della scuola, con il quale ci siamo fraternamente salutati e scambiati alcune opinioni.

Mi ha fatto molto piacere, così come il saluto di funzionari sindacali e lavoratori presen-ti in altre parti del corteo che, anche loro, venivano a saluta-re. Siamo stati ripresi più volte dalle telecamere e fotografati, con i compagni che sorregge-vano lo striscione della fabbrica metalmeccanica “COMESCA” di Scarperia e San Piero visibil-mente soddisfatti.

Arrivati in Piazza del Popolo ci siamo posizionati in un pun-to strategico da dove si notava un gran sventolio di bandiere, mentre ai lati molti assistevano ma non con trasporto. Un com-pagno metalmeccanico veden-do che osservavo attentamente mi ha detto: “Mi sembra che non ci sia molta combattività. Io non mi stupisco, oggi sono qua perché credo veramente che sia nostro dovere manifestare e lottare. Ma quale fiducia pos-siamo avere nei nostri dirigenti sindacali che ormai da troppo tempo ci hanno abbandona-to?”. Ho concordato con lui e ho avviato una proficua discus-sione sul sindacato e il lavoro. Sentendoci dialogare un altro operaio metalmeccanico che era con noi si è aggregato con-cordando su quanto stavamo dicendo.

È poi venuto il momento del comizio finale della Segretaria generale Susanna Camusso che ho ascoltato attentamente e che ho valutato come poco combattivo e molto inconclu-dente. È ormai da tempo che so che l’intenzione della dirigenza

CGIL non è quella di rappresen-tare al meglio le lavoratrici e i la-voratori ma quella di ritagliarsi spazio all’interno degli attori e rappresentanti della società ca-pitalista. Ed è per questo che ritengo necessario più che mai che si vada nella battaglia per dar vita a un vero Sindacato dal basso delle lavoratrici e dei la-voratori, delle pensionate e dei pensionati.

Anche nel viaggio di ritorno ho avuto modo di conoscere alcuni dei partecipanti e con loro ho scambiato interessan-ti pareri e opinioni, in un clima di fratellanza e condivisione che i nostri dirigenti sindacali si sognano, se mai avessero la capacità di sognare ed anche realizzare qualcosa di buono per coloro che dicono di rap-presentare!

Voglio ringraziare i miei com-pagni di lavoro per aver parte-cipato, seppur in piccola dele-gazione, alla manifestazione di Roma e tutti coloro coi quali siamo stati in compagnia. Una nota di merito alla mia giovane compagna di lavoro che aveva partecipato ad alcune manife-stazioni studentesche ma mai ad una manifestazione sinda-cale: sei stata molto coraggiosa e intraprendente!

Avanti con forza e fiducia, uniti in cordata, per il lavoro e il socialismo!

Coi Maestri e il PMLI, vince-remo!

Andrea Bartoli, operaio del Mugello (Firenze)

Corrispondenze Operaie Questa rubrica è a disposizione delle operaie e degli operai non membri del PMLI che vogliono esprimere la loro opinione sugli avvenimenti politici, sin-dacali, sociali e culturali, o che vogliono informare le lettrici e i lettori de “Il Bolscevico” sulla situazione, sugli avvenimenti e sulle lotte della loro azienda

Roma 2 dicembre 2017. Lavoratori mugellani alla manifestazione di Roma contro la politica pensionistica del governo Gentiloni. Al centro col pugno alzato si nota Andrea Bartoli (foto Il Bolscevico)

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14 il bolscevico / esteri N. 46 - 21 dicembre 2017

Il capofila dell’imperialismo americano calpesta il diritto internazionale e la Risoluzione 181

Rivolta del popolo palestinese contro la decisione di Trump su Gerusalemme

Appello di Hamas: “Intifada per la liberazione della Palestina” LA LegA ArAbA: “rIsoLuzIone onu contro gLI usA”

“Al Quds (Gerusalemme) è araba, Al Quds è araba” scan-divano i manifestanti palestine-si mentre si dirigevano verso lo schieramento dell’esercito sioni-sta e rispondevano coi sassi alla pioggia di lacrimogeni per le stra-de di Gerusalemme l’8 dicembre uno dei tre giorni della “rabbia palestinese”, la protesta indetta da Hamas e dalle altre organiz-zazaioni della resistenza all’oc-cupazione sionista contro la de-cisione di Trump di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele e di spostarvi fra un po’ di tempo l’ambasciata oggi a Tel Aviv. La ri-volta del popolo palestinese, se-gnata da nuovi morti e oltre 1.500 feriti nei tre giorni di proteste, ha dilagato da Gaza alla Cisgiorda-nia e ha riaperto la battaglia per il riconoscimento dei diritti di un popolo, scritti solo sulla carta e financo nelle risoluzioni Onu, calpestati regolarmente e impu-nemente per 70 anni dai sionisti.

Una ondata di proteste univa tutto il mondo arabo e islamico in solidarietà col popolo palestine-se, dalla Tunisia al Pakistan. Tra le ultime manifestazioni ricordia-mo quelle dall’8 al 10 dicembre in Egitto, da Alessandria al Cairo dove i manifestanti marciavano al grido “Gerusalemme è ara-ba”, e quelle in Libano dove l’11 dicembre si è svolta a Beirut la marcia per Gerusalemme orga-nizzata da Hezbollah, col leader Nasrallah che parlando in un vi-deo trasmesso da maxi schermi ha appoggiato la nuova intifada palestinese e assicurato il soste-gno della organizzazione della re-sistenza libanese contro Israele e gli Stati Uniti.

La decisione della Casa Bian-ca, resa nota in anticipo per rende-re ancora più teatrale l’evento, era ufficializzata dalla firma pubblica di una apposita proclamazione da parte del presidente Trump il 6 di-cembre. “Io, Donald J. Trump, Pre-sidente degli Stati Uniti d’America, in virtù dell’autorità conferitami dalla Costituzione e dalle leggi de-gli Stati Uniti, dichiaro che gli Stati Uniti riconoscono Gerusalemme come capitale dello Stato di Israele e che l’Ambasciata degli Stati Uniti in Israele sarà trasferita a Gerusa-lemme non appena possibile”, era scritto in fondo alla proclamazione firmata alla Casa Bianca dal capo-fila dell’imperialismo americano.

Trump in sol colpo calpestava il di-ritto internazionale rappresentato dalle risoluzioni e pronunciamenti dell’Onu in merito, la Risoluzione 181 in particolare, e i diritti dei pa-lestinesi dando seguito a una leg-ge del Congresso Usa del 1985, la cui applicazione era stata finora rinviata di sei mesi in sei mesi dai presidenti succedutisi, da Clinton a Bush, a Obama; e allo stesso Trump sei mesi fa. A onor di crona-ca Trump ha contemporaneamen-te firmato un altro atto che riman-da il trasferimento dell’ambasciata da Tel Aviv di almeno sei mesi ma il segnale è chiaro: gli imperialisti sionisti hanno il riconoscimento ufficiale dell’occupazione anche di quei territori non previsti dal famigerato atto di nascita di Isra-ele e annessi di fatto. Il protettore imperialista americano riconosce Gerusalemme capitale di quella Grande Israele, sogno dei sioni-sti, cui affidare il ruolo di garante dei propri interessi nella regione, in tandem col regime reazionario arabo dell’Arabia Saudita.

Fin dalla sua nascita “lo Stato di Israele ha fatto la sua capitale a Gerusalemme, la capitale che il popolo ebraico ha stabilito in tempi antichi. Oggi Gerusalemme è la sede del governo di Israele, la casa del parlamento israeliano, la Knesset; la sua Corte Supre-ma; le residenze del suo primo ministro e presidente e il quartier generale di molti dei suoi ministe-ri del governo. Gerusalemme è

dove i funzionari degli Stati Uniti, incluso il Presidente, incontrano le loro controparti israeliane. È quindi appropriato che gli Stati Uniti riconoscano Gerusalemme come capitale di Israele”, soste-neva il documento firmato da Trump, presentando come ovvia e naturale la decisione con gli stessi argomenti coi quali il boia sionista Benjamin Netanyahu lo ringraziava per il riconoscimento della “identità storica e nazionale di Israele”.

Al momento l’invito dei sionisti a seguire l’esempio degli Usa è stato accolto solo dalla Repubbli-ca ceca che ha riconosciuto Ge-rusalemme come capitale di Isra-ele e rimandato a tempi migliori il trasferimento dell’ambasciata ora a Tel Aviv.

Fra i primi a essere avvisato della decisione, il presidente pa-lestinese Abu Mazen, chiamato il giorno prima da una telefonata di Trump. “Il presidente Abbas ha avvertito Trump delle pericolose conseguenze che una simile de-cisione potrebbe avere sul pro-cesso di pace e sulla sicurezza e stabilità della regione e del mon-do” era la ridicola e inefficace reazione del presidente palesti-nese, secondo quanto reso noto dal suo portavoce, e solo in un secondo tempo il leader palesti-nese denuncerà che “la decisio-ne odierna di Trump equivale a una rinuncia da parte degli Stati del ruolo di mediatori di pace” e

ordinava alla delegazione diplo-matica palestinese di lasciare Washington e di rientrare in patria ribadendo che “Gerusalemme è la capitale eterna dello Stato di Palestina”.

“Il riconoscimento di Gerusa-lemme quale capitale di Israele è una dichiarazione di guerra nei nostri confronti”, dichiarava il le-ader politico di Hamas, Ismail Haniyeh, da Gaza e lanciava un “appello per una nuova intifada contro l’occupazione e contro il nemico sionista”. L’appello era ripreso dalle organizzazioni della resistenza palestinese che ani-mavano la rivolta nei territori oc-cupati. Haniyeh ricordava che il 9 dicembre 1987 aveva preso le mosse da Gaza la prima Intifada, la rivolta palestinese e indicava che “dobbiamo rilanciare dun-que una lotta popolare generale”, “la forza che abbiamo costruito, la forza della resistenza, sarà un elemento determinante per la vit-toria del nostro popolo che anela a tornare sulla sua terra”, sot-tolineava Haniyeh che ribadiva: “Gerusalemme è la capitale del popolo palestinese. Tutta la Pale-stina, dal fiume Giordano al mare è dei palestinesi”.

Seppur dettate dalla preoccu-pazione di tenere in vita il fanto-matico processo di pace guidato dall’imperialismo, che nulla ha portato al popolo palestinese se non il rafforzamento dell’occu-pazione sionista, le reazioni dei paesi arabi e islamici hanno spa-ziato dalla formale “seria e pro-fonda preoccupazione per una mossa che irrita i sentimenti dei musulmani nel mondo” dell’Ara-bia Saudita, il nuovo stretto alle-ato dei sionisti, alla condanna del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che ha definito il rico-noscimento di Gerusalemme ca-pitale di Israele come “una linea rossa per i musulmani”, una linea che se valicata potrebbe porta-re fino alla rottura delle relazioni diplomatiche con Israele. Solo Teheran usava toni adeguati: la decisione degli Usa è “segno di incompetenza e fallimento. La Palestina sarà libera e i pale-stinesi vinceranno”, dichiarava il leader iraniano Ali Khamenei. Nel mezzo la Lega araba il cui segretario generale dopo aver inutilmente invitato Trump a “evi-tare qualsiasi iniziativa capace di

mutare lo status giuridico e poli-tico di Gerusalemme” chiedeva una riunione del Consiglio di si-curezza dell’Onu per discutere la questione. Ben sapendo che qualsiasi azione dell’Onu sarà bloccata dal veto Usa. Come lo è stata la riunione straordinaria del Consiglio tenutasi il 6 dicembre che ha potuto solo registrare la contrarietà alla mossa di Trump da parte di tutti i suoi alleati, eu-ropei compresi. Fra questi l’Ita-lia col presidente del Consiglio Paolo Gentiloni che esortava a definire il futuro di Gerusalemme “nell’ambito del processo di pace

basato sui due Stati, Israele e Pa-lestina”. Una tale opzione oramai morta e seppellita, superata nei fatti dall’unica possibile, quella di uno Stato per due popoli.

Sia i paesi europei che quelli arabi comunque non facevano seguire alle parole i fatti, espri-mevano condanne a parole ma nessuno al momento ha deciso di ritirare gli ambasciatori o conge-lare i rapporti diplomatici, quale misura minima necessaria. E solo il ministro degli Esteri libanese ha chiesto alla Lega Araba di impor-re sanzioni a Washington.

Dopo aveRlI uTIlIzzaTI peR combaTTeRe lo STaTo ISlamIco

Trump molla i curdi in Siria, putin lo rimpiazzaLa portavoce della Casa Bian-

ca Sarah Sanders, nell’inconro con la stampa del 27 novembre annunciava che gli Usa stanno pensando di ridurre il sostegno militare ai gruppi che combatto-no lo Stato islamico (IS) in Iraq e Siria sottolineando che “la perdita del controllo territoriale dell’IS ci permette di fermare i rifornimenti militari a determinati gruppi. Ciò non significa che smettiamo com-pletamente di sostenerli ma l’unico scopo nostro era quello di aiutare a sconfiggere l’IS”. Obiettivo rea-lizzato, affermano alla Casa Bian-ca, e quindi Donald Trump può mollare i curdi in Siria, col plauso del regime di Ankara.

La decisione degli Usa era sta-

ta anticipata il 24 novembre dallo stesso Trump in una conversa-zione telefonica col suo omologo turco Tayyip Erdogan resa nota da un comunicato della Casa Bianca nel quale si legge: “coerentemen-te alla nostra precedente politica il presidente Trump ha informato Erdogan degli adeguamenti milita-ri in sospeso forniti ai nostri part-ner in Siria ora che la battaglia di Raqqa è stata completata e pro-cediamo verso una fase di stabi-lizzazione che mira a impedire il ri-torno dell’IS”. Il vice premier turco Bekir Bozdag definiva la decisione Usa di non inviare altre armi alle formazioni curde delle Unità di Di-fesa del Popolo (YPG) “un punto di svolta” nei rapporti conflittuali

tra Usa e Turchia, precisando però che “il ‘noi non daremo armi ai curdi detto per la prima volta dal presidente Trump è importante ma perderà valore se non verrà imple-mentato. È come se avesse ingan-nato il mondo’”.

I rapporti tra Washington e An-kara torneranno ai precedenti livelli di scontro in seguito alla decisio-ne dell’imperialismo americano di spostare l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme e Trump col pas-so indietro in Siria lasciava spazio alla Russia di Vladimir Putin.

Anche per Mosca la guer-ra in Siria contro l’IS è finita, le operazioni militari sulla riva est e su quella ovest dell’Eufrate “si sono concluse con una completa

sconfitta dei terroristi”, annun-ciava il 6 dicembre il presidente russo. E le ultime operazioni mi-litari intorno a Deir Ezzor sulla riva est dell’Eufrate, delle Forze Democratiche Siriane (Fds), delle quali le Ypg e le Unità di Difesa delle Donne (Ypj) curde costitui-scono l’ossatura, si erano svolte col “sostegno aereo e logistico e il coordinamento sul terreno” con le forze russe, sottolineavano portavoce curdi e il generale rus-so Poplavsky. Il capo della base russa di Khmeimim, da dove opera l’aviazione di Mosca, sot-tolineava il successo della nuova cooperazione militare tra Rojava e Russia mentre il ministero della Difesa russo rendeva noto che di

recente sono stati quasi 700 i raid aerei a copertura dell’avanzata curda nel nord della Siria.

L’esercito del regime di Dama-sco, sostenuto da forze iraniane e libanesi di Hezbollah, operava sulla riva ovest dell’Eufrate e non poteva pestare i piedi dall’altra parte del fiume alle formazioni dei curdi siriani comprendenti i consiglieri americani nella guerra comune all’IS. Trump annuncia un passo indietro e Putin è pron-to a approfittarne e lo rimpiazza, anche lui usando le forze curde senza mettere in discussione l’alleanza con la Turchia.

Questi capovolgimenti di alle-anze sono compiuti sulla testa e ai danni dei curdi e non tornano

certo utili alla loro causa o quan-tomeno al progetto di federazio-ne della Siria, comprendente le tre regioni curde autogovernate della Federazione Democratica Sira del Nord dove l’1 dicembre si sono tenute le elezioni per i consigli cittadini, cantonali e re-gionali. Passare da una alleanza, seppur definita tattica dalle Ypg, con l’imperialismo americano a una con l’imperialismo russo, che pure ha un potere determinante nel futuro della Siria, è come pas-sare dalla padella alla brace. Al momento i curdi siriani continua-no a essere messi al margine del processo negoziale, sia di quello dell’Onu a Ginevra che di quello condotto da Mosca a Astana.

lo status di Gerusalemme

La risoluzione numero 181 dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, approvata il 29 novembre 1947, decretò la fine del Mandato britannico sulla Palestina e la creazione di due Stati sovrani indipendenti. Dai due stati era esclusa la città di Gerusalemme che era definita “un corpus separatum sotto un regime internazionale speciale” e amministrata dall’Onu. I sioni-sti pur di incassare il regalo della creazione di Israele accettarono lo status speciale per Gerusa-lemme, pur iniziando a lavora-re da subito per annettersela. Ebbe inizio da allora il balletto tra Onu e Tel Aviv sulla condi-zione formale della città pale-stinese; nel 1949 l’Onu ribadì la sua posizione nella risoluzione 303 dell’Assemblea Generale, il regime di Tel Aviv la respinse e proclamò la città capitale di Israele trasferendoci le sedi istituzionali; dal 1949 al 1967 la città è stata divisa in due zone, fino alla guerra dei Sei giorni in seguito alla quale finì sotto il totale controllo di fatto dei sio-nisti, assieme alla Cisgiordania

e alla Striscia di Gaza. L’Onu ribadì lo status di Gerusalemme e non ha mai riconosciuto l’oc-cupazione sionista.

Anche quando nel 1980, la Knesset, il parlamento di Tel Aviv, approvò la cosiddetta Legge Fondamentale, che pro-clamava Gerusalemme “unita ed indivisibile” capitale ufficiale dello stato l’Assemblea genera-le dell’Onu la respinse denun-ciando che “qualsiasi azione intrapresa da Israele, la Potenza occupante, imporre le sue leggi, giurisdizione e amministrazione sulla Città Santa di Gerusalem-me sono illegali e quindi nulle e prive di validità, e invita Israele a cessare tutte queste misure ille-gali e unilaterali”. La risoluzione dell’Assemblea non era vinco-lante ma quella successiva del Consiglio di sicurezza sì, come la numero 478 che definiva la legge israeliana una violazio-ne del diritto internazionale e consigliava agli stati membri a continuare a non avere la loro rappresentanza diplomatica nella città. Una decisione for-malmente ancora valida.

Una delle numerose proteste di piazza contro Gerusalemme capitale

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N. 46 - 21 dicembre 2017 esteri / il bolscevico 15Nel mondo

815 milioNi di persoNe alla fameOgni anno tre milioni di bambini muoiono di fame

Secondo l’Indice Globa-le GHI 2017, in 52 Paesi del mondo il livello di fame e di insicurezza alimentare resta allarmante. Milioni di perso-ne si trovano ancora oggi in una situazione di fame croni-ca e in molte altre aree si re-gistrano gravi crisi alimentari. A generare questa situazione drammatica sono le profon-de e persistenti disuguaglian-ze sociali ed economiche che rendono vano qualsiasi ten-tativo di ostacolo alla denu-trizione nel mondo, rendendo un miraggio il raggiungimento dell’obiettivo “Fame Zero” fis-sato dalle Nazioni Unite per il 2030. Il rapporto del 2017, che presenta una lieve fles-sione negli indici rispetto al precedente, è fortemente vi-ziato dall’assenza dei dati di 13 Paesi “non calcolabili” a causa di gravi problemi politi-ci e sociali; tuttavia essi priva-

no i dati di ulteriore aggravio poiché nascondono situazio-ni estremamente preoccu-panti: è il caso ad esempio della Libia, della Siria e dell’I-rak, dove i conflitti armati e le bombe imperialiste hanno ef-fetti devastanti sull’alimenta-zione per oltre la metà della popolazione, del Sudan dov’è stata dichiarata quest’anno una grave carestia e della Somalia che, colpita da una grave siccità, si trova con 3 milioni di persone su 11 mi-lioni in totale, in situazione di insicurezza alimentare. La distribuzione irregolare del-la fame e della malnutrizio-ne, collocate principalmente in Asia meridionale e nell’A-frica sub sahariana, affonda le radici nella disparità di po-tere sociale, politico ed eco-nomico. Le crisi alimentari più recenti hanno colpito fasce di popolazione estremamen-

te vulnerabili e già afflitte da fame e malnutrizione, espo-ste a violenze, cambiamento climatico e aumento dei prez-zi alimentari. E se alla disu-guaglianza alimentare si uni-sce anche la disuguaglianza di genere ecco che donne e bambine rappresentano il 60% degli affamati del mon-do. Save the Children ha de-nunciato che oggi nel mondo ci sono 155 milioni di bambini colpiti da malnutrizione croni-ca ed il direttore generale del-la Fao, Graziano De Silva, ha parlato di 815 milioni di per-sone al mondo che nel 2016 hanno sofferto la fame, 20 milioni in più in un solo anno (795 milioni nel 206), dovuti soprattutto alle guerre ed al cambiamento climatico, sem-pre più determinante sull’insi-curezza alimentare. Critico, ma ben lontano dall’affron-tare a fondo il vero proble-

ma e la sua origine, De Silva sostiene: “La sfida è il diritto di ogni essere umano a qua-lunque latitudine. Per salva-re le vite bisogna ricostruire ciò che sta intorno alle perso-ne per una vita più dignitosa e rafforzare la resilienza del-le comunità rurali. L’impegno globale è importante, ma non è ancora sufficiente. e i go-verni devono operare in mag-giore solidarietà e determina-zione”. Per il Ministro Martina, grande sostenitore del liberi-smo e servo fedele di Renzi e Boschi, “Sconfiggere la po-vertà è un atto di giustizia, per questo dobbiamo lavorare in-sieme per garantire il cibo a tutti. La mancanza di equi-tà porta al paradosso di 815 milioni di affamati da un lato, e uno spreco alimentare pari al 33 per cento del cibo pro-dotto globalmente dall’altro. Tale situazione conferisce un

compito, una responsabilità a tutti noi per combattere le di-suguaglianze. Anche noi dob-biamo essere fino in fondo ‘resistenti’”. Difficile accettare queste frasi di denuncia alle disuguaglianze proprio da chi è artefice di esse nel nostro Paese e non solo, attraver-so politiche agricole che fan-no chinare il capo ai coltiva-tori diretti e tutto vantaggio delle grandi firme di distribu-zione, rendendo così sempre più povere le nostre aree ru-rali, ed in particolare il nostro Mezzogiorno attanagliato dal-le mafie e dalla deindustrializ-zazione. Il nostro governo, invece, da decenni è corre-sponsabile insieme all’impe-rialismo americano ed eu-ropeo che appoggia e serve fedelmente, condannando in-tere popolazioni al coloniali-smo moderno. Tutti gli addet-ti ai lavori conoscono le vere

cause della povertà e della fame, che sono il capitalismo e l’imperialismo, ma nessuno di costoro è disposto a chia-marli in causa direttamente. E così suonano inutili i proclami per il raggiungimento, in un futuro più o meno lontano, dell’obiettivo “Fame Zero”, poiché ciò sarà pienamente possibile solo con il sociali-smo, con la piena occupazio-ne e con la redistribuzione del lavoro e delle risorse natura-li in base ai bisogni delle po-polazioni. Finché esisteranno guerre, imperialismo e profit-to, non ci sarà posto per l’u-guaglianza su questa Terra e, per dirla con Stalin, “Per ab-battere l’inevitabilità della guerra è necessario abbat-tere il capitalismo”. Ecco il primo, essenziale e definitivo passo per iniziare a risolvere il problema della fame e della malnutrizione nel mondo.

Nel moNdo

120 milioni di ragazze vittime di violenze sessualiIn Italia due bambini al giorno subiscono violenze sessuali. Mille ogni anno

La pubblicazione lo scorso 11 ottobre, a cura dell’asso-ciazione Terres des Hommes e in occasione della Giorna-ta Mondiale delle Bambine indetta dall’ONU, del Dos-sier InDifesa 2016, dedicato alla condizione delle bambi-ne e delle ragazze nel mon-do, rappresenta un drammati-co momento di riflessione per le coscienze di tutte le donne e gli uomini sulla condizione dell’infanzia e dell’adolescen-za nel mondo, con particola-re riguardo alle condizioni di bambine e ragazze.

Dal rapporto risulta che nel mondo ci sono circa 120 mi-lioni di ragazze con meno di venti anni vittime di rapporti forzati o atti sessuali forzati, le quali spesso non trovano pro-tezione neanche tra le mura di

casa, a scuola o nel luogo di lavoro, anzi si tratta di violen-ze incoraggiate dalle stesse famiglie come nel caso del fe-nomeno delle spose bambine, tutti fenomeni che riguardano in modo particolare i Paesi po-veri, ma che non sono assen-ti, come si vedrà, in quelli eco-nomicamente sviluppati, tra cui l’Italia.

I fenomeni che interessano soprattutto i paesi dell’Asia e dell’Africa sono le mutilazioni genitali femminili, i matrimoni precoci di ragazzine minoren-ni o addirittura di bambine im-puberi costrette quasi sempre a sposare un uomo adulto, le gravidanze delle minorenni che, conseguenza dei matri-moni precoci, mettono spes-so a serio rischio la salute e la vita delle ragazzine, e anche

le violenze inflitte su bambine e ragazze migranti che diven-tano vittime di tratte sessuali, fino a giungere all’utilizzazio-ne delle bambine e delle ado-lescenti nella realizzazione di materiale pornografico.

Per ciò che risulta dal rap-porto riguardo all’Italia, nel nostro Paese ogni giorno si stima che non meno di due bambini siano vittime di abu-si sessuali, mille ogni anno, una cifra che nel 2016 è salita a 5.383 casi se si considerano anche altri tipi di violenze oltre a quelle sessuali, violenze ge-neriche che in sei casi su die-ci hanno riguardato bambine, facendo segnare un aumento del 6% rispetto all’anno prece-dente.

Anche in Italia infatti, per ciò che riguarda le violenze

perpetrate contro l’infanzia e l’adolescenza, le vittime delle violenze sono in maggioranza femmine, soprattutto delle vio-lenze a sfondo sessuale: tra tutti i minori, le bambine sono l’83% delle vittime di violenze sessuali aggravate, l’82% del-le vittime dell’infame giro della produzione e commercializza-zione di materiale pornografi-co, il 78% delle vittime di cor-ruzione di minorenne, ossia minorenni obbligate ad assi-stere ad atti sessuali altrui, e anche tra gli omicidi volon-tari ai danni di minori il 62% era una bambina o una ado-lescente.

Il dato più preoccupante, per il gigantesco incremento nell’arco di un quinquennio, è quello della crescita, espo-nenziale, del 543% della por-

nografia minorile, dove il nu-mero delle vittime, almeno di quelle accertate, è passato dalle 23 del 2011 alle 148 del 2015, e nell’81% dei casi si trattava di bambine e ragaz-ze.

Anche per ciò che riguar-da la violenza non sessuale contro i minori, i dati sono al-larmanti, con le violenze do-mestiche che guidano la clas-sifica: infatti nel 2016 sono state 1.618 le vittime di mal-trattamenti in famiglia, il 51% delle quali femmine con un incremento del 12% rispetto all’anno precedente, ed è cre-sciuto anche il numero dei mi-nori vittime di abuso di mez-zi di correzione o disciplina, in alcuni casi percossi, per lo più da chi esercita la potestà genitoriale, fino a rendere ne-

cessari l’intervento di un’am-bulanza o del pronto soccor-so.

Raffaele Salinari, presiden-te di Terres des Hommes, ha detto, a margine della presen-tazione del rapporto: “Serve un impegno sempre maggiore del governo per trovare fondi per il contrasto e la preven-zione della violenza di gene-re che orienti gli interventi sia in Italia che nei Paesi in via di sviluppo ma diventa sempre più importante anche costitu-ire alleanze ampie, che inclu-dano attori fra loro differenti, capaci di intervenire a tutti i livelli coinvolgendo non solo i governi, le organizzazioni già impegnate in prima linea su questi temi, i professionisti, ma anche i ragazzi e le ragaz-ze stesse”.

aNche i reali d’iNghilterra e istituti religiosi iNvestoNo Nei paradisi fiscali

Nella lunga lista di evasioni fiscali ci sono un ministro di Trump, Soros e 120 politici borghesi e starIl quotidiano tedesco Sud-

deutsche Zeitung, che ha la-vorato a stretto contatto con International Consortium of Investigative Journalists, ol-tre 380 giornalisti attivi in 67 Paesi, dei Paradise Papers, ha pubblicato un volumino-so dossier dal quale risulta-no i nomi di migliaia di evaso-ri fiscali di tutto il mondo, che hanno occultato ingenti capi-tali nei paradisi fiscali.

I documenti provengono da due studi internazionali di professionisti che forniscono e gestiscono società offshore, ossia Appleby, che ha sede nelle Bermuda con nove filia-li in altrettanti paradisi fiscali, e Asiaciti Trust, che ha sede a Singapore e 7 filiali, neanche a dirlo, in Stati che sono altret-tanti paradisi fiscali.

Da tale documentazione

emerge quanto il sistema fi-nanziario occultato nei pa-radisi fiscali sia una sorta di economia parallela, sovrap-ponendosi al mondo visibile degli uomini d’affari, politici, attori e di colossi come Apple, Nike, Uber e altre multinazio-nali, che vogliono evitare di pagare le tasse grazie ad ar-tifizi contabili sempre più intri-cati e fantasiosi.

Il nome più altisonante che è spuntato fuori dall’inchiesta è quello della regina Elisabet-ta II la quale ha investito circa 10 milioni di sterline nelle Iso-le Cayman, dove la tassazio-ne è praticamente inesistente, tramite il Ducato di Lancaster.

La sovrana, contattata dal consorzio che ha coordina-to l’inchiesta, ha risposto che paga comunque regolarmen-te le tasse alle Isole Cayman,

ma le si potrebbe obietta-re che lei è capo di Stato nel Regno Unito, ed è lì che do-vrebbe pagarle. Anche altri alti esponenti della famiglia reale inglese hanno investito som-me minori nei paradisi fisca-li, così come hanno fatto an-che il principe Carlo e Lord Ashcroft, aristocratico uomo di affari britannico, ex dirigen-te del Partito Conservatore britannico, che ha a sua vol-ta nascosto nei paradisi fiscali una fortuna pari a 450 milioni su conti offshore.

La regina Noor di Giorda-nia a sua volta risulta benefi-ciaria di due trust nel Baliato di Jersey, che è un paradiso fi-scale posto sull’Atlantico a po-che miglia dalle coste francesi della Normandia, e che dipen-de dalla Corona britannica, ossia da Elisabetta II del Re-

gno Unito, che vi regna come sovrana assoluta.

Anche 120 politici borghesi di tutto il mondo hanno evaso il fisco in patria per dirottare i loro capitali nei luoghi dove le tasse non esistono. I nomi più importanti tra tali politici sono di due americani, un repubbli-cano e un democratico, qua-si a dimostrare che la politi-ca borghese rappresenta una vera e propria truffa, che in questo caso è evasione fisca-le, per i lavoratori: il nome più importante tra i repubblicani è quello di Wilbur Ross, attuale segretario al Commercio del presidente americano Donald Trump, che ha interessi in co-mune con il genero di Putin in una società di navigazione che ha effettuato investimen-ti offshore, mentre tra i demo-cratici spicca il nome di We-

sley Clark, generale a quattro stelle dell’esercito e già in cor-sa per le elezioni presidenziali del 2004, che risulta ammini-stratore di una società di gio-co d’azzardo legale collegata a strutture offshore. Anche il finanziere George Soros, che foraggia cospicuamente i de-mocratici americani, è presen-te negli elenchi.

Anche Stephen Bronfman, braccio destro del primo mi-nistro canadese canadese Justin Trudeau, ha compiuto spericolate operazioni per na-scondere ingenti capitali alle Isole Vergini.

Tra imprese e imprendito-ri che hanno investito in para-disi fiscali sono spuntati fuori i nomi dei colossi americani Apple e Nike, e anche quel-lo di Paul Allen, cofondatore di Microsoft, che ha investito i

suoi soldi, tramite società of-fshore, in un gigantesco yacht e in alcuni sottomarini.

Infine, oltre ai cantanti Ma-donna e Bono, hanno effet-tuato investimenti offshore nei paradisi fiscali anche istituti ed enti religiosi cattolici, ebraici e islamici.

L’evasione ed elusione fi-scale effettuata tramite i para-disi fiscali non è una sempli-ce furberia di qualche riccone che vuole pagare meno tas-se, è un vero e proprio crimi-ne nei confronti delle masse popolari e dei più poveri: l’or-ganizzazione Oxfam ha cal-colato che l’evasione ed elu-sione fiscale sottrae ai Paesi più poveri 100 miliardi di dol-lari l’anno, sufficienti per man-dare a scuola 124 milioni di ragazzi e salvare la vita di 6 milioni i bambini.

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PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

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■ Abolire la legge Fornero■ Pensione di garanzia per i giovani■ Superare la disparità di genere, valorizzare il lavoro di cura

Nall’innalzamento della pensione a 67 anni

SCIOPERO GENERALE DI 8 ORE E MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMAper piegare il governo Gentiloni sulle pensioni e la legge di bilancio