macchine molecolari

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463 CAPITOLO 3 Le macchine molecolari Il corpo umano funziona grazie all’azione di macchine ultraminiaturizzate formate da molecole. Una sfida della nanotecnologia è la realizzazione di macchine e motori molecolari artificiali. L’esercito di macchine dentro di noi In questo momento dentro il nostro corpo c’è al lavoro un esercito sterminato di macchine. Sono macchine molecola- ri, milioni di volte più piccole delle macchine che siamo abi- tuati a vedere nel mondo che ci circonda. Sono più piccole, ma non meno utili: trasportano le molecole ingerite con il ci- bo e con il respiro, estraggono dalle loro reazioni l’energia ne- cessaria per farci muovere, convertono quelle molecole in al- tre che vengono poi utilizzate per dar forma al nostro corpo, per riparare i danni che ha subito, per orchestrare il mondo interiore dei sensi, delle emozioni, dei pensieri. Queste macchine sono le cose di maggiore valore che pos- sediamo; le abbiamo ereditate dai nostri genitori e le usia- mo in ogni atto della nostra vita. A questo punto penso che siano sorti sentimenti di meraviglia e di stupore, governati an- ch’essi da congegni e macchine molecolari che non sospet- tiamo di avere. Ora, con le macchine molecolari che fanno funzionare il nostro cervello, che ci fanno ricordare quanto abbiamo studiato e che ci permettono di muovere le dita per scrivere, cercheremo di soddisfare le macchine molecolari che hanno fatto sorgere questa curiosità. Per interpretare le proprietà della materia e per comprendere l’intima essenza dei fenomeni che avvengono attorno a noi e in noi occorre scendere al livello molecolare. Per esempio, per capire come realmente avviene il processo fotosintetico naturale, cioè il fenomeno che permette a un albero di utilizzare la luce solare per produrre fiori e frutti, bisogna scendere giù nel piccolo, come in una «zoomata», dall’albero (dimensioni dell’ordine del metro) alle foglie (cen- timetri), alle cellule (centesimi di millimetro), ai cloropla- sti (millesimi di millimetro), ai grani (decimillesimi di mil- limetro), fino ad arrivare alle molecole che hanno dimen- sioni dell’ordine del milionesimo di millimetro (la milione- sima parte del millimetro, cioè la miliardesima parte del me- tro, che viene usualmente chiamata nanometro). Immagine simbolica di un corpo umano circondato da un tratto della molecola del DNA (acido desossiribonucleico). Il DNA si trova in tutti gli esseri viventi ed è portatore del codice genetico, ovvero del software che governa l’intera attività della macchina vivente.

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Macchine ultraminiaturizzate formate da molecole.

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Page 1: Macchine molecolari

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CAPITOLO 3

Le macchine molecolariIl corpo umano funziona grazie all’azione di macchineultraminiaturizzate formate da molecole. Una sfida dellananotecnologia è la realizzazione di macchine e motorimolecolari artificiali.

L’esercito di macchine dentro di noiIn questo momento dentro il nostro corpo c’è al lavoro unesercito sterminato di macchine. Sono macchine molecola-ri, milioni di volte più piccole delle macchine che siamo abi-tuati a vedere nel mondo che ci circonda. Sono più piccole,ma non meno utili: trasportano le molecole ingerite con il ci-bo e con il respiro, estraggono dalle loro reazioni l’energia ne-cessaria per farci muovere, convertono quelle molecole in al-tre che vengono poi utilizzate per dar forma al nostro corpo,per riparare i danni che ha subito, per orchestrare il mondointeriore dei sensi, delle emozioni, dei pensieri.

Queste macchine sono le cose di maggiore valore che pos-sediamo; le abbiamo ereditate dai nostri genitori e le usia-mo in ogni atto della nostra vita. A questo punto penso chesiano sorti sentimenti di meraviglia e di stupore, governati an-ch’essi da congegni e macchine molecolari che non sospet-tiamo di avere. Ora, con le macchine molecolari che fannofunzionare il nostro cervello, che ci fanno ricordare quantoabbiamo studiato e che ci permettono di muovere le dita perscrivere, cercheremo di soddisfare le macchine molecolariche hanno fatto sorgere questa curiosità. Per interpretare leproprietà della materia e per comprendere l’intima essenzadei fenomeni che avvengono attorno a noi e in noi occorrescendere al livello molecolare.

Per esempio, per capire come realmente avviene il processofotosintetico naturale, cioè il fenomeno che permette a unalbero di utilizzare la luce solare per produrre fiori e frutti,bisogna scendere giù nel piccolo, come in una «zoomata»,dall’albero (dimensioni dell’ordine del metro) alle foglie (cen-timetri), alle cellule (centesimi di millimetro), ai cloropla-sti (millesimi di millimetro), ai grani (decimillesimi di mil-limetro), fino ad arrivare alle molecole che hanno dimen-sioni dell’ordine del milionesimo di millimetro (la milione-sima parte del millimetro, cioè la miliardesima parte del me-tro, che viene usualmente chiamata nanometro).

Immagine simbolica di un corpo umanocircondato da untratto della molecoladel DNA (acidodesossiribonucleico). Il DNA si trova intutti gli esseri viventied è portatore delcodice genetico, ovvero del softwareche governa l’interaattività dellamacchina vivente.

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3. Le macchine molecolari

Queste stesse parole sono riconosciute e comprese grazie auna miriade di reazioni chimiche organizzate da eserciti dimessaggeri e interruttori molecolari. Nel frattempo, senzache neppure ce ne accorgiamo, le invisibili molecole di os-sigeno che sono contenute nell’aria che respiriamo vengonocatturate una a una, e trasportate in tutte le parti del nostrocorpo che ne hanno bisogno, da altre molecole più grandi, ca-paci di ospitarle, che sono nel sangue degli alveoli. Tuttoquello che siamo e che facciamo, insomma, è dovuto all’a-zione di un numero sterminato di molecole, organizzate incongegni e macchine molecolari che non riusciamo a vede-re in azione, ma che lavorano per noi con grande efficienza,con alta velocità e con incredibile precisione.

La rappresentazione del mondo delle molecoleLe molecole, che hanno dimensioni dell’ordine del nano-metro, le più piccole entità materiali caratterizzate da pro-prietà specifiche e da una forma propria, non sono solo nelnostro corpo, ma anche in tutto quello che ci circonda. Nelnostro corpo ce ne sono molti miliardi di miliardi. In una goc-cia d’acqua ce ne sono tante che, se le potessimo distribui-re in parti uguali fra tutti gli uomini della terra, ciascuno nericeverebbe circa 200 miliardi. La loro esistenza è stata di-mostrata dai chimici da quasi 150 anni.

Non bisogna confondere le molecole con gli atomi. L’ato-mo è la più piccola quantità di un elemento che entra in unamolecola; i tipi di atomi conosciuti sono un centinaio e sonoindicati con una o due lettere dell’alfabeto: H per l’idrogeno,C per il carbonio, N per l’azoto, O per l’ossigeno, P per il fo-sforo, S per lo zolfo, Cl per il cloro, Co per il cobalto, ecc.).Gli atomi sono specie molto reattive e quindi, di solito, si uni-scono secondo leggi ben precise per formare le molecole. Nel-le formule chimiche, il numero di atomi dello stesso tipo chefanno parte di una molecola si indica con un numero in pe-dice: quindi, la molecola dell’ossigeno, che è formata da dueatomi di ossigeno, si rappresenta con la formula O2; la mo-lecola dell’acqua, che è formata da due atomi di idrogeno e unatomo di ossigeno, si rappresenta con la formula H2O.

Molte molecole sono costituite da un numero maggiore diatomi. Per esempio, la molecola dell’acido acetico è forma-ta da otto atomi, due di carbonio, quattro di idrogeno e duedi ossigeno: C2H4O2. Ma ci sono molecole molto più com-

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LE MOLECOLE

Arrivati a questo livello, ci si accorge che nelle piante ci so-no aggregati formati da un certo numero di molecole, oppor-tunamente assemblate e integrate tanto da costituire dei verie propri congegni di dimensioni nanometriche. Il processo diconversione dell’energia solare in energia chimica viene com-piuto da questi congegni (chiamati «centri di reazione») chesono capaci di utilizzare l’energia della luce solare per provo-care una reazione chimica chiamata «trasferimento di carica».

A questa reazione ne fanno seguito molte altre che coin-volgono altri congegni e altre macchine molecolari e che,alla fine, producono le molecole profumate e nutrienti checostituiscono i fiori e i frutti.

L’invisibile mondo delle molecole riempie il nostro corpo.In questo momento, nelle nostre braccia e nelle nostre ma-ni legioni di piccoli motori molecolari sono al lavoro per so-stenere questo volume e per voltarne le pagine. Le parole ven-gono lette grazie alla luce che, riflessa dalle parti bianche del-la pagina, arriva agli occhi e causa una reazione in certe mo-lecole che si trovano nella retina.

DAL MACROSCOPICO AL MOLECOLARE

Per capire come avviene la fotosintesi bisognaentrare con una «zoomata» nel mondodell’infinitamente piccolo. Una foglia(dimensioni di alcuni centimetri) è fatta dicellule (50 micrometri) dentro le quali sitrovano i cloroplasti (5 micrometri), a loro volta

costituiti da grani (strutture discoidali di 200 nanometri di diametro). I grani contengono molecole (dimensioni di qualche nanometro) che sono capaci di assorbire la luce solare e di dare così inizio al processo fotosintetico.

cellule

cloroplasti

foglia

molecole

grani

Siamo fatti di molecole

Elementi, atomi,molecole

Page 3: Macchine molecolari

LE FORMULE CHIMICHE

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3. Le macchine molecolari

sulle altre (stato liquido) o disperdersi (stato gassoso). Co-me gli animali e le piante, le molecole hanno nomi comuni(acqua, acido acetico, vitamina B12) e nomi scientifici (peresempio, nel caso dell’acqua, «monossido di diidrogeno»). I nomi scientifici delle molecole grandi sono estremamentecomplessi e quindi non sono quasi mai usati.

Poiché i nomi non bastano per orientarsi nell’enorme e va-riegato mondo delle molecole, è necessario ricorrere a unaltro tipo di rappresentazione, che è quello delle formule.

Quelle sopra riportate, H2O, C2H4O2 e C63H88CoN14O14P,sono chiamate «formule brute». Come abbiamo già detto,queste formule non sono molto utili perché non specifica-no i legami interatomici della molecola, né la disposizionespaziale.

Spesso si ricorre allora alle «formule di struttura», che ap-punto evidenziano i legami dei vari atomi. In queste formu-le i legami vengono rappresentati con trattini che unisconoi simboli degli atomi collegati. Per le molecole piccole le for-mule di struttura sono semplici e, oltre a indicare chiaramentecome sono legati gli atomi, riescono anche a dare un’idea del-la forma della molecola. Per le molecole grandi la situazio-ne diviene via via più complessa e le formule di struttura fi-niscono per sembrare un’intricata ragnatela di segni. Si cer-ca, allora, di rappresentare la molecola con formule di strut-tura semplificata: per esempio, gli atomi di carbonio, C, chesono molto comuni specialmente nelle molecole degli orga-nismi viventi, non vengono più indicati esplicitamente nel-la formula di struttura, ma si sottintende che occupino le po-sizioni di intersezione dei trattini che indicano i legami. An-che gli atomi di idrogeno, H, legati agli atomi di carbonio nonvengono indicati e non viene neppure rappresentato il trat-tino che rappresenta il loro legame.

Il modo più significativo per rappresentare le molecole èquello basato sull’uso di modelli tridimensionali, ingranditirispetto alla realtà. Come abbiamo visto nel capitolo dedi-cato alle molecole, questi modelli si costruiscono con un mec-canismo a incastro simile a quello del Lego, con sferette diplastica rigida, che rappresentano i vari tipi di atomi, nellequali si inseriscono giunzioni che rappresentano i legami chi-mici. I modelli così ottenuti sono cento milioni di volte piùgrandi che nella realtà, ma le proporzioni vengono scrupo-losamente rispettate.

Rappresentate con i modelli tridimensionali, le molecoleappaiono come oggetti macroscopici e acquistano parte del

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LE MOLECOLE

plesse, come quella della vitamina B12, composta da 181 ato-mi: C63H88CoN14O14P. Si stima che in natura siano stati sco-perti finora circa cinque milioni di tipi diversi di molecole eche circa quindici milioni di molecole artificiali siano statesintetizzate dai chimici.

Anche se il progresso della scienza ha permesso di «vede-re» le molecole più grandi (non direttamente, ma tramite im-magini al computer ottenute con dispositivi elettronici), ilmondo delle molecole è essenzialmente una rappresentazio-ne mentale, ma è oggettiva e razionale, in quanto i chimici co-noscono tutto delle molecole, o almeno di molte di esse: com-posizione, peso, dimensioni, forma, reattività, capacità di in-teragire con la luce e con l’elettricità, tendenza a rimanererigidamente associate fra loro (stato solido), a scivolare le une

1. La molecola dell’acido acetico: a sinistra, la formula bruta che indica la composizione dellamolecola; al centro, la formula di struttura che mostra come sono legati fra loro i vari atomi; a destra, la rappresentazione tridimensionale della molecola, quaranta milioni di volte più grandedella dimensione reale. 2. La molecola della vitamina B12: a sinistra, la formula bruta; al centro, la formula di strutturasemplificata; a destra, la rappresentazione tridimensionale della molecola, venti milioni di volte più grande della dimensione reale.

formula bruta formula di struttura modello molecolaretridimensionale

formula bruta

formula di struttura semplificata modello tridimensionale

1

2

Nomi e formule

Modellitridimensionali

Page 4: Macchine molecolari

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3. Le macchine molecolari

Nell’approccio «dal basso», le molecole sono utilizzate co-me componenti per costruire sistemi più complessi, chiamatisupramolecolari, che possono svolgere una grande varietàdi funzioni. Per ottenere risultati interessanti è necessario chei componenti molecolari siano «programmati» in modo da po-ter integrarsi dal punto di vista strutturale e interagire dal pun-to di vista funzionale. Tutti i congegni e le macchine biolo-

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LE MOLECOLE

fascino che avrebbero se potessimo vederle nella loro real-tà. Ma nel caso di molecole molto grandi, anche i modelli mo-lecolari sono difficili da decifrare. Un ultimo modo per rap-presentare le molecole, particolarmente quelle che costitui-scono i congegni e le macchine molecolari, è quello di uti-lizzare schemi di vario tipo capaci di far capire le proprietàe le funzioni del sistema in oggetto. In questo capitolo fare-mo largo uso di tali schemi.

Dalla biologia alla nanotecnologiaCome già accennato, sono moltissimi i tipi di molecole na-turali che i chimici hanno identificato, studiato e caratte-rizzato. Negli ultimi anni, accanto ai chimici che continuanoa esplorare la natura, si vanno sempre più affermando i chi-mici che si occupano della produzione in laboratorio di nuo-vi tipi di molecole, aventi composizione, forma e dimensio-ne prescelte.

La capacità della chimica di fornire molecole «su ordina-zione» apre nuove prospettive in vari campi della scienza edella tecnologia. La possibilità di disporre di molecole aven-ti le caratteristiche desiderate permette di pensare a una tec-nologia che opera a livello molecolare, cioè nanometrico: è lananotecnologia. Per meglio comprendere alcuni termini es-senziali dell’argomento, consideriamo il problema della mi-niaturizzazione.

Un aspetto importante della tecnologia moderna è quello del-la miniaturizzazione; basta pensare, per esempio, al campo deicomputer dove la riduzione delle dimensioni dei componentipermette la costruzione di apparecchi sempre più piccoli eallo stesso tempo sempre più potenti. Nella corsa verso la mi-niaturizzazione finora si è seguito l’approccio «dall’alto» (ininglese, top down) lavorando, con tecniche speciali, pezzi ma-croscopici di materiali. Questo approccio, però, ha limitazio-ni intrinseche; in pratica non si può scendere al di sotto di qual-che centinaio di nanometri. Si tratta già di dimensioni moltopiccole (circa un millesimo dello spessore di un capello), mac’è ancora tanto spazio per un’ulteriore miniaturizzazione sesi pensa alle dimensioni delle molecole, che sono dell’ordinedel nanometro. Per proseguire nel processo di miniaturizza-zione occorre trovare strade alternative a quelle finora usatee fra queste particolarmente promettente è il cosiddetto ap-proccio «dal basso» (bottom up), in base al quale i sistemi ul-traminiaturizzati vengono ottenuti partendo dalle molecole.

Per costruire strutture miniaturizzate,ovvero nella scala dei micrometri, si può utilizzare unapproccio dall’alto. Si parte cioè da pezzimacroscopici delmateriale prescelto e lo si lavora con tecnichespeciali per trasformarloin un insieme di unità miniaturizzate. Per ottenere struttureultraminiaturizzate, cioènella scala dei nanometri,non è però possibileseguire l’approcciodall’alto. È necessarioutilizzare un approcciodal basso partendo da molecole, ovverooggetti di dimensioninanometricheopportunamenteprogrammate per formare la strutturarichiesta.

MINIATURIZZAZIONE: I DUE APPROCCI

materialimacroscopici

approccio«dall’alto»

approccio«dal basso»

molecole

unitàminiaturizzate

strutture ultraminiaturizzateLa miniaturizzazione

Costruzione «dal basso»

Page 5: Macchine molecolari

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3. Le macchine molecolari

che, pur essendo molto più semplici di quelli che si trovanonegli organismi viventi, sono ugualmente interessanti dal pun-to di vista scientifico e utili per molte applicazioni.La logicaseguita in questa impresa è molto semplice e può essere il-lustrata nel modo seguente.

Per ottenere un’apparecchiatura del mondo macroscopico(per esempio un asciugacapelli), l’ingegnere costruisce deicomponenti (un interruttore, un ventilatore, una resistenza),ciascuno dei quali è in grado di svolgere un’azione specifica,e poi li assembla in modo opportuno, ottenendo così un’ap-parecchiatura che, alimentata da energia, compie una fun-zione utile. Il chimico procede allo stesso modo, con la diffe-renza però che il suo lavoro ingegneristico avviene a livello mo-lecolare. Stabilita la funzione che il dispositivo deve compie-re, inizia con la costruzione dei componenti necessari, chesono molecole capaci di svolgere compiti specifici (molecoleprogrammate); poi assembla i vari componenti molecolari instrutture supramolecolari organizzate, in modo che l’insiemecoordinato delle azioni dei componenti possa dar luogo allafunzione richiesta.

La ricerca in questo campo ha già permesso di ottenere tut-ta una serie di dispositivi a livello molecolare in grado di imi-tare le funzioni compiute dai componenti delle odierne ap-parecchiature elettroniche: fili capaci di condurre elettroni oenergia, interruttori capaci di permettere o proibire il passag-gio di questi flussi, sistemi presa/spina e prolunga, rettifica-tori di corrente, antenne per la raccolta dell’energia lumino-sa, elementi di memoria, porte logiche, ecc. In questa sede ver-ranno trattati solo alcuni esempi di macchine molecolari arti-ficiali, la cui descrizione sarà preceduta da una breve illustra-zione di alcune macchine molecolari naturali.

Nanomacchine naturaliIl movimento è uno degli attributi principali della vita. La na-tura ha dotato i sistemi viventi di aggregati supramolecolarimolto complessi (gli enzimi) che lavorano all’interno dellecellule come vere e proprie macchine per soddisfare i biso-gni delle cellule stesse: compiono reazioni chimiche che tra-sformano certe molecole in altre necessarie per la vita dellacellula, trasportano materiale molecolare, copiano e trasdu-cono il codice genetico nelle proteine, scambiano informa-zioni con altre cellule, ecc. Anche tutti i movimenti macro-scopici degli organismi viventi, dai batteri alle balene, e le

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LE MOLECOLE

giche e, salendo nella scala della complessità, anche le cellu-le, i tessuti, gli organi, gli apparati e, infine, gli individui, siformano in natura per auto assemblaggio (cioè per assemblaggiospontaneo) di componenti più semplici misteriosamente e ap-positamente programmati. Salendo passo dopo passo la scaladella complessità, la natura è così giunta a quella estrema me-raviglia che è l’uomo. In questo stupefacente progetto molti ve-dono la mano del creatore.

Nei loro laboratori gli scienziati non sono capaci di salire lascala della complessità dall’atomo all’uomo. Sono capaci dimanipolare, anche pesantemente, la vita, ma non sono ca-paci di costruirla, neppure nella sua forma più elementare,quella della cellula di un batterio. Gli scienziati hanno peròimparato a costruire le molecole e anche a passare dalle mo-lecole a sistemi supramolecolari abbastanza complessi da es-sere in grado di compiere funzioni. Gli scienziati, cioè, sonocapaci di costruire congegni e macchine a livello molecolare

componenti macroscopici congegno macroscopico

componenti microscopici

atti semplici

struttura supramolecolare

funzione complessa

L’ASSEMBLAGGIO DI CONGEGNI ULTRAMINIATURIZZATI

Un congegno macroscopico (in alto) è uninsieme ordinato di componenti costruito alloscopo di svolgere una funzione. Questoconcetto si può applicare anche per lacostruzione di congegni ultraminiaturizzati, cioèdi scala nanometrica (in basso).

Assemblando in maniera opportuna un certo numero di molecole presceltesi può ottenere una struttura supramolecolarecapace di svolgere una funzione più complessa di quelle svolte dai singolicomponenti.

Il chimico,ingegneremolecolare

Il movimentonella vita

Page 6: Macchine molecolari

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3. Le macchine molecolari

strutture globulari. Queste catene possono contenere da unadozzina fino a migliaia di amminoacidi, a seconda della fun-zione che debbono svolgere.

Le nanomacchine naturali hanno forme molto diverse daquelle delle macchine e degli oggetti del mondo macrosco-pico. Spesso sembrano grossi agglomerati di atomi, ammon-ticchiati senza alcuna pianificazione.

Questo vale in particolare per gli enzimi, strutture globu-lari generate da catene di proteine avviluppate. Nell’aggro-vigliato ammasso di catene di molecole proteiche che li co-stituiscono, gli enzimi dispongono di siti specifici, che spes-so sono fessure o cavità di forma e dimensioni molto parti-colari, dove avvengono le reazioni chimiche alle quali l’en-zima è preposto. L’accessibilità a questi siti attivi è general-mente regolata da modifiche strutturali dell’enzima causateda interazioni con molecole esterne. In questo modo, le mi-gliaia di enzimi del nostro corpo possono venire attivati o dis-attivati dall’organismo stesso, a seconda delle necessità (nel-la figura a pagina successiva).

Tipico esempio di quanto ora detto è l’enzima aspartatotranscarbamilasi, conosciuto anche come ATCasi, che è pre-

472

LE MOLECOLE

funzioni più nobili dell’uomo, dal parlare al pensare, sono con-seguenze di movimenti a livello molecolare.

L’esistenza delle nanomacchine naturali è nota da moltotempo, ma solo di recente si sono cominciati a studiare i mec-canismi chimici intimi del loro funzionamento. Si è visto chequesti sistemi operano mediante movimenti meccanici di va-rio tipo, spesso complessi e interconnessi, ma a volte anchesemplici, come rotazioni e spostamenti lineari, simili a quel-li svolti da macchine del mondo macroscopico. Anche se imeccanismi di funzionamento a livello molecolare delle na-nomacchine naturali non sono ancora completamente chia-riti, è possibile rappresentare schematicamente in forma gra-fica le loro funzioni. Per ragioni di spazio, saranno illustratisoltanto alcuni esempi tipici.

La grande maggioranza delle macchine molecolari natura-li è formata da proteine, molecole costituite da catene mo-dulari di amminoacidi che tendono ad avvolgersi per dare

BIOINFORMATICA E CHIMICA COMPUTAZIONALE

I recenti progressi nel campo della ricerca ge-nomica stanno cambiando il modo di affron-tare molti problemi della biologia; di conse-guenza la bioinformatica sta assumendo unruolo sempre più centrale, sia per quanto ri-guarda la gestione e l’integrazione di grandibasi di dati biologici (sequenze di DNA e pro-teine, strutture proteiche, microarray, ecc.),sia per l’elaborazione dell’informazione che

molto spesso richiede lo sviluppo di procedureinformatiche e algoritmi nuovi. La bioinfor-matica è nata grazie al grande sviluppo del-l’hardware e del software informatico ed è unadisciplina in rapida evoluzione che richiedegrandi risorse di calcolo.

La chimica computazionale è la branca del-la chimica teorica che si occupa dello svilup-po di modelli matematici, basati sia sulla mec-canica classica che sulla meccanica quanti-stica, in grado di simulare sistemi chimici, conlo scopo di calcolarne le grandezze fisiche ca-ratteristiche (struttura, energia, distribuzioneelettronica, ecc.) e prevederne le proprietà chi-miche (natura dei legami, reattività, ecc.). An-ch’essa è oggi in grado di affrontare sistemichimici sempre più complessi (proteine, poli-meri, farmaci, ecc.) grazie ai progressi del-l’informatica.

La chimica computazionale applicata all’arte:una computer graphic di struttura molecolare di un cristallo in prospettiva orchard effect(un modello matematico, che permette in questocaso una profonda visione prospetticadell’interno della struttura).

amminoacidoalanina (Ala)

polipeptide proteina(struttura globulare)

dipeptide (Ala-Ala)

legame peptidico

legame peptidico

LE PROTEINE, COMPONENTI DELLE NANOMACCHINE NATURALI

Gran parte delle macchine molecolari naturali è formata da proteine, lunghe molecolecostituite da catene di amminoacidi uniti fra loro mediante legami peptidici.

Le catene di amminoacidi delle proteinetendono ad avvolgersi per dare struttureglobulari capaci di svolgere ben precisefunzioni.

Gli enzimi

Cambiamenti di forma

Page 7: Macchine molecolari

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3. Le macchine molecolari

ca di far capire il modo in cui funziona questo enzima cosìcomplesso.

Il sito attivo dell’enzima, cioè il punto dove può avvenirela produzione di timina e citosina, è situato là dove due uni-tà catalitiche si affacciano; se esse sono in stretto contat-to, c’è un’interazione che impedisce alla reazione di avve-

474

LE MOLECOLE

sente nelle cellule dei batteri e stabilisce quando due mole-cole molto importanti, la timina e la citosina, devono esseresintetizzate. Come è mostrato schematicamente nella figu-ra 1 qui sotto questo enzima è composto da sei grandi «uni-tà catalitiche» (ossia preposte a promuovere la reazione) lacui posizione è controllata da sei unità più piccole, che co-stituiscono quello che si chiama «sistema regolatore». Si no-ti che la rappresentazione data di questo enzima nella figu-ra 1 non è una formula chimica e neppure un modello mo-lecolare in scala, ma soltanto un disegno schematico che cer-

GLI ENZIMI

Nel 1876 Wilhelm Kühne introdusse la pa-rola enzima (dal greco én, «dentro», e zymé,«lievito») per indicare una sostanza cataliz-zatrice, capace cioè di accelerare le reazionichimiche di fermentazione, non prendendo-vi parte, però, come componente. Successi-vamente, nel 1883, Émile Duclaux suggerì diusare il suffisso -asi per indicare la natura de-gli enzimi, prendendolo dal termine diastasi,il primo enzima che sia stato isolato.

La natura chimica degli enzimi è stata dis-cussa e indagata per molto tempo, prima chesi riuscisse a comprenderla. Inizialmente sipensava anche che potesse trattarsi di pic-cole molecole organiche; solo in seguito al-l’isolamento dell’ureasi, da parte di JamesSumner nel 1926, e degli studi successivi diJohn Northrop, fu chiaro che gli enzimi aves-sero natura proteica.

Ogni proteina enzimatica è «ripiegata» se-condo una struttura spaziale caratteristica pro-pria, e necessita della presenza di un fattoreche permetta la catalisi, detto sito attivo o co-

enzima, specifico per ognuna; si può trattaredi un atomo ionizzato, di una vitamina o diuna molecola più complessa. Un enzima puòessere efficace anche a basse concentrazioni.

Il meccanismo di azione è quello che EmilFischer definì a «chiave e serratura»; sulla mo-lecola esistono dei siti dove due o più reagentipossono trovare un ambiente più favorevolealla loro reazione chimica, e la struttura dei si-ti e del substrato contenente i reagenti è com-plementare, così da garantire la specificità del-l’azione. Dunque, l’enzima si lega al substra-to come una chiave nella sua serratura, per-ché la loro struttura è complementare, poi lotrasforma nel prodotto della reazione e quin-di se ne distacca, pronto a riprendere la suaazione catalizzatrice.

Gli enzimi hanno molte applicazioni: sonousati, naturalmente, per accelerare la fer-mentazione, in medicina per rimuovere so-stanze indesiderate, e, in generale, ovunquesia necessario trasformare una sostanza inmaniera estremamente efficiente.

livel

lo d

i ene

rgia

stato iniziale

energia di attivazionein assenza di enzima

energia di attivazionein presenza di enzima

energia liberata nella reazione

stato finaletempo

La chimotripsina è un enzima moltoimportante per il funzionamento del nostro

organismo. In questa rappresentazionetridimensionale (figura 3) si può notare il sito

attivo dell’enzima (in bianco, rosso e blu) alcentro dell’ammasso delle catene proteiche

(in azzurro).

unità regolatrici

forma attiva

forma non attiva

L’enzima aspartato transcarbamilasi è presente neibatteri e si occupa della sintesi di due molecoleimportanti, la timina e la citosina. Questo enzima è in grado di autoregolarsi, passando da una formaattiva (figura 1) a una non attiva (figura 2) in casodi accumulo dei prodotti sintetizzati dall’enzimastesso. L’aspartato transcarbamilasi è un esempiodi enzima allosterico perché il suo meccanismo diregolazione è legato a un cambiamento di formadella molecola.

IL SITO ATTIVO DEGLI ENZIMIunità catalitiche

FIGURA 1

FIGURA 2

FIGURA 3

Page 8: Macchine molecolari

477

3. Le macchine molecolari

476

LE MOLECOLE

nire; se, invece, le due unità sono leggermente separate, iloro siti attivi sono liberi e funzionano. Quando le mole-cole che l’enzima deve produrre si accumulano troppo, laloro presenza fa sì che le unità regolatrici cambino di for-ma, costringendo le unità catalitiche ad avvicinarsi fino achiudere il sito attivo. Enzimi come quello appena descrit-to, il cui funzionamento è collegato a un cambio di forma,vengono detti «allosterici» (dal greco állos, «differente», e ste-reós, «spazio»). Questi enzimi sono molto frequenti in natu-ra in quanto gli effetti allosterici rappresentano un modo mol-to efficace di fornire al sistema segnali di retroazione (feed-back) per tenere sotto controllo un processo chimico.

Un esempio ben noto di motore nanometrico naturale chesviluppa un movimento di tipo lineare è rappresentato dallamiosina, termine usato per indicare numerose classi di pro-teine che sono alla base di tutti i movimenti muscolari vo-lontari e involontari del nostro corpo. La molecola di miosi-na è molto complessa, per cui non è facile rappresentarla conuna formula chimica. Schematicamente, questa molecola ècostituita da una lunga «coda» a cui sono collegate due gros-se «teste». Nelle cellule dei muscoli molte molecole di mio-sina sono assemblate tramite le code per dare un filamentodal quale si protendono le teste; queste si attaccano ad altrifilamenti, paralleli a quelli della miosina, che prendono il no-me di actina e che hanno la forma di una scala a chiocciola.Una reazione chimica della molecola adenosintrifosfato(ATP) fornisce al sistema energia che viene utilizzata per farcambiare radicalmente la forma delle teste della miosina eper costringerla, come conseguenza di questo cambio di for-ma, a spostarsi lungo il filamento di actina. In un muscoloche si contrae rapidamente, ciascuna unità di miosina si muo-

LA MIOSINA, MOTORE MOLECOLARE DEI MUSCOLI

Nelle fibre dei nostri muscoli scheletrici sitrovano molecole di miosina, una proteina che funziona come un motore lineare. In alto: la molecola di miosina si puòschematicamente rappresentare con una lunga«coda» alla quale sono attaccate due grosse«teste». Nelle cellule dei muscoli moltemolecole di miosina sono intrecciate mediantele code per dare un filamento (in rossoe arancio) dal quale si protendono le teste.Queste si attaccano ad altri filamenti paralleli

(in azzurro), costituiti da molecole di un’altraproteina, l’actina. Questi filamenti, che sono in grado di scorrere uno sull’altro, sonocontenuti nei sarcomeri. In basso: la contrazione muscolare è generatada una reazione chimica (ATPtADP +Pi+energia) che modifica la forma delle testedelle molecole di miosina costringendole ascorrere sui filamenti di actina. Il sarcomeropassa così da una forma espansa a unacontratta.

La molecoladell’adenosintrifosfato(ATP) è la monetaenergetica dellecellule. Dalla rotturadella molecola di ATP per dareadenosindifosfato(ADP) e fosfato (Pi) si ottiene energia,utilizzata peralimentare le funzionicellulari.

adenosintrifosfato (ATP)

ATP ADP

molecola di miosina

filamento di miosina

sarcomero, forma espansa

sarcomero, forma contratta

actina miosina

filamento di actina

muscolo

miofibrilla

sarcomero

Movimenti lineari: i muscoli

Page 9: Macchine molecolari

479

3. Le macchine molecolari

Il motore dell’ATPUna delle nanomacchine naturali più studiate è certamen-te quella preposta alla sintesi dell’adenosintrifosfato (ATP),molecola che, come abbiamo visto, fornisce l’energia per tut-ti i movimenti dei muscoli, e che quindi presiede anche lefunzioni vitali. Questa macchina ha dimensioni dell’ordinedi 10 nm ed è molto complessa; ancora una volta, è conve-niente rappresentare la sua struttura in modo schematico.

Essa è costituita (figura 1 a pagina successiva) da un’unitàcilindrica C, formata da lunghe molecole di proteine avvol-te a elica, che attraversa la membrana (parete) cellulare, e dauna unità � solidale a C. Quando la concentrazione degliioni idrogeno (H�) all’esterno della membrana è superiore al-la concentrazione che c’è all’interno, si genera un flusso di io-ni idrogeno attraverso l’unità C che così inizia a ruotare co-me se fosse un mulino; con essa ruota anche � che, come ab-biamo visto, è solidale a C. L’unità � agisce poi come unacamma meccanica che, ruotando, deforma in successione tresiti nelle molecole di proteine � e � che la circondano, cau-sando in ognuno di essi la trasformazione di molecole di ADP(adenosindifosfato) in ATP. Questa macchina molecolare na-turale è insomma un vero motore rotante che, alimentatoda un flusso di ioni idrogeno, produce un lavoro meccanicoche a sua volta permette di convertire una sostanza a bassocontenuto energetico (ADP) in una sostanza a contenutoenergetico più elevato.

Il funzionamento di questa nanomacchina, in realtà, è an-cor più complicato (e sbalorditivo) di quanto ora detto. In ef-fetti, essa deve essere vista (figura 1 a pagina successiva)come la combinazione di due motori molecolari, indicati nel-la figura come F1 e F0, uniti alla stessa camma �.

Questi due motori tendono entrambi a ruotare, ma in di-rezione opposta. Il motore F0, come sopra accennato, sfrut-ta il flusso di ioni idrogeno per girare in una direzione, men-tre il motore F1, usando l’energia prodotta dalla conversio-ne di ATP in ADP (cioè della reazione opposta a quella so-pra menzionata) ruoterebbe in direzione opposta. Poiché idue motori sono solidali, la direzione di rotazione è impostadal più forte. Così, quando all’interno della membrana c’è unaconcentrazione di ioni idrogeno più bassa che all’esterno, co-me accade per esempio nei batteri a causa di un processo fo-tosintetico, F0 è il motore più potente e F1 è costretto a gi-rare a rovescio. In termini chimici questo significa che si«consuma» una corrente di ioni idrogeno e si producono le

478

LE MOLECOLE

ve cinque volte al secondo, percorrendo una distanza di cir-ca 10 nm a ogni movimento. Si stima che per generare la for-za necessaria ad afferrare una palla da baseball ci voglianodue miliardi di questi nanometrici movimenti.

Il compito dei motori molecolari lineari non si limita allacontrazione muscolare. All’interno delle cellule opera una ve-ra e propria «rete ferroviaria» che si occupa del trasporto disostanze da una parte all’altra della cellula. Questi nanome-trici treni merci sono azionati da motori molecolari linearicome la kinesina e la dineina. La kinesina, per esempio, ècomposta da una parte motrice, costituita da due teste, e dauna zona destinata alla cattura e al rilascio del carico da tra-sportare. Le due teste della parte motrice, in seguito a rea-zioni chimiche delle molecole di ATP che possono ospitare,si legano e si separano a turno da un microtubulo (un fila-mento fatto di proteine largo 30 nm e lungo 50.000 nm), inpratica «camminando» sopra di esso con «passi» di 72 nm,alla velocità di 1000 nm al secondo.

La kinesina è un motore molecolare lineare ingrado di trasportare un carico lungo un binariocostituito da un microtubulo. Anche in questocaso l’energia necessaria per azionare la partemotrice della kinesina proviene dalla rottura di molecole di ATP in particolari siti (in rosso)localizzati nelle teste. Occorre notare che le varie parti della figura non sono in scala: il microtubulo, infatti, dovrebbe essere di dimensioni molto maggiori rispettoalla kinesina.

UN LOCOMOTORE MOLECOLARE: LA KINESINAMovimenti rotatori

Due motoricontrastanti

zona dicarico

partemotrice

microtubulo

La «rete ferroviaria»cellulare

kine

sina

Page 10: Macchine molecolari

481

3. Le macchine molecolari

preziose molecole di ATP che forniscono energia agli orga-nismi. Quando invece all’interno della membrana gli ioni idro-geno abbondano, prevale il motore F1 che impone ad F0 digirare a rovescio. In termini chimici questo significa che l’or-ganismo può usare l’energia dell’ATP per pompare gli ioniidrogeno dove è necessario immetterli.

È possibile utilizzare i motori costituiti dalle proteine na-turali per far funzionare dispositivi meccanici artificiali. Susupporti metallici aventi un diametro di circa 100 nm e unaaltezza di circa 200 nm sono state fissate molecole di F1-ATPsintasi, alla cui camma � sono state attaccate barrette di nic-kel aventi diametro di 150 nm e lunghezza di circa 1000 nm.Si è visto che quando si fornisce al sistema energia sotto for-ma di ATP, il motore F1-ATP sintasi si mette a ruotare tra-scinando nel suo movimento la barretta metallica.

Questi esperimenti mostrano che è possible accoppiare mo-tori naturali con sistemi artificiali al fine di produrre mac-chine meccaniche di dimensione nano o micrometrica (fi-gura qui sotto).

Nanomacchine artificialiL’idea di costruire macchine molecolari artificiali fu teoriz-zata nel 1959 da Richard P. Feynman, premio Nobel per lafisica, ma per il suo sviluppo si dovette aspettare fino agli an-ni Ottanta, quando un altro fisico, K. Eric Drexler, prospet-

480

LE MOLECOLE

UN MOTORE MOLECOLARE PER LA SINTESI DELL’ATP

La sintesi dell’adenosintrifosfato negli organismi viventi è opera dell’enzima ATPsintasi. Questo enzima, di dimensioni intorno a 10 nm, è costituito da due motori molecolarirotanti, F0 (in blu) e F1 (in viola), accoppiati fra loro (1). Nel funzionamento normaledell’enzima, una diversa concentrazione di ioniidrogeno ai due lati della membrana cellulare(in rosso e arancio) provoca un flusso degli

stessi ioni attraverso l’unità C. Tale flusso mettein moto di rotazione l’unità C come se fosse unmulino. La camma � (in verde), solidale con C,deforma in successione le unità catalitiche �e � di F1, provocando la sintesi dell’ATP apartire dagli «ingredienti» adenosindifosfato(ADP) e fosfato. La vista da sotto dell’enzima (2)evidenzia come la camma �, ruotando, deformai tre siti in cui avviene la sintesi dell’ATP.

La parte F1 dell’enzima ATP sintasi è stata utilizzata come motore di unnanocongegno artificiale. Le unitàcatalitiche � e � dell’enzima (vedianche la figura nella pagina a fianco)vengono fissate su un supportometallico del diametro di circa 100 nanometri, mentre alla camma �è legata una barretta metallica dellalunghezza di circa un micrometro.Somministrando ATP al sistema, il motore molecolare mette in moto la camma, che fa ruotare la barrettametallica; quest’ultima è abbastanzagrande da poter essere osservata almicroscopio. Occorre sottolineare chele diverse parti dell’illustrazione nonsono in scala: la barretta metallica èinfatti circa 100 volte più grande delmotore molecolare a cui è collegata.

1

2

Sistemi meccaniciibridi

Le idee e i requisiti

esterno (periplasma)

flusso di ioni H+

che fa ruotare la camma �

alta concentrazione di ioni di idrogeno

F0

F1

interno della cellula(citoplasma)

interno (citoplasma)

bassa concentrazione di ioni idrogeno

ATP

ATP

ATPingredienti ingredienti

ingredienti

camma

la camma �ruota

le unità � e � vengonodeformate dalla

camma � rotante

gli ingredienti entrano inun’unità � aperta

nell’unità � chiusa avviene lareazione che porta ad ATP

la camma comprime l’unità �provocando il rilascio di ATP

barretta metallica

supporto metallico

ADP � Pi

F1� ATP sintasiATP

Page 11: Macchine molecolari

483

3. Le macchine molecolari

secondi (10�12 s) alle ore, a seconda della natura chimicadel sistema. Infine, per quanto riguarda le funzioni otteni-bili dal lavoro della macchina (punto 7), esse possono es-sere le più varie.

Alcuni di questi aspetti, e precisamente quelli relativi al con-trollo della macchina, ai segnali per verificarne il funziona-mento, alla necessità di avere un comportamento ciclico e al-la verifica dei tempi di lavoro, sono legati a problematiche chei chimici sono in grado di affrontare con molta padronanza;molto più critici risultano invece gli aspetti che riguardanol’energia e il controllo dei movimenti.

L’energiaCome per le macchine del mondo macroscopico, anche perle macchine molecolari artificiali è possibile ottenere mo-vimento solo se si fornisce energia. Per la maggior parte del-le macchine del mondo macroscopico l’energia necessa-ria è ottenuta da reazioni fra ossigeno e sostanze ad altocontenuto energetico (combustibili) fatte avvenire in mo-tori a combustione interna (detti anche motori a «scop-pio»).

Ovviamente, reazioni di questo tipo, che comportano altetemperature ed elevate pressioni, non possono essere usateper alimentare le fragili macchine molecolari. Anch’esse, tut-tavia, possono sfruttare reazioni chimiche, purché avvenga-no in condizioni blande. Questo, infatti, è proprio quanto suc-cede nelle nanomacchine biologiche, dove le reazioni di«combustione» che generano l’energia necessaria al loro fun-zionamento procedono attraverso molti stadi successivi, inciascuno dei quali è messa in gioco solo una piccola quan-tità di energia. A parte questa differenza «tecnica», rimaneil fatto che sia le macchine macroscopiche che quelle bio-logiche funzionano consumando un combustibile. Questo,inevitabilmente, comporta la formazione di prodotti di scar-to, la cui eliminazione è condizione necessaria per preser-vare il buon funzionamento della macchina.

Le ricerche condotte sulle macchine molecolari artifi-ciali hanno mostrato invece che è possibile far funzionarequesti sistemi non solo mediante energia chimica, ma an-che, e in modo più conveniente, mediante energia elettri-ca o luminosa. Queste due forme di energia sono partico-larmente interessanti in quanto permettono, a sistemi op-portunamente progettati, di «lavorare» senza la formazionedi prodotti di scarto. Nel descrivere le macchine moleco-

482

LE MOLECOLE

tò la possibilità di costruire un robot di dimensioni nanome-triche che fosse capace di fabbricare, utilizzando come ma-teria prima i singoli atomi, qualsiasi cosa, compreso repli-che di se stesso. Questa idea, però, non è mai stata realiz-zata e, secondo i chimici, non è neppure realizzabile. Essi, in-fatti, sanno che gli atomi sono specie molto reattive e che,quindi, non possono essere «presi» da un materiale e «por-tati» su un altro, come fossero semplici pezzi per costruzio-ni. I chimici sono invece riusciti a ottenere congegni e mac-chine a livello nanometrico partendo da molecole program-mate e seguendo i criteri della chimica supramolecolare.

Anche se non è possibile imitare nei dettagli quanto avvie-ne in natura, dove macchine molecolari di una complessitàeccezionale si formano spontaneamente per autoassemblag-gio di molecole programmate, con l’approccio chimico dalbasso si è riusciti a costruire macchine molecolari artificialidi un certo interesse. La fase della progettazione è, ovvia-mente, molto complessa in quanto debbono essere previstii seguenti aspetti:

1) il tipo di energia che si vuol usare per fare lavorare la mac-china;

2) il tipo di movimento che la macchina deve svolgere;3) il modo con cui i movimenti possono essere controllati;4) i segnali che evidenziano i movimenti stessi;5) la necessità di operare in maniera ciclica e ripetitiva;6) il tempo impiegato per completare un ciclo;7) la funzione che può derivare dai movimenti compiuti.Come abbiamo già visto per macchine molecolari natura-

li, i movimenti meccanici implicano sostanziali cambiamentistrutturali e questo risultato può essere ottenuto nei sistemiartificiali solo se almeno uno dei componenti molecolari del-la macchina è coinvolto in una reazione chimica; occorre,quindi, fornire, sotto una qualche forma, l’energia neces-saria (punto 1) per far avvenire la reazione chimica alla ba-se del movimento meccanico, che (punto 2) può essere divario tipo (per esempio rotatorio o lineare), e il cui control-lo (punto 3) può essere effettuato con reazioni chimiche an-tagoniste. I segnali in grado di evidenziare il funzionamen-to della macchina (punto 4) provengono da cambiamentidi proprietà del sistema (per esempio variazioni di colore)che accompagnano i movimenti, i quali a loro volta, per per-mettere alla macchina di lavorare in modo ciclico (punto 5),devono coinvolgere reazioni reversibili; la scala dei tempiin cui si completa un ciclo (punto 6) può andare dai pico-

La progettazione di molecole capacidi autoassemblarsi

Energia elettrica o luminosa

Page 12: Macchine molecolari

485

3. Le macchine molecolari

Per rispondere a questi requisiti e agli altri prima discussiè necessaria un’accurata progettazione del sistema.

Uno dei primi esempi riportati di macchina molecolare ar-tificiale è il sistema a illustrato in figura della pagina a la-to. Esso è costituito da due molecole ad anello, chiamateeteri corona (a1), collegate a un’unità centrale �N�N� (b)che può cambiare struttura (nella nomenclatura chimica,passando dall’isomero trans a quello cis e viceversa) per as-sorbimento di luce di appropriata lunghezza d’onda. Quan-do una soluzione contenente questo sistema nella formatrans viene irradiato con luce di lunghezza d’onda di 360 nm,il cambiamento di struttura dell’unità centrale b causa l’av-vicinamento dei due anelli laterali a1, che possono così rac-chiudere uno ione potassio (K+). Utilizzando luce di 440 nm,o lasciando il sistema al buio, si verifica il processo inversocon conseguente rilascio dello ione K+. Questa azione mec-canica è paragonabile a quella di una pinza di dimensioninanometriche che potrebbe costituire la base per la co-struzione di sistemi capaci di «ripulire» un organismo da so-stanze dannose.

La maggior parte delle ricerche nel campo delle macchinemolecolari artificiali capaci di compiere movimenti lineari èattualmente concentrata su sistemi supramolecolari chiama-ti pseudorotassani e rotassani. Uno pseudorotassano è un si-stema supramolecolare formato da una molecola filiforme in-

484

LE MOLECOLE

Una pinza molecolare azionata dalla luce (1) e una sua rappresentazione schematica(2). La pinza, chiudendosi per azione di luce di 360 nm, può afferrare uno ione potassio (K�) che viene poi rilasciato quando la pinza si apre per azione di luce di 440 nm.

lari artificiali faremo uso di formule di struttura semplifi-cate per indicare i composti chimici coinvolti e di schemiper illustrare i tipi di movimenti meccanici eseguiti dallamacchina.

Controllo dei movimentiAl fine di controllare in modo soddisfacente i movimenti del-le nanomacchine artificiali, è opportuno che siano verificatiquattro requisiti fondamentali:

a) il sistema deve possedere solo due situazioni struttural-mente stabili, osservabili mediante segnali ben distinti;

b) una delle due strutture deve essere più stabile dell’al-tra, così da avere una condizione iniziale in cui è presente unasola di esse;

c) con uno stimolo esterno deve essere possibile destabi-lizzare la struttura iniziale e costringere il sistema a riorga-nizzarsi nell’altra struttura;

d) con un secondo stimolo esterno deve essere possibile an-nullare l’effetto destabilizzante e ritornare alla struttura ori-ginale. Alcuni esempi

di semplici movimentimeccanici che possono essere ottenuti in sistemisupramolecolari ditipo pseudorotassano(A) e rotassano (B e C).

UNA PINZA MOLECOLARE

1

2

Pseudorotassani e rotassani

a

ba1

a1

a1a1

cis-b

trans-b

360 nm

360 nm

440 nm

440 nm

A

B

C

Page 13: Macchine molecolari

487

3. Le macchine molecolari

Il componente filiforme c contiene l’unità �N�N�, chepuò cambiare forma in seguito a eccitazione luminosa. Quan-do tale unità è nella sua forma trans, il componente filifor-me, avendo caratteristiche di elettron donatore, si infila spon-taneamente nel componente ciclico d, che ha caratteristichecomplementari, cioè di elettron accettore, per dare lo pseu-dorotassano trans-c�d. In seguito a eccitazione con luce di360 nm, che causa il cambiamento strutturale dell’unità�N�N� dall’isomero trans all’isomero cis, il componentefiliforme interagisce molto meno efficacemente con d e, co-me conseguenza, si sfila. Con radiazioni di 440 nm, o sem-plicemente lasciando il sistema al buio, l’unità �N�N� ri-torna nella sua forma iniziale e i due componenti si infilanodi nuovo uno nell’altro. Si noti che questa macchina mole-colare «consuma» soltanto luce e il suo funzionamento nonè accompagnato dalla formazione di prodotti di scarto.

In un rotassano, il movimento dell’anello lungo il filo cor-risponde, a livello molecolare, al movimento di una «na-vetta» (in inglese, shuttle) lungo un binario. Un esempiodi questo tipo è appresentato dal rotassano mostrato nellafigura sopra, formato dall’anello e e dal componente linea-re f in cui sono presenti due unità distinte, f1 e f2; la primaunità è chiamata dai chimici ammonio secondario; a essaè possibile togliere uno ione idrogeno (H+) e trasformarlacosì in amina.

La seconda unità è chiamata dicatione dipiridinio, e ha ca-ratteristiche di elettron accettore. Queste unità rappresen-tano due potenziali «stazioni» per l’anello e, dal momento cheesso può interagire sia con f1, grazie alla formazione di lega-mi che i chimici chiamano «legami a idrogeno», sia con f2,

486

LE MOLECOLE

Il componente lineare c nella sua forma trans (in alto a sinistra) si infila spontaneamente nel componente ciclico d e poi si sfila quando viene convertito, mediante uno stimolo luminoso (di lunghezza d’onda di 360 nm), nella forma cis-c. Riconvertendo cis-c in trans-c mediante un diverso stimolo luminoso (di lunghezza d’onda di 440 nm o calore), il componente lineare e quello ciclico si infilano nuovamente uno nell’altro.

filata in una molecola ad anello, mentre un rotassano può es-sere immaginato come formato da uno pseudorotassano allacui estremità del componente lineare sono stati aggiunti duegruppi ingombranti (stopper) per impedire lo sfilamento del-l’anello. Sistemi di questo genere, se accuratamente proget-tati, possono compiere movimenti meccanici come quelli mo-strati nella figura alla pagina precedente, quando vengono op-portunamente stimolati.

Di seguito sono illustrati alcuni esempi di macchine mole-colari basate su tali sistemi, scelti anche per mostrare comesia possibile utilizzare energia luminosa, chimica o elettrica perfar avvenire il movimento meccanico. Il movimento di infila-mento/sfilamento dei due componenti molecolari di uno pseu-dorotassano ricorda quello di un pistone in un cilindro. Nellafigura sotto è illustrato un esempio reale di sistema in gradodi comportarsi in tal modo in seguito a uno stimolo luminoso.

Una «navetta»molecolare azionata da impulsi chimici.L’anello e si spostalungo il filo dalla«stazione» f1 a quellaf2 quando si aggiungeun acido e torna sulla«stazione» f1 persuccessiva aggiunta di una base.

LO PSEUDOROTASSANO, PISTONE/CILINDRO MOLECOLARE

Un sistemapistone/cilindroazionato dalla luce

trans-c

cis-c

trans-cûd

cis-cûd

440 nm o calore 360 nm

d

d

+

+

e

f

f2

f1

�H� �H�

Una «navetta»azionata da energia chimica

Page 14: Macchine molecolari

489

3. Le macchine molecolari

terazione con j1 (che avendo ricevuto un elettrone è diven-tata j1

�) l’anello g si muove (processo 3) e passa sulla sta-zione j2 con la quale è in grado di interagire;

c) reset elettronico: a questo punto un processo opposto aquello causato dalla luce porta un elettrone dalla stazione de-stabilizzata j1� (non più circondata da g) al complesso di ru-tenio che l’aveva inizialmente ceduto (processo 4) ripristi-nando in tal modo il carattere elettron accettore della stazionej1 che viene così riattivata;

d) Reset nucleare: in seguito al reset elettronico, l’anello gtorna sulla stazione j1 (processo 5), ripristinando la struttu-ra iniziale.

488

LE MOLECOLE

mediante un’interazione di tipo donatore-accettore. Poichéil primo tipo di interazione è più forte del secondo, l’anellosi trova inizialmente sulla stazione f1. Se, però, alla soluzionecontenente il rotassano viene aggiunta una base, l’unità am-monio f1 perde uno ione idrogeno e con esso la capacità di in-teragire con l’anello e; come conseguenza, l’anello si spostasulla stazione f2, con la quale può dare interazioni donato-re-accettore. Se poi, a questo punto, si aggiunge alla solu-zione un acido, l’unità ammonio f1 viene ricostituita e con es-sa la capacità di interagire fortemente con l’anello e che in-fatti si muove e torna su questa stazione.

Il movimento alternato di e fra f1 e f2 può essere ripetutomolte volte perché la reazione acido/base che lo governa èperfettamente reversibile.

L’unica limitazione deriva dal fatto che le successive ag-giunte di base e di acido comportano la formazione di sostanzedi scarto che, non potendo essere eliminate, alla lunga, com-promettono il funzionamento del sistema.

Lo stato di sofisticazione raggiunto dalla progettazione e dal-la costruzione delle macchine molecolari è chiaramente evi-denziato dalla complessità strutturale e funzionale del siste-ma mostrato nella figura della pagina a lato.

Si tratta di un rotassano costituito da un componente adanello g, con caratteristiche di elettron donatore, e da uncomponente lineare costituito da diversi subcomponenti:

1) un complesso di rutenio (h) che svolge, oltre alla funzionedi stopper, anche quella fondamentale di assorbire la luce uti-lizzata dal sistema;

2) due unità, j1 e j2, aventi caratteristiche di elettron ac-cettore: sono le due «stazioni» sulle quali può fermarsi l’a-nello g;

3) uno spaziatore rigido i e un secondo stopper k.La situazione iniziale del sistema è quella in cui il l’anello g

circonda l’unità j1, che è un elettron accettore migliore di j2.In seguito a eccitazione luminosa del complesso di rutenio havviene nel sistema una serie di movimenti che possono es-sere descritti molto schematicamente in questo modo:

a) destabilizzazione della struttura iniziale: in seguito al-l’assorbimento di luce (processo 1) si ottiene uno stato ec-citato di h che trasferisce un elettrone alla stazione j1 (pro-cesso 2) circondata dall’anello g. In seguito a questo trasfe-rimento elettronico la stazione j1 perde le sue caratteristi-che di elettron accettore e non interagisce più con g;

b) Spostamento dell’anello: venendo a mancare la sua in-

UN MOTORE MOLECOLARE A QUATTRO TEMPI

Un motore lineare a quattro tempi alimentatoda stimoli luminosi. La parte alta della figuramostra la formula di struttura semplificata del rotassano. Nella parte bassa, utilizzandouna rappresentazione schematica delrotassano, è illustrata la successione deglieventi causati dall’eccitazione luminosa.Inizialmente l’anello g risiede sulla «stazione»j1. All’assorbimento del fotone (processo 1)da parte del complesso di rutenio (h) fa

seguito il trasferimento di un elettrone(processo 2) da h a j1 che diventa j1–

e non interagisce più con l’anello g; di conseguenza, g si sposta e passa su j2(processo 3). A questo punto un elettronetorna da j1– al complesso di rutenio (processo 4):la stazione j1 viene così rigenerata e l’anello g torna su di essa (processo 5). Tutti i processi sono molto veloci e un intero cicloavviene in meno di un millesimo di secondo.

Un motore lineareche funziona con la luce

h

e�

e�

i j2

g k

gghv

j1�

j1�

j1

j1

j1

j2

j2

j2

j2

3

Processo 1 e 2

2

5Processo 5

4

Processo 4

1

Processo 3

gg

Page 15: Macchine molecolari

491

3. Le macchine molecolari

posti ad anello m1. Quando i due componenti si trovano as-sieme in soluzione, i tre rami di l si infilano nei tre anelli dim; si ottiene così una struttura a triplo pseudorotassano, incui i tre anelli di m circondano le tre stazioni ammonio di lper dare una struttura stabilizzata da legami a idrogeno. Se,però, si aggiunge una base, le unità ammonio l1 perdono unoione idrogeno (H+) e con esso la capacità di interagire con glianelli di m che quindi sono liberi di muoversi e si spostanosulle unità di piridinio l2, con le quali danno un’interazionedonatore-accettore; per successiva aggiunta di acido (H+),il sistema ritorna alla struttura iniziale. Schematicamente (fi-gura B nella pagina a lato), il sistema si può quindi rappre-sentare come una piattaforma incardinata a tre colonne chesale e scende fra due piani in seguito a stimoli (comandi) pro-venienti dall’esterno.

Un catenano è un sistema supramolecolare formato da due

490

LE MOLECOLE

In conclusione, un impulso luminoso causa, attraversoquattro stadi, il movimento alternato dell’anello lungo il fi-lo da destra a sinistra e poi da sinistra a destra senza gene-rare prodotti di scarto; questo sistema può quindi essereconsiderato un motore lineare a quattro tempi, azionato dal-la luce.

L’esperienza acquisita con i più semplici prototipi di na-nomacchine artificiali ha permesso di progettare e costrui-re sistemi di complessità sempre maggiore. Per esempio,lo sviluppo in senso tridimensionale della navetta control-lata da energia chimica ha portato alla costruzione di quel-lo che può essere definito un «ascensore» nanometrico.

Come mostrato nella figura sotto, esso è costituito da uncomponente a tre rami l, ciascuno dei quali contiene due sta-zioni, uno ione ammonio l1 e uno ione dipiridinio l2, e da unapiattaforma molecolare m ottenuta dalla unione di tre com-

Un ascensore di dimensioninanometriche. La parte A mostra leformule di strutturasemplificate dei duecomponenti delsistema, che si puòconsiderare unaevoluzionetridimensionale della«navetta» illustratanella figura a p. 487.Un componente a trerami l, ciascuno deiquali contiene duestazioni l1 e l2, vieneassemblato con ilcomponente a treanelli, m. Nel sistemasupramolecolare cosìottenuto i tre rami di l sono infilati neitre anelli di m, come è illustratoschematicamente nellaparte B della figura.La posizione assuntadai tre anelli di mlungo i tre rami di l si può modificaremediante aggiunta di una base (-H+) o di un acido (+H+).

La parte 1 della figura mostra le formule distruttura semplificate di due molecole adanello, n e o. Con un procedimento chimicoopportuno è possibile incatenare i due anelli,dando origine al catenano mostrato a sinistranella parte 2. La struttura stabile del catenanoè quella in cui il componente «verde»dell’anello o, o1, si trova in mezzo alle unità n1

dell’anello n. La rimozione di un elettrone (stimolo elettrochimico) causa ladestabilizzazione della struttura iniziale e larotazione di 180° dell’anello o con formazionedi una struttura in cui è l’unità o2 («rossa») a essere contenuta nell’anello n. Uno stimolo inverso (aggiunta di un elettrone)riporta il sistema alla struttura iniziale.

Un ascensorenanometrico

MOVIMENTO ROTATORIO AZIONATO DA ENERGIA ELETTRICA

1

2

A

B

l1

l1

l

�3H�

�3H�

l1

l2

l2

l2

m1

m1

m1 m

n1 n1

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o

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l’interno dell’anello n; una tale struttura permette, infatti,l’interazione di o1 con entrambe le unità n1 dell’anello (figuraa pagina 491).

Per far ruotare l’anello o, è necessario destabilizzare que-sta struttura e ciò può essere ottenuto con uno stimolo elet-trochimico che, togliendo un elettrone all’unità o1, annul-la la sua proprietà di donare elettroni. La struttura più sta-bile diventa, allora, quella con l’unità o2 all’interno dell’a-nello n, situazione che viene raggiunta per rotazione di 180°dell’anello o. Se, a questo punto, sempre mediante uno sti-molo elettrochimico, viene restituito all’unità o1 l’elettro-ne che le era stato precedentemente tolto, essa riacquistale sue caratteristiche elettron donatrici e, di conseguenza,l’anello o ruota nuovamente ripristinando la struttura ini-ziale. Sistemi come quello appena descritto, benché mol-to interessanti, sono limitati dal fatto che è impossibile sta-bilire se i due movimenti dell’anello o corrispondono a unarotazione completa oppure a due semirotazioni con sensoopposto.

Un bell’esempio di motore rotante nanometrico artificialeazionato soltanto dalla luce è illustrato nella figura della pa-gina a lato. È noto che, allo stesso modo dei composti aven-ti un gruppo �N�N�, anche quelli che contengono ungruppo �C�C� (per esempio lo stilbene) possono esiste-re come isomeri trans e cis. In sistemi di questo tipo l’ecci-tazione luminosa di uno dei due isomeri, per esempio dell’i-somero trans, può causare la rotazione di 180° di una delledue subunità molecolari rispetto all’altra, con formazione del-l’isomero cis. L’eccitazione di quest’ultimo può poi causa-re il ritorno all’isomero trans iniziale, tramite una succes-siva rotazione di 180°.

In composti semplici come lo stilbene la direzione del mo-to rotatorio è casuale, per cui non è affatto detto che la tra-sformazione transjcisjtrans avvenga attraverso una ro-tazione completa (cioè di 360° nello stesso senso); la tra-sformazione cisjtrans, infatti, può comportare una rota-zione di 180° in senso opposto a quello della trasformazio-ne transjcis. In composti di questo tipo opportunamen-te progettati (per esempio p), tuttavia, sia la forma trans chequella cis non sono planari, bensì «distorte». Questa par-ticolarità facilita la rotazione in un senso rispetto all’altrorendendo così possibile ottenere mediante due successivistimoli luminosi una rotazione completa di una subunità ri-spetto all’altra.

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LE MOLECOLE

molecole ad anello incatenate una all’altra. In strutture di que-sto tipo appositamente progettate è possibile far ruotare unanello rispetto all’altro mediante un’opportuna stimolazione.Per evidenziare questo movimento, però, occorre che almenouno dei due anelli sia non simmetrico, come è appunto il ca-so del sistema illustrato nella figura di pagina 491.

Tale catenano è costituito dall’anello n, che contiene dueunità n1 uguali ed elettron accettrici, e dall’anello o, che con-tiene due unità elettron donatrici diverse, o1 e o2, con o1 cheè un’unità elettron donatrice più forte di o2. La struttura ini-zialmente stabile è quella in cui l’unità o1 è contenuta al-

Un motore rotanteazionato dalla luce.Molecole cheposseggono il gruppo–C=C–, come lostilbene mostrato nellaparte A della figura,possono esistere in dueforme strutturalmentediverse, trans e cis,interconvertibilimediante stimolazioneluminosa. La molecolap mostrata nella parteB della figura è moltopiù complessa, ma èdel tipo dello stilbene(l’unità blu ècongiunta all’unitàarancione da ungruppo –C=C–);pertanto, puòanch’essa esistere indue forme. In seguitoa una accurataprogettazione, nellamolecola p, comemostra lo schema nella parte bassa dellafigura, due successivestimolazioni luminosecausano la rotazionedi 360° di una delledue unità rispettoall’altra.

Rotazione di unanello azionato da energia elettrica

Un motore rotanteazionato dalla luce

A

B

trans-stilbene

p

luce

luce

luce

cis-stilbene

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3. Le macchine molecolari

il quale non è più familiare il senso del mistero, che ha per-so la facoltà di meravigliarsi e di umiliarsi davanti alla crea-zione è come un uomo morto, o almeno cieco». Bisogna in-vece dotarsi di «occhi» sempre più perfetti perché nel mon-do c’è sempre qualcosa di più da vedere. D’altra parte, unmondo in cui fosse tutto noto, sarebbe noioso.

Lo scienziato è una persona fortunata perché «lavora» nelciclo stupore-curiosità-ricerca-stupore che nessuno può in-terrompere, perché ci sarà sempre qualcosa di nuovo da sco-

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LE MOLECOLE

Nanomacchine e logica a livellomolecolareLe macchine molecolari artificiali discusse negli esempi so-pra riportati sono interessanti non solo per il loro aspetto mec-canico, ma anche dal punto di vista della logica. Esse, in-fatti, possono esistere in due stati distinti e convertibili me-diante impulsi esterni di natura luminosa, chimica o elettri-ca. Per esempio, nei rotassani delle figure a pagina 487 e 489l’anello può stare lungo il filo nella stazione di sinistra o inquella di destra. Su questi sistemi, dunque, si possono «scri-vere» informazioni secondo una logica binaria. Lo stato in cuisi trova il sistema, d’altra parte, può essere «letto» facilmen-te poiché alcune sue proprietà (per esempio, assorbimento oemissione di luce di specifica lunghezza d’onda) cambianodrasticamente nel passaggio da uno stato all’altro.

Alcuni scienziati vedono in queste e in altre ricerche col-legate i primi passi verso la costruzione di una nuova gene-razione di computer (computer chimici) che, basandosi sucomponenti di dimensioni nanometriche, potrebbero offri-re prestazioni molto superiori a quelle dei calcolatori oggiin uso. La cosa, forse, non stupisce più di tanto, se si pensaalle capacità di quello speciale (e forse inimitabile) compu-ter chimico che è il cervello dell’uomo.

ConclusioneGli scienziati, man mano che avanzano nell’esplorazione del-la natura e mettono in opera le opportunità di invenzione cheoffre la scienza, sono sempre più stupiti e più curiosi. Lo stu-pore deriva dalla contemplazione del mistero e della bel-lezza della natura e delle sue leggi, che superano ogni nostracapacità conoscitiva e creativa. La curiosità nasce dall’in-guaribile tendenza dell’uomo a domandarsi il perché dellecose, dal desiderio di conoscere il mondo. Albert Einsteindiceva che «esiste una passione per la comprensione propriocome esiste una passione per la musica; è una passione mol-to comune nei bambini, ma poi la maggior parte degli adul-ti la perde». Chiunque, però, a qualsiasi età, può rientrare«in corsa»: lo stupore suscita curiosità, la curiosità stimolala ricerca, la ricerca porta a conoscenza che genera nuovostupore.

Sempre Einstein ha scritto che «il senso del mistero è la piùbella e profonda emozione che possiamo provare; l’uomo per

JOSEPH PRIESTLEY

Joseph Priestley nacque a Fieldhead, in In-ghilterra, nel 1733, e morì in Pennsylvanianel 1804.

Poiché il padre era un ministro di culto cal-vinista, fu avviato agli studi di teologia, checompletò presso il seminario di Daventry; quiiniziò anche a provare un grande interesse perla scienza, che prese a coltivare per conto pro-prio.

Le sue prime ricerche riguardarono l’elet-tricità, sulla quale in quegli anni, intorno al-la metà del Settecento, gli scienziati indaga-vano attivamente; nel 1767, quindi, pubbli-cò un saggio sulla storia dell’elettricità, inco-raggiato da Benjamin Franklin. Successiva-mente si interessò dei gas, sui quali compì in-teressanti esperimenti che ne misero in luceil comportamento, tanto da suscitare l’atten-

zione dell’Accademia francese delle Scienze,della quale fu invitato a far parte nel 1772.

I suoi studi sui gas furono affini a quelli con-dotti da Antoine Lavoisier; nel 1774 anch’e-gli riuscì, infatti, a isolare l’ossigeno dall’ac-qua, descrivendone il ruolo durante la respi-razione e la combustione; non comprese, pe-rò, le dinamiche delle reazioni di ossidazione,come fu in grado di fare lo scienziato france-se, rimanendo un sostenitore della teoria delflogisto. Questa avrebbe dovuto essere unaleggerissima essenza contenuta in tutti i cor-pi, persa quando questi bruciano; l’ossige-no, secondo Priestley, era «aria deflogistica-ta», cioè quello che rimane dell’aria dopo unacombustione.

Priestley descrisse efficacemente, invece, leproprietà del diossido di carbonio, dell’ossi-do di azoto, dell’ammoniaca e dell’anidridesolforosa.

Anche lo scienziato inglese rischiò di mori-re a causa della Rivoluzione francese, ma, adifferenza di Lavoisier, per aver aderito ai suoiideali. Dopo altre persecuzioni, infatti, nel1791 la folla bruciò la sua casa, per cui eglidecise di fuggire negli Stati Uniti, dove chie-se protezione a Thomas Jefferson. Date le sueindubbie competenze, diventò docente di chi-mica presso l’Università della Pennsylvania;qui rimase fino alla morte.

Lo scienziato inglese Joseph Priestley(1733-1804) fu uno dei pionieri, accanto a Lavoisier, della moderna scienza chimica, ma ebbe sempre presente il limite dellaconoscenza scientifica.

Il computer chimico

Passione per lacomprensione esenso del mistero

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prire, succederà sempre qualcosa che non ci si aspetta, qual-cuno avrà sempre una nuova idea.

Proprio per questo lo scienziato è anche una persona umi-le: sa che il mondo è un mistero che lo sovrasta. Questi sen-timenti sono stati ben espressi da Joseph Priestley, il primoscienziato che ha indagato sulla fotosintesi: «Più grande è ilcerchio di luce, più grande è il margine dell’oscurità entro cuiil cerchio è confinato.Ma ciononostante, più luce facciamo,più grati dobbiamo essere, perché ciò significa che abbia-mo un maggior orizzonte da contemplare. Con il tempo i con-fini della luce si estenderanno ancor più; e dato che la na-tura divina è infinita, possiamo attenderci un progresso sen-za fine nelle nostre indagini su di essa: una prospettiva sub-lime e insieme gloriosa».

Quando viene scoperto qualcosa di nuovo riguardo il mi-stero della natura, noi proviamo un sentimento di profondorispetto pensando che all’umanità è rivelato qualcosa che pri-ma solo Dio conosceva. [VINCENZO BALZANI E ALBERTO CREDI]

Più grande è ilcerchio di luce, più grande èl’oscurità intorno