lettura integrale della divina commedia di dante alighieri ... · partecipata, una maggiore...

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provincia di pesaro e urbino assessorato attività culturali, editoria in collaborazione con società dante alighieri e comuni di cagli, carpegna, frontone, gradara, pesaro, piobbico, san leo, sant’angelo in vado, sassocorvaro, urbino e con la partecipazione di liceo classico, linguistico, psicopedagogico «t.mamiani» di pesaro Lettura integrale della Divina Commedia di Dante Alighieri nella provincia di Pesaro e Urbino anno primo - inferno 7 ottobre > 16 dicembre 2007

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Page 1: Lettura integrale della Divina Commedia di Dante Alighieri ... · partecipata, una maggiore divulgazione e un confronto con un pubblico più vasto. ... Maria e Beatrice vestibolo

provincia di pesaro e urbino assessorato attività culturali, editoria

in collaborazione con società dante alighieri

e comuni di cagli, carpegna, frontone, gradara, pesaro, piobbico, san leo, sant’angelo in vado, sassocorvaro, urbino

e con la partecipazione di liceo classico, linguistico, psicopedagogico «t.mamiani» di pesaro

Lettura integrale della Divina Commedia di Dante Alighierinella provincia di Pesaro e Urbino

anno primo - inferno7 ottobre > 16 dicembre 2007

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anno primo - infero

Al di là di Dante Introduzioni e commenti magistrali alfredo prologo Presidente Società Dante Alighieri, Comitato di Pesaro

Letture eseguite dapietro conversano lucia ferrati

e dagli allievi irene aldanese emanuela cinalli fabio condemi elisa della martire marta fiorenzuolo francesca gabucci ilaria madonna giulia marchionni gian marco pellos liceo «t. mamiani» di pesaro

e con la partecipazione straordinaria dei musicistidaniela battistiarpa celtica, canto, salterio ad arcoclaudio iacomucci fisarmonicaivan gambini percussioni, clarinettofiuliana maccaroni organo

Registrazioni e ambientazionisonore a cura diluca marzi

Lettura integrale di:La Commedia secondo l’antica vulgata, l’Infernoedizione critica del testo a cura di giorgio petrocchiEdizione Nazionale Società Dantesca Italiana, 2° ristampa riveduta, 1994

Lettura integrale della Divina Commedia di Dante Alighierinella provincia di Pesaro e Urbino

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programma �

ottobre

domenica 7, ore 21.00Pesaro, chiesa di Cristo Re canti ii-iii-iv

domenica 14, ore 17.00Gradara, rocca Malatestianacanti v-vi-vii

domenica 21, ore 17.00Frontone, castellocanti viii-ix-x

domenica 28, ore 17.00San Leo, fortezza canti xi-xii-xiii

novembre

domenica 4, ore 17.00Sassocorvaro, teatro della Rocca canti xiv-xv-xvi

domenica 11, ore 17.00Sant’Angelo in Vado, teatro Zuccaricanti xvii-xviii-xix

domenica 18, ore 17.00Piobbico, castello Brancaleonicanti xx-xxi-xxii

domenica 25, ore 17.00Cagli, palazzo Berardi, Mochi-Zamperolicanti xxiii-xxiv-xxv

dicembre

domenica 2, ore 17.00Carpegna, palazzo dei Principicanti xxvi-xxvii-xxviii

domenica 9, ore 17.00Urbino, grotte del duomocanti xxix-xxx-xxxi

domenica 16, ore 21.00Pesaro, chiesa monumentale di San Giovanni Battistacanti xxxii-xxxiii-xxxiv

I luoghi potranno essere raggiunti tramite mezzo proprio o tramite il bus messo a disposizione dalla Provincia che partirà da Pesaro (Piazzale della Libertà) tutte le domeniche di rappresentazione (tranne la prima e l’ultima) alle ore 15,00. L’orario di partenza dai luoghi di

rappresentazione, per il rientro a Pesaro in bus è previsto per le ore 19,30 circa.Durante il tragitto in bus una guida spiegherà al pubblico le caratteristiche del luogo ospite e, quando l’orario lo consentirà, lo accompagnerà in una breve visita, nel posto stesso, prima della Lectura Dantis.

Si prega di prenotare il posto in bus telefonando allo 0721 359424 – Ufficio Relazioni con il Pubblico della Provincia – referente Isabella Marini, nei giorni di lunedì e di mercoledì antecedenti la domenica di rappresentazione dalle ore 12.00 alle ore 13.30.

avviso per il pubblico

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Che l’afflato della «nostra maggior Musa» aleggi in più di un luogo del territorio

costituente la provincia di Pesaro è certamente cosa nota anche a coloro che in

qualche modo il ricordo serbino di una sia pure lontana e affrettata lettura del poema

dantesco. Può tuttavia essere motivo di diletto e anche di intima soddisfazione per

chi o per nascita o per altre ragioni si senta partecipe delle vicende di questa terra

ripercorrere il «fatale andar» del «ghibellin fuggiasco» onde rivivere nel cuore e nella

mente quanto di suggestivo risvegliano le tracce lasciate dall’alta poesia.

da Dante e la provincia di Pesaro, di Otello Bussi, Edizioni del Veliero, 1999

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E’ un progetto ambizioso questa lettura integrale dell’opera di Dante che si realizzerà attraverso trentatré appuntamenti, nel corso di tre anni, in diverse località della nostra provincia. Ma non sono molti in Italia i luoghi che, come il territorio del nostro Montefeltro e delle nostre città, possono veramente definirsi «danteschi» per averli Dante visitati o raccontati o citati in modo tale da poter ancora oggi offrirci suggestioni straordinarie, atmosfere affascinanti, riconoscimenti colti dal nostro stanco passato.L’interesse che stanno suscitando la conoscenza o l’approfondimento del capolavoro per eccellenza della letteratura italiana si intreccia con la consapevolezza che Dante è un contemporaneo che parla a noi e di noi, che la sua lettura del mondo ci dice ancora quali valori sono immutabili, che senza la sua poesia non saremmo quello che siamo e soprattutto non sapremmo quello che dovremmo essere.Per questo abbiamo l’ambizione di offrire l’occasione di ricavare, nel tumulto e nelle banalità del nostro vivere quotidiano, alcuni momenti di godimento intellettuale in chiese, abbazie, conventi, chiostri, rocche, teatri, boschi, che sono stati scelti per la loro affinità con i contesti e le atmosfere descritte nelle tre cantiche del Poema.L’articolazione degli incontri, dove le letture di Pietro Conversano e Lucia Ferrati saranno precedute dalle presentazioni del prof. Alfredo Prologo, presidente della Società Dante Alighieri, Comitato di Pesaro, è accompagnata da momenti musicali e visivi di grande impatto, linguaggi quindi particolarmente suggestivi per le giovani generazioni, che sono coinvolte in prima persona attraverso laboratori di lettura e, ci auguriamo, una partecipazione diretta alla rassegna.

sen. palmiro ucchielli simonetta romagnaPresidente della Provincia di Pesaro e Urbino Assessore Attività Culturali - Editoria

presentazione 5

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La lettura e l’interpretazione del testo dantesco occupano da sempre un ruolo importante nel corso di studi del nostro Istituto, per cui immediata è stata la nostra adesione al Progetto Lectura Dantis propostoci dall’Assessorato alle Attività Culturali della Provincia di Pesaro Urbino; anche perché crediamo che la Divina Commedia non debba rimanere solo all’interno delle aule scolastiche, dove è forzatamente legata a valutazioni e verifiche, ma meriti una lettura libera e più partecipata, una maggiore divulgazione e un confronto con un pubblico più vasto.Il laboratorio di lettura a cui hanno partecipato i giovani lettori del Liceo Mamiani si è inserito in un più ampio percorso del nostro Istituto che prevede un primo approccio alla lettura ad alta voce a partire dalle classi seconde. Tale lavoro, finalizzato ad una maggiore conoscenza delle proprie potenzialità espressive oltre che ad una riflessione sul testo letterario in una nuova prospettiva, ha sicuramente permesso al gruppo di ragazzi di aderire all’iniziativa con consapevolezza e di affrontare il testo dantesco con maggiore competenza. Ci auguriamo quindi che l’esperienza si prolunghi nel tempo e che possa contribuire ad una corretta conoscenza e maggiore diffusione dell’opera dantesca.

antonio nanniPreside del Liceo T. Mamiani di Pesaro

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«...Quanto più il suo mondo si allontana, di tanto si accresce il nostro desiderio

di conoscerlo e di farlo conoscere a chi è più cieco di noi».

Eugenio Montale

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All’avvento del terzo millennio, Dante è un contemporaneo che non ci stanchiamo di interrogare.«Eppure, per un lettore del nostro tempo la fictio dantesca esige un grande sforzo di immaginazione. Pochi credono ormai in un qualsivoglia Paradiso da raggiungere in questa vita. La conquista dell’Assoluto è per noi qualcosa di ancor più fantastico della stessa finzione dantesca». (J. Freccero)

Cerchiamo di capire. La Poesia è tanto più grande quanto più è immedesimazione col nostro essere. Chi si accosta alla Commedia non tarda ad accorgersi che il Poeta parla anche di lui e di tutta l’umanità smarrita, riferendosi non solo alla salvezza dell’anima, ma anche a quei grandi temi culturali ed etico-politici che sono sempre in dibattito nel mondo degli uomini: il rapporto tra etico e politico, la configurazione di uno Stato che si preoccupi del benessere dei cittadini, le leggi eterne che regolano l’universo e il ritmo della nostra esistenza, i misteri dell’arte. La Commedia costituì il fondamento di quell’utopia dell’immanente che la civiltà umana tarda a realizzare. «Dante è l’intellettuale di tutti i tempi, è il Socrate e il Galilei, è l’Idiota di Dostojevskij e il Don Chisciotte di sempre, lo sconfitto in un mondo in cui trionfa la mediocrità, il solitario indifeso in una giungla che oscura, soffoca lo spirito. Perché, al di là delle utopie, chi praticamente imita Cristo, chi si fa apostolo della pace, dell’amore, della giustizia, si rende come Cristo: scandalo». Nella nostra società, Dante è una presenza ineliminabile, come una vocazione mancata o un rimorso.Egli ha affidato al suo poema l’anelito ad una convivenza pacifica in un mondo equilibrato dalla ragione, sicuro della giustizia, libero dall’ansia del successo e della ricchezza, nobilitato dalla forza dell’ingegno e dalla cultura dell’anima.E la sua opera continua, a distanza di secoli, ad arricchirci e a commuoverci, ad incoraggiare e confortare. Perché la speranza di Dante, mutati i tempi e le condizioni storiche che la generarono, rimane ancora, oggi e più che mai, la nostra speranza.

alfredo prologoPresidente della Società Dante Alighieri, Comitato di Pesaro

al di là di dante 9

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Domenica 7 ottobre ore 21.00 Pesaro chiesa di Cristo Re 12

canti ii • iii • iv Lucia, Maria e Beatricevestibolo o antinferno: IgnaviCelestino VCarontePrimo Cerchio o limbo: «gli spiriti magni»

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione digiulia marchionni (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da giuliana maccaroni organo

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

ii cantoUn messaggio di salvezza disceso dall’alto dà al Poeta il crisma di un’investitura solenne, lo aiuta a vincere lo smarrimento e la coscienza d’imperfezione che lo attanagliavano e assicura al suo «viaggio» la superiore giustificazione di un’indagine sulla vita terrena del suo tempo e di ogni tempo: un singolare pellegrinaggio all’insegna dell’Amore, per Dio e per gli uomini. Una trasposizione sul piano simbolico-narrativo delle premesse, che rendono possibile una così straordinaria impresa.

iii cantoFotogrammi di una visione: il paesaggio inquietante dell’Inferno, il primo incontro con l’orrido mondo del peccato, la turba spregevole dei vili e l’antagonismo di Dante, che nella vita ha scelto, ha pagato, ha sofferto; la desolata riva dell’Acheronte, la calca delle anime in attesa di essere traghettate, il nocchiero Caronte, tra uomo e demone, impaziente, rissoso, brutale. Una tensione emotiva e stilistica che sfronda la pittoricità descrittiva del modello virgiliano.

iv cantoUna sceneggiatura e un’ambientazione dai colori attenuati, un’atmosfera pervasa da composta malinconia.É il Limbo, il primo cerchio nella topografia dantesca dell’Inferno. Dannati senza peccato, ma senza fede: sono gli alti spiriti che illuminarono il mondo con la loro elevata moralità e la sapienza fondata sulle sole forze della ragione. Una situazione privilegiata nell’oltretomba, un clima di dignità e autorevolezza, ma l’inesorabile esclusione dalla verità e dalla felicità vere. Fu, il loro, un «cammino diverso».

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La chiesa di Cristo Re di Pesaro 1�

La parrocchia di Cristo Re viene istituita ed eretta il 31 ottobre 1954. Ne è nominato Rettore-Parroco Don Dario Mei che vi rimarrà fino al 1989, anno della sua morte. La nuova chiesa e l’altare maggiore vengono solennemente consacrati il 24 ottobre 1964 da Mons. Luigi Carlo Borromeo.Nella Chiesa si possono ammirare la Statua del Sacro Cuore di Gesù, scolpita in legno obeche colorato, dello scultore Don Marco Melzi e il crocifisso policromo – che sovrasta l’altare maggiore – dello scultore Loreno Sguanci. Dietro l’altare, lo storico organo Mascioni. L’imponente strumento fu realizzato nel 1906 dalla ditta organaria Mascioni di Cuvio (VA) in occasione dell’Esposizione Universale di Milano, nella quale fu premiato con la medaglia d’oro, e successivamente

ubicato all’Auditorium Pedrotti. Il Liceo Rossini, divenuto ormai Conservatorio di Stato, continuò ad usare l’organo Mascioni del salone Pedrotti fino al 1951, anno in cui fu revisionato e, con l’occasione, trasformato da pneumatico in elettrico. Nella primavera del 1974 il Direttore del Conservatorio pesarese, M° Gherardo Macarini Carmignani, in accordo con la Fondazione Rossini, decise di sostituire il grande organo Mascioni con un nuovo organo a trasmissione meccanica. Nel 1975 venne formalizzata l’idea di portare il «vecchio» strumento nella Chiesa di Cristo Re (sprovvista di organo), grazie all’interessamento di Don Dario Mei, dell’Avvocato Carlo Facondini e del Dottor Orlando Ghirlanda, componenti dei Consigli di Amministrazione del Conservatorio e della

Fondazione. La competente Soprintendenza ai beni artistici e storici, però, non autorizzò la rimozione della cassa in stile floreale, opera della Ditta Galletti di Como, troppo legata all’architettura del Salone Pedrotti. All’organo venne creata una nuova facciata, realizzata con canne di stagno e canne di rame. Le caratteristiche fonico-timbriche di questo strumento lo rendono unico nel suo genere e particolarmente adatto ad essere utilizzato, oltre che per il servizio liturgico, per una più vasta attività musicale di tipo concertistico, con particolare riferimento al repertorio romantico e sinfonico. Dal 2004, durante i mesi estivi, la Chiesa ospita il prestigioso festival internazionale organistico Vespri d’Organo a Cristo Re.*

—* Le notizie sono tratte da Anthea Grasselli, Gli organi del Liceo Musicale «G. Rossini» di Pesaro, in Informazione Organistica n. 2/1990 pp.6-10; Paolo Di Tommaso, Un uomo e una chiesa, Urbania, Arti Grafiche Stibu, 1995

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Domenica 14 ottobre ore 17.00 Gradara rocca Malatestiana Anticappella 14

canti v • vi • vii Minosse II Cerchio: Lussuriosi Paolo e Francesca III Cerchio: Golosi Cerbero, Ciacco IV Cerchio: Avari e Prodighi Pluto

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione diemanuela cinalli (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da daniela battisti arpa celtica, canto, salterio ad arco

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

v cantoL’Inferno come luogo di degradazione e di perenne sofferenza: Minosse, demoniaco e grottesco, che giudica le anime; la misera turba che lo circonda; la bufera implacabile che travolge i dannati, i «peccator carnali»; la disperazione del presente destinato a durare al di là del tempo.... Il primo colloquio diretto di Dante è con una donna, Francesca da Rimini,

una protagonista della «cronaca nera» del Duecento, «esempio» dei peccatori di adulterio morti violentemente in conseguenza della loro infedeltà. Una pietosa vicenda in cui Amore è mito e perdizione.

vi canto«Grandine grossa, acqua tinta e neve», melma, fetore, urlare canino di Cerbero: è lo scenario squallido del terzo cerchio, quello dei golosi.Una sozzura fisica che è quadro allusivo della turpitudine morale e insieme cornice alla denuncia del fiorentino Ciacco, che presto esploderà, a condanna di una prassi politica che dimentica l’eticità dello spirito.

vii cantoL’insensatezza del peccato e il giusto contrappasso della pena di avari e prodighi, coloro che non conobbero misura né armonia nel tenere e nel dare: l’acre polemica di Dante contro il culto per il denaro della borghesia emergente, l’avarizia del clero e la corruzione della Chiesa. Nel contesto dell’episodio, un’opportuna digressione sul rapporto tra ricchezza e fortuna: un’interpretazione dantesca assolutamente nuova e originale, ma un problema aperto per le future generazioni.

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La rocca Malatestiana di Gradara 15

In epoca romana, Gradara fu uno dei tanti pagi dell’agro pesarese. La prima costruzione, la torre medioevale del mastio, risale al 1150 per opera di Pietro e Ridolfo De Grifo. Nel XIII secolo il castello – celebre in tutto il mondo per la drammatica storia d’amore di Paolo e Francesca – passò sotto il dominio di Malatesta da Verucchio (capostipite della omonima famiglia), che lo trasfomò in un rocca inespugnabile, costruendoci attorno 700 metri di mura con 17 torri merlate e tre ponti levatoi. Ai Malatesta di Rimini seguirono gli Sforza di Milano che lasciarono segno del loro passaggio con la pala di Andrea della Robbia, il loggiato, lo scalone e con i magnifici affreschi che si possono trovare anche nell’appartamento di Lucrezia Borgia che qui visse tre anni come moglie di Giovanni Sforza, prima che il padre, papa Alessandro VI facesse annullare il matrimonio. Dopo l’annullamento, la rocca rimase nelle mani di Cesare Borgia detto il Valentino fino a quando, alla morte del papa, Giovanni Sforza tornò con Ginevra Tiepolo, sua terza moglie in attesa dell’erede Costanzo, nato nella sala dei Putti, appositamente affrescata per l’evento. Morto Costanzo prematuramente nel 1513 subentra Francesco Maria della Rovere, nipote di papa Giulio II.Nel 1631 la rocca insieme al ducato di Urbino, passa allo

Stato Pontif icio. Fino all’unità d’Italia si succedettero nel castello i conti Santinelli, i pesaresi Omodei, Albani e Mosca. Nel 1920, iniziarono i lavori di restauro del castello ad opera dell’ingegnere Umberto Zavettoni. Alla sua morte, la moglie Alberta Porta Natale abitò la splendida residenza che divenne luogo di eleganti feste e concerti di musica classica che richiamavano i nobili di tutta Europa. Nel 1983, alla morte di Alberta Porta Natale il castello è divenuto proprietà dello Stato.

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Domenica 21 ottobre ore 17.00 Frontone castello 16

canti viii • ix • x V Cerchio: Iracondi e Accidiosi Flegiàs Filippo Argenti Diavoli la Porta di Dite VI Cerchio: Eretici le Furie gli Epicurei Farinata degli Uberti, Cavalcante Cavalcanti

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione diilaria madonna (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Registrazioni e ambientazioni sonore a cura di luca marzi

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

viii cantoScene rapidissime e repentini trapassi: la «morta gora» della palude Stigia, ove «genti fangose», gli iracondi, si azzuffano con violenza bestiale, mentre in superficie gorgogliano i lamenti degli accidiosi;

il saettante percorso del nocchiero Flegiàs; la nuova fisionomia di Dante, protagonista di uno scontro col fiorentino Filippo Argenti. L’apparire infine delle torri infocate del basso Inferno e l’opposizione di uno stuolo di diavoli come assalto delle forze del male che contraddicono la ragionevolezza di chi lo rifiuta.

ix cantoImmagini mostruose, sconfortanti, suggerite dall’antica mitologia ed evocate da Dante a rappresentare il momento più difficile del suo itinerario salvifico, i rimorsi, la consapevolezza delle proprie colpe: le figure terrificanti delle Erinni, di Medusa, simbolo della disperazione che pietrifica la coscienza, togliendole ogni capacità e volontà di riscatto. Ma anche, ad annunciare la liberazione, dono della Fede, l’apparizione di un messo divino che si accosta alle mura di Dite, le percuote come vento di tempesta e mette in fuga i diavoli oppositori. Una sacra rappresentazione medioevale,che assume il carattere dell’eterna lotta tra il Bene e il Male.

x cantoUno sfondo di fuoco. Un silenzioso paesaggio sepolcrale ove si tormentano, in avelli scoperchiati, «eretici» ed «epicurei», che negarono l’immortalità dell’anima e diedero valore solo alle ragioni del vivere terreno. Farinata degli Uberti, capo ghibellino della generazione precedente, un «magnanimo» che Dante ammirò, e Cavalcante Cavalcanti, padre del poeta Guido, di cui Dante fu il «primo amico»: due personaggi diversi nel carattere e nei toni, due autorevoli rappresentanti di una società immersa nelle passioni e nei contrasti, capaci di elevarvisi attraverso i generosi sentimenti, il rispetto degli avversari, la commossa partecipazione al dramma della città.

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Il castello di Frontone 17

La storia di Frontone è legata soprattutto al suo castello, conteso da principi e da guerrieri per il dominio delle contrade circostanti e che oggi rappresenta uno dei più chiari esempi dell’architettura militare dell’XI secolo. Per lunghi periodi dovette sottostare alla giurisdizione di Cagli e poi a quella di Gubbio. Dal 1291 al 1420 i veri signori di Frontone furono i Gabrielli di Gubbio.Spodestata la signoria dal conte Guidantonio d’Urbino, Frontone s’inserisce, per oltre un secolo, nella storia dell’illustre famiglia dei Montefeltro e di quella dei Della Rovere che le succedette nel possesso del ducato di Urbino.

Nel 1445 Sigismondo Malatesta di Rimini in guerra contro il duca Federico da Montefeltro, tentò di togliergli il castello, ma il personale intervento del duca Federico mise in fuga i Malatesta. Fu probabilmente in seguito a questo fatto d’armi che il duca decise di intraprendere importanti lavori di potenziamento del sistema difensivo valendosi dell’opera di Francesco di Giorgio Martini, famoso architetto e conoscitore della scienza militare.Frontone divenne contea nel 1530 per effetto del decreto di Francesco Maria Della Rovere, duca d’Urbino, con cui donò al nobile modenese Giammaria della Porta, il castello con tutto il suo territorio, conferendogli il titolo di conte.Nel 1808 i della Porta furono privati di tutti i diritti, facoltà e giurisdizioni di cui godevano, tranne che del titolo nobiliare e delle proprietà private.Dopo anni di abbandono, nel 1965 il castello fu acquistato da Dandolo Vitali che lo rivendette pochi anni dopo al conte Ferdinando della Porta. Nel 1985 il comune di Frontone decideva di acquistarlo ed infatti oggi il castello è di proprietà comunale.

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Domenica 28 ottobre ore 17.00 San Leo fortezza 18

canti xi • xii • xiii Anastasio II l’ordinamento morale del Basso Inferno VII Cerchio: Violenti I Girone: i Violenti contro il prossimo il Minotauro i Centauri i Tiranni II Girone: i Violenti contro se stessi la selva dei Suicidi le Arpie Pier delle Vigne

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione difabio condemi (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da claudio iacomucci fisarmonica

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xi canto «La più bella lezione universitaria del Medioevo»: la parola degli antichi filosofi spiana il cammino al messaggio dei Vangeli. L’inesauribile sperimentalità del linguaggio dantesco a spiegare la complessa

struttura del mondo infernale: differenze tra peccati d’incontinenza e peccati di malizia, I’essenza del peccato di usura, alla luce di Aristotele e della Bibbia.Una spiegazione fondata su argomenti razionali accessibili anche a chi ignori la Rivelazione.

xii cantoUna frana di ciclopiche proporzioni, uno scosceso dirupo a guardia del quale è un mostro mitico, il Minotauro, la cui opposizione bestiale Dante e Virgilio debbono superare; un fiume di sangue bollente, il Flegetonte, popolato di omicidi, tiranni, predoni e sorvegliato da Centauri, agili e destri, esecutori intelligenti e inflessibili della consegna loro imposta di colpire con frecce quei dannati che tentano di sottrarsi alla pena. É il cerchio dei violenti contro il prossimo e le loro cose e queste sono tutte immagini di violenza. Pare la rappresentazione realistica di una società aggressiva, quella contemporanea al Poeta, piena di tiranni, tirannelli, signorotti, partigiani rissosi e pronti alla zuffa.

xiii cantoUn episodio virgiliano dell’Eneide riscritto da Dante in chiave cristiana. Un «mondo alla rovescia», ove tutto è negazione della razionalità: uomini-pianta, arbusti nodosi, neri, contorti, che sanguinano, parlano, sui quali nidificano mostruose donne-uccello, le Arpie; voci da presenze invisibili; lo stesso linguaggio contorto, aspro, strano...É il girone infernale dei suicidi, che innaturalmente spezzarono l’unità tra corpo e spirito e che ora la giustizia divina condanna a un ibrido connubio tra natura umana, che essi disprezzarono, e quella vegetale, di ordine inferiore.

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La fortezza di San Leo 19

Forse la più conosciuta e celebrata tra le fortezze del Montefeltro, quella di San Leo svetta, in posizione imprendibile, alla sommità di una cuspide rocciosa che sovrasta l’abitato omonimo e domina la valle del Marecchia. Le origini dei questa fortezza si perdono già all’epoca delle guerre fra Goti e Bizantini (VI secolo). Fu costantemente oggetto di contesa soprattutto durante i secoli XIV e XV, fino a quando venne definitivamente conquistata dai

Montefeltro nel 1441, ad opera del giovane Federico da Montefeltro. Il possente apparato difensivo di San Leo sembra essere un prolungamento del masso che lo sostiene: è difficile distinguere fra l’opera della natura e quella dell’uomo, capace di potenziare i vantaggi del sito. Seguì le sorti del ducato nella successione delle famiglie dinastiche: Montefeltro, Borgia, Della Rovere, Medici fino ad arrivare al 1631 anno di devoluzione allo Stato Pontificio. Con questi ultimi divenne aspro carcere nelle cui celle finì i propri giorni Giuseppe Balsamo, conte di Cagliostro. Anche dopo l’unità d’Italia, la fortezza continuò ad assolvere la sua funzione di carcere fino al 1906. Gli spazi interni della rocca sono oggi attrezzati per soddisfare esigenze espositive e museali.

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Domenica 4 novembre ore 17.00 Sassocorvaro teatro della rocca 22

canti xiv • xv • xvi III Girone: i Violenti contro DioCapaneoil Veglioi Violenti contro natura: SodomitiBrunetto LatiniJacopo RusticucciGuido GuerraTegghiaio Aldobrandi

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione dimarta fiorenzuolo (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Registrazioni e ambientazioni sonore a cura di luca marzi

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xiv cantoUna potente caratterizzazione della colpa e del castigo dei bestemmiatori: l’eroe greco Capaneo, uno dei Sette a Tebe, un’apparenza colossale, che giace tra gli altri «dispettoso e torto», in una landa desolata su cui si abbatte una pioggia di fuoco. In realtà un debole, schiacciato dalla consapevolezza della propria impotenza eppure, al di là di ogni

ragionevolezza, coerente nel proprio peccato. Urla, impreca, bestemmia: la sua pena è nel mancato riconoscimento della sconfitta. Una scelta di solitudine, voluta dalla giustizia divina.

xv cantoUn «dannato venerabile», uno dei personaggi ideali della giovinezza di Dante: Brunetto Latini, illustre intellettuale e politico della generazione precedente, condannato ora, tra i sodomiti, a correre senza posa sul sabbione infocato.Torna l’incitamento del Maestro al doloroso cammino della rettitudine; gli corrisponde la fedeltà del discepolo all’insegnamento ricevuto. E si profila la figura del Poeta, «exul immeritus» nella degenerazione contemporanea, la tetragona volontà di affrontare con fierezza le difficoltà della vita, la consapevolezza del proprio valore, I’integrità della propria coscienza.

xvi cantoFirenze, la sua decadenza e degenerazione. É il tema dell’accorato dialogo di Dante con tre nobili concittadini, esponenti dell’antica società: Guido Guerra, Tegghiaio Aldobrandi e Jacopo Rusticucci, violenti contro natura, anche loro, come Brunetto, lacerati dal dissidio tra grande sentire e miseria del peccato. Sono segno dell’austera Firenze del passato, ove «genti nove e subiti guadagni» non avevano ancora imbarbarito il costume né arroganza e sopraffazione soppiantato «valore» e «cortesia».Al mito di quella città guardano con nostalgia e venerazione i tre interlocutori e Dante con loro.

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Il teatro della rocca di Sassocorvaro 2�

È un teatro di sala ricavato all’interno della rocca di Sassocorvaro. Occupa lo spazio di quello che fu il salone maggiore del fortilizio, posto al piano superiore dove era stato ricavato l’Appartamento del castellano. Cessata la funzione militare della rocca e diventata la stessa residenza civile, l’uso del suddetto salone come teatro dovette apparire più che naturale; ma solo dopo il 1860, quando la rocca entrò a far parte del patrimonio comunale, il teatro diventò pubblico.Lo stesso presenta una struttura del tutto particolare, quasi anomala rispetto alla tipologia dei teatri storici marchigiani; non dispone, infatti, di palchi, ma solo di un palchettone ligneo fiancheggiato da paraste che si protende sui due lati lunghi della sala con una balconata, fino a sfiorare il boccascena, fiancheggiato a sua volta da due paraste. La volta a tutto sesto è quella dell’antico salone quattrocentesco, interamente dipinta nel 1895 dal locale pittore Enrico Mancini (1867-1913) con soggetti liberamente tratti dal repertorio tardo neoclassico (grottesche, festoni, putti, riquadrature e paesaggi) e la cui nota dominante è il blu acceso del grande scomparto centrale popolato da svolazzanti putti alati. Del Mancini è anche la decorazione a finte arcate che sovrasta la balconata e quella a riquadri con grottesche e paesaggi della balaustra, così come il sipario dove è riprodotta sullo sfondo un’immagine di Sassocorvaro vista attraverso le arcate di una finta loggia con tanto di tendaggi sospesi. Del tutto perdute, purtroppo, sono le decorazioni pittoriche che dovevano allietare un tempo la zona inferiore delle pareti, quella sottostante il palchettone e la balconata, oggi resa amorfa da un intonaco a tinta unica.La rocca di Sassocorvaro, opera di straordinaria importanza, fu fatta costruire attorno ad un preesistente fortilizio per ordine del duca Federico da Montefeltro.

Venne commissionata nel 1475 a Francesco di Giorgio Martini dal Conte Ottaviano degli Ubaldini al quale il duca Federico aveva concesso Sassocorvaro in Signoria. Appartiene al cosiddetto periodo di transizione in cui si passa dalle fortificazioni medioevali a quelle tipiche del Rinascimento. Può essere considerata un prototipo sperimentale, il primo tentativo fatto perché un’opera difensiva potesse opporsi con efficacia agli effetti distruttivi della nuova arma, la bombarda. Durante la seconda guerra mondiale, oltre 10.000 capolavori e opere d’arte provenienti dalle Marche, da Venezia e dal resto d’Italia ebbero rifugio e salvezza in questa rocca, grazie all’intervento dell’allora Soprintendente di Urbino, Pasquale Rotondi. Al protagonista di quella straordinaria impresa è dedicato il Premio Rotondi ai salvatori dell’arte, che dal 1997 si svolge, ogni anno, a Sassocorvaro.

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Domenica 11 novembre ore 17.00 Sant’Angelo in Vado teatro Zuccari 24

canti xvii • xviii • xix III Girone: i Violenti contro l’Arte: Usurai Gerione anime di Usurai Malebolge VIII Cerchio: Fraudolenti I Bolgia: Ruffiani, Seduttori: Giasone II Bolgia: Adulatori: Taide III Bolgia: Simoniaci: Papa Niccolò III, Bonifacio VIII, Clemente V

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione difabio condemi (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da ivan gambini percussioni, clarinetto

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xvii cantoUna tra le più audaci invenzioni fantastiche e figurative della Commedia, tra suggestioni realistiche, visionarie e oniriche: il mostro Gerione, rappresentante del mondo della Frode, in groppa al

quale, singolare macchina volante, i due poeti scenderanno nell’abisso che li divide dall’ottavo cerchio. Volto di uomo dabbene, branche leonine, corpo di serpente decorato di arabeschi, coda biforcuta dalla punta velenosa. Non parla: tutta la sua vitalità è affidata ai movimenti della coda. Allegoria dell’indecifrabile mutabilità del reale, tra ambiguità ingannevole e violenza dissimulata.

xviii cantoUn nuovo paesaggio infernale: quello di Malebolge, la città della frode, perfetta immagine di un castello medioevale con mura, fossati, ponti levatoi, scogli, ponticelli...Un tetro carcere che racchiude la straordinaria varietà dei peccatori fraudolenti.Si rivela la vena comico-realistica di Dante in una teatralità mossa e incalzante: diavoli cornuti frustano ruffiani e seduttori che fuggono freneticamente, adulatori affondano nello sterco.Così l’alto disgusto del Poeta sottolinea la materia bestiale e degradata dei peccati puniti nelle prime due bolge.

xix cantoUna pena bizzarra: dannati capovolti in buche infocate all’interno delle quali si tormentano i simoniaci, coloro che fecero commercio di cose sacre, confitti a capo in giù e con i piedi lambiti da fiamme, prima di precipitare sottoterra al sopraggiungere di un altro dannato.É un papa, Niccolo III, l’ «exemplum» prescelto, protagonista di sequenze da commedia degli equivoci: uno scambio di persona, ira e stizza per la delusione, la denuncia dei propri torti e di quelli dei suoi successori, la sdegnata reazione di Dante contro la degenerazione della Chiesa, che si ritorce a infamia del delatore, il suo comico, frenetico scalciare.

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Il teatro Zuccari di Sant’Angelo in Vado 25

Il teatro «Zuccari», così denominato in onore dei fratelli Federico e Taddeo, celebri pittori vadesi, risale al XVII secolo.All’esterno l’edificio, prospettante su piazza Umberto I (popolarmente nota come piazza del Papa per la presenza della statua di papa Clemente XIV), non denuncia apertamente la sua destinazione. Si presenta, infatti, come una costruzione seicentesca, caratterizzata da un portico al piano terreno (da cui si accedeva al magazzino dell’Abbondanza dell’olio) e da una serie di finestre al piano superiore corrispondenti in origine ad uno stanzone dove nel 1618 l’architetto vadese Bartolomeo Breccioli ricevette l’incarico di ricavare una sala teatrale: «Fare una sala grande sul Monticello,

ove si facevan le scuole, e servire potrebbe d’utile ed onore della terra per potervi rappresentare azioni onorate». I lavori dovettero comunque prolungarsi nel tempo, tenuto conto che un trave d’abete della copertura porta la data del 1624. Una prima risistemazione del locale, portò all’aggiunta dei palchi, disposti su due ordini con sovrastante balconata a uso di loggione. Dalla data della sua costruzione, si sono susseguite alterne vicende nel corso della storia del teatro: i documenti ci parlano di momenti di decadimento con conseguenti interventi di restauro e manutenzione.Così è nel 1761, quando si attua la ristrutturazione del tetto, nel 1841, e nel 1849, quando Giuseppe Rossi, di Perugia, fu incaricato alle decorazioni interne.

Ma l’intervento più radicale, trasformatosi in vero snaturamento storico, avviene negli anni Trenta del nostro secolo, quando vennero abbattuti i palchi e fu costruita una galleria in cemento armato, così che oggi la sala non presenta più i caratteri tipici del vecchio teatro storico.Un’ultima ristrutturazione si ha nel 1949, per riparare i danni causati dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale.

Per l’occasione sarà esposto il volume Dante Istoriato di

Federico Zuccari, Salerno Editrice

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Domenica 18 novembre ore 17.00 Piobbico castello Brancaleoni 26

canti xx • xxi • xxii IV Bolgia: Maghi e Indovini: Tiresia, Manto V Bolgia: Barattieri: I Malebranche, l’Anzian di Santa Zita, Ciampolo da Navarra

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione dielisa della martire (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Registrazioni e ambientazioni sonore a cura di luca marzi

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xx cantoUna processione muta e lentissima di peccatori, gli indovini, stravolti nell’aspetto, che procedono a ritroso col capo rivolto indietro. Una deformazione fisica che richiama, per contrasto, la natura della loro colpa: aver preteso di conoscere l’avvenire, che appartiene agli imperscrutabili disegni di Dio, e di cambiare il corso degli eventi. Lacrime silenziose

inondano loro la schiena; piange Dante, appoggiato a una roccia, turbato dall’umiliante degradazione della figura umana. Risuona l’ammonimento di Virgilio, che si appella all’impegno etico –religioso del discepolo e a quella pietà più vera che è disposizione d’amore verso l’umanità.

xxi cantoScene e toni da farsa popolare, volgarità verbale, un mondo animalesco e istintivo. É la quinta bolgia, riservata ai barattieri, coloro che trafficarono per interesse personale nelle cose e nelle cariche pubbliche: un lago di pece bollente ove sono immersi i dannati, che una schiera di diavoli spietati uncina quando emergono per troppo tempo; il tentato assalto ai due pellegrini; la perfidia del loro capo Malacoda e l’invito truffaldino a lasciarsi guidare da un drappello di loro; la gestualità della paura e la diffidenza di Dante; l’osceno segnale della partenza.... Una sorta di racconto d’immagini, vivificato da una straordinaria mobilità espressiva.

xxii cantoTra un guizzo e l’altro di barattieri all’approssimarsi dei demoni persecutori e la violenza bestiale di questi, lo strano spettacolo di una gara di abilità e prontezza con due inediti protagonisti: uomo e diavolo. Ciampolo di Navarra si sottrae con fulminea destrezza ai suoi aguzzini e alla loro rabbiosa impazienza, sfruttando, per distrarli e immergersi, l’avida curiosità di Dante e Virgilio e scatenando una zuffa tragicomica tra i diavoli.Una beffa che contiene una sua triste morale: il potere dell’intelligenza consente alla baratteria fraudolenta di prevalere anche sulla perversità diabolica.

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Il castello Brancaleoni di Piobbico 27

La storia di Piobbico è racchiusa nel castello Brancaleoni (sec. XIII - XVII) che domina l’abitato dall’alto di una collina, e nel Borgo Medievale che si adagia sul fianco della collina stessa. Il borgo (Borghetto) è un complesso medievale che forma con il castello un tutto armonico, ed è chiuso da due porte, una al limite del ponte sul fiume Candigliano, l’altra dalla parte della via Cupa, sotto la chiesa di S. Pietro, eretta nel XIV sec. ed ampliata del 1773.Il castello fu oggetto di notevoli interventi: le aggiunte, le modifiche e le diverse decorazioni si susseguono a ritmo incessante dal tardo medioevo fino al 1600 inoltrato. I Brancaleoni, probabili discendenti dei Longobardi, abbandonato il primo fortilizio di Mondelacasa (ancora oggi sono visibili i resti di imponenti muraglie arroccate su un picco sotto il M. Nerone, dette Muracci) edificarono il fortilizio nel

XIII secolo, su antiche preesistenze della comunità piobbichese (Publicum) individuabili ancora nell’ala nord-est del palazzo.Il castello Brancaleoni è stato oggetto negli ultimi anni di un sapiente restauro ed è stato riportato al suo antico splendore, ridonando al visitatore uno dei più bei palazzi del Montefeltro.

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Domenica 25 novembre ore 17.00 Cagli 28

canti xxiii • xxiv • xxv VI Bolgia: Ipocriti: Caifas VII Bolgia: Ladri: Vanni Fucci, Caco

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione diirene aldanese (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da ivan gambini percussioni, clarinetto

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xxiii cantoUn’atmosfera plumbea, una tristezza greve,un profondo silenzio: è la sesta bolgia, quella degli ipocriti, che procedono lentamente, come schiacciati dal peso di cappe di piombo, smaglianti d’oro all’esterno.

Uomini dunque dal doppio aspetto: all’apparenza bonari e accattivanti, intimamente malvagi e fraudolenti. Un male, l’ipocrisia, tipicamente legato al mondo ecclesiastico, agli ordini religiosi.Il disprezzo di Dante è contenuto entro i limiti del ritratto psicologico e della satira, ma non per questo meno palese e sdegnoso.

xxiv cantoUna vista spaventosa dall’alto della settima bolgia: un’allucinante osmosi tra anime terrorizzate (i ladri) e rabbiosi serpenti.Una fra le tante tremende visioni: un peccatore che, morso alla nuca, s’incenerisce e presto recupera la sua figura primitiva. É il pistoiese Vanni Fucci, al quale «piacque» essere ladro sacrilego, uomo arrogante e bestiale, ma spirito contorto: ostentazione, sofferenza, vergogna per essere stato scoperto e riconosciuto da Dante. E subito scatta la malevola predizione all’avversario politico: la disfatta dei Bianchi pistoiesi e fiorentini, tra i quali lo stesso Poeta, che perderà la speranza del ritorno dall’esilio.

xxv cantoMaestria tecnica, impegno letterario e stilistico, vigore etico, segreta e intensa vibrazione religiosa: un sacrilego urlo di sfida, un insulto a Dio come ultimo atto del drammatico incontro-scontro con Vanni Fucci, l’immediata punizione del peccatore.Poi sequenze da film dell’orrore: trasformazioni e fusioni di uomini e rettili, metamorfosi lente e progressive, orridi connubi, a denunciare il degrado bestiale degli individui nel disordine di una società dominata dalla legge dell’intelligenza fraudolenta.

palazzo Berardi, Mochi - Zamperoli

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Il palazzo Berardi, Mochi - Zamperoli di Cagli 29

Il grande Berardi Mochi-Zamperoli è il più importante palazzo seicentesco di Cagli, dai numerosi soffitti affrescati con scene mitologiche, portali e camini in pietra. La storica dimora situata nel centro della città e di proprietà della Provincia di Pesaro Urbino, è stato recentemente restaurato dopo un intervento, avviato nel 2004, che ha permesso il completo recupero dell’edificio e degli affreschi che ornano alcune delle sale. Il palazzo, che si sviluppa su cinque piani, per un totale di circa 3.000 mq, è stato acquistato nel 1997 dalla Provincia, per essere destinato a sede della biblioteca storica di Cagli e dei corsi provinciali di formazione.

Pochi mesi dopo l’acquisto l’edificio era stato gravemente danneggiato dal terremoto, che aveva causato il crollo di una volta, oltre a lesionare alcune strutture murarie portanti. Conosciuto nella seconda metà del ‘600 come palazzo di Anton Francesco Berardi, venne abitato nel ‘700 dall’architetto Anton Francesco Junior e nell’800 dall’architetto Michelangelo Boni, allievo di Valadier, il quale vi effettuò rimarchevoli lavori di restauro sia all’interno che all’esterno. Il palazzo ha duplice ingresso. Il principale, lungo via Alessandri, presenta un grande portale in pietra corniola sormontato da un balcone poggiante su cinque mensoloni sagomati; al centro della balaustra, lo stemma del casato Mochi Zamperoli; il grande portone è in legno con motivi geometrici; le finestre del piano nobile hanno tutte le cornici decorate. In asse all’ingresso principale, è l’ingresso secondario in piazza San Francesco con portale ad arco a tutto sesto e bugne in arenaria con due maniglie ad anello e testa umana baffuta del secolo XIX.

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canti xxvi • xxvii • xxviii VIII Bolgia: Consiglieri fraudolenti, Ulisse e Diomede Guido da Montefeltro IX Bolgia: Seminatori di discordie e di scismi: Maometto, Pier da Medicina Bertram de Born

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione difrancesca gabucci (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da ivan gambini percussioni, clarinetto

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xxvi cantoUn’ampia vallata coperta di fiamme vaganti, simili alle lucciole di un tramonto estivo. Racchiudono le anime dell’ottava bolgia, quelle dei consiglieri fraudolenti, uomini di perfida astuzia, ma anche di grandi

capacità intellettuali, spesso peccatori per eccesso d’intelligenza. Il racconto che Ulisse fa del suo ultimo viaggio è una metafora della dignità umana: un viaggio della conoscenza entro spazi inaccessibili, sulle tracce di un sapere che non conosce confini. Ma è il racconto di una sconfitta: quella di chi, confidando nelle sue sole forze, si rifiuta di accettare l’invalicabile legge naturale dei limiti umani.

xxvii cantoUno scorcio di vita contemporanea: i contrasti che lacerano la terra di Romagna. A chiederne notizie è un tristo consigliere, Guido da Montefeltro, uomo d’armi uso agli inganni e alle astuzie della politica, frate e penitente per un tardivo pentimento frustrato da un ultimo consiglio di frode richiesto e ottenuto da un papa simoniaco,spirito del male: Bonifacio VIII.La storia amara di una dannazione, il fallimento non soltanto di una vita, ma di una politica concepita come pratica di violenza e di frode.

xxviii cantoUn orrendo spettacolo di corpi mutilati, membra mozze e deturpate. Sono i seminatori di discordie, che in vita divisero ciò che era unito, provocarono lacerazioni interne alla Chiesa, guerre civili, faide familiari, risse e contese...Punto focale della rappresentazione il provenzale Bertram de Born, reo di aver diviso un figlio dal padre e ridotto a un troncone che solleva col braccio il capo staccato. Fantasia visiva rapportata alla realtà più dolorosa: piaghe, sangue, deformazioni come specchio simbolico di una società divenuta un organismo perennemente sanguinoso e diviso.

Domenica 2 dicembre ore 17.00 Carpegna palazzo dei Principi sala del trono �2

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Il palazzo dei Principi di Carpegna ��

Il 30 aprile 1674 ebbero inizio gli scavi per gettare le fondamenta del grandioso palazzo dei conti di Carpegna. Fino allora i conti e le loro famiglie avevano sempre abitato nella vecchia Rocca, un castello fortificato di cui oggi non rimane più traccia, posto su uno sperone roccioso al disopra dell’attuale palazzo. La rocca comprendeva, oltre al castello dei conti, anche le abitazioni dei pochi abitanti del paese. L’esigenza di una dimora più comoda e facile a raggiungersi e nello stesso tempo dotata di più moderni mezzi di difesa e che fosse degna della nobiltà della famiglia, portò alla costruzione del nuovo palazzo signorile. Il progetto fu affidato dal cardinale Gaspare conte di Carpegna ad uno dei migliori architetti del tempo: Giovanni

Antonio De’ Rossi di Roma. Per la costruzione del palazzo fu utilizzato buona parte del materiale che costituiva la vecchia rocca oltre a pietra arenaria cavata a Miratoio ed a Pietrarubbia, trasportata a Carpegna e qui lavorata direttamente dallo scalpellino Biagio Vantaggi. I lavori si conclusero nel 1696.All’interno nella sala del trono si trova ancora il baldacchino a testimoniare la sovranità della famiglia di Carpegna Falconieri. Nella sala gialla vengono conservate le poltrone e le consolles dorate oltre all’ultima bandiera dello Stato di Carpegna, prima che questo passasse sotto lo Stato Pontificio, nel 1819, assieme a tutto il palazzo; la sala verde conserva i ritratti delle figure femminili della casata. Il

palazzo ospita anche una ricca biblioteca, archivio della nobile famiglia. Nei sotterranei si trovano le scuderie, le cucine e la dispensa. Nel 1851 il conte Luigi di Carpegna - Falconieri riacquistò il palazzo e da all’ora è ancora abitato dai discendenti della famiglia dei principi di Carpegna Falconieri. Durante la II Guerra Mondiale, per merito di Pasquale Rotondi, furono nascoste nel palazzo (così come nella rocca di Sassocorvaro), opere di Tiziano, Piero della Francesca, Caravaggio, Beato Angelico, Raffaello, Tintoretto, Donatello e numerosi altri capolavori provenienti dal castello sforzesco di Milano e da varie gallerie di Roma, sottratte in questo modo alle razzie tedesche.

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canti xxix • xxx • xxxi X Bolgia: Falsari: Gianni Schicchi, Mastro Adamo, Sinone Pozzo dei Giganti: Nembrot, Briareo, Anteo

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione difrancesca gabucci (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Registrazioni e ambientazioni sonore a cura di luca marzi

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xxix cantoNella bolgia dei falsari, la decima, l’ambientazione è quella dell’ospedale, meglio del lazzaretto medioevale: infermità laide e repellenti, fetore di carni marcite, ovunque i segni di un disfacimento

fisico, simbolo di quello dell’animo. Eppure la tragedia della rappresentazione del luogo pare stemperarsi attraverso scorci di cronaca cittadina evocati da due falsari di metalli ricoperti di squame, come lebbra o scabbia,che si graffiano rabbiosamente con le unghie. Fa capolino il quadro ammiccante di Siena, dissipata e gaudente, patria di brigate vanesie e spenderecce, di tutto un costume di vita messo in burla con tono amaramente ironico.

xxx cantoFalsatori di persona in preda a follia furiosa, falsari di moneta col corpo deformato dall’idropisia, falsatori di parola stravolti da una febbre violenta: una fastidiosa vicinanza, un clima di inquietudine reso più insopportabile dallo stato di malessere fisico.Spicca già nei connotati esteriori della sua deformazione (l’enorme mole del ventre) maestro Adamo, che falsificò moneta per i Conti di Romena: certi tratti della sua personalità sembrano riscattarlo in qualche modo dall’atmosfera infernale, ma una rissa volgare col greco Sinone, una sorta di commedia plebea, lo ricaccia implacabilmente al livello di degradazione degli altri dannati.

xxxi cantoAl fondo dell’Inferno, al centro della Terra e dell’Universo,un pozzo si apre ad accogliere un’immensa distesa di ghiaccio: il nono e ultimo cerchio,quello dei traditori, il punto più basso della decadenza dell’uomo. Nella penombra, in un paesaggio spettrale scosso da un assordante suono di corno, l’emergere improvviso di terrificanti torrioni simili a quelli delle città fortificate. Sono in realtà giganti immani, in piedi nel pozzo, a suo tempo protagonisti di una tracotante rivolta contro il potere divino, sconfitti e incatenati per la loro bestialità presuntuosa.Impotenza immobile e bruta: il torpore dell’intelligenza li fa muti o incomprensibili.

Domenica 9 dicembre ore 17.00 Urbino grotte del duomo �4

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Le grotte del duomo di Urbino �5

La cripta, o oratorio della grotta, presenta tra i suoi tesori una splendida pietà in marmo eseguita da Giovanni Bandini nel 1957 su commissione di Francesco Maria II della Rovere. La sua origine è da collegarsi a quella di una pia confraternita (riunita dal padre Recalchi, minore osservante veronese, venuto a predicare a Urbino nell’anno 1500) che iniziò la sua attività in varie sedi, finché il patrizio urbinate Girolamo Staccoli fece richiesta a Guidobaldo I di alcune stanze dei sotterranei del duomo. Accolta la richiesta i confratelli ridussero a oratorio due di codesti ambienti che officiarono nel 1507 come Compagnia dell’Umiltà. È incerto chi abbia fornito i disegni delle tre cappelle; si è pensato a Federico Comandino, ma non è da escludere l’intervento di Girolamo Genga o del Martini stesso. Le tre cappelle ripetono la planimetria absidata della zona presbiteriale del tempio superiore e sono disimpegnate da un lungo corridoio corrispondente al transetto. Esse furono danneggiate, specie la centrale, dal crollo della cupola e quindi dai restauri della fine del XVII secolo. La cappella della Natività è di forme architettoniche che

fanno pensare allo stesso Martini: volta a botte impostata su cornicetta. All’altare marmoreo, con colonne corinzie e timpano spezzato, è una mediocre adorazione dei pastori del bolognese Emilio Taruffi, secondo l’iscrizione in calce alla tela.La cappella del Santo Crocifisso, gravemente danneggiata dal crollo della cupola, fu interamente rinnovata su disegno del Valadier (1794), mentre il Rondelli allo scadere di quel secolo, eseguì gli stucchi della volta, a lacunari con i simboli della Passione e degli Evangelisti. Nella nicchia di questo è collocato il crocifisso ligneo trovato nel 1507 e salvatosi dalla rovina nel 1789. Qui è sepolto l’ultimo Duca di Urbino, Federico Ubaldo, ucciso nel 1623.La cappella della Resurrezione o della Pietà ha forme

analoghe a quella corrispondente della Natività. Alla parete destra, entro una nicchia di marmo nero, si trova collocata la pietà che, dopo la rovina della cupola, venne qui trasferita dalla cappella centrale nel 1796. L’opera, evidentemente ispirata al dipinto di Sebastiano del Piombo gode tutt’ora di una secolare ammirazione popolare. Questa pietà, quanto meno il Cristo, è considerata dalla critica come capolavoro del Bandini – detto Giovanni dell’Opera per la sua lunga attività presso l’Opera del duomo di Firenze – eseguita circa verso il 1583-86.

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Domenica 16 dicembre ore 21.00 Pesaro �6

canti xxxii • xxxiii • xxxiv IX Cerchio Cocito: Traditori Caina: Traditori dei parenti Antenora: Traditori della patria o del partito: Bocca degli Abati Conte Ugolino della Gherardesca Tolomea: traditori degli ospiti Frate Alberigo, Branca D’Oria Giudecca: traditori dei benefattori: Lucifero, Giuda, Bruto, Cassio.

Voci dei versi pietro conversano e lucia ferrati

con la partecipazione digian marco pellos (liceo «t. mamiani» di pesaro)

Musica eseguita dal vivo da giuliana maccaroni organo

Al di là di Dante, di Alfredo Prologo

xxxii cantoTraditori dei congiunti, della patria o del partito: i più spregevoli, confitti nel ghiaccio eterno che congela le lacrime e blocca la vita. Una lacerante sopravvivenza di rancore, di rabbia, di faziosità, in personaggi legati alla cronaca, remota o vicina, di Firenze e dei Comuni toscani al loro tramonto, ove l’adesione a un sistema di governo cittadino diviso in fazioni, portatore di odi implacabili, fece spesso dimenticare il rispetto di quei valori che legano gli individui di una stessa comunità. Dante è protagonista nel farsi voce di una superiore giustizia, nel denunciare chi si è fatto strumento di vergogna e disonore, ricacciandolo nella sua infamia.

xxxiii cantoLa scena raccapricciante di un dannato proteso ad addentare la nuca di un compagno di pena richiama uno dei più feroci episodi di lotta politica nell’Italia del ‘200: il Conte pisano Ugolino della Gherardesca condannato a morire atrocemente per fame, in compagnia di due figli e due nipoti, dai nemici di parte guidati dall’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini. Il padre oltraggiato, traditore e tradito, rivive nella pagina dantesca tutto l’orrore di quel dramma, il suo indicibile patimento, l’amore per i giovinetti inconsapevoli, l’inestinguibile desiderio di vendetta. Sullo sfondo, il volto demoniaco di una società che, nel furore della politica, non riesce a salvare nemmeno gli affetti più elementari.

xxxiv cantoEscono di scena gli squallidi peccatori della Tolomea, i traditori degli ospiti, e un’ultima, orrenda apparizione si profila: Lucifero, suprema figurazione del Male, una massa bruta mostruosamente triplice, bestiale contrapposto della Trinità, che maciulla nelle sue tre bocche Giuda per il tradimento a Cristo, fondatore della Chiesa, Bruto e Cassio per quello a Cesare, fondatore dell’Impero. Nessuna possibilità di interferire su Dante o solo di comunicare con lui: il suo distacco dal Male, dopo la lunga meditazione sul peccato, è definitivo. É tempo di ascensione verso le «cose belle che porta il cielo».É tempo di «riveder le stelle».

chiesa monumentale di San Giovanni Battista

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di Pesaro �7

La chiesa di San Giovanni Battista è uno dei monumenti più belli della città di Pesaro. La sua storia è segnata dalle vicissitudini di cinque secoli.Il complesso ecclesiale di San Giovanni, da sempre appartenuto ai frati Minori dell’Osservanza, fu iniziato ad edificare nel 1543 su committenza del duca Guidubaldo II e su progetto dell’urbinate Girolamo Genga, architetto di corte dei Della Rovere.Proseguito dal figlio Bartolomeo, l’originario modello genghiano è rimasto incompiuto nella facciata e nei fianchi, a causa della cronica carenza finanziaria del ducato ed anche della resistenza dei frati allo sfarzo eccessivo del progetto. L’incompiutezza non pregiudica tuttavia il valore monumentale della chiesa che, ben inquadrata nel tessuto urbano, finì per qualificare da un punto di vista architettonico le vie sulle quali si affacciava, sia ampliandole ed attribuendo loro un carattere di monumentalità, sia influendo sulla edificazione di nuovi palazzi. Il linguaggio architettonico adottato per l’esterno del San Giovanni, tra le opere più tipiche di Girolamo Genga, non differisce

sostanzialmente da quello dell’Imperiale, a cui è riconducibile per varie analogie.Tra le opere d’arte all’interno, a croce latina con presbiterio a pianta ottagonale e nove altari, vanno menzionati un affresco di scuola riminese della seconda metà del Quattrocento, due tele attribuite a Gian Giacomo Pandolfi (Sec. XVII) ed una alla sua scuola, un’altra della scuola del Barocci (Sec. XVI) ed il monumento funebre del letterato e poeta pesarese Giulio Perticari, opera neoclassica dello scultore Luigi Mainoni.La chiesa aperta al culto, è anche sede di concerti in occasione delle più importanti ricorrenze religiose (Natale, Epifania, ecc.).

La chiesa monumentale di San Giovanni Battista

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la società dante alighieri

La Società Dante Alighieri nasce nel 1889 grazie ad un gruppo di intellettuali guidati da Giosuè Carducci e viene eretta Ente Morale con R. Decreto del 18 luglio 1893, n. 347; con d. l. n. 186 del 27 luglio 2004 è assimilata, per struttura e finalità, alle ONLUS. Il suo scopo primario, come recita l’articolo 1 dello Statuto sociale, è quello di «tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all’estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l’amore e il culto per la civiltà italiana». Per il conseguimento di queste finalità, la «Dante Alighieri» si è affidata e si affida tuttora all’aiuto costante e generoso di oltre 500 Comitati, di cui più di 400 attivi all’estero. Africa, America, Europa, Asia e Oceania. Ogni continente oggi può contare sull’attività instancabile e volontaria delle sedi della «Dante», che non solo svolgono corsi di lingua italiana, ma anche manifestazioni culturali di vario genere destinate alle migliaia di soci e di studenti innamorati della nostra Italia e desiderosi di conoscerla in tutti i suoi aspetti caratteristici, dall’arte figurativa alla musica, dallo sport al cinema, dal teatro alla moda, fino alla letteratura. Per mezzo dei Comitati all’estero, inoltre, la «Dante Alighieri» istituisce e sussidia scuole, biblioteche, circoli e corsi di lingua e cultura italiana, diffonde libri e pubblicazioni, promuove conferenze, escursioni culturali e manifestazioni artistiche e musicali, assegna premi e borse di studio; per mezzo dei Comitati in Italia partecipa alle attività intese ad accrescere ed ampliare la cultura della nazione e promuove ogni manifestazione

rivolta ad illustrare l’importanza della diffusione della lingua, della cultura e delle creazioni del genio e del lavoro italiani. Punto di riferimento per i Comitati dell’Italia e dell’estero è la Sede Centrale, situata a Roma, in Palazzo Firenze, e presieduta dall’Ambasciatore Bruno Bottai. Dal 1993, in base alla convenzione n. 1903 del 4 novembre con il Ministero degli Affari Esteri, la Società Dante Alighieri opera per la certificazione dell’italiano di qualità con un proprio certificato PLIDA (Progetto Lingua Italiana Dante Alighieri). La Certificazione PLIDA, con il plauso scientifico dell’Università «La Sapienza» di Roma», è riconosciuta anche dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (decreto 18/10/2002) e dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (convenzione 11/2/2004), e attesta la competenza in italiano come lingua straniera secondo una scala di sei livelli rappresentativi di altrettanti fasi del percorso di apprendimento della lingua che corrispondono a quelli stabiliti dal Consiglio d’Europa.

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alfredo prologo

E’ laureato in lettere classiche. Ha insegnato per un quarantennio nei licei.Ha concluso la sua carriera nel liceo Psico-Pedagogico «E.L.Morselli» di Pesaro (Lingua e letteratura italiana e Storia). Ha fatto parte di commissioni di maturità e di concorso nazionale a cattedre. Ha organizzato corsi di aggiornamento per insegnanti. I suoi interessi si dividono tra linguistica e critica letteraria. Ha scritto saggi (Luigi Chiarelli e il grottesco, Francesco De Sanctis. L’uomo,il maestro, il patriota, l’introduzione a Il conservatorio delle zitelle di Pesaro di Luigi M.Bianchini).Suoi articoli culturali sono stati pubblicati sul «Resto del Carlino». Attualmente cura la rubrica «Questioni di lingua « nel periodico «Lo specchio della città». Dal 1995, è presidente del Comitato di Pesaro della Società Dante Alighieri, fondato nel 1894.

pietro conversano

Allievo e collaboratore del Maestro Orazio Costa Giovangigli si dedica, sin dagli esordi della sua carriera, agli studi danteschi. Al fianco del proprio Maestro si esibisce, per la prima volta, presso la Badia Fiorentina (luogo in cui si svolsero le prime lecturae dantis ad opera di Giovanni Boccaccio). Successivamente, sempre a Firenze, collabora come attore con una tra le più importanti compagnie teatrali italiane (Magazzini produzioni) alla realizzazione di un progetto triennale sulla Divina Commedia, (drammaturgia per l’Inferno: E.Sanguineti; per il Purgatorio: M.Luzi; per il Paradiso: G.Giudici.) che andrà in scena per quattro anni nei più importanti teatri italiani e Internazionali. Per le celebrazioni sul Rinascimento Italiano viene invitato dall’Istituto di Cultura Italiano a Helsinki a leggere Dante. A Firenze presso il Museo Marini, in occasione delle celebrazioni dantesche, viene insignito dalla Società Dantesca Italiana della Medaglia d’Argento. Insegna Recitazione e Mimica alla Scuola di Teatro La Scaletta di Roma, al CEIS (Centro italiano per la solidarietà) per il recupero dei tossicodipendenti e nei Centri di Igiene Mentale, dirige il Centro Culturale «Casale Garibaldi» di Roma, collabora con il C.I.M. (centro d’igiene mentale) USL Roma 2; è direttore artistico della scuola di teatro «Mimesis» per la formazione dell’attore secondo il metodo mimico di Orazio Costa, di Roma; dirige laboratori teatrali in Abruzzo, Puglia, Marche, Emilia Romagna, Lazio, Umbria, Toscana, Liguria. Partecipa, come attore e regista, alle manifestazioni sul Rinascimento italiano e alle celebrazioni

goldoniane svoltesi ad Helsinki in Finlandia. Ha all’attivo oltre sessanta spettacoli teatrali e una decina di films per il cinema e la TV, diretto, tra gli altri, da O. Costa,G. Lavia, F. Zeffirelli, P.F.Pingitore, S.Amatucci, F. Tiezzi (compagnia dei Magazzini), M.Rellini, M. G.Cipriani (Teatro del Carretto), M.Panici.E’ stato diretto da L. Castellani ne «I Padri della Patria - Tito Speri» (nel ruolo di Tito Speri) RAI - TV, da G. Base in «Tra cielo e terra - Padre Pio» RAI - TV, M.Mongelli ne «La casa delle Donne». In qualità di regista ha diretto numerosi spettacoli teatrali e videografici.

lucia ferrati

Laureata in Lettere Moderne, ha scritto saggi su Mario Morasso, Dino Garrone, Ercole Luigi Morselli, Antonio Conti. Nel 1994 è autrice della biografia di Ercole Luigi Morselli nel volume, edito dalla Nuova Italia, Ercole Luigi Morselli. Vita e Opere (in collaborazione con Vasili Bertoloni Meli, autore della sezione del volume intitolata Opere). Dal 1997 al 1999 ha diretto le stagioni teatrali e concertistiche del Teatro Sociale di Novafeltria. Ha curato, per l’Amministrazione Provinciale di Pesaro e Urbino, la direzione artistica di «Sipario Ducale. Festival delle Terre di Pesaro e Urbino» (1995-1999). E’ stata inoltre ideatrice e direttore artistico di «70’s Flowers: miti e racconti di una rivoluzione» (2003-2005); «Le Modelle. Antiche donne & Contemporanee. Percorsi di genealogia femminile» (2004-2007); «Andar per fiabe. Storie fantastiche nei boschi e nei parchi della provincia di Pesaro e Urbino» (2005-2007), «Perle. Per le donne che cambiano. Il divenire della differenza» (2007).Ha inoltre diretto le rassegne «L’Arte dello spettatore. Lezioni di Teatro (Comune di Pesaro, 2001-2004), e «Natale all’Annunziata» (Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, 2001-2005). Dal 1999 è regista delle Lezioni Magistrali del festival «Antico/Presente», organizzato dal Comune di Rimini. Dal 1994, svolge regolarmente attività di lettrice e speaker. E’ docente di laboratori di lettura ad alta voce presso Istituti Scolastici nelle Marche ed in Emilia Romagna. Ha all’attivo numerose letture sceniche.

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daniela battisti

Daniela Battisti si è diplomata in canto nel Conservatorio «G. Rossini» di Pesaro studiando con Maria Clara Ziegler. Ha seguito corsi di perfezionamento in canto barocco della S.I.F.D. di Roma tenuti da Cristina Miatello, Claudio Cavina e Rossana Bertini e ha conseguito il diploma in Maestro di Canto nell’Accademia del Teatro «Città di Cagli» con Mario Melani, Pietr Kenealy e Nadia Bellelli. Si esibisce in formazioni cameristiche e a solo, accompagnandosi con la piccola arpa (celtica e gotica) e con il salterio ad arco, tenendo anche lezioni-concerto. Dal 2001 forma con la pianista Federica Dall’Acqua il Duo F.D. (polistrumentale) con repertorio incentrato principalmente sulla musica spagnola e latinoamericana del ‘900, popolare italiana ed ebraica sefardita, per cui realizzano arrangiamenti e rielaborazioni.

ivan gambini

Ivan Gambini si è diplomato in clarinetto nel 1992 e, nel 1994, con il massimo di voti e la lode, in strumenti a percussione presso il Conservatorio Statale di Musica «G.Rossini» di Pesaro. Vincitore di numerosi concorsi nazionali e internazionali, svolge attività concertistica in Italia e all’estero con il Trio Diaghilev (due pianoforti e percussioni), collaborando anche con importanti compagnie di danza fra cui la Spectrum Dance di Seattle e con Carla Fracci. Lavora dal 1992 con il premio Oscar Nicola Piovani in produzioni cinematografiche ed in lavori teatrali con Gigi Proietti, Amy Stewart, Vincenzo Cerami. Ha collaborato con varie orchestre sinfoniche tra cui la «F.J.Hyden» di Bolzano e la «Cantelli» di Milano. Da alcuni anni ha intrapreso lo studio della batteria jazz ed è attivo con il «Quintetto Cirano». Si sta diplomando al corso di musica jazz presso il conservatorio «G.Rossini» di Pesaro.

claudio jacomucci

Claudio Jacomucci si è diplomato in fisarmonica al Conservatoire Nationale de Grenoble nel 1992 con la menzione «Médaille d’Or à l’unanimité». Ha studiato fisarmonica con Jean Luc Manca, Vladimir Zubitsky e Mogens Ellegaard.Dal 1997 al 2000 si è formato come insegnante di Tecnica Alexander all’ATCA di Amsterdam. Ha vinto concorsi internazionali come il Grand Prix International d’Accordeón di St. Etienne (1988), Trofeo Mundial C.M.A. a Cuenca ( 1990), Premio Città di Castelfidardo (1990). Ha collaborato con compositori come Luciano Berio, Franco Donatoni, Gyorgy Kurtag, Luis De Pablo, presentando prime esecuzioni di opere spesso a lui dedicate. Fa parte del quartetto ContrasTango, dell’ensemble del Teatro del Tempo e del Joel Rubin Jewish Music Ensemble. Ha suonato con Gabriele Mirabassi, Michel Godard, Francesco Dillon, Marco Cappelli, Trio d’archi della Ostrobothnian Chamber Orchestra, Fontana Mix Ensemble. Ha tenuto concerti in Europa, Stati Uniti, Messico e Cina; corsi e seminari di Tecnica Alexander al Conservatorio Superior de Música (Barcellona), Ostrobothnian Conservatory (Kokkola, Finlandia). E’ regolarmente invitato come giurato ai concorsi internazionali per fisarmonica di Castelfidardo e Klingenthal. Il suo libro TECNICA I sulla tecnica della fisarmonica è pubblicato da Bèrben. Lavora con la danzatrice Kathleen Delaney.

giuliana maccaroni

Giuliana Maccaroni si è diplomata con il massimo dei voti e la lode in Organo e composizione organistica al Conservatorio G. Rossini di Pesaro, sotto la guida di Marco Arlotti. Successivamente si è diplomata in Clavicembalo al Conservatorio di Pesaro e laureata in Musicologia (indirizzo in Biblioteconomia musicale) presso l’Università di Cremona. Ha inoltre conseguito, sempre con il massimo dei voti, il Diploma di II livello in Discipline Musicali, indirizzo esecutivo interpretativo in Organo, presso il Conservatorio di Vicenza con Roberto Antonello. Ha frequentato il Corso di Organo barocco con Lorenzo Ghielmi alla Civica scuola di musica di Milano. Ha approfondito le tematiche relative alle prassi esecutive con: E. Kooiman, H. Vogel, M. Radulescu, W. Zerer, Ch. Stembridge, M.C. Alain, L. Lohmann. Ha vinto 2 borse di studio e numerosi premi in concorsi nazionali e internazionali. Ha al suo attivo un’intensa attività concertistica presso importanti festival italiani ed europei (Belgio, Germania, Austria, Francia) sia come solista sia in ensemble (duo organistico, formazioni orchestrali, corali e da camera). Ha inciso per l’etichetta Tactus, in prima incisione mondiale, le Sonate a 4 mani di Giovanni Morandi, assieme all’organista Federica Iannella. Di prossima pubblicazione, sempre per la Tactus, le Sinfonie per organo a 4 mani di Gioachino Rossini. Con questo programma il prossimo anno inaugurerà il prestigioso Festival organistico alla Trinity Church di New York (USA). É organista titolare dello storico organo Mascioni (1906, III/P) della Chiesa di Cristo Re in Pesaro, dove organizza la rassegna internazione Vespri d’organo a Cristo Re.

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Dal progetto dell’assessorato attività culturali - editoria, 1+33+33+33 = Lectura Dantis,l’assessorato turismo,

in collaborazione con grande albero turismo

ha elaborato:

Extravaganti Divini 10 viaggi curiosi nelle pieghe del territorio della provincia di Pesaro e Urbino.

Si tratta di un programma che, sulla scia delle suggestioni dantesche, propone itinerari turistici, degustazioni gastronomiche, ospitalità, articolandosi sui luoghi degli appuntamenti di 1+��+��+��.

Prenotazione obbligatoria.

Per informazioni e modalità di partecipazione:

grande albero turismoVia XXIV Maggio 1061100 Pesaro (PU)Tel/Fax +�9 0721 �71511www.grandealberoturismo.it [email protected]

informazioni turismo della provincia di pesaro e urbinoNumero verde 800-563800www.turismo.pesarourbino.it [email protected]

Si ringrazia lo sponsor

per la preziosa collaborazione

Si ringraziano inoltrearcidiocesi di pesaro

parrocchia di cristo re, pesaro

sovrintendenza per il patrimonio storico, artistico ed etnoatropologico delle marche, urbino

pro loco di frontone

famiglia di carpegna - falconieri

arcidiocesi di urbino, urbania, sant’angelo in vado

convento dei frati minori di san giovanni battista, pesaro per l’ospitalità concessa

un particolare ringraziamento a don giovanni paolini (chiesa di Cristo Re)

padre lorenzo bufarini (chiesa di San Giovanni Battista)

riccardo paolo uguccioni per la preziosa collaborazione

Si ringraziano infine tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di

Lectura Dantisanno primo - inferno

provincia di pesaro e urbino

Presidentepalmiro ucchielli

Assessore Attività Culturali - Editoriasimonetta romagna

Dirigentemassimo grandicelli

Responsabile Ufficio Beni e Attività Culturalisilvia melini

Coordinamento e segreteria organizzativa paola bugo

Collaborazionerosita polverari

Ufficio Stampamarcello ciamagliamilena bonaparte

Ufficio Relazioni con il Pubblicostefania geminianiisabella marini

in collaborazione con i Comuni di cagli, carpegna, frontone, gradara, pesaro, piobbico, san leo, sant’angelo in vado, sassocorvaro, urbino

Progettazione pietro conversanoLucia Ferrati

Elementi scenicigiuseppe rombini

Service Audio, Luci, Videosound d light

Guida valeria alegi

Progettazione Graficade:code / luca ceccariniAccademia Di Belle Arti di Urbino coordinamento di emanuele bertoni

Concept di Comunicazionela colonia della comunicazioneFac. Sociologia,Univ. Urbino «Carlo Bo» coordinamento dimarco livi

Fotografieadriano gamberini

Ricerche iconografichepietro conversano

Stampasat srl industria grafica, montecchio

ingresso libero

info www.lecturadantis.it [email protected] �59�11 - �59294 - �59277

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