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>04/12 C1/3089/2008 Luca Alici / Ursula Armstrong / Martina Benelli / Giovanni Camilleri Cristina Castelli / Vannino Chiti / Clara della Valle Alessandro Garuglieri / Radwan Khawatmi / Naceur Mestiri Katarina Nevedalova / Franco Vaccari / Sergio Valzania E D I Z I O N E I T A L I A N A

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Quarta e ultima uscita per il 2012 del Magazine Rondine

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>04/12

C1/3089/2008

Luca Alici / Ursula Armstrong / Martina Benelli / Giovanni CamilleriCr i st i na Castel l i / Vann ino Ch i t i / C l ara dell a ValleAlessandro Garuglieri / Radwan Khawatmi / Naceur MestiriKatarina Nevedalova / Franco Vaccari / Sergio Valzania

E D I Z I O N EI T A L I A N A

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> Editoriale > Sommario

Direttore

PER SOSTENERE RONDINEE’ possibile finanziare le attivitàdell’associazione in diversi modi:

CON BONIFICO BANCARIOIBAN IT46W0539014100000000036337CON LA DICHIARAZIONE DEI REDDITIDestinando il 5x1000 all’associazioneapponendo una firma nella casellae il codice fiscale di Rondine:92006970518VERSAMENTO SU CONTO CORRENTE POSTALEc/c n. 26108555 intestato a:Associazione Rondine Cittadella della Pace onlusON LINE NEL SITO WWW.RONDINE.ORGClicca su ‘Dona ora - Il Mio Dono’ nella home

PER ULTERIORI INFOSe volete diventare soci, parteciparealle attività dell’associazione, se voletesaperne di più, chiamate il numero+39 0575 299666o cliccate su www.rondine.org

> In copertina

RONDINENOTIZIE DALLA CITTADELLA DELLA PACERegistrazione presso il Tribunale di Arezzon. 5/2008 del 26 marzo 2008

Iscrizione al Roc n. 20860 dell’11 marzo 2011

EDITORECoop Sociale Rondine Servizi Scrl Onlus

DIRETTORE RESPONSABILESergio Valzania

COORDINAMENTO EDITORIALEPROGETTO GRAFICOCristiano Proia

EDITING E PHOTO EDITINGEmanuele Caposciutti

Il numero è stato chiuso in stampail 10 gennaio 2013.

STAMPATipolitografia Basagni (Arezzo)

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Sponda Sud, dopo un grande avviospinta alle speranze dei nuovi leader 3VANNINO CHITI

Una nuova cooperazioneper imparare a dialogare 5GIOVANNI CAMILLERI

“Dalla Rivoluzione dei Gelsomininascerà una Seconda repubblica” 6NACEUR MESTIRI

Mediterraneo, l’Europa c’èse la chiave saranno i giovani 7KATARINA NEVEDALOVA

“Nel tuo sguardo io ti riconosco: il germe dell’amicizia fa fiorire il vero dialogo” 8 FRANCO VACCARI

Università, dove la culturapromuove il rispetto dell’Altro 10CRISTINA CASTELLI

L’essere umano e il suo ingressonella storia alla prova del conflitto 11LUCA ALICI

“La nuova voglia di farecostruisce opportunità” 13 Intervista con RADWAN KHAWATMI

Il coraggio di una sceltacon il cuore che va oltre 14ALESSANDRO GARUGLIERI

Primavera Araba,vince la parola ‘libertà’ 15RADWA, RAJA, MAHA, NESRINE

Una serata con le Rondini d’Orotra nostalgia e nuovi progetti 17MARTINA BENELLI

Un’esperienzaper diventare grandi 18URSULA ARMSTRONG

“Lezione di vita,con scariche di pura energia” 19CLARA DELLA VALLE

Parole d’ordine: curiosità ed allegriaCostantino scopre un mondo nuovo 20CLARA DELLA VALLE

“Quel ragazzo che gioca con menon sarà mai il mio nemico” 21 CLARA DELLA VALLE

“Quando il giocoti fa riflettere” 22 CLARA DELLA VALLE

Dalle convinzioni all’insicurezzapassando per il Sacro nella Storia 23 SERGIO VALZANIA

Le copertine di tutti i numeri di ‘Rondine’ sono firmate da artisti, emergenti o affermati, che decidono di misurarsi con l’interpretazione, secondo il loro stile, del logo di Rondine. Un modo per rendere il messaggiodell’associazione ancora più universale.

Sergio Valzania

Dalla fine all’inizio,in cerca di fiducia

Questo numero della nostra rivista è stato lavorato durante il periodo liturgico dell’Av-vento, in quella che si considera di solito la preparazione, l’attesa per la grande festa del Natale. Qualche mese fa però m’imbattei in un’interpretazione teologica diversa, non con-flittuale ma complementare a quella comune per i giorni precedenti il periodo natalizio. Secondo alcuni l’Avvento rappresenta sì l’inizio dell’Anno liturgico, ma celebra anche la fine dei tempi, da trascorrere per i cristiani nell’attesa del ritorno di Gesù. Il Cristo è infatti a fonda-mento della Creazione, “per mezzo di lui tutte le cose sono state fatte” (Giovanni, 1, 3), e alla sua fine, posta in un quando ignoto, che i primi cristiani ritenevano imminente. In questa prospettiva l’Avvento è anche conclusione dell’Anno liturgico e non più solo apertura. Questa commistione di fine e inizio procede da Dio, ma è molto umana: ogni esperienza che finisce ha in sé i germi di una nuova, anche se dapprincipio non li scorgiamo perché fissi sul vecchio che parte invece che sul nuovo che arriva. Per trovare ciò che di buono ci viene incontro dobbiamo sforzarci di cercarlo con fiducia e affidamento: credo stia anche qui il senso del Natale, pur negli abiti laici che da qualche anno indossa.

Riccardo Antonelli nasce nel 1976 a Città di Castello ed attualmente vive e lavora a Sansepolcro. Nel corso della sua giovane e precoce carriera artistica, è passato dalle rappresentazioni di nature morte al paesaggio, per poi sviluppare un intenso studio di ricerca sul volto umano e su tutti i suoi aspetti più intimi. Il Ministero dei Trasporti lo ha scelto per firmare la campagna nazionale sulla sicurezza stradale 2012, ed ha esposto alla Biennale di Firenze (assieme a Marina Abramovic). Vanta anche collaborazioni importanti come quella con il talentuoso curatore italiano Roberto Ronca e con lo studio pubblicitario TCommunication di Roma, nonché con l’associazione umanitaria Emergency, che ha esposto sue opere per una serie di eventi benefici in altrettante gallerie a Londra.

Riccardo AntonelliRondineCera su cartoncino

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tra diverse etnie, che si affacciano su un medesimo mare, è più che mai indispen-sabile. Non dobbiamo aver paura di un Nord Africa libero e democratico, né temere bensì indirizzare un possibile spostamento dell’asse delle relazioni dal Nord Europa al Mediterraneo. È necessario favorire scambi di conoscenze, forme concrete di coopera-zione, e sostenere il percorso di transizione democratica di quei Paesi.Il Mediterraneo sarà sempre più affidato alla nostra responsabilità: gli Stati Uniti non vogliono né sono più in grado di esercitare una delega in nostro nome. L’Africa, e in primo luogo l’area del Nord, sono il primo banco di prova di un’Europa che non voglia essere passiva, ma intenda cooperare per estendere i diritti umani, sconfiggere il sottosviluppo, la distruzione dell’ambiente, i fondamentalismi e il terrorismo.

Essere uomo è precisamente essere responsabile.> Antoine de Saint-Exupéry, scrittore

Sponda Sud > Giovani e prospettive

Ascoltare le voci dei giovani del Progetto Sponda Sud durante il convegno dell’Asso-ciazione Rondine “Cittadella della Pace” che si è svolto a Monte Carlo è stato per tutti significativo. Sono rimasto colpito dall’esem-pio che hanno portato con la testimonianza diretta dei moti della Primavera Araba. Quei giovani ci hanno parlato delle loro difficoltà e delle loro speranze, e hanno posto inter-rogativi ai quali il nostro Paese e l’Europa hanno l’obbligo di dare risposte. Wael, 25 anni, tunisino, ci ha detto che la “rivoluzione” gli ha dato “la speranza” che è possibile “cambiare qualcosa: decidere per noi stessi”. “L’ambiente multiculturale di Rondine mi ha arricchito,” ha sottoline-ato. “Qui la differenza è un punto di forza. Rondine insegna a vivere insieme rispettan-do le differenze di ognuno senza l’obbligo di esser simili. Le amicizie che ho fatto qui possono aprire la strada per nuovi ponti di collaborazione tra i giovani delle due sponde del Mediterraneo. Non posso immaginare un futuro della Tunisia senza una forte relazio-ne con la Sponda Nord”.Maha, egiziana e musulmana, ci ha rac-

I venti di libertà che soffiano nel progetto di Rondine giocano un ruolo cruciale nel futurodel Mediterraneo (e non solo). Dove religioni, democrazia e relazioni possono far approdare la pace.

Vannino ChitiVicepresidente del Senato

Sponda Sud, dopo un grande avviospinta alle speranze dei nuovi leader

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contato che il suo sogno è un Paese in cui “l’orientamento religioso non debba essere scritto nella carta d’identità, dove la religio-ne sia un fatto personale e si possa vivere insieme liberamente”. E Hany, cristiano cop-to egiziano, raccontava che i giorni di piazza Tahrir sono stati molto duri per lui: ma ora possono finalmente parlare in libertà, cosa prima impossibile.Io sono convinto che adesso il nostro compito è quello di non spegnere le loro speranze, questa ventata di libertà che hanno respirato e ci hanno testimoniato. Il Mediterraneo è un punto cruciale per il futuro del pianeta. Qui si gioca una partita decisiva per la pace; per una cooperazio-ne che, ponendo al centro la persona e l’ambiente, assicuri a tutti i popoli una prospettiva di sviluppo e giustizia. Il con-tributo delle religioni alla pace, all’incontro

Nella foto:Vannino Chiti, vicepresidente del Senato,

durante un incontro a Rondine in cui ha presentato il suo ultimo libro,

‘Religione e politica’ (Giunti).

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Sponda Sud > Strategie d’azione innovative

L’educazione dovrebbe inculcare l’idea che l’umanità è una sola famiglia con interessi comuni. Che di conseguenza la collaborazione è più importante della competizione.> Bertrand Russell, filosofo

Una nuova cooperazioneper imparare a dialogare

Le rivolte che hanno dato luogo alla definizione di “Primavera araba” hanno in comune il fatto di essere prodotto di scintille scoppiate a livello locale che sono diventate in poco tempo conflitti nazionali, per incidere su dinamiche sociali come le migrazioni o su decisioni sulle azioni militari a livello globale. Gli interventi delle Nazioni Unite hanno identificato sei aree tematiche prioritarie: giovani come forza positiva per il cambiamento; creazione di lavoro decente; governance e sviluppo economico locale per la riduzione di diseguaglianze e ingiustizie; sicurezza alimentare e cambiamenti climati-ci; “gender equality and women’s empower-ment”; diritti umani. Per quanto riguarda il “come” agire l’UNDG Regional Directors Team ha proposto una strategia integrata regio-nale e nazionale e ha considerato che tale scenario era un’opportunità per ripensare anche criteri e logiche della cooperazione. È esattamente in questo ambito che l’Ini-ziativa ART dell’UNDP vuole rappresentare un’opportunità innovativa, proponendo un approccio territoriale per affrontare scenari caratterizzati dalla relazione sempre più stretta tra dinamiche locali, nazionali e globali, capace di promuovere il “dialogo tra territori” del nord e del sud e utile per: discutere temi quali ambiente, migrazione, salute, lavoro che solo in parte trovano

risposta a livello locale perché di compe-tenza d’istituzioni che spesso operano al di fuori del territorio e spesso anche al di fuori dei confini nazionali; e proporre un diverso paradigma di cooperazione certamente basato sulla solidarietà, ma concepito anche come uno strumento necessario per affrontare le crisi nelle loro dimensioni locali, nazionali e globali (go-vernance multilivello). Un paradigma non più impostato sulla relazione tra donanti e beneficiari, ma sulla crescente domanda di soggetti pubblici e privati che vogliono dialogare per migliorare la comprensione reciproca e condividere esperienze e innovazioni in campo tecnico, tecnologico, organizzativo e di gestione. Potenzialità e innovazioni che – messe in rete – hanno dimostrato di poter generare impatto e risorse in un contesto di cooperazione non dominato dalla carenza di risorse finanziarie. In questi termini la coopera-zione diventa uno strumento di coinvol-gimento del potenziale dei territori, della società civile e del settore privato quali interlocutori delle rispettive strategie locali e nazionali per tematiche come sicurezza umana, migrazioni, povertà, tu-tela ambientale, salute, economia e diritti umani, ossia priorità assolute di politica interna. Questa logica di cooperazione

trova nel canale multilaterale un quadro di riferimento programmatico e operativo che contribuisce alla necessaria continu-ità, coerenza e coesione per: collegare i saperi dei territori ai processi di sviluppo in corso nei Paesi identificati; massimizza-re le sinergie tra risorse tecniche e finan-ziarie di diversi soggetti; creare maggiore impatto e ridurre la frammentarietà delle iniziative in particolare a livello, locale dove si riscontra una notevole molteplici-tà di attori e d’interventi.

Giovanni CamilleriCoordinatore Iniziative ARTProgramma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo, Ginevra

Le Nazioni Unite propongono un modello oltre la solidarietà, verso scambi di risorse ed esperienze.

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In alto:Giovanni Camilleri (a destra, dopo Vannino Chiti e Wael Khammassi, studente tunisino di Rondine) è intervenuto nella conferenza sul progetto ‘Sponda Sud’ organizzata da Rondine nel Principato di Monaco.

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ART è un’iniziativa globale di UNDP nata nel 2005 che promuove uno sviluppo umano sostenibile

a livello locale attraverso Programmi-quadro nazionali di cooperazione per la Governabilità

e lo Sviluppo Locale. ART è attivo in Africa: Gabon, Mauritania, Mo-

zambico e Senegal; Asia: Indonesia e Sri Lanka; Mediterraneo: Libano, Marocco Balcani: Albania e Kosovo; America Latina: Bolivia, Colombia, Cuba,

Repubblica Dominicana, Ecuador, El Salvador, Guatemala e Uruguay.

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Raro cade chi ben cammina. > Leonardo da Vinci

Sponda Sud > Qui Tunisia

“Dalla Rivoluzione dei Gelsomininascerà una Seconda repubblica”

che dell’Assemblea Nazionale Costituente (Anc), incaricata principalmente della stesura di una nuova Costituzione; indire, verso la metà del 2013, elezioni presiden-ziali e politiche, che segneranno la fine del periodo di transizione e la nascita della Seconda repubblica.D’altro canto, il problema dei diritti e delle libertà pubbliche in generale e dei diritti delle donne in particolare figurano tra le priorità dei poteri esecutivo e legislativo, affinché la Costituzione sia un testo di ri-ferimento per tutti i cittadini e le cittadine, e rifletta le costanti d’una società tunisina moderata, radicata nella propria identi-tà arabo-musulmana e aperta ai valori universali e alle altre civiltà. La nuova Costi-tuzione consoliderà così le conquiste delle donne, frutto del movimento riformatore della Tunisia, tra cui il “Codice dello statuto della persona”, e s’ispirerà ai principi uni-versali di libertà, democrazia e uguaglianza tra uomo e donna.Trattandosi di un nuovo regime politico, sembra emergere un accordo per l’adozio-ne di un regime misto, che garantisca la democrazia, l’equilibrio e la separazione dei poteri, così come l’indipendenza della giustizia.D’altra parte, la creazione degli organi

costituzionali rappresenta ugualmente una priorità per il governo tunisino: l’Organo Superiore Indipendente per le Elezioni, che sarà guidato da personalità al di sopra di ogni sospetto; l’Organo dei media, nato da professionisti noti per imparzialità, onestà e integrità morale; e l’Alto Organo della Magistratura.Tuttavia il processo di transizione democra-tica è segnato da una difficile congiuntura economica e sociale, e la buona e ferma volontà delle autorità tunisine di realizzare gli obiettivi politici, economici e sociali della rivoluzione necessita il sostegno e l’accom-pagnamento della Comunità internazionale, in particolare degli amici e dei partner della Tunisia - che soffre la pesante eredità di decenni e di mezzi finanziari largamente insufficienti a soddisfare i suoi bisogni reali - che la aiutino a raccogliere le sfide della disoccupazione e della povertà e a portare a termine positivamente la transi-zione democratica.Infine, il popolo tunisino è determinato a raccogliere la sfida di portare a compi-mento la rivoluzione in un clima di fiducia, privilegiando il dialogo tra le diverse componenti della società e vigilando contro tutte le forme di estremismo politico e fanatismo religioso.

Naceur MestiriAmbasciatore di Tunisia in Italia

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Ma la transizione verso il nuovo corso è già alla prova di una congiuntura economica complessa, con libertà e diritti umani (soprattutto delle donne) sempre in primo piano.

Precursore della Primavera Araba, la Tuni-sia prosegue il cammino verso la democra-zia con volontà e determinazione, al fine di realizzare gli obiettivi della Rivoluzione dei Gelsomini del 14 gennaio 2011. Per farlo, la Tunisia si è fissata obiettivi e priorità per attuare le tappe del processo di transizione democratica: ristabilire la sicurezza e la stabilità a seguito delle scivolate e degli eccessi conosciuti dalle manifestazioni durante e dopo la rivoluzione; indire, il 23 ottobre 2011, elezioni libere e democrati-

Nella foto:Naceur Mestiri a Rondine, durante

il Simposio Internazionale “Un mare tra due sponde, un ponte tra due mondi”.

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Sponda Sud > Qui Europa

Quando aiutate qualcuno non accontentatevi di risolvere i suoi problemi immediati, per esempio offrendogli del denaro. Dategli anche i mezzi per risolvere i suoi problemi da solo.> Tenzin Gyatso, XIV Dalai Lama

I rapporti tra ‘Sponda Sud’ e Vecchio Continente (in cerca di unità d’intenti sul problema) possono decollare: con idee e un po’ di lungimiranza.

Prima di tutto, è utile sottolineare che gli eventi legati alla Primavera Araba hanno rappresentato uno degli slanci più intensi verso la libertà, dalla fine della Guerra Fredda. E’ un risultato straordinario per molti Paesi del Nord Africa, e un esempio positivo per il mondo intero. Come chiunque altro provenga dal blocco dell’ex Est europeo, io so bene che la strada verso la democrazia è lunga e diffi-coltosa. Questi Paesi sono solo all’inizio del cammino, anche se spero davvero che la loro transizione vada a buon fine. Per questo non è così semplice prevedere quanto l’Unione Eu-ropea potrà essere d’aiuto in questo processo: non tutta l’Assemblea, infatti, ha una visione comune sull’approccio al problema. Ce ne siamo resi conto soprattutto durante i vasti flussi migratori dai Paesi più ‘agitati’, con la patata bollente a saltellare nelle mani di Stati membri del Sud, come l’Italia. Sarà cruciale quindi riuscire a distribuire equa-mente il livello di cooperazione tra gli stati membri. L’Europa ha radici profonde che la legano al Mediterraneo, non solo per la pros-simità, ma anche per una bella fetta di storia condivisa. Per questo è importante cogliere l’occasione per nuove forme di cooperazione tra le due sponde, specialmente considerando che l’Europa può in effetti agevolare le loro transizioni. Io promuovo da tempo la coope-

razione attraverso i processi educativi: vedo quindi grandi potenzialità nella formazione e nei flussi di studenti. Alimentare la coopera-zione tra le università è la scelta più logica: così gli studenti con profili di alta formazione acquisita in Europa possono tornare nei loro Paesi e contribuire concretamente allo svilup-po della società. E il risultato non è di certo solo forza lavoro qualificata per il settore privato, ma anche nel pubblico, dove c’è tanto bisogno di giovani esperti, anche per la decadenza dei vecchi apparati amministrativi. E questo passo sarà fondamentale nel pro-cesso di democratizzazione di quei Paesi, su questo non c’è dubbio: la sfida più grande sarà, semmai, motivare i giovani laureati a fare ritorno. Vedo un altro problema nei differenti livelli di attitudine alla cooperazione dei singoli Paesi. Alcuni sono relativamente avanzati (come l’Egitto), altri sono ancora ad un livello base (vedi la Libia). E queste considerazioni, ovviamente, non valgono solo per il mondo della formazione. L’Europa, con la sua lunga storia, è stata capa-ce di vincere tante sfide; la nascita dell’UE ne è un esempio. Io ci credo: questa esperienza sarà utilizzata nel modo giusto, per assicurare le migliori relazioni possibili con la sponda sud del Mediterraneo.

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Katarina NevedalovaEuroparlamentare, membro commissioneEducazione e Cultura

Nel riquadro:Katarina Nevedalova.

In alto:Il Parlamento europeo.

Mediterraneo, l’Europa c’èse la chiave saranno i giovani

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da un finestrino la vecchia valigia che aveva con sé. Eravamo tutti sbigottiti, affacciati ai finestrini, con un sentimento d’impotenza davanti a una regola ap-plicata inflessibilmente, pagata dal più debole fra noi, che rimaneva immobile e disorientato, forzosamente abbando-nato sul marciapiede sotto la pensilina, con la valigia sdraiata ai suoi piedi. Sapemmo che riuscì a tornare a casa con l’aiuto del bravo capostazione cui lo raccomandammo e dei soldi che facem-mo a tempo a mettergli in una mano.

Franco VaccariPresidente e fondatore di Rondine

Da più di un anno, ogni domenica alla Messa, lo incontro di nuovo, dopo oltre quarant’anni. Siamo stati ragazzi insie-me, cresciuti per un piccolo tratto di strada nella stessa comunità, nata dalla generosità di un grande prete, sulla spinta del Concilio Vaticano II. Aveva già allora alcune difficoltà psicologiche e la famiglia non gli era di aiuto. Ricordo un episodio che mi chiuse il cuore, alla do-gana francese, quando i confini c’erano e attraversarli era un rito che generava sempre un po’ d’ansia.

Andavamo a incontrare i nostri concitta-dini italiani emigrati in Belgio che face-vano gli operai nelle miniere di carbone. Al controllo dei doganieri Maurizio esibì la licenza di pesca al posto della carta d’identità nella candida convinzione che bastasse. Non ci fu verso di passare. Dopo discussioni accese in cui il prete accompagnatore evidenziò l’ingenuità del giovane e si propose come tutore di garanzia, Maurizio fu fatto scendere dal treno in fretta e, mentre quello già si era messo in moto, gli fu lanciata

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Maurizio, disceso dal treno, disparve dalla mia vita, così come sparì dalla mia vista facendosi sempre più piccolo in quella stazione di confine, mentre il treno su cui io ero rimasto accelerava la sua corsa.Anni più tardi seppi che era divenuto vittima di una grave malattia menta-le che lo portava a trascinarsi per le strade, elemosinando un soldino per una sigaretta. Incontrato un giorno più da vicino, lo sguardo era perso nel vuoto e non mi parve esservi traccia di

Dignità è una parola che non ha plurale.> Paul Claudel, poeta

“Nel tuo sguardoio ti riconosco: il germe dell’amicizia fa fiorireil vero dialogo”

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«Il mondo è bello perché è vario»: non c’è detto più popolare, ma non c’è nemmeno detto contro cui si scatenino maggiormente le animosità e i pregiudizi.> Marguerite Yourcenar, scrittrice

Nella pagina:Il discorso finale di Franco Vaccarial simposio internazionale“Un mare tra due sponde, un ponte tra due mondi”nel Principato di Monaco.

coscienza o di memoria. Nelle dome-niche dell’ultimo anno, incontrandoci nella stessa chiesa è capitato più volte d’incrociare i nostri sguardi senza che in lui apparisse una traccia di ricordo, un’emozione.Ma l’ultima domenica un casuale contatto di gomito ha fatto alzare la testa a Maurizio e così ci siamo guardati nuovamente: il suo volto si è schiuso improvvisamente a un sorriso, gli occhi si sono affacciati dalla loro tradizionale fessura e tutto il corpo ha sospirato, preso da un’emozione: la gioia di riconoscermi! Nello stesso frammento di tempo ho corrisposto, esprimendogli la gioia non meno intensa di essere ri-conosciuto. Ho ripensato subito alla mia mamma, a quando perse per qualche giorno la lucidità che le era consueta, nonostante i novantasei anni compiuti, e a quando un attimo dopo la ritrovò. La gioia indicibile fu quella del ricono-scersi. Era perduta e l’avevo ritrovata. Mi aveva perso e mi aveva ritrovato. La vita umana si esprime nel riconosci-mento o, se si vuole, nel riconoscersi reciproco. Riconoscere è dare vita, trasmettere vita. Il tempo deforma ogni ricordo, i volti e le loro storie diventano spesso foto ingiallite, le circostan-

Le rubriche > Dialoghi dal futuro

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ze deformano e ingoiano nel nulla i sentimenti più intensi, le vicende più drammatiche, gli eroismi più nobili. Riconoscere è restituire alla vita ciò che era stato dimenticato. È il trionfo della vita nonostante tutto. Riconoscere l’identità profonda, oltre ogni mortifica-zione e sfiguramento, significa rispet-tare la dignità della persona. La storia conosce le drammatiche riabilitazioni, riconoscimenti tardivi dopo lunghe sta-gioni di violento oblio. A volte si tratta di riconoscimenti post mortem.Nel dialogo questo aspetto è decisivo. Il rispetto si coglie, si avverte senza biso-gno che sia dichiarato, proprio quando ci sentiamo riconosciuti, quando l’altro si rivolge a noi per ciò che siamo, per la nostra storia, la nostra identità. Il rispet-to più intimo e profondo lo avvertiamo quando veniamo chiamati col nostro nome, nome d’anagrafe, certo, ma anche nome che indica le nostre pluri-me appartenenze. Non è questione di galateo chiamare l’altro col suo nome, senza storpiarlo, è piuttosto identificarlo con la sua vera appartenenza di genere, di famiglia, di popolo o di nazione. Con la sua appartenenza religiosa o politica. Era fastidioso nei banchi di scuola sentire il professore che dopo un mese

ancora non sapeva il nostro nome. È fastidioso sentire alterato il proprio cognome. Forse abbiamo sofferto per soprannomi sopportati in silenzio che sfiguravano la nostra identità. Le etichette affibbiate dai diversi pre-giudizi sociali e razziali hanno generato infinite sofferenze. Del resto è facile constatare il contrario: la sorpresa piacevole nel sentirci riconosciuti. La questione si pone sul discrimine pro-fondo tra accettare l’esistenza dell’altro o negarla. In questa dinamica, erronea-mente confinata a una vaga ignoranza o scortesia, si cela il piccolo germe violento dell’inimicizia, della cancella-zione dell’altro, del suo diritto ad essere veramente “altro”.I grandi alberi sono suggestivi e belli per l’armonia tra ciò che vi è di comune - un solo grande albero - e ciò che vi è di differente. Ognuna delle decine di migliaia di foglie è differente. E ad ogni primavera questa armonia si rinnova e cresce diversificandosi ulteriormente. Ogni foglia differente è riconosciuta nella sua differenza e nella sua appar-tenenza.Se questo è possibile per un grande albero, perché non dovrebbe esserlo per la grande famiglia umana?

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Valori universali > Civiltà oltre i confini ideologici

La tolleranza è necessaria così in politica come in religione: solo l’orgoglio ci fa essere intolleranti.> Voltaire

Prendiamo spunto dalla citazione dell’omelia del cardinale Angelo Scola in occasione della recente festività di Sant’Ambrogio: “le terre lombarde sempre di più saranno chiamate a fare i conti con il processo storico di fusione di civiltà e culture innescato dalle note vicende migratorie dal sud del mondo”.In relazione a tale circostanza, già in atto, l’Università non può sottrarsi al suo ruolo istituzionale di riferimento quale laboratorio necessario e utile a garantire la correttezza nello svolgimento di tale processo d’integrazione e a monitorare, quale osservatore privilegiato, l’analisi e lo studio-confronto delle mutazioni indotte nella nuova società civile nascente, dai contorni molto variegati.In tale compito l’Università è agevolata dall’ospitare numerosi studenti prove-nienti dalle più varie parti del mondo. Sia gli studenti sia il mondo universitario e cittadino sono chiamati a essere protago-nisti di buone pratiche d’integrazione tra tradizioni, valori e stili di vita differenti.Inoltre la realtà universitaria nella quale sono inseriti, attraverso gli studi interdisci-plinari, propri dell’insegnamento accade-mico, offre loro l’opportunità di affrontare e confrontare saperi apparentemente

lontani, generando un pensiero davvero comunitario.È del tutto evidente, inoltre, che oggi, in piena crisi economica e sociale, all’in-domani del secolo delle ideologie, tanti giovani guardano proprio all’Università come unico rifugio di valori universali e di rispetto della persona, senza timore di confrontarsi con fedi religiose e ideologie o interpretazioni politiche diverse.L’Università oggi è chiamata ad accogliere la sfida, che è soprattutto un’opportunità, di accompagnare il cammino, certamente faticoso, di ognuno all’identificazione del proprio volto umano e di quello di ogni altro soggetto, e contemporaneamente di seminare germi di coesione sociale e comunitaria affinché le nuove generazioni vivano l’incontro con l’altro, di qualsiasi condizione o provenienza, come una profonda ricchezza.Sotto questo profilo possono essere men-zionate come emblematiche l’esperienza del progetto “Punto. A capo!” destinato a giovani studenti rifugiati politici e i progetti relativi alla “Giustizia Riparativa”, che promuovono un’ideale di giustizia che metta al centro l’uomo, richiamando con forza tanto il tema della responsabilità quanto quello delle relazioni.

Per tutto questo, l’arrivo di Rondine a Milano all’Università Cattolica è un evento da accogliere con speranza. Risulta particolarmente significativo anche perché coincide felicemente con l’inizio delle manifestazioni celebrative dell’Editto di Milano promulgato nel 313 dagli imperato-ri Costantino e Licinio per metter fine alle persecuzioni dei cristiani. Tale documento, del quale per tutto il 2013 si celebrerà il 17° centenario, indica, ancora oggi, la giusta via per operare in campo formativo e sociale nel rispetto della libertà di tutti.In questo orizzonte è importante che esperienze esemplari come quelle di Ron-dine raggiungano le nuove generazioni di studenti universitari. In primis all’Universi-tà Cattolica che ospiterà l’evento.

Rondine nell’ateneomilanese per parlare di dialogo e tolleranza.Cristina CastelliOrdinario di Scienze della FormazioneUniversità Cattolica del Sacro Cuore di Milano

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Nella foto, una delle aule dell’Università Cattolica del Sacro Cuore a Milano. Università, dove la cultura

promuove il rispetto dell’altro

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In alto:Lo Stato-Leviatano, come raffigurato nel frontespizio della prima edizione (1651) del Leviathan di Thomas Hobbes.

La riflessione > Homo homini lupus?

La speranza è un rischio da correre. È addirittura il rischio dei rischi.> Georges Bernanos, scrittore

Sulla costituzione delle grandi civiltà il marchio di un atto di violenza:il pensiero filosofico accetta la sfida di pensare altrimenti.

Da quando, nel secolo in cui l’Europa è stata macchiata dal sangue delle guerre di re-ligione, un filosofo inglese ha parlato dell’es-sere umano come un lupo, lo ha dipinto come avvinghiato visceralmente alla propria soprav-vivenza, pronto a uccidere pur di conservare intatta la passione primaria, radice di tutte le altre possibili, ovvero quella per la propria vita, la riflessione sull’essere umano è stata seriamente sfidata ad elaborare una risposta alternativa. Non che nella storia del pensiero

non vi fossero già paradigmi su cui investi-re (basti citare i grandi temi dell’amicizia politica presso i greci o dell’amore cristiano), ma dal ‘600 è come se, grazie all’immagine del lupo, Hobbes (è a lui che si deve questo stimolo) sia riuscito a tratteggiare un modello antropologico schietto, in carne ed ossa, privo di mielosa retorica ideale, svegliando così da un sonno ingenuo e sprovveduto l’umanità, riportata bruscamente alle sue venature più crude. Certo che, se andiamo poi a rovistare tra i grandi racconti mitici dell’origine delle grandi civiltà, ci si accorge di come essi collo-chino all’inizio sempre un atto di violenza, la qual cosa sembra avallare la lettura hobbesia-na delle dinamiche umane: come se l’ingresso dell’essere umano nella storia e in società debba necessariamente passare da una con-quista, una sopraffazione, una violenza; anzi, ancora più tragicamente, nella gran parte dei casi la vittima non è lo straniero, ma il fratello (Romolo e Remo, Caino e Abele su tutti). “Le prime mura grondarono di sangue fraterno” scrisse Lucano. Tanto che un sociologo con-temporaneo, Peter Berger, non ha imbarazzi a definire gli esseri umani “avvoltoi” che “vi-

vono sui patimenti del passato”, su “cataste di cadaveri vittime degli atti omicidi” che ne hanno originato la società.La sfida è quindi lanciata da tempo, la sua provocazione si rinnova ogni giorno, la sua portata è enorme, perché ci mette al cospetto di una delle domande più radicali sull’essere umano, della quale non si può avere paura, perché, a seconda della risposta, ne va di noi stessi e della società che pensiamo di essere in grado di creare: siamo primariamente competizione, diffidenza, violenza oppure altro? Il nostro ingresso nel mondo passa necessariamente attraverso una conquista, un’imposizione, un sacrificio di altri oppure vi è un originario antecedente a tutto ciò, un “prima” rispetto a cui ogni negazione è già un tradimento? Misconoscimento o riconoscimen-to? Apertura originaria o difesa armata? Nega-zione istantanea di qualcuno o affermazione originaria di un legame che nessuna violenza può annullare? Rispondere in un senso o nell’altro non è indifferente, ma significa, in qualche modo, ammettere o meno che si possa “dare ragione della speranza” che è in ognuno di noi fratelli nell’umanità.

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Luca AliciDipartimento di Filosofia, linguistica e letterature Università di Perugia

L’essere umano e il suo ingresso nella storia alla prova del conflitto

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ne, fuggendo guerre, fame e dittature.La sua è una storia esemplare per molti immigrati.In un certo senso sì, perché ho avuto la fortuna di farcela, benché abbia dovuto lottare per conquistare ciò che ho avuto. Ero figlio di nessuno e dovevo conquistarmi il rispetto e la fiducia di tutti gli altri.Quali prospettive vede per il Medio Oriente?Il vento della libertà ha iniziato a soffiare, partendo dalla Tunisia, travolgendo la Libia, l’Egitto e lo Yemen e arrivando fino alla Siria. È un processo che sta destabilizzando tutto il Mediterraneo, con migliaia di morti fino a oggi, e siamo solo all’inizio. Il Medio Oriente è la cassaforte del mondo, con oltre il 60% delle riserve mondiali di petrolio e gas naturale, e un mercato di oltre 200 mi-lioni di persone. Per non parlare degli equi-libri strategici. Senza l’intervento dell’Euro-pa la situazione precipiterà ulteriormente. Mi piacerebbe davvero che Rondine prendesse contatto con gli esponenti siriani (sia del Governo sia dell’opposizione), in modo da metterli attorno a un tavolo per discutere. Ho sempre creduto negli obiettivi degli uomini di buona volontà.Quali sono i prossimi obiettivi dei “Nuovi Italiani”?Proseguire il processo d’integrazione a tutti i livelli. Ottenuto il diritto al voto, partecipa-re attivamente alla vita politica, proponen-do i migliori tra i nostri rappresentanti. D’altronde abbiamo già avuto in Francia un ministro della Giustizia che era una “Nuova francese”!

Sponda Sud > Chi ha già scelto l’Europa

Questi i precetti del diritto: vivere onestamente, non offendere alcuno, dare a ciascuno il suo.> Eneo Domizio Ulpiano, giurista latino

Radwan Khawatmi, originario di Aleppo, in Siria, arriva in Italia all’inizio degli anni Settanta. Terminati gli studi entra alla In-desit, di cui giunge fino al vertice. All’inizio degli anni Ottanta fonda la Hirux Internatio-nal, azienda che produce elettrodomestici. È presidente del Movimento Nuovi Italiani.Khawatmi ha portato la sua testimonianza al Forum internazionale sulla ‘Sponda Sud’ organizzato da Rondine nel Principato di Monaco.Qual è il contributo dei cosiddetti “Nuovi italiani” all’economia nazionale?Abbiamo prodotto l’11% del PIL, pari a 130 miliardi di Euro, e creato oltre 300 mila nuove imprese, dando lavoro a centinaia di migliaia d’italiani. Versiamo ogni anno 9 mi-lioni di euro all’INPS. Siamo, come ha detto il Presidente della Repubblica, una colonna portante dell’economia italiana.Com’è la situazione relativa alla prospettiva diritti/doveri?Abbiamo adempiuto e adempiamo alla maggior parte dei nostri doveri. Crediamo sia il momento di parlare dei nostri diritti.

> A quali diritti si riferisce?Innanzitutto il diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia o che vi sono arrivati in tenera età. È una battaglia di civiltà, oltre che di diritto, evitare che bambini nati e cresciuti in Italia debbano chiedere il permesso di soggiorno. Come si fa a parlare d’integrazione se li consideria-mo stranieri nella loro patria?C’è poi il diritto al voto amministrativo, per il cui ottenimento sono personalmente impegnato da oltre dieci anni. Se sono un cittadino perbene e incensurato, lavoro, pago le tasse, mando i miei figli a scuola e sia io che loro parliamo bene l’italiano, perché negarmi il diritto di scegliere gli amministratori della mia città?Come vedono i “Nuovi italiani” il loro futuro in Italia?La maggioranza dei “Nuovi italiani” prova un forte senso d’appartenenza all’Italia. Per un immigrato ben integrato, l’Italia è la terra promessa per i suoi figli: dietro ogni immigrato esiste la storia dolorosa di coloro che si sono sradicati dai loro Paesi d’origi-

“La nostra voglia di farecostruisce opportunità”Una storia di successo, dal Medio Oriente a Milano: “Con le nostre risorse e l’esperienza dell’Europa possiamo arrivare lontano”.

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Intervista con Radwan KhawatmiIndustriale, presidente del “Movimento Nuovi Italiani”

Nella foto:Radwan Khawatmi, a sinistra

nella foto, a Monte Carlo, con al centro Antonio Morabito, amba-sciatore d’Italia nel Principato,

e di profilo José Badia, ministro degli Esteri monegasco.

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le sue immense potenzialità di crescita, la cui disoccupazione lacera i giovani costringendoli da anni a fuggire verso il continente.Un percorso di formazione è tale se non offre solo contenuti, ma se affianca loro un metodo che ne esprima il motivo sot-tostante che li rende autentici: per questo diciamo sempre che a Rondine non esisto-no solo contenuti, ma un’eccellente qualità dell’esperienza umana, che dona valore e compensa la compiaciuta ingenuità con cui spesso vengono toccati i temi riguardanti la Pace, che lasciamo volentieri approfon-dire ad altri.A noi resta il piacere d’incontrare, far maturare e far vivere giovani che hanno scelto di crescere con noi per seminare nel mondo il cambiamento che desideriamo. Anche questa volta siamo sicuri che in Egit-to e in Tunisia verrà iniettata quella nuova linfa vitale cresciuta in questo piccolo e poco conosciuto borgo toscano.

Nella vita ci sono rischi che non possiamo permetterci di correre e ci sono rischi che non possiamo permetterci di non correre.> Peter Ferdinand Drucker, economista

Sponda Sud > Un bilancio dell’esperienza

Il coraggio di una sceltacon il cuore che va oltreI giovani del progetto ‘Sponda Sud’ dopo sei mesi di esperienze forti e confronti difficili:il ‘metodo Rondine’ ha funzionato ancora.

La bellezza di essere giovani è spesso caratterizzata dalla capacità di cambiare facilmente stili di vita, luoghi, scelte in virtù degli ideali e delle passioni che albergano nel cuore. Lasciare la propria casa, i propri affetti, le proprie sicurezze, anche se para-dossalmente pericolose, è in ogni caso un gesto difficile che richiede coraggio e forza interiore. Ogni giorno sperimentiamo tutto ciò misurandoci con l’energia e l’unicità delle storie degli studenti di Rondine, ma lo si può incontrare ovunque si scelga di lasciare qualcosa per un bene che spesso è più una scommessa che una certezza.Per i giovani della Sponda Sud questa scelta ha provocato lo stesso dilemma interiore, con una sfumatura diversa. Il cambiamento storico che i loro Paesi stanno vivendo prefigura una novità a cui hanno deciso per il momento di sottrarsi, per tornare a contribuirvi poi in modo ancor più incisivo. Dall’Egitto e dalla Tunisia giungono ogni giorno notizie di contrasti, di spinte in avanti, di paure e di ritorni al passato, di attese e speranze in diverse direzioni. Questi movimenti, di popolo e di politica, come di cuore e di mente, hanno alzato il prezzo della partecipazione a que-sto progetto, rendendolo una scommessa necessariamente vincente.Dopo i mesi spesi in Italia, ma con uno sguardo sempre rivolto alle proprie terre, il gruppo si prepara a tornare a casa con un bagaglio esponenzialmente accresciuto: questi giovani hanno finalmente trovato l’opportunità di concretizzare i loro sogni di vita insieme nella diversità, di confrontare le loro speranze per una patria migliore, di acquisire competenze umane e tecniche per proporre e operare un cambiamento nel tessuto sociale e culturale del loro Paese. Com’è stato possibile? Innanzitutto Rondine: tre mesi vissuti a stretto contatto con lo Studentato, intensi e difficili, ma costruttivi. Non è facile, infatti, studiare una nuova lingua, lavorare e vivere con una diversità talvolta abissale insieme a chi condivide passioni simili ma utilizza registri diversi, né è semplice gestire ritmi di lavoro con le scadenze della Scuola di Italiano o sostenere la fatica di un training formativo settimanale in cui si richiedeva di applicare corpo e mente a cosa è conflitto e cosa è gruppo, a cosa comportano l’individualità e la libertà personale e allo stesso tempo la coesione e il bene di tutti. E ancora, simpo-sii e uscite pubbliche, saggiando compe-

tenze e intelligenze mediante confronti con esponenti dei mondi culturali, istituzionali, politici, sempre raccogliendo stima e rico-noscimento. Tre mesi di impegno e fatica, attraversati dal Ramadam e dalla bellezza di condividere un percorso religioso insie-me a cristiani, musulmani e non credenti.Dopo aver maturato e strutturato un’e-sperienza umana di livello, è arrivata l’esperienza tecnica in Trentino: due mesi altrettanto intensi caratterizzati dalla formazione e dalla progettazione econo-mica, sociale, culturale per sviluppare un progetto personale o di gruppo utile alle scelte professionali future. Il tutto insieme a un gruppo di giovani italiani, anch’essi provenienti da una terra che desiderano rilanciare: la Sardegna, con

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Alessandro GaruglieriResponsabile Progetto ‘Sponda Sud’

Nella foto: Amira, egiziana, parla durante il simposio internazionale del Luglio scorso a Rondine, che ha dato il via al progetto ‘Sponda Sud’.

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Primavera Araba, vincela parola ‘libertà’Quattro voci degli studenti protagonisti dell’esperienza di Rondine convergono verso una certezza: nulla sarà più come prima.

Sponda Sud > Testimonianze del cambiamento

Non apprezza la libertà chi non ha mai conosciuto la costrizione.> Fernando Pessoa, poeta

Interviste raccolte da Clara Della Valle

mi interesso. Non avevo Twitter; mi sono iscritta durante la rivoluzione e oggi è la prima pagina che apro quando mi sveglio: cerco le opinioni degli altri, anche se diverse dalle mie, commento quello che scrivono gli altri e leggo i commenti che gli altri fanno a me. Ho capito che è un modo per conoscere, imparare, crescere. E per portare avanti quel sentire comune che è nato a piazza Tahrir. Radwa, egiziana

“Ho diritto a vivere la mia religione come ritengo più giusto”La rivoluzione mi ha fatto sentire final-mente libera, senza avere paura. Paura che prima sentivo ogni volta che usci-vo: gli occhi della gente mi pesavano e temevo di essere arrestata a causa del mio foulard. Adesso, invece, guardo negli occhi i poliziotti quando cammino. So che ho diritto a vivere la mia religione come ritengo più giusto. Prima si parlava sempre dei diritti delle donne, ma mai del diritto

delle donne a vivere la religione come la sentono. Con la rivoluzione, per la prima volta, si è parlato anche di questo. Prima non potevo pregare al mattino presto: la polizia controllava se la luce fosse accesa; adesso sono libera di ‘comunicare con Allah’ in ogni momento della giornata. E per la prima volta ho la speranza di trovare un lavoro per le mie competenze e non per il mio aspetto”. Raja, tunisina

“Tutti possono esprimere la propria opinione senza avere più paura”Credo che la conquista più bella di piazza Tahrir sia stata la libertà di parola. Oggi tutti possono esprimere la propria opi-nione senza avere più paura. Prima non m’interessavo di politica, non leggevo mai il giornale. Non aveva senso: trent’anni di Mubarak e la convinzione che Gamal, suo figlio, ne avrebbe occupato il posto. Nes-suno avrebbe mai immaginato un’uscita di scena come quella del febbraio 2011. Da quel giorno qualcosa è cambiato: per la prima volta nella mia vita ho avuto la sensazione che l’Egitto potesse non essere Mubarak, che ci potesse essere un’al-ternativa. La politica ha riunito il nostro popolo intorno ad un obiettivo comune: il benessere dell’Egitto. La strada è lunga, ma c’è speranza, ed è questo il dono più grande della ‘rivoluzione di gennaio’. Si può sentirla anche nell’aria. Maha, egiziana

“Non mi spaventa più parlare di politi-ca: voglio farne il centro della mia vita” “Il giorno in cui Ben Ali è andato via per la prima volta mi sono sentita fiera di essere tunisina. Fiera di poter scegliere il mio destino e quello del mio Paese. Prima sembrava un miraggio. Correvo quando passavo davanti al Ministero dell’Inter-no: sapevo che quello era il ‘luogo delle torture’. Adesso ci passeggio davanti senza paura. Quando parlavo di politica con i miei amici nei caffè, mi preoccupavo di chi fosse seduto al tavolo vicino, di chi ascol-tasse, di chi potesse riferire alla polizia. Ora, invece, mi trattengo tranquillamente. Non mi spaventa più parlare di politica, anzi, ne voglio fare il centro della mia vita: coi miei colleghi d’università abbiamo fondato l’“IRA - International Relations Association - Tunisia”, un’associazione di giovani che vogliono cambiare il loro Pae-se. Prima non avremmo mai potuto farlo. Nesrine, tunisina

“Ogni giorno qualcuno combatte per le proprie idee”Mi colpisce vedere ogni giorno manifesta-zioni, sit in, proteste. Prima non capitava mai. Oggi, invece, ogni giorno qualcuno combatte per le proprie idee. Questo è uno dei doni della nostra rivoluzione. Il 25 gennaio ha portato con sé l’interesse per sé stessi e per i propri bisogni, ma anche per gli altri. A piazza Tahrir non c’erano solo quelli che domandavano ‘il pane’, ma anche i ricchi che si schieravano a fianco dei poveri. A piazza Tahrir c’era empatia: la volontà di ascoltare i problemi degli altri, condividerli, farli propri. Quest’empatia è durata anche dopo la rivoluzione e ha portato gli egiziani ad avere sempre più interesse gli uni per gli altri. Io per prima

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Viaggio tra le Rondini d’Oro > L’incontro di Makeni

Giustizia non esiste là ove non vi è libertà.> Luigi Einaudi

Il ‘blocco africano’ degli ex studenti di Rondine elegge la coordinatrice regionale: Josephine Saffa.

Era la prima volta che le Rondini d’Oro della Sierra Leone s’incontravano per con-frontarsi sull’esperienza e sugli sviluppi che i due intensi anni di studentato a Rondine hanno avuto per la vita quotidiana nei loro Paesi d’origine. Trovandomi a Makeni come medico volontario, ho creato semplicemen-te l’occasione – un dono, per me – perché l’incontro potesse avvenire con una bella cena all’italiana. Le Rondini d’Oro presenti erano Baio Conteh, Boniface Kamara, Patrick Koroma, Josephi-ne Saffa e Robert Paine. L’invito era stato esteso anche al direttore sanitario dell’o-spedale Holy Spirit, il dottor Peter Turey, e all’amministratore apostolico della diocesi di Makeni monsignor Natalio Paganelli, ai quali abbiamo fatto conoscere Rondine. Nel clima d’amicizia che si era creato ho chiesto a ciascuna Rondine d’Oro cosa avessero

significato i due anni trascorsi a Rondine e in che modo tale esperienza avesse influito nella loro vita e come stessero mettendola a frutto nell’ambiente di lavoro e nell’impegno sociale. Ognuno di loro ha risposto manife-stando sincera e profonda gratitudine sia verso chi aveva reso possibile l’incontro con Rondine sia verso l’Associazione stessa. La crescita nella capacità di dialogo e la valoriz-zazione delle differenze sono stati il lascito più prezioso di Rondine.L’inizio della vita nello studentato è stato per tutti molto faticoso e duro: la paura di affrontare persone, luoghi e situazioni scono-sciute, unitamente alla barriera della lingua e delle diverse culture, sono state montagne che, scalate con pazienza e perseveranza, non hanno tardato nel produrre il frutto bello e maturo di una vera amicizia.Il rientro nel Paese di provenienza porta con sé, a sua volta, tutti i rischi del “primo volo”: la sensazione di solitudine nel tornare a casa sentendosi cambiati; l’idea, spesso diversa dalla realtà, che familiari e amici si sono fatti di loro nel periodo di assenza; l’incertezza di dove e come “atterrare” con tutto il bagaglio appreso a Rondine.Ed è in particolare su quest’ultimo punto che i ragazzi si sono maggiormente soffermati, perché non è un dettaglio: è il futuro! Un futuro già ricco del desiderio di portare

avanti e ancora più in alto il disegno di pace. Si chiedono come sviluppare il progetto che l’Associazione aveva chiesto loro di scrivere all’ingresso nello Studentato, senza adeguati aiuti, sostegni, partner ecc.Quello che è emerso dal loro confronto è che le Rondini provenienti da un certo ambiente (quello diocesano) hanno avuto meno diffi-coltà nell’inserimento in ambito lavorativo.Questa situazione suggerisce la necessità che nella zona Sub-Sahariana si trovino modalità di selezione dei ragazzi che consentano di esplorare ambienti diversi, luoghi vicini alle professionalità più necessarie per il paese (come, per esempio, l’ambito sanitario). La Lega può avere un ruolo importante, utile per continuare a trovare modalità di collaborazione che consentano di portare avanti i progetti al ritorno in patria di ciascun giovane.“Non c’è pace senza giustizia” affermava il Beato Giovanni Paolo II nel messaggio per la Giornata mondiale della Pace del 2002. I progetti dei ragazzi sono tutti progetti di giustizia. A conclusione della cena è stata eletta Josephine Saffa come referente della Lega Rondini d’Oro, con l’impegno rinnovato nello spirito di Rondine di custodire ogni sogno: è stato questo forse il primo passo perché il volo delle Rondini possa continuare.

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Martina BenelliMedico volontario

Una serata con le Rondini d’Orotra nostalgia e nuovi progetti

Nella foto:L’incontro delle Rondini d’Oro della Sierra Leone a Makeni.

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mica, e ad essergli amico. Ora so che l’amicizia non ha confini, né politici, né culturali. Ecco cos’è il NATyouRE SupPORT”.Organizzare un campo come questo a Rondine è un’esperienza significativa. La Cittadella della Pace e il gruppo di studenti internazionali che vivono qui creano un contesto unico, fatto di scambio e conoscenza reciproca. Per i trenta giovani che hanno fatto di Rondine la loro casa per dieci giorni ad Agosto, gli studenti internazionali sono stati un modello che ha supportato e valorizzato le loro esperienze, aiutandoli a comprenderle meglio. Ci sono riusciti, semplicemente, essendo lí: la loro vita quotidiana riflette alla perfezione le esperienze di vita condivisa che i partecipanti del campus sperimentano per la prima volta a Rondine. Ma gli studenti di Rondine sono anche coinvolti attivamente nel campus, organizzando le varie attività, e offrendo un prezioso spazio dove ascoltare i loro racconti sulla loro scelta personale di abbracciare la pace. Loro ispirano, guidano, e aiutano i partecipanti a collocare le loro esperienze in un contesto più ampio che le rende più significative, e soprattutto piene di speranza.

Campus internazionali > NATyouRE SupPORT

Per la quarta volta Rondine diventa un grande spazio di divertimento e riflessione per giovani di tutto il mondo.

Un’esperienza per diventare grandi

riche alla risoluzione di problemi pratici; dalla discussione e i gruppi di dialogo ai laboratori manuali; soprattutto implica un programma che è focalizzato sulla persona nella sua interezza, che stimola la crescita personale sia a livello individuale che di gruppo nutrendo la curiosità e l’armonia con noi stessi e tra di noi.Imparare attraverso il fare è essenziale per il nostro approccio: “Noi non parliamo della pioggia, noi usciamo e ci bagnamo”, spiega Luca Crivellari, il nostro educatore principale nel progetto che trae ispirazione da metodo-logie che hanno origine in Nord Europa, Stati Uniti e Sud Africa. Crivellari fa parte di un team internazionale di educatori, alcuni retribuiti e altri volontari, che impiegano una dose incredibile di energia e impegno nel preparare e realizzare progetti simili, e che sono sempre pronti a rivedere la pianificazione giornaliera in base alle dinamiche che emergono durante le attività, fornendo così un programma flessibile e creativo confezionato su misura per le iden-tità specifiche di ogni particolare gruppo. Nei commenti dei partecipanti, una volta tornati a casa, il successo e l’entusiasmo per questo metodo:“In meno di dieci giorni ho imparato ad ascol-tare, prima ancora di partecipare, anche per leggere le cose dall’interno, piuttosto che da esterno. Ho scoperto che io sono una persona che puó cambiare. Ho anche imparato ad accettare la persona che credevo fosse mia ne-

Un dolore condiviso è un dolore dimezzato. Una gioia condivisa è una gioia raddoppiata. > Proverbio svedese

NATyouRe SupPORT 2012 è uno scambio giovanile internazionale ed il secondo progetto di Rondine che riceve un finanziamento nell’ambito del programma Youth in Action. Rappresenta una pietra miliare, perché per la prima volta abbiamo riunito i giovani israeliani e palestinesi a fianco dei gruppi provenienti da Turchia e Italia. Questo è stato possibile grazie all’impegno e alla convinzione dei nostri partner: TOG di Instanbul, in Turchia, l’Holy Land Trust di Betlemme, in Palestina e il Rotary International di Haifa, in Israele.Come progetto educativo non formale, il fulcro del campus è sperimentare noi stessi come persone, riconoscere e tirare fuori i nostri limi-ti, sfidare i nostri pregiudizi, esprimere i nostri sogni e concretizzare il nostro futuro.Ma che cosa implica di fatto un programma educativo non formale? Un programma in cui ad una relazione passiva studente-insegnante si sostituisce una rete di relazioni dinamiche e interattive tra un gruppo di ragazzi e un gruppo di educatori; un programma che vede la conoscenza come un processo creativo, in cui ad ogni persona è permesso di esplorare e provare idee, sentimenti e capacità in un con-testo che promuove l’uguaglianza e il rispetto; implica un’attenzione meticolosa al contesto educativo nella sua accezione più ampia; implica un uso produttivo di una varietà di approcci, dallo sport alle attività all’aria aperta fino alle arti creative; dalle presentazioni teo-

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Ursula ArmstrongResponsabile ‘NatYOUre SupPORT’

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L’ignoranza è meno lontana dalla verità del pregiudizio.> Denis Diderot, filosofo

Campus internazionali > NATyouRE SupPORT: Qui Israele

Gali e Itai, giovani israeliani per la prima volta al campus:“Dal risveglio all’alba, ogni istante è da ricordare”.

Gali e Itai non erano mai stati in Europa, e non avevano mai parteci-pato a un campo come il “NATyouRE SupPORT”. “È stato difficile arrivare qui,” ci rac-conta Gali, “trovarsi tutt’a un tratto con ragazzi provenienti da Paesi diversi, e dalla Palestina in partico-lare.” “Stranissimo,” aggiunge Itai, “anche perché eravamo ‘incastrati’, con una foresta da un lato, e un fiume dall’altro.”

In effetti trovarsi catapultati a Rondine all’inizio è strano per tutti, figuriamoci per due israeliani di sedici anni! Ma, poi, dalla stranezza si passa allo stupore e dallo stupore all’entusiasmo. E i passaggi non sono neanche troppo lunghi, in veri-tà. “Pian piano abbiamo cominciato a parlarci,” inizia Gali, “a condivide-re ogni giornata insieme, ventiquat-tro ore su ventiquattro, giocando, collaborando e imparando a cono-scerci. È diventata una routine dopo poco tempo, e di questa routine mi è cominciato a piacere tutto. In particolare l’arise moment.” L’arise moment è il momento del ri-sveglio, quasi all’alba, in realtà, ma che sia a Gali che a Itai è piaciuto tantissimo, perché “dava l’ener-gia giusta per vivere a pieno la giornata.” Anche un altro momento li ha colpiti particolarmente, quello del getting out of the box, attività che serve a rompere gli schemi, i blocchi, i pregiudizi che la società ci costruisce intorno.“Ho capito come la mia visione del mondo e delle persone fosse costruita dalle immagini esterne, dai media, dai pregiudizi. Anche quella dei palestinesi: pensavo fossero totalmente diversi da noi. A Rondine ho capito che, in realtà, ci piacciono le stesse cose, ridiamo per le stesse cose. Grazie al getting out of the box ho cominciato a cambiare la mia visione del mondo e, di conseguenza, di me stesso.” Giudizio unanime su Luca e Giedre,

i due educatori internazionali del campo:“Ci hanno dato delle lezioni di vita,” dice Gali. “Tutte le attività che hanno fatto avevano un senso nel disegno del progetto formativo.”“Sono delle persone ‘spirituali’,” continua Itai, “perché riuscivano a emanare un’energia fuori dal comune e a trasferirla anche a noi, aiutandoci a buttar fuori paure che avevamo dentro.”Anche l’esperienza dello Studentato Internazionale è un qualcosa che Gali e Itai si porteranno a casa: “gli studenti di Rondine ci hanno insegnato giochi divertentissimi, che adesso voglio insegnare ai miei amici israeliani,” racconta Gali. “Sono stato dieci giorni con delle persone bellissime. Camminare per Rondine, incontrare le persone e salutarle tutte con il sorriso non capita spesso in Israele,” aggiunge Itai.Per Gali dire goodbye a fine campo non è stato facile.“Conoscevo gli altri partecipanti solo da dieci giorni, ma mi sem-brava di conoscerli da una vita,” ci confida Itai, che conclude: “Ron-dine è bellissima, il paesaggio è stupendo.”Giudizio abbastanza lontano da quello del primo impatto: in quello “spazio che lo ‘incastrava’ tra una foresta e un fiume,” Itai ha scoperto un mondo. E, adesso, invece che “incastrato” si sente più libero e più ricco.

Clara della Valle

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“Lezione di vita, con scariche di pura energia”

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Campus internazionali > NATyouRE SupPORT: Qui Italia

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.> Marcel Proust

Parole d’ordine: curiosità e allegriaCostantino scopre un mondo nuovo

(predecessore del “NATyouRE SupPORT”) l’anno scorso.“Proviamo, male che vada torno a casa, ho pensato all’ini-zio” ci dice ridendo Costantino. Ma che a casa non ci sarebbe tornato l’ha capito già il primo giorno, quando i partecipanti israeliani, palestinesi e turchi sono scesi dall’autobus: “ho sentito subito che c’era intesa,” ci racconta, “e ho capito che saremmo diventati amici veri”. Anche per lui il consiglio di Luca di dare sempre il cento per cento è stato oro: “perché a casa, magari, le cose le facevo, ma senza impegnarmi troppo”, ci confida, “invece qui ho impa-rato a dare il massimo, anche nelle cose più piccole”. In questo campo, Costantino ha riscoperto anche l’utilità e la bellezza del lavoro di squadra (modalità con cui sono state svolte la maggior parte delle at-tività): “facevo sport, e quindi il

lavoro di squadra lo conoscevo già”, ci dice, “ma nel ‘NATyouRE SupPORT’ è stato diverso: si ac-centuava la necessità di ascol-tarsi, avere pazienza, capirsi e collaborare per un obiettivo comune. Alla fine il lavoro di squadra funzionava e il risulta-to non era perfetto, magari, ma sicuramente colpiva”.Costantino, poi, per la prima volta ha vissuto con giovani israeliani e palestinesi. “Lo sapevo che erano in conflitto”, ci racconta, “ma un conto è saperlo, un conto è avercelo davanti. Ti arriva come una pal-lonata addosso! E capisci che tutto quello che hai sentito in televisione o letto sui giornali non è nemmeno un quarto di quello che accade nella realtà”.Adesso, Costantino spera che questo “magma” di emozioni possa aiutarlo a capire meglio quello che gli gira intorno e il mondo, nella sua interezza.

La curiosità è forse la prima emozione che ti scatena Rondine, quando arrivi e vieni travolto da mille colori e volti diversi. Ed è da questa curiosità sana, genuina, pura, che in ragazzi dai quindici ai diciasset-te anni emerge in tutta la sua naturalezza (ma che la Cittadel-la riesce a infondere anche nei più grandicelli), che nascono rapporti di vera amicizia. Sono quelli di cui ci parla Costantino, che ha saputo del “NATyouRE SupPORT” grazie ad Alessandro, uno degli helper, che ha partecipato al “Triumph”

Clara della Valle

Uno dei partecipanti italiani arrivaquasi per caso: l’atmosfera diversadal solito e tutti quei volti nuovi...

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sperienza della tenda. “Sono una scout”, comincia Aseel, “e quindi già avevo vissuto in tenda, ma mai così pienamente come questa volta” - “Il fatto di vivere con ragazzi di culture diverse dalla tua sotto una stessa tenda è qualcosa che ti arricchisce moltissimo”, continua Wasim.Adesso, entrambi si sentono diversi, forse un po’ “migliori”, come ci dice Wasim. “Consiglio a tutti di vivere per un periodo in un altro posto e con persone diverse da quelle di sempre. Ti aiuta a conoscerti meglio e, alla fine, magari ti scopri una persona diversa”, conclude Aseel.Un consiglio preziosissimo, soprattutto se viene da una ragazza di sedici anni.

Campus internazionali > NATyouRE SupPORT: Qui Palestina

L’entusiasmo è alla base di tutti i progressi.> Henry Ford

Wasim, palestinese, riprende il discorso del suo amico israeliano, Itai: “per la prima volta ho vissuto con degli israeliani. All’inizio avevo paura, poi ho cominciato a parlarci, a giocarci insieme, a conoscerli e a cambiare l’immagine che avevo di loro”.“Non avrei mai pensato che le migliori amicizie le avrei fatte con delle ragazze israeliane”, aggiunge Aseel.Wasim e Aseel hanno vissuto il “NATyouRE SupPORT” in pieno Ramadan. Immaginate dormire in tenda, svegliarsi alle sette, essere in movimento tutto il giorno e poter mangiare e bere solamente la sera. La stanchezza sarebbe lì a farsi senti-re ogni cinque minuti, se non ci fosse l’entusiasmo. È l’entusiasmo, appunto, che ha conquistato Wasim e Aseel. “Mi sentivo entusiasta ogni giorno”, racconta Wasim, “perché non sapevo mai cosa mi

attendesse il giorno dopo. Il programma lo conoscevo, sì, ma non avrei mai potuto immaginare le emozioni che mi si sareb-bero scatenate dentro”.“Luca riusciva ad essere sorprendente ogni giorno”, aggiunge Aseel.Wasim e Aseel hanno amato tutte le attività svolte durante il campo. “Non si trattava solo di giochi fini a sé stes-si”, nelle parole di Wasim, “ognuno di essi aveva un obiettivo, uno scopo da raggiungere, come essere creativi o avere fiducia verso gli altri. Per questo è stato importante lavorare in gruppi, non definiti in base alla nazionalità, ma misti, cosic-ché la creatività potesse essere stimolata maggiormente”. È vero, la creatività trova terra fertile nel confronto, se vogliamo anche nello scon-tro, laddove da visioni diverse nascono le idee più belle, quelle giuste. È questo, in fondo, il cuore di Rondine.“Le definizioni di leadership, dell’essere player of your life, erano solo tracce, il re-sto dovevi mettercelo tu”, continua Aseel. “La creatività era, quindi, indispensabile”.Wasim e Aseel hanno amato anche l’e-

Due giovani palestinesi,tra Ramadan e inizialidiffidenze: “Qui la vera creatività la scopri nel dialogo col prossimo”.>

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Clara della Valle

“Quel ragazzo che gioca con menon sarà mai il mio nemico”

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insieme, dormire insieme è stato bellissimo. Non voglio più tornare a casa, mi mancheranno tutti!” Penso che queste due battute ci possano bastare.Ceren è la più spigliata delle tre. Vuole fare l’università all’estero ed ha scelto di partecipare al “NATyouRE SupPORT” per “sondare un po’ il terreno, per vedere se era possibile vivere con persone di Paesi e culture diverse.” Adesso sa che è possibile.“Due sono le cose più importanti di questo campo”, ci dice Ceren: “la prima, quella d’imparare a conoscersi meglio; la seconda, la musica. In que-sti giorni abbiamo ascoltato sempre musica. Per me è stato importantis-simo. Soprattutto nel momento con-clusivo della giornata, quando Luca e Giedre ci facevano chiudere gli occhi, mettevano una musica molto dolce e ci dicevano: ‘adesso, ripercorrete nella vostra testa the movie of your day’”. Io una sera ero con loro, ho chiuso gli occhi, ho ascoltato la musica e ho provato a riguardare the movie of my day. Non è semplice, la mente vola facilmente al giorno dopo, a quello che dovrai fare. Forse bisognerebbe provarci ogni sera, per fissare ogni cosa importante della giornata, ogni persona, ogni sguardo, ogni momento importante. E custodirlo.

Campus internazionali > NATyouRE SupPORT: Qui Turchia

“Quando il giocoti fa riflettere”

La conoscenza del prossimo ha questo di speciale: passa necessariamente attraverso la conoscenza di se stesso.> Italo Calvino

ABC

Anche per i giovani turchi una grande esperienza. E guardando gli studenti di ‘Sponda Sud’:“Siamo al loro fianco”.

Ezgi ha occhi stupendi, ma anche molto timidi. Ci racconta il suo “NATyouRE SupPORT” a tratti, eppure di cose da dire ne ha tante. Anche lei, come molti altri partecipanti, è la prima volta che vive un campo del genere. Anche lei pensava fosse difficile all’inizio e, invece, è stato tutto “molto naturale”. “Divertente” è la parola che Ezgi ci ripete più volte. “Divertenti sono stati i giochi degli studenti di Rondine e tutte le attività, anche le più difficili, perché Luca e Giedre hanno trovato il modo di ren-dere tutto divertente. E, divertendomi, ho imparato a conoscermi meglio”.Ezgi è rimasta molto colpita dall’in-contro con i giovani di “Sponda Sud”, che hanno raccontato le loro Primavere Arabe. “Non le conoscevo benissimo”, ci racconta Ezgi, “ma adesso voglio essere accanto a questi ragazzi. Anche noi in Turchia abbiamo vissuto la rivoluzione. Voglio combat-tere insieme a loro”.Anche Kadriye ha un po’ di difficoltà ad esprimersi, non parla benissimo l’inglese. Ceren, sua amica, l’aiuta traducendo. Ma a volte le parole non sono così importanti, basta guardare negli occhi una persona per capire quanto entu-siasmo abbia dentro. “Camminare insieme, cucinare

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Clara della Valle

Il progetto “NATyouRE SupPORT” é finanziato dalla Direzione Generale Educazione e Cultura della Commissione Europea nell’ambito del programma Gioventù in Azione ed é realizzato con il contributo del Comune di Montevarchi ed in collaborazione con il Comitato Interpaese Italia-Israele e con il progetto TRIUMPH del Rotary International.

I partner che hanno collaborato alla realizzazione del progetto quest’anno sono:Rotary International di Haifa in Israele;Holy Land Trust di Betlemme in Palestina;TOG Volunteer Community Foundation di Istanbul in Turchia.

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fondato da pochi anni all’epo-ca della sua redazione, si era assunto nella cristianità. Le Goff attribuisce all’opera un valore ulteriore, segnalandone la capacità di dare forma al tempo, attraverso la riconside-razione della liturgia dell’anno, segnata appunto dalle feste e dalle ricorrenze dei santi.Lucia Cosmetico ha scrittoElogio dell’insicurezza, pubbli-cato da Emisferi su carta gialla da pacchi. Si tratta di un testo di piccolo formato e di appena sessanta pagine, segnato però da una grande ambizione, quella di essere “liberamente ispirato all’Elogio della Follia di Erasmo da Rotterdam”. Una tale premessa rende difficile ogni giudizio, se non quello proprio della lettura, scorre-vole e spesso divertente, con grande capacità di impiegare gli strumenti dell’ironia e del paradosso, come quando parla di una professoressa che inse-gnava, per aggiungere subito che “il verbo non le sembrava adatto a descrivere lo stato di guerra che regnava ogni giorno nella sua aula.”

Le rubriche > Sfogliando i libri

Non leggete come fanno i bambini, per divertirvi, o, come gli ambiziosi, per istruirvi. No, leggete per vivere.> Gustave Flaubert

Dalle convinzioni all’insicurezza,passando per il Sacro nella StoriaUn grande economista (che non parla di economia);l’attualità del Concilio (mezzo secolo dopo); vite integerrime di santi e un testo che riabilita la madre di tutte le debolezze.Sergio ValzaniaDirettore

Al numero 635 della Piccola Biblioteca Adelphi corrisponde il titolo poco esplicito Le mie prime convinzioni, di John Maynard Keynes, il grande economista inglese che individuò già all’inizio del secolo scorso i limiti dell’e-conomia pura di mercato. Il volumetto, con una bella prefazione di Giorgio La Malfa, raccoglie due scritti, il primo dei quali è davvero molto interessante: si tratta del rac-conto di un episodio laterale alla firma del trattato di pace con la Germania al termine della Prima guerra mondiale. Il testo fornisce un’interessante ricostruzione di quei giorni lividi e senza prospettiva, nei quali i vincitori, con il francese Clemenceau in testa, esigeva-no vendetta anziché giustizia e preparavano in questo modo ai popoli d’Europa nuove tra-gedie ancora più grandi.Anche Ritrovare il concilio di Giuseppe Ruggieri, edito da Einaudi, affronta un argo-mento storico. Questa volta gioioso. Nella ricorrenza dei cinquant’anni dall’apertura del concilio Vaticano II può risultare molto utile il racconto sintetico, in poco più di cento pagine, di quella che con sicurezza è stata la più grande avventura della Chiesa cattolica dai tempi del concilio di Trento. In modo pacato Ruggieri rievoca il confronto anche duro che ci fu a Roma fra progressisti e conservatori, attestati sulle posizioni dei

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documenti preparatori redatti dalla curia. Dopo un lungo braccio di ferro essi furono rigettati dall’assemblea. Emo-zionante in questo contesto la figura e l’azione di Giovanni XXIII, capace d’indire il Concilio e poi d’indirizzarlo nella dire-zione della nuova pastorale, consentendo all’episcopato di tutto il mondo di contribuire in modo decisivo alle scelte della Chiesa di Roma. Un capitolo non ancora concluso, un albe-ro dal quale aspettiamo ancora molti frutti.Di tempi più antichi parla Jacques Le Goff nel suo Il Tempo Sacro dell’Uomo, edi-to da Laterza. L’argomento del libro è un altro libro, un testo duecentesco: la Legenda aurea di Iacopo da Varazze, monaco domenicano che per sei anni fu anche vescovo di Genova. Si tratta di un’opera famosa per secoli nel corso del Medioevo. Se ne conservano dieci mano-scritti in italiano, diciassette in francese, venticinque in tedesco e poi in altre lingue per un totale di sessantanove. L’epoca della stampa confermò il successo dell’opera: quasi ottanta versioni documentate fra il 1470 e il 1530. La Legenda racconta vite di santi, ricostru-ite con la precisione filologica che i tempi consentivano e che in realtà non va sottovalutata, e lo fa con un talento tale da imporsi come un testo di riferimento fondamentale per la predicazione, la missione che l’ordine dei domenicani,

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