l’universo a diverse frequenze · dobbiamo arrivare ad osservare l’universo a diverse lunghezze...

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1. L’occhio umano 2. Lo spettro elettromagnetico 3. Righe spettrali: cosa ci dicono? 4. L’universo a diverse frequenze L’UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE - SERATA 4 – UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE 1

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1. L’occhio umano

2. Lo spettro elettromagnetico

3. Righe spettrali: cosa ci dicono?

4. L’universo a diverse frequenze

L’UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE

CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE - SERATA 4 – UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE 1

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• Un telescopio nella testa

• Il funzionamento dell’occhio umano

• L’occhio dominante

1. L’OCCHIO UMANO

Dobbiamo arrivare ad osservare l’universo a diverse lunghezze d’onda rispetto a

quelle che siamo soliti vedere, quindi occorrerà introdurre alcuni concetti:

OCCHIO UMANO e suo funzionamento di base

SPETTRO ELETTROMAGNETICO e sua analisi

GLI SCOPI DELLA SERATA

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L’OCCHIO è un degli «oggetti» più complicati del nostro

corpo ed il suo funzionamento è sempre stato accostato

a quello di una fotocamera.

Acquisisce luce e dirige il tutto al processore, il cervello,

attraverso il nervo ottico.

Come ogni cosa, per usarlo al meglio è fondamentale

conoscerlo, almeno nei tratti essenziali.

Gli astronomi non sono oculisti, quindi ci basterà

conoscere alcune piccole nozioni in grado di facilitarci ai

nostri scopi.

L’OCCHIO – UNA FOTOCAMERA NELLA TESTA

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L’occhio umano ha una lente chiamata

CRISTALLINO, un diaframma dato dalla PUPILLA, un

sensore dato dalla RETINA e un canale di

trasmissione dato dal NERVO OTTICO.

L’OCCHIO – UNA CCD NELLA TESTA

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Il CRISTALLINO è una lente convergente biconvessa che

converge i raggi luminosi sulla retina.

E’ in grado di adeguarsi per ottimizzare la propria

convessità al fine di veicolare i raggi nel modo più

efficiente possibile.

Con l’età il cristallino perde questa flessibilità e si

diventa presbiti, e per questo non si riesce più a

leggere da vicino!

Altro problema è la opacità del cristallino, nota come

cataratta

L’OCCHIO – IL CRISTALLINO, LA LENTE

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La parte più anteriore, che colora i nostri occhi, è detta IRIDE e

presenta un piccolo foro centrale il cui diametro va da 2 a 8 mm,

chiamato PUPILLA.

Gli occhi chiari derivano da pigmenti in misura inferiore, quindi

questa mancanza consente alla luce di penetrare più a fondo.

Gli occhi scuri, invece, presentano più pigmenti che non fanno

passare la luce in profondità e non la riflettono.

La PUPILLA è il diaframma: allargandosi o restringendosi in base

alla luce, regola la quantità di luce che raggiunge la retina.

L’OCCHIO – LA PUPILLA, IL DIAFRAMMA

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La RETINA è la pellicola fotografica del nostro occhio ed è una

sottile membrana trasparente. Dopo aver attraversato la cornea, la

pupilla e il cristallino, i raggi vengono proiettati sulla retina ed in

particolare su una piccolissima area nota come FOVEA

CENTRALIS.

Qui, la luce viene attesa da due tipi di fotorecettori, chiamati CONI

e BASTONCELLI. Coni e Bastoncelli producono gli stimoli che

vengono poi «sommati» e trasmessi al cervello tramite il nervo

ottico.

L’OCCHIO – LA RETINA, LA PELLICOLA

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I CONI sono i fotorecettori della visione DIURNA, detta

FOTOPICA. Sono poco sensibili alla luce ma sono di tre

tipi, ciascuno sensibile ad uno dei colori fondamentali

(R=red, G=green, B=blue). Vengono stimolati solo

quando la luce è di intensità notevole. Nella retina ci

sono circa 7 milioni di coni, con densità elevatissima

nella fovea.

I BASTONCELLI sono i fotorecettori che non

percepiscono i colori ma che, estremamente sensibili alla

luce, vengono saturati molto presto. Consentono in

pratica la visione notturna, quella SCOTOPICA. Nella

retina ci sono 170 milioni di bastoncelli, ma con bassa

densità nella fovea.

LA FOVEA: CONI E BASTONCELLI

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La visione FOTOPICA è quella in luce diurna, che vede nei

CONI gli strumenti più usati: la visione è a colori e la luce

viene spedita maggiormente sulla fovea. Il picco è nel

giallo-verdino.

La visione SCOTOPICA è quella notturna, dove lavorano

soltanto i bastoncelli e si ha una luce monocromatica, con

picco nel verde-blu. Per questo motivo si dice che i gatti, di

notte, sono tutti grigi!

VISIONI DIURNE E NOTTURNE

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Di giorno, visto che a lavorare maggiormente sono i coni

nella fovea, un oggetto si osserva meglio fissandolo

direttamente, con VISIONE DIRETTA. Non riusciremmo a

leggere un libro se non fissassimo direttamente la riga da

leggere!

Di notte gli oggetti più deboli (astronomici, come una

galassia o un ammasso globulare) spesso si notano meglio

osservando con «la coda dell’occhio» proprio perché si

fanno lavorare maggiormente i bastoncelli, più sensibili alla

luce. Si chiama VISIONE DISTOLTA.

VISIONI AL TELESCOPIO

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Ognuno di noi ha un occhio dominante, che andrebbe utilizzato per l’osservazione telescopica, quando si usa un solo occhio in pratica.

Per capire quale sia il vostro occhio dominante:

1. Fate un cerchio con indice e pollice e portatelo a circa 20 centimetri di distanza dal vostro naso, come fosse un mirino;

2. Guardando con due occhi, ponete un oggetto ben preciso al centro del vostro mirino;

3. Chiudete un occhio alla volta. Un occhio manterrà l’oggetto al centro, l’altro invece lo vedrà spostato. L’OCCHIO DOMINANTE è quello che non sposta l’oggetto.

QUALE OCCHIO USARE? L’OCCHIO DOMINANTE

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Ci vuole almeno mezz’ora per adeguare l’occhio al buio e riuscire a vedere molto più stelle di

quante non se ne vedano appena usciti di casa.

PERCHE’?

Quando ci troviamo in un posto buio il nostro occhio inizia a produrre una proteina detta

RODOSPINA, che aumenta la sensibilità dei bastoncelli e quindi della visione notturna. In un

tempo di circa mezz’ora se ne produce abbastanza da migliorare nettamente la nostra visione

scotopica.

Basta una piccola luce per far crollare il livello di rodospina ed essere costretti a ricominciare

tutto da capo.

I bastoncelli hanno la maggior sensibilità al verde, come si è detto, ed è per questo che molti

astrofili utilizzano le luci rosse per rovinare il meno possibile l’adattamento al buio!

L’OCCHIO - ADEGUAMENTO AL BUIO

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A questo punto, coni e bastoncelli hanno

sommato e mediato i fotogrammi.

Lo stimolo luminoso passa in carico ai neuroni,

diffusi su tutta la superficie retinica e in grado di

riunirsi nel nervo ottico, trasmettendo al cervello

uno stimolo nervoso che a livello della corteccia

posteriore determina la VISIONE.

DOVE FINISCE IL SEGNALE VISIVO?

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• La radiazione

• Scomposizione della «luce»

• Frequenze, lunghezze d’onda ed elettroni

2. LO SPETTRO ELETTROMAGNETICO

Joseph Fraunhofer (1787 – 1826)

TRA ASTRONOMIA E ASTROFISICA

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William Wollaston (1766 – 1828)

Sir Isaac Newton (1642 - 1727)

Sir William Herschel (1738 - 1822) Gustav Kirchhoff (1824 – 1887)

SCOMPONIAMO LA LUCE

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Sir Isaac Newton (1642 - 1727)

Newton fu il primo a capire che il prisma non «colora» la luce bianca ma la scompone nelle sue componenti.

La luce bianca si compone dei colori dell’arcobaleno, ed il prisma non fa altro che deviarne i vari percorsi in base ai vari angoli di dispersione.

SCOMPONIAMO LA LUCE

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Se il prisma avesse colorato la luce,

prendendo soltanto il fascio verde

che esce dal primo prisma avremmo

ottenuto un altro fascio colorato.

Invece esce un fascio uguale a

quello che entra: verde.

RICOMPONIAMO LA LUCE

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Allo stesso modo, se l’intero fascio

iridato di luce viene fatto passare

per un altro prisma si ottiene il

processo inverso, e la luce che esce

dal secondo prisma è di nuovo

bianca perché ricombinata.

LO SPETTRO VISIBILE…

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Dal prisma quindi escono i colori che noi riconduciamo all’arcobaleno:

- Violetto

- Blu

- Azzurro

- Verde

- Giallo

- Arancio

- Rosso

L’OCCHIO UMANO E IL SOLE

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Abbiamo detto che l’occhio umano ha un picco di sensibilità nel giallo-verde: c’è un motivo?

SI CHIAMA ADATTAMENTO!

La radiazione del Sole infatti ha un picco

proprio nella zona dello spettro visibile più

favorevole all’occhio umano.

Coincidenza? Proprio no!

Se il Sole avesse avuto un picco nel rosso,

probabilmente l’occhio umano avrebbe la

migliore sensibilità proprio nel rosso!

LA RADIAZIONE

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Il fatto di dire «visibile» implica che esiste un’altra parte dello spettro che noi non riusciamo a vedere con i nostri occhi. E le cose stanno proprio così, ma a questo punto dobbiamo approfondire!

Se una carica elettrica si muove, emette delle onde

elettromagnetiche e la sovrapposizione di queste onde viene

detta RADIAZIONE. In pratica la radiazione indica un insieme

di fenomeni che trasportano energia nello spazio, ed un

esempio è quella che chiamiamo LUCE.

ONDE ELETTROMAGNETICHE

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Le onde elettromagnetiche sono caratterizzate da:

1. Velocità nel vuoto costante, pari a 299.792 km/s ed indicata con c

2. Frequenza: numero di lunghezze d’onda che passano in un secondo per un determinato

punto dello spazio. Si indica con f e si esprime in Hertz

3. Lunghezza d’onda è la distanza tra due punti corrispondenti di un successivo valore, ad

esempio due picchi d’onda. Si indica con λ.

Le grandezze sono legate dalla relazione:

RADIAZIONE IN ALTRI TERMINI

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La radiazione è quindi la sovrapposizione di tante sinusoidi, ognuna delle quali è un’onda monocromatica. Ogni onda trasporta energia, e l’energia trasportata dipende dalla lunghezza.

L’energia non è trasportata con valori continui, ma è quantizzata: i «quanti» sono rappresentati dai FOTONI.

In questi termini, l’energia di un fotone dipende dalla lunghezza d’onda: maggiore è la lunghezza d’onda e minore è l’energia trasportata.

E = h C / λ

Con E = energia; h = costante di Planck,

C = velocità della luce. Ma visto che λ/c è pari

all’inverso della frequenza, allora l’energia

trasportata è funzione della frequenza.

Maggiore la frequenza e maggiore è l’energia

trasportata dal fotone.

L’ATOMO: LA CASA MADRE DEL FOTONE

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Un atomo è uno degli elementi più piccoli della materia ed è composto da:

NUCLEO composto da PROTONI (con carica elettrica positiva) e NEUTRONI (con carica elettrica nulla). Il nucleo ha quindi carica elettrica positiva;

ELETTRONI (con carica elettrica negativa).

In totale e in condizioni normali, l’atomo ha carica elettrica neutra visto che il numero di protoni è uguale al numero di elettroni.

Il NUMERO ATOMICO è il numero di protoni nel nucleo.

Il NUMERO DI MASSA è il numero di protoni più il numero di neutroni nel nucleo.

GLI ELETTRONI CHE SALTANO

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Gli elettroni si dispongono lungo orbite ben precise che dipendono da

livelli di energia ben precisi, secondo la teoria quantistica di Planck.

Orbite più interne implicano un maggior legame dell’elettrone al

nucleo.

1. L’atomo viene investito da una radiazione o si verifica uno scontro. La radiazione in entrata deve essere «quantizzata» a livello tale da consentire il passaggio ad un’orbita superiore

2. L’elettrone, che ora ha più energia, viene sbalzato al livello quantistico energetico superiore;

3. La situazione è instabile, e l’elettrone perde di nuovo energia tornando al punto di prima. L’energia persa viene emessa come fotone. La sua intensità è legata al salto iniziale dell’elettrone. L’ultima orbita raggiungibile è l’energia di ionizzazione: se l’energia in entrata supera questo limite, l’elettrone esce del tutto dall’atomo e si parla di IONIZZAZIONE

SPETTRO ELETTROMAGNETICO

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Lo spettro elettromagnetico è l’insieme ordinato delle radiazioni emesse da un corpo, o meglio

l'insieme di radiazioni monocromatiche risultanti dalla scomposizione della luce o comunque

di un irraggiamento complesso emesso da un corpo. Ancora, l’insieme dei fotoni liberati.

A 428 MHz (700 nm) l’occhio umano vede il colore rosso, mentre a

749 MHz (400 nm) l’occhio umano vede le onde più corte

corrispondenti al colore violetto, più energetico.

Questo range è definito SPETTRO VISIBILE, ma ne esiste uno più

completo che il nostro occhio non riesce a vedere.

BANDE DELLO SPETTRO

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In base all’energia trasportata dai fotoni, e quindi alla lunghezza dell’onda elettromagnetica, si

è soliti distinguere la radiazione totale di un corpo in diverse bande.

Tipo f λ

Onde radio 3 GHz 10 cm

Microonde 3 GHz -300 GHz 10 cm – 1 mm

Infrarossi 300 GHz – 428 GHz 1 mm - 700 nm

Luce visibile 428 GHz – 749 GHz 700 nm - 400 nm

Ultravioletti 749 GHz – 30 PHz 400 nm – 10 nm

Raggi X 30 PHz – 30 Ehz 10 nm – 1 pm

Raggi gamma 300 EHz 1 pm

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• Le righe di assorbimento

• Le righe di emissione

3. RIGHE SPETTRALI: COSA CI DICONO

ANALISI SPETTRALE

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Non ci resta, quindi, che prendere lo luce bianca di una stella e

farla passare in un prisma per scomporla. Troveremmo sempre

spettri più o meno differenti, come quelli nell’immagine di fianco.

Nel 1841 Joseph Fraunhofer iniziò lo studio degli spettri solari

raccolti da Wollaston. Lo spettro del Sole non era un continuo di

colori, ma erano presenti circa 600 righe più scure, quasi sempre

alle stesse lunghezze d’onda.

Capella, Polluce e Procione presentavano righe simili,

mentre Sirio e Castore erano differenti.

Fraunhofer non ne capì il motivo, ma catalogò le stelle

proprio in base a queste caratteristiche spettrali.

ANALISI SPETTRALE: I PASSI STORICI

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John Herschel: nota una corrispondenza tra spettri ed elementi chimici, giungendo a capire

che ad una riga corrispondeva un elemento chimico che evidentemente faceva parte

dell’atmosfera del corpo celeste.

Anders J. Angstrom: descrive spettri di gas incandescenti e spettri di assorbimento

Jean Foucault: confronta spettri stellari e spettri di laboratorio.

Gustav Kirchhoff elabora la legge più importante:

Spettri uguali sono quindi emessi da corpi celesti che si trovano alla stessa temperatura.

KIRCHHOFF: LO SPETTRO VIENE SVELATO

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1. Un solido incandescente o un gas molto denso e caldo producono uno spettro

continuo

2. Un gas caldo a bassa densità produce uno spettro con righe brillanti di

emissione

3. Una sorgente che emetta uno spettro continuo osservato

In base alle tre leggi empiriche otteniamo tre tipologie di spettro:

LO SPETTRO CONTINUO - 1

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Un solido o un gas denso portati all'incandescenza producono una luce la cui

scomposizione porta ad un fascio continuo che va dal rosso al violetto passando per

arancione, giallo, verde e blu, noto come spettro continuo.

LO SPETTRO CONTINUO - 2

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Un concetto importante è il CORPO NERO, definito come corpo in grado di assorbire tutta la radiazione che lo colpisce e di riemetterla tutta al fine di mantenere la propria energia in equilibrio.

In natura non esiste un oggetto simile, ma è molto utile in laboratorio perché esprime il comportamento di un corpo che si trova ad una certa temperatura e pressione e che viene colpito da una certa radiazione.

In base all’energia della radiazione, il corpo nero cambia colore: a 3.000 K diventa rosso, a 6.000 giallo, a 10.000 azzurro mentre intorno allo zero assoluto emette ad onde radio.

Emette uno spettro continuo ed è fondamentale per verificare le differenze di spettro con stelle che hanno stessa temperatura e pressione ma che presentano righe spettrali.

LO SPETTRO DI EMISSIONE

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Un gas leggero portato all'incandescenza fornisce delle righe brillanti di lunghezza d'onda specifica, note come spettro di emissione. La disposizione delle righe è caratteristica della sostanza che le emette, quindi del gas e della sua composizione.

Le righe visibili saranno tipiche dell'elemento chimico per temperatura e pressione date, visto che ogni riga è legata ad un salto energetico che gli elettroni di ciascun atomo eccitato dal calore possono compiere per tornare allo stato fondamentale e determinata dalla struttura dell'atomo stesso. L'elemento in esame, quindi, presenta righe a determinate lunghezze d'onda, che sono le uniche consentite dai livelli energetici propri dell'elemento stesso.

In genere le righe di emissione non ricadono nello spettro visibile.

LO SPETTRO DI ASSORBIMENTO - 1

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Un gas leggero, interposto tra l'osservatore ed un solido incandescente (o un gas denso),

assorbe alcune delle radiazioni emesse da questa sorgente e per la precisione assorbe

proprio la radiazione corrispondente alla lunghezza d'onda che il gas leggero emette. Il

risultato è che invece delle righe brillanti, si notano stavolta righe scure (spettro di

assorbimento).

LO SPETTRO DI ASSORBIMENTO - 2

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Da dove vengono le righe?

1. La luce stellare attraversa l’atmosfera terrestre, quindi alcune righe sono prodotte dalle

componenti atmosferiche terrestri, ma le conosciamo bene!

2. La luce stellare attraversa la fotosfera della stella di origine, quindi le righe che non

dipendono dalla nostra atmosfera sono prodotte da componenti chimiche presenti

nell’atmosfera stellare.

LO SPETTRO CI DICE: TEMPERATURA

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L’analisi dello spettro di Sirio con curva di

radiazione indica un picco tra il verde e

l’azzurro.

Lo spettro continuo viene confrontato con lo

spettro di un corpo nero, riscaldato fino a

farlo emettere un picco di radiazione

precisamente uguale a quello di Sirio. Se ne

misura la temperatura e si verifica quindi la

temperatura di Sirio.

L’azzurro corrisponde ad una temperatura di circa 10.000 K, che guarda caso è proprio la

temperatura della stella Sirio.

LO SPETTRO CI DICE: ABBONDANZE

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Il grafico mostra cadute proprio in

corrispondenza delle righe di assorbimento.

Queste righe corrispondono, a temperatura e

pressione di Sirio, agli elementi delle prime

classi spettrali H-alfa, H-beta e H-gamma

(idrogeno).

Le righe di mercurio (Hg), sodio (Na)

dipendono dalla nostra atmosfera.

Non è semplice come sembra visto che calore e scontri ionizzano le zone più calde, mentre le stelle più

giovani sono molto calde in superficie e ionizzano il gas circostante, quindi i risultati vanno «depurati».

La cosa più difficile è calcolare le percentuali di composizione dell’atmosfera stellare.

LO SPETTRO CI DICE: EFFETTO DOPPLER-1

CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE - SERATA 4 – UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE 40

L’effetto doppler, visto per la determinazione della distanza dei corpi lontani,

lo sperimentiamo ogni giorno quando una autoambulanza ci raggiunge e ci

supera o mentre guardiamo in TV le auto di F1 sfrecciare al traguardo. Il

loro rombo si fa sempre più acuto mentre si avvicinano mentre diventa più

grave quando si allontanano. In tal caso si tratta di onde sonore ma….

… per le onde elettromagnetiche è la stessa cosa. Se una sorgente luminosa si avvicina verso di noi le onde si accorciano mentre se si allontana le onde si allungano.

Accorciandosi, aumentano energia e tendono al colore blu per questo si parla di blueshift. Allontanandosi, tendono al colore rosso meno energetico, e per questo si parla di redshift.

LO SPETTRO CI DICE: EFFETTO DOPPLER-2

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Se le onde elettromagnetiche si stringono e si allargano in conseguenza del moto di un corpo

celeste, l’implicazione è che anche le righe di Fraunhofer si spostano all’interno dello spettro.

BLUSHIFT

Quando una stella si avvicina a noi, la lunghezza d’onda si accorcia, la

frequenza aumenta, l’energia dell’onda aumenta e le righe spettrali di

assorbimento vengono spostate verso i colori blu, più energetici.

REDSHIFT

Quando una stella si allontana da noi, la lunghezza d’onda si allunga, la frequenza diminuisce, l’energia dell’onda si riduce e le righe spettrali di assorbimento vengono spostate verso i colori rossi, meno energetici.

SPETTRO DI UNA STELLA BINARIA

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Molte stelle di sistemi binari sono state intuite ma non viste proprio grazie allo spettro della compagna visibile. Orbitando l’una intorno all’altra, dal nostro punto di vista a volta si avvicinano e a volte si allontanano.

Da questo movimento oscillatorio si capisce che una stella

ha una compagna.

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• Universo a raggi gamma

• Universo a raggi X

• Universo ultravioletto

• Universo infrarosso

• Universo a onde radio

5. L’UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE

L’UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE

CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE - SERATA 4 – UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE 44

La nostra atmosfera è totalmente opaca alle radiazioni di maggior frequenza come quella gamma, X e ultravioletta, e parzialmente opaca alla radiazione con frequenza minore e lunghezza d'onda maggiore, come quella infrarossa, delle microonde e quella radio.

Per l'essere umano è un bene: l'opacità alle radiazioni gamma, X e UV ci evita problemi di salute visto che per noi sono radiazioni alla lunga letali; l'opacità alla radiazione infrarossa consente di trattenere sulla Terra il calore necessario alla vita, sottoforma di effetto-serra.

Questi due motivi congiunti, quali l'esigenza di espandere le conoscenze guardando a lunghezze d'onda diverse da quelle visibili e l'opacità dell'atmosfera a queste radiazioni, hanno spinto all'uso di strumentazione satellitare, tramite telescopi orbitanti. .

L’UNIVERSO A RAGGI GAMMA

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Si tratta della radiazione più energetica conosciuta, assorbita completamente dalla nostra atmosfera e quindi rintracciabile solo da altezze superiori ai 100 chilometri.

Osservare l’universo a raggi gamma vuol dire osservare l’universo «violento», legato agli aspetti più catastrofici: materia che cade in un buco nero, supernovae, GRB.

Frequenza > 300EHz ; Lunghezza onda < 1pm

I PRIMI SATELLITI

I primi studi risalgono agli anni Settanta con i satelliti SAS-2 e COS-B, che studiarono il centro galattico e scoprirono alcune sorgenti allora ancora ignote.

Il satellite Vela (1973) catturò il primo GRB: se i nostri occhi fossero sensibili ai raggi gamma, vedrebbero il cielo illuminarsi totalmente per secondi o minuti, senza capire da dove viene la luce.

L’UNIVERSO A RAGGI GAMMA – I GRB

CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE - SERATA 4 – UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE 46

Con il satellite Compton Gamma Ray Observatory del 1991 si stimò un GRB al giorno e si capì

che si trattava di fenomeni extragalattici, quindi in grado di sprigionare energia pari a un miliardo

di volte l’energia emessa da tutta la galassia!

Il satellite BeppoSAX, dedicato all’italiano Giuseppe Occhialini, fu lanciato il 30/04/1996 allo

scopo di effettuare osservazioni sia gamma sia nello spettro X.

Il primo GRB osservato risale al 1997 e fu individuato nella zona periferica di una lontana

galassia a 8 miliardi di anni luce.

La zona periferica indicava una attività slegata dai buchi neri supermassivi, quindi una supernova

oppure una fusione di stelle di neutroni.

Oggi i satelliti di maggiore importanza sono SWIFT della NASA,

lanciato nel 2004, INTEGRAL dell’Esa, lanciato nel 2002 e GLAST

della NASA lanciato nel 2008

L’UNIVERSO A RAGGI X

CORSO DI ASTRONOMIA DI BASE - SERATA 4 – UNIVERSO A DIVERSE FREQUENZE 47

I raggi X molli hanno energia più bassa e sono vicini all’ultravioletto, mentre i raggi X duri sono

più energetici e più vicini ai raggi gamma.

Molli con Lunghezza onda > 0,1nm – Duri con Lunghezza onda < 0,1nm

Sono entrambi generati da elettroni atomici e non dal nucleo atomico

come i raggi gamma.

Sono assorbiti dall’atmosfera, quindi catturati solo da palloni sonda.

L'astronomia a raggi X ha permesso di definire le caratteristiche delle pulsar

e di indagare su forme stellari atipiche, come quelle rappresentate dalle

nane bianche, dalle stelle di neutroni, dalle supernovae e dai buchi neri.

Il primo satellite fu Uhuru nel 1070, che mappò il cielo X. Seguirono Ariel 5, HEAO-1 e HEAO-2 (Einstein), seguito da EXOSAT.

Molte sorgenti X sono state scoperte, provenienti da corone solari o da stelle esplose o da lontane galassie.

Uno dei misteri ancora presenti è l’origine della radiazione X di fondo che si osserva a permeare l’intero universo.

I satelliti più importanti sono CHANDRA e XMM-Newton

Sirio a raggi X

L’UNIVERSO A RAGGI X - 2

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Gli oggetti del profondo cielo in grado di emettere a raggi X sono quindi molto vari: 1. buchi neri: la radiazione proviene dalla materia in caduta gravitazionale che spiraleggia intorno al buco nero;

2. nane bianche di sistemi binari, che strappano materiale alla compagna il quale inizia a spiraleggiare intorno alla nana aumentandone il disco di accrescimento;

3. stelle di neutroni di sistemi binari, con un procedimento del tutto simile ma più accentuato di quello visto per la nana bianca;

4. ammassi di galassie, formate da galassie legate gravitazionalmente e con buco nero centrale; 5.Sole e stelle di sequenza principale, soprattutto dalla corona;

6. radiazione X di fondo.

Se osservassimo Sirio con occhi sensibili allo spettro X, non faremmo

fatica a vedere la nana compagna che invece, nell’ottico, è ridicolizzata

dalla brillantezza di Sirio-A

L’UNIVERSO ULTRAVIOLETTO

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L’universo ultravioletto è l’universo «caldo», con radiazione dai 10 nm ai 400 nm.

Solo la radiazione più vicina al blu ottico riesce a bucare l’atmosfera, per il resto occorre salire con palloni o telescopi orbitanti.

Osservare il cielo ultravioletto ci fornisce un cielo molto meno stellato di quello ottico, visto che le luci notturne sono «fredde»: vedremmo soltanto le stelle che all’ottico ci appaiono azzurre e vedremmo a malapena quelle bianche.

L’ultravioletto è essenziale per lo studio del mezzo interstellare in termini di composizione, densità e

temperatura, per lo studio di stelle giovani e quindi di evoluzione stellare e galattica.

I primi satelliti sono degli anni Settanta, con OAO-2 e COPERNICUS.

Nel 1990 viene lanciato l’Hubble Space Telescope, che ha mostrato impressionanti immagini di

galassie, ha fornito seri indizi per la presenza di buchi neri al loro centro ed ha consentito di arrivare

talmente indietro nel tempo, fotografando oggetti distanti miliardi di anni luce, da mostrarci le prime

galassie del primo universo.

L’UNIVERSO INFRAROSSO

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Studiare l’universo infrarosso vuol dire studiarne gli aspetti più freddi. Il range di frequenze è

molto ampio e si è soliti distinguere tra infrarosso submillimetrico, infrarosso vicino, medio e

lontano.

Soltanto l’infrarosso vicino riesce a penetrare nell’atmosfera, ed anche parzialmente.

Da 0,8 micron a 1 millimetro

Gli oggetti celesti che emettono nell’infrarosso sono le nubi galattiche, le

giovani stelle, i pianeti in formazione. Proprio in questa banda sono

presenti le righe di assorbimento dell’acqua e dei composti organici.

Quindi, i campi di azione dello studio nell’infrarosso sono essenzialmente:

1. Processi di formazione galattica nel primo universo

2. Studio della formazione dei sistemi planetari

L’UNIVERSO INFRAROSSO - 2

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I satelliti storicamente interessati allo studio all’infrarosso sono :

IRAS: lanciato nel 1983 e durato dieci mesi, ha scoperto anelli di

polvere intorno a Vega e Beta Pictoris;

ISO: lanciato nel 1995 e durato due anni. Ha scoperto vapore acqueo

intorno a stelle anziane e composti del carbonio nel mezzo

interstellare.

Da 0,8 micron a 1 millimetro

SPITZER: è stato fondamentale per lo studio delle prime stelle dell’universo, che contengono

soltanto idrogeno ed elio.

HERSCHEL: lanciato nel 2009 insieme a Planck, studia la radiazione cosmica di fondo ed occupa il

punto di Lagrange L2. La scorta di elio del telescopio è sufficiente a farlo durare almeno tre anni.

L’UNIVERSO RADIO

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Le onde radio rappresentano la porzione dello spettro elettromagnetico le cui frequenze sono comprese più o meno tra 0 e 300 GHz, pari ad una lunghezza che va da 1 millimetro a, teoricamente, infinito. Lo spettro radio è talmente ampio che è suddiviso in bande.

L’atmosfera non lascia passare le onde radio, e proprio per questo è stato possibile utilizzare le onde radio per comunicare informazioni tra punti della Terra che, a causa della curvatura terrestre, non potevano "vedersi": ad esempio, il segnale veniva sparato in alto da Roma, sbatteva sulla ionosfera e ricadeva verso New York.

Il difetto più grande è la necessità di ampi spazi per i radiointerferometri.

La radioastronomia, sviluppatasi dopo la Seconda Guerra mondiale, ha

consentito scoperte di nuove classi di oggetti come le AGN (quasar) ed ha

consentito anche la scoperta della radiazione cosmica di fondo.

IL CIELO INFRAROSSO DI WISE

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Marzo 2012 – primi risultati da WISE nell’infrarosso

parlano di più di mezzo miliardo di oggetti celesti tra

stelle (soprattutto nane), galassie e asteroidi.

Si tratta di oggetti molto freddi che altrimenti non

sarebbero stati mai trovati nello spettro ottico.

L’immagine mostra una nana Y, una stella mancata

dalla temperatura di appena 25° C.

La stella si chiama WISE 1828+2656

GRB 110328A NEL DRAGO

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Lo straordinario GRB di lunghissima durata

(chiamato GRB 110328A) osservato in una

galassia della costellazione del Drago,

distante circa 3,8 miliardi di anni luce da noi.

Immagine ottenuta da Chandra (X ray)

CASSIOPEIA A VISTA NELLO SPETTRO X

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Due immagini nello spettro X riprese da Einstein e da Chandra mostrano la migliorata efficienza

nella ripresa. Attraverso la comparazione delle immagini è stato possibile confrontare nel tempo la

disposizione degli elementi chimici all’interno del resto di supernova.

M1 VISTA NELLO SPETTRO X

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Due immagini nello spettro X riprese da Einstein e da Chandra mostrano la migliorata efficienza

nella ripresa.

M31 VISTA DA WISE NELL’INFRAROSSO

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L’immagine della galassia di Andromeda nell’infrarosso

mostra i dati più «freddi» di uno degli oggetti più famosi

del cielo.

Gli aspetti più freddi riguardano la formazione

planetaria e la disposizione delle nubi galattiche.

M31 VISTA NELLO SPETTRO ULTRAVIOLETTO

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Da notare il forte contrasto tra

la luminosità delle regioni

centrali e quella delle sorgenti

che delineano le braccia a

spirali. Se ne possono

identificare più di 20.000, in

corrispondenza di ammassi di

stelle giovani e massive che

emettono principalmente a

queste lunghezze d'onda. La

gran parte di esse sono

disposte in un anello di 150.000

anni luce di diametro.

(Credit: SWIFT/NASA)

SIRIO DALL’OTTICO AI RAGGI X

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SIRIO, nell’ottico, mostra la sua sola stella più brillante mentre nello spettro X è evidenziata anche la stella più

piccola e massiva del sistema binario.

M16 A DIVERSE LUNGHEZZE

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M42 A DIVERSE LUNGHEZZE

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VIA LATTEA A DIVERSE LUNGHEZZE

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Cenni di Cosmologia

Nascita dell’universo – Espansione dell’universo – Modelli dell’universo – Radiazione cosmica di fondo –

Formazione galattica e universo a grande scala

PROSSIMA SERATA 10 MAGGIO 2012