4 InThailandia

Perch, a un certo punto della nostra vita, abbiamo deciso di voler lasciare il nostro pa-ese e di trasferirci in Thailandia? Una doman-da che tutti ci siamo posti, una domanda

irtson itlom a otsop ortlaznes omaibba ehcamici e che molti nostri amici hanno senzal-tro posto a noi.Ebbene questa rubrica conterr una gam-

appunti di viaggio, magari anche di consigli, racconter storie di successi e di fallimenti, di amori e delusioni, di incanti e disincanti, e magari, sorprendentemente, molto altro.Che il viaggio abbia inizio allora.

Cera una volta... o Correva lanno...?Scegliere uno stile favolistico allegorico op-pure scelgierne uno pi realistico autobio-

quindi, diverse letture, non so neanche se della stessa storia o di storie affatto diverse, se siano la mia storia piuttosto che altre fan-tasticherie. Io stesso lo ignoro, ma magari il lettore paziente e sapiente ne verr a capo a suo modo.

Cera una volta in un antico grigio paese un giovane uomo dalle grigie giornate. In un gelido grigio inverno ud il canto di un me-nestrello che parlava di terre lontane, dove tutto era colore, dove non esistevano gelidi inverni, dove vivevano fanciulle leggiadre, agghindate come principesse da diademi doro e pietre preziose. Da quel giorno il gio-vane non smise mai di sognare quel remoto paese, ma il solo sogno non alleviava le sue grigie giornate mentre sentiva let avan-zare. Cos un giorno prese il coraggio a due mani, decise di cercare il menestrello e farsi condurre in quel remoto paese che, come tutti i paesi delle favole, si trovava in un

Perch In Thailandia

oriente lontano. Trov il menestrello e questi gli dis-se ti dir come arrivare in quel paese, come ho fatto con molti, ma dovrai pagare un prezzo per questo: mi darai tutti i denari, i ricordi e gli affetti della tua grigia vita, tanto l non ti serviranno.

Sentiva che il grigiore lo stava sopraffacendo e si tolse ogni fardello per il viaggio. Dopo mesi di cammino per terre aride e disperate giunse alla

realt. Trov colori mai visti, ud suoni mai sentiti, vide contadine aggraziate e agghindate come principesse. Fu felice e decise che quello sareb-be stato il suo paese. Prender una moglie bellis-sima, avr una bellissima casa, manger frutti sa-poriti e mi inebrier ai canti notturni di una estate

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Correva lanno 1993, il 18 di agosto mi ero risol--

bardella di Sorrentino, ma in tono minore, peri- ferico e al netto della grottesca mondanit, avevo devoluto tutti i miei studi e il mio tempo alla ricerca del Graal, della Grande Bellez-

classica, secondo cui il sublime non si iden--

gente, che provoca sbigottimento, sorpresa, spavento (Anonimo del Sublime o Pseudo-Longino). Avevo a fatica mappato ampi territori del

to le tre topiche (luoghi concettuali) che fondavano unidea di sublime almeno a partire dagli inizi dellOttocento, nel nuovo quadro coloniale alle origini della moder-nit. Esse costituivano gli elementi base del-lAlterit Assoluta, che sola poteva suscita-re il Sublime: erano lOriente, lEsotico e lErotico. LOriente lalterit assoluta

-za (testo di riferimento: Orientalism di E. Said); lEsotico lalterit antropologica (testo di riferimento Tristi Tropici di C. Levi-Strauss); lErotico lalterit assoluta di genere (testo di riferimento LErotisme di G. Bataille).Queste tre topiche sono la base di ogni esteti-ca coloniale e la loro crisi assoluta sta disegnandoil nuovo paradigma postcoloniale dai contorniincerti e inquietanti. Ma tornando a noi, in

postcoloniale era appena iniziata e io lavevo appena percepita quando preparavo gli itine-rari di viaggio sulla meravigliosa guida della Clup sulla Thailandia di L. Del Sette e L. Inver-nizzi Tettoni. Ma perch la Thailandia? Per-ch era il luogo dove simbolicamente tutte e tre quelle topiche miracolosamente con-

umbilicus mundi del Sublime. Una Terra Promessa dellAlterit Assoluta.A un paio danni dalla agognata pensione (i famigerati 20 anni), avevo tratto le mie con-clusioni estetiche. Quando entrai per la prima volta a Villa Thai a Roma, per il visto turistico, rimasi sorpreso da una sorta di decalogo ben evidenziato che metteva in guardia contro una serie di rischi. In particolare mi colp una di quelle avvertenze se una cosa vi sembra trop-po bella per essere vera, ebbene fate atten-zione perch proprio cos. Sublime, pensai

-

sibillina.Quando misi piede per la prima volta a Ban gkok

fui, come tutti, stordito. Tutto mi colse impreparatoe fu affabulazione. Eppure i segni premonitori

era scomparso misteriosamente gi nel 1967 la-sciandocasa costruita assemblando al centro di Ban-gkok sei antiche case di teak da Ayuttaya e da Bangkrua, tra i primi farang a (ri)costruirsi un Siam on-demand. Tiziano Terzani lo aveva emulato molto pi tardi, nel 1990, con la Turtle House, unoasi di vecchio Siam in mezzo allorrore del cemento laveva

Laveva abbandonata per gi nel 1994, un anno dopo il mio primo impatto. Bangkoknon era gi pi da tempo quel sogno delicatoche Terzani vagheggiava, e io non me ne ero reso ancora conto. In quegli anni si costruiva la grande fortuna dellindustria del turismo di massa in Thailandia. La potentissima TAT (Tourist Authority of Thailand) aveva iniziato il suo agguerrito marketing gi

succeduti i backpackers negli anni Settanta e poi gi agli inizi degli anni Ottanta iniziarono le grandi masse di espatriati. Nel 1990 gli

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