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Monarchia e profetismo “Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità” Dt 30,19-20

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Monarchia e profetismo

“Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la

maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua

discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla

sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la

tua longevità”

Dt 30,19-20

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INTRODUZIONE

“Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione.

Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza,

amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui,

poiché è lui la tua vita e la tua longevità” Dt 30,19-20

Ancora un anno passato insieme per approfondire la Bibbia.

Parole come vita, morte, via, cammino, hanno cadenzato il nostro passo.

La storia di un popolo ci ha aiutato a leggere la nostra storia.

Il bisogno di stare insieme per pregare, approfondire e meditare la Parola è stato forte e ci

ha riempito di gioia.

L’amicizia fra di noi si è rinsaldata.

Questo libretto vuole semplicemente essere la testimonianza dello studio biblico fatto insieme da

un gruppo di donne, sperando che possa essere utile a chi, come noi, sente il desiderio di

avvicinarsi all’Antico Testamento semplicemente senza troppe pretese.

La riflessione di Adriana raccoglie il “sentire” di tutte noi:

“Nel riprendere e proseguire lo studio della Parola di Dio, scopro quanto la Bibbia sia un Libro

unico.

L’anno biblico 2011/2012 l’abbiamo iniziato ponendo l’attenzione alla profetessa Culda.

Questa figura dell’Antico Testamento sconosciuta a molti, mi ha dato l’opportunità di accostarmi

alle straordinarie donne della Bibbia.

Mi è impossibile nominarle tutte, alcune di loro però mi hanno affascinato: Sifra e Pua, Raab,

Agar, Debora, Giaele, Anna, Rut, Betsabea, Culda, Maria, Maddalena…

Donne che, in epoche e situazioni diverse, hanno contribuito alla realizzazione del piano divino.

Hanno vissuto in tempi lontani, tuttavia le possiamo considerare nostre contemporanee perché in

loro scopriamo aspirazioni, problemi, speranze e ambizioni che appartengono anche a noi. Agli

occhi di Dio, le differenze sociali non contano, che una donna sia regina o popolana, rispettata o

disprezzata, sposata o nubile, il suo progetto non cambia.

Sono rimasta molto colpita dagli interventi di Dio nella storia del suo popolo: per portare avanti il

suo disegno di salvezza rende feconde donne sterili, valorizza e chiama donne umili come Maria

che con il suo Sì, nella “pienezza del tempo”, ha dato alla luce il Figlio, “il Verbo fatto Carne”.

Il valore e il coraggio delle donne non è solo dei tempi antichi, anche oggi come allora, molte

donne cadenzano la loro vita con il desiderio di consolare, di trasmettere fiducia e speranza,

facendo scelte coraggiose e d’amore.” Adriana

♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦

I nostri testi guida sono:

la Bibbia

la LINEA DEL TEMPO

“Piccola guida alla Bibbia” di Sandro Gallazzi

“La Formazione del Popolo di Dio” Ed La Piccola Editrice

“La Lettura Profetica della Storia” Ed La Piccola Editrice

Abbiamo consultato altri testi di studio come da bibliografia.

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1° INCONTRO: Le quattro tradizioni dell’Antico Testamento. La Profetessa Culda e la Tradizione Deuteronomista

Per questo primo incontro di giovedì, 6 ottobre 2011, abbiamo avuto la fortuna di avere con

noi p. Fausto Beretta e suor Antonietta Defrancesco, missionari tornati dal Brasile che

desideravano conoscere il nostro gruppo.

Accoglienza

Canto dello SHEMAʽ: Ascolta Israele

Preghiera Dt 26,1-11: il Credo dell’israelita

Testo di studio: 2Re 22,1-20

p. Fausto ci introduce al tema

Leggiamo insieme Dt 26,1-11: è il credo degli Ebrei e padre Fausto lo accosta al nostro

Credo. In questo testo si fa memoria della liberazione dalla schiavitù e del dono della terra;

con l’offerta delle primizie, il popolo riconosce che questi frutti sono un segno tangibile

dell’amore di Dio che mantiene sempre tutte le sue promesse.

Il primo comandamento, dice padre Fausto, è “ascolta – ricorda”.

Ricorda i segni dell’amore di Dio durante la tua vita, per questo lo amerai.

Lo Shemaʽ è il primo comandamento. Dio è Padre, l’amore è sempre una risposta a

un’esperienza d’amore, per questo noi crediamo in Dio. Se quella che viviamo è

un’esperienza, allora dobbiamo sempre “ricordare, ascoltare e ringraziare” per tutto ciò che

Dio ci ha donato e continua a donarci.

La Bibbia deve essere vissuta, non studiata.

Per la costruzione di una casa occorre partire dalle fondamenta e poi man mano salire e fare

tutto quello che occorre per avere un edificio stabile, così per avvicinarci alla Bibbia, è

necessario conoscerne l’inizio: Abramo era asiatico, pastore a Ur, il moderno Iran, Mosè

invece era un “impresario” africano, alla corte del faraone, di ognuno di loro si narra la

storia. Per capire meglio portiamo un esempio: oggi c’è una crisi, ma ciascuno la vive e la

racconta in base alla propria esperienza. Chi scriverà del periodo che stiamo vivendo, lo farà

partendo dalla propria ottica, sicuramente chi è al governo lo farà da una prospettiva

totalmente diversa da chi è all’opposizione, i ricchi non vivranno la crisi come molti operai

che hanno perso il lavoro e non hanno di che vivere, dunque i punti di vista saranno

completamente discordi tra loro, pur raccontando gli stessi fatti. Dio costruisce la sua storia

dentro la storia del popolo, ma ciascuno la racconta dal suo punto di vista, ecco perché nella

Bibbia troviamo gli stessi fatti riportati in modi diversi, a volte contrastanti.

Padre Fausto ci invita a leggere insieme 2 Re 22,1-20: la storia di Culda.

Durante il regno di Giosia, re giovane, mentre si stanno facendo le riparazioni nel tempio,

alcuni operai trovano il Libro della Legge (probabilmente il codice deuteronomico = Dt 12-26),

lo scriba lo legge davanti al re. Giosia ascoltando, riconosce che la vita condotta da lui e dal

suo popolo è piena di violenze, inganni, soprusi, prepotenze: è completamente contraria al

Libro della Legge. Culda è una donna povera e analfabeta, che ama gli umili e i sofferenti e

si riconosce in loro. È considerata una donna di Dio e viene consultata dagli emissari del re;

lei con intuizione profetica, afferma che il libro trovato nel tempio è la vera Legge di Dio:

tutto deve ricominciare da questa legge, cioè dai poveri, da chi sta soffrendo.

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Culda mette in crisi tutta la situazione!

Il re Giosia, ascolta la profetessa e ha il coraggio di iniziare una riforma totale ed esigente,

anche se presto verrà ucciso.

L’opera storica deuteronomista, nasce dall’intuizione della profetessa Culda.

I libri che ne fanno parte, narrano la storia d’Israele dall’ingresso nel paese di Canaan fino

alla deportazione e all’esilio in Babilonia e sono:

Giosuè – Giudici – 1° e 2° Samuele – 1° e 2° Re

Ci raccontano la Storia del popolo e dei Re con un’ottica profetica, con un pensiero centrale:

la terra è di tutti perché appartiene a Dio. La tradizione deuteronomista continua a ricordarci che Dio è sempre presente nei poveri,

ascolta il suo popolo per liberarlo e giudica i re: l’infedeltà dei re al progetto di Dio sarà la

causa della distruzione di Israele. L’altra storia, scritta dalla parte dei re e del tempio, la

troviamo nei libri di 1° e 2° Cronache, Esdra e Neemia. Nella Bibbia possiamo trovare

racconti che ci mostrano re Davide “santo” e vicino a Dio, in altri lo scopriamo un grande

peccatore. Salomone, per chi vive il potere è un grande re, per i poveri è un tiranno che li ha

traditi e li ha resi schiavi.

Gesù ricomincia a formare il suo nuovo popolo dalla parte opposta dei potenti, i suoi

discepoli sono pescatori e nel suo ministero ha molta attenzione per le donne. Nel vangelo di

Marco scopriamo che la suocera di Pietro è stata la prima donna che ha guarito.

E’ interessante riscoprire la Bibbia, facendo emergere l’importanza delle donne.

La profetessa Culda è stata completamente dimenticata!

Padre Fausto ci ricorda che le prime discepole di Gesù erano donne.

Le donne che stavano ai piedi della Croce hanno servito, seguito e sono salite con Gesù sulla

strada del Calvario diventando testimoni della resurrezione. Chi “vive” il primo

comandamento: Ascolta Israele e ricorda è soprattutto la donna. L’evangelista Luca, pur

non avendo conosciuto Gesù, ci parla di Maria, del coraggio del suo “sì”.

Per finire p. Fausto ci ricorda che il CREDO non è una formula da recitare, ma è da vivere

concretamente, come dice San Paolo “non sono più io che vive, ma Cristo che vive in me”.

Culda, profetessa al tempo della riforma di Giosia = 2Re 22,1-20 (tolto da “Lettura profetica della Storia” e da “Fonte di acqua viva”)

Culda appare nella Bibbia al tempo di Giosia, nel contesto della riforma deuteronomista.

Quando Giosia scopre il contenuto del libro della Legge nascosto nel Tempio e trovato dal suo

segretario, scopre anche l’infedeltà del popolo e del suo antecessore Manasse. Manda allora cinque

uomini fidati, tra loro il sacerdote Elchia, a consultare YHWH dalla profetessa Culda, che prevede la

sciagura di Gerusalemme e dei suoi abitanti. Il popolo soffre perché si è allontanato da YHWH e dalla

sua legge. Soltanto un richiamo alle antiche leggi, alla fedeltà assoluta e intransigente verso YHWH,

può salvare il popolo dalla disperazione, dalla decadenza e dalla distruzione.

La riforma che il re Giosia (640-609) intraprende è una riforma totale ed esigente. Una riforma che

viene avvallata e legittimata da una donna: Culda. Il re tranquillizzato, incoraggiato e spronato dalle

parole della profetessa Culda, inizia con coraggio la sua opera riformatrice. L’azione profetica di

Culda è simile a quella di molti altri profeti che erano consultati da re, sacerdoti e capi del popolo, in

momenti decisivi della storia del popolo di Dio. Il suo ruolo è quello di risvegliare nel popolo la

memoria e la coscienza della fede, molte volte assopita.

Culda ci ricorda che anche le donne possono fare cultura; anch’esse sono soggetti storici, capaci di

decisioni etiche. Per la forza del Signore, sono rese libere e responsabili di annunciare la Parola,

incoraggiare riforme profonde, sostenere cammini di liberazione.

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SUSSIDIO 1

LE QUATTRO TRADIZIONI DEL PENTATEUCO

La Bibbia: un album fotografico della famiglia di Dio

La Bibbia sembra un album fotografico di famiglia: questo album presenta la realtà storica

attraverso tre dimensioni: i fatti, la memoria e gli scrittori.

Sono molti i fatti narrati dalla Bibbia. Episodi che hanno lasciato l’impronta e hanno segnato

il cammino. Lotte e parole che hanno convocato il popolo, gli hanno dato una sua identità

quella di Popolo eletto di Dio. L’hanno liberato e destinato ad una missione.

La memoria ha scattato e conservato le fotografie di alcuni di questi fatti. La memoria del

popolo ha usato macchine fotografiche diverse ed ha realizzato fotografie da vari angoli e

distanze. Qualche volta sono risultate sfocate e troppo piccole, per cui è stato necessario fare

ritocchi o ingrandimenti. Il popolo ha conservato queste “riprese” in vari cassetti e archivi.

Alcune sono rimaste nel negativo. Certe foto sono andate perdute, altre dimenticate, di

qualcuna sono rimasti solo piccoli pezzi.

Gli scrittori, sotto l’ispirazione dello Spirito Santo, hanno avuto il compito di comporre

l’album di famiglia di Dio. Hanno cercato di mostrare il cammino fatto dal popolo, affinché

coloro che oggi vedono questo album della Bibbia, conoscano Dio, la sua volontà e il suo

progetto. Più che presentare episodi, interessa loro rivelare il volto di Dio, la Sua presenza

in mezzo al popolo. La Chiesa legge, ed ha sempre letto, questi testi sapendo che “le cose

divinamente rivelate, che sono contenute ed espresse nei libri della Sacra Scrittura, furono

scritte per ispirazione dello Spirito Santo”. Molti sono stati gli scrittori della Bibbia, vissuti

in epoche e luoghi diversi. Avevano a loro disposizione casse e archivi pieni di foto.

Ciascuno seleziona, completa, adatta le fotografie a seconda delle circostanze e degli

obiettivi di maggior interesse per trasmettere il messaggio che desidera comunicare.

La situazione e la fede vissute da questi gruppi di redattori, sono molto importanti per

scoprire il messaggio nascosto dietro le loro parole e le diverse narrazioni. A volte proiettano

in questi testi qualcosa della loro situazione ed esperienza di fede. In questo modo elaborano

racconti, o completano quelli di altri, introducendo fatti e parole nella vita e nella bocca di

personaggi importanti come Abramo e Mosè, quando in realtà sono situazioni e problemi che

gli stessi scrittori stavano vivendo o volevano risolvere, per dare al popolo un messaggio che

rafforzasse la fede e lo aiutasse a vivere il Progetto di Dio.

La teoria delle quattro tradizioni

Chi sono i redattori di Genesi, Esodo, Deuteronomio, Giosuè e Giudici, libri che abbiamo

scelto di studiare in questo secondo volume del nostro programma di formazione biblica?

Molte teorie hanno tentato una risposta. Una di esse è la Teoria delle Quattro Tradizioni,

elaborata fin dal XVII secolo. Secondo questa teoria ci sono quattro gruppi di redattori,

quattro redazioni o correnti di scrittori che hanno partecipato all’elaborazione del Pentateuco

e degli altri libri. Questi gruppi sono denominati: Jahvista (J), Elohista (E),

Deuteronomista (D) e Sacerdotale (P). Presentiamo brevemente ciascuno di questi gruppi,

mettendo a fuoco due punti fondamentali: la situazione e l’esperienza di fede.

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1. La tradizione Jahvista:

Il redattore principale è quello Jahvista (J), così chiamato perché dà a Dio il nome di YHWH.

a) La situazione

Ha inizio verso il 950 a.C., a Gerusalemme, capitale situata nel sud del regno. Sono gli ultimi

anni di Salomone, quando arriva la crisi della divisione del regno. Comprende il racconto

dalla creazione dell’uomo alla conquista di Babele e dalla promessa di Abramo alla

conquista di Canaan. I testi di questa tradizione sono intercalati con quelli di altre tradizioni,

ed a volte è difficile distinguerli fra loro.

b) Esperienza di fede Il redattore jahvista riprende e valorizza la Pasqua, l’uscita dalla terra della schiavitù verso la

Terra della Promessa. La Promessa è il pilastro fondamentale e vengono evidenziate le

“benedizioni” necessarie per ottenerla. Dimostra particolare interesse alla risposta che il

Popolo dà al suo Dio. E’ una lettura della storia e dei suoi segni lasciati nel passato. Ha uno

stile molto originale e ci rivela un Dio vicino.

2. La tradizione Elohista

Il secondo redattore è quello Elohista (E) così chiamato perché dà a Dio il nome di Elohim.

a) La situazione

Inizia verso l’850 a.C., nel Regno di Israele, formato dalle “dodici tribù del nord”. Ha avuto

la sua origine nei circoli profetici e si è basato su tradizioni orali molto antiche. Questa

tradizione non parla dell’origine dell’umanità, ma inizia con la storia di Abramo. Nell’attuale

redazione del Pentateuco appare in forma più frammentaria di quella dei testi jahvisti. Uno

dei racconti elohisti più conosciuti è il sacrificio di Isacco.

b) Esperienza di fede I personaggi messi in evidenza dal gruppo elohista sono Giuseppe, con i suoi figli Efraim e

Manasse, e Giosuè, tutti legati alle tribù del nord. Riprende le tradizioni dell’Esodo e del

deserto al fine di ricordare e rivivere i Dieci Comandamenti e il Codice dell’Alleanza. Il suo

contenuto è meno monarchico. Mette l’accento sulla trascendenza di Dio che si manifesta per

mezzo di visioni e sogni e non direttamente, come nella tradizione jahvista. Viene dato

rilievo ai personaggi profetici, L’aspetto cultuale passa in secondo piano; l’unione tra Dio e

l’uomo si realizza nell’Alleanza.

3. La tradizione Deuteronomista

Il terzo redattore è il Deuteronomista (D), così chiamato perché descrive la “seconda legge”

destinata alla riforma del popolo (deuteros=seconda, nomos=legge)

a) La situazione

Inizia la sua opera verso il 650 a.C., nel regno di Giuda. Il Regno del Nord era caduto nel

722 a.C. e molti israeliti fedeli, leviti e scrittori, si erano rifugiati nel sud, portando la loro

esperienza e i loro scritti, per condividerli con i fratelli del regno di Giuda, soprattutto a

Gerusalemme. Questo racconto inizia con la tappa finale del deserto, al termine della vita di

Mosè. Vengono attribuiti al Deuteronomista i libri del Deuteronomio, Giosuè, Giudici,

Samuele e Re. Un primo nucleo deuteronomista fu probabilmente elaborato nell’VIII secolo,

durante il tentativo di riforma del re Ezechiele. Un secondo nucleo fu redatto a partire dalla

riforma di Giosìa, alla fine del VII secolo. La redazione finale avvenne durante l’esilio

babilonese.

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b) Esperienza di fede Il gruppo deuteronomista, volendo motivare la fedeltà del Popolo, mette in evidenza la figura

di Mosè, l’Alleanza e l’elezione del Popolo di Dio. Stimola la memoria del passato per

attualizzare la legge e rendere più viva la celebrazione delle feste e della liturgia. Annuncia

un amore riverente verso YHWH e come conseguenza l’amore verso i poveri e i bisognosi.

E’ un autore profondamente umanitario.

4. La tradizione Sacerdotale

Il quarto redattore è il Sacerdotale (P). Fu chiamato così perché il suo stile è quello di una

legislazione sacerdotale e rituale.

a) La situazione

La maggior parte dei testi viene scritta nel 550 a.C., durante l’esilio babilonese, ma la parte

finale viene redatta dopo l’esilio. L’Impero babilonese invase Giuda, distrusse Gerusalemme,

il tempio, le mura, le case e deportò la maggior parte degli abitanti in Mesopotamia; solo

alcuni rimasero nella Palestina. I deportati entrano in una tremenda crisi di fede. Molti

dimenticano YHWH perché pensano che li abbia abbandonati. Sono scritti composti da testi

legislativi, fra i quali è particolarmente importante il Levitico.

b) Esperienza di fede

Il gruppo sacerdotale, che sviluppa poi una visione legalista e cultuale, matura attraverso

l’esperienza dell’esilio. Vuol offrire al popolo un messaggio di speranza e consolazione.

Cerca di identificare il Dio creatore con il Dio liberatore e presenta YHWH come il Dio la

cui parola crea e mette ordine: “Dio vide che tutto quello che aveva fatto era cosa molto

buona” (Gn 1,31). Lo stile è più arido e incline a numeri, liste, genealogie. Ha una visione

giuridica e cultuale della storia di Israele. Insiste sul riposo del sabato, la circoncisione,

l’Arca, il culto e il sacerdozio. Dio entra in rapporto con il popolo solo attraverso i suoi

intermediari dediti al culto, i sacerdoti e i leviti.

La redazione attuale del Pentateuco

Abbiamo visto che questi gruppi di redattori sono vissuti in epoche e situazioni diverse e

solo poco a poco le varie tradizioni e testi si sono uniti per formare un complesso unico: il

Pentateuco attuale. Quando, nel 733 a.C., gli assiri distruggono il Regno del Nord (Israele), i

sacerdoti e i leviti si rifugiano nel Regno di Giuda, portano con sé gli scritti elohisti. Durante

il regno di Ezechia (700 a.C.), avviene una fusione della tradizione jahvista con la tradizione

elohista. La tradizione deuteronomista riveste molta importanza all’epoca della riforma di

Giosìa (620 a.C. c.ca). Durante l’esilio, accanto alla tradizione jahvista e deuteronomista,

sorge la tradizione sacerdotale. Esdra è il continuatore del gruppo sacerdotale; verso il 450

a.C. unisce le quattro redazioni. E’ il tempo della restaurazione ed è urgente ricostruire il

popolo appoggiandosi su tre pilastri: il Tempio, la Razza, la Legge. E infatti, è soprattutto

questo il contenuto del Pentateuco e di altri libri. Non dimentichiamo che il responsabile e

ispiratore di questo album è Dio stesso, Padre di questa famiglia. Tutta la Bibbia è stata

scritta “sotto l’ispirazione dello Spirito Santo” (cfr. 2Tm 3,16; 2Pt 1,19-21; 3,15-16). Ha Dio

come autore e come tale è stata consegnata alla Chiesa. Per scrivere i Libri della Bibbia, Dio

ha scelto degli uomini come suoi strumenti. Gli scrittori si sono serviti delle loro capacità e

mezzi e hanno agito come veri autori, attraverso loro Dio ha scritto quanto ha voluto. E’ per

questo che le Scritture hanno Dio come autore ed è con questa caratteristica che sono state

trasmesse alla Chiesa (cfr. DV 11).

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FONTI DEL PENTATEUCO

Narrativa Legislativa

NORD E (Elohista) D (Deuteronomista)

SUD J (Jahvista) P (Sacerdotale)

OPERA STORICA DEUTERONOMISTA

I libri storici che fanno parte della tradizione deuteronomista sono:

Giosuè

Giudici

1° e 2° Samuele

1° e 2° Re

Questi sei libri narrano senza interruzione la storia d’Israele, dall’ingresso nel paese fino alla

deportazione e all’esilio.

L’ordine dei libri nella Bibbia ebraica insegna a leggere questi libri da Gs a 2Re senza Rut,

chiamati profeti anteriori, insieme con i profeti posteriori Is, Ger, Ez e il Libro dei Dodici

Profeti, come interpretazione profetica della storia d’Israele.

L’Opera Storica Deuteronomista e il Pentateuco hanno molteplici collegamenti.

Il confine temporale fra le due opere è costituito dalla morte di Mosè e dal passaggio del

comando a Giosuè.

Nei sei libri della Storia Deuteronomista sono rappresentati circa 700 anni di storia.

Un terzo dell’opera racconta 100 anni di storia del regno del Sud, che comprende i regni di

Saul, David e Salomone.

Una datazione precisa degli avvenimenti è possibile solo perché Israele, nel IX sec, è

menzionato in documenti scritti dell’Assiria.

Nell’Opera Deuteronomista il fulcro tematico è la critica alla monarchia: una novità assoluta nel quadro della storiografia dell’ Antico Oriente.

Tratto da

“LA FORMAZIONE del POPOLO di DIO” collana “La tua Parola è Vita” La Piccola editrice.

E da: “Atlante della Bibbia” di A. Ohler Queriniana.

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2° INCONTRO: LE TRIBÙ nella TERRA di CANAAN

Accoglienza

Preghiera: Salmo 33 (32)

Testo di studio: Gdc 2,6-3,6

Durante la preghiera del Salmo, ci siamo raccontate ancora una volta le nostre esperienze

che si rinnovano sempre, alla luce del cammino dello scorso anno, abbiamo cercato di farne

memoria:

Quali eventi o personaggi, dei libri biblici che abbiamo affrontato insieme, mi hanno

colpito e perché?

Sono riuscita a legarli alla mia esperienza di fede, alla mia vita?

Raccontandoci anche quello che abbiamo vissuto nel primo incontro.

Il nostro testo: “Piccola guida alla Bibbia” da pag. 49 a pag. 53/a ci introduce

benissimo al tema in questione.

Il secondo sussidio, come introduzione al Libro dei Giudici, ci aiuta a capire meglio

questo libro non semplice.

Divisione del testo di Giudici 2,6-3,6 e sua analisi

Gdc 2,6-9 = Giosuè è in mezzo al popolo.

Come si comporta il popolo e perché.

Gdc 2,10-13 = Una nuova generazione: come si comporta, quali azioni e perché.

Gdc 2,14-15 = La risposta di YHWH

Gdc 2,16 = Altra risposta di YHWH. Fai il confronto tra i due testi.

Gdc 2,17-19 = Come reagisce il popolo, elenca le varie situazioni.

Gdc 2,20-3,6 = Le nazioni straniere convivono con le tribù d’Israele.

Analizza con attenzione quali sono i motivi che evidenzia il testo.

Il confronto e la condivisione, oltre allo studio, sono state le basi fondamentali del nostro cammino.

Ogni gruppo ha cercato di confrontarsi in precedenza per poi condividere insieme.

La regola che abbiamo sempre cercato di tenere presente è la libertà di studio e di applicazione, ciascuna

ha fatto secondo le proprie possibilità.

La cosa più importante e che ci sta a cuore è lo stare insieme, cercando di scoprire, alla luce della Parola,

la presenza di Dio che cammina con noi.

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◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Abbiamo pensato di aggiungere quello che è emerso nella condivisione di ogni incontro. È la

memoria, dunque non è tutto quello che ci siamo dette, non sono tutti i sentimenti e le emozioni di

quella mattinata insieme, ma noi ci ritroviamo in questi appunti e rileggendoli rivediamo i nostri

volti e riviviamo quei momenti.

LE TRIBÙ nella TERRA di CANAAN:

Secondo incontro 20 ottobre 2011

MEMORIA

Accoglienza:

Accendendo il lume ricordiamo:

La presenza di Dio in mezzo a noi

La Parola che illumina la nostra vita

Ci siamo anche dette che la presenza di Dio ha un volto concreto, si manifesta lasciando le

sue “orme” nella nostra vita come ci ha fatto notare p. Fausto. Abbiamo voluto, nel cero

acceso, ricordare chi oggi, pur nelle difficoltà e nelle persecuzioni, sa mantenere viva la

propria fede, come ha fatto la profetessa Culda al tempo di Giosia.

Preghiera: salmo 33 (32)

Insieme abbiamo fatto memoria di quello che ci ha più colpito, ricordando le parole di

p. Fausto:

Abbiamo capito che l’Antico Testamento e il Nuovo sono collegati, creano un’unità.

Partendo da Dt 26,1-11, il credo del popolo d’Israele, siamo arrivate ad attualizzare il

nostro credo che non deve essere una serie di formule, ma vita vissuta; questo ci aiuta

a ridare il vero significato ai “segni” che normalmente, nelle nostre liturgie,

chiamiamo riti: essi ci devono riportare all’essenziale del messaggio evangelico e

biblico.

La Bibbia non va letta ma vissuta. La Bibbia racconta come il Dio della vita ha

lasciato le sue “orme” nella storia degli uomini e delle donne.

Il PRIMO COMANDAMENTO è ASCOLTA (cfr Mc 12,28-34). ASCOLTARE ci

porta poi a RI-COR-DARE (cfr Dt 8,1-20) i segni di AMORE (le orme) di Dio nella

nostra vita. Abbiamo sottolineato che ricordare nella Bibbia non significa raccontare a

memoria un fatto, ma ricordarlo con il cuore, cioè fare memoria anche di tutto ciò che

ha suscitato emozioni, belle o brutte (ricordare deriva dal latino “cor” cuore: per gli

antichi il cuore era ritenuto la sede della memoria).

Amare ci porta poi a scoprire l’amore di Dio nella nostra vita, se non si fa esperienza

d’amore non si può riconoscere l’amore, in particolare l’amore di Dio.

Dunque: ascolta ↔ ricorda con il cuore ↔ ama.

P. Fausto ci ha fatto notare che nel vangelo di Marco le uniche vere discepole sono

considerate le donne perché solo a loro vengono attribuiti i verbi del discepolato:

seguire ↔ servire ↔ salire (cfr Mc .15,40-41).

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Analisi del testo di Gdc 2,6-3,6

Il Libro di Giosuè termina con l’assemblea di Sichem, dove tutte le tribù sono concordi nel

riconoscere in YHWH il loro Dio e nel vivere unanimemente il suo progetto.

Il Libro dei Giudici, più vicino alla realtà storica di quel tempo, non racconta così.

Il brano di Gdc 2,6-3,6 ci aiuta a fare una lettura “teologica” dei 200 anni circa in cui il

popolo ha fatto l’esperienza tribale nella terra di Canaan quindi in questo brano ci si

interroga:

Il popolo è stato fedele al progetto di Dio?

Se no, perché?

Quali conseguenze?

Gdc 2,6-9 = Giosuè è in mezzo al popolo. Come si comporta il popolo e perché:

Fintanto che c’è memoria e si è fatta esperienza è facile seguire l’alleanza.

È importante anche avere una guida, un esempio da imitare, qualcuno da seguire e

che incoraggia.

Gdc 2,10-13 = Una nuova generazione: come si comporta, quali azioni e perché:

Non c’è più la guida, non c’è più l’ascolto, non c’è più memoria, ci si prostituisce e si

diventa idolatri, c’è superficialità: ci siamo riconosciuti nel nostro vivere di oggi,

anche oggi avviene così.

Gdc 2,14-15 = La risposta di YHWH

Gdc 2,16 = Altra risposta di YHWH. Abbiamo fatto il confronto tra i due testi.

Punizione di Dio: ancora una volta abbiamo ribadito che non è Dio che punisce ma è

chi si allontana da Dio che non riesce più a riconoscere la propria identità e perde di

vista il “centro”, vivendo nel caos.

Gdc 2,17-19 = Come reagisce il popolo, elenca le varie situazioni.

Il popolo continua nelle sue infedeltà e idolatrie: quando c’è una guida che aiuta a

ricordare e ad ascoltare Dio è più facile per il popolo rimanere fedele, altrimenti

devia e si lascia trascinare dai costumi dei popoli vicini.

Gdc 2,20-3,6 = Le nazioni straniere convivono con le tribù d’Israele. Analizza

con attenzione quali sono i motivi che evidenzia il testo.

Questa parte del testo non fa che mettere in evidenza quello che storicamente si viveva

in quel periodo in Canaan.

Dio non sta fuori dalla Storia, né può cambiare i processi storici. La Parola ci aiuta

solo a dare un significato di fede ai fatti, a interpretare le diverse situazioni alla luce

della fede nel Dio della vita e ad agire di conseguenza.

◈ ◈ ◈ ◈ ◈

SUSSIDIO 2

IL LIBRO DEI GIUDICI

Introduzione

Il libro dei Giudici si riferisce alla situazione degli israeliti nella Palestina e descrive l’epoca

precedente alla monarchia: una vita di lotte per la sopravvivenza, contro le minacce interne

ed esterne.

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L’autore non intende trasmettere idee, ma vuole insegnare e meditare su alcuni fatti storici.

Vuole scoprire e dimostrare che il Piano di Dio e la sua realizzazione rispettano la storia e la

libertà umana.

Il messaggio teologico si concretizza con i dodici giudici. I Giudici sono leaders carismatici,

il cui ruolo fondamentale è quello di salvare Israele.

Essi sono presentati come eroi tribali che, mossi dalla fede in JHWH, guidano i movimenti di

liberazione nazionale e tribale. Questi giudici vengono chiamati anche salvatori o “grandi”

perché di loro si racconta con ricchezza di particolari, sono Otniel (3,7-11), Eud (3,12-30),

Debora (4,1-5,31), Gedeone (6,1-8,35) , Iefte (10,6,-18), e Sansone (13,1-31).

I giudici “minori” hanno la funzione di giudicare e governare il popolo, di essi si racconta

poco perciò è difficile precisare i loro compiti, sono: Sagmar (3,31), Tola (10,1-2), Iair

(10,3-5), Ibsan (12,8-10), Elon (12,11-12), Abdon (12,13-15).

La memoria

I fatti narrati dal Libro dei Giudici sono basati su tradizioni molto antiche e forse vicine al

periodo dei fatti narrati.

Il Libro, che contiene poemi epici, celebra le imprese dei grandi “eroi” del popolo. Questi

racconti facevano parte del folclore popolare d’Israele, trasmesso oralmente e dalle

narrazioni famigliari.

Nel periodo successivo, certamente prima della divisione dei regni, le narrazioni

cominciarono ad essere raggruppate in testi scritti, in cui il compilatore selezionava gli eroi

della sua regione.

Nel Libro storia e leggenda si intrecciano. A quel tempo non aveva importanza la biografia

del personaggio, interessavano le sue imprese.

Fin dall’inizio c’era soprattutto un interesse pedagogico: si voleva mettere in risalto la storia

delle origini di quel popolo.

Era presente anche la componente teologica: tutto era stato fatto da JHWH!

Per questo si cercava di mettere in risalto le difficoltà delle diverse situazioni e di

evidenziare quanto erano fragili e inutili gli uomini chiamati da Dio a salvare il suo popolo.

La leggenda si trasformò dapprima in narrativa epica e più tardi in composizione teologica.

Cenni storici

All’inizio del XII Secolo a C. il Medio Oriente raggiunse un equilibrio di forze organizzate

in un triangolo geografico: assiri, egizi, ittiti (Asia Minore). La loro decadenza entrò in un

processo di accelerazione verso la metà del secolo, quando due grandi correnti migratorie,

provenienti da poli opposti, approfittarono della debolezza di questi imperi per conquistare le

loro terre fertili.

Dall’occidente arrivarono i “Popoli del Mare”, tra questi c’erano i filistei, che si stabilirono

lungo la costa di Canaan a sud del Monte Carmelo.

Dall’Oriente arrivarono i vari clan nomadi chiamati in genere “aramei”: moabiti, ammoniti,

edomiti, madianiti ed altri.

In mezzo a queste radicali trasformazioni, che provocarono la caduta dei grandi imperi, Dio

sceglie un piccolo gruppo oppresso ed eterogeneo che si stabilisce in quello stretto passaggio

che è Cannan, una regione strategica per gli imperi.

Il Libro dei Giudici è una testimonianza dello scontro di queste ondate migratorie nella

regione di Canaan: dal deserto arrivano gli israeliti, dal mare i filistei.

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L’archeologia ha scoperto che in questo periodo del XII secolo esistevano in Canaan città-

stato e che esse sono state distrutte con la violenza; ciò dimostra l’instabilità interna e le

invasioni esterne.

Viene anche evidenziato uno sviluppo diversificato: nelle valli c’è una cultura ben sviluppata

con arte propria e oggetti importati, con città e case ben costruite; sulle montagne invece -

prima regione abitata dagli israeliti – la popolazione cresce, la cultura è inferiore e non ci

sono oggetti importati. Sul litorale emergono i segni inconfondibili della cultura dei filistei,

abili nel lavorare il ferro.

Chiavi di lettura

Il libro dei Giudici è innanzitutto la storia della fedeltà di Dio verso il suo popolo. Il popolo

ripete i suoi errori, ma Dio gli rimane fedele. Si rintraccia quasi uno schema fisso: il popolo

abbandona JHWH per seguire altri dei; il popolo viene oppresso; il popolo chiede aiuto a

Dio; Dio ha pietà e invia un liberatore.

Il racconto mostra il processo di formazione del popolo d’Israele; un processo pieno di

difficoltà, ma che poco a poco, arriva a compimento grazie all’intervento di Dio. Dio si serve

di “mezzi poveri” per far camminare il suo popolo.

Il libro non intende presentare un esempio da imitare, come se si dovesse ripetere oggi quello

che è avvenuto ieri! Assolutamente no! La storia ci aiuta a vedere la nostra realtà.

In questo libro possiamo scoprire che Dio è presente nella lotta di liberazione, portata avanti

da uomini straordinari quali i Giudici.

È un invito a ricordare la storia ed a scoprire che anche oggi Dio è vivo e agisce nel suo

popolo, e suscita fra noi persone capaci di lottare perché nasca una società più giusta ed

ugualitaria.

La parte centrale del libro, a partire dalla prospettiva dell’esilio, vuole dimostrare che la

monarchia non è stata un bene per il popolo.

Il Libro dei Giudici si presenta come teologia in mezzo al conflitto. JHWH, che si mette

dalla parte delle tribù oppresse e lotta con loro, è visto come il liberatore degli oppressi.

È un richiamo alla conversione, a credere nella fedeltà di Dio che sempre libera il suo

popolo.

I protagonisti delle vicende raccontate non sono la parte predominante, l’importante è

l’azione che Dio esercita, dando il suo Spirito a chi lo chiede per realizzare il suo progetto.

CON LA FORZA DI JHWH: Violenza e guerra santa

Con i libri di Giosuè e dei Giudici ci troviamo di fronte alla violenza.

Come interpretare la guerra di sterminio che vuole eliminare tutti i cananei, gli antichi

abitanti della Palestina?

Si tratta di un Dio violento e sterminatore?

Le città cananee possedevano un esercito di professionisti, una casta di soldati, reclutati e

pagati come mercenari per la difesa del sistema.

Le tribù d’Israele, invece, non avevano un esercito di professionisti, né mercenari. In ogni

tribù o clan c’era un certo numero di uomini capaci di combattere che al momento del

pericolo si mettevano insieme in difesa del bene comune, come esigeva l’alleanza stabilita

con JHWH: difensore dei deboli e legame tra le tribù.

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Di conseguenza, la guerra finiva per essere qualcosa di inseparabile dalla vita delle tribù, che

lottavano per mantenere la loro unione sacra intorno a JHWH e la difendevano contro la

minaccia di oppressione delle città cananee.

Le tribù non combattevano per ottenere un nuovo spazio vitale, ma per mantenere l’unione e

l’indipendenza intese come dono di Dio e segno della sua grazia.

Combattevano con la certezza di avere JHWH al loro fianco. La guerra non era elemento

separato dalla vita: tutta la vita nel suo insieme era sacra e, come tale, doveva essere difesa,

se necessario anche con la guerra.

Per concludere si può dire che il motivo principale della lotta per il possesso delle terre, non

era la conquista di un nuovo spazio geografico, ma mantenere l’indipendenza e l’unione

delle tribù.

Il Dio d’Israele non è inteso come colui che distrugge per vendetta tutti i nemici, ma come

colui che predilige i più poveri ed oppressi. È un Dio presente nella loro lotta per la vita che

dà loro coraggio.

Infine è opportuno notare che la Bibbia, nei libri di Giosuè e dei Giudici, non ci offre una

soluzione definitiva al problema della violenza; non si possono dedurre “ricette” dirette, né

per appoggiare i gruppi armati, né per sostenere posizioni pacifiche. È necessario sempre

ricorrere all’analisi della situazione con la serietà delle scienze sociali, alla luce della Parola

di Dio, sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Solo così si possono prendere posizioni

storicamente responsabili, ispirate alla Scrittura, e, forse, anche così ci si può ancora

sbagliare.

Ecco la necessità di un discernimento ecclesiale continuo, in cui trovino spazio magistero e

tradizione.

(tratto da: “La Formazione del Popolo di Dio” collana LA TUA PAROLA È VITA La Piccola Editrice)

JAHVISMO: LA RELIGIONE DELLA RIVOLUZIONE SOCIALE

Il testo biblico sembra presentare la storia delle origini d’Israele – Esodo, Sinai,

peregrinazione nel deserto, ingresso nella Terra Promessa – come se il Dio d’Israele, JHWH,

avesse svolto un ruolo diretto e decisivo nel corso di tutti questi avvenimenti. La “nostra”

descrizione delle origini d’Israele ha imboccato un’altra strada, presentandola come il

tentativo riuscito di alcuni gruppi di persone oppresse, di liberarsi dalla loro schiavitù e

mettersi in condizioni di continuare ad essere libere.

I due approcci non si escludono a vicenda e non sono necessariamente in

contraddizione. La loro combinazione vede il Dio d’Israele presente e operante nel desiderio

di libertà e nella lotta di liberazione dall’oppressione. Dio era con gli oppressi e guidava il

loro cammino di liberazione e costruzione di una nuova comunità in grado di garantire il più

possibile la conservazione della conquistata libertà. In altri termini, le origini d’Israele non

sono dipese da una scelta arbitraria da parte di un Dio intervenuto in modo miracoloso e

dall’alto in basso, nella storia di un popolo etnicamente e razzialmente omogeneo, bensì da

uno dei tanti movimenti storici di gruppi di persone emarginate e sfruttate che lottano per

realizzare e conservare una comunità più giusta, pacifica e libera. Israele è stato uno dei

pochi gruppi che sono riusciti a realizzare il loro sogno e a lasciare una memoria scritta della

loro lotta vittoriosa. L’hanno lasciata in eredità alle generazioni future come segno e faro di

speranza per tutti coloro che aspirano alla liberazione. Nella sua lotta il popolo d’Israele

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rispondeva all’appello dello Spirito di Dio presente in mezzo ad essi, uno Spirito che

continua a invitare tutti i popoli a liberarsi da ogni forma di schiavitù.

La letteratura di questo popolo, che noi abbiamo ereditato come nostra Bibbia, non è

stata prodotta in una torre d’avorio. Gli autori e i poeti non hanno composto le loro opere

allo scopo di comunicarci una “rivelazione”. Spesso i poemi, i racconti, e la letteratura,

soprattutto delle epoche più antiche, avevano lo scopo di incoraggiare e sostenere la lotta di

liberazione. In questo senso gli scritti erano intimamente legati a questa lotta, composti in

seno ad essa. Come letteratura religiosa d’Israele, essi trasmettono gli aspetti trascendenti e

permanenti di quella lotta che non cessò con il periodo dei giudici, ma continuò lungo tutta la

storia d’Israele. A volte collettivamente e spesso attraverso le voci di persone

particolarmente dotate, questo popolo attinse al linguaggio, ai concetti e agli strumenti

letterari del suo tempo e della sua cultura, spesso ampliandoli, sviluppandoli e creandone di

nuovi. Cantò i successi, lamentò gli insuccessi e le infedeltà e soprattutto raccontò e affermò

in forme sorprendentemente ricche e abbondanti la storia della presa in mano del suo futuro.

Parlò della sua trasformazione in popolo e della guida e della benevolenza del suo Dio,

JHWH, che rese possibile tutto questo. (tratto da: “Solleva lo sguardo” di A. R. Ceresko ed EMI

◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈

Durante l’anno ci siamo regalate alcune poesie o preghiere, piccole perle che ci hanno

aiutato a riscoprire la bellezza e il desiderio d'infinito che c’è dentro di noi.

Questa riflessione del cardinal Suenens ci sembra adatta come apertura perché è la Parola

che ci invita sempre a sperare contro ogni speranza.

Perché sono un uomo di speranza

Sono un uomo di speranza perché credo che Dio è nuovo ogni mattina.

Sono un uomo di speranza perché credo che lo Spirito Santo è all'opera nella Chiesa e nel mondo.

Sono un uomo di speranza perché credo che lo Spirito Creatore dà, a chi lo accoglie, una libertà nuova e una provvista di gioia e di fiducia.

Sono un uomo di speranza perché so che la storia della Chiesa è piena di meraviglie.

Sperare è un dovere, non un lusso. Sperare non è sognare, ma è la capacità di trasformare un sogno in realtà.

Felici coloro che osano sognare e che sono disposti a pagare il prezzo più alto perché il loro sogno prenda corpo nella vita degli uomini.

Léon Joseph card. Suenens Il Cardinal Leon Suenens (1904-1996), che fu Arcivescovo di Bruxelles-Malines, Belgio, fu uno dei padri conciliari al Concilio Vaticano II La sua influenza sul Concilio fu rilevante fu amico di Papa Giovanni XXIII.

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3° INCONTRO: LE TRIBÙ: quale progetto?

Accoglienza

Preghiera: Salmo 108 (107)

Testo di studio: Dt 17,14-20 e 1 Sam 8,10-17

Le tribù israelite appaiono isolate, specialmente nel nord e nel centro, distanziate le une

dalle altre, arroccate sulle colline, mentre le pianure e le valli rimangono dominate da altri

popoli (cfr 1 Sam 13,19-22). Gli israeliti non posseggono armi di ferro (cfr 1 Sam 13,19-23); le

tribù non posseggono un esercito organizzato (cfr Gl 4,9-10 e cfr Mi 4,3; Is 2,4).

I Filistei conquistano tutte le pianure di Canaan e assumono il controllo delle vie

commerciali. Il “gruppo del bue” diventa più forte e predomina sulle altre tribù.

I culti cananei continuano a mescolarsi con il culto a YHWH.

I ricordi popolari conservati nei libri dei Giudici e di Samuele ci parlano di vari tentativi di

concentrazione del potere.

Con l’aiuto del sussidio 3 “Le Tribù al tempo dei giudici” e “Piccola guida alla Bibbia” da

pag 53 a pag 58 cerchiamo di analizzare i motivi che hanno favorito la nascita della

monarchia in Israele.

TESTI A CONFRONTO: Dt 17,14-20 con 1 Sam 8,10-17

Confrontare i due testi e sottolineare le differenze che emergono

Cause che favoriscono la nascita della monarchia:

1. Tribù non realmente unite fra di loro:

Guerre fratricide (cfr Gdc 12,1-7)

Individualismo: La parabola degli alberi (cfr Gdc 9,7-21)

2. Culti diversi:

l’esperienza di fede in YHWH convisse per lunghi secoli con i culti

cananei (cfr Gdc 2,20-3,6)

3. Concentrazione progressiva del potere:

Gedeone si autoproclama sacerdote (cfr Gdc 8,24-28)

Abimelch si autoproclama re di Sichem (cfr Gdc 9,1-6)

Iefte utilizza riti magici usati per le divinità cananee (cfr Gdc 11,29-40)

Corruzione e immoralità (cfr Gdc 16,1-31)

4. Pericoli che vengono dagli altri popoli:

Razzie del raccolto (cfr Gdc 6,1-6)

5. L’invasione dei Filistei:

Il popolo che viene dal mare conquista le pianure di Canaan (cfr Gdc 13,1; 1Sam 4,11; 1Sam 13,19-23)

6. Una ragione economica:

gli interessi del “gruppo del bue” diventano prioritari (cfr 1Sam 9,1;

1Sam10-16; 1 Sam 11,7-8)

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◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

LE TRIBÙ: quale progetto?

terzo incontro 3 novembre 2011

MEMORIA

Accoglienza e preghiera con il salmo 108:

Nella preghiera abbiamo ricordato chi era assente chiamando ciascuna per nome.

Intorno al cero acceso abbiamo messo un ramo d’ulivo, un ramo di vite, un ramo di

fico e un ramo del rovo, come simboli della parabola degli alberi in Gdc 9,7-21.

Ognuno di loro produce frutti: olio, elemento prezioso e terapeutico; vino che invita

alla festa e all’amicizia; fico dolcezza e nutrimento; il rovo invece produce solo spine

e dolore.

Memoria di Gdc 2,6-3,6:

La prima parola è stata: “ricorda”, ricorda l’Alleanza con il tuo Dio (cfr Gdc 2,7,9).

Anche noi oggi dobbiamo dirci: “Ricorda” che il Signore cammina sempre con te, fa

parte della tua, della nostra storia. Lui è sempre vicino a noi.

Purtroppo abbiamo constatato che, abitualmente, solo nelle difficoltà ci si ricorda di

Dio. L’assenza di Dio genera il male nel popolo (cfr Gdc 2,10-15), in noi e intorno a

noi. Ai gemiti del popolo però, Dio si commuove e interviene (cfr Gdc 2,18).

Ci siamo chieste: “dobbiamo sempre fidarci di chi parla in nome di Dio?”

I Giudici erano scelti da Dio, e guidati dal suo Spirito, ma quando si lasciavano

sopraffare dal potere diventavano corrotti: ogni potere genera sempre corruzione

(cfr Gdc2,16-19; 8,24-28;9,1-6), non solo al tempo dei giudici, ma in ogni tempo, anche

nel nostro.

Come possiamo capire se chi parla, parla davvero in nome di Dio?

Dobbiamo crearci “il senso critico” che nasce dall’ascolto della Parola fatta in

comunità. L’autocritica poi ci aiuta a mettere in discussione anche il nostro modo di

agire.

Solo Dio è Re? Dio è l’unico re che sta dalla parte dei poveri.

All’inizio da chi era formato il popolo d’Israele? Da poveri, emarginati, Hapiru; essi

abitavano soprattutto sulle montagne, cercando di vivere in comunione tra loro, ma

non sempre sono stati fedeli alla legge di Dio e alla sua Alleanza (Gdc 2,17-19).

Analisi e confronto di Dt 17,14-20 con 1-Sam 8,10-17

Dt 17,14-20 fa parte del Codice deuteronomico che corrisponde ai capitoli 12-26. Questo

codice raccoglie, senza un ordine evidente, varie collezioni di leggi di origine diversa.

Il Codice deuteronomico rappresenta, almeno nella parte fondamentale, la legge ritrovata

nel tempio sotto il regno di Giosia (cfr 2Re 22,8ss).

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Insieme abbiamo sintetizzato il confronto dei due testi:

Il re in Dt 17,14-20

1. La terra dove abiti è dono di Dio.

2. Se scegli un re dovrà essere fedele

al progetto di Dio e dovrà essere

un tuo fratello.

Dio non vuole il re per il popolo

ma lascia la libertà di scelta.

3. Il re deve considerarsi alla pari del

popolo.

4. Non deve abusare del potere per

generare ricchezza per sé: cioè

non potrà possedere cavalli, né

mogli, né oro, né argento.

5. Con il suo comportamento non

deve rendere il popolo schiavo

come quando era in Egitto, e

comportarsi, con i suoi fratelli,

come il faraone dell’Egitto

(cfr Gen 47,13-26)

6. Il re dovrà tenere sempre una

copia della legge, leggerla e

applicarla ogni giorno per

imparare a temere il Signore suo

Dio, perché il suo cuore non si

insuperbisca verso i suoi fratelli

ed egli non si allontani dai suoi

comandi, né a destra, né a sinistra

In questo brano ritornano le tre

parole:

ascolta ↔ ricorda con il cuore ↔ ama

Gli inconvenienti della monarchia in 1 Sam

8,10-17

Samuele in nome di Dio elenca le pretese che il

re avrà quando regnerà sul popolo:

1. Prenderà i vostri figli e figlie e li farà

schiavi.

2. Prenderà i vostri campi, le vostre decime,

i vostri schiavi e le vostre schiave, gli

armenti, metterà le decime sui vostri

armenti e voi diventerete suoi schiavi (cfr

Gen 47,13-26).

Per riassumere.

Gli obiettivi del re saranno:

Accumulo,

Ricchezza,

Speculazione

Tutto ciò nel popolo genererà:

Tasse

Ingiustizie

Sfruttamento

Schiavitù.

Alla fine, dopo il discorso di Samuele, il popolo

insiste:

“No, ci sia un re che regni su di noi.

Saremo anche noi come tutti i popoli ”

Questi due testi anche se in modi diversi sono contrari alla monarchia.

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SUSSIDIO 3 LE TRIBÙ AL TEMPO DEI GIUDICI

Facciamo una piccola premessa: ricordiamoci che è importante leggere la Bibbia come un

documento che rivela la presenza misteriosa di Dio nella vita, nella Storia. La Bibbia, in

tutti i suoi Libri, fa una lettura e una riflessione di fede, cercando di cogliere la presenza di

Dio nei fatti, negli avvenimenti.

Tra il 1200 e il 1030 a. C (confronta la nostra Linea del Tempo) sulle montagne di Canaan,

diversi gruppi si uniscono e si mescolano formando l’embrione di quello che verrà chiamato

Israele (cfr Gs 17,12-18; Gdc 1,34-35; Gdc18,2-3 e Gs 19,47), si organizzano in maniera

alternativa alle città-stato e ai cananei delle pianure, facendo a meno dei palazzi, dei granai e

dei templi.

La conoscenza di Dio nasce nel conflitto tra il centro e la periferia, tra il campo e la città, tra

i ricchi e i poveri, tra i dominatori e i dominati.

Organizzazione di carattere tribale: società egualitaria (ca. 1200 -1030 a.C.)

- La responsabilità per la vita della tribù è di tutti e non solo dei capi: esperienze antiche

ereditate da pastori e agricoltori e dai 40 anni vissuti nel deserto; la solidarietà tra

famiglie – clan – tribù prende il posto della dominazione dei re cananei (cfr 1 Sam 8,10-17).

- Israele non può avere un re perché il re è Dio (cfr Dt 17,14-20).

- Il potere è condiviso per servire la comunità (cfr Es 18,3ss; Nm 11,10-30; Dt 1,9-18).

- Esercito popolare e non professionale, solo per difesa e non per conquista: da pastori

diventano guerriglieri (cfr Gl 4,9-10) per poi ritornare pastori (cfr Mi 4,3; Is 2,4).

Gli israeliti non posseggono armi in ferro (cfr 1 Sam 13,19-23).

- Nascono dei leader carismatici chiamati “giudici” perché fanno la giustizia di YHWH,

cioè difendono i poveri. In guerra conducono l’esercito popolare, con la forza dello

Spirito (cfr Gdc 6,10; 11,29; 13,25; 14,6;15,14).

Modello economico e legislativo

- Non si pagano i tributi, ciascuno è padrone della propria produzione, si utilizza lo

scambio di merci; i più deboli, come gli orfani e le vedove, hanno il diritto di

protezione e solidarietà

- La festa è l’occasione per i vari gruppi di riunirsi, per fare memoria e per celebrare

insieme la loro vita e il loro progetto.

- Agli schiavi sono riconosciuti dei diritti, come il salario giornaliero e la loro

condizione di schiavitù non può durare più di sette anni.

- Il diritto di proprietà è riconosciuto, con la consapevolezza però che la terra appartiene

a Dio. C’è l’usanza di consacrare a Dio tutti i primogeniti e le primizie.

- La legge che regola la vita delle tribù sono le Dieci Parole e il Codice dell’Alleanza

(cfr Es 20,1-23,33) “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ha fatto uscire dalla condizione

servile”.

Con tre principi fondamentali: Il timore di Dio = servire Dio

La giustizia

Il diritto

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Modello religioso

- Il levita-sacerdote non indica una tribù ma un ruolo, è colui che aiuta a pregare. Non

deve mai dimenticare che Dio è il Dio dei poveri, perciò deve vivere in povertà, non

deve possedere la terra, non deve usare la sua autorità religiosa per concentrare il

potere (cfr Gdc 17,7-12; Dt 18,1-5).

- Il santuario è il luogo dove s’incontrano le tribù per fare festa e memoria.

- La religione non è rituale. Il rito è memoria, servizio, impegno e realizzazione dei

comandamenti di Dio a favore della vita.

Tutto ciò è definito SOCIETA’ EGUALITARIA.

Questa società tribale ideale, che durò circa 150-200 anni, in realtà manifestò al suo interno

molte contraddizioni fino a farla crollare e renderla uguale alle città di Canaan, centrate sulla

monarchia.

Le cause più importanti che contribuirono al crollo di questo tipo di società sono:

- tribù non realmente unite tra loro: Israele, nell’epoca tribale, non è riuscito a vivere

un’esperienza globale di popolo.

- culti diversi: l’esperienza di fede d’Israele in YHWH convisse per lunghi periodi con

i culti agli dei cananei Baal e Astarte, i cui riti di fertilità della terra, degli animali e

della famiglia attraevano e seducevano la cultura contadina. “Cosi gli Israeliti abitarono

in mezzo ai Cananei, agli Hittiti, agli Amorrei, ai Perizziti, agli Evei e ai Gebusei; presero

in mogli le figlie loro, maritarono le proprie figlie con i loro figli e servirono i loro dei”

(Gdc 3,5-6).

- concentrazione progressiva del potere: attraverso i racconti delle varie figure dei

Giudici si può cogliere come questo sia avvenuto.

Tutto il libro dei Giudici, nei vari passaggi, osserva il seguente schema:

- Peccato: Israele abbandona YHWH per Baal

- Punizione: YHWH abbandona il suo popolo in mano agli oppressori

- Pentimento: Israele invoca di nuovo YHWH

- Liberazione: YHWH manda, per la forza dello Spirito, un “giudice” salvatore e

liberatore (cfr Gdc 3,10; 11,29; Gdc 13,25;14,6;15,14).

Lo Spirito è la porta attraverso la quale Dio entra nella storia senza sostituirsi all’azione delle persone. Tutto viene raccontato mettendo in evidenza la povertà, l’incapacità e il peccato dei Giudici e delle Tribù e la forza di YHWH.

“Senza lo Spirito Santo” del Patriarca Atenagora Aristokles (Patriarca di Costantinopoli dal 1948 fino al 1972)

Senza lo Spirito Santo Dio è lontano, Cristo rimane nel passato, il Vangelo è lettera morta,

la Chiesa è una semplice organizzazione, l'autorità è una dominazione, la missione una propaganda, il

culto una evocazione, e l'agire dell'essere umano una morale da schiavi.

Ma nello Spirito Santo: il cosmo è sollevato e geme nella gestazione del Regno,

Cristo risorto è presente, il Vangelo è potenza di vita, la Chiesa significa comunione trinitaria,

l'autorità è un servizio liberatore, la missione è una Pentecoste,

la liturgia è memoriale e anticipazione, l'agire umano è divinizzato.

21

◈ ◈ ◈ ◈ ◈

LE FIGURE DEI GIUDICI:

il racconto si sviluppa in tre parti: chiamata

elezione

corruzione

Gedeone: giudice d’Israele, chiamato dal Signore, chiede un segno (cfr Gdc 6,11-23).

Vince contro i Madianiti, con un piccolissimo gruppo di uomini, a dimostrazione che

la vittoria è avvenuta solamente perché voluta dal Signore e non per meriti umani.

Gedeone in seguito al successo delle sue imprese, rifiuta il ruolo di re proposto dal

popolo, ma chiede regali in oro e parte del bottino di guerra, richieste proibite dalle

norme di quel tempo (cfr Gs 6,17 nota) e costruisce, in Ofra, un efod d’oro per

“consultare Dio” perciò, nella sua città, assume il ruolo proprio del sacerdote,

portavoce di Dio (cfr Gdc 8,22-32).

La concentrazione del potere porta inevitabilmente alla corruzione. Gedeone ha

settanta figli e molte mogli (simbolo di potere); ha un figlio anche dalla sua concubina

di Sichem: Abimèlech, che significa “mio padre è re” (cfr Gdc 8,29-31).

Abimèlech: tenta la prima esperienza monarchica in Israele. Riunisce uomini

sfaccendati e audaci, uccide i suoi 70 fratelli, figli di Gedeone (Gdc 9,1-6), tranne il

più giovane Iotam, che poi cercherà di vendicare i fratelli. Conquista Sichem e viene

proclamato re di quella città. Mentre sta stringendo d’assedio la città di Tebes per

espandere il suo potere, una donna fa cadere una pietra da mulino sulla sua testa e lo

ferisce mortalmente. Per non subire l’umiliazione di essere stato ucciso da una donna,

si fa colpire da un soldato (cfr Gdc 9,50-57). Nel racconto di Abimelech la critica alla

monarchia viene espressa con una parabola antica messa in bocca a Iotam

(cfr Gdc 9,8-14).

Iefte: giudice d’Israele, fa un voto al Signore: in caso di vittoria contro gli Ammoniti,

immolerà la prima persona che vedrà uscire dalla sua casa. Sacrifica a Dio la sua unica

figlia usando dei riti magici tipici dei Cananei. Israele vieta i sacrifici umani perché

YHWH esige la difesa della vita. Iefte non scegli il Dio della vita ma i culti cananei

(cfr Gdc 11,30-39).

Sansone: nato da una donna sterile, consacrato a Dio (cfr Gdc 13,1-24), è

individualista, immorale, maschilista e dominatore. È molto forte, la sua forza è nei

capelli, ed è anche molto ricco. Ha avuto tante donne, poi sposa Dalila che è la causa

della sua rovina. E’ giudice d’Israele per 20 anni, dopo 40 anni di dominazione

filistea. Dalila dopo molti tentativi, riesce a farsi dire da suo marito che la sua forza

sovrumana sta nei capelli, lo addormenta, glieli taglia e lo consegna ai Filistei che lo

imprigionano e gli cavano gli occhi.

Sansone, ricresciuti i capelli, attende il momento propizio per manifestare la sua forza

ritrovata, invoca il Signore e, con il suo aiuto, riesce a far crollare le colonne del

tempio e muore lui con tutti i Filistei che erano lì riuniti per una grande festa (cfr Gdc 16,22-31).

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4° INCONTRO LA MEMORIA DELLE DONNE: la donna eroina e vittima

Accoglienza.

Preghiera: il Cantico di Debora Gdc 5,1-31

Testo di studio: 1Sam 1,1-27

Nella società tribale la donna, a volte, diventa guida per il popolo, a volte è un’eroina, cioè

è lei che prende l’iniziativa di scelte coraggiose e decisive che servono per liberare la tribù

o il popolo da situazioni dolorose e oppressive.

Ricordiamo brevemente queste figure di donne:

Le levatrici, Sifra e Pua, con la mamma di Mosè e la figlia del faraone (cfr Es 1 e 2)

Miriam e le donne che danzano e cantano con lei dopo il passaggio del mar Rosso (cfr Es 15)

Giaele che uccide Sisara (cfr Gdc 4,17-23)

Debora giudice, leader e profetessa (cfr Gdc 4 e 5)

La donna che uccide Abimelech (cfr Gdc 9,50-57)

Non dobbiamo però dimenticare che in una cultura patriarcale la donna continua ad essere

schiava e vittima di questa sistuazione.

Nei Libri della Bibbia, che finora abbiamo avvicinato, troviamo tanti esempi di questa

realtà: le donne, insieme ai bambini, alle figlie e ai figli continuano a rimanere “schiave

nella casa patriarcale”:

Sarai, moglie di Abram, concessa all’harem del faraone perché Abram avesse salva la vita

(cfr Gn 12,10-20).

Agar, schiava di Sara e madre di Ismaele, cacciata e abbandonata nel deserto

(cfr Gn 21,8-21).

La figlia di Iefte, offerta a Dio dal padre per propiziarsi la vittoria sul nemico

(cfr Gdc 11,29-39).

La concubina del levita vittima di violenze e abusi sessuali (cfr Gdc 19,1 ss).

Le quattrocento ragazze della tribù di Galaad consegnate alla tribù di Beniamino

(cfr Gdc 21,8-12).

Le figlie di Silo rapite affinché tutti i beniaminiti potessero avere una donna

(cfr Gdc21,19-23).

Nonostante le donne non avessero voce e potere nella cultura patriarcale di quel tempo,

sono riuscite a farsi sentire e a tramandare la loro memoria, che è arrivata fino a noi.

La nostra “Piccola guida alla Bibbia” di Gallazzi dalla pag 59 alla pag 62 ci aiuta a capire

la storia di queste donne e il loro contesto storico.

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Analizziamo insieme la storia di Anna, mamma di Samuele, raccontata in

1Sam 1,1-27.

In che contesto avviene la storia di Anna.

Dove si svolge il racconto, oltre ad Anna chi ne è coinvolto.

Come si evolve la vicenda: quali le cause e gli effetti.

Quale la sua conclusione

Dio da che parte sta

La preghiera di Anna in 1 Sam 2,1-10 che sentimenti esprime?

A quale altro canto ci richiama?

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

LA MEMORIA DELLE DONNE: la donna eroina e vittima

quarto incontro 17 novembre 2011

La nostra preghiera è iniziata con il canto “Madonna nera”, motivandolo così:

È un canto alla Madonna, lei donna per eccellenza, racchiude in sé tutte le altre donne.

Rispecchia la fede popolare ed è un canto simbolo non solo del popolo polacco ma

anche del nostro. Richiama il santuario di Częstochowa, dove è esposta l’icona della

Madonna nera, meta di tanti pellegrinaggi.

La storia di Anna nel primo libro di Samuele si svolge in parte nel santuario di Silo

dove era conservata l’Arca dell’Alleanza.

Nel nostro percorso biblico stiamo valutando come il culto sia passato dalla casa al santuario.

Oggi i santuari sono luoghi dove tanta gente accorre: lì si esprime bene la fede del popolo.

Ognuna di noi ha portato dei segni che ci rappresentano e raccontano la nostra storia, segni

che richiamano o sono collegati alla donna e al ruolo che occupa nella famiglia e nella

società: Ago, filo e forbici: “arnesi” di lavoro di ogni donna, tutte le donne poco o tanto ne fanno

uso. Abbiamo voluto dare loro un significato più profondo: è la donna che all’interno della

famiglia e fuori, sa ricucire gli strappi che si creano nelle relazioni, per far questo a volte

sono necessari “tagli”, magari dolorosi, per togliere quello che può essere di ostacolo per

una riconciliazione.

Quante volte, pur di evitare ulteriori strappi e ricuciture, noi donne troviamo la forza di

tacere, di lasciar perdere, a volte annullando la nostra personalità per il bene comune.

Coperta che richiama alla memoria un detto popolare delle nostre nonne: la mamma è come

una coperta, protegge quando i bimbi sono piccoli; quando diventano grandi la mamma

continua in questo atteggiamento, lei è sempre disponibile, con la sua sensibilità di donna e

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madre li prepara ad affrontare il mondo. La mamma è come una coperta, tutto copre, tutto

perdona, tutti accoglie.

Ornamenti vari, collane, orecchini, specchio, ventaglio, abbigliamento, profumi: tutto quello

che mette in risalto la bellezza femminile.

La bellezza deve partire innanzitutto dall’interno: gli occhi sono la porta del cuore, gli occhi

rivelano il nostro spirito, la nostra anima e possono esprimere molto bene i nostri sentimenti

anche senza parole.

Ci siamo ispirate a un pensiero di Audrey Hepburn:

“La bellezza di una donna non consiste nei vestiti che indossa, nell'aspetto che possiede o

nel modo di pettinarsi. La bellezza di una donna proviene dai propri occhi perché quella è

la porta del suo cuore, il posto nel quale risiede l'amore. La bellezza di una donna non

risiede nell'estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa nella propria anima. E' la

preoccupazione di donare con amore la passione che essa mostra.”

L’aspetto interiore è sicuramente più importante di quello esteriore, quest’ultimo è senza

dubbio un modo per farsi notare. La bellezza può agevolare, all’inizio, nuovi contatti e può

essere ‘un biglietto da visita’ nelle relazioni sociali e di lavoro, in particolare nel mondo di

oggi.

La bellezza delle donne può essere sfruttata sia in senso positivo sia in senso negativo:

quante donne non riescono a trovare lavoro perché non hanno un aspetto attraente!

Quante donne usano la loro bellezza in modo negativo e si lasciano condizionare e usare dal

“mercato”! Quante donne sono sfruttate proprio a causa della loro bellezza!

Il libro di Erri De Luca: “Le Sante dello scandalo”.

“Le Sante dello scandalo” narra la storia di cinque donne della Bibbia, molto diverse tra

loro, che in epoche diverse hanno creduto nell’unico vero Dio invisibile, e sono entrate, per

diritto nella storia del popolo di Israele. I nomi di queste donne sono citati nella Genealogia

di Gesù nel Vangelo di Matteo e sono: Tamar moglie di Giuda, Raab la prostituta di Gerico,

Rut la Moabita, Betsabea (moglie di Uria l’Hittita) usata da re Davide, Maria la mamma di

Gesù.

Il camicino di un neonato richiama la dolcezza, le gioie e le sofferenze della maternità.

Molte donne nella Bibbia erano sterili, come Anna, ma per la sua perseveranza e totale

fiducia in Dio diventa poi la mamma del profeta Samuele, (1Sam, 1-2). Ancora oggi molte

donne soffrono per non poter realizzare in loro la maternità.

Una statuetta di legno raffigurante una donna africana che porta un bimbo sulle spalle, un

grosso peso in testa trattenuto con una mano, nell’altra mano un arnese non ben definito:

simbolo di tutte le donne che ancora oggi, non solo nelle culture primitive ma anche nelle

nostre occidentali, chiamate moderne ed emancipate, sono oppresse e schiave.

Abbiamo anche riconosciuto che normalmente chi perdona per primo nei rapporti famigliari

è la donna, la quale ha maggior sensibilità, la sua generosità la porta sempre a questo gesto

di amore.

Alla fine abbiamo acceso il cero e in quel cero abbiamo voluto mettere tutte le donne che

ancora oggi sono vittime di violenza, soprusi, ingiustizie, ma abbiamo messo anche tutte le

donne che si battono per la libertà con coraggio, dignità e speranza come ha fatto Debora.

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Idealmente la luce del cero era per le donne abusate in famiglia o dal marito, che vivono uno

stato di impotenza e degrado, perché possano uscire dal buio con l’unica vera luce che viene

da Dio.

Figure di donne emerse dal “Cantico di Debora” Gdc 5

Debora: viene chiamata “madre in Israele”, (v.7) perché invita alla lode e benedice il

Signore (vv. 3 e 9). È colei che ha riportato la speranza in Israele e ha dato la libertà

al popolo. Giudice e profetessa convoca il comandante Barak per metterlo a capo

dell’esercito, ma lui le risponde: “Se vieni anche tu con me, andrò; ma se non vieni, non

andrò” (Gdc 4,8).

Debora non ha solo lottato con il popolo ma lo ha anche invitato alla lode e al

ringraziamento per riconoscere che la vittoria è stata solo opera del Signore.

Giaele è stata chiamata “benedetta fra le donne”: per liberare il suo popolo oppresso

uccide il potente capo dell’esercito nemico, Sisara (v.27).

La madre di Sisara piange e si preoccupa, sta aspettando con ansia il figlio e continua

a sperare di vederlo presto arrivare. “Perché il suo carro tarda ad arrivare?” (v.28)

“Certo han trovato bottino, stan facendo le parti: una fanciulla, due fanciulle per ogni

uomo” (v.30).

In ogni guerra le donne sono quelle che soffrono di più per la morte dei loro figli e

mariti.

Le principesse: partecipano alla speranza della madre di Sisara. Probabilmente loro

stesse sono state bottino di guerra. Abbiamo notato come le principesse forse non

erano altro che donne sfruttate e usate per il piacere del re.

Le donne come bottino di guerra: la donna faceva parte del bottino di guerra.

Ci siamo soffermate a riflettere sui problemi delle donne di ogni tempo, quelle di

allora e quelle di oggi: in tutte le guerre, considerate come bottino, stuprate, umiliate,

annullate.

Molte donne anche ai nostri giorni non hanno la loro libertà, sottomesse al marito o

al compagno, a volta sono costrette a subire violenze inaudite.

Noi ci consideriamo donne fortunate perché abbiamo la nostra indipendenza e siamo

libere.

Dobbiamo però essere vigili, avere sempre il cuore aperto e aiutare chi ancora oggi

vive in queste situazioni.

Ci sono anche donne che sanno essere protagoniste del loro destino, l’esempio di

Giaele che ha saputo trovare dentro di sé la forza per abbattere il nemico del popolo

ci deve spronare a vincere le paure che abbiamo dentro di noi e che ostacolano la

vera liberazione.

La preghiera finale ci aiuta sempre a ridare il vero senso del nostro stare insieme, a trovare la

forza di affrontare le difficoltà quotidiane e ci fa sentire vicine a chi è nella sofferenza e nel

bisogno.

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5° INCONTRO CONDIVISIONE E VERIFICA

Accoglienza

Preghiera: 1Sam 2,1-10 Il Cantico di Anna

Testo di studio: Mc 14,1-11

In questo incontro ci siamo raccontate impressioni, considerazioni, riflessioni personali o

di gruppo.

Il testo del vangelo di Marco ci potrà aiutare a considerare come Gesù si è

avvicinato alla donna.

Quale rapporto può avere questo testo con il cammino che abbiamo fatto fin’ora?

Altre considerazioni:

Quali eventi o personaggi, dei libri biblici che abbiamo affrontato insieme, ti hanno

colpito e perché?

Sei riuscita a legarli alla tua esperienza di fede, alla tua vita?

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

MOMENTO DI CONDIVISIONE E VERIFICA: MEMORIA

Quinto incontro 1 dicembre 2011

Tutte siamo state concordi nel dire che questo tempo dedicato alle figure di donne nella

Bibbia, partendo dalla profetessa Culda per arrivare ad Anna la mamma di Samuele, è stato

molto interessante ed entusiasmante.

L’accensione del lume ci invita a ricordare fatti di oggi:

non poteva passare inosservata la “Giornata internazionale per fermare la violenza

contro la donna” (25 novembre) e la “Giornata internazionale contro l’AIDS”

(1 dicembre).

La lettura della Bibbia fatta insieme, ci aiuta a riconoscere anche oggi i disegni di

morte provocati dall’oppressione e dall’egoismo, ancora una volta dobbiamo

constatare che le donne e i bambini sono le vittime maggiori.

Dopo la preghiera dell’Inno di Anna, (1 Sam 2,1-10), abbiamo iniziato la condivisione del

cammino fatto fin’ora.

Condivisione

Sono tre gli eventi che hanno fatto da collante e hanno sempre tenuto unito il popolo

d’Israele:

La discendenza, promessa da Dio ad Abramo e a tutta la sua stirpe

La promessa di una terra fertile, dove scorre latte e miele

Il patto di Dio, l’Alleanza, prima con Abramo, rinnovata a Mosè con le Dieci Parole,

in seguito confermata con Giosuè, nell’assemblea di Sichem

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La discendenza:

La discendenza è fondamentale per la continuità del popolo e in questo le donne hanno un

ruolo primario, sono loro che generano; questo ruolo viene tenuto sotto controllo con la

sottomissione e l’oppressione da parte dell’uomo di famiglia ma anche dalla comunità. La

sterilità è vissuta dolorosamente, quest’esperienza lascia nella donna un grandissimo senso

di colpa e viene sentita come la più grande delle sventure, la donna sterile è emarginata

anche dalla comunità. Abbiamo insieme ricordato la schiava Agar, in un primo tempo

sfruttata per sopperire alla sterilità di Sara, in seguito allontanata e abbandonata nel

deserto con il suo bambino e Anna, la mamma di Samuele, anche lei umiliata dall’altra

donna del marito, perché sterile.

La terra promessa

La promessa di una terra rimane sempre una meta irraggiungibile.

Ha generato sofferenza, patimenti, depressioni, sbandamenti verso l’idolatria e guerre a non

finire per la conquista della terra di Canaan; anche la sua spartizione non è stata indolore!

Ci siamo chieste: ma il popolo d’Israele ha raggiunto veramente la terra promessa?

Che cosa è o sarà la Terra Promessa?

Potremmo paragonarla al Regno di Dio? Che cos’è il Regno di Dio?

Qualche risposta:

E’ l’obiettivo della nostra speranza. E’ cercare di seguire il progetto di Dio.

Il regno di Dio è Gesù Cristo e il Suo Vangelo.

Quando mettiamo in pratica la Parola di Dio e la testimoniamo, ci avviciniamo al

Regno di Dio. Quando una persona ha dentro di sé la serenità e la pace interiore e la

trasmette al mondo, vive il Regno di Dio.

E’ mettere in pratica il più grande comandamento della legge: “Amerai il Signore

Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente (Dt 6,5).

Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo:

Amerai il prossimo tuo come te stesso (Lv 19,18). Da questo comandamento dipende

tutta la Legge e i Profeti” (Mt 22,37-40).

L’alleanza:

Il Patto dell’Alleanza e stato rinnovato, al tempo di Giosuè, con l’Assemblea di Sichem.

La memoria, nella storia del popolo d’Israele, racconta come non sia facile mantenere fede

all’alleanza.

Quello che leggiamo nella Bibbia si ripete anche oggi: c’è qualcuno al potere, altri

subiscono e prima o poi si ribellano, chi subiva riesce ad arrivare al potere e si ritorna così

alla situazione iniziale. Questi continui capovolgimenti e il ripetersi degli stessi avvenimenti,

nel corso della Storia, possono provocare un certo scoraggiamento.

La corsa al successo, al potere, al denaro per un posto importante nella società, la

tentazione di sfruttare, di prevaricare gli altri, è molto forte in tutti, ci fa dimenticare “le

Dieci Parole”, il Patto di Alleanza con Dio, il vero progetto che genera Vita.

Per questo dobbiamo vigilare, aiutandoci con la riflessione e l’ascolto della Parola, con la

preghiera e con l’intervento dello Spirito Santo, occorre avere una fede profonda. È

comunque importante che il giudizio parta sempre da noi stessi, dalle nostre scelte e dai

nostri atteggiamenti.

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Pensando alla profezia, alcune di noi hanno riflettuto sul fatto che ancora oggi ci sono i

profeti.

Il Papa è profeta quando ci richiama a valori veri e fondamentali, spesso rimane

inascoltato.

Altri profeti all’interno della Chiesa sono rimasti inascoltati o tenuti in considerazione solo

dopo la loro morte: Don Milani, Don Mazzolari, Don Tonino Bello ecc.

ᴥ ᴥ ᴥ ᴥ ᴥ ᴥ

Come Gesù si accosta alla donna:

Gesù tocca la donna e si fa toccare, cosa strana soprattutto per un “Rabbi”.

Ricordiamo due donne avvicinate da Gesù: l’emorroissa, considerata a quel tempo impura

per la perdita di sangue. Gesù la guarisce per dimostrare a tutti che nessuna malattia è

impura, non c’è più differenza tra puro e impuro, tra uomo e donna; la Cananea è una

straniera e Gesù le dice “donna la tua fede è grande”.

Gesù, ridà dignità alla donna e demolisce tutti i tabù dell’Antico Testamento, ne vogliamo

sottolineare tre molto importanti:

l’impurità sessuale: nell’episodio dell’emorroissa Gesù toccandola, spezza questo

tabù e la guarisce.

la minorità della donna: nel mondo antico la donna era considerata un essere fragile

e debole ma le discepole di Gesù non sono né fragili né deboli, sono loro che lo

seguono fin sotto la croce. Nelle prime comunità le donne avevano un ruolo guida ed

erano responsabili di comunità.

la soggettività giuridica: come essere inferiore la donna non poteva testimoniare.

Gesù invece sceglie proprio le donne e le manda ad annunciare la sua risurrezione ai

discepoli.

Le donne della Bibbia, nell’Antico Testamento, sono poco conosciute, ma sono figure forti e

significative.

Mentre in alcuni brani leggiamo di un Dio che punisce, che interviene nelle guerre degli

uomini, un “Dio degli eserciti”, in altri troviamo donne sapienti che portano la speranza, si

prendono cura degli ultimi, combattono per la libertà. Sono donne che ci mostrano il vero

volto di Dio, che desiderano realizzare il suo progetto a favore della vita.

Ricordiamo il coraggio di Maria: rimane incinta giovanissima e non sposata, dunque è fuori

dalla legalità, ma continua a portare avanti il disegno che Dio ha su di lei.

Maria è vergine ed è riconosciuta tale anche dopo la nascita di Gesù.

Ci sembra che la verginità di Maria valorizzi tutte le maternità: anche le donne che non sono

madri naturali, ma che hanno una maternità spirituale, si riconoscono in Lei.

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Analisi di Mc 14,1-11

Complotto contro Gesù = Mc 14,1-2

Unzione di Betania = Mc 14,3-9

Il tradimento di Giuda = Mc 14,10-11

L’unzione di Betania:

Questo brano è presente nei quattro Vangeli. In Matteo (26,6-13) e Marco la situazione

è quasi identica, mentre in Giovanni (12, 1-8) e Luca (7,36-50) avviene in contesti diversi.

Questo sta ad indicare che il brano trasmette un fatto importante e realmente accaduto.

E’ emerso subito che, nel vangelo di Marco, la donna dell’unzione non ha un nome, quindi

può rappresentare tutte le donne guarite da Gesù.

Normalmente è Gesù che fa qualcosa per gli altri, in questo caso è una donna che fa qualcosa

per lui.

All’inizio del brano, i sommi sacerdoti e gli scribi, rappresentanti del potere religioso,

politico e culturale, vogliono prendere Gesù per ucciderlo (Mc 14,1-2).

Al versetto 10 Giuda consegna Gesù ai capi dei sacerdoti, vendendolo al prezzo di uno

schiavo.

In una situazione così cupa, questa donna rompe un vaso di alabastro molto prezioso e ne

versa il profumo sul capo di Gesù nello stesso modo in cui venivano unti i re, i sacerdoti e i

profeti.

Sembra uno spreco, sia per il profumo, sia per la rottura del vaso di alabastro, entrambi

molto costosi, i presenti infatti danno un giudizio molto negativo al gesto della donna.

Gesù però la difende perché questo gesto rivela un amore grande e assoluto: non è

importante il valore del profumo, ma la gratuità dell’amore, così come Gesù “spreca” il suo

grande amore per noi, morendo sulla croce.

C’è questa reciprocità d’amore che dà il senso alla vita di Gesù e al gesto della donna.

Siamo a due giorni dalla passione e a Gerusalemme i capi dei sacerdoti e gli scribi

cercano in ogni modo di arrestare Gesù per farlo morire (Mc 14,1-2).

In questo clima di odio e tradimenti risplende l’amore di una donna, la quale nel suo intimo

percepisce l’avvicinarsi del dramma e con tenerezza versa sul capo di Gesù l’olio profumato,

compiendo così un gesto profetico.

La vita di Gesù sta per essere spezzata, proprio come il vaso di alabastro. La donna aveva

intuito che Gesù era il Cristo, colui che avrebbe portato a termine l’opera della redenzione.

I personaggi di questo brano si possono dividere in due gruppi:

- nel primo ci sono i sommi sacerdoti, gli scribi che vogliono impadronirsi di Gesù per

ucciderlo, i discepoli che si sdegnano, litigano tra loro e Giuda, che vende Gesù per

denaro e lo consegna ai suoi nemici.

- nel secondo ci sono Gesù e la donna, che rompe il vasetto d’alabastro, versa il

profumo, lo spreca. Gesù, sorprendendo tutti, dice: “ella ha compiuto verso di me

un’opera buona” e aggiunge “dove sarà annunziato il Vangelo si racconterà in suo ricordo

ciò che ella ha fatto” quasi a voler accostare il Vangelo, la Buona Notizia, “all’opera

buona” compiuta dalla donna.

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Emergono atteggiamenti completamente diversi. Nel primo gruppo affiorano sentimenti

negativi che rappresentano il male: l’avere, il prevalere, l’apparire, il giudicare. Idoli che

sono presenti anche in ciascuno di noi.

Nel secondo traspare, l’amore, il profumo segno di gioia, la reciprocità di un amore gratuito

cioè il bene.

Solo Gesù ci può liberare dai nostri idoli, noi dobbiamo cercare di amarlo come ha fatto la

donna, di seguire i suoi insegnamenti e soprattutto ricordare sempre che Gesù non è morto

per “gli altri” ma per ciascuno di noi, “per me”.

◍ ◍ ◍ ◍ ◍ ◍ ◍

Passi il tuo soffio

Vieni, Signore, passi il tuo soffio come la brezza primaverile che fa fiorire la vita e schiude l’amore, o come un uragano che scatena una forza sconosciuta e solleva energie addormentate.

Passi il tuo soffio nel nostro sguardo per portarlo verso orizzonti più lontani e più vasti. Passi il tuo soffio sui nostri volti rattristati per farvi riapparire il sorriso, sulle nostre mani stanche per rianimarle e rimetterle gioiosamente all’opera.

Passi il tuo soffio all’avvicinarsi della notte per conservarci nella tua luce nel tuo fervore.

Passi e rimanga in tutta la nostra vita Per rinnovarla e donarle le dimensioni più vere e più profonde. Amen

PREGARE E’ UN TAPPETO DI FIORI

Pregare non è dire preghiere: pregare è rotolare nel buio della luce, e lasciarsi raccogliere, e lasciarsi parlare, e lasciarsi tacere, da te.

Pregare sei tu che preghi, tu che respiri tu che ami; ed io mi lascio amare da te. Pregare è un prato d’erba e di fiori; e tu ci passi sopra. Fiore bianco, grande come la vita, ho sfogliato i petali, non ho contato le foglie, non mi bastano i numeri.

Collana di fiori senza fine, cavalcate di albe pallide, sere infilate di rose, notti trapunte, e lune, e tu.

Da sole a sole, io ti saluto; da luna a luna io ti chiamo per nome; da giorno a giorno, da notte a notte, da stella a stella, io ti rincorro, Signore.

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6° INCONTRO IL TEMPIO: Zaccaria = Lc 1,5-25; 1,57-66

LA CASA: Maria = Lc 1,26-45

Accoglienza

Preghiera: il Magnificat Lc 1,46-59

Testo di studio: Lc 1,5-25; 1,57-66 e Lc 1,26-45

Metti a confronto i due testi del vangelo di Luca.

Ci sono due annunciazioni, confrontale.

Dove avvengono? Cosa succede?

Quali risposte? Quali conseguenze.

Il significato dei nomi in questi testi è importante:

Zaccaria: YHWH è tornato a ricordarsi

Elisabetta: il mio Dio è perfezione

Giovanni: YHWH è favorevole

Gabriele: Dio mostra la sua forza

Gesù: YHWH salva

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

IL TEMPIO: Zaccaria = Lc 1,5-25; 1,57-66

LA CASA: Maria = Lc 1,26-45

sesto incontro 15 dicembre 2011

MEMORIA:

Abbiamo iniziato il nostro incontro pensando al Natale orami prossimo e abbiamo acceso

tante luci. Il Natale festa della Luce vera (cfr Gv 1).

Come preghiera abbiamo contemplato il presepe partendo da tre parole chiave:

Accoglienza

Bisogno

Paure

Come il Dio–con–noi ha preso la nostra carne ed è entrato nella nostra storia,

contemplando il presepe cerchiamo di “entrare nella storia e nella pelle” degli altri

attraverso i fatti che ogni giorno si susseguono.

Accoglienza:

Maria accoglie la gravidanza non voluta e “scomoda” e accetta il disegno di Dio per lei, in

contrapposizione abbiamo ricordato un fatto di cronaca di questi giorni: un’adolescente

vittima dei controlli ossessivi dei genitori, inventa uno stupro piuttosto che confessare la

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verità, ciò provoca un’irruzione devastatrice in un campo Rom, per punire i “colpevoli” che

risulteranno innocenti.

Bisogno:

La famiglia di Nazareth è costretta a fuggire in Egitto, per avere salva la vita.

Quanti uomini, donne, bambini fuggono dal loro Paese, da guerre, minacce di varie genere,

cercando “rifugio” in altri Paesi, sappiamo che non sempre vengono accolti con dignità.

Il bisogno spinge molte donne ucraine, rumene, polacche e anche latino-americane a

lasciare le loro famiglie e venire in Italia a “badare” agli anziani o malati nelle nostre

famiglie.

Paure:

Per la paura che un bambino in fasce usurpasse il suo trono, re Erode ha pianificato una

strage di bambini innocenti.

Spesso il diverso, lo sconosciuto ci fa paura. Lo vogliamo allontanare, a volte assistiamo

anche a violenze provocate da paure o da pregiudizi.

Riflettere e pregare insieme alla luce della Parola e confrontarla con i fatti che coinvolgono

la nostra vita quotidiana, ci aiuta a gioire con chi è nella gioia e a piangere con chi è nel

pianto, come dice s. Paolo.

Il Magnificat recitato insieme ha concluso la nostra preghiera.

Confronto dei due testi del Vangelo di Luca:

La prima annunciazione: Lc 1,5-25 e

1,57-66 Zaccaria - Tempio

La seconda annunciazione: Lc 1,26-45

Maria - Casa

- Zaccaria è un Sacerdote in età

avanzata.

- Elisabetta sua moglie è sterile, è

discendente di Aronne ed è anche lei

avanti con gli anni.

- Tutti e due sono “irreprensibili e

giusti davanti al Signore”.

- Nel corso degli anni, c’è stata una

continua preghiera di Zaccaria ed

Elisabetta, per chiedere al Signore il

dono di un figlio.

- Zaccaria sta vivendo un fatto

straordinario, è stato estratto a sorte

per il rito dell’incenso davanti

all’altare del Santo dei santi (rito che

si compie una volta l’anno, perciò è

un avvenimento spesso unico, può

capitare anche una sola volta in tutta

la vita di un Sacerdote).

- Maria è una giovane vergine,

promessa sposa a Giuseppe, uomo

giusto, discendente di Davide.

- Vive in un piccolo paese chiamato

Nazaret che significa ‘virgulto’ =

nuova nascita. “Nazaret, in ebraico

“NaTZeRat”, evoca il “NeTZeR” e

significa “virgulto, germoglio”

richiamando la profezia messianica

che troviamo in Is 11.

- Maria non ha fatto nessuna preghiera

per il fatto che sta per accadere.

- L’annunciazione dell’Angelo avviene

in casa di Maria, nella sua vita

quotidiana.

- Entrando l’Angelo dice: “Ti saluto o

piena di grazia, il Signore è con te”

(Lc 1,28).

- Maria rimane turbata perché non

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- L’annunciazione dell’Angelo avviene

nel tempio proprio durante il rito.

- L’Angelo dice a Zaccaria: “Non

temere, Zaccaria, la tua preghiera è

stata esaudita e tua moglie Elisabetta

ti darà un figlio che chiamerai

Giovanni” (Lc 1, 13).

- L’Angelo annuncia che Giovanni

porterà gioia, avrà lo Spirito e la

forza di Elia e, come lui, dovrà

preparare il popolo ad accogliere il

Signore.

- Zaccaria non crede, chiede un segno:

“Come posso conoscere questo?”; è

un Sacerdote, comprende le Scritture,

si trova nel tempio, ma dubita, non

ricorda le meraviglie che Dio ha

compiuto, dimentica, non sa

riconoscere, non crede, mentre

avrebbe dovuto avere memoria e

speranza ricordando l’esempio della

altre donne sterili nella Bibbia come

Sara, Rachele, Anna.

- Diventa muto. Non ha creduto che

quello era il tempo favorevole: il

nome Giovanni dice proprio questo.

- Il tempio dimentica, è muto e sterile.

- Il popolo che sta pregando fuori dal

Tempio perché non può entrare,

intuisce che è successo qualcosa a

Zaccaria, ma non capisce.

- Elisabetta si nasconde per cinque

mesi.

- Alla nascita del bambino, Zaccaria

conferma la scelta del nome fatta

dall’Angelo, Giovanni, in quel

momento Dio ha misericordia di lui e

gli ridona la parola: “JHWH è

tornato a ricordarsi” questo è il

significato del nome Zaccaria.

capisce il senso di quel saluto.

- Quando l’Angelo le annuncia che

concepirà un figlio per opera dello

Spirito Santo e sarà chiamato Gesù,

Maria risponde: “Eccomi sono la

serva del Signore, avvenga di me

quello che hai detto” (Lc 1,38).

- Maria accoglie l’annuncio, accetta di

essere una ragazza madre, fuori

legge, per quei tempi è prevista

addirittura la lapidazione.

- Giuseppe accoglie Maria perché

ispirato dallo Spirito Santo.

- In Zaccaria è stato annunciato il

precursore, qui il Messia.

- Maria non ha chiesto un segno, ma le

viene dato lo stesso; infatti l’Angelo

le parla della maternità di Elisabetta e

termina il suo discorso dicendo:

“Nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37).

- Maria va a trovare la cugina

Elisabetta: avviene l’incontro far le

due madri ma anche fra i due bambini

“il bambino le sussultò nel grembo”;

- Elisabetta, piena di Spirito Santo,

riconosce in Maria la Madre del

Messia ed esclama: “Benedetta tu tra

le donne e benedetto il frutto del tuo

grembo”(Lc 1,41); anche Maria ha la

conferma, nel saluto di Elisabetta, di

quanto le è accaduto.

I due testi possono far pensare a due atteggiamenti contrapposti:

Chiusura e dubbio per Zaccaria apertura e fede per Maria.

La profezia fatta nel Tempio è stata rinnegata, quella nella casa è stata accolta.

In questo caso il tempio rappresenta più un rito che una memoria.

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Zaccaria ha pregato una vita per avere un figlio e quando l’Angelo glielo annuncia lui non

crede. E’ più facile per gli “umili” accogliere i segni del Signore, mentre è più difficile per i

“dotti e i sapienti”.

Anche noi spesso non vediamo, non riconosciamo i segni che il Signore mette sul nostro

cammino.

Abbiamo sottolineato la diversità del turbamento di Maria, da quello di Zaccaria. Il

turbamento di Maria è dovuto soprattutto allo stupore, al non capire questo avvenimento così

grande che sta accadendo proprio a lei, mentre quello di Zaccaria è più legato alla mancanza

di fiducia, all’aver dimenticato.

Maria non ha capito tutto subito, si è fidata di Dio, ha detto SÌ, ha fatto un grande atto di

fede. L’atteggiamento di Maria lo possiamo sperimentare anche noi: a volte ci viene chiesto

qualcosa, o ci troviamo in qualche situazione che non riusciamo a capire fino in fondo, è in

questi casi che dobbiamo avere fiducia in Dio, ci dobbiamo affidare a Lui. Maria ci invita a

non restare fermi, ma a metterci in cammino, a confrontarci sempre con gli altri in modo

costruttivo.

“Non temere” nella Bibbia è una parola che rassicura e conferma la presenza dello Spirito

del Signore che certamente non abbandonerà chi ha scelto.

◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈

Dal carcere di Monza una donna latino americana, Aldeniza, ci manda una poesia.

Esperança

Alèm da noite e do medo Alèm do escuro e da angùstia Alèm dos velhos rancores Da inveja e da desilusao Do pecado e do remorso Chegarao a alvorada os pàssaros Chegarà o fim do sofrimento O medo desaparecerà O amor envolvrà a terra Atè que o lamento Pela sua dor nao cessarà Choro no sono Làgrimas dos olhos fechados Que molham o travesseiro Chegarà o sol alèm do muro Se ouvirao rumores da rua Crianças que brincam

Aldeniza De Menezes

Speranza

Al di là della notte e della paura Al di là del buio e dell'angoscia Al di là dei vecchi rancori Dell'invidia e della delusione Del peccato e del rimorso Arriveranno l'alba e gli uccelli Arriverà la fine della sofferenza Le paure si dissolveranno L'amore avvolgerà la terra Finché il lamento Per il suo dolore non cesserà Pianti nel sonno Lacrime degli occhi chiusi Che bagnano il cuscino Arriverà il sole oltre le mura Si udranno suoni della strada Bambini che giocano

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7° INCONTRO IL Profeta Samuele e il Re Saul

Accoglienza

Preghiera: Salmo 96 (95)

Testo di studio: 1Sam 11,12-12,25

Ringraziamento per il nuovo anno e prospettive future

Il profeta Samuele e il Re Saul

Traccia per il settimo incontro:

Ricorda che i due Libri di Samuele fanno parte dell’opera storica deuteronomista

che critica la monarchia (cfr il nostro sussidio “Le quattro tradizioni del

Pentateuco”).

Confronta la Linea del Tempo per collocare il brano nel suo contesto.

Analisi di 1Sam 11,12-12,25

Saul è proclamato re: 1Sam 11,12-15 (cfr 1Sam 10,17-19 e 1Sam 8,10-22)

Discorso di Samuele al popolo: 1Sam 12,1-25

Perché il popolo vuole il re?

Analizza il discorso di Samuele dividendolo in sezioni

Cosa dice Samuele, cosa dice il popolo?

Qual è il ruolo di Samuele, quale quello del popolo, quale quello di

Dio?

Come esercita la profezia Samuele?

La scelta di un re che conseguenze ha avuto per il popolo?

Come possiamo attualizzare questo brano?

Leggi da Piccola Guida alla Bibbia di Gallazzi il cap. “Un gruppo al potere” a pag. 63.

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◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

IL Profeta Samuele e il Re Saul: 1 Sam 11,12-12,1-25

settimo incontro 12 gennaio 2012

MEMORIA:

È stato bello ritrovarci dopo la lunga pausa natalizia.

Il canto dello Shemaʽ ci ha ricordato che il primo comandamento è “Ascolta Israele”,

mentre il salmo 96(95) pregato insieme, ci ha invitato a riconoscere Dio presente nella

creazione, a lodarlo e ringraziarlo per il nuovo anno che ci dona.

Pensando alle tribù del popolo d’Israele, alla loro resistenza e al progetto alternativo che

proponevano in contrapposizione alle città stato, abbiamo messo come segno un piccolo

fazzoletto multicolore rappresentante la bandiera dei popoli indigeni dell’America Latina,

popoli che oggi resistono contro la cultura dominante.

L’accensione della luce ci ha richiamato tutte le realtà di resistenza che ci sono oggi:

resistenza alle violenze, ai soprusi e alle strutture che dominano, dimenticando il rispetto

delle diversità culturali, di religione e di razza.

Condivisione:

I Libri Storici che fanno parte dell’Opera Storica Deuteronomista, sono abbastanza

contrari alla monarchia. Abbiamo rilevato che le varie tradizioni spesso s’intrecciano

ed è per questo che, a volte, troviamo dei testi contrapposti nello stesso libro, proprio

perché gli autori sacri non hanno voluto escludere nessuna esperienza.

In alcuni brani accade che i re Saul, Davide e Salomone, vengano osannati, in altri

contestati. Possiamo così riconoscere riletture di tradizioni diverse, sembrano spesso

contraddizioni ma sono voci importanti che ci aiutano a coglierne le differenze.

Davide ha unificato il popolo, ma le tribù del Nord, lontane da Gerusalemme, sono

state molto critiche verso la monarchia; hanno sempre avuto una linea più profetica, ci

sono state delle persone indipendenti, di resistenza, che non hanno voluto integrarsi,

questa è la resistenza profetica.

Israele chiede un re perché le tribù non sono unite tra loro, inoltre con le nuove

tecnologie si produce più del fabbisogno quindi i più ricchi vogliono difendere la loro

produzione.

Le tribù subiscono continue invasioni dei popoli vicini, in particolare dei filistei che

hanno carri da guerra e un esercito organizzato.

Samuele è un giudice ormai avanti con gli anni, i suoi figli non seguono il suo esempio

(1Sam 8,1-5) quindi, dopo un raduno con gli anziani d’Israele, viene scelto Saul della

tribù di Beniamino, una delle tribù più forti. Il padre di Saul, Kis, è molto facoltoso, ha

buoi, asine e servitù. Samuele “unge” Saul, non proprio come re, ma come

condottiero. In seguito però il popolo proclama Saul, re.

Samuele avverte il popolo dei rischi che comporta la scelta della monarchia.

Il profeta afferma che il vero e unico re è Dio, che difende la vita (Dt 10).

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Bisogna sempre prestare attenzione e chiederci “da che parte sta Dio?” Dio è sempre

dalla parte di chi soffre ed è oppresso.

La scelta storica della monarchia di per sé non è sbagliata, ma il potere corrompe e i

più poveri ne subiscono le conseguenze.

Il re centralizza il potere, come succede con Saul che, dopo alcune vittorie, pretende

anche il potere religioso di Samuele. Il re si vuole sostituire a Dio.

Inoltre Saul trattiene il bottino di guerra, probabilmente per creare un esercito

professionale.

Non tutti volevano un re, alcuni erano contrari.

Attualizzando: è necessario avere, in ogni contesto, un leader che sappia coordinare e

guidare.

In Italia, in questo momento di crisi e di molta confusione, si è sentita la necessità di un

governo nuovo, autorevole, di “tecnici”, magari impopolare, ma con il coraggio di prendere

decisioni drastiche, ma…necessarie???

Analisi dei testi:

1Sam 11, 12-15 – Saul è proclamato re - In questi versetti vengono ricordate le

persone che non sono d’accordo sulla proclamazione di Saul come re e vengono subito

isolate.

1Sam 12, 1-5 - Samuele si ritira davanti a Saul – è il discorso di addio di Samuele,

una specie di testamento spirituale. In tutti i grandi cambiamenti della storia del

popolo d’Israele, quando si finisce e si inizia un nuovo periodo, il personaggio più

importante del momento, tiene un discorso d’addio, facendo memoria di quanto Dio

ha fatto per il suo popolo.

Oltre a Samuele, ricordiamo Mosè (Dt 29-30) e Giosuè (Gs 23-24).

1 Sam 12,6-24.- Samuele inizia il suo discorso con il riesaminare la propria condotta

come giudice, tutti riconoscono in lui un comportamento corretto e giusto. Fa memoria

di tutto quello che il Signore ha fatto perché Dio è sempre fedele, mentre Israele

alterna momenti di fedeltà a momenti in cui si dimentica di Lui.

Il popolo è disorientato, pur volendo un re, considera questa scelta un peccato e chiede

a Samuele di intercedere. La risposta di Samuele è un’esortazione: “Temete il Signore e

servitelo fedelmente con tutto il cuore: considerate infatti le grandi cose che ha operato tra

voi (1Sam 12,24).

Il popolo ha sempre bisogno di segni. Pur essendo il tempo della mietitura, Samuele

dimostra che Dio ascolta le invocazioni, chiede al Signore tuoni e acqua e questo

subito avviene. L’ultima parte del discorso di Samuele è incoraggiante e rassicurante: “Certo il Signore non abbandonerà il suo popolo, per riguardo al suo nome che è grande,

perché il Signore ha cominciato a fare di voi il suo popolo” (1Sam 12,22).

Samuele è un giudice buono, giusto e irreprensibile davanti a Dio, al contrario di altri,

persino i suoi figli sono corrotti (cfr1Sam 8, 1-5).

Samuele è stato un giudice ma anche un profeta. Il concetto fondamentale che ritorna sempre

nell’annuncio profetico è: “Voi dovrete sempre riconoscere come vostro unico re, Dio, perché vi

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ha tolto dalla schiavitù dell’Egitto, vi ha reso liberi; gli altri re invece vi faranno ritornare schiavi”

(cfr Os13,4; 11,1; 12,9-14;Ger 2,6-7; Ez 20,9-10; Dn 9,15;Am 2,10; 3,1; Mi 6,4).

Il popolo vuole un re per non avere responsabilità decisionali; senza rendersi conto delle

conseguenze di questa scelta.

È un’utopia pensare che il popolo possa governarsi da solo, ma finché si delega solamente,

non si ha vera libertà.

Si deve cambiare il modo di pensare, prendendo coscienza che il progetto dei re è diverso dal

progetto di Dio.

Il cardinal Martini afferma che chi ha un ruolo di autorità può usare il suo potere contro qualcuno,

questo accade non solo per chi si trova ai vertici ma anche nel nostro quotidiano, per esempio,

nelle famiglie, i genitori verso i figli, nella scuola e in molti altri settori. È importante incominciare

da noi, metterci in discussione, confrontarci, saper giudicare la storia, facendo memoria e partendo

sempre dalle nostre responsabilità (cfr “Dio educa il suo popolo” Lettera Pastorale 1987).

Nonostante tutti i nostri errori, Dio ci è sempre vicino, è un Dio fedele al suo popolo e

misericordioso.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Una preghiera del grande teologo protestante Karl Barth

«Signore, nostro Dio, quando la paura ci assale,

non lasciarci disperare!

Quando siamo delusi,

non lasciarci diventare amari!

Quando siamo caduti,

non lasciarci a terra!

Quando non comprendiamo più nulla

e le forze giungono allo stremo,

non lasciarci perire!

Fa’ che sentiamo la tua presenza e il tuo amore,

promesso ai cuori umili e spezzati

che temono e amano la tua parola.»

♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦

Una preghiera della mistica convertita Edith Stein

«Signore, dammi

tutto ciò che mi conduce a te.

Signore, prendi

tutto ciò che mi distoglie da te.

Signore, strappa me da me stessa

e dammi tutta a te.»

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8° INCONTRO IL Profeta Natan e il Re Davide

Accoglienza

Preghiera: Is 43,1-21

Testo di studio: 2Sam 11,1-27 il peccato di Davide

2Sam 12,1-15 Natan rimprovera Davide

Il re Davide (1010-970 a. C.) è stato il primo re nel vero senso della parola. Persona piena di

contraddizioni, vero leader (cfr 1Sam 22,1-2). È stato prima re di Giuda, poi acclamato anche

re d’Israele. Ha esteso il proprio territorio con guerre di conquista (2 Sam 8); nella lotta

contro i Gebusei occupa la città di Gerusalemme e la trasforma in capitale

(2 Sam 5,6-14), trasferisce l’Arca dell’Alleanza a Gerusalemme, legando così la religione al

re (2 Sam 6). Sarà considerato il re ideale perché mantiene l’organizzazione delle tribù e non

fa pagare le tasse al popolo d’Israele, esigendole solamente dai popoli conquistati; abusa

del suo potere commettendo adulterio con Betsabea, facendo uccidere il marito Uria (2 Sam

11,24); realizza il censimento del popolo in vista del pagamento dei tributi (2Sam 24,1-3).

Il regno di Davide assicurò quarant’anni di pace al popolo. Siccome non fece pagare tasse

agli israeliti tutti lo considerarono re secondo il cuore di Dio. Davide restò

nell’immaginario popolare come il re che tutti avrebbero dovuto imitare e in seguito la sua

memoria divenne figura del messia atteso.

IL Profeta Natan e il Re Davide: traccia per l’ottavo incontro

Confronta la Linea del Tempo per collocare il brano nel suo contesto.

Leggi il breve profilo dei quarant’anni di regno di Davide esposto sopra e confrontalo

con Dt 17,14-20.

Tutto questo è secondo il progetto di Dio?

Analisi di 2 Sam 11,1-27 e di 2 Sam 12,1-15

Il peccato di Davide: 2 Sam 11,1-27

Confronta l’atteggiamento di Davide e quello di Uria.

Betsabea che ruolo ha in questo episodio?

Analizzando questo brano tieni presente di come Davide ha agito in altri

contesti e situazioni del suo regno.

In che cosa consiste il peccato di Davide, re?

Natan rimprovera Davide: 2 Sam 12,1-15

Come Natan esercita il ministero profetico?

Considerazioni e attualizzazione.

Leggi da Piccola Guida alla Bibbia di Gallazzi il cap. “Una tribù al potere” a pag. 64.

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IL Profeta Natan e il Re Davide: 2 Sam 11,1-27 il peccato di Davide

2 Sam 12,1-15 Natan rimprovera Davide

ottavo incontro 26 gennaio 2012

MEMORIA:

In questo incontro, accendendo il lume, abbiamo ricordato le resistenze profetiche legate a

situazioni di sofferenza e di sfruttamento.

Rosarno, città simbolo dello sfruttamento dei lavoratori stagionali nella raccolta degli

agrumi, frutta e ortaggi in genere, in questo periodo è di nuovo alla ribalta, non solo per le

migliaia di lavoratori africani e dell’est Europa clandestini o con permesso di soggiorno che

vivono in condizioni disumane e sottopagati, ma anche perché finalmente il ministro per la

cooperazione internazionale e l’integrazione, Andrea Riccardi, ha visitato i ghetti in cui

vivono: per loro sarà realizzata una struttura dignitosa con servizi igienici e cucina da

campo.

L’associazione Africa-Calabria, a Rosarno aiuta questi disperati ad integrarsi e a trovare

loro situazioni decorose.

Una cooperativa di agricoltori nella zona di Locride e nella Piana di Gioia Tauro combatte

la ‘ndrangheta producendo agrumi biologici e assumendo braccianti immigrati senza

sfruttarli. Il loro prodotto si chiama: Goel Bio e a noi ha richiamato il nome biblico

“Go’el”. Il suo significato è espresso molto bene nel brano di Isaia 43 che abbiamo pregato.

“Go’el” significa “riscattatore” colui che si impegna a riscattare chi è obbligato a vendere

se stesso come schiavo (es. per pagare debiti), o a proteggere gli interessi di chi è caduto in

miseria. Noi traduciamo anche “redentore”, questa parola ci richiama naturalmente la

figura di Gesù.

A queste realtà di resistenza profetica, aggiungiamo la Comunità di S. Egidio, fondata dallo

stesso Andrea Riccardi nel 1968.

Il peccato di Davide

Per capire il peccato di Davide abbiamo voluto ripercorrere brevemente la storia dell’Arca.

L’Arca

Il Dio unico della Bibbia non sta in un posto fisso.

Quando Dio comanda ad Abramo di lasciare la sua terra, gli fa una promessa: “Io sarò con

te” (cfr Gen 12), da quel momento accompagnerà tutti i Patriarchi, e si farà riconoscere in

modi e situazioni diverse.

YHWH si manifesta a Mosè e accompagna il popolo nel deserto, sotto forma di nube. Lungo

il cammino la nube guida il popolo. Nel deserto Mosè fa costruire una tenda nella quale

viene custodita l’Arca per contenere le Dieci Parole dell’Alleanza e la nube entra nella tenda

a significare la presenza di Dio.

l’Arca dell'Alleanza accompagna sempre il popolo nel suo peregrinare.

Al tempo dei Giudici l’Arca viene portata anche in battaglia per avere la sicurezza della

vittoria.

Il re Davide, conquista la città di Gerusalemme, antica città dei Gebusei (cfr 2Sam 5,6), mette

la sua dimora nella rocca e la chiama “Città di Davide” (cfr 2Sam 5,9-11).

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Davide decide di portare l’Arca a Gerusalemme e di costruire un tempio dove metterla. Il

Signore, tramite il profeta Natan, fa sapere a Davide che l’Arca dell’Alleanza deve rimanere

in una tenda perché deve seguire il popolo e non può essere rinchiusa in un tempio.

Il Signore ricorda a Davide tutto quello che ha fatto per lui, gli promette una “casa”

intendendo per “casa” la dinastia davidica: “Te poi il Signore farà grande perché una casa farà

per te il Signore” (cfr 2Sam 7,1-29).

Il desiderio di “imprigionare” Dio in un tempio per impossessarsi di Lui e usarlo secondo i

propri scopi continuerà a rimanere nel cuore di Davide.

Il tempio verrà poi costruito da Salomone e lungo i secoli ci si abituerà a considerare il

tempio come “giusta” dimora di Dio.

Il popolo dimentica facilmente l’alleanza, è quindi importante fare memoria, tornare alle

origini e riconoscere ciò che il Signore ha fatto lungo la storia.

La profezia è il filo rosso nella Bibbia: dalle origini a Gesù e fino ai nostri giorni, ci aiuta a

vedere e a capire quale è il progetto di Dio.

Abbiamo analizzato insieme 2 Sam 11,1-27 mettendo a confronto i personaggi:

Davide, Uria e Betsabea

Davide:

Davide, invece di accompagnare i suoi soldati in guerra, rimane tranquillamente nella

sua reggia, in ozio, e si lascia prendere dalle tentazioni.

Il re Davide, in questo contesto, è un gran peccatore, non solo nei confronti delle

persone a cui ha fatto del male, ma perché non ha rispettato la legge di Dio: non

uccidere, non desiderare la donna d’altri, non ingannare il prossimo. Lui, re d’Israele e

di Giuda, avrebbe dovuto governare secondo il cuore di Dio perciò il suo peccato è

ancora più grande: per primo trasgredisce le “Dieci Parole”, rompe l’alleanza con il

suo Dio e di conseguenza con il popolo.

Davide era un pastorello, ma presto dimentica che Dio l’ha preso tra gli umili. Quando

diventa re, esige il rispetto della legge e della giustizia dai suoi sudditi, ma lui stesso

non la rispetta; purtroppo questo è un atteggiamento che accomuna tutti quelli che

arrivano al potere.

Il potere corrompe e si lascia corrompere.

La figura messianica di Gesù viene accostata a Davide pastore e non re.

Uria:

Non dimentichiamo che Uria è un mercenario, fa la guerra per essere pagato, non

avrebbe dovuto avere nessuna legge morale e invece lui osserva la legge di guerra,

rispetta il suo re ed è fedele ai suoi compagni; il suo atteggiamento è corretto e leale

nei confronti del re e dei suoi soldati.

Per non tradire la legge, dice no al re che gli chiede di andare a casa dalla moglie,

atteggiamento non permesso in tempo di guerra.

Il suo comportamento è irreprensibile, leale e coerente verso tutti.

Il nome Uria significa “mia luce”.

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Betsabea

Davide ha violato l’intimità di Betsabea, spiandola mentre si stava purificando.

Betsabea non è colpevole ma vittima: cosa poteva fare una donna contro il suo re? I re

potevano avere tutte le donne che volevano!

Nella mentalità corrente, si tende a far ricadere la colpa sulla donna, qualificandola di

facili costumi, perché è l’anello più debole.

Betsabea ha subito una tripla violenza: sul proprio corpo, le è stato ucciso il marito

Uria, ha dovuto anche lei pagare per il peccato di Davide piangendo la morte del figlio

avuto dal re.

Considerazioni sulla condivisione:

Ciascuno di noi, tende a predominare. Nelle relazioni, magari inconsapevolmente,

esercitiamo un forte potere, prevaricando e cercando di dominare gli altri.

Nell’esercitarlo dobbiamo chiederci: “quale obiettivo vogliamo raggiungere?”

Il bene e il male sono insiti in ogni persona umana. Non lasciamo spazi liberi dentro di

noi per non essere preda delle tentazioni (cfr Lc 11,24-26). E’ molto facile lasciarsi

corrompere anche nelle piccole cose.

Dobbiamo far uscire da noi tutti i sentimenti negativi: rancori, invidie, gelosie,

risentimenti, per lasciare spazio a sentimenti buoni.

La ricchezza di per sé non è negativa, dipende dall’uso che se ne fa, è facile usare la

ricchezza come potere contro gli altri.

Il bene si propaga per mille generazioni, il male per sette generazioni: il male che si fa,

procura altro male.

Il brano di 2 Sam 12,1-15 lo analizzeremo il 9 febbraio.

Abbiamo terminato il nostro incontro con la preghiera, soffermandoci nel ricordo di coloro

che vivono esperienze dolorose nascoste: il dolore che si protrae nel tempo e non si può

manifestare esternamente diventa ancora più amaro.

La nostra preghiera può arrivare a lenire la sofferenza, anche se sconosciuta e a donare

conforto e speranza.

Le parole del profeta Isaia al capitolo 43 ci possono aiutare nella preghiera, quando le

nostre parole non bastano:

“Ora così dice il Signore che ti ha creato, o Giacobbe, che ti ha plasmato, o

Israele: «Non temere, perché io ti ho riscattato, ti ho chiamato per nome: tu

mi appartieni.

Se dovrai attraversare le acque, sarò con te, i fiumi non ti sommergeranno;

se dovrai passare in mezzo al fuoco, non ti scotterai, la fiamma non ti potrà

bruciare, poiché io sono il Signore, tuo Dio, il Santo d’Israele, il tuo salvatore.

Io do l’Egitto come prezzo per il tuo riscatto, l’Etiopia e Seba al tuo posto.

Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima e io ti amo,

do uomini al tuo posto e nazioni in cambio della tua vita.

Non temere, perché io sono con te.” Is 43.1-5

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9° INCONTRO

IL Profeta Achia e il Re Geroboamo

Accoglienza

Preghiera: 2 Sam 12,1-15

Testo di studio: 1 Re 14,1-20

Il re Salomone (970-931 a.C.) è figlio di Davide e Betsabea, dà inizio alla monarchia

ereditaria e consolida le basi del potere di suo padre. Indichiamo alcuni abusi di potere:

Economico: divide il territorio in dodici distretti; riscuote il tributo; promuove il

lavoro forzato per realizzare costruzioni come il tempio e i palazzi reali; contrae un

gran debito con l’estero e lo paga consegnando dieci città; si sposa più volte per

favorire alleanze politiche (1 Re 4,1-9; 9,15-28;10,14-29).

Politico: centralizza e rinforza l’amministrazione e l’esercito; stringe numerose

alleanze politiche; elimina fin dall’inizio i suoi nemici (1 Re 11,1-8).

Sociale: questa nuova struttura genera classi sociali, l’élite da una parte e il popolo

impoverito dall’altra.

Religioso: costruisce il tempio e il sacerdozio si trasforma in funzionalismo statale;

sacralizza il tributo riscuotendolo attraverso il tempio; costruisce templi per le donne

straniere che sposa (1 Re 7; 8,11).

Alla sua morte, avvenuta nel 931 a C., gli succede al trono il figlio Roboamo.

Il popolo chiede al re di alleggerire il giogo pesante a cui è sottomesso a causa del

pagamento di tasse onerose, ma non viene ascoltato; allora si ribella e una parte di esso

elegge come suo re Geroboamo. Avviene così la divisione del regno in due:

Regno del Nord o d’Israele; Regno del Sud o di Giuda (1Re 12).

IL Profeta Achia e il Re Geroboamo: traccia per il nono incontro

Leggi il breve profilo che evidenzia come Salomone ha regnato.

Se leggi i testi citati nel profilo del regno di Salomone cerca di cogliere chi è a

favore e chi contro la monarchia.

Alla fine chiediamoci: Salomone ha regnato secondo il progetto di Dio?

In questa tappa affrontiamo in particolare il rapporto tra Achia e

Geroboamo.

Per capire meglio il contesto ti chiediamo di leggere 1Re 11,26-12,33.

Solo così potrai analizzare 1Re 14,1-20.

Confronta la Linea del Tempo per collocare il brano nel suo contesto.

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Analisi di 1Re 14,1-20

Tieni presente che Geroboamo è il primo re del Regno del Nord.

Prima di tutto confronta l’atteggiamento del profeta in 1Re 11,26-39 e

in 1Re 14,1-20 e fai le tue considerazioni.

Perché in 1Re 14,1-20 Geroboamo si rivolge al profeta Achia?

Analizza il brano facendo attenzione soprattutto ai dialoghi dei vari personaggi.

Qual è il messaggio che il profeta dà a Geroboamo nel nome di Dio?

Possiamo attualizzare?

Leggi da Piccola Guida alla Bibbia di Gallazzi il cap. “Una casa al potere” da pag. 67 a pag.75.

Leggi anche il sussidio 4 per capire bene il significato dei Santuari per il popolo.

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

IL Profeta Achia e il Re Geroboamo:1 Re 14,1-20

nono incontro 9 febbraio 2012

MEMORIA

Preghiera: 2 Sam 12,1-15

Introducendo la preghiera abbiamo letto il seguente brano che ci ha aiutato ad attualizzare: “Il re rispose duramente al popolo, egli disse loro: "Mio padre ha reso pesante il vostro

giogo, io renderò ancora più grave il vostro giogo; mio padre vi castigò con fruste, io vi

castigherò con flagelli". Tutto Israele, visto che il re non li ascoltava, diede al re questa

risposta: “Che parte abbiamo con Davide? Noi non abbiamo eredità con il figlio di Iesse!

Alle tue tende, Israele! Ora pensa alla tua casa, Davide!” Il re Roboamo mandò Adoràm,

che era sovrintendente al lavoro coatto, ma tutti gli Israeliti lo lapidarono ed egli morì.

Allora il re Roboamo salì in fretta sul carro per fuggire a Gerusalemme. Israele si ribellò

alla casa di Davide fino ad oggi.” (1 Re 12,13-19).

Il suddetto brano ci ha ricordato la primavera araba che ha scosso il Nordafrica. Rivolta

iniziata in Tunisia dopo che il venditore ambulante Mohamed Bouazizi si è dato fuoco il 17

dicembre 2010.

Questo gesto estremo ha compiuto il primo miracolo arabo in Paesi con governi senza

democrazia, con corruzione, assenza di libertà, violazione dei diritti umani, povertà estrema.

Paesi che si affacciano sul Mediterraneo con i loro destini legati ai nostri.

La preghiera silenziosa, fatta insieme, ha voluto raggiungere queste popolazioni, in

particolare il popolo siriano che ancora sta pagando duramente il bisogno di libertà.

Insieme abbiamo riflettuto su 2 Sam 12,1-15

Natan parla a Davide attraverso una metafora, un racconto: in una città ci sono due uomini,

uno ricco, con tanti possedimenti, bestiame in grande quantità minuto e grosso e uno povero

che ha solo una pecorella, allevata con tanta cura. L’uomo ricco, per preparare una

pietanza ad un ospite, non usa il suo bestiame ma manda a prendere la pecorella dell’uomo

povero e la offre. Davide, al sentire questo racconto, si scandalizza per l’atteggiamento

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dell’uomo ricco, ma Natan gli dice: “Tu sei quel uomo!” Davide non aveva capito! Non si era

reso conto di quello che aveva fatto!

Una persona che si trova all’interno di una situazione, a volte non si rende conto di

avere un atteggiamento sbagliato, non “vede”, occorre qualcuno che, dall’esterno, la

faccia riflettere e la aiuti a capire.

Spesso succede anche a noi, rimaniamo concentrati su noi stessi, sui nostri problemi,

non riusciamo a vedere una via d’uscita e ad avere la percezione esatta della situazione

che stiamo vivendo, abbiamo bisogno di “osservarla come dall’alto” di “staccarci” per

avere una visione da un altro punto di vista. È importante anche condividere le nostre

preoccupazioni, parlarne con qualcuno, così il nostro dolore o le nostre angosce

diventeranno più sopportabili.

Non è facile ammettere di aver sbagliato; quando si prende una decisione, si pensa

sempre di fare la cosa più giusta, è molto difficile avere un giudizio obiettivo.

Davide commette un errore, il profeta Natan glielo fa vedere, ma lui è talmente chiuso

che non si rende assolutamente conto del suo sbaglio, è pronto a scagliarsi contro

l’uomo ricco che prende la pecorella al povero, vede la pagliuzza che è nell’occhio di

suo fratello e non la trave che è nel suo occhio (cfr Lc 6,1-42). Alla fine Natan gli mette

davanti chiaramente la situazione ed è solo a questo punto che Davide capisce e si

ravvede.

Davide si rende conto del male fatto e dice “Ho peccato contro il Signore” (v. 13).

In quei tempi i sovrani avevano il potere di vita e di morte per cui era molto raro che

potessero ammettere di aver sbagliato mettendo in dubbio il loro operato, perciò il

pentimento di Davide ha una rilevanza maggiore.

Quante volte giudichiamo gli altri, puntiamo il dito, senza tener conto di quello che c’è

in noi di sbagliato. Una regola fondamentale di vita che troviamo nel vangelo è: “non

giudicare per non essere giudicati” (cfr Lc 6,36-38). Il Signore Gesù chiede a ciascuno di

noi l’adesione personale al suo progetto di vita, non tutti l’accolgono, non spetta a noi

giudicare chi dice no (cfr Mt 19,16-22).

Salomone e il suo regno:

Si ricorda che questa è una rilettura, ecco perché le figure dominanti vengono osannate da

chi è vicino al re e ne gode di tutti i privilegi, oppure vengono criticate da coloro che

subiscono l’oppressione.

I profeti aiutano a dare voce al popolo che non ne ha.

Leggendo i testi biblici dobbiamo innanzitutto chiederci se i re hanno fatto o no la volontà di

Dio aderendo al Suo progetto di Vita.

Nel Primo Libro dei Re la figura di Salomone ha diverse sfaccettature secondo le varie

tradizioni.

Salomone il sapiente: Salomone chiede a Dio la sapienza (cfr Sap cap. 6-9) andando a

pregare nei vari santuari e la riceve. Salomone innalza preghiere di ringraziamento a

Dio per sé e per il popolo (cfr 1Re 8,1-9,9).

La sua fama si diffonde nel mondo allora conosciuto (cfr 1 Re 5,9-14; 1Re 10,1-13).

Salomone giudice: egli è noto come una persona molto saggia. Tutte le nazioni

vengono ad ascoltare la sua saggezza (cfr 1 Re 3,16-28).

46

Salomone costruttore del tempio: lo costruisce in sette anni, costringendo il popolo ai

lavori forzati. (cfr 1 Re 5,15-7,51; 1Re 9,15). Ha molte mogli anche straniere (700 mogli

e 300 concubine) e fa costruire per loro templi pagani (cfr 1Re 11,1-8).

Non costruisce solo templi ma anche la reggia (cfr 1Re 7,1-31).

Salomone amministratore di beni: nel suo regno gli scambi commerciali sono molto

intensi di conseguenza la ricchezza aumenta (cfr 1 Re 4,1-5,8; 1Re 10,14-29).

Ogni impresa di Salomone, in campo internazionale, viene presentata dal testo biblico

coronata da successo, ma una lettura più attenta ci permette di vedere come il “prestigio” di

Salomone passi attraverso una forte tassazione alle tribù del Nord (cfr 1Re 4,1-19) e ai lavori

forzati (cfr 1Re 5,27-32; 1Re 9,15.20-22; 2Cr 2,16-17; 8,7-10).

Non dimentichiamo il numero 666 che è il peso dell’oro che arrivava ogni anno al palazzo

di Salomone (cfr 1Re 10,14). Nel Libro dell’Apocalisse diventerà il simbolo di ogni potere

imperiale (cfr Ap 13,18).

Salomone ha governato secondo il progetto di Dio?

Il nome di YHWH è stato monopolizzato, diventa il Dio del tempio, del re, dei sacerdoti del

re, non richiama più il Dio dell’Esodo: "Io sono il Dio di tuo padre, il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe. Ho osservato la

miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le

sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell'Egitto e per farlo salire da questa terra verso

una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele” (Es 3,1-12).

Geroboamo e il regno del Nord 1Re 11,26-12,33

Geroboamo è un funzionario e sovrintendente ai lavori forzati molto apprezzato da

Salomone, ma non è d’accordo su quanto il re sta facendo, quindi insorge contro di lui. E’

qui che incontra il profeta Achia il quale divide il suo mantello in dodici pezzi, ne offre dieci

a Geroboamo predicendogli che il Signore dividerà il regno di Salomone e darà a lui le dieci

tribù del Nord (cfr 1Re 11,40).

Alla morte di Salomone, Geroboamo, ritorna dall’Egitto, dove si era rifugiato perché il re

voleva ucciderlo e partecipa all’assemblea di Sichem con le dieci tribù del Nord.

Roboamo, figlio di Salomone, rifiuta di ridurre i lavori forzati e il giogo della

schiavitù; le tribù del Nord insorgono e scelgono Geroboamo come primo re d’Israele

(cfr 1Re 12,1-25).

Geroboamo, ribellatosi a Salomone, scampato alla morte, ha pagato il suo desiderio di

libertà con l’esilio in Egitto. Egli rappresenta tutti gli schiavi e i condannati ai lavori forzati,

per questo il popolo lo riconosce parte dell’esperienza di oppressione che sta vivendo e lo

proclama re. Roboamo continuerà a regnare sulla tribù di Giuda e su una parte di quella di

Beniamino (cfr 1Re 12,20-21).

La prima capitale d’Israele è Sichem. Geroboamo istituisce due centri di

pellegrinaggio in due antichi santuari jahvisti. Dan, situato all’estremo nord e Betel, situato a

sud del regno, diventano luoghi ufficiali di culto a YHWH e servono a contrastare

l’egemonia esercitata dal tempio di Gerusalemme dove si trova l’Arca dell’Alleanza.

In sostituzione dell’Arca, Geroboamo fa erigere in ciascuno dei due santuari, un vitello

d’oro, che diventa “piedestallo” del Dio invisibile (cfr 1Re 12,26-33).

La rilettura posteriore, decisamente contraria al Regno d’Israele, trasformerà i due

vitelli in idoli. In realtà il culto in Betel e Dan era un culto jahvista ma con simboli cananei

(cfr Piccola guida alla Bibbia pg 75).

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Secondo gli storici deuteronomisti i vitelli d’oro sono simboli idolatrici (cfr Es 32,1-35) e

sono considerati la causa dell’idolatria che si svilupperà in seguito.

IL Profeta Achia e il Re Geroboamo: 1Re 14,1-20

In questo testo Geroboamo manda la moglie alla ricerca di Achia per avere notizie sulla

sorte di suo figlio Abia ammalato gravemente.

Achia condanna il comportamento di Geroboamo: “Su, riferisci a Geroboamo: Così dice il Signore, Dio d'Israele: "Io ti ho innalzato fra il

popolo costituendoti capo del popolo d'Israele, ho strappato il regno dalla casa di Davide e

l'ho consegnato a te. Ma tu hai agito peggio di tutti quelli che furono prima di te e sei andato

a fabbricarti altri dèi e immagini fuse per provocarmi, mentre hai gettato me dietro alle tue

spalle. Per questo, ecco, manderò la sventura sulla casa di Geroboamo, distruggerò nella

casa di Geroboamo ogni maschio, schiavo o libero in Israele, e spazzerò la casa di

Geroboamo come si spazza lo sterco fino alla sua totale scomparsa. I cani divoreranno

quanti della casa di Geroboamo moriranno in città; quelli morti in campagna li divoreranno

gli uccelli del cielo, perché il Signore ha parlato". Ma tu alzati, va' a casa tua; quando i tuoi

piedi raggiungeranno la città, il bambino morirà” (cfr 2Re 5-16).

Ancora una volta notiamo come il pensiero deuteronomista condanni Geroboamo per aver condotto

il popolo all’idolatria, rivalutando i santuari del Nord e per aver scelto sacerdoti che non venivano

dalla tribù di Levi (cfr 2Re 13,33-34).

Si termina con la preghiera del Padre Nostro ricordando il 20° anniversario della morte di Padre

Turoldo, profeta dei nostri giorni, perseguitato per aver avuto il coraggio di manifestare pensieri e idee

all’avanguardia, messo ai margini e obbligato al silenzio, riconosciuto e rivalutato alla fine della sua vita.

“Solo in te, o Padre, è riposta la nostra speranza,

e poiché dall'uomo non può venire salvezza,

donaci tu un cuore saldo e occhi attenti per scorgere nella storia

l'assidua presenza del tuo amoroso operare. Amen” (D. M. Turoldo)

♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦

SUSSIDIO 4 Il popolo chiede un re e il re costruisce il tempio

Il re deve essere il primo a vivere e rispettare la Legge di Dio e condurre il popolo sulla

strada di questa legge (cfr Dt 17,14-20).

Usando l’esercito per guerre di conquista e non per difendere il popolo, Saul si è allontanato

dalla Legge di Dio. YHWH allora rifiuta Saul e manda Samuele ad ungere il giovane pastore

Davide (cfr 1Sam 16).

Alla morte di Saul, Davide sarà riconosciuto re di tutto Israele (cfr 2Sam 5,5). Egli conquista

la città di Gerusalemme (cfr 2Sam 5,9). Per la debolezza dei grandi imperi, Davide sconfigge

tutti i popoli vicini che minacciano Israele e forma un piccolo impero (cfr 2Sam 8,1-14).

Dopo tutte le guerre e campagne, Davide decide di costruire a Gerusalemme un Tempio a

YHWH.

Davide ha fatto grandi passi nell’organizzare il suo regno: arma un esercito (cfr 2Sam 5,6),

conquista una capitale (cfr 2Sam 5,6-9), costruisce un palazzo con funzionari e burocrati

(cfr 2Sam 5,11; 8,15-18).

Manca solo un grande santuario nazionale che porti a Gerusalemme tanti pellegrinaggi.

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Il simbolo più importante della religione di YHWH era l’Arca dell'Alleanza che conservava

le tavole della Legge di Dio date a Mosè nel deserto (cfr Es 25,10-16). Davide fa di

Gerusalemme la sua capitale e per favorire l’unità del popolo vi mette l’Arca dell'Alleanza

(cfr 2Sam 6).

Questa era una grossa novità: l’arca era stata sempre un simbolo itinerante. Aveva

accompagnato il popolo nel pellegrinaggio attraverso il deserto e la conquista della Terra

Promessa (cfr Nn 10,33; Gs 3,4-6); in seguito fu portata nel santuario di Silo dove veniva

conservata dai leviti (cfr Gs 18,1; 1Sam 1,3; 4.4).

Durante il periodo dei Giudici non c’era in Israele un santuario che rappresentasse il centro

della religione di YHWH.

Il culto a YHWH era celebrato in casa, dalle famiglie (cfr Es 12,21-28). Durante la

peregrinazione nel deserto e nel periodo dei Giudici il popolo commemorava la Liberazione

con la festa di Pasqua, una festa famigliare.

Che cosa avrebbe significato per le tribù un santuario nazionale?

Con la costruzione del tempio, Davide cerca di rinchiudere Dio entro i limiti dei suoi piani

personali per diventarne l’unico intermediario tra Dio e il popolo.

Attraverso la voce di Natan, Dio mostra a Davide che il re deve essere il primo a seguire e ad

obbedire alla Legge di Dio (cfr Dt 17,14-20). In seguito il profeta rimprovererà il re per il suo

comportamento peccaminoso (cfr 2Sam 12,1-15).

Davide riconosce il suo errore ed innalza a Dio una preghiera di lode e di ringraziamento.

I santuari

Al tempo di Gesù, il tempio di Gerusalemme occupava un’importanza fondamentale nella

vita del popolo, frutto di un lungo cammino storico.

Al tempo dei Giudici non era così, non esisteva un tempio che centralizzasse il culto. Le

tribù avevano i loro santuari, piccoli centri d’incontro e di assemblee, meta di molti

pellegrinaggi.

Anna, per esempio va in pellegrinaggio al santuario di Silo, dov’era custodita l’Arca

dell'Alleanza e lì chiede a Dio un figlio (cfr 1Sam 1). Altri santuari erano quelli di Dan (cfr

Gdc 18,29), Sichem (cfr Gs 24), Betel (cfr Gn 28,19), Galgala (cfr Gdc 2,1), Ebron (cfr Gn 23,1)

e Bersabea (cfr Gn 21,33). I confini storici del popolo della Bibbia erano delimitati dai

santuari di Dan al nord, e di Bersabea a sud (cfr Gdc 20,1).

Questi santuari erano il simbolo della religione tribale, decentralizzata. Non ne esisteva uno

ufficiale, né un sacerdozio unico. I santuari avevano un ruolo molto positivo: erano per il

popolo, centro di incontro dove si faceva memoria dell’Esodo, erano anche un rifugio per i

pellegrini o i fuggitivi (cfr 1Sam 21,2-10), risvegliavano sempre il lato mistico e di fede nel

popolo di Dio.

Camminare verso un santuario aiutava a ricordare la traversata del deserto. I pellegrinaggi

avvenivano tre volte l’anno e tutto il popolo era chiamato a riunirsi davanti al Signore in una

celebrazione ricca di significato (cfr Es 23,14-17; Sal 23,6; 27,4). (tolto da . “La Lettura Profetica della Storia” ed La Piccola Editrice)

49

10° INCONTRO Il VERO CULTO

Accoglienza

Preghiera: Ger 7,1-15

Testo di studio: Mc 11,11-25

Al tempo della monarchia il tempio è diventato subito il centro del potere politico e

religioso, anche il re Geroboamo ha strumentalizzato il santuario.

Gesù, continuando il “filo rosso” della vera profezia, ha avuto il coraggio di denunciare

l’egemonia del tempio.

In questa tappa di sosta nel nostro cammino, analizziamo la denuncia di Gesù al tempio,

confrontando anche i contesti diversi di ogni vangelo.

Analisi di Mc 11,11-25

Dividiamo il brano in quattro parti:

Mc 11,11: premessa che ci dice quando avviene il fatto raccontato nei versetti

seguenti.

Mc 11,12-14: episodio del fico

Gesù vuol far capire ai suoi discepoli che la religiosità d’Israele era tutta foglie

ed esteriorità, senza frutti di opere buone. “Ahimè! Sono diventato come uno spigolatore d'estate, come un racimolatore

dopo la vendemmia! Non un grappolo da mangiare, non un fico per la mia

voglia. L'uomo pio è scomparso dalla terra, non c'è più un giusto fra gli

uomini: tutti stanno in agguato per spargere sangue; ognuno con la rete dà la

caccia al fratello” Mic 7,1-2. (cfr anche Ger 8,13 e Os 9,10.16-17).

Mc 11,15-19: Gesù nel tempio scaccia i venditori.

Mc 11,20-25: il fico è seccato

Gesù si manifesta: “Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il

Signore che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso, faccio seccare

l'albero verde e germogliare l'albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo

farò”Ez 17,24 (cfr anche Gl 1,7).

La denuncia di Gesù al tempio è legata anche al fatto di non trovare frutti sulla pianta

di fico: fico sterile = potere religioso sterile.

Dopo la cacciata dei venditori dal tempio Gesù spiega la forza della fede e della

preghiera.

Il tempio non ha più fede né preghiera.

Solo i semplici e gli ultimi confidano ancora totalmente in Dio:

“Ti benedico padre Signore del cielo e della terra perché hai tenuto nascoste

queste cose ai sapienti e intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” Mt 11,25-27

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Confrontare il testo di Marco con quello degli altri vangeli che raccontano lo stesso

episodio:

Mt 21,12-17

Lc 19,45-46

Gv 2,14-16

Tutti e quattro gli evangelisti raccontano la cacciata dal tempio dei venditori da parte di

Gesù, ciò significa che il fatto è ritenuto molto importante.

Se hai tempo e voglia leggi anche il racconto degli altri evangelisti e osserva in che contesto

è inserito il brano.

Quando ci siamo incontrate abbiamo analizzato Mc 11,15-19 partendo dalla denuncia di

Geremia in 7,1-15

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Il VERO CULTO: Mc 11,11-25 decimo incontro 23 febbraio 2012

MEMORIA

Abbiamo contestualizzato e attualizzato il brano di Geremia 7,1-15

Il profeta mette in guardia coloro che si sentono sicuri all’ombra del tempio e pensano che

sia sufficiente chinarsi davanti al Signore nel tempio per essere salvi.

Attualizzando possiamo dire che anche oggi si può essere vittime del fondamentalismo che

non consente il dialogo religioso e la libertà di professare la propria fede.

In Nigeria il gruppo fondamentalista islamico “Boko Haram” che letteralmente

significa “l’educazione occidentale è proibita”, continua ad attaccare i cristiani

nigeriani delle tribù indigene che vivono al nord del Paese, nello Stato di Yobe. La

follia omicida del gruppo ha già causato più di 200 vittime creando terrore tra la

popolazione; i fondamentalisti bruciano le chiese quando i fedeli sono riuniti per il

culto.

Il 22 febbraio ricorreva il capodanno Tibetano “Losar”; in Tibet sono stati vietati i

festeggiamenti che di solito si protraggono per quindici giorni.

I monasteri buddisti sono stati sorvegliati dalla polizia cinese, nessun pellegrino ha

potuto recarsi nei monasteri per il culto. I monaci buddisti e i contadini tibetani da

molti anni protestano contro il dominio cinese che impedisce al popolo di professare

liberamente la propria fede. Alcuni di loro arrivano a togliersi la vita dandosi fuoco.

Nell’ultimo anno le torce umane sono state ventisei!

Per ultimo abbiamo ricordato S. Policarpo, vescovo di Smirne: fu condannato, il 23

febbraio dell’anno 155, ad essere arso vivo nello stadio della sua città, perché si era

rifiutato di rendere omaggio all’imperatore.

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Analizziamo insieme Mc 11,11-25

Gerusalemme e il tempio sono il cuore dell’ebraismo, è qui che non viene riconosciuto Gesù

come Messia ed è qui che ne avviene il rifiuto e la condanna.

Al tempo di Gesù, il tempio di Gerusalemme occupa un’importanza fondamentale per la vita

del popolo; Gesù vuole difendere il vero culto da rendere a Dio; egli vuole recuperare la

santità del tempio, dove il Padre ha posto la sua dimora tra gli uomini.

Il fico sterile: Mc 11,12-14

Gesù sa che in Israele non ci sono frutti di preghiera e di giustizia, per questo porta

l’esempio del fico.

Si avvicina al fico pieno di foglie, ma non vede frutti: è fuori stagione. C’è delusione e

dolore nello sguardo di Gesù che cerca qualcosa che non c’è (cfr Lc 19,41-44). Gesù viene a

Gerusalemme a chiedere conto del frutto dell’Alleanza del popolo con il suo Dio, ma non lo

trova, ci sono solo foglie, cioè solo culto esteriore.

L’alleanza non c’è più, Israele è come il fico senza frutti: è sterile!

Israele non può essere come il fico che ha frutti solo alla sua stagione, dovrebbe averne

sempre!

Ci vengono in mente alcuni detti dei nostri papà o dei nostri nonni: “Se un fico non dà frutti,

va tagliato”. “I tralci secchi della vite si tagliano” (cfr Gv 15,2).

La maledizione del fico da parte di Gesù è il giudizio di Dio contro Israele: il fico secca

fino alle radici, il tempio, simbolo dell’autorità religiosa, nasconde l’assenza totale di Dio

che non dimora più in quel luogo.

Ci siamo chieste il motivo per cui Gesù maledice il fico, anche se non è stagione: per seguire

Gesù non ci sono stagioni, bisogna seguirlo sempre.

Abbiamo accostato la maledizione del fico alla parabola dei talenti (cfr Mt 25,14-30).

È la condanna di Gesù per tutti coloro che non usano i talenti ricevuti per farli fruttificare,

come il servo della parabola che per paura, tiene il talento nascosto: non fa scattare la molla

dell’amore.

Il padrone gli toglie il talento e lo dà a chi ne ha già dieci e dice: “Servo malvagio e infingardo,

sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il

mio denaro ai banchieri così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse”(cfr Mt 25,26-27).

E’ il rifiuto dell’indolenza e dell’apatia: “Non siete né freddi né caldi” (cfr Ap 3,15).

I venditori cacciati dal tempio: Mc 11,15-19

Questo brano si trova in tutti e quattro i vangeli: Gesù, nel suo primo incontro con la città di

Gerusalemme all’inizio del suo ministero, ha voluto affrontare apertamente il conflitto che

esisteva tra il tempio e il vero culto.

Isaia dice: “La mia casa è casa di preghiera per tutte le genti” (cfr Is 56,7) e

Geremia: “Per voi questo tempio è un covo di ladri”(cfr Ger 7,11).

Israele avrebbe dovuto dimostrare ai popoli confinanti che il suo era l’unico vero Dio, ma

purtroppo si comporta come tutti gli altri popoli: è infedele, ingiusto e ipocrita; la sua

condizione però è ancora più grave perché esercita l’ingiustizia nel nome del vero Dio.

I santuari nell’antichità, oltre ad essere adibiti alla preghiera e alla memoria, erano luoghi

dove venivano custoditi i raccolti per evitare aggressioni, ruberie e per ricordare che il

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raccolto era sotto la protezione del Signore. Questo uso del tempio, inizialmente buono, è

stato poi strumentalizzato, in seguito i santuari sono diventati prevalentemente luoghi di

scambi commerciali, dove il lucro era lo scopo principale. Per questo Gesù condanna i

sacerdoti perché “la sua casa di preghiera” è diventata “una spelonca di ladri”.

Nessuno poteva accedere al Santo dei Santi, solo il Sommo Sacerdote poteva entrare una

volta l’anno, dunque Dio era inaccessibile. Anche se nel tempio venivano insegnate le Sacre

Scritture e vi erano momenti di preghiera, il Sommo Sacerdote era l’unico intermediario tra

Dio e il popolo.

Per entrare nel tempio a rendere lode a Dio bisognava essere puri, per purificarsi era

necessario offrire sacrifici o denaro.

Gesù non tollera che l’amore di Dio possa essere venduto o comprato perché quando questo

avviene, non si può parlare di amore di Dio ma di prostituzione. La casta sacerdotale, per il

proprio interesse, ha venduto il nome di Dio:

“Guai a voi dottori della legge che caricate gli uomini di pesi insopportabili e quei

pesi voi non li toccate nemmeno con un dito” (cfr Lc 11,46).

“Guai a voi dottori della legge che avete portato via la chiave della conoscenza, voi

non siete entrati e a quelli che volevano entrare, voi l’avete impedito” (cfr Lc 11,52).

La responsabilità della casta sacerdotale è enorme, interrompe il rapporto tra l’uomo e il suo

Dio.

Come al tempo del re Salomone, così anche al tempo di Gesù, YHWH è il Dio dei potenti,

il Dio dei sacerdoti invece che il Dio dei poveri e degli oppressi; Gesù scacciando i venditori

dal tempio, denuncia gli abusi procurati dalle autorità religiose e vuol riportare il rapporto

con Dio al suo vero significato.

Questo gesto è riportato da tutti e quattro i Vangeli. Ciò dimostra che dopo quaranta,

cinquant’anni dalla morte di Gesù, epoca in cui sono stati scritti i Vangeli, le comunità

cristiane hanno ancora questo problema.

In quel periodo:

gli ebrei scacciano dalle sinagoghe gli ebrei seguaci di Gesù

nel 70 il tempio di Gerusalemme viene distrutto definitivamente da Tito

gli ebrei accusano gli ebrei cristiani di essere la causa della distruzione del tempio

perché credono che un uomo possa essere Dio.

I cristiani di quel tempo s’interrogano: “per noi il tempio è veramente necessario?”

Le lettere di Pietro e di Paolo ci aiutano a capire come le prime comunità cristiane abbiano

risposto a questa domanda:

Gesù stesso è il vero tempio, la pietra angolare scartata dai costruttori, lui è il segno

della presenza di Dio e chi crede in lui è “pietra viva” (cfr 1Pt 2,4-10).

San Paolo nella Lettera ai Corinzi dice: “non sapete che siete il tempio di Dio e che lo

Spirito di Dio abita in voi? (cfr 1Cor 3,16).

Abbiamo notato che nel vangelo di Matteo (cfr 21,12-17) Gesù, subito dopo la cacciata dei

mercanti dal tempio, guarisce ciechi e storpi. Con questi gesti vuole dimostrare cosa

significhi veramente rendere culto a Dio: con le opere di misericordia (cfr Mt 25,31-46).

Spesso le donne, gli umili, i semplici, i malati e coloro che esercitavano professioni

impure, per esempio i pastori, non potevano andare al tempio per partecipare alla preghiera

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perché erano considerati immondi; inoltre era obbligatoria l’offerta e chi non era in grado di

procurarsela rimaneva escluso dal culto.

E’ proprio l’esatto contrario dello spirito evangelico, Gesù dice: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste

queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli” (Mt 11,25).

Solo nel Vangelo di Marco viene sottolineato che il tempio: “È casa di preghiera per tutte

le genti”. Gesù, attraverso il suo sfogo, afferma che la presenza di Dio è un fatto universale, è

presente in tutti e la salvezza è per tutti (cfr Ef 4,4-6).

I sommi sacerdoti e gli scribi rifiutano Gesù e vogliono farlo morire, mentre la gente

semplice lo accoglie e lo acclama; anche Saulo di Tarso è stato un persecutore dei cristiani

poi, per intervento divino, diventa Paolo, l’apostolo delle Genti.

Fede e preghiera Mc 11,20-25

Gesù in questo brano mette in risalto la forza della preghiera e della fede che deve

accompagnarla; la vera fede è capace di spostare le montagne: “Per questo vi dico: tutto quello

che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato” (Mc 11,24).

La fede è un dono gratuito, si esprime attraverso la preghiera ed è per tutti: fede e

preghiera ci aiutano ad avere un rapporto con Dio.

Come i giudei osservanti di tutte le norme della legge, per Gesù erano sterili, così

anche noi, quando pratichiamo riti sterili e preghiere ripetitive ci allontaniamo dalla

vera preghiera.

“La preghiera che non porta ad aprirsi verso gli altri non è vera preghiera”

(Carlo Maria Martini).

La fede è credere in quello che Gesù ha detto e fatto.

Gesù ha ben sintetizzato i comandamenti in “ama il tuo Dio e ama il tuo prossimo”.

Fede e preghiera ci aiutano a perdonare e ad essere più disponibili verso gli altri.

Dobbiamo avvicinarci a Dio: la preghiera ci fa capire com’è il Suo cuore e ci fa

desiderare di avere anche noi un cuore simile al suo (cfr Lc 6,36-38).

Il vero culto a Dio ci deve portare ad avere attenzione a chi è nel bisogno.

Il volontariato è rendersi disponibili verso gli altri nello spirito della fede e dell’amore.

Anche i non credenti fanno volontariato, ma lo spirito di chi crede in Dio è (o dovrebbe

essere) diverso, perché lo fa per qualcosa di più grande. Gesù dice: “Anche voi, quando avrete

fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo

fare” (Lc 17,10).

Questo dovrebbe essere l’atteggiamento di chi crede: essere umili, non aspettarsi

ringraziamenti, perdonare e avere un cuore aperto verso tutti.

Per approfondire il tema del vero culto, leggeremo personalmente il capitolo 12 della Lettera

ai Romani: “Il culto spirituale”.

Abbiamo concluso il nostro incontro ricordando gli schiavi eritrei prigionieri dei predoni

del Sinai, nell’indifferenza generale e in particolare nell’indifferenza delle autorità egiziane

che non vogliono riconoscere il traffico di essere umani che sta avvenendo nei loro territori,

con conseguenze di violenze, stupri, morti e vendita di organi.

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In particolare abbiamo pregato per Salomon uno schiavo riuscito a fuggire, su di lui pende

una taglia di 50.000 dollari, la sua vita è in pericolo perché è un testimone oculare delle

grandi violenze subite da vittime innocenti.

Una di noi ha ricordato la preghiera di Charles De Foucauld, preghiera che lei recita ogni

giorno:

PADRE MIO, IO MI ABBANDONO A TE

“Padre mio, io mi abbandono a Te, fa' di me ciò che ti piace.

Qualsiasi cosa tu faccia di me, ti ringrazio.

Sono pronto a tutto, accetto tutto,

purché la tua volontà si compia in me e in tutte le tue creature:

non desidero nient'altro, mio Dio!

Rimetto l'anima mia nelle tue mani,

te la dono, mio Dio, con tutto l'amore del mio cuore, perché ti amo.

È per me un'esigenza di amore, il donarmi a Te,

l'affidarmi alle tue mani,senza misura, con infinita fiducia:

perché Tu sei mio Padre!

Amen”.

♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦

UNA PREGHIERA DEL BEATO JOHN HENRY NEWMAN

«Guidami, dolce luce,

in mezzo alle tenebre: guidami innanzi.

La notte è cupa e io sono lontano da casa.

Ti invoco, guidami! Veglia sul mio cammino.

Non ti chiedo di vedere l’orizzonte lontano,

un solo passo mi basta.

Non fui sempre così,

né sempre pregavo che tu guidassi.

Amavo scegliere io stesso

le vie da percorrere.

Ma ora ti invoco, guidami tu!

Amavo il sole splendente e

mi guidava l’orgoglio.

Non ricordare i giorni passati!

Sono certo, Amore, che mi guiderai

per lande e paludi, rocce e torrenti,

fino a quando il giorno riapparirà.

Al mattino si affacceranno i volti degli angeli

A lungo amati, ma che più non vedo.»

♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦ ♦

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11° INCONTRO Lotta contro i falsi profeti di Baal: Il profeta Elia e il re Acab

Accoglienza: segni che rappresentano gli idoli di oggi

Canto dello Shema‛

Preghiera: 1Re 19,1-18

Testo di studio: 1Re 18,16-46

La sete di potere corrompe. Perché il governo dei re potesse trionfare, era necessario distruggere il

culto a YHWH. Questo culto manteneva il popolo nell’obbedienza alle leggi, all’Alleanza, alle

tradizioni tribali ed ai costumi del tempo dei Giudici, impedendo la centralizzazione del potere nelle

mani del re. Volendo distruggere la fede in YHWH, i re incentivavano e promuovevano il culto

idolatrico a Baal, protettore delle città, dio cananeo della pioggia e della fertilità del suolo.

I re raggiungono l’obiettivo: all’epoca del re Acab, la religione di Baal diventa ufficiale (cfr 1Re

16,32-33). Gezabele, principessa fenicia e sua sposa, aveva portato dalla città-stato di Tiro

sacerdoti e profeti di Baal, che vivevano alla corte, mantenuti dal re (cfr 1Re 18,19). Il culto a

YHWH viene duramente perseguitata (cfr 1Re 18,13) ed i profeti jahvisti fatti prigionieri e uccisi.

Quando sembrava che Baal avesse avuto il soppravvento, giunge colui che è considerato il più

grande dei profeti: Elia, il tisbita.

All’epoca di Elia le città funzionavano come centri militari, commerciali e religiosi. Il re era, allo

stesso tempo, comandante dell’esercito, responsabile del commercio e sacerdote. In seguito al

matrimonio del re Acab con la regina Gezabele, i commercianti della città-stato di Tiro, avevano

fondato un quartier generale a Samaria e in esso vi avevano costruito un tempio dedicato al loro

dio Baal-Malkart (cfr 1Re 16,31).

Il conflitto tra la religione di YHWH e la religione di Baal arriva sul Carmelo al punto più critico.

Da questo scontro verrà la risposta: chi è il vero Dio? Il popolo viveva nel dubbio: vedeva che il re

Acab e la regina Gezabele avevano introdotto il culto a Baal (cfr 1Re 16,31), perseguitavano e

uccidevano i profeti di YHWH (cfr 1Re 18,4), favorivano l’idolatria facendo venire profeti stranieri

e mantenendoli. Solo nel palazzo ce n’erano 450!

Il popolo doveva scegliere una della due posizioni in lotta: YHWH o Baal.

Analisi di 1Re 18,16-46

Analisi del testo tenendo conto del contesto 1. Dividere il brano in sezioni.

2. Osservare: chi sono i personaggi, cosa dicono, cosa fanno, perché.

3. Quali le motivazioni che inducono a prendere determinate posizioni o a non prenderne.

Più dettagliatamente: 1. Confrontare l’atteggiamento dei profeti di Baal con l’atteggiamento di Elia.

2. Quale la preghiera di Elia, quale quella dei profeti di Baal.

3. Come risponde YHWH e come risponde Baal.

4. Il popolo come si comporta? È capace di una scelta? Quando? Perché?

Oggi 1. Quale Dio oggi?

2. Quali idoli?

3. Quali preghiere?

4. Portare simboli o dire quali sono gli idoli di oggi.

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Lotta contro i falsi profeti di Baal: Il profeta Elia e il re Acab 1Re 18,16-46

undicesimo incontro 22 marzo 2012 MEMORIA

Come sempre ci siamo accolte a vicenda con gioia e abbiamo ricordato chi era assente:

alcune di noi mancavano per grossi problemi famigliari.

Dopo il canto dello Shema‛, nel silenzio di una preghiera personale, le abbiamo ricordate al

Signore.

Gli idoli di oggi.

Analizziamo i segni che abbiamo portato e che rappresentano gli idoli di oggi:

portafoglio con soldi: i soldi sono necessari per vivere, diventano un idolo in base all’uso

che se ne fa – spesso da un mezzo diventano un fine – chi ha soldi ne vuole sempre di più,

sembra che non bastino mai – i soldi chiudono il cuore, non fanno pensare agli altri.

il gioco: mai come ai nostri giorni il gioco, per tante persone, è un idolo. Schiave del gioco

arrivano a rovinare l’esistenza propria e delle loro famiglie. Ciò che scandalizza ancora di

più è il vedere in televisione molte pubblicità dei diversi giochi d’azzardo.

l’immagine strumentalizzata della donna: l’aspetto fisico, il sesso, la bellezza, l’esteriorità

in tutte le sue forme, il culto dell’immagine, mentre nel suo interno c’è il vuoto, come il

simbolo della scatola che è stata portata, con un confezione meravigliosa: il fiore, il fiocco,

la carta, tutto stupendo, ma la scatola era vuota!

il successo: voler ottenere per forza l’approvazione degli altri con il desiderio di emergere.

la carriera: magari calpestando altre persone, pur di arrivare al vertice, proseguire a tutti i

costi, giungendo in alcuni casi anche alla droga.

il mito della gioventù: anche in età avanzata, chirurgia estetica, famiglie rovinate per unirsi

a persone molto più giovani.

Come conseguenze gravi degli idoli moderni, legati in particolare all’avidità del denaro, abbiamo

identificato:

lo sfruttamento dei minori: lavoro minorile, pedofilia, vendita di organi.

la prostituzione in tutti i suoi aspetti.

il traffico di droga: per denaro gli spacciatori utilizzano le donne per spacciare droga;

molte di loro sono in carcere e testimoniano la loro triste esperienza.

la vendetta: a volte anche un pensiero assillante, coltivato nella mente diventa “dominante”

e in seguito ci “domina” portando all’esasperazione. Molti esempi di cronaca dimostrano

come questi pensieri ossessivi provochino morte e dolore.

Abbiamo ricordato un recente fatto di cronaca: un ragazzo musulmano legato al radicalismo

islamico, in una scuola ebraica di Tolosa uccide il rabbino, i suoi due figli e un’altra

bambina; per un pensiero ossessivo e deviato, si usa la violenza per vendicare una causa,

dominando e uccidendo.

I profeti di Baal nel mondo contemporaneo

Veri e falsi profeti: profeti di Dio e profeti degli idoli.

Al di là di una facile schematizzazione non è sempre agevole distinguerli, soprattutto in una

società moderna dalle mille sfaccettature, dove la menzogna assume l'aspetto brillante

dell'apparire, dove non è l'essere che conta, ma l'avere: avere soldi, avere bellezza, avere

successo...

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Disvalori che ingigantiscono tramite la cassa di risonanza del tam-tam mediatico, sempre

pronto a riconoscere tutte le "libertà" quali adulterio, aborto, promiscuità sessuale, droga,

gioco, violenza per il predominio della propria volontà, scienza alla quale ogni

manipolazione è permessa... al termine della corsa il “contenitore”, vale a dire quello che

gli altri vedono, prende il sopravvento sul “contenuto”, fino a che il contenuto sparisce

inghiottito dal “non-essere dell'apparire”.

L'uomo si mette al posto di Dio, diventa egli stesso Baal, idolo di se stesso, ma il suo limite

non gli permette di darsi delle risposte alle domande fondamentali dell'esistenza. Con

l'insoddisfazione per gli idoli che via via ci costruiamo si spalanca il baratro del nulla.

Prima o poi gli idoli si sfaldano. Eppure sembravano così attraenti, così comodi, così facili

da seguire! Non richiedevano uno sforzo per vincere i propri egoismi, ma poi...che

delusione...!!!

Se ben consideriamo tutto quello che abbiamo fatto diventare idolo, all'origine era cosa

buona, voluta da Dio per essere al nostro servizio e renderci bella la vita, ma noi, seguendo

la parte oscura del nostro essere limitato di creature, ci siamo posti su un piedistallo dalla

base di argilla.

Noi stessi siamo diventati Baal.

Solo seguendo la Parola divina possiamo ridare giusto valore alle nostre scelte e seguire il

Dio della vita, non il dio della morte e uscire vincitori dalla lotta continua tra la Luce e le

tenebre. (contributo di Rosanna G.)

Contestualizzazione storica:

Tutto quello che raccontiamo è dentro una storia; i re, da Salomone in poi, hanno usato

il nome di YHWH per portare avanti il loro progetto e non quello di Dio. Dopo la morte di

Salomone viene eletto suo figlio Roboamo; per la sua crudeltà le dieci tribù del nord, guidate

da Geroboamo, si ribellano e formano un regno a parte. Avviene quindi una suddivisione: il

regno di Israele o del Nord e il regno di Giuda o del Sud.

Al nord il territorio è molto fertile ma, non essendoci la monarchia ereditaria, c’è una grande

instabilità politica con il susseguirsi di molti re, alcuni dei quali assassinati.

Ha avuto tre capitali: Sichem, Tirsa e Samaria.

Il regno di Giuda invece è su un territorio di montagna, meno fertile, ma politicamente

più stabile per l’ereditarietà della monarchia; la capitale è Gerusalemme, chiamata città santa

perché in essa c’è il tempio, ritenuto l’abitazione di Dio. Questa presenza fa nascere la

certezza che la benedizione di Dio è incondizionata ed eterna per il popolo del regno del Sud,

quindi la religione viene svuotata dal suo vero significato e tutto si riduce ad esteriorità.

Monarchia e profetismo nascono insieme, anche se nel passato ci sono state delle

figure di profeti. Ricordiamo ad esempio Debora, giudice d’Israele, che consiglia il popolo,

combatte contro le ingiustizie, non esita ad andare in battaglia per difenderlo.

I profeti in quel periodo sono un po’ consiglieri, un po’ veggenti. Tutti i re hanno i loro

profeti, vivono a corte, vengono interpellati su ogni decisione da prendere; spesso questi

profeti non vogliono dispiacere al re per tutti i benefici di cui godono, cercano di

assecondarlo sempre; nella Bibbia questi sono considerati i falsi profeti.

Nasce un altro tipo di profeta che grida contro gli abusi del potere, la storia di Elia si

inserisce in questo contesto.

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Elia sull’Oreb: 1Re 19,1-18

Elia significa “il mio Dio è YHWH” ed Eliseo “il mio Dio salva”.

Sono figure mitiche, magari non sono mai esistite, però rappresentano sempre

l’esperienza vera di un popolo povero e oppresso che viene liberato e salvato da YHWH e

non da Baal.

Esempio impressionante di questa sfaldatura sociale e che si nota nei resti archeologici, è

l’antica capitale Tirza divisa in due parti da un muro: da un lato vi sono ampie abitazioni in

pietra, circondate da imponenti cortili, dall’altro delle casette ammucchiate le une sulle altre,

il quartiere insalubre e povero. (cfr. Storia di Israele e di Giuda di F. Castel)

Da sempre ci sono dei muri: tra ricchi e poveri, tra conquistatori e conquistati, tra potenti e

sfruttati. Simbolicamente abbiamo ricordato i muri reali più recenti: a Berlino, in Palestina,

alla frontiera tra il Messico e gli Stati Uniti.

Sappiamo che Elia è stato il profeta che ha riportato al popolo il vero culto di YHWH,

cioè il Dio dell’Esodo, il Dio dell’Alleanza, infatti Elia si nasconde sull’Oreb nella caverna

dove Mosè si rifugiò e incontrò la Gloria del Signore prima di ricevere di nuovo le Tavole

della Legge (cfr Es 33,18-23).

Elia ha sentimenti uguali a tutti gli uomini e le donne: ha paura di Gezabele e scappa!

È demoralizzato e vuole morire, si addormenta sotto un ginepro, ma un angelo del Signore lo

sveglia e lo invita a mangiare focaccia e a bere acqua per ben due volte. Elia ora è pronto per

un lungo cammino di quaranta giorni e quaranta notti fino al monte di Dio l’Oreb.

Elia rimane colpito di non trovare il Signore nel vento impetuoso, neppure nel

terremoto o nel fuoco ma lo riconosce nel “mormorio di un vento leggero” (1Re 19,12);

ci sono state diverse interpretazioni del “vento leggero”, una di queste è che il Signore

è presente nelle piccole cose della vita, nel nostro quotidiano. Elia, uomo pieno di zelo

per il Signore (cfr.1Re 19,10) che da solo ha affrontato il re Acab con i suoi 450 profeti,

ha capito che il Signore non è nella forza, ma nella leggerezza ed è vicino alle nostre

debolezze e ai nostri scoraggiamenti.

Elia sul monte forse ha potuto confrontare il vento impetuoso, il terremoto, il fuoco

con “il suo zelo per il Signore” che però ha prodotto uccisioni: Dio non era nel vento

impetuoso, non era nel terremoto, non era nel fuoco, non voleva le uccisioni violente.

Anche noi, come Elia, se ci lasciamo travolgere dal frastuono, dal rumore, se non ci

fermiamo mai e non facciamo silenzio, se non ci ascoltiamo, come possiamo sentire “il mormorio del vento leggero?”

Nel nostro quotidiano, a volte non ascoltiamo gli altri, ci limitiamo a parlare, a dare

consigli, a dire le nostre ragioni; anche in famiglia, è indispensabile saper ascoltare le

esigenze di tutti. L’ascolto presuppone l’accoglienza della persona, ascoltare vuol dire accogliere gli altri.

Il profeta Elia e il re Acab 1Re 18,16-46

Questo brano non l’abbiamo analizzato insieme perché il tempo era ridotto, ciascun gruppo

l’aveva già fatto per proprio conto. Ci siamo soffermate sull’attualizzazione.

Abbiamo cercato di rispondere insieme alle domande: Qual e il nostro Dio? Quali preghiere gli rivolgiamo? Ci ascolta? Come? Che cos’è per noi la

fede?

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Riferendoci al testo di Elia e i profeti di Baal, notiamo che c’è un Dio che risponde e uno che

non risponde e ci siamo chieste: “Il nostro Dio, ascolta o non ascolta, risponde e lo sentiamo presente oppure no?” Dipende dalla nostra capacità di avvicinarci a Lui.

Che cos’è la fede per noi? L’uomo ha sempre bisogno di segni per credere, noi cerchiamo i miracoli ma non la Parola. La

fede fatta di riti e tradizioni è fragile, la fede basata sulla Parola è un dono di Dio che va

alimentato e interiorizzato e deve aiutarci a leggere la realtà.

Quanto cammino ancora dobbiamo fare!!!

Anche la fede del popolo d’Israele era molto fragile, se avesse veramente vissuto

l’alleanza, non avrebbe potuto fare continuamente “ciò che è male agli occhi di Dio”,

lasciandosi facilmente distrarre dai vari dei, come Baal e Astarte.

Se la Parola di Dio entrasse veramente dentro di noi, non ci faremmo “sconvolgere” da

qualsiasi altra proposta.

La strada comunque è lunga, abbiamo bisogno di destrutturare e ricostruire: vedere la

realtà con gli occhi di Dio, questo deve essere il nostro impegno.

Il cammino che stiamo facendo insieme, al di là dell’amicizia e della comunione che si

è creata tra noi, è veramente illuminante.

Tanti piccoli miracoli, se ci pensiamo bene, accadono continuamente nella nostra vita,

ma non riusciamo a coglierli fino in fondo, li possiamo scoprire nel silenzio e

nell’ascolto della presenza di Dio, una presenza amorevole e misericordiosa.

Ricordiamo il miracolo di Elia a casa della vedova di Zarepta: le chiede da mangiare e

davanti alle poche cose che la vedova ha le dice: “Prima prepara per me”. La vedova si

fida e il miracolo avviene, chi ha riconosciuto, per la prima volta, Elia come profeta, è

stata proprio la vedova.

Nel momento in cui mi fido e mi apro agli altri, tutto può moltiplicarsi.

Gesù non avrebbe potuto moltiplicare il pane e i pesci se qualcuno non avesse messo a

disposizione quel poco che aveva. Il miracolo è saper condividere quello che abbiamo con

gli altri. Abbiamo constatato che quando si ha di meno ci si apre di più alla solidarietà, ci si

dona.

Il benessere ci rende egoisti.

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SUSSIDIO 5 Il profeta ELIA

Il profeta Elia, il Tisbita, non ha lasciato scritti suoi, la sua storia è raccontata nel 1° e 2°

libro dei Re. Vive nel IX° secolo a.C. nel regno del Nord sotto il dominio dei re:

Acab - 874-853: il re Acab si allea con il re del Libano ed è peggio di tutti i suoi

predecessori (1Re 16,29) sposa Gezabele, cananea, la quale diffonde nel regno del

Nord gli dei pagani, deviando il popolo da YHWH; anche il re Acab serve e adora

Baal, dio della pioggia e della fertilità (1Re 16,31-33).

Gezabele odia Elia.

Acazia - 853-852 figlio di Acab – regna solo per un anno.

Elia è il Profeta che ha riportato il culto di YHWH al Dio dell’Esodo: non è più il Dio del

tempio di Salomone ma il Dio che libera il suo popolo dalla schiavitù.

Di seguito indichiamo i riferimenti che narrano la storia di Elia

N. 6 racconti in origine autonomi

1. 1Re 17,1; 18,1: La siccità minacciata da Elia si avvera, nonostante Baal fosse

il dio della pioggia.

2. 1Re 18,16-46: Il giudizio di Dio sul Monte Carmelo: Elia e i 450 profeti di Baal.

3. 1Re 19,1-3.8-13: La Teofania sull’Oreb, il Signore è nel “vento leggero”.

4. 1Re 19, 19-21: La chiamata di Eliseo.

5. 1Re 21,1-29: La vicenda della vigna di Nabot.

6. 2Re 1,2-8.17: Domanda di un oracolo da parte di Acazia.

N. 4 aneddoti miracolosi

1. 1Re 17, 2-6: La nutrizione di Elia presso il fiume Cherit, i corvi gli portano

pane e carne come predetto dal Signore.

2. 1Re 17,7-16: La moltiplicazione della farina e dell’olio a Zarepta

presso la vedova straniera.

3. 1Re 17,17-24: La risurrezione del figlio della vedova a Zarepta.

4. 1Re 19,4-8: Elia riceve conforto e nutrimento dall’angelo, il profeta

camminerà poi per quaranta giorni e quaranta notti verso l’Oreb.

n. 2 episodi in rapporto con il re

1. 1Re 18,2-18: L’incontro con il re Acab.

2. 2Re 1,9-16: Il tentato arresto del Profeta.

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12° INCONTRO Lotta contro i falsi profeti di YHWH

l profeta Michea di Imla e il re Acab

Geremia solo contro tutti

Accoglienza: oggi ci sono falsi profeti? Portare esempi.

Preghiera: Ger 20, 7-18

Testi di studio: 1Re 22,1-38 e Ger 26,1-19

Nell’incontro precedente abbiamo visto che la parola “profeta” indica sia chi parla in nome

di Baal (cfr 1Re 18,19), sia chi parla in nome di YHWH (cfr 1Re 18,36).

La politica dei re favorisce l’idolatria per porre fine alla religione di YHWH, ma la fede e il

coraggio di Elia e in seguito di Eliseo l’hanno contrastata e vinta. La lotta contro la

religione di Baal termina nella rivolta comandata da Eliseo e Ieu (cfr 2Re 9-10).

L’eliminazione di Baal come divinità ufficiale, spinge i re ad iniziare una nuova politica di

manipolazione: sostituire nei santuari reali Baal con YHWH e portarvi profeti che

sostengano il loro potere oppressore.

Molti profeti jahvisti sono a servizio dei re, contrari all’alleanza, manipolano la fede e la

devozione del popolo semplice, usando la religione di YHWH in appoggio alla politica dei

re: è la “baalizzazione di YHWH”.

Sorgono così profeti che si dicono fedeli all’alleanza, ma parlano a favore dell’oppressione

e inducono il popolo a peccare di infedeltà.

In nome di YHWH allontanano il popolo dalla Legge di Dio.

Contro questi profeti ne sorgono altri come Amos (cfr Am 7,10-17) e Geremia che denunciano

la strumentalizzazione del culto di YHWH.

Coloro che hanno vissuto fin dall’inizio la vocazione profetica, come esperienza di un incontro

personale con il Dio vivo (cfr Ger 1; Is 6) sono i veri profeti: uomini di Dio.

Nell’incontro di oggi abbiamo esaminato un conflitto fra profeti che, pur avendo posizioni

opposte, parlano “in nome di YHWH”.

Analisi di 1Re 22,1-38

In questo testo tutti i profeti, sia quelli falsi che quelli veri, parlano in nome di YHWH.

Da una parte ci sono 400 profeti a favore del re, dall’altra solo Michea.

Aiutiamoci con le domande ad analizzare il testo, cercando di contestualizzarlo, per

poi attualizzarlo.

Ricordiamoci che questo è il periodo nel quale i due Regni di Giuda e d’Israele, sono

alleati.

Per facilitare l’analisi dividiamo il testo in sezioni (oramai siamo diventate esperte!)

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Le domande ci aiutano nell’analisi:

Quali sono i personaggi, cosa dicono e cosa fanno?

Perché Michea non è subito convocato dal re d’Israele?

Come possiamo interpretare le due risposte date da Michea al re?

Come viene presentato il comportamento dei due re?

Come viene esercitata la profezia?

Perché una profezia è considerata vera e l’altra falsa?

Ger 26,1-19

Il testo di Geremia ci può aiutare a capire, in un altro contesto, come la vera

profezia fosse contrastata.

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dodicesimo incontro 12 aprile 2012

MEMORIA

Dopo l’accoglienza, il ricordo di alcune nostre amiche assenti e un canto di resurrezione,

preghiamo Ger 20,7-18 che inizia con una bellissima testimonianza:“Mi hai sedotto, Signore, e

io mi sono lasciato sedurre; mi hai fatto forza e hai prevalso” (Ger 20,7). Nella risonanza della

preghiera è stato ripetuto diverse volte anche il vers.9: “Mi dicevo: ‘Non penserò più a lui, non

parlerò più in suo nome!’ Ma nel mio cuore c’era come un fuoco ardente, chiuso nelle mie ossa;

mi sforzavo di contenerlo, ma non potevo”. Geremia grida la sua sofferenza, è solo e

allontanato da tutti, arriva al punto di maledire la sua nascita, come Giobbe (cfr Gb 3), il suo

dolore è ancora più forte perché viene causato dalla sua testimonianza di fede, ma non può

contenere “il fuoco ardente” che ha nel cuore.

Come premessa, per capire le difficoltà, le differenze e le contraddizioni che alcuni testi

presentano, abbiamo ricordato che dobbiamo sempre tenere conto delle diverse tradizioni e

riletture che sono state fatte, perché spesso i fatti vengono narrati e scritti parecchi anni dopo

il periodo in cui sono accaduti. Per questo abbiamo letto la frase di Francesco Rossi De

Gasperis, profondo conoscitore ed esperto delle scritture che nel suo libro “Pregare e

camminare in tutta la Parola” dice: “Non sarà possibile capire tutto quello che il testo ci vorrà

dire, perché è un testo vivente in virtù dello Spirito che lo ispira. Dovremo solo cercare di

intendere quello che lo Spirito ci vorrà far capire adesso, che non sarà la stessa cosa che ci farà

capire tra dieci anni, o che ci ha fatto capire nel tempo passato”.

Questo per rassicurarci e non perderci d’animo quando ci troviamo in difficoltà

nell’analizzare un brano biblico.

Il profeta Michea di Imla e il re Acab: 1Re 22,1-38 – analisi del testo

1Re 22,1-4

Dopo più di mezzo secolo di lotte fra i due regni, Giosafat (870-848), re di Giuda, si allea ad

Acab re d’Israele, perché il figlio Ioram (848-841) ha sposato Atalia (cfr 2Re 8,16-18) figlia di

Acab (875-853).

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Il re di Giuda va a far visita al re d’Israele: Acab chiede a Giosafat di partecipare alla

riconquista di Ramot di Gàlaad, tuttora sotto il dominio degli Aramei.

Nel regno d’Israele al tempo del re Acab, è molto diffusa l’idolatria a causa della moglie

Gezabele, principessa fenicia (1 Re 16,29-33). La visita di Giosafat è positiva ed è un passo

importante per consolidare l’unione e la pace tra i due regni, ma dai redattori deuteronomisti

è vista anche come un’infedeltà da parte di Giosafat, verso la sua città Gerusalemme, dove

c’è il tempio del Signore.

1Re 22,5-12

Acab, dopo aver ottenuto l’approvazione dei suoi 400 profeti, ha già deciso di fare

guerra agli Aramei. Questi sono i falsi profeti perché profetizzano usando il nome di

Dio, ma vogliono solo compiacere il re e tutelare i propri interessi. Sedecìa figlio di

Chenaana compie un’azione simbolica (cfr 1Re 11,30 e Ger 18,1) agita corna di ferro

come simbolo di forza (cfr Dt 33,17) e di potere e quindi di vittoria.

Giosafat è più prudente, non si fida e convince Acab ad ascoltare anche l’ultimo

profeta, non gradito al re perché: “non mi predice altro che male, mai qualcosa di buono.

Si tratta di Michea, figlio di Imla” (v.8).

1Re 22,13-28

Michea, in un primo momento asseconda la richiesta del messaggero che lo va a

prendere e predice al re il successo dell’azione sapendo che questa è la stessa profezia

annunciata dai profeti di corte.

Acab però invita Michea a dire la verità perché in cuor suo sa che i suoi profeti hanno

voluto solo compiacerlo.

Condivisione e attualizzazione

I potenti e il popolo vogliono sentirsi dire che tutto andrà bene, così i falsi profeti,

anche se un tempo hanno fatto vera esperienza di Dio, assecondano i loro desideri e

parlando nel nome di Dio dicono il falso.

Il vero profeta invece cerca di trasmettere il pensiero di Dio nonostante sia “scomodo” o

difficile da accettare. Anche Geremia ha molte difficoltà a parlare in nome di Dio. I veri

profeti addirittura vengono percossi: Geremia dal sacerdote Pascùr (cfr Ger 20,1-2),

Michea di Imla da Sedecìa (cfr 1Re 22,24).

Gesù, per annunciare la verità, è finito sulla croce.

Il vero profeta ha un doppio ruolo, quello di trasmettere la Parola di Dio al popolo, di

prenderne a cuore le sorti e quindi di portarne al re la voce.

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Artisti famosi, si affidano a dei guru che consultano per sentirsi rassicurati. Tante

persone vanno da stregoni e maghi, cercando solo compiacenza e approvazione. È

insito un po’ in tutti noi il desiderio di trovare consensi per le scelte che facciamo.

A volte anche noi ci troviamo immischiate in situazioni in cui non abbiamo il coraggio

di opporre un rifiuto o ci vediamo coinvolte in azioni che non condividiamo

totalmente, e non prendiamo posizione, come è successo al re Giosafat che non si

oppone al progetto del re Acab, non ha il coraggio di dire di no e mette in pericolo la

sua vita. E’ più facile adeguarsi alla maggioranza ed averne l’approvazione, seguire

chi ci promette che tutto andrà bene, ritenere che la cosa più giusta sia quella

condivisa da un maggior numero di persone.

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Essere veri profeti non è facile. Il profeta se è solo contro tutti, se ha il coraggio di dire

la verità, può venire isolato, percosso e persino imprigionato o messo a morte. Le voci

fuori dal coro non hanno vita facile, vengono allontanate, emarginate: “Non sei

omologato, sei diverso, e devi essere allontanato”. Purtroppo questo capita spesso in

qualsiasi ambito, se dici qualcosa non gradito ai più, sei escluso. In un regime

totalitario vieni ucciso, in un regime democratico vieni coperto di fango. Abbiamo

ricordato alcune persone che hanno denunciato e combattuto la mafia in vari modi,

alcuni sono stati uccisi, altri allontanati. Citiamo don Puglisi e suor Laura in Valtellina

che hanno dato la vita per seguire ragazzi e ragazze difficili; Saviano che tutt’ora

coraggiosamente non tace, mettendo continuamente in pericolo la sua vita.

Abbiamo ripensato anche ad alcune esperienze vissute sui posti di lavoro. Quante

persone assecondano i capi solo per il proprio tornaconto e naturalmente chi si mette

contro pur essendo nel giusto, ha la peggio!

Anche la stampa viene manipolata dal “potente”: per far tacere le voci di denuncia,

acquista il giornale e fa dire quello che vuole.

Il popolo spesso debole e in buona fede, ha bisogno di qualcosa in cui credere, i

potenti e i prepotenti ne approfittano, fanno di un idolo il vero Dio; a poco a poco ci si

adegua, ci si uniforma alla mentalità che predomina. I falsi profeti vivono anche tra di

noi spesso in veste di agnelli, invece sono lupi che fanno sembrare bene ciò che è

male.

Una persona onesta e coerente che ha il coraggio di testimoniare e di andare avanti da

sola ha una grande fede e deve essere anche “granitica” psicologicamente! Cioè non si

deve lasciare scalfire dalla corruzione e dai convincimenti, non si deve interessare

della realtà che la circonda ma essere pronta a subire le conseguenze. Anche Gesù

quando va a Gerusalemme, “rende il suo viso come di pietra” (cfr Lc 9,51) come il Servo

di YHWH citato nel cantico di Isaia “il Signore Dio mi assiste, per questo non resto

svergognato, e rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso” (cfr Is 50,7 e Ger 21,10).

Spesso i veri profeti, sia sacerdoti, sia persone del popolo, non sono stati capiti durante

la vita, la loro profezia è stata riconosciuta solo dopo la morte.

Essere profeti da soli è difficile ma come comunità diventa possibile: la comunità può

essere profezia o meglio dovrebbe essere profezia.

1Re 22,29-38

Il re Acab si è travestito e ha usato l’inganno, tanto che Giosafat quasi viene ucciso al

suo posto, ma in cuor suo sa che la sua sorte è quella, come aveva predetto il profeta

Michea. Le parole del vero profeta si compiono: Michea, dopo aver preannunciato la

morte del re, dice: “se davvero tornerai in pace, il Signore non ha parlato per mezzo mio”

(v 28). La pena per chi profetizzava il falso nel nome del Signore, era la morte

(cfr Dt 18,20-22).

Anche le “guerre sante” cioè guerre fatte in nome di Dio, in passato e anche oggi,

hanno ucciso e uccidono molti innocenti, per questo sono ancora più da condannare

perché Dio è il Dio della vita e non della morte.

65

Geremia solo contro tutti: Ger 26,1-19

In questo testo Geremia profetizza, nell’atrio del tempio, contro la condotta perversa dei

sacerdoti, dei profeti e di tutto il popolo, prevedendo la distruzione del tempio di

Gerusalemme, come successe per quello di Silo (cfr Ger 26,1-6). “All’udire ciò i profeti e i sacerdoti lo arrestano dicendo: “Devi morire! Perché hai predetto nel

nome del Signore: Questo tempio diventerà come Silo e questa città sarà devastata e disabitata?”

(cfr Ger 26,7-8).

Geremia non tace e non ha paura, continua a profetizzare secondo la Parola del Signore e si

mette nelle mani dei suoi accusatori: “Quanto a me, eccomi in mano vostra, fate di me come vi

sembra bene e giusto; ma sappiate bene che, se voi mi ucciderete, sarete responsabili del sangue

innocente, voi e tutti gli abitanti di questa città, perché il Signore mi ha veramente inviato a voi per dire ai

vostri orecchi tutte queste parole" I capi e tutto il popolo dissero ai sacerdoti e ai profeti: "Non ci deve

essere condanna a morte per quest'uomo, perché ci ha parlato nel nome del Signore, nostro Dio" (cfr Ger 26,14-16). In questo caso il popolo, ricordando altri esempi di profeti, accetta la profezia di Geremia.

Geremia ci ricorda il profeta per eccellenza: Gesù!

⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆

La poesia di Don Luigi Pozzoli, un sacerdote amico di una di noi, ci sembra che racchiuda i sentimenti di

Geremia e di chi in un momento di sofferenza e di malattia sente la morte vicino:

VERRÀ LA MORTE

Verrà la morte e avrà i miei occhi la cui luce si va spegnendo a poco a poco sotto palpebre grevi di stanchezza

o dietro velature di nostalgie e rimpianti.

Verrà la morte e avrà i miei occhi che più non distinguono i contorni delle cose mentre vedono approssimarsi il “muro d’ombra”

oltre il quale si dispiega il mistero dell’eterno.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi, Signore Gesù, che balzando quel mattino dal sepolcro hai inaugurato per tutti un giorno nuovo

restituendo la luce ai nostri occhi spenti.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi: occhi dolci, accoglienti, perdonanti; alla tua luce affido la mia notte

nell’attesa di un risveglio colmo di stupore.

⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆ ⋆

Il desiderio di Dio è in tutte le creature, il Suo Spirito vibra in ogni cuore che lo cerca:

L’invocazione del pellerossa Chippewa al Grande Spirito «O Grande Spirito, tua è la voce che odo nel vento, tuo è l’alito che dà vita a tutto il mondo.

Io sono piccolo e debole: la tua forza e saggezza mi sostengano. Fammi camminare nel bello e i miei occhi vedano il tramonto color porpora.

Fa’ che le mie mani rispettino le cose che tu hai creato. Fa’ le mie orecchie acute per sentire la tua voce.

Dammi la sapienza per comprendere i tuoi insegnamenti. Fammi conoscere i segreti che hai nascosto nell’erba e nella roccia.

Dammi forza non per superare il mio fratello ma per combattere il mio maggior nemico: me stesso. Fammi esser sempre pronto a venire da te con le mani pure e gli occhi giusti.

Così quando la mia vita sfumerà come il sole al tramonto, il mio spirito potrà giungere a te senza vergogna.»

66

13° INCONTRO La profezia interpreta la Storia

Revisione critica della Storia

Geremia giudica i re di Giuda

Accoglienza

Preghiera: Salmo 77 (76)

Testi di studio: 1Re 17,1-23 e Ger 21,11-22-30

Il popolo di Dio raccontava la sua storia (cfr. Dt 26,5-10; Gs 24,2-13) e ripeteva sempre gli

stessi fatti: Creazione, Abramo, Esodo, Mosè, Giudici, Re e Profeti, Esilio...ma li ricordava

in modo diverso, secondo le esigenze e le varie situazione in cui si trovava.

Molti salmi sono una meditazione sul passato, ma ciascuno, secondo i bisogni del

momento, ne fa memoria: per vincere una crisi di fede (Sal 77), per trarre una lezione dal

passato e spiegare il presente (Sal 78), per lodare la bontà del Signore (Sal 105), per aiutare il

popolo ad aprire gli occhi e fare una revisione (Sal 106), per dare coraggio ai delusi e

disperati ed insegnare che Dio è sempre fedele (Sal 107).

Il popolo non vuole dimenticare il suo passato e perdere la propria identità, la memoria

attualizzata del passato aiuta il popolo a trovare la propria collocazione nel presente e la

strada per il futuro.

L’esperienza che ha maggiormente segnato l’identità del popolo è la liberazione

dall’Egitto e la nuova organizzazione delle tribù al tempo dei Giudici. In ogni nuovo periodo

della loro storia, soprattutto nei momenti di infedeltà e di crisi, l’esperienza dell’Esodo e dei

Giudici, riaffiora nella memoria dei profeti e diventa un criterio per denunciare gli errori dei

re e per aiutare il popolo a fare una revisione del cammino.

La Bibbia, lo sappiamo, conserva un’immensa varietà di tradizioni, molte di esse sono fra

loro contraddittorie o addirittura conflittuali. Nel Libro di Esdra, per esempio, si ordina di

ripudiare la donna non israelita (Esd 10,3.10-4), mentre nel libro di Rut succede esattamente il

contrario (Rt 1,16-17;4,11). Questo non significa che per la Bibbia tutte le opinioni siano

ugualmente buone, ma che nella Bibbia la verità non è escludente, bensì tollerante. La verità

non si impone, si offre; non è frutto di imposizione, ma di scoperta progressiva fatta

attraverso una costante lettura e rilettura delle meraviglie di Dio.

La verità non vuole vincere, ma convincere.

Nella Bibbia, la Parola di Dio che ha accompagnato il popolo nel corso dei secoli, è stata

tollerante, non ha strappato la zizzania e non ha condannato prima del tempo

(cfr Mt 13,24-30).

A poco a poco, come frutto del cammino fatto con Dio e della rilettura costante, sono emersi

alcuni criteri che hanno permesso di fare un discernimento dei fatti, con molta umiltà e

coscienza.

Con Gesù Cristo e la sua risurrezione arriviamo al criterio definitivo di discernimento.

67

Analisi di 2Re 17,1-23 – La revisione critica della Storia:

Il re SalmanassarV (727-722) assedia Samaria per tre anni. Il testo è un breve racconto

storico della distruzione di Samaria (721), capitale del Regno di Israele, a cui segue

una riflessione teologica sulle cause di questa distruzione. Con l’occupazione e la

distruzione della capitale, parte degli abitanti di Israele viene portata in esilio in varie

regioni dell’impero assiro. Il regno diviene una provincia imperiale. La Terra

Promessa ad Abramo e ai suoi discendenti, appartiene ora ad un re straniero.

Gli autori dei Libri Storici cercano di rispondere agli interrogativi che il popolo si

poneva durante l’esilio di Babilonia (587-538): «Come e perché l’Alleanza è stata

rotta? Perché ci troviamo in esilio, lontani dalla nostra terra?».

Analisi di Ger 21,11-22,30 Geremia giudica i re di Giuda:

La figura di Geremia è unica, chiamato da Dio vive la sua esperienza di uomo della

sofferenza: denuncia gli errori del popolo, chiede sottomissione all’invasore

Nabucodónosor re di Babilonia (cfr Ger 27,1-22), affronta i falsi profeti, annuncia al re

Sedecia e al popolo di Giuda, l’esilio, la sofferenza, la morte.

In questo testo Geremia critica l’operato degli ultimi re di Giuda.

Confronta i due testi

Nel primo si fa una rilettura di eventi passati

Nel secondo, Geremia durante l’assedio di Gerusalemme, mette in guardia

il re Sedecia e fa una rilettura degli ultimi eventi prima della deportazione

(cfr 2Re 23,28-25,30).

Quale le denunce e le accuse fatte ai re da parte dei profeti?

L’esilio era proprio un castigo per il popolo?

Un popolo in esilio ha ancora qualche speranza?

Quale insegnamento e quali criteri possiamo dedurre dal testo per leggere la

nostra storia di oggi?

Importante: osservare la Linea del Tempo e collocare i due testi nel loro contesto

storico.

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

tredicesimo incontro 26 aprile 2012

MEMORIA

Dopo un canto iniziale, preghiamo insieme il salmo 77 (76).

È il difficile periodo del ritorno dall’esilio in Babilonia.

Il popolo è disorientato, ha ancora dentro le sue viscere l’esperienza drammatica dell’esilio.

È un salmo pieno di sentimenti contrastanti, è un grido d’aiuto del popolo al suo Dio, con la

paura e l’angoscia che il Signore possa averlo dimenticato e non voglia più usargli

misericordia; ma il ricordo dell’esperienza dell’Esodo, fa ritornare fiducia e speranza nel Dio

che ascolta ed è vicino al suo popolo.

Pregandolo abbiamo cercato di attualizzarlo con queste domande:

Quando ci rivolgiamo a Dio? quando lo invochiamo? Con quali sentimenti?

68

Siamo capaci di fare memoria della nostra fede per riconoscere Dio “dentro” la

nostra storia?

Siamo state tutte d’accordo nel riconoscere che è più facile avvicinarci a Dio e invocarlo

quando siamo nella necessità, nella paura, nella malattia.

Questo salmo ha suscitato in noi preghiere spontanee e riflessioni: o “Quando siamo nell’angoscia e ci sembra di non sentire Dio vicino, le parole del Salmo ci

invitano a fare memoria per riscoprire che Dio non ci abbandona mai.”

o “Quando viviamo periodi bui, come la notte che risuona nel salmo, la preghiera ci conforta,

il buio non è più così intenso e il Signore ci indica la via.”

o “A volte, cerchiamo una guida che ci rassicuri, il Signore può diventare il nostro Pastore

(cfr Sal 22), facciamo così l’ esperienza vissuta dal popolo nel deserto e raccontata in questo

salmo nel versetto 26: “Guidasti come gregge il tuo popolo”.

Contesto storico

Prima di tutto abbiamo cercato di collocare i due testi nel loro contesto storico facendoci

queste domande: Quando sono stati scritti i testi? Perché?

Abbiamo analizzato la linea del tempo più dettagliatamente, prendendo in considerazioni gli

anni dal 875 al 587 a.C. ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

L’Impero assiro tra l’875 e il 721 è la forza predominante pur con alcuni momenti di

debolezza.

Con il re Tiglat-Piléser III (745-727) l’impero assiro arriva alla sua massima espansione e

potenza.

I re d’Israele cercano di resistere e sopravvivere pagando tributi di vassallaggio e creandosi

nuove piccole alleanze con gli altri re vassalli o con l’Egitto.

Osea, re d’Israele (732-724), negli ultimi tre anni del suo regno, non paga più i tributi a

Salmassar ultimo re assiro, perché ha cercato un’alleanza con il re d’Egitto.

Salmassar assedia Samaria per tre anni, il re Osea viene imprigionato, Samaria distrutta e i

suoi abitanti deportati a Ninive.

Il Regno del Nord termina nel 721 a.C. con la distruzione di Samaria e con la deportazione dei

suoi abitanti (cfr 2 Re 17,1-6).

I profeti del Regno del Nord di questo periodo sono: Elia, Eliseo, Amos, Osea.

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Il regno di Giuda continua fino al 587 a.C.

Al tempo di Tiglat- Pilesèr III in Giuda regna Acaz (736-716).

Durante la guerra Siro-fenicia (734-732) che coinvolge Pekach re d’Israele e Rezin re di

Aram, come alleati fra di loro, Acaz chiede aiuto a Tiglat- Pilesèr per difendersi dall’assedio

imposto a Gerusalemme da Pekach e Rezin, donando al re assiro, dopo l’avvenuta

liberazione, oro e argento prelevati dal tesoro del tempio e della reggia (cfr 2Re 16,1-20).

Dopo la caduta di Samaria, il Regno del Sud dura ancora 135 anni (716-587), si succedono

otto re.

Nel 626 a.C i Caldei conquistano Babilonia e l’impero Assiro comincia il suo declino, in

quel periodo il profeta Geremia inizia la sua missione in Giuda.

69

Nel 622 inizia la riforma del re Giosia (640-609) incoraggiato e consigliato anche dalla

profetessa Culda (cfr 2Re 22-23).

Dopo la morte di Giosia avvenuta per uccisione nella battaglia di Meghiddo (609 a.C.), i suoi

successori dimenticano le gesta del padre e diventano idolatri.

Nel 612 Ninive viene distrutta, in pochi anni i babilonesi conquistano le terre occupate

dall’Assiria.

Nel 598 Nabucodónosor assedia Gerusalemme e avviene la prima deportazione a Babilonia:

Ioiachín re di Giuda, è imprigionato e condotto a Babilonia insieme a tutto il suo seguito

regale, con sé porterà anche il tesoro del tempio e tutti gli arredi sacri. Al suo posto

Nabucodónosor nomina re di Giuda, Mattania, zio di Ioiachín, cambiandogli il nome in

Sedecìa (cfr 2Re 24-25).

Il profeta Geremia invita, con il suo temperamento ardente, il re Sedecìa ad arrendersi al

conquistatore per aver almeno salva la sua vita e quella del popolo.

Inutilmente! Gerusalemme sarà distrutta! Il paese devastato!

È la fine del Regno di Giuda!

Nel 587 a.C. avviene la seconda deportazione a Babilonia di governanti, sacerdoti e

commercianti, la plebe e i contadini rimarranno in Giuda.

È in questo contesto che viene inserito il brano del profeta Geremia che abbiamo preso

in considerazione.

I profeti del Regno del Sud di questo periodo sono:

Isaia, Michea, Naum, Culda, Geremia.

Confronto di 2Re 17,1-23 con Ger 21,11-22,30

Il testo di 2Re 17,1-23 è stato scritto durante l’esilio in Babilonia, quindi oltre 150 anni

dopo gli avvenimenti descritti.

A Babilonia, i deportati del Regno di Giuda, scoraggiati per l’esperienza dolorosa e

drammatica dell’esilio si chiedono: “perché ci è capitato questo?” In tale contesto fanno

memoria della prima diaspora a Ninive. Infatti nel testo di 2Re 17,1-23 viene ricordato

Geroboamo (931-910 a.C.), primo re d’Israele (cfr 1Re 12), considerato la causa della

deportazione a Ninive (721 a.C.). “Quando aveva strappato Israele dalla casa di Davide, avevano fatto re Geroboamo, figlio di

Nebat; poi Geroboamo aveva spinto Israele a staccarsi dal Signore e gli aveva fatto commettere

un grande peccato. Gli Israeliti imitarono tutti i peccati che Geroboamo aveva commesso; non se

ne allontanarono, finché il Signore non allontanò Israele dal suo volto, come aveva detto per

mezzo di tutti i suoi servi, i profeti. Israele fu deportato dalla sua terra in Assiria, fino ad oggi.” (cfr 2Re 17,21-23)

Ger 21,1-22,30

Questo brano è contemporaneo agli avvenimenti che stavano accadendo, perciò molto vicino

alla realtà. Sembra il completamento del brano precedente di 2Re 17, qui oltre all’idolatria si

mette in risalto “il diritto e la giustizia”.

È il racconto degli ultimi avvenimenti prima della distruzione di Gerusalemme.

Geremia, condannando l’operato di Ioacaz, Ioiakim, Ioachin e Sedecia, ricorda il re Giosia,

morto nel 609 a.C., che durante il suo regno, coraggiosamente ha cercato di riportare il

popolo al progetto di Dio, ad un regno più giusto.

70

Condivisione

- L’alleanza comprende “le Dieci Parole”: “Praticate il diritto e la giustizia, liberate

l’oppresso dalle mani dell’oppressore, non fate violenza e non opprimete il forestiero,

l’orfano e la vedova e non spargete sangue innocente in questo luogo” (Ger 22,3).

- Geremia ripete spesso che non si può chiedere la protezione di Dio e fare tutto ciò che

si vuole non osservando i suoi insegnamenti, bisogna amministrare il diritto, la

giustizia e non essere idolatri: “Perché essi hanno abbandonato l’alleanza del Signore,

loro Dio, hanno adorato altri dei e li hanno serviti” (Ger 22,9).

- Essere protetti da Dio non significa che, se ci comportiamo bene secondo i suoi

insegnamenti, tutto nella vita ci andrà sempre bene, anzi a volte succede esattamente il

contrario! Significa invece credere che il nostro Dio è il Dio della vita, saperlo

riconoscere, seguire il suo progetto, così anche noi produrremo vita e non morte.

- E’ importante non lasciarci condizionare da alcune pratiche di preghiera: “se non faccio

tutta la novena, se non faccio tutti i primi venerdì del mese di seguito, se non dico tutto il

rosario ecc.” così la preghiera diventa quasi superstizione e trattiamo Dio come un

idolo. Dio accetta le nostre preghiere, ma non ci punisce se saltiamo un giorno della

novena! Non è Dio che ha bisogno delle nostre preghiere, Lui ci chiede di praticare il

diritto e la giustizia, l’accoglienza e riconoscere tutti gli uomini come fratelli: la

preghiera in questo ci può aiutare, ci cambia il cuore (cfr Sal 50).

- Il progetto di Dio è la vita e l’amore: “Amerai il Signore Dio tuo e il tuo prossimo come

te stesso”, Gesù è venuto per far riemergere questo progetto, è entrato “dentro” fino

alla radice (cfr Gv 1), per portarlo a tutti gli uomini.

- La Parola è fondamentale per la nostra vita.

In diverse chiese delle nostre comunità cristiane c’è il lezionario a metà della navata

centrale, questo può essere di aiuto, è un richiamo per chi visita la chiesa: leggere,

pregare e meditare la Parola per avere un momento più intimo con Gesù.

- L’uomo, allontanandosi da Dio, spesso perde di vista i veri valori. E’ più facile

accostarci a Dio quando siamo nella sofferenza.

- La comunità cristiana deve tendere a vivere la “Gerusalemme celeste” descritta

nell’Apocalisse (cfr Ap 21,1-8) dove non ci saranno più lacrime, né morte, né

affanni…è l’aspirazione dell’intera umanità!

Quando la comunità, tutti noi, facciamo piccoli gesti di gratitudine, di riconoscenza,

quando ci accogliamo, ci abbracciamo, amiamo, cerchiamo di combattere i sentimenti

negativi che ci fanno “scegliere” le persone da amare, emarginandone altre, quando nel

nostro piccolo ricerchiamo la giustizia, l’accoglienza, costruiamo intorno a noi una

piccola Gerusalemme Celeste, perché qualche lacrima sarà asciugata, qualche dolore sarà

lenito.

E’ l’amore che rende felici le persone, il sentirsi amati ci aiuta ad amare, è come un

cerchio che si allarga continuamente, come un sasso gettato nell’acqua crea cerchi

concentrici che si allargano sempre di più, così sono i gesti d’amore e di benevolenza

diventano contagiosi e si espandono creando relazioni nuove.

Esperienze semplici che viviamo tutti i giorni, è così che possiamo leggere anche la

nostra storia.

71

14° INCONTRO La nostra esperienza biblica alla luce della Parola

L’obiettivo dello studio biblico è rivelare Dio, oggi, nella nostra vita.

La Bibbia deve essere al servizio della vita, creata da Dio.

Deve aiutarci a scoprire Dio presente nella nostra vita

Ascolta Israele: Dt 5,32-6,13

Il credo del popolo: Dt 26,1-11

Arrivati alla fine del nostro percorso biblico, tenendo presente l’obiettivo che ci siamo prefissi

all’inizio e che troviamo, insieme agli altri sei punti, nel sussidio 6, cerchiamo anche noi di fare

memoria dell’esperienza di questi anni alla luce dei due testi del Deuteronomio.

Don Italo ha commentato Dt 26,1-11 e ci ha aiutato a fare un bilancio del cammino di quest’anno.

Accoglienza

Preghiera: Dt 5,32-6,13

Testi di studio: Dt 26,1-11

Analisi di Dt 6,1-13 e di Dt 26,1-11

I due brani del Deuteronomio fanno la rilettura dell’esperienza della liberazione dalla

schiavitù e dell’entrata nella Terra Promessa.

È fare memoria, per

Riconoscere che tutto è dono che viene da Dio

Testimoniare il suo amore e la sua fedeltà

Ringraziarlo e celebrarlo nella famiglia e nella comunità

Non dimentichiamoci la “parola chiave” “Shemaʽ Jisraʼel - Ascolta Israele”.

Ecco come ce la spiega il rabbino Elia Kopciowski.

“È l’appello rivolto da Dio a un popolo appena uscito dalla schiavitù dell’Egitto. Un popolo che si

appresta a divenire non soltanto libero, ma depositario di una Legge destinata ad essere diffusa tra

l’intera umanità. Una Legge che introduce un nuovo modo di concepire la divinità, diametralmente

opposto a quello in vigore per le diverse divinità pagane proprie di un’epoca in cui l’idolatria era

ancora l’unica forma di culto conosciuta.

È in questa situazione generale che i “figli d’Israele” ricevono da Dio l’ordine: “Ascolta Israele, il

Signore è il nostro Dio, il Signore è Uno!”; si tratta di una Legge da “ascoltare” e da attuare, che

non solo afferma solennemente l’unità e l’unicità di Dio, ma ne proclama le caratteristiche di

assoluta giustizia e misericordia. L’“Ascolta Israele” rivolge quindi a tutto il popolo l’invito e

l’ordine di farsi continuatore dell’impegno di Abramo, conducendo una vita non superficiale e

distratta, bensì impegnata in un compito che lo obbliga a tenere uno sguardo vigile rivolto verso il

prossimo, le cui necessità, morali e materiali, devono essere costantemente tenute presenti per

l’attuazione del compito.” (tratto dal libro Shemaʽ)

Quale l’esperienza del popolo, quale la nostra esperienza in questo cammino biblico

Quale la nostra testimonianza

Come ringraziamo

Come celebriamo la nostra fede

72

SUSSIDIO 6

VISIONE GLOBALE per L’INTERPRETAZIONE dei TESTI BIBLICI e il SUO METODO (del biblista Carlos Mesters)

In sette piccole unità si vuole riassumere e concentrare lo stile di lettura della Bibbia: come interpretarla e

quale metodo usare.

Ha un valore didattico, per aiutare chi si avvicina a questa esperienza per la prima volta.

1. Un obiettivo: • Rivelare Dio, oggi, nella nostra vita. La Bibbia deve essere al servizio della vita, creata da Dio.

Deve aiutarci a scoprire Dio presente nella nostra vita

2. Due movimenti: • Dalla situazione concreta che si vive oggi per interrogare il testo biblico

• Dal testo biblico per rischiarare la situazione storica di oggi

3. Tre angolature: • Partire dai problemi e fare domande sulla realtà di oggi

• Partire dalla fede della comunità che si riunisce per celebrare e condividere

• Partire dal testo biblico che informa sulla situazione della comunità di quel tempo

4. Quattro contesti: • Leggere il testo guardando la forma letteraria : contesto letterario

• Osservare, nella narrazione, la situazione del popolo: contesto storico

• Chiedersi quando fu scritto il testo e perché: contesto redazionale

• La fede della comunità che legge il testo: contesto dello Spirito

5. Cinque regole: • Leggere molto la Bibbia per familiarizzare con quello che sta scritto

• Ascoltare bene il testo per non rischiare di mettere idee nostre

• Servire la comunità, esponendo insieme le necessità che si manifestano

• Essere fedeli all’obiettivo della Bibbia che è l’obiettivo della Parola di Dio

• Studiare in equipe e non da soli, perché la Bibbia è il libro della comunità

6. Sei pericoli: • Imprigionare la lettera: lettura fondamentalista

• Dipendenza da altre fonti: lettura informativa

• Dipendenza dalla ideologia dominante: lettura ideologica

• Lettura fatta senza fede, che non si lascia coinvolgere né da Dio, né dalla comunità: lettura

alienata, atea

• Lettura slegata dalla comunità, dalla realtà, dalla fede: lettura individualistica

• Lettura fatta senza rispettare la comunità, né i poveri:lettura che dà importanza e crede solo

nelle proprie idee, senza confronto

7. Sette azioni: • Esporre e manifestare domande riferite alla realtà di oggi

• Conoscere e approfondire il testo, analizzando il suo contenuto

• Entrare nel testo, oltre il fatto narrato

• Analizzare la situazione narrata e scoprire i suoi conflitti

• Scoprire come il popolo di quel tempo ha letto la sua situazione scoprendo in essa l’appello di

Dio

• Scoprire come l’appello di Dio è stato narrato, trasmesso e messo per iscritto nella Bibbia

• Scoprire quello che il testo dice alla nostra situazione di oggi.

73

◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊ ◊

Quattordicesimo incontro 10 maggio 2012

MEMORIA

Don Italo ci invita ad iniziare il nostro incontro con il “segno della croce”.

Il nostro stare insieme è nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Ci ricorda inoltre che tutte le nostre giornate dovrebbero iniziare con il segno che contraddistingue

i cristiani.

Preghiamo Dt 5,32-6,13 Nella risonanza della preghiera don Italo ci ha aiutato a riflettere su alcuni aspetti:

v. 2: Perché tu tema il Signore, tuo Dio

o Timor di Dio: non significa aver paura, ma avere la consapevolezza della presenza di

Dio nella nostra vita e collocarlo al posto giusto. Il Signore è più importante di tutto,

perciò lo si deve mettere al primo posto.

v. 10-12: Quando il Signore, tuo Dio, ti avrà fatto entrare nella terra che ai tuoi padri Abramo,

Isacco e Giacobbe aveva giurato di darti, con città grandi e belle che tu non hai edificato,

case piene di ogni bene che tu non hai riempito, cisterne scavate ma non da te, vigne e

oliveti che tu non hai piantato, quando avrai mangiato e ti sarai saziato, guardati dal

dimenticare il Signore, che ti ha fatto uscire dalla terra d'Egitto, dalla condizione servile.

o È importante ricordarci del Signore quando siamo “sazi”, non solo nei momenti di

difficoltà in cui sentiamo di aver bisogno di Lui.

o Forse non siamo riusciti a trasmettere ai nostri figli i valori della fede; le nuove

generazioni che hanno tutto e sono ormai “sazie”, si dimenticano completamente di

Dio, a volte non lo invocano nemmeno nel bisogno.

o Tutto ciò che siamo e abbiamo è dono di Dio, non c’è nulla di nostro, tutto ci è stato

dato gratuitamente. Il Dono per eccellenza è lo Spirito Santo.

v 6-9 : Questi precetti che oggi ti do, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai

quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti

alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e

li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte.

o Don Italo ci ricorda che il versetto 7 ha anche un’altra versione, invece di “li ripeterai

ai tuoi figli” c’è “li inculcherai ai tuoi figli”, questo verbo indica la forza con cui i

genitori devono trasmettere la loro fede ai figli.

Gli ebrei osservanti, su ogni porta delle loro case, hanno appeso la “mezuzah” con

all’interno un brano della Sacra Scrittura.

La mezuzah viene posta sullo stipite della porta, a destra rispetto a chi entra. È usanza

che chi entra in casa tocchi la mezuzah con le dita e baci le dita stesse, in segno di

rispetto per la Torah di cui contiene passi.

Leggiamo Dt 26,1-11 e ascoltiamo Don Italo: Siamo nel libro del Deuteronomio = Seconda Legge.

È la trascrizione della Legge ripresa dal libro dell’Esodo. Ogni comandamento viene

sviluppato in tutte le sue parti, se ne danno le motivazioni, si elencano le conseguenze per chi

trasgredisce: è una normativa di vita.

Il libro dell’Esodo non può stare senza il Deuteronomio e viceversa.

74

v 5: “E tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio: Mio padre era un Arameo

errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca gente e vi diventò una nazione

grande e numerosa”.

o In questo versetto c’è un richiamo all’Esodo, con l’esperienza fortissima della

liberazione.

Don Italo ci spiega che “forestiero” significa vivere “alla periferia” della città. Tutti

abbiamo un po’ di timore di chi vive ai margini della società; anche ai nostri giorni ci

sono popolazioni emarginate, che fanno nascere in noi delle paure, come per esempio

il popolo rom.

Andando pellegrini in Terra Santa si vedono ancora oggi degli accampamenti dove

vivono i nomadi che ci ricordano Abramo quando lascia la sua terra con poche pecore,

la moglie sterile, senza figli ma con la promessa del Signore, di una terra e “di una

generazione come le stelle del cielo e la sabbia del mare”.

Abramo ha un figlio da Agar, la schiava, che chiama Ismaele e, finalmente in tarda età,

Isacco il figlio della promessa. La Bibbia ci dice che i discendenti di Ismaele sono gli

arabi del deserto.

o Anche oggi tutti gli ebrei sparsi per il mondo, praticanti o atei, hanno un forte

attaccamento alla terra, tanto da sostenere finanziariamente chi vive in Israele. Gli

ebrei sentono di avere, e forse hanno veramente, una marcia in più perciò si valutano

superiori a tutti, soprattutto ai palestinesi, li considerano come servi, buoni per il

lavoro ma inferiori a loro.

Ricordiamo il conflitto israelo-palestinese, il muro di separazione, le occupazioni e gli

insediamenti.

v.10: “Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”

o Il popolo offre al Signore i frutti della terra. “Tutto ciò che ti è stato dato in dono, tu devi

restituirlo a Dio”. Le primizie che venivano offerte non andavano al macero, servivano

per il sostentamento dei poveri, per i Sacerdoti e per il tempio.

v 1 “Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio ti darà in eredità”

o Ricordiamo brevemente la storia di Giacobbe e dei suoi figli, in particolare di

Giuseppe che diventa potente in Egitto. Il faraone, dopo la spiegazione del sogno delle

sette vacche grasse e delle sette vacche magre, fatta da Giuseppe, accantona molte

riserve nei sette anni di abbondanza dovuta all’esondazione del Nilo che rende la terra

fertile.

Durante i sette anni di carestia, per la siccità, Giacobbe manda due dei suoi figli in

Egitto in cerca di cibo. Giuseppe, amministratore dei beni del Faraone, riconosce i

fratelli che l’avevano venduto, li perdona e viene a sapere di Beniamino, il figlio

prediletto di Giacobbe. Fa venire tutti i fratelli e il padre in Egitto, con le loro famiglie,

per farli star bene; per un lungo periodo questo avviene, tanto che molti ebrei arrivano

in Egitto per lavorare e sopravvivere.

Morto Giuseppe, l’Egitto si espande sempre più, la mano d’opera è composta quasi

esclusivamente dal popolo ebreo che è molto numeroso, è forte e prende sempre più

potere.

I faraoni si accorgono che questo popolo non è più così ubbidiente, quindi lo riducono

in schiavitù, fanno strozzare alla nascita i figli maschi dalle levatrici, per diminuirne il

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numero. E’ in questa grande difficoltà che agli ebrei ritorna la nostalgia della terra e

fanno memoria di Abramo.

o Mosè è salvato dalle acque dalla figlia del faraone. La cesta di Mosè ci ricorda l’arca

di Noè del diluvio universale, è la circolarità nella storia d’Israele.

o Mosè diventato uomo, ha dentro di sé la consapevolezza di appartenere al popolo

ebraico e uccide un egiziano perché sta colpendo un ebreo, uno dei suoi “fratelli”, per

questo è costretto a scappare. Incontra Ietro, ne sposa la figlia e diventa anche lui

pastore come l’Arameo errante. Anche in quel tempo i pastori sono gli ultimi dal

punto di vista sociale, sono emarginati, non vivono nelle città, però sono i privilegiati,

sono stati i primi ad accorrere alla nascita di Gesù.

o Mosè pastore, vive nel deserto con il bestiame. Nel deserto c’è un’assoluta

disponibilità a Dio perché non c’è niente, non ci sono sicurezze, ci si sente nudi

davanti a Lui, anche Gesù, il nuovo Mosè sta nel deserto quaranta giorni e quaranta

notti.

Nell’autocombustione di un roveto, avviene una teofania: Dio si manifesta.

Mosè sente una voce provenire dal roveto ardente che dice: “Non avvicinarti! Togli i

sandali dai piedi perché il luogo dove tu stai è una terra santa!” (Es 3,4).

E’ Dio che rende santa la terra!

Essendo trascorsi diversi anni, anche Mosè si è allontanato dal ricordo del suo popolo,

schiavo in Egitto, ma la voce dal roveto gli parla di nuovo: “Ho osservato la miseria del

mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sorveglianti; conosco le sue

sofferenze. Sono sceso per liberarlo dalla mano dell’Egitto” (Es 3,7-8).

o Il Signore manda Mosè dal faraone per liberare il suo popolo e condurlo in una terra

dove “scorre latte e miele”, dove scorre appunto il fiume Giordano, lì c’è acqua, c’è

vita, c’è benessere, c’è sussistenza: tutto ciò che ti viene dato, è dono di Dio e tu devi

restituirlo.

v 1-2: “Quando sarai entrato nel paese che il Signore tuo Dio ti darà in eredità e là ti sarai

stabilito, prenderai le primizie di tutti frutti del suolo che il Signore tuo Dio ti darà, le

metterai in una cesta e andrai al luogo che il Signore tuo Dio avrà scelto per stabilirvi il suo

nome”.

o Nella Bibbia il nome di Dio è legato ad un’esperienza: il Dio di Abramo era “El-

Shadday=Dio delle altezze” (cfr Gen 17,1), Agar nella sua esperienza, chiama Dio “El-

Roi= il Dio della visione” (cfr Gen 16,13); sempre nel Libro della Genesi troviamo altri

nomi di Dio legati ad esperienze diverse. Quando nel nome di Dio si volevano

racchiudere tutte queste esperienze si chiamava Elohim.

o Per un Ebreo è impossibile nominare Dio, il nome di Dio è impronunciabile.

Si esprime con il tetragramma YHWH che significa IO SONO e che corrisponde al

nome personale con cui Dio si rivela a Mosè (cfr Es 3,13-15). Gli ebrei non

pronunciano il tetragramma e si rivolgono a Dio con il nome di Adonai=Signore. v 3-5. “Io dichiaro oggi al Signore tuo Dio che sono entrato nel paese che il Signore ha giurato ai

nostri padri di darci. Il sacerdote prenderà la cesta dalle tue mani e la deporrà davanti

all’altare del Signore tuo Dio e tu pronuncerai queste parole davanti al Signore tuo Dio:

Mio padre era un Arameo errante; scese in Egitto, vi stette come un forestiero con poca

gente e vi diventò una nazione grande e numerosa.

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o La memoria continua, tutto ciò che hai e che sei è dono Dio. I nostri fratelli protestanti

puntano molto su questa gratuità, tutto ciò che Dio ci dà è grazia.

Portare i doni è un balbettare il nostro grazie al grande amore di Dio.

v 8 “Il Signore ci fece uscire dall’Egitto con mano potente e con braccio teso, spargendo terrore e

operando segni e prodigi, e ci condusse in questo luogo e ci diede questo paese, dove scorre

latte e miele”

o In questo versetto si ricordano le “dieci piaghe d’Egitto”, probabilmente tutte le

calamità successe nei vari anni come l’invasione di cavallette, rane, zanzare, mosconi,

e altre, fino alla morte dei primogeniti, sono state raccontate insieme per dimostrare

che gli ebrei erano protetti da Dio.

v 10 “Ora, ecco, io presento le primizie dei frutti del suolo che tu, Signore, mi hai dato”,

o “Tutto questo non è opera mia ma dono tuo”.

Il popolo d’Israele non aveva il concetto di proprietà senza termine, la proprietà era

temporanea, tutto quello che il Signore donava andava restituito. Nella Bibbia tutto

deve essere ridistribuito, poveri o ricchi tutti sono uguali davanti a Dio. Con il giubileo

si azzerava tutto, chi era diventato ricco ritornava un po’ più povero e viceversa, chi si

era impoverito riprendeva le sue proprietà (cfr Lv 25). Il legame con la terra è più di

gratitudine che di possesso. Non possiedi la terra ma ti è affidata (cfr Gen 1).

v 11“Gioirai con il levita e con il forestiero”.

o Nelle prime comunità cristiane non era tutto idilliaco, c’erano molti litigi e

incomprensioni, come ci racconta Luca negli Atti degli Apostoli.

Pietro e Paolo hanno idee molto diverse: Pietro, più conservatore, ritiene che per

essere cristiano, prima si debba diventare ebreo. Paolo invece afferma che il

messaggio di Cristo è molto più grande e bello ed è rivolto a tutti anche ai pagani. Ce

lo ricorda l’estasi di Pietro negli Atti degli Apostoli: egli in sogno vede una tovaglia

grande scendere dal cielo con ogni sorta di animali, anche quelli considerati impuri e

sente una voce che dice: “Alzati Pietro, uccidi e mangia!”. Allora riflette e capisce che

la sua chiusura è assurda, che “Dio non fa preferenze di persone”, e che il suo messaggio

è rivolto a tutti i popoli (cfr Atti10,10-15).

Pagano: abitante del pago cioè della periferia, tutti quelli che non fanno parte del

popolo d’Israele, erano ritenuti pagani..

o Per gli ebrei, che pure sono stati “forestieri in Egitto”, il forestiero continua a rimanere

un diverso.

o Per Gesù invece la salvezza è per tutti, per chi ascolta la Parola e la mette in pratica.

o Il Vangelo di Giovanni invita i cristiani ad essere “nel mondo ma non del mondo”.

“Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo, e

il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. A quanti però

l’hanno accolto, ha dato potere di diventarle figli di Dio” (Gv 1, 9-12).

Don Italo alla fine ha sottolineato l’importanza di leggere e condividere in gruppo la Parola e

ci ha indicato a grandi linee le iniziative di catechesi per gli adulti che inizieranno a

settembre chiedendo anche la nostra disponibilità a collaborare per diffondere la nostra

esperienza.

Lo ringraziamo in modo particolare per l’appoggio e la fiducia che ci ha dato.

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◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈ ◈

Conclusione

Dopo l’incontro con don Italo ci siamo ritrovate ancora una volta per fare festa e darci

appuntamento per il prossimo autunno.

Come conclusione ringraziamo il Signore perché ci ha messo nel cuore il desiderio di approfondire

la Sua Parola.

Nel gruppo biblico del giovedì mattina i piccoli gruppetti sono ben consolidati, pronti per

affrontare quello che lo Spirito ci preparerà per il futuro.

L’ipotesi di programma per il prossimo anno avrà per tema:

“L’Esilio e il Ritorno”.

Alla fine ci ringraziamo a vicenda perché ciascuna di noi è importante per poter camminare

insieme in questa meravigliosa cordata.

Ringraziamo anche gli “esperti” che ci hanno parlato attraverso i vari strumenti di studio.

Sappiamo che la Parola prende vita nella Comunità dei Credenti di cui noi ci sentiamo parte:

prima di tutto della nostra comunità parrocchiale ma anche della comunità più grande che è la

Chiesa Universale.

Le donne del gruppo biblico del giovedì mattina

Lentate sul Seveso 16 luglio 2012

Festa della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo

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BIBLIOGRAFIA:

“La Bibbia di Gerusalemme” o la “TOB”

“Piccola guida alla Bibbia” di Sandro Gallazzi Ed EMI

“La formazione del popolo di Dio” Ed. La Piccola Editrice

“La Lettura Profetica della Storia” Ed. La Piccola Editrice

“Fonte di acqua viva” di T. Frigerio e F. Tenero Ed. EMI

“Per una terra”di Sandro Gallazzi Ed. Gabrielli

“Atlante Biblico interdisciplinare” di Giacomo Perego Ed. San Paolo.

“Atlante della Bibbia” di Annemarie Ohler Ed. Queriniana

“Storia d’Israele e di Giuda” di F. Castel Ed. Paoline

LINEA DEL TEMPO che si trova in ogni Bibbia o in altri testi di studio

anno biblico 2011/2012

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BENEDIZIONE

Che la Divina Madre

ti benedica e ti protegga

prepari i tuoi piedi per la danza e

alle tue braccia dia forza.

Riempia il tuo cuore di tenerezza

e i tuoi occhi di allegria.

Colmi le tue orecchie di musica e

le tue narici di profumi.

Che la Divina Sapienza

inondi la tua bocca di giubilo e

il tuo cuore di felicità.

Ti conceda in ogni momento

i doni del deserto:

silenzio, abbandono, acqua di sorgente.

Ti infonda energie nuove

perché tu possa avere un volto di speranza.

Che la Divina Ruah ti conceda

la serenità delle montagne,

la frescura delle acque,

la leggerezza della brezza delicata,

la luminosità del sole,

il brillio della luna,

la pace dell’infinito.

Che la Divina Luce rimanga

dietro a te per proteggerti,

al tuo lato per accompagnarti,

davanti a te per guidarti,

sopra il tuo capo per benedirti.

Amen

Tea Frigerio

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INDICE: Pag

Introduzione 2

La profetessa Culda e la Tradizione Deuteronomista 3

Le quattro Tradizioni dell’Antico Testamento 5

Le tribù nella Terra di Canaan 9

l Libro dei Giudici 11

Le tribù: quale progetto? 16

Le tribù al tempo dei Giudici 19

La memoria delle donne 22

Condivisione e verifica 26

Il Tempio e la Casa 31

Il profeta Samuele e il re Saul 35

Il profeta Natan e il re Davide 39

IL profeta Achia e il re Geroboamo 43

Il re costruisce il tempio 47

l vero culto 49

Lotta contro i falsi profeti di Baal 55

Il profeta Elia 60

Lotta contro i falsi profeti di YHWH 61

La profezia interpreta la Storia 66

La nostra esperienza biblica alla luce della Parola 71

Interpretazione e metodo dei testi biblici 72

Conclusione e bibliografia 77

“Benedizione” di Tea Frigerio 78