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Andrea Cuccia Gli albori della Massoneria Rubbettino

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Page 1: MASSONERIA ByKepler cuccia Gli Albori Della Massoneria

Andrea Cuccia

Gli albori della Massoneria

Rubbettino

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Le origini della Massoneria

"La tradizione è come un sentiero oscuro che tuttavia può condurre l'uomo alla luce spirituale,

alla conoscenza dei misteri universali" V. Tartaglia

Il privilegio massonico di potersi riallacciare a radici spirituali re­motissime è in effetti quello di molte religioni o istituti.

I simbolismi1, i rituali2, i dialoghi che appaiono nelle iniziazio-

1 Simbolo. Termine che deriva dal greco simbolon e significa "segno di riconosci­mento " ; esprime " una verità indecifrabile razionalmente e che contiene una parte di mi­stero". Esso, nella sua varietà, rappresenta, un elemento importante in tutte le religio­ni. I simboli che si riscontrano nella Massoneria antica sono molteplici, fra i più impor­tanti ricordiamo gli attrezzi di mestiere, le colonne, i segni zodiacali, i candelabri a più luci, il Libro Sacro, l'uso dei grembiuli ecc. Sarebbe però arbitrario attribuire agli anti­chi Maestri i significati che oggi i Massoni possono dare a tali simboli. Si può dire però che esiste una certa continuità storica di una data simbologia trasfusa dalla Massoneria antica a quella moderna. Tutto l'insegnamento massonico gravita intorno ai simboli, al­lo studio e alla interpretazione del linguaggio simbolico, come si rileva per esempio dal­la cerimonia di iniziazione. D simbolismo massonico rappresenta il patrimonio dell'I­stituzione, patrimonio intangibile che costituisce "anche nelle parti meno appariscenti una sequenza continua che conduce lentamente, ma incessantemente, verso orizzonti sempre più ampi". G. Pica osserva ne I Quaderni del Rito I che "Per la dottrina masso­nica il simbolo è formula di un segreto reale e tangibile, alla cui conoscenza perverrà soltanto colui che riuscirà a purificare la propria mente dagli attuali pregiudizi profani e scolastici. Simboli, nomi, titoli, gradi, ri t i , figure, gesti, parole sacre e di passo di ogni grado dell'Ordine e del Rito, altro non sono che un corpus completo, progressivo e mi­rabile che il Fratello è chiamato a studiare per comprendere una pratica precisa e scien­tifica che lo conduce a divenire creatore e trasformatore cosciente del proprio essere in­dividuale e del mondo che lo circonda. Ma questa scienza non può essere confidata che a uomini puri, cioè disinteressati personalmente e liberi da qualsiasi pregiudizio reli­gioso, politico, di scuola o di setta. Questa è la condizione di 'uomo libero', richiesta per essere ammessi nel nostro Ordine ed in ciò sta la vera ragione del segreto massonico". (L. Troisi, Dizionario Massonico, Bastogi 1999).

2 In Massoneria il rituale è l'insieme delle dichiarazioni, degli atteggiamenti e dei movimenti simbolici risalenti alle origini di quello spiritualismo occidentale da cui nac-

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ni3 sono stati, con le dovute varianti, gli elementi fondamentali nel­le religioni segrete dell'antichità e tali religioni, coltivando il miste­ro, furono appunto chiamate Misteri4.

quero la misterosofia, la tragedia greca ed alcune scuole filosofiche, tra cui quella di Pi­tagora. Neil'Introduzione alla Massoneria C. H. Claudy scrive: " I l Rituale è il filo che ci unisce ai nostri predecessori i quali, con i loro Rituali, si collegavano a tradizioni ante­riori. Allo stesso modo i rituali che affidiamo ai nostri fratelli, saranno il legame che li unirà a noi, e attraverso di noi, ai Massoni delle origini. Più noi ci allontaniamo nel tem­po dalle nostre origini e più attenzione dobbiamo prestare nel trasmettere alla posterità i Rituali come li abbiamo ricevuti. Alterare questa catena di unione significa indurre in errore coloro che vengono dopo di noi e a nulla varrà invocare da parte nostra l'errore di chi ci ha preceduto e i nostri vuoti di memoria". In sostanza il Rituale narra gli avve­nimenti fondamentali di un'associazione che altrimenti non potrebbero "rivivere". Esempio chiaro di questo concetto è il passaggio massonico al grado di Maestro, quan­do viene "rivissuta" l'uccisione dell'architetto Hiram. Nei "compagnonnages" medioe­vali si avevano rituali diversi in rapporto ai differenti "corpi di mestiere", come in ambi­to massonico moderno esistono specifici riti per le varie obbedienze, dando così ricono­scimenti peculiari all'obbedienza stessa che va a costituire la propria particolare operati­vità tanto nei confronti del mondo esterno, quanto nei riguardi di altre obbedienze che lavorano seguendo altri rituali. Con il termine "compagnonnage" deve intendersi un'as­sociazione che raccoglieva operai e compagni, tutelando i loro interessi. Anche se non è storicamente provato che la massoneria derivi per via diretta dal Compagnonaggio, è opi­nabile che sia la Libera Muratoria che il Compagnonaggio abbiano le stesse radici. Sco­po essenziale, a parte il fine costruttivo immediato, era per il Compagnonaggio consen­tire all'uomo di divenire cittadino dell'Universo. Al lato dei cantieri delle cattedrali vi era la "caienna", la capanna, cioè la loggia nella quale, al riparo di sguardi indiscreti, la con­fraternita tramandava i propri segreti costruttivi ed iniziatici ai "compagnons" che in al­tri cantieri erano accolti come fratelli grazie allo scambio di segni, gesti, toccamenti e pa­role d'ordine. I luoghi iniziatici erano sicuramente a Lione, Digione, Marsiglia, Parigi ed in particolare la Sainte-Banne dove sarebbe morto, secondo la tradizione Maitre Jacques legato al "Devoir", il "Dovere" figurato anche in un capitello dell'Abbazia di San Gal­gano a Chiusdino (Siena). Nel corso dell'iniziazione al mestiere, il recipendario veniva spogliato di tutti i metalli, come avviene per il profano che cerca la Luce nel "Gabinetto di riflessione" massonico ed il cerimoniere diceva: "È questo il Simbolo di una nuova vi­ta, dal momento che riceverai un nome nuovo da santificarsi per mezzo dell'acqua e del fuoco, lì formerai una nuova famiglia. Sei sul punto di fare il tuo ingresso in un mondo nuovo: sei esattamente come un neonato che entra tra noi spogliato di tutto quello che l'orgoglio umano ha inventato, e che tu abbandonerai all'ingresso di questo Tempio. Nel crearci, infatti, Dio ci ha fatti tutti uguali, e l'oro, i gioielli e gli abiti riescono soltanto a nascondere i nostri vizi: i l buon cuore di un essere umano non deve essere giudicato dai suoi ornamenti o dall'involucro esterno, ma dalle sue azioni". (J. P. Bayard, Compa­gnonnage en France").

3 Iniziazione è un termine che indica una cerimonia particolare con la quale s'inizia qualcuno ad un culto o a una disciplina. Presso i popoli primitivi la cerimonia è pubbli­ca e segna il passaggio dalla fanciullezza all'età adulta: consiste in digiuni, tatuaggi, mu-

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Simbolismi e rituali, cerimoniale e dialoghi, segreti e misteri, ap­paiono anche nell'istituto massonico ed il fatto che esistano delle ana-

tilazioni che provocano uno stato ipnotico in cui l'adepto apprende le leggi e le usanze della sua tribù. Nelle società segrete iniziatiche delle religioni pagane (culto di Osiride in Egitto, Misteri Eleusini e Orfici in Grecia, culto di Mitra nell'Impero Romano, ecc.) l ' i ­niziazione era segreta e consisteva in prove fisiche e morali tendenti a dare all'adepto, con vari sistemi, la sensazione di morire e successivamente, di rinascere a nuova vita. Es­sa era destinata a realizzare psicologicamente il passaggio da uno stato inferiore ad uno stato superiore. Nel Medioevo si richiedevano rit i iniziatici per entrare a far parte delle Corporazioni dei Mestieri tra le quali famosa, perché depositaria di antichi segreti del­l'arte, fu quella dei Muratori da cui, pare, sia derivata la Massoneria. Tutte le iniziazioni hanno come principio un "viaggio" nelle tenebre, durante il quale l'iniziando affronta numerose prove che tendono a dargli la sensazione che egli muoia. A questo proposito scrive così Plutarco: "L'anima al momento della morte prova la stessa impressione di co­loro che sono iniziati ai Grandi Misteri. Da prima si hanno corse disordinate, vagabon­daggi nell'oscurità; prima della fine, il terrore raggiunge il suo punto culminante... ma in seguito una luce meravigliosa si offre allo sguardo del neofita il quale passa in luoghi puri e in praterie ove ascolta armoniosi canti, parole sacre e gli si presentano immagini divine. Da quel momento, divenuto libero e perfetto, cioè 'iniziato', celebra i Misteri". Iniziato è un termine che deriva dal latino "imburri" e indica colui il quale si pone sul cammino indicato dall'Iniziazione, con lo scopo di sviluppare le energie interiori che pos­siede allo stato latente. Iniziati sono denominati un gruppo di filosofi ritenuti gli eredi in­tellettuali di antiche Fraternità che si occupavano di ermetismo, di gnosi, di cabala e di tutte quelle scienze che molti definiscono con il nome di "scienze occulte". Nei Quader­ni di Simbologia Muratoria a cura del Grande Oriente d'Italia, Ivan Mosca scrive: "Non può esistere un 'manuale dell'Iniziato'. Per divenire Iniziato ogni simbolo, ogni stru­mento, ogni canone, sono supporti atri a coalizzare, a sorreggere, o a coadiuvare il lavo­ro interiore; si deve indicare una propedeutica di lavori individuali e/o collettivi compo­sta di precetti, regole, modalità esecutive e tempi di attuazione. La Massoneria è una Isti­tuzione iniziatica che: ignora la guida spirituale di un Maestro; non si fonda su alcuna dottrina, ma tutte le abbraccia e le supera; si propone come scuola tesa alla ricerca di una vita illuminativa; in quanto compresa nella dinamica della vita e, quindi, nel suo conti­nuo divenire, non pone paradigmi, assiomi, dogmi, ma esige soltanto il sacrificio dei sin­goli componenti affinché questi si sforzino nella ricerca interiore alla ricerca di se stessi ed alla costituzione di se stessi per compiere il lavoro di gruppo". "Paventando ogni pro­fanazione", scrive O. Wirth nel Simbolismo ermetico, "i veri Iniziati si sono sempre atte­nuti alla disciplina del silenzio, hanno sempre parlato con estrema cautela e solamente in presenza di discepoli fidati. La verità riconosciuta doveva essere però alla portata di quanti fossero in grado di riconoscerla; perciò immagini, allegorie, e simboli fecero allu­sione a quel che chiedeva solo di essere intuito. Così le mitologie ed i poemi più antichi racchiudono misteriosi insegnamenti che si trovano nelle tradizioni religiose di tutti i po­poli, negli emblemi ricorrenti dei vari culti, e perfino nelle favole e nei racconti di fate e di leggende popolari". (L. Troisi, op. cit.) In Massoneria il richiamo a forme iniziatiche antiche è visto nell'ottica della "Tesaurizzazione", cioè del ricordo, per rappresentare un collegamento ideale con il "Passato", per affermare la valenza attuale di certi "valori" e

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logie con le "strutture" di culto o di rito con quelle dell'antichità non significa affatto, come è stato già detto, che la massoneria, intesa nel

di certi "messaggi" esoterici o culturali in genere, che vengono dal "Passato", ma in nes­sun punto dei suoi Rituali il Rito Scozzese afferma la "continuità iniziatica" con essi. Con le antiche iniziazioni si riscontrano solo collegamenti ideali e culturali; si dà al concetto di iniziazione massonica scozzese il valore suo proprio di inizio, liberamente scelto; di un cammino verso una Ascesi Spirituale, di un in-ire (con il significato di scendere dentro e con l'allusione al lavoro di introspezione e conoscenza di sé, in pratica il 'conosci te stes­so' di Socrate) per la Rigenerazione Spirituale ed Etica dell'Adepto, senza la pretesa che con l'iniziazione si dia un valore sacrale di unzione all'Adepto, che lo renda immediata­mente superiore agli altri uomini solo per averla ricevuta e senza la "pretesa" di elargirgli Verità Segrete all'inizio od al termine della sua esperienza iniziatica (E. Bonvicini, 1 gradi della massoneria di rito scozzese antico ed accettato, Bastogi, 1996). Se è vero che l'inizia­to vuol dire semplicemente "messo sulla via", Jules Boucher nella sua Simbologia masso­nica dice che ".. . i l Massone sincero sa, anche quando è diventato Compagno e Maestro, che resta ancora Apprendista."

4 II termine "Mistero" deriva dal greco e significa "chiudere (gli occhi e la bocca)" e, quindi iniziare a culti segreti: indica un atteggiamento che caratterizza quasi tutte le reli­gioni. I n genere si tratta di riti iniziatici costituiti da un insieme di atti simbolici, ma an­che di prove che impegnano il fisico e lo spirito del neofita, il quale, in tal modo, ha la sen­sazione di "morire" per "rinascere" a nuova vita. I Misteri dell'Antichità si dividevano in "Piccoli" e "Grandi". I "Piccoli Misteri" favorivano una rinascita nella vita, mentre i "Grandi Misteri" una rinascita al di là della vita. I "Piccoli Misteri", dunque, avevano co­me riferimento la Terra e si riferivano ad un arricchimento dell'uomo considerato nella sua integralità ed alla restaurazione del cosiddetto "stato primordiale"; i "Grandi Miste­ri" avevano come riferimento il Cielo e miravano alla realizzazione di stati superumani, partendo dalla condizione creata nell'uomo dalla pratica dei "Piccoli Misteri". Secondo Gemente di Alessandria (150-212), uno dei padri della Chiesa greca, l'insegnamento dei Misteri riguardava l'universo e offriva la possibilità all'uomo di vedere e comprendere le cose nella loro autenticità. Per Strabone (63 a.C. - 1 9 d.C), insigne storico e geografo gre­co, il segreto dei misteri svelava all'uomo la ineffabilità della Divinità e rivelava la natura nel suo vero aspetto e non in quello fallace che ci presentano i sensi. Proclo (412-485), l'ultimo grande rappresentante del Neoplatonismo, era convinto che l'iniziazione ai M i ­steri, elevava l'uomo a tal punto da porlo in comunicazione con gli Dei. In definitiva, i Maestri dell'Antichità si prefiggevano due scopi principali con la pratica dei Misteri: il pri­mo era quello di rafforzare le energie spirituali dell'uomo attraverso l'iniziazione; il se­condo era quello di nobilitare la materia liberandola da tutte le scorie dell'imperfezione. Di qui nasce l'esigenza della ricerca di un tesoro nascosto, la cosiddetta Pietra filosofale che, in fondo, si identifica con il Fuoco cosmico che sarebbe all'origine di tutte le tra­sformazioni della materia. Tale Arte, dai Massoni viene denominata Reale, in quanto ten­de a realizzare l'uomo saggio e libero. A. Reghini dice: "L'idea centrale dei Misteri Mas­sonici è l'antica idea mediterranea della sopravvivenza privilegiata, della resurrezione, del­la immortalità, della palingenesi, conseguite attraverso la morte mistica. È l'idea egizia, or­fica, pitagorica, ermetica, è la ragione precipua dei Misteri di Eleusi, di Cerere, di Mitra, ed è, infine, l'idea base innestata da San Paolo nel Cristianesimo. Negli antichi misteri i

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senso e criterio degli ultimi trecento anni, sia nata in epoche remote. Si può dire piuttosto che dal culto di Cerere5, Mitra6, Iside7, Osiride8

lavori avevano inizio al tramonto e nel periodo di luna piena; nei primi tre gradi si apri­vano a mezzogiorno e si concludevano a mezzanotte come usava fare Zoroastro ed i suoi adepti, e come, ancora oggi, si usa fare nelle riunioni massoniche". (L. Traisi, op. cit).

5 Cerere, antica dea italica della terra, patrona della fecondità agraria e protettrice dei morti. Come tale ebbe strettissimi rapporti di analogia con Tellus e forse rappresen­tava con esso due aspetti di una medesima divinità originaria. Il suo nome era collegato a crescere o creare, con riferimento alla crescita della vegetazione. La sua festa (Cerialia) era celebrata con sacrifici e ludi il 19 aprile, quattro giorni dopo le Fordicidia in onore di Tellus. È probabile che il culto di Cerere abbia avuto in Roma un originario carattere ple­beo, quasi in contrapposizione con il culto patrizio ufficiale. Si è avanzata infatti l'ipote­si (D. Sabbatucci, L'eredità Romana: magistratura e sacerdozio) che gli edili fossero origi­nariamente un sacerdozio plebeo tutore dell'antica religiosità agraria e votato al culto di Cerere, di Liber assimilato al dio greco del vino Dioniso e della sua paredra Libera. Gl i edili, d'altronde, avevano una particolare cura degli antichi sepolcri a inumazione, tipici di una religiosità agraria, cui si ricollegava il sacrificio a Cerere della porca praesentanea cioè della scrofa uccisa in presenza del cadavere come offerta funeraria.

6 Mitra, in sanscrito significa l'amico e indica il culto per il Dio della Luce dei Per­siani (Mitra), identificato con il Sole (Helios). Tale culto, a Roma, venne trasformato in Culto Solare (Sol invictus) e divenne religione ufficiale sotto l'imperatore Aureliano (270-275). Secondo la leggenda, Mitra sarebbe nato da una roccia e, ancora oggi, nei templi a lui dedicati, si venera una pietra conica da cui si fa uscire l'immagine di un bambino il 25 Dicembre, equinozio d'inverno (vedi in seguito "D Culto Mitriaco").

7 Iside, una tra le più antiche divinità fernminili dell'Egitto, il cui culto sopravvisse vi­tale fin verso il secolo VI d.C. Il suo nome, in egizio s'.t, è tutt'ora perpetuato nella forma onomastica risalente ai Greci, Isis. Nel mito fu fatta figlia del dio terra Gheb e della dea del cielo Nut, sorella di Nepthys, Sedi e Osiris, moglie di quest'ultimo e madre di Horo. Durante l'Antico Regno, in ossequio ad un movimento sincretìstìco politico-religioso pro­prio del centro eliopolitano, Iside figurò tra i nove componenti l'Emmeade locale. Du­rante il Nuovo Regno si affermò per la dea l'aspetto della "maga" documentata da reper­ti su papiro ove, fra l'altro si riferisce che Iside, maliziosa e scaltra, strappò al restio dio so­le Ra il suo nome segreto fornito di potere magico. Sempre al Nuovo Regno risale l'avvio del processo sincretìstìco per cui la dea finirà per assommare in sé attributi e personalità di più divinità femminili, processo che si affermerà in pieno nei bassi tempi, favorito dal disgregamento religioso-politico conseguente al decadimento delle ultime dinastìe nazio­nali e all'affermarsi sul suolo egizio di signorie straniere. Fuori del territorio nazionale il culto di Iside fu celebrato dagli Isei, fondati in tutti i principali porti del Mediterraneo toc­cati dal commercio alessandrino e nelle principali città dell'entroterra. In Roma il culto isiaco, avversato fino ad allora, fu accolto quando l'Egitto passò sotto la signoria romana.

8 Osiride, famosa divinità maschile degli egizi. Del suo nome, perpetuato ai nostri giorni nella forma onomastica tramandata da fonte greca, Osiris, non è stato finora ap­purato in modo soddisfacente il significato riconosciuto dagli egizi. H centro più antico del culto di Osiride è stato identificato in Busiris, città situata al centro del Delta, dove Osiride aveva finito per prevalere sul dio locale Andetì. In seguito, sotto le dinastìe men-fite, Osiride si affermò in Eliopoli, Menfi, This, e Abido. In Eliopoli fu assunto a meni-

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ed altri, sono stati effettuati degli imprestiti che, come vedremo in se­guito, in qualche dettaglio comparativo, presentano interessanti aspet­ti di studio e speculazione scientifica.

La nascita delle religioni del Mistero, rappresenta di per se stessa cosa di diffìcile dimostrazione. Abbiamo, storicamente, solo documen­ti di antichi autori che indugiavano spesso sul letto della fantasia, ma che comunque non possiamo perdere di vista perché correremmo il r i­schio di cadere nel "buco nero" del disinteresse e del non sapere.

Nel suo Antiquities o/Freemasonry, Olivier, in modo molto convin­to fa risalire l'origine della Massoneria addirittura ai tempi che precedet­tero la creazione del mondo scoprendone i principi nella costituzione pri­mordiale del Paradiso, designando Mosè come Gran Maestro, Giosuè come Assistente e Aholiarb e Bezabeel come Grandi Sorveglianti.

Nel suo Timeo Platone9 ci racconta come fu edotto da alcuni Sa­cerdoti di un tempio egiziano, sull'esistenza remotissima di una terra

bro deU'emmeade locale, quale figlio del dio della terra Gheb e della dea del cielo Nut, fratello di Iside, divenuta nel mito sua moglie, di Nephthys e di Sedi. Dalla discendenza delle sue divinità cosmiche Gheb e Nut derivarono ad Osiride la caratteristica cosmica di essere astrale, o meglio solare, e l'altra, naturistica, di divinità della vegetazione, collegata con il ciclo agrario del territorio egizio. Nel "Rituale di Maestro Secondo Osiride" in chiu­sura della cerimonia massonica, il Venerabilissimo dice: "Fratello, voi siete entrato in que­sto tempio che è la Camera di Mezzo della Piramide, aspirando a divenire Osiride e per ottenere questa grazia avete recitato la 'confessione negativa' ben sapendo che essa era soltanto simbolica, confessione che ogni morto recita quando giunge nel regno delle te­nebre e si presenta al tribunale di Osiride per identificarsi con lui e divenire lui se la sua vita è stata pura. Cioè se i suoi precedenti massonici nel grado di Apprendista e di Com­pagno furono consoni allo spirito massonico. Ed è questa la magia contenuta nel simbo­lismo di quella confessione. Ecco: con il rituale magico che avete vissuto, simbolicamen­te lungo i punti essenziali del mito osirideo, siete anche voi diventato Osiride e ne assu­mete tutte le responsabilità, perché come Maestro dei vostri Compagni e dei vostri Ap­prendisti, sarete per loro guida e luce, traendoli dalle tenebre della vita profana. E quan­do inizierete qualcuno, sarete voi il tribunale di Osiride che giudicherà per ricevere quel nuovo virgulto che, a suo tempo, potrà a sua volta divenire Osiride. Se l'importanza, la forza e la potenza che state per ricevere e che sarà al suo massimo quando potrete sedere sul trono che rappresenta la vedova Iside e che solo, in quanto tale, potrà permettermi di spargere il seme fecondo dell'iniziazione; se tali responsabilità non vi rendono superbo, se le rinunce, il sacrifìcio, l'equità di giudizio che vi attenderanno in contropartita, non vi spaventano, se vi sentite di essere veramente Osiride e cioè colui che dà luce ma che vive anche nelle tenebre, dominandole, fonte della prima e padrone delle seconde, se avete compreso tutto ciò, siamo pronti a ricevervi nella Camera di Mezzo della Piramide".

9 In Massoneria nel Rito Scozzese Antico ed Accettato, nel Rituale per l'iniziazione al X X X I I grado (Sublime Principe del Rea! Segreto), il Gran Maestro ordina al maestro

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posta ad occidente delle Colonne di Ercole, cioè dello Stretto di Gi­bilterra, e abitata da popolazioni dalla pelle color rame: l'Adantide10. Questa terra era sprofondata 9.000 anni prima ed ora è ricoperta dal­l'Oceano.

Plantagenet nelle sue "Causeries en Loge d'Apprentis" ci segnala questo: "A dar retta alle leggende occulte, quando il sole dissipò le oscure e pesanti nubi che tenevano l'Adantide prigioniera sotto un cie­lo di piombo, la razza semitico-ariana ebbe la rivelazione della sua in­dividualità, ed in essa, l'efficienza sensoriale fece posto al pensiero co­sciente. I capi ariani annunciarono allora l'avvento della Luce e l'af­francamento della razza: la pietra squadrata diventò per essa il simbolo dell'oscurità e della servitù; la pietra grezza il simbolo della libertà". Ta­le espressione può sembrare paradossale e discordante con la defini­zione di pietra grezza e squadrata, ma lo stesso Plantagenet ne dà un convincente commento in questi termini: "E ancor oggi non è forse ve­ro che vediamo il profano presentarsi alla porta del Tempio per do­mandare la Luce, piegato sotto il fardello della pietra squadrata, finita, fatta di tutti i pregiudizi, di tutte le passioni, di tutta l'intransigenza del­le formule assolute, accettate senza controllo, come espressione dell'i­nespugnabile ed unica verità che fanno dell'uomo lo schiavo del suo ambiente? Una Loggia giusta e perfetta gliela dà e nello stesso tempo lo affranca iniziaticamente dalla servitù. Libero, il neofita simboleggerà la sua libertà con una pietra grezza con la quale si identificherà".

Sciubba nel suo "24° Grado del Rito Scozzese Antico ed Accetta­to" (in Riv. L'incontro delle genti, 1991) rammenta le parole del ritua-

delle cerimonie di condurre il neofita ai piedi di una colonna del Tempio, dove un Assi­stente pronunzia queste parole: "Io sono Platone il discepolo di Socrate. Ho insegnato agli uomini a conoscere se stessi. Ho loro scoperto il mondo delle idee pure e delle realtà eterne. I nostri sensi non possono percepire che le ombre della realtà, cioè dei fenomeni e delle leggi. Ma queste leggi ci rivelano, nel regno dello spirito, come nel regno della fi­sica, una crescente tendenza verso il vero, la bellezza, il bene, questa triplice realizzazio­ne del Divino. Agli estremi limiti deU'Intelleggibile, risiede l'idea del Bene. Non è giusto chi fa il bene ai propri amici ed il male ai propri nemici, il giusto è chi vive in perfetta ar­monia con se stesso, con i suoi simili, con l'ordine dell'Universo".

10 Secondo Platone la storia dell'Adantide come "isola felice", sarebbe stata narrata a Solone da un sacerdote della divinità egiziana Sais, il quale faceva riferimento ad un con­tinente situato oltre le Colonne d'Ercole e retto a monarchia, che si sarebbe inabissato dopo il Diluvio Universale. Molti scrittori si sono ispirati a questa leggenda, e tra essi, Ba­cone che nel suo romanzo utopistico-scientifico Nuova Adantide fa di tale continente il simbolo dell'aspirazione umana a realizzare uno stato universale ideale.

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le di questo grado attribuite a Mosè: "Ascolta e impara. Interpreta i nostri simboli con il tuo libero giudizio, poiché in ogni pietra grezza è contenuto potenzialmente un cubo perfetto. Sii molto accorto e non confondere l'ombra e l'immagine con la realtà".

L'Egitto era stato conquistato e popolato dagli Adantidi, che inizia­rono i sacerdoti ai loro riti religiosi ed ai Misteri. Sempre secondo Pla­tone, questi sacerdoti emigrarono verso oriente per diffondere la loro sa­pienza e dar luogo, nelle terre ove è oggi il deserto di Gobi, ma allora fertili, ad una nuova razza, l'Ariana, che poi si trasferì in occidente do­po aver dato luogo in Persia al mito di Mitra. Tornati in Egitto stabili­rono la sede della loro fratellanza al fine di continuare gli insegnamenti avuti dagli Adantidi. Passati nell'isola di Creta, eressero un tempio gran­dissimo e splendido dedicato a Minosse. Da qui i Misteri orientali si espansero in Grecia già popolata da una colonia egiziana qui portata da Inaco, circa 2.000 anni prima di Cristo, seguito 300 anni dopo da Cero-pe, Cadmo ed Anao. Gli Egiziani introdussero in Grecia le arti e le scien­ze e seminarono i semi che hanno portato poi la Grecia ad essere pre­minente nel Mediterraneo. Ottenuto un sicuro collocamento nel nuovo territorio, le colonie egiziane costituirono festività particolari o misteri in onore di chi aveva benificato il loro paese con le arti e con le armi.

Nel Regno di Erittonia circa nel 1500 a.C, vennero istituiti i M i ­steri Eleusini11 in onore di Cerere che, proveniente dalla Grecia, istruì Trittolemo nella scienza dello stato futuro. Nello stesso tempo si svi-

1 ! I Misteri Eleusini erano, nell'antica Grecia, riti religiosi che si celebravano ad Elevi­si, un villaggio a circa 20 Km da Atene, in onore di Demetra (dea della Terra) e della fi­glia Persefone. Si suddividevano in "Piccoli Misteri" che si celebravano nel mese di An-testerione (Febbraio-Marzo), come preparazione ai "Grandi Misteri" che si celebravano sei mesi dopo nel mese di Boedromione (Settembre-Ottobre). L'iniziazione eleusina, comprendeva due riti; i l primo detto della "Comunione", i l secondo della "Generazio­ne". 11 primo si celebrava dopo un digiuno purificatore di nove giorni durante il quale l'a­spirante si nutriva bevendo una pozione sacra fatta di erbe. Gli iniziati ai misteri Eleusi­ni si distinguevano in "Mystis", quelli che praticavano i "Piccoli Misteri" e in "Epopti", quelli che praticavano i "Grandi Misteri". Nei primi scritti sui Misteri Eleusini troviamo tre luci vicino all'Ara, che rappresentano rispettivamente il sole (Dio), la luna (la Com­pagna di Dio) e Mercurio (il Figlio di Dio e della sua Compagna). Le cerimonie ad Eleu-si duravano due o tre giorni, e secondo quanto scrive G. E Moore nella Storia delle Reli­gioni, Laterza, "vi erano offerte agli dei del circolo eleusino e ad altri in altri templi, e dan­ze a lume di torcia, all'aria aperta: ma i riti propriamente mistici avevano luogo in una grande sala oblunga, a cui avevano accesso soltanto quelli che erano stati preventivamente iniziati ai misteri minori. Da ogni lato della sala vi erano sedili ad anfiteatro per gli spet­tatori, nel centro vi era la piattaforma o palco elevato dal piano. Pochissimo sappiamo

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lupparono i Paratenei in onore di Minerva e i Dionisiaci in onore di Bacco il quale sviluppò l'arte teatrale e la coltivazione della vite12.

I Misteri Eleusini e Dionisiaci erano connessi con il progresso del­le arti e delle scienze ed erano modellati sui Misteri di Iside ed Osiri­de già celebri in Egitto.

Questa tendenza ad un miglioramento della società ha portato alcu­ni massonologi13 a ritenere che vi erano alcune analogie con l'istituzione massonica, sia pure ammantate di espressioni dottrinali della mitologia egiziana. In proposito sono invocati anche altri elementi quali il giura­mento di mantenere segreti i riti di iniziazione fatti ad una certa età con l'ammissione riservata solo ad uomini di provata condotta morale, le pa­role che venivano comunicate ai membri, la simbologia, gli stati gerar­chici, in similitudine con le cerimonie dell'attuale Massoneria, giungen­do alla conclusione che questa è l'erede laica degli antichi Misteri religiosi con finalità non più trascendentali, ma razionali, sociali e politiche. In al­tre parole potremmo dire che la Massoneria, particolare associazione se­greta di uomini, ha fatto proprie, ai fini laici della direzione della cosa pubblica, i segreti millenari che le sette religiose dell'antichità hanno cu­stodito per i loro fini direttamente mistici ed indirettamente di governo.

Solo in epoca recente, grazie a ricerche attente ed approfondite, la storia della Massoneria può essere appoggiata su solide basi e su prin­cipi scientifici che tendono ad eliminare i veli del mistero che avvol­gono le teorie sull'origine dell'associazione.

In effetti, nel secolo X V I I I e particolarmente nel XLX molti Auto­ri si sono lasciati indurre in errore dall'analogia che esiste fra i simbo­li dell'antichità e dei remoti Misteri con quelli legati alle Logge. In que­sto modo, invece di volgere il loro interesse speculativo su come que­sti simboli e r i t i sono stati introdotti nella massoneria, hanno voluto credere, con una certa sufficienza e disinvoltura, ad una filiazione di­retta, tesi sostenuta da molti, specie in Germania14, in Inghilterra, in

con certezza di ciò che si faceva là dentro, essendo stato accertato, cioè che i misteri eleu­sini non pretendevano di impartire una dottrina esoterica concernente la vita futura. L'im­portante in essi non era ciò che vi si diceva, ma ciò che vi si faceva: non istruzioni, ma im­pressioni".

12 A. CUCCIA, farmacopea del Vino, Madrid 2001. 13 E. QUETO, Cenni importanti sull'origine e scopo della Massoneria, Genova,

1869. 14 Vedere Mystagog. Osnabriick, 1789, e La Franc.Maconnerie dans ses rapports avec

la religion des anciens Egyptiens, di Roghellini di Schio, tradotto da Acerellos (Karel Ròs-

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America ed in Francia ove un erudito antiquario, Alex Lenoir, che in un suo lavoro pubblicato a Parigi nel 1814 con il titolo Lafranc-Maqon-nerie rendueàsa véritable origine, ou l'antiquite de la franc-maqonnerie prouvéepar l'explication des mystères anciens et modernes ritiene che la Massoneria derivi dagli antichi Misteri indiani ed egizi.

Molti scrittori massoni del tempo si allinearono con Lenoir, ma le sue teorie furono anche contestate da altri come F. C. Moreau autore dell'Universe Maqonnique e da E. Rebald che nella sua Histoire genera­le de la franc-maqonnerie (Parigi 1851), in accordo con il filosofo Krau-se15 attribuisce l'origine dell'associazione alle corporazioni dei Romani.

sler), Lipsia 1825 ed anche Alpina: Manuel des francs-magons di J. Stramberg, 1" e 2a an­nata, ed il suo Symbolique.

15 Karl Christian Friedrich Krause, nasce ad Eisenberg (Sassonia-Altenberg) il 6 Maggio 1781 e muore a Monaco di Baviera il 27 Settembre 1832. Studiò, insieme con Fi­chte, alla Università di Jena, dove divenne libero docente, nel 1802. È il fondatore della teoria filosofica e sociale che si richiama all'idealismo kantiano che prende il nome di krau-sismo. Attraverso un reticolo teologico che sfocia nel panentenismo, una dottrina che si colloca tra il teismo ed il panteismo, la filosofia krausiana tende a creare un clima di au­tentica "comunanza". Enrique Menenzez Urefia, docente presso l'Università Comillas di Madrid, scrive tra l'altro: " I l krausismo, movimento di pensiero filosofico chiaramente massonico, è l'unico importante caso, per quanto fino ad ora si conosce, di una filosofia che ha un'influenza pratica in vari Paesi, soprattutto latini, una filosofia che, senza saper­lo, è massonica. La filosofia di Krause che, solo pochi anni dopo essere stato iniziato alla massoneria, era già considerato un grande riformatore e pensatore, si impernia su una con­cezione armonica dell'Universo e della Società; attraverso un attento studio dei docu­menti, Krause dimostra, o tenta di dimostrare, come la Fratellanza Massonica sia da con­siderare l'unica istituzione storica che si sia occupata in modo consistente di ciò che inte­ressa l'uomo come uomo e di tutto ciò che rende un uomo "profondamente umano". La sua concezione massonico-filosofica sfocia nell'"Alleanza dell'Umanità", la quale altro non è se non la terza tappa della Fratellanza Massonica. Infatti come la Massoneria è pas­sata dalla fase operativa a quella speculativa, ora dovrà compiere un ulteriore passo, su­perando la fase speculativa per passare a quella dell'Alleanza dell'Umanità. Proprio in questa ultima fase si dovrà attuare una trasformazione profonda della Società. Per Krau­se tutte le istituzioni che operano nella società rappresentano solo un aspetto di essa: lo Stato, rappresenta il Diritto; la Chiesa, la Religione; la Scuola, l'Educazione; la Scienza, il Progresso, e così via. Alla Massoneria è affidato il compito di vigilare che nessuna di tali istituzioni invaderà il campo dell'altra. Ma è necessario, perché ciò avvenga, che la stessa massoneria non si comporti essa stessa come una istituzione dispotica, come d'altra parte è avvenuto nel corso della Storia, prima da parte della Chiesa, con la Teocrazia, e poi con quella dello Stalo con l'Assolutismo. Fulcro di tale organismo, che egli chiama appunto l'Alleanza dell'Umanità, dovrebbe essere una Costituzione Comunitaria basata sul prin­cipio del rispetto più assoluto dell'uomo verso l'altro uomo, principio che svela l'alta e profonda connotazione etico-sociale che caratterizza e irrobustisce il pensiero di Krause.

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Anderson16, che fu incaricato dalla prima Grande Loggia a prepa­rare il libro delle Costituzioni, fa precedere il suo lavoro da una storia dell'associazione, basata su un antico libro delle costituzioni, che non è la storia della massoneria, bensì quella dell'architettura che eviden­zia le tradizioni delle corporazioni trasmesse dagli antichi muratori.

Queste cominciano da Adamo che aveva iniziato i suoi figli allo studio della geometria ed all'arte di applicarla.

Caino costruì una città chiamata Enoch; Noè fabbricò l'Arca; Men-roth costruì la Torre di Babele; Hiram fu costruttore del Tempio di Sa­lomone; Piteo edificò nell'Asia Minore il Tempio di Minerva; Dedalo costruì a Creta il famoso labirinto; Vitruvio fu il più famoso degli ar­chitetti romani. L'architettura, considerata fra le arti più nobili, è la scienza della quale i sapienti dell'antichità si sono serviti per esprime­re la bellezza. Pur essendo gli artefici della prima età poco noti e le città da loro fondate oggi scomparse, la grandiosità dei loro lavori è atte­stata dalle vestigia di monumenti ancora leggibili.

Sull'importanza dell'arte architettonica e dei suoi riferimenti sim­bolici, Anderson ne continua la rassegna e a seguirne i suoi sviluppi, secolo dopo secolo, fino al X V I I I .

La storia della Massoneria si sfrangia e si confonde quindi in quella delle società segrete che a loro volta diventano quelle delle an­tiche istituzioni religiose. Molte indagini storiche ci indicano, infat­t i , che varie società segrete sono nate in seno al sacerdozio, rima­nendo per moltissimo tempo custodite, e custodi nello stesso tempo, nei tempi.

Esse presiedettero alla fondazione delle varie religioni stabilendo­ne la dottrina ed i dogmi. In un secondo tempo l'aggregazione segre­ta passò alle scuole filosofiche ed in un terzo tempo, quello ove la mas-

16 J. Anderson (1678P-1739). Libero muratore scozzese, iniziato probabilmente presso la Loggia di Aberdeen. Doctor ofDivinity, cioè dottore in teologia, fu ministro del culto della Chiesa Presbiteriana. Autore di molte opere colte come la Royal Genealogies del 1732, ebbe l'incarico dal Gran Maestro il Duca di Montague, di riunire gli antichi do­cumenti massonici da cui estrasse una versione unificata. Questa, esaminata da un'appo­sita Commissione ed approvata dalla Gran Loggia, divenne nel 1723, con l'aggiunta di nuove norme amministrative, il Book of Constitutions. Nel 1738 Anderson curò una se­conda edizione di dette Costituzioni, rimaneggiandone notevolmente i contenuti. An­derson è noto anche per aver redatto nel 1738 un resoconto sulle riunioni della Gran Log­gia di Londra nei primi anni di esistenza, di cui, in assenza di verbali, non si avrebbero avuto più notizie. Anderson è ricordato come lo Storico della Gran Loggia ed il "Padre della Storia Massonica".

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soneria si forma e si svela come tale, furono strumento di governo o di aspirazione al governo della cosa pubblica.

È evidente così che la storia della Massoneria idealmente, se non concretamente, si innesta nel millenario segreto ieratico, quel segreto che era un fatto di necessità poiché i cultori del sapere, che inizial­mente erano i sacerdoti, non potevano permettere che certe verità fos­sero conosciute dai profani17. Con questo non è possibile però riven­dicare alle istituzioni remote l'origine dell'associazione massonica. Pos­siamo solo dire che ad un certo momento dal ceppo ieratico si stacca­rono tendenze razionali e la Massoneria appare come tale, in un primo momento attraverso documenti deduttivi e probatori (secolo X V I e XVII) e poi, solo nel secolo X V H I si presenta come istituzione con do­cumenti accertati. Di conseguenza è solo da questo momento che si può indagare sulla Massoneria, in quanto tale, con elementi certi e con metodo scientifico.

Sono numerosi gli studiosi della Massoneria che hanno cercato di porre una pietra miliare sull'origine dell'istituzione. Così J. W. S. Mit-chell nella sua The History of freemasonry and massonic digest1* (Ma-rietta, 1839), la pone al tempo della costruzione del tempio di Salo­mone e T. Payne a quello in cui fiorì la religione druida e ad Ercolano, come riporta Danse de Villoison o, da altri, all'epoca delle crociate e soprattutto dei Templari.

L'Abate Grandidier di Strasburgo, non massone, fu il primo stu­dioso che si espresse sui rapporti storici fra la società dei liberi mura­tori e quella dei tagliatori di pietre come si legge nella sua Histoire des cultes et cérémonies religieuses. L'Abate, al fine di preparare un Saggio

17 Profano è un termine che deriva ò&fanum (luogo sacro) e prò (fuori). Nel lin­guaggio massonico indica chi non ha ricevuto l'iniziazione, e quindi si trova fuori dal tem­pio, rimanendo estraneo ad una dimensione sacra.

18 II nome Freemason, Freestone-mason per designare i tagliatori di pietra in Inghil­terra, appare per la prima volta in un atto del Parlamento nel 1350 sotto il regno di Edoar­do I. H nome più antico dei Massoni era "Cementarius" (1077) e nel 1212 si trova l'e­spressione "sculptores lapidum liberorum" e nel 1396 quella di "Lathomos vocatos fre-maceons". L'espressione freestone-mason fu sostituita poco a poco con la più semplice free-mason, parola che, secondo J. A. Ferrer Benimeli, allude evidentemente alla qualità della pietra e non a presunte franchigie delle quali avrebbero beneficiato i costruttori di cattedrali. Quando nel secolo X V I I la Massoneria speculativa o filosofica, sostituì quel­la operativa e si diffuse nell'Europa continentale, la parola free-mason si tradusse lette­ralmente in franc-ma(on,freimaurer, vrijmetselar, liberi muratori, pedreiro libre, libre mu-rador,francmasón, ecc., espressioni che non esistevano nel Medioevo.

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storico e topografico della cattedrale di Strasburgo (1782) ebbe accesso agli archivi del Gran Capitolo di Notre-Dame di Strasburgo ove pro­babilmente potè consultare letteratura sul tema. Le sue prime affer­mazioni furono pubblicate svi Journal de Nancy nel 1779 e successiva­mente sul Journal du Monsieur. Sempre dell'Abate Grandidier è un in­teressante lettera privata scritta ad una Signora e datata 24 novembre 1779. Questa lettera, pubblicata il 15 giugno 1839 sul Freemasons Ma-gazine merita di essere riportata nei suoi passaggi principali che evi­denziano gli aspetti denigratori dell'autore nei confronti dell'associa­zione massonica.

"Vous aurez, sans doute, entendu parler de cette célèbre société qui, venue d'Angleterre, s'est répandue jusque chez nous et qui porte le nom de franc-maconnerie. Je ne sois point initié à ces mystères et je ne me sens pas digne de 'contempler la lumière'. Je ne ferai pas re-monter son origine a l'arche de Noè, qu'ils appellent un très digne magon, ni au tempie de Salomon, qu'ils considèrent comme un macon très distingue. Je ne remonterai point aux croisades pour découvrir les premiere macons dans les rangs des croisés que quelques-uns regar-dent comme s'étant occupé 'de l'oeuvre' royale et divine de la recon-struction du tempie, pas plus que je ne les rechercherai parmi les an-ciens soldats de la Palestine que l'on nommait les chevaliers de l 'O-rient et de la Palestine. Toutes ces ridicules opinions, que les francs-magons eux-mèmes n'osent produire que sous le voile de l'allusion, ne méritent pas d'ètre relevées par un profane. Je me flatte, madame, de pouvoir assigner à cette société une origine plus vraisemblable. On ne doit la chercher ni 'en Orient ni en Occident', et cette phrase: 'la loge est bien gardée', n'est destinée en aucune fagon à me procurer la preu-ve de mes suppositions. Je n'ai pas eu le bonheur de travailler depuis le hindi matin jusqu'au samedì soir, mais il m'a été donne de tenir dans mes mains 'profanes' des témoignages authentiques et des récits véri-diques, qui datent de plus de trois siècles, et nous mettent à mème de reconnaitre que cette fanfaronne société des francs-magons n'est ab-sulument qu'une servile imitation de l'ancienne et utile corporation des macons, dont autrefois le quartier general était à Strasbourg".

Quanto scritto da Grandidier fu accolto prima da Vogel nelle sue lettere sulla libera muratoria (1785) e più tardi da Albrecht nella sua opera Materiali che occorrono perla composizione della storia critica del­la libera muratoria (Amburgo 1792), ma gli studi non portarono a ri­sultati soddisfacenti in quanto i documenti storici essenziali erano an-

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cora scarsi. Solo all'inizio del 1800 questi documenti furono raccolti in Germania e sottoposti ad esame critico quando si sentì il bisogno di approfondire gli studi sugli scopi della Massoneria.

Si è ritenuto opportuno riferire brevemente questo per evidenzia­re l'interesse che molti hanno avuto nello studio delle origini della Massoneria, ma è importante ritornare sull'obiettivo del presente la­voro facendo un breve excursus sulle antiche religioni, particolarmen­te quelle dei Misteri, sulle scuole filosofiche, sulle istituzioni consa­crate anche dal diritto e dalla giurisprudenza, al fine di trovare qual­che probabile soluzione, anche speculativa, sul problema dell'origine storica dell'associazione massonica o quantomeno ai suoi riferimenti, rituali, simbolici e di iniziazione, con il passato.

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Le religioni dei misteri

"L'uomo, proveniente dalla Luce, è stato creato per ritrovare e conoscere la Luce.

A questa Virtù e a questa Conoscenza aspira ogni essere libero e onesto".

M. Macale

Nell'antichità l'insegnamento delle scienze, delle arti e dei mestie­ri era svolto segretamente. Il tempio sacerdotale era il luogo ove si cu­stodivano non solo le verità divine, ma anche quelle della natura e del­le varie discipline operative. E qui, nel tempio, si costituirono vere e proprie società segrete nel momento in cui pochi uomini privilegiati si nominavano depositari dello scibile, reggitori delle coscienze, custodi dei segreti della natura.

I misteri sacri venivano celebrati nell'adito, cioè nella parte più sa­cra del tempio, più lontana, situata in profondi sotterranei oppure nel cuore dei boschi, quasi impenetrabili per chi non conosceva i tortuo­si sentieri che portavano al luogo di rito.

Evidenti esempi di queste "strutture" si trovano nelle pratiche reli­giose dei bramini in India, dei magi in Persia, dei leviti in Babilonia, ecc.

II segreto di casta non fu, inizialmente, dannoso per l'umanità in quanto, se è vero che impediva al volgo di essere sottratto all'ignoran­za, è altresì vero che l'attività culturale ed intellettuale delle antiche ca­ste sacerdotali produceva espressioni sostanziali di istituzioni pubbli­che e private, alimentava lo studio delle conoscenze cosmologiche che portarono in seguito a meravigliose conquiste di ordine filosofico e scientifico.

Nelle società massoniche osserviamo un fenomeno analogo oltre che una similare adozione di emblemi, simboli e riti delle antiche ca­ste sacerdotali, fondate su una base di impenetrabili segreti e di ri t i esoterici.

I misteri del culto venivano divisi in ordini e classi. Ogni ordine, o classe, era separato e distinto. Si avevano così i sacerdoti Erbidi, Mo-

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beti, Desturi, Desturi-Mubeti, Desturi-Desturi, vale a dire: clerici, dia­coni, presbiteri, parroci, vescovi.

La università degli iscritti dava luogo ad una democrazia sacerdo­tale. Questa democrazia era retta da regolamenti segreti ed il corpo sa­cerdotale, molto compatto ed attivo, era presieduto dal Gerofante o Pontefice Massimo. Nell'India, per divenire ministri di Brahama, cioè del culto, occorreva appartenere per nascita alla classe sacerdotale. I sacerdoti avevano il compito di scrutare i futuri adepti e perciò erano assidui presso la gioventù. Scoperto il giovane che prometteva posse­dere i requisiti necessari, lo frequentavano con particolare assiduità cercando, con ammaestramenti e lusinghe, di indurlo a chiedere spon­taneamente l'ammissione ai misteri del tempio. Ottenuta la missione, il giovanetto veniva consegnato al bramino iniziatore. Questo brami­no aveva l'incombenza di meglio indagare le tendenze ed i sentimenti dell'allievo. Occorreva sincerarsi della serietà e della discrezione del­l'aspirante. A tale scopo il bramino istruttore teneva un quadernetto ove annotava tutte le proprie osservazioni. Questo quadernetto o dia­rio, costituiva il documento base che, consegnato a suo tempo al Ge­rofante, dava modo a questi di formarsi un'opinione e stabilire o no l ' i ­niziazione sacerdotale dell'aspirante.

Tale procedura si rinnovava per ogni grado. In questa maniera per­venivano ai gradi superiori solo coloro che avessero dato prove con­vincenti di fede, capacità, discrezione.

Il sacerdote egizio veniva invece reclutato indipendentemente dal­la classe sociale. Con questo sistema la classe sacerdotale diffusa e po­tentissima, aveva modo di insinuarsi ovunque. Artigiani, agricoltori, militari, potevano aspirare alla dignità suprema del pontificato. Erano però esclusi gli schiavi e chi avesse esercitato professione vile1.

Di notevole importanza la constatazione seguente: "I sapienti del­l'antica Grecia, i legislatori italici e delle isole mediterranee aderirono alla iniziazione egizia ed attinsero alla liturgia di Menfi e di Eliopoli il fondamento della loro scienza o dottrina. Erotodo, Platone, Anassi­mandro, Talete, Pitagora ecc., cercarono di ottenere ed ottennero l ' i ­niziazione ai misteri di Giove Ammonio, di Iside, di Adonis e dalle tra­dizioni e consuetudini egizie trassero quanto vi è di augusto e divino nelle opere loro. La scienza egiziana abbracciava tutto lo scibile e l'au-

1 O. PERINI, Storia delle società segrete dalle prime origini agli ultimi tempi, Mila­no 1863.

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torità sacerdotale estendevasi a tutte le classi ascendendo sino al mo­narca e sovente abbassandosi sino all'infimo volgo. Qualunque indivi­duo dotato di ingegno, costanza e virtù religiosa, poteva sperare di ele­varsi, col tempo, alle prime dignità del Paese. Le prove della iniziazio­ne erano lunghe e difficili, ma grande era la ricompensa promessa. Una volta superate, lo straniero ammesso alla partecipazione degli arcani divini, diveniva per questo sol fatto, concittadino e fratello dei faraoni e dei Sesostri"2.

Sappiamo anche che il sacerdozio egizio, più d'ogni altro era gelo­so delle sue prerogative e si divideva in ordini distinti. E tante erano le forme particolari di culto riservate a ciascun ordine, tanti erano i tem­pli. Questa tecnica - lo diciamo con terminologia moderna - la vedre­mo riecheggiata nella organizzazione massonica, il che fece dire a ta­luno, erroneamente, che la massoneria ripeteva le sue origini dalle ca­ste sacerdotali dell'Egitto faraonico3.

1 ministri del culto coltivavano due dottrine distinte: una essoteri­ca (dal greco exotericos- pubblico, comune), l'altra esoterica (dal gre­co esotericos= intimo, riservato). La dottrina esoterica era di esclusiva pertinenza dei sacerdoti e degli iniziati e veniva tramandata oralmen­te con il sussidio di simboli, insegnata nel tempio, custodita entro il suo ideale recinto. L'essoterismo costituiva invece l'adattamento dell'eso­terismo alla universalità dei fedeli e si insegnava e tramandava al di fuo­ri del segreto del tempio ed era abbandonato alle ricerche, alla curio­sità, agli adattamenti dei profani.

In sostanza storicamente ed in senso proprio, per insegnamento "esoterico", ovvero "acroamatico", si introdusse quell'insegnamento che, all'interno delle scuole, i filosofi e sapienti greci comunicavano, e solo verbalmente, perché "acroamatico" significa "solo ascoltabile", cioè "fornito o trasmesso verbalmente", esclusivamente a quei disce­poli che avevano raggiunto gradi di istruzione e livelli di maturazione e di crescita interiori sufficientemente elevati. Tale insegnamento, quindi, non doveva essere messo sotto forma scritta, contrariamente, invece, a quello cosiddetto "exoterico" o "essoterico" che, al contra­rio, era non solo fornito per iscritto ma anche a disposizione di tutti i discepoli indistintamente.

2 Ibidem. 3 B. BELLOMO, La Massoneria universale dalle origini ai giorni nostri, Forni, Sala

(Bo), 1960.

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In sostanza si aveva una dottrina immutabile, l'esoterica, riservata alle meditazioni del sacerdote e dei sapienti, ed un'altra dottrina, l'es­soterica, alla predicazione che di volta in volta, veniva adattata alle cir­costanze dei luoghi e degli eventi.

Così, mentre le leggi elaborate dalla sapienza rimanevano rispetta­te ed immutabili, il popolo sulle credenze impartite, aveva modo di ela­borare favole e leggende finendo per adorare deità innumerevoli ed immaginarie che però il sacerdote non adorava, né ammetteva nel se­greto del tempio ed in seguito alla sapienza esoterica.

Tuttavia una religione altamente filosofica, senza affascinanti em­blemi, senza simboli di facile comprensione, una verità così alta posta al di fuori dell'immaginazione e dei sensi, sarebbe rimasta estranea al­le masse popolari. Ecco così fiorire una infinità di immagini e simboli sotto forma di cose comuni divinizzate o di persone rese divine. Ve­diamo allora il fiore di loto, che nei paesi orientali, attraverso il corso dei fiumi, scende a valle, venire dedicato a Iside quale simbolo della incontaminata ed incontaminabile purezza della natura. Vediamo la falce divenire espressione di tutto quanto la vita distrugge ed il fuoco simboleggiare il sole, e con il sole tutto quanto può essere purificato e ridestato a nuova vita.

Fin dall'alba della storia una semplice figura geometrica chiusa fu il Simbolo di Divinità, il circolo per alcuni popoli, il triangolo per al­tr i , un circolo o un triangolo con un punto al centro, per altri ancora.

Presso alcune giurisdizioni massoniche la cerimonia di chiusura dei lavori di Loggia consiste nel disporsi tutti in circolo intorno all'A­ra che simboleggia il punto focale della Suprema Benedizione sui Fra­telli.

Sappiamo che un simbolo può avere più significati e poiché il Pun­to in mezzo al circolo ha avuto tante e diverse interpretazioni per mol­ti popoli, è naturale che esso abbia molti significati anche presso i Mas­soni. Esso va comunque posto in connessione con l'adorazione del So­le, che è la più antica forma di culto religioso.

Le rovine dei templi antichi dedicati al culto del Sole e del Fuoco, hanno infatti forma circolare con un altare centrale, considerato il "Sancta Sanctorum". Questo simbolo esiste da tempi memorabili in In­dia, la terra dei Culti Misterici e Mistici. Il Punto, dunque, rappresen­tava anticamente il Sole ed il Cerchio l'Universo.

Le due linee parallele che nella Massoneria moderna rappresenta­no i "due San Giovanni" sono antiche come altri aspetti simbolici, ma

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originariamente non avevano nulla a che fare con i due "Eminenti Pa­troni Cristiani della Massoneria" in quanto rimontano ad un'era pre­cedente a quella di Salomone.

Sui più antichi monumenti egizi può essere ritrovato il segno del­l'alfa e dell'omega, ossia il simbolo di Dio, centro di un circolo ai cui lati ci sono due serpenti che rappresentano il Potere e la Saggezza del Creatore.

Gl i antichi Fratelli usavano il centro del cerchio per verificare l'e­sattezza degli strumenti per mezzo dei quali mettevano a punto il loro lavoro di costruttori.

In senso speculativo, nella Massoneria attuale, si usa il centro del cerchio per verificare la rettitudine delle nostre intenzioni e della no­stra condotta, ossia il controllo delle nostre azioni mediante la squa­dra4 della virtù.

Pertanto, come gli antichi Massoni Operativi edificavano catte­drali, i moderni Massoni edificano lo spirito, per costruire Templi alla virtù. H loro punto centrale era operativo, quello di oggi, speculativo che tende al perfezionamento dell'uomo. Entrambi i punti, però, sia quello posto in un cerchio disegnato in terra, orientandosi sul quale il Maestro controllava in segreto le squadre dei suoi operai, sia quello simbolico, mediante il quale ognuno di noi può verificare segreta­mente la squadra della sua virtù con la quale viene eretto un Tempio interiore in onore di Dio, sono entrambi massonici.

In Egitto5 il candidato, giunto alla soglia del tèmpio, entro il qua­le doveva avvenire la sua iniziazione, lasciava ogni indumento ed og­getto superfluo. Con tale gesto voleva significare che egli, sin da quel­l'istante, intendeva abbandonare ogni comodo, ogni ambizione mon­dana. Il suo abbigliamento si riduceva ad una fascia che gli cingeva i

4 L'uso della squadra quale simbolo della moralità è molto antico. Cinque secoli prima di Cristo un autore cinese scrisse un libro intitolato La grande ricerca. In esso viene espressa la Regola d'Oro volta in forma negativa e cioè: "Non fare ad altri ciò che non vuoi che altri facciano a te". Il Saggio cinese, dopo aver enunciato questa mas­sima afferma: " Comportarsi così significa usare la Squadra... ".

5 E. Frosini ritiene che nelle sue svariate forme la Massoneria antica e moderna sia emanazione diretta della Grande Loggia Egizia che ebbe nell'antichità "la missio­ne di creare un legame esoterico fra tut t i i credenti delle eterne verità". Negli studi storici e filosofici sulla Massoneria, J. S. Boubée sostiene che mentre la Massoneria primitiva si concentrava nelle Piramidi, faceva poi notevoli progressi nelle differenti Valli ove era stata importata: a Roma da Numa, a Crotone da Pitagora, a Gerusalem­me da Mosè e Salomone.

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fianchi e giungeva poco sopra il ginocchio. La nudità del corpo sim­boleggiava il proponimento di mostrarsi sempre nella assoluta verità e dei pensieri e delle intenzioni.

Al rito della spoliazione seguiva quello delle abluzioni in vasca, più o meno ampia, che veniva denominata "mare di bronzo", posto nel­l'atrio del tempio. Quando il neofita usciva dall'immersione purifica­trice, il sacerdote al quale era stato dato il compito di introdurre nel sacro recinto il nuovo aspirante, lo conduceva nel luogo sacro. Qui in pose solenni ed atteggiamenti minacciosi, era ad attendere il neofita il Gerofante, capo dei sacerdoti e iniziatore di tutti i sacerdoti del tem­pio. Il Gerofante rivolgeva al nuovo venuto le domande rituali e pre­scritte: ad alcune di queste domande doveva rispondere il candidato, ad altre il suo padrino o sacerdote introduttore. Se queste risposte era­no quelle che dovevano essere, il Gerofante impartiva ordine di dar luogo alle prove iniziatiche. Tali prove contenevano significati profon­di ed universali, che si ispiravano all'ordine e all'armonia che governa il cosmo. Ordine non immobile e tranquillo, ma erompente dal caos e vincitore del caos.

In seguito il novizio era chiamato a sostenere e superare simboli­che, ma anche non simboliche, tenzoni con gli elementi del mondo vi­sibile, a tale scopo il Gerofante introduceva il neofita all'interno di una caverna oscura, assai lunga, che doveva attraversare da solo alla luce di una torcia molto fioca in modo che veniva rischiarato solo qualche metro intorno. Alla fine di questo tenebroso corridoio, vi era una pro­fonda fossa chiamata "pozzo misterioso". Le pareti di questo pozzo erano perpendicolari ed il neofita doveva calarsi sino in fondo me­diante una scala. Qui doveva rimanere per lungo tempo immerso in profonda meditazione, ma all'improvviso scrosci di acqua, folate im­petuose di vento, urla strazianti, rumori terrorizzanti, turbavano la preghiera. Da fori segreti i sacerdoti anziani nel frattempo esaminava­no ogni atteggiamento, ogni trasalimento, ogni eventuale sbigottimen­to del giovane, egli doveva ben dominarsi, se avesse dato segno di pau­ra o pentimento, non sarebbe stato più ricevuto nell'Ordine e non sa­rebbe più tornato alla luce del sole, perché, ormai, non gli sarebbe sta­to concesso di riprendere a vivere tra gli uomini comuni avendo co­nosciuto parte dei segreti del tempio, seppur soltanto i primi.

Quando il neofita era invitato a risalire dal pozzo, veniva fatto pas­sare per un corridoio ove urla e rumori si elevavano all'improvviso al­le sue spalle. Se si fosse voltato indietro, il sacerdote giustiziere, che lo

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seguiva non visto, armato di spada, l'avrebbe immediatamente trafit­to. Questa era la prima prova iniziatica alla quale seguiva la seconda ancora più segreta e complessa.

Il neofita veniva condotto innanzi a due porte sotterranee: una di ferro, l'altra di rame. Doveva vincere la resistenza di entrambe ed aperta l'ultima, quella di rame, appariva la "volta sacra" costituita da una caverna immensa. Tutto all'intorno si rincorrevano colonne di marmo, simboli, scritte, figure e torce ardenti. Il neofita doveva tra­versare questo luogo magico e fermarsi davanti ad una seconda por­ta di rame, guardata da tre sacerdoti armati e con in testa un casco a foggia di gatto o serpente o testa di bue, a seconda che la cerimonia fosse dedicata al dio Osiride, alla dea Iside o al bue Api . I tre sacer­doti proponevano al neofita di ritornare nel mondo dal quale prove­niva o di dividere la sua sorte con quella dell'Ordine. Se il giovane r i ­confermava il suo proponimento allora, e solo allora, gli veniva aper­ta la porta difesa.

Le prove che seguivano erano ancora più difficili e terrorizzanti. Si cominciava con quella del fuoco ove fiammate improvvise circonda­vano il neofita che doveva traversare volte infuocate o angusti passag­gi che avevano attorno braci ardenti.

La prova dell'acqua era costituita da un canale turbinoso che il candidato doveva affrontare e superare. Sulla riva opposta il neofita r i ­trovava gli indumenti che aveva lasciato alla soglia del tempio e di es­si si rivestiva.

Era quindi invitato ad attraversare una passerella, dopo di che si trovava dinanzi ad una porta munita di anelli. Invitato a far peso su di essi il neofita precipitava in un baratro. Doveva risalire e attaccar­si agli anelli e questa volta la porta, girando su se stessa, lo metteva faccia a faccia con un'altra porta rivestita di avorio e di altri materia­li preziosi. Questa si apriva ed il neofita si ritrovava dinanzi gli splen­dori di un secondo tempio sotterraneo. Qui tutto era luce e bellezza, qui lo attendeva il Gerofante con i sacerdoti anziani del tempio: non più sguardi torvi e armi minacciose, ma volti sorridenti, non più vesti nere, ma candidi l ini. Il Gerofante ungeva quindi il neofita con l'olio consacrato, tale rito comportava la prima promozione ad "adepto". Poi, con gli occhi bendati, veniva condotto nel cuore di un bosco, il "Bosco sacro", ricco di acque, fiori e piante dai gradevoli profumi. Tra i complimenti alla nuova recluta e lieti conversari, aveva luogo la cena fraterna.

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Questo passaggio di inÌ2Ìazione è comune a molte altre religioni e situazioni del passato6. Anche in qualche rituale massonico per l ' ini­ziazione di un apprendista si trovano queste parole dette dal Maestro Venerabile all'Iniziando: "Signore, il viaggio simbolico che avete fatto è l'emblema della vita umana: i rumori che la agitano, gli ostacoli che voi avete incontrato significano le difficoltà che l'uomo prova e che non può vincere o sormontare se non con quell'energia morale, che gli permetta di lottare contro la cattiva fortuna, grazie soprattutto all'aiu­to che trova nei suoi simili".

L'uomo primitivo imitava il dio che adorava perché così gli co­mandava il suo istituto. L'uomo primitivo imitava anche ritualmente i movimenti del suo dio e poiché il Sole sembra muoversi da Oriente verso Occidente, passando per il Meridione, così, durante la cerimo­nia di adorazione egli si muoveva circolarmente, intorno all'ara da Oriente verso Occidente. L'Ara è secondo C. Gentile {Alla ricerca di Hiram. I tre gradi della Massoneria, 1980) "pietra quadrangolare posta in relazione con l'infinito, sintesi delle forze umane e delle energie co­smiche. Su tale bellezza il programma di lavoro. Da tenere presente co­sa è stata l'Ara nelle tradizioni religiose: proprio il punto geometrico del rapporto fra terra e cielo".

Ben presto il viaggio simbolico divenne parte essenziale di tutti i riti religiosi. Lo si ritrova nei Misteri di Eleusi, nei riti di Mitra ed in altri antichi culti ed è pervenuto a noi attraverso i millenni. Quando il candidato alla massoneria compie questo rito egli cammina sulle orme di altri spiriti che fin dall'antichità manifestarono così la loro fede in un Essere Supremo per mezzo di una semplice imitazione. Per questo il viaggio simbolico costituisce una cerimonia di profondo significato, non solo dal punto di vista rituale, ma anche in senso assoluto perché in tal modo si perpetuano in coloro che oggi vi prendono parte le ten­sioni spirituali di un antichissimo passato (C. H. Claudy, op. cit.).

Secondo la procedura Indù, l'iniziazione sacerdotale aveva lo sco­po preciso di simboleggiare la rigenerazione morale dell'uomo e "dal­le selve del Thibet, ai gioghi del Caucaso e dai tenebrosi recessi del­l'Elefantina e d'Eliopoli, il sacerdote, in apparenza disinteressato ed

6 "L'idea centrale dei Misteri massonici è dunque l'antica idea mediterranea del­la sopravvivenza, della resurrezione alla immortalità della morte, della palingenesi in­somma conseguita attraverso la morte mistica". (A. REGIONI, Le parole sacre di passo, Atanòr 1922).

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umile, doveva dominare sulla vita di vaste società, dirigere le opere dei guerrieri e dei re"7. Ma in sostanza, il cerimoniale iniziatico, presso egi­zi ed indù, greci e romani, tolte lievi differenze, era, se non identico, simile.

Kabbalismo, essenismo, teocrazia zoroastriana, braminica, buddi­stica, egizia, pagana, mosaica, imponevano, indistintamente, al neofi­ta uno speciale battesimo o purificazione con l'acqua, nell'andito sa­cro nel tempio ricevitore ed il giuramento e la partecipazione al segre­to delle "parole sacre" e del "tocco mistico".

Tutto questo lo vediamo apparire ed attuare nel segreto dei templi massonici ove i massoni lo apprenderanno gradualmente dalla loro ini­ziazione al grado superiore.

In Massoneria, l'aspirante Libero Muratore prima di essere accol­to fra le colonne del Tempio, ove riceverà la Luce, deve sostare un cer­to tempo nel cosiddetto "Gabinetto di riflessione". Questo angusto lo­cale contiene un tavolino nero; un teschio umano; una penna d'oca, simbolo del Regno animale; un calamaio, simbolo del Regno minera­le, con inchiostro nero, simbolo del Regno vegetale; tre vasi di terra­cotta contenenti gli elementi fondamentali dell'Alchemia, cioè sale, zolfo e mercurio; un vaso contenente sabbia; un tozzo di pane; una brocca d'acqua; uno sgabello nero; un lanternino ad olio; una clessi­dra in cui scorre della sabbia, simbolo del tempo che fugge. Il pavi­mento, il soffitto e le pareti sono di colore nero. Sulla parete est vi è il simbolo dell'Ariete sotto il quale è raffigurato un gallo, attributo di Er­mete, poggiato su una banderuola. Sui muri sono scritte alcune frasi come: "Se sei stato spinto in questo luogo dalla curiosità, allontanate­ne subito"; "Se provi paura, abbandona questo luogo"; "Se avrai la forza di perseverare uscirai purificato e vedrai la Luce". Il simbolismo di questo luogo, di natura ermetica, si riferisce alla prima fase della grande Opera, cioè alla trasformazione della materia pesante, gravata dal peccato ed attratta dai piaceri materiali, in materia pura ed evane­scente. Il futuro Fratello, ancora "profano", entra nella fase del cosid­detto "suicidio metafisico". Questa "morte iniziatica", questa "noché oscura del alma" del mistico San Giovanni della Croce, non è altro che il preludio ad una seconda nascita, o meglio alla rinascita di uno stato superiore dell'essere. In altre parole la permanenza nel "Gabinetto di riflessione" dell'iniziando simboleggia il suo primo viaggio al centro

7 O. PERINI, op. rit.

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della Terra, nella regione degli Inferi, cui fa espresso riferimento l ' i ­scrizione sulla parete nord V.I.T.R.I.O.L., anagramma della formula ermetica: "Visita Interiora Terrae Rectificando Invenies Occultum La­piderà" cioè: "Visita l'interno della terra, correggendo la via, troverai la Pietra segreta"8.

Speciali segni di riconoscimento, in tutti i tempi, servirono, e ser­vono, ai membri di una stessa setta per riconoscersi. La setta dei ka-balisti, attivamente operante nella Siria e paesi limitrofi, si riconosce­va parlando, camminando e sedendo, con la mano sinistra distesa lun­go la persona e con un speciale "toccamente" all'atto che le due per­sone si stringevano la mano. Il "toccamente" avveniva inserendo il pol­lice tra il pollice e l'indice della mano destra che si stringeva e l'atto era accompagnato con tre scambievoli e fraterni alzarsi ed abbassarsi del braccio.

G l i Esseni all'atto del toccamente portavano l'indice teso della ma­no destra all'altezza della spalla ed effettuavano il "tocco" allargando le braccia in modo da sfiorarsi reciprocamente i gomiti. Questi "toc-ci" accompagnati talvolta da "parole sacre", qualcosa come la "paro­la d'ordine" dei militari, sono assunti e spesso moltiplicati nei rituali massonici.

Abbiamo già detto che i sacerdoti in Egitto erano divisi in classi. Ognuna di queste si interessava di una particolare disciplina e gli ini­ziati dovevano effettuare una serie determinata di studi relativi alla scienza di competenza della classe e sottoporsi, per ogni grado di no­viziato, a prove che dovevano dimostrare la sicura vocazione. In tal modo si aggiungeva forza al mistero di cui l'istruzione era già coperta per il pubblico. Anche i Persiani, i Caldei, i Siri, i Romani, i Galli adot­tarono questo sistema di cui si trovano tracce sino alla fine del secolo X V I I . Gl i inglesi, sia pur come termine arcaico, impiegano la parola mystery quale sinonimo di mestiere9.

Come le alte scienze, gli Egizi insegnavano l'architettura in segre­to. Sia l'architettura civile che quella sacra attingevano i segni emble­matici da quanto offerto dalla natura. I giovani di ogni casta che vi era-

8 In alcuni Rituali di iniziazione massonica, come nell'Emulation, il "Gabinetto di riflessione" non è previsto.

9 Collins, English Dictionary, Mystery: Archaic. A trade, occupation, or craft. Dal latino medioevale misterium e dal latino ministerium col significato di occupazione, p. 1032.

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no istruiti, erano nel contempo iniziati nei misteri della religione e for­mavano al di fuori del sacerdozio, una corporazione distinta che, su di­segni tracciati dai sacerdoti, edificava i templi e gli altri monumenti consacrati al culto degli dei.

Sembra che questo sistema provenga dalle Indie ove gli Egizi at­tinsero le loro istituzioni religiose e civili. Benché la tradizione dei lo­ro antichi rapporti con il sacerdozio si sia nel tempo perduta, sino al­l'inizio del secolo XX i muratori ed i falegnami indiani erano presi da tutte le caste ed erano autorizzati a decorarsi con il cordone sacro dei Bramini.

I membri della corporazione egizia degli architetti godevano di grande stima ed occupavano un posto elevato nella società. A Siene, nelle rovine della città, si trovano moltissime tombe scavate, tutte del­l'epoca dei Faraoni della X V I I I dinastia, per ricevere i corpi imbalsa­mati. Qualcuna di queste tombe appartiene a capi operai o ispettori delle cave di Silsilis, montagna dell'Alto Egitto, nella provincia di Te­be, sulla sponda destra del Nilo tra Cum-Ombas ed Edfù.

Gl i Egizi portarono in Grecia i loro misteri e le loro istituzioni. Se­condo Plutarco, Osiride, presso i Greci, prese il nome di Bacco, Iside quello di Cerere e la pamilia egiziana divenne la dionisia greca. Non bisogna pertanto meravigliarsi se l'organizzazione degli architetti sacri fosse simile nei due Paesi.

I sacerdoti di Dioniso o Bacco furono i primi che costruirono i tea­tr i e istituirono le rappresentazioni drammatiche, in principio sempre strettamente legate al culto degli dei. Gl i architetti incaricati della co­struzione di questi edifici dipendevano dal sacerdozio per l'iniziazio­ne e si chiamavano operai dionisiaci o dionisiasti. Questi, nel 1000 a.C. circa, passarono da una colonia greca in Asia Minore ove perfeziona­rono la loro arte. Essi avevano il privilegio esclusivo di costruire i tem­pli, i teatri ed ogni altro edificio pubblico e divennero numerosissimi anche fra gli Assiri, i Persiani, e gli Indi ove li ritroviamo con gli stessi nomi.

La loro organizzazione a Teos, che i re di Pergamo assegnarono lo­ro come dimora, nel secolo I I I a.C, offre una forte rassomiglianza con quella della massoneria alla fine del X V I I secolo. Essi avevano una ini­ziazione particolare, parole e segni di riconoscimento. Erano divisi in comunità separate, come le logge, che si chiamavano collegi, sinodi, società e venivano distinte da nomi particolari come le comunità diAt-talus o dei compagni di Eschine. Tali associazioni erano dirette da un

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maestro, da presidenti e sorveglianti che erano eletti ogni anno. Nelle loro cerimonie segrete, i fratelli si servivano simbolicamente degli utensili delle loro professioni e organizzavano banchetti e assemblee durante i quali venivano dati premi agli operai più abili. I più ricchi fra loro dovevano soccorrere ed assistere gli indigenti ed i malati. A colo­ro che avevano avuto meriti nella confraternita, si costruivano monu­menti sepolcrali come si vedono ancora nelle vestigia dei cimiteri di Si-verhessar e di Eraki. Spesso alla confraternita venivano aggregate per­sone estranee in qualità di patroni o membri onorari e, come si dedu­ce da una iscrizione tumularia, è probabile che Attalo II re di Perga­mo appartenesse sotto questo titolo alla società. Questa corporazione dall'Egitto e dalla Siria si espanse nella limitrofa Fenicia e poi in Giu­dea con un nome differente, dipendendo i misteri giudaici da un Dio diverso da Bacco. Da qui dovrebbe essere stata introdotta nella co­struzione del tempio di Salomone utilizzando operai che avevano eser­citato in Egitto il mestiere di muratori. I muratori giudei erano legati ad una organizzazione che si estendeva fuori dal loro Paese. La Bibbia ci dice che essi si unirono ai muratori di Tiro, malgrado la ripugnanza che avevano gli israeliti nei confronti degli stranieri e la tradizione mas­sonica, che non bisogna tralasciare di tenere presente, dice che gli ope­rai che contribuirono all'edificazione del tempio, si riconoscevano fra loro con parole e segni segreti. Fra gli Ebrei ed i Tir i vi era anche una conformità nelle allegorie, in particolare per ciò che riguardava l'ar­chitettura sacra. In proposito sembra che il tempio di Gerusalemme fu costruito con lo stesso disegno, lo stesso scopo e dallo stesso architet­to del tempio di Ercole e di Astarte a Tiro.

Secondo Giuseppe Flavio, storico ebreo (Gerusalemme ca. 37 d.C.-Roma ca. 100), "le proporzioni e le misure del tabernacolo, di­mostrano che era una 'imitazione del sistema del Mondò": i dodici pa­ni racchiusi nel tabernacolo erano un'allusione dei dodici mesi del­l'anno, i settanta pezzi del candelabro si riferivano alle settanta divi­sioni delle costellazioni, le sette lampade di esso ai sette pianeti ecc."

Lo storico ebreo non espresse questa opinione per acquistare le simpatie dei Romani, i cui tempi avevano spesso significato simbolico, poiché nei Proverbi di Salomone si legge una espressione che si ac­corda perfettamente a quanto detto da Giuseppe Flavio: "La sapienza divina si è fabbricata una casa, ella ha lavorato sette colonne". Ed in questo vi è sicura concordanza con quanto racchiude il discorso del­l'oratore della loggia di maestro ove i massoni interpretano i simboli

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del loro tempio. Esisteva inoltre nell'antica giudea una associazione re­ligiosa la cui origine si fa risalire all'epoca della costruzione del tempio di Salomone. I membri si chiamavano cassida o assaetti e formavano una confraternita di devoti ovvero un ordine di Cavalieri del Tempio di Gerusalemme in quanto la loro associazione aveva lo scopo di dirigere i lavori ed ornarne i portici. Da questa società derivò la celebre setta degli Esseni di cui sia gli Ebrei che i Padri della Chiesa hanno parlato con eguale venerazione. Eusebio10 suppone che anche Gesù fosse ini­ziato a questi misteri. Gl i Esseni formarono delle comunità separate unite fra loro con legami di fratellanza. I beni erano comuni e tutti i membri, indistintamente, ne potevano usare per le loro necessità. Gl i Esseni esercitavano le professioni meccaniche, si costruivano da soli le case e probabilmente impiegavano le loro cognizioni architettoniche anche al di fuori dell'uso privato.

Alcuni Autori, come Teder, ritengono addirittura che le vere ori­gini della Massoneria debbano riportarsi alla comunità essenica. D. Cancellieri fa risalire l'origine del Rito Scozzese agli Esseni residenti sul monte Moria, i quali nel 1272 avrebbero trasmesso ai signori scoz­zesi che sotto il comando del principe Edoardo I il Plantogeneto, era­no andati in Palestina, gli antichi misteri per cui, dice, forse con trop­pa buona fede: "È storicamente inoppugnabile che il rito scozzese, a differenza di qualunque altro, si trova a possedere e rappresentare i Misteri di Egitto Maggiori e Minori".

E. Frosini in un suo lavoro {Massoneria italiana e tradizione inizia­tica, Pescara, 1911) polemico contro l'attività ed il pensiero massoni­co italiano del suo tempo, dice: "E voi Esseni che sulle spiagge deser­te del Mar Morto, nella solitudine dell'Engaddi, comunicaste a Gesù, col Terzo Grado dell'iniziazione, la chiave del simbolismo che racchiu­de nella Genesi una teogonia e una cosmogonia tanto lontane dal sen­so letterale quanto la scienza più profonda dalla favola più infantile, e gli comunicaste la dottrina del Verbo divino, già insegnata ad Krishna in India, dai sacerdoti di Osiris in Egitto, da Pitagora in Italia, da Or­feo in Grecia, dottrina che indica essere l'Uomo la più alta manifesta­zione di Dio in quanto l'uomo per la sua costituzione, la sua forma, i suoi organi e la sua intelligenza è l'immagine dell'Essere Universale e ne possiede le facoltà e mercé la quale permetteste al giovane Galileo

10 Eusebio di Cesarea (265-340). Scrittore eclettico. I suoi scritti possono essere divisi in apologetici, dogmatici, esegetici, biblici, storici.

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di diventare Cristo, ispirate ai poveri massoni d'Italia, seguaci degene­ri dei vostri ri t i , la forza necessaria a scoprire e vivere la missione de­gli iniziati".

Giovanni De Castro riporta la formula di giuramento essenico: "Giuro di adorare ed onorare Iddio; di serbar giustizia e carità alle sue creature; di non nuocere a chicchessia, tanto per mia volontà che per debito di obbedienza; di serbar fede ai magistrati, ai reggitori dello Stato, ritenendo la loro potestà fondata da Dio; ove un giorno doves­si comandare ad altrui, giuro di astenermi di farlo con fasto ed alteri­gia; giuro di amar la verità, di svelare i mentitori, di serbare le mani in­contaminate da ogni illecito lucro, di nulla nascondere ai fratelli dei misteri della setta, di nulla rivelarne agli estranei, quand'anco ne vada pericolo della vita; di non comunicare le dottrine della società, che co­me furono da me ricevute, e di conservare gelosamente i l ibri della set­ta ed i nome degli angeli"11.

In questo giuramento si riscontrano forti analogie con quello, più ristretto, del rituale massonico.

Anche i massoni conservano il segreto dell'associazione, cioè non rivelano i nomi degli iscritti alle Logge, né le discussioni e le delibera­zioni fatte o prese nelle loro officine ed anche ricordano all'eletto che deve governare la Loggia o l'Ordine come egli sia, solo il primo fra i propri eguali e fin da questi antichi tempi, siamo nel II secolo a.C, era affermato il concetto che si ripete oggi nelle dottrine massoniche, in merito al carattere ed ai doveri dei pubblici magistrati.

Le informazioni correnti intorno alla comunità essenica, che ci so­no tramandate dalla storia ecclesiastica, derivano dagli scritti di Filo­ne, Plinio, Porfirio, Eusebio, Solinus ed Epifanio, quindi da fonte di diversa ispirazione ebraica e cristiana. (C. D. Ginsburg, The Essenes: Their History and Doctrines, 1864).

L'essenza della dottrina essenica era basata sul massimo rispetto ed osservanza della Legge di Dio, sulla stretta pratica della castità e della povertà: lo scopo della vita era quello di divenire templi viventi dello spirito di Dio.

Gl i Esseni non ritenevano necessario sottoporre i propri adepti a formule di giuramento, ma si accertavano sostanzialmente che colui

11 Nella promessa di conservare segreto il "nome degli angeli", gli Esseni, allu­devano probabilmente agli autori dei l ibr i sacri, quasi fossero, come indica la parola, i messaggeri della divinità e dalla sapienza, inviati ad insegnare agli uomini la verità.

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che bussava alla porta del tempio, l'aspirante apprendista, prima di es­sere riconosciuto associato, cioè compagno, per poi essere ammesso a pieno titolo nella fratellanza come Maestro, possedesse tre requisiti es­senziali: amore verso Dio, sentimenti di amore e giustizia verso il pros­simo, purezza di carattere".

Plinio dice: "Ad Ovest del Mar Morto vivono gli Esseni. Essi co­stituiscono la comunità ermetica più meravigliosa del mondo. Vivono tra le palme, praticano il celibato in povertà assoluta. La comunità vie­ne continuamente ringiovanita da moltitudini attratte dal loro straor­dinario sistema di vita".

L'Ordine Essenico comprendeva tre gradi: Liberi, Pratici, Con­templativi. I Liberi, novizi apprendisti, attendevano ai servizi dei Pra­tici e Contemplativi. I Pratici non si appartavano completamente dal mondo, non rinunziavano alle forme sociali, alla vita e ai piaceri della famiglia. I Contemplativi studiavano continuamente, rinchiusi ed as­sorti nelle meditazioni filosofiche. Il noviziato durava tre anni. Chi de­siderasse essere ricevuto nell'Ordine doveva cominciare ad unifor­marsi alle regole dell'Essenismo. Riceveva un martello12 ed un'ascia r i ­curva, probabilmente simboli di lavoro. Era vestito di una tunica bian­ca ed ai fianchi portava il grembiule sacro.

L'investitura con il grembiule di pelle di agnello risale a tempi re­moti ed è più antica, come rivela il rituale massonico, di qualunque or­dine cavalleresco compreso quello dell'Ordine del Toson d'Oro fon­dato dal Duca di Borgogna nel 1429. L'uso del simbolo è anche ante­riore a quello dell'Aquila romana, Simbolo ed Insegna del potere di Roma, centinaia di anni prima di Cristo. L'investitura massonica con­ferisce pertanto un onore "maggiore di quello che dà l'Ordine della Stella o quello della Giarrettiera... "13.

12 Alcuni autori, come Wirth, danno a questo simbolo un'antica origine germa­nica. "L'importanza che accordiamo al Maglietto - scrive Osvald Wirth nel suo Li­bro del Compagnaggio - potrebbe riallacciarsi al dio Donar specie di Giove Tonante di cui ogni capo famiglia diventava sacerdote nell'ambito familiare, dove i riti non si compivano se non per mezzo del Martello". J. Boucher, nel suo lavoro La simbolo­gia massonica aggiunge che il dio Thor nella tradizione scandinava è vicino allo Zeus greco, in quanto, come il dio ellenico forgiava i fulmini sull'incudine e li scagliava sulla terra. Pertanto il simbolo del Tuono e del Maglietto hanno una rispondenza re­ciproca.

13 L'Ordine della Stella fu fondato da Giovanni II di Francia verso il 1350; quel­lo della Giarrettiera da Edoardo ITI nel 1349 per se stesso ed altri 25 cavalieri.

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Si ritiene che il Grembiule sia diventato il "simbolo dei Massoni" perché i "Muratori" indossavano grembiuli per proteggere i loro abi­ti dal contatto con i materiali da costruzione. Ma l'uso del Grembiule risale ai tempi in cui i Profeti ed i Sommi Sacerdoti dell'antica religio­ne ebraica lo indossavano. Nei Misteri dell'Egitto e dell'India il Grem­biule era simbolo del potere sacerdotale. Le più antiche società inizia­tiche cinesi conoscevano il significato simbolico di tale indumento. Lo indossavano gli Esseni come anche gli Incas del Perù e gli Aztechi del Messico. Quanto all'agnello, con il cui manto erano preparati i grem­biuli, esso figura nell'Antico Testamento come vittima sacrificale, op­pure come simbolo di innocenza, purezza, sensibilità, mitezza d'ani­mo, forse perché il candore del suo manto richiama implicitamente queste qualità morali. La relazione simbolica tra il candore del manto dell'agnello e queste qualità etiche è universalmente accolta in Masso­neria e per questo motivo l'Iniziato deve sforzarsi di conservare im­macolato il proprio grambiule, cioè di rimanere puro e senza macchia.

Quando il novizio aveva dato prova di pensieri, affetti e propositi conformi alla scuola essenica, era ammesso nell'Istituto e sedeva alla mensa comune, ambita e suprema dimostrazione di fratellanza.

Filone di Alessandria14, riferendo sugli Esseni di Egitto e sui Tera­peuti15, dice che quando erano riuniti e ascoltavano le istruzioni dei lo­ro capi portavano "la mano destra sul petto un po' al di sotto del men­to e la sinistra lungo il fianco".

Il segno descritto era considerato sacro dai sacerdoti del lamaismo, religione di origine indiana. Nel Tibet secondo S. Turner, le spoglie dei Lama, o sacerdoti di primo ordine, i cui spiriti si erano incarnati in

14 Filone di Alessandria o Filone Ebreo (Alessandria d'Egitto ca. 30 a.C. - 40 d.C.) filosofo.

15 I Terapeuti, o Segregati, si svilupparono particolarmente in Egitto e si dettero a vita contemplativa, come fecero più tardi gli Anacoreti del Cristianesimo. Filone eb­be per loro grandissima stima e riporta che leggevano dalla mattina alla sera i l ibri sa­cri e si esercitavano nella filosofìa ricevuta dai loro antenati. Le loro dottrine e for­mule derivavano forse da quelle pitagoriche. Amavano la solitudine e vivevano in vil­laggi detti Lemnea, formati da casette separate l'una dalle altre, sui colli vicino al la­go Mareotide. Rimanevano chiusi nelle loro case per sei giorni continui per racco­gliersi nella preghiera, tutt i insieme, al tramonto del sabato e restare così fino all'alba della domenica. Veneravano il numero sette e durante l'anno ogni sette settimane, te­nevano solenni assemblee ove sedevano con la mano destra sul petto, al di sotto del mento, e la sinistra lungo il fianco come è lo "stare all'ordine" degli apprendisti nel rituale massonico.

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nuovi corpi, vengono religiosamente conservati. Fra le altre posizioni che si fanno prendere ai loro cadaveri, vi è quella di porre la mano si­nistra sul petto con le quattro dita allungate e riunite ed il pollice aper­to, in modo da formare una squadra.

Ciò concorda anche con quanto riferisce Macrobio16 in merito al­l'atteggiamento di Venere dopo la morte di Adone, i cui misteri fenici erano celebrati a Tiro, città dalla quale fu inviato Hiram architetto del tempio di Salomone.

Gl i Esseni professavano molti misteri degli egiziani che in ultima analisi erano quelli dei dionisiaci. Si può supporre pertanto che l'as­sociazione degli ebrei e dei dionisiaci fosse la stessa con nomi diversi, ma non essendoci al riguardo alcun certo riferimento storico, questo punto del passato è condannato a restare sempre oscuro ed immerso nel dubbio.

Al contrario, i rapporti fra i dionisiasti e le corporazioni degli ar­chitetti romani sono storicamente definiti in modo incontestabile. In­torno al 714 a.C. Numa Pompilio istituì a Roma i collegi di artefici, col­legio, artificum, al di sopra dei quali vi erano i collegi architettonici, col-legia fabrorum11', vere e proprie associazioni di fratellanza (sodalitates, fraternitates)l%.

16 Macrobio Teodosio Ambrosio. Scrittore latino del IV secolo d.C. A Roma fu uno dei principali esponenti del movimento culturale e politico diretto a combattere l'ormai vittorioso cristianesimo e a conservare la tradizione pagana.

17 Fabrorum. La documentazione epigrafica e le fonti letterarie ci hanno lasciato il ricordo di molte associazioni, sia professionali che religiose. Si contano per il pe­riodo repubblicano le seguenti: conlegium anulariorum, conlegium aquae, conlegium aurificum, conlegium centonariorum, conlegium fabrorum (Asconius, in Cicero, prò Cornelio), conlegium fictorum, conlegium lanii piscinenses, conlegium poetarum.

18 Collegium e Sodalitas. D Coli (Collegia e sodalitates) pone i due termini in con­trapposizione concettuale. Il primo sarebbe servito ad indicare propriamente "un concorso di persone necessario ad una funzione di pubblica utilità", il secondo avreb­be invece indicato "riunioni a scopo privato, così chiamate perché composte di soda­le*, ossia compagni di mensa nella accezione tecnica dei grammatici". Festus nel suo De verborum significatone definisce così i sodales: Sodales dicti quod una sederent et essent velquodex suo datis vesci soliti sint. D'altra parte il termine sodalis è il più com­prensivo che abbia posseduto la lingua latina per indicare i membri di un'associazio­ne, essendo rarissimo l'uso di " collega" e meno frequente quello di socius. De Robertis (Contributi alla storia delle Corporazioni a Roma) ritiene che poco o nulla sappiamo intorno alle associazioni romane fino all'ultimo secolo della repubblica, fino ad un'e­poca cioè in cui tutti sono concordi nell'ammettere la promiscuità nell'uso corrente dei vari vocaboli in discussione. Con tutta probabilità essi in origine hanno avuto un

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Le sodalitates erano in effetti associazioni religiose costituite con il fine precipuo di onorare a proprio nome una divinità liberamente scel­ta dai consociati. La loro origine, da quanto ci è dato dedurre dalle par­ticolarità di culto od organizzative che presentano i più antichi sodali­zi di questo genere, come ad esempio quello dei Fratres Arvales, sem­bra che risalga ad età antichissima, e forse addirittura precivica.

E. Volterra nelle sue Istituzioni di diritto privato romano definisce le corporazioni delle "associazioni volontarie di uomini in vista di un comune scopo collettivo, alle quali l'ordinamento attribuisce una in­dividualità giuridica propria ed una personalità giuridica distinta da quella delle singole persone fisiche che la compongono".

Scarse notizie forniscono i testi romani sulla personalità giuridica riconosciuta alle associazioni volontarie di uomini in vista di un deter­minato fine. Sin da epoca antica troviamo menzione di associazioni (collegia, universitates) a scopi funerari o religiosi o commerciali. Il problema della loro esistenza giuridica è connessa a quello del loro ri­conoscimento da parte dello Stato. A questo proposito occorre distin­guere fra: a) l'autorizzazione a costituire tali associazioni volontarie, a farle esistere ed operare; b) il conferimento legale ad esse della perso­nalità giuridica, cioè il riconoscimento di una nuova entità giuridica di­stinta dai singoli associati.

Per quanto riguarda l'autorizzazione ad esistere ed operare, pare che sin dall'epoca delle X I I Tavole19 fosse riconosciuta in generale la

significato diverso in relazione ad una diversa origine filologica dei vocaboli e forse anche ad una diversa origine storica delle varie specie di associazioni. Sempre il De Robertis sostiene che il termine sodalitas, nel senso di associazione, non lo si trova mai usato nelle fonti dell'epoca imperiale, sia giuridiche che letterarie ed epigrafiche. Quello di collegium è il termine più largamente adoperato per indicare qualsiasi spe­cie di associazione, mentre quello di sodalitas e quello di sodalicium non sembrano es­sere stati usati mai per enti con funzioni e caratteri pubblici e, in particolar modo, per le associazioni professionali. Fra tutt i il termine a significato più ampio è quello di col­legium che troviamo usato per ogni specie di associazione; unito a corpus pare le in­dicasse tutte in complesso.

19 Le X I I Tavole ammettevano la facoltà di riunirsi dum ne quid expublica legie corrumpant. Verso la fine della repubblica, per ragioni politiche si instaura un regime restrittivo. Risultano provvedimenti tanto di Cesare che di Augusto (Svetonio, Caes. 42; Aug. 32). Nello statuto del collegium symphoniacarum si ricorda una lex Julia: qui-bus senatus cioire) donvocari) c(ogi) permisit e lege Julia ex auctoritate Aug(usti) òu-dorum causa. Incerta resta la identificazione di questa legge (se di Cesare o di Augu­sto) nonché il suo contenuto. Sembra che non potesse costituirsi alcun collegium sen­za l'approvazione del senato di cui abbiamo esempio in qualche iscrizione. Tale au-

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libertà di associazione: sembra che una lex Julia de collegiis (di Giulio Cesare o di Augusto), ricordata in numerose iscrizioni, sciogliesse i col­legio, già esistenti, ad eccezione di alcuni, e richiedesse un'autorizza­zione preventiva del senato per la costituzione di nuovi. Pare anche che da tale autorizzazione fossero esentati i collegio, aventi scopi reli­giosi: ciò risulta certo nel Basso Impero per le associazioni cristiane a scopi di beneficenza. Si ritiene anche che i collegio tenuiorum e ifune-raticia fossero autorizzati in generale da un senato consulto, purché i loro statuti fossero conformi alle regole da questo prescritte20.

La concezione che questi collegio costituiscano persone giuridiche a sé, a cui fanno capo rapporti giuridici distinti da quelli inerenti ai sin­goli esseri umani che li compongono, è certo dovuta ad elaborazione dottrinale dei giuristi sull'esempio della configurazione che essi dava­no al populus Romanus nel campo dei rapporti privati. Gaio dopo aver detto che non tutte le associazioni autorizzate sono per questo consi­derate persone giuridiche (corpora), aggiunge "quibus autem permis-sum est corpus habere collegii societatis sive cuiusque alterius eorum no­mine, poprìum est ad exemplum rei publicae habere res communes, ar­cani communem, et actorem sive syndicum, per quent tamquam in re pu-blica, quod communiter agifierique oporteat, agaturfiaf. Dal che si ve­de chiaramente che la struttura di questi collegio che richiamava sotto taluni aspetti quella dello stato, ha suggerito ai giuristi romani di co­struire il concetto che l'associazione privata ha una personalità giuri­dica, attribuendo ad essa e non ai singoli associati la proprietà delle co-

torizzazione non importa riconoscimento della personalità ma solo controllo per ra­gioni di ordine pubblico, in quanto null'altro attribuisce che la facoltà di "'coire con­vocati cogi".

20 L'Inghilterra è una delle poche nazioni dove non è stato mai adottato il dirit­to giustinianeo, che nel X X I I capitolo, redatto da un giureconsulto romano nel 64 a.C. proibisce le associazioni private. Infatti, fin dal 1606 Giacomo I aveva nominato un Gran Maestro al quale aveva fornito i fondi necessari per creare le cosiddette ac­cademie, cioè i luoghi in cui si incontravano i Massoni operativi e speculativi. Le ac­cademie altro non erano che le Logge in cui i Maestri antichi dell'arte si univano ai migliori intellettuali dell'epoca nello sforzo di fondere tradizione e rito, nel comune bisogno di una ricerca esoterica, per una più ampia visione dell'Universo che, alla sco­perta della scienza e al dichiarato primato della ragione sulla metafisica, del mondo rivisitato alla luce di nuove scoperte e, in antitesi a quello cristallizzato della Tomisti­ca, opponeva il privilegio della ricerca, della libertà dal pregiudizio, dell'affermazio­ne delle "magnifiche sorti del progresso". (A. Corona, Dal bisturi alla squadra, Bom­piani, Milano 1987).

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se comuni e deH'arca (tesoro collettivo dell'associazione che appare quasi un parallelo all'aerarium populi romani).

I giuristi configurano che un actor gestisca le cose comuni per con­to dell'associazione ed abbia la rappresentanza di questa, cioè imma­ginano che gli effetti giuridici della manifestazione di volontà di quel dato essere umano siano attribuiti all'associazione e non ai compo­nenti di questa.

Questa distinzione fra i rapporti giuridici inerenti ai singoli mem­bri, viene incisivamente espressa nelle parole: si quid universitati de-betur, singulis non debetur: nec quod debet università* singuli debent. Tuttavia l'esplicazione della piena capacità giuridica delle corpora­zioni non potè aversi che tardi, con il processo formulare che assicurò loro la difesa giurisdizionale e con lo svolgersi del diritto onorario. Marco Aurelio riconobbe ad esse la facoltà di acquistare legati e di manomettere i propri schiavi acquistando su questi i diritti di patro­nato.

Ogni collegium ha il proprio statuto (lex collegii) che ne regola la struttura e ne determina gli scopi. Secondo l'opinione espressa dal giurista Nerazio Prisco ( I - I I sec. d.C), occorrono almeno tre mem­bri per costituire un collegium: questo, una volta creato, esiste giuri­dicamente come persona a sé anche se i membri siano ridotti ad uno solo. Non sappiamo in quale modo venisse conferita la personalità giuridica alle associazioni: sembra che l'autorizzazione data dal se­nato valesse anche a costituirle quali persone giuridiche (corpora). Dalle fonti possiamo constatare che hanno personalità giuridica i col­legio, costituiti a scopo di culto. E quelli conviviali, le associazioni aventi scopi commerciali fra le quali, i collegio publicanorum costi­tuiti per l'appalto delle imposte, i collegio fabricum addetti alle co­struzioni ecc.

Le funzioni esecutive e di amministrazione attiva dei collegio era­no affidate ad organi determinati: a capo della gerarchia, con funzioni di presidente, troviamo i magistri o quinquennales in numero general­mente di due o più, essi duravano in carica di solito cinque anni ed era­no coadiuvati da un curator, e, per la parte finanziaria da un quaestor o arkarius. Ai servizi di ordine erano addetti scribi, viatores e applica­ti vari.

Particolarmente famosi erano i collegi degli Edili, che sembra fos­sero depositari non soltanto delle nozioni architettoniche dell'epoca, ma anche della sapienza che il Re legislatore asseriva gli venisse rivela-

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ta dalla Ninfa Egeria21. La gerarchia degli affiliati era: apprendisti, compagni e maestri. Le cognizioni riguardanti l'arte venivano tra­smesse oralmente e fra queste erano dissimulate massime morali ed esoteriche.

A Pompei è stata ritrovata la sede di un "Collegium", nel cui cen­tro un prezioso mosaico mostra simboli che hanno stretti legami con quelli ancora oggi in uso nelle Logge Massoniche.

I primi membri erano Greci fatti venire da Numa dall'Attica, al f i ­ne di organizzare le società.

Collegium è l'espressione di più frequente ricorso nelle fonti sia dell'età repubblica che di quella imperiale, per indicare, fra l'altro, le multiformi manifestazioni del fenomeno associativo nel mondo roma­no: dalle associazioni a scopo di culto alle corporazioni professionali obbligatorie ed ereditarie del Basso Impero, dalle cooperative funera­rie ai circoli di divertimento ed alle conventicole elettorali.

Si tratta di organizzazioni associative caratterizzate, specie nell'età re­pubblicana, da grande libertà di movimento e di determinazione e che, fornite di un proprio patrimonio (arka communis) per soddisfare alle esi­genze associative, riuscirono ad ottenere in progresso di tempo il ricono­scimento di una, sia pure assi limitata, capacità giuridica: da quella di pos­sedere propri schiavi e manometterli, a quella di ricevere a titolo di lega­to, determinati beni. I giuristi classici potettero per tal modo distinguere i rapporti che facevano capo all'ente da quelli concernenti i singoli con­sociati e porre il principio: "Si quid universitati debetur, singulis non de-betur, nec quod debet universitas singulì debenf '. Il collegium viene equi­parato alla res publica e viene decisamente affermata la regola che esso, come questa, poteva avere "res communes, arkam communes et actorem sive syndicum, per quem tamquam in re publica, quod communiter agifie-rique oporteat, agatur, fiat". Per Roma la divisione del popolo per me­stieri, che Plutarco tanti secoli più tardi attribuiva a Numa Pompilio, mentre alcuni storici moderni la fanno risalire alla costituzione di Servio Tullio, non trova alcuna menzione nelle fonti dei secoli posteriori fino al­la caduta della Repubblica: bisogna arrivare alla Lex Julia, del I secolo a.C, per ritrovare un ricordo sicuro di una precedente esistenza di colle-

21 Ninfa Egeria, Divinità latina delle sorgenti. Nella mitologia romana era ninfa della fonte omonima in un bosco presso il Lago di Nemi. Era venerata come la divi­nità ispiratrice del re Numa, il quale, secondo i consigli di lei, avrebbe introdotto in Roma i principali istituti della religione. I colloqui del re con la ninfa avvenivano in una grotta situata nel bosco delle Camene.

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già e sodalitia, di cui essa dispone la soppressione. Questa legge però si riferisce in prima linea alle associazioni, che avevano per scopo organiz­zare conviti, feste, giuochi e partecipare alle lotte elettorali, determinan­do spesso dei gravi disordini. È probabile invece che dal provvedimento di soppressione siano stati esclusi i collegi degli artigiani, come quello de­gli edili, sottoposti però ad una regolamentazione rigorosa, all'autorizza­zione dell'autorità politica ed a vigilanza amministrativa.

Nell'ottava delle dodici tavole della legislazione di Solone si leggo­no le disposizioni generali da applicarsi ai collegi romani. Queste asso­ciazioni avevano il diritto di elaborare statuti particolari e di conclude­re contratti, purché non fossero in opposizione alle leggi dello Stato. Avevano una giurisdizione ed i collegi degli architetti godevano di esen­zione fiscale. È interessante qui osservare che tale beneficio era goduto anche dalle corporazioni di artefici costruttori nel Medioevo e da que­sto trae origine la qualificazione di liberi muratori data ai loro membri.

I collegi romani erano nel contempo società civili e istituzioni reli­giose e le loro relazioni con lo stato ed il sacerdozio erano determina­te da una precisa legislazione. Essi tenevano le loro assemblee a porte chiuse e ne escludevano i profani. Le macerine, casolari o logge dove si riunivano, erano di solito situate nelle vicinanze dei templi degli dei più in voga, i cui sacerdoti servivano sia da costruttori, sia da provve­ditori di cose sacre. In queste assemblee, ove le decisioni erano prese con voto di maggioranza, i fratelli si consultavano circa la distribuzio­ne e la esecuzione dei lavori, iniziavano nuovi membri nei segreti del­le loro arti e nei loro particolari misteri fra i quali uno degli elementi caratteristici era l'impiego simbolico degli utensili della propria pro­fessione. I fratelli erano divisi in tre classi: apprendisti, compagni e maestri. Essi si obbligavano, con giuramento ad assistersi ed a soccor­rersi reciprocamente, si riconoscevano fra loro con alcuni segni segre­ti ed erano rilasciati diplomi che documentavano la loro qualità.

I presidenti, eletti per cinque anni erano detti magistri (maestri) ed avevano al diretto seguito i seniores (anziani), dei sorveglianti, dei cen­sori, dei tesorieri che incassavano le quote mensili, dei guardasigilli, ar­chivisti, segretari, medici, e fratelli servitori. Avevano facoltà di ammet­tere come membri di onore, o come dame d'onore (matrones), persone non appartenenti alla loro condizione. Tale possibilità però venne sem­pre revocata poiché spesso era causa di conciliaboli politici e religiosi proibita dai governatori. Per qualche collegio era anche determinato il numero degli appartenenti. I collegi degli artefici e principalmente quel-

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li che professavano i mestieri necessari per l'architettura religiosa, civi­le, navale ed idraulica, si svilupparono, oltre che a Roma, nelle città mu­nicipali e nelle provincie. Si hanno, per queste consorterie di mestiere, testimonianze storiche che affermano la loro presenza nel sud della Francia a Lione e a Treviri ed in Inghilterra a York. Queste corporazio­ni, composte essenzialmente da abili artisti e scienziati, contribuirono a migliorare i costumi, le lettere e le arti dei Romani, ovunque essi porta­rono le loro armi vittoriose. I collegi fino alla caduta dell'Impero visse­ro con tutto il loro vigore e carisma. Le invasioni dei barbari li ridusse­ro ad un piccolo numero e continuarono a declinare fino a quando i bar­bari serbarono il culto dei loro dei, ma quando si convertirono al Cri­stianesimo, le corporazioni ebbero modo di rifiorire ed i sacerdoti cri­stiani, ammessi anche come membri onorari o patroni, diedero loro una grande spinta commissionando la costruzione di chiese e monasteri. Scomparse dalla Francia del nord e dalla Gran Bretagna i collegia, tra­sformati in scholae, continuarono ad esistere sia nell'Impero d'Oriente, sia nelle zone contigue all'Italia. Così vestigia del V e del VI secolo sono presenti nella zona sud della Loira lasciando però il loro posto a realtà conventuali che conservarono i segreti dei costruttori. Fra i religiosi i più famosi architetti furono Ferréol, vescovo di Limoges, Gregorio e Leone di Tours, Sant'Elpidio, San Fruttuoso in Spagna ecc.

Nel l 'XI e X I I secolo alcune associazioni si separarono dai conven­ti dando vita alle "confraternite", la cui base di formazione laica, tro­va le proprie radici nel nascente mondo dei "Comuni". Tra gli espo­nenti laici di queste nuovo istituzioni è doveroso citare Villard de Hommecourt, Pierre de Corbie e Jean d'Orbais e la federazione dei ta­gliapietre dell'impero germanico detta "Bauhutte".

Queste corporazioni sotto la dominazione lombarda brillarono di viva luce e sotto il nome di corporazioni franche o confraternite, si svi­lupparono particolarmente a Como dove gli appartenenti avevano ac­quisito il titolo di maestri comacini22, maestri di Como, che divenne poi il nome generico di tutte le corporazioni di architetti.

22 Nell'Editto di Rotati del 643 d.C. si trova per la prima volta menzione dei "Ma-gistri Comacini", magistricommacinorum, compagnie di architetti originarie di Como e mandate da Roma per assistere i Vescovi nella costruzione delle prime chiese cri­stiane. Qualche Autore afferma che i "Magistri" portavano nelle loro riunioni un grembiule di cuoio bianco e guanti dello stesso colore come i moderni massoni. Il no­me "Magistri Comacini", secondo alcuni Autori, deriva forse dal fatto che edificava­no "cum machinis", servendosi cioè di macchine specifiche per le costruzioni.

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Essi avevano i loro insegnamenti segreti ed i loro misteri, detti ca­bala, la loro giurisdizione ed i loro giudici particolari, le loro immunità e le loro franchigie fiscali. Ben presto il loro numero si moltiplicò e la Lombardia, già piena di edifici religiosi da loro edificati, non fu più sufficiente a dare a tutte le associazioni occupazione di lavoro. Così al­cune di esse si riunirono, costituendo una sola grande società o con­fraternita, con il fine di andare ad esercitare la propria professione al di là delle Alpi , in tutti i paesi ove il Cristianesimo, da poco stabilito, mancava ancora di chiese e monasteri.

Nacquero così sodalizi di costruttori chiamati in Inghilterra Sto-nemason, citate come Compagnie dei Muratori di Londra in docu­menti del 1376, in Germania Ghilde o Zùnfte, ovvero Steinmetzen Bruderschaft, confraternita dei tagliatori di pietre, in Italia Corpora­zioni che continuarono a coltivare segretamente l'antica e magica Ar­te Reale. Da queste corporazioni, decadute in seguito alla riforma pro­testante, potrebbe aver avuto origine una vera Massoneria e da qui la storia dei grandi muratori si farà vera e propria e non nebulosa e tal­volta fantasiosa come si può supporre nella preistoria.

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I Magi

"La Massoneria unisce lavoro e sacralità iniziatica, nella ricerca del nesso trascendente che, dall'essere umano libero e pieno di Luce, fa il vero

'facitore di ponti', pontefice di Amore che unisce cielo e Terra". M. Macale

D regno pontificale dei Magi era precedente a quello degli Assiri, dei Medi e dei Persi. Aristotide stima che siano più antichi degli stes­si Egizi che, come risulta da documentazioni geroglifiche, ebbero un regno sacerdotale sin dal 6000 a.C.

I Magi furono una religione ed una monarchia che coltivava le let­tere e le scienze. Non adorarono il fuoco, ma lo considerarono fonte di calore e di moto scorgendo nella fiamma l'occhio di Dio. Così, fra le forze della natura scelsero quella che le domina tutte e che si mani­festa con gli effetti più salutari ed utili.

Nonostante abbiano dato il nome ad una scienza occulta, la magia, non operarono sortilegi e non credettero nei prodigi.

Ebbero il concetto dell'unità di Dio, il cui nome Dao, significa lu­ce e sapienza. Nel loro ordinamento gerarchico le classi ed i gradi for­mavano una compagine salda ed omogenea. Il neofita era tenuto all'o­scuro di molte cose e le dottrine e le conoscenze segrete erano rivela­te solo ai più saggi.

II novizio, prima di essere ammesso nell'Ordine, doveva purificar­si con l'acqua e con il fuoco. Al fine di rendere nota la sua indole e for­za d'animo si doveva avvicinare da solo alle porte del tempio, ove dal Mago introduttore era privato dei metalli preziosi, costretto a depor­re i suoi abiti e poi coperto con vesti adatte alla cerimonia. Veniva co­sì introdotto nell'atrio, al centro del quale vi era il "'mare di bronzo"', il battistero cristiano, che serviva alle purificazioni di rito. In seguito era condotto e lasciato solo in profondi ed oscuri sotterranei dove doveva meditare impaurito da strani rumori e da misteriose voci. Superata questa prova era chiamato nel tempio per ricevere l'abbraccio frater-

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no. Avvenuta l'iniziazione, le prove per il neofita continuavano, dove­va scavare la terra fino a trovare acqua, passare attraverso il fuoco, di­giunare in solitudine. Se i risultati di queste prove erano positivi, era proclamato degno di professare e promulgare la morale di Zoroastro. L'iniziato diventa così Erbedi, o discepolo, per passare poi a Mogbdi, o maestro, ed infine a Doftur-Mogbedi, o maestro supremo.

Zoroastro, l'astro d'oro, fu filosofo e uomo di stato nella Batria, al di là del Mar Caspio, presso le montagne dell'India. Visse nel 7000 a.C. e la sua dottrina, fra quante furono oggetto di iniziazione, sopravvisse nelle teosofie successive riapparendo nei misteri di Samotracia e di Eu-lesi, nel silenzio dei Pitagorici, nell'antro di Egeria, nelle querce sca­vate dei Celti e dei Lituani. A differenza di quanto avviene nella mag­gioranza delle religioni, la dottrina di Zoroastro non si poggia sui prin­cipi di contraddizione di bene e male. Arimane è il principio del male che non ha la stessa vita immortale di quella di Oromaze, principio del bene eterno. Pertanto, come riferisce anche Plutarco, il male è solo co­sa transitoria poiché ha limiti segnati di forza e tempo.

La creazione avvenne per emanazioni: la prima luce fu Oronaze che con la parola creò il mondo puro cominciando da sei geni uam-shaspand" puri e perfetti che siedono intorno al suo trono mandatari presso gli spiriti inferiori, gli uomini. Poi creò 28 spiriti, "tgek", che ve­gliano sulla felicità e sulla conservazione del mondo, prototipi di virtù ed interpreti delle preghiere degli uomini, capitanati da Mitra. La ter­za emanazione è quella dei ferver, pensieri o idee di Oronaze, nume­rosi spiriti, aleggianti intorno ad ogni uomo, che ricordano i geni tu­telari cari a Socrate, quello infausto di Bruto e gli angeli custodi delle credenze cristiane. Questa triplice emanazione di spiriti buoni era ne­cessaria per fronteggiare il contemporaneo svilupparsi dei principi del male.

Il secondogenito, Arimane, emanato dalla luce primitiva e puro co­me essa, ma pieno di ambizione e di orgoglio, si ingelosì di Oromaze, e l'essere supremo per punirlo lo condannò ad abitare per dodicimila anni negli spazi senza luce, tempo che doveva essere sufficiente per r i ­solvere la lotta fra il bene e il male. Ma Arimane volle combattere l'av­versario con ogni mezzo a sua disposizione e creò innumerevoli Daevi che riempirono il mondo di colpe, miserie e malattie. Il più perverso di questi Daevi era Peetesh, il demonio della calunnia. La lotta infierì sui confini del mondo e Oromaze, dopo un regno di tremila anni, in sei periodi, creò la luce, l'acqua, la terra, le piante, gli animali, l'uomo.

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Arimane si mescolò nella formazione della terra e dell'acqua, le inva­se con le sue tenebre e guastò anche l'uomo. Non potendo uccidere la prima coppia degli uomini che Oromaze aveva tratto dal seme della vi­ta, la sedusse con latte e frutta e la rese colpevole. Così, non solo de­generò la natura dell'uomo, ma alterò anche quella degli animali sepa­randoli in buoni e cattivi, utili e dannosi, spargendo in questo modo la corruzione sulla faccia della terra. Il fondamento umano della dottri­na di Zoroastro è quello che nell'aspra contesa i giusti e gli operosi non hanno nulla da temere, il lavoro vince gli esseri cattivi e allontana le co­se malvagie. Assistiti dai Ferver, gli uomini vinceranno gli dei. Arima­ne, la mente cattiva, sarà cacciato da Oromaze, la mente buona. Quan­do la lotta tra il bene e il male si risolverà, Sosiosh, uno dei profeti di Oromaze, rigenererà la terra, scenderà come supremo giudice e con­dannerà i malvagi conducendo i buoni in un luogo di perenne felicità. Lo stesso Arimane, gli spiriti cattivi e gli uomini perversi saranno pu­rificati in un torrente di metallo fuso. La legge di Oromaze regnerà so­la ovunque e tutti gli uomini, buoni e felici, innalzeranno lodi all'E­terno.

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Bramini e Ginnosofisti

"O Misteri veramente sacri! O Luce pura! Allo splendore delle faci cade il velo che copre Dio ed il cielo...

Sono Iniziato!" Clemente d'Alessandria

I sacerdoti di Brahama, creatori, conservatori ed interpreti dell'asce­tica religione indiana, furono forse una continuazione dell'istituzione dei Magi. La loro dottrina, fondata sull'unità di Dio, consentiva l'adorazione di una moltitudine di divinità per consentire al volgo di essere convinto di avere un patrono per ogni pericolo a cui era esposto. Ciascuna divinità principale ha un capitolo dei Weda, la Bibbia indiana, ma da ultimo è ne­gata la pluralità degli Dei ed affermata l'unità dell'Ente Supremo.

Nell'esame simbologistico della Massoneria troviamo innumerevoli riferimenti al passato. Così possiamo osservare che nella Massoneria mo­derna e particolarmente nel Rito Scozzese Antico ed Accettato, nel sim­bolismo, è stato incluso il motto "Ordo ab Chao" derivante dal simboli­smo vedico come nel "Quadro" del 30° Grado dello stesso Rito è pre­sente la "Ruota Cosmica a sei raggi" già espressa nelle religioni orientali. Per meritare l'eterna beatitudine, era opinione diffusa in India che oc­corresse l'iniziazione. L'Ordine sacerdotale era diviso in tre gradi. H can­didato doveva prepararsi con digiuni, elemosine e purificazioni nell'ac­qua. Avvertito dell'aspra vita cui dovrà dedicarsi, dei vizi che dovrà fug­gire, e delle virtù che dovrà praticare, viene ammesso all'iniziazione, il più delle volte nella famosa pagoda di Seringam con sette mura e sette porte.

L'atto iniziatorio si chiamava "Homa", forse dalla parola sacra "Ow"1 che l'iniziatore mormorava all'orecchio del neofita.

1 D significato della sillaba "om" non è molto chiaro. Verosimilmente significa che l'uomo è parte di Dio. Anche Platone chiamò l'uomo "pianta divina" e la parola "Hom" presso i Persiani significa l'albero della vita, insieme albero e uomo, sede dell'anima di Zoroastro. L'"Om" è anche potenza, forza che consente la contemplazione di Dio e nel­la parola si può riconoscere l'espressione della coscienza e dell'anima umana. Questo è

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Della dottrina e dell'iniziazione braminica i Ginnosofisti furono custodi severi e purissimi. Essi possono considerarsi i Magi del Bra-manismo che riuniti in collegi si diffusero in Africa e furono maestri di questo sacerdozio in Etiopia da dove arrivarono anche in Egitto2.

Si chiamavano Ginnosofisti perché erano appena vestiti, avevano semplicità di vita e bontà di costumi, si cibavano di erbe e credevano in un solo Dio, nell'immortalità dell'anima e nella metempsicosi, ele­vazione continua verso l'Ente Supremo. Quando erano vecchi, o ave­vano gravi malattie, salivano sul rogo, perché consideravano ignomi­nia lasciarsi uccidere dagli anni o dai mali.

Ogni anno, ai confini di Etiopia e d'Egitto, si riunivano per offri­re un sacrificio ad Ammon. Questa festa sacra era chiamata dai Greci "eliotrapezio" ovvero la tavola del sole. Filostrato li ritiene inventori dell'alfabeto sillabico, da cui gli egizi dedussero il letterale. Forse dal loro Collegio di Meroe, chiamato anche Saloe o Seba, uscì la famosa regina che fece visita a Salomone.

Infine i Ginnosofisti furono tutti trucidati dal principe Ergamene vuoi perché si opponevano al dispotismo, vuoi perché, secondo un'al­tra teoria, avevano assorbito tutte le forme di autorità e volevano as­servire ogni potere politico o civile.

conforme alla teosofia degli Indiani, che considera l'uomo come parte di Dio e da Dio fa derivare ed a Dio ritornare ogni creatura e nelle creature più elette insedia l'eterno spi­rito e l'eterno pensiero. È quindi spiegabile come questa parola fosse segretamente co­municata agli iniziati che dovevano tenerla custodita gelosamente, perché esprimeva una verità capace di distinguere gli idoli ed i riti ritenuti falsi. La parola sacra "om" è stata an­che usata da Dante nelle sue rime: "O-Om che pregio di saper portate". Le lettere O ' M avevano anche la funzione di provocare uno stato di estasi, poiché la ripetizione prolun­gata e ritmata, accompagnata da una profonda aspirazione ed espirazione, determinava un ottundimento psichico ed un rilassamento fisico, facilitato anche dalla immobilità nel­la posizione di preghiera. Questa tecnica liturgica si riscontra in varie religioni ed in mol­te danze sacre dove la ripetitività delle parole, dei suoni, dei gesti, o l'immobilità pro­lungata in determinate posizioni, od un gesto ripetuto, produce stati di estasi.

2 E. Frosini dice: "La Massoneria, figlia dell'iniziazione che ebbe culla nell'In­dia, precedette la civiltà dell'Asia e della Grecia, ed affinando lo spirito, ed i costumi dei popoli, servì di base a tutte le leggi civili, politiche e religiose; la Massoneria, stru­mento di civiltà fin dal primo popolo civile, che procede con arte e con fede, con la cazzuola e la spada; la Massoneria che, come scrisse Laurens, sembra una immagine perfetta dell'associazione dei sapienti sacerdoti cristiani, perpetuata fino a noi per mezzo dei pitagorici, degli Esseni, dei terapeutici e degli asceti ebraici; la Massoneria che conserva la sua scienza segreta e getta, secondo l'Ars Regia, le fondamenta del Tempio". (E. FROSINI, Massoneria italiana e tradizione iniziatica, Pescara 1911).

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Il culto mitriaco

"La Massoneria è pensiero, è anzi il pensiero che prepara l'azione, ma non è l'azione!"

E Campanella

Mitra è ritenuto una creatura di Oromaze, capo degli Ized, genio benefico, primo mediatore fra gli uomini ed Oromaze. A poco a poco, pur non essendo Dio, usurpò gli attributi divini ed eclissò il suo crea­tore come fecero in India Siva e Visnù, in Egitto Serapide e Giove nel­la teosofia greca e romana.

Questo avvenne perché si confuse il simbolo con la cosa simbo­leggiata, il genio del sole con il sole stesso.

In verità lo Zend-Avesta, il libro sacro dei Persiani attribuito a Zo-roastro, il grande iniziato ed illuminato riformatore della religione Ira­nica, sembra riferito più agli aspetti mitologici o astrologici della tra­dizione persiana che a quelli di rinnovamento spirituale. In realtà il dogma fondamentale del mitraismo era la trasmigrazione dell'anima sotto l'influsso delle forze magnetiche derivate dai sette pianeti obbe­dienti al potere del Dio Mitra.

Tanto nel Veda indiano che néSìAvesta iranico, Mitra è il dio della luce celeste, garante dei giuramenti, amico della verità, avversario del­la menzogna. Quando i persiani conquistarono la Babilonide, Mitra r i ­cevette una prima orientazione astrologica per cui fu identificato con il dio sole Shamash, e quando i macedoni conquistarono la Persia, il mitraismo venne ad assumere la sua fisionomia definitiva con Mitra al centro della dottrina e del culto1.

1 Nel culto di Mitra era presente la scola che serviva ai Magi per spiegare lo scam­bio perpetuo delle emanazioni planetarie e per figurare il passaggio delle anime nelle sette sfere celesti. Per i gradini della scala che Giacobbe vide in sogno (Genesi, 28,12-13) a Betel (Casa di Dio) gli Angeli salivano e scendevano e al di sopra di essi era il Si­gnore. Nella simbologia del Tempio massonico, del 30° grado del Rito Scozzese Anti­co ed Accettato troviamo la scala con i sette gradini ascendenti ed i sette discendenti.

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L'iniziazione mitriaca si svolgeva in sette gradi, posti ciascuno sot­to la tutela e protezione di uno dei sette pianeti. Il fedele riceveva i se­guenti nomi: 1. Corvo (Coraps), al momento dell'iniziazione infantile; 2. Ninfo {Nynphus), l'iniziato era coperto da un velo di tipo nuziale che lo occultava, donde l'altro nome di Occulto (Kryphius) ; 3. Soldato {Mi-les), dichiarato soldato di Mitria contro le potenze del male; 4. Leone {Leo), primo dei tre gradi maggiori; 5. Persiano (Perses), nome che r i ­corda l'origine etnica del mitraismo; 6. Corriere del Sole (Heliodro-mos), cioè corrente di Mitra-Sole grande; 7. Padre (Pater), titolo ono­rifico, frequente anche nelle associazioni elleniche.

Vi erano prove iniziatiche per dimostrare la capacità degli inizian­di e il banchetto sacro degli iniziati dove indossavano le maschere re­lative ai vari gradi. Il mitraismo fu religione di confraternita, non eb­be templi, ma grotte {spelei) in origine naturali, poi riprodotte artifi­cialmente. La grotta si presenta come un unico ambiente fiancheggia­to da due banchi in muratura {podio) alti 60 cm e un po' inclinati ver­so il muro.

Nel rituale massonico del "Maestro eletto dei nove" alla domanda: "Siete voi Cavaliere eletto?" il candidato risponde: "Una caverna mi ha ricevuto, una lampada mi ha rischiarato, una fonte mi ha disseta­to". In tale accenno di rituale vi è un richiamo alla procedura con la quale in Persia i giovani sacerdoti venivano iniziati ai misteri di Mitra. Questi neofiti venivano infatti condotti in zona remota e montana, al­l'imbocco di una caverna lunga e tenebrosa. Il neofita la percorreva tutta, ed ecco alla fine aprirsi uno spazio da cui pioveva dall'alto la lu­ce del sole e dalla roccia zampillava acqua limpida e fresca. Accanto alla fonte sostava un giovane bellissimo che rappresentava unitamen­te a Mitra, anzi lo personificava, il Dio sommo e, con esso, l'eterna gio­vinezza delle cose.

Il mitriatismo divenne la religione dell'impero di Alessandro Magno e per molti aspetti l'idea del Dio Sole è identificabile nel

I sette gradini ascendenti prendono il nome di Tsedaka, Bontà; Mathoh, Fede, Fer­mezza; GamalSagghi, Gran Lavoro; Sabbac, Fardello; Ghemul, Binah, Thebonnab, Re­stituzione, Intelligenza, Prudenza. I gradini discendenti portano i nomi di Gramma­tica, Retorica, Logica, Aritmetica, Geometria, Musica, Astronomia ed alludono alle Scienze che è necessario conoscere per ben comprendere le varie manifestazioni del­la vita. Tuttavia nel "dialogo" del rituale si precisa: "Anche se voi riusciste a possede­re tutte queste scienze sareste incompleto se non vi aggiungete le virtù indicate nella scala ascendente, cioè il rispetto di voi stesso".

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mondo ellenico, etrusco, romano, con Apollo, Elio, Ermes ed altri dei solari.

Nel 28° Grado del Rito Scozzese Antico Accettato della Massone­ria moderna si richiama lo studio del mitriatismo e del Rituale si leg­ge: " I l Sole rappresenta l'unità dell'Essere Supremo e il triangolo l 'u­niversalità dell'Essere Supremo"2.

Come scrive Guignault nella sua opera Le religioni dell'antichità: Mitra non è che l'amore e nell'equinozio di primavera simboleggia il trionfo del diritto e della ragione.

La dottrina del Magismo e del culto mitriaco profonda e geniale, si ripete a distanza di secoli in altre credenze ed in altri sistemi. Si trat­ta di una dottrina altamente positiva poiché inneggia al lavoro, stimo­la l'uomo a difendersi con le sue forze dal male e dal vizio e lo guida così alla conquista della sua personalità e della sua perfezione.

2 L'evocazione del Mithriatismo nel 28° Grado del Rito Scozzese Antico e Accet­tato presenta anche richiami alla simbologia ermetico-alchemica, caratteristica delle opere rosacruciane.

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Il sufismo

"Vanno alcuni alla ricerca di luoghi in cui ritirarsi, chi nei campi, chi lungo la riva del mare, chi sui monti. E tu stesso hai l'abitudine di desiderare tutto ciò.

Ma è cosa stoltissima, dal momento che tu puoi, sempre che voglia, ritirarti in te stesso. Poiché l'uomo, in qualunque luogo si rifugi, non ne troverà

mai uno più quieto e più libero di brighe di quello che può offrirgli l'anima sua; specialmente se porta dentro dì sé tali pricipi che, col solo affacciarsi

a contemplarli, acquista immediatamente una intera tranquillità, un ordine perfetto". Marco Aurelio Antonino, Cose per se stesso (180 d.C.)

Nel I secolo dell'Egira, quando Maometto emigrò dalla Mecca a Medina nel 622 d.C, nacque un movimento religioso, con l'obiettivo di raggiungere l'unione mistica con Dio. Tale movimento, in opposi­zione segreta all'Islam ufficiale che in quel tempo, sotto la dinastia de­gli Ommiadi, era più interessato alle conquiste territoriali che all'evo­luzione spirituale, prese il nome di sufismo, da suf veste di lana utiliz­zata dagli adepti, detti sufi, che cercavano di ritornare alla purezza pri­mitiva, alla safa.

Dio era inteso come "Luce dei cieli e della terra" e per i sufi era fondamentale la ricerca della vita interiore, basandosi su interpreta­zioni strettamente spirituali del Corano e sulla pratica dello "Zhikr" interminabile ripetizione del nome di Allah.

Il primo Maestro del sufismo fu al-Basrì (642-728), grande teolo­go, dalla vita ascetica che avvicinandosi alla filosofia neoplatonica tras­se da questa molti principi suffici.

Al-Muhà Sibì (781-837), predicando la rinuncia al proprio io, fece del sufismo un movimento teosofico ed il suo contemporaneo persia­no Abu Yazid fu il primo dei sufi così detti "ebbri di Dio".

I sufisti, oltre a seguire i principi della "Seriah", la Legge, con con­cetti di facile comprensione ed aperti a tutti, praticavano la "tarique" ove i principi religiosi, esaltati al misticismo, erano riservati solo alle persone che tendevano alla completezza e perfezione dell'uomo, r i ­collegandosi alle radici celesti e trascendenti dell'essere.

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Come nella Massoneria, presso i sufi le parole più spesso usate era­no composte dalle tre lettere ebraiche A, B, L, lettere che trascritte in arabo avevano un significato di passo o d'ordine particolarmente pres­so la confraternita sufi dei "Costruttori", al-Banna, termine che in ara­bo indica peraltro la parola "massone". Con queste lettere si possono formare alcune parole con grande significatività come ABL, monaco; ALB, riunire le persone; LaBA, interrompere; BaLa, donare; BAL, cuore, mente, attenzione, coraggio, benessere.

Inoltre per i Costruttori sufi queste lettere rappresentavano tre di­stinte posizioni di meditazione: A (ali/) indicava la posizione in ginoc­chio ed era simboleggiata da una squadra, come nella Massoneria; la lettera B (ba nell'alfabeto arabo) scritta come una barchetta con un puntino sottostante, formava un abbozzo del simbolo della livella; la lettera L {lavi) è molto simile ad un uncino ed al tratto ricurvo di una corda con il valore simbolico della "corda che unisce tutti" al pari del­la massonica catena che lega tutti i Fratelli massoni nel mondo.

In proposito ed in tempi molto più recenti, lo Sheikh Elish el-Kebìr, sufi che conosceva la Massoneria ed il suo simbolismo iniziati­co spiegava la corrispondenza tra le lettere del nome di Allah median­te le rispettive forme, ed il regolo, il compasso, la squadra ed il trian­golo1.

Nel 1935 sullo Speculative Mason si leggeva che l'Ali/della parola Allah, è il regolo, i due làm il compasso e la squadra, lo ha il triango­lo. D'altronde il nome divino islamico non è ignoto al corpus massoni­co occidentale. Ne 11 grande mistero svelato del 1726 si legge: "Com'è chiamato Dio? Chi fu il primo massone? La risposta è Laylah Illallah".

1 M. VALSAN, Uhlam et lafonction de René Guénom, Editions de l'Ouvre, Pari­gi 1984.

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La scuola pitagorica

"E quando finalmente, lascerai il tuo corpo di terra

e te ne andrai verso l'etere libero ti accorgerai che non sei più mortale; ma un Dio, un Immortale anche Tu"

Pitagora, Versi Aurei

Di Pitagora e dei suo istituto, la Scuola Italica, non sappiamo nul­la direttamente da lui. Tutte le sue opere si sono perdute, ma fortuna­tamente Platone ed Aristotele hanno mantenuto vivi i suoi concetti f i ­losofici, i suoi precetti di vita.

Pitagora nacque da Menesarco a Samo nel 584 a.C. durante la qua-rantanovesima Olimpiade. Fu discepolo di Feracide e forse di Talete ed Anassimandro. Si pensa che avesse molto viaggiato in Fenicia, Per­sia, India ed Egitto. Certo è che vi è una forte parentela fra le inizia­zioni egiziache e quelle pitagoriche.

A Crotone fondò la sua scuola filosofica intesa alla riforma dei co­stumi ed a quella della legislazione e della politica. Su questo possia­mo osservare una certa attinenza con gli scopi della massoneria mo­derna: le prime attinenti agli obiettivi della massoneria simbolica, le se­conde a quelli dei più alti gradi della massoneria filosofica.

Pico della Mirandola nel suo "Heptaplus" sostenne che i Pitagori­ci mantennero: "Con tradizione ininterrotta la legge che a Pitagora era giunta dagli Egizi; Platone nascose le proprie credenze con veli enig­matici, simbolici, di miti, di immagini matematiche e argomenti di sen­so oscuro, da dire egli stesso nell'Epistole che da quanto aveva scritto nessuno avrebbe capito il suo pensiero sulle Divine cose".

Dopo la distruzione di Sibari, Pitagora si intromise nelle lotte po­litiche ed il sistema, o lo stato pitagorico, fu oggetto di discordie inte­stine. Sembra che trovò la morte, forse violenta, a Metaponto.

Erotodo parla di un ordine segreto dei Pitagorici, di rituali, di cul­to arcano e di orge, intendendo però per orgia non quella degli stra-

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vizi e delle forme degenerative delle feste di Cerere, dei Cabiri e di Bacco.

Prima di essere ammessi all'Ordine Pitagorico gli iniziandi dove­vano subire lunghe e difficili prove. I precetti pitagorici, che sono giunti fino a noi con il nome di "VersiAurei", insegnano una morale purissima: combattere e vincere le malattie del corpo, l'ignoranza, l'ec­cesso delle passioni, le discordie nelle famiglie, le sedizioni nelle città ed inoltre aiutare i fratelli, non avere inimicizia con loro, fare il bene, dire e propugnare la verità, coltivare ogni virtù come via per arrivare all'amore in modo tale che la virtù derivi dall'accordo di tutte le facoltà dell'anima sotto il controllo della ragione1.

L'idea della palingenesi pitagorica può essere connessa al concetto iniziatico della Massoneria moderna, incentrato sulla leggenda di H i -ram, cioè dell'uomo vivente di vita corporea che ha la possibilità di na­scere alla vita spirituale prima della morte corporea come seconda na­scita ad una nuova vita.

Reghini ne La tradizione pitagorico-massonica (Melita, Roma, 1988) sostiene che la concezione platonica della Geometria, "metodo per di­rigere l'Anima verso l'eterno, scuola preparatoria per una mente scien­tifica capace di rivolgere le attività dell'anima verso cose sovrumane" è la stessa di quella relativa alla Scuola Italica e Pitagorica che esercitò su Platone una grande influenza. Da ciò può derivare l'ipotesi che il lega­me che corre tra Massoneria ed Ordine Pitagorico, sia una filiazione spirituale, anche se non si tratta di una ininterrotta derivazione storica.

Anche Cooke nel suo Manoscritto del 1430-40 identifica la Masso­neria con la Geometria dicendo che "la Geometria è intesa come ori­gine di tutte le 7 scienze liberali e come misura della Terra, poiché nes­sun lavoro fatto dall'uomo non è fatto se non per mezzo della Geo­metria, scienza di cui vivono tutti gli uomini ragionevoli e l'Arte mu-

1 È Eduardo Frosini, in polemica con il Grande Oriente di Roma, nel primo de­cennio del 1900 che dice: "E voi tutti, Pitagorici, Ermetici, Gnostici, Illuminati, Ro­sa-Croce, Kabbalisti, Alchimisti, Sweden Borgiani, Martinisti, Teosofi, voi tutti che delle grandi verità foste depositari e trasmettitori, che sfidaste il sorriso degli scettici e l'ira degli ignoranti, che ci comunicaste simboli e dottrine segreti, ricordate ai Mas­soni che non sanno, o dimenticano, che foste voi, voi soli, i creatori dell'Ordine e che solo voi, gettaste la prima pietra del Tempio, nel quale devesi elaborare la fede razio­nale che rinnovellerà la società e farà di tutt i gli uomini una grande e libera famiglia di credenti e di sapienti devoti al Grande Architetto dell'Universo».

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ratoria ha maggior importanza e maggiore parte nella scienza della Geometria".

Nel documento di Cooke, nella storia, sia pur mitica, della Masso­neria, si indicano tra i "fondatori della Geometria e della Massoneria" Pitagora, citando il suo Polyecronicon, e prima di lui Davi, Salomone, e poi Euclide, Carlo I I , "Re di Francia e massone prima di essere Re", Sant'Albano, Englet, Re Atelstano. Questo indica come nella Masso­neria tardo-medievale si ritenesse esistente una ininterrotta tradizione del pitagorismo sia nell'aritmetica che nella geometria, elementi es­senziali per l'arte reale, che presuppongono la conoscenza del pensie­ro pitagorico e platonico, connesso ai numeri ed alle regole e figure geometriche con la conseguente influenza sul simbolismo espresso nelle opere dei maestri Ubero-muratori. (E. Bonvicini, Esoterismo nel­la Massoneria antica, Atanòr, Roma 1993)

La distinzione tra numeri pari e dispari che risale a Pitagora, è sta­ta evidenziata dalla tradizione massonica che considera "sacri" i nu­meri dispari considerandoli "maschili" a differenza dei "pari" che sa­rebbero "femminili", così come i primi "destri" ed i secondi "sinistri", senza però acquisire alcuna valenza magistica o sacrale.

L'antica terminologia di "Numeri Sacri" dovrebbe essere intesa, con Pitagora e Platone, come numeri che, per le loro caratteristiche nel sistema aritmetico, possono, meglio di altri, far intravedere alla mente umana l'idea del Divino, dell'Armonia Universale, dell'elevazione spi­rituale dell'uomo e quindi essere simboli.

Sempre in merito ai numeri pitagorici, nel già citato "Manoscritto", Cooke ritiene che il Neo-Pitagorismo abbia molto influito nella Mas­soneria tardo-medioevale e che il Pitagorismo è stato conservato dai Maestri Costruttori anche nell'Alto Medioevo, in continuità con i Col-legia romani, i Samata bizantini, i Collegi Comacini e la Muratoria Mo­nacale.

Il fuoco divino, simbolizzato dal numero 92, nei Templi Pitagorici, come in quelli Delfici, ed in altre Tradizioni greco-romane era rappre-

2 Per i Pitagorici il numero 9 era considerato perfetto, anzi l'esaltazione del nu­mero perfetto 3 (9= 32). Nella Massoneria moderna il numero 9 è inteso corrispon­dente al grado di Maestro, come espressione di raggiunta Liberazione mentale, di Uni­versalità, di Saggezza. Nel Rito Scozzese Antico ed Accettato, si accende un candela­bro a 9 luci, nel 13° grado si simbolizza un Tempio a 9 Archi bianchi con incise le 9 parole che designano i 9 modi di concepire la Divinità secondo la Bibbia. Nel testo sa­cro i nomi designano gli attributi od i modi di concepire la Divinità: 1- Jod = Princi-

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sentato dal simbolo del Bracere sempre acceso e custodito dal Sacer­dote o nel caso delle Vestali dalle Sacerdotesse. Tale simbolo è stato ri­preso dalla Massoneria moderna con l'accensione, prima dell'ingresso nel Tempio di una candela o testimone ad opera del Maestro Venera­bile, custode della Luce dalla quale si trae la Fiamma per accendere al termine della ritualità di "apertura dei Lavori" i tre Candelabri, posti al centro del Tempio Massonico, la cui fiamma rappresenta la Sapien­za (Minerva), la Forza (Marte), la Bellezza (Venere) e tale accezione viene seguita dall'invocazione dell'ex Maestro Venerabile: "Per il be­ne dell'Umanità e alla Gloria del Grande Architetto dell'Universo" cioè Dio, come liberamente ciascun massone lo concepisce.

Idealmente infiamma del testimone rimane sempre accesa, affida­ta al Maestro Venerabile e ciò si riallaccia alle molteplici Tradizioni della "Custodia del Fuoco Sacro" che anche nella cristianità è rappre­sentata dal Cero acceso davanti all'Altare e che si trova menzionato nei documenti statutari libero-muratori antichi, come nella carta di Bolo­gna del 1248 (E. Bonvicini, op. cit).

I Pitagorici affiancavano al triangolo tre scacchiere con quadrati composti da caselle bianche e nere al fine di dimostrare il Teorema del loro Maestro. Tale simbolo è stato assunto dalla Massoneria moderna come "gioiello" dell'ex Maestro Venerabile. Non sappiamo se il sim­bolo sia stato usato anche dagli antichi Maestri muratori, ma l'influen­za che ebbe su di loro il pitagorismo può farci supporre che possa es­sere stato usato nella loro simbologia. In alcune chiese, come la basili­ca di Santo Stefano a Bologna, la basilica di Pomposa, ed in altre Chie­se dell'età proto-romanica e romanica queste scacchiere sono presenti.

Nel Tempio della Massoneria moderna è a scacchiera bianca e ne­ra, simbolo degli Opposti Contrari e si può supporre che tale uso ab­bia radici nella Massoneria antica. Sempre in tema di pavimenti alcu­ni Autori, come Chevalier-Gheerbrant {Dizionario dei simboli), riten­gono che i pavimenti labirintici delle cattedrali servivano come sigla delle "Confraternite iniziatiche dei Costruttori".

Nella cattedrale di Amiens (1288) si osserva un labirinto che reca su un lato la figura del vescovo committente, di un architetto e di altri due uomini con in mano una squadra, un compasso ed una livella.

pio, l'Uno; 2-Jaho, od Jato = esistente; 3-Jha (J.H.W.H.) = Dio (Manifesto); 4- Eheiah o Elejah = Io sarò; 5- Eliah = Forte; 6-Jaheb = Indulgente; 7- Adonai = Signore (Mio Signore); 8- El Hannain = il Misericordioso; 9- Jobel = Giubilante.

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In questo caso il labirinto indica, fra l'altro, la via tortuosa per l'uo­mo, sia per giungere al suo centro, per trovare qualcosa o per vincere qualcosa, sia per uscirne.

In molte tradizioni, oltre all'idea della difesa di qualche cosa, il la­birinto aveva il significato di celare un Mistero. Il simbolo è stato poi collegato all'idea del Rito iniziatico, della morte-rinascita iniziatica, e quindi all'immagine di trovare qualcosa ed il suo centro si identificò con l'iniziato stesso o con il Mistero o Verità celata. Nel contempo il labirinto era associato all'immagine dell'"orata", del "rinato a nuova vita".

Si può ritenere che il labirinto possa aver avuto per gli antichi tar­do-medievali il significato simbologico che potesse evocare l'esoteri­smo ed allontanare i vincoli exoterici ecclesiologici con l'assenza di croci od emblemi cristiani per prospettare, invece, un messaggio eso­terico di una "rinascita" dalle "tenebre interiori" per emergere nella "Luce", concetto di simbolismo proprio della iniziazione massonica moderna speculativa che probabilmente era esistente nella Massone­ria antica operativa. Alcuni autori, come il Kerenyi3, ritengono che il termine "labirinto" derivi da Labra o Laura, cioè cava, caverna, minie­ra con cunicoli e corridoi, come indicò Strabone che riteneva che il M i ­notauro fosse stato posto in una grotta.

In alcuni Riti Massonici, ed in particolare nel Rito Scozzese Antico ed Accettato, viene ripreso il simbolo della Caverna ad esempio nel 9°, 13°, 14°, 21° Grado (Camera oscura di Riflessione); 28° Grado (Tem­pio Mithriatico); 31° Grado (Sotterraneo con gli "Arcani Geroglifici"). La risalita dalla Caverna diviene quindi il simbolo dell'Ascesa dell'uo­mo verso la Luce, verso la Conoscenza dell'Intelliggibile, l'abbandono graduale delle Tenebre e della Fallacità delle Ombre, l'immagine della vita iniziatica, l'obiettivo della Massoneria di tutti i tempi.

L'originaria funzione iniziatica delle grotte, delle cripte e poi di ap­positi antri, celle o cappelle del medioevo, che ritroviamo anche nei r i­ti di iniziazione di antichi orientamenti religiosi come quelli di Mitra, di Cibele, di Iside e Osiride, nella civiltà minoica di Creta e nella scuo­la italica di Pitagora, può essere stata l'origine del "Gabinetto di Ri­flessione" dell'odierna Massoneria ove il Neofita viene rinchiuso pri­ma dell'iniziazione al Tempio, per redigere un "Testamento" e com-

3 Kerenyi, autore de Nel labirinto è stato un grande mitologo della Grecia e fu ini­ziato massone nel 1953 nella Loggia Modestia cum liberiate di Zurigo.

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'f:M

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piervi, in solitudine, il primo "Viaggio" iniziatico ed in cui dalla sim­bolica "Morte" ha inizio la "Rinascita".

È certo che i Pitagorici aprivano le loro riunioni a mezzogiorno, trattenendosi in speculazioni filosofiche, in esercizi ginnici ed anche in canti e suoni. La sera si sedevano alla mensa comune ed a mezzanotte si separavano. I Pitagorici avevano una grande venerazione per il loro maestro, tanto che Cicerone attribuisce il famoso "ipse dixif ai disce­poli di Pitagora.

E Le Frane nel suo II velo alzato pe' curiosi, opera scettica se non denigratoria della massoneria, scrive: "Se poi dicono di derivare da' sa­cerdoti egiziani, questo non è per altro motivo, se non perché hanno com'essi una doppia dottrina, una interna e l'altra esterna. Imitano nelle loro logge il silenzio che Pittagora esigeva da' suoi discepoli, e ne' loro gradi, le prove a cui questo filosofo gli obbligava prima che loro desse licenza di parlare. Il mistero delle loro cerimonie e de' loro sen­timenti, è stato rappresentato sotto la figura della sfinge, che i sacer­doti d'Iside solevano collocare avanti la porta de' loro templi. Quindi è, che imitando gli usi di tutta l'antichità, e copiando i sentimenti di tutti i filosofi, possono tutti i liberi muratori dire con verità d'esser co­smopoliti, e far risalire la loro origine fin dove vorranno".

Dopo l'eccidio dei Pitagorici, la scuola si disperse, ma lo spirito f i ­losofico sopravvisse ed entrò in quel moto sociale che procede paralle­lo e costantemente contrario alle manifestazioni del pensiero teologico, al dogma religioso e politico che ostacola la libertà del filosofo e del cit­tadino. Questa antitesi, che nel sistema pitagorico era oscurata nel con­flitto fra gli opposti numeri e principi, unità e pluralità, pari e dispari, inerzia e movimento, luce e tenebre, bene e male, continua nella storia determinando le vittorie della libertà. Per questo le istituzioni che sti­molano l'emancipazione dell'intelletto e della coscienza, e fra queste certamente la Massoneria, considerano Pitagora come uno dei loro an­tichi progenitori, come un punto lontano da cui si stacca un raggio lu­minoso che disperde le tenebre ed i mali che gravano sull'umanità, ali­mentati dalla superstizione e dai privilegi, e prepara i tempi nei quali il trinomio massonico, integralmente portato nel diritto pubblico, darà sicuro, armonico e fraterno componimento al consorzio civile.

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Il Tempio di Salomone e la leggenda di Hiram

"Quello che distingue la Massoneria dalle società di culto dei tempi antichi è il suo contenuto: l'ideale dell'Umanità. Essa non è quello

che molti vorrebbero che fosse: un santuario di cavalieri del Graal". Lennhoff

Nel capitolo settimo del terzo libro dei Re dell'Antico Testamento si legge come Salomone, per completare la costruzione del tempio de­dicato all'Essere Supremo, fece venire da Tiro un artista di grandissi­ma fama, il giudeo Hiram1, figlio di una donna vedova della tribù di Neftali.

Salomone dunque, figlio di David, celebre per la sua saggezza e per la vastità delle sue cognizioni, decise di erigere all'Eterno un Tempio che molti anni prima aveva immaginato il re suo padre ma che questi non aveva potuto realizzare a causa della guerra che aveva dovuto so­stenere con i suoi vicini. Egli mandò quindi a pregare Hiram, re di Ti­ro, di provvederlo di tutti i materiali necessari nell'impresa2.

Hiram accettò con gioia la proposta e gli inviò anche uno di quegli uomini rari che per genio, intelligenza, giustizia, superiorità di ingegno

Il nome Hiram è composto dalla radice ebraica "Chi", formata dalle lettere Chef e Yod che significa vita, vitale ecc., e da una seconda radice, "Ram", formata da una Resh e una Mem che indica particolari stati di elevazione. Pertanto il significato let­terale di Hiram è ''vita elevata", e ciò che è elevato appartiene allo spirito, lo spirito umano.

2 Raimondo de Sangro, principe di Sansevero, tradusse, ad uso delle Logge mas­soniche, il Discorso cronologico dell'Ordine dei Liberi Muratori, documento diffuso al­l'epoca delle costituzioni di Anderson e che risale al XV secolo e alla massoneria ope­rativa. Nel Catechismo di Compagno si degge questo dialogo: "D . Vi sono dei Geni nel Tempio? R. Tre, cioè Salomone Re di Israele, Hiram Re di Tiro, Hiram Abif Grande Architetto. D. Quali sono gli emblemi della Sapienza, Forza e Beltà? R. Salomone è l'emblema della Sapienza, Hiram Re di Tiro della Forza, Hiram Abif della Bellezza". Le tre luci della Loggia Massonica si possono quindi identificare con le figure bibli­che di Salomone e di Hiram ed il Tempio di Salomone con la Loggia Massonica.

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in fatto di architettura e per la vasta conoscenza dei metalli, aveva ac­quistato un tale grado di considerazione e rispetto da parte del suo re che questi lo chiamava "padre", tanto più che portava lo stesso nome essendo figlio di un tiranno e di una donna della tribù di Nettali3.

Salomone diede ad Hiram sommi poteri, nominandolo direttore di tutti i lavori. Gl i operai, divisi in tre classi, erano messi a conoscenza di alcune parole, segni e toccamenti al solo ed unico fine di ricono­scersi fra di loro e di ricevere la mercede pattuita in relazione al gene­re di lavoro a cui erano destinati.

Si entrava nel Tempio attraverso tre grandi porte chiuse: quella de­stinata agli apprendisti e per la quale in seguito sarebbe entrato il po­polo, era posta ad occidente. Quella destinata ai compagni, da servire a lavori compiuti all'ingresso dei Leviti, era posta a mezzogiorno. Quella destinata ai maestri, ed in seguito ai Pontefici, era situata ad oriente.

Sotto la direzione di Hiram il Tempio cresceva in grandezza e ma­gnificenza ma un giorno tre compagni, rispettivamente di nome Oter-fut, Eterkin e Mohabon4, non soddisfatti del loro salario progettarono di riscuotere la stessa mercede che veniva percepita dai maestri. Cia­scuno, armato dei ferri del proprio mestiere, attese Hiram ad una del­le tre porte. Dopo qualche attesa Hiram uscì dalla stanza di mezzo del tempio e fece il suo consueto giro di ispezione. Scorse uno dei congiu­rati dietro la porta armato di regolo e gli chiese perché non avesse se­guito gli altri operai. Il congiurato gli rispose con audacia che voleva es­sere ammesso al grado di maestro. "Io non posso - rispose Hiram con

3 Antico Testamento: 1 Re 7,13-15,21: "E il re Salomone fece ancor venir da Ti­ro Hiram"; 14 "Che era figliuolo di una vedova della tribù di Nephtali, di padre del­la città di Tiro; ed era un lavoratore di bronzi pieno di sapienza, di capacità e di in­dustria per fare qualunque opera in bronzo. Ed egli essendo venuto a trovare il re Sa­lomone, fece tutto il lavoro ch'egli volle"; 14 "Ed egli fece due colonne di bronzo, ogni colonna alta diciotto cubiti; e una corda di dodici cubiti abbracciava ciascuna colon­na"; 21 "E le due colonne le collocò nel portico del Tempio, e quando ebbe alzata al colonna destra le diede il nome di Jachin; ed eretta parimenti la seconda, le pose il no­me Boaz". La colonna destra, Jachin, ha il significato di stabilità, quella sinistra Boaz o Booz, dice fortezza. Questo sta a significare che in Dio è sapienza e fortezza a go­vernare creature, uomini e regni e che Salomone chiedeva a Dio e per sé, e per i suc­cessori, scienza e conoscenza e forza per eseguire tutto nel modo più saggio. In cima alle colonne, quasi a corona, il giglio spiegava le sue foglie ricurve per dire che nel Tem­pio deve fiorire la pietà e il puro e casto culto di Dio.

4 Alcuni Autori riferiscono che il loro nome era Jubelas, Jubelos, Jubelum.

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bontà - da solo accordarti questo favore, è necessario anche il concor­so dei miei fratelli nell'arte. Quando avrai terminato il tuo tempo e sa­rai sufficientemente istruito, mi farò un dovere di proporti al consiglio dei maestri". "Sono abbastanza istruito - rispose l'audace - e non vi la­scerò sino a che non avrò ricevuto la parola di maestro". Hiram rispo­se: "Insensato, non è così ch'io l'ho ricevuta e che si deve chiedere". Il compagno insistette, passò alle minacce. Hiram, senza lasciarsi intimi­dire, gli risponde che non è con quei modi che otterrà quanto chiede. Ma mentre Hiram con un cenno della mano lo esorta a scostarsi ed a lasciarlo passare, l'insensato, con il filo a piombo, tenta di assestargli un colpo in testa5. Hiram riesce a deviare il colpo, però è percosso al col­lo, il che gli causa uno stordimento ed un torpore che lo rendono inca­pace di disarmare l'avversario, e tenta di raggiungere la porta sud. Ma qui è fermato dal secondo congiurato che gli chiede in maniera ancor più minacciosa la parola dei maestri. Hiram dà la medesima risposta e cerca di raggiungere la porta ovest, ma è ferito da un colpo di livella che lo colpisce ancora alla nuca6. Stordito da questo colpo, il maestro si di­rige barcollando verso l'ultima porta del tempio dalla quale spera di fuggire. Qui è raggiunto dal terzo congiurato che, chiesta invano la pa­rola da maestro, lo colpisce alla fronte uccidendolo7.

5 Nel rituale massonico il passaggio al terzo grado, a questo punto il 2° Sorve­gliante batte leggermente con il suo regolo la parte destra del collo del candidato.

6 II 1° Sorvegliante batte leggermente la nuca del candidato. 7 II Maestro Venerabile, a questo punto, tocca con il proprio maglietto la fronte del

candidato, mentre due Esperti gli coprono con il suo grembiule il volto e lo distendo­no in una bara deponendogli nei pressi del capo un ramo di acacia, simbolo della vita che ritornerà. Mentre il futuro maestro sta disteso nella bara, il Venerabile lo rende dot­to del simbolismo della procedura: "Così muore l'uomo giusto, fedele al dovere fino al­la morte, dal fatale momento che ci ha privato del Maestro il mondo resta nelle fitte te­nebre: tutti i lavori sono stati sospesi. Non potremo far nulla per riacquistare la luce? Ecco perché noi siamo rattristati in presenza di un così odioso delitto. L'uomo dotato delle virtù di Hiram più non esiste. Egli solo possedeva il segreto dell'opera incomin­ciata. Chi oserebbe oggi presentarsi per succedergli?" Interviene a questo punto il 2° Sorvegliante dicendo: "Questo albero funerario di acacia mi annuncia una sepoltura. Non è molto che è stato piantato. Forse dà ombra alla tomba del nostro Maestro". Il 1° Sorvegliante risponde: "Si dice che la scienza riposi all'ombra dell'Acacia. Questo luo­go triste e deserto, questa terra rimossa di fresco potrebbe essere effettivamente la tom­ba del Padre nostro. Ma si, una squadra ed un compasso ci sembra essere stati messi a disegno, non lasciano alcun dubbio." Così la procedura massonica raffigura la ricerca, il ritrovamento e la resurrezione di Hiram, sollevando il candidato dalla bara che si re­cherà innanzi al Venerabile che gli annuncerà la sua elevazione da compagno a Maestro

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Con la morte del Maestro rimaneva sospesa la costruzione del tem­pio e perduta per sempre la chiave della sua intuizione dell'Universo. I discepoli di Hiram, i figli della Vedova, affaticati nella perenne ricerca del segreto del maestro ed intenti a vendicarne la morte contro la vio­lenza e l'ignoranza, possono essere considerati come rappresentanti di una ipotetica massoneria. Hiram, infatti non solo eccelleva nell'arte del­la costruzione e degli ornamenti, ma possedeva una legge morale di grande saggezza ed era pervenuto alla conoscenza della verità fonda­mentale da cui tutte le altre discendono: quella che oggi si potrebbe chia­mare "causa prima". I segreti dell'arte e le verità supreme, meno l'ulti­ma che gli eletti dovevano ritrovare in se stessi come coronamento del­la propria sublimazione spirituale, erano rivelate ai suoi discepoli attra­verso i tre gradi di iniziazione: Apprendista, Compagno, Maestro. Le massime morali e le dottrine filosofiche erano dissimulate nelle formule dell'arte muraria e per tanto accessibili solo agli esperti nei misteri del simbolismo iniziatico ed assolutamente incomprensibili ai profani.

I tre strumenti con cui il Maestro venne assassinato, la livella, sim­bolo di precisione nell'eseguire i lavori; il filo a piombo, simbolo di azione retta ed equilibrata; il maglietto, simbolo di volontà e ferma de­terminazione nell'attività, divennero i tre simboli fondamentali del la­voro nelle Logge massoniche. Nel corso del rito di iniziazione, inoltre, si applicano come simboli le tre parti del corpo dove Hiram venne col-

e fra l'altro dirà: "Voi, fratello, rappresentate un personaggio illustre e giustamente ve­nerato tra noi. Ecco un mito simbolico che lascerò alla vostra intelligenza la cura di pe­netrare. Leggete la storia dei secoli passati, gettate occhi attorno a voi. Dappertutto ve­drete il talento disconosciuto, la virtù perseguitata, l'ignoranza ed il fatalismo governa­re il mondo intero. Distruggete questo impero del male per far regnare al suo posto la carità e l'amore, la verità, la scienza e la virtù. Principalissimo vostro dovere è anche di lavorare per il bene ed il progresso della nostra Patria e dell'umanità intera. Siete voi di­sposto a cooperare con i vostri Fratelli a questa onorevole missione?" Alla risposta af­fermativa del candidato, il Venerabile conclude: "E allora unitevi a noi con un giura­mento maggiormente sacro se verrà da voi prestato con perfetta conoscenza dei doveri che esso ci impone." Nell'iniziazione al 4° grado della Massoneria che comporta il tito­lo di "Maestro segreto", il Maestro delle cerimonie dirà: " I l grado di cui siete investito rievoca quello che Salomone istituì alla morte del nostro maestro Hiram. Voi ricordate ciò che vi fu raccontato al riguardo, durante la vostra iniziazione la terzo grado. Orbe­ne, trovato il cadavere di Hiram, Salomone provvide che esso fosse degnamente sepol­to. Il luogo della sua eterna dimora fu precluso a tutti. Un corpo speciale ne ebbe in cu­stodia la chiave. Questo corpo si compose, in origine, di sei maestri e venne a costitui­re il quarto grado, detto dei "Maestri segreti" perché i suoi membri dovevano mante­nere il più assoluto segreto sul luogo che custodiva la bara di Hiram".

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pito. La gola, intesa come simbolo della vita materiale; il cuore quale simbolo della componente animica e la fronte, presa a simbolo del­l'intelligenza, della luce interiore. I tre assassini, poi, furono assunti a simboleggiare l'ignoranza, la menzogna e l'ambizione.

B. Clavel nella sua Storta della Massoneria e delle Società Segrete, nella traduzione di C. Sperandio (Napoli 1873), riferisce del discorso dell'Oratore in occasione di un passaggio al terzo grado di una loggia massonica. Tale discorso è ricco di riferimenti leggendari e sostanziali ai rituali antichi e, con le opportune note, sembra sia importante ri­portarlo interamente.

"Venerabile fratello, or ora il rispettabilissimo ha terminato di sve­larvi i più segreti misteri della massoneria. Ora spetta a me di spiegar-vene l'allegoria generale".

Nella simbologia massonica moderna gran parte del Rituale e del Simbolismo è incentrata sulla costruzione del Tempio di Salomone, compresa la leggenda di Hiram, e sulla ricostruzione del secondo Tem­pio di Zorobabele8 e ciò riguarda i principali riti massonici quali il Ri­to Scozzese Antico ed Accettato ed il Rito di York.

Il Tempio era luogo della "Preghiera" intesa non come richiesta di "Grazia" o "Perdono" o di "Invocazione Propiziatoria", ma come atte­stazione individuale del riconoscimento dell'Immanenza Divina e come ringraziamento verso il Signore. Questo atteggiamento fu in parte ri­preso da alcune Confessioni protestanti e forse questo spiega l'uso del­la "Preghiera" in alcune ritualità massoniche anglosassoni di tradizione protestante, preghiera intesa come un intimistico riconoscimento del­l'Immanenza Divina, senza uno specifico richiamo ad una confessione religiosa. Resta comunque certo che l'arte tardo-medievale delle chiese cristiane abbia trovato motivi di ispirazione nel Tempio di Salomone che divenne, in vari modi, un simbolo della Massoneria sia operativa che mo­derna, in particolare nelle due colonne Boaz e Jakin.

8 Nel The Miscellanous Work of Richard Linnecar (1789) si dice che dopo la di­struzione del Tempio di Gerusalemme ad opera di Tito, le Logge che Zorobabele ave­va ricostituito per la costruzione del secondo tempio, vennero disciolte ed i muratori dispersi. Dopo un certo tempo questi poterono tuttavia nuovamente riunirsi costi­tuendo una Loggia nella città di Beniamino ed inviarono una delegazione di cinque eminenti Fratelli a San Giovanni Evangelista, all'epoca vescovo di Efeso, per pregar­lo di volerli onorare del suo patronato. Egli, malgrado l'età avanzata, accettò di soste­nere una istituzione tanto lodevole ed antica, e da quell'epoca tutte le Logge gli sono dedicate. Questa leggenda si trova riprodotta in molti rituali inglesi dell'inizio del X I X secolo e particolarmente nei primi del Rito Emulation.

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"La nostra istituzione, fratello mio, rimonta ai più antichi :tempi; essa nelle sue forme esteriori ha subito l'influenza dei secoli, ma il suo spirito rimane sempre lo stesso.

Gl i indiani9, gli egiziani, i siri, i greci, i romani, come voi ben co­noscete, avevano dei misteri. I tempii in cui erano praticati, offrivano nel loro assieme l'immagine simbolica dell'universo. Di sovente le vol­te di questi tempii erano stellate come il firmamento, ed esse erano so­stenute da 12 colonne, le quali simboleggiavano i dodici mesi dell'an­no. La fascia che coronava le colonne chiamavasi zooforo o zodiaco, e ad ogni segno celeste corrispondeva una colonna. Alcune volte la lira di Apollo, simbolo di quella melodia che, secondo gli antichi iniziati, produceva il movimento dei corpi celesti, ma che i nostri organi trop­po imperfetti non possono rappresentarsi, tenea il posto dello zodia­co. Il corpo di questa lira era formato dal cranio e dalle due corna di un bove; animale che, essendo stato impiegato ad arare la terra, era di­venuto il simbolo dell'astro che la feconda, le corde al numero di set­te, alludevano ai sette pianeti allora conosciuti.

I medesimi t ipi simbolici trovavansi nei tempii dei Galli e degli Scandinavi. L'Edda rapporta che un re svevo chiamato Gilfo10 intro­dottosi nel palazzo di Asgard, cioè nel soggiorno degli Dei, vide il tet­to di questo palazzo, posto ad un'altezza infinita, coperto di scudi do­rati o di stelle. Egli aveva incontrato sulla soglia un uomo che eserci-tavasi a lanciare in aria sette spade. Nella lingua geroglifica degli ini­ziati, le spade ed i pugnali simboleggiano i raggi degli astri; dunque queste spade figurativamente si riferivano al sistema planetario, ed il palazzo di Asgard figurava l'universo.

L'antro di Mitra o dio sole11 era un altro simbolo del mondo. Gl i iniziati della Persia consacrarono gli antri al culto di questo dio; essi li

9 B. Clavel, nell'opera citata, ritiene che il mito massonico del tempio derivi dal­l'antico culto indiano secondo il quale il divino architetto Viswa Karma, aiutato dai suoi operai, i tchoubdaras, ha costruito ed edificato i mondi. Dalle allegorie dei sacer­doti indiani gli altri popoli presero l'idea di un dio unico, eterno, onnipotente ed i dog­mi della immortalità dell'anima, delle pene e delle ricompense future, della metem­psicosi, tutti i principi che formavano la materia del loro segreto insegnamento. I sa­cerdoti erano divisi in tre classi: oupavitis, pratchinavitis e nivitis ed i loro misteri era­no gradualmente comunicati ai loro allievi dopo lunghe e penose prove.

10 Gilfo, questo nome viene dal tedesco Wolf che significa Lupo, cioè iniziato. II Mitra era una divinità dei Persiani, sconosciuta quasi alla nazione degli Elleni.

I Romani ne portarono il culto in Italia (68 a.C.) e l'adorarono come simbolo del sole che tutto vivifica sulla terra.

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ripartivano in divisioni geometriche e figuravano in piccolo l'ordine e le disposizioni dell'universo. È a loro esempio che venne l'uso di cele­brare i misteri negli antri, e ciò spiega perché Pitagora e Platone chia­mavano il mondo un antro. Nel cerimoniale delle ricezioni, i mitriaci passavano per sette porte, poste su una lunghissima scala. Ogni porta figurava uno di quei pianeti attraverso dei quali, secondo le dottrine di tutti gli iniziati, passavano successivamente le anime che vi si purifica­vano, e finalmente giungevano al firmamento, soggiorno della luce in­creata, dalla quale esse eransi distaccate in origine per venire ad abita­re la terra ed unirsi ai corpi.

La massoneria, fratello mio, ha simboli analoghi. Io non vi parlerò di quella etimologia che fa derivare la parola loggia dal sanscrito loca o Ioga, che significa mondo, essendo ben conosciuta l'affinità che esi­ste fra la lingua sanscrita e la lingua greca e latina, dalle quali hanno tratto origine i moderni idiomi; e per questa ragione una tale etimolo­gia non deve sembrare stentata12. Io vi farò solamente osservare, che, secondo il catechismo di apprendista, le dimensioni della loggia sono quelle dell'universo, che la sua lunghezza è dall'oriente all'occidente, la sua larghezza dal mezzodì al settentrione, la sua profondità dalla ter­ra al suo centro, e la sua altezza di innumerevoli cubiti; i pilastri che la sostengono sono la saggezza, la forza e la bellezza, attributi principali della creazione. In fine che bisogna ascendere sette gradini per giun­gere alla porta della loggia, e questi gradini richiamano alla memoria la scala simbolica di Mitra.

In tutti i misteri antichi, come nelle iniziazioni massoniche, il ceri­moniale della ricezione figurava la rivoluzione dei corpi celesti e la loro azione fecondatrice sulla terra. Questo cerimoniale faceva pure allusio­ne alle diverse purificazioni dell'anima, durante il suo passaggio attra­verso i pianeti, ove ella si riveste di corpi più puri, a misura che essa si avvicina alla sua sorgente, la luce increata. I sacerdoti che presiedeva-

12 II nome locus, che i romani davano ai loro boschi sacri, deriva egualmente dal sanscrito loca. In effetti i boschi sacri erano un simbolo del mondo. È facile vedere che i primi architetti cristiani, animati dal medesimo spirito simbolico, hanno voluto imi­tare nella costruzione interna delle chiese l'oscuro calle di una foresta. In quanto alla forma di parallelogrammo che si dà la loggia, notisi esser quella che gli antichi geo­grafi attribuivano al mondo, pria che Tolomeo avesse rettificato questo errore nel si­stema cosmografico.

Si ha l'etimologia del nome di massone dalla parola indiana mazzer, templario, o fab­bricatore di templi, composta da maz (tempio) e dalla desinenza et che indica la casta.

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no all'iniziazione le attribuivano la virtù di dispensare l'anima dell'ini­zio dalle diverse peregrinazioni planetarie; quest'anima alla morte del­l'adepto, passava direttamente al soggiorno dell'eterna beatitudine.

Per una conseguenza naturale di queste premesse emblematiche, gli ufficiali che presiedevano alle iniziazioni degli antichi e particolar­mente a quelle dei misteri eleusini13, rappresentavano / grandi agenti della creazione. 11 gerofante, che può paragonarsi al venerabile della loggia, figurava il Semi Urgos o Grand'Architetto, oppure il costrutto­re del mondo. Il dadoducco, secondo ministro, è lo stesso che il nostro primo sorvegliante; rappresentava il sole e ne portava l'immagine sul petto. Hepibomo, o nostro secondo sorvegliante, rappresentava la lu­na e portava l'immagine di questo pianeta. Infine il cerigeo o araldo sa­cro, ovvero il nostro oratore, simboleggiava la parola, ossia la vita nel­la lingua mistica. Nelle iniziazioni scandinave, si trovano i medesimi ministri, meno l'ultimo. Gilfo, essendo entrato, come vedemmo, nel palazzo di Asgard, 'vide, dice l'Edda, tra i troni innalzati uno sull'altro e su ognuno un uomo seduto. Egli domandò chi dei tre era il re14. La sua guida rispose: colui che vedete seduto sul primo trono è il re, e si chiama Har, cioè sublime; il secondo Jafnhar, l'eguale del sublime; ma colui più in alto si chiama Fredie ovvero il numero tre'. I cristiani nei loro misteri primitivi hanno considerato una gerarchia simbolica del medesimo genere: il papa, dal greco pappas, padre, creatore; il vesco­vo, episkopos, sorvegliante; l'arcivescovo, da arche episkopos, primo sorvegliante. Voi ricorderete, fratello mio, che i catechismi massonici sono molto chiari su di ciò che riguarda la parte simbolica dei primi tre ufficiali della loggia; infatti essi dicono che nel momento in cui l'ap­prendista riceve l'iniziazione, egli vede i tre sublimi lumi della masso­neria, cioè il sole, la luna ed il maestro della loggia.

Indipendentemente dalla gerarchia delle funzioni, gli antichi ini­ziati avevano una gerarchia di gradi. Così gli isiadi passavano per tre gradi di iniziazione: i misteri di Iside, di Serapide e di Osiride. Dopo il tempo delle prove gli iniziati ai misteri eleusini divenivano misti, e

13 I misteri eleusini furono praticati in Eleusi, ora Lepsina, borgo dell'Attica sul golfo Saronico. Il culto dei misteri era dedicato alla dea Cerere.

14 Nella lingua figurata degli iniziati antichi, si designava il sole con il nome di re, poiché esso veniva considerato come il capo ed il direttore del sistema planeta­rio. La luna era la sposa, la sorella e l'eguale del sole; al sole si attribuiva un'influen­za diretta sugli animali e sui minerali, alla luna si attribuiva l'influenza sulla vegeta­zione.

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quindi opopti13.1 pitagorici avevano tre gradi, cioè uditori, discepoli e dottori; i primi cristiani avevano pure tre gradi: uditori, competitori e fedeli; i manichei egualmente tre gradi: uditori, eletti e maestri16.1 so­li vitriaci ne avevano sette, cioè: soldato, leone, corvo, persiano, bro-mius, helios e padre. Ad imitazione di tutte le iniziazioni, la massone­ria ha pure tre gradi: apprendista, compagno e maestro.

Come oggi, gli antichi compivano il cerimoniale mistico segreta­mente, e non si era ammessi ad esserne testimone, che dopo aver su­perato delle lunghe e penose prove, ed essersi obbligati con un giura­mento solenne di non divulgarne fra i profani né i dettagli né il signi­ficato. Macrobio ci spiega i motivi di questa riserva.

La natura (egli dice) teme di essere esposta nuda a tutti gli sguar­di, essa non solamente ama di travestirsi per sfuggire agli occhi gros­solani del volgo, ma ancora esige dai saggi un culto emblematico. Ecco perché gli iniziati medesimi non giungono alla conoscenza dei misteri, che per la tortuosa via di andirivieni allegorici.

Il paragone, che ora ho terminato, era indispensabile affinché po­teste ben capire ed ammettere ciò che mi resta a dirvi. Benché secon­do la nostra tradizione Salomone sia il fondatore della massoneria, il personaggio che ha la parte principale nella leggenda è Hiram, l'ar­chitetto del tempio di Gerusalemme. Hiram, come Osiride, Mitra, Bacco, Balder e tutti gli Dei celebrati nei misteri antichi, è una delle mille personificazioni del sole. Hiram in ebreo vuol dire vita orgoglio­sa; designando così la posizione del sole in rapporto alla terra. Secon­do lo storico Gioseffo, Hiram era figliuolo di un abitante di Tiro chia­mato Ur, cioè fuoco. Si chiama pure Hiram-Abi, Hiram-padre, come i latini dicevano lovis pater, Giove padre, Liber pater, Bacco padre. E per ciò ewi fra Hiram ed Hiram-Abi la medesima differenza che pres­so gli egizi esisteva fra Horus ed Osiride. Questa distinzione esprime il

15 Questi iniziati avevano due gradi, cioè misto o adepto, e opopto ossia veggen­te; i primi appartenevano ai piccoli misteri, i secondi ai grandi misteri.

16 La setta dei manichei, venne fondata da Monete detto anche Cabrico, egli nac­que in Persia all'inizio del DI secolo. Fu per alcun tempo cristiano e sacerdote, e si fe­ce apostolo di Gesù; poi volle senz'altro essere annunziato per lo Spirito santo, ed in­viò i suoi discepoli nell'Asia e nell'Africa. Egli fu esiliato da Sapore. Dopo aver ra­mingato per molto tempo, ritornò in Persia e vide crescere immensamente il numero dei suoi proseliti. Indi Behran I, avendolo fatto esaminare da un'assemblea di magi, e questa provando ch'ei non predicava la vera dottrina di Zoroastro, il re lo fece scuoiare vivo, e la sua pelle, empita di paglia, venne attaccata ad una delle porte del­la città di Diudicapur.

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sole che tramonta nel solstizio d'inverno ed il sole che sorge nell'epo­ca medesima.

Hiram è rappresentato come il capo della costruzione del tempio di Salomone. Questa allegoria massonica si ritrova nelle favole del pa­ganesimo ed anche nella bibbia.

Nelle prime vediamo Apollo, o il sole, lavorare come muratore al­la costruzione delle mura di Troia, e Cadmo, che pure è il sole, co­struire Tebe dalle sette porte che avevano il nome dei sette pianeti. L'Edda degli Scandinavi, parla di un architetto che propose agli Dei di costruire loro una città, domandando per salario il sole e la luna.

Nella bibbia si leggono al libro dei Proverbi queste parole signifi­cative: 'La sapienza divina si è fabbricata una casa, ella ha lavorate set­te colonne'17.

Inoltre bisogna notare che s'impolveravano col gesso i recipienda-ri in alcune antiche iniziazioni18.

Durante il cerimoniale che si è compiuto, fratello mio, nella vostra triplice ricezione, noi abbiamo figurata la rivoluzione annuale del sole, e voi avete rappresentato quest'astro; il medesimo rito era in uso nel­le antiche iniziazioni. Il mito dei tre gradi massonici, fratello mio, ab­braccia le principali divisioni del corso annuale del sole.

Il primo grado al tempo che scorre fra il solstizio d'inverno e l'e­quinozio di primavera, il secondo al tempo che comprendesi fra l'e­quinozio di primavera e quello di autunno, ed il terzo al tempo che se­gue fino al solstizio d'inverno.

Quando veniste per essere ricevuto massone, foste rinchiuso in un luogo tenebroso e circondato dalle immagini della distruzione, voi ne usciste con gli occhi coperti da una benda e mezzo nydo. Tutte queste circostanze facevano allusione al sole d'inverno senza luce, senza ca­lore e senza forza, e alla natura triste e spogliata dei suoi soliti orna-

17 Sapientia edificavit sibi domum, excedit columna septem. Proverbi, 9 , 1 . 18 I nomi degli architetti trasmessici dall'antichità, Chemmis, Dorus, Satyrus,

Pidiée, Briassis, Trophonius, Agamede, Dedalo, Deucalione, Teseo, Callimaco, ecc., sono altrettanti nomi del sole e della luna. La costruzione del tempio di Apollo in Delfo, si attribuisce ad Agamede ed a suo fratello Trofonio. Plutarco dice, che termi­nato il tempio i due fratelli domandarono al Dio la loro ricompensa. Apollo ordinò lo­ro di attendere otto giorni, menando buona vita durante questo tempo. Il quale es­sendo giunto, furono trovati morti. Il dio scandinavo Thor uccide egualmente i due architetti che domandavano, a titolo di salario, il sole e la luna per fabbricare una città agli immortali.

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menti. In allora voi eravate Yhorus degli Egiziani, Yjacchus degli Ate­niesi, il Kasmilus di Samotracia: in una parola il sole nascente.

Siete stato introdotto nel tempio, vi avete fatto tre viaggi in mezzo al rumore e fra le reiterate scosse che provava il suolo sul quale cam­minavate, quindi purificato dall'acqua e dal fuoco, i vostri occhi si aprirono alla luce. In tutto ciò, non riconosceste le vicissitudini dei tre mesi dell'anno che traversa il sole al principio della sua rivoluzione, gli uragani, le piogge, ed infine la primavera che rende la pace, la vita e la chiarezza alla natura? H fratello terribile, che vi accompagnava e vi sot­toponeva alle prove è Tifone, il cattivo fratello d'Osiride, il cattivo principio che lotta sempre contro la luce ed il suo calore vivificante.

La ricezione al grado di compagno offre una continuazione della medesima allegoria. In questo grado voi non eravate più quell'ap­prendista che sgrossava la pietra bruta, ossia il sole che getta dei semi di fecondità su di una terra sterile; voi eravate l'abile operaio che dà forme eleganti e simmetriche alla materia. Voi faceste cinque viaggi più un sesto, ed allora vi si comunicò una parola che significava abbon­danza, per ricordarvi l'azione feconda del sole durante i sei mesi del­l'anno che corrono fra i due equinozi.

Nel grado di maestro, in cui ora siete stato ricevuto, la scena si oscura, onde simboleggiare quel tempo nel quale il sole principia a de­clinare verso l'emisfero inferiore. La leggenda che vi si è narrata ci fa sapere che il tempio, essendo quasi terminato, cioè che il sole essendo giunto ai tre quarti del suo corso annuale, tre cattivi compagni, ossia i tre mesi autunnali, cospirarono contro i giorni di Hiram-Abi. Per con­sumare il loro attentato, si nascosero alle tre porte del tempio, poste a mezzodì ad occidente e ad oriente, i tre punti del cielo ove compari­sce il sole, e nel momento che Hiram, avendo terminato la sua pre­ghiera, si presenta alla porta di mezzodì per uscire, uno dei tre com­pagni gli domanda la parola sacra che Hiram non era in grado di dare. La parola, come vi dissi, è la vita: la presenza del sole nella sua forza provoca, in effetti, le acclamazioni ed i canti di tutto ciò che ha vita, e la sua assenza rende tutto muto. Hiram, avendo ricusato di dare la pa­rola, è tosto colpito alla gola da un colpo di riga di ventiquattro polli­ci. Questo numero è quello delle ore della rivoluzione diurna del sole; è il compimento cioè di questa divisione del tempo, è quella del gior­no in ventiquattro ore, la quale porta il primo colpo all'esistenza del sole. Hiram s'immagina poter fuggire per la porta di occidente, ma ivi trova il secondo compagno, il quale al suo rifiuto di dare la parola sa-

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era, lo colpisce al cuore con una squadra di ferro. Invero, se voi divi­dete in quattro parti il cerchio dello zodiaco, e dai due punti di sezio­ne più prossimi tirate due rette convergenti verso il centro, avrete una squadra, cioè un angolo aperto a novanta gradi. Il secondo colpo da­to al maestro, allude al danno apportato al sole dalla seconda distri­buzione del tempo, cioè dalla divisione dell'anno in quattro stagioni. Infine Hiram-Abi, sperando poter fuggire per la porta d'oriente, vi si presenta, ma vi trova il terzo compagno, che al rifiuto della parola do­mandata gli vibra un colpo mortale alla fronte con un magliette La forma cilindrica del maglietto figura il compimento totale del circolo dell'anno.

Le circostanze che seguono sono dedotte da questo tema princi­pale ed hanno sempre relazione alla morte fittizia del sole.

Appena i compagni ebbero consumato l'assassinio di Hiram, fu­rono colti da rimorsi e da paure, e pensarono di far disparire le tracce e del loro delitto. Perciò da prima nascosero il cadavere sotto alcuni rottami, simbolo della brina e del disordine che apporta l'inverno, quindi andarono a seppellirlo sul monte Libano. Bisogna notare che questo monte ha una parte importante nelle leggende di Adonai o Ado-nis, i di cui misteri, stabiliti fra i Tiri , s'erano introdotti fra gli Ebrei, i quali avevano dato al dio il nome di Thammuz. È sul monte Libano che Adonai fu messo a morte da un cinghiale, simbolo dell'inverno, come fa vedere Macrobio, e quivi fu trovato da Venere.

Non comparendo più Hiram, Salomone inviò a ricercarlo da nove maestri, simbolo dei nove mesi buoni dell'anno. Giunti sul monte L i ­bano, essi scopersero il corpo inanimato di Hiram, che i tre cattivi pj compagni avevano ivi sepolto. Essi pongono sulla fossa un ramo di i-acacia19, albero che gli Arabi antichi conoscevano sotto il nome di buz­za consacrato al sole20.

Questo è il ramo di mirto dell'iniziazione greca, il ramo d'oro di Virgilio, il vischio dei Galli e degli Scandinavi, il biancospino dei Cri­stiani. Infine, dopo che il cadavere del maestro, viene disseppellito, la parola sacra è cambiata, poiché è un altro sole che nasce.

19 Acacia, dal greco a=senza e kakia=macdusi, quindi albero senza macchia, puro. 20 Quando nel rituale massonico dell'iniziazione al terzo grado l'iniziando dovrà

rispondere alla domanda che gli rivolge il Venerabile: "Siete voi Maestro?", dovrà ri­spondere: "L'acacia mi è nota", e la risposta avrà il significato: "Le leggi eterne della vita mi sono note e con ciò ho acquistato l'esperienza spirituale per essere di guida ai fratelli "compagni" e "apprendisti"".

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Tale è in sostanza quell'allegoria dei maestri, di cui le idee fonda­mentali si trovano nelle favole di Osiride, di Adonai, di Bacco, di Bal-der, e di tutti gli altri dii celebrati nei misteri dell'antichità.

In tutto ciò si vede un uomo virtuoso assassinato, del quale si vuo­le nascondere la morte, vi sono delle ricerche, vi è una sepoltura sulla quale elevasi una pianta, ciò è in una parola la medesima idea.

Nella vostra ricezione al grado di maestro, noi abbiamo messo in azione la storia di Hiram-Abi. Voi siete entrato rinculando nella loggia, per figurare il cammino retrogrado del sole d'inverno, indi foste con­dotto al mezzodì, all'occidente ed all'oriente, ove ad imitazione di Hi­ram-Abi, voi avete ricevuto i tre colpi mortali. Ricevendo l'ultimo, il vostro cadavere fittizio venne spinto in una fossa, sulla quale si piantò un ramo di acacia, benché gli antichi iniziati siano stati molto avari cir­ca la spiegazione del cerimoniale dei misteri, noi troviamo nulla meno negli scritti che ci hanno lasciati delle tracce di una cerimonia analo­ga. È perciò che dopo Luciano vi era nell'iniziazione di Adonai, un momento in cui il recipiendario si coricava in terra. Particolarmente a Chio ed a Tenedo, nei misteri di Dioniso o Bacco (il sole), gli iniziati, secondo Corfirio, ricordavano la favola di Bacco messo a morte dai Ti­tani; ed "il dio era rappresentato da un uomo che viene sacrificato". Lampridio, nella sua vita dell'imperatore Commodo, ci fa sapere che questo principe, assistendo ai misteri di Mitra, uccise un uomo di sua mano, ma lo scrittore ha cura d'insinuare, che quella non era che una semplice simulazione incruenta, quando voi foste messo nella fossa i due sorveglianti, seguiti dai fratelli da loro comandati, hanno fatto in­torno al feretro, in commemorazione della ricerca del corpo di Hiram, due giri in senso opposto, l'uno da oriente ad occidente e l'altro da oc­cidente ad oriente. Secondo Celso, citato da Origene, i mitriadi com­pivano nei loro misteri una processione del medesimo genere, "per rappresentare il doppio movimento delle stelle fisse e dei pianeti". Ter­minato questo cerimoniale, si è simulata sulla vostra persona la ceri­monia della disumazione, come ebbe luogo, secondo le leggende sa­cre, per il corpo di Hiram, di Osiride ed altri dei. In ultimo vi è stata fatta eseguire una marcia che ricorda la forma dell'ecclittica, in cui al­ternativamente si passa dall'uno all'altro lato della linea equinoziale, indicata in questa loggia dalla tomba di Hiram-Abi.

Gli ornamenti di cui foste decorato fanno parte delle allegorie so­lari, come le altre circostanze della vostra ricezione. Il vostro grembia­le per la sua forma semicircolare simboleggia l'emisfero inferiore. La

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fascia, che voi portate dalla spalla destra all'anca sinistra, è la fascia del­lo zodiaco, il suo colore ceruleo, perché, come gli antichi iniziati, i mas­soni attribuiscono questo colore ai segni inferiori dello zodiaco. Il gioiello sospeso alla punta della vostra fascia, si compone di un com­passo su una squadra: il compasso è il simbolo del sole, la testa figura il disco di quest'astro, le gambe ne rappresentano i raggi, la squadra allude a quella porzione della circonferenza della terra, che il sole ri­schiara dallo zenit.

In tutte le cerimonie che si compiscono in loggia, voi costante­mente troverete le medesime idee. Perciò la nostra istituzione invoca San Giovanni, cioè Giano, il sole dei solstizi. Così, noi celebriamo in due epoche dell'anno la festa del nostro patrono, con un cerimoniale tutto astronomico. Il desco al quale ci sediamo ha la forma di un ferro di cavallo, e figuratamente rappresenta la metà del cerchio zodiacale. Durante l'agape, noi portiamo sette brindisi, e questo numero è quel­lo dei pianeti, ai quali gli antichi iniziati portavano sette brindisi.

Nella massoneria vi è un altro punto di rassomiglianza con le dot­trine delle antiche iniziazioni, e questo è l'uso dei numeri mistici, ma ri­stretto ai soli impari come i più perfetti: Numeros Deus impare gaudet. Per non portare più oltre questa spiegazione di già troppo prolungata, non vi svolgerò la teoria di questi simboli, poiché se la vorrete cono­scere, la troverete nei Versi Aurei, in Macrobio, in Aulo Geglio, in Thi-co-Brahe, ecc. Vi basterà sapere, per il momento, che le simboliche età dei tre gradi che vi sono stati successivamente dati, si rinnodano a que­sta teoria: l'apprendista ha tre anni, numero della generazione, che comprende i tre termini di agente, paziente e prodotto; il compagno ne ha cinque, numero della vita attiva, caratterizzata nell'uomo dai cinque sensi; il maestro ne ha sette, numero della perfezione, allusivo ai sette pianeti pria conosciuti, i quali completavano il sistema astronomico; al­ludendo pure alla purificazione che subivano le anime traversando per sette mondi, i quali le rendevano atte ad essere ammesse nel soggiorno di luce, seggio e focolare dell'anima universale".

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I Maestri Comacini

"Il valore dell'uomo non è nella verità che ritiene di possedere, ma nello sforzo incessante per raggiungerla".

G. E. Lessing

Con la caduta dell'Impero Occidentale, gli antichi Collegi romani, i "collegio" dei quali abbiamo già detto, si sciolgono. Tuttavia molti sog­getti continuarono il loro lavoro, particolarmente nella valle comasca, fra Mendrisio, Lugano, Bellinzona e Magadino emigrando poi nelle Fiandre, in Normandia, in Inghilterra e determinando così quelle forme architettoniche che furono chiamate fiamminghe, normanne e sassoni.

Queste Compagnie di Maestri, Architetti e Costruttori presero il nome di "Maestri Comacini"1.

Che i Maestri Comacini fossero una istituzione o una classe a sé stante è dimostrato dal fatto che il re Rotari2, nelle sue leggi, promul-

1 Vari Autori hanno sostenuto che il termine Commacinus sia derivato da Ma-chinator, Machis, Macis, o dal germanico Makio, Macho, o dal greco Mekanè (mac­china, macina) per identificare in chi faceva uso di macchine ed impalcature od arga­ni il generico muratore o costruttore, da cui sarebbe derivato Magon, poi Massone. U. MONNERET DE VlLLAED (L'organizzazione industriale nell'Italia longobarda, Milano, 1919) "pensa che il termine commacinus indichi il possesso di uno strumento di la­voro". Tali tesi etimologiche sono però state confutate da altri Autori che ritengono che il termine commacinus, o comacinus, abbia designato i maestri dell'area comasca e che Muratore significhi solo costruttore di muri come si trova Muter o Muradur nel volgare e nei dialetti italiani, Maurer nel tedesco, mentre il termine francese Magon e l'anglosassone mason, masonry, che già compare nel poema regio del 1390 sembra avere il valore sinonimo di Muratore e Massoneria.

2 Rotari, re dei Longobardi, già Duca di Brescia, fu eletto al trono dopo la mol­te di Ariovaldo (636) di cui sposò la vedova Gundeberga, figlia di Teodolinda. Morì nel 652 e fu sepolto a Pavia. L'Editto o Codice di Rotari fu emanato a Pavia il 22 No­vembre 643, dopo l'approvazione dell'assemblea degli arimanni, e prese il titolo ro­mano di Edictum regis Rotharis. Consta di un preambolo e di 388 capitoli disposti se­condo un certo ordine e disegno, cosicché si possono dividere in 7 sezioni: la 1" (1-152) tratta delle composizioni per i delitti pubblici e privati; la 2a (153-167) delle sue-

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gate dal 636 al 652 li considera Architetti con la piena libertà di effet­tuare contratti ed appalti sulle costruzioni, di determinare i salari, ave­re i loro Scolleganti" cioè soci o confratelli.

Un secolo dopo Liutprando3, nel suo Memoratolo de mercedes Co-macinorum si occupa di questa Compagnia di Architetti, scultori, ope­rai, affermando che godeva di diritti e privilegi speciali. G. Teresio Ri-voira4 scrivendo degli Artefici Comacini osserva come essi "evidente­mente altro non furono se non che i successori dei maestri, che, all'e­poca imperiale, avevano la direzione dei lavori dei collegi, special­mente dedicati all'industria del fabbricare".

In merito al Memoratorio di Liutprando sembra opportuno r i ­portare il testo integrale degli articoli che riguardano i Maestri Co-macini.

"Art. 144. Del Maestro Comacino. Se il 'Maestro Comacino co' suoi Colliganti' avrà assunto di restaurare o fabbricare la casa di chi che sia, fissato il patto della mercede, e accadrà che qualcuno muoia per la ca­duta della stessa casa, o del materiale o di una pietra: non si ricerchi del padrone cui appartiene quella casa, se il 'Maestro Comacino co' suoi consorti' non comporrà lo stesso omicidio o il danno; imperocché avendo per il suo lucro assunto nella fabbrica la ferma della mercede, non immeritatamente sostenga il danno".

"Art. 145. Dei Maestri chiamati o condotti. Se qualcuno avrà chia­mato o condotto uno o più Maestri Comacini a disegnare lavori (con-duxerit ad opera dictandi), o a prestare un aiuto giornaliero fra i suoi servi per fabbricare un palazzo o una casa, e accadrà che in causa del­la casa qualche Comacino abbia a morire, non si chieda da lui a chi ap-

cessioni intestate e del diritto ereditario; la 3" (168-177) delle donazioni per causa di morte e dei testamenti; la 4a (178-222) del diritto matrimoniale e di alcuni reati atti­nenti all'ordine di famiglia; la 5" (223-226) delle manomissioni; la 6" (227-358) della proprietà e dei contratti; la 7" (359-368) del procedimento. Vi fa seguito un'appendi­ce contenente disposizioni speciali e aggiunte. All 'Editto vennero fatte dai successivi re, al fine di perfezionarlo, varie aggiunte. Così Grimoaldo vi aggiunse 9 capitoli nel 668, Liutprando 153 disposizioni emanate in 15 assemblee tra il 713 ed il 735; Rachi 8 leggi, Astolfo 2 editti, il primo dei quali l'anno 750 in 9 capitoli, il secondo del 755 in 13 capitoli. In queste aggiunte le influenze del diritto romano sono più evidenti ri­spetto a quelle presenti nelle disposizioni di Rotali.

3 Liutprando, re dei Longobardi, figlio e successore nel 712 di Ansprando. Morì a Pavia nel 744.

4 G. T. RlVOIRA, (1849-1919). Le origini dell'architettura lombarda e delle sue de­rivazioni nei paesi d'oltre Alpe, Roma, 1901 e 1907.

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partenga la casa. Imperocché se cadendo un albero o una pietra avrà ucciso una persona estranea o apportato qualsiasi danno, non si attri­buisca colpa del Maestro bensì di colui che l'ha condotto. Egli patisce il danno". (U. Bacci, Il libro del Massone Italiano, Roma, Anno della Luce 908)

Anche Orlando, assieme a Cassiodoro5 e con il conforto di due epi­stole di Papa Gregorio Magno, afferma che "...funzionassero ai tem­pi dei Goti a Napoli e ad Otranto, e come quelle dei militi , dei pelle­grini, dei notari, dei cantori papali e forse anche dei medici, dei mer­canti, o degli artigiani ed artefici di ogni specie, che il Gregorovius opi­na esistessero ai tempi di Papa Adriano I, sopravvivesse alle invasioni barbariche che funestarono l'Italia, nei secoli precedenti l'avvento di Rotari al trono longobardo".

Questa tesi è sostenuta anche dal Rivoira che dice: "Questa opi­nione è suffragata dal fatto inoppugnabile, che, fin dai tempi di quel Monarca, i Comacini costituivano una importantissima corporazione, come ne fa fede il bisogno, che egli sentì, di regolarla nelle sue leggi. La quale corporazione non potè nascere già adulata e come per in­canto, all'apparire del Codice di Rotari nell'anno 643, ma doveva già esistere ed avere raggiunto un certo grado di importanza assai prima della calata di Alboino nell'anno 568 in Italia".

Anche Troya nella sua Storia di Roma nel medioevo afferma che quando i Longobardi dei tempi di Autari, cioè dal 583 al 590 e di Agiulfo e Teodolinda, dal 590 al 615, vollero edificare, dovette valersi di quella corporazione che Rivoira commenta: "Tutto induce a crede­re che, avanti alla promulgazione del Codice di Rotari, alcuni fra i Maestri Comacini più eccellenti e famosi, fossero già affrancati per 'im-pans', ossia per volontà espressa dal re".

Certo è che i Maestri di Como rappresentavano l'espressione più antica di tutte le corporazioni di architetti e costruttori nel medioevo.

Il numero dei Maestri Comacini ben presto si moltiplicò e dalla Lombardia molti si trasferirono nei paesi europei, ove il cristianesimo da poco stabilito, mancava ancora di chiese e monasteri.

I Papi favorirono queste corporazioni rilasciando diplomi che accor­davano protezione e privilegi, affrancandole da tutte le leggi e statuti lo­cali, dagli editti reali e dai regolamenti municipali concernenti sia le ser­vitù che tutte le altre imposizioni obbligatorie per gli abitanti del paese.

5 CASSIODORO, De artibus ac disciplinis liberalium artium (550-562).

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I membri delle corporazioni avevano il privilegio di stabilire il lo­ro salario e di regolare nei loro capitoli generali, tutto ciò che appar­teneva al loro governo interno.

Le associazioni comacine, in un primo momento composte solo da italiani, non tardarono ad ammettere artefici di quei paesi ove esegui­vano i lavori; così entrarono a far parte delle corporazioni greci, spa­gnoli, portoghesi, francesi, belgi, inglesi e tedeschi e fra questi molti erano preti, monaci e militari che cooperavano ai lavori come archi­tetti od operai.

La sede originaria dei Collegi dei Maestri Comacini furono comun­que le Vallate prealpine dell'antica Rezia Inferiore romana che aveva il suo centro principale in Como. In queste vallate, tagliate fuori dalle in­vasioni e dagli stanziamenti barbarici, i Maestri seppero conservare le an­tiche tecniche costruttive, trasmesse di generazione in generazione e le antiche cave di marmi e rocce che consentirono di trasmettere l'arte scul­torea ed architettonica che poi si diffuse in tutta Italia ed in Europa.

Per i Maestri Comacini la pietra, la roccia, il mattone, divennero simboli non solo dell'Arte edificatoria, detta "Regia" ma anche del­l'uomo che vuole elevarsi spiritualmente. Si comprende così come nel­le antiche associazioni libero-muratorie abbiano fatto ingresso le va­lenze simbologiche legate alla pietra, caratteristiche anche di molte tra­dizioni extra-cristiane ed in particolare alla "Pietra angolare" ed alla "Pietra di Volta"6, come è egualmente comprensibile come tali valen­ze simbologiche siano state trasmesse nella Massoneria speculativa o moderna che si accentra nell'idea della costruzione dell'uomo.

Nel tardo medioevo i simboli della squadra e del compasso diven­nero l'Emblema dei Liberi-muratori, ma li troviamo incisi, sin dalla f i ­ne del 1200, nella facciata della Loggia dei Maestri di pietra ad Assisi, nella Chiesa di San Cristoforo a Perugia, ed anche in altre chiese di As­sisi, Siena, Firenze e sulla tomba dell'architetto Libergier nella Catte­drale di Reims.

Nella "Casa dei Comacini" del 1200-300 presso il Borgo della Schola sull'Appennino Bolognese, dove molti documenti dell'epoca attestano la presenza di Maestri "De Como", su un camino sono incisi

6 Nella Massoneria moderna la Pietra di Volta e la Pietra Angolare compaiono co­me simboli nel Royal Arch of Gerusalem, nel rito di York (Arco Reale Americano) e nel 13° grado del Rito Scozzese Antico ed Accettato nella Massoneria del Marchio (cfr. AA.VV., Antologia Massonica, a cura di Moramarco).

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gli strumenti muratori, come nel vicino Santuario di Montovolo sono presenti numerosi simboli di carattere esoterico analoghi a quelli r i ­scontrabili nel Borgo della Schola.

I Maestri Comacini istituivano presso l'edificio in costruzione una "schola" o "loggia"1 dove, oltre che alla discussione circa gli aspetti prettamente architettonici e costruttivi, avveniva anche la Traditio, cioè la trasmissione di una sapienza non divulgabile, ma riservata e costitui­ta, l'insegnamento dei segni di riconoscimento, dei toccamenti e dei simboli connessi all'arte muratoria.

A Roma, ove esistevano varie corporazioni, i Maestri di pietra si riunivano nella Basilica dei SS. Quattro Coronati, loro patroni. In que­sta chiesa si possono osservare gli elementi simbolici ai quali davano molta importanza: nel chiostro, sulle pareti, sui capitelli, su uno dei quali si possono vedere due pavoni che si dissetano in un vaso, il vas sapientiae, tutti elementi che, rivestendo un evidente carattere esoteri­co, si andavano diffondendo in tutta l'Europa presso le altre Scholae.

La mancanza di contrasto tra l'esoterismo cattolico, assai diffuso nel medioevo, ed il simbolismo ermetico religioso, cioè del processo alchemico inteso come trans-formazione interiore dell'uomo, aveva portato da parte delle corporazioni comacine alla devozione per San Giovanni, nei suoi due aspetti rappresentanti dalle due festività: quel­la del solstizio di estate, cioè la Porta degli Uomini, e quella del solsti­zio di inverno, cioè la Porta degli Dei. Si ha così, da parte dei Coma­cini, la venerazione del Battista Precursore e del Giovanni Evangelista, diretta filiazione dai due volti del dio romano Janus, Giano Bifronte, divinità preposta all'inizio e alla fine, che non è altro che un nuovo ini­zio a livello superiore.

Non è possibile comunque stabilire con certezza quale fosse l'or­ganizzazione interna dei collegi dei Comacini, la loro forma, gli usi e la gerarchia, e quanto è stato scritto da vari Autori in proposito, deve essere considerato come semplici congetture.

Sicuramente però i Maestri Comacini costituivano confraternite o società speciali, compatte, segrete e collegate fra loro con statuti, r i t i ed ordinamenti e che assunsero il titolo di Liberi o Franchi Muratori, poiché, come già detto, affrancati dall'obbligo delle leggi o servitù, nei luoghi nei quali edificavano.

7 Oltre al nome di Schola e Loggia i luoghi di riunione dei Maestri Comacini ave­vano anche i nomi di Laboreium e Loya.

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Certo è anche che dalle Corporazioni Comacine, sono derivate le compagnie dei Franchi Muratori che portarono dall'Italia le caratteri­stiche ed i segreti dell'arte lombarda in tutta Europa ed in particolare in Germania, Svizzera, Provenza, Spagna, Inghilterra e Scozia dando origine a quelle Logge Massoniche che concorsero alla creazione, nei secoli posteriori, della moderna Massoneria.

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L'Ordine dei Templari

%,, "Là dove costruirete grandi edifici, fate i segni di riconoscimento... "

Dalla Regola dei Templari

Sulle notizie e vicende relative all'Ordine Templario, si hanno in letteratura elementi contrastanti fra loro: in alcuni riferimenti si verifi­ca infatti esaltazione, in altri denigrazione.

La storia dei Templari è in effetti ricca di molte verità e di altret­tante fantasie.

Certo è che Goffredo di Buglione nel 1109 conquistava la Siria. A l ­cuni Siriani, che a quel tempo erano chiamati "infedeli", non si arre­sero però ai Crociati ma, raccolti in bande, si diedero alla campagna, ai boschi ed ai passi di transito obbligato, prescelti lungo le strade che conducevano a Gerusalemme, allo scopo di aggredire e spogliare dei loro averi i pellegrini.

Nel 1118 un cavaliere francese di Champagne, Ugone da Payns, che nel canto XTV della Gerusalemme Liberata appare in sogno a Bu­glione1, Goffredo di Saint-Omer ed altri sette nobili che erano in Pa­lestina al seguito dei Crociati, diedero vita ad un organismo religioso-militare con lo scopo specifico di fornire un'opportuna scorta ai pel­legrini che si recavano o ritornavano dalla Città Santa e la difesa del Santo Sepolcro2.1 nove fondatori erano poverissimi, tanto da monta­re in due su un solo cavallo. Il loro sigillo rappresentava, infatti, un

1 "...e mentre ammira in quell'eccelso loco/l'ampiezza, i moti, i lumi e l'armo-nia/ecco cinto di rai, cinto di foco/un cavaliero incontro a lui venia/e 'n suono, a la­to a cui sarebbe roco/qual' più dolce e qua giù, parlar l'udia:/-Goffredo, non m'ac­cogli? E non ragione/al fido amico? Or non conosci Ugone?" (T. Tasso, Gerusalem­me Liberata, Canto X I V ) .

2 Baldovino I I , Re di Gerusalemme, diede a questi cavalieri, per farne una ca­serma, una casa, posta sul luogo che una volta era occupato dal tempio di Salomone: da questo la denominazione di Cavalieri del Tempio.

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cavallo montato da due cavalieri con la legenda "Sigillum militis Ch-risti"ì.

La "Dolce Madre di Dio" era la loro protettrice, entrando nell'or­dine facevano voto di povertà e castità e giuravano di consacrare la pa­rola, le armi, le forze, la vita alla difesa dei Misteri della Fede e dell'U­nità di Dio. Giuravano inoltre cieca obbedienza al Gran Maestro, di varcare i mari, di intraprendere la guerra per amor di Cristo. Sul loro stendardo bianco e nero, "bipartitovi in albo et nigro", si leggeva: "Non nobis, Domine, non nobis sed nomini tuo da gloriam". I Cavalieri più giovani erano sempre protetti, "sicut mater infantem", e venivano istruiti a "vincere aut mori", vincere o morire come si ritrova nell'inse­gna dei Kadosch nella massoneria moderna4.

Vivevano in modo frugale, senza possedere nulla; mangiavano in due nello stesso piatto e la parte di un Cavaliere morto, era data ai po­veri per quaranta giorni. Vestivano con una camicia di lana e dormiva­no su sacconi con lenzuoli grezzi. Non si avvicinavano alle donne, non praticavano la caccia, aborrivano i giochi, le canzoni, gli spettacoli. Ave­vano la testa tosata e cavalcavano i loro cavalli senza gualdrappe o fregi.

L'istituzione fu approvata dall'autorità pontificale e adottò, per i propri adepti il distintivo di una croce rossa latina da portarsi sul lato sinistro del mantello bianco. Nacque così l'Ordine dei Cavalieri del Tempio che rapidamente divenne ricco e potente.

3 La Massoneria antica ebbe sicuramente una profonda matrice cristiana anche se con influssi extra-cristiani o filosofici di altre matrici. Tali influssi, e particolar­mente i neo-pitagorici, i neo-platonici, gli ermetico-alchemici, non furono osteggiati dalle chiese cristiane e furono intesi, per vari aspetti, come cristianizzati. La teoria del­la matrice cristiana è confortata da molteplici documenti statutari della Massoneria antica, come la Carta di Bologna del 1248, le Mariagole di Venezia dal 1304 in poi, il Poema Regio del 1390, il manoscritto di Cooke del 1430-40 e lo Statuto di Strasbur­go del 1459. Il simbolismo cristiano è stato però solo parzialmente adottato dal ri­tualismo massonico moderno in quanto l'attuale Massoneria riconosce la piena libertà religiosa nell'ambito delle Logge e quindi ha sentito la necessità di accomunare tutti i massoni nel simbolo iniziatico del Grande Architetto dell'Universo, inteso secondo Bonvicini: "Come Principio ontologico dell'Essere Supremo che consente a ciascun massone di attribuire ad esso valenze particolari a seconda del suo credo religioso e del suo orientamento filosofico sulla trascendenza divina".

41 Cavalieri Kadosch, nel rituale massonico, sono insigniti del 30° grado. Essi so­no i fiduciari della Massoneria bianca, quali capi della Massoneria nera, là dove i Ca­valieri Rosa-croce sono i fiduciari dei Cavalieri Kadosch quali capi della Massoneria rossa. Il Cavaliere Kadosch viene considerato idoneo per partecipare alla Massoneria bianca ed essere transitato in un ruolo speciale, quello dei " giudici filosofi segreti".

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Nel 1244 possedevano in Europa novemila Commende, Priorati, Case e Castelli, con un reddito annuo di 112 milioni di franchi. Ave­vano un'enorme influenza in tutti gli Stati e su tutte le Corti, privilegi in tutte le leggi.

Erano divisi in tre classi o gradi: i Laici, gli Scudieri, i Cavalieri e più tardi ne aggiunsero un'altra, quella dei Sacerdoti. I Cavalieri era­no i padroni dell'ordine e soltanto fra loro, nei Capitoli Generali, si po­teva scegliere il Gran Maestro, Magister militiae Templi, e gli altri di­gnitari di minore importanza come il siniscalco, il maresciallo, il gon­faloniere, l'elemosiniere, preposti ai vari servizi della comunità. A dif­ferenza dei Cavalieri che indossavano il mantello bianco crociato, i Laici e gli Scudieri avevano un mantello bruno5.

I Cavalieri, milites, potevano possedere terre ed avere cavalli. Le chiese dei Templari conservavano sempre la pianta rotonda del Santo Sepolcro di Gerusalemme e si chiamavano ovunque " I l Tempio".

I loro castelli erano sempre costruiti con un corpo centrale qua­drato e con quattro torri agli spigoli. I Templari si coprirono di gloria a Tiberiade (1187), a Gaza (1244), ad al-Mansurah (1250) e crebbero rapidamente di numero e di potenza. Alla fine del secolo X I I I erano circa 15.000 sparsi per tutta l'Europa oltre che in Oriente, con im­mense ricchezze e vastissime possessioni territoriali. A Parigi erano proprietari di un intero quartiere, chiamato " I l Tempio" che occupa­va quasi i due terzi dell'area cittadina. Nell'Ordine entravano a farne parte uomini di grande dottrina e con la protezione del segreto, che per la stessa Regola copriva l'iniziazione e gli atti dei Templari. Si di­scutevano, particolarmente nei "Capitoli" dei dirigenti, questioni filo­sofiche, morali e politiche, si stabilivano le ingerenze nella vita degli Stati, si prendeva parte attiva alle lotte che in quel tormentato periodo

5 Nell'ordine massonico al 27° grado corrisponde l'attributo di "Sovrano gran Commendatore". Il presidente ha titolo di "Onnipotente". I due sorveglianti del tem­pio hanno titolo di "Serenissimi Commendatori". Il Capitolo dei Sovrani Grandi Commendatori prende il nome di "Corte". I membri della Corte, quando si aduna­vano per i lavori, indossavano tuniche simili a quelle dei Cavalieri del Tempio. Il ser­pente a spirale ascendente compare nel quadro del 30° Grado del Rito Scozzese An­tico e Accettato dedicato al ricordo dei Templari. In tale quadro oltre alle fasi della creazione dell'Universo, a partire dal caos primordiale, appaiono anche le fasi della civiltà Umana, aperte verso il futuro. Il simbolo del serpente a spirale proveniente dal­la tradizione ermetica è presente anche in opere di artisti tardo-medievali e quindi per le valenze delle fasi evolutive umane e cosmogoniche, e l'idea della spirale, si può sup­porre che sia stata propria della Massoneria Antica.

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infiammavano l'Europa riuscendo a pervenire, due secoli prima del Ri­nascimento, ad una libertà di pensiero e di giudizio, non imbrigliato da dogmi e pregiudizi filosofici, che faceva dei loro Conventi delle ve­re e proprie officine rivoluzionarie che, come vedremo in seguito, de­starono timori e sospetti nelle autorità religiose e politiche.

I Templari costruivano ponti, ospizi e si occupavano della ripara­zione delle strade. Una delle strade di Spagna, detta strada dei Tem­plari, che parte dai Pirenei e, passando da Roncisvalle, termina nella Bassa Navarra, fu opera dei Cavalieri del Tempio. A loro è anche at­tribuita la costruzione della maggior parte di ospizi ed ospedali eretti sulla strada che dal Roussillon andava fino a San Giacomo di Compo­stela, attraversando le province di Catalogna, Aragona, Navarra, Bur-gos, Palencia, Leon, Astorga e Galizia6.

Con i Templari ha origine il primo grande commercio bancario. Essi custodivano da prima nei loro castelli, il tesoro di re e di principi, e facevano, in favore di grandi laici, di chierici e anche di privati, ser­vizio di Tesorieri, custodendo oggetti preziosi ed archivi. Poi si occu­parono di esazione di tasse, di invìi di denaro da un paese all'altro, di incassi per conto di terzi e finirono per fare prestiti su pegno e costi­tuire rendite e pensioni.

E storicamente acquisito che i Templari si facessero segretamente iniziare in alcune sètte ieratiche orientali con l'obiettivo di riportare la fede alla semplicità e all'intensità originaria.

I Templari aderirono particolarmente alla sètta dei Giovanniti7, cioè dei seguaci di San Giovanni, numerosa e perfettamente organizzata.

6 Guerrier de Dumast, nelle note del suo poema "Della Massoneria", crede trova­re le prove della relazione che è esistita fra templari e massoni, cioè, che in Italia le vec­chie chiese che appartenevano ai cavalieri, conservano per tradizione il nome di chiese della massone o della macaone ma queste prove sono in realtà di poco valore perché massone, macaone, o meglio magione, significano casa e così si chiamavano tutti i loca­li dei Templari. (P. Clavel, Storia della Massoneria e delle Società Segrete).

7 Nel rito massonico di Zinnendorf i gradi intermedi sono soppressi, conservan­do gli essenziali, cioè solo tre classi suddivise, complessivamente, in sette gradi. La prima classe, richiamandosi ai rapporti avuti dai Templari con i Giovanniti, com­prende i gradi detti di San Giovanni e cioè: Apprendista, Compagno, Maestro. La se­conda classe comprende i gradi chiamati rossi e cioè: Apprendista scozzese, Compa­gno scozzese, Maestro scozzese. La terza classe comprende i gradi capitolari e cioè: Chierico di San Giovanni, Fratello eletto. D rito di Zinnendorf, come è facile inten­dere, riafferma l'origine templaria della Massoneria e dà luogo allo sviluppo della con­seguente dottrina. Inoltre è suo scopo attuare, tra i fratelli, una maggiore fiducia e più

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J. M. Ragon nel Cours philosophique et interpretati/des Initiatìons anciennes et modernes scrive che "la Persia, alla quale si guarda come alla culla dell'iniziazione scientifica, dà a ciò che noi chiamiamo Log­gia il nome di Jèhan, che ha lo stesso significato; da questo senza dub­bio il nome di Loggia di San Giovanni sorta di pleonasmo accettato dai Templari, che sono Johannisti o Gioanniti, cioè discepoli di San Giovanni, in contrapposizione ai papisti romani che sono discepoli di San Pietro".

Questa sètta aveva preso a modello le usanze dei muratori di Giu­dea. Come ci tramanda la Bibbia, questi artieri, sotto la guida di Zoro-babele, reduci da Babilonia, avevano riedificato il tempio di Salomone8. Così i Templari, che avevano assunto atteggiamenti critici nei riguardi del Cattolicesimo Romano, adottano accanto alla spada e alla croce pur­purea quei simboli, quali la cazzuola, la squadra e la livella presi dai Gio-vanniti quali simboli delle corporazioni muratorie Giudaiche.

Il movimento di pensiero dello Gnosticismo cristiano si ritrova nel ricordo del Rito Scozzese, come si evidenzia nello stesso rituale del 30° grado in cui si attribuiscono ai Templari contatti e collegamenti "con le scuole più vicine alla culla delle tradizioni cristiane, più imbevute

stretta collaborazione eliminando quei gradi, detti di "separazione", che il rito scoz­zese antico ed accettato ha adottato con tanta larghezza. Il rito di Zinnendorf è ap­plicato in modo speciale in Germania, ove opera con molta serietà ed è tanto autore­vole quanto organizzato. Dobbiamo ai massoni di questo rito l'istituzione a suo tem­po in Svizzera di uno schedario centrale massonico in cui sono stati raccolti, indi­stintamente, i nomi e le qualifiche di tutti i massoni del mondo. (Dino Bellomo, La Massoneria universale dalle origini ai nostri giorni).

8 Secondo la tradizione il primo Tempio massone fu dedicato al re Salomone. In seguito la dedica di Loggia era nel nome di Zorobabele e poi, dopo che l'imperatore Tito ebbe distrutto il Secondo Tempio, a San Giovanni. Prove documentali riferisco­no il nome di San Giovanni evangelista alla Massoneria sin dal 1598. La relazione però deve essersi stabilita molto prima, quando, ad esempio, i Maestri Comacini consa­cravano ad uno dei due San Giovanni le chiese da loro edificate come è quella nell'i­sola Comacina. Nelle Corporazioni del medioevo era tradizione adottare dei Santi co­me patroni e protettori e molte chiese sceglievano uno o l'altro dei due Santi come lo­ro protettore, mentre i Massoni Operativi li adottarono entrambi perché, come è spie­gato in un antico Rituale: "Uno di loro terminò con i suoi insegnamenti ciò che l'al­tro aveva iniziato con il proprio zelo, e così facendo tracciò una prima linea parallela alla prima". Pur essendo incerti i motivi e la data di inizio di questa tradizione, i Mas­soni di oggi traggono origine dalla Loggia di San Giovanni di Gerusalemme e ciò si­gnifica che sono nati da una Loggia dedicata a quei Santi i cui precetti, esempi ed in-segnamenti sono quelli che tutti i Massoni dovrebbero eleggere a norma di vita (C. H. Claudy, op. cit.).

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della cultura antica e più avanzata sulla via della gnosi dalle quali essi avevano appreso cose [ . . . ] che vollero garantirsi la trasmissione, fon­dando fra loro il collegio dei Kadosh che pretende dare agli antichi simboli una interpretazione complementare e definitiva".

La teocrazia che governava i Giovanniti era divisa in ordini e gra­di. Il capo, che assumeva attributi pontificali, si ornava del simbolo di Cristo e governava in suo nome.

Come avviene in tutte le società teoieratiche, la milizia templaria aveva due dottrine: una pubblicamente professata ed era il cattolicesi­mo romano, l'altra, riservata a pochi capi, ai fratelli accuratamente scelti, che si ispirava al messenismo e al giovannismo9.

Che San Giovanni, patrono dei Templari, sia stato invocato dai l i ­beri artigiani, dai "liberi mestieri" ed in particolare dai liberi murato­ri residenti nelle proprietà del Tempio, sembra un fatto certo. Anche Ragon, sull'origine dell'appellativo Loggia di San Giovanni, che fa r i ­salire ai Templari, dice: "La Persia, alla quale si guarda come la culla dell'iniziazione scientifica, dà a ciò che noi chiamiamo Loggia, il nome di jéhan, che ha lo stesso significato, di là senza dubbio il nome di Log­gia di San Giovanni, sorta di pleonasmo accettato dai Templari, che sono Johannisti o Gioannisti, cioè discepoli di San Giovanni, in con­trapposizione ai papisti che sono discepoli di San Pietro". (J. M. Ra­gon, Cours philosophique et interpretati/des Initiations anciennes et mo-dernes, Parigi, 1842)

L'accenno a queste circostanze è molto importante per comprende­re gli svolgimenti del pensiero massonico e, con esso, lo sviluppo e i mo­tivi della simbologia massonica. In effetti la Massoneria si dichiara erede spirituale dell'Ordine dei Templari. Il nome dei Cavalieri del Tempio, non viene fatto agli adepti dei gradi inferiori e medi, vale a dire ai parte-

9 F. Le Frane contestando il pensiero di Guillemain de Saint-Victor espresso nel­l'opera L'origine della società dei liberi muratori, afferma: "Alcuni liberi muratori pre­tendono di fissare i loro principi a' tempi delle Crociate, quando gli Europei riedifi­carono le città ch'eglino stessi, oppure i Saracini avevan distrutte. Ma invece di qua­lunque altra risposta, si può mettere in vista a questi signori, ch'essi medesimi con­fessano, non doversi prendere la parola muratore nella forza del termine, ma bensì in un senso simbolico e figurato, e per conseguenza in un significato totalmente diverso da quello che vogliono attribuirgli. Oltre a che, come fanno essi a provare, che la so­cietà de' liberi muratori, di cui son membri, fu la riediflcatrice delle città Palestine? Chi a loro trasmesse le memorie, alle quali le loro pretensioni si appoggiano? Non v'è storia alcuna da cui si rilevi, che i liberi muratori d'oggidì abbiano fatta mai un'im­presa così utile, e tanto gloriosa".

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cipanti alla Massoneria azzurra e rossa. Non appena però il massone pas­sa ai gradi superiori, la Massoneria nera e bianca, vedrà gradi, qualifiche e riti che si ispirano in modo particolare alla tradizione templaria10.

Progetto dei Giovanniti era l'unificazione mondiale della religione, e questo progetto aveva esercitato un tale fascino sui Templari, da in­durli ad entrare segretamente nella loro sètta. I Templari si avvidero però presto che l'ambizioso obiettivo non poteva essere raggiunto, e senza ab­bandonare le dottrine giovannite, si apprestarono a conferire ad esse una interpretazione più aggiornata, forse più europea, conservando i simboli appresi in oriente, ma conferendo ad essi un diverso significato.

Ad esempio, al progetto essenico-ebraico di costruire sulle rive del Cedron11 un immenso tempio, pari in grandezza e magnificenza a quel­lo favoloso e distrutto del re Salomone, i Templari sostituirono l'idea della costruzione di un grande monumento ideale, ovvero l'istituzione di una Chiesa che fosse veramente ecumenica e nella quale Dio fosse adorato in purità di spirito, in assoluta verità, combattendo ogni remi­niscenza pagana. In relazione a questo, il Templario neofita doveva giu­rare che non avrebbe riconosciuto per Dio se non l'Eterno Assoluto. Ma con questo i Templari rigettavano la triade cattolica, che era anche stata la triade egizia, indù e braminica e in sostanza rifiutavano il dogma del­la incarnazione del Verbo divino, sia in Gesù che in Visnù ed Osiride.

Non possiamo però affermare con sicurezza quale possa essere sta­to realmente il presunto Rito iniziatico segreto dei Cavalieri del Tem­pio, né il contenuto della loro filosofia e della loro concezione teologi­ca, più o meno legato allo gnosticismo cristiano12 del II e I I I secolo o

10 Nel rito massonico di Swedemborg, praticato in Svezia e Norvegia, troviamo nei quadri di perfezione della terza classe, il Cavaliere d'Oriente vero Templario ed il Maestro Templario. Nel rito di York e dell'Arco Reale, praticato specialmente in In­ghilterra e negli Stati Uniti , la quarta classe, che comprende i gradi di cavalleria, pre­vede il Cavaliere del Tempio, il Cavaliere del San Sepolcro, il Cavaliere di Calatrava per ricordare l'ordine religioso cavalleresco di Calatrava al quale i templari di Spagna si associarono dopo la loro persecuzione. Questo ordine fu istituito nel 1158 dall'a­bate Raimondo dell'abbadia cistercense di Fideiro, a cui Sancho I I I , re di Castiglia, aveva dato da difendere Calatrava, in provincia di Ciudad Reàl, contro i Mori .

11 Cedron. Fiume tributario del Mar Morto, che scorre in una profonda valle ad est di Gerusalemme. Le grotte naturali, aperte nella valle rocciosa del Cedron, vicino alla fonte Umm ed-Darag, sono considerate le origini della città.

12 Lo gnosticismo è stato il primo tentativo di costruire un sistema filosofico basato sulle fedi religiose. Era un sistema speculativo e pertanto esercitò poca influenza sulle masse. J. Motter (Historie critique du gnosticisme) scrive: "Gli Gnostici comunicavano

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allo gnosticismo orientale, al manicheismo, o alla tradizione essenica, o a quella della Scuola Alessandrina, o all'ermetismo arabo ecc.

Certamente il richiamo al templarismo nella Massoneria moderna non vuol dire affermazione di una verità storica, ma ritorno ad una tra­dizione di pensiero attribuita ai templari che l'Istituzione ha fatto pro­pria al fine di offrire una formazione iniziatica al massone ed una gui­da per il suo operare per il progresso dell'umanità.

La Chiesa romana avvertì nelle dottrine templari un grave perico­lo ed i regnanti d'Europa, particolarmente Filippo il Bello, comincia­rono ad ambire al grande patrimonio dei Templari e da questi eventi iniziò la complessa fase della persecuzione dell'Ordine13.

per mezzo di simboli ed emblemi e imitavano i riti e le cerimonie dei Misteri di Eleusi" con l'obiettivo di risolvere i grandi problemi teologici attraverso una sintesi ideale fra il misticismo pagano e le tradizioni ebraica e cristiana. Secondo il Mackey, la trasmutazio­ne dei Talismani gnostici nei simboli massonici, attraverso una graduale trasmissione di segreti alchemici e di traduzioni rosacruciane, è illustrata in "Azoth Philosophorum" di Basii Valentine nel 1700. La tavola è piena di disegni ermetici e di simboli massonici e co­stituisce un'allegoria: su un globo alato inserito in un triangolo rettangolo riposa un dra­go sul quale domina una figura umana con due teste contornate dal sole, dalla luna e da cinque stelle. La figura maschile tiene nella mano un compasso che rappresenta il princi­pio generativo dell'uomo, mentre la figura femminile sorregge la squadra quale simbolo della procreazione della donna. Si tratta evidentemente della sovrapposizione del com­passo alla squadra con la rappresentazione della trasmutazione del talismano ermetico nei simboli massonici (A. G. Mackey, Enciclopedia della Massoneria). Ma la gnosi massonica non ha nulla a che fare con l'indirizzo religioso-filosofico che fu lo gnosticismo dei primi secoli dopo Cristo e che ebbe come esponenti Basilide, Valentino, Orifene, Marcione, Ba­silio, Dionigi, L'Aeropagita, Ippolito ecc. Questo gnosticismo cristiano può essere valido per la Massoneria come fonte di conoscenza, come fatto culturale, ma non la identifica con la "'via della Gnosi" dei Templari, anche se citata nel Rito Scozzese.

13 Nell'iniziazione massonica al 29° grado che gode il titolo di "Grande Scozzese di Sant'Andrea" si rievocano le dottrine e le persecuzioni, attribuite alla Chiesa Cattolica, dell'Ordine Templario. La cerimonia comprende alcuni simbolismi che a prima vista pos­sono sembrare per lo meno strani e paradossali ma che, come tutto quanto è massonico, nasconde astuzie e scopi reconditi da tenersi nascosti agli stessi fratelli delle prime cate­gorie. D fratello oratore che, in questo capitolo assume il titolo di "fratello d'eloquenza", inizia con una commedia. La commedia è questa: l'oratore accusa violentemente il neo­fita di essere fedele ad un Ordine, l'Ordine Templario, che il cattolico romano Pontefice ha sconfessato in quanto organizzazione convinta di magia e di eresia. Il postulante, av­vertito in precedenza, non deve affatto soccombere alla minaccia, ma invece, con fer­mezza di parole e di contegno, deve riaffermare la sua fede templaria. A questo punto si alza a parlare il "Grande esperto" del Capitolo. Questo ufficiale capitolare loda il neofi­ta nel coraggio dimostrato nel sostenere la propria fede e propone sia affidata in custo­dia, a questo valido campione, la bandiera del Capitolo. (B. Bellomo, op. cit).

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Anche San Bernardo14 che aveva sempre protetto e lodato l'istitu­zione religioso-militare rivolse un pesante rimprovero: "Coprite i ca­valli di seta, sotto le loriche vestite non pochi penduli panni; pingete le aste; scudi, selle, freni, sproni ornate di oro, di argento, di gemme; mentre al battagliero si addice esser valoroso, industre, circospetto, snello a correre e pronto a ferire, voi impedite il vedere con la chioma, avviluppate i passi con lunghe tuniche, le dilicate mani seppellite en­tro maniche prolisse; tra voi suscitano guerra l'irragionevole ira, l ' in­sano appetito di gloria e di terreni possedimenti".

Nel 1306 Filippo il Bello di Francia ed il Papa Clemente V scate­narono persecuzioni e processi che culminarono nel 1317 nell'esecu­zione sul rogo del Gran Maestro Giacomo de Molay15.

14 II re Baldovino II di Gerusalemme, che aveva preso i Cavalieri sotto la sua pro­tezione, invitò il Patriarca a formare una società adottando regole fisse e stabili. Uno di questi fondatori, André de Montbarry, raccomandò la società a San Bernardo, aba­te di Clairvaux, l'oracolo religioso del tempo, che la prese sotto la sua protezione e la sostenne con ardore e successo. Lo stesso San Bernardo portò l'Ordine alla consa­crazione ecclesiastica, al favore dei papi, dei principi e dei popoli. Al Concilio di Troyes (1128), prescrisse all'Ordine una regola nella quale alle ordinanze pratiche or­dinarie erano aggiunti molti articoli dell'antica regola dei Benedettini. Questa regola aveva, in un primo tempo, carattere esclusivamente monastico, ma con il tempo si mo­dificò per prenderne uno più cavalleresco.

15 Nel rituale del 30° grado del Rito Scozzese si ricorda il fatto, dileggiando la Co­rona e la Tiara, abbattendo le colonne del Tempio, calpestando una Tenda rossa sulla quale è dipinta una Croce Teutonica. Tali simbolismi devono però essere considerati in modo corretto: il dileggio della Corona e della Tiara deve essere inteso come la riaffer­mazione della liberazione dell'uomo, in quanto la Corona e la Tiara sono nel cerimo­niale solo simboli di dispotismo e di sudditanza sociale o spirituale; l'abbattimento del­le colonne del Tempio indica che il Grande Architetto dell'Universo non può essere racchiuso fra le colonne di un Tempio, compreso quello della Massoneria, che non de­ve mai trasformarsi in una "Chiesa" sacerdotale; calpestando la Tenda rossa con la Cro­ce Teutonica non si compie un gesto anticattolico ed anticristiano, in quanto la croce teutonica è il simbolo degli stessi Templari, ma quello della liberazione da ogni vinco­lo di fede acquisita, per essere, nel pieno spirito di indipendenza, al cospetto della pro­pria ragione. Ed il dialogo del cerimoniale del 30° grado termina così: "Le nostre armi non sono il pugnale del sicario (con riferimento al tradimento perpetuato ai danni dei Templari da Squin de Florian), la mannaia del carnefice, lo stiletto del calunniatore (con il rapporto al delitto di Filippo il Bello e di Clemente V); sono la penna e la parola, l ' in­fluenza che ciascuno può esercitare attorno a sé, l'esempio del rispetto per la libertà de­gli altri, la mano tesa a colui che è oppresso nella sua coscienza o leso nei suoi diritti. Ricordatelo". Giosuè Carducci stigmatizza la persecuzione dei Templari con questi ver­si: "Quando porge la man Cesare a Piero/da quella stretta sangue umano stilla/quan­do il bacio si dan chiesa e impero/un astro/di martirio in del sfavilla".

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Vuole la leggenda che il Gran Maestro, morendo fra le fiamme, avesse citato il Papa e Imperatore a comparire entro un anno dinanzi al tribunale divino. La morte dei due responsabili seguì alla distanza di otto mesi dal rogo e sembrò avvalorare la voce pubblica. Si dice an­che che il giustiziere di Luigi X V I , la cui esecuzione avvenne dinanzi alle mura del "Tempio" di Parigi, sia stato un templare, e la leggenda viene ripresa da Carducci nel suo "Cà ira":

"Quivi nel medio evo il secolare braccio discese di Filippo il Bello, quivi, scende dell'ultimo Templare sull'ultimo Capeto oggi l'appeUo"

Ernesto Nys nel suo Origini, gloria e fini della Massoneria riporta che, secondo una leggenda, Giacomo de Molay qualche tempo prima di morire sul patibolo, dal fondo del suo carcere creò quattro logge massoniche a cui lasciò in eredità la sua vendetta.

Il 13 ottobre del 1340, tutti i Templari di Francia furono arrestati, chiusi in carcere e sottoposti a procedimento penale, chiamati a ri­spondere di eresia ed altre colpe.

I beni dell'Ordine furono in piccola parte assegnati a varie comu­nità religiose, il re ne trattenne per sé la somma maggiore. I Templari, sfuggiti alle condanne ed ai supplizi, si dispersero in Europa e dettero probabilmente origine ad altre istituzioni e stabilirono vincoli fra i so­dalizi segreti del medioevo e quelli dei tempi moderni.

H patrono dei Massoni scozzesi è Sant'Andrea, questo patronato risalirebbe al 1314, all'epoca in cui Robert Bruce, per ringraziare i Templari rifugiati in Scozia, i quali avevano contribuito alla vittoria nella battaglia di Bannockburn, fondò in loro favore l'ordine di San­t'Andrea del Cardo che si riuniva nella cattedrale di Sant'Andrea ad Edimburgo. Per quanto concerne la libera muratoria moderna, la Gran Loggia di Scozia fu fondata il 30 novembre 1736, giorno della fe­sta di Sant'Andrea. Venne allora decretato che l'elezione annuale del Gran Maestro avrebbe avuto luogo ogni anno il 30 novembre.

Con i Templari finisce il mondo della Cavalleria e delle Crociate. Il simbolismo ne resta scosso profondamente. Il misticismo che tanto era stato seguito dalle vecchie generazioni si eclissa e scompare. Anche un grado massonico è ispirato ai ricordi delle dottrine e della fine dei Cavalieri del Tempio, dai quali avrebbe ereditato lo spirito della ribel­lione contro ogni tirannia politica e religiosa.

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San Giovanni

Negli Ordinamenti Generali dei Liberi Muratori tratti dagli archivi dell'Ordine si legge: "Anticamente i fratelli si riunivano in assemblea il giorno di San Giovanni, al levar del sole, in un convento o su un'alta montagna nelle vicinanze, e, dopo aver eletto i Grandi Ufficiali, si re­cavano al luogo della festa che per solito era anch'esso in un convento o nella casa di un Massone, oppure in una locanda spaziosa e ben co­struita" (La Tierce, Histoire, Obligations et Statuts de la Très Vénéra-ble Confraternitedes Francs-Macons).

In un documento datato intorno al 1710, in manoscritto Dumfries n. 4, riferisce così l'origine di questa tradizione: " A l tempo di Sant'Al­bano, viveva un uomo eccellente che era il primo intendente del re, ed aveva il governo del regno. Ed egli si servì dei Massoni per costruire la città di Sant'Albano e fece Massoni i suoi principali compagni [ . . . ] fis­sò pure un certo giorno ogni anno, nel mese di giugno, per riunirsi e festeggiare, per mantenere l'unità tra loro e nel quale, essendo quel giorno la festa di San Giovanni, avrebbero dovuto innalzare la loro bandiera regale con i nomi, i titoli, ecc.", ma questa sembra una storia del tutto leggendaria poiché Sant'Albano, primo martire cristiano del­la Gran Bretagna, morì nel 303.

Secondo Wirth la locuzione Logge di San Giovanni deriva dal t i ­tolo che portavano nel medioevo le corporazioni costruttive, cioè Con­fraternite di San Giovanni, nate un po' ovunque in Europa verso la se­conda metà del X I I secolo.

H più antico riferimento riscontrato in Inghilterra al patronato di San Giovanni risale al 1427. Un manoscritto latino, conservato ad Oxford e datato 1429, informa che nel 1425 un bill del Parlamento inglese sop­presse alcune assemblee di liberi muratori. Una grande assemblea ebbe luogo non di meno a York, nel giorno di San Giovanni del 1427 con l'o­biettivo di protestare contro il bill che sarebbe così rimasto privo di ef­fetti (Rebold, Histoire des Trois Grandes Loges des Francs-Macons).

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La seconda traccia storica inglese del patronato di San Giovanni è quella della Riunione di Gran Loggia, presieduta dal re Enrico V I , che si tenne il 24 giugno 1502 in occasione della posa della prima pietra della cappella di Westminster.

Un'altra famosa assemblea (La Tierce, op. cit.) tenuta nel San Gio­vanni d'inverno il 27 dicembre 1561 si ebbe a York, sotto la presiden­za di Thomas Sackville. Gl i armigeri, inviati dalla regina Elisabetta, si presentarono per discioglierla, ma gli ufficiali, al comando del distac­camento, furono introdotti nella Loggia, vi ricevettero l'iniziazione e fecero un rapporto così favorevole che la regina revocò le disposizio­ni e divenne più tardi la protettrice dei Massoni.

Secondo R. Le Forestier (L'occultisme et la Franc-Magonnerie écos-saise), San Giovanni Battista sarebbe diventato in Inghilterra il patro­no delle corporazioni dei muratori quando questi nel 1509 vennero riuniti in una grande Gilda dal cardinale Wolsey.

R. F. Gould nella sua History ofFreemasonry, la gilda dei carpen­tieri e muratori di Colonia è qualificata, in testi del 1430 circa come Fratellanza di San Giovanni.

Un documento in latino, la Carta di Colonia, redatta il 24 giugno 1535, conservato nella Loggia Net Frederick^ Vredenhall a L'Aia, indi­rizzato dai Maestri Eletti dell'Ordine di San Giovanni a tutte le Log­ge del loro sodalizio, invita a prendere le opportune misure in merito alle accuse ed ai pericoli che minacciavano i liberi muratori, accusati anche di voler ristabilire l'Ordine dei Templari. Nel documento si sta­bilisce "che la società massonica è contemporanea del cristianesimo e che ebbe inizialmente il nome di Fratelli di Giovanni e che nulla indi­ca ch'essa sia stata conosciuta, prima del 1440 sotto altra denomina­zione, e che soltanto allora assunse il titolo di Confraternita dei Uberi Muratori [ . . . ] ; che i principi guida di tutte le azioni dei fratelli sono enunciati nei due seguenti precetti: 'Ama ed abbi cari tutti gli uomini come i tuoi fratelli ed i tuoi genitori, rendi a Dio quel ch'è di Dio ed a Cesare quel ch'è di Cesare'; che i fratelli celebravano ogni anno la me­moria di San Giovanni, patrono della società, benché questo costume non abbia alcun rapporto con i r i t i della Chiesa; che la gerarchia del­l'Ordine è composta di cinque gradi: apprendista, compagno, mae­stro, maestro eletto e sublime maestro eletto; che, in fine, l'Ordine è governato da un capo unico ed universale e che i diversi magisteri che lo compongono sono retti da molteplici Gran Maestri, secondo la po­sizione ed i bisogni dei Paesi".

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I Patroni dell'arte muratoria, San Giovanni Battista e San Giovan­ni evangelista si richiamano ai cosiddetti due Giano Bifronte, dei del­l'iniziazione, propri della simbologia delle corporazioni romane.

Secondo alcuni Autori (J. Boucher, La Symbolique Magonnique) il nome di Giovanni proverrebbe dalla misteriosa leggenda del "Pre/e Gianni" dei secoli X I I e X I I I , sovrano tartaro e signore di un impero sotterraneo.

Secondo Bazot {Manuel du Franc-Magon, 1835) " i l San Giovanni che i massoni hanno preso come patrono non può essere né Giovanni Battista né Giovanni Evangelista, nessuno dei quali intrattiene alcun rapporto con l'istituzione filantropica della Libera Muratoria. Si deve ritenere che il vero patrono delle Logge sia San Giovanni l'Elemosi­niere, figlio del re di Cipro, che, al tempo delle crociate (ma San Gio­vanni l'Elemosiniere è nato nel 550! n.d.A.) abbandonò la propria pa­tria e la speranza di un trono, per andare a Gerusalemme a prodigare soccorsi più generosi ai pellegrini ed ai cavalieri. Giovanni fondò un ospizio ed istruì alcuni fratelli per curare i malati, i cristiani feriti, e di­stribuire aiuti pecuniari ai viaggiatori che andavano a visitare il Santo Sepolcro. Giovanni, il cui principale scopo era la beneficenza, rischiò mille volte la vita per fare del bene. La peste, la guerra, il furore dei Sa­raceni, nulla potè fermarlo. La morte lo colse in mezzo alle sue fatiche, ma l'esempio delle sue virtù rimase ai suoi fratelli, che si fecero il do­vere di imitarlo. Roma lo canonizzò sotto il nome di San Giovanni l'E­lemosiniere o San Giovanni di Gerusalemme, ed i Massoni, dei quali aveva rialzato i templi rovesciati dalle barbarie, lo scelsero di comune accordo come loro protettore.

II valore storico di quanto affermato da Bazot è veramente scarso, tuttavia in un discorso di Ramsay, pubblicato nel 1738, si legge: "Qual­che tempo dopo (all'epoca delle crociate), il nostro Ordine si unì inti­mamente con i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Da allora le nostre Logge portarono il nome di Logge di San Giovanni". E an­cora: nel rituale manoscritto di Cavaliere Kadosh, del 1765 circa si ha questo riferimento: "D. Chi fu il Gran Maestro cristiano che si distin­se maggiormente? R. San Giovanni l'Elemosiniere il quale, avendo di­stribuito ai poveri i beni immensi che possedeva, si ritirò tra i Padri del deserto dove finì i suoi giorni nella più austera penitenza".

Il primo attributo di San Giovanni è l'Aquila, uno dei simboli più arcaici, consacrato al Sole da tutti i popoli antichi, l'uccello di Zeus presso i Greci, della divinità presso i Celti. Per gli Elleni e spesso per

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i Latini, l'aquila era un auspicio di luce, di abbondanza e di prosperità. Secondo la Qabbahah, l'aquila raffigura l'Oriente ed è l'immagine di Uriel, l'angelo del fuoco purificatore. L'aquila è un elemento molto im­portante per la simbologia massonica, utilizata nel X V I I I secolo nel­le logge simboliche, oggi la si ritrova soprattutto negli alti gradi del Ri­to Scozzese Antico ed Accettato.

Il giuramento dell'Apprendista nella Massoneria moderna è fatto su un libro sacro che varia a seconda delle confessioni religiose. Quando viene effettuato sul Vangelo si utilizza il prologo del Vange­lo di San Giovanni: "Nel principio la Parola era, e la Parola era pres­so Dio. Essa era il Principio presso Dio. Ogni cosa è stata fatta per Es­sa e senza Essa niuna cosa è stata fatta. In Lei era la vita e la vita era la luce degli uomini"1. In ogni caso la presenza della Bibbia è indi­spensabile.

Nel Manoscritto dell'Edimburgo Register House (1696) vi è un ri­ferimento esplicito al giuramento sul Vangelo di San Giovanni:

"Here come I youngest and last enterred apprentice, as I am aworm by God and St. John by the Square and Compass" (Eccomi il più giova­ne e l'ultimo registrato fra gli apprendisti, quale l'ho giurato per Dio e per San Giovanni, per la squadra ed il compasso). Anche nel Chetwo-de Cradley MS (1700 circa) e nel Kewan MS (1714-1720 circa) si ritro­va la stessa formula.

Nel simbolismo relativo a San Giovanni troviamo la lettera gam­ma, attributo esoterico del Santo, divenuto la lettera G nella libera mu-ratoria, con il riferimento al termine inglese God, Dio.

Questo simbolo si sovrappone, con il suo esoterismo, alla filosofia fondamentale del Fuoco-Principio, della Luce, della Conoscenza e tale concezione è racchiusa in simboli nel contesto dell'insegnamento ini-

1 Su tale brano del Vangelo di San Giovanni nella Massoneria moderna, in vari Rituali, si apre il "Libro Sacro" e molti massonologi ritengono non per l'accettazione in toto del messaggio religioso-cristiano del Vangelo, come "Volontà rivelata", ma per il contenuto gnostico del brano stesso. Il Fulci (La dottrina dell'anima del mondo nel Timeo di Platone, Roma 1990) considera tale concezione come "liberatrice" perché egli afferma: ".. .per la quale non scopro la Verità, ma la faccio; concezione per la qua­le mi posso elevare alla contemplazione di un 'tutto' nel quale sono finalmente fuori da quella catena causativa [ . . . ] che assimila il Mondo ad un orologio". Questo ci fa ri­cordare anche Giordano Bruno (De Causa, Principio et Uno, I I , p. 189) e la sua "Ce­na delle ceneri": "Siamo promossi a scoprire l'Infinito effetto dell'Infinita causa, il ve­ro e vivo vestigio dell'Infinito vigore".

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ziatico di San Giovanni, che consente all'uomo, mostrando la via del­la vera esistenza, di scoprire i segreti della libertà, della, felicità e della fraternità.

Il Vangelo di San Giovanni, inoltre, può fornire ad ogni uomo, quale che ne sia la fede, e anche qualora ritenga di non averne alcuna, una guida preziosa per trovare il sentiero della Luce e della Vita. E questo è Massoneria Speculativa!

I l i

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Le Corporazioni costruttrici

Le Corporazioni muratorie sorte per il bisogno che avevano i me­stieri e le arti di una garanzia fornita da una forte organizzazione e di una autorevole rappresentanza, cominciarono a manifestarsi sin dai tempi remotissimi, nella Persia, nella Caldea, nella Siria in Egitto, in Grecia e a Roma.

Nei monumenti caldei, che risalgono a più di 4.500 anni della nostra era, la presenza di un triangolo, come segno della sillaba "ra«" che signi­fica edificare, ha portato qualche Massone studioso del passato, ad affer­mare che, fino da quelle antichissime epoche, un segno convenzionale, che ancora adorna le Logge, era in uso nella scrittura dei costruttori.

In Egitto l'architettura fu scienza sacerdotale ed ebbe iniziazioni e statuti. I monumenti egiziani, che ancora oggi sfidano i secoli, attesta­no a quale grado di perfezione fossero giunte presso quei popoli l'ar­te di costruire e le corporazioni che le esercitavano.

In Grecia gli operai dionisiaci, favoriti dalle leggi soloniche, costrui­scono templi e teatri e, passando nell'Asia Minore, si portano in Persia e nella Siria erigendovi stupendi edifìci. H loro collegio, a Theos è molto si­mile alle corporazioni dei nostri tempi. Gli appartenenti avevano segni, parole di riconoscimento, gergo speciale. Tenevano assemblee ed agapi, soccorrevano i compagni più poveri ed onoravano di riti funebri gli ope­rai più valorosi. Probabilmente accettavano anche patroni: secondo Stra-bone ed Aulo Gellio, uno di questi era Attalo I I , re di Pergamo.

Gl i Ebrei conoscevano l'architettura quanto i Fenici e la Bibbia r i ­porta che in Egitto essi esercitavano l'arte di costruire. Gl i Assidei, o cavalieri del Tempio, dai quali qualche storico fa derivare gli Esseni, concorsero con gli operai mandati da Tiro, alla costruzione del tempio

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"Considerate la vostra semensa Fatti non foste a viver come bruti

Ma per seguir Virtute e Conoscenza" Dante, Inferno, Canto X X V I

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di Gerusalemme all'epoca di Salomone1. Il tempio, secondo Giusep­pe, fu edificato sui disegni stessi di quelli di Astarte e di Ercole ed il Tabernacolo ritraeva il sistema cosmico.

Come già accennato precedentemente, gli architetti dionisiaci, chiamati a Roma da Numa Pompilio, dettero origine ai Collegia Pon-tificum, ai Collegia Fabrorum ed alle feste di Bacco.

L'istituzione risale al 715 a.C. e Numa le dette esclusivo privilegio di costruire templi ed edifìci pubblici. L'associazione muratoria era esente dai contributi fiscali ed era retta con propri statuti e propri ca­pri, i "magistri". Divisa in tre gradi, escludeva ogni estraneo dalle pro­prie assemblee ed ammetteva anche le donne, le "matrones". Vi erano anche sorveglianti, censori, tesorieri, archivisti e segretari.

Gl i artisti greci, dei quali principalmente si componevano questi collegi, celarono i segreti della propria arte e delle loro dottrine sotto i misteri del paese di origine e li circondarono di allegorie, fra le quali caratteristico l'uso simbolico degli utensili del mestiere.

Si può supporre che l'iniziazione muratoria tardo-medievale pos­sa essersi basata su una mistica morte-rinascita o palingenesi, comune a molti Riti di iniziazione dell'antichità e che si possa essere ispirata al­la simbologia Ermetico-Alchemica o a quella di Pitagora e Platone in considerazione del fervore degli studi di questi filosofi nel X I I e X I I I secolo. Si può anche supporre che il Rito iniziatico-muratorio si sia ispirato alla simbologia propria del lavoro muratorio, attraverso i rela­tivi materiali ed attrezzi, intendendo la creazione dell'opera, ispirata al­le regole pitagoriche della geometria e della numerologia come sim­bolo di elevazione spirituale, di rinascita dalla morte. In ogni caso si tratta solo di supposizioni e congetture, poiché la ritualità, nella sua completezza, è rimasta sconosciuta, salvaguardata dalla riservatezza delle norme inter-corpus delle associazioni libero-muratorie.

A Roma, il " magister pontificum" divenne il "ponti/ex maximus" che fu capo e custode supremo della religione e delle sue cerimonie, e la denominazione, come tante altre cose, passò e resta negli ordini della credenza cristiana. Questi "pontefici" si sparsero presto in tut­to l'impero: seguivano la marcia delle legioni romane per costruire

1 Gl i operai in numero di 183.000 erano divisi in tre categorie. Avevano delle pa­role, dei segni e dei modi speciali di toccarsi per potersi riconoscere fra loro e riceve­re la paga in proporzione del loro lavoro (E. Nys, Origini gloria e fini della Massone­ria).

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ponti, strade e acquedotti, campi trincerati, templi, teatri, città. Sem­bra che dalla Gallia, dopo la conquista di Cesare, si diffondessero in Inghilterra. Certo è che nella Gran Bretagna le corporazioni costrut­trici non apparvero che dopo la conquista romana, perché Cesare, nei suoi "Commentari" afferma che gli antichi Bretoni non avevano città murate e che le loro case erano costruite o di legno, o di terra, o di canne.

I componenti delle Corporazioni costruttrici avevano riti e ceri­monie e praticavano cose misteriose, il che fa supporre che, sotto l'ar­te del costruire, si nascondessero dottrine arcane e settarie.

Nel Medioevo gli apprendisti dovevano lavorare sette anni prima di passare al grado di Compagno d'Arte. Nelle logge operative gli Ap­prendisti venivano affidati al Maestro per questi sette anni e al termi­ne di tale periodo l'Apprendista che si fosse guadagnato la stima dei suoi Maestri veniva sottoposto all'esame del Maestro venerabile e dei Sorveglianti della sua Loggia. Se gli Ufficiali di Loggia giudicavano la pietra ben sgrossata l'Apprendista riceveva il grado di Compagno, al­trimenti rimaneva nel suo grado per perfezionarsi ulteriormente. La sgrossatura della pietra grezza sopravvive nella Massoneria Speculati­va solo come termine di riferimento, ed i sette anni sono stati notevol­mente abbreviati in alcune giurisdizioni (E. H. Claudy, Introduzione alla Massoneria).

Secondo il Livre des métiers di Etienne Boileau del 1268, il Mae­stro ingiungeva all'operaio di provare che aveva correttamente prati­cato l'apprendistato di giurare sui Santi Vangeli la promessa di esple­tare il mestiere bene e lealmente.

Le Ordinanze dei Massoni di York del 1352 prescrivevano al Mas­sone di giurare sulla Bibbia che "dovrà sinceramente ed attivamente lavorare secondo le sue possibilità, senza inganno o dissimulazione qualsiasi, mantenere ed osservare tutti i punti della predetta Loggia" (raccolta dei FabricRolls o/York Minster, Durham 1859).

In un'epoca nella quale era difficile istruirsi ed entrare in contat­to di persone colte al di fuori della Chiesa, era naturale che gli uomi­ni di cultura desiderassero divenire massoni; costoro non volendo praticare la massoneria operativa, vennero ammessi all'Ordine come "Massoni Accettati", cioè non accettati quali membri che avevano qualcosa da offrire e che allo stesso tempo desideravano ricevere qualche cosa dalla Loggia; in ciò gli "Accettati" erano diversi dai mas­soni "Operativi".

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Non sappiamo quando iniziò tale pratica2. Il Poema Regio, il do­cumento massonico più antico che si conosca (1390), dice che il Prin­cipe Edoardo il Vecchio (X sec. d.C), re sassone degli Inglesi, padre di Atelstano, era il Maestro degli Speculativi. Col passare degli anni, specialmente nell'epoca del declino delle grandi costruzioni e con l ' i ­nizio della Riforma, gli "Accettati" divennero sempre più numerosi e gli "Operativi" andarono progressivamente diminuendo. Nel 1670 nella lista della Loggia di Aberdeen su 49 nomi, 31 erano Massoni ac­cettati.

Non si può escludere che le Logge "operative" abbiano avuto an­che un contenuto speculativo, specialmente nelle associazioni libero-muratorie di tipo elitario ed iniziatico. Ad esse si unirono i "Maestri itineranti" con il loro "Colligantes" cioè compagni, discepoli, appren­disti che operavano in tutta Europa.

Queste associazioni si differenziavano dalle Corporazioni genera­li ed obbligatorie di "mestiere" e dai "Compagnonnage" dove preva­leva lo spirito sindacale e l'obiettivo di costruzione nell'edilizia mino­re e furono quelle che attorno al 1630-1640 trasfusero il simbolismo tradizionale libero-muratorio alla Massoneria moderna, quando in es­se confluirono i Massoni "accettati" estranei al lavoro muratorio.

Il carattere speculativo di tali associazioni forse risultava da norme dettate "inter corpus", rimaste sconosciute perché affidate alla tra­smissione orale e salvaguardate da un diritto alla riservatezza e da con­seguente dovere per gli adepti di rispettarlo severamente. Probabil­mente queste norme comprendevano i Rituali di iniziazione e le mo­dalità dei lavori che si svolgevano nelle Logge. Anche la simbologia usata nelle Logge è rimasta sconosciuta, ma probabilmente non aveva solo una funzione ornamentale, ma era collegata a lavori di tipo spe­culativo.

Il cosiddetto metodo albertino o dell'ottagono, che si ritiene de­dotto dal famoso teorema di Pitagora e dalle teorie gnostiche ed er­metiche, espresso in modo enigmistico in alcune strofe di un vecchio

2 Nel 1703 la loggia di San Paolo di Londra prese una decisione che modificò ra­dicalmente la struttura della Confraternita. "The privileges of masonry shall no lon-ger be restricted to operative masons, but extend to men of various professions, pro-vided diey are regularly approved and initiated into the order" (Preston, Illustration of Masonry) (I privilegi della massonerìa non saranno più da ora in avanti il diritto esclusivo dei massoni costruttori. Uomini di diverse professioni saranno chiamati a goderne, purché siano regolarmente approvati ed iniziati nell'ordine).

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documento, una delle quali dice: "L'arte dello scalpellino e sue atti­nenti rendon facile l'apprendere, trovasi un punto centrale nel circo­lo, nel quadrato e nel triangolo. Lo avete trovato? Sta bene; siete fuo­ri di impaccio e pena, avete imparato tutta l'arte. Non l'avete trovato? Allora l'arte non è per voi e potete andarne con Dio".

Negli edifici costruiti dalle corporazioni appaiono molto spesso f i ­gure simboliche e monogrammi.

Nel Duomo di Wurzburg, davanti alla porta della camera mortua­ria, vi sono due colonne: in una è incisa la parola "Boaz", nell'altra quella "Jachin"3. Sulla cima della porta principale della chiesa di San Dionigi è effigiato Cristo, all'ordine di massone apprendista.

Fessler, dotto massonologo4, sostiene che l'origine delle corpora­zioni muratorie è l'Italia e secondo Comunardo Braccialarghe è certo che, salvo qualche lacuna colmabile con non fantastiche ipotesi, le odierne Comunioni Massoniche scendono in linea diretta dalle Cor­porazioni edili sorte fra l'800 e il 900.

Il Principe d'Assia che studiò attentamente il manoscritto di Fes­sler scrive: "Dal V I I al l 'XI secolo l'alta architettura fu insegnata esclu­sivamente da monaci, che erano chiamati in Italia, Francia, Germania, Inghilterra, per innalzarvi chiese, chiostri ed altri edifici. Questi mo­naci raccoglievansi in corporazioni, ottenevano privilegi: le libere so­cietà di architetti sono perciò da considerarsi antichissime".

3 II Quadro di Loggia della Massoneria moderna appare inserito nella tradizio­ne massonica sin dall'antichità. Sembra che nella massoneria operativa fosse traccia­to su un quadrato di sabbia, oppure disegnato e poi bruciato. Forse in origine il qua­dro non raffigurava la facciata di un Tempio, ma in esso venivano utilizzati i princi­pali simboli muratori: le due colonne di Boaz e Jachin del Tempio di Salomone, il trac­ciato della Tavola Tripartita di Teone da Smirne, corrispondente all'antica Tracing Board delle Craft muratorie, ed inoltre alcuni strumenti del lavoro come la squadra, il compasso, il maglietto, lo scalpello, la livella, la pietra, nonché il triangolo o la te-tractys pitagorica. Essendo il Quadro tracciato o disegnato di volta in volta, doveva essere semplice e con i simboli essenziali per evocare il lavoro interiore del massone intendendo così l'elevazione spirituale come connessa con l'opera e con il lavoro in cui l'uomo si realizza. Il Tempio massonico della Massoneria moderna è ornato tal­volta anche da dodici colonne e dai dodici segni zodiacali posti sulle pareti. Si può supporre che i segni zodiacali possono aver fatto parte della simbologia che ornava le antiche Logge libero-muratorie, soprattutto nell'area mediterranea, e che così siano stati trasfusi nella Massoneria moderna. Tuttavia in alcune Obbedienze i segni zodia­cali sono assenti.

4 La Massonologia è definita come "Scienza del fenomeno iniziatico nella sua sto­ria, nella sua manifestazione e nelle sue strutture".

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Senza dubbio i costruttori di cattedrali costituivano in Europa un ordine più antico di quello dei Massoni delle Corporazioni. I Massoni di oggi deriverebbero da questi Framassoni, dall'inglese Free Masons e dal francese Francs Masons, cioè Massoni liberi che non erano soggetti al controllo della corporazione ed ai vincoli delle leggi locali. Secondo J. Findel il termine Tramassone" fa la sua comparsa già nel 1212 ed esso compare nel 1375 nella storia della Compagnia dei Massoni di Londra.

Nei documenti del Concilio di Nantes nell'893 si accenna all'esi­stenza di sodalizi muratori in Francia ed Inghilterra.

A York sin dal 926 esisteva una società muratoria che si riportava ad antiche tradizioni e divideva gli operai in maestri, compagni ed allievi.

Spondano, nella sua Storia di Ginevra, riproduce una pergamena del 1213 in cui si narra di una Società di muratori che edificarono la Cattedrale di San Pietro in quella città.

"Sappiamo - scrive Santarcangeli - che l'opera dei costruttori di cattedrali, dei muratori e dei 'Muratori e dei Maestri di pietra' del me­dioevo era circondata da tutto un insieme di ritualità magiche, poco note perché spesso in odore di eresia, con conseguente distruzione dei documenti (ammettendo che siano mai esistiti).

La tradizione dell'orientamento ad orientem, delle Cattedrali, nel­le Chiese e nei Cimiteri nella cristianità medievale, che divenne sem­pre più simbolico che reale in quanto indicava il sorgere del Sole, l'ap­parizione della Luce, mentre ad occidente il sole scompare e alla Luce si succedono le Tenebre, continuò anche nelle logge massoniche tardo-medievali. Esse sorgevano solitamente su un lato della cattedrale in co­struzione e, per il carattere iniziatico che già aveva la Massoneria anti­ca, si può ritenere che avessero anche il valore di Tempio per scopi ri-tualistici o per "lavori a carattere speculativo"5.

5 Oltre ai "Laborerium" o "Logge" accanto alle opere in costruzione, le corpora­zioni libero-muratorie potevano avere anche altre sedi per le riunioni dei consociati, come ad esempio, la "casa" della "Società Jet Maestri muratori" di Bologna e la "Log­gia dei Maestri Comacini" di Assisi. Tuttavia la loggia non era il surrogato di una chie­sa, come i lavori non surrogavano una liturgia religiosa, nel rispetto che i libero-mu­ratori tardo-medievali avevano verso la Chiesa cattolica e per la sua autorità liturgica. Inoltre, la loggia non era una sede preposta soltanto per i calcoli tecnici nel cantiere, ma un luogo destinato ad un "lavoro" iniziatico-esoterico inteso come elevazione cul­turale e spirituale degli adepti. Gl i stessi principi sono espressi per il Tempio masso­nico della Massoneria moderna che non vuole essere una Chiesa, come la Massone­ria non è una Religione, né compie alcuna liturgia, lasciando liberi i singoli Massoni fuori della Loggia, di seguire o meno pratiche di culto di una determinata Religione

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Le caratteristiche strutturali di un Tempio massonico odierno, orientato simbolicamente ad Oriente, è probabile che derivino dalle antiche Logge concepite come un Tempio. Nella simbologia massoni­ca odierna, ad est è posta l'Ara ove siede il Maestro Venerabile, che rappresenta la Luce della Loggia, verso la quale guardano i Fratelli che si siedono nei lati nord e sud mentre ad ovest è la porta d'ingresso con le due colonne, Boaz e Jakin, che ci richiamano a quelle del Tempio di Salomone, concettualmente fuori dal Tempio.

Nella Carta di Bologna del 1248 si trova forse la prova che nella Massoneria antica vi fosse una cerimonia di iniziazione del Maestro l i ­bero-muratore e forse anche per il Compagno d'arte, specie nel Com-pagnonnage. Infatti nella traduzione del testo, all'articolo 22° si pre­scrive: noi stabiliamo ed ordiniamo che se qualcuno riceverà la Bene­dizione (Iniziazione) più di una volta... " e all'articolo 21° ".. .che nes­suno vada a richiedere la Benedizione più di una volta... " intendendo Benedizione, Consacrazione, Iniziazione a Maestro muratore, non es­sendo concepibile un riferimento alla "Benedizione religiosa" che nel costume era impartita ad ogni messa ed ogni sera. Inoltre si parla di "Cerimonia" all'atto di ammissione, dalla quale era esentato chi era già Maestro proveniente da altre corporazioni libero-muratorie che, pre­via votazione, veniva ammesso con il solo giuramento. Ciò indiche­rebbe che l'uso dell'Iniziazione (Benedizione) era generalizzato nei nuclei muratori. (E. Bonvicini, Esoterismo della Massoneria Antica, I Voi.)

Positiva che prospetti una vita salvifica e che indichi un dogma. Compito della loggia è quello di creare il massone sul piano etico-esistenziale, in uno spirito ài fratria e di partecipazione attiva per il bene dell'Umanità. Si può supporre che la simbologia del Tempio massonico moderno sia stata in larga parte recepita dal "ricordo" di quella delle antiche Logge erette a Tempio trasmesso attraverso la tradizione orale, partico­larmente attiva nelle Cratf anglosassoni sulle quali, intorno al 1630, si innestarono gli "accettati" libero-muratori. Si ebbe così nelle Logge una tendenza più "speculativa" rispetto a quella "operativa". È molto probabile che nelle Logge erette a Tempio com­parissero i più significativi simboli del lavoro muratorio ed il libro sacro, verosimil­mente il Vangelo, data la fede cristiana dei liberi muratori del tempo. Non si può però escludere la presenza di altri simboli come quelli pitagorici ed ermetico-alchemici, precursori del Cristianesimo, ed aventi, specie nel pitagorismo, una radicata ed inin­terrotta tradizione nella tecnica costruttiva dei liberi-muratori. Nella costruzione edi­ficatoria, legata a precise proporzioni numeriche e geometriche con indubbia valen­za simbologistica, ispirata alle tradizioni pre-cristiane, cristiane ed extra-cristiane, gli antichi Maestri tardo-medievali trasmisero un messaggio esoterico e trovarono ispi­razione per la loro simbologia della Loggia-Tempio.

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Le Corporazioni muratone nel 1421 iniziarono la costruzione del­la cattedrale di Berna e poi quella del duomo di Ulm. Nel 1502 la cor­porazione si trasferì a Zurigo e nel 1522 il Gran Maestro Stefano Rul-zislorfer fu citato davanti alla Dieta poiché la sua associazione si era mescolata in cose estranee all'arte di edificare. Il Gran Maestro preferì non comparire davanti al tribunale e la sua corporazione fu soppressa in tutti i cantoni.

Nel X I I secolo appaiono in Germania le Ghilde, associazioni che avevano lo scopo della difesa contro i nemici esterni ed interni e par­ticolarmente contro i grandi proprietari di beni che abusavano del lo­ro potere. Le Ghilde avevano statuti ed un presidente. L'ammissione era fatta con grande cautela e i loro problemi erano discussi in assem­blee generali. Essendo le Ghilde isolate dalle classi operaie, queste for­marono delle proprie Corporazioni, nelle quali si ammettevano solo uomini liberi, di vita irreprensibile ed esperti nel loro mestiere che si chiamavano tra loto fratelli.

Al fine di salvaguardare la segretezza dei calcoli i costruttori usa­vano un alfabeto convenzionale che ritroviamo in quello massonico.

L'alfabeto poteva venire ridotto a tre segni convenzionali che nel­la scrittura in cifra dei kabbalisti, secondo Agrippa, indicavano rispet­tivamente la prima lettera: aleph (bue); la seconda: beth (casa); la ter­za: ghimel (cammello) della scrittura ebraica. Non sappiamo se l'alfa­beto convenzionale sia già stato in uso nella Massoneria tardo-medie­vale, recepito dalla kabbala ebraica dopo il XTV secolo, ovvero se es­so possa essere derivato dalla gliptografia dei "marchi"6, in uso parti-

61 marchi gliptografici servivano all'artista, o ai gruppi di artigiani, come segno o come firma delle loro opere, quando vigeva ancora l'anonimato dell'artista. In parti­colare i marchi servivano per segnare le pietre lavorate dagli scalpellini o dai tagliato­ri di pietra sia per contare per ogni artefice o gruppo quelle prodotte e messe in ope­ra, sia per individuare la responsabilità in caso di loro difetto. L'individuazione dei marchi può avere quindi rilevanza storiografica per determinare quali artisti o quali corporazioni abbiano operato in dati luoghi, per determinare i loro spostamenti, a volte per datare le opere stesse ed è così sorta una vera e propria branca che si occu­pa oggi, con metodi scientifici, della gliptografia libero-muratoria. Per la sua grande importanza culturale e scientifica, si distingue al riguardo il Centre International de Recherches Glyptographiques a Braine Le Chàteau in Belgio che pubblica saggi di ri­levante interesse sulla materia. L'uso dei marchi in seguito venne esteso ai fabbrican­ti di mattoni e tegole, che dovevano corrispondere a precise forme e misure, nonché ai fabbricanti di vasellame e ceramiche. (E. Bonvicini, Esoterismo della Massoneria an­tica, Atanòr, Roma 1993).

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colarmente dai Compagnons e basato essenzialmente sul segno della squadra, indubbiamente antico simbolo muratorio. Sicuramente si può sostenere, come afferma il Redini, che " i l simbolismo metrico e geometrico della massoneria operativa sia quello pitagorico".

L'introduzione in Occidente del sistema di numerazione arabo portò all'abbandono del riferimento alfabetico e dei numeri romani, ma il sistema cifrato massonico rimase sul piano ritualistico, forse tra­sfuso dalla Massoneria antica a quella moderna.

Spesso le associazioni libero-muratorie agivano fra loro con il co­siddetto spirito di fratria per tramandare di generazione in generazione le antiche tecniche costruttive e con esse i simbolismi da riprodurre nel­le opere, nelle loro officine, o laborerium, o logge elevate a tempio, o luo­go di riunione per incontri culturali e non solo operativi. Da ciò si pos­sono individuare molte radici del simbolismo tipicamente massonico, in larga parte poi trasfuso nella Massoneria dei nostri giorni.

Lo spirito di fratria potrebbe per tanto rappresentare una prova che, negli antichi nuclei libero-muratori, l'attività associativa era rivol­ta a scelte sulla simbologia a carattere speculativo e non soltanto tec­nico-operativo.

Probabilmente i "segreti" delle fratria, Logge o Collegi, che uni­vano l'architetto allo scultore, al mosaicista, al pittore, al decoratore, al tagliatore di pietra, erano delle "regole" che consentivano di dare proporzioni aritmetiche e strutture geometriche armoniche all'intera opera e che probabilmente rivelano incidenze pitagoriche con la ten­denza a superare le finalità tecniche esprimendo un pensiero di tipo speculativo che poteva tradursi in un messaggio esoterico.

Del Bino nel suo "L'uomo, il simbolo, l'architettura" (Riv. Hiram, 1986, n. 11/12) dice che l'architettura è di per se stessa un simbolo e la Davy ne' "Il simbolismo medievale" (Ed. Mediterranee, Roma 1988) afferma: "Nella Chiesa romanica si manifesta una trasparenza: questa è la proprietà del simbolo. Essa si realizza soltanto nella misura della realtà, delle proporzioni, dell'ordine armonico, ma tale forma di co­noscenza non è innata, ma deve essere appresa e per fare questo oc­corrono dei 'Laboratori' nei quali possa trasmettersi la tradizione".

Reghini nel suo "I numeri sacri della Tradizione Pitagorica Massoni­ca" (Atanòr, Roma 1988) evidenzia che i liberi muratori del tardo-me-dioevo "identificassero l'arte architettonica con la scienza della geome­tria e dessero alla conoscenza dei numeri tale importanza da giustifica­re la loro pretesa di essere i soli ad avere conoscenza dei Numeri Sacri".

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Sempre il Reghini, osserva che "la geometria nella sua parte me­trica, ossia delle misure, richiede la conoscenza dell'aritmetica" e che per gli antichi maestri la "geometria indicava generalmente tutta la ma­tematica, di modo che la identificazione dell'Arte Reale con la geome­tria tradizionale in Massoneria, si riferisce non alla sola geometria in­tesa in senso moderno, ma anche all'aritmetica".

Fra queste Corporazioni operai o società di mestieri in Germania si distinse quella dei tagliatori di pietre7 o scalpellini alla quale sono dovute le principali costruzioni gotiche tedesche, come, ad esempio, il duomo di Magdeburgo (1214), la chiesa di Nostra Signora a Treves (1227), la chiesa di Santa Elisabetta a Magburgo (1235), il duomo di Colonia (1240).

La cattedrale di Strasburgo (1275-1439) fu costruita dalla corpo­razione muratoria o Loggia della stessa città, istituita da Erwino di Steinbach.

La Loggia di Strasburgo, per il valore dei maestri che la diressero, divenne la madre di numerose corporazioni in Svezia, Assia, Baviera, Franconia, Sassonia e Turingia ed ebbe un foro speciale che durò, con alta giurisdizione su tutte le Logge minori, fino al 16 maggio 1707 quando fu abolita dalla Dieta Germanica di Ratisbona.

La corporazione era così potente che il suo presidente fu ricono­sciuto Gran Maestro di tutti i muratori della Germania. Anche la Gran Loggia di Vienna, alla quale erano collegate le Logge Ungheresi, Istria-

7 Secondo la tradizione massonica, quattro Liberi Muratori che si rifiutarono di scolpire statue di divinità paganiche, furono martirizzati sotto Diocleziano l'8 no­vembre 302.1 loro nomi sembrava fossero Claudio, Nicostrato, Sinfroniano e Casto­ro. Solo nel IX secolo vennero conosciuti i veri quattro nomi: Severo, Severiano, Car-poforo e Vittorino. A Roma alle pendici del Mons Querquae Tulanus, il Celio, nel IV secolo fu costruita la Basilica dei S.S. Quattro Coronati. Nel secolo IX fu ristruttura­ta da Papa Leone IV e nel X I I secolo, sotto Pasquale II fu ancora rimaneggiata dai Maestri di pietra. I quattro Santi sono raffigurati anche nell'Arca di Sant'Agostino di Pavia, eretta intorno al 1370 dai Fratelli Bonino, Matteo e Zeno. Nel regolamento dei "Tagliatori di Pietre" di un'associazione medievale tedesca si legge al principio: " In nome del Padre, del Figliolo, dello Spirito Santo, della Gloriosa Vergine Maria e an­che dei Quattro Tagliatori giustiziati sotto Diocleziano...". I "Quattor Coronati" di­vennero i patroni dei tagliatori di pietra di tutta Europa dal XV al X V I secolo. La Loggia "Quattor Coronati" di Londra fondata nel 1884, pubblica ogni anno il volu­me "Ars Quatuor Coronatorum" che raccoglie i frutti del lavoro fatto dalla Loggia stessa nell'anno precedente. L'indirizzo della Loggia è: Quattro Coronati Lodge no. 2076.60 Great Queen Street London WC2B 5AZ.

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ne e la Gran Loggia di Zurigo, ricorsero ad essa per risolvere i casi più dubbiosi e gravi.

Nel 1498 l'imperatore Massimiliano riconobbe l'istituto che poi fu confermato da Carlo V e Ferdinando I nel 1563 ed il giorno di San M i ­chele, nello stesso anno furono emesse le costituzioni.

Le corporazioni costruttrici esistevano in Inghilterra, come abbiamo già visto, sin dall'epoca della conquista romana, quando gli appartenen­ti ai Collegia Pontificum et Fabrorum seguivano le legioni romane.

Più tardi queste corporazioni si trasformarono a seguito degli e-venti barbarici e, nel bisogno di ricostruire gli edifici distrutti, i Sasso­ni fecero ricorso ad artefici di altri Paesi, particolarmente italiani. In Inghilterra passarono probabilmente anche architetti costruttori della Persia, ove sembra perdurassero le società dionisiache che edificaro­no i sontuosi palazzi di Tamerlano, fra i quali famoso è quello di Sa­marcanda.

Nelle corporazioni medievali, e particolarmente nelle strutture di Compagnonnage in Francia, gli associati al Mestiere o Doveri, si di­stinguevano dalle strisce colorate che portavano sul cappello, sul ba­stone, sull'abito o sul grembiule. Le distinzioni del mestiere effettuate con un colore avrebbero interessato anche le associazioni libero-mu-ratorie tardo-medievali, forse in parte trasferite alla Massoneria mo­derna nei colori che bordano i grembiuli di Maestro e Compagno, che variano nelle Obbedienze nazionali, e nelle Sciarpe o Collari. Il grem­biule bianco, invece, è comune a tutte le Obbedienze del mondo per l'Apprendista, poiché si ricollega al grembiule di pelle di pecora che veniva usato dagli antichi scalpellini muratori per proteggersi dalle schegge della pietra e da ciò la "bavetta rialzata" a protezione del ples­so, come è documentato da varie raffigurazioni antiche, ad esempio in un quadro ed in una formella bolognese del Xffl-XTV secolo, dove per altro il Maestro compare con un grembiule bianco bordato di diverso colore, forse rosso od azzurro.

Determinate "parole", specialmente se tratte dalla Bibbia Vetero-Testamentaria od Evangelica, acquistarono nella cultura medievale va­lenze particolari, assurgendo a simboli e come tali vennero usate dagli artisti tardo-medievali. Inoltre, nelle corporazioni in genere ed in quel­le libero-muratorie di Compagnonnage, invalse l'uso di stabilire deter­minate "parole di passo" per farsi riconoscere come appartenente al "mestiere" od a determinati nuclei interni. Tali parole di riconoscimen­to possono anche avere sottinteso significati esoterici particolari o l'ap-

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partenenza a "sette" o "correnti di pensiero" più o meno in odore di ere­sia, ad esempio anche come riconoscimento reciproco fra i cultori del­l'Ermetismo, dell'Alchemia, della Kabbala, del Pitagorismo, del Plato­nismo. Queste parole sono purtroppo sconosciute in quanto trasmesse oralmente e tramandate nelle norme orali delle antiche Logge. L'uso di parole di passo, forse anche le stesse, come ad esempio quelle indicanti un grado iniziatico, è stato trasferito dalla Massoneria operativa a quel­la speculativa. (E. Bonvicini, Esoterismo nella Massoneria antica, Voi. II)

Sotto il regno di Edoardo I I I appaiono i primi dati storici sulle confraternite muratone in Inghilterra nel X secolo. Un documento dell'epoca riferisce che Attelstano, nipote di Alfredo il Grande, costruì molti edifici pubblici richiamando architetti dalla Francia e da altri Paesi, raccolse statuti e regolamenti delle vecchie corporazioni roma­ne, conservati gelosamente dalle confraternite, e ordinò, proteggen­dole, le comunità muratone, che nel 926 a York, sotto la presidenza di Edwin, il più giovane figlio del re, già iniziato ai misteri, si riunirono e formarono la famosa Gran Loggia di York che durò fino al 1717, an­no in cui si formò la Gran Loggia d'Inghilterra che, dopo lunghi con­trasti e difficili trattative, riuscì ad assorbirla.

Anche in Svezia le corporazioni muratorie traggono origine dai tem­plari che per sottrarsi alle persecuzioni di Filippo il Bello e di Clemente V si ripararono nell'isola di Muli. Narra la tradizione che Ammon e Har­ris, Templari militari e Pietro da Bologna, Templario ecclesiastico, rifor­massero la costituzione dell'Ordine, che nel giorno di San Giovanni Bat­tista del 1307, tenne il capitolo generale, approvando i nuovi statuti, con­solidando la compagine e accrescendo l'obbligo del segreto.

Giovanni de Castro scrive: "Fu una riunione mesta e solenne, in cui il ricordo dell'onta sofferta e della morte crudele dei fratelli e del Gran Maestro, si alternò alle inquietudini per l'avvenire ed alle gravi deliberazioni adottate per scongiurare il pericolo e per vendicare nel­la tirannia politica e religiosa la condanna iniqua patita dall'Ordine".

Emilio Daruty nel 1879 pubblica nelle isole Maurizius e a Parigi, un libro di ricerche storiche sulle origini del rito massonico scozzese e r i ­ferisce che nel 1140, alcuni muratori lombardi, Maestri Comacini, co­stituiti in corporazione con leggi desunte da quelle date dal re di Tiro Hiram, ai costruttori da lui inviati per la costruzione del tempio di Ge­rusalemme, al re Salomone, costruissero in Scozia la Torre e l'Abbazia di Kilwinning dove, già dal 1128 esisteva una Loggia e dove sin da quel­l'epoca i Muratori di Scozia tenevano le loro assemblee generali.

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La disposizione ed il simbolismo del Tempio massonico moderno ap­pare collegabile alla "memoria" trasmessa oralmente nel tempo, della Loggia-Tempio eretta dagli antichi libero-muratori8. In tale simbolismo può essere compreso anche quello legato ad una concezione iniziatica, coll'idea della simbolica Morte-Rinascita o palingenesi dell'uomo viven­te, rapportata agli elementi primordiali: Terra, Acqua, Aria e Fuoco, che fu propria delle tradizioni pitagorico-platoniche, oltre a quelle ermetico-alchemiche, certamente presenti nel pensiero del tardo-medioevo.

Inoltre l'iniziazione massonica dell'epoca, ispirata agli strumenti e materiali del lavoro muratorio, come lo stesso lavoro architettonico ed artistico, era comparato al concetto di Rigenerazione e di Creazione dell'uomo e di una sua elevazione spirituale.

Lo stesso Dio, in molte opere tardo medievali, era raffigurato co­me Architetto, con archipendolo, compasso e squadra, e la Rigenera­zione dell'uomo era intesa come immagine di Dio. Questo ci richiama anche alla Bibbia (Amos, V I I , 8): "Poi Egli (Dio) mi fece vedere cotal visione: ecco il Signore stava sopra un muro fatto all'archipendolo ed aveva in mano l'archipendolo... ed il Signore mi disse: Ecco l'archi­pendolo, pongo in mezzo al popolo di Israele".

È interessante osservare che questi brani della Bibbia vengono og­gi usati da alcune Grandi Logge degli Stati Uniti d'America per apri­re il Libro Sacro nel secondo grado (Compagno). Si può supporre che già nella Massoneria antica vi fosse un accostamento di Dio ad un Grande Architetto, anche se non nei termini filosofici che vennero da­ti a tale espressione dalla Massoneria speculativa. (E. Bonvicini, Mas­soneria di Rito Scozzese).

La Massoneria Operativa antecedente al secolo X V I I era fondata su due elementi basilari: la Bibbia ed il simbolismo degli attrezzi del­l'Architettura, il cui punto di congiunzione era il Tempio di Salomo­ne. Dopo il XV secolo l'architettura europea si era impregnata di nuo­ve proiezioni filosofiche nate da Giovanbattista Alberti, poi dall'Ac­cademia Medicea che mescolava il neo-platonismo di un Marsilio Fi-

8 Anche i costruttori bizantini formavano proprie ed autonome associazioni di mestiere ed avevano avuto il privilegio di vivere e lavorare in Europa secondo le pro­prie leggi ed ordinanze e vennero pertanto chiamati libero-muratori. (Stieglitz, Ge-schikte der Baukurt, 1817) Può essere affermato con certezza che lo stabilirsi di rela­zioni fra le corporazioni bizantine e quelle europee, particolarmente quelle tedesche, determinò le basi delle successive strutture e cerimonie delle Logge, trasmesse poi al­la Massoneria moderna.

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tino alla kabbala cristiana di un Pico della Mirandola ad alchemia e astrologia sorte dalla cultura araba: un insieme che, soprattutto per im­pulso della Riforma, avrebbe generato il mito dei Rosacroce.

I documenti reperiti sulla Massoneria operativa prevedono i giura­menti, sia in relazione all'appartenenza alla confraternita, sia per la t i -tolarietà delle funzioni nell'ambito della stessa.

Nella "Carta di Bologna" del 1248, il Maestro nella Società dei mae­stri del muro e del legno, giurava di osservare tutte le norme della com­pagnia e le direttive del Massaro e degli Ufficiali, ma si impegnava anche "ad obbedire e di prendere gli ordini del Podestà e del Capitano di Bo­logna e di tutti quelli che saranno al comando della città di Bologna" cioè si impegnava, come nelle Costituzioni massoniche moderne a rispettare gli organi dello Stato e le loro Leggi, che avevano priorità rispetto alle norme dettate dal Massaro e dall'Associazione. Inoltre nella "Carta di Bologna" il Maestro si impegnava, anticipatamente con giuramento9, ad ottemperare alle funzioni se eletto Massaro, oggi Maestro Venerabile, o se eletto Ministeriale, oggi 1° e 2° Sorvegliante, o Ufficiale.

In un testo attribuito a Valentin Andreae, la Fama Fraternitas, tra­dotto da Thomas Vaugham e dedicato al massone Elias Ashmole10, membro della Royal Society, ritroviamo l'integrazione dei diversi ele-

9 Nel Poema Regius del 1390 delle Craft anglosassoni si legge che il giuramento obbligherà il massone ad una "esemplare lealtà verso il sovrano" ed ad osservare tut­te "le norme di rettitudine" impartite dal Maestro che regge la Craft. Il giuramento è previsto anche dagli Statuti delle Confraternite o Compagnie degli Scalpellini e Ta­gliatori di pietra dell'area germanica o veneziana e dei Compagnonnages in Francia. La figura del giuramento nelle corporazioni o associazioni tardo-medievali, specie nell'età Comunale, si riallacciava strettamente alla Tradizione recepita dagli usi e dal­le consuetudini, sia del Diritto Romano, sia di quello Barbarico e Gotico-Longobar­do, conviventi in Italia ed Europa.

10 E. Ashmole, 1617-1692. Libero muratore inglese. In un suo diario del 1646 si legge: "D16 Ottobre alle ore 4,30 p.m. fui fatto Libero Muratore a Warrington in Lan-cashire con il Col. Henry Mainwaring di Karincham in Cheshire" ed elencò i nomi di tutti quelli che, nell'occasione, formavano la Loggia. Ashmole ed altri Fratelli Rosa-Croce, vedendo che la Massoneria Speculativa superava il numero della Operativa, "abbandonò la semplice iniziazione di quest'ultima e stabilì dei nuovi gradi basati sui misteri di Egitto e Grecia... [e che]... la decapitazione di Carlo I e la parte presa da Ashmole in favore degli Stuart produssero grandi modifiche a questo terzo ed ultimo grado, che ha preso un carattere biblico". (J. M. Ragon, Orthodoxie maconnique, Pa­rigi, 1853) Comunemente si attribuisce ad Ashmole la compilazione dei Rituali delle Logge di accettazione, che costituiscono la base dei rituali adottati dalla Gran Loggia di Scozia e nel 1714-23 dalla Gran Loggia di Londra.

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menti neoplatonici, kabbalisti, alchimisti delle diverse tendenze della massoneria ed in particolare di quella detta scozzese, prima in forma disorganica, poi a modo di sistemi che contemplavano gradi ulteriori detti in inglese side degree ed in francese hauts grades. (Frédérique Tri-stan, La Massoneria oggi, Bastogi, 1992)

Secondo alcuni massonologi, come il Findel ed il Ragon, che non tol­lerano che la massoneria abbia gradi superiori ai simbolici, antichi e fon­damentali, e limitano gli scopi dell'Ordine all'istruzione, alla educazio­ne ed alla beneficenza, contestano queste origini remote del rito scozze­se. Così, per essi, la città, la torre, l'abbazia, la Gran Loggia di Kilwin-ning non esistono e forse non esistettero mai. Emilio Daruty però si op­pone a questo dicendo che A. G. Mackey nel suo Lexicon ofFreimaso-nery del 1861 scrive: "L'Abbazia di Kilwinning è situata nel ballagio di Kunningam a tre miglia al nord dal borgo reale di Irvino, presso il ma­re di Irlanda, l'abbazia fu fondata nel 1140 da Ugo Morville, Contesta­bile di Scozia, dedicata a S. Winning. L'edificio fu costruito con gran di­spendio e molta ricchezza: esso occupava un'estensione di parecchi iu-geri di terreno. Agli architetti lombardi, che costruirono questa abbazia, si deve l'introduzione della Massoneria in Scozia. Nel 1560 questa ab­bazia fu in gran parte demolita da Alessandro, Conte di Gleucairn, per ordine degli Stati di Scozia, governo usurpatore, durante la prigionia di Maria Stuarda. Alcuni anni più tardi, la cappella dell'abbazia fu riedifi­cata ed eretta in parrocchia; ma nel 1775, minacciando essa mina, ven­ne abbattuta e sostituita da un'elegante chiesa di stile moderno.

Analoga teoria è sviluppata da Beeton che nel suo Dizionario Geo­grafico del 1868 riferendosi al Dizionario universale geografico di J. MacKarti del 1835 dice: "Kilwinning, piccola terra di Scozia (Ayrshi-re) sulla riva destra della Garnoc che si passa sopra un ponte di pietra. In essa fu costituita, verso al metà del X I I secolo la prima Loggia Mas­sonica conosciuta in Scozia. Si veggono, alla sua estremità meridiona­le, le mine del famoso monastero, edificato nel 1140, che portava il suo nome".

M. N. Bouillée nel suo Dizionario di storia e geografia del 1872 di­ce: "Kilwinning, borgo di Scozia (Ayrshire) a cinque chilometri a nord­ovest di Irvino: 3780 abitanti; mine di un monastero edificato nel 1140. Nel secolo X I I vi fu fondata la prima Loggia Massonica di Sco­zia. Anche l'enciclopedia Britannica di Adamo e Ch. Blah conferma la notizia di Bouillée riferendo che Kilwinning è un paese della Scozia ove si vedono le rovine di un'abbazia fondata nel 1107 da Ugo Mor-

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ville, Lord di Kunningam e dedicata a S. Winning e che in essa ebbe sede la prima Loggia Massonica della Scozia.

Sempre Daruty sostiene che nel 1150, tre cavalieri crociati, reduci dall'Oriente, dopo la peste di Palestina, formano in Scozia l'Ordine di Massoni di Oriente, di cui il barone di Westerode, come risulta negli Acta Latonorum di Thorey, afferma l'esistenza nel 1196.

Questo Ordine, i cui membri avevano per ornamento una croce rossa, sarebbe stato costituito da Ormesius, un saggio egiziano con­vertito al cristianesimo nell'anno 46 dell'era volgare. E sarebbe stato importato verso il 1188, dalla Terra Santa, in Europa. Di questo Ordi­ne avrebbe fatto parte anche Edoardo I (1240-1307) re di Inghilterra ricevuto da Raimondo Lullo (1236-1315).

Un secolo dopo la fondazione dell'Ordine d'Oriente, dopo l 'ulti­ma crociata, alla quale partecipò dall'aprile 1271 al luglio 1272 lo stes­so Edoardo, allora principe ereditario, i baroni scozzesi che lo aveva­no accompagnato e che, in Palestina, avevano conosciuto i fratelli di un Ordine costituito sul Moria, fondano, al loro ritorno in Scozia, un Capitolo dell'Ordine stesso, ponendo la sede nell'isola di I-Colmi Ki l l a sud delle Ebridi chiamandolo "Ordine di Heredom".

Heredom, che in ebraico significa principe o capo, da alcuni sto­rici è scritto anche Heroden, Herodem, Hairodom, Hierodom e per abbreviazione Her, H.R.D.M., H.R.M., H.D.M.

Nel 1312, due anni prima della morte del Gran Maestro Giacomo de Molay, alcuni templari si rifugiano in Scozia e trovano asilo nelle Logge Massoniche del Paese. Si arruolano nelle truppe di re Roberto Bruce, che dal 1306 governava la Scozia con il nome di Roberto I, e che nel 1314 vince a Baunoch-Burn una battaglia decisiva.

Per riconoscenza, a chi ha concorso alla vittoria, crea l'Ordine del­lo Chardon nel quale l'iniziazione si effettua con cerimonie simili a quelle che usavano i templari. Poco dopo, fondendo i due Ordini, del­lo Chardon e dell'Heredom, conferisce alla Madre Loggia di Kilwin-ning il titolo di Loggia Reale e fonda presso questa il Grande Capito­lo Sovrano dell'Ordine Reale di H.R.M. di Kilwinning e dei Cavalieri della Rosa-Croce.

"D'ora in poi iprivilegi della Massoneria non saranno più riservati agli ope­rai costruttori, ma come già si veniva praticando, saranno estesi alle perso­ne di ogni condizione che vorranno parteciparvi" Da una "Decisione" della Loggia di San Paolo, Londra 1703.

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I Rosa-Croce

"L'arte reale non è di per sé mistica, non possiede alcuna istituzione segreta, alcuna chiave

per i misteri del mondo, essa lavora con materiale umano, con uomini viventi".

Lennhoff

Quali siano i rapporti fra il Rosacrucianesimo e la Massoneria sim­bolica sembra essere materia di studio assai controversa.

Le difficoltà storiche ed esegetiche sulla questione rosacruciana impongono le massime riserve e devono indurre alla prudenza il mas-sonologo.

Siamo in pieno campo ipotetico e quanto può essere affermato po­trà essere fatto solo in funzione della sensibilità e del senso storico del lettore1.

Certamente il rosacrucianesimo fu un importante movimento di pensiero che si articolò in Europa nell'arco di un secolo e, esprimen­do valori di alta spiritualità, contribuì alla nascita di un Mondo mo­derno e a favorire il progresso delle scienze.

Le investigazioni ed il pensiero sulle leggi e sulle forze arcane del­la natura non scomparvero con gli alchimisti. La ricerca della sintesi e della legge unica e suprema dell'essere, cioè della verità fondamentale che governa la generazione, lo svolgimento e la continua evoluzione e trasformazione dell'Universo, fu oggetto di speculazione filosofica per molti studiosi.

Fra questi si distinsero i così detti Rosa-Croce. Gl i storici hanno avuto molta difficoltà nel ricercare le origini di

questo titolo distintivo e a stabilire i principi e gli intenti di questa Isti­tuzione.

1 Sull'argomento si è espresso molto bene Antonio Panaino: 1 Rosa-Croce e la lo­ro influenza sulla nascita della Massoneria in A A . V V . , Le radici esoteriche della Masso­neria, Atanor, 2001.

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E Yates suppone che il nome Rosa-Croce non derivi da rosa e da cro­ce, ma da Ros, rugiada, solvente presunto dell'oro, e da Croce intesa co­me "equivalente della Luce", che scende e unisce il cielo e la terra.

Alcuni, con J. M. Ragon, ritengono che i Gesuiti preoccupati del­l'importanza che stava acquisendo il nuovo istituto pensassero di far ade­rire alla Compagnia di Gesù i migliori elementi, costituendo un'associa­zione, che, con il miraggio di produrre oro, assicurasse ai suoi proseliti la grande potenza che sarebbe derivata dal possesso di infinite ricchezze.

Altr i pensano di aver trovato l'origine dei Rosa-Croce, o almeno dei loro emblemi, in un libro di Jacopo Typot, storico di Rodolfo I I , intitolato Jacobi Typotii simbola divina et humana pontificum, impera-torum, regum. La IV figura del primo libro dell'opera di Typot contie­ne una tavola che sotto il titolo di Simbola Sanctae Crucis, fra le altre immagini ha una croce sormontata da un pellicano.

Altr i ancora, e fra questi Kristoph Friedrich Nicolai nato a Berli­no nel 1733 racconta che Giovanni Valentino Andrea di Adelberg, ce­lebre teologo luterano, nato a Herremberg, nel Wurtemburg nel 1586 e morto nel 1654, sperando di giungere a liberare dai loro difetti le scienze ed i costumi del tempo, immaginò, con una finzione poetica, un ludibrium2, cioè un "gioco letterario", uno "scherzo", come lui stes­so la definì nel 1618, l'esistenza dell'ordine dei Rosa-Croce.

Su questo ordine Giovanni Valentino Andrea pubblicò nel 1614 e nel 1615 due opere: la Fama Fraternitas, o Rivelazione della confrater­nita del nobilissimo Ordine della Rosa+Croce (1614) e la Con/essio Fra­ternitas o Confessione dell'encomiabile Confraternita dello stimatissimo Ordine della Rosa+Croce (1615)3.

2 Bonvicini nella sua Storia dei Rosa-Croce e della loro incidenza sulla Massoneria riporta che lo stesso Andreae riconobbe nel 1618 che la descrizione della creazione della confraternita dei Rosa-Croce ad opera di Rosenkreutz nel 1408, della scoperta della sua tomba nel 1600, del "Libro M " , cioè i l "Libro del Mondo", e dei "Superio­ri occulti" era stato un "ludibrium", cioè un gioco letterario, una commedia, un mi­to, creato per dare un contenuto mistico-misterico al movimento. Con ciò non si esclude che possa essere esistita un'associazione nel 1400 o prima a carattere iniziati-co-misterico del tipo descritto nella fama di Andreae, che può essere stata rinverdita o presa a modello come "simbol" dal movimento Rosa-Croce nel 1609-1620.

* Nel 1617 la principessa Anna d'Arnhalt Bernburg, figlia di Cristiano I, fondò a Weimar la Nobile Accademia dei Fedeli nella quale erano ammesse solo donne e che era collegata con l'Accademia della Palma, esclusivamente maschile ed in entrambe si coltivavano le idee rosacruciane introdotte nel 1614 a Tubingen da Johann Valentin Andreae.

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Nel 1616 apparve anche Le nozze chimiche di Christian Rosenk-reutz4. Non sappiamo se le pubblicazioni avessero il significato di mo­strare l'istituzione con i suoi ri t i , le sue procedure, i suoi simboli, i suoi luoghi di riunione, oppure quello di esternare un ideale movimento spirituale di pensiero che riunisse uomini con lo scopo di operare una specie di rigenerazione dell'umanità, utilizzando le loro conoscenze ta­li da consentire il conseguimento del fine. Certo è che alla Fratellanza dell'Ordine della Rosa-Croce confluirono cultori della kabala, dell'al-chemia, dell'astrologia, dell'ermetismo5, della magia naturalis, cioè quelle persone che, con la loro misterosofia, erano vicine al fervore esoterico ed al rinnovamento spirituale che derivava dagli indirizzi f i ­losofici fiorentini di Marsilio Ficino6 e Pico della Mirandola7.

Come abbiamo già detto, non sappiamo con certezza documenta­le se la Massoneria abbia qualche relazione con il Rosacrucianesimo ma è probabile che Johann Valentin Andreae, con forti interessi al­chemici, alias Christian Rosenkreutz, l'autore delle "Nozze chimiche", abbia tratto qualche ispirazione dagli Statuti della Massoneria Opera­tiva. Per qualche studioso, inoltre, il fondatore della Fratellanza Rosa-cruciana, il Rosenkreutz, potrebbe addirittura essere collocato alle ori­gini del fondamentale mito massonico di Hiram di Tiro, relativamen­te al passaggio al grado massonico di Maestro.

4 Christian Rosenkreutz morto a Fez (Marocco) nel 1486.1 simboli massonici presenti nel gabinetto di riflessione sono quasi tutti presenti nelle Nozze Chimiche.

5 Alcune Ritualità, come YEmulation, si distaccano nel loro simbolismo e nei dia­loghi dalla tradizione ermetico-alchemica, richiamandosi alla tradizione ebraico-cri­stiana.

6 "Pieno di Dio lo Spirito è teso verso di Lui , illuminato dalla chiarezza divina, lo scopre, ed infiammato del suo divino calore ha sete di Lu i . Così lo Spirito diventa Tempio di Dio e lo spirito umano raggiunge Dio tutti i giorni... la nostra anima ten­de a divenir tutte le cose, come Dio è in tutte le cose. L'anima è dunque la stessa in­teriorità dell'Universo, che passa interamente attraverso l'uomo e si svolge secondo le decisioni della sua libertà. Esiste, una presenza reciproca dell'Universo all'uomo e dall'uomo all'Universo attraverso l'attività dell'anima. La deificazione è la conversio­ne progressiva dell'anima entrata nell'infinito della contemplazione". (Ficino, Teolo­gia platonica)

7 Pico fa dire a Dio: "Non ti ho assegnato un posto fisso, né alcuna limitazione, né un compito determinato, affinchè tu possa assumerti il compito che vuoi ed occu­pare il posto che preferisci... tu soltanto puoi importi l imiti ed ammira il camaleonte che noi siamo". Questo brano si accosta al concetto massonico che non si pongono li­miti alla conoscenza, nel senso che sono stati dati allo gnosticismo massonico i valori di cognizione, conoscenza, riconoscimento, intuizione individuale.

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Frances Yates8, autorevole storica inglese, in merito, è del parere che i manifesti Rosacrociani, altro non erano che le prime avvisaglie di un piano operativo politico tendente a riunire le forze dei Protestanti con finalità anticattoliche ed antiasburgiche. Questo piano segreto si sarebbe sviluppato, tra alchemia e politica, tra la fine dell'età di Elisa­betta I ed i primi tempi del regno di Giacomo I Stuart. Tale opinione porterebbe a credere ad una estraneità della Massoneria dai Rosa-Cro­ce in quanto l'istituto massonico è sempre stato, nei lavori di loggia lontano dalle questioni politiche e religiose.

Occorre ricordare che un'altra istituzione dei Rosa-Croce, deno­minata Rosa-Croce di Heredon di Kilwinning, si formò in Inghilterra dichiarandosi erede di un antico Ordine Scozia. Questa istituzione aveva un carattere esclusivamente religioso con il fine di ricondurre il cristianesimo alle sue pure origini, ai suoi veri intenti morali. Non è quindi ad Andrea, Fludd ed a Bacone, che ricercavano le leggi della natura, che gli adepti di questa istituzione rosacruciana si riferivano, bensì alla redenzione del genere umano per mezzo della grande espia­zione consumata sul Golgota. Per questo l'iniziando al grado di Rosa-Croce di questo ordine si avvicina più alla mistificazione gesuitica che alla dottrina ed agli obiettivi filosofici dei Capitoli Rosa-Croce deriva­ti dalla Fama Fraternitas.

"I Rosa-Croce pretendevano conoscere la Magia e tutti i segreti scientifici degli antichi Misteri; si proclamavano eredi della Sfinge e co­me lei erano amici del silenzio. Di essi non si conosceva che un simbo­lo, vero arcano diabolico per i profani... una stella di dodici raggi, con al centro un Triangolo inscritto in una circonferenza, e dentro questo Triangolo una Croce con una Rosa sotto la quale un Uccello ad ali aper­te si strappava il ventre a colpi di becco per nutrire con le sue viscere i suoi piccoli affamati. Ed il tutto era circondato da cinque stelle a cinque raggi mentre un'altra con sette sorgeva sopra la punta del Triangolo". (Laurier da G. Cairo, Dizionario ragionato dei simboli, Forni, 1979).

La Massoneria speculativa o moderna ha sempre tenuto nella mas­sima considerazione il rosacrucianesimo poiché esso fu una delle com­ponenti, nel 1600, della confluenza nelle Logge di accettazione di Mas­soni accettati.

La corrente fondamentalistica dei Rosa-Croce, dette inoltre vita al­la cosiddetta Massoneria occulta o del mistero, richiamando anche as-

8 E YATES, LUlluminsmo dei Rosa-Croce, Einaudi, Torino 1976.

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sociazioni precedenti quali la Confraternita dei Templari e per alcuni i Celti, i Cavalieri della Tavola Rotonda, i Greci, Roma, gli Egizi con Ermete Trismegisto, ecc.

Come afferma C. Francovich nella sua Storia della Massoneria in Italia "con i Rosa-Croce ... nasce così l'affermazione di una tradizione segreta con un seguito ininterrotto di grandi iniziati, che sono i veri Ro­sacroce, i quali, di generazione in generazione, si tramandano i misteri veri, da cui solo può derivare la salvezza dell'umanità. Sono questi i maestri invisibili, i maestri sconosciuti, i quali, senza che alcuno li rico­nosca, si aggirano fra gli uomini, facendo del bene, e cercando gli elet­ti cui trasmettere la loro dottrina e le loro conoscenze segrete".

Sembra opportuno ed interessante riportare l'ultima parte del Ma­nifesto fondamentale dei Rosa-Croce, la Fama Fraternitas, pubblicato a Kassel: ".. .Affinché ciascun cristiano sappia di quale religione e cre­denza siamo, dichiariamo di professare la fede in Gesù Cristo, nella forma chiara e pura venuta recentemente alla luce, particolarmente in Germania e ancora oggi conservata, discussa e propagata in alcuni paesi. Pratichiamo anche i due sacramenti così come sono istituiti, con tutte le forme e r i t i prescritti, nella prima Chiesa riformata. In politi­ca, noi riconosciamo il Romano Impero e la Quarta monarchia, come guida nostra e di tutti i cristiani. Anche se conosciamo i mutamenti che incombono e li riveleremo volentieri e a cuore aperto ad altri uomini dotti e pii , noi teniamo questi scritti in nostro possesso, e nessuno con­tro il volere dell'unico Dio potrà carpirceli e darli a chi è indegno. Ma aiuteremo segretamente la buona causa, così come Dio lo permetterà o impedirà. Perché il nostro Dio non è cieco, come la fortuna dei pa­gani, ma è l'ornamento della Chiesa e l'onore del Tempio. La nostra f i ­losofia non è nuova, ma è quale Adamo la ricevette dopo la Caduta e quale la professarono Mosè e Salomone. Perciò essa non deve dar adi­to a dubbio, né opporsi ad altre opinioni; poiché la verità è una, bre­ve e sempre uguale a se stessa, ma soprattutto è in armonia con Gesù in omni parte e in tutti i suoi elementi: come Cristo è la vera immagi­ne del Padre, così la Verità è immagine di Dio, non si dirà che questo è vero secondo la filosofia, ma che lo è secondo la teologia. Dove Pla­tone, Aristotele, Pitagora ed altri colsero nel segno, dove anche Eno­ch, Abramo, Mosè e Salomone eccelsero, dove anche il più grande e straordinario libro, la Bibbia, concorda, in ciò tutti concordarono, co­me in una sfera o globo, dove tutti i punti sono equidistanti dal Cen­tro. Ma di ciò si parlerà più diffusamente nella collatio cristiana. Ma

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ora soffermiamoci sull'arte empia e maledetta di produrre oro, che è assurta soprattutto ai nostri giorni, a tanta importanza, che molti fur­fanti e bricconi sfruttano per commettere azioni indegne, abusando della fiducia che viene loro accordata, e perfino uomini saggi, consi­derando la mutatio metallorum il sommo apex efastigium della filoso­fia, non hanno altro scopo e desiderio, sono pronti ad onorare più di ogni altro quel Dio che producesse oro a profusione, oppure per otte­nere ciò infastidiscono Dio onnisciente, che conosce tutti i cuori, con preghiere irriverenti e sconsiderate: di fronte a tutto ciò dichiariamo pubblicamente che ciò è falso e che i veri filosofi attribuiscono poca importanza a produrre oro, che è solo un parergon, oltre al quale si possono fare mille altre cose migliori. E diciamo, con il nostro caro pa­dre C. R. C: aurum nisi quantum aurum. Infatti colui cui è rivelata l ' in­tera natura non si rallegra se può produrre oro e se, come ha detto Cri­sto, i demoni gli ubbidiscono, ma se vede aprirsi il cielo, salire e di­scendere gli angeli di Dio e il suo nome scritto nel Libro della Vita. Inoltre testimoniamo che sotto il nome di Chimica sono stati diffusi molti l ibri e immagini in contumeliam gloriae Dei, di cui a suo tempo faremo il nome e daremo ai puri di cuore un Catalogo o registro. E pre­ghiamo tutti i dotti di prestare attenzione a questi l ibri perché il nemi­co non cessa di seminare le sue erbacce, se uno più forte non glielo im­pedisce. Allora, secondo la volontà e l'intento di fratello C . R C , noi, suoi fratelli, chiediamo nuovamente a tutti i dotti in Europa che leg­geranno questa nostra Fama unitamente alla Confessio, di considerare con animo benevolo la nostra offerta, di esaminare con la precisione e sagacia le loro arti, di scrutare il tempo presente con la massima at­tenzione, e poi di farci sapere le loro riflessioni, communicatio Consilio o singulatim per istampa. Poiché, anche se per ora non abbiamo rive­lato i nostri nomi, né quando ci incontriamo, tuttavia verremo senz'al­tro a sapere l'opinione di tutti, in qualunque lingua sia espressa; e chiunque ci farà pervenire il suo nome potrà conferire con uno di noi a viva voce, o, se vi fosse qualche impedimento per iscritto. E questo diciamo per certo: chiunque voglia discutere con noi seriamente e a cuore aperto, ne trarrà giovamento nei beni, nel corpo e nell'anima, ma chi è falso, o avido solamente di ricchezze, non potrà farci alcun danno, ma si precipiterà da se stesso nella più completa rovina. E an­che il nostro edificio, se anche centomila persone lo avessero visto da vicino, sarà in eterno intangibile, indistruttibile e nascosto al mondo empio. Sub umbra alarum tuarum, Iehova."

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È questo un chiaro invito rivolto a tutti i dotti d'Europa a prende­re contatto con la confraternita dei Rosa-Croce che però continua a re­stare segreta e i membri della stessa non sono tenuti a rivelare i propri nomi.

Nel 18° Grado del rito Scozzese Antico e Accettato i Rosa-Croce so­no così indicati: "Erano gli arditi pensatori del XV e X V I secolo e gli au­daci difensori della scienza naturale pura. Gli antichi Fratelli Rosa-Cro­ce, intrepidi naturalisti, che, sotto l'esteriorità più o meno sincera del­l'altruismo, furono promotori della ricerca scientifica, per mezzo del­l'osservazione reale; sotto il pretesto della medicina percorsero durante due secoli tutto l'Occidente d'Europa, raccogliendo elementi che altri dovranno fare fruttificare spandendo il seme del metodo scientifico. Es­si furono i precursori del nostro Fratello Francesco Bacone, il padre del­la dottrina moderna. È un episodio di storia che voi dovete studiare tan­to più accuratamente, in quanto i Rosa-Croce finirono per fondersi nel­la Massoneria e noi li poniamo fra i nostri antenati".

Nella citazione, pur riferendosi ai Rosa-Croce del XV secolo si fa riferimento al rosacrucianesimo del secondo periodo, nel quale con Bacone, Hooke, Newton, Comenius, Ashmole e molti altri matemati­ci, fisici, chimici, medici, confluirono nella Royal Society.

In ogni caso il rosacrucianesimo ha avuto un rilievo storiografico poiché è stato un evidente fenomeno di pensiero e di azione culturale e politica che si riconnetteva alle istanze dell'Umanesimo Rinascimen­tale particolarmente del "partito della Tolleranza", o degli Irenisti, che percorreva i tre filoni culturali: umanistico-razionale-neoplatonico, mistico-cristosofico, alchemico-cabbalistico. Questi filoni li ritrovia­mo espressi anche nel rosacrucianesimo con la tendenza alla fusione dei diversi pensieri filosofici che hanno poi gettato le basi del succes­sivo illuminismo.

Se l'incidenza dei Rosa-Croce fu rilevante sulla nascita della Masso­neria speculativa9, diviene comprensibile come in essa siano stati inglo­bati, specialmente nei rituali, i vari indirizzi umanistici rosacruciani.

Sempre la Yates, pur partendo da una constatazione negativa, ossia dall'oggettiva impossibilità di provare l'esistenza di una reale società se-

9 In una poesia di Adamson del 1638 si legge: "Perché ciò che noi presagiamo non è vago, perché siamo fratelli della Rosa-Croce e possediamo la parola Massone e la seconda vita". Ciò documenta l'accettazione dei Rosa-Croce in logge operative già attorno al 1630.

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greta che si denominasse rosacruciana, ha sottolineato la parallela ten­denza alla costituzione di alcune società di impronta cristiana, sebbene non strettamente confessionali, aperte all'indagine scientifica ed al pro­fano della conoscenza ed anche a forme di esoterismo e di alchemia.

Gl i Illuminati della Rosa-Croce ricollegano la Scienza e la Religio­ne cercando di introdurre Dio nella Scienza e nella Natura, fecondan­do così l'Arte e la Vita. Così si sviluppa l'evoluzione dell'ordine spiri­tuale in modo parallelo all'evoluzione nell'ordine naturale creando il Simbolo che è anche il Segno della Scienza Divina. Pertanto i Rosa-Croce hanno un'eguale fede nella Croce, antichissimo simbolo inizia­tico, e nella Rosa mistica dicendo: "Per Rosam ad Crucetn, per Crucem adRosam", cioè attraverso l'Amore alla Scienza e attraverso la Scien­za alla Vita e alla Bellezza10.

10 La rosa è un simbolo importante in varie tradizioni Pre-Cristiane. Il numero dei petali ed il colore del fiore avevano particolari rilievi simbolici, riallacciati alla nu­merologia ed ai colori. La rosa unita alla croce latina, fu il simbolo dei Rosa-Croce, simbolo però già riscontrabile anteriormente ai "Manifesti" Rosacrociani, come r i ­sulta, ad esempio, in un mosaico del I I - I I I secolo d.C. esposto al Museo Nazionale di Tunisi, dove la rosa è accostata alla croce e come si osserva in un'opera del 737 trat­ta dal "Tempietto di Cividale" ora esposta nel museo di tale città a firma del Maestro Comacino Paganus. La Yates (op. cit.) suppone che i Rosa-Croce nel loro simbolo ab­biano voluto significare ros (rugiada) nel concetto alchemico connesso alla rugiada come solvente simbolico dell'oro e la Croce come l'equivalente di Luce. Migliaia di anni prima del Cristianesimo, la croce era l'emblema sacro presso gli antichi popoli. La croce fu egualmente onorata da pagani e cristiani, come emblema universale di quel mondo, alle quattro opposte direzioni del quale si volgevano le quattro braccia divergenti. In Egitto, la croce era presente nella maggior parte delle statue divine ed in India era scolpita sui santuari, era posta all'inizio di tutte le sacre scritture e sulle tombe egiziane è usata come segno di rinascita, cioè di vita attraverso la morte. Ve­diamo anche Osiride dare con la croce la vita eterna allo spirito del giusto, Thor che schiaccia con la croce la testa del serpente e resuscita gli uccisi dal mostro. La croce, inoltre, nella remotissima antichità simboleggiava il congiungimento dell'eclittica con l'equatore, in quei punti del cielo che stanno da un lato fra i Pesci e l'Agnello e dal­l'altro vicino alla Vergine. La croce per gli iniziati era dunque l'immagine degli equi­nozi quando il sole copre quelle figure dello zodiaco. All'equinozio di primavera la croce simboleggiava la vita, a quello di autunno la morte. Ed è appunto all'equinozio di primavera che i Rosa-Croce celebrano la loro Agape rituale immolando l'agnello, lo stesso agnello che ritroviamo nella formula cristiana: "Ecce agnus Dei, qui tollit pec­cata mundi''. La rosa sopra la croce sembra quindi essere il modo più semplice per definire simbolicamente il segreto dell'immortalità, l'ultima e più nascosta e arcana degli antichi misteri. A Roma era il simbolo delle Vestali e sembra che i Druidi ta­gliassero i rami laterali degli alberi, inchiodandovi poi una trave a croce e che inta­gliassero sulla loro corteccia il Tau o segno di vita. La croce nella quale il braccio oriz-

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Nella filosofia dei Rosa-Croce sono evidenti i concetti pansofici svi­luppati in epoche precedenti da diverse scuole come quella di Charters, in Mastro Eckhart, Alberto Magno, Michele Scoto, Occam, Ruggero Bacone, Lullo ed in seguito da Ficino, Pico della Mirandola, Socino, Erasmo da Rotterdam, Melantone, Paracelso, Giordano Bruno ecc.

Il termine "pansofia" fu creato nel Rinascimento dal filosofo neo­platonico Francesco Patrizi ed aveva il significato di "conoscenza uni­versale della Natura" basato sul concetto di Macro-Cosmo e di Micro-Cosmo che divenne uno dei temi ricorrenti dell'esoterismo espresso dalla simbologia degli antichi Maestri Muratori e che venne fatto pro­prio dalla Massoneria speculativa moderna.

Con i Rosa-Croce ha termine la grande catena delle istituzioni ini­ziatone ed occulte, che hanno inizio con i Magi persiani, e, attraverso le antiche civiltà dell'India, dell'Egitto, della Giudea, della Grecia, di Roma, attraverso le sètte cristiane e le associazioni del medioevo, giun­gono fino ai tempi moderni svolgendo nel campo del pensiero la loro opera e le loro dottrine.

zontale poggia sul vertice di quello verticale è detta "comméssa" o a "tati" perché for­mante la lettera tau dell'alfabeto greco. Essa è ritenuta di origine fenicia, ma era usa­ta anche in Assiria ed Egitto con il significato affertilita rinnovata, per il flusso delle acque del Tigri e del Nilo nella pianura. In Egitto era anche il simbolo del culto del dio Thot-Ermete ad Heliopolis. La croce a tau capovolta esprimeva l'idea dell'eleva­zione della materia. Nella tradizione nordica era il "martello di Thor", simbolo del determinismo divino sul mondo. Entrambi le croci tau nella Massoneria moderna so­no divenute il simbolo del Maestro Venerabile della Loggia, ma non sappiamo se sia­no state usate nella Massoneria antica come simbolo del "Massaro" o "Guastaldo" o "Maestro dei L ibr i " , delle antiche corporazioni, anche se la tau può apparire simile al maglietto e quindi può far supporre che possa essere stata assunta quale simbolo dell'autorità nell'ambito associativo. Nella Massoneria Moderna, nel Rito di York, dell'Arco Reale Americano ha particolare rilievo il simbolo della triplice tau. La cro­ce, qualunque forma comunque abbia assunto, significò sempre vita, nuova vita. I cri­stiani la considerarono simbolo di punizione e di morte, ma anche per essi esprime un'idea positiva nella Vita e nella Fede. Nel medioevo e fino al rinascimento il sim­bolismo era la scrittura della filosofia ermetica. Molt i ermetisti ed alchimisti erano ar­chitetti e costruttori. Sembra così che la rosa-croce sia stato il simbolo principale del-l'alchemia mistica, che trasmesso agli adepti, avrebbe assunto una particolare impor­tanza diventando il segno distintivo di coloro che posero la propria attività sotto la denominazione Rosa-Croce.

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Brindisi alla Massoneria italiana

Tra i fiori e i calici Ricolmi, erompere Caldo dall'anima Può, forse, il brindisi, Se, mosso al lieto incanto De fraterno simposio, amico

[Apolline Scenda, e l'estro che dorme ecciti al

[canto. In alto il rapido Pensier: l'indagine Scruti la genesi Del mito d'Iside Squarciò la scienza i veli, E al suo radiar, sciolta qual cera,

[all'estasi L'ala mancò che invan cercava i

[cieli. Qual d'ampio fornice Montano, indomita Balsa ed ai vortici L'onda precipita, Finché, raccolta, adduce Vita e gaudio nei campi, o contro a

[fervide Ruote sospinta, e forza emana e luce; Tal dai primissimi Tempi, alla pavida Mortai progenie, Tra lampi e folgori,

"Amor mi mosse che mi fa parlare"

L'orda dei numi uscio, Che poi fuse Sofia nell'ente

[archetipo, Riconfondendo l'universo in Dio. L'Indo e il magiaco Culto, dal turgido Nilo e dal Sinai Venne ad Eleusi, E i Druidi e le divine Sibille accese, e con Numa e

[Pitagora, Dette alle nuove età riti e dottrine. Così, tra liberi Maestri, artefici D'ardue, mirifiche Moli all'Altissimo Ricomparve il mistero Antico e fu la Loggia, e in mezzo

[ai simboli Rifulse ai cuori e alle menti il vero. Il sole, origine Di forza, ed Ecate Che in lui s'illumina E d'amor palpita, Disser dell'infinita Materia i moti, e che, da intenso,

[assiduo Connubio nelle forme esce la vita. Ecco, alla gemina Luce, fiammeggiano

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D'amor le gemine Colonne, immagini Dell'evolversi arcano Della natura, e degli impulsi ingeniti Che maturan, nei tempi, il fato

[umano. Ecco dal fulgido Oriente, Pallade, Nell'opra, ai despoti Sfida e supplizio, Del genio i segni incide; Vigore Ercole infonde, e di sue

[grazie, Bella e gioconda, Venere sorride. Ed ecco il mistico Tempio, nei termini Del mondo, i limiti Segnarsi: ai Tartari Spinger le basi, e fuore, Per gli stellati azzurri, dall'alto

[Empireo Lanciar, dall'ampia terra, inni

[d'amore. Ma del malefico Spirto, alle libere Menti, implacabile, Stiè contro l'invida Rabbia: la lotta eterna Glorie sconfitte, ai Figli della

[Vedova, Tenebra e luce, e pianti e gaudi,

[alterna. Pur di Prometeo Sull'aspro culmine Confitto, i visceri Stancano il Vulture Di Giove: non consuma Satana il fuoco eterno, e il fiero

[Encelado,

Ancora, invan sepolto, ulula e fuma. Molt i già vissero Pria d'Agamennone, Che, il fato indomiti Sfidando, l'ultimo Sospir, neU'ultim'ora, Volsero ai dì lontani, e sul patibolo Si ricordar d'età non nate ancora! Quanti, tra i fascini Del vero, all'essere Segnando origine E leggi, il turbine De' rei travolse! offesa Però l'idea non fu: la sacra lampada Restò fra i roghi e le ruine, accesa. E in mezzo ai ruderi Del vetustissimo Tempio e a' funerei Cippi, avvolgendosi Solingo il Rosa-Croce, Ridestò quella fiamma e resa al

[vindice Pensier coscienza del suo dritto e

[voce. Allor, del genio Ribelle agli impeti Nuovi, s'infransero Corone e mitrie: Risolto è il tempio! Gira Minerva intorno i grand'occhi

[cerulei; Contempla Alcide e Venere sospira. Tali dall'opera Degli avi, assidue D'esempio ai posteri Forze discendono; E più costò la gloria Dei morti, e più dei vivi il baldo

[esercito

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Corre cantando all'ultima vittoria. E vince: un fremito Scuote dai cardini La terra: esultano, Franchi dall'ultima Tirannide, i mortali; E il giorno albeggia in cui fratelli i

[popoli Farà giustizia e liberi ed uguali. Così dai secoli Trascorsi, al secolo Nascente, assurgono Gl i auspici: i giovani Raccolgon dagli affranti Cursor le faci; alto le turbe incalzano, E fiero erompe il grido: avanti,

[avanti! E tu, che in triplice Serto, del Golgota Oltraggi il martire Santo e vituperi il codice divino, A che t'indugi ancor! Vecchio

[pontefice, L'uomo ha vinto il tuo Dio: sgombra

[ i l cammino.

Ulisse Bacci

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Conclusione

"Chiunque saprà vincere il timore della morte, uscirà dal seno della Terra e

avrà il diritto di essere iniziato ai grandi Misteri. " Concetto iniziatico egizio di Sothos

Obiettivo di questo lavoro non è stato solo quello di riportare in forma riassuntiva i collegamenti certi e presunti che la Massoneria ha avuto con il passato, ma soprattutto il tentativo di rivitalizzare l'istru­zione massonica, di superare l'inerzia culturale che talvolta si manife­sta nelle logge.

Il massone deve conoscere la storia della Massoneria, la sua origi­ne e lo sviluppo che vi è stato nei tempi passati, le sue vicissitudini, le sue persecuzioni, le sue lotte e le sue vittorie, la sua organizzazione nei diversi paesi ed epoche, quello che ha fatto nel passato, la parte di glo­ria che ha avuto nella conquista della civilizzazione moderna con le sue relazioni con la famiglia, la religione, lo stato e, particolarmente, la sua ragione di essere nel nostro tempo.

Questo poiché la Massoneria si può considerare, dalla sua nascita ad oggi, quale una scuola di formazione umana, quale una educazione civica, come ben dice Pedro Alvarez Làzaro che, abbandonate com­pletamente le istruzioni tecniche della costruzione, si trasferisce in una associazione cosmopolita che raccoglie membri di differente lingua, cultura, religione, razza ed anche convinzioni politiche, con il deside­rio di perfezionarsi tramite una simbologia mistica e razionale e con l'obiettivo primario di prestare aiuto agli altri per mezzo della filan­tropia e dell'educazione.

Ma essendo la Massoneria una collettività di uomini e non di an­geli e di santi, ha conosciuto e conosce errori, deviazioni, egoismi.

Senza ombra di dubbio però la sua filosofia ed i suoi metodi han­no educato decine di generazioni al culto delle più eminenti virtù uma­ne e degli ideali di fratellanza, di libertà e di giustizia.

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E sul pensiero umanistico, sulle tradizioni simbologistiche della Massoneria antica, quella speculativa o moderna, ha innestato i nuovi indirizzi spirituali mantenendo valide e vitali le norme che gli antichi Maestri avevano profuso nel passato attraverso le loro opere.

Come dice Alberto Cesare Ambesi, il massone moderno "...non deve vergognarsi di pregare come i Maestri operativi pregavano, r i ­chiedendo la grazia dell'illuminazione dell'intelletto", ogni Fratello " l i ­bero e di buoni costumi" è anche edificatore di simbolici Templi ove la Virtù, la Tolleranza, l'Amore che altro non è che "àgape fraterna", rap­presentano gli elementi dei moderni ed attuali "lavori architettonici".

Per mezzo della saggezza dei simboli, il Massone può maturare in se stesso la certezza che la vita ultrasensibile dipende dalle azioni com­piute e dai pensieri coltivati dall'uomo durante la sua vita terrena. Questo lo rende più consapevole, più attento e responsabile nel suo vi­vere quotidiano e lo predispone in modo positivo verso gli altri.

Al di là di ogni osservazione storica e scientifica sulle origini della Massoneria, sui suoi albori mistici e rituali, al di là di ogni certezza, dubbio e confutazione, resta con sicurezza tutto quello che porterà al­la formazione della Loggia "dell'Oca e del Grillo", da quella della "Co­rona" e "dell'Uva e del Bicchiere" alla nascita, con l'assemblea alla Ta­verna del "Pomo", nel 1717, della Gran Loggia di Londra, all'inizio di quella Massoneria speculativa e moderna che vive oltre i tempi, che ci porta a conoscenze superiori, allargando gli orizzonti dell'intelligenza ed alimentando i sentimenti della tolleranza.

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Indice

Prefazione p. 7

Premessa 11

Le origini della Massoneria 21

Le religioni dei misteri 35

I Magi 59

Bramini e Ginnosofisti 63

II culto mitriaco 65

Il sufismo 69

La scuola pitagorica 71

Il Tempio di Salomone e la leggenda di Hiram 77

I Maestri Comacini 91

L'Ordine dei Templari 97

San Giovanni 107

Le Corporazioni costruttrici 113

I Rosa-Croce 129

Brindisi alla Massoneria italiana 139

Conclusione 143

Bibliografia 145