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•1 i ONNA, D amma m O, N.6 Gennaio/ Febbraio 2019 il Gattile Closlieu Romanticismo Adozione Interior design Bruxismo i amma ONNA, D m il femminile di Brescia O, Martina Gigola

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Page 1: N.6 Febbraio 2019 O, ONNA, mamma il femminile di Brescia€¦ · rock fra gli Anni Settanta e i Novan-ta. Il film “Bohemyan Rapsody” recen-temente uscito nelle sale cinema-tografiche

•1 i ONNA,D ammamO,

N.6Gennaio/Febbraio 2019

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Via Solferino, 55/g(lato piazzetta Cremona)

Bresciatel. 030 808 4347

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lasciati sorprendere

da un mondo di sapori

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•5 i ONNA,D ammamO,

Amici lettori, a voi tutti arrivi il nostro augurio di poter vivere que-sto 2019 nel modo più sereno pos-sibile.

Un anno che, purtroppo, non si an-nuncia in questo suo principio eco-nomicamente favorevole.

Recessione e crisi sono parole che tutti vorremmo esserci lasciati alle spalle, ma i segnali di un periodo non facile sono, purtroppo, diversi e concreti.

Ci attende un periodo, ci auguriamo molto breve, nel quale dovremo co-munque stringere i denti.

Si dice che è proprio nei momenti più difficili che ci sia l’occasione per tirare fuori il meglio da noi stessi, la capacità di saper reagire.

Potremmo definirlo spirito di so-pravvivenza, ma forse anche min-dfulness.

E proprio di questa tecnica parlia-mo nelle pagine di questo numero: perché imparare a vivere nel pre-sente è una modalità radicale di prendersi cura di sé, che coinvolge ogni aspetto della propria vita.

E se, in senso figurato, stringere i denti è un segnale della capacità di resistere in condizioni sfavorevoli, c’è anche un altro modo di farlo, in senso meno figurato e anche meno sano.

Si chiama bruxismo, quel feno-meno che ci porta, soprattutto da bambini, a digrignare i denti.

Tante sono le storie che vi raccon-teremo anche in questo numero; l’arte di raccontarle si chiama ap-punto storytelling, ovvero la capa-cità di coinvolgere chi ascolta, leg-ge o guarda la rappresentazione di una vicenda.

Saper coinvolgere attraverso lo storytelling può avere anche un effetto terapeutico: raccontare un vissuto difficile, ad esempio, aiuta a rielaborarlo e a non sentirsi soli, come avrete modo di leggere e ap-profondire.

Una delle storie tornate attuali, in realtà lo è sempre stata, è quella dei Queen, la celebre band inglese che ha rivoluzionato il mondo del rock fra gli Anni Settanta e i Novan-ta.

Il film “Bohemyan Rapsody” recen-temente uscito nelle sale cinema-tografiche ripercorre la storia del gruppo e del suo leader Freddie Mercury.

E una storia di amicizia e di solida-rietà che dura da ormai vent’an-ni, arriva dalla Krizevci, in Croa-zia, dove un gruppo di bresciani dell’Associazione Bimbo Chiama Bimbo è stato invitato per celebra-re appunto il ventesimo anno di attività di questa.

Una storia che parte dalla Croazia e che racconta della nascita di una delle più attive onlus della nostra città.

Questo e tanto altro potrete trova-re in questo numero della nostra rivista, sempre con l’intenzione di guardare la realtà a 360° e poter-vela raccontare.

Buona Lettura

Fabrizio Vertua

giornalista iscritto all’albo

dei professionisti dal 2009.

[email protected]

IDMIDM

editorialedi Fabrizio Vertua

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www.iodonnamamma.com

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Buon annoa tutti gli sportivi!

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Sommario IO, DONNA, MAMMA il femmiline di Brescia

https://iodonnamamma.com

Bimestrale free press

Direttore responsabileFABRIZIO VERTUA

Direttore editorialeLAURA PENSINI

Marketing e pubblicitàKIM CIMASCHI

[email protected]. 3484301401

[email protected]

Progetto grafico e impaginazione

MARIACARMELA [email protected]

Hanno collaborato:

Aglaya Jiménez TuratiAndrea Danieli

Camilla Verde ParmigianiClaudia BertoliElia Robecchi

Francesco GalloMarcella Valentinotti

Renzo MoscaSilvia Fusi

Valeria Rossi ZuccaVivien M. Pintossi

Proprietario ed editoreASSOCIAZIONE

PRISMA LUCE APSVia Giovanni Bruni, 9

C.F. 97684530153P.I. 03958030987

StampaMascarini - Calcinato (BS)

Fotografie Freepick

DistribuzioneIo, Donna, Mamma

è un free press distribuito in negozi, centri medici, scuole,

teatri e locali selezionati a Brescia e provincia.

Registrazione presso il Tribunale di Brescia

rich. 19/11/2018

in copertinaFoto di Alberto Petrò

In copertina: Martina Gigola

Fin da piccola ha praticato dan-za Classica e il suo amore per la danza infatti, l'ha poi avvicinata al mondo del grande teatro, sfio-rando per poco la "Scala di Mi-lano".Qualche anno dopo ha deciso di sperimentare il latino americano, e tutt'oggi oltre a quello si dedica alla Kizomba.

Oltre alla danza anche il canto è una delle cose che in assoluto ama fare.Le piace leggere, e tutto ciò che gira attorno all'arte. Amante della vita e degli animali, le piace svolgere una vita equili-brata e sempre in movimento, de-dicando il suo tempo alla famiglia agli amici, e alle sue passioni.

Attenti al lupo?LupiLupi e squali si aggirano fra graaci e consulenti vari per la comunicazione d’impresa. Serve guardarsi negli occhi per capire se ti puoi davvero adare. Graaca, pubblicità, video, fotograaa, web e social media, .Collaboriamo senza sbranarci!

Attenti !8

43N.6Gennaio/Febbraio 2019

il Gattile

Closlieu Romanticismo

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SPECIALE LOCALILa Riserva del Grande

SPECIALEL'arte della decorazione

MUSICABohemian Rhapsody

VIDEO GAMESRed Dead Redemption II

SERIE TVThis is us

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ECO GREENA tavola senza crudeltà

57 GIALLO IN CITTA "L'ultima notte di Mattia C"Ultima puntata di Renzo Mosca

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Arte&Cultura MOSTREIl Romanticismo italiano

ASSOCIANDOArnaldo da Brescia

LIBRI/FILMNon ho mai avuto la mia etàBlade Runner 2049

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EDITORIALE

IN PRIMO PIANOIl Closlieu - dipingere per gioco

SPECIALE LOCALIGusport Kafè

FOCUSA.mici per la vita

APPROFONDIMENTILo Storytelling come pratica sociale

ESCLUSIVOMindfulnesuna via per la libertà

MEDICINABruxismo

SPECIALEArrivare a Krizevci

PSICOLOGIAAdozione

DIRITTO DI FAMIGLIAFigli divisi a metà?

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•8 •9i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Il CloslieuDipingere per gioco Valeria Rossi Zucca

restauratrice docente restauro

e laureata in beni culturali, appassionata d'arte in tutte le sue forme.“Un bambino con un pennello in

mano non è un bambino che im-para a dipingere ma un bambino che impara a essere”(Arno Stern)

In Primo Piano

Da sempre appassionata di arte e quindi di colore, dopo i miei studi artistici con una specializzazione in restauro e beni culturali, diventando mamma mi sono appassionata alla pedagogia legata all’arte.

Ho incontrato la parola CLOSLIEU… per caso. Conoscevo già il metodo di Maria Montessori o l’antroposofia di Steiner, due grandi peda-gogisti del 1900, ma di Arno Stern non sapevo nulla. Quando iniziai a documentarmi, a leggere i suoi scritti, ad incuriosirmi della sua vita… sco-prii il Gioco del dipingere.

Poiché nulla accade per caso, frequentai in seguito un seminario sul Closlieu tenuto da Barbara Arduini, “praticien” presso l‘Associa-zione Montessori di Brescia.

Il Closlieu è una stanza chiusa, senza finestre, un atelier dove ci si isola per giocare a dipin-gere.

Al centro c’è una lunga tavolozza con 18 co-lori e 54 pennelli, tre di misure diverse per ogni colore e si dipinge su un foglio attaccato a una parete, un foglio che può espandersi, da uno ne arriva un altro e un altro ancora.

Si pittura ciò che si vuole. Perché nel Closlieu non c’è un maestro che dice cosa o come farlo, ma “solo” un praticien, che si occupa delle cose pratiche, appendere altri fogli, pulire i pennelli, rimuovere le gocce o fornire sgabelli e pedane, affinché l’espressività si manifesti con fluidità, senza interruzioni.

È un gioco in cui tutti i partecipanti pos-sono trovare un posto confortevole, di agio, di divertimento e soddisfazione.

Non si vince ne si perde.

Nel Closlieu si è liberi di esprimersi.

Non ci sono temi, ognuno disegna ciò che vuole.

Non c’è competizione, non c’è un fine, non si af-ferma una posizione, un’abilità o un talento.

Le uniche regole sono sapere come si prende un pennello e il colore e prestare attenzione a non disturbare e non disegnare sul foglio dell’altro.

Sono istruzioni fondamentali e anche i bambini piccoli le apprendono facilmente.

Si dipinge per giocare, condividendo uno spazio comune, condividendo gli strumenti del gioco.

Si diventa responsabili di un qualcosa che impari ad amare, senti che dividi con altri ed è tuo mentre è di tutti.

Nasce un rispetto spontaneo, reciproco, assolu-to, perché lo si vive senza insegnarlo.

Il creatore del Closlieu è Arno Stern, un educato-re ancora poco conosciuto in Italia.

La vita di Arno Stern si confonde con la sua ope-ra.

Nel 1946, a 22 anni, è chiamato in un istituto per orfani di guerra.

Vi fa dipingere i bambini e comprende imme-diatamente il ruolo primordiale del gioco che provoca, per il quale inventa un allestimento ori-ginale.

Realizza in seguito un atelier a Parigi, nel quartie-re di Saint-Germain-des-Prés, divenuto celebre negli anni '50 con il nome di "Académie du Jeu-di", e lì rimasto attivo per 33 anni prima d'essere trasferito, nel 1983, nel quartiere della Madelei-ne.

La sua pedagogia rivoluzionaria inizia a diffon-dersi solo negli ultimi anni e oggi, ormai più che novantenne, può mettere a nostra disposizione oltre settant’anni di esperienza in campo edu-cativo.

Egli lavora ancora e instancabilmente per salvare i bambini dall’omologazione che li sta opprimendo.

Ancora conduce stage di formazione e confe-renze in tutto il mondo parlando di ”Educazione Creatrice”.

La sua pedagogia oppone al condizionamento e alla dipendenza un percorso verso l’autono-mia dell’individuo e l’affermazione delle sue pe-culiari potenzialità.

Per seguire questa pratica educativa e quindi per realizzare qualcosa di nuovo

In Primo Piano

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bisogna partire dal nostro immaginario.

É necessario attingere a qualcosa di noi che è stato a lungo soffocato, domato, represso.

C’è bisogno di “un’ecologia dell’infanzia” come propone Andrè Stern (figlio di Arno): un modo di accompagnare i bambini fin dal concepimento a scoprire la loro vita.

Cosa accade in un gruppo di persone quando, durante lo svolgimento di un’attività come la pit-tura nel Closlieu, viene sospeso il giudizio?

Nel gioco del dipingere la pittura diviene mezzo educativo e formativo della persona.

I rapporti, sganciati dal condizionamen-to e dalla competizione, permettono all’individuo di realizzarsi in mezzo agli al-tri e non contro gli altri.

Il praticien (servente del gioco del dipingere) ri-porta l’attenzione sull’esperienza e sull’importan-

za del processo creativo, sulla cura e sull’impe-gno nel fare.

La figura del praticien può davvero diventare fonte d’ispirazione per quanti desiderino cam-biare prospettiva. La sua attitudine principale è di avere immensa fiducia nelle capacità innate del bambino: un essere che la natura ha dotato di tutto quanto gli serve per vivere.

Il prodotto finale non viene classificato, lodato o screditato, ma semplicemente accolto.

Si recupera così il piacere di fare per se stessi e non per compiacere gli altri.

Ritorna l’entusiasmo: l’impulso che gui-da ogni nostro apprendimento.

Si risponde alla primordiale necessità di esprime-re una traccia che sgorga dalle profondità della nostra memoria organica (la memoria delle pri-

me sensazioni nell’utero materno).

Mettere dei vincoli, fare degli esercizi di copiatu-ra con modelli a cui fare riferimento equivale a negare l’individualità.

I nostri attuali modelli educativi tendono a classificare e a giudicare ogni cosa che facciamo.

A scuola ciò che produciamo viene valutato se-condo una scala numerica o, peggio ancora, con debiti e crediti.

A casa l’educazione viene spesso impartita con ordini, sgridate, divieti e castighi. I premi spetta-no ai “più bravi” e le punizioni ai “monelli”.

Impariamo che dobbiamo guadagnarci l’amo-re e la stima degli altri, la loro fiducia. Impariamo ad essere dipendenti, docili e obbe-dienti.

Cito e sottoscrivo le parole del magistrato G.Co-lombo: “non si può portare alla libertà con meto-di che portano all’obbedienza”.

Ma sempre più frequentemente e or-mai già alla scuola dell’infanzia i bam-bini vengono istruiti alla compilazione di schede e materiale didattico e privati di esperienze vive.

Dare una scheda ad un bambino di 4 anni e dirgli di colorare solo il fungo e non il cesto, ma solo il fungo grande, intanto, non il piccolo, di rimanere dentro i margini e utilizzare diversi colori ma solo alcuni e non altri, porta soltanto una tre-menda confusione.

È come se ci dessero 10 mansioni diverse tutte insieme!

Per svolgere quel compito il bambino dovrebbe aver acquisito prima concetti topologici (gran-de/piccolo; dentro/fuori) abilità di coordinazio-ne oculo-manuale, concentrazione, discrimina-zione dei colori...

Invece si pretende che le acquisisca ora, tutte insieme.

Che bisogno c’è? È più “bravo” degli altri se lo fa? Il giudizio ed il pre-giudizio sono ciò che reg-

ge il timone di questa barca verso la deriva.

Il bambino si sente incapace, poco intelligente nel momento in cui non comprende quello che gli viene richiesto o non lo svolge in maniera ap-propriata.

Ma gli si sta chiedendo di camminare quando ancora le gambe non lo reggono in piedi.

Preoccupiamoci che il bambino a scuo-la sia sereno, amato, compreso e rispet-tato, che sappia stare in gruppo ed essere se stesso sviluppando la sua fan-tasia ed empatia, il desiderio di fare, e la condivisione.

Lasciamo ai bambini la spensieratezza del gio-

co, del lavoro, della scoperta.

Questi sono gli anni della fantasia, dell’esperien-za, del toccare con mano la vita.

Dobbiamo restituire quanto sottratto a quelle attività espressive (teatro, musica, pittura, danza) che favoriscono un mag-gior coinvolgimento dei sensi.

Il Closlieu è una stanza magica, un luogo per tutti in cui ritrovare se stessi e vivere il momento presente con la parte più pro-fonda di noi stessi. s

tel. [email protected]

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Da 3 anni si è rinnovato, diventando un luogo di incontro dove squadre, famiglie e giovani pos-sono godere di un servizio e un locale di qualità.

Ivan e la moglie Emanuela si sono lanciati nell'av-ventura di ridare vita al bar del Centro Sportivo Corcione di Gussago, grazie all'Associazione Gus Emozioni in Movimento.

Lui ha un'azienda, lei era mamma a tempo pie-no, ma questo non ha frenato l'entusiasmo e l'im-pegno dei due proprietari.

Gusport Kafè offre piatti caldi, panini, focacce e insalate, per tutto il giorno, nel contesto familiare

e sicuro del centro sportivo, che accoglie perso-ne di tutte le età.

Un progetto importante, che ha l'obiettivo di ga-rantire un luogo di raduno e svago per le squa-dre di rugby e calcio, che occupano i campi del centro con i loro allenamenti, e per famiglie, bambini e ragazzi.

Presenti anche i campi di tamburello, beach vol-ley, calcio a 7 e paddle, gestiti direttamente da Gusport Kafè.

Un servizio a 360°, sempre in crescita e rin-novamento, dove non mancano eventi come aperitivi, cene, feste di laurea e compleanno.

Grazie ad un ampio spazio all'a-perto d'estate si organizzano grigliate con il barbecue allesti-to all'esterno, e musica dal vivo.

D'inverno lo spazio non diminuisce, perché Gusport mette a disposizione della clientela diverse stanze chiuse o riscaldate, grazie anche alla scelta di non fornire una stanza per fumatori e macchine da gioco.

Tv e maxi schermo mostrano tutte le partite della Serie A e della Cham-pions League, e i più importanti even-ti sportivi.

Tutto questo, arricchito da un ampio parcheggio e un personale attento, preparato e gentile rendono Gusport Kafè il posto ideale dove trascorrere un pomeriggio o una serata in com-pagnia, dove i bambini possono gio-care al sicuro e le mamme rilassarsi, e dove chiunque può guardare le par-tite in compagnia. s

Gusport Kafè si trova in via Gramsci, 60 a Gussago. Tel 030.7281741

Facebook Gusport Kafè

GUSPORT Kafèdi Silvia Fusi

Il Paddle è un gioco divertente e amichevole, che può essere praticato da persone di diversa età, sesso, condizioni tecniche e fisiche. È una disciplina vantaggiosa per tutti gli sportivi: può essere un mo-tivo di divertimento e può essere anche semplicemente un’occa-sione di incontro e di “ritrovo”; può diventare nello stesso tempo una valida attività motoria senza movimenti aggressivi per tenersi in forma; può essere un'attività praticata da tutta la famiglia; può essere gratificante in termini di risultati sportivi.

Si tratta di una disciplina che può meglio essere descritta come una combinazione di molti sport di racchetta. Ha infatti elementi appartenenti al tennis, allo squash, al racquetball. Le regole sono basicamente quelle del tennis. La racchetta è una "pagaia" solida e forata tale da renderla più leggera, la cui lunghezza massima non supera i 45,50 cm, mentre le palle, secondo la consistenza e le dimensioni approvate dalla FIGP, sono le stesse del tennis.

Il paddle è particolarmente adatto come gioco di doppio, in un campo dalle dimensioni chiaramente inferiori a quelle del tennis (la lunghezza non supera i 20 m mentre la larghezza è pari a 10 m). Il campo, come per il tennis, è diviso da una rete che segna la così detta “metà campo”.

In ognuno dei lati di fondo dell’area di gioco viene sollevata una parete a forma di “U”, creata da un frontone posteriore e da due mezzi muri laterali. Questi muri possono essere di cristallo o di altro materiale trasparente per consentirne la visione di gioco, e offrono la dovuta consistenza per far sì che la palla rimbalzi contro di questi in maniera regolare e uniforme.

Un telo o una maglia metallica chiudono i lati che saranno rimasti scoperti, tale da racchiudere il campo completamente. Almeno in uno dei laterali ci sono due porte o aperture, di 2 m di altezza e 90 cm di larghezza.

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Focus

Ma da dove partire? Vi dico solo che andai fino a Torino per visitare di persona gli unici due esi-stenti in Italia all'epoca, ora sono molti di più.

Purtroppo il mio progetto si arenò poco dopo la nascita (mai abbandonato del tutto, ancora oggi ogni tanto me lo sogno) sugli innumerevoli scogli fatti di burocrazia, reperibilità fondi, e nor-mative ASL...Questo piccolo grande sogno mi ha permesso però di entrare in contatto con il mondo del vo-lontariato a tutela e difesa degli animali, in parti-colare dei gatti.Creature meravigliosamente e misteriosamente sagge, la cui storia ci porta indietro nel tempo fino agli antichi Egizi che li veneravano come in-carnazioni della Dea Bastet.Cercando un' associazione dove svolgere del volontariato e imparare più che potevo sui gatti frequentai un corso per futuri volontari presso la sezione di Brescia dell'Enpa. Qui conobbi perso-ne meravigliose che dedicavano il proprio tem-po libero a salvare animali maltrattati, feriti e ab-bandonati da un triste destino.

Anni fa, presa dall'innamoramento per il piccolo randagio che aveva scelto casa mia come dimora nelle notti invernali e dalla voglia di rein-ventarmi professionalmente ebbi, grazie a un documentario sui locali più strambi del pianeta, un'illuminazione: avrei aperto il primo Cat-Cafè di Brescia

In particolare ho avuto la fortuna di conoscere le Baronio Sisters (sembra il nome di un gruppo rock, in realtà è il nomignolo con cui affettuosa-mente abbiamo ribattezzato questo binomio di caratteri esplosivi, due sorelle che sono il motore e le mentori di questa associazione) e di essere in turno con loro nella serata dedicata alla cura degli ospiti presenti in sede. Nell'ottobre del 2015 nasce l'associazione A.mi-ci per la vita Brescia, fondata da una dozzina di ex-volontarie Enpa spinte dal desiderio di essere più autonome a livello locale di quanto si potesse facendo parte di un' organizzazione nazionale. In meno di un anno siamo riuscite ad ottenere dal comune di Brescia un immobile, ristrutturar-lo e in occasione del nostro primo anniversario dalla fondazione, abbiamo inaugurato la nostra sede operativa.Tre stanze adibite a ricovero gatti, lavanderia, servizi, magazzino e ufficio; decorate e allestite dal paziente e amorevole lavoro quotidiano di chi spende il proprio tempo libero ad occuparsi di piccoli pelosetti che ricambiano le cure rice-vute con colpetti della testa, strusciatine sulle gambe e fusa a non finire.

di Vivien M. Pintossi

Bambini sempre più Indoor

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Vivien M. Pintossi Bambina adulta,

mamma da cinque anni; maestra per vocazione

da sempre, per davvero

da un po’ meno.

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Periodicamente vengono organizzate raccolte fondi e eventi per finanziare l'acquisto dei beni necessari per gli ospiti e per pagare le immanca-bili fatture dei veterinari.L'ultimo Open Day, in ordine di tempo, è stato organizzato sotto le feste di Natale, purtroppo in piena emergenza sanitaria (parvovirus) e nono-stante la quale le volontarie hanno voluto aprire le porte dell'associazione a tutti coloro che sono riusciti a passare.

Dopo tre anni di operatività, con una media di un centinaio di gatti all'anno che hanno trova-to casa, e piccoli malesseri gestiti in maniera impeccabile, purtroppo l'imprevisto è capitato anche qui. La tempestività nell'azione e la meticolosità nel-la sanificazione e nella separazione dei picco-li contagiati da quelli sani ha permesso però di risolvere quella che poteva, ahimè, essere una strage.Le volontarie e i volontari che quotidianamente si occupano della cura dei gattini sono riusciti a arginare la diffusione del virus che ha purtroppo quasi sempre esito fatale.Nel corso degli anni siamo state attivamente supportate da diversi finanziatori, che hanno consentito di rendere la sede un luogo acco-gliente, pratico e funzionale. Grazie a chi ci ha regalato i caloriferi le stanze sono riscaldate, e grazie a chi ci sostiene a cadenza regolare riu-sciamo a sostenere tutte le spese per il regolare funzionamento del gattile.

Ovviamente tutto questo non basta per manda-re avanti un' associazione di questo tipo, le vo-lontarie devono a volte moltiplicarsi per riuscire a coprire i turni, la gestione delle colonie e de-gli eventi di raccolta fondi o cibo che vengono organizzati a cadenza regolare a spasso per la nostra provincia.

Chiunque fosse interessato a visitare di persona questa bella realtà può passare in via Rose 12 a Brescia tutti i giorni dalle 18 alle 20, dove potrà sperare di essere scelto da un nuovo a.micio da portare a casa, oppure potrà scegliere un gad-get da acquistare per sostenere il lavoro di chi se ne occupa, o ancora potrebbe capitare di innamorarsi delle fusa conseguenti a grattini ben assestati dietro le orecchie e decidere di fre-quentare regolarmente i pelosi presenti nell'as-sociazione come volontari...

Tra un grattino e una coccola tutto può succe-dere... s

https://www.facebook.com/a.miciperlavitabrescia/

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Approfondimenti

Aglaya Jiménez Turati Consulente

in comunicazione, storytelling e attivista

per i diritti delle minoranze e delle donne,

dirige attualmente l’associazione Peace Words.

Lo storytelling come pratica sociale

Quando ascoltiamo una storia che desta il no-stro interesse, infatti, nasce spontaneo imme-desimarsi. Questa identificazione ci consente, mentre le parole invadono la nostra mente, di liberare la fantasia e immedesimarci nell’avven-tura che ci viene esposta.

Ciò che stiamo ascoltando quindi, cattura lette-ralmente la nostra attenzione e ci trasporta in un mondo parallelo dove viviamo in prima persona quello che stiamo sentendo.

Sin dalla nostra origine come esseri umani, la no-stra storia è costellata di racconti e personaggi che di questa azione, la narrazione o storytelling, fanno un mestiere.

Negli ultimi secoli questa pratica si è evoluta e ha assunto forme diverse da quello che era una volta il mezzo princi-pale, ovvero il racconto orale, ed è di-ventata un libro, una canzone, un film, e via dicendo.

I racconti sono in ogni sfumatura della nostra quotidianità, ogni azione che facciamo ‘rac-conta qualcosa’ di ciò che stiamo vivendo.

Storytelling è un termine ingle-se che fa riferimento all’azione di racconta-re una storia, il dizionario Treccani parla di “affabulazione, arte di scrivere o raccontare storie catturando l’attenzione e l’interesse del pubblico.”

Ciò che ci circonda assume un significato attra-verso l’azione comunicativa che stiamo com-piendo, nel momento in cui definiamo noi stessi in uno spazio-tempo, attraverso le parole lo iden-tifichiamo, diventa parte di noi e della nostra vita.

Oggi raccontare storie è diventato persino una forma di marketing, e ciò dovrebbe farci riflet-tere sull’efficacia che la narrazione ha nel cat-turare l’attenzione, qualsiasi sia il mezzo che vie-ne usato per farlo. Infatti, questa pratica viene usata sempre più spesso con una funzione tera-peutica e di coscientizzazione, uno strumento di coesione e guarigione sociale.

Prendiamo, per esempio, situazioni di post con-flitto o di riconciliazione, dove è necessaria la vo-lontà e la partecipazione di tutta una comunità per ripristinare un ordine e riportare l’armonia.

Mi viene in mente immediatamente il percorso sudafricano dopo l’Apartheid, durante il Proces-so di Riconciliazione, in cui il racconto in prima persona di vittime e carnefici era stato scelto come unica possibilità di ricostruire questo pae-se lacerato dal regime, oltre che avere una fun-zione terapeutica per chi raccontava e per chi ascoltava.

di Aglaya Jiménez Turati

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Il coinvolgimento della comunità nelle narrazioni di queste persone, attraverso gli spazi previsti nel processo, e i media proprio vissuto, era conside-rato un elemento chiave per il ripristino dell’ar-monia della stessa.

In Italia, lo storytelling è stato usato con una fi-nalità educativa e di sensibilizzazione, infatti, da anni viene usato come strumento per contrasta-re il bullismo nelle scuole, un fenomeno sempre più diffuso e preoccupante.

In tantissime scuole italiane e luoghi di aggrega-zione giovanile, sono state portate avanti inizia-tive per far comprendere ai giovani la gravità di tali atti e la narrazionedelle vittime si è rivelata efficace, come lo dimostra il progetto audiovisi-vo del 2017 portato avanti da Luca Pagliari dal titolo “Dodicidue”, in cui attraverso lo storytelling riporta una tragica testimonianza di una giova-ne sarda.

Oggi, la consapevolezza di avere nuovi approc-ci per sensibilizzare e educare al dialogo e alla comprensione possono dare il via a nuove pro-poste come quella che ho portato avanti con il progetto #tellusyourstory.

Questa iniziativa è finalizzata a sensibilizzare e a creare consapevolezza sulla presenza della vio-lenza e della discriminazione da un punto di vi-sta che, spesso poco considerato, quello delle vittime.

La mia esperienza personale ha ispirato l’elabo-razione di questi progetti che sono un tentativo di mescolare approcci e linguaggi nuovi per ri-pristinare un equilibrio.

Raccontare un vissuto difficile, aiuta a rielaborar-lo, sentire di essere ascoltati, aiuta a non sentirsi soli nel proprio dolore, ascoltare, aiuta chi ascol-ta a comprendere il male insito in certe azioni e spoglia dai giudizi e dagli stereotipi attorno a certi fenomeni.

Ho iniziato attraverso i social a raccogliere storie che raccontavano un vissuto in prima persona, relativo a uno o più eventi nei quali chi narrava spiegava il significato dell’essere vittima di questi fenomeni e cosa comportasse a livello emotivo.

La sofferenza umana può cambiare di intensità ma in ogni persona, è sempre un’emozione ne-gativa e straziante.

Col tempo il progetto è cresciuto e si è sviluppa-to sempre più portando a I laboratori di Peace Words, patrocinato dal Comune di Brescia, in cui l’obiettivo è creare uno spazio di condivisione, ascolto e sostegno da parte di persone le une per le altre.

Cuore di questo progetto è quello di po-ter aiutare i partecipanti a superare i muri costruiti da una retorica della divisione e che esalta le differenze, oltrepassando i limiti del pregiudizio e del giudizio stesso attorno a certe tematiche. s

Prossimo appuntamento Sabato 19 Gennaio presso Sala Civica Pasquali, Via Pasquali, 5 Brescia.Ingresso gratuito

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Approfondimenti

CENTRO

Centro di sostegno alla famiglia

Centro Prisma Luce

Via Privata De Vitalis, 30

25124 – Brescia

Tel. 030.6730715

Cell. +39 320.8629866

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I NOSTRI SERVIZI

SERVIZIO DI CONSULTAZIONE PSICOLOGICA

Sostegno psicologico a minori e ai familiari su: separazioni, difficoltà di coppia, situazioni di maltrattamento

e abuso, stati di sofferenza psicologica, difficoltà scolastiche, crisi adolescenziali.

SERVIZIO SPECIALISTICO DI SOSTEGNO ALLE ADOZIONI

Consulenza e sostegno psicologico a bambini, adolescenti e alle loro famiglie adottive nel post adozione e nelle crisi adottive

nelle varie fasi del ciclo di vita.

CONSULENZA DI DIRITTO PENALE MINORILE

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Un sabato ogni 15 giorni i professionisti del Centro Prisma Luce sono ospiti della trasmissione Lodicebresciasette con Donatella Valgonio su Radio Bresciasette FM

https://www.radiobresciasette.it/

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•22 •23i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Esclusivo

Marcella Valentinottipsicologa

e psicoterapeuta a Brescia e provincia

istruttrice di Mindfulness certificata

Una via per la libertà

Si tratta quindi di uno stato della nostra mente che possiamo coltivare per vivere con maggiore pienezza la nostra vita riducendo le ruminazioni e le preoccupazioni verso passato e futuro.

Imparare a vivere nel presente è una modalità radicale di prendersi cura di sé che coinvolge ogni aspetto della pro-pria vita e non è semplicemente una tecnica.

Gli interventi basati sulla Mindfulness sono in buo-na misura radicati nelle tradizioni contemplative buddiste e nelle pratiche di meditazione Vipas-sana ma pratiche simili che coltivano la consa-pevolezza non discorsiva sono presenti anche in altre culture.

In particolare all’origine di Mindfulness c’è il con-cetto di Sati che può essere trovato la prima volta nell’Abhidhamma, una compilazione del-la disciplina Buddista che descrive gli stati di co-scienza raggiungibili con la pratica meditativa.

Lo stato di Sati è descritto come uno stato di pre-senza mentale che permetterebbe al praticante di vedere i fenomeni interni ed esterni come re-almente sono (cioè impermanenti, privi di un sé intrinseco e portatori di sofferenza).

La Mindfulness è “la consapevolezza che emerge dal prestare attenzione di proposito, nel momento presente e in maniera non giudicante, allo scorrere dell’esperienza, mo-mento dopo momento” (Kabat-Zinn, 2003).

Tale stato non è fine a se stesso ma ha lo scopo di liberare dalla sofferenza che caratterizza la condizione umana.

Da qui origina quella che chiamiamo Mindful-ness, non c’è quindi nessuna origine mistica o religiosa ma puramente psicologica scaturita dallo studio dei processi mentali della dottrina buddista.

Per arrivare fino a noi nella formulazione attua-le e occidentale dobbiamo andare in America negli anni ’70 quando Jon Kabat-Zinn, professo-re presso la Medical School dell’Università del Massachusetts, costruì il primo protocollo basato sulla Mindfulness: il protocollo MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction) ovvero il “programma di riduzione dello stress basato sulla consapevolez-za”.

Il programma da lui sviluppato è stato ideato per integrare la meditazione Buddista di consapevo-lezza con la moderna pratica medica e psicolo-gica e i primi gruppi a cui era rivolto erano pa-zienti che soffrivano di dolore cronico.

Questi pazienti non beneficiando di nessun intervento per ridurre il dolore hanno tratto dalla Mindfulness la capacità di cambiare la loro re-lazione con il dolore stesso, ampliando le risorse per rispondere all’esperienza dolorosa avvici-

nandosi ad essa invece che allontanarsi.

Spesso infatti se pensiamo alle nostre vite è un continuo evitare di provare emozio-ni spiacevoli, scacciare pensieri indesi-derati, cercare di controllare eventi etc..

Se da un lato a volte può essere utile l’evitamen-to, spesso ciò che evitiamo ci raggiunge in altri modi, soprattutto se parliamo delle nostre emo-zioni, ed evitare inoltre ci preclude possibilità, ci chiude all’esperienza e ci rende schiavi dei nostri automatismi.

Per questo mi piace riferirmi alla Mindful-ness come una via per la libertà, perché avvicinarci al presente e alla realtà sem-plicemente com’è, senza cambiarla, ci dona la libertà di rispondere agli eventi con più consapevolezza invece che re-agire in modo automatico.

Dal corso originario MBSR, inoltre sempre più ri-cercatori si interessarono a questi protocolli ba-sati sulla Mindfulenss adattandoli a molte con-dizioni sia fisiche e psicologiche con straordinari risultati rispetto al miglioramento della qualità di vita e alla gestione della sofferenza psico-fisica.

Gli interventi basati sulla Mindfulness hanno in comune sia l’uso della meditazione di consa-pevolezza buddista sia da seduti, da sdraiati, camminata ma anche altri esercizi di auto-os-servazione e in misura minore parti teoriche per agganciare la pratica con problemi della nostra vita quotidiana.

Parte importante di questi corsi è la pratica a casa, infatti i partecipanti sono invitati a conti-nuare a praticare tra una sessione e l’altra, ap-punto perché la Mindfulness non è una tecnica teorica ma è una facoltà che va allenata come un muscolo, come per esempio è diverso sapere dei benefici della corsa a livello teorico ed effet-tivamente andare a correre!

Quindi dopo tante parole possiamo passare an-che ora alla pratica, se volete sperimentare che cos’è questa consapevolezza possiamo usare uno stimolo che ci radichi nel presente, possiamo usarne molti ma in questo momento vi chiedo di focalizzare l’attenzione alle piante dei vostri pie-

di, se siede seduti o in piedi appoggiate bene i piedi a terra e sentite le sensazioni fisiche nelle piante dei piedi, provate per qualche secondo, se la mente si sposta riportatela con gentilezza e senza giudicarvi alle vostre piante dei piedi, se emergono pensieri o immagini collegate alle piante dei piedi gentilmente lasciatele andare sullo sfondo e portate in primo piano le sensazio-ni fisiche in questa zona, semplicemente sentite.

Quando volete potete lasciare la con-sapevolezza delle piante dei piedi, fare un bel respiro e tornare alle vostre vite, ecco siete stati semplicemente presenti. s

Marcella ValentinottiNata a Verona nel 1985, si iscrive alla facol-tà di psicologia di Padova dove si laurea nel 2010 e nel 2017 si specializza in Psicoterapia cognitivo-costruttivista a Milano. Parallelamente segue il suo interesse per la meditazione, pratican-dola regolarmente dall'età di 20 anni. Nel 2012 in-contra nel suo percorso formativo la Mindfulness che vede come il raccordo perfetto tra il suo interesse per la meditazione e il percorso lavorativo come psicologa e psicoterapeuta. Nel 2013 consegue il titolo di istrut-trice di Mindfulness certificata. Tuttora la sua attività si svolge privatamente come psicologa e psicote-rapeuta a Brescia e provincia proponendo rego-larmente corsi di Mindfulness sia di gruppo che singolarmente per quanto riguarda la riduzione dello stress (corso MBSR), le condotte alimenta-ri, l'accompagnamento alla nascita e i corsi di Mindfulness per bambini.

[email protected]

Esclusivo

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•25 i ONNA,D ammamO,

ODONTOIATRIA BIOLOGICA INTEGRATA E SISTEMICA

Terapie individualizzate e inserite in un contestoPer ogni età

Medicina

Il mio bimbo digrigna i denti!! Soffre di BRUXISMO?Può essere perché anche io ne soffro?

Dr. Francesco Gallo

è laureato in odontoiatria e specializzato

in protesi dentaria e in omotossicologia.

Esercita la libera professione presso lo Studio dentistico

associato Bossini Gallo, a Cellatica (Bs),

con particolare attenzione alle dinamiche funzionali

e alla crescita del massiccio facciale e dell’apparato masticatorio, in bambini

e adulti.

Per bruxismo si intende quella serie di atti-tudini, movimenti e atteggiamenti che coin-volgono i muscoli masticatori, la lingua, le labbra e le guance, spesso portando i denti a contatto, serrandoli e/o digrignandoli.

Insieme all’onicofagia (mangiarsi le unghie) e all’abitudine di rosicchia-re penne o altri oggetti, rientra nella categoria delle “parafunzioni”, che come dice il nome sono “funzioni pa-rassita”, cioè non sono previste tra le funzioni dell’apparato masticatorio.

In realtà una funzione ce l’hanno, ma non siamo abituati a considerarla tale: l’elimina-zione di tossicità di natura emotiva.

Perché eseguiamo automaticamente queste azioni tanto da non poterne fare a meno? Perché è così difficile smettere? Come è possibile controllarsi durante la not-te, quando non possiamo intervenire con la volontà? Il bruxismo ha lo stesso significato in adulti e bambini?

Le ragioni che ci portano a bruxare sono molteplici e se analizziamo il fenomeno da

Spesso ci capita di vede-re che i denti da latte dei nostri figli sono consuma-ti, tanto da essersi tutti ap-piattiti e a volte si possono ascoltare i dentini sfregare durante la notte…

Studio Dentistico Associato Dr. Bossini & Dr. Gallo Via Chiesa Nuova, 5

Cellatica (BS)

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•26 •27i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Medicina

più punti di vista possiamo capire come si tratti della risposta dell’organismo a fattori ambientali, principalmente di tipo emotivo e/o biochimico.

Buona parte delle situazioni di disbiosi, cioè di disequilibrio della flora intestinale (soprattutto da parassiti), sono capaci di generare bruxismo, dandoci un’ulteriore dimostrazione del collegamento tra intesti-no e cervello.

È vero anche che il bruxismo è ge-nerato da uno scorretto “incastro” tra i denti, meglio detto occlusio-ne dentaria, che nei bambini per esempio non è quasi mai stabile per lunghi periodi, a causa della permuta.

Ciò che però si riscontra giornalmente nel-la pratica clinica, corroborato da parec-chi studi scientifici, è il grande legame del bruxismo con gli stati emotivi del pazien-te. La neurologia infatti ci insegna che la sede delle nostre emozioni, la “centrale di comando” (dal cartoon “Inside Out”) è si-tuata in un’area del nostro cervello che si chiama “Sistema Limbico” e che ha molti collegamenti con l’area di gestione della contrazione dei muscoli masticatori .

Un’iperattività dell’area emotiva, per stress, non necessariamente di natura negativa, genererà più fa-cilmente un’attivazione dei muscoli masticatori e quindi un contatto tra i denti.

Sarà a questo punto che si potranno verifi-care situazioni ed eventi differenti a secon-da di qual è “l’incastro”, cioè l’occlusione, oltre al modo in cui viene utilizzata, ovvero la sua dinamica.

Occlusioni normali ed equilibrate saran-no favorite nel resistere più a lungo sotto i colpi del bruxismo, senza rompersi o ge-nerare sintomi muscolari o articolari; difetti nell’occlusione invece saranno causa più facilmente di problemi a uno o più com-

ponenti del sistema, cioè denti, muscoli e articolazioni. Tutto è molto condiziona-to dal livello di stress in cui ci troviamo: possiamo insomma avere un’occlusione dentaria perfetta, ma metterla molto più alla prova di quanto faccia qualcun altro con un’occlusione più problematica, ma meno sotto stress.

Le conseguenze sono ovvie, anche con un’ottima occlusione.

Nei bambini il bruxismo ci può guidare nella diagnosi di disbiosi e/o parassitosi intestinale, può andare a modificare le superfici dei denti e il corretto e simmetri-co sviluppo di tutto il viso, ma a volte è un tentativo del sistema “cranio” di espan-dersi volumetricamente; le spinte che i denti dell’arcata inferiore esercitano sui superiori durante il bruxismo, generano crescita tridimensionale e a volte il sistema si autoregola in questo modo.

Dal punto di vista terapeutico, vista la multifattorialità del fenomeno bruxismo, sarà importante impostare una terapia che tenga conto delle varie origini del di-sagio: andrà curata la struttura, con ausili odontoiatrici e con interventi manipolato-ri atti a regolarizzare la funzione delle strut-ture anatomiche coinvolte; la biochimica, affrontando la disbiosi, parassitosi e altre situazioni che possono generare bruxismo, come per esempio le intossicazioni da metalli; e la psico-emotività, cercando at-traverso la gestione dello stress di lavorare sulla fonte più importante e di impatto sul bruxismo. s

Arrivare a Krizevci è sempre una grande festa e una grande emo-zione, ma quest’anno lo è stato ancora di più. Nella cittadina croata a nord-est di Zagabria, vive una comunità di persone che ha un forte lega-me con l’Italia e, in special modo, con Brescia.

Da ormai vent’anni i volontari dell’associazione Bimbo Chiama Bimbo mantengono i contatti con le famiglie dei bambini che vengono ospi-tati nelle nostre famiglie nella seconda metà di giugno.

Ed è proprio il rapporto con le persone in diffi-coltà conosciute a Krizevci che è si è accesa la fiamma che ha portato alla nascita dell’associa-zione bresciana.

Un incontro fortuito, durante un viaggio nella repubblica della ex Jugoslavia devastata dalla guerra, ha creato dei legami fortissimi, che an-cora oggi stringono due comunità grazie alla solidarietà da un lato e la voglia di uscire da si-tuazioni non facili dall’altra.

E lo scorso novembre, una settantina di volontari bresciani sono approdati nella cittadina croata. L’occasione è stata la festa per i 20 anni dalla

di Fabrizio Vertua

Speciale

nascita dell’associazione bresciana e, dopo le celebrazioni nella propria sede in via Fontane nel quartiere di Mompiano, sono stati gli amici croati a voler organizzare una festa a casa loro.

Uno spettacolo teatrale “Un mare – le due co-ste” è stato portato in scena dai bambini della scuola di Krizevci Ljudevita Modeca.

Una rappresentazione che ha voluto eviden-ziare, attraverso un accurato lavoro di ricerca, come i contatti e la collaborazione fra i due pa-esi risalga addirittura al 1184, con il trattato di li-bero scambio fra le città di Dubrovnik e Molfetta.

Ma, al di là del cerimoniale, è stata l’occasione per ritrovarsi dopo diversi anni per tante famiglie e ragazzi, il cui tempo di ospitalità (legato alla frequentazione della scuola primaria) è ormai concluso.

E se a complicare la comunicazione ci sono due lingue reciprocamente ostiche, a prevalere in questi casi sono stati i gesti e gli abbracci, la vo-glia di riconoscersi e di rivedersi dopo tanti anni.

“I ricordi migliori della mia infanzia e adolescen-za sono quelli legati all’Italia e alla famiglia Pa-gliari, che mi ha ospitato a Brescia per diversi anni” spiega Matja Gubez, oggi ventinovenne, marito e padre di una bambina di un anno.

Lui è uno dei primi sei ragazzi ad aver viaggiato in Italia insieme al maestro elementare Tihomir Plesa, che da allora ha sempre accompagnato i bambini nel nostro paese, divenendo colonna portante del progetto.

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“Avervi conosciuto è stato per me di fondamentale importanza, mi ha dato stimoli e a crescere e a migliorare le mie condizioni di vita – assicura Gubez -.

Oggi ho una mia famiglia e auguro a mia figlia e a tanti altri bambini di poter vivere questa espe-rienza in Italia”.

Matija, Lucjia, Robert, Emina, Nikola, Ivan, Renato, Luka… potremmo andare avanti per mezza pa-gina ad elencare gli oltre duecento nomi dei bimbi arrivati a Brescia d’estate o aiutati a distanza in questi vent’anni.

Dietro ad ogni nome ci sono vite, aspirazioni e famiglie, che in diversi casi sono riuscite a cambiare in meglio le loro vite, anche grazie a tante mani protese in loro aiuto dall’Italia. s

Speciale Psicologia

Adozione ... una complessa esperienza esistenzialeche ha origini molto antiche, tanto che se ne ritrovano tracce nel codice di Hammurabi del XVIII sec. a.C. in Mesopotamia. Nell’antichità, questo istituto giuridico aveva una funzione patrimonia-le: assicurava diritto di eredità ai figli nati al di fuori del matrimonio, risolvendo, così, problemi di successione nelle famiglie che non ave-vano discendenza.

e protetto dai genitori e sentirsi incoraggiato a differenziarsi come per-sona autonoma. Ne consegue che la rot-tura del legame prima-rio con la madre natu-rale crea, nel bambino, delle ferite profondissi-me che vanno a intac-care la costruzione del sé.

Le difficoltà aumentano ancora di più se il pas-saggio da un ambiente all’altro comporta an-che un cambiamento socioculturale o etnico.

Questi bambini credono di essere stati abban-donati perché diversi e indegni d’amore.

I genitori adottivi, quindi, si troveranno di fron-te alle naturali sfide delle tappe di sviluppo del rapporto genitore-figlio amplificate dal difficile compito di dare significato al tema dell’abban-dono, al sostenere l’integrazione tra il prima e il dopo, tra il qui e il là, diventare un modello al-ternativo e positivo di famiglia, di genitori e di uomini e donne.

Adottare, vuol dire, anche, modificare i pattern relazionali preesistenti nella famiglia.La ridefinizione degli assetti di coppia e di fami-glia, quindi, si rendono necessari, affinché ognu-no possa sentirsi accettato e riconosciuto nel proprio ruolo. s

Ai giorni nostri, l’adozio-ne è un istituto giuridico che parte dal presup-posto che il diritto di ogni bambino è quello di crescere in famiglia, nella propria o, quando questo non è possibile, in un ambiente familiare idoneo che se ne pren-da cura stabilmente: tale principio viene riba-dito dalla L. 149/2001.

Attualmente, il focus è sul legame affettivo che si costruirà tra la famiglia adottiva e il minore la-sciato in stato di abban-dono. Detto ciò, sembra tutto molto semplice, lineare e romantico, ma l’adozione è un’espe-rienza esistenziale molto delicata e complessa, che implica delle sfide e dei rischi continui: ci si scontra con temi difficili quali la differenza, la perdita, la separazione, con il dolore e le delu-sioni che possono portare alla decisione di ab-bandonare e di adottare.

I bambini che arrivano in adozione sono minori che provengono da esperienze di abbando-no, trauma, separazione e perdita; fin dalla na-scita, ogni bambino ha bisogno del contatto con il corpo della madre, strumento indispen-sabile per superare le paure e sperimentare un senso di sicurezza e fiducia, inoltre, per cresce-re come persona, ha bisogno di veder soddi-sfatti due bisogni fondamentali: sentirsi amato

Dott.ssa Laura Pensinipsicologa clinica

della famiglia,responsabile

dell’area adozioni del Centro Prisma Luce

Foto di Alberto Petrò

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•30 •31i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Il nuovo libro della Dott.ssa Laura Pensinipsicologa clinica della famiglia,

responsabile dell’area adozioni del Centro Prisma Luce

9 791220 037860

ISBN 979-12-200-3786-0

Diritto di famiglia

Avvocato Claudia Bertoli

avvocato civilista con qualifica

di mediatrice familiare

Associazione Prisma Lucetel. 3208629866

[email protected]

Figli divisi a metá?Negli ultimi mesi si è par-lato molto del c.d. “decreto Pillon”, dal nome del sena-tore che nel corso dell’anno 2018 ha proposto modifi-che alla normativa in materia di diritto di famiglia.

I punti del Decreto che hanno suscitato accesi dibattiti e vivaci confronti riguardano la regola-mentazione dei rapporti tra genitori e figli in caso di separazione o divorzio.

Come noto, da anni vige la “regola” dell’affido condiviso, che nella sua applicazione pratica ha fatto sì che i figli minori avessero “collocamento prevalente” presso uno dei genitori, pur con la garanzia del mantenimento del rapporto anche con l’altro genitore, tramite frequentazioni an-che ampie. La determinazione dei tempi e delle modalità di visita e frequentazione dei figli con il genitore “non convivente” è stabilita dai co-niugi, se in accordo tra loro; ovvero dal Giudice, che ha come obiettivo il benessere del minore.

La regola dell’affido condiviso non ha quasi mai determinato, nella sua applicazione, la “divisio-ne dei minori a metà”, ed in particolare non in-dica un termine numerico quale “guida” della permanenza dei figli presso ciascun genitore.

Al contrario, il Decreto Pillon esplicita, tra altro, che “il figlio minore…ha anche il diritto di trascor-rere con ciascuno dei genitori tempi paritetici o equipollenti….Salvo diverso accordo tra le par-ti, deve in ogni caso essere garantita alla prole

la permanenza di non meno di do-dici giorni al mese, compresi i pernot-tamenti, presso il padre e presso la madre”.

Situazione che avrebbe poi, tra l’altro, anche importanti ricadute in tema di assegno di man-tenimento per i figli, dato che potrebbero mol-tiplicarsi le ipotesi di c.d. mantenimento diretto (ciascun genitore dovrebbe provvedere al man-tenimento del figlio nei periodi di permanenza presso di lui) o comunque il pagamento diretto delle spese, senza più dare assegni “forfettari” all’altro coniuge.

Questa ipotesi di “equiparazione” pressochè perfetta tra i genitori è stata accolta con entusia-smo soprattutto da coloro che da lungo tempo denunciano favoritismi verso le madri, con pe-nalizzazioni per i papà; ma ha anche dato vita a fortissime contestazioni, alla base delle quali numerose motivazioni, non ultimo il pensiero di una traumatica “divisione a metà” dei bambini.

Le forti polemiche e discussioni hanno certa-mente contribuito a bloccare le ipotesi di rifor-ma, appunto da più parti criticate.

Tuttavia il Decreto Pillon con il suo contenuto, condiviso o meno che sia, ha indotto a riflettere su temi fondamentali del vivere quotidiano, su questioni per le quali purtroppo, molte volte, non è facile trovare soluzioni “eque”.

Ancora una volta è emersa la delicatezza e complessità degli elementi in gioco quando si parla di genitori e figli, tema sul quale elaborare una normativa sempre migliore rappresenta una grande, importantissima sfida. s

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di Camilla Verde Parmigianiwww.veganset.com

Vegana per gli animali ed amante degli ambienti raffinati.

Fondatrice di Vegan Set il primo blog

sull’alta ristorazione vegan.Made in Italy

ma viaggiatrice del mondo.

Green News

A tavola senza crudeltà

Siamo in Occidente e la maggior parte di noi è abituata a sedersi a tavola e consumare quello che viene proposto senza particolare senso critico. Sfogliamo il menù entusiasmandoci per i sapori che andremo ad assaporare, ci fidiamo delle raccoman-dazioni dello chef e di quello che ‘fanno tutti’. Ma ci siamo mai soffermati un attimo a pensare? Di cosa ci stiamo cibando veramente? Siamo realmente consapevoli della provenienza di quanto stiamo ordinando?

Il poter decidere del destino di intere specie ci obbliga, quanto meno, ad una riflessione.

Ecco perché credo sia importante conoscere le metodologie coinvolte nella produzione di alcuni alimenti. Ad esempio esistono preparazioni considerate ‘di lusso’ che celano metodi cruenti. Piatti che sono dei veri e proprio concentrati di crudeltà. Creazioni che, seppur paradisiache al palato, hanno comportato l’utilizzo di pratiche brutali. Alcuni paesi li hanno messi al bando (ancora troppo pochi ahimè). Ma la buona notizia è che esistono delle alternative. Scopriamo quali.

I l Faux Gras (Foie Gras in chiave vegetale)

Esistono molte ricette che promettono di riproporre il sapore deciso e persistente nonché la consisten-za unica del foie gras. La mia preferita è quella di Chef Pietro Leemann. Magari il sapore non sarà identico.. ma oche ed anatre sono salve ed il palato più che rinfrancato!

Ingredienti:un cucchiaino di tahin; 2 cucchiai di semi di zucca; un cucchiaio di shoio; 2 cuc-

chiai di lievito alimentare; un cucchiaino di zenzero in polvere; 2 cucchiai di mandorle non salate; 2 cucchiai di semi di girasole.

Preparazione:Tutti i semi devono essere inseriti in un robot da cucina e mescolati insieme con il shoio e con il tahin: quin-

di, si versa l’acqua fino a quando il composto non raggiunge la consistenza cremosa tipica del paté di foie gras.Quando si è arrivati alla densità desiderata, è necessario unire anche il lievito alimentare, per poi mescolare per

alcuni secondi. Una volta estratto dal robot, il patè così preparato deve essere lasciato per tre ore in frigorifero: dopodi-ché può essere gustato come meglio si crede. Sia il suo sapore che il suo colore richiamano quello del foie gras originale, ma questo è un vero e proprio foie gras veg.

Abbinamento consigliato: una mostarda di mele cotogne.

La Tate Modern di Londra, il museo d’arte contemporanea più visitato al mondo, noto per con-sentire l’accesso al pubblico gratuitamente, ha deciso di eliminare il foie gras dal menù di Natale. In Inghilterra la produzione di questo alimento è vietata ma ne è consentita la commercializ-zazione. Tuttavia la grande sensibilità degli inglesi nei confronti delle tematiche che riguar-dano gli animali ha fatto sì che la Tate facesse un passo indietro e rivedesse il menù natalizio.

LE BUONE NOTIZIE IN PILLOLE

IL FOIE GRAS

Uno degli alimenti che comporta metodi crudeli, tanto da essere bandito in California, è il Foie Gras. Per la produzione del Foie Gras, letteralmente ‘fegato grasso’, anatre ed oche vengono alimentate all’in-grasso per mezzo di un tubo d’acciaio inserito forzatamente nella gola dell’animale. Sostanzialmente si tratta di un ‘fegato malato’ tuttavia considerato uno degli alimenti più rinomati nell’alta gastronomia.

Alternativa -"FAUX GRAS"

Gli Chef stanno facendo una vera e propria corsa alla creazione del ‘Faux Gras’ più simile all’originale ma realizzato con ingredienti esclusivamente di origine vege-tale. I più noti quelli di Chef Pietro Leemann (Milano) e di Alexis Gauthier (Londra).

L’ARAGOSTA

Questo crostaceo è considerato uno tra gli alimenti più ricercati al mondo. Sinonimo di lusso e vero e

proprio status symbol. Ma come si cucina l’aragosta? Per chi non lo sapesse viene immersa ancora viva

nell’acqua bollente. C’è chi sostiene che l’aragosta non soffra; un po’ difficile da credere. Questa pratica

si consuma quotidianamente nelle cucine di tutto il mondo. Per fortuna almeno in Europa c’è un paese

l’ha bandita definendola troppo crudele: la Svizzera.

Alternativa - "HYPOMYCES LACTIFLUORUM"

L'Hypomyces lactifluorum è un fungo appartenente alla famiglia degli Ascomyco-

ta. All’esterno ha un colore arancio acceso e proprio per questo in inglese viene

chiamato ‘lobster mushroom’ ovvero ‘fungo aragosta’. La consistenza ‘carnosa’

consente la creazione di ricette gustosissime.

LE LUMACHE

Stessa sorte dell’aragosta per questi dolci e docili animaletti. La vendita di lumache vive presso banchi

ortofrutta è sotto gli occhi di tutti. Ma è risaputo che vengono gettate vive nell’acqua bollente? Un det-

taglio da conoscere se si decide di ordinarle.

Alternativa - "CHAMPIGNON AL FORNO"

I funghi champignon se cucinati al forno con un buon condimento a base di olio,

aglio e prezzemolo vi ricorderanno per consistenza e gusto le ‘escargot à la bour-

guignonne’ classico intramontabile della cucina francese.

IL MAIALINO DA LATTE

Questo cucciolo di pochi giorni è molto in voga al momento e lo troverete sui Menu dei migliori ristoranti.

Non so dirvi come sia il sapore ma posso dirvi per certo la crudeltà che si cela dietro questa specialità.

Questi piccoli maialini al primo o secondo giorno dalla nascita vengono privati dei denti con delle pinze

e dopo una settimana dei testicoli e della coda. Il tutto nella maggior parte dei casi senza anestesia.

per chiare ragioni di ottimizzazione economica. Quindi la già discutibile uccisione di un

cucciolo viene condita con dettagli che fanno rabbrividire.

Alternativa - "CAULIFLOWER STEAK"

Molto in voga negli Stati Uniti la ‘bistecca di cavolfiore’ è un piatto gustosissimo

che non tradirà le vostre aspettative. Croccante e rosolato all’esterno. Tenero e

gustoso all’interno. Una vera specialità ricca di proteine e sapore.

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del rande:Spiritose Invenzioni

RG

Un universo di stile, gusto e aggregazione

"Ci piace fare i cocktail classici, so-prattutto quelli un po' dimenticati, ma buonissimi se fatti bene” ci spie-ga Ampelio “Ma il nostro obiettivo è stupire e confondere la clientela con novità: ogni 4-5 mesi cambiamo il menù, con proposte sempre nuove e sperimentali. La gente deve restare a bocca aperta assaggiando le nostre creazioni.”

Il menù include cocktail pensati per l'aperitivo e il dopo cena, che parto-no da un distillato di base, con l'ag-giunta di infusi, sciroppi e materie prime. Spesso utilizzato è il Vermouth, un alcolico locale, come nel “15 uo-mini a Manhattan”, la particolare rivisitazione di Ampelio del cocktail originale. E molti altri drink con ingre-dienti che sorprendono il palato ad ogni sorso. Anche la cucina, gestita da Enrico e dal cuoco Nelson ga-rantisce, grazie alla formazione di un importante chef, un'offerta sempre innovativa, con materie prime e pro-dotti di stagione. Dalla cacio e pepe e carbonara, al pastrami e agli hot dog, piatti della tradizione italiana e internazionali accompagnano i sapori dei cocktail.

La Riserva del Grande non delude le aspettative: Ampelio è conosciuto grazie alla sua lunga espe-rienza a Brescia, e da lui ci si aspetta solo il meglio. Il suo lavoro quindicennale ha visto l'esplosione della movida bresciana al Carmine, dove ha lavo-rato per anni al Carmen Town e al Box, e in Piazzale Arnaldo.

La scelta di Ampelio di aprire il suo primo locale, è stata presa col cuore. Dentro Riserva del Grande si trova tutta la sua passione, l'investimento fatto non solo su un cocktail bar, ma sulla città di Brescia e sulle persone che la popolano e che gli hanno regalato molto negli ultimi anni. Ampelio ha origi-ni americane, suo fratello vive là, e con un amico aveva già trovato un appartamento e un lavoro a Brooklyn. “Ero già pronto a partire per fare un'esperienza diversa, ma sono passato davanti a questo posto, vicino al Teatro, che per me ha sempre avuto un grande fascino, e ho preso la decisione difficile di rimanere in Italia, che non rende le cose facili a chi vuole aprire un'attività,” continua Ampelio, “Ho voluto restare a Brescia, dove sono cresciuto, e di cui sono innamorato, anche perché da piccolo, figlio di americani, ho dovuto faticare per integrarmi e ce l'ho fatta. Questo lavoro è la mia vita, e dopo averlo fatto per altri, ora posso farlo alle mie condizioni e per me stesso”.

La Riserva del Grande rispecchia lo stile di vita dei soci e amici storici Ampelio ed Enrico, che dopo anni passati dietro il bancone al centro della movida e dopo il successo del loro Arteinté, hanno voluto creare un locale che accoglie e unisce giovani e meno giovani, che si ritrovano qui per bere

Unione, sperimentazione e personalità sono le parole chiave del locale di Ampelio Zecchini ed Enrico Squas-sina, di fianco all'ingresso del Ridotto del Teatro Grande di Brescia in via Paganora. "Riserva del Grande - Spiritose Invenzioni" è un ambiente unico, che unisce la passione per la cucina semplice e di qualità, e la sperimentazione di cocktail nuovi e sorprendenti.

di Silvia Fusi

SPECIALE LOCALI

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iserva

del rande:Spiritose Invenzioni

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qualcosa e sentirsi a casa, anche dopo una serata a teatro.

Ampelio racconta: “Noi apriamo le porte alla nostra casa, e se decidi di entrare, per noi sei in famiglia. Qui si può trovare tranquillità e pri-vacy, anche grazie alle luci soffuse e ai tavo-lini intimi, e nello stesso tempo è l'ambiente ideale per confrontarsi e conoscere persone nuove di fronte a un ottimo cocktail”.

Un ritorno di successo del bartender italo-a-mericano, che dal bancone, dove ancora forma giovani baristi e crea nuovi cocktail, si è spostato alle redini per organizzare e gesti-re il locale e il personale, e concedersi ogni tanto anche un giorno libero. Serate con dj e musica live, collaborazioni con eventi di spicco in città come il Festival dell'Opera del Teatro Grande e la Festa della Musica. La scorsa estate, in questa occasione, la Riserva del Grande ha allestito un bosco, riproposto anche nel mese di agosto.

“Ci chiamiamo Riserva perché siamo protetti, sia noi che i nostri clienti. È più difficile attirare le persone e farci conoscere, ma una volta che ci hanno conosciuti, si affezionato e tor-nano a trovarci.” s

Riserva del Grande si trova in Via Paganora, 6/A a Brescia. Tel. 3315489365

Facebook Riserva del GrandeInstagram @riservadelgrande

www.biarritzcatering.it

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Speciale Speciale

L’Arte della Decorazione

Da quanto tempo ti dedichi alla decorazione?

Sono quasi dieci anni ed è iniziato tutto per caso, dovendo sostituire un’amica che per mancanza di tempo mi chiese di seguire un suo cliente. Da lì, progressivamente si è trasformata in un’attività vera e propria.

Come vengono realizzati i lavori?

Dalla preparazione delle pareti alla pitturazione, inserti a mosaico, cornici, fino alla decorazione vera e propria, tutti i passaggi e gli interventi non vengono affidati ad altri; persino il trattamento di muffe o l’applicazione di pitture per ponti termi-ci, così non dobbiamo verificare se i lavori di pre-parazione ci soddisfano, “li abbiamo fatti noi”.

Hai un tuo stile decorativo o ti ispiri a quelli del passato e quale preferisci realizzare?

Sinceramente ho sempre spaziato nei temi da lavori quasi fotografici alla pura geometria delle forme, proporre la copia di stili del passato lo evi-to accuratamente, casomai reinterpreto.

Andrea Danieli si è diplomato maestro d’arte in decora-zione pittorica ed ha poi conseguito la Laurea in archi-tettura presso il Politecnico di Milano; citando il suo motto “Abbatti le pareti di casa tua con l’arte” andiamo a scopri-re l’attività di Andan Decorazione d’Interni.

Mi attrae l’arte dell’estremo oriente, ma gli stili del passato devono essere strumento in aiuto alla contemporaneità, riproporli di sana pian-ta per uno spazio che non sia d’epoca è privo di senso se non risponde a bisogni specifici del committente.

Lavori preferiti o che ti piace ricordare?

I lavori più impegnativi. Non solamente quelli difficili da realizzare nell’esecuzione, ma anche quelli che hanno richiesto più tempo nell’arrivare ad una scelta da parte del cliente, ricercando sempre maggiori input per giungere al progetto definitivo, perché l’obiettivo è sempre dare for-ma compiuta ai desideri.

Quindi è il cliente a dire quel che vuole?

Il cliente viene coinvolto, non gli viene chiesto di arrivare con la rivista di design in mano e con il colore di moda, è un metodo che lasciamo agli altri; l’esperienza maturata in questi anni di atti-vità è sempre stata volta a sviluppare soluzioni che siano pezzi unici.

Quindi è un modo differente di lavorare?

Normalmente nella decorazione d’interni le pro-poste sono di routine nella produzione aziendale o legate alla moda del momento solo in appa-renza a tua misura. L’obiettivo invece è darti un risultato sartoriale, lo spazio del tuo quotidiano per il tuo benessere fisico e psicologico.

Come fai a capire i desideri del cliente?

L’attenzione e il tempo dedicato all’intervista conoscitiva trova motivo nella convinzione che tu inconsciamente sai cosa desideri e l’idea è già in te e si manifesta nel desiderio di cambia-mento. Può sembrare un’ovvietà ma altrimenti non ci chiamerebbero.

Ma ti avvali anche di figure professionali speci-fiche?

Sono incontri di ascolto e ci avvaliamo anche della collaborazione della figura della psicolo-ga, specialmente negli interventi per gli spazi de-dicati ai figli, perché non ci si limita a “pitturare” le pareti di casa o del luogo di lavoro, si risponde a desideri e bisogni soprattutto psicologici. Ecco un esempio: realizzare un ambiente in cui le pa-reti trasformano la stanza, diventando il luogo in cui fare “vita da spiaggia” perché particolari problemi lo proibiscono. s

A cura di V.P.

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di Silvia Fusi

MU

SI

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il mito di Freddy Mercury e dei Queen sul grande schermoIl 28 novembre usciva nelle sale dei cinema italiani il film biopic dei Queen, la leggendaria band formata dal chitarrista Brian May, il bas-sista John Deacon, il batterista Roger Taylor e ovviamente il frontman carismatico e virtuoso Freddy Mercury.

Musica

L'idea di realizzare un film che raccontasse la storia del primo ventennio di successo dei Queen fu annunciata proprio dal chitarrista Brian May nel 2010. Dopo una serie di cambi di idea, di regia e di interpreti (il ruolo di Mercury era affidato inizialmente all'attore Sacha Ba-ron Cohen), nel 2017 sono iniziate le riprese con Remi Malek come protagonista e con il regista Bryan Singer: con Bohemian Rhapsody hanno voluto raccontare una storia che va dall'incontro di Freddy con il chitarri-sta Brian e il batterista Roger nel 1970, fino allo storico concerto Live Aid allo Stadio di Wembley del 1985.

Dopo poche settimane dall'uscita del film al cinema negli USA, gli incassi erano di 600 milioni di dollari in tutto il mondo, e la pellicola è rimasta la più vista per settimane.

ART. 14CONVENZIONE ART. 14

Uno strumento utile a sostegno delle imprese

La Provincia di Brescia ha adottato un modello di convenzione art. 14 del DLGS 276/2003

per l’inserimento lavorativo di persone disabili presso cooperative sociali di tipo B

che ricevono commesse di lavoro da imprese soggette all’obbligo di assunzione ai sensi delle legge 68/99. L’azienda committente, che intende avvalersi di questo strumento, stipula con la Provincia di Brescia - Ufficio

Collocamento Mirato Disabili e la Cooperativa Sociale una convenzione finalizzata

all’integrazione lavorativa di persone disabili.

INTEGRA COOPERATIVA SOCIALE ONLUSVia Rose, 24/B - 25126 BRESCIA - Tel. 030.313031 - [email protected] www.integrabrescia.it

INTEGRAZIONE . RISORSE UMANE . CLIENTE

LA SOLUZIONE PER L’ASSUNZIONE OBBLIGATORIA

ATTIVITÀE SERVIZI

L’integrazione con il grupporende gli individui responsabili.Il giusto mix fra integrazione,

risorse umane e cliente.

PULIZIE CIVILI E INDUSTRIALILABORATORIO

INTERVENTIATTIVITÀ COMPLEMENTARI

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Dalla nascita di Farrokh Bulsara da famiglia pakistana, alla storia con colei che Freddy chiamava “l'amore della sua vita” Mary Austin, alla relazione con Jim Hut-ton negli ultimi anni della sua vita, passando per scor-ci della sua vita sessuale, che mostrano un dio solo e incapace di trovare la felicità per tanti anni. Una per-sona fragile e fortissima nello stesso tempo, che cede a dipendenze e frequentazioni sbagliate, rappresen-tate dalla figura del suo manager Paul Prenter, ma che affronta da solo la malattia e l'imminenza della morte, mostrandosi sul palco come quello che era: un re immortale.

Chi ha seguito i Queen tra gli anni '70 e '80, al mo-mento del loro pieno successo, chi li ama da sempre, chi conosce le loro canzoni meglio di qualunque altra cosa, e chi sa tutto della vita dei 4 musicisti, dell'origi-nalità senza precedenti del loro lavoro, può reagire in due modi di fronte a questo film. Può criticarlo e non essere soddisfatto, perché Freddy Mercury non si può rappresentare in due ore di film con una storia romanzata che segue le regole del cinema classico, e che nonostante abbia trovato Remi Malek un ottimo interprete, non può distaccarsi dall'immensità di quel-lo che Freddy era e ha rappresentato.

Dall'altra parte, può invece vedere il film come un modo per onorare con nostalgia la vita di quell'uomo capace di creare capolavori, musicista e composito-re, e rivedere ancora una volta come è nata la leg-genda dei Queen.

Una cosa è certa, la grandezza dei Queen sta anche nel fatto di essere conosciuti da tutti. L'uscita del film Bohemian Rapsody dopo quasi 30 anni dalla morte del loro leader simbolo Freddy Mercury ha fatto sì che chiunque, dai più giovani ai più grandi, dai fan sfega-tati, fino a coloro che avevano solo sentito l'accenno di qualche loro canzone, potesse tuffarsi nel mondo dei Queen e riscoprirlo. Un mondo fatto di musica, arte, estro e magia, come non si era mai vista prima, e come, forse, non si vedrà più.

Quello che emerge dai risultati e dai commenti al film è una sola certezza: i Queen e Freddy Mercury non moriranno mai. Succede così quando si è di fronte ad artisti che oltrepassano la realtà e la vita terrena e di-ventano mito e leggenda.

La trama non segue con estrema esattezza le vicen-de della band, perché si tratta comunque di un film, non un documentario. Pertanto la cronologia delle canzoni e di alcuni fatti importanti, come la scoperta della sieropositività di Freddy Mercury all'HIV, o la ve-rità sulla separazione dei Queen, non si susseguono come nella realtà.

Ma nel film c'è tutto quello che Brian May e i suoi com-pagni han voluto ricordare del loro leader e amico, e della band che loro chiamano famiglia.

Video games

Uscito nel 2018, è un videogioco di azio-ne-avventura, sviluppato e pubblicato da Rockstar Games per PlayStation 4 e Xbox One.

Un viaggio nel Far West Red Dead Redemption II

di Silvia Fusi

Anche se è uscito successivamente, si tratta del prequel del primo Red Dead Redemption uscito nel 2010, ed è il terzo della saga, preceduto an-cora nel 2004 da Red Dead Revolver.

La trama del gioco è ambientata in America nel 1899. Successivamente a una rapina andata male nel paese del Wild West Blackwater, il pro-tagonista del gioco Arthur Morgan e la sua gang Van der Linde, sono costretti a fuggire, con gli agenti federali che li cercano.

Ha così inizio un'avventura per la sopravvivenza, fatta di rapine, omicidi, minacce e sequestri.

Il gioco è in prima persona, il giocatore imperso-

na proprio Arthur Morgan, e può giocare in mo-dalità giocatore singolo o multigiocatore.

A soli 3 mesi dall'uscita del gioco, avvenuta il 26 ottobre 2018, è considerato dalla critica come un capolavoro, grazie non solo alla trama e alla grafica cinematografica, ma anche all'intelli-genza artificiale di ultima generazione che per-mette di interagire con ogni personaggio ineren-te o meno alla narrazione.

Infatti il giocatore si muove all'interno del Far West, incontrando diverse persone.

Il risultato delle missioni dipende dalle decisioni che prenderà durante tutto il viaggio: il suo com-

Musica

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Video games

Il successo di Red Dead Redemption II non si limita al gioco, poiché la casa di produzione Rockstar ha lanciato una linea di abbigliamen-to prodotta da Barking Irons e ispirata al mondo western del videogioco.

Al momento sono disponibili una giacca Gunslin-ger Jacket, due camicie, due magliette polo e tre borse. s

portamento ha effetto innanzitutto sulla sua gang, che è la sua famiglia.

Inoltre, tutti i personaggi che si incon-trano, a seconda delle scelte di Mor-gan, hanno una reazione più o meno positiva.

Arthur ha a disposizione una serie di interazioni e la reazione di ognuno di-penderà dalla sua personalità e dalle sue vicende. Non solo esseri umani, ma anche ani-mali con cui interagire.

Rockstar garantisce una vasta scelta di razze di cavalli, tra cui decidere il fidato compagno del cowboy prota-gonista, ma anche animali selvatici a cui fare attenzione.

Ma sono tante le novità di Red Dead Redemption II che rendono il gioco estremamente realistico, come il ritor-no dei falò, attorno ai quali si creano oggetti nuovi con le risorse raccolte.

Inoltre esiste la possibilità di sparare colpi di avvertimento per far fuggire i nemici prima di ucciderli, fare acroba-zie e giochi con la pistola, la possibilità di andare in alberghi e locande a pu-lirsi e curare la persona e molto altro.

Serie Tv

La storia è ambientata nel presente, con protago-nista la famiglia Pearson, ma ciò che importa mag-giormente sono gli eventi del passato che hanno se-gnato i tre fratelli Kate, Randall e Kevin, rappresentati attraverso flashback che ci mostrano la loro storia.

Come è nato l'amore tra il padre Jack e la mamma Rebecca negli anni '70, e come hanno creato una fa-miglia dando alla luce 3 gemelli.

Nei primi episodi si scopre come questo evento lieto è stato macchiato da una tragedia, perché uno dei tre piccoli non è sopravvissuto al parto. Ma come dirà il dottore che ha seguito il parto, Jack e Rebecca hanno preso “il limone più aspro che la vita

Il titolo parla da sé: This is us siamo “noi”. Con que-sta serie tv, il creatore Dan Fogelman ha voluto rappresentare la vita di una famiglia semplice, di amore e problemi, litigi e armonia.

di Silvia Fusi

This is us:l'amore e la famiglia secondo la serie tv

gli ha dato, e ne han fatto una limonata”.

Nello stesso ospedale infatti quella sera è stato ri-trovato un bambino abbandonato alla stazione dei pompieri, e i neo genitori hanno deciso di adottarlo.

Proseguendo con la visione, le vicende dei tre figli Kate, Randall e Kevin iniziano a prendere forma, e man mano che il passato viene raccontato, vengo-no svelati colpi di scena e momenti importanti che hanno segnato inevitabilmente l'età adulta dei per-sonaggi.

In This is us non c'è un personaggio più importante di altri, perché il vero protagonista è la famiglia, e ciò

This

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Serie Tv

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che hanno vissuto i tre bambini, con il loro padre che oggi non c'è più.

Jack viene rappresentato nei flashback come un padre buono, affettuoso, presente, che ha combattuto con-tro i demoni della guerra in Vietnam, in cui ha prestato servizio da giovane, e dell'alcolismo, dipendenza tramandata da suo padre.

La madre Rebecca è meno perfetta all'apparenza, ha dovuto rinunciare al suo sogno di diventare cantante, ma ne ha realizzato uno che non sapeva di avere: sposare l'uomo della sua vita e creare una famiglia con lui.

Spesso in conflitto con l'unica figlia femmina, si ritrova a dover crescere tre figli adolescenti da sola, mante-nendo una forza incredibile e rappresentando il vero punto fermo della famiglia.

Sono tante le tematiche affrontate dal telefilm, in un modo estremamente delicato, semplice e soprattutto

umano. La lotta contro l'obesità di Kate, che le ha causato tante porte chiuse in faccia, ma da cui lei non si fa fermare, il tema dell'adozione, e di come Randall, un bambino di colore, ha dovuto affrontare l'infanzia e l'adolescenza in una comunità di bianchi, sempre alla ricerca delle sue origini.

E ancora il problema dell'alcolismo, della scelta tra fare la moglie e mamma a tempo pieno, o se dedicarsi alle passioni e alla carriera.

Uno scorcio su uno degli amori più semplici e da favola nel mondo televisivo, e un viaggio introspettivo dentro le gioie e le difficoltà di far parte di una famiglia affiatata e che nulla, nemmeno la morte, può dividere.

This is us è disponibile con le prime due stagioni su Prime Video, mentre è giunto negli USA alla sua terza stagione. s

Arte

Cul

tura

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Arte e Cultura

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Romanticismo

Gallerie d’Italia e al Museo Poldi Pezzoli - Milano

fino al 17 marzo 2019

L’emozione della Modernità:

il Romanticismo italiano in mostra a Milano.

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Porcellane

MarteS Museo d’Arte Sorlinipiazza Roma 1

Calvagese della Riviera (Brescia)

fino al 27 gennaio 2019

Nel Segno dell'ÀncoraPorcellane settecentesche

e capolavori d’arte

Mickey 90

Castello di DesenzanoVia castello, 1

Desenzano (Brescia)

fino al 10 febbraio 2019

L'arte di un SognoTopolino compie 90 anni

mostra per famiglie

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•50 i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

È un progetto interessante e ambizioso quello che si pone alla base della mostra organizzata nelle sale mu-seali della Banca Intesa San Paolo, e curata da Fernando Mazzocca.

Si cerca, per la prima volta, di analizzare scientificamente l’apporto artistico, e per più am-pio respiro culturale, che l’Italia non ancora unita diede all’innovazione del Romanticismo europeo.

Fino al 17 marzo 2019 alle Gallerie d’Italia e al Museo Poldi Pezzoli è allestita l’esposizione ine-dita di oltre 200 opere del nostro Ottocento pit-torico.

il Romanticismo italiano in mostra a Milano

L’emozione della Modernità:

di Elia RobecchiSala d’esposizione della mostra milanese

MostreComunemente, infatti, ogni qual volta si voglia far riferimento a modelli esemplari del periodo, si pensa alle regioni del Nord Europa, in particolare a Germania e Inghilterra, e alle atmosfere sognanti e cupe delle opere di Caspar David Friedrich o dello svizzero tedesco, l’anticipatore Johann Heinrich Füssli. Atteggiamento del tutto comprensibile, muovendo dalla constatazione che il filone romantico ebbe in Italia un’interpretazione totalmente singolare.

A prima vista pare difficilmente conciliabile il tempestoso contenuto delle pitture nordiche con la sostanziale serenità e morbidezza dell’arte nostrana.

Il paesaggio luminoso è preferito rispetto alle rovine gotiche e il contorto mondo dell’incu-bo cede il passo a raffigurazioni storiche di marca classicheggiante.

Tuttavia è nota la discrepanza del sentire fra le regioni europee e di ciò si ebbe esperienza già in epoca rina-scimentale.

Sarebbe riduttivo, oltre che insensato, confinare il fenomeno artistico nella sua principale sfera di influenza, mancando di tenere in considerazione i risvolti che esso produsse nella penisola e le diverse declinazioni che assunse tra le mani degli artisti italiani.

In particolar modo si ha testimonianza di un terreno fertile, fecondato dalla ventata romantica, nella Milano ottocentesca, centro nevralgico della nuova sensibilità artistica.

Meditazione sulla storia d’Italia, Hayez

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Psiche, Tenerani

Sala d’esposizione della mostra milanese

Apertura:

Gallerie d’Italia - Piazza Scala:9.30-19.30 (Giovedì chiusura alle ore 22.30)Lunedì chiusoMuseo Poldi PezzoliVia Alessandro Manzoni 12:10.00-18.00 (Giovedì chiusura alle ore 22.30) Martedì chiuso

tariffe:

10 € accesso in una sola sede del-la mostra,7 € accesso alla seconda sede (previa presentazione del primo biglietto d’ingresso)

catalogo:

Romanticismo - Silvana editoriale 34 euro.

La città del Teatro alla Scala, che attirava i più grandi compositori moderni, di Alessandro Manzoni, il cui capo-lavoro fu prontamente oggetto di interesse all’estero oltre che in patria, assistette alla convergenza di grandi nomi del tempo, quali Francesco Hayez, Massimo d’Azeglio, Giuseppe Molteni, Vincenzo Vela.

Nulla manca nelle 21 sezioni della mostra (16 alle Gallerie d’Italia e 5 al Poldi Pezzoli, sedi a due passi l’una dall’altra, in pieno centro): ognuna di esse concorre a definire il profilo sfaccettato della nuova sensibilità eu-ropea, toccando i nuclei fondamentali della Natura, delle situazioni sublimi, dei richiami poetico-letterari. In-sieme all’apologia del notturno e all’esaltazione degli incontaminati paesaggi naturali trovano posto i soggetti tratti dai Promessi Sposi, le suggestioni letterarie suscitate dal teatro shakespiriano, i raffinati volti di Hayez.

Di grande interesse anche le opere scultoree, tra cui figura la dolce Psiche, realizzata da Pietro Tenerani, tanto cara a Leopardi. s

Associando

Arnaldo da BresciaBUON ANNO a tutti VOI, carissimi soci e simpatizzanti !Un augurio per uno splendido 2019 ricco di soddisfazioni e di attività con l'Arnaldo da Brescia! Di seguito troverete le proposte per il primo mese del nuovo anno.Non dimenticate il TESSERAMENTO 2019: le iscrizioni sono apertissime. La quota è rimasta inva-riata: euro 30 annuali per una carta servizi inclusa di assicurazione.AffrettateVi a rinnovare la Vostra adesione o ad iscriverVi ex novo: troverete in Associazione tanti nuovi amici e proposte diversificate. Interessanti sono anche i suggerimenti per le gite di uno o più giorni effettuate da agenzie di viaggio "amiche".

Sandra & il Consiglio Direttivo

iniziative Gennaio-Febbraio 2019

Lunedì 14 gennaio 2019CONFERENZA ore 17:30Residenza Vittoria, via Calatafimi, 1“I LUNEDÌ DELLA SALUTE!”

In collaborazione con Korian-Vittoria continua il ciclo coordinato dal dr. Luigi Mitoli."Allergie alimentari o intolleranze:un mondo da capire"Relatrice dott.ssa: MARINA BRAGA, Medico Chirurgo-Specialista in Aller-gologia e Immunologia clinica.Ingresso libero

Mercoledì 30 gennaio 2019VISITA GUIDATA ore 16:50/17:00incontro alla Biblioteca Diocesana "Luciano Monari" in via Bollani 20."Una considerabile selva..." Sugge-stioni dal Fondo Antico della Biblioteca diocesana. La mostra, aperta solo fino al 31 gennaio, propone una selezione di circa 50 esemplari, volumi significati-vi datati dal 15° al 18° secolo.Poichè sono esposte rarissime edi-zioni Vi invitiamo a partecipare.Ingresso e guida gratuiti. Obbligatoria la prenotazione al nr 3474122750 entro e non oltre il 25 gennaio.

24 febbraio 2019Chiamate l'Associazione per i pro-gramma dettagliato e riferimento di contatto.Partenza dal casello di Brescia Centro.

SEGNALAZIONE GITA A VIGEVANO E MORIMONDO

Il nostro calendario si arricchisce di anno in anno grazie alla presenza di studiosi e ricercatori che propongono i risultati di studi personali legati a tematiche brescia-ne.E’ un piacere per noi scoprire quanti sono coloro che,magari senza tanto clamore, effettuano ricerche e scoprono inediti relativi al nostro territorio! Troverete anche alcune proposte di viaggi.Se inte-ressati potrete richiedermi direttamente i programmi dettagliati.

Mercoledì 23 gennaio 2019CONFERENZA ore 17:30Residenza Vittoria, via Calatafimi, 1Continuano le seguitissime conversazioni

“CAFFÈ &CHIACCHIERE”

L'UNIVERSITÀ DI ARNALDO,

con Korian-Vittoria,nostro partner.Le nostre conferenze svelano sem-pre ambiti sconosciuti del grande patrimonio storico-artistico bresciano o presentano avvincenti romanzi di autori bresciani come in questa serata"Delitto in La bemolle" - LiberedizioniL'autore: ENRICO GANDOLFINIconverserà con il giornalista Marcel-lo Zane.Intermezzo musicale con pianoforte.Ingresso libero

ResidenzaKorian VittoriaVia Calatafimi, 1BRESCIA

Domenica 27 gennaio 2019GIORNATA DELLA MEMORIAore 15:00Incontro davanti al monumento alla Resistenza-Lungolago Cappelletti Desenzano.In occasione della Giornata della Me-moria Vi suggerisco una visita guida-ta gratuita ideata, proposta e condotta dal prof. GAETANO AGNINI, storico. L'itinerario dura un'ora. Obbligatoria la prenotazione a nome dell'Associazione Arnaldo da Brescia al nr 3288731039

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Lunedì 12 febbraio 2019“I LUNEDÌ DELLA SALUTE!”"La tiroide e le sue patologie"Prof. CLAUDIO CASELLA, Medico Chirurgo. | Prof. Associato di Chirur-gia | Docent di EndocrinologiaUniversità di Brescia

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È la storia di Zero, un bambino diventato ragazzo che fin da subito ha dovuto com-prendere che “le persone possono pure decidere di abbandonarti, di sacrificarti per una nuova relazione”, come ha fatto sua madre. Un giovane che vive in un quartiere popolare, che non si aspetta più nulla dal futuro, perché è stato costretto a crescere troppo in fretta e non ha mai avuto la sua età.Zero, il cui vero nome scopriremo solo alla fine della storia, in un arco temporale che ricopre la sua età dai sette ai diciotto anni, ha compreso che la vita non sempre ti dà quello che pensi di meritare, che spesso ti fa provare la sensazione di sentirti come se tutti fossero nel posto giusto, e tu fossi quello sbagliato e ciò solo perché hai un colore di pelle diverso e se sei nero la gente non vede in te un essere umano, ma un «oggetto da evitare».

Sullo scaffale:

Non ho mai avuto la mia etàEdizioni Mondadori, 2018

Dvd: Blade Runner 2049

Regia di Denis Villeneuve con Ryan Gosling, Harrison Ford, Ana de Armas, Sylvia Hoeks,

Robin Wright

Antonio Dikele Distefano

Un libro che parla di tematiche importanti e attuali come razzi-smo, immigrazione, diversità, le difficoltà delle relazioni, così come rabbia, ingiustizie, desiderio di consolazione, bisogno di riscatto.

L'agente K è un blade runner della polizia di Los Angeles, nell'anno 2049. Sono passa-ti trent'anni da quando Deckart faceva il suo lavoro. I replicanti della Tyrell sono stati messi fuori legge, ma poi è arrivato Niander Wallace e ha convinto il mondo con nuovi "lavori in pelle": perfetti, senza limiti di longevità e soprattutto obbedienti. K è sulle tracce di un vecchio Nexus quando scopre qualcosa che potrebbe cambiare tutte le conoscenze finora acquisite sui replicanti, e dunque cambiare il mondo. Per esserne certo, però, dovrà andare fino in fondo. Come in ogni noir che si rispetti dovrà, a un certo punto, consegnare pistola e distintivo e fare i conti da solo con il proprio pas-sato.Il disordine e la spazzatura della L.A. del 2019 sono un ricordo lontano: ora tutto è ordine, K stesso, come gli ricorda il suo capo, è pagato per mantenere l'ordine. Ma non è facile assolvere questo compito quando i ricordi d'infanzia si mescolano agli interrogativi metafisici e dilemmi che pertengono a tutti gli uomini e anche ai repli-canti. Non è facile quando, come nell'archetipo di ogni detection contemporanea, la tragedia di Edipo, cacciatore e cacciato sono la stessa persona. Dice tante cose, il film di Villeneuve, perchè d'altronde fa parte di un processo di espansione, di creazione di un universo Blade Runner. E di certo la forza interna del racconto, la materia di cui è fatto, è così potente che trascina oltre, come una corrente.

Genere Fantascienza, Thriller - USA, 2017, durata 152 minuti. Uscito nelle sale cinematografiche il 5 ottobre 2017.

Distribuito da Warner Bros Italia.

L'acclamatissimo regista Villeneuve insieme a un pluripremiato cast, riportano il capolavoro della fantascienza al cinema. Trent'anni dopo gli eventi del primo film di Ridley Scott che

stavolta è il produttore.

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•56 •57i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

Giallo in Città

"Tu Quaglio siedi al posto di guida, con le cinture bloccate, ti dispiace?” disse Leali.“Il posto del morto? Se proprio devo…” - il gigan-tesco agente si infilò a fatica sul sedile, coperto da una guaina di plastica bianca della Scientifica.“Vi faccio notare il segno nella parte interna più alta del montante della portiera, una specie di scheggiatura che non c’era quando il signore con il cane ha svegliato il Chirico e questi ha abbassa-to il vetro… Forse significa poco, forse poteva già esserci e lui non l’ha visto, era ancora abbastan-za buio e il pensionato era occupato dal cane e ci vedeva poco, però…” In effetti il segno c’era, come se un metallo più duro avesse strisciato con violenza contro quello più morbido della carrozze-ria della Tipo.

“La scalfittura nella portiera della Tipo” disse Man-coni leggendo dalla relazione della Scientifica. “Stiamo eseguendo un incidente probatorio!”“No, non c’è un sospetto, né un testimone che po-trebbe venir meno, né una prova che potrebbe andare distrutta. Per favore leggi cosa dice l’au-topsia riguardo i residui di polvere da sparo sulle mani” – rispose Leali. Tutti si erano stretti intorno allo spazio tra la Tipo, il commissario e l’ispettore, nessu-no perdeva una parola, un movimento.“…ecco qui…segni di trasferimento di polvere da sparo su tutte e due le mani del soggetto…” - Man-coni si arrestò, perplesso.

“Non quadra, vero? Ne abbiamo visti e fatti esa-minare cadaveri sparati da dietro a bruciapelo: nessun segno di polvere da sparo sulle mani, ovvio. Oppure colpiti di fronte: polvere su entrambi i palmi delle mani, alzate nel tentativo d’istinto di ripararsi. Ma qui… ho riflettuto su questo fatto: la mano si-nistra va bene, intravedi una figura, l’arma, fai un gesto istintivo di difesa, ma l’altra mano? Sei legato alle cinture, diventa una torsione complicata…a meno che tu….” – restò lì, con la frase a mezz’aria.“A meno che? - chiesero insieme Manconi e Lullo, mentre Quaglio si contorceva sul sedile, trattenuto dalle cinture, cercando di rivivere la scena e giran-

dosi di scatto, prima con una mano alzata, poi con tutte e due. Leali aprì il bagagliaio della Tipo.“In verità tutto comincia la notte prima” – rispose Leali, estraendo dal bagagliaio un attrezzo arti-gianale: una canna telescopica di alluminio alla quale era stato applicata un’ancorina d’acciaio a tre punte, bloccata da vari giri di nastro telato d’argento, resistentissimo. “Questo attrezzo mi ha acceso una luce, proprio perché non riuscivo a ca-pirne l’uso e la presenza nella macchina. Ma nota-te quel segno sul muro di fronte, appena sopra la porta finestra che dà sul balcone del primo piano, giusto in mira al segno nel montante della portiera, è un’altra scalfittura, la tinta è stata portata via, si intravede sotto l’intonaco. Seguitemi”.

Aprì il portoncino dello stabile usando le due chiavi rinvenute da Lullo nel mazzo di quelle della Tipo, fece passare Elena e Manconi, Lullo. Salirono le due rampe dello scalone che divideva le due par-ti della palazzina. Arrivati sul pianerottolo dove si apriva il bovindo e partivano i due brevi corridoi che portavano ai quattro appartamenti del primo piano, Leali indicò il soffitto.

“Questa botola?” – chiese Elena. “Porta al sottotet-to e ai lucernari che danno accesso al tetto, ai co-mignoli e alle antenne. Vediamo se la mia idea…”La porta del signor Camisani si aprì e l’ometto si affacciò con l’aria di chi non vuol perdersi lo spettacolo per nulla al mondo. La porta di fronte rimase chiusa. Nessun rumore dall’appartamento di Luisa. Leali fece scorrere l’asta telescopica fino alla lunghezza desiderata, strinse la vite di chiusu-ra, quindi la usò per sollevare la botola che si alzò senza rumore, come fosse azionata da uno stan-tuffo meccanico, scoprendo un anello metallico. Leali lo arpionò con l’ancorina d’acciaio e diede uno strappo: una scala di alluminio scivolò verso il basso, fermandosi a contatto del pavimento sotto-stante con un rumore attutito.

“Semplice: da qui si entra nel sottotetto, dai lucer-nari si esce sul tetto. Serve per l’ispezione e per la

Appuntamentocon il giallo

di Renzo Mosca

6a

puntata

L'Ultima Notte Di Mattia CSei - Ultimo Capitolo

e ultima

Fine.

manutenzione, oltre che agli antennisti. È servita a Mattia C. la notte prima della sua morte, per pre-parare tutto. Manconi e Lullo andate avanti voi, la signora seguirà e io salirò per ultimo!”La luce era diffusa nel sottotetto e i quattro videro subito la borsa gialla dell’Esselunga lasciata sotto il lucernario che dava sulla parte spiovente del tetto verso la piazzetta, giusto sopra l’appartamento di Laura, il segno nel muro e, seguendo una linea ide-ale, la vettura di Mattia Chirico. Manconi uscì per primo sul tetto: “Cristo! Venite a vedere!”

… Era tutto pronto. La notte prima era salito con il necessario, l’appartamento di Laura era silenzioso, nessuno sulle scale, nessuno sul pianerottolo. Aveva usato una pila frontale per non accendere la luce sul pianerottolo e avere le mani libere. Usando la canna telescopica aveva fatto scendere la sca-la dalla botola ed era salito nel sottotetto, con la borsa gialla dove teneva il necessario per quello che doveva fare. Camminava lentamente, a pic-coli passi e non per non fare rumore. Capiva che da quel momento tutto era scritto, senza ritorno, e lui voleva vivere ogni attimo e fissarlo e nel luogo e nello spazio deciso dal destino. Si fermò sotto il lucernario che dava sulla piazzetta dove aveva posteggiato la Tipo. Da lì era uscito all’aperto, una breve vertigine, subito sedata dall’aria fresca della notte. Aveva tolto l’occorrente dalla borsa, aveva annodato l’elastico da jumping al comignolo e il resto all’altro capo dell’elastico usando il nastro adesivo grigio telato, in modo saldo e irremovibile; domani avrebbe potuto fare le cose con calma, tutto era pronto…

Sistemò la corda elastica e il resto nella borsa gialla dell’Esselunga e lasciò il tutto nel sottotetto, sotto il lucernario accostato. Scese, rimandò la scala lun-go la sua guida e chiuse la botola. Domani sarà l’ultima notte – pensò -…tornò in macchina, lasciò la canna telescopica nel baule, sedette al volante e come sempre restò ancora un poco in uno stato di dormiveglia dove poteva mescolare i ricordi con i sogni e il sonno. Poi dormì fino a quando il vibrare del cellulare contro il polso lo destò. Era tempo di

attraversare la città deserta e addormentata e di tornare a casa.L’ultima notte fu la più breve della sua vita. Avreb-be voluto vegliare, ricordare solo i momenti felici, sognarli, ridestarsi, sceglierne altri e tornare a so-gnarli. Ma non andò così. Appena chiusi gli occhi si addormentò profondamente, certamente sognò, ma ricordò solo che stava passeggiando con lei su un sentiero di montagna, inondati dal sole e dal vento, toc, toc, qualcuno bussava al finestrino, si svegliò di soprassalto, era l’alba, era tardi, il signore si allontanò col suo cane brontolando. Mattia uscì di corsa, raccolse la canna telescopica dal baga-gliaio, lasciandolo aperto, corse al portoncino e lo aprì, salì le scale, fece scendere la scala dalla bo-tola, corse alla borsa sotto il lucernario, estrasse il revolver, fissato alla corda da jumping, controllò che avesse la sicura, salì sul tetto e lo calò: la corda arrivava appena sotto il balcone di Laura. La stra-da era ancora deserta!

Scese dalla botola e la richiuse, poteva solo spera-re che nessuno stesse passando in quel momento, volò per le scale, fu in strada, sotto il balcone. Con l’ancorina dell’asta telescopica agganciò il pon-ticello dell’arma e la tirò versò di sé, togliendo la sicura. Quando l’afferrò cominciò a tirare, la resi-stenza dell’elastico aumentava, a fatica attraversò lo spiazzo fino alla macchina, gettò l’asta nel ba-gagliaio e lo chiuse usando un piede, rischiando di farselo sfuggire fece passare il revolver nel finestrino aperto, lo riprese con le due mani e chiuse la por-tiera usando il gomito. La tensione dell’elastico era così forte che dovette usare tutte le ultime energie per bloccare la cintura e puntarsi l’arma alla tem-pia usando le due mani. Sarebbe volata fin sul tetto, una volta rilasciata, un secondo più tardi avrebbe colpito le tegole e un comignolo e sarebbe partito il secondo colpo udito dai testimoni. Aspettò che il cuore si calmasse. …

“O cara speranza, quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla…” mormorò e furono le sue ultime parole. s

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•58 i ONNA,D ammamO, i ONNA,D ammamO,

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