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ecco il numero estivo di Nero su Bianco

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L’angolo del Don Vacanze tra natura, fede e cultura di Don Roberto Bianchini - - - - - - - - - - -Pag. 3 Cappellania Sulla rotta di Paolo di Fabio Fiorino - - - - - - - - - - - - - - - - - - - Pag. 4 Convegno Missionario Giovanile 2009 del Gruppo Am.Bo.Mo.- - - - - - - - - - - - - Pag. 5 Una tappa nelle Marche di Adele Castelli- - - - - - - - - - - - - - - - - - -Pag. 6 Esperienze Una favola di nome Castelnuovo di Cecilia Rustici - - - - - - - - - - - - - - - - - -Pag. 7 Lasciamoci trovare di Sr. Cornelia Daprà - - - - - - - - - - - - - - Pag. 8 Culti mariani di Maria Elena Pirisinu - - - - - - - - - - - -- -Pag. 9 di Fabio Fiorino - - - - - - - - - - - - - - - - - - -Pag. 9 Fotografando - - - - - - - - - - - - - - - - - -- -Pagg.10-11

Riflettendo L’essenziale è invisibile agli occhi di Federica Maniscalco - - - - - - - - -- - Pag. 12 Come le formiche di Elvira Ianni - - - - - - - - - - - - - - - - - - Pag. 13 Informateneo - - - - - - - - - - - - - - - - -Pag. 13 Sulle orme del Santi San Bernardo Tolomei e le forme dell’amore di Mariastefania De Rosa - - - - - - - - -Pag. 14 Ciak, si gira Il coraggio di comprendersi di Eugenio Alfonso Smurra - - - - - - -Pag. 15 A tutto volume Musica per l’estate di Leonardo Martino - - - - - - - -- - - -- Pag. 16 Consigli di lettura Letture per l’estate di Roberta Callea - - - - - - - - - - - - - -- -Pag. 17 In viaggio con... Piccolo grande mondo antico di Ludovica Cesaroni- - - - - - - - - - - -Pag. 18 Bacheca - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -Pag. 19

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Cari amici di Nero su Bianco…

mare o montagna, collina o vallate, città d’arte o campagna? o semplicemente ca-sa? Dove si parte?? In ogni caso… io sono con voi, pronto a farvi compagnia in quest’estate che sempre più incalza… Ah, tanto attese vacanze! Tra le mie pagine troverete tanti consigli vivere al meglio questo bellissimo periodo dell’anno, magari “tra natura, fede e cultura”, per sfruttare ogni singolo attimo a disposizione… Estate: periodo di riflessione e di svago, ma anche di relax… di viaggi, libri, musica, film, … tempo fa-vorevole per “lasciarsi trovare” e ritrovarsi. Vi riporto anche gli appuntamenti vissuti dalla comunità della Cappella Universitaria, dal pellegrinag-gio nei luoghi di San Paolo, alla strepitosa gita culturale nelle Marche (tutto documentato dalle tante foto…), e ancora esperienze di volontariato vissute in terra di Abruzzo, alcune riflessioni sul nostro tempo e sulla nostra vita di fede! Anche la copertina vi aiuta ad entrare nel clima… aiutati da Thomas Merton, di cui potete leggere uno scritto molto bello nel corso del giornale. Tutti gli ingredienti ci sono… non mi resta che augurarvi Buona lettura e Buone Vacanze!!! e… non dimenticatemi a casa!!!

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Riflettendo nei mesi scorsi su come organizzare la gita annuale della comunità mi persuadevo che un’-esperienza davvero umana deve sollecitare almeno tre corde fondamentali: fede, natura e cultura. Questo stesso modello si può applicare programmando l’estate che ormai si approssima perché non sia solo un tempo di banale relax psico-fisico. In concreto, però, come fare? Anzitutto delimitare attenta-mente il tempo delle vacanze. In genere abbiamo a disposizione non più di un mese, mese e mezzo. Sa-rebbe scriteriato tuttavia accumulare nel minor tempo possibile il maggior numero di esperienze da fa-

re: in questo modo non ci gusta davvero niente e il mo-mento in cui si inizia di nuovo lo studio ci troverebbe più disfatti che ricaricati. Non vogliamo infatti incarnare il tipo del turista compulsivo alternativo che in un mese percorre in treno tutta l’Europa dormendo nei vagoni o nelle stazioni, mangiando hot dogs e lavandosi quando c’è l’occasione, e neppure quello del cattolico attivista che passa da un campo scuola all’altro e che, dividendosi tra Santiago, Mejugorie, magari non trascorre nemmeno una sera coi vecchi amici del liceo. Né sembrano più desidera-bili i panni dell’intellettuale che si sciroppa mostre sulla via della seta, sui rifugiati politici in non so quale porzio-ne dell’Africa Nera e visita musei minori di territori mino-ri alla ricerca di luoghi da sottrarre all’oblio del volgare turismo di massa. Ci sono poi i social sensibili che si stra-pazzano non meno trascinandosi tra marce antimafia, campi di lavoro per aiutare cooperative a rilanciare la coltura di ormai perdute varianti di chiodo di garofano, settimane di servizio in mense affollate o dormitori per homeless nelle città arrostite dalla canicola agostana. Va da sé che, al di là della vena ironica, tutte le alternative passate brevemente in rassegna sono in quanto tali otti-

me sempre che non si dimentichi l’adagio latino: est modus in rebus! Dovendo dunque scegliere cosa fare il primo posto dovrebbe essere assegnato al riposo. Lasciarsi portare il caffè in camera dalle madri desiderose di riaffermare i loro diritti di cura sui figli lontani per tanta parte dell’anno, dedicarsi con metodo alla pratica della pennica pomeridiana, godersi i tempi lenti dell’estate mediterranea riempiti di incontri d’amicizia. L’ideale è quando questo primo momento si realizza nell’incontro con la natura: mare, campagna o anche montagna. Uno spazio si può poi dedicare alla cultura: la visita di una mostra, di una città d’arte, ma anche, molto più semplicemente la lettura un libro o due che sono rimasti sullo scaffale durante l’inverno. Anche il contatto con persone e modi di vita diversi dal nostro rientra in quello che generalmente chiamiamo cultura. In questo programma di recupero integrale delle forze non dovrebbe essere dimenticata la custodia dello spirito. L’estate è adattissima per questo; un anno si tratterà di un bel pellegrinaggio magari in luoghi lontani, un altro, molto meno esoticamente, si potrà trascorrere un fine settimana in un monastero, oppure raccogliere una fra le tante proposte formative di parrocchie e diocesi. In ogni caso è sempre possibile riprendere la preghiera più attivamente e dedicare almeno una mezza giorna-ta alla revisione di vita dopo la parte più importante dell’anno or-mai trascorsa. Alla fine non resta che augurare buone vacanze! ■

VACANZE TRA

NATURA, FEDE E CULTURA

Guida per una fantastica estate 2009

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SULLA ROTTA DI PAOLO

...e sulle orme dell’Apostolo delle genti ci siamo stati anche noi della Cappella Universitaria di Siena durante l’anno paolino indetto da Benedetto XVI in occasione del bimillenario dalla nascita dell’Apo-stolo di Tarso, “per ascoltarlo e per apprendere da lui, quale nostro maestro, la fede e la verità in cui sono radicate le ragioni dell’unità tra i discepoli di Cristo”. Fede e verità sono i due cardini fondanti che hanno stravolto la vita di Paolo, “l’infimo degli apostoli, non degno neppure di essere chiamato apostolo, per aver perseguitato la Chiesa di Dio” (Cor 15,9). Trascorrere un sabato in pellegrinaggio è stato davvero un uscire da se stessi, andare al di là dalle pro-prie certezze per cercarne di più solide, per essere, magari, stimolati ad esser “giovani alternativi” sull’-esempio di Paolo, che di certo peli sulla lingua non ne aveva… lui che ha vissuto in un mondo forse pa-recchio più corrotto del nostro, e che in quella realtà si è sporcato le mani, e ha cercato il modo per farlo.. Il nostro pellegrinaggio è stato denso di momenti forti e profon-di… e non mi riferisco al pisolino schiacciato in bus durante il viaggio verso Roma da gran parte di noi pellegrini, in coincidenza della lettura di alcune epistole di Paolo (e documentabile dalle tante foto…), ma dal clima di profonda spiritualità rinvenuta nei luoghi dei martirio e della sepoltura dell’Apostolo. Aiutati da una Figlia della Chiesa, “collega” delle nostre Suore di S. Vigilio, ci siamo immersi nella storia e nella devozione che ani-ma il luogo in cui Paolo ha dato la sua vita: le Tre Fontane. E’ qui che la testa del Santo, rimbalzando tre volte dalla colonna dove è stato decapitato, ha originato tre fonti di acqua viva. La vita dell’Apostolo delle genti, in realtà, non è mai stata infecon-da, ma ha continuamente generato... Paolo è stato un vero viag-giatore “convinto”, sentendo il bisogno incessante di annunciare quell’incontro che, sulla via di Damasco, ha capovolto letteral-mente i suoi programmi di persecuzione cristiana, inducendolo a lottare, anima e corpo, per la difesa e la diffusione al mondo in-tero del Cristo nella sua totalità. E’ di consolazione che Paolo sia stato chiamato a cambiar rotta durante la sua vita da persecutore, in un momento “buio”, e che abbia prontamente risposto a “quella” chiamata in “quel” preciso momento, senza aspettare periodi migliori… “Per grazia di Dio sono quello che sono, e la sua grazia in me non è stata vana; anzi, ho faticato più di tutti loro, non io però, ma la grazia di Dio che è con me” (Cor 15, 10). Con una puntatina breve e fuori programma alle Catacombe di San Sebastiano e alle Fosse Ardeatine, il nostro itinerario spirituale è poi proseguito alla Basilica di San Paolo Fuori le Mura, luogo della sepol-tura dell’Apostolo. Qui abbiam vissuto a tutto tondo quella realtà che si presentava ai nostri occhi... ad iniziare dallo splendido pronao in cui, dopo la rituale foto annuale col nostro immancabile striscione “Cappella Universitaria di Siena”, sono state affidate al Padre, per intercessione di Paolo, tutte le real-tà presenti nella comunità di San Vigilio, affinchè potesse sempre più illuminarle e rafforzare ciascuno

nel mandato ricevuto nella Chiesa. Fulcro di tutto il pellegri-naggio è stata la sosta e la preghiera presso la tomba di Paolo, luogo concreto e tangibile dell’umanità di un incatenato a Cristo e di un annunciatore appassionato di quell’incontro. ■

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CONVEGNO MISSIONARIO

GIOVANILE 2009

Dal 30 aprile al 3 maggio, nel bimillenario della nascita di San Paolo, più di 500 giovani, tra i quali anche alcuni di noi della Cappella Universitaria, si sono incontrati in Assisi per il Convegno Mis-sionario Giovanile, dal tema “Nel mondo sui sen-tieri di Cristo: il segreto di Pa-olo”. L'evento è stato un mo-mento di grazia e di riflessione che ci ha permesso di riaffer-mare, in questo nostro tempo, l'urgenza di annunciare il mes-saggio sconvolgente del Vange-lo, portato fino agli estremi confini della terra. Il convegno si è aperto con questo invito: “oggi, un missio-nario, una missionaria, per es-sere come Paolo deve prepa-rarsi anche al martirio, perché la nostra epoca richiede una testimonianza molto coraggio-sa”. Il mondo, il bastone, la croce, l'uomo, i volti: sono stati questi alcuni dei segni che ci hanno accom-pagnato durante le giornate del convegno. Il mondo, perché in questo mondo viviamo, è sta-to tanto amato dal Padre da averci mandato il suo Figlio a vivere, morire e risorgere per la no-stra salvezza. I tanti mappamondi gonfiabili che si trovavano ovunque per noi sono stati anche il segno della presenza continua di Suor Gabriella che tanto li amava da portarli sempre all'altare della nostra Chiesa di San Vigilio per la giornata missionaria e non solo! Il bastone, simbolo di sostegno di ogni uomo e di ogni donna in cammino. La croce missionaria, formata da diversi listelli di cinque coloro, uno per ciascun continente. L'uomo con le braccia aperte, in ascolto del Mae-stro e pronto a dire il suo “Si”. I volti di tutti noi giovani, felici per la certezza di essere amati come figli, disposti a metterci in gio-

co per il Vangelo, certi che prima dell'azione c'è l'orazione. In questo ci è stato tanto di aiuto l'esempio di San Paolo che prima di finire le suole delle scarpe per portare il Vangelo in ogni parte della terra si è consumato le ginocchia per rivolgersi al Padre...

I momenti di preghiera, le rela-zioni di testimoni autentici, la musica, l’animazione in piazza e in particolare i laboratori, ci hanno aiutato a riscoprire cosa vuol dire essere discepoli nella vita quotidiana, ossia esser chiamati a elaborare proposte concrete e attive proprio per-ché, come cristiani, non possia-mo non indignarci di fronte a situazioni non evangeliche che ci chiamano a sporcarci le ma-ni. Questa esperienza ci permette-rà di dare un senso nuovo e più autentico al servizio che pre-

stiamo ai fratelli per mezzo dell'Am.Bo.Mo., chia-mati, più che ad agire con le opere, a dare testi-monianza della gioia che proviamo ad avere un Padre che ci ama, ci conosce sin dall'eternità, ci ha voluti e ogni giorno ci chiama per nome. Questo è ciò dà senso ai nostri giorni. ■ RICORDATEVI CHE… Anche quest'anno avete la possibilità di donare il 5 per 1000 all’Associazione Missionaria “Amici della Bolivia e del Mondo” (Am.Bo.Mo), firmando nell'apposito riquadro del CUD, modello 730-1 e modello Unico, e riportando nell'apposito spazio il codice fiscale: 92036710520.

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UNA TAPPA

NELLE MARCHE

Per alcuni i ringraziamenti sono i titoli di coda di un film già visto, per altri sono insieme anche un campo difficile per le esercitazioni retoriche, per altri ancora un pungolo della coscienza o della buona educazione. In tutti questi casi sembra che i ringraziamenti non si reggano in piedi se non come dei vecchi cianotici ed emaciati sul proprio bastone di frassino. Eppure ripensando a quei fantastici tre giorni della gita non riesco a trovare un fulcro magnetico più potente di questa mia gratitudine per costruire il discorso. Grazie a tutti! Ho contratto con ciascuno di voi, per la pazienza, senza dubbio, come per la cordialità, per lo spirito come per la fiducia, dei piacevoli debiti. Mi rimproveri solo chi preferisce soffrire la penuria di liquidità! Io, per parte mia, non me ne sono pentita: a pagare e a morire c’é sempre tempo. In barba agli scettici che hanno declinato l’invito abbiamo sperimentato una condivi-

sione autentica e discreta, appagando le necessità di mente, anima e corpo. Per chi ha voluto non è mancato un momento di raccoglimento nella Santa Casa di Loreto, e neppure l’humour esegetico applicato ai dipinti in mostra ad Urbino ed altrove. Per chi, poi, non ne avesse avuto già abbastan-za arrivarono anche quei colpi di scena che ti fanno sentire come se avessi un gps nascosto sotto la suola delle scarpe e poi, deviazioni provvidenziali e tanto altro che ai più suonerà un allusione indecifrabile. Con quanti hanno perso questa splendida occasione mi scuso per l’onirica effusione dei miei ricordi, dai quali salta fuori a in-tervalli l’omino marchigiano che, a Fabria-

no, si improvvisò ostinata guida turistica fino ad esaurimento degli stratagemmi per trattenerci, ma anche un'altra giuda assai più seria, un agostiniano che a Tolentino ci fornì una stimolante lettura spi-rituale degli affreschi di scuola giottesca nella Basilica di S. Nicola, come pure la guida di casa Leopar-di che con la sua robotica esposizione suscitò la fatidica domanda: dov’è l’interruttore? Che dire infi-ne della banda Bianchini, una vera calamita di affetto e simpatia! Ma ciò che più importa, sfruttando al meglio il tempo a nostra disposizione, non abbiamo affastellato tra i ricordi le immagini delle bellezze incontrate, con l’ansia di chi si sente pieno solo di ciò che impat-ta i propri sensi, pur restandogli estraneo. Certo, le abbiamo fotografate, ma siamo rimasti consapevoli che l’arte, la natura e i monumenti della fede fanno pur sempre solo corona al vero capolavoro della creazione: l’umanità risanata, in piccolo, il nostro gruppo di gitanti di quei giorni. Solo così, guardando alle cavità nelle viscere della montagna a Frasassi, non avremmo sentito il disagio della sproporzione che l’illusione ottica mitigava alla meglio e non ci saremmo trastullati in una sorta di sublimazione dell’-angoscia. Proprio come quella montagna il nostro cuore è più capiente di quanto non appaia, pensiamo solo a Chi è in grado di ospitare e non ci potrà cogliere l’invidia per quei colossi di pietra. Forse mi ha preso un po’ troppo la penna e la fantasia ha spiccato un volo temerario: vorrà dire che, la prossima

volta, ci penserete due volte prima di inserire nel tour una tappa come Recanati con accompagnamento di recitazioni poetiche. Di pessimismo, in verità, ne abbiamo sorbito poco. ■

...dalla Gita Culturale 2009...

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28 Aprile 2009: probabile partenza per il campo di Castelnuovo in Abruzzo. Equipaggio con 2 animatri-ci e 2 ragazzi specializzati in Protezione Civile; sale l’ansia accompagnata per mano dalla felicità di po-tersi donare. Ore 22: ragazzi si parte! 29 Aprile: il viaggio inizia e i nostri paesaggi scorrono dietro le nostre spalle, tra un sonnellino e l’altro appaiono le montagne abruzzesi sempre magiche e suggestive. Ad un certo punto però la “4 corsie” di-venta sempre più deserta, sempre più asfalto e meno macchine. Dal finestrino si scorgono tende blu accampate accanto alle case… si smuove qualcosa dentro, nell’anima… ma siamo solo all’inizio. Andia-mo più avanti e troviamo un campo davanti ad un supermercato… proseguiamo ancora e vediamo i pri-mi edifici a brandelli: tristezza e paura sono i primi sentimenti che posso dire di aver provato. Alcune case integre come se nulla fosse successo, altre con le crepe ed altre crollate... Passiamo la zona vicino a L’Aquila e i mezzi si fanno sempre più radi, passano solo ambulanze o Vigili del Fuoco. Arriviamo al campo. Simona, una di noi quattro, entra più disinvolta e viene accolta subito bene perché già era sta-ta lì con il primo contingente C.R.I. Dentro di me regna, però, confusione, domande su cosa fare lì, come aiutare quei bambini e in generale la popolazione, tanta voglia di dare ma paura di non sapere co-me fare. Ci sistemiamo nelle tende e inizia l’avventura… andiamo in ludoteca, sistemiamo le isole di gio-co e attività e arrivano i bambini. Dopo l’incontro con quei bambini, con i loro occhi non si può più par-lare con rigidità, non è proprio permesso visto l’amore e la sincerità che ci leggi dentro. I nostri cuccio-li avevano un’età che andava dai due anni di Giorgia ai diciannove di Francesco. Inizialmente nei con-fronti di noi, nuovi arrivati, i più piccoli hanno reagito in maniera agitata, con offese e calcetti, ma poi ci siamo adeguati a loro e di giorno in giorno abbiamo instaurato un rapporto bellissimo capendo che l’unica cosa che volevano era divertirsi, prendere a calci il loro dolore co-me facevano col pallone. Le parole pesanti si sono trasformate in abbracci e in sorrisi, die-tro il velo di ghiaccio della rabbia si è rivelato il calore di una fiamma, il calore della vita in contrapposizione alla distruzione delle mace-rie. Nel frattempo abbiamo visto che anche tra gli adulti i rapporti maturavano e gli scon-tri iniziali si trasformavano in chiacchierate per sfogare le proprie paure e il dolore si sta-va tramutava in amore verso il prossimo. Ci siamo resi conto dei bambini costretti a ma-turare troppo in fretta per la loro età, talmente sensibili e dolci da renderci difficile la partenza, da farci lasciare in quel campo e in quei visi un pezzo del nostro cuore. 6 Maggio: ripartiamo da Castelnuovo con un cuore nuovo avendo conosciuto il senso vero del volonta-riato, il piacere nel dare un sorriso, nell’accompagnare qualcuno a passeggiare, nel far riprendere la quotidianità. 17 Maggio: è passata più di una settimana da quando abbiamo lasciato il campo e adesso il mondo ha un colore nuovo, quello dei fiori e dei paesaggi descritti dalla si-gnora Cecilia, abitante di Castelnuovo, e della voglia voglia di ricominciare da lì, una regione chiamata Abruzzo. ■

UNA FAVOLA

DI NOME CASTELNUOVO

Racconto di una volontaria in Abruzzo

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LASCIAMOCI

TROVARE

Un amico passando per San Vigilio mi regalò tempo fa un piccolo arti-colo provocatorio… ve ne faccio dono, chissà se continuerà il suo effetto… <<Tre giovani avevano compiuto dili-gentemente i loro studi alla scuola di grandi maestri. Prima di lasciarsi fecero una pro-messa: avrebbero percorso il mondo e si sarebbero ritrovati, dopo un anno, portando la cosa più preziosa che fossero riusciti a trovare. Il primo non ebbe dubbi: partì alla ricerca di una gemma splendida ed inestimabile. Attraversò mari e de-serti, salì sulle montagne e visitò città fino a quando non l’ebbe trovata: era la più splendida gemma che avesse mai brillato sotto il sole. Tornò allora in patria in attesa degli amici. Il secondo tornò poco dopo tenendo per mano una ragazza dal volto dolce e attraente. “Ti assicuro che non c’è nulla di più prezioso di due persone che si amano” disse. Si misero ad aspettare il terzo amico. Molti anni passarono prima che questi arrivasse. Era infatti partito alla ricerca di Dio. Aveva consulta-to i più famosi maestri di spiritualità esistenti sulla terra, ma non aveva trovato Dio. Aveva studiato e letto, ma senza trovare Dio. Aveva rinunciato a tutto, ma Dio non lo aveva trovato. Un giorno, stremato per il tanto girovagare, si abbandonò nell’erba sulla riva di un lago. Incuriosito se-guì le affannate manovre di un’anatra che in mezzo ai canneti cercava i piccoli che s’erano allontanati da lei. I piccoli erano numerosi e vivaci, e sino al calar del sole l’anatra cercò, nuotando senza posa tra le canne, finché non ebbe ricondotto sotto la sua ala l’ultimo dei suoi nati. Allora l’uomo sorrise e fece ritorno al paese. Quando gli amici lo rividero, uno gli mostrò la gemma e l’altro la ragazza che era diventata sua moglie, poi pieni di attesa, gli chiesero: “E tu, che cosa hai tro-vato di tanto prezioso? Qualcosa di magnifico, se hai impiegato tanti anni. Lo vediamo dal tuo sorri-so…”. “Ho cercato Dio” - rispose il giovane. “E lo hai trovato? E’ per questo che hai impiegato così tan-to tempo?” - chiesero i due, sbalorditi. “Sì, l’ho trovato e se ho impiegato tanto tempo era perché com-mettevo l’errore di andare a cercare Dio, mentre in realtà, era Lui che stava cercando me…”>> Non devi fare molto, tu. Solo lasciarti trovare da Dio. Lui ti sta cercando! Che ne dite? E’ così? ■

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CULTI MARIANI

Era il 25 Marzo del 1370 quando la Grande Signora trasportata dalle onde del mare approda nell’isola della Sardegna scegliendo come sua dimora la chiesa della comunità dei frati mercedari situata sul colle di Bonaria. Nessuno conosceva la Sua provenien-za ma sicuramente il Simulacro, che conteneva una Madonna col Bambino in braccio

e una candela accesa, segnò profondamente il cuore e di tutti i sardi, avvalorando in particolar modo i valori della fede cristiana ed accendendo una speciale devozione per la Santa Vergine. Il santuario e-retto in Suo onore è attualmente il più grande centro di devozione presente in Sardegna ma non di cer-to l’unico perché, se pur di diversa risonanza, se ne trovano circa 350. Ed è in questi luoghi, sparsi per tutta l’isola che i fedeli si recano a pregare la Donna Prescelta che è Madre, Figlia e Sposa del Signore - così come recita il suggestivo canto sardo dell’Ave Maria- affidan-dosi alle Sue grazie e benedizioni. Tra tradizione e devozione, diverse manifestazioni o riti si compiono in onore della Madonna. Il più diffuso è il pellegrinaggio a piedi ver-so il santuario più vicino, che si svolge recitando uno o più rosari. Molto suggestiva nel giorno dell’Assunta è la processione in mare delle barche capitanate dalla statua della Madonna. Capisco che la Sardegna è ambita dai più quasi esclusivamente per le sue bianche spiagge, il mare cristallino… e le varie specialità gastronomiche. Il mio consiglio, però, che rivolgo a tutti voi giovani è di sperimentare una vacanza alternativa vivendo anche l’aspetto spirituale non solo quello ludico! E per chi teme l’attraversata in mare… all’aereo pro-pongo affidamento alla Madonna di Bonaria, protettrice dei navi-ganti.■

Orapronobis, orapronobis, orapronobis, orapronobis…. Più volte da bambino mi divertivo a infastidire e deridere da nipote ingrato la mia non-nina, radunata attorno al braciere con zie e vicine di casa, mentre in maniera ripetitiva e direi davvero insistente, emetteva questo suono che all’epoca non ero in grado di comprendere. E così ogni pomeriggio... Dopo qualche annetto mi son ritrovato io stes-

so “incastrato”, da bambino che serviva Messa, in quella recita incessante, molte volte come solista contro un coro di vecchiette radunate in parrocchia, pronte a rispondere a quelle acclamazioni che timidamente, e anche non volentieri, pronunciavo. Ave Maria, Santa Maria, Ave Maria, Santa Maria, Ave Maria, Santa Maria… ma perché così tanta insistenza?? Questa è sempre stata la mia curiosità! La recita del Rosario, fortemente richiesto dalla Mamma nostra in molte apparizioni, credo oggi che sia un modo di pregare da veri innamorati. Alla persona amata, infatti, si ribadisce il proprio affetto, il proprio amore più e più volte e in ogni occasio-ne… in ogni sms un TVTTTTB, del resto, ci stà sempre bene!! Con la recita del Rosario, giorno per giorno, si prendon in esame quei misteri della vita del Cristo e li si rapportano alla nostra, affidando a lui, e a sua Madre, che non l’ha mai abbandonato, la nostra esi-stenza… intrattenendosi con loro in semplicità, senza paroloni nè discorsi, ma con la perseveranza di chi ama. Pratica antica e secolare, ma non per questo meno potente… provare e riprovare per credere! ■

Trasportati da Te, Mama, Fizza e Isposa de su Segnore

Un’arma alternativa

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Pellegrinaggio Roma, Basilica di San Paolo Fuori le Mura

Pellegrinaggio Roma, Le Tre Fontane

Barbiana, sulle orme di Don Lorenzo Milani

“I Care”: me ne importa, mi stà a cuore! Motto di Don Lorenzo Milani

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Ubrino dall’alto della fortezza

Urbino e il suo Duomo Gita Culturale 2009: direzione Marche!

...e il coccodrillo… ???

Amico di sempre!

Recanati e “l’ermo colle”

Casa Leopardi

Loreto e la Santa Casa

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L’ESSENZIALE

E’ INVISIBILE AGLI OCCHI

“Si vede solo con il cuore, l’essenziale è invisibile agli occhi”; il mondo sembra avere dimenticato que-

sto insegnamento espresso da Saint-Exupéry ne “Il Piccolo Principe”: oggi, in effetti, nessuno saprebbe darne una spiegazione, si tratta ormai di una metafora spenta e del tutto superata. Eppure questa e-spressione riflette il modo in cui si dovrebbero costruire le relazioni tra gli uomini, la capacità di guar-dare in profondità, di non fermarsi all’apparenza. La vita è diventata una scatola bombardata di imma-gini che ci scivolano addosso senza essere interiorizzate né interpretate. Tale mancanza di interpreta-zione crea un vuoto inquietante nella società: il vuoto dell’incomunicabilità totale. La pubblicità, ad esempio, non richiede alcuno sforzo interpretativo poiché ha come solo obiettivo quello di stabilire il proprio totalitarismo imponendoci cosa dobbiamo fare per essere sempre alla moda. Non solo i gusti alimentari ed estetici ci sono imposti dal potere mediatico della televisione, ma anche i comportamen-ti, le opinioni, perfino i sentimenti o l’aggressività, la rabbia o l’affabilità. Sono i sempre più celebri rea-lity shows ad avere il primato di tale fenomeno. Queste forme di spettacolo, da qualche anno divenute sempre più popolari, attraggono la maggior parte del pubblico facendo mostra di litigi, relazioni affetti-ve, giochi, critiche fatte da un gruppo di persone rinchiuse in un ambiente; esse rivelano la totale as-senza di pudore, rispetto e valori nella società contemporanea: coloro che vi partecipano, infatti, non hanno timore di dare libero sfogo agli aspetti più nascosti della propria personalità, di aggredire, di mettersi in mostra, in quanto il successo è garantito a chi alza più la voce in assenza di un’equa ed u-mana dialettica. Il mondo sembra andare indietro nel tempo: Molière aveva eliminato dal teatro i perso-naggi stereotipati sostituendoli con dei veri e propri “caratteri”. Oggi, invece, il canovaccio dei reality shows non può che mostrarci le stesse azioni, discussioni e gli stessi personaggi ansiosi di affermarsi, di avere successo e il peggio è che la richiesta di tale tipo di spettacolo viene proprio dalla società. Il da-to più preoccupante è che gli stessi protagonisti dei reality accettano in totale libertà di firmare un

contratto che li priva di ogni diritto alla privacy; ciò che importa è l’ostentazione di ogni lato del proprio carattere. Si è giunti, insomma, alla fine delle individualità e al trionfo dell’individualismo: gli adolescenti, in particolare, affasci-nati dalla vita attraente e spettacolare condotta dalle cele-brità del nostro tempo, vogliono sempre di più intraprende-re tale percorso facile e garante di tanto denaro. L’ammira-zione per i vincitori dei reality determina l’omologazione dei vestiti e degli accessori; si potrebbe dire, in termini teatra-li, che oggi abbiamo tutti le stesse maschere con gli stessi occhiali, le stesse borse e quasi le stesse battute. E allora occorre scegliere se restare dietro la televisione, spettato-ri passivi di uno spettacolo che assopisce la nostra mente, o interpretare, scegliere le immagini e, come il nostro pic-colo principe, metterci in ascolto del mondo per coglierne la verità e stabilire delle relazioni il più sincere possibili. ■

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COME LE FORMICHE

Chi da piccolo non si è mai divertito almeno una volta a distruggere i formicai inondandoli o sempli-cemente pestandoli? È questa l’immagine che più mi viene in mente se penso agli scenari apocalittici che spesso ormai vedono inermi tanto gli uomini quanto le formiche che da bambini uccidevamo con particolare sadismo.

Non è passato molto tempo dalla catastrofe dovuta allo Tsuna-mi; ancor meno ne è passato dallo scatenarsi dell’uragano Katri-na fino ad arrivare al disastro che ci ha colpito ultimamente così da vicino, ovvero il terremoto in Abruzzo. Nonostante gli uomini costituiscano una società molto più complessa ed evolu-ta di quella delle formiche, non riescono a sfuggire alla violenza delle catastrofi, e questo nonostante il progresso scientifico e tecnologico incombano con una velocità spaventosa. In millenni di storia dell’umanità l’uomo è stato artefice delle invenzioni più disparate, di scoperte inaudite. Eppure oggi qualcosa anco-ra gli sfugge… è triste ammetterlo, ma è così! L’uomo, che ha

addirittura conquistato la luna, è come se a volte non conoscesse “casa propria” abbastanza da poter prevedere certi disastri e valutarne l’intensità. Di ciò purtroppo, spesso, ci si rende conto solo a disa-stro avvenuto, quando con puntualità i mass media fanno scorrere in televisione le immagini di morte e distruzione. Quelle più recenti relative al terremoto d’Abruzzo colpiscono particolarmente, forse per-ché il disastro si è consumato a un passo da noi. In ogni caso, avvengano in Italia così come in un qual-siasi angolo della Terra, ciò che più colpisce di questi disastri è che basta veramente un attimo per di-struggere ciò che è stato costruito per una vita intera, è sufficiente un niente per perdere i propri ca-ri e amici; basta, infatti, che la terra tremi per pochi secondi ed ecco venir giù secoli di storia. Basta davvero un niente! Un niente che per alcuni non è prevedibile, mentre per altri lo è; un niente per certi circoscrivibile ad una determinata zona e per certi altri no! Un niente che azzera tutto senza poterci fare niente. Un niente che costringe a rimboccarsi le maniche per ripartire, come in fondo fanno an-che le formiche, che, dopo la distruzione dei loro formicai, non ci pensano due volte, ma subito si met-tono in marcia per costruirne degli altri e per raccogliere nuove provviste per l’inverno. Solo questo, in realtà, resta anche all’uomo: il coraggio di ripartire per ricostruire ciò che si può con la consapevolezza che non tutto, come gli affetti, è recuperabile se non nel ricordo e con la Fede. ■

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“L’amore ci fa diventare Dio”. “Se ami la ter-ra, sei terra. Se ami il cielo sei cielo. Se ami Dio, che dirò? Dirò che sei Dio”. “Perchè l’a-more, trasformando chi ama nell’amato, fa che molti diventino uno solo”. Bernardo ha quasi timore di pronunciare que-ste parole. Potrebbe mai un’umana creatura essere una cosa sola con Dio? Si, quando la via prescelta per calpestare la strada della propria esistenza è l’amore. Il nostro amore ha gli oc-chi di Dio e quando a-miamo posiamo il Suo sguardo sulla vita e sugli altri. Il nostro io si con-fonde in Lui e il potere dell’amore forgia e tra-sforma l’esistenza umana regalandole un senso profondo: è quel senso che si prova nell’apprez-zare i colori e i profumi delle cose, nel sentire dentro di sè l’intensità di un momento, l’importanza di una scelta, l’e-sperienza del passato, il sapore della vita. E’ consapevolezza di vivere, che riveste di una seta preziosa e luminosa la nostra vita, perchè l’amore è scoperta del nostro più autentico mondo interiore ed è la nostra essenza più profonda che brilla. Amare è anche esigente dedizione verso l’altro: dare tutto per trovare la pace in noi stessi. Amare come inquietudi-ne e ricerca di ciò che può placare una dolcis-sima sete. Le forme dell’amore di cui ci parla Bernardo

sono anche altre. Amore come umiltà e obbe-dienza agli eventi che l’esistenza pone sul no-stro cammino: è il coraggio di rimettersi alla volontà di Dio con un’ostinazione pacifica e incrollabile. Alla fine di una prova, un porto di pace è sempre riservato a coloro che lo amano e una pace profonda scaturirà dalla perseve-ranza nelle prove della vita e nella preghiera e

fiducia in Lui. Amore come fierezza che tutto ciò che abbiamo e tutto ciò che siamo lo ricevia-mo da Dio ogni momen-to. Amore come senso di compassione e di pace che pervade chi sente di essere un tutt’uno con la comunità che lo circon-da: vite parallele interse-cate alla propria in una comunione di gioie, dolo-ri, speranza, lotte, con-quiste. Inizio e fine di questa continua ricerca di Dio, della vita, degli altri è l’amore per il nostro equi-

librio umano e spirituale: l’amore per noi stessi. Essere stati creati a immagine e somiglianza significa non poter prescindere dal portare dentro di noi il Suo amore per noi. E se quel-l’innata fiammella si accende e inizia a brillare di Lui e di noi, ecco che la creatura umana non può non bramare del desiderio di donare e ricevere amore. Spesso non decidiamo il momento, il luogo e le forme. Lo sentiamo. E ci attraversa una forza irresistibile, l’unica che può dare un senso ad ogni azione, pensiero e sentimento di un’esi-stenza. . E allora, così sia. ■

SAN BERNARDO TOLOMEI

E LE FORME DELL’AMORE

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Walt Kowalski, anziano dal carattere ruvido rimasto da poco vedovo, sta seduto nel suo piccolo por-tico come un soldato stanco dopo tante battaglie. Con il fucile sempre a portata di mano beve birra, borbotta con se stesso e con il suo cane; accigliato e scorbutico osserva i suoi nuovi vicini: immigrati Hmong arrivati negli USA dal lontano Laos, tra la Thailandia e la Cina. Reduce della guerra di Corea con un peso sulla coscienza ed ex operaio della Ford, Walt è un uomo all’antica, scontroso e pieno di risentimento e di acredine per un mondo che fa sempre più fatica a comprendere: è in pessimi rapporti con le famiglie dei suoi figli, di cui disapprova lo stile di vita; non sa e non vuole trovare parole gentili per i nuovi vicini, visti ancora come nemici di una guerra mai finita che rafforza il suo colpevole razzismo e la sua sorda intolleranza; e non sa che farsene del conforto religioso insistentemente offertogli dal giovane parroco del luogo, deciso a farlo confessare per porta-re a termine le ultime volontà della moglie. Kowalski vive nel ricordo di fasti passati e la sua idea sublimata del tempo perduto ha la linea di una sfavillante automobile del 197-2: la Ford Gran Torino che egli custodisce con cura maniacale in garage, come una reliquia. Il volto rugoso e segnato dell’ormai settantanovenne Clint Eastwo-od è perfetto per il personaggio di Kowalski, prototipo del vetera-no gretto e tradizionalista. Su di lui aleggia quasi palpabile la leg-gendaria figura del giustiziere: è ancora credibile e cinematografi-camente potente la sua immagine quando porta la mano verso u-n’invisibile fondina e punta pollice ed indice contro i “nemici”, co-me se la stessa mano avesse incorporato una pistola pronta a spa-rare. Ma sarà proprio il tentativo di furto della preziosa automobile da parte di Thao, figlio dei nuovi vicini e adolescente introverso, co-me prova di iniziazione per entrare nella gang del quartiere, ad av-vicinare il burbero vecchio alla famiglia asiatica, incrinando irre-versibilmente le sue granitiche certezze. Kowalski/Eastwood riesce a restituire un senso alla propria vita imparando ed allo stesso tempo insegnando ad un ragazzo “giallo” (per usare il suo gergo) che il corag-gio non è fare lo spaccone con la pistola. Il forte legame che si instaura tra di loro gli farà comprende-re che rispetto e morale sono valori che prescindono dalla nazionalità, anzi si scoprirà più affine a que-sti immigrati, apparentemente così esotici, che ai propri superficiali e vuoti parenti. Ora inizia una vera comunicazione, una reciproca educazione affettiva e civile, una scoperta di se stessi e degli altri. Gran Torino è davvero l’ennesimo capolavoro di uno dei più grandi registi viventi: in stile autenticamen-te tragicomico, fa ridere di cuore e poi commuove. Con una linea narrativa ed una messa in scena clas-siche e sobrie quanto dirette, si rivela un’apologia della non violenza, un invito alla tolleranza razziale, contro ogni pregiudizio. Ed anche una storia di redenzione. “Non è tempo di poliziotti estremi – ha so-stenuto il regista – ma di coraggio nel comprendere gli altri”. Detto e mostrato così magistralmente dalla più grande figura cinematografica del giustiziere spietato, fa riflettere. Buona visione. ■

Il CORAGGIO

DI COMPRENDERSI

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MUSICA PER L’ESTATE

Cari lettori di “Nero su Bianco”, in questo numero ecco la mia personale selezione per accompagnarvi durante l’estate mentre magari in spiaggia

leggete i vostri libri preferiti. Buon ascolto!

“Easy Rider” di Keruac Se leggete il classico di Keruac, è d’obbligo avere come sottofondo la colonna so-nora di questo mitico film sul viaggio: “Easy Rider”. Tra le canzoni contenute, simbolo di un’epoca, vi cito solamente Born to be Wild degli Steppenwolf e If 6 was 9 di Hendrix. Buon ascolto e che la strada sia con voi.

“Unbreakable” dei Fireflight In tema di fede, ecco l’album dei Fireflight Unbreakable. Questo gruppo appartiene al filone del Christian Rock. La band si distingue per l’importanza che la fede oc-cupa all’interno dei loro testi. Definirei il loro genere piuttosto glam rock, le canzoni sono solide pur essendo ab-bastanza “easy listening”. Unbreakable, da cui il titolo dell’album, è sicuramente il pezzo che vi ritroverete a fischiettare sotto l’ombrellone. “My Generation” degli Who Per l’angolo “Album assolutamente da ascoltare” ecco My Generation degli Who, che i critici hanno definito uno dei migliori album rock di tutti i tempi. L’estate è un periodo favorevole per (ri)scoprire grandi classici e gli Who sono l’or-gine del rock progressive e le radici del brit-pop. Due track su tutte: My Generation e Kids are alright. “Zerøspace” dei Kidneythieves … uno dei miei album preferiti, anche se datato 2002, Un viaggio di un’ora attraverso le frontiere dell’industrial rock, guidati dalla voce ipnotica della cantante Free Dominguez. Il loro stile è un mix tra i Nine Inch Nails e i Garbage, solamente in versione più dark. Zerøspace la title track è sorprendentemente orecchiabile, mentre Black Bullet è un inno rock all’essere se stessi nonostante quello che la massa impone. Per finire Serene Dreams, una canzone per lasciarsi cullare dalle onde accompa-gnati dalla voce di Free. “Black Holes and Revelations” dei Muse In questo lavoro, il loro stile varia dal progressive rock, all’hard rock, pur tenendo intatta la loro radice alternative. I testi contengono come al solito riferimenti poli-tici misti a sentimenti come amore, ambizione, rimorso, voglia di cambiare le cose. Una canzone su tutte: Knights of Cydonia, una cavalcata rock post - epica di ispi-

razione western, con una parte centrale semplicemente indescrivibile. Non a caso è stata considerata come una delle canzoni migliori del 2006. ■

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LETTURE PER L’ESTATE

Carissimi amici di “Nero su Bianco” questa volta vi propongo,in occasio-ne delle tanto attese vacanze estive, una serie di libri strepitosi!!Spero

vi piacciano… Buona lettura e buona estate!!!

“La solitudine dei numeri primi” di Paolo Giordano. Mondadori Lo consiglio perché: è bellissimo! L'autore è un giovane ragazzo che con questo suo primo romanzo ha vinto il Premio Strega 2008. Le vite di due ragazzi, Alice e Mattia che crescono insieme e separati allo stesso tem-po, si intrecciano e si complicano partendo da due diversi episodi che li riguardano e che segneranno in modo indelebile i loro destini…

“Sulla strada” di Jack Kerouac. Mondadori Lo consiglio perché: è, prima di tutto, un classico del 1957 ed è inoltre un tipico ro-manzo “estivo” proprio perché tratta del viaggio tra l'autore e un amico verso il Texas e il Messico. Ma dietro il viaggio divertente e goliardico c'è molto di più... c'è una vo-glia di evadere, quasi come una ribellione che caratterizza i giovani di quel periodo... evasione e ribellione a tutto ciò che complica una generazione spesso ai margini.

“Un altro giro di giostra” di Tiziano Terzani. Tea Lo consiglio perché: è un libro estremamente profondo ed emozionante dato il raccon-to dello stesso Terzani sulla sua terribile malattia: il cancro. E' denso di vicende, di avvenimenti particolari, di aneddoti unici... e forse il miglior periodo per leggere un libro così impegnativo è proprio l'estate, in cui si spera la mente sia più libera per assorbire il meglio! “Ho fatto una promessa, perché la fede ha cambiato la mia vita” di Nicola Legrotta-glie. Piemme Lo consiglio perché: è una autentica testimonianza di vita messa per iscritto da un calciatore che ormai nella società italiana, come categoria, rappresenta un personag-gio pubblico. Stupisce che un ragazzo così giovane che vive e lavora in un mondo par-ticolare abbia cambiato completamente il proprio stile di vita, dedicandosi totalmente alla fede che ha trasformato lui come persona e tutti i suoi valori, prima tralasciati. “La principessa che credeva nelle favole” di Marcia Grad. Piemme Lo consiglio perché: è una storia leggera, frivola e divertente che aiuta quasi a capire cos’è l'amore! Lo fa soprattutto in chiave disincantata, per evitare che le donne siano attratte o addirittura abbagliate da un falso e sbagliato principe azzurro... Marcia Grad ha venduto tantissimo e questo libro è, ovviamente, diventato un best-seller! ■

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PICCOLO GRANDE

MONDO ANTICO

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Una vacanza alternativa e allo stesso tempo sulla scia della tradizione, un’esperienza rilassante e di-vertente e allo stesso tempo culturale e avere tutto questo senza essere dei Paperoni… No non è un sogno, ma la realtà che diventa tale, e si chiama “crociera”. Chiudete gli occhi… avete presente quegli spot in cui si vedono persone piangere e lamen-tarsi dopo essere tornati da una crociera? Beh vi sentirete così una volta a casa dopo che a-vrete sperimentato una vacanza simile. Personalmente posso parlarvi di un giro parti-colare: il tour in Grecia, alla scoperta dell’affa-scinante mondo classico. La mia crociera in Grecia è iniziata dal porto di Ancona, in una calda mattina d’agosto…il primo giorno è tutto di navigazione verso il mar Egeo, ma non pensa-te che sia un’attesa noiosa: la nave costituisce di per sé un divertimento unico e tutto da sco-prire! La mia, pur essendo la più piccola di una famosa compagnia navale, vantava ben tre pi-scine diverse e vasche idromassaggio, negozi di vario genere per tutti i tipi di clientela, bar e ristoranti con differenti specialità culinarie, un casinò, uno spazio divertimento dedicato ai più piccoli, sale da ballo e da cocktail, una vera e propria discoteca che si affaccia sul mare e un teatro in cui ogni sera venivano proposti spettacoli differenti (musical, cabaret, show di magia, danze acrobatiche, karaoke…) e molto altro ancora. Anche se uno volesse non sbarcare mai a terra di certo non si annoierebbe in un luogo che è come una vera e propria città! Infatti oltre a tutto ciò vengono organizzati tornei sportivi, tombole, corsi di danza e nuoto e ci si può anche dedicare al fitness nella palestra o farsi coccolare nei centri di bellezza. Ma veniamo a ciò che di interessante davvero può offrire un simile viaggio… Una crociera in Grecia ti porta a conoscere un mondo studiato solo nei libri di scuola, facendoti assapora-re ogni giorno un gusto nuovo: si passa dai maestosi resti dell’Acropoli in Atene alla visita a Corfù dell’-Achilleion, prestigiosissima villa appartenuta alla principessa Sissi; si potranno esplorare le antichità del palazzo di Minosse a Creta e immergersi ancor di più nella leggenda del Minotauro attraverso l’impor-tantissimo museo isolano che spiega storia, cultura, tradizione e miti del popolo cretese. Le escursioni vengono effettuate col sussidio delle guide italiane delle nave, ma riuscirete comunque a immergervi nell’atmosfera greca e rimarrete affascinati e da questo popolo così cordiale e amichevole. Qualora vogliate invece avventurarvi da soli nelle escursioni troverete quasi ovunque greci parlanti anche italia-no, e se questo vi sembra strano, loro potrebbero affabilmente rispondervi “una faccia – una razza” perché ci considerano i loro fratelli Mediterranei. Sulla via del ritorno la mia crociera prevedeva una tappa nella croata Dubrovnik, una città poco cono-sciuta ma che con le sue mura, i suoi monumenti e il suo paesaggio straordinario è parte dei patrimoni dell’Unesco e chiamata “Perla dell’Adriatico”… e anche la visita di Venezia, che con le sue infinite bel-lezze non finisce mai di sorprendere. La crociera è dunque un crocevia di esperienze variegate e com-

plementari da fare, con la compagnia che si preferisce, perché questo è un viaggio adatto a tutte le età e mette d’accordo persone che amano viaggi diversi, perché soprattutto non an-noia mai, qualunque cosa scegliate di fare. ■

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Per SUGGERIMENTI e

OSSERVAZIONI:

[email protected]

www.capunisi.it

AUGURI ai

neo-laureati della

Cappella Universitaria

Laura Dott. ssa in Giurisprudenza

FESTA DI SAN VIGILIO

venerdì 26 giugno

Celebrazione: S. Vigilio

Festeggiamenti: Orto de’ Pecci

“Io, Signore Iddio, non ho nessuna idea di dove sto andando. Non vedo la strada che mi sta davan-ti. Non posso sapere con certezza dove andrò a finire. Secondo verità, non conosco neppure me stesso e il fatto che penso di seguire la tua volontà non vuol dire che lo stia davvero facendo. Ma sono sinceramente convinto che in realtà ti piaccia il mio desiderio di piacerti e spero di aver-lo in tutte le cose, spero di non fare mai nulla sen-za tale desiderio. So che, se agirò così, la tua volontà mi condurrà per la giusta via, quantunque io possa non capirne nulla. Avrò sempre fiducia in te, anche quando potrà sembrarmi di essere perduto e avvolto nell'ombra della morte. Non avrò paura, perché tu sei con me e so che non mi lasci solo di fronte ai pericoli” (Thomas Merton, Preghiere)

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Rivolgiamo un abbraccio sincero di solidarietà profonda ai nostri amici Universitari dell’Aquila, ricor-dando nella preghiera loro e i colleghi tragicamente scomparsi

AREA TECHNOLOGY: Visita il sito www.capunisi.it e partecipa alle discussioni e al confronto sul forum!!! Il gruppo della Cappella Universitaria di Siena è sbarcato anche su facebook… Vuoi essere dei nostri? Iscriviti al gruppo!!!

RINGRAZIAMO per

l’OSPITALITA’ alla nostra

Comunità “in trasferta”

Il monastero delle Cappuccine

di Colle Val D’Elsa (Siena)

Il monastero delle Agostiniane

di Lecceto (Siena)

Il monastero Trappista

delle Frattocchie (Roma)

Il monastero Trappista

di Valserena (Livorno)

L’associazione Don Lorenzo

Milani di Barbiana (Firenze)

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