libretto avvento 2016 - verso il natale

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ACLI Bergamo VERSO IL NATALE La veglia e l’attesa

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Page 1: Libretto Avvento 2016 - Verso il Natale

ACLI Bergamo

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VERSO IL NATALELa veglia e l’attesa

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AVVENTO2016

BERGAMO

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Vieni di notte,ma nel nostro cuore è sempre notte:

e dunque vieni sempre, Signore.Vieni in silenzio,

noi non sappiamo più cosa dirci:e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni in solitudine,ma ognuno di noi è sempre più solo:

e dunque vieni sempre, Signore.Vieni, figlio della pace,

noi ignoriamo cosa sia la pace:e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni a consolarci,noi siamo sempre più tristi:

e dunque vieni sempre, Signore.Vieni a cercarci,

noi siamo sempre più perduti:e dunque vieni sempre, Signore.

Vieni tu che ci ami:nessuno è in comunione col fratello

se prima non è con te, Signore.Noi siamo tutti lontani, smarriti,

né sappiamo chi siamo, cosa vogliamo.Vieni, Signore.

Vieni sempre, Signore.

Padre David Maria TuroldoIn copertina: Henri Matisse, La vierge et l’enfant, Vence, Chapelle du Rosaire, 1950

ACLI BergamoVia San Bernardino, 59 - Bergamo

Tel. 035 [email protected]

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Questo testo è nato dalla volontà di accompagnare i cristiani durante il periodo dell’Avvento. Non vuole sostituire percorsi personali o comunitari di ascolto e di confronto con la Parola: vuole solo essere l’oc-casione e l’invito - in modo particolare rivolto ai la-voratori - a ritagliare, nel cammino verso il Natale, un tempo di riflessione e di preghiera. L’articolazione del volume è semplice. Ogni giorno sono presentati il santo e due brevi passi biblici tratti dalla liturgia eucaristica. Inoltre, è suggerita la lettura di un bra-no che può aiutare la meditazione ed è proposta una preghiera per la tavola da fare, prima del pasto, con tutta la famiglia. Nei giorni di domenica vengono of-ferti dei brevi testi per un itinerario spirituale curati da don Alessandro Sesana, collaboratore pastorale a Blello, Berbenno e Selino San Giacomo e residente alla Cascina dell’Agro con don Roberto Pennati. Ma-ria Cristina Rodeschini, della GAMeC, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, ha curato la scelta e il commento artistico delle opere. Piero Ste-fani, teologo, firma l’introduzione al testo, Luciano Manicardi, biblista di Bose, il commento alle letture della notte di Natale. Al termine del libro troverete un profilo di Charles de Foucauld - di cui in questi giorni ricorre il centenario della morte - scritto appositamen-te per noi da suor Maria Chiara Ferrari, responsabile internazionale delle Piccole Sorelle di Gesù.

A tutti loro, vanno i nostri più sinceri ringraziamenti.

Hanno lavorato attorno a questo libro Maria Teresa Cavalli, Maria Spiezia e Carlotta Testoni.

In memoria di don Giancarlo Bresciani.

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AVVENTO. Per cogliere i germi di ricominciamento.

di Daniele RocchettiPresidente delle Acli di Bergamo

«Verbum caro hic factum est». Cosi si legge nel-la casa-grotta di Nazareth dove l’archeologia e la memoria cristiana pongono l’avvenimento dell’annunciazione a Maria. «Hic de Virgine Ma-ria Jesus Christus natus est» si legge invece nella casa grotta custodita nella Basilica della Natività di Betlemme. Da ultimo, a Ein Karem, sulla chiesa di San Giovanni Battista si trova scritto: «Hic pre-cursor Domini natus est». Un avverbio di luogo – qui – ribadisce con for-za che la vicenda cristiana è sempre situata in un luogo e in una storia concreta. In questo sta la dif-ferenza cristiana. Che ci fa abitare il mondo, il no-stro mondo, con speranza. Il tempo che viviamo, la terra che abitiamo, non sono solo lo sfondo in cui avviene la vita del credente; noi non viviamo in una realtà o in una società a parte. La nostra vicenda ci vede collocati dentro la città di tutti dove Dio è presente. Per questo, è bandito ogni risentimento, ogni sguardo malevolo sul tempo presente e sugli uomini che lo abitano.Ne siamo convinti: ogni tempo ha le sue ric-chezze e le sue pene, i suoi segni di speranza e

i suoi abissi. Tutti i tempi sono tempi di crisi, di passaggio, di cambiamento; nessuna età della storia umana è stata un’età di progresso inarre-stabile, di stabilità, saggezza, benessere. Dunque il tempo che ci è dato da vivere non è migliore o peggiore di altri tempi. Ci è chiesto di viverlo con passione, tentando di intravedere in esso i pertugi dentro cui, spesso in modo inedito e sor-prendente, Dio si fa trovare. Dopo l’incarnazione la grande basilica dove i cri-stiani scovano le tracce del Dio di Gesù è il mon-do. La storia è il luogo teologico dove Dio si fa trovare. Per fare questo, occorre cercare di vivere la “sim-patia” piuttosto che l’antipatia verso il mondo, sforzarsi di vivere la “compagnia” con le donne e gli uomini del nostro tempo e, piuttosto di barri-carsi e difendersi da un nemico, avvertire che “la cultura attuale non è deprecabile; è invece il kai-ros, il momento opportuno per raggiungere ciò che ci sta più a cuore” (S. Fausti).Sarebbe cosa buona dunque assumere un altro sguardo sul tempo presente. Un’immagine che mi piace molto – natalizia! – è quello del parto. Si sono rotte le acque. Oggi, ci troviamo di fronte ad un mondo che muore e a un altro che nasce. Una gran-de mutazione socioculturale che tocca tutti i settori

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e riguarda, beninteso, anche il cristianesimo. Come dice il gesuita André Fossion: «C’è un cristianesimo che muore, ma anche, possiamo sperarlo, un cristia-nesimo che nasce». Come a dire che i disequilibri attuali non stanno producendo la fine del mondo, ma la fine di un certo mondo e l’inizio di un mondo nuovo. Il Vangelo non è messo in scacco, è messa in scacco la modalità con la quale noi cristiani lo abbiamo fino ad ora vissuto e comunicato. Ciò che stiamo vivendo non è la fine della fede, ma di una certa fede. Non è la fine del cristianesimo, ma di un certo cristianesimo. Non è la fine del mondo, ma di un certo mondo. Ma già possiamo vedere i germi del ricominciamento.

Dalla grotta di Betlemme dove il nostro Dio prende corpo e volto nella vicenda di un cucciolo d’uomo, viene la consolazione che lo Spirito del Signore non si è fatto sfuggire di mano la storia e che questa va verso il suo compimento e non verso il suo sfacelo, l’impegno a sentirci solidali con tutte le donne e gli uomini di buona volontà, a guardare e denuncia-re con occhio critico tutto ciò che disumanizza la storia umana ma, insieme, il compito di avere oc-chi nuovi per riconoscere dentro di essa i segni, mai scomparsi, di un Dio che prende casa dentro le no-stre case, volto accanto i nostri volti. Auguri!

C’è un tempo per ascoltare il battito del cuore,

ed è questo.C’è un tempo per dare

credito ai sogni, ed è questo.

C’ è un tempo per scrutare le profondità del cielo,

ed è questo.C’è un tempo per lasciarci cullare

dalla dolcezza del silenzio, ed è questo.

C’è un tempo per percepire il grido di chi non ha voce,

ed è questo.C’è un tempo per contemplare

un bambino, ed è questo.

C’è un tempo per sentire il respiro della terra,

ed è questo.

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L’Avvento è anticipazionedi Piero Stefani

Al di fuori del contesto liturgico «avvento» è parola poco frequente. Comunque, quando la si impie-ga, indica una realtà già presente: «con l’avvento dell’automobile l’isolamento dei piccoli paesi è cessato», «con l’avvento di internet si è rivoluzio-nata la comunicazione» e così via. Lo specifico del-la fede sta invece nell’associare questo termine a un’attesa: quale?

Nel senso più comune si tratta della festa di Na-tale. L’Avvento è il periodo liturgico che prepara appunto quella festa. Nella prassi è, il più delle vol-te, una realtà legata all’età infanzia. Tutti gli adul-ti ricordano i tempi passati in cui si aspettava che giungesse il regalo tanto desiderato. A partire dai primi di autunno, nella consuetudine dei genitori vige tuttora la tattica di rimandare al 25 dicembre la soddisfazione di desideri espressi da parte dei loro figli piccoli.

Una consuetudine propria dei paesi di lingua tede-sca, ormai presente anche dalle nostre parti, sono i calendari dell’Avvento: ogni giorno si apre una

finestrella in attesa di giungere a quella grande e doppia della vigilia di Natale. Se ci si riflettesse, da questa usanza si ricaverebbe un insegnamento da non sottovalutare: conosciamo la méta (tutti sanno che l’ultima finestra rappresenterà una Natività), ma ignoriamo cosa esattamente ci riserva la strada (non sappiamo quale disegno troveremo nella finestrella del giorno dopo: un cavallino a dondolo? Una pal-lina di vetro? Un bastone di zucchero?).

Anche la liturgia nel corso di quattro settimane pre-para i fedeli alla solennità di Natale. Quanto le è proprio è di far rivivere un’attesa antica insegnan-do di nuovo ad attendere. La sintesi di questi due atteggiamenti si chiama speranza. È una virtù che la tradizione cristiana definisce teologale. Proprio perché l’Atteso è già giunto si è chiamati a sperare. Anche i credenti, come i bimbi, conoscono la meta mentre restano all’oscuro delle sorprese, belle, ma non di rado anche dolorose, nascoste dietro le fine-strelle del nostro immediato futuro. Nessuno sa che cosa domani gli riserverà la vita; un motto che vale sia per individui sia per le collettività. Nell’assun-zione di questa consapevolezza la speranza differi-sce radicalmente dall’ottimismo.

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L’analogia tra lo spirito dell’Avvento e il calendario che lo ricorda è molto parziale. Anzi in un punto qualificante essa è del tutto assente. Sappiamo cosa c’è dietro la grande finestra del 24 dicembre perché quel giorno è ritornato già molte volte. Non a caso con l’Avvento inizia il ciclo liturgico, espressione che sa di ripetizione: ogni anno si ricomincia. La meta del definitivo domani a cui guarda il creden-te è invece posta tutta sotto l’insegna della novità di Dio: «ora, ciò che si spera, se è visto non è più oggetto di speranza» (Rm 8,24). Per la fede, l’ ultimo approdo è certo e stabile (non a caso proprio que-sti significati sono presenti nell’etimo della parola «amen»), ma non è ancora rappresentabile con pre-cisione.

Nella lettera ai Romani (13,11-14) (seconda lettura della prima domenica di Avvento) Paolo prospetta uno stile di vita legato all’anticipazione. La notte è avanzata e il giorno si avvicina. Cosa debbono fare i credenti? Non già vivere secondo le abitudi-ni dei nottambuli (orge, ubriachezze, lussurie); al contrario, quando si è ancora nella notte, occorre adottare i comportamenti che saranno propri del giorno. La notte si è abbreviata, essa però non è

ancora finita. Secondo l’evangelo vivere all’insegna dell’anticipazione di quanto dovrà avvenire com-porta un’esistenza collocata nell’orizzonte del re-gno di Dio. Il suo sigillo si trova nelle Beatitudini (Mt 5,3-12). La speranza ci dice che nella finestrella, anche dura, del nostro oggi e del nostro immedia-to domani albeggia già la luce di una Presenza. Il dramma reale è la constatazione che solo raramen-te la luce anticipatrice brilla nella notte in cui vi-vono i credenti. Per lo più il loro stile di vita non differisce un granché da quello degli altri, con l’ag-gravante (di non poco conto) dell’incoerenza. Tra le tante voci possibili che lo hanno affermato, diamo la parola a Tolstoj. Egli dovette prendere atto che il modo di vita di una certa categoria di credenti è come quella di tutti gli altri «con l’unica differen-za che essa non trovava corrispondenza proprio in quei principi che essi esponevano nella loro dottri-na». (Confessioni, cap. X)

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DOMENICA D’AVVENTO27 novembre 2016Is 2,1-5; Salmo 121; Rm 13,11-14a; Mt 24,37-44

IL SANTO DEL GIORNO

San Virgilio di Salisburgo, vescovo (700 - 784)Virgilio (Vergilius) è la trasposizione latina di Fergal, il suo nome in celtico, essendo lui di origine irlandese. Abate di un importante monastero in patria, duran-te un viaggio di studio in Francia, Pipino il Breve lo chiama come vescovo a Salisburgo, con il compito di evangelizzare e pacificare il ducato di Baviera da poco conquistato. Ebbe diversi motivi di attrito con San Bonifacio, legato del Papa in Germania, tra cui divergenze di visioni in campo scientifico e dottrina-le. Redarguito da papa Zaccaria, Virgilio abbandonò le dispute teologiche dedicandosi all’organizzazione della sua diocesi, all’educazione religiosa del popolo e all’assistenza ai poveri. Nel 774 consacrò la prima cattedrale di Salisburgo. Oltre a ciò, curò la fondazio-ne di numerose abbazie tra cui quella di San Candido estendendo la sua attività missionaria anche alla Stiria e alla Pannonia. Morì nel 784 ma venne canonizzato solo nel 1233.

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LETTURE

Verranno molti popoli e diranno: “Venite, saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe, per-ché ci insegni le sue vie e possiamo camminare per i suoi sentieri”. Poiché da Sion uscirà la legge e da Gerusalem-me la parola del Signore. Egli sarà giudice fra le genti e arbitro fra molti popoli. Spezzeranno le loro spade e ne faranno aratri, delle loro lance faranno falci; una nazio-ne non alzerà più la spada contro un’altra nazione, non impareranno più l’arte della guerra. Casa di Giacobbe, venite, camminiamo nella luce del Signore”. Isaia 2, 3-5 Gesù disse ai suoi discepoli: “Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangia-vano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell’uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineran-no alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell’o-ra che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo.”

Matteo 24,37-44

VEGLIATE DUNQUE

Quando si entra nel mondo delle “cose ultime”, quel-le raccontate dal vangelo di questa prima domenica di avvento, si rischia di rimanere come sospesi sul filo dell’equilibrista con il rischio di cadere dentro quello spazio dove tutto appare minaccia e paura, oppure di essere così bravi da percorrere tutto il filo, rimanen-do in equilibrio perfetto tra paura e speranza. Inoltre, da come ciascuno di noi interpreta queste realtà ul-time, Dio assume il carattere della minaccia o della promessa. Come al tempo di Noè, come al tempo di Gesù, come ai nostri giorni e come fino alla fine dei giorni noi abbiamo le nostre occupazioni quotidiane: il lavoro, il cibo, le relazioni. Dentro queste occupa-zioni che a volte diventano preoccupazioni giochia-mo i nostri percorsi di speranza o di paura. Partendo da questa parola voglio tentare di delineare una bre-vissima riflessione affinché possiamo trovare la giu-sta sapienza per imparare a rimanere in equilibrio come un perfetto equilibrista sul filo su cui cammina la nostra vita, continuamente minacciata e impaurita dagli eventi e insieme sempre carica di speranza e di fiducia grazie al rinnovarsi di parole e gesti buoni. In-trepreto quella parola Vegliate dunque, come il filo su cui siamo chiamati a camminare ogni giorno. Questa parola è la chiave di lettura di oggi e su questa parola ragioniamo un po’.

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Gesù attraverso la qualità del vigilare ci chiede oggi di tenere vivo il sogno della nostra vita. Rimanendo sve-glio posso pensare progettualità audaci per me stesso e per il mondo. Attenzione, non sogni grandiosi, ma coraggiosi. Pensate con quanta forza Gesù ha creduto nel sogno del regno di Dio suo Padre! Pensate con quanta forza Gesù ha creduto nella fraternità e nella capacità di prendersi cura del povero e del sofferente. Pensate con quanta forza nelle storia uomini e donne hanno costruito un futuro bello e giusto. La qualità che permette di essere coraggiosi è veglia, è l’atten-zione alla vita, all’uomo. Gesù ha voluto credere nella bellezza della vita. Rimanendo sveglio Gesù si è ac-corto anche di un’altra cosa: ha visto uomini e donne che non volevano sentire parlare di bellezza, di cura, di attenzione alla vita. Rimanendo sveglio ha dovu-to sentire più volte quella frase “chi è mio fratello?”. Gesù ha visto la vita feriale, fatta di atti normali, di scelte quotidiane, con persone a volte più capaci di prendere che di accogliere. Questo perchè la qualità del vegliare non produce solo uno sguardo bello sul mondo, ma offre lo sguardo vero, non di un bana-le ottimismo. Anche noi vegliando sulla nostra vita e sull’umanità, mettiamo in atto la stessa operazione di discernimento della mente e del cuore. Il vegliare è questa operazione di verità sulla nostra vita e sul mon-do. Che fare allora? Ricordando sempre che siamo sul nostro filo dell’ equilibrista possiamo muoverci così:

rassegnarci sognando il tempo in cui esisteva la spe-ranza; ribellarci per disfare e ricostruire; addormen-tarci dimenticando che possiamo ancora sognare e, per finire, vivere indifferentemente tra bene e male, lasciandoci guidare da sensazioni e gettandoci in un grande equivoco che è il gioco caotico dell’ irrespon-sabilità che porta a dire che non ho mai visto niente, non ho mai sentito niente. Anche questa è un opera-zione di discernimento che ha come esito semplice-mente la vittoria della minaccia e della paura. La prima domenica di Avvento diventa un invito a trovare il grande coraggio di percorrere altri sentie-ri. Gesù reputa pronti per le cose ultime, per questo viaggio sul filo dell’equilibrista, coloro che non hanno disimparato l’arte di guardare alla sofferenza, che non hanno mai abbandonato la speranza, che coltivano la veglia della fiducia. Sono queste le persone dei tempi nuovi, sono questi uomini e donne che desiderano la venuta di Gesù salvatore e cercano la salvezza come motivo di speranza. La prima domenica di Avvento è un invito deciso e coraggioso ad uscire dai deserti interiori, a scrollarci di dosso le paure, per cercare una vita fiduciosa. Questa è la nostra chiamata di sempre che si rinnova ogni anno con il Natale, perché l’uomo e la donna hanno sempre bisogno di sentire come in un rito che si ripete sempre uguale e sempre diverso la possibilità di vincere le proprie paure.

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L’arte di Chagall, pittore nato in una modesta famiglia ebraica e formatosi artisticamente a San Pietroburgo, si è sviluppata nell’ambito della cultura russo-giu-daica che gli ha assicurato infiniti motivi d’ispirazio-ne. Dai primi anni dieci del Novecento, nel periodo ruggente delle avanguardie, prima a Parigi e poi in Russia frequenta il mondo intellettuale, declinando il Cubismo in una personale chiave fantastica. La Rivo-luzione russa del 1917 lo vede convinto sostenitore, tanto da assumere nel suo campo d’azione ruoli di re-sponsabilità, fondando un’accademia d’arte nella sua città d’origine. Dopo il disincanto sulla rivoluzione, va a Berlino. Rifugiatosi negli Stati Uniti per sfuggire alla persecuzione nazista, dopo la guerra si stabilisce definitivamente in Provenza. All’inizio degli anni ses-santa Chagall realizza questo dipinto sintesi dei temi prediletti: la famiglia, la mitica vita del villaggio, i so-gni della giovinezza, i riti e la tradizione ebraica. La ricchezza cromatica che contraddistingue la sua pit-tura trova nel quadro con l’uso del bianco, del giallo, del verde e del blu un equilibrio incantato: le forme bianche e fantasmatiche della donna con il bambino e del cavallo, che alludono la prima al tema della fami-glia e il secondo al viaggio e alla purezza, occupano nella narrazione un posto centrale. Un saltimbanco,

anch’esso in abito bianco con il volto verde, è sdraiato a terra e tiene tra le dita un colorato mazzo di fiori in corrispondenza del ventre. La madre che regge la sua creatura e il cavallo prendono luce dalla menorah, il candelabro a sette bracci della religione ebraica, sim-bolo dei giorni della creazione che rimane acceso pe-rennemente nel tempio di Gerusalemme. Tutto concorre a definire un omaggio alla dimensione creatrice. Lo sfondo, tenuto su poetiche tonalità del blu, è abitato da motivi che compongono una lirica trasfigurazione della memoria. La scena notturna, ca-rica di segni - lune, musicanti, case – registra un’atmo-sfera spirituale che aleggia e pervade ogni cosa. E’ un mondo intimistico e sentimentale quello di Chagall che dà precisa riconoscibilità al suo mondo creativo. L’opera appartenne a lungo all’artista che l’aveva mol-to cara.

ICONA DELLA SETTIMANA

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Dio di infinita bontà, benedici noi e il cibo che mangeremo e fa’ che raccolti con gioia a questa tavola di famiglia, alimentiamo sempre più la cari-tà fraterna. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Benedizione della mensa

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Lunedì 28 Novembre 2016Is 4,2-6; Salmo 121; Mt 8,5-11

IL SANTO DEL GIORNO

San Giacomo della Marca, religioso e sacerdoteNato a Monteprandone (Ascoli Piceno) nel 1393, fu discepolo di San Bernardino da Siena, dal quale ri-cevette a ventidue anni il saio francescano. Come il maestro, anch’egli si diede alla predicazione, in Italia, in Polonia, in Boemia, in Bosnia e in Ungheria dove si recò per ordine del Papa. Oratore ardente, si scagliò soprattutto contro i vizi dell’avarizia e dell’usura. Pro-prio per combattere quest’ultima, San Giacomo ideò i Monti di Pietà, dove i poveri potevano impegnare le proprie cose ad un interesse minimo invece che all’e-soso tasso preteso dai privati usurai. Morì a Napoli nel 1476.

Entrato in Cafàrnao, gli venne incontro un centurio-ne che lo scongiurava e diceva: “Signore, il mio ser-vo è in casa, a letto, paralizzato e soffre terribilmen-te”.Gli disse: “Verrò e lo guarirò”. Ma il centurione rispose: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, ma di’ soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Pur essendo anch’io un subalter-no, ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa”. Ascoltandolo, Gesù si meravigliò e disse a quelli che lo seguivano: “In verità io vi dico, in Israele non ho trovato nessu-no con una fede così grande!“. Matteo 8, 5-10

“Dov’è la casa di Dio?” domandò un rabbino a degli uomini istruiti. Essi lo canzonarono: “Che domanda stupida! La terra intera è piena della sua gloria e tu domandi dove sia la sua casa?”. Il rabbino rifletté e ri-spose da sé alla domanda: “Dio abita là dove l’essere umano lo lascia entrare”. Racconto chassidico

LETTURE

Chiedete pace per Gerusalemme: vivano sicuri quelli che ti amano; sia pace nelle tue mura, sicurezza nei tuoi palazzi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su te sia pace!”. Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene.

Dal Salmo 121

Signore del mondo e di tutto quello che hai crea-to, ti ringraziamo per il pane di questo giorno e per fratelli che ci metti accanto. Insegnaci a nu-trirci di ogni parola che esce dalla tua bocca e aiu-taci a crescere nella stima reciproca e nella lode a Te, Dio, che regni nei secoli eterni. Amen.

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Benedizione della mensa

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Martedì 29 Novembre 2016Is 11,1-10; Salmo 71; Lc 10,21-24

IL SANTO DEL GIORNO

San Saturnino di Tolosa, vescovo e martireProvenendo dall’Oriente, Saturnino avrebbe raggiun-to Tolosa nel 250. Nominato vescovo fu il primo a scegliere di risiedere a Tolosa e si occupò di diffon-dere il Vangelo, visto che all’epoca in Gallia vi erano poche comunità di cristiani e quelle poche erano mal organizzate. Morì per colpa dei pagani della città, che lo ritenevano il capo di una pericolosa setta. Satur-nino, vescovo di Tolosa, è uno dei santi più popolari in Francia e in Spagna, dov’è considerato protettore delle corride.

LETTURE

O Dio, affida al re il tuo diritto, al figlio di re la tua giusti-zia; egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia e i tuoi poveri secondo il diritto. Le montagne portino pace al popolo e le colline giustizia. Il suo nome duri in eterno, davanti al sole germogli il suo nome. In lui siano benedet-te tutte le stirpi della terra e tutte le genti lo dicano bea-to. Benedetto il Signore, Dio d’Israele: egli solo compie meraviglie. Dal Salmo 71

In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spi-rito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua bene-volenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo”. Luca 10,21-22

Ogni giorno c’è una specie di miracolo. Non passa gior-no senza che ci arrivi una delicata attenzione di Dio, un segno della sua sollecitudine. Il miracolo più grande è che Dio si serve di piccole cose come noi. Ci usa per fare il suo lavoro … Lascia che Dio ti usi, senza consultarti!

Madre Teresa di Calcutta

Signore Gesù, che nutri ogni vivente, conferma-ci nel tuo amore. Tu, che ci hai riunito intorno a questa mensa, rendici concretamente generosi verso i nostri fratelli, perché dividendo con loro i beni della terra, partecipiamo insieme al banchet-to del cielo. Amen.

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Benedizione della mensa

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Mercoledì 30 Novembre 2016Rm 10,9-18; Salmo 18; Mt 4,18-22

IL SANTO DEL GIORNO

Sant’Andrea ApostoloAll’apostolo Andrea spetta il titolo di “Primo chiama-to” ed è commovente che, nel Vangelo, sia perfino annotata l’ora (“le quattro del pomeriggio”) del suo primo incontro con Gesù. Fu poi Andrea a comunica-re al fratello Pietro la scoperta del Messia e a condurlo in fretta da lui. La sua presenza è sottolineata in modo particolare nell’episodio della moltiplicazione dei pani. Su di lui non si ebbero più notizie certe, anche se, nei secoli successivi, vennero divulgati degli Atti che lo riguardano ma che hanno scarsa attendibilità. Secondo antichi scrittori, l’apostolo Andrea avrebbe evangelizzato l’Asia Minore e le regioni lungo il mar Nero, giungendo fino al Volga. È perciò onorato come patrono in Romania, Ucraina e Russia.

LETTURE

Perché se con la tua bocca proclamerai: “Gesù è il Signore!”, e con il tuo cuore crederai che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza. Dice infatti la Scrittura: Chiunque crede in lui non sarà deluso. Poiché non c’è distinzione fra Giudeo e Greco, dato che lui stesso è il Signore di tutti, ricco verso tutti quelli

che lo invocano. Infatti: Chiunque invocherà il nome del Signore sarà salvato. Romani 10,9-13 Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratel-lo, che gettavano le reti in mare; erano infatti pesca-tori. E disse loro: “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”.Ed essi subito lasciarono le reti e lo segui-rono. Andando oltre, vide altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo loro padre, riparavano le loro reti, e li chiamò. Ed essi subito lasciarono la bar-ca e il loro padre e lo seguirono. Matteo 4,18-22

Mi chiamano straniero, Signore. Ma prima che stra-niero, non sono forse uomo? E poi, chi non è straniero in questa terra in cui siamo tutti ospiti? Ma Signore, non avevi detto che nello straniero eri presente tu e che rifiutare lo straniero era come cacciare via te stes-so? Continuano a chiamarsi cristiani, ma tu non sei tra loro. Sei tra noi, gli ultimi, gli avanzi del pranzo del mondo. Preghiera dell’immigrato

Signore che sei nel creato, ti ringrazio di essere nel fiore che guardo, nel cielo stellato, nel pane che mi ciba; nelle parole buone che ascolto; nel sole che mi scalda: nelle fontane a cui mi disseto nell’allegro cantar degli uccelli. Grazie per questo cibo e per tutte le cose belle che Tu ci dai. Amen.

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Benedizione della mensa

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Giovedì 1 Dicembre 2016Is 26,1-6; Salmo 117; Mt 7,21.24-27

IL SANTO DEL GIORNO

Sant’Eligio, vescovo (590 ca.-660)Gli si presenta il diavolo vestito da donna e lui, Eligio rapido lo agguanta per il naso con le tenaglie. Questa colorita leggenda è raffigurata in due cattedrali france-si (Angers e Le Mans) e nel Duomo di Milano. L’Eligio storico, nato attorno al 590, figlio di gente modesta, riceve tuttavia un’istruzione e viene assunto come apprendista dall’orefice lionese Abbone, dirigente della zecca reale. Con re Dagoberto I (623-639) Eligio viene nominato ambasciatore per missioni di fiducia del sovrano. Da ambasciatore Eligio svolse anche no-bili azioni non riguardanti i suoi compiti, ad esempio, riscattare a sue spese i prigionieri di guerra e fondare monasteri maschili e femminili. Morto il re, sceglie la vita religiosa, e il 13 maggio 641 viene consacrato vescovo di Noyon-Tournai.

LETTURE

In quel giorno si canterà questo canto nella terra di Giuda: “Abbiamo una città forte; mura e bastioni egli ha posto a salvezza. Aprite le porte: entri una nazione

giusta, che si mantiene fedele. La sua volontà è salda; tu le assicurerai la pace, pace perché in te confida. Confidate nel Signore sempre, perché il Signore è una roccia eterna, perché egli ha abbattuto coloro che abitavano in alto, ha rovesciato la città eccelsa, l’ha rovesciata fino a terra, l’ha rasa al suolo. I piedi la cal-pestano: sono i piedi degli oppressi, i passi dei poveri”.

Isaia 26,1-6 Gesù disse ai suoi discepoli: “Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cie-li, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie paro-le e le mette in pratica, sarà simile a un uomo sag-gio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà si-mile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”.

Matteo 7,21.24-27

A volte siamo avvinghiati nella paura del nuovo che viene quando c’è una nascita. Questo può destabi-lizzare la nostra normalità, scuotere le nostre difese perché la nascita è un evento sempre atteso ma nel

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Sii con noi, Signore Dio, durante questo pasto che consumiamo rendendoti grazie. Mantieni-ci vigilanti sulla povertà, sobri nell’uso delle tue creature, gioiosi in questo incontrarci a tavola. Tu sei il Cristo, l’unico nostro Signore. Amen.

contempo anche inaspettato e sorprendente. Tutto si può fare, ma non razionalizzare la speranza e l’atte-sa del futuro. Questo avvento consegna a tutti noi il dono di uno sguardo e di un cuore pieno di futuro.

Don Virginio Colmegna

Venerdì 2 Dicembre 2016Is 29,17-24; Salmo 26; Mt 9,27-31

IL SANTO DEL GIORNO

Santa Bibiana (Viviana) martireSul martirio di Santa Bibiana, avvenuto nel IV secolo, non si hanno notizie sicure. Secondo una seguitissi-ma tradizione, la donna fu vittima della persecuzione dell’imperatore Giuliano l’Apostata, che condannò a morte la famiglia cristiana di Bibiana per destinarne i beni del governatore Apronio. Bibiana restò salda nella fede nonostante le promesse di libertà e venne infine flagellata a morte. Nel V secolo Papa Simplicio le dedicò la chiesa sull’Esquilino che sorgerebbe sulla sua tomba.

LETTURE

Il Signore è mia luce e mia salvezza: di chi avrò timore? Il Signore è difesa della mia vita: di chi avrò paura? Una cosa ho chiesto al Signore, questa sola io cerco: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della mia vita, per con-templare la bellezza del Signore e ammirare il suo san-tuario. Nella sua dimora mi offre riparo nel giorno della sventura. Mi nasconde nel segreto della sua tenda, sopra una roccia mi innalza. Dal Salmo 26

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Benedizione della mensa

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Mentre Gesù si allontanava di là, due ciechi lo segui-rono gridando: “Figlio di Davide, abbi pietà di noi!”. Entrato in casa, i ciechi gli si avvicinarono e Gesù disse loro: “Credete che io possa fare questo?”. Gli risposero: “Sì, o Signore!”. Allora toccò loro gli oc-chi e disse: “Avvenga per voi secondo la vostra fede”. E si aprirono loro gli occhi. Quindi Gesù li ammonì dicendo: “Badate che nessuno lo sappia!”. Ma essi, appena usciti, ne diffusero la notizia in tutta quella regione. Matteo 9,27-31

La vita di ognuno è un’attesa.Il presente non basta a nessuno. In un primo momento, pare che ci manchi qualcosa. Più tardi ci si accorge che manca Qualcuno. E lo attendiamo. Don Primo Mazzolari

Ti ringraziamo, o Dio, Padre Nostro, per il cibo che ci fai gustare a questa mensa; fa che condivi-diamo fraternamente i tuoi doni e i tuoi benefici. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Sabato 3 Dicembre 2016Is 30,19-21.23-26; Salmo 146; Mt 9,35 - 10,1.6-8

IL SANTO DEL GIORNO

San Francesco Saverio, sacerdote (1506-1552)Francesco Saverio nacque nel 1506 da una famiglia basca di nobili origini. Studiò a Parigi e insegnò per breve tempo filosofia ma ben presto emerse in lui il desiderio di una vita missionaria accanto a Ignazio di Loyola. Nel 1542 giunse a Goa, capitale delle Indie, proseguendo poi sempre più verso Oriente e raggiun-gendo infine il Giappone. Morì a soli quarantasei anni da missionario ed apostolo del Vangelo.

LETTURE

Popolo di Sion, che abiti a Gerusalemme, tu non do-vrai più piangere. A un tuo grido di supplica ti farà grazia; appena udrà, ti darà risposta. Anche se il Si-gnore ti darà il pane dell’afflizione e l’acqua della tri-bolazione, non si terrà più nascosto il tuo maestro; i tuoi occhi vedranno il tuo maestro, i tuoi orecchi sen-tiranno questa parola dietro di te: “Questa è la strada, percorretela”, caso mai andiate a destra o a sinistra.

Isaia 30,19-21

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Benedizione della mensa

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Benedetto sei tu, Signore Dio, che ci doni il pane per nutrirci. Benedici noi, perché sappiamo con-dividerlo con i più poveri. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen.

Benedizione della mensa

Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guari-re ogni malattia e ogni infermità. Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.

Matteo 10,1.7-8

E’ possibile viaggiare da soli, ma un buon camminato-re sa che il grande viaggio è quello della vita ed esso esige dei compagni. Beato chi si sente eternamente in viaggio e in ogni prossimo vede un compagno deside-rato. Camminare è andare verso qualcosa; è prevede-re l’arrivo, lo sbarco.

Dom Helder Camara

Henri Matisse, L’albero della vita, 1949-1951. Cap pella di Santa Maria del Rosario, Vence

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DOMENICA D’AVVENTODomenica 4 Dicembre 2016Is 11,1-10; Salmo 71; Rm 15,4-9; Mt 3,1-12

IL SANTO DEL GIORNO

Santa Barbara, martire (III sec.)Il culto diffuso per questa santa romana ha generato nume-rose leggende. Secondo la più diffusa, Barbara nacque a Nicomedia, in Anatolia, nel 273. Si distinse per l’impegno nello studio e per la riservatezza, qualità che le giovarono la qualifica di “barbara”, cioè straniera, non romana. La conversione alla fede cristiana di Barbara provocò l’ira del padre Dioscoro, collaboratore dell’imperatore Massimiano Erculeo. Dopo aver distrutto gli dei nella villa del padre, la ragazza fu costretta a rifugiarsi in un bosco. Trovata, fu consegnata al prefetto Marciano. Durante il processo che iniziò il 2 dicembre 290, Barbara difese il proprio credo ed esortò Dioscoro, il prefetto ed i presenti a ripudiare la reli-gione pagana per abbracciare la fede cristiana. Questo le costò dolorose torture. Il 4 dicembre, infine, fu decapitata con la spada dallo stesso Dioscoro, che fu colpito però da un fulmine. La tradizione invoca Barbara contro i fulmini, il fuoco e la morte improvvisa. I suoi resti si trovano nella Cattedrale di Rieti.

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LETTURE

Un germoglio spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici. Su di lui si poserà lo spirito del Signore, spirito di sapienza e d’intelligenza, spirito di consiglio e di fortezza, spirito di conoscenza e di timore del Signore. Si compiacerà del timore del Signore. Non giudicherà secondo le apparenze e non prenderà deci-sioni per sentito dire; ma giudicherà con giustizia i miseri e prenderà decisioni eque per gli umili della terra.

Isaia 11,1-4

In quei giorni venne Giovanni il Battista e predica-va nel deserto della Giudea dicendo: “Convertitevi, perché il regno dei cieli è vicino!”. Egli infatti è colui del quale aveva parlato il profeta Isaia quando disse: Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri! E lui, Giovan-ni, portava un vestito di peli di cammello e una cintu-ra di pelle attorno ai fianchi; il suo cibo erano caval-lette e miele selvatico. Allora Gerusalemme, tutta la Giudea e tutta la zona lungo il Giordano accorrevano a lui e si facevano battezzare da lui nel fiume Giorda-no, confessando i loro peccati. Vedendo molti farisei e sadducei venire al suo battesimo, disse loro: “Razza di vipere! Chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque un frutto degno del-la conversione, e non crediate di poter dire dentro di voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi

SUL CRINALE

In questa seconda domenica del tempo di Avvento il personaggio chiave è Giovanni Battista. Possiamo definirlo l’uomo al confine tra due epoche: il Primo Testamento e il Nuovo Testamento. Oppure si può parlare di uomo che segna una svolta: profondamente ancorato alla pratica più pura della legge di Mosè, ma contemporaneamente proiettato verso il mondo della grazia di Gesù, di cui ne vede l’inizio. È un uomo co-raggioso, un profeta come i più grandi profeti e quin-di con tutta la carica di forza e di coraggio di quegli uomini di Dio. È un uomo che cammina sul crinale di una montagna e che vede, da una parte, tutta la

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dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Già la scure è posta alla radice degli albe-ri; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. Io vi battezzo nell’acqua per la conversione; ma colui che viene dopo di me è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala e pulirà la sua aia e raccoglierà il suo frumento nel granaio, ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile”.

Matteo 3,1-12

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storia della salvezza di un popolo carica del desiderio dell’attesa e del compimento della venuta del Messia e che noi chiamiamo Primo Testamento. Ma sull’altro versante della montagna si pone una domanda: sarà veramente lui o dobbiamo aspettarne un altro? Sente anche la risposta: dite a Giovanni che... Giovanni non è un uomo di mediazione ma di trapas-so, di passaggio, di “un andare oltre” verso il regno di Dio. Giovanni Battista si è abituato a guardare il cielo sempre secondo questi due orizzonti: l’attesa e il desiderio, la pienezza e il compimento. Se ci pen-siamo bene anche noi camminiamo costantemente su questo crinale. Giovanni Battista è colui che capisce il nuovo e decide di mettersi da parte. Mi sono chiesto più volte se quest’uomo non potesse avere un suo po-sto tra i dodici apostoli. E invece finisce i suoi giorni nella tetra prigione di Erode, vittima di un giuramento tra i potenti della terra. Forse che lui non era fatto per il nuovo, non era fatto per stare con il Messia Gesù? For-se la spiegazione è un’altra: lui aveva assolto fino in fondo il progetto che Dio gli aveva affidato: preparare un popolo ben disposto e quindi da buon servo inuti-le, aveva capito che doveva ritirarsi per lasciare spa-zio al Messia Gesù. Non protagonista di una storia ma realizzatore della sua vocazione. Noi non dovremmo cercare il protagonismo, ma realizzare le nostre voca-zioni, le nostre chiamate. Ho provato a immaginare Giovanni Battista continuamente in bilico tra le due possibili opzioni che aveva a disposizione: stare nel

Primo Testamento, oppure fare il passaggio nel Nuo-vo Testamento. Proviamo a immedesimarci anche noi in una delle due opzioni: uomini o donne del Primo Testamento, uomini o donne di passaggio nel Nuovo Testamento. La cosa interessante e bella è, che a se-condo di dove ci collochiamo, cambierà la nostra vi-sione di Dio e del mondo. Giovanni Battista, ancorato al Primo Testamento, ragiona così: “razza di vipere, vi è l’ira di Dio che incombe su di voi”. In un ecces-so possiamo anche aggiungere: “tutto questo a causa della vostra avidità, superbia, presunzione”. Giovanni guarda questo mondo e tutto quello che vede gli pare marchiato dalla distruzione e dalla paura. Vede come si guardano gli uomini e sente che la logica che pre-vale è quella del possesso della proprietà, della vita e delle cose. Gli viene dunque naturale sostenere che vi è un giudi-zio imminente. Il profeta è anche questo: non esistono figli di Abramo per merito o elezione e la profezia è la denuncia, anche con tratti duri ma autentici, di questa ingiustizia e avidità. Giovanni Battista è la sfida aperta contro l’ingiustizia. Provate a pensare a certe parole dure del profeta Elia, oppure di Amos e vi accorgerete che non siamo molto lontano da questi toni. L’ammo-nizione finale è “convertitevi perché la scure è posta alla radice dell’albero”. Questa è la grande tentazione: una sferza in mano per questo mondo, una sferza che non apre al futuro e alla speranza.

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Esiste anche l’altro versante, quello dello sguardo pie-no di domande sul futuro, sul Messia. Allora nascono nel cuore e nella bocca di Giovanni Battista queste parole: “vedo comparire sulla scena del mondo Gesù il messia”. Egli si presenta come profeta, che cerca la bontà dell’uomo, che si prende cura della sofferenza, che parla di spirito come di soffio di vita, che chiede conversione per conoscere e amare un Dio che è Pa-dre. Questa era la vita di Gesù. Giovanni Battista ca-pisce che non si può essere solo profeta di denuncia, ma anche e soprattutto di annuncio, di buona novella. Vede in Gesù l’uomo che risveglia i sogni degli uomi-ni e delle donne, vede in Gesù l’uomo che apre l’uo-mo e la donna alla bellezza e alla speranza e da vero profeta fa il passaggio: entra nel mondo del regno di Dio, entra nel Nuovo Testamento.

Questa immagine, generata nel drammatico clima della depressione economica che colpì gli Stati Uniti e il mon-do occidentale tra la fine degli anni venti e gli anni trenta del Novecento, è diventata il simbolo del grave disagio sociale, perché se una donna e i suoi figli soffrono, non hanno di che sfamarsi e si sentono abbandonati dal mon-do, la vita stessa è offesa. La fotografia è di un’autrice americana, Dorothea Lange, che nel praticare il repor-tage, una pratica essenziale della storia della fotografia, sceglie di ritrarre i propri soggetti nella realtà della strada, del lavoro, della vita di tutti i giorni. La congiuntura della grande depressione ebbe profonde ripercussioni di carat-tere sociale e la fotografa, chiamata a collaborare con la Farm Security Administration (FSA) istituita dal governo federale americano per rilanciare l’agricoltura, coglie con uno sguardo consapevole i pensieri e i sentimenti di una persona in stato di povertà, caricata della responsabilità di un’intera famiglia. Il nome di questa donna è Florence Thomson, madre di sette figli che un’altra donna immor-tala in uno scatto specchio di un’epoca. La disperazione non è urlata, ma è intimamente vissuta, nella sua compo-stezza: due dei bambini, visibilmente provati, nascondo-no i loro volti - segno di grande rispetto dell’autrice - cer-cando protezione e conforto dalla madre.Il più piccolo dorme sul grembo della madre, evocando

ICONA DELLA SETTIMANA

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l’immagine che popola da secoli gli spazi della fede della cultura occidentale: la Madonna col Bambino. La sugge-stione che questo tema ha suscitato negli artisti di tutti i tempi trova in quest’opera fotografica un’interpretazione laica di emozionante verità. Resistere alle difficoltà man-tenendo la dignità mette a dura prova e riuscirci richiede la dote del coraggio. Questa madre californiana, Madon-na del XX secolo, nell’incertezza del suo domani resta un monito per la civiltà occidentale: una Madre migrante (questo il titolo premonitore della fotografia), allora come ora, è un ammonimento ai nostri giorni affinché ricordia-mo nelle grandi trasformazioni sociali in atto la necessità di preservare in ogni circostanza la dignità delle persone.

Lunedì 5 Dicembre 2016Is 35,1-10; Salmo 84; Lc 5,17-26

IL SANTO DEL GIORNO

Beato Narciso Putz, sacerdote e martire (1877-1942)Narciso Putz nacque in Polonia a Sierakow il 28 otto-bre 1877. Durante l’occupazione della Polonia cadde vittima del nazisti. Per la sua perseveranza nella fede fu messo in carcere nel campo di concentramento te-desco di Dachau, dove morì tra atroci supplizi il 5 dicembre 1942. Papa Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 ne decretò la beatificazione insieme ad altre 107 vittime della medesima persecuzione.

LETTURE

Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ri-compensa divina. Egli viene a salvarvi”. Isaia 35,3-4 Ed ecco, alcuni uomini, portando su un letto un uomo che era paralizzato, cercavano di farlo en-trare e di metterlo davanti a lui. Non trovando da quale parte farlo entrare a causa della folla, saliro-no sul tetto e, attraverso le tegole, lo calarono con il lettuccio davanti a Gesù nel mezzo della stanza. Vedendo la loro fede, disse: “Uomo, ti sono per-

Signore, amante della vita, che nutri gli uccelli del cielo e vesti i gigli del campo, ti benediciamo per tutte le creature e per il cibo che stiamo per pren-dere; e ti preghiamo di non permettere che ad alcuno manchi il necessario alimento. Per Cristo nostro Signore. Amen.

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Benedizione della mensa

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donati i tuoi peccati”.Gli scribi e i farisei comincia-rono a discutere, dicendo: “Chi è costui che dice bestemmie? Chi può perdonare i peccati, se non Dio soltanto?”. Ma Gesù, conosciuti i loro ragio-namenti, rispose: “Perché pensate così nel vostro cuore? Che cosa è più facile: dire “Ti sono perdo-nati i tuoi peccati”, oppure dire “Àlzati e cammi-na”? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere sulla terra di perdonare i peccati, dico a te - disse al paralitico -: àlzati, prendi il tuo lettuc-cio e torna a casa tua”.Subito egli si alzò davanti a loro, prese il lettuccio su cui era disteso e andò a casa sua, glorificando Dio. Luca 5,18-25

Per trovarsi nel punto di incontro fra cristianesimo e la città, bisogna anzitutto sentirsi concittadini, nella città dell’uomo. Si tratta di sentire lo spazio e il tempo del mondo come spazio e tempo nostro, a pieno titolo. Un cristiano non è un sopravvissuto, nel mondo che cambia (sempre cambia il mondo), in transito da un mondo che era il suo e ora non lo è più. Al quale vorrebbe ritornare, ma non può. Mons. Pierangelo Sequeri

Signore, ti ringraziamo perché ci chiami a gode-re di quanto hai creato. Benedici il nostro pasto e donaci di sentirti insieme a noi, ora e sempre. Amen.

Martedì 6 Dicembre 2016Is 40,1-11; Salmo 95; Mt 18,12-14

IL SANTO DEL GIORNO

San Nicola da Bari, vescovo di Mira (250 ca.-326 ca.)Nicola nacque e visse in Asia Minore e fu vescovo di Mira. Per le sue doti spiccate di pietà e di carità fu considerato santo già da vivo. Secondo la tradizione, patì una dura persecuzione sotto l’imperatore Galerio e morì intorno al 350, all’età di sessantacinque anni. Durante le invasioni turche le sue reliquie furono po-ste in salvo da un gruppo di armati baresi e traspor-tate, nel 1087, nella città pugliese. Il culto di questo santo si diffuse da Costantinopoli verso la Chiesa sla-va e quella russa e la sua venerazione è molto estesa sia in Occidente che in Oriente. San Nicola è il Santa Claus dei paesi anglosassoni e del nord Europa, che a Natale porta i doni ai bambini.

LETTURE

Una voce grida: “Nel deserto preparate la via al Signore, spianate nella steppa la strada per il nostro Dio. Ogni valle sia innalzata, ogni monte e ogni colle siano abbas-sati; il terreno accidentato si trasformi in piano e quello scosceso in vallata. Allora si rivelerà la gloria del Signore

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Benedizione della mensa

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e tutti gli uomini insieme la vedranno, perché la bocca del Signore ha parlato”. Isaia 40, 3-5

Gesù disse ai suoi discepoli: “Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le no-vantanove che non si erano smarrite. Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda”. Matteo 18,12-14

L’uomo è anche attesa: se questa dimensione antropolo-gica essenziale, che afferma che l’uomo è anche incom-piutezza, viene misconosciuta, allora il pericolo dell’ido-latria è alle porte, e l’idolatria è sempre autosufficienza del presente. La venuta del Signore impone invece al cri-stiano attesa di ciò che sta per venire e pazienza verso ciò che non sa quando verrà. E la pazienza è l’arte di vivere l’incompiuto , di vivere la parzialità e la frammen-tazione del presente senza disperare. Enzo Bianchi

Signore Dio nostro, fa’ che non manchi mai ad ogni uomo il pane, la libertà e la pace, perché tut-ti insieme possiamo rendere grazie al tuo nome. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Mercoledì 7 Dicembre 2016Is 40,25-31; Salmo 102; Mt 11,28-30

IL SANTO DEL GIORNO

Sant’ Ambrogiovescovo e dottore della Chiesa (340 ca.-397ca.)Ambrogio è una delle maggiori figure dell’antichità cristiana. Nacque a Treviri, in Gallia, intorno al 339 da famiglia romana cristiana. Istruito nelle antiche discipline forensi, fu inviato a Milano in qualità di funzionario imperiale. Governatore delle province del Nord Italia, fu acclamato vescovo di Milano il 7 dicembre 374 dalla popolazione cristiana. Fu un pro-tagonista fondamentale nella Chiesa del suo tempo: teologo, liturgo influente consigliere di imperatori, seppe sempre affermare con forza l’autonomia della sfera spirituale della Chiesa rispetto alla sfera politica. Ebbe parte determinante nella conversione di Sant’A-gostino.

LETTURE

Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me bene-dica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tutti i suoi benefici. Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue infermità, salva dalla

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Signore Dio, riponiamo in te la nostra fiducia per-ché ci chiami a godere di quanto hai creato. I doni del tuo amore ci aiutino a benedirti e a dirti gra-zie per la fraternità che ci fai vivere nella letizia di questa mensa. Benedici il nostro pasto di oggi e donaci di lodarti ora e sempre. Per Cristo nostro Signore. Amen.

fossa la tua vita, ti circonda di bontà e misericordia, sazia di beni la tua vecchiaia, si rinnova come aquila la tua giovinezza. Dal Salmo 102 In quel tempo, rispondendo Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”. Matteo 11,28-30

La spiritualità dell’attesa esige quindi povertà di cuore per essere aperti alle sorprese di Dio, ascolto perseve-rante della sua Parola e del suo Silenzio per lasciarsi guidare da lui, docilità e solidarietà con i compagni di viaggio e i testimoni della fede, che Dio ci affianca nel cammino verso la meta. Cardinal Carlo Maria Martini

Giovedì 8 Dicembre 2016Gen 3,9-15.20; Salmo 97; Ef 1,3-6.11-12; Lc 1,26-38

IL SANTO DEL GIORNO

Immacolata Concezione della Beata Vergine MariaLa solennità dell’Immacolata Concezione ha una lun-ga storia. Una festa della Concezione di Maria nel grembo di Sant’Anna sembra essere giunta in Europa dall’Oriente nell’XI secolo, ad opera di crociati ingle-si. Alla sua diffusione contribuirono i francescani, gra-zie all’apporto teologico di Duns Scoto. L’8 dicembre 1854 Pio IX definì formalmente il dogma della Imma-colata Concezione della Vergine.

LETTURE

Il Signore ha fatto conoscere la sua salvezza, agli occhi delle genti ha rivelato la sua giustizia. Egli si è ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa d’Israele. Tutti i confini della terra hanno veduto la vittoria del nostro Dio. Acclami il Signore tutta la terra, gridate, esultate, cantate inni! Dal Salmo 97 Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu

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molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altis-simo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’an-gelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scen-derà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei.

Luca 1,26-38

Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabola-rio di Maria, amare all’infinito. Don Tonino Bello

Ti ringraziamo, Signore nostro Dio: guardando all’umiltà di Maria tua serva hai colmato di beni gli affamati; con lei vogliamo riporre in te tutta la nostra fiducia e ti ringraziamo per la tua genero-sità. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Venerdì 9 Dicembre 2016Is 48,17-19; Salmo 1; Mt 11,16-19

IL SANTO DEL GIORNO

San Siro, vescovo (IV sec.)San Siro, vescovo di Pavia, venne identificato in pas-sato con quel giovinetto che porse a Gesù i pani e i pesci per il miracolo della moltiplicazione. Studi re-centi collocano però San Siro nel lV secolo, vescovo itinerante che convertì Pavia e poi Verona, Brescia, Lodi e Milano. Qui diede disposizione di sepoltura ai martiri Gervasio e Protasio, ponendo sulla loro tomba una pietra sepolcrale e dettandone l’epitaffio. I suoi resti sono conservati nella cattedrale di Pavia.

LETTURE

Beato l’uomo che non entra nel consiglio dei malvagi, non resta nella via dei peccatori e non siede in com-pagnia degli arroganti, ma nella legge del Signore tro-va la sua gioia, la sua legge medita giorno e notte. È come albero piantato lungo corsi d’acqua, che dà frutto a suo tempo: le sue foglie non appassiscono e tutto quello che fa, riesce bene. Dal Salmo 1

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Padre della gioia, ti ringraziamo per questo tem-po di serenità e distensione. Fa che ogni giorno cresciamo in amicizia per poter vedere nei fratelli il tuo volto. Amen.

In quel tempo, Gesù disse: “A chi posso paragonare questa generazione? È simile a bambini che stanno seduti in piazza e, rivolti ai compagni, gridano: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato, ab-biamo cantato un lamento e non vi siete battuti il petto!”. È venuto Giovanni, che non mangia e non beve, e dicono: È indemoniato. È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e dicono: “Ecco, è un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori”. Ma la sapienza è stata riconosciuta giusta per le opere che essa compie”. Matteo 11,16-19

Io voglio ciò che tu vuoi senza chiedermi se lo posso senza chiedermi se lo desiderosenza chiedermi se lo voglio. Madeleine Delbrel

Sabato 10 Dicembre 2016Sir 48,1-4.9-11; Salmo 79; Mt 17,10-13

IL SANTO DEL GIORNO

Beata Vergine Maria di LoretoIl Santuario di Loreto è sorto nel luogo in cui, secondo la leggenda, la dimora di Maria Vergine sarebbe stata trasportata prodigiosamente dagli Angeli. Questo san-tuario risale al IV secolo, ed è uno dei più antichi. Anche oggi questa basilica è meta di continui pelle-grinaggi. La convinzione della miracolosa traslazione ha spinto papa Benedetto XV a costituire la Beata Ver-gine di Loreto “Patrona principale presso Dio di tutti gli aereonautici”.

LETTURE

Tu, pastore d’Israele, ascolta, tu che guidi Giuseppe come un gregge. Seduto sui cherubini, risplendi avanti a Èfraim, Beniamino e Manasse. Risveglia la tua potenza e vieni a salvarci. O Dio, fa’ che ritorniamo, fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi. Dal Salmo 79 Nel discendere dal monte, i discepoli domandarono a Gesù: “Perché dunque gli scribi dicono che prima

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deve venire Elia?”. Ed egli rispose: “Sì, verrà Elia e ri-stabilirà ogni cosa. Ma io vi dico: Elia è già venuto e non l’hanno riconosciuto; anzi, hanno fatto di lui quello che hanno voluto. Così anche il Figlio dell’uo-mo dovrà soffrire per opera loro”. Allora i discepoli compresero che egli parlava loro di Giovanni il Batti-sta. Matteo 17,10-13

È possibile vivere senza speranza; forse anche senza ve-rità ma non senza preghiera, che è la ricerca di entram-be. La preghiera è il modo per dire sì. Sì all’universo e al suo creatore, sì alla vita ed al suo significato, sì alla fede, alla speranza, alla gioia. Una torcia per il girovago che ha perso la strada, una scala per Giacobbe, che cerca sogni, una finestra sull’anima. Elie Wiesel

Signore, siamo seduti a questa mensa insieme, ma non per tutti noi è un momento facile. Guar-da a chi, tra di noi, ha il cuore nella sofferenza, dona a lui, insieme al cibo per la vita, la serenità per affrontare un momento difficile. Consegna a noi, che condividiamo il pane e la gioia della vita, la capacità di stare vicino a chi soffre con affetto, la stima e il sostegno che vengono da te. Amen.

Benedizione della mensa

Henri Matisse, Nuit de Noel, 1952. Colored glass, cm. 332,5 x 139. MoMA, New York

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DOMENICA D’AVVENTODomenica 11 Dicembre 2016Is 35,1-6a.8a.10; Salmo 145; Gc 5,7-10; Mt 11,2-11

IL SANTO DEL GIORNO

San Damaso I, papa (305 ca.-384 ca.)Questo importante personaggio della Chiesa antica nacque all’inizio del IV secolo e succedette a Papa Liberio in un momento di forti contrasti nella Chiesa di Roma. Dovette fronteggiare diverse eresie e divenne un fermo sostenitore della fede ortodossa nicena. Inoltre, fu protagonista della gestione dei difficili rapporti ecclesiali tra Oriente e Occi-dente. Al suo nome sono collegate particolarmente la ri-scoperta delle catacombe e lo sviluppo del culto dei martiri caduti nelle grandi persecuzioni.

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LETTURE

Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa. Come fiore di narciso fiorisca; si canti con gioia e con giubilo. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e di Saron. Essi vedranno la gloria del Signo-re, la magnificenza del nostro Dio. Irrobustite le mani fiacche, rendete salde le ginocchia vacillanti. Dite agli smarriti di cuore: “Coraggio, non temete! Ecco il vostro Dio, giunge la vendetta, la ricompensa divina. Egli viene a salvarvi”. Isaia 35, 1-4

Giovanni, che era in carcere, avendo sentito parlare delle opere del Cristo, per mezzo dei suoi discepoli mandò a dirgli: “Sei tu colui che deve venire o dob-biamo aspettare un altro?”. Gesù rispose loro: “Anda-te e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Mentre quelli se ne andavano, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che vestono abiti di lusso stanno nei pa-lazzi dei re! Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta.

UNA VITA DEGNA PERCHÉ AMATA

Trascorriamo ancora una domenica del tempo di Av-vento, la terza, insieme a Giovanni Battista. Rispetto alla domenica precedente il contesto cambia molto. Giovanni è stato arrestato per volontà di Erode e della moglie Erodiade. Questo della prigione diventa per Giovanni un tempo di riflessione e la domanda scon-volgente che si agita nel suo cuore è: Sei tu colui che deve venire? È vero che nei momenti della prova tutto può essere messo in discussione. Ma arrivare a dubi-tare della messianicità di Gesù, questo può sembrare troppo, a noi che pensiamo a Giovanni come all’uo-

Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. In verità io vi dico: fra i nati da donna non è sorto alcuno più grande di Giovanni il Battista; ma il più piccolo nel regno dei cieli è più grande di lui.

Matteo 11,2-11

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mo della fede granitica. Egli ha avuto il coraggio di rendere testimonianza alla verità, ha preparato la via al Messia, ha impegnato tutta la sua vita ad annuncia-re l’imminente realizzazione delle promesse di Dio. Ma il carcere mette a dura prova le convinzioni del profeta. Sono proprio così i momenti della prova: duri da affrontare, da attraversare, da superare. La doman-da di Giovanni è la nostra domanda nel tempo della prova: “Sei tu che devi venire? Sei tu colui che è la risposta alla mia prova?”. Forse Giovanni non dubita del messaggio, non dubita a riguardo del sogno di un Messia che ristabilirà le sorti di Israele. Ma non può fare a meno di chiedersi se vi sarà qualcuno che lo realizzerà. Il dubbio è anche legato al momento: “Il tempo è compiuto, oppure dobbiamo aspettare an-cora? E se aspettiamo ancora per quanto possiamo resistere in questo tempo di attesa?”. Giovanni vive-va nell’attesa di un regno che doveva iniziare subito. Non aveva ben chiaro che tipo di regno ma aveva nel cuore la certezza che il tempo dell’attesa era finito. Eppure la dura prova del carcere sembra minare que-sta certezza granitica. Gesù non lascia Giovanni solo con i suoi dubbi e manda a dire che il messaggio della salvezza è annunciato. Il testo riprende una citazione del profeta Isaia. Con questo rimando al profeta per eccellenza del sogno della venuta del Messia, Gesù mostra a Giovanni che le sue opere segnano la fine

del tempo dell’attesa. Il tempo del regno di Dio è qui sulla terra, ora, in questo momento. L’annuncio di Gesù è molto semplice: quando verrà il Messia, Dio toccherà il cuore dell’uomo e sarà tolta ogni miseria e povertà. Le categorie elencate da Gesù sono i cie-chi, i paralitici, i lebbrosi, i sordi, i poveri, i morti. Si tratta di categorie di persone che hanno chiuso con relazioni umane sane, belle. Sono coloro che stan-no ai margini delle relazioni, perché non producono niente. Sono coloro la cui vita si è come inceppata a causa delle loro solitudini e marginalità. L’annuncio di Gesù, ma soprattutto il suo operato, rimettono in moto la vita di questi uomini fermi. I ciechi riacqui-stano la vista: Gesù guarisce dalla paura di guardare oltre i dubbi. Gli zoppi camminano: Gesù guarisce da tutte quelle forme di immobilismo che impediscono di camminare insieme come fratelli. I lebbrosi sono purificati: Gesù guarisce da quella sfiducia che ci prende e che ci fa ritenere di essere capaci di sostene-re la vicinanza dell’altro per cui ci nascondiamo alla relazione. I sordi odono: Gesù ci rende capaci di af-finare l’arte dell’ascolto raffinato. I morti risuscitano: Gesù ci guarisce dal pensare che la nostra vita non possa essere degna di essere vissuta perché non ama-ta. Ai poveri è annunciato il Vangelo. Gesù guarisce tutti coloro che pensano di essere lo scarto, offrendo una vita dignitosa. Se la salvezza tanto attesa viene in

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questo modo, Giovanni deve semplicemente decide-re se vale la pena credere che questa è la promessa sognata dai profeti e finalmente realizzata. Proprio perché Giovanni non è una canna al vento, una ban-deruola, e nemmeno un potente che ha oro e potere ma è l’uomo di Dio, lui crede a queste parole. Lui è il primo guarito da Gesù dai suoi dubbi. Forse Gio-vanni capisce e crede anche un’altra verità di questo Messia. Partendo dai suoi dubbi, dalle sue domande, crede che Dio realizzi ciò che promette; lo fa in una maniera più grande di quanto noi possiamo sperare e immaginare e persino quando tutto sembra finito e chiuso in se stesso. Con questa domenica si spalanca il grande orizzonte della fiducia e della speranza circa la realizzazione della promessa di una vita buona e bella e Giovanni ne è il primo testimone e credente. Noi non dobbiamo fare altro che seguire il medesimo sentiero.

Questa intensa e raffinata raffigurazione del tema della Concezione, è opera matura di uno degli scultori di più accesa spiritualità del primo Novecento italiano. La stra-ordinaria abilità esecutiva che presuppone una profonda conoscenza di tutti i segreti della materia – il marmo – è al servizio di un’idea da rappresentare in una forma esat-ta e potente.Attraverso tre soli elementi - un volto femminile sempli-ficato, con le mani giunte in preghiera, una maschera maschile dolente, presenze concentrate e assorte che ve-gliano sul Bambino – Wildt inscena il tema della famiglia, con una chiara allusione alla sua sacralità. La cancella-zione degli sguardi – la Donna e il suo sposo tengono gli occhi chiusi, mentre il Bambino se li copre con le mani a pugno – dà la sensazione di un profondo raccoglimen-to. Nel toccarsi i due visi sottolineano sentimenti opposti: l’uno quello femminile è composto e lieve, anche nella realizzazione nitida, caratterizzata dalla purezza delle li-nee; l’altro, quello maschile, con gli zigomi sporgenti, le arcate sopracciliari marcate, la bocca aperta esprime una drammaticità trattenuta. Il bambino, dall’aspetto fetale, sporgendo dalla superficie sembra lievitare. L’immagine è dominata da un senso di pietà cristiana. La finezza dell’e-secuzione, le sofisticate levigature, l’ossessivo controllo della lucidatura, smaterializzano il marmo e contempora-

ICONA DELLA SETTIMANA

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neamente ne esaltano il potenziale espressivo. L’esito può definirsi visionario e qui la perfezione assume un valore etico, oltre che estetico. Siamo all’inizio degli anni venti del ‘900 e l’Europa ha vissuto gli orrori della prima guerra mondiale. L’arte, dopo le vertigini concettuali e formali delle avanguardie, ridiscute i principi su cui si fonda la modernità e la risposta di molti artisti sarà nel segno di un ritorno all’ordine. Wildt, nello stesso anno in cui realiz-za La Concezione dà voce, attraverso lo scritto L’arte del marmo (1921), a una lucida elaborazione teorica sull’arte di lavorare questa materia da lui stesso definita ‘viva, so-nora, splendida’.

Signore del mondo, che hai dato la vita ad ogni realtà e vuoi il nostro bene, grazie per il cibo e per la gioia in questo giorno di festa. Benedici questo nostro pasto che è stato attentamente preparato, e fa’ che in questo nostro mangiare e bere sentia-mo che tu sei il Padre. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Lunedì 12 Dicembre 2016Nm 24,2-7.15-17b; Salmo 24; Mt 21,23-27

IL SANTO DEL GIORNO

Beata Maria Vergine di Guadalupe Il santuario della Vergine di Guadalupe, in Messico, è il più frequentato e il più amato di tutto il Sud Ameri-ca. In questo giorno si ricordano le apparizioni della “Morenita” avvenute tra il 9 e il 12 dicembre 1531 all’indio Juan Diego, uno dei primi nativi americani a ricevere il battesimo nel 1524, all’età di cinquant’an-ni. La basilica ove attualmente si conserva l’immagi-ne miracolosa della Madonna è stata inaugurata nel 1976. In questo stesso luogo, nel 1990, papa Giovan-ni Paolo II ha proclamato beato il veggente Juan Die-go, che è stato infine dichiarato santo nel 2002.

LETTURE

Buono e retto è il Signore, indica ai peccatori la via giu-sta; guida i poveri secondo giustizia, insegna ai poveri la sua via. Tutti i sentieri del Signore sono amore e fedeltà per chi custodisce la sua alleanza e i suoi precetti.

Dal Salmo 24

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Gesù entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si av-vicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del po-polo e dissero: “Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?”. Gesù rispose loro: “Anch’io vi farò una sola domanda. Se mi risponde-te, anch’io vi dirò con quale autorità faccio questo. Il battesimo di Giovanni da dove veniva? Dal cielo o dagli uomini?”. Essi discutevano fra loro dicendo: “Se diciamo: “Dal cielo”, ci risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. Se diciamo: “Dagli uomini”, abbiamo paura della folla, perché tutti considerano Giovanni un profeta”. Rispondendo a Gesù dissero: “Non lo sappiamo”. Allora anch’egli disse loro: “Ne anch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose”.

Matteo 21,23-27

In tutta la vita non c’è cosa più importante da fare che chinarsi perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzar-si. Luigi Pintor

Dio nostro Padre, ti benediciamo per i beni di questo mondo. Aiutaci a condividerli con coloro che ne sono privi, fa’ che tutti insieme ti rendia-mo grazie e proclamiamo la tua giustizia. Per Cri-sto nostro Signore. Amen.

Martedì 13 Dicembre 2016Sof 3,1-2,9-13; Salmo 33; Matteo 21,28-32

IL SANTO DEL GIORNO

Santa Lucia, vergine e martire (III-IV sec.) Una devozione fervida e largamente diffusa in tutto il mondo cristiano accompagna Lucia, santa sicilia-na vissuta nel IV secolo. Il racconto del suo marti-rio narra che, dopo un pellegrinaggio sulla tomba di Sant’Agata e in seguito alla visione della Santa, Lucia decise di votare la sua vita e i suoi beni al servizio del Signore e dei poveri. Consegnata ai giudici dal fidan-zato inferocito, fu sottoposta alle torture più crudeli e morì predicando la Buona Novella al popolo ed ai suoi persecutori. La santa è particolarmente venerata nei paesi del nord Europa dove porta doni ai bambini.

LETTURE

In quel giorno non avrai vergogna di tutti i misfatti commessi contro di me, perché allora allontanerò da te tutti i superbi gaudenti, e tu cesserai di inorgoglirti sopra il mio santo monte. Lascerò in mezzo a te un po-polo umile e povero. Confiderà nel nome del Signore il resto d’Israele. Non commetteranno più iniquità e non

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proferiranno menzogna; non si troverà più nella loro bocca una lingua fraudolenta. Potranno pascolare e riposare senza che alcuno li molesti. Sofonia 3,11-13

Gesù disse ai principi dei sacerdoti e agli anzia-ni del popolo: “Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, si-gnore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiu-to la volontà del padre?”. Risposero: “Il primo”. E Gesù disse loro: “In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli. Matteo 21,28-32

Mostrati, Signore: a tutti i pellegrini dell’assoluto, vieni incontro, Signore; con quanti si mettono in cammino e non sanno dove andare cammina, Signore;

Benedici, o Signore, noi e il cibo che ci doni e provvedi il necessario a tutti gli uomini che vivo-no sulla terra, perché si uniscano a noi nel ren-derti grazie. Amen.

affiancati e cammina con tutti i disperati sulle strade di Emmaus; e non offenderti se essi non sanno che sei tu ad andare con loro, tu che li rendi inquieti e incendi i loro cuori; non sanno che ti portano dentro: con loro fermati poiché si fa sera e la notte è buia e lunga, Signore. Padre David Maria Turoldo

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Mercoledì 14 Dicembre 2016Isaia 45,6b-8.18.21b-25; Salmo 84; Luca 7,19-23

IL SANTO DEL GIORNO

San Giovanni della Croce, sacerdote e dottore della Chiesa (1540 ca.-1591 ca.)L’avventura spirituale di Giovanni della Croce è stretta-mente legata a quella di Teresa d’Avila, la grande rifor-matrice della vita carmelitana. Nato da nobile casata approdò, dopo una tormentata ricerca spirituale, alla famiglia dei carmelitani scalzi. La sua ansia riformatri-ce fu causa di durissime pene fisiche e morali, e di vere e proprie persecuzioni. Fu grande autore spirituale: è suo il tema della “notte oscura” dei sensi e dello spirito. Morì a Ubeda (Andalusia) nel 1591.

LETTURE

Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annuncia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con fiducia. Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua gloria abiti la nostra terra. Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno. Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo. Certo, il Signore donerà il suo bene e la nostra ter-ra darà il suo frutto; giustizia camminerà davanti a lui: i suoi passi tracceranno il cammino. Dal Salmo 84

Venuti da Gesù, quegli uomini dissero: “Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. Poi diede loro questa risposta: “Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi cam-minano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!”. Luca 7,19-23

Occorre imparare ad assumere il passato per poter vi-vere oggi un tempo fecondo: certamente se si sa leg-gere in modo libero il passato, si sa anche che si è stati accolti, si è ricevuto amore. E’ giunto il tempo di impa-rare a donare, a non restare sempre figli che dipendo-no da … ma di arrivare ad amare in modo adulto, di essere capaci di donare, di rinunciare a qualcosa di sé per dare vita ad altri, per servire altri. Luciano Manicardi

Ti ringraziamo, Signore, per il nutrimento che ci hai concesso. Dona a noi qui raccolti di scoprirti come colui che cammina sempre con noi. Amen.

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Giovedì 15 Dicembre 2016Isaia 54,1-10; Salmo 29; Luca 7,24-30

IL SANTO DEL GIORNO

San Valeriano di Avensano, vescovo (V sec.)Valeriano fu vescovo di Abbenza, città dell’Africa proconsolare, oggi Tunisia. Durante la persecuzio-ne dell’ariano Genserico, nel 460 circa, si rifiutò di consegnare gli oggetti sacri della sua chiesa e fu così scacciato al di fuori della città con l’ordine che nes-suno gli prestasse ospitalità in nessun luogo. Giacque dunque per lungo tempo a cielo aperto sulla pubblica strada, giungendo al termine della sua santa vita da confessore della retta fede.

LETTURE

Allarga lo spazio della tua tenda, stendi i teli della tua dimora senza risparmio, allunga le cordicelle, rinforza i tuoi paletti, poiché ti allargherai a destra e a sinistra e la tua discendenza possederà le nazioni, popolerà le città un tempo deserte. Non temere, perché non dovrai più arrossire; non vergognarti, perché non sarai più disono-rata; anzi, dimenticherai la vergogna della tua giovinez-za e non ricorderai più il disonore della tua vedovanza. Poiché tuo sposo è il tuo creatore, Signore degli eserciti è il suo nome; tuo redentore è il Santo d’Israele, è chia-mato Dio di tutta la terra. Isaia 54,2-5

Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: “Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbat-tuta dal vento? Allora, che cosa siete andati a vede-re? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stan-no nei palazzi dei re. Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero, davanti a te egli preparerà la tua via. Io vi dico: fra i nati da don-na non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui”.

Luca 7,24-28

Nei periodi oscuri molto spesso un piccolo gruppo di donne e di uomini sparsi nel mondo sono stati capaci di rovesciare il corso delle evoluzioni storiche perché speravano contro ogni speranza. Ciò che sembrava destinato alla disgregazione è entrato allora nella cor-rente di un dinamismo nuovo. Frère Roger di Taizé

O Signore, fa’ che sedendoci a mensa insieme pos-siamo vedere in modo diverso le fatiche del quoti-diano. Con il cibo che nutre la nostra vita, donaci la forza di crescere, superando gli inevitabili conflitti. Lo chiediamo a te che sei Dio di pace. Amen.

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Venerdì 16 Dicembre 2016Is 56,1-3a.6-8; Salmo 66; Gv 5,33-36

IL SANTO DEL GIORNO

Sant’Adelaide, imperatrice (931 ca. - 999 ca.)Nata nel 931, figlia di Rodolfo, re di Borgogna, Ade-laide all’età di sei anni rimane orfana di padre e nel 947 sposa Lotario, re d’Italia. Rimasta vedova dopo soli tre anni di matrimonio, viene perseguitata e messa in prigione da Berengario II del Friuli, che si era impadro-nito del regno d’Italia e voleva obbligarla a sposare suo figlio. Liberata da Ottone I, lo sposerà e ne avrà tre figli, tra cui il futuro Ottone II. Attenta agli ultimi e agli in-digenti, Adelaide è in stretti rapporti con il movimento di Cluny. Costruisce chiese e monasteri, beneficiando particolarmente i cenobi di Peterlingen, San Salvatore di Pavia e Selz. In quest’ultimo monastero benedettino, da lei fondato presso Strasburgo, Adelaide si ritira fino alla morte nel 999. Presto venerata come santa in Alsa-zia e nel 1097 viene canonizzata da Urbano II.

LETTURE

Così dice il Signore: “Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi”. Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva

il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male. Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popo-lo!”. Isaia 56,1-3a

Gesù disse: “Voi avete inviato dei messaggeri a Gio-vanni ed egli ha dato testimonianza alla verità. Io non ricevo testimonianza da un uomo; ma vi dico queste cose perché siate salvati. Egli era la lampada che arde e risplende, e voi solo per un momento avete voluto rallegrarvi alla sua luce. Io però ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle stesse opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato.” Giovanni 5, 33-36

Signore, chiediamo perdono per l’indifferenza verso tanti fratelli e sorelle, ti chiediamo perdono per chi si è accomodato, si è chiuso nel proprio benessere che porta all’anestesia del cuore. Preghiamo per avere un cuore che abbracci gli immigrati. Dio ci giudicherà in base a come abbiamo trattato i più bisognosi.

Papa Francesco

Signore, fa’ che non manchi mai ad ogni uomo il pane, nella libertà e nella pace. Fa’ di noi uno stru-mento del Tuo amore. Amen.

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Sabato 17 Dicembre 2016Gen 49,2.8-10; Salmo 71; Mt 1,11-17

IL SANTO DEL GIORNO

San Giovanni de Matha, sacerdote (1154 - 1213)Provenzale, docente di teologia a Parigi, a quarant’an-ni Giovanni de Matha lasciò la cattedra, per diventare sacerdote. Secondo la tradizione agiografica, durante la celebrazione della prima messa gli sarebbe apparso un angelo che gli avrebbe ispirato la fondazione di un ordine religioso destinato al riscatto degli schiavi cristiani in mano ai mori. Giovanni di Matha fondò dunque il nuovo e originale ordine unendo il culto della Trinità all’opera di liberazione della schiavitù. L’Ordine della Santissima Trinità e redenzione degli schiavi venne approvato da Papa Innocenzo III nel 1198. In seguito al Concilio Vaticano II, l’Ordine Tri-nitario ha iniziato un forte processo di rinnovamento aggiornandosi al mutare dei tempi nei confronti delle nuove forme di schiavitù quali prostituzione, alcoli-smo, tossicodipendenza e definendo la Santissima Tri-nità fonte inesauribile della Carità che si traduce nel servizio della redenzione e misericordia.

LETTURE

Tutti i re si prostrino a lui, lo servano tutte le genti. Per-ché egli libererà il misero che invoca e il povero che non trova aiuto. Abbia pietà del debole e del misero e salvi la

vita dei miseri. Li riscatti dalla violenza e dal sopruso, sia prezioso ai suoi occhi il loro sangue. Dal Salmo 71

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco, Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, (…), Iesse generò il re Davide. (…) Giacobbe ge-nerò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù, chiamato Cristo. In tal modo, tutte le generazioni da Abramo a Davide sono quattordi-ci, da Davide fino alla deportazione in Babilonia quattordici, dalla deportazione in Babilonia a Cri-sto quattordici. Matteo 1,1-2.6.16-17

Per ogni alba che schiarisce il cielo, per ogni uccello che si sveglia, io ti ringrazio, Signore. Per ogni mucca che si lascia mungere per regalarci il latte del mattino, io ti ringrazio (e la ringrazio), Signore. Per ogni netturbi-no che ci pulisce le strade, per ogni vigile che ci facilita il traffico, io ti ringrazio (e lo ringrazio), Signore. Per tutti quelli che vorrebbero pregarti e non sanno; e per quelli che saprebbero pregarti e non vogliono, in loro favore e al loro posto, io ti prego, Signore. Adriana Zarri

Ti ringraziamo, Signore, dispensatore di ogni bene, perché ci hai riuniti intorno a questa mensa. Fa’ che rinvigoriti nel corpo possiamo continuare con impegno in questa giornata a fare la tua volon-tà. Per Cristo nostro Signore. Amen.

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DOMENICA D’AVVENTODomenica 18 Dicembre 2016Is 7,10-14; Salmo 23; Rm 1,1-7; Mt 1,18-24

IL SANTO DEL GIORNO

San Graziano di Tours, vescovoTutto ciò che sappiamo su Graziano risale all’Historia Francorum scritta da San Gregorio nel VI secolo. Que-sti riferisce che attorno alla metà del II secolo, San Dionigi di Parigi partì da Roma, assieme ad altri sei missionari per portare il Vangelo nelle Gallie. Grazia-no era uno di questi. Una tradizione più antica, che però non ha riscontri, sostiene che i sette missionari furono mandati da San Pietro stesso. Graziano si fer-mò nella Gallia lugdunense e predicò la fede cristiana a Tours per circa cinquant’anni, fondando la Dioce-si. Inizialmente incontrò una grande ostilità da parte degli abitanti, tanto da essere costretto a celebrare i riti nelle catacombe. Quando morì fu sepolto in un cimitero cristiano nelle vicinanze della città. Un seco-lo dopo Martino, terzo vescovo di Tours, portò le sue spoglie nella chiesa sulla quale venne poi costruita la Cattedrale che gli fu dedicata nel 1357 e venne so-prannominata “La Gatianne”.

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LETTURE

Il Signore parlò ancora ad Acaz: “Chiedi per te un segno dal Signore, tuo Dio, dal profondo degli inferi oppure dall’alto”. Ma Acaz rispose: “Non lo chiederò, non vo-glio tentare il Signore”. Allora Isaia disse: “Ascoltate, casa di Davide! Non vi basta stancare gli uomini, perché ora vogliate stancare anche il mio Dio? Pertanto il Signore stesso vi darà un segno. Ecco: la vergine concepirà e par-torirà un figlio, che chiamerà Emmanuele.” Isaia 7,10-14

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, es-sendo promessa sposa di Giuseppe, prima che an-dassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamen-te, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però sta-va considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Ma-ria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popo-lo dai suoi peccati”. Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per

UN DIO AFFIDABILE

Questa ultima domenica di Avvento, ormai prossima al Natale, ci fa incontrare Giuseppe, l’uomo giusto, con il suo percorso di discernimento. Si racconta di una rivelazione e di una scelta che si affida ai sogni e all’angelo. Quanto è lontana questa parola dal nostro modo di pensare e di credere! Il tentativo che faccia-mo è quello di razionalizzare il racconto, togliendone tutta la sua potenza narrativa e teologale. Se vogliamo incontrare Dio, noi non lo facciamo attraverso i so-gni, gli angeli, ma attraverso la parola che però rischia di essere ridotta ad una spiegazione il più possibile logica. Ma sappiamo bene che la Parola è così po-

mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio:a lui sarà dato il nome di Emmanue-le, che significa Dio con noi”.Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. Matteo 1,18-24

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tente, misteriosa, fascinosa, che può prendere altre strade che non sempre sono quelle logiche. La nostra religiosità raffinata si scontra con il racconto di Giu-seppe il giusto. E se tale racconto fosse l’occasione per riprendere in mano una modalità insieme nuova e antica per esprimere la nostra religiosità? Forse che il percorso di Giuseppe non è un invito alla riscoper-ta del cuore dell’uomo come luogo del dubbio, della ricerca e della decisione? Vediamo se riusciamo a far risuonare nel cuore di ciascuno la forza e la bellezza di questa parola che ci viene regalata oggi. Giuseppe è uomo giusto e deve risolvere il dramma in cui è ve-nuto a trovarsi. Il primo dato che emerge è che il suo cuore contraddice l’intelletto. Egli vive un conflitto tra cuore e ragione, tra amore e giustizia (ma forse che la giustizia non è la pienezza dell’amore e l’amore non ha forse bisogno di una giustizia che ha il sapore della sapienza di Dio?). Non vi siete mai sentiti lace-rati dentro, quando tutto il desiderio, le sensazioni, il linguaggio i gesti sono in contraddizione con la ra-gione e con le leggi della ragionevolezza? Il cuore di Giuseppe ha le sue ragioni: ama Maria. La ragione di Giuseppe ha le sua ragioni: quale soluzione adeguata trovare che possa mediare e salvare tutti? Sì, perché noi pensiamo alla mediazione come l’arte di mettere d’accordo tutti. In realtà la mediazione è prima di tut-to uno sguardo reciproco, un racconto, una lacerazio-

ne dentro un conflitto e poi una discesa nel profon-do del cuore alla ricerca di una verità. Basti un altro esempio: quanto è ragionevole il racconto della na-scita di Gesù? Quanto è ragionevole la sua vita, i suo i miracoli, i suoi discorsi? La buona notizia del Van-gelo segue altre strade che non sono immediatamente quelle della ragionevolezza. Nel cuore travagliato di Giuseppe emergono due elementi che fanno la novità assoluta del Nuovo Testamento e che segnano la no-vità del cristianesimo: l’affidabilità di un Dio che ha promesso e rimane fedele alla promessa di un amore che rimane per sempre. Il tormento di Giuseppe è così grande che si insinua anche nei suoi sogni e nelle sue notti insonni. Il cuore di Giuseppe segue un percor-so ben preciso. Segue il desiderio e non la ragione. Il cuore di Giuseppe sogna che l’amore è più gran-de della certezza formale di ogni legge che vincola il sogno stesso. Per comprendere pienamente questo brano di Vangelo e forse anche Gesù, dobbiamo fare questo salto di qualità: credere che Dio parla nel no-stro cuore, nei nostri sogni, nei nostri desideri. Crede-re che Dio si fa vicino a noi, nel corpo di un bambino e che si prende cura delle nostre fatiche. Credere che, se imparo ad ascoltare il mio cuore che racconta dei miei desideri e dei desideri di Dio, posso convincermi che questa voce è più importante e decisiva di tutte le voci che sento fuori di me. Credere che un atto di

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fiducia e di amore può risanare un cuore tormentato e riallacciare un rapporto smarrito. Ma questo potere appartiene solo all’amore di carità, all’agape che è ca-pace di trasformare il dramma in sogno, l’indecisione in decisione forte. L’amore che Giuseppe prova per la sua fidanzata, Maria, permette allo sposo di crede-re che la promessa di Dio si realizzerà proprio nella loro coppia, nella loro famiglia. Il cuore di Giuseppe è come unificato nell’amore, e tutto si trasforma in un esperienza di accoglienza, di vicinanza, di tenerezza che è come un sogno. Dio nasce ancora oggi là dove ci sono persone che credono nel sogno della tene-rezza e della fiducia. Questa è la differenza cristiana: coltivare nel nostro cuore la certezza, che Dio narra attraverso un angelo, di un Gesù bambino che è l’ese-gesi dell’amore del Padre. Solo un cuore innamorato e che ha fatto il passaggio dalla legge alla grazia può sentire risuonare come sinfonia la parola: “E il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”.

La tranquillità della notte avvolge l’intimità di due madri che si prendono cura delle loro creature. Attitudini sem-plici, cariche di partecipazione che accomunano il mon-do degli uomini a quello degli animali. E’ la naturalezza della vita a suscitare sentimenti veri e di una carica emo-tiva che si rinnova ciclicamente con la stessa intensità. Il celebre dipinto di Giovanni Segantini, pittore tra i più innovativi dal punto di vista sia dello stile che dei sog-getti nella Lombardia di fine Ottocento, ambienta origi-nalmente la scena in una stalla, alludendo al sacro tema della maternità. La narrazione del vangelo di Luca, colto medico siriano dalle sicure qualità letterarie, racconta che Maria, sposa di Giuseppe, giunta a Betlemme ‘diede alla luce suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia’, a indicare l’umiltà della con-dizione. Nel quadro il chiarore generato da un lume a petrolio illumina una madre assopita che trattiene con le mani un bimbo in fasce colto nell’abbandono del sonno. In penombra un vitello giace in riposo vicino alla madre na-turale. Il tratto filamentoso preludio stilistico alla pittura divisionista, la sobrietà della gamma cromatica giocata sulle tonalità del bruno, il dispositivo della luce artificiale in un interno, l’intimità del soggetto che l’ambientazio-ne concorre a definire, creano una delle immagini più

ICONA DELLA SETTIMANA

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emblematiche dell’epopea contadina di fine ottocento. Sono le ragioni della natura a guidare la mano dell’artista che in una lettera sottolineava le intenzioni naturalistiche del dipinto. Segantini invita a riflettere sul valore universale della ma-ternità, tema caro anche alla letteratura di fine secolo, che in Giovanni Pascoli trova una nuova sensibilità. Il poeta mise al centro della sua vasta produzione poetica la ‘donna – madre’, delineando l’amore materno come autentico accordo di emozioni.

Benedici, o Signore, noi e il cibo che ci doni, ri-compensa quanti ci fanno del bene e concedi loro la vita eterna. Amen.

Lunedì 19 Dicembre 2016Nm 24,2-7.15-17b; Salmo 24; Mt 21,23-27

IL SANTO DEL GIORNO

Sant’Anastasio I, papaAnastasio fu Papa dal 399 fino alla sua morte, il 19 dicem-bre 401. Ebbe un pontificato breve ma molto attivo nel quale edificò, anche la basilica Crescenziana di Roma, oggi San Sisto Vecchio. Combatté con energia il dona-tismo nelle provincie orientali dell’Africa, ratificando le decisioni del Concilio di Toledo del 400. Fu in ottimi rap-porti con Paolino, poi Vescovo di Nola, e con personalità di vari paesi, ma della copiosa corrispondenza che Ana-stasio inviò dal Laterano sono rimaste poche lettere.

LETTURE

La mia bocca racconterà la tua giustizia, ogni giorno la tua salvezza, che io non so misurare. Verrò a can-tare le imprese del Signore Dio: farò memoria della tua giustizia, di te solo. Fin dalla giovinezza, o Dio, mi hai istruito e oggi ancora proclamo le tue meraviglie. Venuta la vecchiaia e i capelli bianchi, o Dio, non ab-bandonarmi, fino a che io annunci la tua potenza, a tutte le generazioni le tue imprese. Dal Salmo 70

L’angelo gli disse: “Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta

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Benedizione della mensa

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ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni. Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita, perché egli sarà grande davanti al Si-gnore; non berrà vino né bevande inebrianti, sarà colmato di Spirito Santo fin dal seno di sua madre e ricondurrà molti figli d’Israele al Signore loro Dio. Zaccaria disse all’angelo: “Come potrò mai conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanti negli anni”. L’angelo gli rispose: “Io sono Gabriele, che sto dinanzi a Dio e sono stato man-dato a parlarti e a portarti questo lieto annuncio. Ed ecco, tu sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, che si compiranno a loro tempo”. Luca 1,13-16.18-20

Siamo fatti per partire, per cercare sempre la fonte. Per vivere in viaggio, come pellegrini e come figli che conti-nuamente si mettono alla sequela, alla scuola di Gesù, e che... arrivati a un punto... vivono il pensiero che hanno scritto fino a lì, solo come introduzione al tema... e van-no a capo... per continuare la storia! Madre Teresa di Calcutta

Benedetto sei tu, Signore, Dio dell’universo. Dalla tua bontà abbiamo ricevuto questo cibo: donaci di condividerlo fraternamente e, per il tuo amore, rendici solidali con tutti i poveri del mondo. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Martedì 20 Dicembre 2016Is 7,10-14; Salmo 23; Lc 1,26-38

IL SANTO DEL GIORNO

San Domenico di Silos, abate (VII sec.) Nacque nella Navarra. Di umili origini, esercitò dap-prima il mestiere di pastore ed in seguito entrò in un monastero benedettino, di cui più tardi venne eletto abate. Quando il re di Navarra pretese denaro dal mo-nastero, il monaco benedettino gli rispose, con umiltà ma anche con risolutezza, che le ricchezze dell’ab-bazia erano per i poveri e non per i re. La risposta su-scitò l’ira del sovrano, il quale minacciò di strappare la lingua all’abate ribelle, ma poi si limitò a cacciarlo dal proprio regno. Domenico si trasferì nel regno di Castiglia, dove Ferdinando il Grande gli assegnò l’an-tico monastero di Silos, quasi in rovina, che Dome-nico restaurò facendone un centro di vita spirituale e sociale. Il santo si occupò anche del riscatto dei cri-stiani, caduti in mano ai Saraceni e fatti schiavi. San Domenico è il protettore delle partorienti.

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Benedizione della mensa

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LETTURE

Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie anti-che, ed entri il re della gloria. Chi è questo re della gloria? Il Signore forte e valoroso, il Signore valoroso in battaglia. Alzate, o porte, la vostra fronte, alzatevi, soglie antiche, ed entri il re della gloria. Chi è mai que-sto re della gloria? Il Signore degli eserciti è il re della gloria. Dal Salmo 23

Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiama-va Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non te-mere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il tro-no di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. (…).Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: av-venga per me secondo la tua parola”. E l’angelo si allontanò da lei. Luca 1, 26-33.38

Benedici, o Signore, noi e il cibo che ci doni e rendi i nostri cuori generosi come Tu sei genero-so con noi. Amen.

“Ecco sto alla porta e busso …”Egli non viene né per onorare il suo nomené per salvare la sua dignità: viene per chi sta dietro la porta chiusa. Io ci sto: in tanti ci stanno; ci sta il mondo. Il quale mi sembra ancor più sprangato in questo Natale …Da secoli, non da decenni, Egli attende …Ma anche se tardasse un po’ … aspettatelo: Egli verrà e lo vedrete tutti e ne godrà il vostro cuore poiché Egli viene a portare la pace al suo popolo e a restituirgli la vita. Don Primo Mazzolari

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Mercoledì 21 Dicembre 2016Ct 2,8-14 opp Sof 3,14-17; Salmo 32; Lc 1,39-45

IL SANTO DEL GIORNO

San Pietro di Canisio, sacerdote e dottore della Chiesa (1521 - 1597) Nato in Olanda, a Nimega, nel 1521, diventa stu-dente di letteratura a Colonia e più tardi entra nella Compagnia di Gesù dopo aver letto l’opuscolo degli Esercizi spirituali che sant’Ignazio aveva appena ter-minato di scrivere. Svolse un’intensa attività dottrinale negli anni in cui si andava affermando la Riforma Pro-testante. Partecipò al Concilio di Trento come teologo e consigliere del Papa e fu autore di due catechismi, uno per adulti e l’altro per giovani, che ebbero enor-me diffusione. Per trent’anni fu superiore provinciale dei Gesuiti in Germania. Quando Pio V gli offrì il car-dinalato, Pietro pregò il Papa di lasciarlo al suo umile servizio della comunità. Morì nel 1597.

LETTURE

Rallégrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Si-gnore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Ge-rusalemme: “Non temere, Sion, non lasciarti cadere le

braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvato-re potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia”. Sofonia 3,14-17

Maria si alzò e andò in fretta verso la regione mon-tuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”. Luca 1,39-45

Sullo sfondo della vita di tutti i giorni c’è sempre il dolore, ma per quanto aspro esso sia la speranza e la certezza nella misericordia del Signore lo vince e lo trasforma. In senso profondo, ogni vita umana è un dramma divino: e in essa ha parte essenziale la provvidenza di Dio che tutti gli atti nostri connette e coordina a fini più eccelsi.

Adriana Zarri

Il pane è caldo e profumato, l’acqua fresca e pura. Dio della vita, siediti a mensa con noi. Amen.

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Benedizione della mensa

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Giovedì 22 Dicembre 20161Sam 1,24-28; Cant 1 Sam 2,1.4-8; Lc 1,46-55

IL SANTO DEL GIORNO

Santa Francesca Saverio Cabrini (1850 - 1917) Francesca nacque nel 1850 da una famiglia numerosa e poverissima a Sant’Angelo Lodigiano, in Lombardia. Rimasta presto orfana, avrebbe voluto prendere i voti ma non venne ammessa in convento a causa della sua salute malferma. Grazie all’interessamento del parro-co di Codogno poté dirigere un orfanotrofio, giungen-do a fondare il primo nucleo delle Suore Missionaria del Sacro Cuore. La fondazione venne posta sotto il Patronato di San Francesco Saverio, santo di cui la donna assunse il nome quando infine pronunciò i voti. In seguito divenne missionaria nelle Americhe, dedicandosi all’assistenza degli italiani che a migliaia partivano, privi di ogni sostegno materiale in cerca di fortuna, e per questo divenne la patrona dei migranti. Morì a Chicago nel 1917.

LETTURE

Allora Anna pregò così: “Il mio cuore esulta nel Signo-re, la mia forza s’innalza grazie al mio Dio. Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io gioisco per

la tua salvezza. L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli si sono rivestiti di vigore. I sazi si sono venduti per un pane, hanno smesso di farlo gli affamati. La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. Il Signo-re fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta. Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero, per farli sedere con i nobili e assegnare loro un trono di gloria. Perché al Signore appartengono i cardini della terra e su di essi egli poggia il mondo”. 1 Sam 2,1.4-8

Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente e Santo è il suo nome; di generazione in generazione la sua mise-ricordia per quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo e la sua discendenza, per sempre”.

Luca 1,46-55

Vivere nell’attesa del ritorno del Signore non è fuga dalla storia; è vivere ancora più pienamente la storia nell’oriz-

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zonte del suo destino ultimo. L’atteggiamento evangelico della vigilanza fonda così un’etica del discernimento: chi attende il Signore si sa chiamato a vivere responsabil-mente ogni atto alla presenza del suo Dio, e comprende che il valore supremo di ogni scelta morale sta nello sfor-zo di piacere a Dio e di santificare il suo Nome compien-do la sua volontà. Cardinal Carlo Maria Martini

Ti rendiamo grazie, Padre che sei nei cieli, perché hai cura di ogni creatura che è sulla terra. Bene-dici la nostra famiglia qui riunita per mangiare. Fa’ che nulla vada sprecato di tutto ciò che ci doni con infinita generosità. Amen.

Venerdì 23 Dicembre 2016Ml 3,1-4.23-24; Salmo 24; Lc 1,57-66

IL SANTO DEL GIORNO

San Giovanni da Kety (1390-1473) Giovanni Canzio nacque a Malec, sobborgo di Kety (Polonia) nel 1390. Studente brillante, divenne do-cente di filosofia a 27 anni e in seguito fu ordinato sa-cerdote. Si distinse per la carità verso i poveri, ai quali destinava tutte le risorse che riusciva a raccogliere. Nel 1440 riprese la docenza a Cracovia e contribuì all’educazione del principe Casimiro. Morì durante la messa della vigilia di Natale del 1473. Dopo la sua morte la gente prese subito a considerarlo santo ricor-dando le sue lezioni di amore tra i malati e gli affama-ti. Predicatore e maestro, seppe conservare con mite limpidezza l’insegnamento cattolico in un momento di gravi controversie e deviazioni dottrinali.

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LETTURE

Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Si-gnore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti.

Malachia 3,1

Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. Le dissero: “Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome”. Allora domandavano con cen-ni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua e parlava be-nedicendo Dio.

Luca 1,57.59-64

Io non amo attendere. Non amo attendere nelle file. Non amo attendere il mio turno.Non amo attendere il treno. Non amo attendere prima di giudicare.

Ti rendiamo grazie, o Padre buono: il cibo che stiamo per prendere giovi alla nostra crescita nel corpo e nello spirito. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Non amo attendere il momento opportuno. Non amo attendere un giorno ancora. Non amo attendere perché non ho tempo e non vivo che nell’istante. Ma tu, Dio, hai scelto di farti attendereper tutto il tempo di un Avvento.Perché tu hai fatto dell’attesa lo spazio della conversione, il faccia a faccia con ciò che è nascosto. Solo l’attesa desta l’attenzione e solo l’attenzione è capace di amare.

Jean Debruynne

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Sabato 24 Dicembre 20162Sam 7,1-5.8b-12.14a.16; Salmo 88; Lc 1,67-79

IL SANTO DEL GIORNO

Sant’ Irmina di Treviri, badessa (VII – VIII sec.) Della vita di sant’Irmina prima della consacrazione religiosa non si conosce molto. Secondo un docu-mento del 646 sarebbe stata figlia di Dagoberto re merovingio, figlio di re Clotario II. E’ comunque certo che nacque e visse a cavallo tra il VII e l’VIII secolo a Treviri, dove, rimasta vedova, fondò un monastero di cui fu badessa. In questa veste si preoccupò di di-stribuire le sue ricchezze in favore dell’opera missio-naria. Irmina fu infatti la maggior benefattrice di san Willibrordo, il grande missionario apostolo del paesi del Nord Europa, al quale fece varie donazioni nel corso del tempo.

LETTUREIo farò di lui il mio primogenito, il più alto fra i re della terra. Gli conserverò sempre il mio amore, la mia alle-anza gli sarà fedele. Stabilirò per sempre la sua discen-denza, il suo trono come i giorni del cielo. Dal Salmo 88

Zaccaria fu colmato di Spirito Santo e profetò di-cendo: “Benedetto il Signore, Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato

per noi un Salvatore potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva detto per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano. Così egli ha con-cesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni. E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati. Grazie alla tenerezza e misericordia del nostro Dio, ci vi-siterà un sole che sorge dall’alto, per risplendere su quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra di morte, e dirigere i nostri passi sulla via della pace”. Luca 1,67-79

Un altro Natale è possibile: ci può essere ancora un Buon Natale! Con il Natale la vita vince nonostante tut-to. Ogni bimbo che nasce è il segno che Dio non si è ancora stancato dell’umanità. Alex Zanotelli

Guarda con bontà, o Padre, noi che attendiamo con fede il Natale del Signore. La venuta di Gesù rischiari il nostro cuore, ci sostenga nelle fatiche di ogni giorno, doni vera fraternità a tutti noi. Amen.

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NATALE DEL SIGNOREDomenica 25 Dicembre 2016(notte) Is 9,1-6; Salmo 95; Tt 2,11-14; Lc 2,1-14

LETTURE

Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Gioiscono davanti a te come si gioisce quando si miete e come si esulta quando si divide la preda. Per-ché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio. Sulle sue spalle è il potere e il suo nome sarà: Consigliere mirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace. Grande sarà il suo potere e la pace non avrà fine sul trono di Davide e sul suo regno, che egli viene a con-solidare e rafforzare con il diritto e la giustizia, ora e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti.

Isaia 9,1-2.5-6

In quei giorni un decreto di Cesare Augusto or-dinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando Quiri-nio era governatore della Siria. Tutti andavano a

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farsi censire, ciascuno nella propria città. Anche Giuseppe, dalla Galilea, dalla città di Nàzaret, salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Die-de alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aper-to, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: “Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cri-sto Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangia-toia”.E subito apparve con l’angelo una moltitudi-ne dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”. Luca 2,1-14

Riconoscere la presenza di Dio nella povertà e debolezza della carne umana

L’Eucaristia della notte di Natale celebra il Cristo risor-to e veniente nella gloria facendo memoria della sua nascita nella carne. Se nella notte pasquale cantiamo che “Cristo è veramente risorto!”, in questa notte can-tiamo che il Risorto è veramente venuto nella carne umana condividendo il cammino di ogni uomo. Dio si è fatto carne con la nascita, è divenuto corpo, il corpo fisico di Gesù di Nazaret, e ora questo corpo crocifisso e risorto lo attendiamo come corpo glorioso universale e cosmico, perché la sua salvezza raggiun-ga tutti gli uomini (II lettura) e la sua pace si estenda su tutta la terra (vangelo). Mentre contempliamo il “Dio-con-noi” (Mt 1,23), attendiamo il “Dio-con-lo-ro” (Ap 21,3). Annunciata profeticamente dalla rinascita gloriosa delle zone settentrionali d’Israele un tempo umiliate (I lettura), la nascita di Gesù a Betlemme di Giudea (Vangelo) è l’evento storico che sta alla base della ri-nascita del credente che, in Cristo, rinnega l’empietà e vive con sobrietà e giustizia in questo mondo (II let-tura).Il mistero dell’incarnazione celebrato nella notte di

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uomini sono chiamati a rinascere e in lui tutto il mon-do dovrà essere intestato, ricapitolato. Appoggiando-si su un’antica versione greca (detta Quinta) del Sal 87,6 Eusebio di Cesarea, nel suo Commento ai Salmi, scrive: “‘Nel censimento dei popoli, questi nascerà là’ (Sal 87,6). Chiaramente ha fatto riferimento al censi-mento durante il quale il nostro Salvatore e Signore è nato, come mostra l’evangelista dicendo (segue la citazione di Lc 2,1)”. Al censimento che si propone di contare i sudditi dell’impero (per motivi militari e fiscali), si oppone il popolo di Dio, il popolo dei santi che solo Dio conosce e di cui nessuna grandezza storica, religiosa o profana, può farsi padrona. Il popolo dei redenti nell’Apocalisse è descritto come “moltitudine che nessuno poteva con-tare” (Ap 7,9) e il censimento del popolo di Dio ordina-to da David nell’Antico Testamento viene condannato da Dio (cf. 2Sam 24; 1Cr 21). La forza della chiesa non sta nel numero dei suoi adepti, nei numeri esibiti che dicono forza e prestigio, né la chiesa è chiamata a schierarsi tra le forze attive e potenti nello spazio pubblico ponendo sul piatto della bilancia “i numeri” che può vantare. E questo non solo perché la massifi-cazione implicita nella riduzione della persona a nu-mero è sempre pericolosa, ma anche perché solo Dio

Natale rinvia direttamente al mistero dell’amore di Dio. Il Dio che si fa uomo è simile a quel re che vole-va sposare una ragazza poverissima e di infime origini e, per non umiliarla in alcun modo, si fece povero come lei divenendo anch’egli un servo e coronando così il suo sogno d’amore. Scrive Søren Kierkegaard a commento di questa storiella: “Questa è l’insondabi-lità dell’amore, il fatto di non diventare per scherzo, ma seriamente e veramente uguale all’amato… Ogni altro tipo di rivelazione sarebbe un’impostura per l’a-more di Dio”. La seconda lettura, cantando “la grazia di Dio apparsa tra gli uomini, che ci insegna a vivere con sobrietà in questo mondo attendendo la beata speranza e la mani-festazione della gloria di Gesù Cristo” (cf. Tt 2,11-13), mostra il riflesso esistenziale dell’incarnazione per i credenti: si tratta di assumere la vita come vocazione e compito; la storia come responsabilità; la speranza del Regno come magistero anti-idolatrico.Mentre l’imperatore Cesare Augusto, che godeva di ti-toli divini, dispiega il suo potere di controllo su tutti e ciascuno nel mondo ordinando un censimento della terra abitata, Dio manifesta la sua signoria sulla storia attraverso l’evento “invisibile” della nascita di un bam-bino che è il Salvatore, il Cristo Signore. In lui tutti gli

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scruta il cuore umano e conosce la fede dell’uomo, la quale abita una dimensione di mistero che non può essere violata.Al suo nascere Gesù appare tra gli emarginati, tra le “vite di scarto”, tra coloro che non destano interesse e non contano. E non su di lui si manifesta la luce della gloria divina, ma sui pastori (cf. Lc 2,9): essi ne han-no bisogno per riconoscere la presenza di Dio nella povertà e debolezza della carne umana. E con loro, anche noi ne abbiamo bisogno. Luciano Manicardi

Ti ringraziamo o Signore per averci riuniti intorno a questa tavola in questo giorno di festa per il tuo Natale. Tu che ti sei fatto uomo come noi vieni a sederti alla nostra mensa e conservaci la gioia di questo giorno. Tu che vivi e regni nei secoli dei se-coli. Amen.

Di umile nascita, le coordinate culturali di Georges Rouault furono l’apprendistato presso un restauratore di vetrate e a seguire l’arte sublime di Gustave Moreau di cui frequentò lo studio con Matisse. L’esperienza con-dotta sulle vetrate è con buona probabilità all’origine di alcuni tratti che identificano la sua pittura: il segno nero che marca i contorni, una guizzante luminosità dei fondi. I profili delle sue figure sottolineati dal nero sono tuttavia originali nel riuscire a caricare d’espressione le immagini, condizionando il nero l’intera scala cromatica. Il tramite di una luminosità notturna e dell’uso evocativo dei colori si deve alla lezione di Moreau. Rouault matura rapida-mente le forme di un drammatico esistenzialismo traen-do vantaggio nel suo percorso intellettuale da Jacques Maritain, che conosce nel 1910. Se il filosofo francese è tra i più profondi pensatori cattolici del Novecento, Rouault è il maggior pittore d’arte sacra del secolo breve.L’artista che ha dedicato la vita all’arte, circondato dalla sua numerosa famiglia, è stato sempre esigente con sé stesso tanto da definire il proprio tragitto come ‘arden-te confessione pittorica’. Dopo gli anni trenta la tensione drammatica si allenta a favore di un maggior equilibrio formale. Tra il 1942 e il 1946 Rouault è impegnato in quattro versioni de La Fuga in Egitto nella realizzazione delle quali si concentra in una appassionata ricerca sulla

ICONA DELLA SETTIMANA

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Benedizione della mensa

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materia e il colore. La composizione è giocata su due regi-stri che aumentano la facilità di lettura: il paesaggio sullo sfondo presenta in posizione centrale una monumentale torre con la cupola blu e un centro abitato dai tetti rossi che va a perdersi verso una catena di monti. In primo piano la Sacra Famiglia con Maria in abito bianco, il capo avvolto dalla luce, e Giuseppe dalla veste rossa intento a condurre l’asino, costituisce una presenza in movimento, in dialogo pacato con il paesaggio. Come accade in nu-merosi suoi dipinti dai soggetti biblici, Rouault ambienta la scena al declinare del giorno: la luce e i colori sono fenomeni palpabili, secondo una poetica che concepisce il paesaggio come un ritratto psicologico in cui al colore è affidato un ruolo decisivo.

Charles de Foucauld: un uomo atteso al “varco” da Dio

Maria Chiara Ferrari, piccola sorella di Gesù

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zione agli ultimi della terra, diventano per fr. Carlo norme di vita. Scrive e vive infatti in quel periodo se-condo regole molto austere, esprimendo con tutta la forza e tutta la volontà il suo desiderio di amare Gesù “imitandolo” il più letteralmente e perfettamente pos-sibile, nel lavoro manuale come nelle relazioni, nella preghiera di giorno e di notte, nel “discendere” con-tinuamente lasciando onori e ricchezze, come Lui, il Figlio di Dio apparso a noi come figlio del carpentie-re di Nazaret. Come un vero innamorato, niente gli sembrava abbastanza per dire il suo amore, nessuna fatica, nessun rischio, nessuna esagerazione...“Tutta la vita non ha fatto altro che discendere: di-scendere incarnandosi, facendosi bambino, obbe-dendo, discendere facendosi povero, abbandonato, esiliato, perseguitato e suppliziato, mettendosi sem-pre all’ultimo posto. Chi potrà mai scendere altrettan-to?” Lo amo, e non posso sopportare di vivere una vita altra dalla sua..”. (Note spirituali)Molto più tardi, vicino ai 50 anni, fr. Carlo si am-mala per un eccesso di digiuno, lavoro, penitenza. e forse anche di solitudine e isolamento. Non ha più le forze, non può più fare nulla né per gli altri, né per sé stesso. Arriva all’estremo limite, si sente mori-re. Ha bisogno che qualcuno lo curi e si occupi di lui. Lo salveranno, nutrendolo con latte di capra, i vicini Tuareg, quelli per i quali è venuto a stabilirsi nel deserto, quelli che avevano bisogno di lui e ai quali voleva portare fede e cultura, proponendosi di dare il massimo e non accettare nulla in cambio.Insieme al cedimento fisico, la crisi spirituale di fr.

Charles de Foucauld, esploratore scientifico e mi-litare, si ri-converte al cristianesimo, sua religione d’origine, grazie alla testimonianza di preghiera dei musulmani in Marocco. Affascinato dall’Islam, senza pertanto diventare musulmano, e profondamente toc-cato dalla fede vissuta e manifestata senza comples-si dai musulmani, vive cosi il suo primo contatto da adulto con la fede, che lo porterà concretamente alla “conversione”, dopo un periodo trascorso senza cre-dere in nulla. “L’Islam ha prodotto in me un profondo sconvolgimento. La vista di questa fede.. m’ha fatto intravedere qualcosa di più grande e di più vero delle occupazioni mondane “Ad maiora nati sumus”. Mi sono messo a studiare l’Islam, poi la Bibbia e, mentre la grazia di Dio agiva, la fede della mia infanzia si è trovata confermata e rinnovata”. (Lettera a H. De Castries

8.7.1901) Nei suoi scritti troviamo spesso l’espressione “Dio é più grande”. La sua sete di assoluto trova nella sem-plicità del dogma islamico la confessione della Tra-scendenza e dell’Onnipotenza radicali. “Allah Akbar! Dio è più grande.. solo Lui merita i nostri pensieri, le nostre parole.. Tutto quello che non ci conduce a questo conoscere meglio e meglio servire Dio è tem-po perduto”. (Lettera a H. De Castries 14.8.1901)

Solo più tardi, durante brevi soggiorni in Terra San-ta, toccando i luoghi che Lo hanno visto, scopre più profondamente Gesù di Nazaret e il Dio di Gesù e se ne innamora perdutamente, fino a “perdere il cuore” e la vita stessa per Lui. L’umiltà di Dio, la vicinanza, la povertà, la piccolezza e l’impotenza, l’identifica-

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Carlo è profonda. Confessa di non sentire più che “ama”, si sente arido e svuotato, impoverito dei suoi sentimenti, della sua vita interiore, del suo amore, della sua fede e speranza, del suo coraggio e teme-rità. Si chiede se la sua vita ha avuto un senso, se non abbia creduto a una missione impossibile, che si rivela un fallimento. “Aridità e tenebre, tutto mi é penoso, preghiera, meditazione, persino dire a Gesù che l’amo. Devo aggrapparmi alla vita di fede. Se al-meno sentissi che Gesù mi ama, ma non me lo dice mai”. (Note spirituali)Il Signore lo attende a questo varco. Non è più la sua forte volontà, non sono più i suoi grandi desideri, né le sue capacità di lottare e resistere, ma la sua resa incondizionata a Lui che infine attira l’Amato. “Mi abbandono a Te, fa’ di me ciò che ti piace”.Un altro volto di Dio si manifesta a Lui. È il Dio che viene incontro, e lo fa attraverso l’altro. La debolez-za e la malattia gli permettono di incontrare gli altri diversamente. “Forse aveva creduto di poter fare a meno della reciprocità che definisce l’amicizia, que-sta perla preziosa e rara, che ormai l’aiuterà a vivere“. (A.Chatelard)

Deve abbandonare la ricerca volontarista di una perfezione religiosa, deve accettare se stesso nel bi-sogno, smettendo di credersi e volersi un superuo-mo. Inizia cosi ad accogliere gli altri come sono, a condividere semplicemente, dando e ricevendo; non annota più solo i consigli che deve dare agli al-tri, ma quelli che riceve dai più prossimi. Si lascia infine prendere, si lega agli altri. Se la sua “preoc-

cupazione di dare il buon esempio” non sembra abbia dato frutti, saranno invece “la sua gioia che irradia, la sua estrema bontà e umile dolcezza” (A.Chatelard) a conquistare la gente con cui vive.

L’ itinerario personale di fr. Carlo può forse indicarci qualche pista per vivere il tempo d’avvento? Propon-go tre aspetti:

- La sua vita rimanda alla nostra vita: possiamo in-dividuare qual è oggi la nostra tappa e di conse-guenza la nostra conoscenza di Dio e di noi stes-si? Ogni tappa esprime un volto di Dio e chiama ad una conversione; nello stesso tempo le tappe della vita coesistono in noi, con le loro possibilità e le loro tentazioni.

- Più che di uno sforzo, si tratta di acquisire una consapevolezza, sentirci sicuri della Sua atten-zione in ogni momento, sapendo che Lui stesso suscita in noi il bisogno di convertirci dalla mon-danità alla fede, da un Dio Trascendente a un Dio vicino; lo fa spesso con mezzi ordinari, cioè con ciò che ci circonda, ciò che vediamo, sentiamo e tocchiamo, ciò che avviene nel quotidiano.

- Forse, soprattutto in questo tempo e nel nostro mondo pieno di incertezze e timori, apparente-mente dominato più dalle tenebre che dalla luce, accogliere e scoprire che il Signore viene, che nulla lo ferma, che desidera condividere con noi, camminare con noi, vivere con noi, e in questo modo salvarci. E che il Suo volto si confonde con il volto dell’Altro che bussa alla nostra porta.

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Koinè è una cooperativa ONLUS di tipo B, finalizzata all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.

Koinè crede al lavoro come strumento riabilitativo e d’in-

tegrazione sociale; attraverso il lavoro la persona acquista dignità e

consapevolezza di sé e del proprio ruolo nella società.

LA COOPERATIVA

KOINÈ COOPERATIVA SOCIALE a R.L.Via F.lli Calvi, 9

24018 VILLA D’ALMÈ (BG) Tel. 035/636079 - Fax 035/6322211

@ [email protected]

Koinè è una cooperativa ONLUS di tipo B, finalizzata all’inserimento lavorativo di per-sone svantaggiate.Koinè crede al lavoro come strumento ri-abilitativo e d’integrazione sociale; attra-verso il lavoro la persona acquista dignità e consapevolezza di sé e del proprio ruolo nella società.

LA MISSION

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