le falsità di biglino sul termine ebraico ruah

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Alcune note sulle affermazioni dell'Autore Mauro Biglino ne "Il Dio Alieno della Bibbia" Capitolo II - 'Ruah' Citazione >>Il termine sarebbe quindi formato da tre lettere la cui antica raffigurazione pittografica ebraica rimanda a concetti che possiamo riassumere nel seguente modo: comando superiore – norme, leggi – certezza, stabilità – dimora – osservazione, rivelazione – soffio della vita – divisione – armi da lancio. Queste immagini appartengono alle culture antico-semitiche e cananaiche prima ancora che a quella ebraica e dunque non è pensabile ricavarne una sintesi certa dei valori che in origine erano loro attribuiti. l’impressione che ne nasce è comunque quella di una rappresentazione del OJf [ruàch] e dei suoi attributi che ben si concilia con la concretezza delle descrizioni sempre evidente nella lettura dell’Antico Testamento che stiamo conducendo.<< L'Autore pretende che vi sia una relazione tra la rappresentazione grafica delle consonanti ebraiche R W H secondo la grafia ebraica antica (derivata da quella fenicia) e il significato del termine. È assurdo poiché il termine compare già ad Ugarit dove veniva usata una scrittura alfabetica di tipo cuneiforme molto diversa da quella fenicia. Si veda su RWH in ugaritico, punico e ebraico epigrafico Issam K. H. Halayqa, A Comparative Lexicon of Ugaritic and Canaanite, AOAT 340, Münster 2008, p. 291 s.v. RWH. significati 1. „gust, breath“ 2. „wind" Citazione >>Questo vocabolo ci rimanda direttamente ai “venti” di cui ci narrano le storie sumere quando ci raccontano la cosmogonia e in particolare gli eventi che hanno portato alla formazione del sistema solare: i pianeti, le loro orbite, i “destini” che si incrociavano nelle varie fasi delle lotte gravitazionali che hanno sconquassato il nostro nascente sistema… Queste narrazioni sono state attentamente esaminate da vari studiosi e ampiamente descritte in vari testi citati in Bibliografia (Russo B., Sitchin Z., Demontis A.), pertanto non vogliamo qui riprenderle se non con questo brevissimo cenno: il sistema solare si è formato attraverso una serie di posizionamenti, scontri, definizioni di orbite, mutamenti anche drammatici delle stesse… un lungo e violento susseguirsi di eventi cosmici che alla fine hanno sistemato i singoli pianeti con relativi satelliti nelle posizioni che noi oggi conosciamo.<< . E' imbarazzante far nuovamente notare la mancanza di conoscenza o l'artificio letterario dell'Autore. - Biglino non dice quali siano i testi i sumeri a cui rimanderebbe direttamente il termine ebr. ruah (sul termine ruah vedi sotto). Perché? È evidente la circolarità e l'autoreferenzialità di un'"argomentazione" che in realtà non spiega né dimostra alcunché. Per prima cosa il testo biblico pone l'accento su due elementi: il vento è divino (traduzione letterale "vento (o spirito) di dio") e si muove sulla superficie delle acque. Questo è un motivo che esiste solo nella bibbia e di certo non nei testi sumeri. Inoltre è bene ricordare che non si conoscono testi sumeri che narrano la creazione dei pianeti. Forse Biglino pensa all'Enūma Elîš? È difficile pensare che Mauro Biglino sia così incompetente da considerare l'Enūma Elîš, il poema babilonese della creazione, un testo scritto in sumero mentre invece è scritto in babilonese, un dialetto dell'accadico, ma tutto lascia supporre questo grave errore. In questo testo Marduk crea, tra le altre cose, anche i pianeti. I venti ed altre armi vengono

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Page 1: Le falsità di biglino sul termine ebraico ruah

Alcune note sulle affermazioni dell'Autore Mauro Biglino ne "Il Dio Alieno della Bibbia" Capitolo II - 'Ruah' Citazione >>Il termine sarebbe quindi formato da tre lettere la cui antica raffigurazione pittografica ebraica rimanda a concetti che possiamo riassumere nel seguente modo: comando superiore – norme, leggi – certezza, stabilità – dimora – osservazione, rivelazione – soffio della vita – divisione – armi da lancio. Queste immagini appartengono alle culture antico-semitiche e cananaiche prima ancora che a quella ebraica e dunque non è pensabile ricavarne una sintesi certa dei valori che in origine erano loro attribuiti. l’impressione che ne nasce è comunque quella di una rappresentazione del OJf [ruàch] e dei suoi attributi che ben si concilia con la concretezza delle descrizioni sempre evidente nella lettura dell’Antico Testamento che stiamo conducendo.<< L'Autore pretende che vi sia una relazione tra la rappresentazione grafica delle consonanti ebraiche R W H secondo la grafia ebraica antica (derivata da quella fenicia) e il significato del termine. È assurdo poiché il termine compare già ad Ugarit dove veniva usata una scrittura alfabetica di tipo cuneiforme molto diversa da quella fenicia. Si veda su RWH in ugaritico, punico e ebraico epigrafico Issam K. H. Halayqa, A Comparative Lexicon of Ugaritic and Canaanite, AOAT 340, Münster 2008, p. 291 s.v. RWH. significati 1. „gust, breath“ 2. „wind" Citazione >>Questo vocabolo ci rimanda direttamente ai “venti” di cui ci narrano le storie sumere quando ci raccontano la cosmogonia e in particolare gli eventi che hanno portato alla formazione del sistema solare: i pianeti, le loro orbite, i “destini” che si incrociavano nelle varie fasi delle lotte gravitazionali che hanno sconquassato il nostro nascente sistema… Queste narrazioni sono state attentamente esaminate da vari studiosi e ampiamente descritte in vari testi citati in Bibliografia (Russo B., Sitchin Z., Demontis A.), pertanto non vogliamo qui riprenderle se non con questo brevissimo cenno: il sistema solare si è formato attraverso una serie di posizionamenti, scontri, definizioni di orbite, mutamenti anche drammatici delle stesse… un lungo e violento susseguirsi di eventi cosmici che alla fine hanno sistemato i singoli pianeti con relativi satelliti nelle posizioni che noi oggi conosciamo.<< . E' imbarazzante far nuovamente notare la mancanza di conoscenza o l'artificio letterario dell'Autore. - Biglino non dice quali siano i testi i sumeri a cui rimanderebbe direttamente il termine ebr. ruah (sul termine ruah vedi sotto). Perché? È evidente la circolarità e l'autoreferenzialità di un'"argomentazione" che in realtà non spiega né dimostra alcunché. Per prima cosa il testo biblico pone l'accento su due elementi: il vento è divino (traduzione letterale "vento (o spirito) di dio") e si muove sulla superficie delle acque. Questo è un motivo che esiste solo nella bibbia e di certo non nei testi sumeri. Inoltre è bene ricordare che non si conoscono testi sumeri che narrano la creazione dei pianeti. Forse Biglino pensa all'Enūma Elîš? È difficile pensare che Mauro Biglino sia così incompetente da considerare l'Enūma Elîš, il poema babilonese della creazione, un testo scritto in sumero mentre invece è scritto in babilonese, un dialetto dell'accadico, ma tutto lascia supporre questo grave errore. In questo testo Marduk crea, tra le altre cose, anche i pianeti. I venti ed altre armi vengono

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usati da Marduk per sconfiggere la dea Tiamtu e la menzione dei venti avviene in un contesto del tutto diverso da quello dei primi versi della Genesi. Sia detto per inciso che nell'Enūma Elîš i pianeti comunque non si scontrano tra loro. Per l'Enūma Elîš si può ora consultare l'edizione di Thomas R. Kämmerer und Kai A. Metzler, Das babylonische Weltschöpfungsepos Enūma elîš, AOAT 375, Münster 2012. Inoltre voglio sottolineare, e far riflettere l'Autore probabilmente all'oscuro di ciò: a) non si conosce alcun testo astronomico e/o astrologico in lingua sumera b) conosciamo esclusivamente trattati in lingua accadica. Che il Biglino abbia l'audacia di citare Russo, Demontis e Sitchin come riferimenti per i testi sumeri chiarisce bene a quale autorevolezza di fonti bibliografiche si ispiri. Citazione >>i Sumeri hanno spesso utilizzato il termine “venti” per indicare i satelliti che accompagnavano, e accompagnano tutt’oggi, i grandi pianeti nel loro percorso. I “venti”, da cui deriva con ogni probabilità il concetto connesso al termine ebraico [ruàch], erano dunque oggetti materiali, concreti, precisi, identificabili e viaggianti nello spazio!<< Si rende necessaria una cesura netta tra archeologia e fantascienza: - in quali testi i sumeri avrebbero detto queste cose? - È chiedere troppo all'Autore di riportare il nome e le righe dei testi sumeri in questione? Probabilmente sì, visto che testi del genere non sono noti. Tra l'altro i satelliti dei pianeti non erano conosciuti (tranne la luna). L'assoluta mancanza di riferimenti è disarmante. l'Autore vuol far credere al lettore che ciò che dice siano verità assodate mentre presentano, all'analisi oggettiva, caratteristica di invenzioni, supposizioni, illazioni non suffragate. Diversamente darebbe dei riferimenti precisi. Non avendo Mauro Biglino una preparazione accademica non ci possiamo tuttavia aspettare altro. Ciò che segue si appropinqua al ridicolo: Citazione >>Questa parola ha infatti origini molto più antiche della rap-presentazione ebraica che abbiamo riportato; affonda le sue radici nella lingua sumera nella quale il suono RU-A veniva reso con un pittogramma molto esplicativo.<<

È palese l'artificiosità di questa affermazione. Biglino non si presta minimamente a dare delle spiegazioni ma rimanda ad un lavoro di O'Brien, un perfetto 'signor Nessuno' nel panorama

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della sumerologia (vedi sotto). L'Autore afferma perentoriamente che così è e non si pone il problema della attendibilità della fonte, errore clamoroso per chi segue un metodo di studio scientifico. Ciò apparentemente sottolinea un'attenzione maggiore alle affermazioni eclatanti e una vision lontana dallo scopo principale per un prodotto editoriale che è la divulgazione di una teoria. Proseguiamo. Citazione <<Uno dei massimi esperti di lingua ebraica, Rabbi Matityahu Clark, ha curato un “Dizionario Etimologico dell’Ebraico Biblico” e alla radice attribuisce in prima battuta i seguenti significati (citazione letterale): • Force (forza) open (aprire) space (spazio) spread (disteso, aper-to, dispiegato). • Nella sezione Explanation/Commentary (“Spiegazione e Commento”) indica: forcing space, leaving spaces, winnowing, wind, direction, power.>> Qui Mauro Biglino cita un lavoro che è praticamente sconosciuto ai più. Quello che non dice è che il lessico in questione è un lessico basato sui commenti alla bibbia e sulle interpretazioni del rabbino Rabbi Samson Raphael Hirsch's, 1808-1888. Dall'introduzione: "The Hebrew language to Rabbi Samson Raphael Hirsch is God's language and its nuances of meaning to the very heart of understanding Torah and Mitzvot. Since God's Torah must be studied in order to understand the details and minutiae of Mitzvot, the language in which God gave that Torah must first be analyzed and fully understood. Hirsch reasoned that there must also be an internal integrity and wholeness to the language of the Torah. Furthermore, a Divine language a קודש לשון [lashon qodesh], cannot be haphazard or inconsistent but, almost by definition, must be systematic, orderly, and logical." --Rabbi Matityahu Clark; Page x. Non si tratta quindi di un'opera a carattere filologico ma di un lessico basato sulle interpretazioni di Hirsch. Il lessico di Rabbi Matityahu Clark "Uno dei massimi esperti di lingua ebraica", come il Biglino lo definisce, non è dunque uno strumento di analisi filologica dell'ebraico. Può essere altresì usato come uno strumento per l'analisi dei lavori di Hirsch. Possibile che Biglino non ne fosse a conoscenza? Consiglio l'uso del Koehler / Baumgartner, Hebräisches und aramäisches Lexikon zum Alten Testament (HAL) e del fondamentale Theologisches Wörterbuch zum Alten Testament (ThWAT), anche se è abbastanza evidente che purtroppo l'Autore non conosca la lingua tedesca – problematica importante per chi si occupa di lingue antiche– tant'è che cita il vocabolario del Gesenius nella versione tradotta in inglese. Di seguito alcune considerazioni più tecniche. L'etimologia dell' ebr. ַרּוח (rūªḥ). Secondo Biglino rūªḥ deriverebbe dal sumerico ru-a. L'ipotesi è stata avanzata con sicumera da Christian O'Brien (assolutamente non un sumerologo, come invece sostiene Biglino, bensì un geologo che poi si è appassionato all'archeologia e che era ed è del tutto sconosciuto in ambito assiriologico e quindi citarlo non porta nessun tipo di valore aggiunto alla teoria http://en.wikipedia.org/wiki/Christian_O'Brien#Positions.2C_awards_and_accolades). O'Brien non porta spiegazioni tranne la rappresentazione di due segni grafici che in realtà non

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hanno niente a che vedere con una lettura ru-a. http://www.goldenageproject.org.uk/genesis2.php. I segni sarebbero paleograficamente databili al periodo Uruk III/Jemdet Nasr, circa 3100-2900 a.C.. Né O’Brien né Biglino citano la tavoletta in questione, che quindi può benissimo non esistere (e sicuramente non esiste). Inutile la discussione: finché non è riportata la tavoletta originale è chiaro che si parla per assurdo, per illazione o peggio si abbia a che fare con teorie finte e tendenziose. Il primo segno riportato è inoltre palesemente falsato perché non si trova su nessuna tavoletta. Piuttosto è stato rimosso da O'Brien il piccolo trattino che rappresenta il becco dell'anfora. Si può verificare nella foto del testo pubblicato in Gelb/Whiting/Steinkeller, Earliest Land Tenure Systems in the Near East: Ancient Kudurrus, OIP 104, 1989-1991, Nr. 2 (vedi sotto) dove compare l'unico segno che veramente assomiglia a quello di O'Brien (il secondo in alto a sinistra).

A parte il metodo del tutto nuovo (e anche faceto) di spiegare l’etimologia di una parola ebraica con l’apparenza grafica della resa scritta di una parola sumera, dando per scontato che i due termini siano etimologicamente dipendenti, va considerato che in sumero non è attestato un sostantivo ru-a ma, al limite, una forma verbale del verbo ru (vedi sotto) a sua volta da considerarsi quasi sempre una variante del verbo ri (per lo più col significato di "gettare"). Uno studioso serio avrebbe invece cercato di dimostrare la parentela etimologica delle due parole. Ammesso e assolutamente non concesso che esista una tavoletta che riporti quei segni uno vicino all'altro, detti segni sarebbero: 1. il primo da leggersi diversamente (il segno ripreso dal sito internet di O'brien e riportato da Biglino in "il dio alieno...." è uno ŠAGAN non „gunizzato“ (cioè senza trattini paralleli al suo interno) come compare nel testo OIP 104 Nr 2 riga 1 che è rappresentato sopra (Il volume OIP 104 è scaricabile con le tavole qui: https://oi.uchicago.edu/research/pubs/catalog/oip/oip104.html). Il segno è riportato nella lista di Adam Flakenstein, Archaische Texte aus Uruk", Berlin 1936 al numero 181.

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Falkenstein aveva realizzato la lista dei segni di Uruk basandosi sulle tavolette del periodo Uruk/Jemdet Nasr note fino agli anni 30. E' una lista standard, la si trova qui : http://www.cdli.ucla.edu/tools/SignLists/ATU1.pdf Nella maniera più assoluta il segno non è il segno RU. in nessuna delle sue varianti paleografiche. È stato proposto di vedere nel segno di O’Brien il segno UL ed è stata proposta la lettura ru5. è solo un modo per salvare per i capelli l’interpretazione di O’Brien (che comunque parla di ru-a e non ru5-a). UL ha in effetti una lettura ru5 ma questa è attestata con sicurezza solo nelle liste lessicali del primo millennio (quindi 2000 anni dopo il periodo a cui risalgono i segni in questione), come variante del verbo du7, e non si trova mai con certezza in contesto. Il segno in questione non è comunque il segno UL/DU7, come si può verificare nella liste dei testi arcaici di Uruk in R. K. Englund/H. J. Nissen, Die lexikalischen Listen der archaischen Texte aus Uruk (ATU 3; Berlin 1992), la cui versione html online è qui: http://www.cdli.ucla.edu/tools/SignLists/protocuneiform/archsigns.html questi i segni dalla lista di Englund/Nissen (il seno UL è riportato sotto la sua lettura DU7):

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In questa lista non compare il segno della tavola OIP 104 Nr 2 ,che è riportato da A. Falkenstein al nr. 181 della sua lista, semplicemente perché la tavoletta non proviene da Uruk e quindi non è stata valutata dagli editori della lista. Effettivamente si trova il segno di O'Brien anche nella lista dei segni dei testi di Fara (2600~2500 a.C.) di Deimel come possibile esempio arcaico del segno UL. Questo però non significa niente perché Deimel offre una lista dei segni di Fara, che sono almeno 500 anni più giovani di quelli di Uruk, dopo aver confrontato e studiato i segni dei testi di Fara. È stato però Falkenstein, alcuni anni dopo, a creare una lista basata su tutti i testi del periodo di Uruk IV/III e Jemdet-Nasr allora conosciuti. L'attribuzione di Falkenstein ha qundi maggiore autorità perché si basa sulla comparazione dei segni delle tavole del periodo di Uruk. Anche Gelb e gli altri editori della tavoletta riportata sopra in foto leggono il segno come uno SHAGAN non gunizzato. Questa è l'edizione della tavoletta di cui sopra ad opera di Gelb/Whiting/Steinkeller, Earliest Land Tenure Systems in the Near East: Ancient Kudurrus, OIP 104, 1989-1991, p. 34

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Si può anche controllare la lista di Burrows in UET 2 per i segni dei testi di Ur del ProtoDinastico II (RU Nr. 204, UL Nr. 221) ma siamo in un altro periodo dove i segni sono realizzati in modo diverso. http://www.cdli.ucla.edu/tools/SignLists/UET2.pdf 2. probabilmente i segni non costituirebbero (da soli) una parola ma sarebbero da combinarsi ai segni circostanti. 3. da valutare quindi anche il contesto. Biglino sul suo sito riportava queste affermazioni su un presunto reperto sumero:

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«Il ruach che “aleggia sulle acque”, come descritto in Genesi, è chiaramente rappresentato in una stele della collezione Spiro che si trova al National Museum di Cartagine: reperto sumero datato 1950 a.C» Il reperto proposto da Biglino come sumero, raffigurante un simbolo che rispecchierebbe il segno RU, è in realtà un frammento di stele punica (si trova al museo di Cartagine, che non sembra essere un noto centro culturale sumero...) e si ritrova su numerose stele puniche http://www.archaeometry.org/spiro.htm. Ogni commento è superfluo... Già queste premesse sono sufficienti ad invalidare la teoria proposta; oltretutto: 1) ammessa per assurdo l'esistenza della tavoletta e la lettura *ru-a invece della lettura corretta * ŠAGAN (non gun.).A, il segno A non avrebbe più alcun legame col suo significato ideografico in quanto dovrebbe rappresentare il morfema {a} che forma i participi passati di un verbo. Infatti ru potrebbe essere solo un verbo, per cui ogni etimologia che vuol spiegare ru-a come qualcosa di legato alle acque è del tutto priva di senso. Il segno A sarebbe usato qui per il suo valore fonetico /a/ che rappresenta un morfema della lingua sumera. Occorre separare il livello grafico da quello linguistico, questo è fondamentale! (anche supponendo un rarissimo sostantivo di tipo CVV (consonante-vocale-vocale) il segno A non avrebbe alcun legame con il suo significato ideografico di "acqua", cfr. per es. su-a, con variante sa-a, "gatto".) questo è un appunto di metodo, perché tanto i due segni in questione non si leggono ru-a , e forse nemmeno esistono in quella combinazione. 2) come dovrebbe derivare rūªḥ, perché , in che periodo e per quali vie, da un ipotetico /rua/ (forse / ru'a/) con la trasformazione di una vocale /a/ in un patach furtivum, che sorge per facilitare la pronuncia della faringale fricativa ḥ, e come e perché dovrebbe apparire la faringale fricativa ḥ? perchè il termine *ru-a non compare come sostantivo in nessun testo sumero? Uno studioso affronterebbe questo argomento: l'Autore non lo fa perché non ne è in grado e perché è impossibile dimostrare queste teoria. La postulata lettura *ru-a presenta ulteriori difficoltà (ammessa sempre per assurdo l’esistenza

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della tavoletta in questione e la lettura *ru-a invece della lettura corretta * ŠAGAN (non gun.).A). Poiché sostantivi sumeri di tipo C V V (consonante-vocale-vocale) sono estremamente rari, *ru-a dovrebbe essere un participio. per esempio il participio del verbo a ru („donare in offerta“) è infatti a ru-a ed è molto attestato. Nel periodo Uruk III/jemdet-Nasr, però, i morfemi grammaticali non vengono scritti. quindi i segni RU A (se esiste la tavoletta) dovrebbero essere separati o legati ad altri segni oppure rappresentare una parola da leggersi in modo ignoto ma non *ru-a (vedi sopra). Combinazioni di segni che hanno una lettura particolare, non derivante dalle letture dei singoli segni, sono estremamente diffuse. In assiriologia si chiamano diri-composita per es. i segni SI.A (quando non è inteso il participio del verbo si) si leggono diri (da cui il nome diri-composita), i segni PA.TE.SI hanno la lettura ensi2, SHIR.BU.LA = lagas, etc. etc. Se così fosse i segni ru.a avrebbero una lettura non nota ma sicuramente diversa da /rua/ e quindi il sostantivo espresso con questa combinazione non potrebbe aver dato ruah in ebraico (tra l’altro 2000 anni dopo senza che il termine sumero ricomparisse da qualche parte in Mesopotamia. Questo è un ulteriore argomento fondamentale a proposito delle assurdità linguistiche di O'Brien e Biglino). Tutta questa discussione comunque è in realtà pura teoria e serve ad indicare un metodo. infatti: 1) la tavoletta non è riportata. quindi fino a prova contraria non esiste. e qui finirebbe ogni discussione 2) il segno non è RU ma ŠAGAN non gunizzato (cioè senza i trattini paralleli che ha il segno ŠAGAN). Inoltre: 3) *ru-a sarebbe un sostantivo dalla struttura estremamente rara. 4) un nome *ru-a non è mai attestato nei testi 5) un participio ru-a sarebbe l’unica soluzione („buttato, gettato „) ma nel periodo a cui risalirebbero i segni riportati da O’Brien (3100-2900) i morfemi non venivano scritti . 'That's it...'