libro kriya completo

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Kriya Yoga: sintesi di unesperienza personale

Autore: Ennio Nimis

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PRIMA PARTE: RICERCA DEL KRIYA 3 CAPITOLO I/1AUTODIDATTA Primo interesse verso il Pranayama. Tecnica del vuoto mentale. Decisione di estendere la dinamica di questa tecnica all'intera vita. Morir per vivere! Pranayama - routine di base. Primi effetti. Risveglio di Kundalini. 18 CAPITOLO I/2 UN'ORGANIZZAZIONE DI KRIYA Prime informazioni sul Kriya. Far parte di una organizzazione e di un gruppo di meditazione. Tecniche preliminari al Kriya. Ricordo della mia cerimonia di iniziazione al Kriya. Difficolt col materiale stampato relativo ai Kriya superiori. 43 CAPITOLO I/3. ASSENZA DI RESPIRO Patanjali. Mre (la Madre). Japa. Lo stato di assenza di respiro 53 CAPITOLO I/4 RICERCA DEL KRIYA ORIGINALE Il mio primo insegnante di Kriya (al di fuori dell'organizzazione). Il mio secondo insegnante. La fine di un incubo. L'inganno della segretezza. L'abuso del concetto di Guru. SECONDA PARTE: CONDIVISIONE DELLE TECNICHE KRIYA 76 CAPITOLO II/1 FORMA BASE DEL PRIMO KRIYA Introduzione alla localizzazione dei Chakra. Tecniche di base. Familiarizzarsi col Primo Kriya. Come si raggiunge il Kechari Mudra. Pranayama col Kechari Mudra. 97 CAPITOLO II/2 KRIYA SUPERIORI Secondo Kriya. Terzo Kriya. Quarto Kriya. Profonda meditazione dopo i Kriya superiori. 110 CAPITOLO II/3 DIVERSE SCUOLE DI KRIYA TERZA PARTE: RIFLESSIONI 128 CAPITOLO III/1... KRIYA YOGA: REALT E ILLUSIONI Alcuni atteggiamenti erronei nei confronti del Kriya. 146 CAPITOLO III/2 UN SENTIERO MISTICO PULITO L'essenza del Kriya Yoga. Esempio pratico. Ulteriori informazioni sulla Preghiera. 162 CAPITOLO III/3 ULTIMO CAMPO DI RICERCA 178 CAPITOLO III/4 KRIYA YOGA E ALCHIMIA INTERIORE Quattro passi della Alchimia Interiore. Quattro livelli del Kriya Yoga. 189 GLOSSARIO

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PRIMA PARTE: RICERCA DEL KRIYA CAPITOLO I/1AUTODIDATTA Primo interesse verso il Pranayama La mia ricerca spirituale cominci quando, affascinato in modo inesplicabile dalle persone sedute nella "posizione del loto", comprai un libro introduttivo allo Yoga classico. Il fatto di poter fare qualcosa dimportante senza muovermi da alcuna parte, senza i rischi e i pericoli degli sport classici, mi attraeva come unarte, la pi perfetta di tutte, che non presentava dei limiti intrinseci. Incominciai a nutrire grandi speranze nei confronti di certe pratiche orientali quando un compagno di scuola mi disse che possedeva un testo dove erano spiegati, in tutti i dettagli, varie forme di Pranayama, aggiungendo che: questi esercizi ti trasformano dentro.... Cosa poteva significare ci? Non poteva certo riferirsi solo al conseguimento di particolari condizioni di rilassamento o di concentrazione; sicuramente non alludeva alladerire ad una particolare filosofia o a mutare la propria concezione della vita, ma intendeva qualcosa di pi coinvolgente. L'amico non si decise a prestarmi il libro e dopo alcuni giorni non ci pensai pi. Per quanto riguarda altre letture, a differenza dei miei coetanei, prediligevo testi poetici, in particolare quelli che trattavano di temi che potevo collocare idealmente entro la cornice della vita campestre in cui vivevo la maggior parte del mio tempo libero. In quei giorni, quando vissi dal punto di vista affettivo qualcosa di intenso che percepivo come una difficile sfida, verso cui la mia emotivit imprudente mi spingeva a fare dei passi che si rivelarono distruttivi, intrapresi il rito quotidiano di ascoltare musica classica, soprattutto Beethoven.1 Durante lunghe passeggiate in mezzo alla natura, l'improvvisa vista di un paesaggio, cos bello da togliere il respiro, accompagnato da un passaggio della musica di Beethoven, la quale non aveva mai smesso di risuonare nella mia mente ma che ora era udita come nuova dalla febbre di quello shock estetico, afferrava l'anelito del mio cuore, cancellava ogni immagine dalla mia mente e mi concedeva un perfetto godimento entro un ebbro ideale di1

Lo studio della sua vita fu nutrimento per la mia anima. Egli estrasse dalle profondit del suo essere una musica incomparabile da offrire ai suoi fratelli, allumanit. La tragedia della sordit lo colp nel pieno della stagione creativa. Reag in modo dignitoso decidendo di portare avanti, in condizioni quasi impossibili, la vocazione artistica. Il tremendo impatto della sua coraggiosa decisione si pu trovare nel Testamento di Heiligestadt. 3

perfezione. Il mio atteggiamento verso quella sublime forza che prendeva possesso della mia anima assumeva gradatamente la caratteristica di una religione. Tecnica del vuoto mentale Un giorno un semplice testo, Yoga in 20 lezioni, esposto presso ledicola della stazione ferroviaria, attir la mia attenzione. Lo acquistai d'impulso. In un angolo della nostra palestra, durante le lezioni di Educazione Fisica, dopo gli esercizi preliminari di riscaldamento, linsegnante mi dava il permesso di separarmi dai compagni di classe che si divertivano con qualche gioco di squadra e di dedicarmi a padroneggiare alcune posizioni di Yoga (Asana). (Linsegnante era stupefatto nellosservare come riuscissi a muovere i muscoli addominali per mezzo della tecnica Nauli.) Obiettivamente parlando, il mio libro di riferimento sullo Yoga non era di qualit mediocre: c'era, insieme a ogni posizione, il chiarimento del significato del nome che la designava, una breve annotazione sul miglior atteggiamento mentale nei confronti della pratica e molte considerazioni su come ciascuna poteva stimolare certe particolari funzioni fisiologiche (importanti ghiandole endocrine ecc.). Era chiaro che queste posizioni non dovevano essere considerate come un semplice "lavoro di stretching", ma come un mezzo per fornire uno stimolo complessivo a tutti gli organi interni per aumentarne la vitalit. Il senso di benessere, percepito alla fine della sessione parlava in favore dellutilit di questa pratica. Un capitolo intero era dedicato alla "Posizione del cadavere", Savasana, da praticarsi per ultima, le cui istruzioni rivelavano che l'autore ci aveva messo qualche cosa appresa in altri contesti. Strutturato con gran cura, tale spiegazione divenne infatti la mia prima lezione di meditazione. Il testo non perdeva di vista ci cui mirava (come faceva invece la maggioranza di libri che trattavano temi analoghi, attraverso complicate dissertazioni sulle pi svariate forme di energia, all'interno del corpo ecc.) ma, con un linguaggio tipicamente occidentale, presentava linteressante possibilit di fermare tutte le funzioni mentali e, senza cadere nello stato di sonno, rimanere per un certo tempi in uno stato di pura consapevolezza. Esso sottolineava cos la possibilit di porre a riposo le facolt pensanti e ricaricare di fresca energia il nostro sistema psico-fisico . Fui attratto dalla sicuramente esagerata promessa che, in un intervallo di venti minuti, tale pratica avrebbe fornito un riposo mentale equivalente a tre ore di sonno. Descriver brevemente l'esercizio che divenne poi un'abitudine quotidiana: fu, per molte ragioni, essenziale; grazie ad esso, verificai una volta per tutte la4

differenza fondamentale, tuttora cruciale per la mia comprensione del Kriya Yoga, tra "mente" e "consapevolezza". La posizione da assumere era quella supina, le braccia distese lungo i lati del corpo e una benda per coprire gli occhi, onde non essere disturbati dalla luce. Dopo due o tre minuti di quiete, l'esercizio cominciava con l'affermazione mentale: sono rilassato, sono calmo, non penso a niente. Dopo di questo, per entrare nello stato definito dall'autore "vuoto mentale", era necessario portare avanti una sola azione: dare una forma visiva ai pensieri, spingendoli via, uno per volta, come se una mano interna li trasportasse dolcemente dal centro dello schermo mentale verso la sua periferia. Tutti i pensieri, senza eccezioni, dovevano essere messi da parte, anche il pensiero di star praticando una tecnica. Per eseguire correttamente questo processo delicato era essenziale "vedere" ogni pensiero, anche se questo aveva caratteristiche astratte. Non si doveva mai rifiutare un pensiero, censurarlo, eliminarlo, ma solo creare una pausa nell'attivit mentale. Visualizzandolo come un oggetto, lo si spostava da parte mettendolo come "in attesa", impedendo cos che esso sviluppasse, a sua volta, unulteriore catena di altri pensieri. Dopo aver spinto via il primo pensiero si ritornava al centro, tra le sopracciglia (Kutastha) e ci si distendeva in qualcosa che era come un lago di pace. In tal modo il potere di spingere da parte i successivi pensieri che avrebbero bussato alle porte dellattenzione sarebbe aumentato. Quando in certe occasioni che seguivano episodi di forte disturbo emotivo il meccanismo non voleva mettersi in moto, allora si trasformava la propria concentrazione in un piccolo ago che continuava a toccare istante dopo istante la zona tra le sopracciglia: ad un certo punto la fatica impiegata in tale atto scompariva e un rilassamento simile allo stato che precede il sonno sopraggiungeva. Dopo alcuni minuti, la situazione era la seguente: mentre una parte dell'essere assorta nel Kutastha, godeva di un piacevole senso di riposo, un'altra parte, che si trovava alla periferia della precedente, caratterizzata come da un tranquillo tremolio, osservava passivamente un processo di creazione dindefinite immagini, come nei primi istanti quando si cade addormentati. La consapevolezza rimaneva cos ferma e tranquilla per alcuni minuti. Nella mia esperienza questo stato non durava pi di 10 o 15 minuti e l'esercizio, nella sua totalit, preparazione compresa, non superava i 25-30 minuti. La tecnica finiva inevitabilmente in un modo "curioso": lo stato di calma profonda era interrotto dal pensiero che l'esercizio dovesse essere ancora intrapreso, alla qual cosa il corpo reagiva con un fremito e il cuore batteva pi5

veloce. Quindi appariva la consapevolezza che esso era stato portato perfettamente a termine. Da bravo studente, usai tale mezzo per riposare, di pomeriggio, tra una sessione di studio e quella successiva e cominciai ad affezionarmi ad esso. Decisione di estendere la dinamica di questa tecnica alla vita pratica. Quanto stavo sperimentando non mi lasciava indifferente; era interessante osservare il modo in cui il processo mentale poteva essere momentaneamente arrestato, il modo in cui la sua apparente consistenza si affievoliva mentre uno stato di pura consapevolezza, autonoma da contenuti, contrassegnata da una costante continuit nascesse. Intuii che questo stato particolare era la mia pi vera essenza. Il Cartesiano: Penso dunque sono, gradualmente divenne: Se non sono in grado di dominare il meccanismo del pensiero al punto di poterlo fermare a volont, non posso dire di esistere realmente. Cruciale fu il momento in cui provai ad estendere le dinamiche essenziali di questa tecnica alla vita pratica, applicando la stessa disciplina ai pensieri specialmente nei momenti di inattivit. Quello che avvenne mi sorprese: cercando il silenzio mentale (come lo chiamava Sri Aurobindo) entrai in una specie di "vuoto" devastante. La mia vita sembrava emergere come un'isola da un oceano di dolore. Non fu facile sostenere la sfida di quel cupo e depresso stato d'animo, ma la lezione che ne ricavai fu oro puro. Disperdere il fumo dei nostri pensieri significa non solo ottenere uno stato di silenzio, pace, rilassamento ma anche ottenere una rivelazione importante che ci riguarda molto intimamente. Ovvero, applicando questa disciplina, scopriremo impietosamente la perversa situazione che caratterizza il nostro modo di vivere e che l'origine di tutte le nostre miserie. Sappiamo che se vogliamo stabilire dei sani rapporti umani e vivere sentimenti autentici dobbiamo accettare di abbandonare (temporaneamente o definitivamente) alcune delle nostre abitudini. Afferrarsi testardamente ad essi una delle cause che creano una rottura nelle relazioni o un netto deterioramento di esse. La vita richiede duri sacrifici, mollare la presa su certe situazioni e volgere il nostro cuore verso nuovi schemi di vita. Ora, nello specchio della nostra introspezione resa limpida e non distorta da questa disciplina, cominciamo a vedere l'influenza enorme che la ricerca del piacere una continua iniezione di piccoli piaceri, inutili e pericolosi - ha sulla nostra vita. Capiamo il grado di dipendenza da certe abitudini. Ne abbiamo a dozzine, da apparentemente innocenti come il bere bibite zuccherate, che pian piano mina la nostra salute, a pi complicate, costose e cerebrali: ciascuna in s potrebbe essere vinta facilmente ma non vogliamo6

farlo. Quando siamo abbastanza lucidi per concepire un modo alternativo di vivere onde poterci liberare da tutta questa miseria, dopo avere respirato per alcune ore la limpida, scintillante, celestiale euforia della libert, incontriamo con una resistenza significativa. Rinunciare ad una abitudine come subire una morte interiore. Ciascun piacere derivato dalle nostre abitudini avvolto, e nobilitato in modo inaspettato da forti emozioni viscerali. Il nostro sforzo percepito come una agghiacciante inutile tortura. I nostri sentimenti sembrano cospirare ad ingannarci in modo che noi portiamo avanti in perpetuo, difendendola audacemente da ogni attacco, la causa del nostro continuo impoverimento. Il fascino ipnotico di questa forza grande, ma non abbiamo alternative: a meno che non vogliamo prosciugare continuamente ogni fonte di vitalit, creare uno dopo l'altro tutti i possibili fallimenti, dobbiamo fermare l'agonia di questa situazione perversa. Sorseggiando ogni goccia del dolore che ne deriva e muovendosi risolutamente verso il nuovo, l'unico conforto che questa angoscia, anche se ritorna incessantemente, dura sempre di meno. Morir per vivere! In quei giorni, quando listinto mi guidava ad evitare la responsabilit di prendere decisioni cruciali, mentre inesorabilmente scivolavo nell'abitudine di nutrirmi continuamente di innumerevoli memorie di speranze perdute, qualcosa venne in aiuto, infondendo il coraggio di non abbandonare mai la mia severa disciplina. Un amico mi "inizi" alla seconda Sinfonia di Mahler Resurrezione. Avendo cercato di penetrare il suo significato leggendo tutto quello che potevo trovare su di essa, la ascoltavo rapito nella quiete della mia stanza. Dopo molti entusiasti ascolti integrali, mi ritornava in mente durante il giorno mentre studiavo e mi accompagnava nella vita. Cresceva, si amplificava nei momenti di pace, espandendo gli stati elevati della mia mente. Le parole Sterben werd ich, um zu leben! - Morir per vivere! -, scritte dallo stesso Mahler e cantate dal coro nell'ultimo movimento sinfonico, erano un'eco chiara al mio progetto. Esse divennero come un filo attorno al quale il mio pensiero si cristallizz, mentre il fascino dellintera opera ripristin in un modo chiaro una visione dinfantile bellezza. Was du geschlagen, zu Gott wird es dich tragen! (Quello che tu stesso ti sei guadagnato, ti porter a Dio!) cos finiva la poesia. Cos lo interpretavo: Il fatto stesso che hai continuato a lottare, incessantemente, ti ricompenser con la immersione finale nella Luce. Sebbene avessi letto su Reincarnazione, Karma, Dharma, Maya e simili, non era possibile aderire "ipso facto" a questo modo orientale di pensare; in quel7

periodo di svolta della mia vita, ricevetti aiuto invece dalle parole cantare in quella sinfonia. Ero determinato a rifiutare il "conforto" dei pensieri, fioche luci della mente, tremolanti nella notte dell'incertezza; ero deciso a porre la parola fine a tutto ci che non era vero, volevo incontrare la verit assoluta, senza fronzoli non importa quale fosse ed ero pronto ad attraversare con gli occhi ben aperti un vasto territorio di dolore. Mentre intensificavo il mio sforzo, continuavo a ripetere entro di me: Morir per vivere! Un giorno attraverso un sentiero mal tracciato, raggiunsi un posto in alto: il pensiero fisso era cosa avrei fatto di pratico negli anni a venire onde tenere vivi i miei ideali. I miei studi mi portavano verso un certo tipo di lavoro, necessario per guadagnarmi da vivere e anche per mantenere la mente sempre ben allenata: non cera la minima incertezza sul fatto che avrei sempre trovato il tempo per una seria ricerca della Realt che situavo oltre i comuni obiettivi materiali. chiaro che la mia risoluzione non aveva nulla a che fare con un allargamento della mia conoscenza. Non era un fatto di leggere ma di fare... fare cosa? Le vite dei grandi uomini che ammiravo in campo artistico mi insegnavano a coltivare intensamente una qualche disciplina impegnativa. Fino ad allora, non avevo mai formulato il pensiero di seguire un percorso spirituale: nella mia immaginazione esso si legava ad una chiesa, a rituali... e perci non era neanche degno essere preso in esame. Di certo potevo riprendere con pi seriet di un tempo la pratica dello Hatha Yoga. Considerando anche i benefici per la salute, per la memoria ecc. lo Hatha Yoga era perfetto. Un pensiero mi attravers immediatamente la mente: prima o poi, fatto i conti anche col Pranayama. Acquistai il libro di B.K.S. Yengar Teoria e pratica dello Yoga. Per un mese, circa un'ora al giorno volava via in una piacevole disciplina. Alla fine del libro c'era una breve introduzione sul luminoso potere del Pranayama. Delle annotazioni prudenziali invece di smorzare il mio entusiasmo e guidarmi ad una estrema prudenza, mi accesero invece un'infuocata volont di praticarlo intensamente. Lessi che Il martello pneumatico pu spezzare la roccia pi dura. Nel Pranayama lo yogi usa i suoi polmoni come uno strumento pneumatico. Se esso non usato propriamente, esso distrugge sia lo strumento stesso sia la persona che lo usa. La pratica scorretta crea una sollecitazione impropria nei polmoni e nel diaframma. Il sistema respiratorio ne soffre e il sistema nervoso colpito negativamente. Le stesse basi della salute fisica e mentale verr scossa da un pratica erronea del Pranayama.

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Quando lessi quelle linee, un lampo improvviso pose il silenzio e la quiete nel mio essere. Tale avvertimento prudenziale port il mio interesse alla esasperazione, proprio per il fatto che quanto cercavo di raggiungere era qualsiasi cosa che producesse un cambiamento nel mio intimo. Avevo bisogno di una qualsivoglia "miscela esplosiva" per sopraffare le resistenze interne; persino un "terremoto interno" era da preferirsi alla presente situazione. Forse attraverso quella disciplina avrei potuto imparare il segreto per morire a me stesso. Una citazione dalla Bhagavad Gita colp la mia immaginazione: (Lo yogi) conosce l'eterna gioia, quella che al di l del confine dei sensi e che la ragione non pu afferrare. Abita in questa realt e non si allontana da essa. Ha trovato il tesoro dei tesori. Non c' nulla pi grande di questo. Colui che lo ha raggiunto non sar toccato dal pi grande dei dolori. Questo il vero significato dello Yoga una liberazione dal contatto col dolore e con la disperazione. Ero veramente emozionato, non avevo mai letto nulla di simile! Ripetevo spesso tale frase a quegli amici cui ritenevo di poter trasmettere il mio entusiasmo. Un'altra idea complementare che si abbinava perfettamente alla precedente deriv dallo studio di Jolande Jacobi La Psicologia Analitica di CG Jung, seguita da Jung, Jaff (1965) Ricordi, Sogni, Riflessioni. Dopo avere letto tali libri, non potevo non sentire il grande desiderio di cominciare il "processo di individuazione", ma esso richiedeva di aspettare molti anni e guadagnare molto denaro per pagare le mie sedute di analisi! Ma io coltivavo la speranza che il Pranayama potesse aiutarmi a pulire la mia mente inconscia. Avevo fiducia in me stesso, sentivo che potevo fare questo lavoro. Pranayama routine di baseOra descriver nei dettagli il modo in cui praticai il Pranayama, premettendo una breve teoria. Questo implica un cambiamento nella natura della narrazione.

Non un compito difficile capire che gli esercizi di respirazione non sono volti ad allenare i muscoli del torace, fortificare il diaframma o creare delle condizioni particolari dossigenazione di sangue ma ad agire sull'energia Prana - presente nel nostro sistema psicofisico. Durante tale pratica, si cerca di percepire i flussi denergia attraverso canali sottili chiamati Nadi. I principali sono Ida, che fluisce verticalmente lungo il lato sinistro della colonna spinale - si dice che possieda una natura femminile - e Pingala - di natura maschile - che fluisce parallelamente alla precedente.9

Nel mezzo fluisce Sushumna, al di l della dualit collegata alle Nadi laterali. Non difficile pensare che tali canali, proprio come i tubi che conducono l'acqua nelle case, possano essere "arrugginiti", "sporchi", "ostruiti" e che questo fatto implichi una diminuzione della vitalit nel corpo. L'ammontare dell"immondizia" nelle Nadi pu essere collegata a disarmonia e conflitti nella nostra disposizione danimo; pulendo questi canali attraverso le tecniche di Pranayama si ottiene una trasformazione interiore che si rifletta anche sulla personalit. Ci sono momenti nella nostra vita nei quali ci sentiamo pi esteriorizzati, altri in cui avviene il contrario; in una persona sana questalternanza significa un equilibrio tra una vita di rapporti positivi ed un contatto sereno con la profondit del proprio essere. Sfortunatamente, molte persone vivono al di fuori di tale armonia. Colui che troppo introverso incomincia a perdere il contatto con la realt esterna, al punto che questa "si far sentire" esercitando - per reazione - uneccessiva influenza e quindi distrugger la pace interiore; chi troppo estroverso si cagioner ben presto tutti quei sintomi che sono comunemente considerati l'inizio di una nevrosi. Attraverso la pratica del Pranayama, specificamente la variet a naricialternate, tali tendenze opposte verranno, almeno temporaneamente, equilibrate. In pratica, ci sar pi gran consapevolezza emotiva, criteri pi precisi di valutazione e pi abilit di elaborare le informazioni, pi grande intelligenza operativa. Da questa pi efficiente sinergia tra pensiero e affettivit, ne verr unemozionalit pi intensa e calibrata ed un pensiero logico pi chiaro, preciso e completo. Da questequilibrio pu nascere l'intuizione che permette di scavalcare la logica sequenziale del pensiero razionale ed affrontare al meglio quei momenti della vita in cui si prendono le importanti decisioni. Quando sincominciano a percepire i primi buoni effetti derivanti dalla pratica, la persona incoraggiata a persistere, andando anzi sempre pi in profondit, cercando "qualcosa di pi". Questo "di pi" lattivazione della corrente Sushumna che, fluendo, crea un'esperienza di gioia, felicit, esaltazione. Questo linizio vero e proprio dellavventura "mistica", un processo che si mette in moto nonostante il soggetto potrebbe non avere alcun barlume sul significato di tale esperienza. aNadi Sodhana. importante, prima di cominciare l'esercizio, pulire le narici cos che il respiro possa fluire liberamente. Questo pu essere fatto usando acqua, inalando essenza deucalipto e soffiandosi il naso. Talvolta qualcuno si lamenta del fatto che una delle due narici sempre ostruita: questo un problema medico che va preso nella dovuta considerazione. Se lostruzione 10

causata da un serio raffreddore, non si dovrebbe praticare nessun esercizio di Pranayama. Per incominciare, la bocca deve essere chiusa, la narice destra deve essere tenuta chiusa dal pollice destro e laria lentamente, uniformemente e profondamente inspirata attraverso la narice sinistra. Linspirazione dura da sei a dieci secondi. importante non esagerare e sentire lesercizio come faticoso. Dopo avere inspirato attraverso la narice sinistra, si chiude la narice sinistra col mignolo ed anulare - sempre della stessa mano e si espira attraverso la narice destra, sempre secondo lo stesso lento, uniforme e profondo ritmo. Poi, le narici si scambiano il ruolo: mantenendo chiusa la narice sinistra, laria lentamente, uniformemente e profondamente inspirata attraverso la narice destra. Poi, chiudendo la narice destra col pollice, lespirazione avviene attraverso la narice sinistra, sempre in modo lento, uniforme e profondo. Questo un ciclo: allinizio se ne fanno sei, poi dodici. Si pu usare un conteggio mentale per essere sicuri che inspirazione ed espirazione abbiano la stessa durata. Una breve pausa per un conteggio mentale di tre, avviene dopo ciascuninspirazione. Le dita possono essere usate per aprire e chiudere le narici in diversi modi ed ognuno pu fare come preferisce.2 bUjjayi La tecnica consiste nell'inspirare profondamente e poi espirare attraverso entrambe le narici, producendo un suono/rumore nella gola. Durante lespirazione tale suono non forte come durante l'inspirazione. Dopo la pratica dalcuni giorni, l'azione respiratoria si allunga senza sforzo. Questesercizio praticato normalmente per dodici volte. Un conteggio mentale aiuta a far s che inspirazione ed espirazione abbiano la stessa durata. importante non solo concentrarsi sul processo stesso, ma anche sul senso di benessere e di calma indotta; in tal modo la concentrazione si approfondisce. cBandha Il collo e la gola sono leggermente contratti, mentre il mento sinclina verso il petto (Jalandhara Bandha). I muscoli addominali sono leggermente contratti per intensificare la percezione denergia nella spina dorsale (Uddiyana Bandha). I muscoli del perineo - tra l'ano e gli organi genitali - sono contratti come a volerli sollevare verticalmente e inoltre, in contemporanea, la parte2

Una tradizione suggerisce che l'espirazione duri un tempo doppio di quello usato per l'inspirazione, mentre la pausa dopo l'inspirazione duri un tempo di ben quattro volte tanto. Non ho mai applicato tali consigli, trovandoli innaturali. 11

inferiore dell'addome premuta indietro (Mula Bandha). I tre Bandha sono applicati simultaneamente e mantenuti per approssimativamente quattro secondi onde provocare una lieve vibrazione del corpo; questesercizio ripetuto per tre volte. Col tempo pu essere percepita una sensazione di corrente energetica che sale lungo la colonna spinale, un brivido interno quasi estatico.3 dConcentrazione finale Con un atteggiamento di profondo rilassamento, l'attenzione, per almeno cinque minuti, intensamente indirizzata nel Kutastha - il punto tra le sopracciglia. Primi effetti Attraverso una pratica seria, volli vedere da me se la disciplina del Pranayama era realmente dotata di tale forte potenzialit. Intrapresi questa pratica in un "modo assoluto", con una concentrazione feroce, quasi fosse la mia unica ragione di vita. Ricordo con nostalgia questintensit, ogni qual volta mi accorgo che difetto della spontaneit iniziale. Praticai la routine descritta il mattino e la sera, stando attento a che lo stomaco fosse vuoto. Essa era preceduta da qualche esercizio di stretching o, quando avevo pi tempo, da qualche semplice Asana. Quindi assumevo la posizione del mezzo-loto, seduto sul bordo di un cuscino e tenendo la schiena in posizione diritta. Mi concentravo con zelo nellapplicare correttamente le istruzioni unendovi uno spirito di inventiva; mi concentravo alternativamente sulle sensazioni alternate di fresco e di tepore prodotte dallaria che sfiorava la mano, usata per aprire e chiudere le narici. La pressione, il lieve e uniforme fluire del respiro ogni dettaglio si rivel molto piacevole. Divenendo consapevole di ciascun particolare tecnico riuscivo a mantenere una vigile attenzione senza esserne stressato. Talvolta nei primi giorni di sole dopo l'inverno, quando i cieli erano cristallini, blu come non lo erano mai stati, praticai spesso all'aria aperta. Contemplavo ci che mi circondava: se in una fossa piena di vecchi cespugli, ricoperti di edera, il sole riversava la sua luce su dei fiori come quelli che un mese prima erano sbocciati durante i freddi giorni invernali ed in quel momento si attardavano nonostante i giorni pi miti, questincantevole radiosit, mi ispirava.

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Queste "contrazioni" portano l'energia nella colonna spinale. 12

Mai avrei pensato che lo Yoga mi potesse guidare verso la dimensione del godimento estetico: potevo solo immaginare che, qualora dallesterno provenisse uno stimolo estetico, lo Yoga potesse fornirmi una duratura base di lucidit, aiutandomi cos a mantenere la sua bella atmosfera durante la vita quotidiana. Ma ora sentivo che la percezione delle cose era cambiata; cercavo ovunque dei colori intensi restando affascinato da essi come se fossero una sostanza materiale che potevo toccare e accogliere in me. Guardandomi intorno, appariva un panorama tra le foglie: un gruppo di case distanti che circondavano un campanile. Chiudevo gli occhi e mi affidavo ad uninterna radiosit. Dopo alcune settimane di pratica entusiasta, durante un quieto pomeriggio, poco prima del tramonto, camminavo in mezzo agli alberi. Dando ogni tanto un breve sguardo ad un commento di alcune Upanishad, che portavo con me, una frase risvegli una consapevolezza del tutto nuova, ma nello stesso tempo antichissima: Tu sei Quello! Chiusi il libro e cominciai a ripetere estasiato quelle parole. Non so se la mia ragione riusciva ad afferrare lincommensurabile implicazione di quellaffermazione, ma s io ero quella luce che filtrava attraverso le foglie, di un verde incredibilmente delicato perch era primavera ed erano appena nate. A casa, non tentai neppure di stendere su carta il "momento di grazia" esperito - non sarei stato capace di farlo. Il mio unico desiderio era di immergermi sempre pi in questa nuova sorgente interiore di comprensione e illuminazione. Solo quella particolare "luce" poteva instillare nel mio essere un equilibrio sovrumano e impedirmi dall'agire, per quanto riguarda i rapporti umani, guidato da impulsi distruttivi generati da enormi, incontrollabili emozioni nutrite dalla linfa grigiastra della mie paure. Tante volte ebbi occasione di osservare un cambiamento nel funzionamento complessivo della mia mente - memoria, concentrazione... - questo accadeva sopratutto durante gli esami. Alcuni minuti prima di sostenere un esame, praticando un po di Pranayama, ero investito da unimprovvisa calma che durava per lintero esame, non importa quale fosse l'atteggiamento dell'esaminatore. Non mi sentivo nervoso per niente. Ero capace di essere totalmente padrone delle mie parole, tanto da esprimere non solo quello che sapevo, ma anche qualche cosa pi - come se alcuni concetti divenissero allora chiari per la prima volta. Intraprendere la pratica del Pranayama fu come piantare un seme nella13

desolazione della mia anima: crebbe illimitatamente in gioia e libert interiore. La consuetudine stabilitasi di gioire del flusso controllato del mio respiro cambi il corso della mia vita: questa disciplina implic molto di pi che smussare le disarmonie e conflitti entro la mia personalit o raffinare la capacit del godimento estetico. Essa si prese cura della mia speranza e la port avanti.

Risveglio di Kundalini Avvenne qualcosa di nuovo, di radicalmente diverso da qualsiasi cosa mai sperimentata prima. Fu un particolare evento "intimo". Tuttavia, siccome una conseguenza ben-definita conseguita attraverso la pratica del Pranayama, penso sia corretto condividerla accuratamente. Una notte, assorbito nella lettura, ebbi un brivido, come una corrente elettrica che attraversava il corpo. L'esperienza non aveva nulla di speciale, ma lintuito mi annunci un'esperienza pi profonda. I minuti trascorrevano, ma non ero capace di proseguire con la lettura; percepivo un senso di inquietudine che si trasform in ansia, e poi divenne paura, una paura intensa di qualche cosa di ignoto, una minaccia alla mia esistenza. Non avevo davvero mai provato un simile terrore. In momenti di pericolo, mi era capitato di restare come paralizzato, incapace di pensare, ma ora l'ansia era di qualit diversa, era panico per qualche cosa dalieno all'esperienza comune, qualche cosa di assolutamente imprevedibile. Mentre la mente prevedeva le peggiori ipotesi su quanto stava per accadere, sentivo l'urgenza di fare qualcosa, anche se non sapevo cosa. Assunsi la posizione di meditazione ed attesi. Mi sembrava dessere vicino alla pazzia - o alla morte. Una parte di me, forse la totalit di quell'entit che io chiamo "me stesso", sembrava al punto di scomparire; i peggiori pensieri, minacciosi, erano sospesi sopra di me senza una chiara ragione.44

In quei giorni avevo finito Kundalini, l'energia evolutiva delluomo di Gopi Krishna. L'autore descriveva come, seguendo unintensa pratica di concentrazione sul settimo Chakra, aveva avuto un'esperienza splendida di "risveglio", mentre, dopo di ci, probabilmente poich il corpo non era preparato, aveva incontrato dei seri problemi fisici e, di riflesso, anche psichici. Secondo quella descrizione, nel suo corpo un'energia si era messa in movimento dalla base della spina dorsale verso il cervello. Talmente forte era il flusso da costringerlo a letto ed impedire il completamento delle normali funzioni fisiche. Aveva limpressione di stare letteralmente bruciando di un fuoco interno, che non riusciva a spegnere in alcun modo. Settimane pi tardi egli scopr intuitivamente come controllare il fenomeno, il quale rivel la sua natura come una esperienza di realizzazione spirituale. Per quel che mi riguarda, temevo di essere arrivato alla soglia della stessa esperienza ma, siccome non vivevo in India, ero 14

Il mondo spirituale mi sembrava un orribile incubo, capace di distruggere, annientare la persona che gli si era imprudentemente avvicinata. La vita consueta, al contrario, mi sembrava la realt pi cara, pi sana. Temevo di non riuscire pi a ritornare in quella condizione. Ero convinto, nel modo pi assoluto, che una malattia mentale stesse facendo a pezzi il mio essere: la ragione era che avevo aperto una porta a ci che era molto pi immenso di quanto potevo prefigurarmi. Decisi di fermare lesperienza e rimandare, se possibile, il momento fatale. Non ero nell'umore adatto per rimanere nella posizione di meditazione. Sentivo che dovevo alzarmi, uscire all'aria aperta. Era notte e non c'era alcuno a cui comunicare il mio terrore! Al centro del cortile di casa mi trovavo oppresso, soffocato, schiacciato da un sentimento di disperazione, invidiando quelle persone che non avevano mai praticato lo Yoga, provando rimorso perch, attraverso parole aspre, avevo ferito un amico. Questi, come molti altri, aveva un tempo preso parte alla mia ricerca; poi aveva rinunciato alla pratica e si era preoccupato soltanto di godersi la vita. Dotato di una giovanile baldanza, gli avevo indirizzato parole per nulla affettuose, e queste mi rintronavano ora in testa; provavo dolore per aver espresso una crudelt ingiustificata senza sapere che cosa realmente vi fosse nella mente e nellanima dellamico. Avrei fatto qualsiasi cosa per averlo di nuovo davanti a me, per potergli dire quanto mi spiaceva. Sentivo di aver violato brutalmente il suo diritto a vivere come meglio credeva; lui non aveva cercato altro che la salute psicologica e non si era arrischiato ad avventurarsi in pratiche di cui non si sentiva sicuro e che, intuiva, avrebbero potuto arrecargli pi problemi di quanti non ne avesse. Considerata la mia gran passione per musica classica, pensai che una bella musica avrebbe avuto un effetto calmante, forse una protezione dall'angoscia, forse un aiuto per ritornare indietro... perch non tentare? Fu la musica di Beethoven - il suo Concerto per violino ed orchestra a calmarmi e, mezzora dopo, a conciliarmi il sonno. La mattina seguente mi svegliai con la stessa paura. Il concetto di una Intelligenza divina presente ovunque e di una disciplina atta a far sorgere la mia consapevolezza di essa, mi comunicava un senso di orrore! La luce del sole entrava nella stanza attraverso le fessure delle imposte. Avevo un intero giorno davanti a me. Sarei uscito di casa per cercare di distrarmi in mezzo ad altre persone. Incontrai degli amici ma non dissi nulla di quello che stavo sperimentando. Passai il pomeriggio scherzando su varie cose,spaventato dal fatto che le persone attorno a me potessero non capire; in tal caso le conseguenze sarebbero state terribili! Nessuno avrebbe potuto assicurarmi che, come accadde a Gopi Krishna, essa si sarebbe indirizzata verso un esito corretto, benefico. 15

comportandomi proprio come le persone che avevo sempre considerato pigre e intellettualmente spente; riuscii a nascondere la mia angoscia. Il primo giorno pass cos - la mia mente era logora. Dopo due giorni la paura diminu e finalmente mi sentii sicuro. In ogni modo, qualche cosa in me era cambiata: non riuscivo infatti a pensare allo Yoga: rifuggivo da quell'idea! Una settimana pi tardi, distaccato e calmo, cominciai a pensare al significato di quello che era accaduto. Compresi la natura della mia reazione. Avevo, da codardo, volto le spalle proprio all'esperienza che avevo perseguito per cos lungo tempo! La dignit presente nel profondo del mio animo mi diceva che dovevo ricominciare la ricerca dal punto dove lavevo abbandonata, accettando tutto quello che sarebbe accaduto, lasciando che ogni cosa seguisse il suo corso, anche se ci potesse implicare la perdita della mia vita o della salute mentale. Ripresi la pratica del Pranayama, intensamente come prima. Alcuni giorni passarono e non percepii alcuna forma di paura; poi sperimentai qualche cosa di tremendamente bello molti lettori riconosceranno nella seguente descrizione la loro stessa esperienza. Era notte. Mi trovavo rilassato in Savasana, quando percepii una piacevole sensazione, come se un vento elettrico stesse soffiando nella parte esterna del corpo, propagandosi rapidamente e con un moto ondoso, dai piedi alla testa. Il corpo era cos stanco che non potevo muovermi, anche se la mia mente impart lordine di muovermi. La Tranquillit era cos profonda, che non avevo alcun timore. Ero capace di mantenere la totalit del mio essere assolutamente composta e serena. Poi il vento elettrico fu sostituito da unaltra sensazione, comparabile ad unenorme forza che entrava nella spina dorsale e rapidamente saliva al cervello. Quell'esperienza fu caratterizzata da un indescrivibile e fino allora ignoto senso di beatitudine, e tutto fu accompagnato dalla percezione di unintensa luminosit. Posso condensare tutto ci che riesco a ricordare con unespressione - una certezza chiara ed euforica di esistere come oceano illimitato di consapevolezza e beatitudine! . Nellopera Dio esiste, io lho incontrato, l'autore, A. Frossard, tenta di descrivere un'esperienza simile usando il concetto di "valanga al contrario". La valanga qualcosa che crolla, che va in gi, prima lentamente, poi in modo pi veloce e violento allo stesso tempo. Frossard suggerisce di immaginare una "valanga al contrario" che comincia raccogliendo le forze ai piedi della montagna e sale verso l'alto spinta da un potere che aumenta e poi, improvvisamente, fa un balzo verso il cielo. Non so quanto tempo dur questesperienza, ma il suo culmine fu di soli pochi secondi, dopo i quali la16

mia coscienza moll la presa e si lasci cadere in un sonno calmo ed ininterrotto. La cosa strana che nell'istante in cui la ebbi, la trovai familiare. Era come se i miei pensieri fossero delle escrescenze nate da essa. Quando fin, mi girai di lato e caddi in un sonno calmo, ininterrotto. Il giorno seguente, quando mi svegliai, non ci pensai; mi ricordai di essa solo alcune ore pi tardi, durante una passeggiata. Fui preso dalla bellezza di quellesperienza e, appoggiandomi ad un albero, per molti minuti fui letteralmente affascinato dal quel ricordo e dal riverbero di quello stato danima. Il pensiero cercava di familiarizzarsi - compito impossibile - con un'esperienza che lo travalicava. Tutto ci che fino allora avevo pensato sullo Yoga non aveva affatto importanza. Per me l'esperienza era come essere stato colpito da un fulmine. Non avevo nemmeno la possibilit di scoprire quali parti di me erano ancora l e quali erano scomparse per sempre, non ero capace di capire realmente quello che mi era accaduto, piuttosto non ero sicuro se "qualcosa" fosse davvero accaduto.

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CAPITOLO I/2 UN'ORGANIZZAZIONE DI KRIYA Una certezza deternit, una condizione euforica che si distendeva oltre i confini della mia consapevolezza - come una specie di memoria che si nascondeva nei recessi della coscienza - cominci a rivelarsi come se una nuova regione del mio cervello fosse stata stimolata verso una condizione di pieno risveglio. In seguito, tante volte fui testimone del ripetersi dellesperienza. Quando mi impegnavo nello studio fino a notte tarda concedendomi, ogni tanto, un brevissimo riposo, nel momento in cui alla fine della giornata, esausto, mi distendevo per dormire, dopo alcuni minuti avveniva e talvolta la salita dell'energia si verificava pi di una volta. Naturalmente, appariva solo a condizione che, nello stesso giorno o il giorno prima, avessi praticato profondamente le mie tecniche di Yoga. Pi avanti nel tempo, ebbi una occasione di notare qualcosa di interessante di essa parlando con una persona che aveva avuto la stessa esperienza. Avveniva, preferibilmente, quando uno, pervaso da unintensa aspirazione spirituale, sceglieva una qualsivoglia pratica di meditazione che includesse una intensa concentrazione nel Kutastha per lo meno per venti minuti e poi si dedicasse ad un lavoro mentale che richiedesse una continua concentrazione, senza cedere alla tendenza di addormentarsi. La mia routine infatti terminava sempre con una concentrazione molto intensa sul Kutastha, come se la mia vita dipendesse dal risultato di tale azione. L'abitudine di studiare fino a tardi creava la condizione favorevole, una dimensione intermedia tra sonno e veglia. Non seppi fare a meno di utilizzare la realt della vita quotidiana come un campo di osservazione: nella mia giovanile baldanza ero convinto di riuscire a vedere le persone come in trasparenza. Commisi lerrore di voler discutere con altri delle mie opinioni. Siccome per me la miseria umana consisteva in un solo fatto: la tirannia dei pensieri incontrollati e delle emozioni istintive e selvagge, cercavo di rendere i miei amici consapevoli di ci. Infatti, il loro modo di agire e di esprimersi mi appariva come accompagnato da una specie di isteria la quale incarnava un inganno mentale: volevano creare una immagine totalmente falsa di s. L'enorme quantit di energia sprecata in questa commedia, era controbilanciata da periodi in cui davano l'impressione di "implodere" in se stessi. Scomparivano per un certo tempo e, strano a dirsi, non riuscivano pi a tollerare la presenza di quegli amici che dicevano di amare cos tanto. Credevo che il Pranayama avesse il potere di farli vivere meglio rivelando la gioia di fondo dietro la non necessaria auto tortura delle loro sceneggiate.18

Parlai un po troppo, tanto da generare una violenta reazione. Lasciamo perdere la diagnosi di pazzia o di seri disturbi mentali, che alcuni formularono, quasi per scongiurare la fatica di ascoltarmi attentamente. Risposero che ero incapace damare, di rispettare e di mostrare disponibilit umana verso gli altri. Indubbiamente la mia analisi e rimedio erano "troppo semplici e disadorni". La trasparenza mentale di cui parlavo sembrava un vuoto insignificante, qualche cosa di innaturale; aveva il sapore della morte, era come una morsa fredda e dolorosa che minacciava di estinguere ogni gioia nella loro vita. Solamente un amico, un "Hippy" (eravamo negli anni settanta), manifest un po' di empatia; l'unica cosa che considerava impropria era il mio zelo nella disciplina. Gli altri continuarono a rivoltarsi contro di me con amarezza. Ne nacque un periodo in cui, disorientato, mi chiesi quale fosse il ruolo della sincerit e onest nell'amicizia. Cominciai a sospettare di star sfruttando lamicizia solo per discutere le mie teorie. Dovetti cedere e ammettere che, almeno per il momento presente, non ero capace di esprimere vero amore. Prime informazioni sul Kriya Proseguii lungo la strada che mi ero scelto, ben deciso a migliorare, senza alcun limite, larte del respiro. Dopo avere acquistato le opere di Ramakrishna e Vivekananda e un bel libro coi commenti agli Yoga Sutra di Patanjali - una antica opera, fondamentale per capire le basi dello Yoga, specialmente del Pranayama - decisi in fine di acquistare lautobiografia di un Santo Indiano, un libro da cui gi ero stato attratto anni prima ma che non avevo acquistato. Preferivo i manuali pratici, ma pensai che avrei potuto trovarvi delle buone informazioni, degli indirizzi di valide scuole di Yoga. Lautore che indicher con P.Y. 5 era un esperto di quel genere di Pranayama, che fu per primo insegnato da Lahiri Mahasaya col nome di5

Il lettore mi perdoner se non menziono il nome di P.Y. - non difficile comunque dedurne lidentit! Ci sono molte scuole di Yoga che diffondono i suoi insegnamenti secondo una precisa legittimazione. Una di queste, attraverso i suoi rappresentanti, mi fece comprendere che non solo non avrebbe tollerato la minima violazione del Copyright, ma che non gradiva che il nome del loro amato Maestro venisse, in Internet, mescolato a discussioni sul Kriya. La ragione va ricercata nel fatto che, in passato, delle persone usarono quel nome per fuorviare la ricerca di un gran numero di ricercatori che stavano cercando di ricevere gli insegnamenti originali. Voglio porre laccento sul fatto che nelle pagine seguenti mi soffermer solo sommariamente sulla mia comprensione dei Suoi insegnamenti, senza alcuna pretesa di riuscire a dare un resoconto obiettivo di essi. Un lettore interessato non dovrebbe rinunciare al privilegio di rivolgersi alla letteratura originale! 19

Kriya Yoga. Egli scrisse che questa tecnica avrebbe dovuto essere padroneggiata in quattro stadi successivi. Questo fatto accese la mia curiosit. Lahiri Mahasaya era dipinto come l'incarnazione dello Yoga: questo mi faceva pensare che ci doveva essere qualcosa di unico nel suo "sentiero"! Amavo il Pranayama e lidea di approfondirlo attraverso quattro livelli mi sembrava qualcosa di meraviglioso: se le tecniche che avevo gi praticato mi avevano dato risultati cos belli, era chiaro che un sistema fatto di quattro livelli li avrebbe ingigantiti! Cominciai ad esplorare tutta la letteratura che riuscivo a trovare sul Pranayama e continuai a leggere i libri di P.Y. Ero stupito dalla sua personalit, dotata dincomparabile potere di volont e spirito pratico. Non mi emozionava quando parlava con un tono puramente devozionale, bens quando assumeva un tono tecnico che mi permetteva di avvicinarmi a qualche aspetto dell'arte sottile del Kriya allora la consideravo un'arte in continuo perfezionamento, non un impegno religioso. Ci che riuscii a intuire fu che il Kriya consisteva di un modo di respirare lento e profondo, mentre la consapevolezza era focalizzata sulla spina dorsale. In qualche modo l'energia interiore veniva fatta ruotare attorno ai Chakra. L'autore poneva laccento sul valore evolutivo del Pranayama, non solo includendo il lato spirituale di un uomo ma anche i suoi lati fisici e mentali. Spiegava che se noi paragoniamo la spina dorsale ad una sostanza ferromagnetica, costituita, come insegna la Fisica, di magneti elementari che si volgono verso la stessa direzione quando un campo magnetico sovrapposto ad essi, allora l'azione del Pranayama analoga a questo processo di magnetizzazione. Creando un orientamento uniforme di tutte le parti "sottili" dellessenza fisica e astrale della nostra spina dorsale, il Pranayama avrebbe bruciato i cosiddetti "cattivi semi" del nostro Karma. Ci riferiamo al Karma allorquando riportiamo la comune credenza che una persona erediti dalle vite precedenti una gran massa di tendenze latenti, comparabili a semi destinati a fiorire, alla fine, nella vita attuale. Naturalmente il Kriya una pratica che pu essere sperimentata senza dovere necessariamente accettare alcun credo, comunque siccome il concetto di Karma sta alla base del pensiero indiano, ecco perch vale la pena di parlarne liberamente. Secondo questa credenza, il Pranayama pu essere considerato un processo che esaurisce gli effetti di quei semi prima che diventino manifesti nella vita. spiegato ulteriormente che le persone che sono attirate intuitivamente da metodi di sviluppo spirituale come il Kriya, hanno gi praticato qualcosa di analogo nell"incarnazione precedente". Si fa notare, infatti, che tale azione non mai invano e nella presente incarnazione la20

persona riprende il suo cammino esattamente da dove, in un passato remoto, lo aveva abbandonato. Mi chiedevo se i quattro livelli del Kriya consistessero in un processo sequenziale di raffinare la corda spinale o nel risveglio di particolari aree nel cervello. Il mio problema urgente era decidere se dovevo, o no, partire per l'India dove cercare un insegnante per ottenere tutti i chiarimenti necessari al Kriya. Siccome progettavo di completare al pi presto possibile i miei studi universitari, esclusi un viaggio immediato. Mi decisi piuttosto a rimanere dovero e tentare di migliorare il Pranayama usando i libri che potevo trovare - poco importava in che lingua fossero scritti. Ora sapevo cosa ricercare: un tipo di Pranayama in cui si dovesse visualizzare o percepire l'energia che ruota in qualche modo attorno ai Chakra. Se questo era - come P.Y. affermava - un processo universale, avevo delle buone probabilit di rintracciarlo presso altre fonti. Qualcosa riposto in un angolo della mia memoria mi ritorn vivo davanti agli occhi. Quando ero piccolo, leggevo tutto ci che mi capitava tra le mani, specialmente libri censurati dalla Chiesa o, per qualche ragione, considerati non adatti alla mia et; ero orgoglioso di esercitare una totale libert di scelta; non badavo ad alcun suggerimento. Sprecai molto tempo in letture di poco conto; tra quel gran mucchio non era possibile distinguere in anticipo i libri che avevano un po' di valore da tanti altri che, pur avendo un titolo allettante contenevano le invenzioni di coloro che amavano sbalordire le persone. Alla fine compresi di aver fatto un viaggio in un caos indistinto. Capivo con amarezza che i segreti pi preziosi erano ancora ben nascosti a me in qualche altro libro che non ero stato abbastanza fortunato di trovare. Ma torniamo a noi, mi ricordavo, indistintamente, di aver visto dei disegni che ritraevano, di profilo, una persona: cerano diversi circuiti di movimento energetico che attraversavano il suo corpo. Nacque lidea di cercare la necessaria informazione nella sfera esoterica piuttosto che nei libri classici di Yoga come gli Yoga Sutra di Patanjali, lo Hatha Yoga Pradipika... Cominciai a frequentare una rivendita di libri usati; era molto ben fornita, probabilmente perch una volta era stata la libreria di riferimento della Societ Teosofica. Trascurai i testi che trattavano solo di temi filosofici, mentre, estatico e senza badare al tempo, sfogliavo quelli che illustravano degli esercizi pratici. Prima di acquistare un libro mi assicuravo che contenesse istruzioni relative alla possibilit di guidare l'energia lungo i canali interni, meglio se esse promettevano di creare un'azione di risveglio dell'energia Kundalini. Fin dalla prima visita fui molto fortunato; leggendo l'indice di un testo in tre volumi, che presentava il pensiero magico di una famosa confraternita, fui21

attirato dal titolo di un capitolo: Esercizio di respirazione per il risveglio di Kundalini. Si trattava di un approfondimento del Nadi Sodhana; questo era, secondo gli autori, il segreto per svegliare l'energia misteriosa! Tentando di ricostruire la tecnica a memoria - poich non la sto praticando pi e non possiedo quel libro - ricordo che il segreto era di inspirare attraverso la narice sinistra, visualizzare una corrente energetica che dal naso scendeva entro il corpo fino alla base della spina dorsale; la sillaba sacra Om colpiva tre volte il Chakra Muladhar. Poi, espirando, una corrente partiva dal Muladhar, saliva nel corpo, in particolarmente nella spina dorsale, ed era chiaramente percepita. Delle note ammonivano che l'esercizio non doveva essere usato in modo esagerato, perch rischiava di risvegliare Kundalini prematuramente. Ci doveva essere evitato con tutti i mezzi. Di sicuro, questo non poteva essere il Kriya di P.Y., il quale, da vari indizi, non era eseguito respirando alternativamente attraverso le narici. Continuai a frequentare la libreria; il proprietario era molto gentile con me ed io mi sentivo quasi obbligato, anche in considerazione del prezzo conveniente dei libri - di seconda mano ma in condizioni perfette - di comprarne almeno uno ad ogni visita. Spesso troppo spazio era destinato a teorie che rifuggivano dai semplici concetti che trattavano della vita pratica, cercando di descrivere quello che non visto, quello che non pu essere sperimentato - i mondi astrali, i vari gusci sottili denergia che avvolgono il nostro corpo fisico. Un giorno, dopo una faticosa selezione, mi avvicinai al proprietario tenendo in mano un libro; forse mi lesse negli occhi che non ero sicuro del suo valore e mentre lo riguardava decidendo il prezzo, sembr ricordare qualche cosa che avrebbe potuto accendere il mio interesse. Mi condusse in un angolo nascosto del suo negozio e minvit a frugare in un mucchio disordinato di fogli contenuti in una scatola di cartone. Tra una quantit consistente di materiale miscellaneo (serie complete della rivista teosofica, note sparse di un vecchio corso di ipnosi ecc.) - trovai un libretto, scritto in tedesco da un certo K. Spiesberger che illustrava, tra alcune tecniche esoteriche, delle tecniche di Mantra: mi imbattei nel Respiro Kundalini. Non avevo allora abbastanza dimestichezza con la lingua tedesca, ma riuscii ad intuire subito la straordinaria importanza di quella tecnica; a casa, con l'aiuto di un dizionario, sarei riuscito indubbiamente a decifrarla.66

Sorrido quando sento persone affermare di essere appassionate di Kriya, e tuttavia non si danno da fare nello studiare importanti testi in inglese, avendo paura cos dicono - di interpretare male tale idioma! Sono convinto che il loro interesse superficiale e piuttosto emotivo. Tale era il mio entusiasmo, che sarei stato in grado di mettermi a studiare il Sanscrito o il Cinese, o qualsiasi altra lingua nella quale, ahim, 22

La descrizione del Respiro Kundalini ancora mi stupisce; lautore, infatti, non era tanto vicino al Kriya di Lahiri Mahasaya quanto alla versione portata in occidente da P.Y. Durante un respiro profondo, l'aria era immaginata, invece del suo corso abituale, fluire dentro la colonna spinale; era perci indicata la visualizzazione di questa come un tubo vuoto. Inspirando l'aria, questa doveva essere immaginata fluire dentro il tubo cavo dalla base fino alla zona tra le sopracciglia; espirando, si sarebbe dovuto sentire che l'aria andava in gi verso il Muladhar lungo lo stesso percorso. C'era anche la descrizione di due particolari suoni che l'aria originava nella gola. In un altro libro, in Inglese, cera una descrizione esaustiva del Respiro Magico - che era circa lo stesso esercizio, ma la differenza consisteva nel visualizzare/sentire l'energia intorno alla spina dorsale, seguendo un percorso ellittico, non entro di essa. Tramite l'inspirazione, l'energia saliva dietro la colonna spinale, fino al centro della testa; espirando, scendeva lungo la parte frontale del corpo, proprio come nel "Piccolo Circolo", la tecnica descritta nei testi dell'Alchimia Interiore che rappresenta la tradizione mistica dellantica Cina. Lasciai da parte tutto l'altro materiale. Lespressione di soddisfazione con la quale mi presentai al proprietario della libreria, come se avessi trovato un tesoro di valore insondabile, mi cagion certamente un aumento di prezzo. Ritornando a casa, non potevo non trattenermi dallo sfogliare quelle pagine, molto curioso a riguardo di alcuni disegni grezzi che illustravano altre tecniche basate sul movimento dellenergia interiore. Lessi che il Respiro Magico era, presso le scuole esoteriche, uno dei segreti pi preziosi di tutti i tempi: questo mi riempii del pi grande entusiasmo. Se praticato costantemente, con forza di visualizzazione, avrebbe costruito una specie di sostanza interna che avrebbe poi condotto alla visione dell'occhio spirituale. Mi convinsi che il Respiro Magico era sicuramente il Kriya di Lahiri Mahasaya. Lo incorporai nella mia routine quotidiana: esso sostituiva la pratica dell' Ujjayi Pranayama. Ero molto soddisfatto anche se nelle settimane successive non percepii dei sostanziali mutamenti negli effetti. Mentre cercavo tutti i modi possibili per trovare le informazioni che mi servivano, rileggendo un testo di P.Y. venni a sapere, con mio grande stupore, che questi aveva scritto un intero corso di lezioni sul Kriya, e che queste si potevano ricevere per corrispondenza. Ci mi avrebbe risparmiato, almeno per alcuni anni un viaggio in India. Mi iscrissi il pi velocemente possibile a tale corso.fossero stati compilati gli insegnamenti essenziali del Pranayama! 23

Far parte di un'organizzazione e di un gruppo di meditazione Un giorno, attendendo larrivo delle lezioni, giunse una lettera della organizzazione mi informava dellesistenza di altre persone, vicino a me, che praticavano il Kriya Yoga e che avevano formato un gruppo. Ne fui entusiasta, fremevo dellanticipazione gioiosa di incontrarle. Quella sera riuscii a stento a prendere sonno. Il primo contatto avvenne incontrando il kriyaban (colui che pratica il Kriya) che organizzava quelle riunioni. Con grande entusiasmo ed una specie deuforia, nutrita dalle mie recenti esperienze spirituali, mi avvicinai a lui nella speranza di ricevere maggiori dettagli sul Kriya. Ricordo il nostro incontro con particolare emozione; questo fu davvero un evento chiave. Troppo brillanti erano i nostri cieli, troppo distante, troppo fragile la loro eterea sostanza, scrisse Sri Aurobindo: non avrei mai pensato che alle conseguenze del nostro incontro si sarebbero potute applicare tali parole! Se mi fosse permesso di usare una certa amara ironia, oserei affermare che la fase attuale della mia esistenza era troppo un felice per durare. La vita fatta di brevi momenti di tranquillit ed equilibrio immersi tra alternate vicissitudini durante le quali una persona soffre sulla sua pelle i problemi, le limitazioni, le deformazioni causate dalla mente umana. Avvicinandomi a tale personaggio con totale e disarmante sincerit, non potevo rendermi conto di quale duro colpo stessi per ricevere. Visibilmente emozionato, mi diede il benvenuto, sinceramente entusiasta di incontrare uno con cui condividere la sua passione. Sin dal primo istante del nostro incontro - non avevo ancora varcato la soglia della sua casa - gli dissi quanto fossi entusiasta della pratica del Kriya! Di rimando mi chiese quando fossi stato iniziato al Kriya, dando per scontato che lavessi ricevuto dalla stessa organizzazione di cui lui era un membro. Come venni a sapere, egli praticava il Kriya da non pi di un anno, avendo ricevuto istruzione in questo da parte di un discepolo diretto di P.Y.. Quando seppe come avevo imparato la tecnica, rimase come pietrificato, mostrando un sorriso amaro di sconforto. Era come se gli avessi dichiarato di essere l'autore del pi gran crimine. Mi disse con enfasi che il Kriya non poteva essere appreso attraverso libri. Cominci il racconto - che in seguito avrei avuto l'opportunit dascoltare tante volte fino alla nausea - dello yogi tibetano Milarepa che, avendo acquisito senza le benedizioni del suo Guru, delle tecniche spirituali, non ricavando risultati incoraggianti anche se queste erano state praticate con grande intensit, ricevette finalmente le stesse istruzioni dalla bocca del suo Guru - con le benedizioni di questo - ed i risultati questa volta arrivarono facilmente! Sappiamo che la mente umana condizionata pi da una storia24

che dall'inferenza logica! Un aneddoto come questo, anche se completamente immaginato, tanto per costruire la trama di un romanzo, possiede un genere di "luminosit interna" che condiziona il buon senso di una persona: suscitando una emozione in noi, pu far accettare conclusioni che apparirebbero assurde alla facolt raziocinante. Questa storia mi ammutol, non seppi cosa rispondere. C'era solamente un modo per imparare il Kriya: essere iniziato da un "Ministro" autorizzato dalla direzione della sua organizzazione! Secondo quanto diceva, nessun'altra persona era autorizzata a insegnare quella tecnica. Fissandomi direttamente negli occhi, con un enorme impatto emotivo cominci a dirmi che una pratica imparata da qualsivoglia altra fonte non valeva nulla, non sarebbe stata effettiva per quanto riguarda la finalit spirituale, ed eventuali effetti, solo apparentemente incoraggianti, sarebbero stati solo una pericolosa illusione nella quale l'ego sarebbe rimasto intrappolato per molto tempo. Infiammato da una fede assoluta, si lanci in una digressione sul valore del "Guru" - Maestro spirituale - un concetto che per me rimaneva enigmatico, anche perch attribuito ad una persona che non era stata conosciuta direttamente. In base a quello che mi comunicava, poich lui era stato iniziato al Kriya da canali legittimi, P.Y. era una presenza reale nella sua vita: era il suo Guru. La stessa cosa avveniva per coloro che appartenevano al suo gruppo. Il loro "Guru" era laiuto che Dio stesso aveva loro inviato, quindi un tale evento era la pi gran fortuna che potesse accadere ad un essere umano. La conseguenza logica - e lamico rilev questo con grande enfasi era che abbandonare di conseguenza tale forma daiuto, o cercare un percorso spirituale diverso, equivaleva a rifiutare con disprezzo la mano del Divino protesa in benedizione. Sorrise, poi mi condusse nella sua stanza e mi chiese di dimostrare per lui la mia tecnica Kriya appresa dai libri. Era naturalmente mosso da curiosit e, suppongo, dalla speranza di verificare un ben radicato pregiudizio secondo cui la tecnica, appresa fuori dai canali legittimi non poteva essere - a causa di una particolare legge spirituale - che corrotta. Fu sollevato, intimamente rassicurato quando vide che stavo respirando attraverso il naso e non attraverso la bocca, come a lui era stato detto di fare; la mia pratica era - secondo la sua impressione - chiaramente sbagliata. Mi chiese di spiegare pi profondamente quello che visualizzavo internamente durante la mia respirazione e, mentre glielo stavo descrivendo, vedevo una soddisfazione intima che si diffondeva sul suo volto. Gioiva appieno del fatto che nel mio tentativo di indovinare la tecnica ero andato molto lontano dal vero Kriya. Il segreto cui lui era legato non era dunque stato violato da alcun25

autore dei miei libri esoterici! Come il lettore ricorder, secondo le istruzioni trovate sui libri, lenergia interiore poteva essere guidata sia lungo un percorso ellittico attorno ai Chakra sia in su e in gi dentro la spina dorsale. Avevo provato entrambi i metodi ma, poich P.Y. aveva scritto che la pratica del Kriya avveniva facendo ruotare l'energia attorno ai Chakra, mi ero abituato principalmente al primo metodo; perci questa fu la versione che esposi. Inoltre, avendo letto in un altro libro che durante il Kriya Pranayama si doveva cantare mentalmente Om nei Chakra, aggiunsi anche questo dettaglio. Non potevo immaginare che P.Y. avesse deciso di semplificare le istruzioni e insegnare in occidente laltra variante omettendo il canto mentale di Om. La situazione era davvero bizzarra: gli stavo esponendo quello che a tutti gli effetti era davvero il Pranayama originale di Lahiri Mahasaya e lui sorrideva con espressione sarcastica, sicuro al cento per cento che stessi dicendo delle sciocchezze! Fingendo di sentirsi addolorato per la mia naturale disillusione, mi conferm in un tono ufficiale, definitivo, che la mia tecnica non aveva niente a che fare con il Kriya Pranayama! Poich la mia posizione era totalmente inconsistente, mi raccomand di spedire una descrizione scritta, precisa e dettagliata, delle mie vicissitudini alla direzione della scuola, nella speranza che loro mi accettassero come discepolo. Poi avrei iniziato la pratica sotto la loro guida. Ero come inebetito dal tono che il nostro dialogo stava assumendo; per riattivare l'amabilit iniziale della riunione tentai di rassicurarlo parlando degli effetti positivi che avevo ottenuto con la mia pratica. Questaffermazione ebbe l'effetto di peggiore la situazione, dandogli l'opportunit per una seconda reprimenda, davvero non completamente sbagliata, ma in ogni modo fuori luogo. Mi chiar che, nella pratica del Kriya, non avrei mai dovuto cercare degli effetti tangibili; meno ancora vantarmene, perch cos li avrei persi. Quel "bravo giovine", senza rendersi conto, era entrato diritto in una chiara contraddizione: stava dicendo che i risultati erano importanti ed uno non doveva neppure rischiare di perderli raccontandoli ma, poco prima, aveva sottolineato che non valevano niente o piuttosto potevano essere negativi e pericolosi! Realizzando che mi aveva dedicato fin troppo del suo tempo, una strana metamorfosi avvenne nel suo comportamento. Era come se tutto un tratto fosse stato investito da un ruolo sacro: promise che avrebbe pregato per me! Per quel giorno, almeno, avevo perso la partita. Dissi all'amico che avrei seguito i suoi suggerimenti. Il gruppo di persone che praticavano il Kriya sincontravano due volte a26

settimana per praticare insieme tali tecniche. La stanza dedicata alla meditazione aveva un arredamento essenziale, ma piacevole. I membri si erano auto tassati per affittarla affinch la sua fruizione non dipendesse dai capricci del proprietario, e anche per il piacere di consacrarla esclusivamente ad un uso spirituale. La mia frequentazione avvenne in un periodo che ricordo con particolare nostalgia: l'ascoltare canti spirituali indiani, tradotti ed armonizzati all'occidentale e, soprattutto, il fatto di meditare insieme era una vera gioia! Tutto mi sembrava paradisiaco - anche se l'ammontare di tempo dedicato alla pratica delle tecniche era davvero corto: non pi di 20 minuti, spesso solo 15. Una sessione di pratica collettiva, particolarmente bella, arricchita da canti devozionali, avveniva alla vigilia di Natale e durava molte ore. Siccome non avevo ricevuto ancora il Kriya nel "modo ufficiale", mi fu richiesto di limitare la pratica al puro atto di tenere il centro della consapevolezza nel punto tra le sopracciglia. Al termine di ciascuna meditazione era previsto che ci allontanassimo in silenzio, perci cominciai a conoscere pi da vicino i miei nuovi amici solo durante gli incontri mensili. In effetti, una volta il mese cera il "pranzo sociale". Era una bella occasione di passare insieme del tempo parlando e rallegrandosi della reciproca compagnia. Perch molti di noi non godevano dell'approvazione e meno ancora dell'appoggio nella pratica dello Yoga da parte della loro famiglia, l'occasione unica di trovarsi fra persone con le stesse idee ed interessi era un'esperienza di gran serenit e rilassamento. Sfortunatamente un certo imbarazzo rovinava la piacevolezza degli incontri. La direzione dellorganizzazione chiedeva di non parlare tra noi di altri percorsi spirituali e di non trattare i specifici dettagli del Kriya. Tale compito doveva essere riservato solamente a persone di proposito autorizzate dalla scuola e nel nostro gruppo nessuno aveva ricevuto tale autorizzazione. Durante gli incontri, la necessit di indirizzare i contenuti delle conversazioni su binari ben definiti rendeva difficile trovare un argomento di conversazione che rispettasse le regole, essendo, nello stesso tempo, interessante. Non era certo quello il luogo per pettegolezzi mondani, disadatti a gruppo spirituale. Certo si poteva conversare sulla bellezza del percorso Kriya, sulla gran fortuna di averlo trovato! Ma, come si pu presumere, dopo alcune riunioni di "reciproca esaltazione", cominci a regnare nel gruppo una noia quasi allucinante. Come ultima risorsa, qualcuno si arrischiava a fare qualche battuta innocente; non si trattava certo di storielle che potevano offendere qualcuno, ma di un uso moderato del senso dell'humour. Purtroppo questo si scontrava con l'atteggiamento ispirato a devozione tenuto dalla maggior parte dei membri e27

capitolava di fronte alla loro fredda reazione, incapace di mostrare una sola briciola di vera giovialit. Non posso certo dire che le persone erano sul depresso andante, anzi parevano divinamente felici, ma quando si cercava di apparire simpatici, si riceveva uno sguardo e un abbozzo di sorriso che ti lasciava raggelato per il resto del giorno. Non ci si deve meravigliare che il gruppo fosse caratterizzato da un grande riciclo; molti, entrati con entusiasmo, dopo alcuni mesi non solo decidevano di abbandonarlo ma poi si davano da fare per rimuovere completamente quell'esperienza dalla loro coscienza. Il mio temperamento aperto mi permise di avvicinare qualche persona e stabilire un legame che pi tardi divenne vera amicizia. Comunque, era difficile trovare un serio ricercatore nel campo dello Spirito. Anche se cercavo di fare del mio meglio per convincermi di trovarmi fra individui simili a me - vale a dire appassionati, entusiasti del Kriya - dovetti ammettere che la realt era ben diversa! Alcuni reagivano al mio entusiasmo con un certo fastidio: non potevano credere che non coltivassi alcun dubbio o incertezza verso il sentiero del Kriya. Consideravano la mia euforia quella tipica di un principiante immaturo. Una persona che praticava il Kriya da molti anni mi disse: Quando riceverai il Kriya resterai deluso. Non riesco a capire cosa avesse voluto dire, dal momento che quando ricevetti il Kriya, ne fui entusiasta. Onde ricevere qualche accenno, per lo meno in termini generici, sulla tecnica corretta del Kriya, in svariate occasioni provai a discutere su quella che era stata la mia pratica del Pranayama prima di divenire parte del gruppo. Speravo che qualcuno, rispondendomi in modo preciso, distinguesse tra quello che era simile al Kriya e quello che nulla aveva a che fare con esso. Nessun "corteggiamento" riusc ad estrarre da loro nemmeno una briciola dinformazione. Ognuno ripeteva che non era autorizzato a dare spiegazioni: questa regola era strettamente rispettata: avevano ricevuto la tecnica, sottoscrivendo una precisa e solenne promessa di segretezza! Segretezza! Come insolito risuon tale termine alle mie orecchie, che strano richiamo, che misteriosa fascinazione esercit sul mio essere! Fino a quel momento avevo sempre creduto che fosse di poco o di nessun valore il modo in cui un certo insegnamento fosse appreso, su quale genere di libri fosse stato studiato; l'unica cosa importante era che dovesse essere praticato in modo corretto, con laggiunta, auspicabile, del costante desiderio di perfezionarlo. Ora cominci ad entrarmi in testa l'idea, che non trovai affatto balzana, che fosse una bella cosa quella di proteggere un insegnamento prezioso da occhi28

indiscreti. Apparentemente la segretezza era da consigliarsi in questo campo; ma in seguito, nel corso di molti anni, fui testimone di una serie innumerabile di assurdit che si originarono da questa richiesta; in modo drammatico, ebbi levidenza che essa port delle ripercussioni miserabili nella vita di migliaia di persone. Con l'eccezione di una sola persona (che nutriva veramente delle strane idee sul sentiero spirituale, al punto tale che un giorno pensai che non ci stesse tanto con la testa) questi nuovi amici kriyaban parevano censurare il mio eccessivo interesse per le tecniche, affermando che la devozione era molto pi importante; spesso facevano riferimento ad un concetto che a mio avviso stonava nel campo dello Yoga: il valore supremo della lealt nei confronti di P.Y. e della sua organizzazione. Avevo l'impressione che essi facessero uno sforzo moderato nel praticare il Kriya e cercassero di estrarre dalle profondit della loro psiche qualsivoglia traccia di devozione, la quale era amplificata dalla loro emotivit. Pensando a quei tempi, mi chiedo quale potesse essere l'opinione che si erano fatti del mio atteggiamento impaziente, troppo diverso dalla loro calma ovvero - se mi concesso dirlo della loro fiacca. Nella mia sensibilit, non riuscivo a concepire l'idea di appoggiarmi passivamente alla protezione di un santo che ti risolve i problemi mentre intanto la tua intelligenza impigrisce. Questo fatto, assieme ad altri sperimentati in quella scuola, furono la cause di un vero conflitto. Il mio approccio al sentiero spirituale era completamente diverso dal loro e non c'era speranza di raggiungere un punto di contatto.

Tecniche preliminari al Kriya Poco dopo la mia ammissione al gruppo fui presentato ad una signora anziana che era stata in corrispondenza con P.Y. stesso. Grazie alla sua seriet, sincerit e comportamento "leale", aveva ricevuto lautorizzazione di insegnare le tecniche preliminari al Kriya. Il suo temperamento era molto dolce e sembrava pi incline alla comprensione che alla censura. Da quello che ero capace di leggere sul suo volto, quando si riferiva a quella tecnica Kriya che avevo indovinato per mezzo di letture non ortodosse, ebbi l'impressione che la considerasse valida, efficace. In ogni modo non aveva dubbi sul fatto che l'apprendere la tecnica da canali ufficiali, mi avrebbe dato la migliore opportunit di incominciare una pratica ricca di buoni risultati e sicura. Minsegn due tecniche preliminari al Kriya, invitandomi a limitare la29

mia pratica a queste. 7 La prima calma il respiro e lintero sistema psicofisico; detta Hong-so a causa del Mantra impiegato. La seconda riguarda lascolto dei suoni interiori (astrali) che, approfondendo, si mescolano, si fondono col suono di Om. Non mi diede queste istruzioni in ununica sessione ma in due momenti diversi - la seconda quattro mesi pi tardi. Ebbi perci la splendida possibilit di dedicarmi per molto tempo solamente alla prima tecnica e, per altri mesi, nellattesa delliniziazione al Kriya, alla combinazione delle due: la prima il mattino, la seconda di notte. Potei sperimentare perci il significato e la bellezza di ciascuna. La tecnica Hong-so semplice e consiste - dopo alcuni respiri profondi che ossigenano il sangue e calmano il sistema - nel lasciare il respiro libero, ripetendo mentalmente il Mantra Hong-so, collegando la sillaba Hong con l'inspirazione e So con l'espirazione. La concentrazione, lo sguardo interiore, viene mantenuto sul terzo occhio. La raccomandazione essenziale non influenzare il respiro attraverso la volont, poich esso deve procedere in modo del tutto naturale e spontaneo. Le istruzioni pratiche della tecnica erano solo queste, ma, prevedendo il pensiero che si stava formando nella mia mente, aggiunse che la procedura, nonostante la sua apparente semplicit, non era per niente facile! Disse che se i risultati mi avessero deluso, la causa sarebbe stata alcuni sottili errori nella pratica. Rimase un po' sul vago ma, con un sorriso incoraggiante, concluse: La tecnica contiene tutto ci di cui hai bisogno per entrare in contatto con l'essenza divina. Devo ammettere, francamente, che il mio atteggiamento da principiante mi port a pensare che il Mantra potesse agire come una "parola magica" e darmi, come un incantesimo, risultati sbalorditivi. Negli insegnamenti teorici impartiti dalla scuola, avevo trovato unassicurazione piuttosto strana: questa tecnica era presentata come lunico mezzo "scientifico" che poteva produrre una concentrazione vera, reale, effettiva. Ero stato indotto perci a pensare che, se avessi semplicemente messo in atto questa istruzione, in breve tempo sarei stato in grado di ottenere una concentrazione sovrumana. Chiaramente incontrai una forte disillusione: quella mi sembrava la procedura7

Volendo essere precisi, mi corresse anche i cosiddetti "Esercizi di Ricarica" che avevo gi appreso dalle lezioni scritte. Questi erano degli esercizi fisici simili alla ginnastica isometrica che si praticavano stando in piedi. In essi la forza della concentrazione dirigeva il Prana in tutte le parti del corpo. 30

pi noiosa del mondo, uninutile prova di ottusa persistenza. Continuai a ripetere questo Mantra per settimane e la maggior parte del tempo non riuscii a rimanere consapevole del respiro. Fu allora che, sostenuto da buona volont, incominciai ad osservare con grande attenzione due dettagli che, a mio avviso, era i responsabili dei miei fallimenti. [I]Il Mantra Hong-so, citato ampiamente nei testi classici della spiritualit indiana, veramente eccellente per calmare gradualmente il respiro. Tuttavia, il suo reiterato canto mentale pu facilmente e naturalmente conformarsi ad un ritmo che ha la tendenza a mantenersi immutato. Se il respiro segue questo ritmo chiaro come il sole che non rallenter mai! Quando tale ritmo si stabilizzato, la persona inspira ed espira anche se il corpo "gradirebbe" o "potrebbe" rimanere dei momenti senza respirare. in quegli istanti che la persona fa dei brevi respiri senza che il corpo abbia il reale bisogno di respirare. Chiunque pu evitare questerrore rimanendo sempre attento a non cadere in tale tranello. Le pause tra un respiro e laltro devono "poter esistere"; perci esse dovrebbero essere sperimentate, anche se ciascuna dura meno di un istante. Questo semplice fatto sufficiente per calmare drasticamente il respiro, mentre una condizione di totale o quasi perfetta immobilit si stabilizza nel corpo. [II]Durante l'inspirazione il torace si dilata e si crea una tensione elastica. Mentre i polmoni e il diaframma sono tesi, c' una forza elastica che cerca di rilassarli. Perci la pausa tra inspirazione ed espirazione contrastata non solo dal ritmo ma anche dall'elasticit dei muscoli della cassa toracica. un'ottima cosa essere consapevoli di questa forza elastica: ci basta per rendere pi confortevole e pi libera la pausa dopo linspirazione - cos da aggiungere grande armonia all'esercizio. Mettendo in pratica tutto questo, il respiro divenne sempre pi sottile e si viene a creare un "circolo virtuoso" tra la calma crescente e la ridotta necessit di ossigeno; ci mi guid a minimizzazione il processo di respirazione, mentre il movimento dell'aria fuori e dentro i polmoni si ridusse ad un palpito. Quando tentai di discutere le mie osservazioni con coloro che praticavano tale tecnica, mi resi conto di quanto fosse difficile per loro parlare di simili argomenti. Talvolta incontrai unenorme ed irragionevole resistenza. Potevano essere divisi in due gruppi: quelli che non erano soddisfatti della loro pratica ma progettavano di migliorarla in futuro (in tale occasione31

avrebbero preferito posporre l'ascolto dei miei ragionamenti), e quelli che avevano un tale atteggiamento superficiale da non riuscire a comprendere quello che stavo dicendo. Ricordo una signora cui tentai di spiegare questi dettagli con molta cura, che finse di ascoltarmi con attenzione; alla fine, con un dogmatismo brutale, disse che aveva gi un Guru e non sentiva il bisogno di un altro. Fui sorpreso e ferito, poich non stavo recitando la parte dell'insegnante ma volevo solo discutere un'idea. Fu il susseguirsi di episodi simili a confermarmi l'idea che lassiduit di molte tra quelle persone alla pratica quotidiana delle tecniche era il risultato della loro superstizione. Mancando della sufficiente limpidit nellauto osservazione, essi andavano avanti ad eseguire meccanicamente quello che era divenuto nullaltro che un vuoto rituale, un modo per essere in pace con la coscienza. Il mio tentativo era di discutere un arte che ritenevo potesse essere perfezionata indefinitamente, fare un discorso costruttivo che potesse essere di ispirazione per entrambi. Ma ahim, il loro unico tema preferito di cui parlare era quanto fosse bello il tal libro o la tal poesia del loro Gurudeva... Per introdurre la seconda tecnica preliminare, la cosiddetta tecnica Om, la signora spieg che il suo insegnante P.Y., (lo stesso che decise che questa tecnica, fra tante possibili, dovesse essere una preparazione necessaria e non facoltativa al Kriya) aveva illustrato in un modo nuovo l'insegnamento della Trinit. Om l'Amen della Bibbia - lo Spirito Santo, il suono "testimone" della vibrazione dell'energia che sostiene l'universo. La tecnica Om che stavo per imparare, una scoperta che i mistici fecero tempo addietro, rende possibile percepire tale vibrazione. Grazie ad essa possibile essere guidati verso lesperienza del "Figlio" - la consapevolezza Divina presente allinterno della vibrazione energetica summenzionata. Alla fine del suo viaggio spirituale lo yogi pu raggiungere la pi alta realt: il "Padre" - la consapevolezza Divina che risiede oltre tutto ci che esiste nell'universo. Mentre la precedente tecnica Hong So conduce allo sviluppo della concentrazione (caratterizzata da pace e gioia spontanea), questultima realizza un contatto diretto con la Meta spirituale. 88

Tale tecnica non appartiene a quelle incluse nel Kriya originale, nel quale i suoni interiori si manifestano senza chiudere le orecchie. Non una invenzione di P.Y. in quanto descritta ampiamente nei libri di yoga classico, col nome di Nada Yoga - "lo Yoga del suono." Essa unottima tecnica di preparazione al Kriya in quanto invece di 32

Per praticare la tecnica Om, uno yogi appoggia i gomiti su un comodo sostegno che pu essere stato costruito anche solo per questa funzione. L'appoggio pu essere dato da una tavoletta orizzontale fatta di qualsiasi materiale coperta di gommapiuma e fissata su unasta verticale daltezza regolabile. bene che uno si chiuda in una stanza per evitare che qualcuno possa disturbare - il miglior momento per questa pratica la sera o la notte. La pratica consiste nel chiudere coi pollici le orecchie ed ascoltare qualsiasi suono interiore, continuando a cantare mentalmente Om, Om Om... L'attenzione diretta alla parte interna dell'orecchio destro, poich l che i suoni sottili possono essere facilmente realizzati e con pi persistenza. L'intuizione dello yogi comincia un lungo viaggio nella sua pi profonda memoria, quella della sua origine divina. Il suono dellOm pu apparire attraverso diverse varianti; pu essere percepito facilmente dopo che gli orecchi sono stati chiusi, non appena si crea un minimo di calma interiore. L'atteggiamento corretto quello di focalizzarsi sulla pi forte tra queste varianti. Ogni ripetizione mentale del Mantra Om mantenendo desta lattenzione essenziale; la consapevolezza segue pazientemente ciascun debole suono interiore come se fosse un "filo dArianna" per uscire fuori del labirinto della mente. Gradualmente si avvicina ad una dimensione sublime, quella della Realt Omkar che la vibrazione dell'Energia primordiale. Il chiarimento ricevuto dalla signora era caratterizzato da un tale sentimento di sacralit che rimase con me nei mesi seguenti e mi aiut a superare la fase iniziale della pratica nella quale sembra improbabile che i suoni interiori apparissero. Ripenso con nostalgia a quel tempo in cui vivevo confinato nella mia stanza come un eremita. Dopo tre settimane di pratica assidua, un giorno, dopo circa dieci minuti dallinizio, mi resi conto che stavo ascoltando un suono interiore. Non avvenne allimprovviso: era come se lo stessi gi ascoltando da alcuni minuti. Mi trovavo in uno stato di gran rilassamento, il suono mi ricordava il ronzio di una zanzara, poi finalmente si trasform nel suono di una distante campana, che era un abbraccio di dolcezza. Si tratt di una vera esperienza estatica e si manifest in un modo talmente strano che mi incant. Personalmente non ho mai avuto l'opportunit di ascoltare suoni come quelli di un flauto o di un'arpa, che sono spesso citati nella letteratura specializzata. Ascoltare l'Om signific toccare la bellezza stessa. Non riesco ad immaginare qualcosa di simile che possa far sentire una persona cos a proprio agioporre laccento sul "fare" insegna latteggiamento di "percepire". 33

Per la prima volta nella mia vita sentii che il concetto di "devozione" aveva un senso. Ricordo che quando mi nasceva quel senso di beatitudine, dicevo a me stesso Questo esattamente quello che ho sempre desiderato, e non voglio perderlo pi.9 Ricordo della mia cerimonia di iniziazione al Kriya Studiando il corso per corrispondenza, imparai diversi modi per creare delle abitudini salutari e il modo di comportarsi nella vita pratica senza disturbare la ricerca spirituale. Cercai in ogni modo di abbracciare la visione religiosa Induista-Cristiana della scuola. Fu facile per me ammirare e amare la figura di Krishna, immaginando Questi come la quintessenza di ogni bellezza; pi difficile fu avvicinarsi alla figura della Divina Madre, che non era la Madonna, ma un addolcimento dellidea della dea Kal. Tanto feci che mi allontanai di molto da me stesso. Lessi e rilessi solo gli scritti di P.Y.; talvolta trovavo un suo particolare pensiero cos bello e cos perfetto che lo scrivevo su un foglio di carta e lo tenevo davanti a me sulla scrivania, mentre studiavo. Mentre continuavo a ricevere da chiunque, anche senza chiederle, lezioni di devozione, umilt e lealt, il mio interesse per il Kriya divenne una vera e propria brama, una febbre che mi consumava. Non capivo il motivo per cui dovevo attendere tanto: la mia anticipazione, a volte, diveniva una inutile tortura. Il Kriya vero e proprio poteva, di norma, essere richiesto dopo un anno di studio delle lezioni per corrispondenza. Nel mio caso, per motivi contingenti il materiale scritto che la scuola inviava viaggiava per nave e i ritardi erano enormi tale periodo divenne di due anni. Coloro che gi possedevano il Kriya, mi prendevano in giro con malcelata crudelt e mi dicevano: Vedrai che a te il Kriya neanche lo daranno, perch un devoto non deve desiderare una tecnica con tanta intensit: Dio si trova anzitutto con la devozione e labbandono alla Sua volont. Cercavo di stare buono; attendevo e sognavo. Alla fine venne il momento in cui potei formalmente richiedere linsegnamento per corrispondenza del Kriya. Passarono quattro mesi, ogni giorno speravo di ricevere il tanto desiderato materiale, finalmente arriv una9

Molti affrontano il Kriya con un atteggiamento sbagliato, quasi per cercare risultati che gratificano l'ego. Credono e sperano che il Kriya sia un percorso di "crescita psicologica" ma non vi troveranno un sostituto della psicoterapia! La cosa migliore rilassarci ricreando tramite la memoria latmosfera delle esperienze pi belle incontrate nella nostra vita e sentire un forte desiderio di ritrovarle nella vibrazione Om. 34

busta. La apersi con unaspettativa che non riesco a descrivere: rimasi profondamente deluso perch conteneva soltanto altro materiale introduttivo. Dallindice del materiale, posto alla prima pagina, compresi che la lezione che tenevo in mano era la prima di una serie e che la tecnica completa sarebbe giunta entro circa quattro settimane. Cos, per un altro mese, avrei dovuto studiare le solite filastrocche che conoscevo a memoria. Avvenne invece che nel frattempo un Ministro di quella organizzazione visit il nostro paese e potei partecipare ad una cerimonia di iniziazione. Dopo mesi di attesa, finalmente giunse il tempo di stringere un patto eterno con il Guru e ricevere la tecnica Kriya nellunica maniera legittima, carica quindi delle Sue benedizioni. Quelli come me, pronti per essere iniziati, erano un centinaio. Ci trovammo in una bellissima stanza, affittata per l'occasione ad un costo molto elevato, decorata con tantissimi fiori - un simile insieme non ne avevo mai visto in vita mia neanche nei pi sontuosi matrimoni! Lintroduzione alla cerimonia avvenne in un modo sfarzoso: una trentina di persone indossando una sobria uniforme, entrarono in fila nella stanza, con atteggiamento solenne e mani giunte in preghiera. Mi venne spiegato che quelle persone facevano parte del gruppo locale il cui capogruppo era uno stilista il quale aveva preparato la coreografia di quella entrata trionfale. I due Ministri, appena arrivati dall'estero camminavano umilmente, disorientati, dietro di loro. La cerimonia vera e propria incominci. Accettai senza obiezioni che ci fosse richiesta una promessa di fedelt eterna non solo al Guru P.Y. ma anche ad una catena formata da altri cinque Maestri: Lahiri Mahasaya ne era un anello intermedio mentre P.Y. era il cos detto Guru-precettore, ovvero colui che si sarebbe parzialmente assunto il peso del nostro Karma. Sarebbe stato veramente strano se nessuno avesse avuto dubbi su questultimo evento: ricordo, infatti, che unamica mi chiese se P.Y. - non potendo confermarlo, essendo residente nei mondi astrali - l'avesse realmente accettata come "discepola" prendendosi, di conseguenza, anche il fardello del suo Karma. Ci assicurarono che il Cristo apparteneva a questa catena di Maestri e che un tempo era apparso a Babaji (Guru di Lahiri Mahasaya) chiedendogli di mandare qualche emissario nell'Ovest per diffondere l'insegnamento del Kriya. Questa storia non mi provoc alcuna perplessit: forse non avevo il tempo di pensarci. Ero ansioso di ascoltare la spiegazione della tecnica che sarebbe avvenuta di l a poco. Daltro canto, considerare che la missione di diffusione del Kriya, fosse originata dal Cristo stesso era unidea assai carina. La tecnica Kriya incarnava le pi effettive benedizioni di Dio alla Sua35

creatura privilegiata, l'essere umano, dotata, a differenza degli animali, di sette Chakra. La scala mistica dei Chakra fatta di sette gradini la vera autostrada verso la salvezza, la via pi veloce e pi sicura. La mia mente era in una condizione denorme attesa per quello che avevo desiderato con tutto il mio essere: per questo mi ero seriamente preparato da mesi. Non partecipavo ad una cerimonia per far contento qualcuno o p