mainoldi, metabolé e metánoia

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    Fderation Internationale des Institus dtudes MdivalesTEXTES ET TUDES DU MOYEN GE, 46

    COSMOGONIE E COSMOLOGIENEL MEDIOEVO

    Atti del XVII Convegno della SISPM Catania 22-24 settembre 2006

    a cura diConcetto Martello Chiara Militella Andrea Vella

    LOUVAIN-LA-NEUVE

    2008

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    ERNESTO SERGIO MAINOLDI

    METABOL E METNOIA

    ILRUOLODELLANTROPOLOGIABIBLICO-PATRISTICA

    NELLESTAZIONIDELPENSIEROTEOLOGICOMEDIEVALE

    AFRONTEDELPROBLEMACOSMOLOGICO

    In nativitate Leonis, ante diem XII Kalendas Martiasa.D. MMVII, cui dico

    Mt3, 2

    Ecce enim ego creo caelos novos et terram novam

    et non erunt in memoria priora et non ascendent super corIs 65, 17

    Nel 363 d.C. moriva limperatore Giuliano, nipote e successore di quelCostantino, che aveva sancito con lEditto di Milano del 311 il connubio traImpero romano e cristianesimo, fatto che si riveler decisivo per la diffu-sione in questo mondo della fede nel Dio incarnato, morto e risorto. Alcontrario di suo zio, Giuliano si impegn nel tentativo di spezzare questolegame politico-religioso, che comprendeva essere il viatico per lafferma-zione della fede proveniente dalla Galilea a scapito della religione ellenicatradizionale. Sebbene loperazione apologetica intrapresa dallimperato-re non sfoci n in violente persecuzioni contro i cristiani (che vennerotuttavia interdetti dallinsegnamento strategico della retorica), n ebbegrande efficacia teorica e storica (anche in considerazione della brevit delsuo regno), il tentativo di riaffermare il paganesimo come base ideologicadellimpero valse a Giuliano lappellativo spregiativo di apostata da parte

    dei suoi avversari cristiani, epiteto con cui sarebbe stato consegnato alla

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    1G. NAUD L. ALLACCI L. HOLSTE. Roma, 1638.2

    (Des dieux et du monde, ed. G. ROCHEFORT. Paris, Les Belles Lettres, 1960, III, 3).3 Citiamo il trattato nelled. italiana: GREGORIODI NISSA, Luomo, trad. di B. SALMONA.

    Roma, Citt Nuova, 1982; il testo greco, non ancora disponibile in edizione critica aggior-nata, in PG 44, coll. 124-256.

    memoria storica. Nellanno della morte di Giuliano, Salustio Filosofo, unodei principali collaboratori a cui limperatore si appoggi nella sua operadi restaurazione dellantica religione, pubblic un trattatello in cui veniva

    offerta una pregevole sintesi dellantica visione del mondo, in cui mito, reli-gione e filosofia venivano presentati nella loro relazione organica e unitaria.Il trattato, adespoto nelle fonti manoscritte, stato intitolato nelleditio prin-ceps come De diis et mundo1. La scelta, pi che per ragioni filologiche, simostra ermeneuticamente feconda e giustificata per il fatto che il trattato siapre dichiarando il suo intento essere pedagogico (o, meglio, isagogico) e ilsuo principale soggetto essere gli di ( , I, 1); nel terzo capitoloil mondo viene presentato come segno delloperazione degli di, mostrandodi tenere una centralit subordinata ai soli di nelleconomia della dottrina

    esposta da Salustio: I miti rappresentano lagire degli di, e per questo ilcosmo pu essere detto mito2.

    Nel 379, pochi anni dopo la morte di Giuliano e la pubblicazione delDe diis et mundo, Gregorio di Nissa scriveva il (De opificio hominis)3, opera che costituisce il primo trattato di antropologianoto della letteratura cristiana. Gregorio compose il trattato, come lui stessodichiara, per completare lesegesi sullEsamerone intrapresa dal fratelloBasilio, vescovo di Cesarea, e lasciata interrotta, per morte sopraggiun-ta, prima di arrivare al commento della creazione delluomo. Il Nisseno,pur rivendicando la sua inadeguatezza a proseguire il trattato del fratello,giustifica la necessit della sua opera in ragione dellincompletezza di cuilesegesi di Basilio soffriva, mancando di commentare lantropogenesi, attofinale e perfettivo della creazione.

    I due trattati, pressoch contemporanei, di Salustio e di Gregorio,sintesi e apologie di due sistemi religiosi e filosofici concorrenti, possonoessere assunti come modelli delle visioni del mondo e delluomo condivisedai due autori, in un momento in cui la contrapposizione tra paganesimo e

    cristianesimo aveva assunto i contorni di uno scontro epocale decisivo perle sorti dellimpero, allorch iniziavano a delinearsi le conseguenze storichedella conversione di Costantino, in un periodo di grande profusione dienergie da parte della Chiesa nellorganizzazione della sua struttura territo-

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    4 Largomento della dignit del corpo, in ragione della sua partecipazione alleconomiadellIncarnazione e alla Resurrezione, rende conto del motivo per cui Gregorio dedica unabuona met del De opificio hominis a questioni di fisiologia.

    5 In riferimento al testo di Salustio il De opificio hominis di Gregorio potrebbe esserereintitolato come De deo et homine o meglio De deo et eius imagine. Giovanni Scoto Eriu-

    gena citer costantemente il trattato del Nisseno, da lui tradotto in latino sulla base di unmanoscritto probabilmente anepigrafo, come Sermo de imagine.

    riale e nello slancio catechetico che seguiva la svolta segnata dal Conciliodi Nicea (325 d.C.). Il nodo centrale che contraddistingue i due scritti e leprospettive che li hanno originati pu essere identificato nella divergenza

    sulla concezione del rapporto tra cosmologia e antropologia: mentre il trat-tato di Salustio riserva alluomo un posto del tutto marginale rispetto aglidi e al mondo, parlandone in relazione al paradosso dellesistenza del male,stante la bont degli di (cap. XII), il trattato di Gregorio venne scritto peraffermare la centralit delluomo nella creazione.

    La posizione del vescovo di Nissa potrebbe apparire scontata alla lucedegli sviluppi del pensiero cristiano in epoca tardo-antica e medievale, maevidentemente non lo era nellepoca compresa tra il Concilio di Nicea equello di Costantinopoli (381), segnati dallopposizione tra la concezioneimmanentista della Trinit, sostenuta da ariani e pneumatomachi, e la con-cezione trascendentista ortodossa. Sullo sfondo di questo contesto storicosi coglie la preoccupazione da parte di Gregorio di affermare, in chiaveapologetica, il ruolo dellantropologia nelleconomia della dottrina cristia-na, sancendo linterdipendenza tra la creazione delluomo a immagine esomiglianza, lincarnazione e la risurrezione di Cristo Dio e uomo e ladeificazione risurrezionale delluomo, in anima e corpo4.

    Ai fini del confronto tra i fondamenti della cosmologia pagana e di

    quella cristiana possiamo osservare che per la prima, nella cui tradizionesi pone il trattato di Salustio, la riflessione sul cosmo occupa un posto dipreminenza, in quanto nel cosmo che si rivela l degli di, mentreper la tradizione esegetica di Genesi I, in cui il commento di Gregorio siinserisce, in luogo della centralit del cosmo troviamo luomo, che non soltanto prodotto delloperazione creativa di Dio, ma ne esprime la cifraontologica, essendone limmagine creata. Secondo una prospettiva unani-memente condivisa dagli esegeti di Genesi,luomo stato creato alla fine diogni cosa, lultimo giorno dellEsamerone, in quanto vertice e ricapitolazio-

    ne dellintera creazione. Possiamo quindi dire, in sintesi, che il fondamentotipologico della cosmologia cristiana basata sulla relazione uomo-Dio,quando la cosmologia pagana si fonda sulla relazione cosmo-di5.

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    6GREGORIODI NISSA, Luomo. 2, p. 32.7 Cf. GREGORIODI NISSA, Luomo. 16, p. 75.8 Cf. GREGORIODI NISSA, Luomo. 3, p. 35.9 Lantropogenesi biblica e il concetto fondamentale di imago, a pi riprese ribadita

    nel Vecchio Testamento (cf. Sap 2, 23: Deus creavit hominem inexterminabilem et adimaginem suae similitudinis fecit illum), venne illustrata da s. Paolo in associazione con

    leconomia cristologica (Col3, 10: et induentes novum eum qui renovatur in agnitionemsecundum imaginem eius qui creavit eum) e alla ricapitolazione della cosmogenesi nella

    Nel De opificio hominis, Gregorio, muovendosi sulla base del modelloesegetico di Filone Alessandrino, ricorre ad argomenti filosofici, ripresi daun ampio ventaglio di fonti, per porre in critica la concezione cosmologica

    dei filosofi greci, offrendoci cos elementi utili a identificare il discrimineessenziale tra le due tradizioni, pagana e cristiana, secondo la visione di unPadre del IV secolo: il discorso sulla natura del cosmo infatti identifica-bile come uno degli argomenti chiave su cui si concentra lattenzione delNisseno, nellintenzione di proporre, commentando lincipit di Genesi, unapreliminare desacralizzazione del cosmo in funzione antipagana. Riferen-dosi alle categorie di quiete e movimento, mutabilit e impassibilit, tracceevidenti della sua formazione filosofica, Gregorio afferma che: La terra fissa, ma non immobile; il cielo, che al contrario non si altera, non ha fissit

    [] n luno n laltra infatti possono essere ritenuti di natura divina .La distinzione tra la creazione del cosmo e la creazione delluomo

    viene presentata da Gregorio attraverso un altro elemento originale, desuntoda un argomento esegetico: mentre ogni cosa creata stata creata dalla paro-la di Dio senza necessit di una preparazione, luomo ha invece avuto unapreparazione, come si evince dai due racconti dellantropogenesi (richiama-ti secondo lo schema dottrinale risalente a Filone e Origene delle doppiacreazione) , per cui luomo fu fatto archetipicamente a immagine e somi-glianza (cfr. Gen 1, 26), ma anche venne plasmato dalla terra (cfr. Gen 2,7); per Gregorio questo doppio racconto esplicita la superiorit delluomo,che ha ottenuto una dignit anteriore alla nascita e ha ottenuto legemoniasugli esseri prima di giungere egli stesso allessere8. La peculiarit dellitercreazionale delluomo, non va cercato in altro puntualizza Gregorio muo-vendosi sul terreno di una tradizione esegetica ben affermata che nel temabiblico della creazione a immagine e somiglianza di Dio . A proposito diquesto argomento opportuno rilevare che il ragionamento di Gregorio nonparte dal mero dato biblico assunto automaticamente come affermazionerivelata della dignit delluomo, ma si sviluppa come tentativo di giustifi-

    cazione, attraverso il testo sacro, di un argomento dottrinale facente parte

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    cristologia: qui est imago Dei invisibilis primogenitus omnis creaturae, quia in ipso condi-ta sunt universa in caelis et in terra visibilia et invisibilia sive throni sive dominationes siveprincipatus sive potestates omnia per ipsum et in ipso creata sunt (Col1, 15-16). Questoultimo aspetto fu sancito come dogma nel secondo articolo del Credo niceno-costantino-politano.

    10 Per il tema dellAnthropos (lUomo primordiale) nello gnosticismo e nellermetismoin relazione alla tradizione giudaico-cristiana cf. H.-CH. PUECH, En qute de la Gnose.Paris, Gallimard, 1978 (trad. it. Milano, Adelphi, 1985, pp. 497-501); J. Bregman, Syne-sius, the Hermetica and Gnosis, in Neoplatonism and Gnosticism, edd. R. T. WALLIS - J.BREGMAN(Studies in Neoplatonism, 6). Albany (NY), State University of New York Press,1992, pp. 85-98.

    11 Lespressione, secondo la testimonianza di Davide Armeno, risalirebbe a Demo-crito di Abdera: (Framm. B 34, in Die Fragmente der Vorsokratiker, vol.2, edd. H. DIELS - W. KRANZ. Berlin, Weidmann, 1952, rist. 1966).

    12 GREGORIO DI NISSA, Luomo. 16, pp. 72-73; testo greco in PG 44, col. 177. La

    fonte del passo potrebbe essere identificata in Galeno, De usu partium: ,

    della koin teologica in cui lautore si muoveva. Ci sembra infatti difficileche il duplice racconto della creazione delluomo possa di per s solo dareil la a una concezione sistematica e strutturata argomentativamente circa la

    dignit delluomo, soprattutto se si considera che in et tardo-antica circola-vano diverse teorie che riservavano alluomo un ruolo eminente nellepopeadel cosmo, portando accenti nuovi rispetto alla tradizione classica ellenica,come le dottrine gnostiche o lermetismo10. evidente piuttosto che il Nis-seno, partendo da una concezione del mondo teandrocentrica, costituenteil cuore stesso della cosmologia cristiana, cercasse una sistematizzazionedottrinale, con finalit apologetiche, attraverso lesegesi delle radici scrit-turistiche della tradizione e attraverso un confronto argomentativo con leconcezioni del mondo che in quel momento storico erano in vigore.

    Significativamente, uno dei pi notevoli argomenti utilizzati da Grego-rio nel De opificio hominis per sottolineare la divergenza tra antropogenesie cosmogenesi costituito dalla polemica contro la definizione democriteadi uomo come microcosmo11:

    I filosofi pagani hanno immaginato cose meschine e indegne dellamagnificenza delluomo nel tentativo di innalzare il momento umano.Hanno infatti affermato che luomo un microcosmo compostodagli stessi elementi del tutto ( , ) e in que-

    sto modo hanno voluto fare lelogio della natura, dimenticando che intale modo rendevano luomo simile ai caratteri propri della zanzara edel topo12.

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    (ed. G. HELMREICH. Teubner, 1909, rist. 1968;Khn, vol. 3. p. 241, r. 15). Il riferimento agli elementi potrebbe inoltre far pensare a unareminescenza di Platone, Filebo 29.

    13 Cf. GREGORIODI NISSA, Luomo. 19, p. 88.14 Per il gioco di questi due concetti in Gregorio di Nissa cf. E. PEROLI, Lessere e il

    tempo in Gregorio di Nissa, in Identit cristiana e filosofia, a cura di G. FERRETTI. Tori-

    no, Rosenberg & Sellier, 2002, pp. 79-80: il modo del tutto consapevole con il qualeGregorio stato in grado di istituire [il rapporto tra cristianesimo e filosofia greca] lo ha

    Dallimpostazione del trattato e dagli spunti polemici analizzati,appare chiaro come Gregorio arrivi a questa prima sistemazione dellan-tropologia cristiana in vista dello scopo apologetico da lui dichiarato, cio

    difendere la dottrina della resurrezione escatologica dei corpi. La tortuo-sit espositiva del De opificio potrebbe essere addotta a comprova dellasua originalit, mentre il ricorso alla nutrita serie di fonti, tanto elleniche(in primo luogo platoniche il Timeo , neoplatoniche e stoiche) quantogiudaico-cristiane (Filone, Origene, Basilio), che arricchiscono il trattatoa scapito della sua linearit, mostra lintento di operare una sistemazionedi posizioni pi o meno contrastanti. La dottrina antropologica di Gregorioriassume infatti i dati tradizionali operando un filtraggio di dottrine e opi-nioni problematiche sorte nellesegesi dei secoli precedenti, quali il tema

    della doppia creazione (moderandone gli aspetti dualistici, a cui la letturadi Origene o di Filone poteva lasciare addito), la creazione parietetica dianima e corpo (contro la preesistenza delle anime, accettata da Origene edal contemporaneo Nemesio di Emesa), la lettura allegorica del Paradiso(che viene interpretato, filonianamente, come allegoria della beatitudine)13.Ci sembra dunque evidente come Gregorio si ponga la preoccupazione diarmonizzare un bagaglio di nozioni, provenienti da tradizioni eterogenee,che si erano accumulate nei primi secoli di formazione del pensiero cristia-no, con lintento di fare maggiore chiarezza intorno ai nodi speculativi e ai

    limiti dogmatici dellortodossia. Possiamo dunque considerare loperazionedi rilettura delle fonti filosofiche, cosmologiche e antropologiche propostadal Nisseno come una metabol orientata da una metnoia del pensiero:indichiamo con metnoia la consapevolezza che determina la speculazionedi un autore in relazione alla tradizione dottrinale (filosofica e/o religiosa)in cui questi si riconosce, consapevolezza che risulta decisiva nella sceltae nellinterpretazione delle sue fonti, tanto da portarlo a modificarle e adadattarle al fine di renderle compatibili con il paradigma dottrinale a cuiegli ispira la sua riflessione e al quale orienta la propria comprensione della

    realt; chiamiamo quindi metabol questo sforzo adattativo14

    .

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    Gregorio di Nissa condensa per primo in una trattazione antropologicai portati riguardanti la concezione delluomo che le dispute sullIncarnazio-ne avevano sviluppato prima e dopo Nicea, in particolare con la dottrina di

    Atanasio di Alessandria15. Il fatto che Gregorio concepisca il suo trattatoantropologico come necessario completamento del commento basiliano allacosmogenesi biblica, evidenzia come la concezione antropologica e antro-pogonica cristiana, emergente dal dato biblico vetero- e neotestamentario,venga percepito e presentato come fondamento di una nuova concezionedella realt, capace di imprimere una svolta rispetto alla cosmologia ellenicae romana. Questa nuova concezione, giunta con il De hominis opificio a unaesplicitazione argomentativa, si manifesta pienamente nellaffermazione delNisseno che presenta luomo come natura universale: non una parte del

    tutto, ma tutta insieme la pienezza della natura16

    .Soffermandoci brevemente, a modo di excursus, sui rapporti tra

    cosmologia/cosmogonia e antropologia/antropogonia nel pensiero grecoantico ci sembra opportuno rilevare come sia da escludere un significa-to antropocentrico per lantropomorfismo dei mitografi. Esiodo accordaalluomo una posizione del tutto marginale nellepopea cosmogonica, rin-traendolo, in modo non dissimile dalluomo omerico, come del tutto soggia-cente al volere degli di17. Sebbene lantropomorfismo dei mitografi fossedivenuto estraneo alla teologia filosofica gi a partire dai Presocratici18, una

    condotto a modificare in maniera profonda alcune delle strutture concettuali della metafi-sica neoplatonica.

    15 Del vescovo alessandrino cf. in particolare il De incarnatione Verbi.16GREGORIODI NISSA, Luomo. 22, p. 94: ,

    , . , (PG 44, col. 204).

    17 La Teogonia una storia del mondo degli di; [] una storia del mondo divino

    visto attraverso le vicende che lo hanno portato ad essere quello che , e nel quadro di talemondo, che appare ormai fissato nelle sue linee, luomo rientra come uno dei tanti elementiche lo compongono (G. ARRIGHETTI, introd. a ESIODO, Teogonia. Milano, Rizzoli, 1984, p.39). Tra i poeti lirici, partecipi della cultura mitografica, luomo non appare in una condi-zione diversa nellordine cosmico, ad es. Pindaro: Che speri sia la sagezza, / onde luomodi poco sulluomo sinalza? / Non vale con senno mortale / a indagare i consigli dei numi:/ nato da madre terrena (PINDARO, Peani, Frammento n. 26. Traduzione di L. TRAVERSO.Firenze, Sansoni, 1961, p. 429). Sul rapporto uomo-di in Omero cf. F. CODINO, Introdu-zione a Omero. Torino, Einaudi, 1965, pp. 163-167.

    18 A Senofane di Colofone si attribuisce la prima decisiva critica dellantropomorfismo:Ma i mortali credono che gli di siano nati e che abbiano abito, linguaggio e aspetto come

    loro; Ma se i buoi e i leoni avessero mani e potessero con le loro mani dise-gnare e fare ci appunto che gli uomini fanno, i cavalli disegnerebbero figure di di simili

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    radicale rivalutazione del ruolo delluomo nellordine cosmico non vennemai concepita o promossa dai filosofi. Un legame concettuale tra teologia,cosmologia e antropologia nel pensiero greco va piuttosto cercato nel tema

    delle corrispondenze astrali tra uomo e cosmo o nella concezione delluo-mo come microcosmo. Se della concezione astrologica va tuttavia rilevatala tardivit del suo ingresso nella cultura greca, che la accolse con inizialeriluttanza in virt di unapparente idiosincrasia con il sistema gerarchicodelle divinit della religione tradizionale19, la nozione di uomo-microcosmocostitu unestensione della concezione dellarmonia universale, in senoalla quale luomo veniva fatto rientrare al pari di ogni altra realt, senzatuttavia guadagnare un ruolo privilegiato: questo complesso di idee si puricondurre a una concezione analogica ed esemplaristica, dove il modello

    delluomo costituito dal cosmo. In Timeo 34B Platone descrive la forma-zione dellanima mundi da parte del Demiurgo come principio vitalisticouniversale del tutto indipendente dalla generazione delluomo, il quale stato formato non dal Demiurgo ma dagli di, poich se questi [gli uomini]si generassero ed avessero vita per opera mia [il Demiurgo], diventerebberouguali agli di (41C)20. La maggiore dignit degli di rispetto alluomo

    ai cavalli e i buoi simili ai buoi, e farebbero corpi foggiati cos come di loro

    foggiato (SENOFANEDI COLOFONE, Silloi, in I Presocratici. Testimonianze e frammenti, vol.I, trad. P. Albertelli. Roma-Bari, Laterza, 1990, p. 172). Per una ricostruzione storica dellade-personalizzazione degli di nella filosofia greca antica fino a Platone cf. D. CARABINE,The Unknown God. Negative Theology in the Platonic: Plato to Eriugena . Louvain, Peeters- W.B. Eerdemans, 1995, pp. 14-19. Il contenuto dei miti poteva trovare una sopravvivenzafilosofica da Platone in poi attraverso una rilettura allegorizzante, che tuttavia escludevadalla sua interpretazione ogni realismo antropologico; cf. J. PPIN, Mythe et allgorie. Lesorigines grecques et les contestations judo-chrtiennes. Paris, tudes augustiniennes,1976, pp. 93-94, 113-114.

    19 In merito cf. F. CUMONT, Astrology and Religion among Greeks and Romans. New

    York-London, G.P. Putnams Sons, 1912. Testimonianza dellaccoglimento dei culti e delleconcezioni astrali, previo adattamento al sapere greco, quanto dice Platone nellEpinomi-de: In ogni caso dobbiamo essere certi che quanto i Greci hanno recepito dai barbari, poilhanno perfezionato in sommo grado. E anche a riguardo di questo argomento [lastrono-mia e il culto degli astri] rimane la speranza che i Greci sappiano venerare tutti questi diin un modo pi bello e pi degno di quanto non facciano la tradizione e i culti di originebarbarica. una speranza fondata sul fatto che i Greci si servono di una determinata formadi educazione [paidia], dei responsi delloracolo delfico, e di tutto un complesso di ritisanciti per leggi (987D-988A; trad. di R. Radice, in PLATONE, Tutti gli scritti, a cura di G.REALE. Milano, Rusconi, 1991, p. 1782). Di fatto tra i culti astrali barbarici e la concezionedella divinit degli astri ellenica vi fu possibilit di sintesi, come sottintende Platone, in

    virt dellessere entrambi culti cosmologici.20 Trad. di G. Reale, in PLATONE, Tutti gli scritti, p. 1370.

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    21Langelologia cristiana, pur riconoscendo elevatissima dignit spirituale alle creatureincorporee, ammette che Dio abbia disposto solo nelluomo la propria immagine e somi-glianza. Luomo ontologicamente superiore agli angeli per il fatto di avere un corpo, senzail quale non avrebbe potuto partecipare alleconomia della salvezza; gli angeli ribelli infatti,secondo la tradizione esegetica pi diffusa, sono caduti in eterna rovina essendo privi diuna dimensione corporea che consentisse loro lespiazione del peccato nella mortalit. La

    superiorit delluomo tra le creature intelligenti in virt della sua corporeit costituiscedunque uneredit del pensiero giudaico e biblico, nella quale si disegna una fondamentaledifferenza paradigmatica rispetto alla filosofia ellenica, per la quale lincorporeo ha premi-nenza assoluta sul corporeo.

    22 Sebbene pi tardiva, la concezione dellindividuazione nel neoplatonismo-aristote-lizzante di Porfirio come collezione unica di attributi costituisce unulteriore testimonianzadi una concezione metafisica ricavata dalle categorie del cosmo, affatto distante dallaprospettiva personalistica biblica. Sullindividuazione in Porfirio cf. R. CHIARADONNA,La teoria dellindividuo in Porfirio e l stoico, in Elenchos, 21 (2000),pp. 303-331.

    23

    En ce qui concerne, paralllement, le rapport de lhomme ce qui le dpasse, etdevant lequel il se sent infrieur, il sagit l dun des thmes les plus constants de la litt-rature grecque, et dailleurs de lensemble de la littrature ancienne [], dans laquelle lafaiblesse de lhomme est toujours nouveau contraste la puissance des dieux. Aristotereprend ce thme, mais lui donne un tour original. En effet, ce qui est dclar suprieur lhomme nest plus le monde des Olympiens, mais bien les composants de lunivers phy-sique. Ceux-ci sont dclars de nature plus divine que lhomme. Par l, le thme anciende la supriorit des dieux du mythe est utilis comme terme dune analogie qui permet deconcevoir une autre hirarchie: les lments du monde ont envers lhomme tel que le con-oit Aristote la mme supriorit que celle que possdaient les Olympiens envers lhommede la posie archaque (R. BRAGUE, Aristote et la question du monde. Essai sur le contexte

    cosmologique et anthropologique de lontologie. Paris, Presses Universitaires de France,1998 [20012], pp. 210-211; cf. pp. 205-222).

    dunque assicurata dallessere questi generati dal Demiurgo universale,mentre luomo stato fatto dagli di su disposizione del Demiurgo, affinchoccupi un rango ad essi subordinato21.

    In linea con la cosmogonia esiodea, la cosmologia platonica conferi-sce alluomo un posto secondario nellordine delluniverso e, concependola formazione degli uomini, in quanto anime individuali, come imitazionepartecipativa allanima mundi preesistente, sottomette lo statuto ontologicodelluomo alla necessit cosmica22. Nemmeno con Aristotele sebbene loStagirita tratti lantropologia con originalit rispetto alla tradizione che loha preceduto la posizione delluomo nel cosmo si discosta significativa-mente dalla precedente prospettiva subordinazionistica, vedendosi luomocome inferiore rispetto agli elementi costitutivi della fisica del cosmo23. Lafilosofia, emancipatasi dalla mitologia, non guadagna dunque per luomo unposto pi emancipato rispetto a quello accordatogli dai mitografi, a segno di

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    24 Sul ruolo del Fato nel pensiero antico cf. W. C. GREENE, Moira. Fate, Good, and Evilin Greek Thought. Cambridge, Harvard University Press, 1944.

    25 Il ribaltamento della prospettiva biblica rispetto a quella ellenica inoltre chiaro nellanominatio Adami (cf. Gen 2, 19): luomo che d i nomi corretti ai viventi e non un agentedivino, come il Nomoteta del Cratilo di Platone o lOnomoteta di Proclo.

    26 In questa terminologia si coglierebbe lintento di definire lhomme concret, avecsa stature corporelle, dans son unit et sa globalit (A.-G. HAMMAN, Lhomme image de

    Dieu. Essai dune anthropologie chrtienne dans lglise des cinq premiers sicles . Paris,Descle, 1987, p. 14).

    una continuit nel paradigma religioso e filosofico ellenico dallet omericaalla stagione della sua maturit. Va infine sottolineato a chiusa di questoexcursus che nellintero percorso della filosofia ellenica la nozione di Fato

    non viene mai messa in discussione, anche laddove viene sostenuto largo-mento della libert umana, ci che comporta comunque una accettazione diunorigine e di una collocazione encosmica per luomo24.

    Il legame uomo-cosmo, che nella visione cosmologica antica con-cepito come una subordinazione delluomo rispetto al cosmo, al cui ordinequesti partecipa in virt dellanalogia tra la sua anima individuale e lanimadel mondo, nel giudaismo e nel cristianesimo viene concepito alloppostocome affermazione della superiorit delluomo rispetto al cosmo, in virtdellessere luomo creato a immagine e somiglianza di Dio. Largomentodella creazione a immagine e somiglianza inquadra dunque lantropogenesial di fuori della nozione di necessit cosmica, fatto che giustifica filosofica-mente il motivo per cui la Bibbia pu affermare luomo esser stato messoda Dio a capo di ogni cosa . La volont delluomo assume cos un ruolocausale rispetto alla necessit del cosmo e la nozione di contingenza vienegiustificata come conseguenza della caduta del primo uomo.

    Lorigine del modello antropo-cosmologico cristiano pu essere rin-tracciata nellevoluzione concettuale che dalla traduzione in greco dellAn-

    tico Testamento, nella versione nota come Septuaginta, conduce allaf-fermazione, in epoca tardo-antica, dellantropologia teologica cristiana.La versione ebraica di Genesi 1, 26 recita che Dio cre luomo secondolimmagine (selem), secondo la somiglianza (demut), utilizzando comesinonimi i due termini selem (rappresentazione plastica, ombra) e demut(assomigliare) 6. La Septuaginta traduce la immagine e somiglianza diGenesi 1, 26 come , introducendola congiunzione tra e , congiunzione che non comparivanel testo ebraico ma che ora giunge a conferire una distinzione semantica

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    27 La Gense ne veut pas dfinir lhomme mais en rapporter la cration. [] Loin delinfoder au cosmos, le rcit souligne la domination de lhomme sur le monde cr. Dansles rcits babyloniens, lhomme est cr pour servir les dieux. Ici il est cr pour dominer etgouverner. [] Cette souverainet est un lment de la ressemblance (HAMMAN, Lhommeimage de Dieu, p. 15).

    28 Per questa esegesi e riferimenti alla storiografia relativa cf. HAMMAN, Lhommeimage de Dieu, p. 19. Per la distinzione semantica di e imago cf. A. VASILIU, Licneet le regard de Narcisse, in . Revue dtudes anciennes et mdivales, 1 (2003), pp.9-10, n. 1.

    29 Itaque inclinata ad illum inridens crudelem tyrannum ait patria voce fili mi misereremei quae te in utero decem menses portavi et lac triennio dedi et alui et in aetatem istamperduxi peto nate aspicias in caelum et terram et ad omnia quae in eis sunt et intellegas quiaex nihilo fecit illa Deus et hominum genus ita fit ut non timeas carnificem istum sed dignus

    fratribus tuis effectus suscipe mortem ut in illa miseratione cum fratribus tuis te recipiam(2 Mac 7, 27-29).

    destinata a rivelarsi ricca di conseguenze per lesegesi cristiana27. La sceltadi traduzione della Septuaginta sottolinea quindi una concezione delluomoquale manifestazione di quanto di pi simile a Dio vi nella creazione28.

    Un altro elemento fondamentale ai fini della concezione cosmogonica,che distingue la Septuaginta rispetto alla Bibbia ebraica, linserimento nelcanone dei libri ispirati del Secondo Libro dei Maccabei, in cui troviamo ladefinizione della creatio ex nihilo, fondamento imprescindibile della cosmo-logia cristiana. Il passo in cui fa comparsa questa definizione quello in cuila madre dei sette martiri maccabei si rivolge allultimo dei suoi figli ancorain vita per esortarlo alla speranza di fronte alla morte imminente: Figlio,abbi piet di me che ti ho portato in seno nove mesi, che ti ho allattato pertre anni, ti ho allevato, ti ho condotto a questa et e ti ho dato il nutrimento.Ti scongiuro, figlio, contempla il cielo e la terra, osserva quanto vi in essie sappi che Dio li ha fatti dal nulla; tale anche lorigine del genere umano.Non temere questo carnefice ma, mostrandoti degno dei tuoi fratelli, accettala morte, perch io ti possa riavere insieme con i tuoi fratelli nel giorno dellamisericordia (2 Mac 7, 27-29)29. Tuttavia, dove la Vulgata recita peto nateaspicias in caelum et terram et ad omnia quae in eis sunt et intellegas quiaex nihilo fecit illa Deus et hominum genus, la Septuaginta presenta unaformula sensibilmente differente, che meglio sottolinea lorigine acosmicadelluomo: , , [creato nonda cose che sono] , .Coerentemente con la cosmogonia di Genesi lorigine delluomo quiricordata sullo stesso piano della creazione di cielo e terra, affermando

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    30 Quoniam Deus creavit hominem inexterminabilem et ad imaginem suae similitudi-nis fecit illum invidia autem diaboli mors introivit in orbem terrarum (Sap 2, 23-24); Vosex patre diabolo estis et desideria patris vestri vultis facere ille homicida erat ab initio et inveritate non stetit quia non est veritas in eo (Io 8, 44).

    31 Sul valore paradigmatico del concetto di icona nella teologia patristica cf. VASILIU,Licne et le regard de Narcisse, pp. 18-38.

    cos per essi, come per il genere umano, unorigine meontologica. In 2Mac 7, 27-29 si riconosce una sequenza tematica che tocca la vita generata(che dalla madre si trasmette al figlio), la creazione dal nulla (nella quale

    lhumanum genus, il cielo e la terra risultano sullo stesso piano) e la morte,che pu essere accettata senza timore della sua causa (il carnefice egiziano,che richiama la volont omicida del diavolo per la quale la morte entratainnaturalmente nel mondo30) in virt della vittoria finale della vita per grazianella risurrezione, il giorno della misericordia. Il passo presenta un lega-me ontologico tra la vita e la creazione e tra il nulla e la morte, binomi chetrovano il loro superamento iperontologico nella creazione dal nulla (in cuisi evidenzia la superiorit della creazione rispetto alla necessit dellessere)e nella risurrezione della vita (in cui si stabilisce la superiorit della vita

    creata sulla necessit della morte). Possiamo quindi considerare 2 Mac 7,27-29 come una sintesi della cosmogonia biblica, incentrata sugli estremipoli della vicenda dellumanit, dalla sua creazione alla risurrezione.

    La prospettiva cristiana, risalendo alle scelte del giudaismo alessandri-no di et ellenistica, nasce dunque in un contesto esegetico gi modificatorispetto alla tradizione ebraica pi antica. Precisando la concezione delluo-mo immagine o somiglianza, attraverso la sfumatura semantica delluomoa immagine e somiglianza, gli autori della Septuaginta sottolinearono conmaggior forza la centralit delluomo nel cosmo, in quanto ontologicamen-te immagine di Dio e dunque locum tenens di Dio nel cosmo. Non daescludersi che il confronto con la filosofia greca e i suoi portati religiosi ecosmologici, abbiano suggerito ai traduttori alessandrini dellAntico Testa-mento unenfatizzazione della centralit delluomo, presente nella tradizio-ne ebraica, ma sottolineata con le scelte che abbiamo analizzato, al fine dievidenziare la differenza rispetto alla concezione pancosmica e politeisticapropria della cultura ellenistica.

    Al principio biblico della creazione a immagine, che possiamo definire

    in relazione ai suoi sviluppi nella tradizione ecclesiastica come principiodelliconicit, la teologia cristiana ricondurr i fili dellordito del progettodivino della creazione, che vede la sua condizione sine qua non nellincar-nazione di Dio e il suo fine nella deificazione delluomo31. Questa prospet-

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    32 Il teologumeno della deificazione delluomo come conseguenza e finalit dellin-carnazione del Verbo, scritturisticamente riconducibile a Io 17, 19-22, emerge nella tradi-zione patristica gi con Ireneo di Lione, ma trova una consacrazione in chiave antiariananellinsegnamento di Atanasio di Alessandria; cf. M. LOT-BORODINE, La doctrine de ladification dans lglise grecque jusquau XIe sicle, in Revue de lhistoire des religions,

    53 (1932), pp. 5-43; 524-74: 32-33; ATHANASIUS THEOLOGUS, De incarnatione verbi, inSur lincarnation du verbe, ed. C. KANNENGIESSER(Sources chrtiennes, 199). Paris, Cerf,1973: , (cap. 54); Oratio quarta contraArianos, in Die pseudoathanasianische IVte Rede gegen die Arianer als ein Apollinarisgut, ed. A. STEGMANN. Rottenburg, Bader, 1917: , , (22, 1); , (23, 1); Epistula ad Adelphium: , (PG 26, 1077A); IRENAEUS THEO-LOGUS, Adversus haereses, edd. A. ROUSSEAU - L. DOUTRELEAU(Sources chrtiennes, 211).Paris, Cerf, 1974: ,

    (III,28, 8; 19, 1).

    33 A questa interpretazione analogica della sostanza divina sottesa alla lettura ariana, laChiesa oppose il concetto proposto da Atanasio di Alessandria di : , ; (ATHANASIUS THEOLOGUS, Disputatio contra Arium, PG28, col. 477, 22).

    34 Questa concezione si afferm tra gli autori cristiani, stemperati i toni apologeticidellet patristica, alla luce della nuova dignit che luomo aveva guadagnato rispetto alcosmo.

    35 Lesegesi cristiana coniugher, soprattutto durante la disputa ariana, largomentobiblico della creazione delluomo a immagine e somiglianza di Dio con la teologia del-

    tiva comporta unestensione della nozione di esemplarismo verso un nuovosignificato, in cui si stabilisce la possibilit di ununit supernaturale, ossiaiperontologica, tra larchetipo e la sua copia. Questa particolare prospettiva,

    sulla quale si fonda la teologia della deificazione, sancita nel contesto delladisputa prenicena sullIncarnazione 2, permise di precisare lestraneit alladottrina cristiana delluso della nozione filosofica di analogia fatto dagliariani e dai monarchiani per affermare la divinit del Figlio e preservare allostesso tempo una concezione monoteistica assoluta, per la quale la pienezzadella divinit andrebbe riconosciuta nel solo Padre33.

    Se il concetto di analogia tra uomo e cosmo manterr anche in ambitocristiano un ruolo nella nozione di harmonia o nella concezione delluo-mo come microcosmo34, va rilevato che il portato cosmologico di questenozioni filosofiche deve essere letto alla luce della concezione antropolo-gica biblica basata sul principio delliconicit 5. Liconicit, a differenza

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    lIncarnazione, che concepisce il Verbo come icona di Dio e archetipo delluomo, il qualerisulta dunque esser stato creato sul modello dellicona di Dio; cf. HAMMAN, Lhommeimage de Dieu, pp. 160-162.

    36 Per una ricostruzione del significato filosofico di nel pensiero greco cf. F.ROMANO, Lanalogia Demiurgo/Nomoteta e lorigine dei nomi in Proclo, in LUno comefondamento. La crisi dellontologia classica, a cura di G. R. GIARDINA. Catania, Cuecm,2004, pp. 405-407. Il concetto di , che aveva originariamente solo un significatomatematico (come proporzione), con Platone acquisisce una valenza anche cosmologico-ontologica e con Aristotele logico-ontologica, arrivando con Plotino e infine con Proclo adacquisire una valenza anagogica e mistica, come risalita per via negativa allAssoluto.

    37 La teologia dellicona, sancita dal concilio di Nicea del 787, afferma che le imma-gini sacre instaurano un rapporto ontologico tra il visibile e il non-visibile, sulla base delpresupposto cristologico, come affermato in Io 1, 18.

    38

    Cf. Gen 1, 26; 2, 19.39GREGORIODI NISSA, Luomo, 22, p. 94; citato sopra, alla nota 3.

    dellanalogia (che tesa a registrare un rapporto tra realt differenti), pre-suppone la relazione eucaristica ovvero priva di necessit e di legamiontologici tra realt irriducibili e del tutto eterogenee, quale la natura

    increata divina e la natura creata umana, o la compenetrazione escatologicatra la natura corporea e la natura spirituale, concetti estranei allantropologiadualistica propria della filosofia greca 6. Per la cosmologia ellenica lanalo-gia una legge archetipica che ordina luniverso unendo e determinando larelazione tra i diversi e ha una valenza cosmica perenne; liconicit implicainvece lunione inconfusa di contrari inconciliabili ed esprime una tensioneescatologica 7. In virt di questi presupposti la creatioex nihilo si opponeparadigmaticamente alleternit del mondo postulata dalla filosofia anticae trova giustificazione allinterno di una prospettiva che trascende loppo-

    sizione tra realt ontologica e realt meontologica, grazie alla mediazionetra creato e increato stabilita nel principio delliconicit teandrica. Luomo,immagine creata di Dio, funge da tramite iconico tra creato e increato inquanto vicario di Dio nella creazione, sulla quale egli ha dominio di sovra-nit e di conoscenza38, motivo da cui si deduce che, biblicamente, il cosmonon potrebbe mantenere alcuna relazione con il suo creatore senza luomo.La definizione delluomo come natura universale 9 proposta dal Nissenoin De opificio 22 rende conto della concezione biblica del ruolo e delladignit delluomo-icona, in cui possibile riconoscere uno dei principali

    motivi della rivoluzione nella visione dei rapporti tra uomo e cosmo rispettoalla mentalit ellenica. Questo nuovo rapporto tra uomo e cosmo si traducein una concezione delleffettivit causale dellazione umana sulla vita delcosmo, dando vita a un teandrocentrismo ontologico, erede del pensiero

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    40 Scimus enim quod omnis creatura ingemescit et parturit usque adhuc non solumautem illa sed et nos ipsi primitias Spiritus habentes et ipsi intra nos gemimus adoptionemfiliorum expectantes redemptionem corporis nostri (Rm 8, 22-23).

    41 Il principale inno mariano bizantino, lInno actisto, definisce poeticamente il ruolodi Maria nelleconomia soteriologica con le seguenti parole: Gioisci, tu per cui risplenderla gioia; gioisci, tu per cui cesser la maledizione. Gioisci, tu che richiami dallesilio ilcaduto Adamo; gioisci, riscatto delle lacrime di Eva. [] Gioisci, tu per cui si rinnova la

    creazione; gioisci, tu per cui si fa bambino il Creatore (Stasi 1, Stanza 1, in Anthologhion,vol. II, trad. di M. B. ARTIOLI. Roma, Lipa, 2000,p. 1485).

    giudaico-biblico, che impone una visione etica della storia del cosmo, in cuilaccordo tra la volont delluomo e il comandamento di Dio costituisce ilnesso causale dellordine cosmico, legando la vicenda protologico-escato-

    logica del cosmo alla conversione umana:Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino adoggi nelle doglie del parto; essa non la sola, ma anche noi, che pos-sediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettandoladozione a figli, la redenzione del nostro corpo (Rm 8, 22-23)40.

    Il movimento di processione-restaurazione della creazione, viene coscompreso non come legge dello sviluppo delluniverso, ma come conse-guenza delle scelte della volont umana nel rispetto della volont divina,luna riflesso iconico dellaltra. La teologia patristica ha individuato inparticolare nella figura della vergine Maria la pi chiara espressione delruolo della volont umana ai fini della storia della salvezza, affermando che solo in virt del fiatdi Maria, che il Verbo ha potuto assumere la carne41.La concezione biblica della storia come narrazione delle vicende di Israe-le, trova infatti il suo momento centrale, secondo la concezione cristiana,nellIncarnazione, che avviene nella pienezza dei tempi (Gal4, 4) ed resa storicamente possibile da Maria, la cui scelta si contrappone escatolo-gicamente alla scelta di Eva di trasgredire la volont divina. Maria causadella pienezza dei tempi, non la predestinazione della pienezza dei tempia influenzare Maria. Questo modo di concepire i rapporti di causalit com-porta un ribaltamento nella concezione dellontologia del cosmo, fondatasulla necessit e sulla legge della causalit, lasciando cos spazio a una con-cezione che trascende lassolutismo della necessit e sancisce la preminenzadella volont umana sulla causalit cosmica. In relazione a questordine diproblemi va rilevato come il cristianesimo concepisca la storia come unprogressivo affrancamento dalla necessit, nel passaggio dalla condizioneex natura (ossia soggetta alla necessit delle leggi cosmiche), alla condizio-ne sub lege (soggetta alla necessit della legge divina), pervenendo infine

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    42 La concezione della storia per cui si distinguono due et, sub lege e sub gratia, risalea san Paolo (Rm 6, 14); la divisione tripartita che premette a queste due unet ante legem

    o ex natura, sembra risalire principalmente ad Agostino; cf. AUGUSTINUS HIPPONENSIS, Degratia Christi et de peccato originali (II, 26, 30. (CSEL, 42), edd. C. F. VRBA - J. ZYCHA.1902, p. 190); Enarrationes in Psalmos (XXIX, 2, 16, r. 23. (SL, 38) edd. E. DEKKERS - J.FRAIPONT. 1956). Sulla base di questa sottesa prospettiva la visione cristiana pu accettarecome verit kerygmatica (ossia non soggetta a nullaltra verifica che la fede nel suo annun-cio, il quale trascende lapodittica necessit dellargomentazione razionale) la sconfittadella morte estremo portato della necessit a cui la vita delluomo decaduto soggetta da parte di Cristo risorto.

    43 Gregorio di Nissa definisce nel De hominis opificio la libert umana come conse-guenza dellesser luomo creato a immagine di Dio: Dio ha fatto la natura umana partecipe

    di ogni bene e la Divinit la pienezza dei beni; il fatto che luomo a sua immaginesta nellessere piena di tutti i beni limmagine a somiglianza dellarchetipo. [] Uno diquesti beni la libert dalla necessit ( , . , , . [] ) (GREGORIODI NISSA,Luomo, 16, p. 77; De opificio hominis,PG 44, 184). Per lo sviluppo del tema nei Padrigreci, con particolare riferimento a Massimo il Confessore, cf. L. THUNBERG, Microcosmand Mediator. The Theological Anthropology of Maximus the Confessor. Chicago, OpenCourt, 1995, cf. pp. 118-119.

    44 In De civitate dei XII, 12-21 Agostino individua precisamente nella differenza tra la

    concezione della temporalit e delleternit delluomo e del cosmo uno dei principali motividi incompatibilit tra paganesimo e cristianesimo.

    allo stato sub gratia, preludio alla beatitudine esente da necessit che sarpropria del secolo futuro42.

    Limpostazione giudaico-cristiana produce dunque una rivoluzionenella concezione dei rapporti di causalit universale: non sono pi il Fatoo gli di a decidere per luomo e sopra luomo, ma luomo a decidere deldestino del mondo e addirittura a determinare la possibilit per Dio di incar-narsi. La cosmologia antropogonica cristiana contempla, di conseguenza,una nuova concezione del tempo cosmico, mutuata dal giudaismo biblico,che si tramuta nella storia del rapporto tra Dio e luomo. La concezione elle-nica delleternit del mondo, legata alla ciclicit del moto degli astri, perdela funzione di orientamento della vita temporale del cosmo; la storia del-lanima individuale viene a smarcarsi dalla necessit destinale della leggeciclica e della metempsicosi, e viene a trovarsi di fronte a una prospettivaesistenziale non pi determinata dal Fato cosmico, bens dalla libera volontorientata teleologicamente nella storia43. Al tema pagano delleternit diun mondo divinizzato, il pensiero cristiano sostituisce leternit delluomonella deificatio44.

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    greci, vol. I. Firenze, Sansoni, 1970, p. 183); {.} [] , , , (SOPHOCLES, Antigone, ed. A. DAIN - P. MAZON. Paris, Les Belles Lettres, 1955, repr. 1967,r. 320ss., 348ss.).

    47 Deum nemo vidit umquam unigenitus Filius qui est in sinu Patris ipse enarravit(Io 1, 18).

    la dottrina giudaico-biblica delluomo creato a immagine di Dio e lintuizio-ne espressiva del mistero dellimmagine umana colta dai greci, incontro chesi svolger storicamente nel cristianesimo, si verificher il trascendimento

    dei limiti, espressivi e concettuali, insiti nelle due tradizioni. La dottrinacristiana sancir, nel dogma dellIncarnazione, da una parte la possibilitper luomo di vedere Dio47 e dallaltra leconomia teandrica della creazioneuniversale e, conseguentemente, del cosmo.

    Nellarte pittorica cristiana, il cui valore teologico e liturgico vennedefinito da una lunga tradizione, conclusasi con il VII Concilio ecumenico(Nicea II, 787), si realizz la sintesi tra il senso classico dellimmagine, incui si espressa lantropologia intuitiva ellenica, e la dottrina dellimmagi-ne giudaico-cristiana, nella quale si rivela la teandrologia vetero- e neotesta-mentaria. La concezione biblica del mondo pot dunque sposarsi con la cul-tura ellenica in virt del senso delluomo in essa potenzialmente presente,che gli artisti e i tragediografi greci erano riusciti a cogliere e a esprimere,laddove invece i filosofi avevano cercato la comprensione epistemica dellarealt nelloggettivit delle categorie desunte dalla contemplazione delcosmo, causato o emanato e amministrato da una divinit concepita comecosmoversa, vuoi nella sua molteplicit immanente vuoi nella sua unittrascendente. Le categorie teoretiche elaborate dalla filosofia greca, daifisiocratici ai neoplatonici, si svilupparono in funzione della comprensionedelloggettivit cosmica (dunque anche delloggettivit delluomo in quantoparte del cosmo), funzione che possiamo intravedere nella definizione deiconcetti di unit-molteplicit, essere-divenire, sostanza-forma, causalit-necessit. Diversamente, le categorie di lettura della realt elaborate dalpensiero biblico si edificarono a partire da una concezione della divinit checrea il cosmo in funzione della sua immagine, che si rivela personalmentenelluomo, in quanto Persona che crea persona dal nulla, nella totale libertda condizionamenti di natura, essere e necessit.

    Nel connubio storico con la cultura ellenica il cristianesimo diedeimpulso a una metnoia profonda della concezione della realt, dove

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    lesistenza delluomo-a-immagine, redento per grazia dellincarnazionedel Verbo-immagine,divenne il motivo orientante anche di una nuova con-cezione del cosmo. Le categorie di oggettivit epistemica elaborate dalla

    filosofia e dalla scienza ellenica rientreranno in questa metnoia perdendola loro funzione paradigmatica e subendo una metabol adattativa, senzatuttavia perdere il loro ruolo di strumento valido per la comprensione dellarealt nella sua oggettivit. In questi termini si pu comprendere come lacontinuit tra cosmologia cristiana e cosmologia ellenica tra et tardo-anti-ca e medioevo, si dipani sullo sfondo di uno scenario complesso, in cuidue prospettive dottrinalmente e storicamente eterogenee hanno giocatocome forze in costante sinergia e contrasto, fatto da cui dipesa la fioriturastorica di paradigmi teologici determinati in misura maggiore o minore

    dallesigenza di elaborarsi entro categorie di oggettivit razionale, dettateal pensiero da un modello epistemologico finalizzato alla lettura della realtcosmica. Dietro a molti degli argomenti che pi persistentemente ricorre-ranno nelle dispute medievali non ci stupiamo allora di cogliere in operalattrito tra il personalismo teandrico giudaico-cristiano e loggettivismocosmico ellenico: dalla predestinazione alla visione di Dio, dal simbolismoliturgico al realismo eucaristico, dalla possibilit di dimostrare razionalmen-te lesistenza di Dio alla possibilit di dare un fondamento cosmologico allacentralit delluomo, infine ai rapporti tra filosofia e teologia, e alla rifles-

    sione epistemologica sullo statuto della teologia.Tra questi temi si possono identificare delle convergenze che hanno

    dato vita a confluenze nella prospettiva cristiana previ gli adattamentidel caso attraverso una sostanziale continuit concettuale, non venendoqueste convergenze e/o adattamenti a toccare gli elementi di attrito tra idifferenti paradigmi filosofico-religiosi (ovvero dove non venisse messain discussione la metnoia avvenuta); si possono poi identificare dei noditeorici, coinvolgenti lessenza stessa dei due paradigmi filosofico-religiosi,per i quali non possibile parlare di contiguit concettuali a meno di non

    supporre listanziarsi di una metnoia imperfetta.

    La cosmologia e la fisica antiche hanno potuto avere un Fortlebennella visione cristiana del mondo grazie a una metabol capace di filtraregli aspetti dottrinali legati alla concezione filosofica e religiosa ellenica delcosmo divinizzato ed eterno, ripresentandosi cos in teorie quali lharmoniamundi o la fisica dei quattro elementi e in discipline come lastronomia, dalmomento che queste teorie del cosmo, estrapolate dal contesto filosofico ereligioso pre-cristiano, non venivano a scontrarsi con il neocosmo biblico,

    in cui luomo, immagine di Dio, ricapitolazione perfettiva dellordinedivinamente prestabilito.

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    La divisione dei saperi che abbiamo trovato in Gregorio di Nissa costituir il fon-damento epistemologico della teologia a Bisanzio e successivamente della teologia slavo-bizantina: Le dottrine cosmologiche antiche o moderne non influenzeranno perci mai laverit pi fondamentale rivelata alla Chiesa (V. LOSSKY, La teologia mistica della ChiesadOriente. Bologna, il mulino, 1967, p. 93).

    49 Per un esempio di utilizzo della dottrina dei quattro elementi conciliata con lacosmogenesi biblica in Basilio di Cesarea, cf. M. LEJBOWICZ, Cosmogense, traditionsculturelles et innovation (sur les sections 18-21 du Tractatus de sex dierum operibus deThierry de Chartres), in Langage, sciences, philosophie au XIIe sicle. Actes de la tablerotonde internationale organise le 25 et le 26 mars 1998, runis parJ. BIARD. Paris, Vrin,1999, pp. 44-49. Nel De opificio hominis come gi ricordato Gregorio adduce le nozioni

    scientifiche della fisiologia galenica a sottolineare la dignit globale delluomo, relativa nonsoltanto allanima ma anche al corpo.

    La tradizione cristiana non mantenne tuttavia una direzione unitariae sempre coerente con la sistemazione patristica in materia di rapporti tracosmologia, antropologia e teologia. Una macroscopica differenza pu

    essere riscontrata tra le due grandi tradizioni teologiche dellOriente greco(alessandrino, siriaco e bizantino) e dellOccidente latino. Nel Medioevobizantino il problema cosmologico in s rimase estraneo alla teologia48: lateologia bizantina, mostrando una sostanziale continuit rispetto ai temidottrinali patristici, si preoccup esclusivamente dei portati spirituali dellaRivelazione, perseguendo unantropo-cosmologia in linea con la concezio-ne biblico-patristica e mantenendosi nel solco del paradigma teandrico, con-cepito nei termini di (creatio hominisad imaginem et similitudinem) (incarnatio Verbi)

    (deificatio hominis), in cui teologi e apologeti avevano riconosciuto uno deiprincipali elementi delloriginalit giudaico-cristiana rispetto alla visionedel mondo ellenica. Per i teologi bizantini la novit concettuale portata dallaRivelazione serv a reinterpretare luomo e non il cosmo. Questa imposta-zione ebbe unimportante conseguenza metodologica, il cui modello puessere rintracciato nei trattati patristici che accordano spazio alle questionicosmologiche o naturali, come le Omelie sullEsamerone di Basilio di Cesa-rea o lo stesso De opificio hominis di Gregorio Nisseno, per cui possibileconstatare un riutilizzo della scienza antica senza tentativi di adattamento a

    letture fisicizzanti della teologia49

    . Dietro a questa impostazione va indub-biamente rilevata linfluenza dellallegorismo esegetico alessandrino, inragione del quale la produzione teologica bizantina si concentr sul proble-ma spirituale della deificatio, rinunciando a imporre la teologia e lesegesicome chiave di lettura di ogni dominio della realt, da quello spirituale aquello fisico. La cultura bizantina, seguendo limpostazione dei Padri orien-tali, arriv cos a una divisione epistemologica tra gli ambiti di indagine

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    50 Per quanto la cultura bizantina abbia lasciato spazio ad alcuni tentativi di sviluppo diun programma filosofico basato sul recupero degli autori antichi, ad esempio con MichelePsello (1018-1078) o Giorgio Gemisto Pletone (1355/1360-1452), essa non conobbe unesigenza concordistica tra filosofia pagana e teologia cristiana paragonabile a quella instau-ratasi in Occidente dopo la riscoperta di Aristotele; in proposito rimandiamo al recente G.KAPRIEV, Philosophie in Byzanz. Wrzburg, Knigshausen & Neumann, 2005.

    51 Sullinsegnamento della dialettica dalla latinit tardo-antica allalto-medioevo riman-

    diamo a G. DONOFRIO, Fons scientiae. La dialettica nellOccidente tardo-antico. Napoli,Liguori, 1986.

    della teologia e quelli della filosofia e delle scienze, divisione favorita anchedallorganizzazione istituzionale che prevedeva linsegnamento della filo-sofia e delle scienze nelle scuole imperiali, lasciando alle scuole episcopali

    e ai monasteri lappannaggio della teologia 0.In Occidente le cose ebbero uno sviluppo differente e indubbiamen-

    te molto pi complesso: lo schema dottrinale biblico-patristico entro cuipossiamo riassumere leconomia teandrica e quindi cosmica, venne affian-cato gi in epoca tardo-antica, in autori come Mario Vittorino, Agostino oBoezio, ma soprattutto con rinnovato vigore a partire dallepoca caro-lingia51, da un recupero dellontologia dialettica ellenica, che ripropose lavisione del mondo basata su categorie universali. La comprensione dellarealt come struttura dialettica entro la quale luomo costituisce, aristoteli-camente, una specie del genere animale, costitu un modello parallelo allateandro-cosmologia biblica, che era stata conservata in Occidente soprattut-to in ambito monastico e in stretto riferimento allinsegnamento dei Padri.La centralit istituzionale che la dialettica guadagn a partire dalla scuolacarolingia, obblig la teologia a misurarsi con le categorie del cosmo,veicolate principalmente dai testi dialettici allora disponibili, cio da partedellOrganon aristotelico e dallIsagoge di Porfirio, accessibili nelle tra-duzioni e nei commenti di Boezio. Questo port la teologia a concepirsiprogressivamente come dottrina che doveva rispondere ai criteri dellargo-mentazione dialettica e delloggettivit epistemica secondo il modello dellafilosofia ellenica, offerto dagli scritti logici di Aristotele e Porfirio.

    Il rapporto tra dialettica e teologia trov un importante banco diprova nel corso delle dispute teologiche sorte in et carolingia. In relazioneallindagine di questo rapporto ci sembra particolarmente significativo ilcontributo di Giovanni Scoto Eriugena. Eriugena colse e tent di indicareuna via per appianare il contrasto tra la speculazione razionale, fondatasulla dialettica, e la comprensione scritturistica della realt. importante

    sottolineare che il pensatore irlandese ebbe lopportunit di attingere alla

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    52 Linteresse che Giovanni Scoto manifest per queste opere attestato dal fatto che

    egli le tradusse in latino, e sebbene la traduzione del Corpus e degli Ambigua gli vennecommissionata da Carlo il Calvo, la versione delle altre due opere fu condotta per studiopersonale; cf. E. S. MAINOLDI, Iohannes Scottus Eriugena, in La trasmissione dei testilatini del medioevo. Mediaeval Latin Texts and their Transmission (Te.Tra. 2), a cura di P.CHIESA-L. CASTALDI. Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2005.

    53 Massimo legge la protostoria come un percorso segnato da cinque divisioni provoca-te dalla trasgressione delluomo, le quali hanno avuto effetto tanto sul cosmo quanto sullanatura umana: divisione di spirituale e corporeo, cielo e terra, paradiso e terra, maschio efemmina (cf. THUNBERG, Microcosm and Mediator, pp. 373-427). La centralit della dottri-na antropologica in questi autori, che la storiografia dagli inizi del XIX secolo ad oggi sem-bra ascrivere aproblematicamente alla storia del neoplatonismo, ci ammonisce dei rischi di

    incomprensione che laccostamento strutturalistico tra i concetti neoplatonici di prodos-epistroph e i concetti massimiano-eriugeniani di processio-reditus pu comportare.

    54 Eriugena descrive gli ambiti e i limiti della dialettica in particolare nel I e nel V librodel Periphyseon.

    55 Queste tappe sono percorse da Eriugena nel IV e V libro del Periphyseon, nonchnellOmelia Vox spiritualis. Per una lettura della dottrina eriugeniana della maturit cf. G.DONOFRIO, Oltre la teologia. Per una lettura dellOmelia di Giovanni Scoto Eriugenasul Prologo del Quarto Vangelo, in Studi medievali, 31 (1990), pp. 285-356.

    56 Il De opificio lopera pi citata da Giovanni Scoto nel Periphyseon, superata solodallinsieme delle citazioni agostiniane. In relazione alla problematica epistemologica

    assume un certo interesse lipotesi per cui Giovanni Scoto avrebbe esercitato anche lartemedica: cf. J. CONTRENI, Masters and Medicine in Northern France During the Reign of

    riflessione patristica orientale, grazie alla lettura del Corpus dionysiacum,degli Ambigua e delle Quaestiones ad Thalassium di Massimo il Con-fessore 2, e, non da ultimo, del De opificio hominis di Gregorio di Nissa,

    conferendo centralit nella sua speculazione al teologumeno della deificatio(thosis) e arrivando a sviluppare unoriginale cosmologia teandrocentrica,basata sullautorit della Genesi e sullesegesi particolare di Gregorio e diMassimo 3. Il pensatore irlandese propose cos nelle opere della maturituna sistemazione del sapere dialettico e di quello teologico, in cui si distin-gue una comprensione razionalmente ordinata della realt, nella quale sirispecchia la divina dispositio della creazione 4, e una comprensione meta-dialettica, che conduce alla concezione me-ontologica e gnoseologicamenteapofatistica della divinit e alla lettura della realt spazio-temporale in base

    al teologumeno del reditus (cio salvezza ed elezione della natura umana)55

    .Giovanni Scoto applic questa concezione della valenza e dellindipendenzadelle discipline nel proprio ambito anche ai rapporti tra teologia e fisica. probabile che Eriugena abbia trovato un simile esempio di sistemazione delsapere scientifico nei riguardi del sapere teologico nel De opificio hominisdi Gregorio Nisseno 6; dal trattato del Nisseno Giovanni Scoto ricav anche

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    Charles the Bald, in Charles the Bald. Court and Kingdom, ed. by M. T. GIBSON - J. L.NELSON. Aldershot, Variorum, 1990 (Ia ed. 1981), pp. 267-282.

    57

    deduximus, non aliud esse paradisum de quo homo expulsus est praeter ipsamhumanam naturam ad imaginem dei creatam. Ex cuius (imaginis videlicet) dignitate eademipsa natura, diuinum praeceptum contempnens, corruit (PPV, 863A). Le fonti del passosono GREGORIO NISSENO, De imagine [De opificio hominis], ed. M. CAPPUYNS, in Recher-ches de Thologie Ancienne et Mdivale, 32 (1965), 19, 20, pp. 205-262, e MASSIMOIL CONFESSORE, Quaestiones ad Thalassium, Scholia ad introductionem, 13. (CCSG, 7), ed.C. LAGA C. STEEL, p. 44.

    58 Cf. E. S. MAINOLDI, Linfluenza eriugeniana sulla dottrina della beatitudo nel XIIsecolo, in De vita beata. La felicit nel Medioevo. Atti del XIII Convegno della SocietItaliana per lo Studio del Pensiero Medievale (Milano 12-13 settembre 2003), a cura di M.BETTETINI - F. D. PAPARELLA. Leuven, Leuven University Press, 2005, pp. 189-193.

    59 Per una ricostruzione della geografia del Paradiso terrestre e dei dibattiti teologici aessa sottesi cf. A. SCAFI, Mapping Paradise. A History of Heaven on Earth. London, TheBritish Library, 2006; R. GRIMM, Paradisus Coelestis Paradisus Terrestris. Zur Auslegun-gsgeschichte des Paradises im Abendland bis um 1200 (Medium Aevum. PhilologischeStudien, 33). Mnchen, 1977.

    60 Cf. G. DONOFRIO, Die berlieferung der dialektischen Lehre Eriugenas in denhochmittelalterlichen Schulen (9.-11. Jh.), in Eriugena redivivus. Zur Wirkungsgeschichteseines Denkens im Mittelalter und im bergang zur Neuzeit. Vortrge des V. InternationalenEriugena-Colloquiums (Werner-Reimers-Stiftung Bad Homburg 26-30 August 1985), hg.von W. BEIERWALTES. Heidelberg, Carl Winter Universittsverlag, 1987, pp. 47-76.

    61 La definizione, ormai convenzionale, si precisa sottolineando che al centro di questepolemiche non fu la validit della dialettica, ma la sua applicabilit alla sacra doctrina.

    linterpretazione che leggeva nel paradisus voluptatis di Genesi 2 unal-legoria della natura umana57. Nella lettura di Eriugena, debitrice delle suefonti orientali, vediamo come lesegesi pieghi alla componente teandrica gli

    aspetti del racconto genesiaco sviluppabili in senso cosmologico, contrap-ponendo, attraverso lallegoria, il realismo teologico patristico alla derivamitologica che la lettura dellEden come luogo racchiuso entro alte mura esituato in qualche remota plaga orientale dellorbe terracqueo comportava.Linterpretazione allegorica dellEden, che dar vita a una lunga tradizionein Oriente, nella versione latina proposta da Eriugena non trov seguito inseno alla tradizione teologica occidentale 8, che invece prediliger guardareal racconto di Genesi attraverso un sostanziale letteralismo, fino a veniresmentita dalla geografia fisica in epoca moderna59. Analogamente, la lettura

    meta-dialettica della teologia proposta da Giovanni Scoto non ebbe signi-ficative continuazioni, ma fu destinata a suscitare reiterate incomprensionimetodologiche60, che inaugurarono idealmente la stagione di dibattiti sulmetodo teologico, definita dalla storiografia contemporanea come querelletra dialettici e anti-dialettici61.

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    62 La prima grande crisi medievale la scoperta dellinsuccesso storico della fede inun mondo pur pacificamente e universalmente cristiano. Il momento intellettuale di questa

    crisi la ripresa del pensiero greco, sia delleredit platonica sia delleredit aristotelica,nel senso che la tradizione greca, nel suo nucleo centrale, come linguaggio filosoficamenterigoroso, viene messa a confronto con leredit biblica e monastica altomedievale, e con illinguaggio stesso della fede, che rigorosit scientifica non aveva praticato e in definitivanon poteva praticare (C. LEONARDI, La grandezza di Guglielmo di Saint-Thierry, in C.LEONARDI, Medioevo latino. La cultura dellEuropa cristiana. Firenze, SISMEL - Edizionidel Galluzzo, 2004, p. 510). Per la ricostruzione dei percorsi e dei rapporti tra teologia edialettica nellalto-medioevo post-carolingio fino allXI sec. cf. C. MARTELLO, La dottrinadei teologi. Ragione e dialettica nei secoli XI-XII(Symbolon, 29). Catania, Cuecm, 2005,pp. 49-112.

    63

    Tra XI e XII secolo si fa viva in Occidente lesigenza di una comprensione piprofonda del patrimonio neo-testamentario e della creazione di un linguaggio teologicoproprio a tale comprensione. La scuola di Anselmo di Laon e di Gugliemo di Champeaux,linsegnamento di Abelardo, la grande opera teologica di Gilberto della Porreta (1080-1154) che dominer il secolo con la sua teologia in cui lanalisi grammaticale come lanalisidel linguaggio corrisponde platonicamente allanalisi stessa del reale , tutti questi nuovifermenti hanno pure un elemento in comune: quello di non poter pi usare semplicementele parole della fede, della Bibbia e dei Padri, sia pure con il supporto delle arti liberali,per comprendere Dio, luomo e la storia: di avere bisogno di altre parole, e di un ordinerigoroso tra esse, per capire la realt: la logica antica viene cos ripresa (LEONARDI, Lagrandezza di Guglielmo di Saint-Thierry, p. 511).

    64 Va rilevato che Anselmo non nega la gratuit della salvezza, ma, per come questasi avuta nella storia, la collega alla necessit dellIncarnazione: Quippe quod dicitis

    Con lXI secolo si chiuse un secolo quanto mai travagliato politica-mente e intellettualmente, durante il quale si produsse una profonda crisinellidentit della cristianit occidentale, tale da coinvolgere il metodo

    teologico, lecclesiologia nei suoi rapporti con il potere secolare e ilsenso dellesperienza monastica62. Richiamandoci alla prospettiva antropo-cosmologica entro cui abbiamo letto in queste pagine il rapporto tra filosofiae teologia, possiamo verificare come la riflessione teologica abbia dismessocon lXI secolo la centralit del principio teandrico propria della teologiapatristica per abbracciare il metodo e le categorie oggettivanti con cui ladialettica descrive la struttura della realt. A partire da questepoca si evi-denzia una tendenza a reinnestare le ragioni di una filosofia cosmocentricaallinterno dellesegesi e della speculazione teologica63. La prima notevole

    emergenza costituita dalla principale voce teologica levatasi in questepo-ca, quella di Anselmo di Canterbury, che nel suo Cur deus homo illustralincarnatio Verbi alla luce della categoria della ratio necessaria, distaccan-dosi dal tradizionale argomento che attribuiva alla dilectioDei pro hominei motivi dellIncarnazione, come sottolineato da Roscellino di Compignenella sua isolata critica allarcivescovo di Canterbury . Non allora casuale

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    deum taliter ostendisse quantum vos diligeret, nulla ratione defenditur, si nullatenus aliterhominem potuisse salvare non monstratur. Nam si aliter non potuisset, tunc forsitan necesseesset, ut hoc modo dilectionem suam ostenderet (ANSELMUS CANTUARIENSIS, Cur deushomo, in Opera Omnia, ed. F. S. SCHMITT, Vol. II. 1946, lib. I, cap. 6, pp. 54-55). Unaopportuna precisazione circa la distinzione tra la necessitasde dicto e necessitasde re nellateologia di Anselmo proposta in R. CAMPBELL, The Nature of Theological Necessity, inCur Deus homo. Atti del Convegno Anselmiano Internazionale. Roma 21-23 maggio 1998,a cura di P. GILBERT - H. KOHLENBERGER- E. SALMANN(Studia Anselmiana, 128). Roma,Pontificio Ateneo S. Anselmo, 1999, pp. 421-435. Sulla disputa tra Roscellino ed Anselmo

    cf. C. J. MEWS, St. Anselm and Roscelin: Some New Texts and Their Implication. I. TheDe incarnatione Verbi and the Disputatio inter Christianum et Gentilem, in Archives dhi-stoire doctrinal et littraire du Moyen Age, 66 (1992), pp. 55-98; G. DONOFRIO, Anselmoe i teologi moderni, in Cur Deus homo, pp. 87-146.

    5 Un recente confronto tra la teologia dellIncarnazione in Anselmo di Aosta e quelladi Atanasio il Grande, proposto da Giles E.M. Gasper (Anselms Cur Deus Homo andAthanasiuss De Incarnatione:Some Questions of Comparison, in Cur Deus homo, pp.147-164), rintraccia alcuni punti comuni tra i due autori, soffermandosi soprattutto sullarazionalit umana (p. 158) e sullordine creazionale (p. 159); non viene invece rimarcatala differenza costituita dallassenza in Anselmo dellargomento della creatio ad imaginem,

    che occupa invece un ruolo centrale nel trattato di Atanasio.66 il metodo sola ratione con cui Anselmo procede nelle prova dellesistenza diDio e della necessit dellIncarnazione come conseguenza del peccato: Si quis unamnaturam, summam omnium quae sunt, solam sibi in aeterna sua beatitudine sufficientem,omnibus que rebus aliis hoc ipsum quod aliquid sunt aut quod aliquomodo bene sunt, peromnipotentem bonitatem suam dantem et facientem, alia que perplura quae de deo sive deeius creatura necessarie credimus, aut non audiendo aut non credendo ignorat: puto quiaea ipsa ex magna parte, si vel mediocris ingenii est, potest ipse sibi saltem sola rationepersuadere (ANSELMUS CANTUARIENSIS, Monologion, I, in Opera Omnia, Vol. I, ed. F. S.SCHMITT. 1946, p. 13); Sed Christum et Christianam fidem quasi numquam fuisset posui-mus, quando sola ratione, utrum adventus eius ad salvationem hominum esset necessarius,

    quaerere proposuimus (Cur deus homo I, 20, in Opera Omnia, Vol. II, ed. F. S. SCHMITT.1946, p. 88).

    constatare che nel Cur deus homo Anselmo non ricorra in nessun luogo altema genesiaco della creatio ad imaginem et similitudinem65. Chiaramenteil ricorso allargomento della necessit non inteso da Anselmo come una

    subordinazione della volont di Dio alla sua stessa economia razionale enecessaria, bens come comprensione della volont di Dio come necessit,che, in quanto razionale, risulta chiusa a unulteriore comprensione super-razionale e apofatica. Secondo il modello della razionalit divina propostoda Anselmo, possibile dunque dimostrare ci che oggetto della Rivela-zione a partire dalla ragione piuttosto che dalla Scrittura66. Laffermazionedella categoria della necessit razionale nel metodo teologico, compiutasicon Anselmo, segna un volgimento della speculazione teologica dalla cen-

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    67 Lopera teologica anselmiana si propone agli inizi del dodicesimo secolo qualecompiuto modello dellarmonia nella distinzione di ragione e fede. giusto dunque ritenereche tale piena rivendicazione dellautonomia e della correttezza delle indagini condotte solaratione sulla medesima verit intelligibile che oggetto della fides sia gi il segno delles-sere in atto di un deciso progresso con notevole anticipo rispetto alleffettivo recuperodocumentario della metaphysica classica dalle fonti greco-arabe verso lattuazione di unavera e propria philosophia prima naturalis (G. DONOFRIO, Quando la metafisica noncera. Vera philosophia nellOccidente latino pre-aristotelico, in Metaphysica, sapientia,scientia divina. Soggetto e statuto della filosofia prima nel Medioevo, Atti del Convetgnodella Societ Italiana per lo Studio del Pensiero Medievale (S.I.S.P.M.), Bari, 9-12 giugno2004, a cura di P. PORRO. Turnhout, Brepols, 2005 = Quaestio, 5 (2005), p. 140); Lamaturazione della vera philosophia altomedievale si conclude dunque quando iniziano ascindersi sul piano epistemologico, con la precisazione di due campi di indagine diversi percontenuto e metodologia, le due componenti, quella fideistica e quella razionalistica, dallacui confluenza nato e si sviluppato, tra Agostino e Anselmo, il modo del tutto peculiare

    dellalto Medioevo di dare vita ad una filosofia che anche, inevitabilmente, una teologia.Dai primi anni del tredicesimo secolo alla met del quattordicesimo, la grande stagionedella scolastica si sprigiona dallo snodarsi di una messa in crisi degli ideali speculatividominanti nella tradizione precedente, in un radicale ripensamento, con il supporto di nuoviparametri conoscitivi e pi perfezionate strumentazioni logico-epistemologiche, di efficaciae limiti della comparazione e della sintesi possibili tra le verit intelligibili assicurate dallafede e quelle indagate dalla ragione scientifica (DONOFRIO, Quando la metafisica noncera, pp. 143-144).

    68 Era certo lamore per i rinnovati studi e la ricerca di una intelligentia della fedea unire i maestri di Chartres e [Abelardo], e precisamente alla luce di questo ambiente edi questo intento comune deve essere valutata anche la speculazione sul dogma trinita-

    rio che Teodorico [di Chartres] fonda sulla dialettica pitagorico-platonica delluno e delmolteplice, Guglielmo [di Conches] sullosservazione della fisica della natura, Abelardo

    tralit delluomo e della sua salvezza alla centralit della res, attraverso ilnesso tra struttura dialettica della realt e argomentazione razionale, prepa-rando in questo modo il terreno allingresso nella cultura latina della fisica

    e della metafisica aristoteliche, quale si avr tra XII e XIII secolo 7.La portata dellintroduzione in teologia del concetto di ratio neces-

    saria, e della commisurabilit tra la descrizione razionale del cosmo e lagiustificazione razionale degli oggetti della teologia rivelata ebbero unori-ginale continuazione durante il XII secolo nella scuola di Chartres e in Pie-tro Abelardo, dove cosmologia antica e teologia neotestamentaria trovaronouninedita commistione con la parificazione dellanima del mondo descrittadal Timeo platonico allo Spirito Santo, e con lammissione della possibilitdi risalire alla conoscenza della Trinit attraverso la ragione naturale68.Identificare lo Spirito Santo con lanima del mondo, oltre ad annullare ladistanza tra la trascendenza trinitaria e limmanenza cosmica, sancendo in

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    questo modo una cosustanzialit tra creato e increato, comporta altres lasostituzione del cosmo alla natura umana nellessere ricettacolo privilegiatodello Spirito di Dio. Il rapporto sostenuto dai maestri chartriani tra Spirito

    Santo e mondo afferma la divinizzazione del cosmo e si allontana dallacosmologia patristica, che pone la divinizzazione delluomo come para-metro per comprendere lesistenza e la funzione del mondo nelleconomiadella creazione universale.

    Le voci che si levarono, soprattutto dallambito monastico, controqueste posizioni innovative non furono volte tanto a contestare il metodorazionale adottato, quanto a identificare i motivi che le ponevano al di fuoridella tradizione teologica cristiana. Guglielmo di Saint-Thierry accusGuglielmo di Conches di trattare di teologia con argomentazioni cosmo-logiche e lamenta la tendenza del filosofo chartriano a concepire la naturacome unentit autonoma rispetto al concetto di creazione69. Allinterno diquesto dibattito entrambe le parti in causa concepirono lo studio della naturasecondo una visione cosmologica che, in ossequio alla cultura dominan-te, non poteva che coinvolgere lordine delle idee teologiche. Il fatto cheGuglielmo di Saint-Thierry abbia composto il De natura corporis et animaenegli anni successivi alla disputa contro Guglielmo di Conches avallerebbelipotesi per cui labate benedettino fosse consapevole che il problema dellaphysica non poteva essere semplicemente rimosso con una riaffermazionedellallegorismo biblico, ma doveva essere affrontato alla luce di una solu-zione epistemologica alternativa. significativo che Guglielmo, in rispostaalla visione chartriana della natura, adott nel De natura corporis et animaeil modello epistemologico offerto dal De opificio hominis di Gregorio diNissa, che egli leggeva nella traduzione latina eriugeniana circolante conil titolo Sermo de imagine: seguendo il trattato del Nisseno, Guglielmo faricorso al sapere medico vigente alla sua epoca, presentandolo nella suaconcretezza scientifica a comprova della dignitas delluomo e della sua

    sulla dialettica. Ma lintento, ripetiamo, comune: la ricerca di rationes necessariae cheavviassero allintelligenza della fede. Cos quei maestri si facevano veri continuatori del-lopera di Anselmo, il quale, intesa la fede come presupposto della riflessione filosofica (ne loggetto, il dato, e insieme la guida), tuttavia non rinuncia a trovare lintelligibilit, anziardentemente la ricerca e, nel Monologion, indica la possibilit di dimostrare lesistenza diDio e la sua natura una e trina senza ricorrere ad argomenti ex auctoritate (T. GREGORY,Anima mundi. La filosofia di Guglielmo di Conches e la scuola di Chartres. Firenze, San-soni, 1955, pp. 109-110). Per una disamina dei temi cosmo-teologici chartriani e abelardianirimandiamo a questa stessa monografia.

    69 philosophus physice de Deo philosophatur (De erroribus Guillelmi de Conchis,PL 180, 339); cf. GREGORY, Anima mundi, pp. 117-121.

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    preminenza nel cosmo, in quanto creato a immagine di Dio70. Guglielmoafferma la validit del sapere scientifico riproponendo come tali le teoriemedico-fisiologiche circolanti al suo tempo, ma allo stesso modo sottolinea

    che uninterpretazione filosofica del mondo che volesse dirsi cristiana nonpotrebbe che derivare da una teologia fondata su argomenti scritturistici71. Ariprova dellimprescindibile relazione tra antropologia biblica, cosmologiae teologia, laddove si voglia cogliere lintenzione di un autore di rientra-re nella metnoia cristiana senza preoccupazioni sincretistiche, vediamodunque come Guglielmo di Saint-Thierry scelga di opporsi alla filosofiachartriana che aveva posto le categorie del cosmo alla base della com-prensione delluomo e della rilettura della teologia in chiave cosmologica, riaffermando una comprensione del cosmo che ritorna alla centralit

    delluomo, la cui descrizione fisiologico-scientifica pur nella sua indipen-denza epistemica, mai messa in causa da Guglielmo pu convivere, anziessere una riprova, della dignit delluomo concepito biblicamente a imma-gine di Dio72. Al tentativo dellabate di Saint-Thierry pu essere accostata la

    70 Fonti principali del primo libro del trattato sono il Pantegni di Costantino Africano,il Premnon Physicon di Nemesio di Emesa nella traduzione latina di Alfano di Salerno; nelsecondo libro Guglielmo riprende la fisiologia del Sermo de imagine, nonch la psicologia

    del De quantitate animae di Agostino e del De statu animae di Claudiano Mamerto; cf. A.SICLARI, Introduzione a GUGLIELMODI SAINT-THIERRY, La natura del corpo e dellanima.Firenze, Nardini, 1991, p. 35.

    71 Le competenze e gli interessi che [Guglielmo di Saint-Thierry] manifesta, non solonel pamphletantiabelardiano ma soprattutto nel De natura corporis et animae, [] dimo-strano innanzitutto che la scienza della natura patrimonio dei cultori delle divinae litteraenon meno di quanto lo sia dei maestri di dialettica; e di conseguenza evidenziano che nonesiste scienza che non sia razionale n ragione che non sia funzionale, attraverso le arti,alla scienza mondana. Tuttal pi manifesta lesigenza, non teorizzata perch non ancoramatura, di distinguere nettamente il metodo della scienza, razionale e profano, e lapproccio

    extrarazionale alla fede (MARTELLO, La dottrina dei teologi, pp. 254-255).72 Si pu notare in generale come nei commenti alla fisica prodotti nel corso delXII secolo largomento antropologico risulti alquanto attenuato; nel Dialogo di filosofiaGugliemo di Conches presenta luomo senza alcun riferimento allantropologia biblica, inrelazione alla sua semplice condizione naturale: Luomo, dunque, un animale dotato diragione, mortale, composto di anima e corpo (in TEODORICODI CHARTRES GUGLIELMODI CONCHES BERNARDO SILVESTRE, Il divino e il megacosmo. Testi filosofici e scientificidella scuola di Chartres, a cura di E. MACCAGNOLO. Milano, Rusconi, 1980, p. 402); unaltro esempio in questa direzione potrebbe essere indicato nel Tractatulus super librumGenesis di Clarembaldo di Arras, che, per quanto pervenutoci lacunoso, mostra un interessedecisamente marginale per lantropologia del primo libro del Pentateuco; cf. C. MARTELLO,

    Fisica della creazione. La cosmologia di Clarembaldo di Arras: Tractatulus super librumGenesis. Catania, Cuecm, 1998.

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    distinzione epistemologica proposta da Goffredo di San Vittore nel trattatointitolato Microcosmus73.

    Le radici del dissidio tra simbolismo e fisicismo, che inizi a manife-starsi nella cultura del XII secolo, possono essere analizzate in relazione alrilievo che il problema del rapporto tra la salvezza delluomo e la volontonnipotente di Dio aveva assunto in seno alla tradizione teologica latina.Da un punto di vista epistemologico possiamo considerare questo problemacome un tentativo di conciliare la teologia biblica, centrata sulla salvezzadelluomo, con una cosmologia focalizzata sul concetto di ordine univer-sale, concetto del resto non estraneo n alla Bibbia n alla filosofia antica,ma gradualmente sostituitosi nella concezione soteriologica occidentale alprincipio teandrico. La centralit che il tema dellonnipotenza divina acquisnella teologia latina medievale avr importanti conseguenze sia per lantro-pologia, sia per la cosmologia, che saranno vieppi concepite come ambitientro cui investigare il dispiegarsi della volont di Dio nel mondo.

    Nellalto-medioevo leconomia della salvezza inizi ad essere guar-data, sulle scorte della dottrina agostiniana della grazia, come un effettonecessario della volont irresistibile di Dio74, mentre la cosmologia sarinterpretata come un linguaggio di simboli sotto il cui velame si manifestala volont divina. Il dogma dellonnipotenza divina, agostinianamente letto

    73 Selon Godefroy, le philosophe tudie les naturalia, cest--dire la nature, en tantque cration donne lhomme par Dieu; le thologien porte son regard sur la grce, cest--dire sur les ralits que Dieu ajoute la cration en la restaurant. Le philosophe sint-resse donc la cosmologie, ce qui est dans la tradition platonicienne, mais il ltudie surle mode allgorique, des fins moralisatrices. On est donc loin de Chartres (M. LEMOINE,Les notions de philosophe et de philosophie dans lcole de Saint-Victor, in Langa-ge, sciences, philosophie au XIIe sicle, p. 19).

    74

    Limpostazione agostiniana sui temi della grazia e della predestinazione costituir,in virt dellauctoritas dellIpponate, un terreno obbligato di riflessione, non solo teologicae antropologica, ma anche morale (nella dottrina del peccato originale) e ascetica di tuttolOccidente latino alto-medievale, dando vita a periodici scontri e ridiscussioni. Anselmo diCanterbury consacrer limpostazione agostiniana, portandola alle sue estreme conseguen-ze, sia sotto il profilo del metodo teologico sia sotto il profilo della soteriologia: Anselmo certo erede della terribile idea agostiniana del peccato originale, che ha determinato unateologia solo parzialmente neotestamentaria nella storia cristiana; senza dubbio anche lacristologia anselmiana influenzata dalla dottrina agostiniana della massa damnata cheil Cristo viene a salvare, pagando un debito, che egli non doveva, per salvare il Padre(C. LEONARDI, Profezia e mistica in Anselmo di Canterbury, in C. LEONARDI, Medioevo

    latino. La cultura dellEuropa cristiana. Firenze, SISMEL - Edizioni del Galluzzo, 2004,p. 439).

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    in relazione alla soteriologia, si configur quindi nella teologia espressadallOccidente latino come causa dellirresistibilit della grazia, introducen-do tuttavia, una volta trasferito allambito cosmologico, il problema della

    sussistenza della creazione di fronte allimperscrutabile delibera divina.La vastit e la pregnanza della problematica venne colta in modo originaleda Pier Damiani (1007-1072), che nella Lettera sullonnipotenza divina(1067), muovendo dal quesito posto da s. Girolamo se Dio potesse renderevergine una ragazza che non lo pi, inaugurava una discussione sui pro-blemi connessi allomnipotentia Dei che doveva guadagnare una centralitparadigmatica negli sviluppi teologici successivi fino alla Scolastica75. Para-dossalmente il dogma dellonnipotenza, sancito dal Credo come principaleattributo di Dio Padre e causa della creazione stessa, si trov a essere con-

    cepito come elemento in potenziale contraddizione con la coerenza ontolo-gica della creazione, dal momento che Dio avrebbe potuto distruggere ognicosa in qualsiasi momento76. La risposta del priore di Fonte Avellana poseil problema della finalit dellagire divino entro lo schema logico-giuridicodella non-contraddizione, escludendo di fatto il primato della prospettivateandrica dalleconomia creazionale77.

    Possiamo a questo punto constatare come largomento anselmianodella ratio necessaria dellIncarnazione, che faceva comparsa pressoch

    75PETRUS DAMIANI, Epistulae CLXXX, in MGH, Briefe, IV, Teil 1-4, ed. K. REINDEL.1983-1993, Vol. 3, Epist. 119, p. 354. Pierre Damien jette dans la bataille des argumentsfondamentaux pour la philosophie et la thorie philosophique des modalits onto-logiques,notamment, pour le non, la loi naturelle, prsente comme universelle, qui lie aux prin-cipes aristotliciens de non-contradiction et de bivalence, pose limpossibilit que ce quiest ne soit pas (A. DE LIBERA, La philosophie mdivale. Paris, Presses Universitaires deFranc, 1993 [ed. 2004], p. 284). Laccostamento proposto da de Libera con la discussionesullonnipotenza in un autore islamico come Ghazl ci sembra significativo in quantoevidenzia unanalogia comune, emergente sullo sfondo di una teologia dellonnipotenzaavulsa dal riferimento teandrico, quale appunto la teologia islamica (cf. DE LIBERA, Laphilosophie, p. 285).

    76 Le precisazioni scolastiche sullonnipotenza si riveleranno non meno problematicherispetto a queste prime avvisaglie: Nato per dare voce e dignit teorica allesigenza schiet-tamente religiosa di esaltare la sovreminenza del Creatore, il motivo della potentia absolutafiniva per incrinare lattendibilit di qualsiasi auctoritas: non solo quella dei nostri sensie della nostra ragione, non solo quella dei filosofi, ma anche quella di Dio e della SacraPagina (L. BIANCHI, Il vescovo e i filosofi. La condanna parigina del 1277 e levoluzionedellaristotelismo scolastico. Bergamo, Lubrina, 1990, p. 88).

    77 Il problema della consistenza ontologica della creazione si evince da queste parole:

    Haec porro impossibilitas recte quidem dicitur, si ad naturae referatur inopiam; absitautem, ut ad maiestatem sit applicanda divinam. Qui enim naturae dedit originem, facile

    244 ERNESTO SERGIO MAINOLDI

  • 8/7/2019 Mainoldi, Metabol e Metnoia

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    negli stessi anni della riflessione di P