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Dott. Gian Luigi Destefanis L'ordine politico e sociale nel sistema filosofico di Auguste Comte Firenze 10 aprile 2000

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L'elaborato esamina gli aspetti più significativi ed interessanti dell'opera di Auguste Comte, al fine di mettere in luce le caratteristiche salienti del suo sistema filosofico-politico e cogliere, in particolare, la sua concezione di "ordine politico e sociale".

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Dott. Gian Luigi Destefanis

L'ordine politico e sociale nel sistema

filosofico di Auguste Comte

Firenze 10 aprile 2000

INTRODUZIONEAspetti generali dell'opera di Auguste Comte

Proudhon si lu, et Comte si peu lu,cela fait une injustice dont je n'ai pu me consoler

Alain, Histoire de mes pensées, 1936

Per chi affronta l'imponente opera filosofico-politica di Auguste Comte: i dodici

volumi delle opere complete, più gli otto della Correspondance générale et

confessions, per citare solo le più importanti, non è sempre agevole penetrare a fondo

nell'economia della stessa, in quanto non ci si trova di fronte ad una serie di lavori,

ognuno dei quali affronta delle questioni distinte e complementari e che messi

assieme formano un percorso sistematico.

Le idee, le teorie, le argomentazioni nascono, si sviluppano progressivamente,

vengono riprese di opera in opera, a partire dagli Opuscules giovanili, attraverso il

Cours de philosophie positive, fino al Système de politique positive, ma di volta in

volta l'ordine, lo spirito e l'intensità con cui vengono espresse non sono sempre gli

stessi, e la sua dottrina, a seconda del diverso quadro che egli prefigura, pur

basandosi sugli stessi concetti, assume una forma differente: epistemologica,

filosofica, religiosa.

È anche interessante notare che egli non si pone mai delle domande, non ricerca delle

verità; convinto fin dagli anni giovanili di essere in possesso delle verità essenziali,

fondamentali, egli ha come unica preoccupazione quella di risolvere attraverso queste

ultime i bisogni intellettuali ed i problemi politici e morali della sua epoca.

Le opere di Comte inoltre si caratterizzano per lo stile particolare con cui sono state

scritte e che è stato oggetto di discussioni e critiche.

La critica più severa viene da un positivista dissidente Hyppolite Taine (1828-1893)

che così definisce la prosa di Comte: «Fra i cattivi scrittori è probabilmente uno dei

peggiori»1.

Dello stesso avviso è il sociologo italiano Franco Ferrarotti, che oltre a riportare il

giudizio precedente, condividendolo, scrive: «Comte scrive male, scrive da

allucinato, pesantemente, ribadendo, con la terribile monotonia del mulo accecato alla

macina, la sua idea fissa»2.

Meno severo e più equilibrato è il giudizio di Domenico Fisichella che definisce la

prosa di Comte: «solenne, pesante, sistematica, sostenuta, curiale»3, ossia non facile,

non brillante ed immediata, ma neppure sciatta, pedante e noiosa come vorrebbero i

denigratori.

Più favorevole ancora è il giudizio di Antimo Negri, uno dei maggiori conoscitori

italiani dell'opera di Comte, il quale ritiene che quello del padre del positivismo sia

uno stile: «preciso ed inimitabile» da affrontare «con una lettura sgombra da

pregiudizi». Per Negri: «Comte ha avvertito pienamente, e risolto a suo modo, da

grande scrittore, [...] il problema del rapporto fra pensiero e linguaggio»4.

Positivo al massimo, infine, il giudizio del filosofo e letterato francese Alain, che in

Francia in questo secolo è stato uno dei pochi sostenitori e difensori del pensiero di

Comte e che viene considerato uno dei più amati prosatori francesi. Egli indicava

proprio Comte come suo scrittore preferito e maestro di prosa. Riferendosi in

particolare al Système de politique positive diceva: «Lo leggo qua e là. È ingenuo e

magnifico» ed in generale riteneva che Comte andasse letto: «en bon écolier»5.

Dovendo esprimere un giudizio personale, dopo l'assidua frequentazione dell'opera

comtiana, fatta in prevalenza sull'edizione in lingua originale, direi di aver trovato

una prosa quasi sempre agevole, chiara, scorrevole, rigorosa, anche se,

effettivamente, a volte ripetitiva, ma mai pedante, oscura, noiosa o allucinata.

Un altro aspetto dell'opera comtiana che, infine, merita di essere ricordato è quello

che per lungo tempo ha costituito uno degli argomenti più controversi e dibattuti, ma

che oggi sembra aver perso gran parte della sua importanza, ovverosia: quale è il vero

1 nella recensione del Cours de philosophie positive apparsa sul Journal de Débats del 6 lug. 18642 F. Ferrarotti, La sociologia, Garzanti, Milano, 1974, pp. 10-113 D. Fisichella, Il potere nella società industriale - Saint-Simon e Comte (1965), Laterza, Bari, 1995, p. 1234 Introduzione a Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. X-XI.5 ALAIN, Histoire des mes pensées, Galimard, Parigi, 1936, passim.

positivismo comtiano, quello "scientifico" del Cours de philosophie positive, secondo

quanto sostenuto da Littré, da J.S. Mill e da altri, oppure quello "politico-religioso"

del Système de politique positive come affermano i positivisti "ortodossi"?

Diverse generazioni di studiosi, a partire dalla metà del XIX secolo hanno a lungo

discusso e dibattuto per arrivare a definire se le opere di Comte successive al suo

incontro con Clotilde de Vaux, l'aneé sans pareille, conclusosi tragicamente con la

prematura scomparsa di quest'ultima nel 1846, erano da considerarsi come: «il puro e

semplice parto di una mente esaltata o invece lo sviluppo coerente di alcuni motivi

già rintracciabili nelle prime opere comtiane?»6.

Oggi questa opposizione tra positivismo scientifico o «intellettuale», come lo

definiva lo stesso Comte, e positivismo «ortodosso» può considerarsi superata; quasi

nessuno mette più in dubbio quanto sempre sostenuto da Comte, cioè che le opere

della maturità altro non fossero che «un pensiero della giovinezza realizzato nell'età

matura» come egli aveva scritto, citando Alfred de Vigny7, nella epigrafe posta in

apertura della Prefazione del Système de politique positive.

Preso atto della particolarità ed anche della complessità di questi aspetti generali,

dovendo affrontare ed analizzare un argomento specifico come quello che costituisce

l'oggetto di questo elaborato,

elementi essenziali per comprendere quale sia la visione che Comte ha del problema

possono essere rintracciati sparsi e diffusi, allo stato di indicazione o di vero e proprio

progetto in tutte le sue opere.

È pertanto necessario mettere in luce gli aspetti più significativi ed interessanti al fine

di comprendere quali sono le idee principali che costituiscono le fondamenta

dell'edificio8 che Comte ha cercato di creare per arrivare ad una riorganizzazione della

società e per porre fine a quella che egli chiama la «rivoluzione occidentale».

A tale scopo, tenuto conto del ruolo rilevante che gli aspetti biografici relativi alla sua

formazione culturale, alle frequentazioni femminili, alle difficoltà economiche ed alle

6 L. Geymonat:«Il sorgere del positivismo in Francia: A. Comte» in Storia del pensiero filosofico e scientifico, Garzanti, Milano, 1971, IV, p.434

7 la citazione completa tratta da Cinq-Mars (1826) è «qu'est-ce qu'une grande vie sinon una pensée de la jeunesse exécutée par l'âge mûr».

8 l'immagine della propria opera come di una costruzione, di un edificio, è frequente in Comte. vds. P. Arnaud, Politique d'Auguste Comte, Armand Colin, Parigi, 1965, p.8.

tribolazioni sanitarie hanno avuto sul suo percorso filosofico, condizionandone, certe

volte in maniera determinante, il suo sviluppo, si è ritenuto opportuno articolare

l'esposizione in due parti: una relativa all'uomo, l'altra inerente al filosofo.

Nella prima parte verranno esaminate, in forma sintetica, gli aspetti biografici ritenuti

più significativi: la frequenza dell'École polythecnique, l'incontro con Saint-Simon, la

triste esperienza matrimoniale, il ricovero nella casa di cura per malattie mentali ed il

tentativo di suicidio, e poi l'incontro "fatale" con Clotilde, le ripercussioni che tale

incontro ha avuto sulle sue concezioni politico-filosofiche, fino ad arrivare alla

istituzione della religione dell'Umanità ed infine gli anni conclusivi della sua vita.

Nella seconda parte invece verranno evidenziate le idee madri, (idées mères come le

chiama Comte9), e che in questa sede abbiamo scelto di chiamare «idee direttrici», del

sistema politico-filosofico elaborato negli anni: la teoria sul progresso culturale, la

classificazione delle scienze, la nascita della sociologia, l'idea di repubblica, il

sistema industriale e la pace, la religione positiva e la separazione fra il potere

temporale ed il potere spirituale.

9 A. Comte, Discorso sullo spirito positivo, in Opuscoli di filosofia positiva, cit., p. 405

PARTE PRIMA

LA VITA E LE OPERE

I

Infanzia e adolescenza a Montpellier.

Car c'est un roman que le fond de ma vie,et un fort romanqui paraîtrait bien extraordinaire si jamais je le publiais....

Lettre à Valat, 16 Novembre 1825

Comte nacque il 19 gennaio 1798 (30 nevoso dell'anno VI della Repubblica) a

Montpellier nel dipartimento dell'Herault, da Louis-Auguste e da Rosalie Boyer, e

venne battezzato con i nomi di Isidore-Auguste-Marie-François-Xavier. I suoi

genitori appartenevano alla piccola borghesia, il padre era un modesto funzionario

delle imposte, con nostalgie monarchiche, che detestava la Rivoluzione e unitamente

alla moglie era un fervente cattolico, nonostante le persecuzioni religiose in atto.

Tuttavia, essendo soprattutto un uomo rispettoso dell'ordine costituito, svolgeva il suo

ruolo di servitore dello stato, portando il suo fardello.

Comte, da bambino, venne inizialmente educato privatamente da un istitutore e all'età

di otto anni venne ammesso come interno al licée imperial di Montpellier. L'istituto,

creato due anni prima da una riforma napoleonica, era organizzato militarmente, gli

allievi erano inquadrati in compagnie ed i più meritevoli ricevevano i gradi di

caporale e sergente maggiore ed avevano anche incarichi d'inquadramento. I

frequentatori provenivano generalmente da famiglie di militari e di funzionari statali.

Il giovane Isidore10 si distinse sia per essere uno studente recalcitrante e ribelle,

insofferente alla disciplina, sia per l'ingegno vivacissimo e per le capacità di

apprendere la matematica e le materie affini, mostrando di possedere anche buone

10 Comte iniziò ad usare il nome Auguste solo a partire dal 1817 quando entrò nell'entourage di Saint-Simon. vds. H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, Vrin, Parigi, 1997, p. 79

capacità oratorie, confermate da un Premio per l'eloquenza. Fra i suoi insegnanti vi

era anche il professor Daniel Encontre, pastore protestante dalla cultura enciclopedica

ed esimio matematico, al quale nel 1856 egli dedicherà la sua ultima opera la

Synthése subjective. Questi fu il primo a comprendere le notevoli capacità del

giovane studente, lo indirizzò allo studio approfondito della matematica, ed una volta,

dovendosi assentare per alcuni giorni, gli affidò il compito di sostituirlo e di tenere

alcune lezioni.

Negli anni di permanenza nell'istituto la fede in Dio, inculcatagli dai genitori, si

trasformò in fede nella libertà. Egli divenne fervente repubblicano, odiava

l'imperatore e professava idee giacobine sognando il ritorno ai gloriosi giorni della

Rivoluzione.

Durante l'occupazione della Spagna da parte delle truppe napoleoniche, osò, in classe,

formulare l'augurio che gli spagnoli riuscissero a cacciare i francesi dal loro territorio.

Questo episodio, è rievocato dallo stesso Comte nel 13a conversazione del

Catéchisme positiviste, (1852) per ricordare che fin da giovane egli fu contrario ad

ogni forma di oppressione militare e di colonialismo.

II

L'École polythecnique.

...le positivisme[...]fut la Révolution plus l'École polytechnique. Sans oublier que cette École

est elle-même fille de la Révolution française.Alice Gérard, Le positivisme dans le siècle, 1988

Nel 1814 Comte partecipò al concorso di ammissione all'École polytechnique

risultando primo nella graduatoria del centro-sud della Francia e quarto in quella

nazionale, scavalcato da tre candidati di Parigi, valutati da un'altra commissione.

Questo piazzamento non lo soddisfò affatto; convinto di poter tranquillamente

primeggiare, egli fece un esposto alla scuola, chiedendo una valutazione supplettiva

fra lui ed i tre che gli erano stati anteposti. La domanda, che metteva in discussione le

capacità di giudizio delle commissioni, non venne neppure presa in considerazione

dalla direzione, ma non fu certo un buon biglietto da visita.

La prestigiosa scuola era stata creata dalla Convenzione come centro di studi

scientifici, ed annoverava fra gli insegnanti autorevoli scienziati11; dopo l'avvento al

potere di Napoleone era stata trasformata da in una specie di scuola militare diretta da

uno "staff" di ufficiali. L'obiettivo di questa trasformazione, che però non ne

modificava l'ottimo livello didattico, era quello di dotare la Grande Armée di ufficiali

con una elevata preparazione scientifica, oltre a preparare ingegneri da impiegare per

esigenze di pubblica utilità. Questo cambiamento non era stato molto apprezzato né

dagli studenti, né dagli insegnanti, in quanto stravolgeva le finalità per le quali

l'istituto era sorto ed anche per questo motivo la figura dell'Imperatore non era molto

popolare all'interno dell'istituto stesso.

Però nel marzo del 1814, quando, dopo la sconfitta di Napoleone a Lipsia, Parigi

venne minacciata dalle truppe nemiche, i giovani polytechniciens misero a frutto il

loro addestramento militare, combattendo eroicamente contro gli invasori fino alla

capitolazione della città, quando vennero messi in fuga dagli ulani prussiani,

lasciando sul terreno diciannove feriti e tre prigionieri.

Quando nel novembre di quello stesso anno Comte arrivò a Parigi, per frequentare

l'istituto, in pieno clima di Restaurazione, trovò un ambiente in cui il ritorno della

monarchia era mal accettato e considerato un male peggiore rispetto all'Impero.

Anche durante la permanenza all'École, egli si distinse subito non solo per le sue

vivide capacità intellettuali, ma anche per il carattere battagliero ed insofferente alla

disciplina.

Egli perdette presto, per indisciplina, i gradi da caporale ottenuti con gli ottimi voti

d'ingresso, tuttavia seguiva con entusiasmo le lezioni, e soprattutto si andava sempre

più rendendo conto che quello era il tipo di vita che voleva, per la quale si sentiva

portato. La sua massima aspirazione, una volta finiti corsi, era di restare nell'istituto

come insegnante.

11 fra i quali troviamo i matematici Dominique-François Arago (1786-1853) e Louis Poisot (1777-1859), il geometra Nicolas Hachette (1769-1834) i fisici Simeon-Denis Poisson (1781-1840) e André_Marie Ampère (1775-1836), i chimici Joseph-Louis Gay-Lussac (1778-1850) e Louis-Jacques Thénard (1777-1857).

Le capacità dialettiche che mise in mostra nei dibatti e nelle discussioni scientifiche

con i docenti, gli fruttarono da parte dei compagni, con straordinaria premonizione,

l'appellativo: "il filosofo".

Dopo la grande delusione della Restaurazione, il ritorno di Napoleone venne accolto

con entusiasmo dai giovani polytechniciens, e Comte, anche in questo caso, si

distinse come uno dei più turbolenti animatori di manifestazioni a favore

dell'Imperatore, dimenticando le sue passate convinzioni.

Poco dopo la sconfitta definitiva dell'Imperatore, le lezioni ripresero regolarmente,

anche se il fervido sostegno espresso dagli allievi a Napoleone preoccupava non poco

i vertici dell'istituto, che ritenevano necessario un giro di vite. L'occasione venne

fornita proprio dallo stesso Comte, già allievo anziano, e molto stimato ed ascoltato

fra i colleghi. Uno dei ripetitori, un certo Lefebre ( o Lefevre), non riscuoteva, per i

suoi atteggiamenti autoritari e per il suo comportamento poco educato, le simpatie

degli allievi, i quali decisero che era venuto il momento di metterlo di fronte alle

proprie responsabilità, e chi meglio di Comte sarebbe stato in grado di metterlo in

difficoltà. Durante un'interrogazione quest'ultimo assunse, nei confronti

dell'istruttore, un atteggiamento provocatoriamente meno rispettoso del solito, al

punto da costringere quest'ultimo a redarguirlo: «Ragazzo ti stai comportando

davvero male» disse, e Comte, che non aspettava altro, rispose:«non faccio che

seguire il suo esempio»12. L'inevitabile punizione suscitò una specie di rivolta

all'interno della scuola e per mettere a tacere le manifestazioni di solidarietà dei

colleghi che arrivarono fin quasi ad una specie di ammutinamento, la direzione della

scuola decise di proporre al Ministero della Guerra l'espulsione di quindici allievi fra

i più turbolenti, fra i quali lo stesso Comte. Il Ministro colse l'occasione per mettere

in atto un progetto di riorganizzazione che consentisse di riprendere in mano la

situazione e decise l'immediata chiusura dell'istituto, cosa che avvenne alcuni giorni

dopo, il 14 aprile 1816. La chiusura durò solo pochi mesi, quel tanto che bastava per

calmare le acque e per eliminare le teste più calde.

Nell'autunno successivo vennero riaperte le iscrizioni e per gli allievi allontanati ad

12 H. Gouhier, op. cit., p. 64

aprile sarebbe stato possibile sostenere un nuovo esame d'ammissione, ma Comte non

volle sottoporsi alla prova, un pò perché temeva che la riorganizzazione avesse

comportato un insopportabile clima di restaurazione, un pò per timore di subire

l'affronto dell'esclusione per i precedenti disciplinari. Quest'ultima preoccupazione si

sarebbe dimostrata infondata in quanto quasi tutti i colleghi della lista degli espulsi

che fecero domanda di riammissione vennero accolti.

III

Il ritorno a Montpellier.

A l'egard de la correspondance que le sieur Comte peutentretenir avec les bureaux établis dans l'autres villes,

j'ai demandé à M. le Directeur des Postes d'être instruit de ses relations et de leur activité.

M. le maréchal de camp A. de Floriac, préfet de l'Herault, 13 mai 1817

Rientrato a Montpellier fondò un'associazione nazionale di ex-allievi dell'École

polytechnique, ufficialmente una associazione di mutuo soccorso, senza finalità

politiche, ma la polizia non era dello stesso avviso e tenne Comte sotto sorveglianza,

non vedendo di buon occhio questa iniziativa, che ebbe comunque breve vita,

nonostante gli entusiasmi iniziali di molti ex-allievi. La sezione di Montpellier di cui

Comte era segretario fu l'ultima a chiudere ed egli fu l'ultimo ad arrendersi al

disinteresse dei colleghi.

In quel periodo egli si dedicò anche a studi di tipo storico ed a meditazioni di

carattere politico; leggeva Montesquieu e Condorcet, si interrogava sui cambiamenti

provocati dalla Rivoluzione francese, preoccupandosi non solo per le sorti della

Francia, ma per quelle dell'Europa intera.

Queste sue preoccupazioni le espresse in uno scritto intitolato «Mes Réflexions

-Humanité, Verité, Justice, Liberté, Patrie - Rapprochements entre le régime de 1793

et celui de 1816, adressés au peuple français par Comte élève de l'ex-École

polythechnique» (juin 1816)13.

13 Écrits de jeunesse, Archives Positivistes, Mouton, Paris, Le Haye, 1970, p. 417 ss. Questo scritto non venne mai

A soli 18 anni, con enfasi giovanile e con altera sicurezza, egli si rivolgeva al popolo

francese - lo scritto si apriva con l'invocazione «Francesi!» - quasi fosse già

consapevole del destino di guida intellettuale e morale che la vita gli avrebbe

riservato.

Questa specie di manifesto era tuttavia ispirato da una idea degna di attenzione: i

popoli giudicavano molto meglio il passato che il presente ed era questa disparità di

giudizio che aiutava a spiegare perché i più feroci regimi avevano la capacità di

durare a lungo. Come si poteva spiegare altrimenti che i francesi avessero potuto

sopportare la dittatura di Marat e di Robespierre e che avessero aspettato il 9

Termidoro per vederne tutti gli orrori; ed ancora, come era stato possibile che

Bonaparte avesse potuto imporre così a lungo il suo despotismo senza essere stato

detestato dalla maggior parte dei cittadini, se non dopo essere stato sconfitto a

Waterloo e definitivamente deposto. Nessun governo è in grado di sopravvivere senza

una certa complicità del popolo, complicità passiva che altro non è che colpevole

cecità. Per il giovane Comte la missione degli uomini illuminati era quella di mettere

in grado i loro contemporanei di vedere il presente con gli occhi di domani, di

dissipare il miraggio del presente.

Egli, già consapevole delle proprie capacità intellettuali, riteneva di far parte di

questa categoria e non si fa scrupolo di porre ai suoi contemporanei una domanda

assai inquietante: oggi voi vi sentite felici al riparo di una Carta costituzionale

concessa (octroyée) dalla generosità di un monarca, ma chi vi dice che domani non vi

direte: come eravamo disgraziati!

Queste riflessioni lo portano a dire:

questa poca chiaroveggenza, questa poca attitudine a giudicare rettamente quello che

passa sotto i loro occhi è stata e sarà forse ancora a lungo per questi popoli lo fonte di

molti dei mali; l'esperienza dei giudizi sbagliati che sono stati dati dovrebbero metterli

in guardia nei confronti della giustezza di quelli che danno. Nonostante ciò gli errori si

ripetono sovente. Quale rimedio per tutto ciò?14

La risposta a questo interrogativo la troverà ben vent'anni dopo, nella 46a

pubblicato da Comte e restò inedito fino al 1882 anno in cui venne pubblicato in un quaderno de La critique philosophique, 11° anno, n. 19

14 ibidem

lez. del Cours de philosophie positive, dove scrive che il rimedio consiste nel

concentrare le questioni sociali nell'ambito di «governo intellettuale» composto

da un ristretto numero di intelligenze d'élite, al fine di evitare che tutti gli

individui, per quanto inferiore possa essere la loro intelligenza, e malgrado

l'assenza spesso totale di preparazione, ne traccino giornalmente, senza nessuna

guida, le questioni politiche fondamentali.15

La vita di provincia lo annoiava, seguiva qualche corso universitario di medicina e di

botanica, ma il suo desiderio era di ritornare a Parigi. Fece domanda per il

lasciapassare che gli venne concesso, ma la prefettura ritenne opportuno informare la

polizia di Parigi del suo arrivo, come persona sospetta di sentimenti anti realisti.

IV

Il ritorno a Parigi e l'incontro con Saint-Simon.

Il ne s'agit plus de disserter à perte de vuepour savoir quel est le meilleur des gouvernements;

il n'y a rien de bon, il n'y a rien de mauvais, absolument parlant; tout est relatif, voilà la seule chose absolue

A.Comte, Veme art. de L'Industrie, 1817

Giunto a Parigi sopravviveva dando lezioni di matematica e, grazie all'interessamento

del generale Campredon, già membro del Consiglio di Perfezionamento dell'École

polytechnique, che era a conoscenza delle sue qualità intellettuali e delle sue

conoscenze scientifiche, entrò in contatto con un generale incaricato dal governo

statunitense di esaminare la possibilità di creare negli U.S.A. un'analoga scuola,

trovandone anche gli insegnanti. L'incontro fu positivo e se il Congresso avesse

approvato l'iniziativa del governo, entro pochi mesi egli avrebbe potuto andare ad

insegnare geometria descrittiva nel nuovo istituto. Questa prospettiva di emigrare per

sempre nella terra della libertà esaltava il suo ardore repubblicano.

Ma il progetto restò un «miraggio»; il Congresso aveva approvato l'idea,

dilazionandone però indefinitamente la concreta realizzazione.

15 Corso di filosofia positiva, Utet, Torino, 1967, vol. I, p. 72-73

La delusione per la fine di questo sogno non durerà a lungo, pochi mesi dopo egli

venne presentato a Saint-Simon che lo assunse come segretario alla redazione de

L'Industrie, in sostituzione di Augustin Thierry.

Dal quel momento la sua vita ebbe una svolta determinante, il futuro non gli riservava

più una cattedra, ma bensì un'attività di pubblicista che gli consentiva di difendere

con la penna le sue idee liberali. Inoltre non aveva più preoccupazioni economiche, in

quanto il nuovo lavoro gli garantiva una discreta tranquillità.

Il giovane Comte venne folgorato dal fascino intellettuale del personaggio Saint-

Simon, una figura carismatica che lo incantava e lo entusiasmava, e ne venne subito

conquistato.

Egli stesso così descriveva questo coinvolgimento spirituale al fedele amico Valat:

È un uomo di più di cinquant'anni, ma, in verità, posso affermare di non aver mai

conosciuto dei giovani così generosi e così pieni di ardore; è una persona originale da

tutti i punti di vista, [...] attraverso i nostri rapporti di lavoro e di amicizia [...] ho

appreso un'enorme quantità di cose che avrei cercato invano sui libri, e la mia mente ha

fatto più strada in questi sei mesi di collaborazione con lui di quella che avrebbe fatto in

tre anni, se fossi stato solo16.

E ancora pochi mesi dopo, sempre scrivendo a Valat, ne decantava le doti di

«chevalier sans peur et sans reproche» - come ironicamente ha sottolineato Gouhier17 -

con parole piene di ammirazione:

È l'uomo migliore che abbia mai conosciuto, la sua condotta, i suoi scritti ed i suoi

sentimenti, sono, fra tutti, quelli che più condivido e considero più saldi. La sua

condotta fin dall'inizio della Rivoluzione, e durante questi trent'anni di prove così

difficili, è stata pura, decisamente pura, secondo un unanime giudizio. Costante nella

difesa della causa liberale che ha abbracciato con ardore, egli non ha mai servito alcun

partito; completamente estraneo da tutti i crimini rivoluzionari (cosa assai rara fra tutti i

grandi liberali di oggi), non ha mai blandito Bonaparte, e durante l'attuale regno non ha

mai sollecitato i favori della corte, che la sua nascita gli avrebbe facilmente fatto

ottenere.18

16 Lettera a Valat, 17 aprile 1818, Correspondence générale et confessions, t. I, (1814-1840), Mouton, Paris-Le Haye, 1973.

17 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p.8418 Lettera a Valat, 15 maggio 1818, Correspondence générale et confessions, cit.

Le idee di Saint-Simon in quegli anni erano caratterizzate dalla convinzione che la

rivoluzione intellettuale avviata dagli Enciclopedisti, era solo in parte arrivata a

quella che doveva essere la necessaria rivoluzione politico-filosofica.

L'obiettivo fino ad allora conseguito consisteva nella completa demolizione

dell'edificio realizzato dal clero e dalla Chiesa e nella caduta dell'idea di Dio. Questo

crollo aveva coinvolto anche le istituzioni politiche e sociali delle quali esso era

all'origine, così come le teorie che erano alla base della morale e della spiegazione dei

fenomeni naturali.

Il nuovo compito da affrontare era rappresentato dall'esigenza dell'umanità di

dirigersi verso forme sociali non più giudate ed organizzate dalle vecchie istituzioni,

bensì dalla scienza e dall'industria, ovvero dalla necessità di costruire un sistema di

idee positive in grado di rimpiazzare il sistema di idee teologiche.

Impresa immane, sempre secondo Saint-Simon, che avrebbe dovuto creare una

filosofia senza Dio, una vera scienza naturale, una nuova morale "terrestre" e una

politica liberale.

Questo fardello ricadeva sulle spalle dei filosofi, degli scrittori e degli intellettuali in

genere con il concorso degli industriali.

L'obiettivo avrebbe potuto essere conseguito solo se tutti gli sforzi fossero stati

coordinati e fossero confluiti, come avvenuto nel secolo precedente, in una nuova

opera enciclopedica: L'Encyclopédie des idées positives, naturalmente sotto la

illuminata guida dello stesso Saint-Simon.

Questo fervore innovativo non poteva non coinvolgere il giovane Comte che assorbì

con entusiasmo queste idee e le riversò nei suoi primi lavori. Eccone un esempio

tratto da uno dei suoi primi contributi apparsi nei quaderni de L'Industrie:

Anche gli uomini con le più diverse opinioni sullo stadio attuale delle società in Europa

sono tutti concordi nel riconoscere che questo stadio è straordinario, che non potrà

durare e che è necessario porvi termine. Non c'è bisogno di essere particolarmente colti

per percepire che questo stadio deriva da quel sistema che ha condizionato le idee

morali e politiche per ventidue secoli, che oggi è stato distrutto senza essere stato

rimpiazzato da un altro. Dove ci porta tutto questo? Perché è necessario porvi fine?

Basta un pò di buon senso per rispondere che, fintanto che il disordine della società è

dovuto alla caduta del vecchio sistema delle idee morali e filosofiche, questo disordine

avrà fine solo se verrà adottato un nuovo sistema, poiché è ormai chiaro che questo

stadio della società ne esige assolutamente uno.19

Il seme era stato gettato, il terreno era fertile e ben presto se ne sarebbero visti i

frutti. Frutti apprezzati non solo dal maestro, come lo stesso Comte comunicava

con orgoglio all'amico Valat: «il lavoro che "le père Simon" mi ha affidato 20, ha

rivelato a me stesso una capacità politica che non mi sarei mai immaginato di

possedere, ed è sempre utile conoscere esattamente di cosa si è capaci», ma anche

da «diversi pubblicisti che ho avuto occasione di conoscere, grazie a lui». Queste

persone competenti, diceva ancora, «esprimono sovente apprezzamenti

lusinghieri sulla mia elevata predisposizione per le scienze filosofiche e sociali e

mi dicono che il mio talento sarebbe perduto altrove»21.

Questo prevalente interesse per gli studi di carattere politico e sociale non lo distolse

tuttavia dagli studi scientifici: «I miei lavori sono e saranno di due ordini, scientifici e

politici»22, scriveva più di un anno dopo sempre a Valat. Per mantenersi in esercizio

continuava a studiare e ad insegnare matematica: «Mi occupo inoltre con molto

ardore, se non sotto il rapporto della redazione, almeno sotto quello dello spirito, di

lavori matematici»23.

Egli aveva già percepito l'importanza dell'istruzione scientifica, necessaria per

affrontare quelle «speculazioni sociali»24 che consentiranno di riorganizzare

scientificamente la società, differenziandosi in questo da Saint-Simon, che non era in

possesso di tale preparazione.

Sono di quegli anni i suoi primi scritti di filosofia sociale. Il primo, Séparation

générale entre les opinions et les désirs (luglio 1819), venne scritto per il Censeur ma

non fu pubblicato25. In esso, in pochissime pagine, veniva accennata l'esistenza nella

19 Il brano è riportato da H. Gouhier, op. cit., p.8720 si riferisce ai citati quaderni de L'Industrie21 Lettera a Valat del 17 aprile 1818, Correspondence générale et confessions, cit.22 Lettera a Valat del 28 settembre 1819, Correspondence générale et confessions, cit.23 Lettera a Valat del 6 settembre 1820, Correspondence générale et confessions, cit.24 Système de politique positive, au siège de la Société positiviste, Parigi, 19295, t. III, Préface, p. XVI25 Distinzione generale tra le opinioni e i desideri in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. 9-12

società umana di due poteri: il potere spirituale e il potere temporale. Poteri che con

l'evoluzione della società umana dovranno arrivare ad una totale separazione.

Meno di un anno dopo scrisse Sommaire appréciation de l'ensemble du passé

moderne (aprile 1820) apparso su l'Organisateur26 nel quale si affermava che

l'Occidente era attraversato da due movimenti contrastanti: uno di distruzione

dell'antico edificio cattolico feudale l'altro di costruzione di una nuova civiltà

positivista ed industriale.

Ed è proprio a partire da questo periodo che si cominciano a percepire i primi

tentativi di Comte di distaccarsi gradualmente dalle idee del maestro, per cercare di

concretizzare una linea di pensiero autonoma.

Henry Gouhier sostiene che:

a partire da questa epoca, Auguste Comte non è più l'allievo di Saint-Simon. Egli scrive

su Le Censeur européen, che possiamo chiamare l'organo dei giovani intellettuali

liberali e, soprattutto, comincia a scrivere e a pubblicare gli opuscoli che un giorno egli

riterrà degni di essere inseriti nelle sue opere complete.27

La rottura della collaborazione fra i due avverrà nel 1824, proprio a causa di uno di

questi opuscoli il Prospectus (poi Plan) des travaux scientifiques nécessaires pour

réorganiser la société (1822). L'opera con l'indicazione «par Auguste Comte, ancien

élève de l'Ecole polythechnique» avrebbe dovuto essere inserita nella raccolta di

opere che Saint-Simon pubblicava da alcuni anni sotto il titolo Du systéme industriel;

ne vennero stampati cento esemplari, con una copertina sulla quale compariva la

scritta «Suite des travaux ayant pour objet de fonder le systéme industriel - Du

contract social, par Henri Saint-Simon, avril 1822». Le rimostranze di Comte, che

non gradiva questa confusione sulla paternità dell'opera fecero sì che questa non

venisse messa in commercio.

Due anni più tardi venne raggiunto un compromesso28; l'opera, che nel frattempo

26 Esame sintetico del passato moderno nel suo insieme, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. 13-64

27 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, in AA.VV., Auguste Comte - Qui êtes vous?, La Manufacture, Lyon, 1988, p. 61

28 gli aspetti dettagliati di questo braccio di ferro sono descritti da Comte in una lunga lettera a Valat del 21 maggio 1824, Correspondence générale et confessions, cit.

Comte aveva rivisto, venne ristampata sotto due forme: cento esemplari con il titolo

"Système de politique positive par Auguste Comte, ancien élève de l'Ecole

polytechnique, élève de Saint-Simon, tome premier, première partie". Mille esemplari

invece vennero messi in commercio con una sovraccoperta supplementare con un

diverso titolo: "Le catéchisme des industriels par Saint-Simon, troisième année, avril

1822".29

Nonostante questa soluzione compromissoria, Comte decise che era il momento di

rompere questo legame che ormai cominciava a condizionarlo. Solo mostrando i

denti era riuscito ad evitare che Saint-Simon gli mettesse definitivamente «le peid sur

la gorge»30, e l'insistenza per il riconoscimento della paternità esclusiva del suo

lavoro, quando in precedenza non aveva mai avuto remore a che suoi scritti

comparissero a nome del maestro, era dovuta alla consapevolezza che: «l'opera era

troppo importante» e che tutti i suoi «lavori successivi dovevano essere strettamente

legati a quest'ultima» e sarebbe stato molto difficile firmarli se avesse «lasciato

passare il primo sotto il nome di un altro»31.

Dietro la rottura tuttavia non vi fu solo la controversa attribuzione dell'opera, ma

anche la convinzione, da parte di Comte, che l'idea di Saint-Simon di una semplice

alleanza politica fra scienziati e industriali non avrebbe portato ad una rapida

realizzazione dell'auspicato nuovo sistema e che invece era necessario predisporre un

importante lavoro teorico preliminare che provvedesse ad un rinnovamento

intellettuale che precedesse la riforma delle istituzioni. Egli riteneva ormai il vecchio

maestro: «incapace di dare alla conoscenza politica e sociale un impianto teorico

coerente e sistematico»32.

Da questo punto in poi Comte proseguirà da solo il suo percorso politico-filosofico,

ma quale resta il suo debito nei confronti del pensiero di Saint-Simon? Si tratta di una

domanda che ha rappresentato uno dei temi più dibattuti dagli studiosi del

positivismo.

29 su l'intera vicenda e sulla genesi del testo dell'opuscolo vds. H. Gouhier, «L'opuscule fondamental» in "Les Etudes philosophiques, luglio 1974, inserito anche in La philosophie d'Auguste Comte - esquisses, Vrin, Parigi, 1987

30 Lettera a Valat del 24 maggio 1824, Correspondence générale et confessions, cit.31 ibidem32 A. Zanfarino, Auguste Comte, in Il pensiero politico contemporaneo, Morano, Napoli, 1994, p.201

In molti casi come osserva Gouhier: «È molto difficile dire cosa appartiene a Comte

e cosa appartiene a Saint-Simon»33, tuttavia una risposta che può considerarsi

articolata, completa e soddisfacente viene data da Domenico Fisichella il quale non

condivide né l'ipotesi sostenuta da alcuni fra cui il Littré, secondo cui sarebbe stato

Comte ad influenzare Saint-Simon e non viceversa, così come ritiene non

convincente l'ipotesi che non vede nell'opera di Comte alcuna originalità e la

considera solo come una derivazione o una nuova enunciazione delle teorie saint-

simoniane.

Degna di considerazione invece sarebbe una terza ipotesi, sostenuta da una parte non

trascurabile della critica, che:

senza negare il peso dell'influenza saint-simoniana, non risolve tutto il pensiero di

Comte in una ripetizione dei temi dell'antico maestro, ma gli riconosce un ampio settore

di originalità sia nell'impostazione che nello svolgimento dei problemi.34

Il sodalizio con Saint-Simon era durato circa sette anni e gli aveva dato anche una

certa notorietà nell'ambiente giornalistico liberale e nel mondo scientifico, ma dopo

la rottura con il maestro, egli rimase solo, si trovò presto isolato, ai margini della vita

intellettuale, solo tenuemente collegato con il mondo parigino delle lettere e delle

scienze. Aveva si messo in atto un ambizioso progetto di Sistema filosofico, però si

trovava senza un lavoro, senza un incarico accademico, senza un salario.

V

Il matrimonio con Caroline

La malheureuse que j'épousai le 19 février 1825 à la 4e Mairie de Paris naquit en julliet 1802 a

Châtillon-sur-Seine d'un comédien et d'une coméddienne de province, qui ne furent jamais mariés et se séparèrent bientôt.

L'addition secrète au Testament d'Auguste Comte, 1896

33 H. Gouhier, La jeunesse d'Auguste Comte et la formation du positivisme, Vrin, Parigi, 1944, t. III, p. 39834 D. Fisichella, op. cit., p. 119

Nel febbraio dell'anno successivo, 1825, sposò civilmente Caroline Massin, una

giovane dai trascorsi non molto limpidi, della quale anni addietro era anche lui stato

cliente, poi redentasi grazie ad un autorevole intervento, certamente non

disinteressato, che aveva fatto sì che la sua precedente professione venisse cancellata

dal casellario della polizia, con tanto di concessione di un certificato di buona

condotta e rettitudine morale. L'autorevole personaggio le aveva anche aperto una

libreria sotto i portici del Palais-Royal, ed è là che Comte la rincontrò e ne rimase

affascinato. Si trattava di una donna dotata di una intelligenza non comune, che

ascoltava avidamente i discorsi del giovane pubblicista, ne apprezzava la passionale

eloquenza e ne condivideva i percorsi intellettuali ed inoltre disponeva di una

notevole esperienza amorosa che lui non disdegnava, anche perché adesso gli veniva

offerta gratis.

Alcuni mesi dopo la rottura con Saint-Simon, i due decisero di andare a convivere

anche per risparmiare pagando un solo affitto. Lei decise di vendere la libreria per

dedicarsi a lui, avendo ormai capito di avere buone speranze per diventare la signora

Comte. I primi tentativi di affrontare l'argomento trovarono in lui una certa ritrosia,

ma, dopo alcuni mesi di assedio, la decisione definitiva venne presa.

Trascorsi pochi mesi quella che per Comte era stata una relazione serena e riposante

divenne un rapporto burrascoso e snervante. Preoccupazioni di carattere economico,

impegni di lavoro ed infine la condotta della moglie, che egli sospettava di aver

mantenuto passati legami affettivi, sconvolsero i suoi equilibri psichici.

In quel periodo Comte aveva appena pubblicato su Le Producteur (n.8 del novembre

1825) il saggio Considérations philosophiques sur les sciences et les savants35, nel

quale sosteneva la necessità di costruire su basi nuove, ossia scientifiche e non

teologiche, un nuovo potere spirituale analogo al papato cattolico. Pur non osando, in

questa fase, parlare di fondazione di una nuova religione, egli cominciava ad

esprimere, sia pure in forma ancora generica, quelle preoccupazioni di carattere

spirituale che saranno alla base del suo sistema politico religioso. Pochi mesi dopo,

sempre su Le Producteur (n.20 del marzo 1826) venne pubblicato un altro saggio

35 Considerazioni filosofiche sulle scienze e gli uomini di scienza, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp. 181-232

Considérations sur le povuoir spirituel 36, nel quale riprendeva e approfondiva quello

che diventerà uno dei temi dominanti di tutta la sua opera: la necessità di una rigorosa

separazione del potere temporale (quello che opera attraverso la costrizione), dal

potere spirituale (che invece procede utilizzando la persuasione). Questa sua costante

preoccupazione tendeva a sancire un sistema che potesse evitare quella deriva

totalitaria alla quale poteva portare la completa confusione delle cose spirituali con

quelle temporali.

Nello stesso periodo stava lavorando al progetto di un corso pubblico di filosofia

positiva, a pagamento. L'iniziativa, secondo le sue aspettative, avrebbe dovuto, fargli

reperire quelle risorse economiche che, come professore di matematica, non riusciva

più a trovare.

Scrive H. Gouhier:

fino a quel giorno il professore aveva guadagnato il pane per il filosofo; il professore e il

filosofo avevano avuto due vite separate, ricongiungendosi le due vocazioni potevano

trovare quel valore economico che l'insegnamento della matematica aveva perduto. Egli

stava scoprendo la professione degna della sua missione: sarà professore di filosofia

positiva.37

Il problema adesso consisteva nel trovare dei sottoscrittori; il programma che si era

prefissato era ambizioso: settantadue lezioni da tenersi fra il 1° marzo 1826 e il 1°

marzo 1827, nel corso delle quali prevedeva di fare una specie di bilancio del sapere

positivo. L'insieme delle scienze, per la prima volta, sarebbe stato esposto in un unico

quadro nel quale sarebbero state presentate le varie connessioni: dalla matematica

fino alla politica. Per ognuna di esse sarebbero state evidenziate caratteristiche e

differenze; lo spirito positivo avrebbe potuto così essere colto «nell'unità del suo

principio e nella diversità dei suoi metodi».38 Tuttavia, il tempo che si era lasciato a

disposizione per preparare le prime lezioni era molto ristretto, poche settimane.

Inoltre aveva invitato a presenziare a queste conferenze molti autorevoli uomini di

36 Considerazioni sul potere spirituale, in op. cit., pp. 233-28537 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p.144-14538 ibidem

scienza e di cultura. In quei giorni si sottopose ad un estenuante sforzo intellettuale:

«un lavoro continuo di quasi ventiquattro ore al giorno - scriveva pochi giorni prima

dell'inizio del corso all'Accademico Blainville - in cui il cervello non ha mai smesso

di essere al più alto grado di eccitazione normale, salvo qualche intervallo di sonno

estremamente corto»39.

L'inizio del corso venne posticipato di qualche settimana, nella speranza di trovare

qualche sottoscrittore in più, ma i risultati furono modesti ed il 4 aprile egli tenne la

prima conferenza nel suo appartamento al n.13 di rue du Fabourg-Montmartre.

L'uditorio, anche se ristretto, era composto da autorevoli studiosi e filosofi fra i quali

meritano di essere citati: l'illustre naturalista Alexandre de Humboldt, gli Accademici

delle scienze Blainville e Poinsot, quest'ultimo insegnante di Comte ai tempi

dell'École polytechnique, l'economista Dunoyer, Hyppolite Carnot, figlio del grande

Lazare, «l'organisateur de la victoire» , e fratello del rinomato scienziato Sadi;

presenziavano anche diversi ex-allievi dell'École. L'abate De Lamennais si era

scusato di non poter intervenire a causa di particolari problemi personali.

Comte prese la parola emozionatissimo, ma, superato il primo momento, portò avanti

la lezione con grande sicurezza, indicando gli obiettivi del corso e definendo lo

spirito del positivismo. Nelle due lezioni successive vennero affrontati: la gerarchia

delle scienze, il significato filosofico del suo piano di esposizione ed un primo

approccio con la matematica.

VI

La crisi cerebrale

Vous savez la cause, vous sentez l'effet. Point d'inquétude jusq'à mercredì 3 heures. Silence!

Lettre à Adolphe d'Eichtahal, 15 Avril 1826

39 Lettera a Blainville del 27 febbraio 1926, Correspondence générale et confessions, cit.

Il giorno 12 aprile doveva tenersi la quarta lezione, i frequentatori si presentarono

regolarmente alla solita ora, ma l'appartamento era deserto, le imposte erano chiuse e

venne loro detto che Comte era malato.

Infatti egli era stato colto da una grave crisi cerebrale ed alcuni giorni dopo venne

ricoverato, con il discreto intervento di un gendarme, nella clinica per malattie

mentali del famoso dott. Esquirol, che lo sottopose a trattamenti di docce fredde e

salassi; l'agitazione del paziente era tale che nessuna cura sembrava aver effetto.

Anni dopo ricordando l'episodio Comte lo attribuirà a due cause: l'eccessivo logorio

dovuto alla preparazione del Corso e la cattiva condotta di sua moglie, accusata di

tradirlo. Dopo un'esperienza di dieci mesi egli aveva constatato, come scriveva in una

disperata lettera all'amico Valat, che il suo matrimonio era stato un grave errore, che

gli aveva riservato una vita senza gioie ed una unione senza comunione e che non

avrebbe augurato una simile esperienza neppure al suo peggior nemico40. Ma il

risentimento era causato anche da motivi che non potevano essere confessati

all'amico e che egli confiderà solo nell'Addizione segreta al suo testamento, resa

pubblica solo dopo la sua morte: «durante i primi anni della nostra unione, questa

donna, abituata ad una disinvoltura facilmente ottenuta, si mostrava senza scrupoli,

disposta a riprendere il suo vecchio mestiere, ogni volta che ci trovavamo in difficoltà

finanziarie». Egli dimenticava di aggiungere, poco generosamente, che tale

disinvoltura era dettata anche da necessità, in quanto le difficoltà economiche non

erano una cosa passeggera, ma uno stato cronico.

Il ricovero si protrasse per diversi mesi e il 2 dicembre 1826 quando la moglie e la

madre, che aveva lasciato Montpellier per seguire da vicino la malattia del figlio,

decisero di portarlo a casa, nonostante il parere contrario del dott. Esquirol, egli

venne dimesso dalla casa di cura, col l'annotazione sul foglio di uscita: N.G. (non

guéri=non guarito).

Quello stesso giorno, appena dimesso, venne condotto, senza alcun preavviso, in una

chiesa per contrarre matrimonio religioso; il tutto voluto non da Caroline, ma dalla

madre Rosalie, per la quale il solo matrimonio valido era quello davanti a Dio. La

40 Lettera a Valat del 16 novembre 1826, Correspondence générale et confessions,

cerimonia assunse tuttavia una forma lugubre e grottesca; alla vista del prete Comte,

in forte stato di eccitazione, cominciò a esprimere sentimenti anti-teologici, mentre

Caroline, si prestò a questo rito, del quale le sfuggiva il significato, senza la minima

fede, solo per ingraziarsi la suocera. Il rito comunque venne portato a termine, l'atto

di matrimonio venne redatto e lo sposo lo firmò con il nome Bruto Bonaparte Comte.

Dopo il ritorno a casa egli cominciò a dare segni di miglioramento, ma ogni tanto le

crisi tornavano ad esplodere, anche se con minor violenza e meno frequentemente, e

dopo alcune settimane di affettuose cure, visti i segni di miglioramento, la madre

decise di tornare a Montpellier.

Nei mesi successivi Comte cadde in preda ad una crisi di malinconia e di sconforto,

le sue giornate trascorrevano in uno «stato quasi vegetativo», la fine della crisi lo

portava a constatare di trovarsi in una situazione di inerzia intellettuale; si rendeva

conto di non essere più quello di prima e temeva di non poterlo più essere. Nei primi

giorni di aprile, ad un anno di distanza dall'inizio della crisi, mentre passeggiava sul

Pont des Arts decise di mettere fine ad ogni sofferenza buttandosi nella Senna. Il

tempestivo e fortunato intervento di una guardia reale, che si trovava per caso sulla

riva del fiume, impedì che la tragedia si compisse.

Mentre negli anni successivi Comte parlerà spesso, senza nessuna reticenza, del suo

ricovero nella clinica del dott. Esquirol, eviterà invece accuratamente di far cenno a

questo episodio, di cui si vergognava come di una imperdonabile debolezza. L'unica

eccezione fu per Clotilde de Vaux, che fece partecipe di quel suo triste segreto.

Alcune settimane dopo questo incidente tenuto il più possibile nascosto ad amici e

conoscenti, i suoi familiari pensarono di allontanarlo per un certo periodo da Parigi.

Così dopo circa dieci anni, fece ritorno a Montpellier, dove trascorse alcuni mesi di

riposo che giovarono molto al suo ristabilimento.

In autunno rientrò a Parigi e gradualmente riprese i suoi lavori ed i suoi studi ed

anche le collaborazioni, saltuarie, con alcuni giornali.

Nell'agosto del 1828, quasi a voler sottolineare la sua guarigione, pubblicava sul

Journal de Paris il saggio Examen du Traité de Broussais sur l'Irritation et la Folie 41

41 Esame del trattato di Broussais sull'Irritazione, in Opuscoli di filosofia sociale, op. cit, pp. 287-302

nel quale illustrava l'importanza del lavoro svolto dal noto fisiopatologo42 per

«mettere in piena evidenza la vuotaggine e la nullità della psicologia». Argomento

questo della psicologia sul quale egli ritornerà nel Cours de philsophie positive nel

quale non riconoscerà a quest'ultima lo statuto di scienza43.

VII

Gli anni del Cours de philosophie positive

Science, d'où prévoyance; prévoyance d'où actionCourse de philosophie positive, 2e leçon

Nel gennaio dell'anno successivo, Comte riprese, finalmente, le lezioni del suo Cours

de philosophie positive. L'uditorio anche questa volta era di livello elevato, e alcune

defezioni importanti come quella di de Humboldt o di Carnot, erano compensate da

nuove autorevoli presenze: Fourier, lo stesso Broussais, Navier, altro autorevole

membro dell'Accademia delle Scienze, ed ancora, fra gli altri, quel dott. Esquirol del

quale era stato paziente, più interessato, forse, a vedere se egli era veramente guarito,

che non a conoscere i segreti del positivismo.

Questa volta il corso si sviluppò senza incidenti fino alla naturale interruzione per le

vacanze estive. La soddisfazione per il risultato gratificante e per i lusinghieri

commenti ottenuti era tuttavia rattristata dal persistere delle difficoltà economiche;

con il cessare degli introiti già modesti del corso Comte si vide costretto ancora una

volta a ricorrere alla generosità paterna, ma ormai anche questa risorsa stava

esaurendosi, la richiesta venne soddisfatta solo in parte, infatti anche a Montpellier le

cose andavano peggiorando in quanto il padre stava perdendo la vista e rischiava di

essere messo a riposo.

Queste meschine preoccupazioni trovarono un conforto morale nella crescente

42 François Joseph Victor Broussais (1772-1838), medico francese, noto per essere fautore dell'uso delle sanguisughe in medicina. Secondo la sua teoria la natura non avrebbe nessun potere riparatore e il digiuno e l'applicazione delle sanguisughe curerebbero tutte le malattie.

43 sulla reale funzione della psicologia nel pensiero positivo di Comte e di altri positivisti vds. G. De Boni, La rivoluzione conservatrice, D'Anna, Messina-Firenze, 1996, p.38 ss.

popolarità che il Corso aveva riscosso. Le lezioni future non sarebbero più state

tenute presso la sua abitazione, bensì in una sala aperta al pubblico dell'Athénée-

Royal. Il 9 dicembre 1829 si tenne la lezione d'apertura, il cui testo venne pubblicato

alcuni giorni dopo dalla Revue Encyclopédique con una dedica dell'autore che offriva

l'intera opera a Fourier ed a Blainville. Le lezioni successive vennero diffuse in

fascicoli e ormai «il positivismo aveva cessato di essere una filosofia da cenacolo»44.

Nel luglio dell'anno successivo il primo tomo del Cours de philosophie positive con

le prime diciotto lezioni relative a les préliminaires généraux et la philosophie

mathématique venne pubblicato a Parigi, proprio durante i giorni della rivoluzione

che doveva portare sul trono Luigi Filippo d'Orleans come re dei Francesi.

Comte inizialmente aderì con entusiasmo alle manifestazioni popolari convinto che il

risultato naturale della rivolta dovesse essere la Repubblica, ma quando il 31 luglio il

duca d'Orleans venne posto sul trono da Lafayette, egli si fece da parte. Non

condivideva l'idea di far cadere un re, per metterne un'altro sul trono. Egli pensava

che la monarchia, anche se costituzionale, come quella inglese, non poteva essere

considerata una cosa positiva, si trattava di una istituzione vuota di ogni sostanza

spirituale, i re se ne dovevano andare così come il Dio di cui erano stati l'immagine.

L'avvento della Repubblica avrebbe dovuto essere l'obiettivo del pensiero positivista;

la monarchia ormai era agonizzante a causa del progressivo indebolimento delle

verità teologiche e la Repubblica, figlia della scienza e della politica positiva, avrebbe

potuto trionfare allorché le certezze positive fossero divenute la fede di quei proletari

che ora acclamavano la nuova monarchia. Pertanto era necessario non tanto

combattere le vecchie opinioni e credenze, quanto metter gli uomini di fronte alle

vere leggi del mondo, insegnando loro la geometria, la meccanica o la fisica. Se non

era ancora possibile organizzare una educazione completa e metodica del popolo,

sarebbe stato sufficiente che gli artigiani e gli operai prendessero confidenza con le

scienze per perdere ogni interesse per la teologia e la metafisica. Il momento che

«essi prendano l'abitudine di vedere negli scienziati i loro padri spirituali» era giunto.

Queste convinzioni erano alla base della proposta fatta da Comte alla Association

44 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p.165

Polytechnique di aprire un corso pubblico gratuito di "astronomia popolare", che

sarebbe stato inaugurato poco dopo in una sala della "mairie des Petits-Pères"; le

lezioni sarebbero state tenute dallo stesso Comte. Un'importante iniziativa destinata

ad avvicinare il proletariato al positivismo e che si protrarrà per diciotto anni. Se fino

ad allora la platea dei suoi corsi era stata in prevalenza composta da scienziati, da

quel momento in poi egli si occuperà con grande impegno dell'insegnamento

popolare. Per oltre vent'anni infatti, egli dedicò il pomeriggio della domenica, a

rendere tanti lavoratori partecipi, a volte anche per quattro o cinque ore di seguito, dei

misteri della scienza e del positivismo.

Nel 1844 l'esperienza educativa venne concretizzata con la pubblicazione del Traité

philosophique d'astronomie populaire, che raccoglieva i principali argomenti che

negli anni erano stati trattati nell'ambito del corso. Come preambolo all'opera venne

posto il Discours sur l'esprit positif45, che diverrà una delle sue opere più note e

diffuse.

Per affermare la sua avversione al nuovo regime Comte chiamato, nei mesi seguenti,

a far parte dalla guardia nazionale, si rifiutò di indossarne l'uniforme. Per questo

atteggiamento venne processato, e chiamato a discolparsi egli dichiarò:

la legge prevede che compito della guardia nazionale sia quello di difendere il governo

che la Francia ha deciso di darsi. Se si fosse trattato solo di mantenere l'ordine non avrei

rifiutato di sottostare a quanto previsto dalla legge; ma mi rifiuto di prendere parte a

delle lotte puramente politiche. Io non attaccherò mai il governo con le armi. Ma

essendo repubblicano nel cuore e nello spirito, io non posso giurare di difendere,

mettendo in pericolo la mia vita e quella di altri, un governo che combatterei se fossi un

uomo d'azione.46

La corte gli inflisse tre giorni di carcere per il rifiuto, riservandosi di far presente

quanto da lui affermato alla corte reale. Quando entrò in prigione Comte era convinto

che la sua pena sarebbe stata aumentata per le sue dichiarazioni antiorleaniste e si era

preparato, con la determinazione del perseguitato politico, ad una lunga detenzione.

45 Discorso sullo spirito positivo, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, pp.303-408 46 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit. p. 168

Quando dopo tre giorni venne liberato la cosa rappresentò per lui una delusione, lo

avevano privato della possibilità di atteggiarsi a martire della tirannia del monarca.

Nei mesi successivi riprese le lezioni del Corso, ma soprattutto cominciò a cercare di

ottenere quei riconoscimenti accademici che era convinto di meritare, iniziando una

battaglia che si protrarrà senza risultati per molti anni. L'unico modesto risultato

conseguito, grazie a quell'Accademico Navier che nel 1829 aveva presenziato alla

ripresa delle sue lezioni, fu quello di ottenere, a partire dal 1832, un posto di

ripetitore di analisi e di meccanica all'École polytechnique, e alcuni anni dopo anche

quello di esaminatore esterno della stessa scuola. Questi incarichi uniti a una saltuaria

attività di lezioni private, gli consentivano di vivere con meno angustie, anche se

complessivamente il livello di vita era molto modesto. Il tutto però aveva comportato

una serie di delusioni che rischiarono di portarlo nuovamente sull'orlo di una crisi.

Ogni sua domanda veniva ignorata o respinta, ogni cattedra che si liberava, e che egli

riteneva di meritare, veniva assegnata ad altri, quelli che egli riteneva meriti

accademici, non erano considerati tali dai vertici delle istituzioni scientifiche ed

accademiche.

Inoltre le traversie coniugali continuavano a tormentarlo. Le separazioni erano

frequenti mentre egli continuava a dedicare tutta la sua attenzione alla redazione degli

ulteriori volumi del Cours.

Il metodo di lavoro di Comte era molto impegnativo, la redazione dell'opera lo

coinvolgeva pressoché interamente e lo estraniava dal mondo esterno:

ogni suo libro viene inizialmente costruito per intero nella sua mente: un'ardente

riflessione fissa le idee, mette in ordine i ragionamenti, e li registra alinea per alinea.

Una sola redazione, nessuna bozza, poche correzioni, una sola prova. Le trecento pagine

sull'astronomia vennero scritte in cinque settimane. Questa alternanza di concentrazione

e di rilassatezza che segna il ritmo del suo sforzo ha due conseguenze: da una parte egli

mantiene la sua mente in uno stato di tensione elevata, ossia di estrema irritabilità;

dall'altra, le sue meditazioni esigono dal suo pensiero un tale ripiegamento sul suo

mondo interiore che esso rischia di non uscirne più.47

47 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, cit., p. 68-69

Questo fu uno dei motivi per cui a partire da 1838, «per igiene cerebrale» egli decise

di «astenersi da qualsiasi tipo di lettura che non sia quella delle opere dei grandi poeti

occidentali» come egli stesso spiegò, anni dopo, in una lettera a un discepolo

italiano48.

VIII

La diffusione graduale del positivismo.

Depuis une dizaine d'années, le positivismea pénétré avec succès les Occidentaux du Nord

[...], mais je n'avais encore aucune connaisancede son heureuse entrée en Italie

Lettre à Benedetto Profumo, 26 Décembre 1849

Con la fine dell'impegno estenuante della redazione del Cours de philosophie

positive, opera inizialmente prevista in tre volumi, che in corso d'opera erano

diventati sei, e con la definitiva separazione dalla moglie, avvenuta nello stesso

periodo, la vita di Comte ebbe una svolta importante. Una nuova epoca si schiudeva

davanti a lui. Era giunto il momento di rimettere mano a quel sistema di politica

positiva annunciato vent'anni prima con "l'opuscule fondamental"49.

Inoltre la diffusione, sia pure in ristretti ambiti, del suo importante lavoro sulla

filosofia positiva aveva raccolto attorno a lui un piccolo gruppo di discepoli. I sei

volumi del Cours non avevano ottenuto nessuna recensione sulla stampa francese e

tale silenzio durò per anni, fintantoché non intervenne quello che sarebbe stato il suo

più noto ed anche più critico discepolo: Emile Littré.

Littré stesso così racconta:

È stato nel 1840 che ho conosciuto Comte. Un comune amico mi prestò il suo sistema di

48 Lettera a Benedetto Profumo , 26 dicembre 1849, Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, au siège de la Société positiviste, Paris. 1904, p.184

49 Si tratta del Plan des travaux ..., vds. nota 20; l'aggettivo fondamental viene usato da Comte non nel significato di essenziale, ma in quello etimologico, per indicare che questa opera sta alla base di tutto il suo sistema politico filosofico.

filosofia positiva; Comte, avendo saputo che stavo leggendo il suo libro, me ne inviò un

esemplare. Fu così che cominciò il nostro rapporto. Comte non si era sbagliato nel farmi

quell'avance. Il suo libro mi aveva soggiogato.50

Il libro in argomento era il IV volume del Cours, quello che esponeva i fondamenti

della sociologia. Littré scriveva dopo più di vent'anni e utilizzò il termine sistema

anziché corso, attenendosi alla volontà di Comte51. Dopo la pubblicazione degli ultimi

due volumi dell'opera egli divenne discepolo militante. Nel 1844 con la

pubblicazione di sei articoli sulla filosofia positiva, sul quotidiano Le National, egli

iniziò anche l'opera di divulgazione del pensiero comtiano.

Littré, celebre erudito, traduttore di Ippocrate, era ben conosciuto nell'ambiente

intellettuale parigino, e questa sua netta presa di posizione a favore del positivismo

ebbe un notevole ruolo nella sua diffusione, cosa che lo stesso Comte non trascurò

mai di sottolineare52.

Se la filosofia positiva dovette aspettare diversi anni prima di avere una certa

diffusione negli ambienti culturali parigini, non fu così per il termine "positivismo".

Questa parola infatti, usata con significati diversi da quello attribuitogli da chi l'aveva

coniata e con intenti denigratori o comunque negativi, si diffuse con una certa

rapidità.

Nel 1837, dopo che erano stati pubblicati solo i primi due tomi del Cours, dove per la

prima volta si faceva uso del termine, venne pubblicato un romanzo di Honoré de

Balzac, Illusions perdues, un'opera di notevole successo ed ancora oggi considerata

una delle sue più importanti. In quest'opera il termine compare, in corsivo, per la

prima volta al di fuori del contesto filosofico, per indicare un prevalente orientamento

a favore del rigore della scienza rispetto alle più ampie possibilità di espressione

offerte dalla sensibilità estetica. Il protagonista Lucien de Rubempré, a proposito

della propria opera letteraria, dice infatti:

50 E. Littré, Auguste Comte et la philosophie positive, Hachette, Parigi, 1863, Préface, p. I51 vds. Discorso preliminare sull'insieme del positivismo, in Opuscoli di filosofia sociale, cit., p.411, nota 1, dove

viene indicato perché si deve usare anche per quest'opera il termine Sistema e non Corso; vds. anche Système de politique positive, cit., Préface, t. I, p.1

52 per avere una visione più completa dei rapporti, non solo intellettuali, fra i due personaggi vds. G. De Boni, op. cit., p.11 ss. ed anche G. De Boni, Politica positivista e governo repubblicano, in AA. VV. Il popolo e le élites, Mimesis, Milano, 1997, p. 49 ss.

Il sonetto signore è una delle composizioni poetiche più difficili. Questa breve poesia è

stata in genere abbandonata. Nessuno in Francia ha potuto rivaleggiare con Petrarca la

cui lingua, infinitamente più agile della nostra, ammette giochi di pensiero respinti dal

nostro positivismo (perdonatemi la parola). 53

L'uso che qui ne viene fatto ha però un significato peggiorativo - il giovane poeta

infatti si scusa per l'uso del termine - e rappresenta una specie di pregiudizio

intellettuale generale abbastanza diffuso all'epoca.

Nonostante nei primi anni, come già visto, il pensiero comtiano fosse pressoché

ignorato in Francia, cominciò invece ad ottenere una certa attenzione ed a diffondersi

anche oltre Manica. Nel 1838 sulle pagine della Edinburgh Review comparve un

saggio di Sir David Brewster, eminente fisico, che illustrava i princìpi della filosofia

positiva esposti da Comte nei primi volumi del Cours. Il filosofo britannico John

Stuart Mill divenne subito un ammiratore di questa filosofia e del suo ideatore e

parlando dell'opera di Comte nel suo Sistem of logic (1843) la definì «tra i doni più

preziosi di cui la filosofia è debitrice a questo eminente pensatore»54.

I due iniziarono una fitta corrispondenza che durò per anni. 55 Mill divenne uno stretto

confidente del filosofo, che oltre a metterlo al corrente dei suoi lavori scientifici, lo

informava anche dei suoi problemi personali, delle tribolazioni coniugali, delle

difficoltà economiche e delle delusioni nelle sue aspirazioni accademiche.

Quando dopo i suoi ripetuti attacchi rivolti, anche sulla stampa, ai vertici delle

istituzioni scientifiche, a Comte non venne confemato prima l'incarico di ripetitore

all'École polytechnique e alcuni anni dopo anche quello di esaminatore esterno, fu

proprio Mill che, per primo, promosse una sottoscrizione fra gli estimatori britannici,

affinché egli venisse provvisto di un sussidio in denaro, che gli consentisse di

proseguire i suoi studi senza troppe preoccupazioni economiche.

53 H. de Balzac, Illusioni perdute, tr. it. di Argia Micchettoni, Garzanti, Milano, 1966, vol. I, p.24154 J. S. Mill, Trattato di logica deduttiva e induttiva, (trad. Mario Trinchero), UTET, Torino, 1988, vol. II, p. 82755 contenuta in Lettres inédites de John Stuart Mill à Auguste Comte publiées avec les résponses de Comte , a cura di

L. Levy-Bruhl, Alcan, Parigi, 1899. Disponibile anche in lingua inglese in The correspondance of John Stuart Mill and Auguste Comte, tradotta dal francese e curata da Oscar A. Haac; introduzione di Angele Kremer-Marietti, New Brunswick, (U.S.A.).

IX

L'anno senza pari.

Il est encore meilleur d'aimer que d'être aimé Système de politique positive, I, 221

Nell'ottobre del 1844 la vita di Comte ebbe una svolta imprevista e sconvolgente,

dovuta ad un incontro fortuito con una giovane donna. Costei era la sorella di un

matematico, già allievo dell'École polytechnique, Maximilen Marie, che aveva

conservato nei confronti del suo ripetitore di matematica di allora, sentimenti di

rispetto e di stima.

Nel 1842 costui aveva scritto un'opera scientifica, nella cui prefazione vi era un

violento attacco contro gli Accademici delle scienze, e prima di pubblicarla l'aveva

sottoposta, per un giudizio, al suo vecchio stimato insegnante, che, notoriamente, era

in continuo alterco con quell'istituzione che amava chiamare «pedantocratica».

Comte, pur condividendo le critiche e provando simpatia per quel giovane

coraggioso, gli consigliò prudenza e gli suggerì di pubblicare il lavoro senza quella

prefazione, che avrebbe potuto procurargli dei futuri dispiaceri. Una saggezza che

egli stesso si guardava bene dall'osservare.

Da quel momento egli divenne intimo del giovane e della sua famiglia, cominciò a

frequentarne il salotto e fu in occasione di una di quelle visite che, per la prima volta,

incontrò Clotilde Marie coniugata de Vaux.

Era costei una piacente signora vicina alla trentina, essendo nata nel 1815, sposata da

circa dieci con un certo Amédée de Vaux, giovane di buona famiglia, ma di scarse

fortune, al quale con il matrimonio ella aveva portato in dote l'incarico paterno di

esattore governativo nella regione dell'Oise. Il padre di lei, di modesta origine,

semplice soldato al tempo della rivoluzione, aveva fatto carriera ed era stato

congedato con il grado di capitano, ottenendo il mandato di esattore come

riconoscimento del servizio prestato, ma, per riuscire a maritare la figlia con il

rampollo di una famiglia rispettabile, aveva rinunciato alla rendita a favore del

genero.

Quattro anni dopo il matrimonio, il marito da sempre dedito al gioco, ebbe

l'imprudenza di giocarsi anche i soldi della cassa dell'esattoria ed avendo perso tutto,

dopo aver dato fuoco alla documentazione contabile, fuggì all'estero, abbandonando

la moglie a se stessa.

Così a soli venticinque anni Clotilde si trovò senza marito e senza mezzi di

sostentamento, costretta a rientrare in famiglia. La legislazione dell'epoca non

prevedeva il divorzio, nemmeno per casi così drammatici e la sola possibilità di

rifarsi una vita sarebbe stata quella di legarsi ad un altro uomo fuori del matrimonio,

cosa che le sue convinzioni morali e la sua educazione non le consentivano; ricercare

la felicità al prezzo del pubblico scandalo era inconcepibile. La sua unica speranza

era riposta in una modifica della legge a favore di casi particolari come il suo e tale

speranza di cambiamento non veniva attesa passivamente. Divenne pertanto una

specie di militante della causa, pubblicando sul noto quotidiano Le National, una

novella in due puntate, assai ben scritta, la cui eroina, Lucie, viveva un dramma

analogo al suo. Impossibilitata di unirsi legalmente all'uomo che amava costei finiva

per morire di malinconia, dopo aver pronunciato la romantica frase: «È indegno dei

grandi cuori il diffondere la sofferenza che provano».56

Clotilde, trovandosi di fronte al maturo filosofo, ormai quaranta-settenne, di cui

aveva tanto sentito parlare dal fratello, rimase sorpresa dalla sua semplicità, dal fatto

che non la mettesse in soggezione, ma anche dal suo aspetto poco piacente, aggravato

in quei giorni da una fastidiosa malattia cutanea.

Dopo che egli se ne fu andato, rivolgendosi alla cognata, disse con tono di scherno:

«Come è brutto! Come è brutto! Ha anche un occhio che gli lacrima!».

Comte invece restò affascinato dalla giovane signora, e nell'inverno successivo pensò

spesso a lei, ma non ebbe più occasione di rincontrarla. In primavera, ormai convito

di essersi innamorato, decise di fare il primo passo e le mandò una copia in francese

di Tom Jones accompagnata da un biglietto. Lei rispose ringraziando e, forse più per

cortesia che per altro, auspicando di: «poter ancora qualche volta accogliere nel mio

cuore e nella mia mente i vostri insegnamenti nobili e belli». Non solo, ma alcuni

56 il racconto venne inserito da Comte nel I tomo del Système de politique positive, nel Complement de la dédicace.

giorni più tardi accompagnò il fratello, che si recava in visita al maestro nella sua

abitazione, essendo ben lungi da lei l'idea di prendere delle precauzioni nei confronti

del maturo amico del fratello dal quale la separavano ben quindici anni di età.

Il giorno dopo il filosofo, interpretando invece questi fatti come un incoraggiamento,

le scrisse un biglietto, chiedendo di poter andare a farle visita a casa sua. L'incontro

avverrà quel fatidico 15 maggio 1845, data d'inizio dell'anno senza pari e che resterà

nella storia del positivismo. Anni dopo infatti, lo stesso Comte affermerà, in un

discorso tenuto sulla tomba dell'amata, in occasione della commemorazione del terzo

anniversario della morte:

Il positivismo religioso comincia proprio a partire da quella nostra prima preziosa

conversazione di venerdì 15 maggio 1845, quando il mio cuore, inopinatamente,

proclamò, davanti alla tua famiglia meravigliata, la frase caratteristica non si può

sempre pensare, ma si può sempre amare, che completata diverrà un motto caratteristico

della nostra composizione...57.

Comte si riferiva al Discours preliminaire sur l'ensemble du positivisme, pubblicato

da pochi mesi e che si apriva con la dedica: «Si cessa di pensare ed anche di agire;

non si cessa di amare»58.

Il giorno dopo questo primo incontro Comte ricevette un biglietto di Clotilde: «Voi

possedete un cuore fatto per comprendere quello di una donna....», la cosa lo esaltò, si

sentiva di nuovo felice ed innamorato e decise di rendere partecipe di questo suo

sentimento la giovane donna.

Egli tuttavia non aveva dimenticato la sua missione di filosofo e nel rendere partecipe

del suo amore la giovane donna le confessa che l'amore aveva anche un valore

«sistematico» in quanto egli stava proprio allora cominciando ad elaborare il suo

nuovo trattato sulla «politica positiva». Paragonando questo momento con quello in

cui aveva iniziato, anni addietro, l'elaborazione del Cours de philosophie positive la

situazione era completamente ribaltata. Allora egli era affetto da una crisi nervosa

57 Testament, Parigi, 1896, p. 14758 in Opuscoli di filosofia sociale, cit., p. 410

dovuta all'indegno comportamento di una donna e questo aveva provocato anche

delle manchevolezze intellettuali che si erano ripercosse sul suo lavoro. Ben diversa

era l'attuale situazione in cui la crisi nervosa della quale egli era preda, essendo

causata dal nobile sentimento dell'amore, non avrebbe potuto che elevare la sua

mente alla più alta perfezione e l'avrebbe portata alla creazione di un ordine umano

basato sui grandi pensieri provenienti dal cuore. Da questo momento: «anche se le

convenienze non rendono possibile una esplicita dedica pubblica, il Système de

politique positive ha per madrina colei che ha riacceso la fiamma dell'amore nel cuore

del filosofo»59.

Clotilde tuttavia era restia ad oltrepassare i limiti dell'amicizia ed era preoccupata per

le conseguenze di una eventuale relazione:

Signore io ho già troppo sofferto, devo essere sincera, e se non ho subito risposto alla

vostra lettera di sabato, è perché mi ha causato dei sentimenti dolorosi che non avrei

saputo celarvi [...]. Ormai da un anno io mi chiedo ogni sera se domani avrò la forza di

continuare a vivere [...] Non è con tali pensieri che si possono fare dei colpi di testa [...]

Risparmiatemi delle emozioni come io desidero evitarle a voi: anch'io le provo con lo

stesso vostro ardore [...]60

Comte si rese conto che Clotilde era più infelice di quanto lui pensasse, e il suo

rifiuto anche se lo addolorava doveva essere rispettato, la volontà di Clotilde era

sacra. Tuttavia la passione anche fisica lo divorava ed egli la combatteva con grande

volontà, ma con il passare del tempo la passione non si placava e lui tornò alla carica

spingendosi fino alla richiesta della «gage irrévocable»61, ma la giovane donna,

superata l'iniziale tentazione di cedere, rispose di non essere disponibile che a ciò che

non oltrepassasse i limiti dell'affetto.

Da quel momento l'amore fisico si trasformò in adorazione spirituale, la femmina che

tanto l'aveva tentato si tramutò in angelo. Di lì a poco comparvero in lei anche i primi

sintomi della grave malattia che in pochi mesi l'avrebbe portata alla morte e questo

59 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 21760 Lettera di Clotilde a Comte del 21 maggio 184561 Lettera di Comte a Clotilde dell'8 settembre 1845

dramma venne vissuto da Comte con profonda partecipazione emotiva e nella fitta

corrispondenza che caratterizzò quel periodo egli spesso firmava le sue lettere come

«vostro devoto sposo», un matrimonio spirituale al quale il filosofo restò vincolato

per il resto della sua vita.

Questo legame così intenso e profondo ebbe una notevole influenza sullo sviluppo

del positivismo.

Secondo Gouhier «anche senza Clotilde il positivismo sarebbe finito in religione, ma

senza Clotilde avrebbe potuto essere tutt'altra cosa: Comte si proponeva di predicare

l'amore per l'Umanità, ma non sapeva che cosa fosse l'amore»62.

Per il fedele discepolo Pierre Lafitte, che aveva goduto delle confidenze del filosofo,

questo legame rappresentò per Comte: «l'amorevole impulso affettivo senza il quale

la sua opera, senza dubbio meravigliosamente preparata, non avrebbe potuto essere

realizzata, né così rapidamente, né così pienamente»63.

Quando dopo il 1884, ben 27 anni dopo la morte di Comte, per sua espressa volontà

gli esecutori testamentari provvidero a pubblicare la voluminosa corrispondenza fra i

due64, la figura di Clotilde divenne sempre più popolare fra i positivisti, anche fuori

dalla Francia, soprattutto nei paesi latino-americani, ed ispirò molti artisti e scrittori

positivisti francesi e stranieri. Nel 1890 il francese Henri Aimel pubblicò sulla

Nouvelle Revue, un saggio nel quale paragonava la devozione dei positivisti per la

figura di Clotilde a quella dei cattolici nei confronti della Madonna, mentre l'intensa

passione di Comte gli ricordava quella di amori famosi come quello di Abelardo per

Eloisa, quello di Petrarca per Laura o quello di Dante per Beatrice. Lo stesso Comte,

appassionato lettore delle opere dell'Alighieri, confessava, del resto, di ispirarsi a

quest'ultima passione ed infatti teneva nella propria abitazione una litografia di

Beatrice65, inoltre, a partire dal 1 gennaio 1848, per il resto della vita, ogni sera lesse

62 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, cit., p.7463 citato in B. Carneiro, Introduzione a Correspondance générale et confessions, vol. III, (apr.1845-apr.1846),

Archives Positivistes, Mouton, Paris-La Haye, 197764 composta di 86 lettere di Clotilde dal 1 maggio 1845 all'8 marzo 1846 e di 96 lettere di Comte dal 30 aprile 1845 al

20 marzo 1846, pubblicate in Testament d'Auguste Comte avec les documents qui s'y rapportent, pièces justificatives, prières quotidiannes, confessions annelles, correspondance avec Mme de Vaux , Paris, rue Monsier-le-Prince n.10, 1884 e ripubblicate nel vol. III della Correspondance générale et confessions, cit.

65 Tale litografia si trova ancor'oggi nel salone dell'abitazione museo del filosofo in Rue Monsieur-le-Prince n.10. Sul retro della stessa compare, scritta di pugno da Comte, la frase in italiano Beati gli occhi che la vider viva e la data 23 Descartes 66 (30 ottobre 1855).

un canto della Divina Commedia in ricordo dell'amata.

Verso la fine del XIX secolo un fervente positivista brasiliano Raymundo Teixeria

Mendes, noto anche per aver disegnato la bandiera brasiliana, venne a Parigi e, dopo

aver approfondito e studiato nei minimi dettagli questa passione amorosa, aprì una

sottoscrizione internazionale con lo scopo di acquistare la casa di Rue Payenne dove

era morta Clotilde per farne una "cappella dell'Umanità"66. Rientrato in Brasile

pubblicò nel 1914 a Rio de Janeiro Clotilde de Vaux et Auguste Comte un opera in tre

volumi considerata la più completa sull'argomento.

X

La religione dell'Umanità

D'abord spontanée, puis inspirée, et ensuite revelée, la religion devient enfin demontrée

Système de politique positive, II, 7

Il decesso dell'amata era avvenuto il 5 aprile 1846, Domenica delle Palme e il

Venerdì-Santo successivo Comte iniziò a praticare le preghiere quotidiane del suo

culto interiore. Egli era ancora profondamente scosso dal lutto e non trovava la

necessaria concentrazione per scrivere. Ci vollero circa sei mesi per superare la crisi,

per riacquistare il sonno e la tranquillità necessari per riprendere regolarmente la sua

attività di studio.

Nel gennaio 1847, avendo deciso di rinnovare gli argomenti oggetto dei suoi corsi di

educazione popolare, inaugurò un nuovo "corso di filosofia sulla storia generale

dell'Umanità". I proletari che partecipavano numerosi alle sue lezioni furono i primi

ad udirlo parlare di "religione", riferendosi alla sua teoria filosofica. Come ormai

consuetudine, i testi di quelle lezioni vennero raccolti l'anno successivo in una nuova

opera il Discours sur l'ensemble du positivisme67. L'elaborazione definitiva di questo

importante manifesto verrà riproposta come argomento d'apertura nel I tomo del

66 La cappella esiste ancora oggi e può essere visitata su appuntamento. La prima cappella del genere tuttavia era stata realizzata in Brasile già alcuni anni prima (gennaio 1897).

67 Discorso sull'insieme del positivismo, in Opuscoli di filosofia sociale, cit., pp. 409-787

Système de politique positive che verrà dato alle stampe tre anni dopo (1851).

Questo Discours vide la luce proprio nei momenti più agitati della vita politica

francese, e Comte ne fece pervenire copia con dedica ai più noti capi socialisti:

Barbés, Louis Blanc, Proudhon ed altri ancora. L'opera avrà anche una discreta

diffusione fra molti giovani repubblicani, alcuni dei quali saranno chiamati in

avvenire a ricoprire anche importanti cariche istituzionali.

Il 24 febbraio 1848 Luigi Filippo aveva abdicato ed era stata proclamata la

Repubblica. Comte da sempre fervente repubblicano accolse l'evento con entusiasmo,

e subito si pose il problema del ruolo che il positivismo avrebbe giocato in quei

momenti così importanti per la vita del paese. Era necessaria una presenza politica e

pertanto egli concepì l'idea di fondare un'associazione, subito pubblicizzata come

Ordre et Progrès: association libre pour l'instruction positive du peuple dans tout

l'Occident européen. La fondazione definitiva avverrà alcuni giorni dopo, l'8 marzo,

con una denominazione più semplice Societé positiviste68 che avrà come motto Ordre

et Progrès.

La funzione di tale associazione doveva essere, secondo Comte, quella di diffondere

la dottrina positivista e di studiarne le possibilità di applicazione in campo politico e

sociale, anche se solamente con funzione di indirizzo, consultiva. Infatti già in

apertura alla Parte prima del Discours sur l'ensemble du positivisme egli aveva

definito chiaramente i diversi ruoli della filosofia e della politica. La filosofia aveva il

compito «di sistemare, per quanto è possibile, tutta l'esistenza umana, individuale e

soprattutto collettiva, contemplata contemporaneamente nei tre ordini di fenomeni

che la caratterizzano, pensieri, sentimenti ed azioni», mentre «dominio essenziale

della politica» rimane l'intervento che tende a modificare «l'evoluzione spontanea»

dell'umanità al fine di ridurne «le deviazioni parziali, i funesti ritardi e le gravi

incoerenze», anche se «la sua vera concezione non può mai derivare se non dalla

filosofia, che ne perfeziona senza sosta la determinazione generale». La filosofia,

quindi, deve «coordinare tra loro le parti dell'esistenza umana, per ricondurne la

nozione teorica ad una completa unità». Il tentativo di influire in maniera diversa

68 Sulla nascita e sui primi anni di vita di questa organizzazione vds.: M. Larizza, Bandiera verde contro bandiera rossa - Auguste Comte e gli inizi della "societé positiviste" (1848 - 1852), Il Mulino, Bologna, 1999

sulla vita attiva porterebbe la filosofia ad usurpare «erroneamente la missione

necessaria della politica, solo arbitro legittimo di ogni evoluzione pratica»69.

In questa luce l'attività dell'associazione si limitava ad affrontare alcuni problemi di

interesse generale attraverso la redazione di rapporti a cura alcuni dei membri più

rappresentativi.

Il primo rapporto su «la question du travail» venne affidato a una commissione di tre

operai presieduta da Fabien Magnin70, un falegname, fedele discepolo del filosofo,

fervente positivista, mentre un secondo rapporto su «la nature et le plan du

governement rèvolutionnaire de la République française» venne redatto da un'altra

commissione presieduta da Littré e comprendente lo stesso Magnin ed il giovane

Pierre Lafitte.

Quando a giugno la rivolta diventò sempre più cruenta, Comte si chiuse in casa:

parteggiava per i "proletari" insorti, riferendosi ai quali diceva «noi», ma che riteneva

«ancora sedotti dalle utopie dei rossi queste "scimmie della grande rivoluzione", che

sacrificano la vera libertà ad una uguaglianza anarchica»71.

Mentre, partecipava in spirito, agli eventi rivoluzionari, Comte continuava nella sua

sistematica elaborazione filosofica della nuova religione dedicata all'Umanità. La sua

concezione di Umanità coincideva con la storia della società umana, delle diverse

civiltà susseguitesi nel tempo.

Egli con la sociologia aveva concepito la scienza di ciò che doveva rimpiazzare Dio,

ma per poterlo rimpiazzare non bastava conoscere ciò che era destinato a sostituirlo,

era anche necessario riempire il grande vuoto che tale evento avrebbe lasciato nelle

anime e nei cuori.

Nacque così l'immagine del Grande-Essere un'entità al di sopra della quale non vi era

più nulla e che poteva essere definita come «l'insieme degli uomini veramente

69 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 417-418. Su questo apetto vds. anche G. De Boni, Politica positivista e governo repubblicano, cit., p.58 ss.

70 Magnin F. (1810-1884) dalle iniziali tendenze comuniste, dopo aver frequentato i corsi di educazione popolare di Comte, ne diviene il primo e più importante discepolo proletario. Fu un attivo propagandista nell'ambiente operaio; fondò il Circolo dei proletari positivisti. Nel 1848 Comte gli affidò la presidenza della Societé positiviste e lo incluse nella lista dei suoi tredici esecutori testamentari. Anche dopo la morte di Comte continuò, sempre da posizioni positiviste, una intensa attività a favore del proletariato. Dopo la tragedia del 1871 partecipò assieme ad altri proletari positivisti alle attività tendenti a far rinascere il movimento operaio intervenendo nei principali congressi per sostenere le posizioni positiviste contro il collettivismo.

71 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 254

assimilabili», che derivava dal forte legame fra le generazioni passate e quelle attuali,

unico elemento in grado di garantire all'Umanità di continuare ad esistere al di là

della morte degli uomini.

«Insieme» non inteso però come la semplice ed incoerente fusione di diversi

individui, bensì l'unione complessiva di tutti coloro che per i loro meriti, siano degni

di non morire, di non essere dimenticati.

Da tale entità suprema devono essere esclusi coloro che, come i vari Nerone,

Robespierre, Bonaparte, hanno rotto l'armonia della convivenza umana, i parassiti

«che non trasmettono ai successori nulla di equivalente a ciò che hanno ricevuto dai

predecessori».

Morire non è andare altrove, in Paradiso o all'Inferno: è sopravvivere nella memoria o

nelle opere dei viventi, anonime forse, ma necessarie. La scelte che ogni individuo

deve fare è quella di vivere per gli altri (vivre pour autrui sarà uno dei concetti

ricorrenti nella nuova filosofia positivista) e di sopravvivere negli altri, oppure

perdere l'esistenza soggettiva nell'esistenza oggettiva. Colui che ha dato tutto

resusciterà: sarà morto e presente, mentre chi non avrà rispettato la comunità umana

verrà dimenticato: sarà morto e assente.

Il valore di una vita non può essere apprezzato se non dopo che si è spenta e

l'Umanità è composta molto più di morti che di vivi e la sua religione altro non è che

un culto dei morti.

La forma esteriore di questo culto nei confronti di coloro che hanno meritato per le

loro opere di essere commemorati doveva concretizzarsi nel Calendario Positivista

che Comte realizzò proprio a questo scopo.

In esso ogni anno era diviso in tredici mesi di quattro settimane, e ad ogni mese

veniva dato il nome di un grande uomo che aveva caratterizzato una fase o un aspetto

dell'evoluzione umana. Troviamo così: Mosè in rappresentanza della "Teocrazia

iniziale", Omero per la "Poesia Antica", Aristotele per la "Filosofia Antica",

Archimede per la "Scienza Antica", Cesare per la "Civiltà Militare", San Paolo per il

"Cattolicesimo", Carlo Magno per la "Civiltà Feudale", Dante per "l'Epopea

Moderna", Guttenberg per "l'Industria Moderna", Shakespeare per il "Dramma

moderno", Cartesio (Descartes) per la "Filosofia Moderna", Federico per la "Politica

Moderna" ed infine Bichat per la "Scienza Moderna".

Ogni giorno della settimana aveva a sua volta lo scopo di glorificare un grande

«servitore» dell'Umanità. Questi nuovi santi erano raggruppati in gruppi settimanali

legati fra loro e collegati con il personaggio commemorato nel mese.

Nel mese dedicato a Descartes ed alla Filosofia moderna, ad esempio, la prima

settimana troviamo come santo domenicale S. Tommaso d'Aquino con altri sei

filosofi assimilabili alla sua epoca (S. Alberto Magno, S. Bonaventura, ecc.), la

seconda domenica Lord Francis Bacon, la terza Leibnitz e la quarta Hume e

all'interno delle rispettive settimane troviamo ogni giorno un filosofo che in qualche

modo è collegato a quello ricordato la domenica.

Il 365° giorno dell'anno, corrispondente al 31 dicembre del vecchio calendario, è

consacrato alla "Festa universale dei Morti", mentre il giorno in più degli anni

bisestili è dedicato alla "Festa generale delle Sante femmine".

Anche per gli anni vi è una nuova numerazione a partire dal 1789, anno in cui, con la

presa della Bastiglia, finisce la cronologia cristiana ed inizia quella che Comte

chiama l'era di transizione, mentre l'inizio dell'era definitiva viene previsto a partire

dal 1855, anno in cui avrebbe dovuto finire secondo le aspettative del filosofo la

«rivoluzione occidentale», cioè lo sviluppo positivista della civiltà occidentale.

Comte era fermamente convinto della rapida diffusione delle sue idee, al punto da

scrivere ad un amico «Sono persuaso che prima dell'anno 1860, io predicherò il

positivismo a Notre-Dame, come la sola religione reale e completa»72.

Come ogni religione anche la religione dell'Umanità doveva avere una sua liturgia

con dei sacramenti per santificare la vita e renderla umana. Ne erano previsti nove,

dei quali otto da amministrarsi nel corso della vita e che andavano dalla

presentazione del nuovo nato al sacerdote dell'Umanità, un battesimo senza crisma,

alla trasformazione, una specie di estrema unzione, passando per l'iniziazione,

l'ammissione, la destinazione, il matrimonio, il pensionamento, mentre il nono

l'incorporazione, interessava i morti ed era una specie di beatificazione, che si

72 Lettera a M. de Tholouze, del 23 Archimede 63 (22 aprile 1851), Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, au siège de la Société positiviste, Paris. 1904, p.101.

sarebbe verificata a sette anni dalla morte, se il soggetto, dopo una specie di pubblico

processo, veniva considerato degno per le sue opere di essere incorporato nel Grande-

Essere73.

In questa minuziosa costruzione teologica infine non potevano mancare gli angeli e

Comte ne impone tre, strettamente legati alla sua vita: Clotilde, sua madre Rosalie ed

infine Sophie Bliaux la sua governante che da molti anni ormai viveva con lui

assieme al marito e ai due figli. Egli aveva nei confronti di queste persone umili un

atteggiamento di amicizia e di confidenza e quando egli si trovò in difficoltà

economiche costoro gli offrirono i loro risparmi. Davanti a questa generosità di una

proletaria egli:

scopre l'umiltà: si giudica moralmente inferiore a questa donna che non sa leggere,

sottostà al suo esempio, si emenda osservando il suo modo di vivere. L'associa alla sua

immortalità: sarà la sua figlia adottiva ed il suo terzo angelo custode».74

Agli inizi del 1849 la chiesa universale dell'Umanità era ormai istituita e da quel

momento in poi l'esistenza del filosofo divenne una forma di sacerdozio permanente.

Le sue lezioni domenicali si trasformarono in prediche, cominciò ad unire in

matrimonio i suoi discepoli e quotidianamente dedicava parte del suo tempo a

meditazioni e preghiere in ricordo della «santa sposa».

XI

Gli ultimi anni di vita

Donner vaut mieux que recevoir Système de politique positive, I, 222

Questo genere di ubriacatura religiosa, che secondo N. Abbagnano dimostrava da

73 per una descrizione più approfondita dei sacramenti positivisti vds. Lettera a Benedetto Profumo, 4 marzo 1851, Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, cit., p. 196 ss.

74 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 243

parte di Comte «una sconcertante assenza [...] del senso del ridicolo»75, portò negli

anni successivi al progressivo distacco di alcuni suoi discepoli, quali Littré o

estimatori, quali J. Stuart Mill.

Per quanto riguarda Littré la rottura viene ancora oggi da alcuni studiosi attribuita

principalmente al giudizio positivo dato dal filosofo nel 1851 alla presa del potere da

parte di Luigi Napoleone. Secondo altri, fra i quali H. Gouhier, il peso del disaccordo

politico sulla rottura fu invece minimo e il giudizio positivo di Comte, da alcuni

studiosi anche frainteso76, in realtà era stato dettato solo dal desiderio di veder finire la

contingente situazione di anarchia e dalla speranza di una utopica conversione del

nuovo Presidente al positivismo77.

Lo "scisma" invece fu proprio causato dalla nuova filosofia religiosa e si basava su

questioni che avevano un'origine dottrinale.

Il motivo scatenante di tale rottura sarebbe da ricercarsi nell'adozione da parte di

Comte, nell'ultima fase della sua vita del «metodo soggettivo». Con il Cours de

philosophie positive egli aveva sostenuto che la storia della scienza aveva dimostrato

come l'uomo avesse gradualmente cessato di considerarsi al centro del mondo,

collocandosi in una posizione tale da consentire una visione «oggettiva» del mondo.

Con la religione dell'Umanità invece, secondo Littré, egli aveva creato un nuovo

antropocentrismo, una nuova versione positivista della Chiesa cattolica, con tutto il

suo apparato liturgico.

La rottura venne in qualche modo ufficializzata nel corso dell'estate del 1852,

allorché Comte, resosi conto che le loro strade si stavano separando, stabilì che Littré

non dovesse più essere l'incaricato di raccogliere il "sussidio positivista"78. Tale

75 N. Abbagnano, Storia della filosofia, Utet, Torino, 1966, vol. III, p.28976 ad es. Benedetto Croce nella sua Storia d'Europa nel secolo XIX definisce Comte come un filosofo saint-simoniano

che «giustificava il colpo di stato» mentre meditava sulla sua politica positiva, e lo oppone a Mazzini perseguitato dalla «polizia bonapartistica». (Laterza, Bari, 1953, p.140)

77 La speranza era dovuta al fatto che il Bonaparte era stato allievo ed era ancora amico del senatore Vieillard, che Comte considerava positivista o almeno simpatizzante. vds. H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte - Esquisse, cit., p.79. Di fatto il sostegno di Comte a Luigi Napoleone ed al colpo di stato del 2 dicembre 1851 fu di breve durata. Si trattava del resto di un uomo che come lui aveva nutrito simpatie saint-simoniane, che aveva scritto un libro dal titolo significativo De extinction du pauperisme, che aveva ripristinato il suffragio universale e che si proclamava pacifista. Come non vedere in lui quel «dittatore repubblicano» idoneo a porre in atto il «potere degli industriali moderni», nell'ambito di un regime transitorio che avrebbe portato verso la «società positivista internazionale». Però una volta al potere l'uomo, con le sue pressoché immediate e gravi decisioni liberticide sulla libertà di stampa, di riunione e di associazione, e con il suo riavvicinamento ai cattolici ed al papato, deluse profondamente il filosofo, che da quel momento si schierò con l'opposizione al regime.

78 nel 1851 Comte aveva perso anche l'incarico di esaminatore esterno dell'École polythecnique e ormai la sua

decisione era stata accompagnata da sincere espressioni di profonda gratitudine ed

indimenticabile riconoscenza nei confronti del discepolo. Littré da parte sua continuò

anche dopo la separazione a versare la sua quota di sussidio fino alla morte del

filosofo.

Nel 1851, finalmente, vide la luce il primo volume di quel Système de politique

positive annunciato quasi trent'anni prima. Il titolo di allora però era stato ampliato,

con l'aggiunta della precisazione Traité de sociologie istituant la Religion de

l'Humanité. Nei tre anni successivi, fino al 1854, con un ritmo impressionante,

vennero pubblicati gli ulteriori tre volumi; l'opera che complessivamente era

composta da oltre duemila e cinquecento pagine poteva essere assimilata a:

una sorta di Corano che fissa i dogmi e ne indica le conseguenze, un vero codice di

morale, di diritto canonico, di politica, d'amministrazione, di pedagogia e persino di

estetica.79.

In quello stesso periodo l'impegno del filosofo era rivolto alla diffusione del nuovo

verbo religioso ed allo scopo compose un Catéchisme positiviste pubblicato nel 1852.

Ancora un Catéchisme, come trent'anni prima, allorché la sua prima importante opera

il Plan des travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la societé era apparso

in una raccolta intitolata, appunto Catéchisme des industriels80. Una coincidenza forse

voluta, per dire che la religione dell'Umanità intendeva rappresentare una risposta

lontana, ma non tardiva, ai problemi sollevati dalla Rivoluzione, vista anch'essa come

appello ad una nuova religione, quella della Ragione; anche se è opportuno precisare

che nessun paragone può essere fatto fra le improvvisazioni dello spirito

rivoluzionario e la costruzione sistematica, o come dice H. Gouhier «l'architettura

filosofica» della religione dell'Umanità.

Gli ultimi anni della sua vita trascorsero come se egli abitasse in una «tomba

anticipata», con ritmi ripetitivi e liturgici, con regole di vita monastiche. Diverse ore

della giornata erano dedicate alla preghiera, alla meditazione, alla lettura delle lettera

sopravvivenza era assicurata solo dalla generosità dei discepoli.79 H. Gouhier, La vie d'Auguste Comte, cit., p. 24980 vds. sopra p. 27.

dell'amata Clotilde o delle opere di Dante e Petrarca (che legge in italiano) 81 o

dell'Imitation de Jesus-Christ; usciva di casa solo una volta alla settimana il

mercoledì per «le pèlerinage au Père-Lachaise», dove si trovava la tomba di Clotilde.

Tutti i pomeriggi riceveva in casa i suoi discepoli più fedeli, tranne il mercoledì,

giorno dedicato alle riunioni della Société positiviste; a volte era chiamato a svolgere

funzioni sacerdotali, a sposare secondo il rito della Chiesa positivista alcuni discepoli,

a scrivere numerose lettere di indirizzo, che egli assimilava a quelle di San Paolo. La

sua giornata si concludeva con un pasto frugale composto da un tozzo di pane secco e

da un bicchiere d'acqua, un gesto di solidarietà nei confronti dei molti che soffrivano

di fame.

Gli eventi politici di quegli anni, con i rigurgiti di violenza rivoluzionaria, avevano

colpito particolarmente Comte, al punto da fargli dire che: «oggi [...] possono esistere

solo due parti politiche ben distinte: il partito dell'ordine e quello del disordine; i

conservatori e i rivoluzionari». Tale considerazione lo indusse a lanciare un Appel

aux Conservateurs, pubblicato nel 1855, con il quale egli cercava di dare vita a quel

partito dell'ordine nel quale i cattolici ed i positivisti avrebbero dovuto unirsi contro

le forze perturbatrici di provenienza sia comunista che liberale, in una «grande lega

religiosa di anime elette, contro l'irruzione anarchica del delirio occidentale».

L'anno successivo egli cercò, senza successo, anche dei contatti con i vertici dei

Gesuiti a Roma, per arrivare alla realizzazione di questa specie di nuova Santa

Alleanza82.

Sempre nel 1856, a novembre, vide la luce quella che resterà la sua ultima opera, il

primo tomo della Syntèse subjective, intitolato Système de logique positive. L'opera

nel disegno di Comte doveva rappresentare il punto di arrivo definitivo

dell'evoluzione del positivismo, e avrebbe dovuto comporsi complessivamente di

quattro tomi: due volumi relativi ad un Système de morale positive ed infine un

volume dedicato a un Système d'industrie positive, da pubblicarsi negli anni

successivi.

81 «Je me félicite que ma prédilection abituelle pour la langue de Dante et de Manzoni m'ait permis de goûter pleinement la bonne lettre que j'ai reçue hier de vous», Lettera a Benedetto Profumo, 26 dicembre 1849, Correspondance inédite d’Auguste Comte. Troisième série, cit., p. 183

82 vds. Revue Occidentale, 1886, t. II, p.57 ss.

Essa inoltre si presentava come un'opera di lettura estremamente difficile, sia in parte

per il soggetto trattato, sia soprattutto a causa della nuova tecnica di redazione che

Comte aveva deciso di adottare per le suo opere da quel momento in poi. Ciascun

volume doveva essere composto da sette capitoli, più un'introduzione e una

conclusione; ogni capitolo doveva a sua volta articolarsi in tre parti ognuna di sette

sezioni; ogni sezione doveva comprendere sette alinea, ognuno di cinque o sette frasi;

le lettere iniziali di ogni frase di un alinea e quelle di ogni alinea di una sezione,

dovevano formare una parola di significato compiuto in francese, in inglese, in

tedesco, in spagnolo o in latino; le lettere iniziali delle sezioni, infine, dovevano

susseguirsi in ordine alfabetico. Una vera fatica di Sisifo!

Questo progetto mastodontico era destinato, tuttavia, a rimanere incompiuto.

Nella primavera seguente infatti la salute del filosofo cominciò a peggiorare

progressivamente; mercoledì 17 giugno, per la prima volta dopo undici anni, egli non

si recò a fare la consueta visita alla tomba di Clotilde.

Dopo lunghe sofferenze, il 5 settembre Comte entrava a far parte della «Umanità dei

Morti». Il giorno 8 il suo corpo venne inumato nello stesso cimitero dove si trovava

la tomba di Clotilde, in un luogo appositamente scelto dal filosofo. Il corteo funebre

era composto quasi esclusivamente dai suoi discepoli, nessuna bandiera, nessun

rappresentante delle istituzioni. Unico personaggio presente, non legato in qualche

modo al filosofo: Pierre-Joseph Proudhon.

La pubblicazione del suo testamento dette luogo negli anni successivi ad una

spiacevole battaglia legale fra la vedova, assistita in veste di avvocato da Littré, e i

tredici esecutori testamentari, che alla fine ebbero la meglio. Si trattò di un processo

spiacevole e per certi versi scandalistico, a causa del quale sia la memoria del filosofo

che l'immagine della vedova ne ebbero ugualmente a soffrire.

PARTE SECONDA

LE IDEE DIRETTRICI DEL SISTEMA POLITICO-

FILOSOFICO

I

La teoria del progresso culturale o legge dei tre stadi

Ceci est une doctrine à prêcher et à répandre partout,

comme l'a été, dans son temps, l'évangile,..Lettre a Valat, 1er Mai 1824

Il punto di partenza di tutta la filosofia politica di Auguste Comte va ricercato nella

sua teoria dell'evoluzione della civiltà o "legge dei tre stadi e delle tre epoche",

esposta per la prima volta nel Plan des travaux scientifiques nécessaires pour

réorganiser la societé, che egli stesso più tardi definirà «l'opuscule fondamental»,

opera che aveva «caratterizzato irrevocabilmente» il suo debutto filosofico ed in cui

veniva fatta la «scoperta fondamentale delle leggi sociologiche»83. A questa scoperta

egli attribuì, fin dall'inizio, una notevole importanza per lo sviluppo della sua opera

futura, al punto da considerarla come una specie di proprio Discours sur la Méthode84.

In quest'opera il giovane filosofo, ancora sotto l'influsso del suo maestro Saint-Simon,

cerca di individuare quale sia il «carattere fondamentale assegnato all'epoca attuale

dal cammino generale della civiltà», esistendo di fatto una situazione in cui un

«sistema sociale» si stà estinguendo e uno nuovo, giunto alla sua «completa maturità»

sta per costituirsi.

In questa fase inoltre la presenza di due «movimenti» contrastanti, uno di

«disorganizzazione» e l'altro di «riorganizzazione», fa si che la società umana venga

83 Système de politique positive, cit., t. I, Préface, p.184 vds. lettera a G. d'Eichthal del 6 giugno 1824, Correspondence générale et confessions, t. I, (1814-1840), cit.

sottoposta ad una inevitabile situazione di anarchia che ne provoca «la grande crisi»

cui sono soggette le «nazioni più civili»85

Comte ritiene, in sostanza che la storia dell'umanità sia segnata da periodi definiti

alternativamente «organici» o «critici». Durante i primi vi è la prevalenza della

stabilità politica e dell'armonia fra le parti del corpo sociale, che riescono così a

mantenersi in un soddisfacente stato di equilibrio. Nei periodi «critici», al contrario,

le vecchie certezze sono messe in discussione, le tradizioni consolidate vengono

sconvolte e la stabilità sociale viene minacciata.

Per Comte inoltre esiste una «legge necessaria» che guida il progresso della civiltà,

secondo la quale:

... ogni branca delle nostre conoscenze è necessariamente soggetta, nel suo sviluppo, a

passare successivamente per tre stati teorici diversi: lo stadio teologico o fittizio; lo

stadio metafisico o astratto; infine, lo stadio scientifico o positivo.86

Da cui ne deriva che «l'esperienza del passato» ci porta, indubitabilmente, a stabilire

che la civiltà progredisce seguendo un «cammino naturale ed irrevocabile derivato

dalle leggi dell'organismo umano che diviene, a sua volta, la legge suprema di tutti i

fenomeni politici».87

Tale «legge» oltre a passare attraverso tre gradi, viene articolata in due diverse

dimensioni, una relativa allo stato dell'intelligenza, ed una storica, guidate entrambe

dallo stesso concetto.

Infatti, secondo Comte, la progressiva emancipazione dell'intelligenza umana, incide

in maniera determinante sullo sviluppo dell'organizzazione sociale, influenzandone le

strutture politiche ed economiche, l'ordine sociale e le condizioni materiali di vita.

Per quanto riguarda la prima dimensione, quella intellettiva, ogni stadio (état) può

essere definito riferendosi ad un modo di pensare, di interpretare la realtà.

Il primo stadio (teologico) ha come referente il soprannaturale o trascendente, il

85 Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società, in Opuscoli di filosofia sociale, Sansoni, Firenze, 1969, p. 65

86 op.cit., p. 10387 op. cit. p. 84

secondo, (metafisico), si distingue per la sostituzione del soprannaturale con

l'astratto, e l'ultimo infine ha come referente l'esame concreto, scientifico, ossia

positivo, nel quale ogni tipo di tabù e di pregiudizio viene eliminato.

La dimensione storica si articola a sua volta in epoche (époques) e la loro

caratteristica dominante è da ricercarsi nello sviluppo cronologico.

Fra le due dimensioni tuttavia esiste una differenza rilevante, in quanto i tre stadi

della dimensione intellettiva possono coesistere allo stesso tempo in intelligenze

differenti oppure possono susseguirsi nello stesso individuo in epoche diverse, infatti:

«...ogni uomo, contemplando la propria storia, può constatare facilmente di essere

stato, rispetto alle nozioni più importanti, teologico nella sua infanzia, metafisico

nella sua giovinezza e fisico nella sua virilità.»88

Per distinguere le due dimensioni, essendo entrambe definite con gli stessi termini

qualificativi principali, la denominazione viene completata con un secondo termine,

diverso a seconda che ci si trovi di fronte alla visione analitica o a quella storica.

Il primo stadio, come si è già visto, viene chiamato «teologico» o «fittizio», mentre la

sua proiezione nella prima epoca storica viene qualificata come «teologica e

militare». Allo stadio «metafisico» o «astratto» corrisponde l'epoca «metafisica e

legista», mentre lo stadio «scientifico» o «positivo» determinerà l'epoca «scientifica

e industriale».

La visione storica quindi richiama anche l'insieme dei dati della vita sociale ed

economica che caratterizzano le varie epoche e che il relativo stadio dell'intelletto ha

contribuito a determinare.

Questa «fondamentale» intuizione, «guidata da Condorcet» e ricavata da

considerazioni storiche, oltre che dall'osservazione dello sviluppo «dell'organismo

umano», genera in Comte la convinzione che nella storia dell'uomo il progresso sia

inevitabile e che debba portare al definitivo prevalere delle scienze attraverso il

decisivo affermarsi della filosofia positiva.

88 Considerazioni filosofiche sulle scienze e gli uomini di scienza, in op. cit., p. 182, lo stesso concetto, con parole diverse, viene ripetuto nella 1a lezione del Corso di filosofia positiva, vds. trad. di A. Negri, in Positivismo europeo, Le Monnier, Firenze, p.53

1. Lo stadio teologico e il sistema militare e feudale

Questo stadio teologico ha avuto nel tempo, secondo Comte, una importante funzione

di integrazione sociale della realtà, conseguita utilizzando dei princípi e dei valori, al

di fuori e al di sopra della vita umana, delle forze trascendenti e spirituali che

venivano trasferiti alla realtà.

Tale idea in sé di una integrazione sociale resta ancora valida, ma non può essere più

realizzata con gli strumenti e i materiali della fase teologica, che sono anacronistici,

limitati, non più praticabili ed imposti forzatamente.

L'integrazione deve invece avvenire utilizzando tutte le risorse sociali disponibili

nella moderna società al fine di pervenire ad un ordine che non sia solo una norma

imposta dall'alto, ma che al contrario rappresenti una possibilità di progressivo

miglioramento della condizione umana e sociale.

Secondo il filosofo, quindi, il modello teocratico non deve essere rigettato nella sua

interezza, ma, al contrario, utilizzato apportandovi le necessarie modifiche, per

adattarlo alle nuove e diverse esigenze della vita sociale.

Questo primo stadio viene analizzato e descritto nel dettaglio da Comte che lo

articola in tre sottofasi: Feticismo, Politeismo, Monoteismo.

Nel Feticismo, troviamo la divinizzazione immediata di «ogni fenomeno suscettibile

di attirare con qualche energia la debole attenzione dell'unità nascente»,89 l'attribuzione

a tutti i corpi esterni di «una vita essenzialmente analoga alla nostra, ma quasi più

energica per la loro azione normalmente più potente». Il grado più elevato di tale fase,

che poco si discosta dallo stato mentale degli animali superiori, viene rappresentato

dalla «adorazione degli astri»90, l'astrolatria, mentre la superstizione rappresenta la

sola forma di ricerca della verità.

La fase successiva è rappresentata dal Politeismo e questo passaggio costituisce: «il

primo risultato del nascente sviluppo dello spirito di osservazione e di induzione,

sviluppato [...] inizialmente negli uomini superiori e, sul loro esempio, nella

moltitudine...»91, si tratta per Comte di una fase «essenziale» che produce «la libera

89 Corso di filosofia positiva, Utet, Torino, 1967, vol. I, p. 46190 Discorso sullo spirito positivo, cit., p.30791 Corso di filosofia positiva, cit., vol.I, p. 491

supremazia speculativa dell'immaginazione» rispetto a «l'istinto e il sentimento».92.

L'ultima fase di questo primo stadio è rappresentata dal Monoteismo, in cui si verifica

una graduale riduzione e concentrazione dell'azione soprannaturale con la quale si

arriva a «disciplinare e moralizzare l'innumerevole moltitudine degli dèi,

subordinandola direttamente, in modo regolare e permanente, alla suprema

preponderanza di una volontà unica».93

In quest'ultima «fase teologica» inizia «l'inevitabile declino della filosofia iniziale»

che, pur continuando a mantenere, più in apparenza che nella realtà, una buona

«influenza sociale», è soggetta ad «un rapido declino intellettuale» derivante dalla

riduzione del «dominio dell'immaginazione», cui corrisponde un graduale sviluppo

del «sentimento universale, fino ad allora quasi insignificante, dell'assoggettamento

necessario di tutti i fenomeni naturali a leggi invariabili».94

Comte vede nell'avvento del monoteismo l'inizio del declino della teologia, sempre

più incompatibile con una visione scientifica della realtà.

Il problema dell'opposizione fra scienza e teologia, che inizialmente non si era posto

in quanto esse si proponevano di approfondire aspetti diversi, inizia in questa fase,

allorché la scienza, soprattutto con le teorie astronomiche, comincia ad estendere i

suoi interessi allo studio diretto della natura.

Per Comte:

I motivi logici per i quali la scienza rinuncia radicalmente ai problemi misteriosi dei

quali si occupa essenzialmente la teologia, sono essi stessi di natura tale da screditare

presto o tardi, in tutti gli spiriti illuminati, speculazioni che vengono messe da parte

perché necessariamente inaccessibili alla ragione umana.95

L'apporto innegabile dato dal politeismo e dal feticismo allo «sviluppo spontaneo»

dello spirito d'osservazione, non poteva comunque evitare il graduale distacco della

scienza dalla teologia, non appena «il sentimento graduale dell'invariabilità delle

92 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 30793 Corso di filosofia positiva, cit., vol.I, p. 58894 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 30895 op. cit., p. 336

relazioni fisiche» avesse potuto acquisire «una certa consistenza sistematica».

Detta opposizione ha pertanto rappresentato «la principale fonte segreta delle diverse

trasformazioni che hanno successivamente dissolto la filosofia teologica, riducendola

sempre più».96

Passando ad esaminare la dimensione storica troviamo che l'epoca corrispondente

allo stadio teologico è, come si è visto, quella dominata dal «sistema teologico e

militare», nel quale troviamo una combinazione del potere spirituale o papale e

teologico e del potere temporale o feudale e militare.

Comte aveva affrontato già questo aspetto nel precedente opuscolo Sommaire

appréciation de l'ensemble du passé moderne (1820) nel quale aveva delineato

l'origine di questo sistema, indicando la nascita del potere spirituale: «all'inizio della

supremazia del cristianesimo in Europa, cioè verso il tredicesimo o quattordicesimo

secolo», mentre per il potere temporale ne collocava l'origine in corrispondenza dei

«primi grandi tentativi dei popoli del nord di stabilirsi nel sud d'Europa, e dei primi

smembramenti dell'impero romano, cioè all'incirca nella stessa epoca»97. Sistema

politico che si sarebbe quindi formato mentre da un lato il feudalesimo poneva le sue

basi per consolidarsi come potere nazionale ed il Papato si avviava ad estendere il

suo potere in Europa.

Questi concetti vengono ripresi e sviluppati nel Plan des travaux scientifiques

nécessaires pour réorganiser la societé, dove la nascita e lo sviluppo di questo

sistema vengono attribuiti ad «una conseguenza evidente dello stato imperfetto della

civiltà dell'epoca».

La guerra in questa fase assume un ruolo preminente, proprio perché l'industria è

«nell'infanzia» e l'uomo, con la guerra, dà sfogo agli «stimoli più energici» che

agiscono su di lui ed «al bisogno di esercitare le sue facoltà e quello di vivere».98

Quest'analisi del sistema del sistema teologico e militare verrà ripreso, in forma

ancora più estesa, nelle ultime lezioni del Cours de philosophie positive99, dove

96 op. cit., p. 33897 Esame sintetico del passato moderno nel suo insieme, cit., p.1398 Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società, cit. p.114-11599 Corso di filosofia positiva, cit., dalla 53a alla 58a lezione. Per la stesura di questa parte ci si è avvalsi anche

dell'opera di G.Caforio, Sociologia e Forze Armate, Pacini Fazzi, Lucca, 1987, p.15 ss.

l'aspetto militare della vita associata viene descritto con dovizia di particolari.

L'uomo, fin dalle origini, ha organizzato la propria vita in funzione della lotta per la

sopravvivenza prima, e della guerra poi.

I suoi primi utensili sono state le armi, la prima figura autoritaria che prevale sul

gruppo è quella del «capo militare», cioè di colui che si distingue sugli altri per

coraggio e per valore, ma anche per cautela e per scaltrezza. Anche il crearsi di

aggregazioni sociali sempre più numerose (clan, tribù) avviene per necessità di difesa

o di offesa; a questo si aggiunge l'assoggettamento dei nemici sconfitti e trasformati

in schiavi. Secondo Comte, questo istituto tipicamente umano della schiavitù,

rappresenta una forma di «incivilimento» che distingue l'uomo dagli animali, per i

quali la lotta è solo un atto distruttivo.

Lo schiavo, infatti è un vinto al quale è stata risparmiata la vita, e pertanto la sua

sopravvivenza è progresso civile in quanto evita una inutile distruzione della specie;

inoltre gli schiavi con il loro lavoro consentono alla collettività di mantenere in armi i

guerrieri e questo porta ad un progressivo perfezionamento dell'organizzazione

militare.

Con il passare del tempo, per assicurare la forza interiore necessaria ai combattenti

per affrontare i crescenti pericoli dell'attività bellica, al capo militare vengono

attribuite anche funzioni spirituali; nasce così la figura del condottiero-pontefice.

La morale stessa altro non è che «etica militare», per la quale la degnità o meno di

un'azione è subordinata alle finalità della guerra.

Nella società primitiva politeista, il potere è prerogativa della casta dei guerrieri.

Alcune eccezioni possono verificarsi laddove la situazione geopolitica del territorio

consente, grazie a particolari condizioni naturali o ad insediamenti umani

particolarmente diradati, di avere confini più sicuri. In questi casi assistiamo allo

svilupparsi di forme prevalentemente teocratiche. Si tratta tuttavia, secondo il

filosofo, di istituzioni destinate comunque, prima o poi, ad estinguersi in quanto non

rispondenti alle leggi dell'evoluzione umana che può attuarsi solo mediante la guerra.

Con il passaggio, nel Medioevo, all'età monoteistica, si assiste ad una

frammentazione territoriale dell'organizzazione politico-militare, prevalentemente a

carattere difensivo, nella quale i signori locali (i feudatari), dotati di poteri non solo

militari, acquisiscono un controllo pressoché autonomo sui territori loro affidati.

In questa nuova fase politico-economica, assistiamo a dei mutamenti sociali di

rilevante interesse; si hanno le prime forme di separazione del potere spirituale,

affidato al clero, da quello temporale, ancora prevalentemente in mano alla classe

guerriera, ed ancora orientato, in larga misura, verso le questioni militari, che tuttavia

acquisiscono sempre più forme difensive.

La frammentazione territoriale porta ad una decomposizione del potere centralizzato

che gradualmente viene suddiviso fra numerose autorità locali. Inoltre il fenomeno

della schiavitù, che aveva caratterizzato la fase precedente, si trasforma in servaggio,

o servitù della gleba. Trasformazione che, pur conservando pesanti vincoli per chi vi

è soggetto, ha delle conseguenze rilevanti sulle istituzioni militari.

L'attività bellica non ha più la preminenza nella vita sociale, i capi militari perdono

progressivamente la loro importanza ed i loro poteri, prima quello spirituale poi

quello temporale, fino a trasformarsi in "mercenari" da impiegare alla bisogna. Gli

eserciti si contraggono sempre più fino a diventare degli strumenti élitari mentre,

gradualmente, vengono ad esaurirsi il ruolo della guerra e delle istituzioni militari nel

processo storico di evoluzione della società.

2. Lo stadio metafisico e il sistema legista e rivoluzionario

Il termine metafisico viene utilizzato, in questo contesto, con il significato che

all'epoca era più comune, cioè quello che indicava una teoria critica delle idee della

conoscenza, teoria che, però, secondo Comte, abusando dei principi astratti, non era

in grado di svolgere una funzione concreta, «organica» di ricostruzione di ciò che era

stato abbattuto.

Il passaggio allo stadio metafisico, quindi non può essere che una situazione di

transizione, una «semplice modificazione di quello teologico», o meglio una

«degenerazione»100 dello stesso.

In esso si verifica la sostituzione degli «agenti soprannaturali» con delle «forze

100 A.Zanfarino, op.cit., p.205

astratte, vere entità (astrazioni personificate)»,101 quali la Natura in Spinoza, il Dio

geometra in Cartesio, il Dio calcolatore in Leibniz, la Materia in Diderot.

La metafisica quindi cerca, come la teologia, di comprendere ed illustrare «la natura

intima degli esseri, l'origine e la destinazione di tutte le cose», ma utilizza «entità»

anziché «agenti soprannaturali», le sue spiegazioni sono più razionali, si è liberata

dell'antropomorfismo degli inizi, il suo spirito progredisce, (come era progredito lo

spirito teologico passando dal feticismo primitivo al monoteismo cristiano), ma il

modo di ragionare (le méthode de philosopher) resta sostanzialmente lo stesso, così

come lo scopo da raggiungere ossia ricercare una causalità prima ed assoluta del

mondo.

Lo spirito metafisico, ha sì portato alla dissoluzione del sistema teologico, ma dopo

aver assolto a questa «funzione indispensabile, ma passeggera», a causa

dell'eccessivo utilizzo di una azione critica puramente negativa e disgregatrice, senza

capacità di edificazione, ed avendo privilegiato quella che J. Muglioni definisce la

«philosophie du non»102, ha «sfortunatamente» ostacolato «l'instaurazione finale di

una vera filosofia».103

La relativa dimensione storica, che Comte chiama anche «legista» o «rivoluzionaria»,

si è insediata passando attraverso un lungo periodo transitorio in cui il regime

«teologico-militare» ha continuato a sopravvivere, pur disgregandosi gradualmente,

mentre il nuovo regime incominciava a presentare i sintomi della sua venuta, cosa

che, praticamente, si è verificata solo nel XVIII secolo, nei fatti accelerata anche

dall'esplosione rivoluzionaria.

Ma, secondo il filosofo, tutte le concezioni sviluppatesi con la Rivoluzione francese

sono impregnate dello «spirito critico», dello «spirito rivoluzionario» ed hanno creato

situazioni nelle quali si è cercato di contrapporre alla realtà esistente delle teorie

metafisiche. Questo ha portato ad un allontanamento dai problemi reali, ad una

azione efficace solo nel criticare, nel contestare, nel distruggere, ed il tutto ha finito

per ostacolare la riorganizzazione della società.

101 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 312102 J. Muglioni, Auguste Comte-Un philosophe pour notre temps, Kimé, Paris, 1995, p. 11103 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 312 ss.

Anche le realizzazioni più salienti, le «pretese» conquiste sociali dell'età

rivoluzionaria non vengono considerate, da Comte, soddisfacenti, meritevoli di

apprezzamento.

Innanzitutto egli è molto critico nei confronti della teoria dei diritti umani, dei quali

scrive:

...la metafisica ha introdotto dei pretesi diritti umani che implicavano una funzione

negativa. Quando si è cercato di dar loro una destinazione veramente organica, hanno

presto manifestato la loro natura antisociale, tendendo sempre a consacrare

l'individulità.104

Non siamo di fronte quindi a delle vere garanzie, a qualcosa che rafforza la società,

bensì a dei mezzi per esaltare l'egoismo individuale, a degli stumenti per sancire il

valore «antisociale» dell'uomo.

Questi «pretesi diritti umani» costituiscono un pericoloso processo di astrazione, che

trasforma il diritto in qualcosa di metafisico, che conseguentemente distacca l'uomo

dalla realtà che lo circonda, troncando i legami con le condizioni di vita, con gli

obblighi e i doveri nei confronti della società.

L'uomo diventa esso stesso una astrazione metafisica e viene quindi emarginato,

isolato, separato dalla realtà.

Per Comte bisogna sostituire i diritti umani con la determinazione del ruolo sociale

degli individui. Nello stato positivo «l'idea di diritto» deve «irrevocabilmente»

scomparire. Restano solo i doveri, «nei confronti di tutti» e le «giuste garanzie

individuali derivano soltanto da questa universale reciprocità di obblighi, che

costituisce l'equivalente morale dei diritti precedenti, senza presentare i gravi pericoli

politici di questi».105

Per Comte quindi «nessuno possiede altro diritto se non quello di fare sempre il suo

dovere»106.

I diritti non fanno altro che rinchiudere l'uomo nel suo egoismo, nel suo

104 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p.751105 ibidem106 op. cit., p. 752

particolarismo, e rappresentano lo scompaginamento della vita sociale, producono

una socializzazione incoerente ed incompleta dela società stessa, rappresentano

qualcosa di «falso e immorale [...] che suppone sempre la individualità assoluta».107

Per Comte invece gli uomini «debbono essere concepiti non come tanti esseri

separati, ma come i diversi organi di un solo Grande Essere»,108 fanno parte di corpo

collettivo.

Anche l'idea di tolleranza, pur comprensibile in certi casi, diventa una «affermazione

rudimentale» che non può trovare una applicazione sistematica, «la tolleranza

sistematica non può esistere»109 nella nuova società positivista, che si deve basare, e

deve essere guidata da principi più forti ed unificanti come la concordia ed il senso

del dovere.

Per garantire l'ordine sociale non è possibile lasciare la libertà senza controllo ad

alcuno, pena il dover rimettere in discussione ogni giorno le basi stesse della società.

Un altra concezione metafisica fortemente criticata da Comte è l'idea di proprietà, alla

quale lo spirito metafisico ha attribuito «una individualità assoluta, come diritto di

usare ed abusare», un diritto le cui garanzie sono state sancite come esclusione, come

separazione facendone una «teoria antisociale [...]priva di giustizia quanto di realtà»,110

essa invece deve svolgere una «indispensabile funzione sociale», e rappresentare uno

strumento economico-giuridico di integrazione, che in caso di necessità deve essere

subordinato ai «bisogni sociali», con la possibilità da parte della comunità di

impossessarsene.

Un altro abuso di spirito critico e metafisico Comte lo rileva nella politica moderna,

dove esiste il culto metafisico delle entità istituzionali, dove la discussione verte quasi

esclusivamente su questioni di carattere istituzionale o costituzionale, dove si parla

solamente di regole astratte, senza mai pervenire ad un discorso sociale approfondito,

analizzato nei suoi aspetti specifici, che si riferisca ad esperienze sociali concrete e

possa trovare applicazione nella vita sociale moderna. La necessità è quella di

dimensionare il dibattito istituzionale sulle reali esigenze della società, di trovare un

107 op. cit., p. 753108 ibidem109 Corso di filosofia positiva, cit., vol. I, p. 74110 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 555

legame fra dibattito politico e società civile.

Inoltre la politica moderna, così caratterizzata dallo spirito critico e metafisico, che

produce il disordine sociale, la disgregazione, uno stato di sostanziale insocievolezza,

ha trovato una compensazione nella politica di potenza, ridando allo Stato un ruolo

egemone, alimentandone lo spirito di conquista e di usurpazione ed esasperando il

nazionalismo. Non essendo ancora pervenuti alla necessaria integrazione della

società, non avendo creato una vera solidarietà sociale si è cercato di fronteggiare tale

carenza con l'istituzione di una solidarietà nazionalistica falsa e mistificatrice, che ha

raggiunto il solo scopo di mettere le nazioni l'una contro l'altra.

Quanto finora visto ci porta ad affermare che stadio metafisico e la corrispondente

epoca storica non sono evidentemente molto apprezzati dal filosofo. Egli infatti li

pone sotto il segno di Rousseau, personaggio nei confronti del quale non nutre una

grande opinione, del quale non apprezza molto le opere, in particolare il «Contratto

sociale». È interessante notare come la figura di questo illustre personaggio non

venga neppure menzionata nel «Calendario positivista», nel quale peraltro trovano

spazio figure meno importanti del filosofo ginevrino.

Anche nel termine «legista», che egli attribuisce all'epoca metafisica, sono insiti

significati negativi. Nella sua opera, in generale, si ercepisce una scarsa

considerazione per gli uomini di legge, i giuristi e le categorie giuridiche.

3. Lo stadio scientifico e il sistema industriale e positivo.

Lo stadio finale, quello scientifico o positivo, rappresenta il passo conclusivo che

dovrà porre fine alla «crisi occidentale», al quale l'umanità perverrà quando lo spirito

diventerà «adulto», ossia positivo.

In questa fase l'intelletto umano, constatata l'impossibilità di pervenire a spiegazioni

assolute, non cercherà più di conoscere le «cause» intime dei fenomeni, né «l'origine

e la destinazione dell'universo».111

L'affermazione dello spirito positivo dovrà portare alla capacità di «vedere per

prevedere», di «studiare ciò che è per concluderne ciò che sarà, secondo il dogma

111 Corso di filosofia positiva, 1a lez., in Positivismo europeo, cit, p.53

generale dell'invariabilità delle leggi naturali»112, respingendo sia le entità fantastiche,

sia quelle puramente concettuali, per costruire un sapere basato esclusivamente

sull'esperienza.

I caratteri costitutivi di questo sapere sono formulati dal filosofo avvalendosi anche

dell'insegnamento di Hume, secondo cui ogni conoscenza, per risultare vera, deve

fondarsi interamente sull'esperienza.

Ogni disciplina, per potere avere carattere scientifico dovrà quindi rinunciare ad

indagare sulle «cause», limitandosi a ricercare le «leggi» che conducono dai rapporti

particolari a quelli generali. Ogni riferimento all'assoluto, infine, dovrà essere

bandito, in quanto l'assoluto «trascende per definizione dal mondo dell'esperienza».113

Una scienza basata sull'esperienza non può che essere scienza del «relativo»114.

Comte va oltre la polemica di Hume contro il «principio di causalità» per arrivare a

combattere con energia ogni «principio metafisico». Egli infatti non si è solo dato il

compito di studiare l'evoluzione della umanità, ma anche quello, ben più arduo, di

provocare il definitivo passaggio di ogni disciplina dallo stadio metafisico a quello

scientifico e di portare a termine l'opera iniziata da Bacone, Cartesio e Galileo,

costruendo un «sistema» di idee generali che diventi prevalente e ponga fine alla

«crisi rivoluzionaria».

L'esempio più significativo di questa concezione è rappresentato, per Comte dalla

legge di Newton sull'attrazione. In essa infatti tutti i fenomeni gravitazionali vengono

spiegati senza dire nulla sull'origine o la causa (il «perché»), ma accontentandosi del

«come», ossia di evidenziare in via sperimentale le relazioni costanti che esistono,

per i corpi, tra le loro masse e le loro distanze. Egli in sostanza fa proprio il precetto

di Newton «io non forgio delle ipotesi», affermando la necessità di basarsi solo su

fatti ricavati attraverso l'osservazione, evitando qualsiasi ricorso ad inutili principi

teologici o metafisici.

Con l'affermazione di tali principi Comte non intende tuttavia negare radicalmente lo

112 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 320. Comte nell'esprimere questi concetti rimanda anche alla lettura del System of Logic di J.S. Mill, suo «eminente amico», che egli considera ormai «pienamente associato», all'affermazione del positivismo.

113 L. Geymonat, op. cit., p.439114 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 317. Merita ricordare che già nel 1817 Comte aveva scritto la massima

rimasta famosa: «Tutto è relativo, ecco la sola cosa assoluta».

«spirito religioso», così come vuol mantenere vivo il concetto di «amore» nel quale

riconosce anche una valenza religiosa.

Quindi rifiuto dello «spirito teologico» e dello «spirito metafisico», ma opportunità di

recuperare la vocazione sociale della religione cattolica per adattarla alle esigenze di

una nuova società più moderna ed evoluta.

Passando ad esaminare la dimensione storica ed il relativo «sistema industriale o

positivo», per Comte esso comincia a dare i primi segni mentre era ancora in atto il

precedente sistema «organico», quello militare e feudale, anzi proprio quando questo

«raggiungeva il suo sviluppo integrale». E successivamente mentre si sviluppavano «i

germi della sua distruzione», che, come si è visto, avverrà a causa del sistema

«critico» definito legista e rivoluzionario, venivano a crearsi «gli elementi del sistema

che oggi deve sostituirlo».

Il primo segnale di tale sviluppo, per quanto riguarda il potere temporale, è

rappresentato da «l'affrancamento dei comuni», esperienza che, per il filosofo ha

costituito il primo vero esempio di «un'esistenza sociale indipendente dal potere

militare», che ha consentito a queste nuove realtà politiche di diventare protagoniste

della vita sociale.

Un altro sintomo di tale trasformazione va visto nelle insurrezioni e rivolte che nel

XIV secolo sconvolsero molte regioni europee e che «manifestarono, con grande

energia, [...] la potenza nascente delle classi lavoratrici, contro i poteri che, ovunque,

erano loro particolarmente ostili».115

Questi due rilevanti aspetti dello sviluppo storico di quell'epoca hanno dato l'avvio al

processo di graduale trasformazione dell'organizzazione sociale da una economia di

tipo militare verso quella di tipo prevalentemente industriale, il cui completamento

porterà alla realizzazione della auspicata società positivista.

Per quanto riguarda invece il potere spirituale nello stesso periodo assistiamo

all'introduzione in Europa delle «scienze positive» da parte degli Arabi, che ha

prodotto il graduale passaggio di tale potere dalle mani dei teologi a quelle degli

scienziati. Per Comte nel caso del potere spirituale la grande rivoluzione è già

115 Corso di filosofia positiva, cit., vol.II, p. 187

avvenuta, la scienza ha ormai svolto la sua funzione «critica» contribuendo

all'abbattimento del vecchio sistema.116

Quello che manca ancora è il nuovo assetto politico e sociale, la «capacità

industriale» non ha ancora assunto il potere. Nel momento in cui le società si

convinceranno con l'esperienza che «il solo mezzo per acquisire la ricchezza consiste

nell'attività pacifica», ossia nell'attività industriale, la guida del potere temporale

dovrà passare alla capacità industriale, mentre la forza militare, diventerà prima

subalterna e, nel lungo periodo, perderà di ogni utilità.

Comte vede nell'avvento del «sistema industriale» la possibilità di organizzare

scientificamente il lavoro, portando la produzione a rendimenti sempre più elevati, e

quindi di accrescere la ricchezza. Tutto questo consentirà di arrivare ad aumentare le

risorse disponibili per migliorare la vita e l'organizzazione della società.

Egli è molto critico nei confronti degli economisti del suo tempo che, ancora pervasi

da spirito metafisico, studiano i fenomeni economici astraendoli dalla realtà sociale, e

danno eccessiva importanza ai meccanismi di scambio o di competizione nello

sviluppo della ricchezza.

Lo sviluppo della produzione industriale è destinato a causare la concentrazione dei

lavoratori nelle fabbriche e nelle periferie delle città, oltre a provocare una crescente

opposizione fra operai e datori di lavoro.

Tale fenomeno sociale, pur rappresentando uno degli aspetti più significativi della

vita politica e sociale di quel periodo, non assume nella visione «positivista»

quell'importanza che invece gli attribuirà Marx più tardi.

Il problema della conflittualità del lavoro viene sì percepito, ma viene scartata l'idea

del ricorso alla violenza in quanto in questo nuovo sistema il popolo non sarà più

«irreggimentato», come nell'epoca militare, ma «unito» con i suoi capi, così come da

parte di quest'ultimi non vi sarà più «comando», ma solo «direzione».117

Comte sostiene che gli antagonismi esistenti fra lavoratori e imprenditori, nella

società positivista verranno moderati e regolati dal potere spirituale.

Questo ordine però non deve più essere inteso come qualcosa di trascendente come

116 Esame sintetico del passato moderno nel suo insieme, cit., p.14-15117 op.cit. p. 55

era concepito nell'epoca teologica, bensì un ordine terreno che però si basa

esclusivamente su meriti morali, da contrapporre all'ordine temporale che invece si

basa sul potere e sulla ricchezza. Tale potere dovrà essere esercitato da uomini scelti

per i loro meriti morali che rappresenteranno la nuova classe sacerdotale.

Questa idea di sacerdozio è un altro recupero che Comte fa dalla teologia. Egli ritiene

infatti che tale idea possa essere usata anche nella moderna società positivista, in

quanto una «vocazione» di tipo sacerdotale è necessaria anche in coloro ai quali tale

società affida le maggiori responsabilità, siano esse sociali, politiche ed anche

produttive.

II

L'età della scienza - La scienza come cultura

Tous les bons eprits répètentdepuis Bacon qu'il n'y a connaissances réelles que celles qui reposent sur des faits observés

Cours de philsophie positive, 1er leçon

Come si è già visto in precedenza, Comte ritiene che, sebbene molte scienze abbiano

ormai raggiunto lo stadio positivo, la cultura intellettuale nel suo complesso e,

conseguentemente, l'organizzazione sociale che ne deriva, non sono ancora pervenute

a quest'ultimo stadio e questo fatto produce una situazione di «anarchia intellettuale»

che rende possibile la situazione di crisi politica e morale della società del suo tempo.

Egli inoltre osserva che mentre esistono e sono consolidate la fisica celeste, la fisica

terrestre (meccanica e chimica) e la fisica organica (vegetale e animale), manca del

tutto una «fisica sociale» che consenta di studiare, con rigore scientifico, i fenomeni

sociali e di pervenire così ad un ordine sociale determinato, dipendente da un

«sistema di idee generali», ossia dalla filosofia positiva.

Tale «sistematizzazione» (systématisation) presuppone però che venga chiaramente

definito il compito particolare di ciascuna scienza e l'ordine complessivo di tutte le

scienze. Il risultato può essere conseguito, partendo da un'idea di esigenza

organizzatrice del sapere derivata da Saint-Simon, attraverso una «classificazione

enciclopedica» delle scienze, che fornisca un quadro generale di tutte le conoscenze

scientifiche.

Tale «classificazione», proprio in quanto realizzata con caratteristiche

«enciclopediche» deve consentire di inglobare sistematicamente tutto il sapere

possibile e garantirne la completezza. Essa viene determinata anche basandosi sullo

sviluppo storico del sapere, derivando le scienze fondamentali le une dalle altre, e

realizzando una gerarchia che di fatto viene a riprodurre l'ordine di successione con

cui le scienze sono entrate nella fase positiva.

Questo non vuol dire che il sapere non avrà più uno sviluppo progressivo, al contrario

ciascuna scienza potrà progredire indefinitamente. Quello che viene stabilito è

solamente «l'ordine del sapere», vengono fissate una volta per tutte le relazioni fra le

scienze fondamentali, senza il pericolo di esclusioni, e con la certezza che tale

relazioni in futuro non verranno rivoluzionate da nuove branche della conoscenza.

L'enciclopedia delle scienze che deriva da tale processo risulta alla fine formata da sei

scienze fondamentali: matematica, astronomia, fisica, chimica, biologia e fisica

sociale o sociologia. (Con il Système de politique positive Comte ne aggiungerà una

settima: la morale).

Alla compiutezza nell'ordine dello sviluppo della società, che si ottiene con la «legge

dei tre stadi», corrisponde una necessità analoga nell'ordine delle strutture da

conseguirsi con la classificazione delle scienze.

Si tratta in sostanza di verificare la suddetta legge; infatti quando anche la fisica

sociale sarà diventata positiva, solo allora sarà possibile qualificare come «positivo»

lo spirito nel suo insieme.

Avendo il controllo, il governo della totalità delle conoscenze possibili la positività

diventerà lo spirito stesso, e l'età della scienza sarà definitivamente insediata.

Secondo Comte l'avvento di una età della scienza definisce le basi di una nuova

cultura; infatti l'attività scientifica deve essere qualcosa di più della ricerca della

verità, essa deve anche definire le condizioni della vita dello spirito nella totalità delle

sue dimensioni: intellettuali, etiche ed estetiche, ossia ciò che comunemente viene

definito come «cultura».

Questa idea di fare della scienza una cultura è un progetto molto più ambizioso di

quello di diffondere e sviluppare, più semplicemente, le conoscenze scientifiche ed

essa potrà essere conseguita con l'avvento dello spirito positivo.

Nel Système de politique positive la rigenerazione della Cultura, come quella della

Famiglia e quella della Patria, sarà uno degli obiettivi che verranno conseguiti con

l'avvento dell'età positiva, mentre dovrà essere abbandonata «la vecchia educazione

europea ancora essenzialmente teologica, metafisica e letteraria».118

Fare della scienza una cultura, ossia una categoria della spiritualità, significa

realizzare un'opposizione con la religione, equivale a creare qualcosa che sostituisca

la religione (e la metafisica) e renda peritura ogni idea del mondo che si rifaccia alla

rivelazione, al soprannaturale, all'astratto.

Questa distruzione delle credenze teologiche e delle astrazioni metafisiche da parte

dell'età delle scienze, non può essere fine a se stessa, in quanto per Comte «si

distrugge solo ciò che si rimpiazza».119

L'età positiva dunque prendendo il posto dell'età teologica deve assumerne anche le

funzioni e prendersi carico degli interessi più tradizionali dello spirito religioso. Si

tratta di assumere funzioni di carattere sociale, ma anche di assecondare la

realizzazione di bisogni spirituali ed affettivi dell'uomo.

La nuova cultura scientifica deve, quindi, alimentare spiritualmente una nuova

religione. Tale obiettivo può essere conseguito solo se la concezione scientifica del

mondo non resterà ridotta alla sua dimensione profana, ma assumerà in sé anche la

religiosità profonda dell'uomo. Da qui la necessità di instaurare la religione positiva

dell'umanità.

Per Comte inoltre la cultura scientifica deve avere anche un ruolo che sia utile, deve

diventare una cultura dell'utilità, nel senso che deve rimpiazzare una interpretazione

sterile del mondo (quella teologica e/o metafisica) con una concezione che consenta

di agire attivamente, che favorisca l'azione. Tale contrapposizione viene felicemente

118 Cours de philosophie positive, Schleicher, Paris, 1907, t. I, p.22119 Catéchisme positiviste, Prefazione

sintetizzata dal filosofo nella diade «utile/ozioso».120

«Utile», ma non «utilitario», come Comte stigmatizza con vigore, deprecando la:

«esorbitante preponderanza attualmente accordata agli interessi materiali» che

«troppo spesso porta [...] a compromettere gravemente l'interesse scientifico, e tende a

restringere le speculazioni positive alle sole ricerche che abbiano un'utilità

immediata».121

La scienza non deve limitarsi ai fatti, essa deve anche emanare delle leggi. Tali leggi

devono sì avere una funzione esplicativa (la legge di gravità spiega perché la terra

gira intorno al sole), ma devono anche avere una funzione di previsione. «Scienza

come previsione, previsione da cui azione».122

Nel Discours sur l'esprit positif, Comte insiste su questa capacità predittiva, su

«questa previsione che costituisce, sotto tutti i punti di vista, il principale carattere

dello spirito positivo».123

Conseguentemente la scienza permette di agire sul mondo ed è anche l'unico tipo di

conoscenza in grado di farlo efficacemente, contrariamente al teologismo, che aspira

ugualmente a questa azione, ma il risultato che ne deriva è del tutto chimerico, basato

su magia, incanto, immaginazione.

Per «agire» su basi scientifiche, per applicare la scienza, la strada da percorrere è

quella della tecnica (che Comte chiama «arti»). L'idea di un efficace rapporto fra

scienza e tecnica non è nuovo, prima di Comte già Cartesio sperava di poter pervenire

a:

delle conoscenze che siano assai utili alla vita, (in modo) che in sostituzione di questa

filosofia speculativa che si insegna nelle scuole, si (possa) trovare una pratica, con la

quale, conoscendo la forza e le azioni del fuoco, dell'acqua, dell'aria, degli astri, dei cieli

e di tutti gli altri corpi che ci circondano, così distintamente come conosciamo i diversi

mestieri dei nostri artigiani, noi le potremo utilizzare allo stesso modo in tutti usi che gli

sono propri, rendendoci così come padroni e possessori della natura.124

120 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 343121 op. cit., p. 330-331122 Cours de philosophie positive, cit., t. I, p. 35123 Discorso sullo spirito positivo, cit., p. 319124 R.Descartes, Discours de la méthode, ed. Classiques Français, Paris, 1995, VIe partie, p.79

Questa analogia di pensiero ci conferma che il positivismo di Comte si iscrive in

quella tradizione razionalista che parte proprio da Cartesio per arrivare fino a

L'Encyclopédie di Diderot e D'Alambert, aprendovi nuove prospettive ed offrendovi

nuovi sviluppi, in quanto ormai la tecnica non è più materializzata esclusivamente dai

«mestieri dei nostri artigiani», come ai tempi di Cartesio, ma si concretizza

soprattutto nell'industria. Per Comte quindi, l'età scientifica è anche

conseguentemente l'età industriale, un tema che egli ha assorbito da Saint-Simon.

III

La nascita della sociologia - La politica diventa scienza

L'Amour pour principe,et l'Ordre pour base;le Progrès pour but.

Discours sur l'ensemble du positivisme, 1848

Come si è visto l'obiettivo di Comte è quello di arrivare alla realizzazione della sesta

scienza fondamentale, la fisica sociale, che, dopo la stesura della 47a lezione del

Cours de philosophie positive, prenderà il nome di «sociologia». Un neologismo

ibrido, derivato metà dal latino e metà dal greco, creato dallo stesso filosofo, che per

giusitificarne la creazione scrive:

Credo di dover azzardare fin da ora questo nuovo termine, esattamente equivalente alla

mia espressione [...] di fisica sociale, per poter designare con unico nome quella parte

complementare della filosofia naturale che si riferisce allo studio positivo dell'insieme

delle leggi fondamentali proprie dei fenomeni sociali125

Egli mira a realizzare una scienza che utilizzando la legge enciclopedica, ossia

l'intero sistema delle scienze, operi un'analisi approfondita del comportamento

umano, dei gruppi sociali, dei bisogni dell'uomo. Una scienza che presupponga tutte

125 Corso di filosofia positiva, cit., vol. I, p. 179, nota a. Sembra che questa esigenza di dare un nome diverso alla nuova scienza fosse stata in realtà dettata dal fatto che uno studioso belga di statistica sociale, Adolphe Quenet, aveva nel frattempo fatto proprio, con significati diversi, il termine «fisica sociale».

le altre scienze, delle quali non è altro che una specie di sintesi, che però le sovrasti

tutte, in quanto esse, le altre scienze, fondate solo sull'osservazione e la

sperimentazione, sono assolutizzate e non danno garanzie di ordinare tutto, in quanto

scienze quantitative e non scienze morali, scienze di cultura o scienze sociali.

Questa nuova disciplina deve assumere nel sistema del sapere una funzione

totalizzante, che deve inglobare tutti i saperi, che deve cercare di esercitare una

sovranità su tutte le altre scienze, che deve far prevalere lo spirito d'insieme, senza

impantanarsi nel particolare, senza disperdersi nell'irrisorio, senza alimentare lo

spirito di dettaglio.

Una scienza della società, quindi, in grado di spiegare l'evoluzione del genere umano

ed anche di predirne il corso futuro, su basi scientifiche e non attraverso la magia, la

teologia, lo spiritualismo puro, come avveniva in passato.

Questa esigenza di conoscenza deve però viaggiare di pari passo con la necessità di

formulare le condizioni idonee a garantire la stabilità sociale in ogni dato momento

storico.

Da qui la necessità di mettere insieme «ordine» e «progresso», di combinare

cambiamento e stabilità, di studiare approfonditamente le due branche della nuova

scienza, che naturalmente chiama «statica sociale» e «dinamica sociale».

La società umana deve essere studiata nella stessa maniera in cui si studiano le

scienze della natura, essendo anch'essa soggetta a delle leggi di base come tutti gli

altri elementi in natura, alle quali però vanno aggiunte ulteriori complessità.

La scienza naturale, dice Comte, è riuscita a stabilire la legittimità dei fenomeni

naturali ed ha scoperto che questi fenomeni, dalla caduta dei corpi al movimento dei

pianeti seguono un sviluppo sequenziale ordinato. Essa è riuscita, nel mondo della

natura, a ridurre progressivamente lo spazio a disposizione del casuale, del fortuito,

dell'accidentale.

Il nuovo obiettivo è quello di predisporre un analogo sforzo per un nuovo campo

d'azione: la società umana.

Un altro aspetto rilevante per Comte, cui si è fatto già cenno in precedenza, è che

questo studio della società umana deve avere come modello le scienze naturali non

solo nei metodi empirici e nei sostegni epistemologici, ma anche negli effetti, che

pertanto devono risultare «utili» per gli uomini.

Lungi dall'essere di esclusivo interesse teorico la scienza sociale, come le altre

scienze naturali, deve, sostanzialmente, apportare dei benefici concreti all'umanità e

giocare un ruolo rilevante nel miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo.

Per trasformare a proprio vantaggio l'ambiente che lo circonda l'uomo deve essere in

grado di conoscere le leggi che lo governano, solo così sarà in grado di prevederle e

di modificarle a proprio vantaggio.

In tal modo, una volta stabilite le leggi di sviluppo dell'evoluzione umana ed

identificate e definite le basi per l'ordine sociale e la concordia civile, l'azione sociale

favorevole all'uomo potrà divenire possibile.

Credere, come è accaduto finora, che gli eventi sociali siano sottoposti al «disturbo

dell'intervento accidentale di un legislatore umano o divino», oppure che non seguano

leggi e siano arbitrari e fortuiti, non consente di prendere provvedimenti idonei a

migliorarne la sorte.

In una tale situazione gli uomini non possono che scontrarsi, gli uni contro gli altri,

nell'intento di perseguire i propri interessi individuali. Una specie di società di tipo

hobbesiano nella quale solo il potere da una parte e la sottomissione al potere

dall'altra consentono una parvenza di ordine, considerato appropriato e plausibile.

Ben diversamente andranno le cose, secondo il filosofo, allorché la sociologia sarà in

grado di insegnare agli uomini come riconoscere le leggi immutabili del «progresso»

e dell'«ordine» nelle faccende umane. Egli sostiene che non vi è nessuna possibilità di

ordine e di progresso, se non sottomettendo i fenomeni sociali, così come gli altri

fenomeni, alle leggi naturali che definiranno i limiti ed il carattere dell'azione sociale.

«Ordine» e «progresso» costituiscono, quindi, i due pilastri sui quali Comte intende

impostare tutto il suo sistema politico. A partire dal 1848 i due termini saranno scelti

anche come motto della nuova Société positiviste.

Tendere all'equilibrata combinazione di questi due elementi, ossia cercare un ordine

progressista, ma anche un progresso che sia una formazione continua dell'ordine, da

ottenersi cioè dall'ordine e non solamente nell'ordine, deve essere l'obiettivo della

politica positivista.

Nessun ordine reale può più stabilirsi, né soprattutto durare, se non è pienamente

compatibile con il progresso; nessun grande progresso potrebbe effettivamente

realizzarsi, se non tendesse in definitiva all'evidente consolidamento dell'ordine. [...]

Così, la politica positiva sarà soprattutto caratterizzata, nella pratica, dalla sua capacità

così spontanea a soddisfare questa semplice indicazione, che l'ordine e il progresso vi

appariranno direttamente i due aspetti necessariamente inseparabili di uno stesso

principio.126

Una società nella quale questi due concetti siano messi in contrapposizione, dove

esista un irriducibile antagonismo tra un partito che si rifà alla tradizione od alla

anacronistica restaurazione, ed un partito del movimento, rivoluzionario che vuol

pervenire con ogni metodo alla trasformazione sociale, corre gravi rischi, non è una

società che può svilupparsi e progredire pacificamente. «Caotica è la società in cui

modi di pensare contraddittori e idee ispirate a filosofie incompatibili si

giustappongono».127

L'ordine senza progresso rappresenta un rischio d'immobilismo in cui prevale lo

spirito retrogrado e reazionario che vuole conservare le situazioni esistenti, così come

il progresso senza l'ordine può portare all'imprudenza e all'avventurismo, al prevalere

dello spirito anarchico o rivoluzionario, alla sperimentazione fine a se stessa e

avventurosa, lasciando tutto alla fine in uno stato caotico e problematico, in una

situazione di generale insoddisfazione.

Nello stadio teologico l'«ordine» feudale-militare ha impedito, per lungo tempo il

«progresso», ossia lo sviluppo dell'uomo, che solo alla fine è stato possibile, grazie

soprattutto alla Riforma protestante e alla Rivoluzione francese.

Questi due fondamentali eventi sono però espressioni dello spirito metafisico, spirito

nel quale prevale la componente anarchica che crede di poter realizzare il

«progresso» senza l'«ordine».

126 op. cit., vol. I, p. 48127 R. Aron, Les Etapes de la pensée sociologique, (1967), (tr. it. Le tappe del pensiero sociogico, di A. Devizzi),

Mondadori, Milano, 1989, p.105

Due opposte situazioni, quella teologica e quella metafisica, entrambe negative, come

abbiamo visto, due tesi contrapposte, ugualmente false dal punto di vista teorico, che

però in pratica assumono un diverso valore per Comte. Non è difficile infatti capire

che egli attribuisce all'«ordine» conservatore delle virtù che egli è ben lungi dal

riconoscere al «progresso» rivoluzionario. Nei confronti dei rappresentanti del

pensiero anarchico e rivoluzionario e di Rousseau in particolare, egli ha spesso parole

molto dure.128 Egli dimostra, senza ombra di dubbio, di preferire l'età teologica all'età

metafisica, il cui carattere critico e distruttivo è stato un male storicamente

necessario, ma sempre un male. L'età teologica al contrario, per quanto superata, ha

rappresentato un modello nel complesso non disprezzabile, modello al quale la

nascente organizzazione positivista può ispirarsi per realizzare il suo sistema politico.

Nel Catéchisme positiviste sostiene che bisogna «obbligare l'avvenire a regolare tutto

ciò che aveva regolato il passato, ma con altro spirito e in modo più perfezionato»129

La concreta realizzazione di tale sistema potrà verificarsi solo attraverso

l'applicazione delle leggi fondamentali derivate dalla sociologia e dalle sue due

branche fondamentali: la «statica sociale» e la «dinamica sociale».

La «statica sociale» ha il compito di esaminare, con grande rigore metodologico, e di

descrivere, con la massima precisione possibile, i legami che nelle società uniscono

in ogni singola epoca storica, le idee, i costumi e le istituzioni civili dei popoli; queste

azioni e reazioni dei diversi elementi del corpo sociale vanno analizzate svincolate

dal movimento evolutivo al quale tutto il sistema è soggetto. Essa deve

sostanzialmente enumerare gli elementi della società, indicarne la loro importanza e

la loro funzione generale ed astratta, tenendo comunque presente che ogni relazione

definita, concreta fra questi elementi è comunque subordinata alla legge

dell'evoluzione sociale e quindi allo studio della «dinamica sociale».

Una speciale attenzione viene dedicata da Comte in questa fase di studio a tre aspetti

particolari: l'istinto altruistico, che egli pone alla base dell'etica; l'istinto della

famiglia che invece è la base delle istituzioni sociali; e infine la coscienza del dovere,

che, come si è già visto, egli antepone al diritto.

128 Corso di filosofia positiva, cit., vol.II, p. 143129 cit. in A. Zanfarino, op. cit., p. 203

Questi tre elementi messi insieme consentono a Comte di delineare una visione

dell'etica con forti connotati sociali, un'etica che deve essere diffusa e praticata nella

società positivista, che deve essere sviluppata fra i giovani mediante l'educazione

positivista, creando in essi un forte senso di «solidarietà», un sentimento che «collega

ognuno di noi all'esistenza dell'umanità considerata nell'insieme dei tempi e dei

luoghi».

La «dinamica sociale», a sua volta, ha come scopo quello di studiare il movimento

continuo delle società, di determinare la successione delle fasi della vita sociale che

definisce, successione che preannunzia la legge dell'evoluzione dell'umanità; essa ha

come obiettivo quello di dimostrare la connessione, nelle sue linee generali, di questa

legge evolutiva con la «legge dei tre stadi».

Scorrendo gli ultimi volumi del Cours de philosophie positive, vi troviamo una

grande quantità di analisi storico-sociali con le quali il filosofo cerca di comprovare

la validità di questa sua legge. In realtà egli non pensa veramente di poter fondare

tale validità sulle sole constatazioni empiriche, il suo scopo è quello di provarne la

logicità, di evidenziarne il carattere «inevitabile e indispensabile» insito nella natura

stessa dell'uomo. Le suddette analisi pertanto vogliono essere non tanto delle prove

dirette, quanto delle conferme di questa sua teoria, e proprio tale larga disponibilità di

conferme, tale fecondità sarebbe, per Comte, la prova dell'esistenza di un ordine, di

una «legge», appunto, che regola l'apparente caos dello sviluppo dell'umanità sia

nelle sue conoscenze, sia nelle sue istituzioni, sia nelle sue consuetudini.

Dopo la morte di Clotilde de Vaux, il binomio «Ordine e Progresso» si arricchisce di

un altro elemento: l'Amore, che diviene il «principio» guida di tutta la filosofia

comtiana, mentre l'«Ordine» continua ad essere il «mezzo» per pervenire allo scopo

finale il «Progresso».

Questo è per Comte: «il carattere fondamentale che il positivismo inaugura,

organizzando tutta la nostra esistenza, individuale e sociale, con una salda unione tra

il sentimento, la ragione e l'attività».130

Amore inteso come espressione morale della nostra natura, unica che «tende a far

130 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 713

immediatamente prevalere la socialità sull'individualità»,131 amore e non vaga, astratta

fraternità, evocata dallo spirito metafisico derivante dalla Rivoluzione francese,

amore come sentimento che tende ad accentuare il significato sempre più preminente

dell'eticità nella vita pubblica. Questa crescente importanza dell'etica nel sistema

politico positivo, viene confermata dalla elevazione di quest'ultima, negli ultimi anni

della vita di Comte, a settima scienza fondamentale.

Sociologia, quindi anche come fusione fra scienza ed etica, che si ponga come scopo

anche quello di analizzare i sentimenti umani, di educare le passioni sociali e di

ridisegnare la funzione etica e politica delle classi sociali.

Fin dalla prima giovinezza Comte aveva dimostrato di provare grande rispetto per i

proletari e di nutrire una sincera preoccupazione per le loro condizioni di vita. Già nel

1819, a soli ventun anni, scriveva all'amico Valat:

...questa classe di uomini laboriosi, franchi, degni di stima, che tutti e due amiamo, è

oppressa, indegnamente depredata dai suoi superiori. Che il frutto del suo lavoro le

spetti tutto intero; che essa cessi di alimentare il lusso infame e la bassa oziosità dei suoi

padroni. Che l'ordine sociale, fino ad ora organizzato a vantaggio di gente inutile, sia

interamente organizzato a vantaggio di gente utile; ecco, amico mio, un dovere per noi

che usciamo dalla classe degli oppressi e che possiamo contribuire un pò, con i nostri

lumi e con le nostre facoltà, ad effettuare questo grande cambiamento. [...] Siamo in

rapporto con gli uomini per lavorare al miglioramento della loro sorte.132

Migliorare le sorti dei proletari, rimettere in equilibrio questa situazione di grave

ingiustizia, una presa di coscienza delle esigenze del proletariato che anticipa di

trent'anni il Manifesto del partito comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, e

che costituisce un obiettivo che potrà essere raggiunto grazie alla sociologia ed

all'affermazione dello spirito positivo.

Più avanti si vedrà come Comte pur condividendo le preoccupazioni del comunismo

nei confronti delle condizioni di vita del proletariato, ne combatta i metodi che esso

intende utilizzare per risolvere tali problemi, ed indichi, anziché nella lotta di classe,

131 op.cit. p. 609132 lettera a Valat del 24 settembre 1819, Correspondence générale et confessions, cit.

nell'affermazione dello spirito positivo la strada da percorrere. Tale soluzione infatti

permette di esaltare la dignità del proletariato in quanto prevede, il suo inserimento

fra le componenti del potere spirituale.

Un altro aspetto della vita sociale che per Comte richiede una rivalutazione è quello

relativo alla condizione femminile. La «destinazione sociale delle donne» nel regime

positivo viene affrontata con determinazione in tutte le sue ultime opere.

Nel Discours préliminaire sur l'ensemble du positivisme egli afferma:

Questo sesso è certamente superiore al nostro, per ciò che riguarda l'attributo più

fondamentale della specie umana, la tendenza a far prevalere la socialità sulla

individualità. Per questo titolo morale indipendente da ogni fine materiale, il sesso

femminile merita sempre la nostra tenera venerazione, come il tipo più puro e più

diretto dell'Umanità, che nessun emblema rappresenterà degnamente in forma

maschile133

Egli però non vede nell'emancipazione della donna il perseguimento di una

«uguaglianza dei sessi», considerata come una giustificazione teorica della

scostumatezza,134 bensì la valorizzazione di quelle qualità che il positivismo intende

promuovere e che, da sempre, fanno parte dello spirito femminile, quali l'altruismo, la

devozione, l'attaccamento alla famiglia, l'amore inteso come espressione di

sentimenti e non come pratica sessuale, il rispetto caritatevole verso i più deboli,

l'interesse nei confronti dell'educazione.

Le donne dispongono di una maggiore sensibilità che consente loro di meglio

percepire l'importanza dei diversi problemi sociali, hanno una moralità più accentuata

rispetto agli uomini e sono in grado di cogliere con maggiore prontezza i disagi e le

manchevolezze della società.

Le donne come elemento portante del sistema che consente l'auspicata «salda unione

tra il sentimento, la ragione e l'attività», destinate ad esercitare, nell'ambito delle

mura domestiche, una funzione sociale simile al «sacerdozio».

133 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 607134 J. Grange, op. cit. p.217

La vita familiare del resto rappresenta, nell'ambito della società positivista, il nucleo

centrale della vita sociale. «La sola vera felicità è quella che deriva soprattutto dalla

vita domestica».

Il ruolo della donna nella famiglia è determinante: per smussare i difetti degli uomini

(egoismo, orgoglio, ecc.); per seguire l'educazione dei figli; per organizzare quella

particolare forma di culto previsto dalla nuova religione dell'Umanità, il «culto

domestico». Esse ricoprono un ruolo specifico nella vita quotidiana che è quello di

mediatrici del Grande-Essere, un ruolo di sacerdotesse (prêtesses) dell'Umanità.

Questa funzione le pone al centro della vita familiare, dove svolgono un ruolo

«complementare» e non uguale a quello degli uomini. Esse sono inferiori all'uomo

nel campo temporale dominato dall'attività, ma superiori ad esso nel campo spirituale

dominato dall'affettività, dal sentimento, pertanto, con l'avvento del «regime

normale» positivista e la subordinazione della politica alla morale l'elemento affettivo

insito nella donna sarà l'ispiratore del potere spirituale e il regolatore del potere

temporale.

Le donne inoltre essendo naturalmente disposte all'altruismo ed alla generosità,

soprattutto nella loro veste di madri, devono rappresentare una difesa contro le

tendenze bellicose presenti nella società contemporanea, ed interponendosi fra gli

eserciti ed anche fra le classi devono rendere impossibili le guerre, le sommosse e le

rivoluzioni, una specie di «baluardo spontaneo dell'Ordine».135

Ruolo rilevante, quindi, che però resta confinato fra le pareti domestiche ed anche la

partecipazione al potere spirituale è delimitata all'interno della famiglia, ambito in cui

il grande sacerdote si riserva comunque d'intervenire alla luce del principio

positivista della soppressione della vita privata.

Questa assenza di partecipazione al potere temporale e quindi alle scelte politiche,

generalmente diffuso e che terminerà solo con l'ammissione delle donne al suffragio

universale, viene compensata con un forte riconoscimento del ruolo della donna nella

famiglia, che nel tempo, sia l'evoluzione dei costumi sia lo stesso diritto hanno

gradualmente confermato.

135 P. Arnaud, op. cit., p. 37

Per svolgere tali compiti e fare fronte a tali responsabilità le donne non devono essere

costrette ad andare a lavorare fuori di casa, la società deve prevedere al loro

sostentamento, «l'uomo deve nutrire la donna»136 e devono avere accesso ad una

educazione completa; cosa tutt'altro che scontata in un'epoca in cui l'educazione

borghese ed il codice civile relegavano le donne in una posizione di permanente

inferiorità rispetto agli uomini137.

IV

Dalla repubblica positiva alla repubblica universale

Le gouvernement y serait d'abord spirituel bien plus que temporel

Système de poltique positive, T. Ier, chap. IIeme, 1851

Comte si è sempre professato fervente repubblicano, e secondo lui la repubblica

rappresenta l'unica forma istituzionale possibile per arrivare al «regime normale»,

ossia alla società positivista che porrà fine alla «crisi occidentale».

Repubblica quindi, ma non repubblica parlamentare, in quanto Comte non considera

necessario passare attraverso il suffragio universale e la rappresentanza politica; anzi

egli ritiene illusoria e mistificatrice l'idea di uguaglianza, che considera inefficace ai

fini di una reale equità sociale. Egli arriva ad auspicare che la parola égalité venga

eliminata dal motto nazionale ritenendo le altre due: liberté e fraternité sufficienti

allo scopo.138 Questo non significa che egli, rifiutando questi strumenti "democratici",

sia favorevole al potere di un solo individuo o che auspichi il governo di una

minoranza, di una casta, ed il suo atteggiamento nei confronti del «diritto» di voto è

coerente con l'idea, già evidenziata precedentemente, di non ammettere diritti, ma

solo doveri.

Il suo percorso filosofico esce dagli schemi consueti e cerca di arrivare alla

definizione di una forma nuova di potere con la quale affrontare i problemi più

136 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 764137 Negli anni '70 del XX secolo, in piena «rivoluzione femminista», il punto di vista di Auguste Comte sul ruolo della

donna nella società venne aspramente criticato e definito, forse un pò troppo sbrigativamente, «aberrante». vds. Sarah Kofman, Aberrations, le devenir femme in Auguste Comte, Flammarion, Parigi, 1978

138 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p.768

importanti quali l'integrazione sociale del proletariato nel sistema industriale e la pace

internazionale, rifiutandosi di utilizzare lo strumento parlamentare.

1. Il rifiuto del parlamentarismo

Le motivazioni che secondo Comte giustificano tale rifiuto sono di tre ordini.

Innanzi tutto egli, osservando la pratica politica quotidiana, è arrivato a ritenere il

parlamentarismo un regime di intrigo e corruzione. Le aule parlamentari sono il

campo d'azione di letterati, giuristi e professionisti della politica, che non hanno alcun

legame con il popolo, che ignorano le difficoltà sociali, che hanno scarse conoscenze

politiche e che sono estranei al problema dell'industria. Il loro unico scopo è quello di

ricostruire una casta di notabili e le loro decisioni prese a nome di tutti sono spesso

guidate esclusivamente dalla loro ambizione personale.

In secondo luogo egli sente la necessità di differenziare la sua visione politica da

quella liberale del suo tempo, che invece è favorevole al sistema parlamentare.

Secondo il filosofo la visione liberale in realtà tende a realizzare un governo di

notabili ed a nascondere la corruzione parlamentare dietro la maschera del

costituzionalismo.

La libertà eccessiva, l'esternazione dell'egoismo individuale, la combinazione degli

individualismi non hanno mai portato ad un sistema che garantisca una politica giusta

ed una vita sociale equa.

Questi borghesi139, sostenitori delle Restaurazioni, propugnatori delle Carte

costituzionali, impastati di rispettabilità e di moderazione, si differenziano molto

dalla visione della vita di Comte, caratterizzata dall'impegno totale, dalla passione in

filosofia ed in politica e dal rifiuto dell'opportunismo e della conciliazione.

Egli è anche fortemente critico nei confronti della filosofia borghese dell'arricchitevi

con il lavoro ed il risparmio ed arriva a dire:

il cieco comportamento delle classi medie ha involontariamente associato i proletari a

questa politica corruttrice, facendo loro ritenere positiva l'universale imitazione delle

abitudini di risparmio che convengono solo ad esse.140

139 Comte usa raramente il termine borghesia, preferisce di solito «classe intermedia».140 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p. 592 (la traduzione riportata è però personale in quanto quella di A.

Negri risulta non esattamente rispondente al testo originale)

Il sistema per migliorare le condizioni di vita della classe più numerosa e più povera

non è quello di invitarla ad arricchirsi; il progresso non consiste nel miglioramento

delle condizioni materiali - eccezion fatta per coloro che non possono godere di

condizioni di vita considerate decenti - bensì nella cura delle condizioni morali che

devono ispirarsi alla virtù romana ed alla carità cristiana.

Questa presa di distanza dal liberalismo è ritenuta necessaria in quanto, malgrado le

differenze fondamentali, tra positivismo e liberalismo vi sono anche delle contiguità

che possono indurre in errore. Infatti entrambi hanno in comune l'idea di governo

come espressione della società, pur differenziandosi nelle modalità da scegliere per

arrivare a tale espressione, che per i liberali va ricercata, appunto, nella

rappresentanza e nel suffragio censitario, mentre il positivismo si affida ad una più

generica forma di opinione pubblica. Altri aspetti comuni sono il ruolo rilevante

affidato alla storia, l'importanza attribuita alla necessità di uno sviluppo crescente

dell'educazione, la convinzione dell'esigenza di arrivare alla creazione di un potere

spirituale laico.

L'ultimo motivo che induce Comte a rifiutare il parlamentarismo è quello più

importante in quanto è relativo a delle ragioni filosofiche fondamentali.

La solidarietà non può essere il frutto di un mero conto utilitaristico, l'interesse per la

cosa pubblica non può essere ottenuto, conseguentemente, sommando delle decisioni

individuali. Le persone normali sono prese dai sentimenti, dagli affetti, dagli interessi

individuali ed i loro giudizi non sempre possono essere lucidi e distaccati. Solo alcuni

individui dotati di rare qualità ed in possesso di un elevato livello d'istruzione e di

altissimo senso morale sono i soli in grado di capire istantaneamente qual'è l'interesse

collettivo e di lavorare per realizzarlo.

Per Comte «il principale carattere del regime finale dell'Umanità» consiste proprio

nella forza morale che viene espressa da «l'opinione pubblica». Essa è preziosa in

quanto rappresenta l'unico «giudice naturale» dell'ordine morale ed il «principale

regolatore» dell'ordine politico.

Protagonisti principali di questa opinione pubblica sono essenzialmente quei proletari

e quelle donne che egli esclude dal potere temporale, affidando loro, però, un

mandato più elevato, quello della forza morale il cui uso deve ispirarsi ad «una

comunione sistematica dei principi universali».

Questa «opinione pubblica» verrà via via formandosi nelle riunioni pubbliche, nei

clubs, ed anche tramite «l'alto insegnamento» dei filosofi-sacerdoti, ma mai

attraverso la stampa periodica, nei confronti della quale Comte manifesta in ogni

occasione una sfiducia ostile.141

2. La dittatura repubblicana

La soluzione politica necessaria per arrivare alla «transizione finale» prospettata da

Comte è una specie di «dittatura repubblicana».

La fase «critica» che ha portato alla Rivoluzione francese, ha anche consentito lo

sviluppo graduale della civilizzazione industriale, la quale però si è insediata

«empiricamente», rimpiazzando quella militare ed imponendosi socialmente ed

economicamente senza però acquisire il potere politico.

Questo cambiamento ha comportato la graduale espulsione dal tessuto sociale degli

sfaccendati (già Saint-Simon invitava a «cacciare i calabroni e chiamare le api» 142)

mentre è diventato sempre più importante il ruolo dei lavoratori (manuali ed

intellettuali). Il lavoro quindi come motore della nuova società che risulterà così

formata da un solo popolo di lavoratori. Questo non vuol dire però una società senza

classi e senza capi, in quanto ogni corpo ha una testa, il governo di tutti su tutto è

impossibile.

La soluzione più razionale, quindi è quella di affidare l'amministrazione ed il governo

delle cose temporali, ai capi principali delle imprese industriali.143

Con questo termine generico Comte si riferisce in particolare ai banchieri, che

secondo lui, sono «i veri generali dell'industria moderna» e pertanto è a loro che deve

essere affidata «la supremazia temporale dell'Occidente».144

Questa scelta lascia intendere che egli aveva già colto l'importante ruolo che il credito

141 vds. Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p.609 ss142 cit. in J. Grange, op. cit., p.69143 Discorso sull'insieme del positivismo, cit. p.598144 lettera a M. Deullin del 6 gennaio 1852, in Corresponance générale et confessions, cit. t.VI

era chiamato a svolgere nella vita delle società industriali, e con essa intende

realizzare una sorta di «plutocrazia», termine che però egli non utilizza mai,

temperata dalla presenza del potere spirituale. Per questa nuova forma istituzionale

egli conia il termine «sociocrazia», per sottolineare che il solo potere legittimo

appartiene, indivisibilmente, alla società nel suo insieme e che nessuna classe,

nessuna categoria può pretendere di arrogarsi separatamente una parte di sovranità.

Questi capi temporali, ai quali Comte attribuisce il nome di «dittatori sociocratici» ed

i cui compiti effettivi verranno illustrati più avanti, pur disponendo delle necessarie

capacità tecniche, mancano della «visione elevata, del sentimento», sono affetti

ancora da pericolose forme di egoismo e «desiderio di ricchezze», pertanto non sono

affidabili come funzionari al pubblico servizio. Essi non sono l'emanazione dell'intero

corpo sociale, ma costituiscono una categoria che naturalmente tenderebbe a

rimpiazzare la vecchia aristocrazia.

Questo comporta, in attesa di una maturazione politica e di una «educazione sociale»,

che agli industriali vengano affidate mansioni subordinate, mentre il potere

«centrale» dovrà essere affidato nelle mani di alcuni «degni proletari» che,

unitamente ai filosofi, svolgeranno il ruolo di «dittatori repubblicani».

Due diversi tipi di dittatura quindi, una attinente all'ordine temporale, quella

sociocratica, e una relativa all'ordine spirituale, quella repubblicana.145 Un tentativo di

conciliare Dittatura e Libertà nel quale Comte vede la sola garanzia per l'affermarsi

dell'Ordine e del Progresso.

3. L'Europa delle regioni - La repubblica universale.

Il disegno politico di Comte non si limita al panorama francese, ma si estende, con un

ampliamento graduale, verso una visione più vasta della società che porta a

modificare la concezione stessa di Stato.

Egli vede nello Stato moderno una organizzazione giuridico-amministrativa e militare

efficace, una tappa necessaria attraverso la quale tutti i popoli devono passare, ma che

non rappresenta lo sbocco finale, una «figura politica essenziale, ma transitoria».146

145 op. cit., p. 599146 J. Grange, op. cit., p. 70

In esso vi è qualcosa di destinato ad un progressivo indebolimento in favore di una

nuova entità politica «l'Europa delle regioni». Questa, a sua volta, non costituisce che

una tappa verso la società delle nazioni, la «repubblica universale».147

Questa eliminazione degli stati nazionali non va vista come qualcosa di

rivoluzionario, cosa che del resto non rientra nelle concezioni di Comte, ma come una

evoluzione naturale, conseguente allo sviluppo positivo delle diverse comunità

sociali, e che fa tesoro delle acquisizioni istituzionali precedenti e dell'esperienza

politica accumulata da esse, il tutto allo scopo di arrivare ad un obiettivo più elevato,

più ambizioso e con l'intento di dare una dimensione più concreta alla politica. La

Patria non sarà più nazionale, ma regionale; l'insieme delle regioni, intese in senso

temporale, sarà unita da un unico spirito, il potere spirituale. Nascerà una nuova

forma istituzionale «la sociocrazia finale»148 nella quale il concetto di «solidarietà»

sarà ancora più esteso, e l'idea di «cittadinanza» avrà una dimensione meno formale,

meno astratta, e legata soprattutto all'aspetto «morale».

La Francia e l'Italia dovranno essere le prime a prendere la strada verso l'Europa, in

quanto considerate in possesso delle caratteristiche necessarie per promuovere la

«transizione finale tra Patria e Umanità».149 La città di Parigi sarà destinata a diventare

la «metropoli» spirituale e culturale dell'Europa e del mondo, mentre la lingua

italiana potrebbe, «in virtù della sua preminenza poetica e musicale»,150 essere scelta

come lingua comune europea.

V

Il sistema industriale come via verso la pace

Le mouvement industriel tel que l'interprète Comte n'est pas definì d'abord par le developpement des forces productives

ou l'emploi des machines mais par la substitution du travail (ou action sur la nature) à la guerre comme activité prédominante[...]

R.Aron, La société industrielle et la guerre, 1959

147 Système de politique positive, cit., t. IV, p. 355148 op. cit., t. III, p. 363149 Appel aux conservateurs, cit. p. 25150 Système de politique positive, cit., t. IV, p. 482

1. La transizione dal sistema militare al sistema industriale

Auguste Comte, come molti altri pensatori nella prima metà del XIX secolo, ritiene il

lavoro e lo sviluppo industriale come i tratti salienti della modernità e del progresso,

più importanti ancora dell'idea di Stato, delle teorie del contratto sociale o

dell'individualismo delle tesi liberali. Il lavoro è ormai l'attività più rilevante, quella

che interessa la maggior parte degli uomini e soprattutto consente di conquistare la

ricchezza, il prestigio e, di conseguenza, il potere.

La vera classe dirigente è ormai composta in prevalenza da banchieri, industriali,

ingegneri, scienziati, mentre l'aristocrazia ha via via perso il suo ruolo di predominio.

Lo sviluppo industriale però non è, secondo Comte, solo il risultato dell'incremento

delle forze produttive o dell'impiego delle macchine, ma è innanzi tutto dovuto al

ruolo assunto dal lavoro che ha sostituito la guerra come attività predominante 151 ed il

progressivo cambiamento della vita politica è passato attraverso «un secolare

processo di trasformazione dell'organismo collettivo da una economia di tipo militare

ad una economia di tipo prevalentemente industriale».152

Il movimento industriale si è sviluppato soprattutto grazie ad una «spinta coesiva

dello spirito militare»153 che per prima ha posto le condizioni per la divisione del

lavoro, e costituisce la «principale base necessaria del grande movimento di

ricomposizione elementare che ha sin qui caratterizzato la società moderna».154

La graduale trasformazione dei costumi militari e la loro progressiva decadenza, ha

portato a concentrare in una «minoranza specializzata» lo «spirito militare» ed a

liberare le classi laboriose destinandole verso le attività industriali.

Decadenza provocata, secondo Comte dallo stesso progresso scientifico, infatti:

...quali che siano [...] gli incontestabili ed eminenti servizi che, in epoca moderna, la

filosofia naturale ha reso all'arte della guerra, lo spirito scientifico [...] è naturalmente

incompatibile con lo spirito militare.155

151 R. Aron, La société industrielle et la guerre, Plon, Parigi, 1959, p.12152 D. Fisichella, op. cit., p.128153 ibidem154 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p. 19155 op. cit., IV t., p. 382-3

Incompatibilità dovuta anche all'incapacità dei «guerrieri più autentici» di cogliere

l'importanza di un graduale adattamento dell'arte militare alle prescrizioni della

scienza.

Di pari passo con la decadenza dello «spirito militare» si assiste ad un potenziamento

della produzione e ad una «tendenza progressiva ad economizzare gli sforzi umani,

sempre più rimpiazzati con forze esterne»,156 ossia ad una crescente adozione delle

macchine ed al conseguente miglioramento delle condizioni materiali dell'attività

produttiva.

Tale crescente meccanizzazione costituisce «l'aspetto più filosofico dell'industria,

concettualmente destinata, sotto l'ispirazione della scienza, a sviluppare l'azione

razionale dell'umanità sul mondo esterno»157 e rappresenta l'origine dello straordinario

sviluppo dell'industria nell'epoca moderna.

Sviluppo che consente di produrre di più con meno sforzo, che comporta

l'internazionalizzazione degli scambi, che produce l'elevata specializzazione derivata

dal progresso tecnico e che è destinata a svolgere un ruolo fondamentale nell'opera di

ricostruzione e di riorganizzazione della società civile.

2. Il pacifismo come aspetto fondamentale della società industriale

La contrapposizione fra civiltà militare e civiltà del lavoro, fra lo spirito di conquista

e lo spirito industriale è, per Comte, un retaggio della storia. Inizialmente il lavoro era

subordinato alla guerra, lo schiavo o il servo erano sottomessi al guerriero. Poi nel

tempo la guerra è stata gradualmente sottomessa al lavoro ed all'industria;

quest'ultima, sviluppatasi all'inizio spontaneamente grazie soprattutto a delle

occasionali coincidenze ed a delle fortunate combinazioni fra diversi vecchi poteri,

nel tempo è stata valorizzata in quanto «mezzo indispensabile della supremazia

militare»158 ed infine è stata innalzata a «scopo permanente della politica europea che

pertanto ha messo la guerra al suo diretto servizio».159

La fase della industria al servizio della guerra e la fase della guerra al servizio

156 Cours de philosophie positive, cit., t. V, p.248157 op.cit., t. VI, p. 175158 R. Aron, La société industrielle et la guerre, cit. p.11159 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p.80

dell'industria sono, secondo Comte, fasi «transitorie» che porteranno nel «regime

finale» alla fase definitiva, cioè quella della pace al servizio dell'industria. Il fatto di

considerare la fase della guerra al servizio dell'industria come transitoria e non, come

sostiene la teoria marxista dell'imperialismo, una fase costante ed inevitabile, almeno

fintanto che il capitalismo non verrà abbattuto per realizzare la società comunista

deve attribuirsi, secondo Aron160, alla visione che lo stesso Comte ha dell'industria e

dello spirito industriale. Egli infatti non attribuisce al termine industria il senso

generalmente utilizzato di attività lavorativa alternativa all'agricoltura o al

commercio. L'industria è qualcosa di più esteso che ingloba, oltre ai mezzi di

produzione, alle fabbriche ed alle officine, anche l'agricoltura il commercio, il

credito. La cosa che la definisce è soprattutto il «lavoro regolare e libero».161

La solidarietà industriale è «necessariamente fondata sull'emancipazione universale»162

e produce la possibilità da parte di ognuno di dedicarsi ad una attività lavorativa,

secondo le sue attitudini e le sue inclinazioni, e comporta la soppressione del regime

delle classi e la scomparsa della trasmissione ereditaria delle professioni.

L'«aberrazione» della guerra, secondo una visione che Aron definisce di «ottimismo

intemerato»163, non è più compatibile con «l'istinto caratteristico della socievolezza

moderna» e Comte si rifiuta di considerare che, una volta pervenuti alla «vera

riorganizzazione intellettuale», sia ancora possibile scatenare nuove «guerre generali

interamente incompatibili con le più tenaci disposizioni di tutte le popolazioni

civilizzate».164

Questo suo rifiuto di considerare impossibile per il futuro il ripetersi di questo

fenomeno che aveva caratterizzato le epoche precedenti, va visto alla luce di due idee

che caratterizzano, in qualche modo, la sua visione della storia: la già citata

convinzione della radicale opposizione tra spirito militare e spirito industriale e la

persuasione che i fenomeni contrari allo spirito generale dell'epoca positiva siano

destinati scomparire. Egli infatti non ammette, non considera logico il caso di una

160 R. Aron, La société industrielle et la guerre, cit. p.11161 op. cit., p.12162 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p. 71163 R. Aron, La société industrielle et la guerre, cit. p.14164 Cours de philosophie positive, cit., t. VI, p.238

società che possa pensare follemente di autodistruggersi, non accetta l'ipotesi di far

ricorso ad un fenomeno dalle conseguenze estreme come la guerra, quando ciò ha

perso ogni utilità. L'ipotesi che la pace diventerà permanente, secondo lui, non ha

alternative, e la nuova scienza politica dovrà avere come scopo la ricerca della pace.

Lo spirito positivo o scientifico e la violenza non possono convivere, si escludono a

vicenda, così come il sistema industriale non si concilia con le guerre, con i conflitti

e, pur avendo come scopo quello di estendersi a tutto il pianeta, dovrà utilizzare per

imporsi dei mezzi diversi da quelli utilizzati dal colonialismo o dall'imperialismo.

3. Il ruolo civilizzatore dei valori militari

Nonostante l'opposizione fra spirito militare e spirito industriale e l'incompatibilità fra

guerra e industria, Comte ritiene necessario non disperdere quei valori rappresentati

dalle «antiche virtù militari», che devono entrare a fare parte della nuova solidarietà.

Il cameratismo, il coraggio, lo spirito di sacrificio, il senso del dovere, la disciplina, la

dedizione ad una causa comune sono gli aspetti positivi dello spirito militare e questi

vanno utilizzati, valorizzati ed integrati nel sistema pacifico,165 anche per contrastare la

tendenza all'individualismo ed all'egoismo delle classi intermedie, dei capi

d'industria, dei commercianti.

Questa nuova solidarietà non dovrà più derivare dalla necessità di difendersi, di

proteggersi dall'aggressione di altri popoli, dalla «pressione dall'esterno», e neppure

dall'identificarsi in una razza, in una nazione, in una religione, ma piuttosto

dall'adesione all'idea positiva di un mondo comune, la Terra, e dal sentimento di

appartenenza ad un «popolo unico», L'Umanità, ed alla sua storia.

VI

L'industria ed il problema de «l'incorporazione sociale» del proletariato

...c'est l'apparition inevitable et sans doute prochainedes masses prolétaires sur la scène politque, où elles

n'ont encore été que des instruments, et où leur introduction personelle changera nécessariament toute la physonomie des luttes actuales.

Lettre à John Stuart Mill, 17 janvier 1842

165 Système de politique positive, cit., t. III, p.57 ss.

L'affermarsi progressivo del sistema industriale ha comportato, come conseguenza, lo

svilupparsi di un nuovo, rilevante fenomeno sociale, quello delle masse proletarie,

dovuto all'afflusso verso i centri urbani degli uomini che, a causa dell'aumento

continuo della popolazione, non trovavano più lavoro nelle campagne, ed alla loro

concentrazione nelle fabbriche e nei sobborghi. Questo ha provocato la nascita di un

«antagonismo», di una opposizione aperta o latente fra la classe lavoratrice e la classe

imprenditoriale, destinato a rappresentare, in avvenire, uno dei punti cruciali della

vita politica e sociale.

Secondo Comte, invece, questo aspetto è destinato ad assumere un ruolo secondario

in quanto esso è dovuto esclusivamente all'attuale cattiva organizzazione della società

industriale, alla «mancanza di un impulso che sia abbastanza generale da coordinare

il tutto senza turbare nulla, [...]. La vera soluzione sarà possibile solo quando sarà

istituita la coesione civica»166 ed il proletariato avrà trovato il suo ruolo sociale e

politico.

1. Il nuovo ruolo del proletariato

Comte ritiene che lo sviluppo industriale crescente e l'ingresso sulla scena politica

delle masse proletarie, devono portare ad una riflessione sulle nuove forme del potere

e della proprietà. Il problema posto dalla politica positiva non è quello di mettere in

discussione i titolari del potere, ma di ridiscutere «ciò che concerne il suo fine ed il

suo esercizio». Questo processo di «rigenerazone sociale» è fortemente temuto sia

dalle «classi intermedie», sia dalle «classi superiori» che si accorderanno per cercare

di «prolungare, nei limiti del possibile, sotto nuove forme, anche repubblicane», il

regime retrogrado tuttora in atto. Un sistema «vergognoso» che comporta da una

parte la «rispettosa soggezione delle masse», mentre dall'altra parte non viene

prescritto nei confronti dei capi «nessun dovere rigoroso».167

Solo con l'avvento del positivismo avremo quell'«impulso rigeneratore» che darà ai

proletari la possibilità di assumere un ruolo primario, quello di «elementi ausiliari

decisivi dei nuovi filosofi». Per Comte infatti ogni proletario costituisce «un filosofo

166 op. cit., t. III, p.364167 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 530 ss.

spontaneo», mentre ogni filosofo «rappresenta, sotto aspetti diversi, un proletario

sistematico».168

Tale spontaneità filosofica dei proletari la troviamo sia nel loro naturale

atteggiamento di amore e di rispetto verso la Famiglia e la Patria, due pilastri del

sistema positivo, ma anche nella «omogeneità naturale della loro esistenza sociale»,

che va oltre le diversità nazionali e li spinge verso l'idea di Umanità. Quello che per il

marxismo è l'internazionalismo proletario, per Comte rappresenta una naturale

predisposizione verso l'universalismo spirituale della religione dell'Umanità, unita ad

una corrispondente attitudine a regolare di conseguenza la moralità sia pubblica, sia

privata. Nei proletari è possibile trovare quella necessaria connessione fra «disciplina

e consacrazione», difficilmente reperibile in altre classi sociali, che lega la felicità al

progresso sociale.

Egli li ritiene anche in grado, più dei loro capi, tanto spirituali che temporali, di

sviluppare quella forma di cultura, che definisce «simpatica», che consente loro, con

l'indispensabile contributo della presenza femminile, di riconoscere «i vantaggi della

sottomissione e di una degna irresponsabilità, sole garanzie del pieno sviluppo

domestico»,169 e quindi di accettare, rispettare ed anche assecondare le leggi naturali

della concentrazione del comando e della ricchezza, in nome della loro efficacia

sociale.

Sarà compito dei «veri filosofi» convincere questi «degni proletari» di quanto sia

importante rinunciare all'uso della violenza nel cercare di ottenere miglioramenti di

carattere materiale, in quanto la violenza è solo lo strumento di «ambizioni viziose».

Ogni tentativo di ricorso alla forza va contro la concezione pacifica del regime

positivista.

Questo non significa che si debba rinunciare alla civile protesta o allo sciopero,

purché non degenerino in una prova di forza,170 ma solo la «moderazione popolare»,

una volta raggiunto lo «stato normale», consentirà di elaborare più facilmente quel

«progresso mentale e morale» che non potrebbe essere raggiunto senza «la calma

168 op. cit., p. 532169 Appel aux conservateurs, cit. in P. Arnaud, op. cit., p.214170 Catéchisme positiviste, decima conversazione.

politica».

Un tale obiettivo non sarà raggiungibile senza la fattiva collaborazione (concours) dei

«comunisti proletari».

2. Positivismo e comunismo

Affinché il proletariato possa assumere il ruolo rilevante che gli viene destinato nel

regime positivo è necessario correggere le sue opinioni, turbate da «l'anarchia dei

ricchi» e orientate verso soluzioni sommarie e senza futuro, che Comte chiama

«utopia regolamentare del comunismo».

Egli riconosce a questa utopia, da non confondere con altre «numerose aberrazioni»

che fanno «esplodere la nostra anarchia spirituale, chiamando alle più difficili

speculazioni spiriti incapaci e mal preparati», un ruolo di guardiano dello spirito

rivoluzionario, «prodotto accessorio di una situazione eccezionale»,171 ed afferma:

Per rendere giustizia al comunismo, si debbono soprattutto apprezzare i nobili

sentimenti che lo caratterizzano e non le vane teorie che servono loro da organi

provvisori, in un ambiente in cui non possono ancora formularsi altrimenti.172

Questi aspetti apprezzabili tuttavia vengono offuscati dalla visione prettamente

materiale del problema, dal considerare la solidarietà sociale unicamente nel campo

temporale ed economico, quello cioè della suddivisione dei beni materiali e della

proprietà.

Invece la vera solidarietà sociale è quella in grado di rimpiazzare la carità cristiana o

l'egoismo individualista moderno, indicando per ognuno un «dovere» nei confronti

del corpo sociale solidale, e trasformando ogni cittadino in una sorta di «funzionario

pubblico».

Il problema da risolvere non è solo quello della ingiusta ripartizione della ricchezza,

pertanto oltre ad una nuova legislazione sulla proprietà è necessario predisporre

anche una legislazione che si preoccupi del diritto alla cultura, all'espressione, alla

171 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 553172 ibidem

partecipazione.

Comte pur non condividendo la collettivizzazione dei beni, ritiene necessario che a

tutti venga garantita una proprietà materiale minima, in modo che nessun proletario

sia più costretto a vivere nella precarietà o nell'estrema povertà. Tutti devono avere

un tetto, disporre di una casa di proprietà, possedere gli oggetti di uso quotidiano e

godere di un reddito minimo.

Nel Système de politique positive egli sviluppa una teoria della proprietà molto

complessa e coerente con la sua teoria politica. L'Umanità nel corso della sua storia

ha compiuto un processo di autotrasformazione legato a vari strumenti quali: il

linguaggio, la cultura, l'industria e la proprietà individuale. Sopprimere la proprietà

sarebbe come infrangere una delle basi del funzionamento della società.

L'appartenenza ad una società particolare è anche incorporarsi nel suo spazio con la

proprietà di un luogo, di un'abitazione in una città, così come ci si assimila con l'uso

della lingua, con l'acquisizione della cultura.

I due ostacoli più pericolosi da evitare, secondo Comte, sono il collettivismo e

l'egoismo individuale, il centralismo e la dispersione, mentre si deve tendere alla

«separazione» ed al «concorso», intendendo per separazione ciò che concerne il

possesso dei beni materiali e per concorso tutto ciò che riguarda la cultura, le idee, le

credenze, le convinzioni.

La società è un sistema complesso con delle componenti assolutamente necessarie

quali: l'industria, la Famiglia, la Religione, la Patria, che non possono essere

soppresse.

I comunisti invece hanno la tendenza a comprimere ogni individualità, sono portati a

proporre un centralismo politico pericoloso, violento utopico. Il loro errore più

grande è quello di proporre di rendere comuni i beni materiali, senza prevedere

nessuna condivisione o solidarietà spirituale.

Tuttavia la difesa dell'idea di proprietà, da parte di Comte, non è comunque assoluta,

infatti egli è critico nei confronti dell'ideologia del piccolo proprietario, de «l'anarchia

rurale», e condanna la miriade di piccoli proprietari distinti, autarchici ed egoisti che

trasformano la società in un eterogeneo mosaico senza senso. Nessun ordine può

emergere da una serie di decisioni individuali o dalla conservazione di unità chiuse.

Solo l'organizzazione generale di una politica industriale in grado di includere il

mondo rurale consentirà di sopprimere ogni concezione troppo anarchica o

conservatrice della vita regionale.173

Comte è inoltre convinto che non appena i proletari si renderanno conto che il nuovo

regime positivo offre «una migliore espressione delle loro legittime aspirazioni» non

esiteranno a preferirlo, ad usufruire delle «nozioni chiare e reali suscettibili di una

efficacia pacifica» che vengono loro offerte, rifiutando di continuare a credere in

«vaghe e confuse chimere, delle quali l'istinto proletario avvertirà immediatamente la

tendenza anarchica».

Ma fintanto che non vi saranno le condizioni idonee affinché ciò avvenga, essi

«debbono aderire al comunismo, come al solo organo che possa, oggi, porre e

mantenere in piedi, con irresistibile energia, il problema più fondamentale».

Infatti tale problema, fintanto che esiste l'attuale «confusione rivoluzionaria tra i due

poteri, spirituale e temporale», non ammette altra soluzione se non quella prospettata

dal comunismo. La sola strada per preservare la società occidentale dal pericolo

comunista e dalle sue confuse utopie è quella indicata da positivismo; infatti solo «il

partito costruttore può, oggi, soddisfare i poveri, rassicurando i ricchi».174

In sintesi Comte contrappone alla teoria marxista della lotta di classe una teoria del

consenso. In entrambi i casi si tratta di riorganizzare, di ricostruire la società su nuove

basi, ma mentre i marxisti intendono fare "tabula rasa" del passato e mettere fine alla

«preistoria», il positivismo promuove la storia del passato umano, alleggerendola

solamente di ogni concezione assoluta. Comte rimprovera ai comunisti la «completa

irrazionalità» di voler instaurare una società assolutamente razionale, mentre l'unico

obiettivo ragionevole e soddisfacente è quello di arrivare a realizzare una società in

cui tutto ciò che è ragionevole sia soddisfatto.

Le stesse idee di solidarietà e di fraternità assumono una connotazione negativa se

vengono spinte all'eccesso, a discapito dell'individualismo. Per Comte nulla può

essere imposto dall'esterno (du dehors), tanto meno la fraternità o l'ubbidienza, ma

173 Système de politique positive, cit., t. IV, p. 476174 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 553 ss.

tendenze naturali della sfera dei sentimenti, come «l'altruismo», vanno invece

incoraggiate e sviluppate attraverso l'educazione.

La parola «altruismo» viene coniata proprio da Comte, in opposizione «simmetrica e

complementare»,175 all'egoismo, con l'intento di evidenziare i tre «istinti simpatici»,

come li definisce egli stesso: attaccamento, venerazione e bontà, che devono essere

saggiamente incrementati attraverso l'educazione.

3. L'apertura ai conservatori

Il tentativo di coinvolgimento diretto del proletariato e dei suoi capi (Barbès, Blanc,

ecc.), da parte di Comte, nel progetto di realizzazione del «partito costruttore» non

riscuote un grande successo. I proletari che aderiscono alla Société positiviste, sono in

realtà molto pochi; essi restano infatuati dai «rossi» e questo porta il filosofo a

considerarli non più «dei possibili ausiliari, bensì dei nemici da combattere»176, ed il

solo baluardo rimasto per portare avanti questa battaglia egli lo vede nel partito

conservatore e ciò lo spinge a cercare paradossalmente «nella massa dei conservatori

o retrogradi il vero centro del positivismo».177

La nuova iniziativa viene attuata prima mediante alcune interessanti lettere inviate ad

alcuni importanti uomini politici, o sovrani,178 e successivamente attraverso un opera

apposita, l'Appel aux conservateurs, pubblicata nel 1855.

Nella prima lettera, indirizzata al Sen. Veiellard, Comte cerca di porre le basi teoriche

di questo suo nuovo orientamento e sostiene:

nello scomporre i diversi partiti attuali, per assorbirli nel vero partito costruttore, il

positivismo deve ugualmente riunire tutti i degni conservatori che non sono

essenzialmente retrogradi e tutti i rivoluzionari onesti che non sono radicalmente

anarchici, [...] pertanto una vera riorganizzazione esige che si abbandonino tutte le

vecchie dottrine, che per impotenza o per pericolosità hanno generato l'anarchia attuale.

175 L.L. Grateloup, La doctrine d'Auguste Comte: le positivisme, in AA. VV., Auguste Comte Qui êtes-vous?, cit., p115176 P. Arnaud, op. cit., p.282177 cit. in P. Arnaud, op. cit., p.283178 il 14 gennaio 1852 scrive al Sen. Vieillard, vds. Système de politique positive, t. II, Appendice de la prèface, nel

dicembre dello stesso anno scrive allo Zar Nicola I ed a Rachid-Pacha, Gran Vizir dell'Impero ottomano vds. op. cit., t. III, Appendice de la prèface.

I «rivoluzionari onesti» sono i proletari convertiti al positivismo e Comte cita

l'esempio di un gruppo di comunisti lionesi passati al positivismo, i quali avevano

proclamato solennemente che «la rigenerazione morale del popolo deve precedere la

sua emancipazione materiale». Questo sta a dimostrare, secondo lui, l'idoneità del

positivismo a disciplinare radicalmente i più ardenti rivoluzionari, facendo loro

accettare l'ordine in nome del progresso. La nuova missione sociale del positivismo

deve essere adesso quella di indirizzare tutte le attenzioni verso i «degni

conservatori», facendo loro accettare il progresso in nome dell'ordine.

In realtà Comte, nel 1852, si rende conto che, dopo gli eventi del 1848 e del 1851,

deve ridimensionare i suoi progetti politici; la possibilità di poter, entro pochi anni,

predicare in Notre-Dame o insegnare al Panthéon si sta dimostrando più difficile del

previsto. Né gli insorti del 1848, né il nuovo Imperatore hanno dimostrato interesse

per le sue dottrine, Littré e i suoi discepoli repubblicani lo hanno abbandonato; ormai

è chiaro che, alla prova dei fatti, il positivismo non si imporrà spontaneamente.

Egli decide allora, con un atto provocatorio, che nasconde anche un certo sconforto,

di rivolgersi al sovrano che più di ogni altro in Europa incarna l'idea dell'assolutismo:

lo zar Nicola I di Russia, il gendarme d'Europa, il membro più intransigente della

Santa Alleanza.

Presentandosi come «filosofo repubblicano», egli si rivolge al suo regale

interlocutore, con tono perentorio e su di un piano di parità, per illustrargli, con una

lettera particolarmente chiara nei suoi contenuti, tutte le tesi politiche concrete del

positivismo (dalla costruzione dell'Europa, alla transizione verso il sistema

industriale, ecc.), per spiegare come, avendo scoperto «le leggi fondamentali

dell'evoluzione umana», egli avrebbe, in sostanza, costruito una «teoria storica» in

grado di mettere fine alla crisi che attanaglia la società occidentale ed, infine, per

invitarlo a mettere in atto, per editto, i principi della politica positiva. La lettera si

chiude con l'affermazione che:

il capo naturale dei conservatori europei deve subito apprezzare una dottrina che

consolida e sviluppa la politica conservatrice elevandola dal puro empirismo attuale allo

stato sistematico necessario alla sua destinazione principale.

Questa lettera ha chiaramente una funzione simbolica, Comte non vuole certo farsi

mentore, lui pacifista, dell'assolutismo, dell'autocrazia militarista, ma solo attirare

l'attenzione delle forze politiche conservatrici, al potere nel suo paese, sul suo

progetto politico.

Egli è consapevole della sua impossibilità di imporre la dottrina positivista ad un

mondo che la rifiuta e, non essendo né un militare, né un tribuno, si rivolge a chi ha i

mezzi e la forza per farlo. La scelta di cercare di imporre la libertà con la forza, con la

violenza, è giustificata dalla nobiltà dell'intento e dalla convinzione che, una volta

pervenuti al «regime normale», quelli che hanno usato la violenza verranno disarmati,

neutralizzati e resi innocui dalle nuove regole politiche e sociali.

La convinzione della necessità di divulgare e diffondere le sue idee oltre che tra i

proletari, tra i giovani e tra le donne, anche fra i governanti lo porta negli anni

seguenti alla redazione di un opera specifica, il già citato Appel aux conservateurs

(1855). Le motivazioni dell'opera vengono chiaramente espresse nella prefazione

dove si dice che essa «si rivolge essenzialmente agli uomini di Stato occidentali, per

iniziarli alla sola sintesi che possa guidarli» svolgendo nei loro confronti un ruolo

simile a quello che il Catéchisme positiviste (1852) aveva avuto «nei confronti delle

donne e dei proletari, con le differenze naturalmente proprie ad ogni caso». In

entrambi i casi lo scopo è quello di far «penetrare la dottrina universale negli animi

che non possono convenientemente studiarne l'esposizione sistematica». Ma mentre

nella prima, che si rivolgeva ai governati, era sufficiente spiegare «lo stato normale»

verso cui deve tendere la «rivoluzione occidentale», nella seconda, destinata ai

governanti invece è necessario «caratterizzare la transizione finale, valutandone

l'avvenire generale come lo esige la sistemazione speciale della politica propria del

XIX secolo».179

L'opera, rivolgendosi ai governanti del momento, di fatto si rivolge a Napoleone III, e

Comte «si attende l'azione dell'uomo di Stato capace di operare storicamente

179 Appel aux conservateurs, chez l'Auteur, 10, rue Monsieur-le-Prince, Paris, 1855, p. V

ubbidendo alle indicazioni teoriche della politica positiva».180

La situazione di crisi sorta con la Rivoluzione non si è ancora decisa e continua «ad

oscillare tra la retrogradazione e l'anarchia, lasciando sempre temere tempeste senza

soluzione.» Tuttavia la necessità, fortemente sentita di conciliare l'ordine ed il

progresso ha fatto «gradualmente sorgere, sotto il nome di conservatori, un partito

numeroso e potente che si sforza sinceramente, di mettere da parte,

contemporaneamente, i rivoluzionari ed i retrogadi»181.

Il «vero conservatorismo» rappresenterebbe, insieme alla «preminenza sistematica

del sentimento»,182 la giusta sintesi per superare i due estremismi che impediscono di

arrivare alla soluzione finale.

L'«appello» non ebbe i risultati sperati da Comte, ma al contrario venne utilizzato, in

malafede, dai suoi critici, per etichettarlo, come conservatore (nel senso negativo che

la parte politica avversa attribuisce a questo termine), se non addirittura come

reazionario183. In realtà egli utilizza il termine conservatore in senso etimologico, ossia

per essere «conservatori» bisogna almeno voler conservare qualche cosa che meriti di

esserlo, e proprio per distinguerli dalla destra reazionaria, nei confronti di

quest'ultima usa il termine «pretesi conservatori». Egli infatti scrive: «I nostri pretesi

conservatori, per evitare veramente le aberrazioni comuniste si limitano ad ignorare o

ad eludere le questioni corrispondenti, che pertanto diventano sempre più

insostenibili», un punto di vista che denota una concezione politica tutt'altro che

reazionaria.

VII

La religione positiva e la separazione fra potere temporale e potere spirituale

Le domaine pratique de la religion consiste à perfectionner l'ordre humain, d'abord physique,

puis intellectuel enfin et surtout moralCatéchisme positiviste, 9eme entretien, 1852

180 A. Negri, op. cit., p. 129181 Appel aux conservateurs, cit. p. VII182 op. cit., p.22183 Il grande filosofo liberale G. De Ruggiero arriva a definire «mostruosa» questa operazione. Vds. Storia del

liberalismo europeo (1925), Laterza, Bari, 1995, p.214

Nel momento in cui si trova impegnato nello sforzo defatigante di illustrare il proprio

pensiero e di elaborare una dottrina idonea a risolvere i gravi problemi che affliggono

la società occidentale, Comte si trova sottoposta al trauma della Rivelazione. Quella

Rivelazione che rifiuta in campo religioso, gli deriva all'improvviso dalla sua vita

intima. Questa sua esperienza può essere paragonata a quella del credente colto dalla

grazia.

Un'illuminazione dovuta all'amore, un amore umano che però, grazie alla purezza

della relazione, può essere paragonato all'amore celeste.

Ed è proprio attraverso questa esperienza che va dalla ragione «dimostrata» alla

passione «rivelata», che Comte si sente finalmente in grado di prescrivere alla società

positiva il passaggio dalla religione «rivelata» alla religione «dimostrata»184.

1. La religione dimostrata

Come già indicato nel capitolo X della Parte prima, la nascita della religione positiva,

delineata con il Discours sur l'ensemble du positivisme nel 1848, viene ufficializzata

da Comte nel 1851 con la pubblicazione del I tomo del Système de politique positive,

che porta, significativamente il sottotitolo Traité de sociologie instituant la religion

de l'Humanitè.

Questa trasformazione della filosofia positiva in religione secolarizzata, che ha

provocato tante polemiche e tante critiche, che ha causato la dolorosa rottura con

Littré e con i suoi amici, non rappresenta in realtà, come si vorrebbe far apparire, uno

sconvolgimento imperdonabile del pensiero filosofico esposto nelle opere antecedenti

il 1848.

L'interesse per l'idea religiosa, pur nel rifiuto del principio di un Dio trascendente, è

presente fin dagli inizi nell'opera di Comte e ad una attenta lettura non dovrebbe

risultare difficile derivarne che la sua: «filosofia, dopo aver assorbito la scienza,

sarebbe stata, con cognizione di causa, impegnata ad oscurarsi davanti alla

religione».185

184 Système de politique positive, cit., t. II, p.7185 P. Arnaud, op. cit., p.29

Tale idea di religione del resto non presenta aspetti tali da renderla incompatibile con

la filosofia e neppure con la scienza. Comte infatti è deciso nel negare alla nuova

religione positiva ogni forma di misticismo. Nel Catéchisme positiviste, rivolgendosi

alla sua interlocutrice dice: «Il nostro amore non diverrà mai mistico».

Siamo di fronte ad una religione che presenta quindi le stesse caratteristiche

«positive» che erano già presenti nella filosofia e scienza.

Per quanto riguarda l'aspetto dogmatico, già nelle Considérations sur le pouvoir

spirituel del 1826 aveva affrontato il problema affermando che: «Il dogmatismo è lo

stato normale dell'intelligenza umana»186 e ribadendo la necessità di mettere a

disposizione delle intelligenze meno acute, che sono le più numerose, un sistema di

idee dimostrabili, che però possano essere accolte con fiducia da coloro che non sono

in grado di comprenderne la dimostrazione. Ossia dogmi e fede, due elementi

essenziali del sistema religioso.

Vi è poi l'idea, già espressa nel Cours e ripresa nel Système, di identificare nel potere

spirituale l'élite delle categorie intellettuali, primi fra tutti i filosofi. Costoro vengono

destinati a «dispensare» l'educazione universale, ma anche a svolgere un ruolo di

arbitraggio nei conflitti di classe ed in quelli internazionali, tutte attribuzioni che

presentano un carattere strettamente laico.

Pierre Arnaud osserva187 che le obiezioni relative al fatto che svolgano le loro

mansioni radunando il popolo nei templi, conferendo sacramenti o celebrando

commemorazioni non deve meravigliare o scandalizzare più di tanto. Al tempo degli

Illuministi, del resto, si parlava senza problemi di templi della filosofia; per quanto

riguarda poi sacramenti e commemorazioni, in un'epoca in cui la diffusione delle

sette massoniche e delle società segrete era molto grande, e nelle piazze delle

principali città venivano eretti Altari della Patria e monumenti ai Caduti, tali pratiche

avevano assunto ormai un significato che andava oltre quello puramente religioso.

Tale religione, tuttavia, pur essendo esclusivamente terrestre, non è una religione

civile e deve essere concepita al contrario come un sistema indipendente dal potere

temporale.

186 Considerazioni sul potere spirituale, cit., p.268187 P. Arnaud, op. cit., p.29-30

Anche questo aspetto del pensiero comtiano risale agli anni della giovinezza e viene

espresso per la prima volta nelle già citate Considérations sur le pouvoir spirituel,

dove egli individua quattro ragioni essenziali a sostegno di tale necessità.188

Una società per poter vivere deve poter disporre di un insieme di rappresentazioni

comuni, di opinioni condivisibili che costituiscano un punto di riferimento per la

formazione dei suoi membri.

Essa deve, inoltre, possedere ed affermare dei valori come regole di vita, esprimere

una morale pubblica laica o religiosa.

La vita di tale società, poi, per essere realmente umana, non può essere ispirata solo

da valori temporali o materiali. La spinta utilitaristica derivante dalle scienze deve

essere regolata opponendovi degli ideali collettivi di carattere morale.

Il potere temporale moderno, infine, abbandonato ormai l'uso della forza per imporsi

sugli individui, utilizza «la corruzione eretta a mezzo permanente di governo». Il

rischio è quello di una degenerazione verso un «dispotismo amministrativo» che

abbia come «mezzo generale d'azione la corruzione sistematica», intesa come

attenzione prevalente all'interesse personale da parte di chi è preposto ad incarichi

pubblici.

Per contrastare questa deriva negativa insita nel potere temporale è necessario

opporre delle istanze morali che solo un potere spirituale secolare può diffondere

attraverso una visione religiosa ed una educazione morale e civica degli individui.

Comte è fortemente critico nei confronti della filosofia politica dell'epoca che

definisce «dottrina critica»,189 e che è protesa a distruggere ogni potere spirituale, così

come esprime un giudizio negativo nei confronti del protestantesimo che al contrario

tende a confondere il potere temporale ed il potere spirituale.

Tutti questi aspetti non fanno che confermare l'idea che la religione dell'Umanità,

rappresenta il naturale traguardo della filosofia positiva, e solo «la negligenza e la

malafede»190 possono rifiutare questa conclusione.

Negli ultimi anni della sua vita Comte invita i suoi discepoli ad allontanarsi dalla

188 Considerazioni sul potere spirituale, cit., p.244 ss.189 op. cit., p. 237190 P. Arnaud, op. cit., p. 31

filosofia positiva, così come era stata espressa nel Cours. Poco prima della sua morte,

scrivendo ad uno di essi, egli conferma il suo giudizio negativo sull'opera, il cui

contenuto considera pieno di «aridità morale» e dotato di «inferiorità mentale» nei

confronti dell'attuale punto di vista filosofico, e sostiene:

qualsiasi cosa io abbia dovuto affermare, ed anche scrivere, io non avrei dovuto

pubblicare il Corso di filosofia positiva se non alla fine della mia carriera, a titolo di

puro documento storico. [...] La preparazione per realizzarlo mi è stata realmente

indispensabile, ma io dovevo evitare di renderlo pubblico, così la marcia del positivismo

sarebbe certamente stata più sicura e più rapida, se io mi fossi direttamente manifestato

con la Politica positiva [...]191

Prosegue inoltre affermando che tale giudizio così critico sulla sua opera non è

esagerato e che l'imbarazzo, che il «preteso positivismo intellettuale» (l'allusione è a

Littré e a J. S. Mill che accettavano la filosofia positiva e rigettavano la politica

positiva espressa nel Système) suscita fra i positivisti ortodossi, è causato proprio dal

fatto che quei «meschini adepti» si rifanno solo a quell'opera e pertanto egli, ormai da

alcuni anni va sconsigliando ai suoi discepoli tale lettura.

Egli in sostanza vede nella religione secolarizzata lo strumento per arrivare ad

imporre la morale come applicazione della scienza politica alla realtà sociale.

2. La distinzione fra potere temporale e potere spirituale.

Per poter raggiungere il suddetto obiettivo di moralizzare la realtà sociale la strada da

percorrere, per Comte, è quella tracciata, a suo tempo, dal cristianesimo medievale,

strada che per oltre un millennio ha consentito alla Chiesa di salvaguardare il proprio

destino, e che consiste nella separazione fra potere spirituale e potere temporale,

affidando il primo, come già ripetutamente indicato in precedenza, ad uno speciale

sacerdozio positivista, ed il secondo ai principali capi delle imprese industriali.

P. Arnaud sostiene che:

191 Lettera al dott. Audiffrent del 12 febbraio 1857, Correspondance générale et confessions, cit., t. VIII

la distinzione fra potere temporale e potere spirituale e l'affermazione dalla necessità e

dell'urgenza di costituire per la civiltà industriale un nuovo potere spirituale sono, senza

dubbio, la concezione più forte ed originale dell'opera di Auguste Comte192.

Questa intuizione di prendere dall'età teologica l'idea di potere spirituale, di

secolarizzarla, di modernizzarla per trasportarla all'età positiva, viene felicemente

definita come «colpo di stato filosofico»,193 in quanto destinata a sconvolgere le

convinzioni politiche dell'epoca, caratterizzate dai contrasti e dalle lotte fra

reazionari, legati ancora ad una concezione della società di tipo teologico medievale,

e rivoluzionari, imbevuti di spirito critico e ispirati da una dea Ragione, in realtà

simbolo dell'arbitrio individualista.

Il «potere temporale», per Comte, deve essere esercitato unitariamente, sia a livello

centrale, sia a livello locale, da una dittatura collegiale affidata a tre «patrizi», 194 scelti

con votazione pubblica palese, ognuno dei quali rappresenta una delle tre parti

dell'industria: agricola, manifatturiera e commerciale, ed esercita un potere «insieme

direttivo e repressivo». Anche se con l'avvento del «regime normale» il potere

diventerà sempre più spirituale e sempre meno temporale, quest'ultimo non potrà mai

essere dispensato dal comandare. E la dittatura pur diventando vieppiù «progressiva»

e seguendo un cammino più libero e più nobile deve attribuirsi «sotto la sua sola

responsabilità la pienezza del potere temporale senza alterarla attraverso delle

formalità puerili e corrotte».

Queste «formalità» sono le assemblee politiche elettive, che, come si è già visto, egli

rifiuta categoricamente. Unica eccezione ammessa, un'assemblea «dispensata da ogni

incombenza legislativa», destinata a riunirsi per tre mesi, con frequenza triennale e

con l'incombenza, il primo mese, di approvare, sempre a voto palese, il bilancio per i

tre anni successivi, e gli altri due mesi di controllare i conti precedenti.

Tale assemblea dovrà essere composta da tre rappresentanti per ogni dipartimento,

uno per ogni branca industriale, da scegliersi, sempre a voto palese, non solo fra i

«patrizi» ma anche fra i «degni» proletari.

192 P. Arnaud, op. cit., p. 307193 ibidem194 termine utilizzato spesso da Comte per indicare banchieri, imprenditori e capi d'industria.

Questa insistenza sul voto palese, viene giustificata da Comte con la necessità di

attribuire «una chiara responsabilità all'operazione rivoluzionaria» con la quale i

sottoposti scelgono chi li governa. Man mano che tale abitudine diverrà di uso

spontaneo, nasceranno gradualmente dei capi veramente investiti della fiducia

politica, che potranno svolgere con serenità la loro «dittatura», mentre i soggetti

sottoposti comprenderanno la necessità di affidarsi a persone competenti ed il

bisogno di concentrare il comando.

I tre dittatori, a loro volta non dovranno avere nessun altro legame se non quello

relativo alla loro destinazione sociale. Un eventuale antagonismo tra loro, prevenuto

mediante la diversità delle attribuzioni, potrebbe nascere solo da una personalità

corrotta, che ben presto verrebbe esposta alla censura del pubblico e del sacerdote.195

Nel Système de politique positive Comte si dilunga in una dettagliata e maniacale

descrizione della gerarchia temporale, delle funzioni dei banchieri e dei capi

d'industria, spingendosi fino a precisare l'estensione territorale dei dipartimenti, il

numero degli abitanti delle città, la composizione sociale delle stesse, ecc..

Un'eccessiva ansia di chiarire, di specificare ed anche di delimitare, che appesantisce

e rende sostanzialmente impraticabile il suo disegno politico.

Il «potere spirituale», invece, deve avere «come fine specifico il governo

dell'opinione, cioè la fondazione e la conservazione dei princípi che devono

presiedere ai diversi rapporti sociali»196. Ad esso deve essere attribuita la «direzione

suprema» dell'educazione intesa come «sistema completo di idee e di abitudini» che

siano idonee a favorire l'inserimento degli individui in quel «ordine sociale» nel quale

sono destinati a vivere e ad operare, ed anche a prepararli a svolgere le funzioni

particolari alle quali tale ordine li destina.

Un altro compito altrettanto importante della funzione sociale è quello di mantenere

vivi sia negli individui, sia nelle masse, con una azione di costante rappresentazione

di tipo rievocativo, tali princípi, anche al fine di richiamarne l'osservanza in coloro

che se ne sono allontanati.

195 Gli aspetti rilevanti relativi al potere temporale sono esposti da Comte nel Système de politique positive, cit. t. IV, cap. IV e V, dai quali sono tratte anche le diverse citazioni.

196 Considerazioni sul potere spirituale, cit., p. 225

Ad esercitare tale potere come già si è visto, deve essere chiamata quella élite

intellettuale, quella «corporazione speculativa», che avendo come propria specifica

attitudine quella di guardare al «punto di vista generale» è destinata a «ricordarlo

continuamente agli individui ed ai popoli» ed, inoltre, grazie alla natura del suo

carattere ed alla «indipendenza della sua posizione sociale», è in grado di identificarsi

con l'interesse comune del quale «può essere considerata l'organo peculiare»197.

La funzione «regolatrice e direttiva» affidata al potere spirituale deve avere

nell'ordine politico e sociale della società industriale, la stessa rilevanza, sia pure con

diverse modalità di attuazione, di quella esercitata nel sistema militare198.

Questo problema della distinzione dei poteri, impostato nel 1826 con l'opera citata,

viene ripetutamente ripreso da Comte nei lavori successivi nei quali il fondamento di

tale differenziazione viene indicato nella separazione fra la teoria e la pratica. Nel

Discours sur l'ensemble du positivisme egli insiste proprio sulla necessità di separare

«lo spirito scientifico della nuova filosofia e il carattere industriale della nuova

attività» ossia sull'indispensabile divisione fra teoria e pratica, che viene ormai

accettata «in tutto l'Occidente nei confronti delle questioni meno importanti»199 e che

quindi non può essere respinta per la scienza sociale, dove la separazione fra

educazione ed azione, fra morale e politica risulta ancora più determinante.

Lo sviluppo armonico dell'ordine politico e sociale può verificarsi solo se l'influenza

consultiva del potere teorico o spirituale e quella imperativa del potere pratico o

temporale, che agiscono stimolati l'uno dal cuore e dallo spirito e l'altro dalla forza e

dal carattere, sono affidate ad organi essenziali differenziati.

CONCLUSIONI

L'esame fin qui condotto sulla vita, sulle opere e sul pensiero di Auguste Comte al

fine di determinare le caratteristiche salienti del suo sistema filosofico-politico ed allo

scopo di cogliere, in particolare, la sua concezione di «ordine politico e sociale», ha

197 op. cit., p.265198 op. cit., p. 275199 Discorso sull'insieme del positivismo, cit., p. 494

portato a constatare l'esistenza di un progetto politico robusto, complesso e articolato,

che si distingue per la sua atipicità, per il suo rifiuto degli schemi istituzionali

consueti, per la sua fiducia nelle virtù morali e nelle qualità positive della natura

umana, ma che presenta anche incongruenze e manchevolezze abbastanza evidenti e

alcuni eccessi talvolta inquietanti.

La parte più espressamente biografica ha evidenziato oltre le innegabili qualità

intellettuali e le profonde conoscenze scientifiche, una particolare fragilità umana,

dovuta a esperienze negative in campo sentimentale, a continue difficoltà

economiche, a frustrazioni professionali ed a crisi di carattere nervoso. Questa

fragilità ha fatto sì che una passione sentimentale per una donna semplice, giovane,

colta, intelligente e sfortunata si sia trasformata in una sorta di rivelazione di tipo

religioso, che ha definitivamente condizionato lo sviluppo del suo sistema politico, in

parte già avviato verso una deriva religiosa, sia pure con una connotazione secolare.

La seconda parte relativa alla complessa evoluzione del suo progetto di

organizzazione politica e sociale ha messo in luce gli aspetti più significativi, le idee

più originali che sono alla base del sistema politico filosofico comtiano.

Partendo da quella che considera la sua scoperta fondamentale: la legge

sull'evoluzione umana o legge dei tre stadi, Comte ritiene che la crisi che affligge la

società occidentale sia dovuta alla contraddizione tra un ordine sociale teologico e

militare che si va estinguendo ed un ordine scientifico e industriale che si va

affermando. Questa situazione transitoria, che egli identifica con lo stadio metafisico

e legista, si concluderà solo con la vittoria "inevitabile" delle teorie positive e con

l'affermazione del sistema industriale.

Un altro elemento fondamentale considerato indispensabile per il raggiungimento di

un «regime normale» per la società occidentale è rappresentato dalla necessità di

perseguire una combinazione equilibrata fra due fattori considerati importantissimi da

Comte, due pilastri della sua costruzione politica: Ordine e Progresso.

Una combinazione determinante per arrivare alla creazione di un ordine progressista,

ma anche ad un progresso che sia formazione continua dell'ordine, evitando che essi

si contrappongano e producano situazioni caotiche, anarchiche o rivoluzionarie.

Il raggiungimento di una corretta combinazione di questi due fattori porterà, secondo

Comte, ad un potere politico basato sul consenso e ad una vita sociale orientata verso

la produzione, ossia condurrà verso una società industriale efficiente e compiuta.

Tale obiettivo però richiede il rifiuto delle soluzioni prospettate dai proletari

comunisti, che prevedono di sconvolgere i rapporti economici e comporta invece la

necessità di prendere atto della situazione economica esistente, basata su una struttura

industriale consolidata, tenendo conto delle differenze economiche e delle diverse

competenze, per costruire su tali basi un sistema politico e sociale ordinato e

progressivo.

Consapevole del problema rappresentato dalla difficile e precaria situazione i cui si

trovano i proletari, egli cerca di spiegare loro che solo il positivismo è in grado di

risolvere i loro problemi. La strada da seguire è quella di affidare il potere politico

nelle mani di coloro che controllano l'economia e l'industria e che sono competenti

nella gestione dei capitali e delle risorse, riservando ai proletari, alle donne, ai filosofi

il controllo dell'operato del potere politico per accertare che il suo obiettivo sia

sempre e solo il perseguimento del bene comune.

Un ritorno, quindi, all'antica separazione del potere temporale dal potere spirituale

che l'avvento dell'epoca metafisica aveva cancellato.

Comte è convinto che spirituale e temporale siano destinati a rimanere

indefinitamente separati. L'opposizione-complementarietà che costituisce la loro

indipendenza è, secondo lui, la sola garanzia di libertà pubblica e l'equilibrio

dinamico e fragile fra questi due aspetti della vita dell'uomo sta alla base dell'ordine

politico e sociale del regime positivo.

Egli ritiene che il pericolo più grande che minaccia la società moderna sia una

regressione verso la confusione fra spirituale e temporale, fra teoria e pratica.

L'istituzione più idonea a garantire il giusto equilibrio fra ordine e progresso ed una

chiara separazione fra potere temporale e potere spirituale è la «repubblica positiva»,

nella quale sarà possibile la più ampia giustizia sociale, grazie alla religione

dell'Umanità, che si presenta con dei precetti morali secolari, laici, terrestri e che ha

come fine quello di rendere più agevoli e coesi i rapporti sociali, imponendo nel

contempo ad ogni categoria sociale i doveri verso le altre.

Questa diffusa forma istituzionale, assume nel sistema politico positivo una

particolare configurazione che la differenzia da ogni precedente esperienza di

governo. Comte ipotizza una forma di governo nuova, che rifiuta il parlamentarismo

ed il suffragio universale, che viene chiamata «sociocrazia» nella quale il potere

legittimo appartiene indivisibilmente alla società nel suo complesso e che viene

amministrato separatamente nelle sue due componenti, con forma dittatoriale, da

soggetti scelti dalla società nel suo insieme, con votazione palese, in base alle loro

capacità imprenditoriali e gestionali per il potere temporale e per le loro qualità

morali e spirituali per il potere spirituale.

L'operato di questi dittatori temporali e spirituali viene giudicato dall'opinione

pubblica, che nel sistema positivo rappresenta il solo elemento regolatore dell'ordine

politico ed l'unico giudice naturale dell'ordine morale.

A questo punto non resta che presentare le incongruenze, le manchevolezze e gli

eccessi di cui si è accennato all'inizio del capitolo.

Le incongruenze più evidenti, a parere di chi scrive, sono relative ai concetti di

religione positiva e di Umanità. L'idea di creare una religione senza Dio, che è in

ogni caso un'idea teologica e non certo scientifica, è in contrasto con i princípi che

stanno alla base del sistema positivo che dovrebbe rimpiazzare ed escludere quello

teologico. Così come il concetto di Umanità che rappresenterebbe qualcosa che va

oltre la somma delle sue due emanazioni concrete ovvero la totalità dei morti e la

totalità dei viventi e che ingloba un numero incommensurabile in una durata

illimitata, non può che derivare da un'idea metafisica e quindi anch'essa in contrasto

con i princípi del sistema positivo.

Comte inoltre afferma che l'evoluzione dell'intelletto umano è alla base della storia

dell'Umanità, il tutto senza però prendere in considerazione il caso o gli eventi fortuiti

e confidando solo in «leggi invariabili» che governerebbero i fenomeni sociali;

inoltre è convinto che la conoscenza totale dei dati relativi ad una situazione acquisita

ad un certo momento ci consentirebbe di prevedere, in maniera pressoché certa il suo

sviluppo futuro. Si tratta di convinzioni che, a mio parere, contengono una eccessiva

dose di «determinismo».

Un altro aspetto che lascia perplessi e solleva anche delle inquietudini è quello

relativo alla funzione dell'opinione pubblica, all'idea di un intervento collettivo che

regoli l'ordine politico e giudichi l'ordine morale. Una specie di «grande fratello» che

richiama l'idea di un totalitarismo morale, di un puritanesimo laico. Anche se le

intenzioni di Comte non sono certo totalitarie, egli infatti confida negli esiti positivi

di una corretta educazione morale ed in una pacificazione universale completa che

dovrebbero trasformare l'umanità in una specie di paradiso terrestre, l'idea tuttavia

lascia alquanto interdetti.

Ultimo punto che crea perplessità e dubbi è quello relativo alla volontà esasperata di

prescrivere ogni cosa, di definire ogni particolare, di non lasciare nulla al caso, di

ritenere possibile incasellare ogni uomo in una specie di squadrario universale, un

organigramma dell'umanità dove ad ognuno viene assegnato un incarico ben definito

e preciso e dove nulla può sfuggire all'ordine prestabilito.

NOTE BIBLIOGRAFICHE

I

Opere di Auguste Comte

Il più recente e documentato repertorio delle opere di Comte, in lingua originale, è

quello redatto da Henri Gouhier alcuni anni prima della morte, avvenuta nel 1994, e

apparso nel volume La philosophie de Auguste Comte-Esquisses, collana «Reprises»,

Vrin, Paris, 1987, riproposto, con l'autorizzazione dell'autore, anche in AA.VV.,

Auguste Comte-«Qui êtes-vous?», La Manufacture, Lyon, 1988.

Per la redazione delle presenti note ci si è riferiti a quest'ultima edizione, cercando

nei limiti del possibile, di completarla per quanto attiene le edizioni apparse dopo il

1987.

1. Opuscoles de philosophie sociale, testi vari scritti negli anni giovanili:

a. Séparation générale entre les opinions et les désirs (luglio 1819, redatto per Le

Censeur européen, ma non pubblicato);

b. Sommaire appréciation de l'ensemble du passé moderne (aprile 1820, pubblicato

anonimo su L'Organisateur);

c. Plan de travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société redatto nel

maggio 1822 per il Systéme industriel, viene pubblicato con alcuni ritocchi nel

1824, sotto il titolo Système de politique positive ne Le Catéchisme des industriels

di Saint-Simon, terzo quaderno200;

d. Considérations philosophiques sur les sciences et les savants (novembre 1825,

apparso su Le Producteur);

e. Considérations sur le pouvoir spirituel (marzo1826, apparso su Le Producteur);

f. De l'irritation et de la folie - Examen du Traité de Broussais sur l'irritation

(agosto 1828, pubblicato su Le Journal de Paris).

Tutti questi opuscoli sono stati inseriti dall'autore nell'Appendice al IV volume del

Système de Politique positive (1854), successivamente pubblicati a parte come

Opuscules de philosophie sociale 1819-1826, Leroux, Paris, 1883 e ripubblicati in:

Auguste Comte, Écrits de Jeunesse (1816- 1828), II parte, (Scritti riproposti da A.

Comte nell'Appendice Generale del Système de Politique Positive) Archives

Positivistes, Mouton, Paris, Le Haye, 1970

La Sommaire appréciation de l'ensemble du passé moderne è stata ripubblicata con

presentazione e note a cura di di Angèle Kremer-Marietti, Aubler, Paris, 1971

Il Plan de travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société è stato

ripubblicato, con presentazione e note a cura di Angèle Kremer-Marietti, Aubler,

Paris, 1970 e recentemente anche in: Auguste Comte, Philosophie des sciences, (a

cura di Juliette Grange), Gallimard, Paris, 1996, pp.227-347

200 vds. sopra, Parte I, cap.IV, p.26 ss.

I due suddetti opuscoli, unitamente a Considérations philosophiques sur les sciences

et les savants e Considérations sur le pouvoir spirituel sono stati ripubblicati in:

Auguste Comte, Du pouvoir spirituel, (introduzione a cura di Pierre Arnaud), Livre

de poche, (collezione «Pluriel»), Paris, 1978

Tutti i sei opuscoli sono stati tradotti in italiano e compaiono in:

Auguste Comte, Opuscoli di filosofia sociale e discorsi sul positivismo, (a cura di

Antimo Negri), Sansoni, Firenze, 1969

Le Considérations philosophiques sur les sciences et les savants (titolo in it.

«Riflessioni filosofiche sulle scienze e sugli scienziati») è stato pubblicato a cura di

M. Quaranta dalle edizioni Oberon, Milano, 1959

Estratti invece sono contenuti in:

Rossi P., Positivismo e società industriale, (antologia), Torino, Loescher, 1973

Il Plan de travaux scientifiques nécessaires pour réorganiser la société (titolo in it.

«Piano dei lavori scientifici necessari per riorganizzare la società») è riportato anche

in Appendice a:

Enrico Vidal, Saint-Simon e la scienza politica, Giuffré, Milano, 1959

Altri scritti minori mai pubblicati da Comte, che coprono il periodo che precede gli

Opuscoli di filosofia sociale, e che dopo la sua morte sono stati nel tempo pubblicati

sulla Revue occidentale a cura degli esecutori testamentari e successivamente raccolti

da R. Teixeira Mendes in Auguste Comte. Evolution originale, (vol.I 1798-1820), au

Siège de l'église positiviste du Brésil, Rio de Janeiro, 1913, sono stati ripubblicati in:

Auguste Comte, Écrits de Jeunesse (1816- 1828), cit., (parte III, Saggi e frammenti

rimasti inediti fino alla morte dell'autore), p. 413 ss.. Fra questi merita in particolare

di essere ricordato Mes réflexions. Humanité, vérité, justice, liberté, patrie.

Rapprochements entre le régime de 1793 et celui de 1816, adressés au peuple

français (giugno 1816) primo scritto a carattere politico di Comte (pp.417-431)

inedito fino al 1882.

2. Cours de philosophie positive, (6 voll.),

-1a ed. Bachelier, Paris, 1830-1842.

-2a ed. Ballière et Fils, Paris, 1864 (a cura di E. Littré)201.

-3a ed. Ballière et Fils, Paris, 1869 (a cura di E. Littré).

-4a ed. Ballière et Fils, Paris, 1877 (a cura di E. Littré).

-5a ed. (identica alla prima), Paris, 1892-1894 (la ristampa anastatica di questa

edizione è stata utilizzata per le Œuvres di Auguste Comte, Éditions Anthropos,

Paris, 1968, (primi sei volumi).

-6a ed. identica alla prima, Paris, 1908-1934.

-7a ed. in 2 vol. , Hermann - Editeurs des Sciences et des Arts, Paris, 1975.

Ultima edizione francese quella pubblicata in occasione del bicentenario della nascita

(1998) che ricalca la 7a edizione (in 2 voll.) del 1975 :

-I vol. (lez. I-XLV: presentazione e note a cura di Michel Serres, François Dagognet,

Allan Sinaceur);

-II vol. (lez. XLVI-LX: presentazione e note a cura Michel Serres, François

Dagognet, Allan Sinaceur e J.P. Enthven).

Estratti in:

-La philosophie positive par Auguste Comte (sintesi a cura di J. Rigolage), 2 vol.,

Paris, 1881

-Auguste Comte, Leçons sur la sociologie (lezioni da XLVII a LI), (introduzione e

note a cura di Juliette Grange), Flammarion, Paris, 1995

-Auguste Comte, Philosophie des sciences (lezioni I e II), (presentazione, e note a

cura di Juliette Grange) Gallimard, Paris, 1996, pp. 41-122

L'opera è parzialmente disponibile anche in italiano:

Auguste Comte, Corso di filosofia positiva, 2 vol.,(corrispondenti agli ultimi tre

volumi: lez.XLVI-LX) (a cura di F. Ferrarotti), 1967, Utet, Torino.

Estratti si trovano in:

201 Presso la Maison d'Auguste Comte si trova una copia della 1a ed. del I vol del Cours con annotazioni a mano dell'autore relative ad una 2a edizione da stamparsi nel 1852 che non venne realizzata.

Auguste Comte, Corso di filosofia positiva, (I, II, LX lez.), a cura di L. Geymonat e

M. Quaranta, Padova, 1967.

Auguste Comte Corso di filosofia positiva, (pagine scelte) a cura di Almerino

Lunardon, La Scuola, Brescia, 1974

Auguste Comte, Corso di filosofia positiva, (I lez.) a cura di A. Negri in Positivismo

europeo, Le Monnier, Firenze, 1981

3. Traité élémentaire de Géométrie analytique , Carilian-Goeury et V.Dalmont,

Paris,1843

Ultima edizione francese nel 1894, L. Bahl, Paris

4. Discours sur l'esprit positif, Paris, 1844, (costituisce il preambolo dell'opera

seguente); è inclusa nel vol.XI delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions Anthropos,

Paris, 1968.

Ultima edizione francese (con cronologia, introduzione e note a cura di Anne Petit),

Vrin, Paris, 1995.

L'opera è contenuta anche in:

Auguste Comte, Philosophie des sciences, (presentazione, e note a cura di Juliette

Grange) Gallimard, Paris, 1996, pp. 123-226.

Edizioni in lingua italiana:

Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, (a cura di Emanuele Riverso),

Editoriale del Mezzogiorno, Torino, Roma, Napoli, 1964

Auguste Comte, Opuscoli di filosofia sociale e discorsi sul positivismo, (a cura di

Antimo Negri), Sansoni, Firenze, 1969, pp.303-408

Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, (a cura di Antimo Negri) Laterza,

Bari, 1985

Auguste Comte, Discorso sullo spirito positivo, (a cura di Luigi Pinto), Il Tripode,

Napoli, 1991

5. Traité philosophique d'astronomie populaire, Paris, 1844.

Ultima edizione francese: inclusa nel Corpus des œuvres de philosophie en langue

française, Fayard, Paris, 1984.

6. Discours préliminaire sur l'ensemble du positivisme, Paris, 1848 pubblicato

separatamente verrà posto come prefazione al successivo Système de politique

positive.

Ultima edizione francese (presentazione di Anne Petit), Flammarion, Paris, 1998

Edizione italiana in:

Auguste Comte, Opuscoli di filosofia sociale e discorsi sul positivismo, (a cura di

Antimo Negri), Sansoni, Firenze, 1969, pp.409-787

Auguste Comte, Discorso sull'insieme del positivismo, (a cura di A.M. Nieddu), Il

Tripode, Napoli, 1991

7. Système de politique positive ou Traité de sociologie instituant la religion de

l'Humanité (4 voll.),

1a ed. 1851-1854, Librairie scientifique et industrielle L. Mathias, Paris

2a ed. 1879-1883, Dunod, Paris, riproduzione della 1a ed. arricchita di una tabella

analitica a cura di H. Olier.

3a ed. 1890-1895, Paris,

4a ed. 1912, Georges Crès, Paris,

5a ed. 1929, au siège de la Société positiviste, Paris.

Ultima ed. francese (reprint della 2a ed.), voll. VII, VIII, IX e X delle Œuvres di

Auguste Comte, Éditions Anthropos, Paris, 1968.

estratti in:

-Politique d'Auguste Comte (testi scelti a cura di Pierre Arnaud), Armand Collin,

Paris, 1965

-La politique d'Auguste Comte, (testi scelti a cura di Jiuliette Grange), Payot, Paris,

1996

8. Catéchisme positiviste ou Sommaire Exposition de la religion universelle, en

onze entretiens systématiques entre une femme et un prêtre de l'Humanité, chez

l'auteur, Paris, s.d., (in realtà 1852)

Ripubblicato nel 1965, Garnier-Flammarion, Paris.

Ultima edizione francese nel vol.XI delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions

Anthropos, Paris, 1968.

Edizione italiana:

Auguste Comte, Catechismo positivista, ossia esposizione sommaria della religione

universale in 13 conversazioni, (trad. di Walter Congreve), Biancheri, Sanremo, 1882

9. Appel aux conservateurs , chez l'auteur, Paris, 1855

Contenuta anche nel vol. XI delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions Anthropos,

Paris, 1968.

Ultima edizione francese in: Auguste Comte, Du pouvoir spirituel, (introduzione a

cura di Pierre Arnaud), Livre de poche, (collezione «Pluriel»), Paris, 1978

10. Synthèse subjective ou Systéme universel des conceptions propres à l'état

normal de l'humanité, chez l'auteur, Paris 1856

Ultima edizione francese vol. XII delle Œuvres di Auguste Comte, Éditions

Anthropos, Paris, 1968.

11. Testament d'Auguste Comte avec les documents qui s'y rapportent, pièces

justificatives, prières quotidiannes, confessions annelles, correspondance avec

Mme de Vaux, Paris, rue Monsier-le-Prince n.10, 1884

Seconda e ultima edizione, contenente l'Addition secrète, Fonds Typographique de

l'execution testamentaire d'Auguste Comte, Paris, 1896

12. Correspondance générale et confessions, (1814-1857), in 8 vol., Archives

Positivistes, Mouton, Paris-La Haye, 1973-1990

Tutta la corrispondenza di Comte disponibile, di un certo interesse, è stata pubblicata

in ordine cronologico:

-vol. I, (1814-1840), vol. II, (apr.1841-apr.1845), vol. III, (apr. 1845-apr.1846), vol.

IV, (1846-1848), testi definiti e presentati da Paulo E. de Berrêdo Carneiro e Pierre

Arnaud;

-vol. V, (1849-1850), vol. VI, (1851-1852) testi definiti e presentati da Paulo E. de

Berrêdo Carneiro e Paul Arbousse-Bastide;

-vol.VII, (1853-1854), vol. VIII (1855-1857) testi definiti da Paulo E. de Berrêdo

Carneiro e presentati da Angèle Kremer-Marietti

Per quanto riguarda le traduzioni delle diverse opere apparse nelle altre principali

lingue (inglese, tedesco e spagnolo) si rimanda alla interessante bibliografia

contenuta nel volume di Antimo Negri: Introduzione a Comte, Laterza, Roma-Bari,

1983.202

II

Opere su Auguste Comte e sul Positivismo

Nel già citato volume di AA.VV., Auguste Comte-«Qui êtes-vous», (pp. 361-395)

viene proposta una voluminosa bibliografia redatta a cura della associazione Les

Amis de la Maison d'Auguste Comte articolata in quattro parti:

-opere francesi pubblicate prima del 1945 (pp. 361-378);

-opere francesi pubblicate dopo il 1945 (pp.378-382);

-opere straniere pubblicate prima del 1945 (pp. 382-390)

-opere straniere pubblicate dopo il 1945 (pp.390-395)

202 Il volume è stato ripubblicato nel 1997 senza alcun aggiornamento bibliografico

Il lavoro pur essendo abbastanza accurato e sufficientemente completo appare tuttavia

datato e presenta alcune vistose lacune, soprattutto per quanto riguarda il contributo

italiano. Nessun lavoro italiano viene citato fra le opere straniere anteriori al 1945, e

solo otto lavori vengono citati nel periodo successivo. Per ovviare parzialmente a tali

carenze si può ricorrere alla bibliografia della già citata opera di Antimo Negri,

Introduzione a Comte, che, se pur non recentissima, offre il dovuto spazio al

contributo italiano, oltre a comprendere diverse opere non riportate nella prima.

Con queste note si è cercato di aggiornare, sia pure in misura incompleta, i due

suddetti lavori, riportando di seguito, opere posteriori o non riportate, e riedizioni

delle quali si è venuti a conoscenza.

AA.VV., Auguste Comte e il problema storico-politico nel pensiero contemporaneo

(da Burke a Lévi-Strauss), D'Anna, Messina, 1975

AA.VV., Auguste Comte-Qui êtes-vous, (a cura di Gérard Marie de Ficquelmont,

Presidente dell'associazione «Les Amis de la Maison d'Auguste Comte») La

Manufacture, Lyon, 1988

AA.VV., Auguste Comte (1798-1998), numero speciale della «Revue Internationale

de Philosophie», 1/1998, n.203

Alengry Franck, Essai historique e critique sur la sociologie chez Auguste Comte,

Slatkine, Genève, 1991

Barbè C., Progresso e sviluppo - La formazione della teoria dello sviluppo e lo

sviluppo come ideologia (Auguste Comte - Herbert Spenser), Giappichelli, Torino,

1974.

Bréhier Emile, "Auguste Comte" in Histoire de la philosophie, Presses Universitaires

de France, Paris, 19946, pp.751-778.

Caforio Giuseppe, "Auguste Comte" in Sociologia e Forze Armate, Pacini Fazzi,

Lucca, 1987

Dagognet F., D'une certaine unité de la pensée d'Auguste Comte: Science et religion

inséparables ? in Revue Philosophique de la France et de l'etranger, n.4, (1985)

De Boni Claudio:

-La rivoluzione conservatrice-Émile Littré e il positivismo, G. D'Anna, Messina-

Firenze, 1996

-Politica positivista e governo repubblicano: da Comte a Littré, in AA.VV., Il popolo

e le élites, (a cura di Vittore Collina), Mimesis, Milano, 1997

-Alla ricerca dello stato sociale: politica ed economia nel pensiero francese della

prima metà dell'ottocento, CEDAM, Padova, 1999

Delamarre A., Le pouvoir spirituel et la ruine de la constitution catholique chez

Joseph de Maistre et Auguste Comte, in Revue Philosophique de la France et de

l'etranger, n.4, (1985)

Faure Edgard, "Auguste Comte ou la Révolution terminée" in Auguste Comte-Qui

êtes-vous, La Manufacture, Lyon, 1988, pp. 15-52

Fisichella Domenico, Il potere nella società industriale - Saint-Simon e Comte,

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Frick Jean-Paul:

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-La politique d'Auguste Comte, in Revue Philosophique de la France et de l'etranger,

n.4, (1985)

- D'Auguste Comte à Max Weber, Economica, Paris, 1992

Gérard Alice, Le positivisme dans le siécle: Auguste Comte, sa génération et la

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-La vie d'Auguste Comte (1931), Vrin, Paris, 1997 (nuova ed. con prefazione di Annie

Petit)

-La philosophie d'Auguste Comte - Esquisses, collana «Reprises», Vrin, Paris, 1987

-La vie d'Auguste Comte - Esquisse in Auguste Comte-Qui êtes-vous, La

Manufacture, Lyon, 1988, pp.53-82

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-La philosophie d'Auguste Comte. Science, politique, religion, PUF, Paris, 1996

-Du corps politique a l'organism social in Revue Internationale de Philosophie,

1/1998, n.203, pp.95-110

Grateloup Leon-Louis, La doctrine d'Aguste Comte: le positivisme, in Auguste

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Haac Oscar A., Auguste Comte et l'Orient, in Revue Internationale de Philosophie,

1/1998, n.203, pp.111-126

Harp Gillis J., Positivistic republic: Auguste Comte and the reconstruction of

American Liberalism.- 1865-1920, Pennsylvania State University Press, Philadelphia,

1995

Hesse David M., George Eliot and Auguste Comte: the influence of comtean

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