linee pastorali - diocesi di nuoro

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DIOCESI DI NUORO LINEE PASTORALI Per gli anni 2014-2018 Le risposte devono rientrare nelle mani del Vescovo entro il Mercoledì Santo, 16 aprile 2014 Nuoro 2014

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D I O C E S I D I N U O R O

LINEE PASTORALI

P e r g l i a n n i 2 0 1 4 - 2 0 1 8

Le risposte devono rientrare nelle mani del Vescovo entro ilMercoledì Santo, 16 aprile 2014

Nuoro 2014

SOMMARIO:

LETTERA DEL VESCOVO

“Riprendiamo il cammino” 3

IL PERCORSO DELLE LINEE PASTORALI

1-Vita e Società nascono, si sperimentano e si condizionano in famiglia… 8che trasmette i valori in cui crede e di cui si nutre … 10ma a sua volta ha bisogno della “famiglia” sociale ed ecclesiale 12

2-“Conoscere” il Cristo? Cammino di “Comunione” con Lui. 13

3-Ascoltare, accogliere, conoscere il Cristo, … 15formando Chiesa, … 16è un permanente cammino formativo … 18per tutti i Battezzati, … 20per il Clero, … 22per i Diaconi, … 23per le Persone Consacrate, … 24

per i Religiosi, … 25 per le Religiose, ... 26 per i Coniugati e le Famiglie, … 27

Operatori in questo cammino: i Formatori. 28La Pietà Popolare. 29Iniziazione Cristiana dei Fanciulli, 31degli Adulti. 32Evangelizzazione al Matrimonio e alla Famiglia, 33al Sociale e alla Cultura, 35alla Carità 36

4-Dialogo nella Comunicazione 38

5-Lavorare insieme 40

INIZIATIVE PER IL CORRENTE ANNO 2013-2014 42

“Riprendiamo il cammino”

LETTERA DEL VESCOVOnell’Anno Pastorale 2013-2014

Ai Sacerdoti, Diaconi, Consacrati e Fedeli tutti della Diocesi di Nuoro

“Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate e ammaestrate tutte le genti” (Mt 28,18-19)

Carissimi,

Con le parole di Paolo ai Corinti saluto tutti voi della Chiesa Nuorese, chiamati adessere santi insieme, invocando su ciascuno grazia e pace da Dio Padre nostro e dal Signore GesùCristo.

“Riprendiamo il cammino”.

Alla luce di quanto ho visto e gustato della nostra fede, ricca di tante luci e diimmancabili ombre, in questi due anni trascorsi con voi, colgo ora la necessità di riprendere ilcammino insieme a voi tutti, sollecitato anche dal vostro desiderio di essere autentici protagonisticorresponsabili nella evangelizzazione, nell’annuncio del Vangelo alla nostra comunità diocesana.

Sia comune impegno, nel camminare insieme, muovere i nostri passi sotto la guida ealla luce delle linee che il Santo Padre Francesco ci ha indicato e segnalato nella EsortazioneApostolica “Evangelii Gaudium”. E’ Lui che ci invita ad “avere il coraggio di raggiungere tutte leperiferie che hanno bisogno del Vangelo” e spetta alla nostra comunità diocesana “discernere qualesia il cammino che il Signore chiede” (EG, 20)

Leggiamo nel vangelo di S. Marco:

Gli apostoli si riunirono attorno a Gesù e gli riferirono tutto quello che avevano fatto einsegnato. Ed egli disse loro: “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi unpo'”. Era infatti molta la folla che andava e veniva e non avevano più neanche il tempo dimangiare. Allora partirono sulla barca verso un luogo solitario, in disparte. Molti però lividero partire e capirono, e da tutte le città cominciarono ad accorrere là a piedi e liprecedettero. Sbarcando, vide molta folla e si commosse per loro, perché erano comepecore senza pastore, e si mise a insegnare loro molte cose. Essendosi ormai fatto tardi,gli si avvicinarono i discepoli dicendo: “Questo luogo è solitario ed è ormaitardi; congedali perciò, in modo che, andando per le campagne e i villaggi vicini, possanocomprarsi da mangiare”. Ma egli rispose: “Voi stessi date loro da mangiare”. Gli dissero: “Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro damangiare?”. Ma egli replicò loro: “Quanti pani avete? Andate a vedere”. E accertatisi,riferirono: “Cinque pani e due pesci”. Allora ordinò loro di farli mettere tutti a sedere, agruppi, sull'erba verde. E sedettero tutti a gruppi e gruppetti di cento e di cinquanta. Presii cinque pani e i due pesci, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li dava ai discepoli perché li distribuissero; e divise i due pesci fra tutti. Tutti mangiaronoe si sfamarono, e portarono via dodici ceste piene di pezzi di pane e anche dei pesci.Quelli che avevano mangiato i pani erano cinquemila uomini. (Mc 6,30-44)

Marco, dopo il banchetto di morte voluto da Erode con i grandi della sua corte,durante il quale Giovanni Battista fu assassinato, racconta il convivio di vita, la moltiplicazione deipani, promosso da Gesù con la gente affamata della Galilea, nel deserto. Tra i due conviti, quella

della morte e quello della vita, troviamo descritti alcuni atteggiamenti di Gesù: Egli è accogliente,prova compassione, è il Maestro, chiede collaborazione e dà precise disposizioni. E’ accogliente nei confronti degli apostoli, ai quali chiede di stare in comunione personale conLui, e della gente. I suoi discepoli li formava così: preoccupandosi del contenuto dellapredicazione, della comunione con Lui, ma anche del loro riposo. Per la gente poi, che vede comeun gregge senza pastore, trascura anche l’esigenza primaria del mangiare per insegnare loro. Prova compassione verso la folla senza guida. Sappiamo che Marco esprime qui quellamisericordia di Dio verso Israele, la sua elezione e il perdono dei suoi peccati. La stessaIncarnazione è stata un ‘con-patire’ : ha preso su di sé il nostro ‘patire’. E’ un portare l’altro dentrola nostra vita senza alcun pregiudizio. E’ il Maestro. Gesù dimentica il suo riposo e comincia ad insegnare. Non crea un rapporto daalunno-professore, ma da discepolo a maestro. Il professore insegna e l’alunno sta con lui durante iltempo della lezione. Il maestro testimonia e il discepolo vive con lui 24 ore al giorno. Chiede collaborazione e dà disposizioni precise. Chiede una verifica su una realtà che Luiconosce ma loro no: andate a vedere quanti pani avete. Quindi: “ordinò”. E’ un ordine che dà aidiscepoli, perché i discepoli non volevano: “Congedali” dicevano. Come risposta dà un altroordine: “Voi stessi date loro da mangiare”. Alle loro perplessità: “Dobbiamo andar noi ?” Gesùda un ordine ben preciso che è solo da eseguire, ordina loro di far mettere a sedere tutti a gruppi.Lascia la libertà di eseguire l’ordine con intelligenza: “sedettero tutti a gruppi e gruppetti di centoe di cinquanta”.

Con questa lettera, che rivolgo a tutti i battezzati di buona volontà presenti nella nostrachiesa nuorese, vorrei tracciare delle linee per un cammino, fatto insieme, da tutti noi, laici esacerdoti, che porti verso un progetto di pastorale condiviso e accolto da tutti, che ci accompagni inquesti prossimi anni.

Gesù con quei suoi atteggiamenti ha offerto un banchetto di vita ad una folla, pecore senzapastore, affamate della Sua persona. Oggi siamo interpellati dalla nostra società, provocati dallenostre famiglie e mandati e spinti dal Signore Gesù: “Voi stessi date loro da mangiare”. Ogniprogetto di pastorale che possiamo pensare, studiare e programmare non potrà prescindere dagliatteggiamenti di Gesù: accogliere, condividere portando dentro di noi tutta la realtà sociale perevangelizzare con un impegno realmente nuovo, “con una pastorale decisamente missionaria” (EG.

15). Ciò significa “raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (EG, 20),come la Chiesa ci suggerisce.

Mi piace chiudere queste poche righe con le parole di Papa Francesco in “EvangeliiGaudium”: apriamoci senza paura all’azione dello Spirito Santo, “invochiamolo oggi, ben fondatisulla preghiera, senza la quale ogni azione corre rischio di rimanere vuota e l’annuncio alla fine èprivo di anima. Gesù vuole evangelizzatori che annuncino la Buona Novella non solo con le parole,ma soprattutto con una vita trasfigurata dalla presenza di Dio” (EG, 259).

Il cammino che insieme intraprendiamo nel giorno della Festa di San Pietro Apostolo, citrovi testimoni autentici del Cristo Risorto, sempre pronti a dare ragione della nostra speranza.Siano le nostre Beate a intercedere per noi, a guidare i nostri passi, a proteggere i nostri giovani e adonarci l’unità.

Nuoro, 22 febbraio 2014, Festa della Cattedra di San Pietro Apostolo.

+ Mosè Marcia, vescovo.

Questo documento va in mano a tutti i fedeli di buona volontà, così che ognuno

possa, rispondendo alle domande, contribuire alla formulazione del Progetto

Pastorale Diocesano che ci vedrà impegnati per i prossimi cinque anni.

Nulla vieta, se gli spazi destinati alle risposte non fossero sufficienti, usare altri

fogli aggiuntivi.

Il documento è affidato, per la compilazione e per la divulgazione, in modo

particolare a tutti i Sacerdoti, ai Religiosi, alle Religiose, a tutte le persone

Consacrate, ai Consigli Pastorali Parrocchiali, alle Associazioni e ai Movimenti

Le risposte dovranno pervenire nelle mani del Vescovo entro il

Mercoledì Santo, 16 aprile 2014

Grazie!

1 - “Sbarcando, vide molta folla … pecore senza pastore”:

La maggioranza è fuori dalla barca di Pietro.Nella Chiesa: “ospedale da campo”,la famiglia è la parte più malata.

A- La famiglia, crocevia della società in continuo mutamento, ci obbliga ad essere missionari in cammino, con una pastorale dinamica e attenta a questa società

1.1)- Vita e Società nascono, si sperimentano e si condizionano in famiglia

"La caratteristica del 'cambiamento della società' – scriveva nel 2008 l'allora Arcivescovodi Buenos Aires cardinal Bergoglio - è che le cose non sono più al loro posto. Ciò che un temposerviva a spiegare il mondo, i valori, il bene e il male, già sembra non funzionare più. Il modo dicollocarci nella storia è cambiato. Ciò che era inimmaginabile, è accaduto. Sarà lo stesso nelfuturo in rapporto a ciò che viviamo oggi. Ciò che ci sembra normale nella famiglia, nella Chiesa,nella società e nel mondo, ci pare immutabile. Non si può dunque vivere nell'illusione che nientecambi e che basti aspettare che alcune cose ritornino ad essere come prima".

La missione della Chiesa è una risposta alle sfide derivanti da tali cambiamenti e comportauna costante aspirazione ad andare incontro a quanti si sono allontanati dalla fede, a nonaccontentarsi della semplice amministrazione della parrocchia, ma comporta altresì uncambiamento dell’azione pastorale che può avvenire soltanto con una trasformazione interiore deipastori e degli altri membri della comunità. Per una Chiesa piena di slancio e di zeloevangelizzatore, dobbiamo essere tutti nuovi missionari e discepoli fedeli.

Credere in Gesù Cristo non è mai stato qualcosa di scontato, per nessuno di coloro che cihanno preceduto. Eppure le abitudini familiari e i richiami sociali che in passato conducevano connaturalezza fin sulla soglia dell’esperienza della fede, oggi si sono molto ridotti, e talvolta persinosfaldati.

Se è giusto e anche necessario spingersi fino ad una programmazione delle proposte diannuncio, che la pastorale è chiamata a fare, occorre tuttavia tenere ben presente che le vie e i tempidell’incontro con Gesù e con il suo Vangelo non stanno sotto il controllo di nessuno di noi perché,in esse, sono determinanti la libertà delle persone e l’agire di Dio, nello Spirito.

A ben riflettere, sacerdoti, catechisti, operatori di pastorale, responsabili di movimenti,abbiamo sempre a rapportarci con le famiglie, anzi con la famiglia, quella ben identificata famigliadi quel ragazzo, di quel bambino, di quel genitore. Ogni famiglia è una miniera di problemi a sestanti e ognuna tende a vivere la propria situazione immaginandola unica e non condivisibile.

“Ma per la comunità cristiana la famiglia è vita, è tessuto quotidiano, è cammino digenerazioni che si trasmettono la fede insieme con l'amore e con i valori morali fondamentali, èsolidarietà concreta, fatica, pazienza, e anche progetto. speranza, futuro. Tutto questo, che lacomunità cristiana vive nella luce della fede, della speranza e della carità, non è mai tenuto per sé.ma diventa ogni giorno lievito nella pasta dell'intera società, per il suo maggior bene comune”(Lettera di Papa Francesco ai partecipanti della 47 settimana sociale dei cattolici italiani).

1) Quali cambiamenti nel mio ambiente,esigono particolare attenzione dalla Pastorale? Cosa può mettere in campo la Parrocchia per essere oggi testimone credibile per “i vicini” e per “i lontani”?

2) Cambiamento dell’azione pastorale: come accompagnare la trasformazione interiore di ogni membro della nostra comunità diocesana?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

B- Nella famiglia, le relazioni: di coppia, tra adulti, tra genitori e figli, tra famiglia e società,interrogano la nostra pastorale che, con stile familiare, evangelizza nell’introdurre allafede e nell’accompagnare quanti nella fede intendono camminare

1.2)-… che trasmette i valori in cui crede e di cui si nutre

La nostra pastorale, l’evangelizzazione, è chiamata oggi a farsi “nuova” nel suo ardore, neisuoi metodi, nelle sue espressioni. Questo non significa certo che quanto fatto fin ora sia statosbagliato e vada accantonato. Piuttosto occorre prendere sul serio i cambiamenti avvenuti nella vitadella gente e apportare dei cambiamenti nel modo di proporre il Vangelo. Non è più scontatal’introduzione alla fede per il bambino o il cammino di fede per gli adulti, con i ritmi e gli stili dellavita famigliare d’oggi.

La relazione con i genitori dei ragazzi è uno degli ambiti maggiormente toccati da questanuova esigenza missionaria. Non troviamo più valido il presupposto che le famiglie siano giàevangelizzate. Tante famiglie effettivamente distanti dalla vita della comunità cristiana, chiedonoper i propri figli una vita di fede e sacramentale, che loro non sanno e anche non vogliono vivere.

Si tratta di investire energie per riflettere sulla relazione con gli adulti, per imparare lemodalità e per trovare magari nuove persone che si dedichino specificamente a questo. Dalmomento che le energie della comunità cristiana sono limitate, se siamo convinti che questo ambitosia una priorità occorrerà anche diminuire l’investimento altrove, magari proprio quello sul numerodi incontri con i ragazzi che, anche a causa di una preparazione non sempre accurata, finisconotalvolta per appesantire il cammino.

La prima convinzione che ci sentiamo di esprimere è che, prima ancora che i ragazzi o igenitori, la comunità cristiana che evangelizza debba avere in mente la famiglia nel suo insieme.Dentro questa attenzione unitaria alla famiglia, la cura per il cammino dei ragazzi e dei genitoritrova la sua collocazione più consona, e anche più efficace.

Una esperienza non lontana dalla realtà comune a diversi parroci è quella descritta da DonUgo Lorenzi, in una sua relazione ad una quattro giorni per catechisti,

“Immaginiamo di trovarci nel cortile di un oratorio, in una bella domenica pomeriggiodi ottobre. E’ previsto un incontro con le famiglie dei ragazzi dell’iniziazione cristiana, con unariunione per i genitori, e poi merenda tutti insieme. I genitori arrivano, alcuni insieme, altri dasoli. Qualcuno l’abbiamo intravisto al mattino a messa, altri si vedono ora per la prima volta,altri frequentano la parrocchia abitualmente; diversi sono anche di origine straniera.Tra di loro alcuni si conoscono, per via dell’asilo dei figli, o perché i figli sono in classe insieme onella stessa squadra sportiva. Tre o quattro hanno fatto parte del gruppo giovani dellaparrocchia. Alcuni bambini sono accompagnati da uno dei nonni, un altro arriva con la sorellapiù grande. …

Alcuni genitori arrivano da soli, perché sono divorziati, qualche altra coppia si staseparando in questi mesi. Quel papà è tutto trafelato perché ha in mente la situazione al lavoro,diventato in poco tempo precario. Un altro papà, invece, il lavoro l’ha già perso, e la famiglia siè così trovata obbligata a cambiare casa. Il bambino piccolo per mano a quella mamma ha grossiproblemi di salute, che domandano una particolare attenzione, ora che inizia a frequentare lascuola dell’infanzia. Quell’altra mamma laggiù vive in un turbine di impegni la casa, lavoro equattro figli. Vorrebbe dedicare più tempo e presenza di spirito al cammino cristiano di sua figlia.Apprezza questi momenti di incontro, perché dice che sono quasi gli unici che le permettono difermarsi e riflettere. Alcuni genitori, non solo di origine straniera, incontrano la parrocchiaattraverso la Caritas; è forse anche per questo che rimangono un po’ in disparte. Alcunimancano: speriamo non sia per lo stesso motivo, né per la loro situazione matrimoniale.

Anche dal punto di vista religioso, per quel poco che si può capire dall’esterno, c’è grandediversità. Pochi partecipano regolarmente alla messa domenicale. Un papà, durante la visitapasquale alle famiglie, ha fatto entrare il don dicendo che accettava la benedizione ma, per levicende della sua vita, era giunto a negare l’esistenza di Dio. Alcuni, i cui figli più grandi hannogià vissuto l’iniziazione cristiana, si chiedono se questi incontri saranno uguali a quelli che hannogià fatto a suo tempo, e se dovranno rifarli tutti. Alcuni arrivano con dei ricordi non positividell’incontro con la Chiesa, anche se lo verremo a sapere solo quando magari ci diranno di avertrovato, stavolta, qualcosa di diverso. Altri ancora hanno l’aria imbarazzata e circospetta di chi sisente un po’ fuori posto; forse si augurano che venga loro chiesto il meno possibile.”

Questo panorama familiare così variegato, un po’ più in città, un po’ meno nei paesi, fanascere alcune domande e alcune riflessioni. Questo è il nostro “essere chiesa”! Questa la nostracomunità! Una “famiglia” di famiglie concrete con problemi concreti.

Perché non partire dalla famiglia? Perché non impostare tutta la pastorale con l’ottica dellafamiglia? E’ nella famiglia che si nasce, e i genitori attendono alla crescita, allo sviluppo eall’educazione dei propri figli. In famiglia si esperimenta l’amore e si affrontano le difficoltà perviverlo nel modo più ricco e completo. L’anziano e il malato trovano attenzione e cura nellafamiglia, dando anche loro quanto sono ancora capaci di disporre. Il giovane affronta con coraggiole sue scelte alla luce dell’esperienza vissuta nella propria famiglia.

1) Quali azioni metteresti in atto per promuovere valide relazioni all’interno della singola famiglia e tra famiglie?

2) Quali iniziative metteresti in atto per trasferire questo stile familiare all’interno della comunità parrocchiale?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

C- La famiglia, soggetto e oggetto delle attenzioni pastorali , esige un impegnoprioritario dalla comunità ecclesiale, parrocchiale e diocesana.

1.3)-… ma a sua volta ha bisogno della “famiglia” sociale ed ecclesiale

Credo sia davvero necessario ipotizzare una pastorale d’insieme guardando alle dinamichedella famiglia, privilegiandola come soggetto e oggetto delle attenzioni pastorali. Vivere e curare lapastorale diocesana e parrocchiale insieme alle famiglie, così come sono.

“La famiglia cristiana, comunione di persone, segno e immagine della comunione del Padree del Figlio nello Spirito Santo, ha anche il compito di partecipare alla vita e alla missione dellaChiesa”. (DPF,14). Spetta alla parrocchia riconoscere e preparare la famiglia a questo suo essere pernatura sacramentale, “comunità d’amore e di vita”, “comunità di grazia”. A suo modo la famiglia èuna rivelazione e una realizzazione del mistero della Chiesa.

Ciò non toglie che “La parrocchia, Chiesa che vive tra le case degli uomini, continua aessere il luogo fondamentale per la comunicazione del Vangelo e la formazione della coscienzacredente; rappresenta nel territorio il riferimento immediato per l’educazione e la vita cristiana aun livello accessibile a tutti; favorisce lo scambio e il confronto tra le diverse generazioni. Essa èanimata dal contributo di educatori, animatori e catechisti. La formazione di tali figure costituisceun impegno prioritario per la comunità parrocchiale, attenta a curarne, insieme alla crescitaumana e spirituale, la competenza teologica, culturale e pedagogica. Questo obiettivo resteràdisatteso se non si riuscirà a dar vita a una pastorale integrata” (EVBV, 41).

Le presenti linee saranno utili per un “piano pastorale diocesano”, per un “progetto pastoralediocesano” che darà forma allo sforzo comune nel ricercare una modalità adatta al nostro territorio.

1) In che modo la famiglia (non il singolo membro) può diventare soggetto di pastorale?

2) Quale attenzione la comunità parrocchiale può riservare alla famiglia?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

2 - “Venite in disparte, in un luogo solitario, e riposatevi un po’”:

Questo mostra come Gesù formava i suoi discepoli.

A- “La prima motivazione per evangelizzare è l’amore di Gesù che abbiamo ricevuto,l’esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo di più” (EG.264). Il nostro “fare”il nostro “essere per gli altri” dipendono dal nostro “essere in comunione intima con Lui”

2.1) -“Conoscere” il Cristo? Cammino di “Comunione” con Lui!

In questo “Venite in disparte” si ha un segno della sollecitudine con cui Gesù usava trattare isuoi discepoli, in luoghi silenziosi e di meditazione. Il termine “in luogo solitario” allude anche aldeserto, che è per eccellenza un orizzonte di silenzio e di solitudine; è il luogo dell'intimità con Dio(cfr. Os 2,16); il luogo dove Israele aveva sperimentato Dio come il Padre che offre cibo, acqua eprotezione (Dt 8,3-5). Gesù stesso, personalmente, ama ritirarsi “in luogo solitario” quasi un“eremo" per incontrare il Padre nella preghiera (cfr. 1,35.45). Il trovarsi insieme in un luogosolitario e lontano dalla confusione della folla costituiva non solo un motivo di riposo, ma ancheun'occasione per quelle conversazioni confidenziali, nelle quali Gesù era solito introdurre idiscepoli ad una più approfondita conoscenza dei «misteri del regno» (cfr. 4,10-11).

Questo invito, quasi comando: “riposatevi un poco” è rivolto a coloro che finora hannolavorato senza sosta e che devono intraprendere un'azione nuova; sottolinea un diverso modo diagire, e richiama l'azione di Gesù il vero ed unico pastore che “a pascoli erbosi mi fa riposare”(Ps. 22,2). Gesù, come il pastore di Israele e di ciascuna creatura, si occupa delle sue pecore e leconduce, perché subito dopo deve preparare loro una mensa (la moltiplicazione dei pani di Mc 6,33-44), non senza aver prima coinvolto i suoi: “voi stessi date loro da mangiare”.Sono tutti presi dal lavoro, dall’attenzione agli altri, non a caso, infatti, si dice che “non avevanopiù neanche il tempo di mangiare” a causa della “molta folla che andava e veniva”. Eppure Gesùdice loro in modo imperativo : “venite in disparte in luogo solitario” e ancora in modo imperativoaggiunge “voi stessi date loro da mangiare”. Il nostro “fare”, il nostro “essere per gli altri”dipende dal nostro “essere in comunione intima con Lui”.

Quanti, laici o chierici, unti dal battesimo o da speciale consacrazione, ci sentiamo discepolidel Cristo, non possiamo disattendere la formazione che il Signore Gesù ci propone: “Venite indisparte”! E’ palese in questo invito come “tutti i fedeli di qualsiasi stato o grado sono chiamati allapienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità” (LG. 40) nell’incontro personale con ilSignore, nella preghiera e nell’ascolto della Parola.Come Gesù, non dobbiamo preoccuparci solo del contenuto, delle modalità della predicazione, dicome articolare una nuova evangelizzazione, ma anzitutto di vivere personalmente “il riposo inluogo solitario”, la nostra intimità con Lui.

1) Cosa comporta per te, oggi, nel tuo vivere, l’invito del Signore “Riposatevi un po’”?

2) Cosa proponi per realizzare una maturità di fede nella comunità cristiana?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

3 - “Si mise a insegnare loro molte cose”:

poiché erano come pecore senza pastore, Gesù mostra di essere lui il vero buon pastore, insegnando!

“Cristo è il ‘Vangelo eterno’ (Ap 14,6), ed è ‘lo stesso ieri e oggi e per sempre’ (Eb 13,8)” (EG.11)

3.1 -Ascoltare, accogliere, conoscere il Cristo

L’insegnamento che Gesù dà non appare solamente nelle parole, ma anche nei gesti e nel suomodo di rapportarsi con le persone. La dottrina non è mai separata dalla persona che la comunica.Gesù è una persona accogliente (Mc 6,34). Vuole il bene della gente. La bontà e l’amore cheemergono dalle sue parole fanno parte del contenuto, sono sostanza .

Questo nuovo modo che Gesù ha di insegnare si manifesta in mille forme. Gesù insegna inqualsiasi luogo dove c’è gente ad ascoltarlo: nella sinagoga, in casa, su una riva, sulla montagna,sulla pianura, su una barca, nel deserto.

La gente rimane impressionata: “Un nuovo insegnamento! Dato con autorità! Diverso dagliscribi!” (Mc 1,22.27). E’ più difficile essere maestro che professore! Noi non siamo alunni di Gesù,ma discepoli e discepole!

1) Cosa vuol dire per te “conoscere e seguire Cristo”?

2) Cosa ti aiuterebbe per integrare maggiormente la fede con la vita?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

A- Essere Chiesa, non è qualcosa di diverso da noi stessi, “significa essere Popolo di Dio, inaccordo con il grande progetto d’amore del Padre. Questo implica essere il fermento di Dioin mezzo all’umanità, annunciare e portare la salvezza di Dio in questo nostro mondo”(EG.114), in questo nostro territorio nuorese.

3.2)- formando Chiesa

La Chiesa oggi ci invita e ci sprona ad una “Nuova Evangelizzazione”, non certo neicontenuti, ma nelle forme e soprattutto nello slancio e nell’ardore apostolico. Papa Francescoall’udienza dell’11 settembre 2013, ci ricordava che la Chiesa “è fatta da ciascuno di noi: ciòsignifica che tutti dobbiamo collaborare alla nascita alla fede di nuovi cristiani, ad annunciare ilvangelo. La Chiesa non è qualcosa di diverso da noi stessi, ma va vista come la totalità deicredenti, come il «noi» dei cristiani: io, tu, noi siamo parte della Chiesa”.

Tutti noi fedeli di “qualsiasi stato o grado” siamo chiamati a vivere con rinnovata passioneapostolica l’evangelizzazione nella nostra Chiesa nuorese che, pur ricca di tanta potenzialità neilaici e nel clero, si porta i segni che secolarismo e paganesimo imperante stanno seminando anchenelle nostre comunità.Senza quel “luogo solitario”, materialismo e agnosticismo intaccano e pervadono anche la nostravita personale.

Mi pare opportuno richiamare quanto il Concilio Plenario Sardo, citando il n.5 deldocumento della CEI “Con il dono della Carità dentro la storia”, affermava al n. 27, riferendosialla formazione dei laici, ma lo reputo basilare per ogni battezzato: “Perché ogni battezzato possascoprire e vivere in pienezza la propria vocazione cristiana, è necessario mettere in atto un’intensaopera di formazione.” Così si attua una evangelizzazione che mira a far incontrare ogni battezzato“personalmente” con Cristo, in modo che ognuno si senta investito direttamente dalla Suachiamata, del Suo discepolato e del Suo mandato. Così si mira alla formazione di una coscienzapersonale adulta in ogni cristiano, tramite la direzione spirituale, come momento forte di educazionealla fede.

Così si cura la formazione culturale, spirituale e teologica di tutti e di ogni battezzato in unasocietà che cammina sempre più verso la totale scristianizzazione, retta da una cultura secolarizzata.

Gli atteggiamenti del Signore Gesù siano per noi guida nel tradurre le presenti linee in unvero progetto pastorale, anche alla luce degli Orientamenti Pastorali della CEI: “Educare alla vitabuona del Vangelo”.

1) Essere Chiesa è essere evangelizzatori, battezzati che si aprono senza paura all’azione dello Spirito. Quali paure ti chiudono allo Spirito, cosa fare per vincerle, che aiuto vorresti?

2) Essere ‘Chiesa’ non può lasciarti indifferente. Che cosa concretamente ti smuove dalla tua poltrona? dal tuo comodoperbenismo?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

B- “Un’evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e conl’ambiente, e che susciti i valori fondamentali” (EG. 74), esige “formazione” ricercata eimpartita in modo sinodale nel coinvolgimento di tutti.

3.3)- è un permanente cammino formativo

Annuncio, Liturgia e Carità sono compiti essenziali della Chiesa. Sono fondamentali allaevangelizzazione, di cui si sente fortemente l’esigenza, in ordine alla costruzione dell’identità dellavita cristiana. Nel contempo esigono un impegno formativo, educativo che proponga chiaramente ilripensamento delle azioni, dei progetti, delle iniziative e dei soggetti pastorali della Chiesa in modointegrato e corale, sia tra loro e sia con le forze educative presenti in diocesi.

Bisognerà pensare ad un’opera di snellimento e convergenza almeno nei settori e negli uffici piùvicini per area e, in ogni caso, deve diventare prassi consueta lo scambio e l’azione comune. Devediventare sempre più ricco l’inserimento dei laici e delle famiglie come protagonisti, come portatoridi una competenza singolare e specifica. Così il Consiglio Presbiterale e i Consigli Pastorali siaquello Diocesano come i Parrocchiali, non potranno limitarsi alle semplici organizzazioni tecnichedi eventi, ma porteranno la ricchezza del laicato e specialmente della famiglia, all’interno dellariflessione teologica nella pastorale.

Questo stile sinodale di lavoro non è altro che vivere il nostro battesimo che ci ha consacrati eresi tutti membri dell’unico popolo di Dio. In particolare il Consiglio Presbiterale si porrà in unaautentica dimensione sinodale nello svolgimento del mandato affidatogli nell’elaborare a fianco alVescovo la pastorale diocesana.

Lo stesso spirito animerà l’assemblea ecclesiale che, composta da tutti i battezzati, almeno duevolte l’anno si incontrerà per verificare e per programmare insieme il cammino diocesano. Non èforse sinodale lo stile della vita in una famiglia, specie nei momenti di scelte fondamentali? Anche imomenti decisionali nell’educazione e formazione dei piccoli viene normalmente affrontato insiemedai genitori!

Dai dati emersi nei due convegni ecclesiali, dalle esigenze espresse dai parroci negli incontriestivi, sollecitati dagli orientamenti pastorali dell’Episcopato Italiano, anche nella nostra diocesiappare impellente affrontare il tema della formazione.

1) Perché ritieni valido lo stile sinodale nell’essere Chiesa? Quali ostacoli trovi percondividere lo stile sinodale e per renderlo operativo?

2) Quali proposte suggerisci per raggiungere la sinodalità?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

C- E’ proprio del battezzato vedere, giudicare e agire alla luce della fede. Questo necessita di unaformazione integrale dell’uomo e una solida preparazione dottrinale, rispettosa della sua età,della sua condizione e delle sue attitudini. La famiglia, luogo primo, privilegiato e insostituibile,della formazione umana, religiosa, ecclesiale dell’uomo, fanciullo e adolescente, non può esserelasciata sola. Nessuno, a livello personale o di gruppo, movimento o associazione, può sentirsiesonerato, dal ricercare la propria formazione e dal favorirla negli altri. E’ la “mondanitàspirituale” che smette “di vivere un’appartenenza cordiale alla Chiesa, … si rinchiude ingruppi di élite, non va realmente in cerca dei lontani né delle immense moltitudini assetate diCristo. Alcuni … più che appartenere alla Chiesa intera, con la sua ricca varietà, appartengonoa questo o quel gruppo che si sente differente e speciale” (cfr. EG, 95-98).

3.4)- per tutti i Battezzati,

Ogni battezzato, sia esso laico o religioso o sacerdote, è membro attivo del popolo di Dio. Nel Corpo di Cristo, che è la Chiesa “è tanta l’armonia e la compattezza delle membra, che unmembro il quale non operasse per la crescita del corpo secondo la propria energia dovrebbe dirsiinutile per la Chiesa e per se stesso” (AA,2).

Poiché i laici, “immensa maggioranza del popolo di Dio, al cui servizio c’è una minoranza: iministri ordinati” (EG 102), hanno un modo proprio di partecipare alla missione della Chiesa, anchela loro formazione presenta un carattere speciale a motivo dell’indole secolare propria del laicato edella sua particolare spiritualità, che li vede impegnati “nella penetrazione dei valori cristiani nelmondo sociale, politico ed economico” (EG 102).

E’ perciò considerata fondamentale per il laico la formazione integrale dal punto di vista umanoche, arricchita da una solida preparazione dottrinale teologica, etica, filosofica secondo la diversitàdell’età, della condizione e delle attitudini, lo incarni nel suo gruppo sociale e nella sua cultura.

Il laico sviluppi fin dall’inizio della sua formazione la sensibilità a vedere, giudicare e agirenella luce della fede, a formare e a perfezionare se stesso con gli altri mediante l’azione e ad entrarecosì attivamente nel servizio della Chiesa. Questa formazione sia sempre ulteriormenteperfezionata per la crescente maturazione della persona umana e per l’evolversi dei problemi.

La formazione del laico ha inizio con la prima educazione dei fanciulli, degli adolescenti e deigiovani e va perfezionata lungo tutta la vita a misura che lo richiedono i nuovi impegni che siassumono.In questo cammino formativo è insostituibile il compito dei genitori e di tutta la famiglia, che con lasua naturale vita comune diventa autentica palestra di dedizione totale.

I fanciulli così educati aprono il loro animo alla vita della comunità sia ecclesiale che temporalee accolti nella parrocchia acquistano in essa la coscienza d’essere membri vivi e attivi del popolo diDio. Qui nella comunità parrocchiale, attraverso la catechesi, educati all’ascolto della Parola e,aiutati in particolare dai sacerdoti nella direzione spirituale, vengono formati all’apertura verso glialtri e all’apostolato.

Parimenti i gruppi e le associazioni di laici debbono diligentemente e assiduamente favorire laformazione all’apostolato dei propri appartenenti, dando loro simultaneamente una formazioneglobale dottrinale e spirituale. Tale formazione va organizzata in modo da tener conto di tuttol’apostolato, che deve essere esercitato non solo all’interno degli stessi gruppi e associazioni, ma inogni circostanza e per tutta la vita. Anzi ognuno deve fattivamente prepararsi all’apostolato che urgemaggiormente nell’età adulta. (cfr. AA, 29-30).

Come si possono attuare queste indicazioni del Concilio, se ogni movimento, associazione ogruppo o parrocchia è chiuso in se stesso, e non soffre per l’assenza di formazione in tutto illaicato? Perché non mettere insieme tutte le energie nel dare formazione?

E’ certo compito dell’Ufficio catechistico, della Pastorale giovanile e vocazionale e dellaPastorale Familiare farsi carico del problema, ma nessuno può sentirsi esonerato salvo essere“inutile per la Chiesa e per se stesso”, come ci ricorda il concilio (AA,2).

1) Che difficoltà incontrano oggi le nostre famiglie ad assolvere il proprio primario compito formativo? La comunità parrocchiale che aiuto può dare? E i movimenti e le associazioni?

2) Cosa proponi perché i movimenti e le associazioni possano uscire dal rischio, nonsempre ipotetico, di chiudersi in se stessi, quasi gruppo elitario?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

D- “La formazione permanente ci aiuta a ravvivare il dono di Dio, che è in noi, a rifletteresulla nostra vita consacrata, e far sentire nella Chiesa la presenza di Cristo PastoreSacerdote e Sposo.

“Se riesco ad aiutare una sola persona a vivere meglio, questo è già sufficiente a giustificareil dono della mia vita” (274) Lo spirito della nuova evangelizzazione esige evangelizzatoricon Spirito: aperti senza paura all’azione dello Spirito Santo,(259) … che abbiano unmovente interiore che dà impulso, motiva, incoraggia e dà senso all’azione personale ecomunitaria.(261) Evangelizzatori che pregano e lavorano.(262) “Può essere missionariosolo chi si sente bene nel cercare il bene del prossimo, chi desidera la felicità degli altri”(272) (cfr. EG. 259-274).

3.5)- per il Clero, …

“Ne costituì dodici perché stessero con lui” (Mc 3,14) e “Allora chiamò i Dodici e cominciòa mandarli a due a due…”(Mc 6,7). La formazione permanente dei Presbiteri attinge l’ispirazioneprincipale dal rapporto di Gesù con gli Apostoli. “E’ destinata a coinvolgere e assimilareprogressivamente tutta la vita e l’azione del Presbitero nella fedeltà al dono ricevuto: ‘Per questomotivo, scrive Paolo a Timoteo (2Tm 1,6), ti ricordo di ravvivare il dono di Dio, che è in temediante l’imposizione delle mani’.(Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri, n.87).Spetterà ad una apposita commissione presbiterale armonizzare i tre momenti: Esercizi Spirituali,Ritiro del Clero e momenti formativi umani, intellettuali e pastorali, con una particolare attenzioneper i giovani presbiteri.

1) Quale stile di vita nei consacrati: Sacerdoti, Diaconi Permanenti, Religiosi, Religiose, Laici Consacrati … sono di esempio e stimolo nel tuo cammino di fede? Quali ti sono di scandalo?

2) Quali iniziative è opportuno intraprendere per la formazione permanente dei Presbiteri in diocesi?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

3.6) -per i Diaconi,

La nostra Chiesa non può neppure disattendere quanti ha accolto tra il clero con il ministerodel Diaconato Permanente. “Dal punto di vista meramente umano, affinché il diacono sia unostrumento in cui risuoni la Parola di Dio è necessario che egli riceva formazione sia umana chespirituale, sia teologica che pratica: l’arte di parlare in pubblico, di predicare e di insegnare. Comecatechista deve conoscere la Bibbia, non a misura di professore ma per poterla vivere e mettere inpratica nelle varie occasioni della vita dei fedeli. Certamente il Ministero della Parola porta in sél’implicito obbligo di conoscere il Vangelo, di proclamarlo, viverlo e diffonderlo.

Lo Spirito dei sette doni, che si conferisce mediante l’ordinazione, è quello di intelligenza,sapienza, consiglio e fortezza, scienza, pietà e santo timore di Dio (Is. 11, 2-4). Lo Spirito agiscesulla natura umana, perciò la formazione è importante affinché i doni trovino un terreno fecondo neldiacono. Il diacono, Ministro della Parola, incarna questa stessa nel ministero della Liturgia e dellaCarità.” (Lettera di S .E. Mons. Gonzales Nives, 19-02-2000)

Nella nostra Diocesi, la totalità dei diaconi permanenti ha ricevuto il sacramento delmatrimonio e Dio li ha benedetti con la nascita di figli e figlie, il ministero diaconale offrel’occasione di rendere testimonianza di vere famiglie in mezzo al mondo. Sia forte nei diaconi, latensione affinché la famiglia sia una vera chiesa domestica, essendo buoni sposi come Cristo lo èdella sua Chiesa. Sarà per loro in particolare la sfera della pastorale familiare, dopo una accuratapreparazione, l’ambito privilegiato dove esercitare primariamente la diaconia della Parola, dellaLiturgia e della Carità.

1) Il “servire” è la natura stessa della Chiesa. I Diaconi nel loro ministero rendono manifesta questa diaconia. In quale campo vedi urgente l’incarnazionedi questo “servire” nella nostra chiesa diocesana?

2) Come vedi meglio testimoniata, realizzata e vissuta questa diaconia nellanostra Chiesa nuorese? Con quale preparazione?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

3.7)- per le Persone Consacrate, …

“Lo stato di vita dunque costituito dalla professione dei consigli evangelici, pur nonconcernendo la struttura gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia inseparabilmente alla suavita e alla sua santità” (LG, 44). Questo significa che la Vita Consacrata, presente fin dagli inizi, nonpotrà mai mancare alla Chiesa come un suo elemento irrinunciabile e qualificante, in quantoespressivo della sua stessa natura” (VC, 29). Benedetto XVI il 5-11-2010 affermava “La VitaConsacrata come tale ha avuto origine con il Signore stesso che scelse per sé questa forma di vitaverginale, povera e obbediente. Per questo la Vita Consacrata non potrà mai mancare né morirenella Chiesa”.

“Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri” (Gv13,35) e “che tutti siano una cosa sola. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noiuna cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,20-21). Questo è vero: è validoper tutti i battezzati, ma a maggior ragione diventa imperativo per quanti sono chiamati a vivere lapropria vita nella vocazione di speciale e totale consacrazione.

In diocesi sono presenti istituti religiosi maschili, istituti e congregazioni religiosefemminili, con monasteri di vita contemplativa, cinque istituti secolari e vergini consacrate. E’ unagrande ricchezza spirituale, è un atto d’amore sponsale del Cristo verso la sua Chiesa, che non puòtrovarci indifferenti.

Invito tutta la Diocesi a riflettere sulla Vita Consacrata e averla ben presente nel progettopastorale. Quanto riusciremo a mettere in atto sarà sempre poco nei confronti della grazia che ilSignore ci dà. Non possiamo disinteressarci alla Vita Consacrata non impegnandoci ad accoglierlae promuoverla, salvo costruire una Chiesa diversa da quella voluta dal Cristo.

1) La vita e il suo senso, frutto d’amore che altri ti hanno lasciato realizzando se stessi, è nelle tue mani. A te la scelta: perderlo o darlo a tua volta, realizzandoti! Come?

2) Qual strumenti suggerisci alle realtà educative ecclesiali – famiglia, movimenti, parrocchie, associazioni – per sollecitare una risposta e accompagnarne la realizzazione?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

3.8)- per i Religiosi,

Poiché in diocesi i religiosi presenti sono prevalentemente presbiteri, si rimanda all’impegnoindicato sopra per la formazione permanente dei Presbiteri. Qui mi limito a riportare quantosuggerisce e afferma al n.8 la ‘Presbiterorum Ordinis’: “Tutti i presbiteri, costituiti nell’ordine delpresbiterato mediante l’ordinazione, sono uniti tra di loro da un’intima fraternità sacramentale;ma in modo speciale essi formano un unico presbiterio nella diocesi al cui servizio sono ascrittisotto il proprio vescovo…. E’ chiaro che tutti lavorano per la stessa causa, cioè per l’edificazionedel corpo di Cristo, la quale esige molteplici funzioni e nuovi adattamenti, soprattutto in questitempi. Pertanto è oltremodo necessario che tutti i presbiteri, sia diocesani che religiosi, si aiutino avicenda in modo da essere sempre cooperatori della verità.” La vostra presenza, cari sacerdotireligiosi, non si limiti ad una risorsa solo per rispondere alle necessità della chiesa nuorese, mafaccia sentire la presenza sponsale del Cristo sposo nella nostra Chiesa. Portate questo vostrocarisma all’interno del progetto pastorale di cui queste righe vogliono tracciarne le linee.

1) La Vita religiosa è richiamo costante al primato di Dio nella vita, profezia dei valori assoluti del Regno, testimonianza di relazioni nuove fondatesulla carità di Cristo. Quali attese dovrebbe avere la nostra Chiesa nei confronti dei Religiosi?

2) In che misura la vita dei religiosi, chiamati a condividere le responsabilità pastorali nella guida di una parrocchia, può essere valorizzata come risorsa e diventare esempio e stimolo alle altre parrocchie per una pastorale d’insieme?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

3.9)- per le Religiose, ...

Credo non possa apparire fuori luogo, se mai ci fosse stato il dubbio, parlare di formazionepermanente delle Religiose, in un progetto di Pastorale diocesana, e magari chiedersi: perché, laVita consacrata ha bisogno di formazione permanente?

“La Vita Consacrata esprime il senso della chiesa e lo manifesta nella partecipazione pienaalla vita ecclesiale in tutte le sue dimensioni e nella pronta obbedienza ai pastori. Le personeconsacrate occupano un posto speciale nella chiesa, il loro atteggiamento a questo proposito hagrande rilievo per l’intero popolo di Dio. Dalla loro testimonianza di amore filiale trae forza edincisività la loro azione apostolica che, nel quadro della missione profetica di tutti i battezzati, siqualifica in genere per compiti di speciale collaborazione con l’ordine gerarchico. In questo modo,con la ricchezza dei loro carismi essi danno uno specifico contributo, perché la Chiesa realizzisempre più profondamente la sua natura di sacramento «dell’intima unione con Dio e dell’unità ditutto il genere umano” (VC, 46).

Per questo Vita consacrata al n° 65 afferma “Proprio per il suo tendere alla trasformazione di tutta la persona, l’impegno formativo non cessamai” e aggiunge “la formazione permanente è un’esigenza intrinseca alla consacrazionereligiosa” (VC, 69). In particolare occorre mettere in evidenza come la missione delle religiose nonrappresenta semplicemente il “fare” della vita religiosa, ma appartiene al suo “essere”. La missionedelle religiose e dei religiosi non è qualcosa che si aggiunge alla condizione del consacrato, non èsemplicemente la sua attività, ma è qualcosa che appartiene alla sua stessa natura profonda. Questocomporta per una comunità diocesana, porre in atto tutti gli strumenti per la formazione permanentedelle religiose e non semplicemente ed esclusivamente chiedere loro un impegno nel “fare”. Sarànostro compito, come comunità diocesana, dare sostegno e prestare tutta la collaborazione possibileall’Ufficio della Vita Consacrata. 1) Sono abbastanza coinvolte in Diocesi le Religiose, nella collaborazione con l’ordine gerarchico, per realizzare sempre più l’intima unione con Dio e con tutto il genere umano?

2) In quali ambiti e in che modo possonoessere maggiormente corresponsabilizzate anche nella crescita della comunione ecclesiale?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

E- Trasmettere la vita non è solo far venire al mondo i figli, è anche accompagnarlifino alla maggior età! Curare la famiglia non solo farla nascere è ancheaccompagnarla percorrendo la stessa strada insieme.

3.10)- per i Coniugati e le Famiglie,

L’unica, o quasi, formazione condivisa e vissuta è forse quella iniziale, questo in tutti isettori della pastorale, ma ancora di più per le famiglie. Ci rendiamo conto che la strada della fede èsempre in salita, è andare verso una vetta mai veramente raggiunta, dove la salita si fa ora più dolceora più dura. Il triste fatto delle separazioni e dei divorzi, molto presente nella nostra diocesi, deveinterrogarci e vederci tutti impegnati. Occorre che Sacerdoti e Laici con gli Uffici di pastoraleFamiliare, Ufficio Catechistico e Ufficio di Pastorale Giovanile, studino insieme e “promuovanopercorsi o meglio scuole per operatori di pastorale familiare. Non si manchi, in questo contesto, diriconoscere e valorizzare l’apporto prezioso e competente che può derivare da alcuni soggettispecifici, quali centri culturali, consultori, associazioni, gruppi e movimenti.”(PF, 269). Divieneallora indispensabile che si formi in ogni parrocchia un' équipe familiare, composta da coppiedisponibili e competenti, che abbia come compito quello di sensibilizzare le altre famiglie, dipromuovere e coordinare iniziative formative specifiche.

1) Ciascuno va accompagnato fin dall’adolescenza a formarsi nella propria affettività anche in vista di una vita di coppia. In questo percorso formativo, vedresti opportuna una collaborazione fra la Pastorale giovanile della famiglia e della catechesi? In che termini?

2) Quali iniziative ritieni opportune per la formazione di operatori per la pastorale familiare?

3) Che risposte daresti alla reale situazione delle famiglie all’interno della tua parrocchia?

F- La Chiesa dovrà iniziare i suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa‘arte dell’accompagnamento’ perché tutti imparino sempre a togliersi i sandalidavanti alla terra sacra dell’altro (cfr. Es 3,5) (EG 169). “Non solo l’omeliadeve alimentarsi della Parola di Dio. Tutta l’evangelizzazione è fondata su diessa, ascoltata, meditata, vissuta, celebrata e testimoniata. La Sacra Scrittura èfonte dell’evangelizzazione. Pertanto, bisogna formarsi continuamenteall’ascolto della Parola” (EG 174).

3.12)-Operatori in questo cammino: i Formatori

Sono formatori i Catechisti, sia dell’Iniziazione cristiana sia della preparazione eaccompagnamento agli altri sacramenti, gli Animatori liturgici e oratoriali, gli Educatori, gliOperatori Caritas, gli stessi Ministri straordinari dell’Eucaristia e quanti hanno responsabilità diguida nelle varie associazioni e movimenti. Gli stessi volontari e quanti operano nelle Confraternitee nelle varie manifestazioni di pietà popolare, non possono non motivare il loro impegno con unacrescente adesione alla fede vissuta e testimoniata nella comunità.

Formatori qualificati sono certamente i Docenti di religione cattolica, figure fondamentaliper la crescita e la maturazione spirituale degli studenti. I docenti di religione hanno a cuore, comeeducatori responsabili, la formazione globale della persona offrendo la lettura dell’antropologiacristiana. Questi docenti-educatori sono custodi dei “saperi” fondamentali, capaci di garantire,rendere valida e feconda la “convivenza civile”. Insieme agli altri docenti sono chiamati a trovarevalide convergenze educative. Per loro, la formazione permanente è maggiormente necessaria, inconsiderazione del delicato compito di formare culturalmente le giovani coscienze. E’ certamenteincombenza dell’Ufficio Catechistico agevolare questo loro cammino formativo. Anche l’azione diun sacerdote, prudente e saggio, accanto ai docenti, sarà certo un supporto proficuo, pure neiconfronti degli alunni e della scuola.

Sarà ugualmente compito dell’Ufficio Catechistico, con gli Uffici Diocesani della PastoraleFamiliare, della Pastorale Giovanile e Oratoriale e della Pastorale Vocazionale, studiare e porre inatto dei Progetti educativi, dei Cammini formativi, dei veri percorsi educativi, che, rispettando icarismi dei singoli movimenti e associazioni, abbiano una comune condivisione della fedenell’unica Chiesa, nell’ascolto della unica Parola. Occorre nella nostra pastorale “più Parola e meno parole”, come affermava Papa Francesco adAssisi:

“ Diventare più ascoltatori della Parola di Dio, per essere meno ricchi di nostre parole e più ricchidelle Sue Parole. Penso al sacerdote che ha il compito di predicare, come può predicare se primanon ha aperto il suo cuore, non ha ascoltato nel silenzio la Parola di Dio! Penso al papà e allamamma che sono i primi educatori come possono educare se la loro coscienza non è illuminatadalla Parola di Dio! Penso ai catechisti e a tutti gli educatori: se il loro cuore non è riscaldato dallaParola come possono riscaldare i cuori degli altri, dei bambini, dei giovani, degli adulti?”

In questi percorsi formativi non può mancare un forte impegno per una lettura più attentadelle Sacre Scritture, promuovendo incontri di ‘lectio divina’, “per meglio ascoltare Gesù che parlain esse. E’ lo Spirito di Dio che rende vive le Scritture, le fa comprendere in profondità, nel lorosenso vero e pieno” (Papa Francesco nella Cattedrale di San Rufino). E’ con l’ascolto della Parola che la nostra comunità diocesana potrà formare ogni credente a viverela propria vita come risposta ad una chiamata, ad una vocazione da concretizzarsi nella nuzialitàconiugale o in quella consacrata.

Nell’attenzione a formare uomini e uomini formatori non può mancare, e la pastoraled’insieme deve farsene carico, una particolare attenzione alla evangelizzazione del mondo dellacultura.

1) Solo la Parola illumina la vita di ognibattezzato e ancor più di ogni formatore.Come gradiresti essere avvicinato semprepiù alla Parola?

2) Quali elementi formativi,educativi e di contenuto vorresti fosserobagaglio culturale nei Docenti direligione? Negli Educatori? NegliAnimatori?

3) Come possono fattivamente interagire:educatori, catechisti, formatori di associazioni e movimenti, docenti di religione con il parroco responsabile della pastorale nella comunità del territorio?

G- “Nella pietà popolare si può cogliere la modalità in cui la fede ricevuta si èincarnata in una cultura e continua a trasmettersi. … si tratta di unprezioso tesoro della Chiesa cattolica e che in essa appare l’anima dei popoli(EG 123). Siamo chiamati ad incoraggiarla e a rafforzarla per approfondireil processo di inculturazione. Le espressioni della pietà popolare … sono un‘luogo teologico’ a cui dobbiamo prestare attenzione, particolarmente nelmomento in cui pensiamo alla nuova evangelizzazione” (EG 126).

3.13)- La Pietà Popolare

“Le manifestazioni della religiosità umana, anche se radicate in una sincera fede cristiana,rischiano sempre di diventare folklore deviante o addirittura superstizione … Ogni manifestazionereligiosa … deve essere sempre un momento di autentica evangelizzazione” (Sinodo Diocesano diNuoro, n.197). Dieci anni dopo, il Concilio Plenario Sardo affermava: “Le motivazioni che spingonooggi la gente a partecipare alle feste popolari religiose sovente non sembrano più riconducibili a“vera pietà” cristiana e sembrano esprimere altra cosa dal desiderio di entrare nel Mistero diCristo e nella sua vita, senso ultimo del vero culto cristiano” (Concilio Plenario Sardo, n.113).

Queste due affermazioni lontane tra loro di dieci anni e la seconda lontana da noi altridodici, ci interrogano, ci spingono a proporre e mettere in atto dei veri percorsi formativi. Saràquesto il campo in cui maggiormente è necessaria una pastorale veramente integrata, veramented’insieme. La Chiesa Diocesana che vive concretamente nelle comunità parrocchiali non puòdisattendere gli ultimi. La Chiesa, e concretamente la parrocchia, non può prestare il fianco a chi, innome del folklore, persegue altre mire non di fede.

Sarà ancora l’Ufficio Catechistico insieme all’Ufficio Liturgico, a proporre anno per annodegli itinerari di evangelizzazione comune a tutti i santuari e dei percorsi educativi nei novenariaffinché si presti fraterna e caritatevole attenzione agli ultimi che non hanno da sfamarsi, mentre innome dei santi, si gozzoviglia e si sperpera per puro divertimento.

1) Se i Santuari presenti nei nostri paesi non costituissero un momento di evangelizzazione strettamente legato a un momento di aggregazione fondamentalmente religioso, che altro significato li daresti?

2) Quali caratteristiche religiose e difede dovrebbero avere, secondo te, leConfraternite e i Priorati, affinchépossano assolvere al loro mandato e allacrescita devozionale delle feste e deiSantuari, luoghi di fede, loro affidati?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

H- “E’ bene che ogni catechesi presti una speciale attenzione alla ‘via dellabellezza’. Annunciare Cristo significa mostrare che credere in Lui eseguirlo non solamente una cosa vera e giusta, ma anche bella, capace dicolmare la vita di un nuovo splendore e di una gioia profonda anche inmezza alle prove” (EG 167)

3.14 )-Iniziazione Cristiana dei Fanciulli I ragazzi dell’età scolare abbiano una formazione secondo i Catechismi della CEI e siaprogettata “come cammino graduale di iniziazione ad una vita di fede”“I1 calendario delle tappe dell'iniziazione cristiana non può essere fissato a priori: ciascuna di essedeve corrispondere realmente al progresso nella fede del fanciullo e del gruppo, progresso chedipende dall'iniziativa divina, ma anche dalla libera risposta dei ragazzi, dalla loro vita comunitariae dallo svolgimento della formazione catechistica.

È compito dei responsabili del gruppo determinare in base a questi criteri la durata dei tempie il momento di ciascuna tappa” ( Nota pastorale della CEI: “Orientamenti per l’iniziazione deifanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni”, n.57) . In diocesi, sempre che i fanciulli e i ragazzi abbianomaturato una vero percorso di fede a loro proporzionato, è opportuno e bene uniformare tutte lecomunità celebrando la tappa della prima comunione intorno ai nove anni e la tappa della Cresimaintorno ai tredici anni.

Capita non di raro, anche nelle nostre comunità, che fanciulli non battezzati, frequentino coni loro coetanei il cammino di iniziazione ai sacramenti dell’Eucaristia e della Cresima. “La loroiniziazione richiede tanto la conversione personale e, in rapporto all’età, gradatamente matura,quanto l’aiuto dell’educazione necessaria a questa età” (RICA, 307). Per questi fanciulli, è beneattenersi a quanto disposto dal RICA, che al capitolo quinto prevede proprio il “Ritodell’Iniziazione Cristiana dei Fanciulli nell’età del catechismo”

1) La scienza dell’educazione attraverso la pedagogia ci offre notevoli contributi nell’arte educativa. Cosa suggerisci per aggiornare pedagogicamente il cammino diiniziazione alla fede e ai sacramenti dei ragazzi oggi nella tua comunità?

2) Quale formazione proponi per icatechisti di oggi?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

I- “L’iniziazione dei catecumeni si fa con una certa gradualità in seno allacomunità dei fedeli i quali … li incoraggiano col loro esempio acorrispondere più generosamente alla grazia dello Spirito Santo” (4), e “si adatta all’itinerario spirituale degli adulti, che varia secondo lamultiforme grazia di Dio e la loro libera collaborazione”(5). In questoitinerario, oltre i tempi della ricerca e della maturazione , sono previstivari ‘gradi’ o passaggi (6) … ultimo grado sono il Battesimo, laConfermazione e l’Eucaristia “(27). (cfr. RICA, 4-6.27).

3.15)- degli Adulti

Gli adulti che intendono ricevere il sacramento del Battesimo, abbiano una formazionesecondo il RICA, con un cammino catecumenale, vissuto all’interno della comunità parrocchialeper la durata di circa tre anni. Mentre sarà il proprio parroco a seguire il battezzandonell’inserimento nella comunità, sarà invece compito della Diocesi “promuovere adeguati servizipastorali che aiutino le comunità cristiane nel favorire esperienze di tipo catecumenale per giovanie adulti per genitori e famiglie” (RICA, premesse n.2) e farsi carico della Formazione teologica-pastorale del candidato articolando percorsi formativi propri. Gli adulti che intendono ricevere il sacramento della Cresima, abbiano una formazioneimpostata con veri itinerari di fede che li aiuti a riscoprire e sperimentare la bellezza della propriafede. Siano dei percorsi educativi autentici, che corrispondano alla crescita della persona e nonsiano condizionati da esigenze secondarie di opportunità.

1) Le difficoltà ad attuare le chiare disposizioni del RICA (Rito dell’Iniziazione Cristiana degli Adulti) a chi sono attribuibili: alla comunità? Al candidato? Ad altri/o?

2) Cosa proponi per superare questedifficoltà?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

J- “La famiglia attraversa una crisi culturale profonda, … la fragilità deilegami diventa particolarmente grave perché si tratta della cellulafondamentale della società, del luogo dove si impara a convivere nelladifferenza e ad appartenere ad altri e dove i genitori trasmettono la fede aifigli. Il matrimonio tende ad essere visto come una mera forma digratificazione affettiva che può costituirsi in qualsiasi modo e modificarsisecondo la sensibilità di ognuno. … Nasce dalla profondità dell’impegnoassunto dagli sposi che accettano di entrare in una comunione di vitatotale” (EG 66).

3.16)- Evangelizzazione al Matrimonio e alla Famiglia

La nostra Diocesi non è esente e soffre la triste esperienza del divorzio, delle separazioni eda un crescente comune pensare sulle convivenze! Questo fatto deve interrogarci e spronarcinell’attuare quanto già il Direttorio di Pastorale Familiare affermava: “Particolare cura richiede laformazione al matrimonio cristiano e alla vita familiare. Il rinnovamento di tali itinerari ènecessario per renderli cammini efficaci di fede e di esperienza spirituale”(EVBV,54b).“La preparazione particolare e immediata dei fidanzati al matrimonio è compito specifico dellaparrocchia; nei casi in cui questa da sola non possa realizzare adeguati itinerari formativi viprovveda tramite un’organizzazione interparrocchiale o con l’apporto di animatori esterni”(Concilio Plenario Sardo, 68) o tramite itinerari programmati dalla diocesi (Orientamenti Pastorali allapreparazione al matrimonio e alla famiglia" n.20).

“I contenuti proposti, partendo dalla realtà umana vissuta dai fidanzati e illuminandola einterpretandola con l’annuncio del Vangelo, dovranno permettere ai fidanzati di giungere aconoscere e a vivere il mistero cristiano del matrimonio. Proprio perché itinerari educativi e difede, gli incontri non si riducano a cicli di lezioni o di conferenze. Essi siano momenti dievangelizzazione e di catechesi, aprano alla preghiera e alla vita liturgica, orientino e sproninoalla carità, sappiano anche coinvolgere e interessare i fidanzati così da aiutarli e stimolarli a fareuna significativa esperienza di fede e di vita ecclesiale” (DPF, 58-59).

Comprendiamo subito che senza un impegno comune orientato ad una pastorale di insiemequeste indicazioni restano lettera morta. Sarà impegno dell’Ufficio di Pastorale Familiare

unitamente all’Ufficio Catechistico e all’Ufficio per la Pastorale Giovanile, suggerire e proporre allesingole parrocchie delle tracce di contenuti idonei.

“In forza della dimensione propriamente ecclesiale del sacramento ribadiamo che il ‘illuogo normale delle nozze è la comunità della parrocchia nella quale i fidanzati sono inseriti e allacui vita e missione prendono parte’ Di conseguenza, la celebrazione delle nozze avvenganormalmente nella chiesa parrocchiale di uno dei nubendi” (Decreto generale sul matrimonio canonico,n.23-24). Si eviti, in ogni caso, di addurre motivazioni che non hanno nulla a che fare con autenticheragioni pastorali o di necessità. Lo stesso decreto, allo stesso n. 24, ammette che “L’Ordinario delluogo può vietare la celebrazione di matrimoni in una chiesa non parrocchiale, qualora a suogiudizio essa nuoccia al ministero parrocchiale”

1) In che cosa consiste oggi la validità della preparazione al matrimonio?

2) Cosa proponi per realizzarecammini “validi” per un matrimoniosacramento?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

3.17)- al Sociale e alla Cultura.

Considerato il momento che la famiglia, in questa società e con questa società, staaffrontando, la nostra comunità ecclesiale si trova interpellata da gravi problemi che, come causa edeffetto, minano la stessa relazione di coppia. Almeno due cause non possono essere da noi disattese:la difficoltà economica, derivante anche dall’assenza del lavoro, e la dispersione scolastica, chenella nostra isola, considerando le scuole di ogni ordine e grado, raggiunge il 25% ed è generata dadiverse concause, non ultima l’abbassamento del tenore culturale e di conseguenza la non stima delvalore della cultura. Assenza di lavoro e di cultura generano le vere nuove povertà.

“Dal cuore del vangelo riconosciamo l’intima connessione tra evangelizzazione epromozione umana, che deve necessariamente esprimersi e svilupparsi in tutta l’azioneevangelizzatrice” (EG. 178) “Gli insegnamenti della Chiesa sulle situazioni contingenti sonosoggetti a maggiori o minori sviluppi e possono essere oggetto di discussione, però non possonoevitare di essere concreti, perché i grandi principi sociali non rimangano mere indicazioni generaliche non interpellano nessuno. I pastori, hanno il diritto di emettere opinioni su tutto ciò cheriguarda la vita delle persone, dal momento che il compito della evangelizzazione implica ed esigeuna promozione integrale di ogni essere umano. Una fede autentica – che non è mai comoda eindividualista – implica sempre un profondo desiderio di cambiare il mondo” (cfr. EG. 178-183).

E’ allora importante che la pastorale della famiglia in ambito socio-economico-politico siainserita nel contesto più generale della pastorale sociale e collegata con le attività della Caritasparrocchiale e diocesana e di associazioni e movimenti che hanno particolari attenzioni alledinamiche culturali e sociali. Questo cammino non facile che pone in risalto “l’intima connessinetra evangelizzazione e promozione umana” (n. 178), sarà un cammino percorribile se veramente cisarà uno sforzo comune per camminare insieme. Il criterio orientativo vincente è infatti solo quellodi fare le cose insieme.

1) Trasformare la realtà sociale e culturale con la forza del Vangelo, è sempre stata una sfida e lo è ancora. Vedi la Dottrina Sociale della Chiesa. Alla Chiesa Diocesana cosa chiederesti in merito?

2) Per ottenere quanto chiedi, cosa proporresti concretamente nel campo sociale e culturale?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

K- “Qualsiasi comunità della Chiesa, nella misura in cui pretenda di staretranquilla senza occuparsi creativamente e cooperare con efficaciaaffinché i poveri vivano con dignità e per l’inclusione di tutti, correràanche il rischio della dissoluzione di tutti, correrà anche il rischio delladissoluzione, benché parli di temi sociali o critichi i governi. Facilmentefinirà per essere sommersa dalla mondanità spirituale, dissimulata conpratiche religiose, con riunioni infeconde o con discorsi vuoti.” (EG 207).

3.18) -alla Carità

“La carità è la via maestra della dottrina sociale della Chiesa. Essa dà vera sostanza allarelazione personale con Dio e con il prossimo; è il principio non solo delle micro-realizzazioni:rapporti amicali, familiari, di piccolo gruppo, ma anche delle macro-realizzazioni: rapporti sociali,economici, politici. … Sono consapevole degli sviamenti e degli svuotamenti di senso a cui la caritàè andata e va incontro, con il conseguente rischio etico e, in ogni caso, di impedirne la correttavalorizzazione.” (Caritas in veritate, n. 2).

Alla luce anche di questa affermazione, è davvero necessario in Diocesi spendersi per unaformazione di tutto il popolo cristiano a ragionare, pensare e agire secondo la carità. Ogni comunità,quasi famiglia, non può non sentire il peso dei propri membri che vivono in necessità. E’estremamente necessario che ogni comunità parrocchiale si doti di una o più persone che tenganosempre accesa la fiamma della carità nella comunità. Se è compito della Caritas Diocesana dareformazione agli Operatori della Carità, è dovere di ogni sacerdote, di ogni comunità parrocchiale,creare sensibilità ed esprimere, ma senza demandare, un proprio rappresentante presso la famigliadiocesana, perché, creando rete, sia motivo di inquietudine per la carità nella comunità, (CaritasChristi urget nos). Questa sensibilità creerà fermento e catena di solidarietà all’interno dellacomunità, rendendola veramente famiglia, dove fraternamente si sostengono i deboli e si portano gliuni i pesi degli altri. Questa sarà l’unica testimonianza di fede capace di avvicinare il mondo aCristo.

Strumento utilissimo saranno i centri di ascolto o gruppi di aiuto fraterno, dove la personasi sente accolta e ascoltata, e la comunità ecclesiale sia capace di creare collaborazione con le realtàche vivono in quel tessuto sociale ed economico. E’ impegno certo della parrocchia porre in questoservizio di carità persone sensibili e attente, e sarà dovere della comunità diocesana, tramite laCaritas Diocesana, dare formazione per questo servizio fortemente delicato.

L’educazione alla carità deve riguardare tutte le fasce di età, già nei primi passidell’iniziazione cristiana, e tutte le realtà ecclesiali. L’Ufficio della Carità con l’Ufficio Catechisticoe la Pastorale Familiare e Giovanile, individuino percorsi educativi alla carità, che già nelcatechismo e nell’oratorio i ragazzi possano esperimentare.

E’ impellente la necessità di porre in rete le energie dell’intera comunità diocesana, per potervenire incontro agli ultimi, e alle nuove povertà. Ancora una volta va sottolineata la necessità di unreferente e portavoce in ogni parrocchia perché diventi centro propulsore per una formazione esensibilizzazione dell’intera comunità

1) La carità, che è benevola, non èinvidiosa, non manca di rispetto, non cercail proprio interesse, non si adira, non tieneconto del male ricevuto, ma tutto scusa etutto sopporta, è attuazione al bisognodell’altro. Come educarmi ed educare allacarità?

2) Alla tua comunità quale strumentodaresti per educarsi alla carità?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

4° - “Quanti pani avete?Andate a vedere ”:

Quanti mezzi abbiamo?

Con questo poco e la nostra generosità Lui può fare molto!

“Ogni Diocesi dovrebbe sviluppare un piano pastorale integrato per lacomunicazione preferibilmente con la consulenza sia dei rappresentantidelle organizzazioni cattoliche, internazionali e nazionali, che si occupanodi comunicazioni sia dei professionisti dei media locali. Il tema dellacomunicazione dovrebbe inoltre essere tenuto presente nella formulazione enella realizzazione di tutti gli altri piani pastorali, compresi quelli relativi alservizio sociale, alla didattica e alla evangelizzazione.” (Direttorio delleComunicazioni Sociali, pag. 93).

4.1)- Dialogo nella Comunicazione

Abbiamo bisogno di conoscere, di sapere, essere informati. Nella società dello scandalo“datagate” abbiamo fame di vera, autentica, reale comunicazione! Lo stesso apostolato è comunicazione

“Ora, come invocheranno colui nel quale non hanno creduto? Come crederanno in coluidel quale non hanno sentito parlare? Come ne sentiranno parlare senza qualcuno che loannunci? E come lo annunceranno, se non sono stati inviati? Come sta scritto: Quantosono belli i piedi di coloro che recano un lieto annuncio di bene!” (Rm 10,14-15)

In una seria pastorale d’insieme, la comunicazione è essenziale! Comunicazione tra i gruppi emovimenti, comunicazioni all’interno delle foranie, tra le singole parrocchie. Comunicazione nellaDiocesi, tra i sacerdoti, comunicazione che vada al di là anche delle singole notizie, ma che invadail nostro stesso cammino formativo. “La comunicazione genera cultura e la cultura genera comunicazione. Ma quale cultura puòessere generata da una comunicazione che non abbia al suo centro la dignità della persona, lacapacità di aiutare ad affrontare i grandi interrogativi della vita umana, l’impegno a servire cononestà il bene comune, l’attenzione ai problemi della convivenza nella giustizia e nella pace?”(Giovanni Paolo II, Discorso agli animatori della comunicazione, Vaticano, 9-11-2002).Certo, ci ammonisce il Concilio Vaticano II , “sarebbe evidentemente disonorante per i figli dellaChiesa tollerare che la parola della salvezza resti inceppata e ostacolata da difficoltà tecniche o dallespese, indubbiamente ingentissime, che questi strumenti richiedono” (IM, n.17)

L’Ortobene, Radio Barbagia e il sito Web, potenziati, aggiornati e adeguati alle nuove emoderne esigenze, possono essere validi strumenti per superare le difficoltà che le distanze e i tempicreano.“E’ diritto nativo della Chiesa poter usare e possedere siffatti strumenti nella misura in cui essisiano necessari ed utili alla formazione cristiana” (IM, 3b). “Resterà compito particolare dei laicianimare di valori umani e cristiani questi strumenti, in modo che rispondano alla grande attesadella umanità ed ai disegni di Dio” Con questi strumenti, uniti insieme e in rete, è possibile, anche a distanza, vivere degli incontriformativi per vicarie o per gruppi, e poter avere una veloce trasmissione di notizie e dicomunicazione al servizio di una crescita della comunità stessa.

1) Cosa proponi per migliorare e potenziare all’interno della Diocesi la comunicazione e gli strumenti di comunicazione già esistenti: L’Ortobene, Radio Barbagia, il sito web?

2) Quale servizio alla pastorale in parrocchia possono dare i tre strumenti diocesani della Comunicazione?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

5 - “Dobbiamo andar noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?” :

Ognuno di noi faccia la propria parte.

“… Invito le comunità a completare ed arricchire queste prospettive apartire dalla consapevolezza delle sfide che le riguardano direttamente o davicino. Gli anziani - ad apportare - la memoria e la saggezzadell’esperienza. … I giovani a risvegliare e accrescere la speranza … Lesfide esistono per essere superate. Siamo realisti, ma senza perdere l’allegria,l’audacia e dedizione piena di speranza. Non lasciamoci rubare la forzamissionaria” (EG 108-109)

5.1)- Lavorare insieme

Tutti possiamo mettere qualcosa di nostro in questo cammino, senza paura e con generosità,laici e sacerdoti, famiglie e consacrati, giovani e adulti, bambini, anziani, sani e ammalati.Papa Francesco, parlando ai giovani a Cagliari, e meditando su Lc 5,1-11, ci incoraggia. Possiamovenire da una esperienza di fallimento: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamopreso nulla”. “Nella Chiesa facciamo tante volte questa esperienza: i sacerdoti, i catechisti, glianimatori si affaticano molto, spendono tante energie, ce la mettono tutta e alla fine non vedonorisultati sempre corrispondenti ai loro sforzi. … Di fronte a questa realtà, giustamente voi vichiedete: che cosa possiamo fare? Certamente una cosa da non fare è quella di lasciarsi vinceredal pessimismo e dalla sfiducia.

Pietro in quel momento critico gioca se stesso. “Sulla tua parola getterò le reti”.Attenzione! – dice papa Francesco – Non dice: sulle mie forze, sui miei calcoli, sulla mia esperienzadi esperto pescatore, ma “Sulla tua parola”, sulla parola di Gesù! E il risultato: una pescaincredibile.

Questo è il secondo punto: fidarsi di Gesù. E quando dico questa cosa, io voglio esseresincero e dirvi: io non vengo qui a vendervi un’illusione. Io vengo qui a dire: c’è una Persona chepuò portarti avanti: fidati di Lui! E’ Gesù! Fidati di Gesù! E Gesù non è un’illusione! Fidarsi diGesù. Il Signore è sempre con noi. … Restiamo uniti nella preghiera”. (Papa Francesco ai giovani, Largo Carlo Felice, Cagliari – 22-9-2013).

“Gesù non lascia mai solo nessuno! Ci accompagna sempre. Gesù non ha detto “Va”, ma“Andate”: siamo inviati insieme. Quando affrontiamo insieme le sfide, allora siamo forti,scopriamo risorse che non sapevamo di avere. Gesù non ha chiamato gli Apostoli perché vivesseroisolati, li ha chiamati per formare un gruppo, una comunità”. ( Papa Francesco, Omelia per la SantaMessa per la GMG di Rio de Janeiro 28-7-2013).

1) Consapevole che una pastorale d’insieme rimane l'unica strada percorribileQuali resistenze avverto in me o attorno a me?

2) Cosa si potrebbe fare per vincere comunitariamente queste resistenze e per intraprendere questo cammino di condivisione?

3) Da aggiungere qualche altra nota?

Restiamo veramente uniti nella preghiera! Facciamo ognuno la propria parte e tutti possiamomettere qualcosa di nostro in questo cammino, senza paura e con generosità, Sacerdoti e Famiglie,Laici e Consacrati, giovani e adulti, bambini persone sole, anziani, ammalati.Ciò che veramente conta ed è decisivo è l’incontro con Cristo e la vita in Lui. Sia lo Spirito, luce ainostri passi!

Maria, Sede della Sapienza e Madre della Chiesa ci guidi e col Suo aiuto ci soccorra, nelcercare sempre e solo il bene della Chiesa di Nuoro.

Nuoro, 22 febbraio 2014, Festa della Cattedra di San Pietro, apostolo.

+ Mosè Marcia, vescovo.

INIZIATIVE

Mentre la comunità diocesana tutta, articolata nei vari momenti: Consiglio Presbiterale, Consultadei laici, Foranie, Associazioni e Movimenti, in attesa della costituzione del Consiglio PastoraleDiocesano, è allo studio per articolare un progetto pastorale diocesano, hanno preso il via alcuneiniziative, già pubblicate nel “Calendario Pastorale Diocesano”, qui di seguito ne vengono riportatesolo alcune:

• Novembre: i responsabili dei vari uffici diocesani, (Ufficio Catechistico, Ufficio Caritas,Ufficio Liturgico, Ufficio per il servizio alla Pastorale Giovanile, e alla Pastorale degliOratori, Ufficio di Pastorale Vocazionale, Ufficio di Pastorale Familiare) sono impegnati nelcostituire una équipe o una consulta che renda operante ogni ufficio dal gennaio del 2014.

• Sabato 23 novembre 2013: in Cattedrale a Nuoro chiusura solennemente l’Anno della Fedecon una concelebrazione di tutti i sacerdoti della diocesi e con la partecipazione di tutti iGruppi Ecclesiali presenti in Diocesi.

• Domenica 24 novembre 2013: Festa di Cristo Re, la chiusura dell’Anno della Fede verràcelebrata nelle singole parrocchie.

• Giovedì 28 novembre 2013: Giovedì 23 gennaio 2014 e Giovedì 27 marzo 2014, semprealle 9,30 presso la parrocchia di San Francesco a Nuoro: tre giorni per la formazionepermanente del clero, rivolti al clero diocesano e al clero religioso. Dopo un primo momentoespositivo ci sarà sempre un momento di condivisione per un maggior approfondimento.

• Domenica 2 febbraio 2014: Festa della Presentazione del Signore, Giornata per la VitaConsacrata; nel pomeriggio Messa solenne alle Grazie presieduta dal Vescovo, con lapartecipazione di tutte le forme di vita consacrata presenti in Diocesi: Sacerdoti diocesani,Sacerdoti Religiosi, Religiose, Istituti Secolari, Vergini Consacrate, e quanti si preparano neinoviziati e nei seminari.

• Giovedì 17 aprile 2014: Giovedì Santo, in Cattedrale alle 10,00 solenne Concelebrazione ditutti i sacerdoti secolari e religiosi per la Messa Crismale.

• Sabato 7 giugno 2014: Solenne Veglia di Pentecoste, celebrata dal Vescovo in Cattedrale,animata dai giovani, presenti tutti i sacerdoti della diocesi, con la partecipazione di tutti imovimenti e associazioni

• Dal giovedì 10 luglio al giovedì 17 luglio del 2014: i sacerdoti giovani da uno a undici annidi sacerdozio, vivranno comunitariamente una settimana di Formazione Permanente fuoridiocesi. Programma e temi verranno presto indicati e comunicati agli interessati.