laurea tesi massimo

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Universit` a degli Studi di Napoli Federico II Facolt` a di Scienze MM.FF.NN. A.A. 1997-1998 Tesi di Laurea in Fisica Alterazioni molecolari indotte da radiazioni sparsamente ionizzanti: studi sperimentali e teorici Relatore: Prof. Gianfranco Grossi Correlatore: Dr. Maurizio Conti candidato: Massimo Pinto matricola: 07/6074

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Page 1: Laurea Tesi Massimo

Universita degli Studi di NapoliFederico II

Facolta di Scienze MM.FF.NN.

A.A. 1997-1998

Tesi di Laurea in Fisica

Alterazioni molecolari indotteda radiazioni sparsamente

ionizzanti: studi sperimentalie teorici

Relatore:Prof. Gianfranco Grossi

Correlatore:Dr. Maurizio Conti

candidato:Massimo Pinto

matricola: 07/6074

Page 2: Laurea Tesi Massimo

A Renata,per avere creduto in me,ed alla mia famiglia,che mi ha sostenutoin questi anni.

Page 3: Laurea Tesi Massimo

Indice

Indice

Introduzione 1

1 La radiazione ed il danno biologico 31.1 Aspetti generali e definizioni fondamentali . . . . . . . . . . . 31.2 Radiazione Elettromagnetica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5

1.2.1 fotoni 60Co-! e raggi X da 240 kVp . . . . . . . . . . . 71.3 Particelle cariche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 8

1.3.1 Elettroni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9

1.4 Il danno biologico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11

2 Materiali e Metodi 222.1 Colture cellulari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 222.2 Dosimetria ed irraggiamento . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25

2.2.1 Fotoni X . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 262.2.2 Fotoni ! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 27

2.3 Riparo di dsb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 282.4 Isolamento del DNA . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 292.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) . . . . . . . . . . . . 29

3 Modelli matematici 393.1 Induzione di dsb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 39

3.1.1 modello Distribution shape . . . . . . . . . . . . . . . . 403.1.2 Broken stick . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 453.1.3 Background biased broken stick . . . . . . . . . . . . . 473.1.4 Conclusioni sui modelli matematici . . . . . . . . . . . 57

4 Esperimenti ed analisi dati 584.1 Calibrazioni in peso molecolare . . . . . . . . . . . . . . . . . 604.2 Induzione di dsb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 61

Page 4: Laurea Tesi Massimo

4.2.1 Fotoni X e ! . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 644.3 Riparazione di dsb . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 71

5 Risultati e loro discussione 825.1 Confronto con risultati di altri lavori . . . . . . . . . . . . . . 88

A Approssimazione n(M) · M ·!M 90

B Dosimetria di Fricke 95B.1 La soluzione di Fricke . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 96

C Prodotti Chimici 99

Ringraziamenti 101

i

Page 5: Laurea Tesi Massimo

Introduzione

Gli e"etti biologici della radiazione ionizzante sono legati al danno moleco-lare sulle cellule, in particolare al danno sul DNA. Tra i vari tipi di danno cheil materiale ereditario puo subire, la rottura della doppia elica (double strandbreak, dsb) risulta di particolare interesse in biofisica delle radiazioni. Infatti,dal momento che tale rottura puo comportare un’interruzione nelle sequenzein codice del DNA, il ”testo per la vita” della cellula, essa puo rappresentarela piu seria minaccia alla sopravvivenza cellulare. La cellula dispone di mec-canismi di riparazione di dsb, e solo se il riparo avviene in maniera errata,oppure non avviene a"atto, possono esserci conseguenze biologiche.

Non tutti i tipi di radiazione hanno la stessa e#cacia biologica. In partico-lare non tutte inducono, a parita di energia trasferita nella materia biologica,lo stesso numero di dsb, per cui si trova in generale che la radiazione sparsa-mente ionizzante (fotoni) e meno e#cace di quella densamente ionizzante(particelle). Per confrontare le radiazioni di diversa qualita, la capacita diuna data radiazione di indurre dsb e relazionata a quella di una radiazione diriferimento, tipicamente i fotoni ! da decadimento di 60Co. Tuttavia, alcunirecenti esperimenti hanno mostrato che, anche nell’ambito delle radiazionisparsamente ionizzanti, esiste una diversa e#cacia nell’induzione di alcunitipi di danno biologico. Questo implica che non e del tutto lecito considerarei fotoni ! da decadimento di 60Co come rappresentativi di tutte le radiazionisparsamente ionizzanti, e quindi riferirsi a tale tipo di radiazione per valutarel’e#cacia biologica di quelle di altre qualita.

In questo lavoro e stata confrontata la capacita di indurre dsb sul DNA difotoni ! da decadimento di 60Co e fotoni X prodotti a 240 kV, studiando anchela riparazione dei dsb radioindotti. Inoltre, e stata studiata l’induzione e lariparazione dei dsb che vengono generati sul DNA a causa della manipolazionedelle cellule durante un esperimento, confrontando questo tipo di dsb conquelli radioindotti.

Gli esperimenti sono stati condotti presso il Gray Laboratory Cancer Re-search Trust in Inghilterra, utilizzando la tecnica dell’elettroforesi in campoelettrico pulsato. Con tale tecnica si ottiene una distribuzione in peso moleco-

1

Page 6: Laurea Tesi Massimo

Introduzione 2

lare dei frammenti originati dai dsb radioindotti sul DNA, con una sensibilitaal momento ineguagliabile da altre tecniche.

L’analisi dei dati e stata e"ettuata con l’ausilio di modelli matematiciche consentono di quantificare il numero di dsb radiondotti, a partire dalladistribuzione di peso molecolare di DNA. In un primo momento, sono statiutilizzati due dei modelli gia disponibili in letteratura, che richiedono unacorrezione dei dati sperimentali per il danno di fondo introdotto durantel’esperimento. Questa operazione di correzione e stata poi criticamente anal-izzata, sottolineandone i limiti, ed in una seconda fase e stato sviluppato unnuovo modello matematico, originale, che utilizza l’informazione disponibilesul danno di fondo al DNA per l’analisi dei dati sperimentali.

Gli esperimenti di induzione di dsb, oltre che a fornire una misura delnumero di dsb radiondotti, consentono di sviluppare modelli al calcolatoredi interazione della radiazione con la materia biologica, per cui l’a#dabilitadelle misure sperimentali e di enorme importanza. I risultati ottenuti con ilnuovo modello, cosı come quelli ricavati dall’analisi e"ettuata con i modellitradizionali, sono consistenti con quelli di altri lavori pubblicati nella letter-atura scientifica, ma il nuovo modello matematico consente anche di gettareluce su un argomento di rilevanza centrale nella radiobiologia dell’ultimodecennio:

”E il danno indotto dalla radiazione stocastico, oppure il ver-ificarsi di un evento di dsb in un certo punto del DNA e correlatocon un altro evento vicino, originato dal passaggio di una stessaparticella?”

Entro i limiti di risoluzione sperimentale raggiunta in questo lavoro ditesi, non e stata osservata alcuna di"erenza significativa tra le due radiazioniutilizzate, quanto alla loro capacita di indurre dsb.

Page 7: Laurea Tesi Massimo

Capitolo 1

La radiazione ed il dannobiologico

1.1 Aspetti generali e definizioni fondamen-tali

Dal punto di vista della deposizione di energia nella materia, l’azione dellaradiazione ionizzante1 ha due caratteristiche fondamentali:

1. la stocasticita

2. la localizzazione

La prima proprieta della deposizione di energia implica l’uso di approccidi tipo probabilistico per la sua descrizione. Da un punto di vista macro-scopico, si utilizza il concetto di Dose per quantificare l’energia depositata inun materiale. La Dose e definita come il valore medio dell’energia depositataper unita di massa:

D =!Eabs"!M

(1.1)

e l’uso del valore medio sottolinea la casualita degli eventi.In microdosimetria, ramo della ricerca sulle radiazioni che studia proprio

gli e"etti stocastici della deposizione di energia in un materiale, il concetto diDose e sostituito dall’energia specifica z, definita come rapporto tra l’energia

1La radiazione che deposita energia in un mezzo, in seguito a ionizzazione delle molecoledi cui questo e costituito

3

Page 8: Laurea Tesi Massimo

1.1 Aspetti generali e definizioni fondamentali 4

dE e la massa dm di un volume elementare in cui essa viene rilasciata. Il suovalore d’aspettazione e proprio la Dose.

Dire che le deposizioni di energia sono locali significa che la radiazionenon rilascia energia in modo uniforme nel materiale che attraversa. Invece,grandi quantita di energia sono depositate in piccoli volumi, in un modo chee strettamente dipendente dalla qualita della radiazione, la quale definiscela sua struttura di traccia nella materia. Per classificare la radiazione inbase alla deposizione di energia per unita di percorso, e quindi in base allalocalita della deposizione di energia, si introduce il concetto di LET (LinearEnergy Transfer), definito come la quantita di energia che viene depositatalocalmente nel materiale al passaggio di una particella carica(2), per unita dilunghezza:

LET =dE

dx

!!!!local

(1.2)

L’attributo “localmente” e di particolare importanza dal punto di vistadella deposizione di energia nel materiale. Sebbene la particella perda unacerta energia !E in un evento di collisione, parte di questa energia vienetrasportata lontano dal punto dove e avvenuto l’evento primario, per mezzodi particelle secondarie (figura 1.1). In genere si considera locale una depo-sizione di energia di 100 eV, corrispondente ad un range di elettroni di 5nm, ed il LET si scrive LET100. Se si rilassa la restrizione sulla localita delladeposizione, il LET! diviene numericamente pari allo stopping power dellaradiazione (si rinvia a pagina 8) anche se le due grandezze sono diverse daun punto di vista concettuale.

Dal punto di vista della deposizione lineare (struttura di traccia), e d’usodistinguere tra radiazione sparsamente e densamente ionizzante (o di bassoed alto LET). Nella prima classe cade la radiazione elettromagnetica e glielettroni di alte energie, mentre la seconda categoria e essenzialmente costi-tuita da protoni e ioni pesanti, nonche dai neutroni. Tuttavia e bene notareche non sempre e possibile, dato un certo tipo di radiazione, attribuirlo senzaesitazione all’una o all’altra categoria.

In questo lavoro e stata utilizzata esclusivamente radiazione sparsamenteionizzante, precisamente radiazione elettromagnetica: fotoni 60Co-! e raggiX prodotti a 240 kV.

Prima di discutere del danno biologico che questi tipi di radiazione pos-sono provocare, nei paragrafi 1.2 e 1.3 verranno caratterizzate, in particolare,le radiazioni utilizzate in questo lavoro. Tralasciando i neutroni e le parti-celle cariche pesanti, radiazioni che non sono qui mai state utilizzate, si dis-

2il LET puo essere definito in maniera rigorosa solo per le particelle cariche.

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1.2 Radiazione Elettromagnetica 5

Figura 1.1: La localita della deposizione di energia della radiazione nella ma-teria (Kiefer 1990). Nell’elemento di massa simboleggiato con il rettangolo,l’energia depositata !E e solo una frazione di quella persa dalle particelle dienergia iniziale E.

cutera delle radiazioni elettromagnetiche di medie energie e dell’interazioneCoulombiana tra particelle cariche.

Come caso speciale, verra discussa l’interazione della radiazione con lamateria biologica (paragrafo 1.4 ), definendo un altro concetto fondamentalein biofisica delle radiazioni: l’RBE.

1.2 Radiazione Elettromagnetica

La radiazione elettromagnetica e indirettamente ionizzante, cioe provoca ion-izzazioni ed eccitazioni per via degli elettroni che essa stessa libera nellamateria, secondo tre processi principali:

1. e"etto fotoelettrico

2. di"usione Compton

3. produzione di una coppia elettrone-positrone

l’e!etto fotoelettrico consiste nell’emissione di un elettrone atomico a se-guito dell’assorbimento di un quanto di energia h". L’elettrone viene emessocon energia cinetica:

Te = h" # BE

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1.2 Radiazione Elettromagnetica 6

dove BE e l’energia di legame (Binding Energy) dell’elettrone. La quan-tita di moto si conserva in seguito al rinculo del nucleo.

La sezione d’urto atomica per l’e"etto fotoelettrico puo’ essere scritta inuna versione approssimata (Kiefer 1990) come:

#photoA $ Z4

(h")3 (1.3)

dove con Z si e indicato il numero atomico dell’elemento bersaglio. L’aspet-to piu interessante dell’espressione 1.3 e la dipendenza inversa dall’energia.

Nella di!usione Compton, il fotone e di energia molto superiore a quella dilegame degli elettroni atomici. Per questo motivo, nell’analisi del fenomenosi considera l’elettrone in uno stato non legato e a#nche il momento dellaquantita di moto totale sia conservato, non e possibile avere uno stadio finalein cui ci sia un elettrone libero, senza un fotone (il quale ha energia inferiore,rispetto al fotone iniziale). La conservazione dell’energia e del momentoimpongono relazioni tra l’energia dell’elettrone libero e del fotone, oltre chel’angolo compreso tra le loro traiettorie.

L’espressione della sezione d’urto per l’e"etto Compton e piuttosto com-plessa (Kiefer 1990):

#Comptone = 2$·r2

0

"1 + %

%2

"2 (1 + %)

1 + 2%# ln(1 + 2%)

%

#+

ln(1 + 2%)

2%# 1 + 3%

(1 + 2%)2

#

dove % = h"/me0c

2 ed r0 e il raggio classico di Bohr. Verranno qui soloconsiderati gli aspetti generali della sezione d’urto scritta sopra, con l’aiutodella figura 1.2, che mostra la sezione d’urto atomica per l’e"etto Compton#Compton

A = Z · #Comptone a confronto con quelle per gli altri due meccanismi

di interazione citati.Per fotoni di basse energie, tipicamente dell’ordine dei keV o poche decine,

domina l’e"etto fotoelettrico, poiche la sezione d’urto per l’e"etto Comptone molto inferiore. Superati circa 100 keV si puo vedere dalla figura 1.2 che ifotoni interagiscono quasi solo per di"usione Compton, essendo la loro energiatroppo alta per produrre fotoelettroni. Cio e ancor piu vero nell’ambientecellulare, costituito da elementi di numero atomico relativamente basso (siveda la dipendenza da Z nell’espressione 1.3).

Il meccanismo di di"usione Compton domina l’interazione dei fotoni conla materia fino ad un valore di soglia (1.022MeV=2m0c2), oltre il quale l’en-ergia del fotone e su#cientemente elevata per creare una coppia positrone-elettrone. Il fenomeno puo avvenire solo nei pressi del campo elettromagneti-co di un nucleo, per la conservazione della quantita di moto totale. L’energia

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1.2 Radiazione Elettromagnetica 7

Figura 1.2: Sezioni d’urto per i processi di interazione dei fotoni con lamateria. Tratto da (Hine and Brownell 1956)

del fotone che eccede il valore di soglia, viene divisa tra le due particellegenerate, secondo la relazione:

h" # 1.022MeV = Te! + Te+

valida solo se h" %1.022MeV.La sezione d’urto per la produzione di coppia e proporzionale all’energia

del fotone, cosı che a qualche decina di Mev il meccanismo e in competizionecon la di"usione Compton, come si vede dalla figura 1.2

1.2.1 fotoni 60Co-! e raggi X da 240 kVp

E interessante osservare dove si collocano nel diagramma in figura 1.2 i fotoni240 kVp X e 60Co-!.

I raggi X da 240 kVp sono prodotti per Bremsstrahlung di elettroni ac-celerati in un potenziale elettrico di 240 kV. Lo spettro in energia di questifotoni e continuo e termina a 240 keV. Esso possiede anche una componentediscreta, in corrispondenza dei livelli elettronici del materiale di cui e costi-tuito l’anodo. Queste righe spettrali di energia piu bassa, corrispondenti airaggi X cosi detti “so#ci” per distinguerli da quelli “duri” di piu alta energia,vengono pero attenuate con l’ausilio di filtri, costituiti essi stessi da materialimetallici.

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1.3 Particelle cariche 8

I fotoni ! sono prodotti dal decadimento del 60Co a 60Ni, ad energie di 1.17e 1.33 MeV, su#cienti per creare una coppia elettrone positrone, anche secon probabilita inferiore, se confrontata con quella per la di"usione Compton(figura 1.2).

Mentre gli elettroni liberati dai fotoni gamma hanno energia dell’ordinedel Mev, quelli liberati per e"etto fotoelettrico e Compton dai fotoni hannoun limite superiore di energia pari a 240 keV. Questa di"erenza puo essere ilpunto di partenza per la ricerca di una diversa e#cacia biologica delle dueradiazioni. Invero, a seconda dell’energia dei fotoni, solo uno o al piu due deiprocessi citati saranno responsabili del trasferimento di energia nella materia,e ne risultera un certo spettro di energie elettroniche. Infine, questo spettrodeterminera il danno iniziale al DNA, secondo i processi descritti al paragrafo1.4

1.3 Particelle cariche

Anche se la particelle cariche non sono state utilizzate in questo lavoro, laradiazione elettromagnetica trasferisce energia in un mezzo tramite gli elet-troni che ivi libera, secondo i tre processi citati al paragrafo 1.2.1. E impor-tante quindi descrivere il processo di interazione delle particelle cariche conla materia, so"ermandosi sugli elettroni in particolare.

Una particella carica non rilascia tutta la sua energia in un singolo attoelementare, come accade per la radiazione elettromagnetica. Essa interagisceper forza Coulombiana con gli elettroni di shell(3) delle molecole e degli ato-mi del mezzo in cui transita, depositando piccole frazioni della loro energiatotale. Tali deposizioni vengono utilizzate per ionizzare o per eccitare livellielettronici delle molecole colpite, e vengono descritte abbastanza accurata-mente in termini di stopping power di una data radiazione in quel mezzo.Durante questa interazione, l’energia della particella e attenuata, e la par-ticella subisce una deviazione dalla sua traiettoria originaria. Quest’ultimoprocesso e particolarmente rilevante nel caso degli elettroni, essendo la loromassa a riposo uguale a quella delle particelle con cui interagiscono (elettronidi shell).

Un’analisi quanto-meccanica dell’interazione Coulombiana tra uno ione ele molecole di un certo materiale conduce alla ben nota formula di Bethe-Bloch per lo stopping power, qui riportata in una forma approssimata:

3Non verra considerato lo scattering nel campo del nucleo, poiche questo fenomenoavviene ad energie molto piu elevate degli elettroni che vengono liberati dalla radiazioneelettromagnetica utilizzata in questo lavoro.

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1.3 Particelle cariche 9

#dT

dx&= K

Z"2

&2(1.4)

dove Z" e la carica e"ettiva dello ione, non esattamente pari alla suacarica elettrica netta perche questa quantita considera e"etti relativistici,olte al fatto che alle basse velocita lo ione cattura elettroni liberi nel mezzocircostante, e la sua carica iniziale viene diminuita; & e v/c, dove v e lavelocita dello ione e c quella della luce; K e una costante dimensionale. Unaforma alternativa della (1.4) puo essere scritta come:

#dT

dx&= K

mZ"2

T(1.5)

che mette in risalto la massa dello ione m. Quanto minore e la velocita,tanto piu alto e lo stopping power, fino a che Z"2 tende a zero piu rapidamentedi &2, e lo stopping power scende a zero. La curva deve quindi passare perun valore di massimo, il picco di Bragg, che si trova nei pressi della fine dellatraccia della particella.

1.3.1 Elettroni

Nel caso degli elettroni, non e possibile prescindere dagli e"etti relativisticinella derivazione di una formula per lo stopping power. Ne risulta un’e-spressione molto piu complessa, anche se si ha sempre la dipendenza 1/&2.Le proprieta della struttura di traccia degli elettroni verranno discusse trabreve.

Oltre che all’interazione coulombiana, e interessante notare che gli elet-troni possono rilasciare energia anche attraverso Bremsstrahlung (produzionedi raggi X da frenamento in un campo elettrico) e radiazione Cerenkov. Ilcontributo del primo meccanismo aumenta con l’energia degli elettroni e conil numero atomico del mezzo. Per elettroni di energia fino a 1MeV in ambi-ente cellulare, dove il numero atomico Z e relativamente piccolo, il contributodel Bremsstrhalung alla Dose totale e pero trascurabile.

La radiazione Cerenkov viene emessa da particelle che viaggiano ad unavelocita superiore a quella che ha la luce nello stesso materiale. Se la ra-diazione Cerenkov e ultravioletta, ne puo conseguire un danno addizionaleal DNA che e tipico dei raggi UV. Questo tuttavia non e particolarmenterilevante in questo lavoro, in quanto l’energia degli UV e inferiore a 3 eV, percui essi non possono indurre dsb, dato che, come verra detto al paragrafo 1.4,l’energia necessaria per creare un dsb e molto piu elevata. Per elettroni inacqua si ricava che l’energia delle particelle necessaria a superare la velocita

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1.3 Particelle cariche 10

della luce deve essere almeno 500 keV, quindi il processo puo avvenire confotoni 60Co-! ma non con raggi X da 240kVp.

In definitiva, gli elettroni liberati da entrambi i raggi X 240 kVp ed ifotoni ! da decadimento di 60Co, interagiscono con la materia principal-mente attaverso scattering coulombiano con gli elettroni di shell molecolaredel materiale attraversato.

Dato che il rilascio di energia portata dalla radiazione elettromagneticae mediato dagli elettroni, e dunque nelle energie degli elettroni che occorreso"ermare l’attenzione, al fine di comprendere quali siano le origini del dannobiologico di radiazioni sparsamente ionizzanti. Brevemente, verranno eviden-ziate le possibili di"erenze nelle strutture di traccia, al variare dell’energiadegli elettroni.

L’illustrazione 1.3 mostra la distribuzione di modalita degli eventi di de-posizione, al variare dell’energia degli elettroni. Essa suggerisce che elettronidi pochi keV rilascino tutta la loro energia in un breve percorso, producendotracce brevi (short track). Dal lato opposto, cioe alle alte energie, essi sonocaratterizzati da un basso valore del LET, cosı che gli eventi di deposizionesono piu isolati e sparsamente distribuiti, con una probabilita significativa diliberare ulteriori elettroni con energie su#cientemente elevate da avere lorostessi una traccia sparsamente ionizzante. Questi elettroni veloci secondarivengono chiamati elettroni ', o raggi ', e le tracce che essi lasciano ven-gono chiamate isolated spurs (letteralmente: impulsi isolati) come mostratoin figura 1.3.

Deposizioni di energia intermedie liberano elettroni di velocita piu limi-tata, non su#cientemente alta da sfuggire al campo elettrico dello ione chehanno lasciato. Questi elettroni generano un’alta densita di ionizzazioneintorno alla regione in cui sono stati liberati, innalzando la concentrazionedi radicali liberi. Tali aree sono dette isolated blobs (chiazze isolate), perdistinguerle dalle normali spurs.

In seguito a cio che e stato detto sugli elettroni ', quanto piu la radiazionee sparsamente ionizzante, tanto meno frequenti sono le blobs, cosı che lastruttura di traccia somiglia sempre di piu a quella degli impulsi isolati dacui partono le tracce secondarie.

Per i fotoni 60Co-! e raggi X da 240 kVp, lo spettro delle energie elettron-iche iniziali e piuttosto complesso, e cio rende di#cile identificare possibilidi"erenze nelle loro strutture di traccia. Si puo tuttavia dire che gli elet-troni Compton di energia circa pari ad 1 MeV, esclusivi dei fotoni 60Co-!,possono contribuire ad un eccesso di spurs isolate, in confronto agli elettronigenerati dai fotoni X, di energia massima pari a 240 keV. Questa di"erenzapotrebbe essere responsabile di una diversa e#cacia biologica delle due ra-

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1.4 Il danno biologico 11

diazioni elettromagnetiche, in quanto la localizzazione di energia e correlataalla probabilita di indurre danno biologico.

Figura 1.3: Frazione di spurs, blobs e short tracks in funzione dell’energiadegli elettroni. Da (Mozumder and Magee 1966)

1.4 Il danno biologico

Cosa succede se la radiazione colpisce la materia biologica, ovvero le cel-lule? In generale, solo se e il DNA ad essere colpito dalla radiazione si hannoe"etti biologici, essendo gli altri componenti cellulari molto meno sensibili.Nelle sequenze in codice del DNA e scritto tutto cio che la cellula deve pro-durre per svolgere le sue normali attivita: non solo il piano per la divisionecellulare, ma anche l’informazione per sintetizzare proteine che possono avereruoli fondamentali nella vita di un organismo. L’e"etto biologico piu studiatoe sicuramente quello della mortalita cellulare. Da questo tipo di esperimenti,tuttavia, non si puo risalire al tipo di danno biologico che l’ha determinata.

L’acido desossiribonucleico (DNA) e un polimero, le cui unita, i nucleotidi,sono composti da uno zucchero (il desossiribosio) un gruppo fosfato carico(PO4)# ed una di quattro basi azotate: adenina, guanina, timina, citosina(figura 1.4).

La sua struttura tridimensionale e schematicamente illustrata in figura1.5. I primi due elementi, zucchero e gruppi fosfato, polimerizzano formandol’impalcatura elicoidale della macromolecola, la cui solidita e garantita dai

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1.4 Il danno biologico 12

Figura 1.4: I nucleotidi: le unita che costituiscono il DNA. (A) Ciascunnucleotide si distingue per una delle quattro basi azotate che sono legate al-l’atomo di carbonio 1’ del desossiribosio. (B) Le quattro basi azotate possonoformare solo due coppie stabili: Adenina con Timina e Citosina con Guanina

legami covalenti tra l’atomo di carbonio 3’ dello zucchero di un’unita edun atomo di ossigeno del gruppo fosfato dell’unita adiacente, di energia dilegame pari a circa 80÷100 kcal/mole (figura 1.4). Le due eliche cosi formatevengono tenute insieme per mezzo di legami deboli di tipo idrogeno (energiadi legame 6 kcal/mole) fra le basi azotate, le quali possono formare solo duetipi di accoppiamento (regola di appaiamento della basi) come si vede infigura 1.4.

Il passaggio di una particella puo provocare danno sulla molecola di DNAper azione diretta (40% circa dell’energia che viene usata per danneggia-re il DNA), oppure indiretta (restante 60%). Nel primo processo, l’energiatrasportata da un elettrone viene direttamente depositata nel bersaglio bio-logico, senza l’intervento di molecole radicali derivate dall’idrolisi dell’acqua(figura 1.6). Le molecole maggiormente colpite sono le basi azotate, che nonportano a rottura della catena zuccherina. Nel processo di danneggiaman-to indiretto, l’energia dell’elettrone viene spesa per idrolizzare le molecoled’acqua circostanti il DNA, producendo specie chimiche come i radicali H•

ed OH•, o ioni come e#aq(elettrone idrato), OH# ed H+. Di queste, le specieOH• ed e#aq sono le piu reattive, con una costante di reazione con il DNA del-l’ordine di 108 moli/s. Queste molecole possono essere subito neutralizzate

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1.4 Il danno biologico 13

Figura 1.5: La struttura molecolare della doppia elica di DNA

nell’ambiente cellulare, per reazioni con altri ioni, oppure di"ondere versoil DNA e, nel caso del radicale OH•, reagire con un’atomo di idrogeno diuna base azotata o degli atomi di carbonio di un desossiribosio, in posizione1’,2’,5’ e 4’ (figura 1.4, pannello A). Il prodotto e una molecola d’acqua e lamolecola con cui il radicale ha reagito viene lasciata in uno stato instabile.

OH• + DNA = H2O + DNA•

La mobilita in ambiente acquoso della specie OH• e di circa 3.5 nm, per cuiil radicale deve essere prodotto nelle immediate vicinanze del DNA perchepossa provocare danno biologico. Tuttavia non e ancora del tutto chiaro seun radicale che attacca una delle due eliche puo indurre un danno in una zonavicina a quella d’interazione primaria, oppure la sua azione e strettamentelocale (Michael et al. 1995).

Quando l’energia viene depositata nel DNA, sia per e"etto diretto cheindiretto, possono derivare diversi tipi di danno. Tra questi, i single strandbreaks (ssb) ed i double strand breaks (dsb) sono una seria minaccia all’in-tegrita della molecola.

I ssb (figura 1.7) originano dall’idrolisi di un legame fosfodiesterico cheprovoca la rottura di una delle due eliche. Esistono piu siti di rottura in talelegame, non tutti ugualmente sensibili. Si stima infatti che il 15% dei ssb

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1.4 Il danno biologico 14

Figura 1.6: La radiazione puo colpire il DNA secondo un meccanismo direttooppure tramite un meccanismo indiretto. Nel secondo caso l’azione e mediatadall’idrolisi delle molecole d’acqua nelle zone circotsanti

siano dovuti a prelievo di atomo d’idrogeno (da radicali OH•) in posizione3’ oppure 5’, il 50% per sottrazione da entrambi gli atomi C(3’) e C(5’), edil restante 35% da C(1’) o C(2’) o C(4’). L’energia necessaria per provocareun ssb e dell’ordine di 60÷180 eV. Fino a poco tempo fa era creduto che issb fossero biologicamente significativi, ma e stato poi dimostrato che taletipo di danno e facilmente riparabile dalle cellule, rimuovendo il nucleotidedanneggiato e sostituendolo con uno nuovo, per via enzimatica.

I dsb sono ora considerati il danno piu severo che il DNA puo subire. Essisono originati da due ssb che si trovano a distanza inferiore a dieci coppie dibasi (figura 1.7); a distanze maggiori infatti, l’energia del numero di legamiidrogeno tra le basi azotate e su#cientemente alta da mantenere la molecolanella struttura a doppia elica. I dsb possono originare da due ssb indottisia simultaneamente sul DNA, a seguito dello stesso evento di deposizionedi energia, che in seguito a due ssb originati da due eventi indipendenti. La

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1.4 Il danno biologico 15

Figura 1.7: I single strand breaks ed i double strand breaks, mostrati insiemead altri tipi di danno che la radiazione puo indurre sul DNA

figura 1.8 illustra questi due casi, oltre ad un caso in cui il dsb e originato dadue ssb nei legami tra nucleotidi di basi complementari (dsb diretto).

Tutti i tre esempi descritti nella figura 1.8 si riferiscono sia ad eventidi deposizione di energia diretti che mediati da specie chimiche originate daradiolisi dell’acqua. L’energia che deve essere necessariamente depositata perprodurre un dsb e 1000÷1800 eV, molto piu alta quindi di quella su#cientealla creazione di un ssb.

A di"erenza dai ssb, i dsb sono un danno biologicamente molto piu sig-nificativo, dal momento che il processo enzimatico per la loro riparazione esoggetto ad errori che possono provocare e"etti piu o meno gravi alle cellulein cui il danno persiste.

E consueto distinguere le fasi temporali dell’azione della radiazione in trecategorie:

stadio fisico e fisico-chimicocomprende fenomeni che avvengono tra 10#18 e 10#12 secondi dal transito

della particella, nel corso dei quali la radiazione interagisce con le molecole

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1.4 Il danno biologico 16

Figura 1.8: L’origine dei dsb: per cooperazione di due ssb simultaneamenteindotti, per produzione diretta, o per interazione di ssb indipendenti.

presenti nella regione attraversata, secondo le modalita espresse ai para-grafi 1.2 e 1.3. Le molecole colpite dalla radiazione si trovano in uno statoeccitato/ionizzato.

stadio chimicotra 10#12 e 103 secondi dall’evento primario, teatro di reazioni tra rad-

icali vicini, migrazione verso tratti di DNA adiacenti e di prime reazionibiochimiche, quali rotture del DNA e danneggiamento di basi azotate.

stadio biologicoda 103 a 108 secondi, durante i quali il danno al DNA puo essere riparato

o ‘fissato’. Se il danno persiste, l’e"etto della radiazione puo manifestarsi perlunghi tempi, per esempio con alterazioni cellulari che possono dare originea tumore.

Dato che i dsb sono reputati i maggiori responsabili della morte cellulare,

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1.4 Il danno biologico 17

si misura sperimenalmente il numero di dsb che un certo tipo di radiazionepuo indurre sul DNA. Dopo una serie iniziali di esperimenti condotti neglianni settanta, e stato sempre trovato sperimentalmente che il numero didsb indotti dalla radiazione cresce linearmente con la Dose (Erixon andCedervall 1995, Lobrich et al. 1994b, Lobrich et al. 1996, Newman et al.1997, Lehmann and Ormerod 1970a, Lobrich et al. 1994a). Questo significache un evento di deposizione presso il DNA e su#ciente a creare un dsb. Diconseguenza, la capacita di una data radiazione di indurre dsb viene espressain dsb/(Gy·bp).

Per motivi che saranno illustrati tra breve, non tutti i tipi di radiazionehanno la stessa capacita di indurre dsb, sia dal punto di vista quantitativo,che anche dal punto di vista qualitativo. Per confrontare l’e#cacia di di-verse radiazioni nell’indurre un certo tipo di danno, non soltanto i dsb, inbiofisica delle radiazioni si utilizza il concetto di RBE (Relative BiologicalE!ectiveness). Come dice il nome stesso, L’RBE e un parametro che mettea confronto due tipi di radiazione, una delle quali fa da riferimento. Esso edefinito come il rapporto tra la dose che occorre irraggiare con tale radiazionedi riferimento e quella della radiazione di test, per provocare lo stesso e"etto.

RBE =Drif

Dtest

!!!!isoeffect

(1.6)

Se il tipo di danno studiato e linearmente correlato con la Dose, il val-ore dell’RBE di una cert radiazione e univocamente definito. Se pero ladipendenza lineare crolla (come nel caso della sopravvivenza cellulare) l’RBEdipendera dalla dose.

Il motivo per cui le radiazioni hanno diverse capacita di indurre dannosulle cellule risiede nella localizzazione delle deposizioni di energia (figura1.9).

Limitandosi ad una descrizione dell’origine dei dsb, e stato trovato chequesti vengono indotti, per la radiazione sparsamente ionizzante, principal-mente dagli elettroni di fine traccia (track end), di energia pari a circa 5 keV(Goodhead 1989). La maggior parte delle altre deposizioni, malgrado siano

su#cienti a ionizzare/eccitare le molecole dell’ambiente cellulare che attraver-sano, sono biologicamente ine#caci, in quanto l’ambiente acquoso cellulare ecapace di neutralizzare facilmente radicali liberi e/o ioni ivi creati. Se perola densita di ionizzazione nella traccia e molto alta, per esempio presso leparti terminali, e piu probabile che un radicale raggiunga il bersaglio biologi-co prima di essere neutralizzato, causando il danno biologico iniziale. Perquanto detto, le radiazioni sparsamente ionizzanti possono essere caratteriz-zate, dal punto di vista della loro capacita di indurre dsb, in funzione della

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1.4 Il danno biologico 18

Figura 1.9: La qualita della radiazione e legata alla localizzazione delladeposizione di energia. Sopra: radiazione sparsamente ionizzante; sotto:radiazione densamente ionizzante

frazione di dose totale che esse depositano per mezzo di elettroni di fine trac-cia. La frazione di energia depositata presso le parti terminali delle traccee, in ultimo, correlata con gli spettri di energia elettronica iniziale, deter-minati dall’energia della radiazione elettromagnetica. Studi teorici (Nikjooet al. 1991) hanno riportato che, nel caso di radiazione sparsamente ioniz-zante come i 60Co-! ed i raggi X ‘duri’, circa il 30% della Dose totale vienedepositata dagli elettroni di basse energie (&1keV) che sono originati nelleparti terminali delle tracce delle particelle secondarie. La maggiore e#caciabiologica degli elettroni di fine traccia e stata confermata da studi sperimen-tali, nei quali si e fatto uso di raggi X ‘ultraso#ci’ (Botchway et al. 1997).Questi fotoni liberano elettroni nella materia esclusivamente per e"etto fo-toelettrico, ad energie ben definite, che rappresentano proprio gli elettroni ditrack end di cui sopra. I risultati del lavoro di Botchway et al. indicano chei raggi X ultraso#ci sono piu e#caci ad indurre dsb.

I raggi X duri ed i fotoni 60Co-! vengono spesso utilizzati senza distinzionecome radiazione di riferimento per l’espressione dello RBE di radiazioni dialtre qualita per la radiosensibilita cellulare, ovvero per esperimenti di so-

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1.4 Il danno biologico 19

pravvivenza. Tuttavia, alcuni esperimenti condotti a partire dalla meta deglianni settanta hanno mostrato che, nel caso della radiazione sparsamente ion-izzante, i valori di RBE riferiti ai fotoni 60Co-! non erano sempre pari ad uno,suggerendo che l’appellativo di sparsamente ionizzante individua una classeampia di radiazioni. Come prima accennato, l’RBE per la sopravvivenzacellulare puo variare molto con la Dose, ed in particolare fu riscontrato allebasse dosi un aumento significativo, per molte radiazioni di basso LET. Unadiscussione dettagliata sulla RBE dei raggi X da 250 kVp e da 55 kVp perla sopravvivenza (relativamente ai 60Co-!) insieme ad una rivisitazione dilavori simili, puo essere trovata nel lavoro di Spadinger e Palcic (Spadingerand Palcic 1992). Un altra indicazione sulla non equivalenza nel danno alDNA indotto dai raggi X da 240 kVp ed i fotoni 60Co-! viene dal lavorosull’induzione di cromosomi dicentrici eseguito da Du Frain (Frain et al.1979).

Da quanto trovato sperimentalmente e detto sopra sulla rilevanza dellospettro di energia elettronica nella determinazione del danno biologico in-iziale, risulta evidente che la discussione sull’equivalenza del danno da 60Co-! e raggi X da 240 kVp non e del tutto chiusa. Parte di questo lavoro estata percio dedicata alla misura della loro capacita di indurre double strandbreaks.

Se e vero che radiazioni di diverse qualita possono indurre un numero vari-abile di dsb per unita di dose, e anche vero che non esiste un sol tipo di dsb.Radiazioni densamente ionizzanti possono provocare lesioni molto complesse,non inducibili da quelle saprsamente ionizzanti , in corrispondenza di zone dielevata densita di ionizzazione, molto piu elevata che nelle track ends deglielettroni secondari (figura 1.9). Come verra discusso piu avanti, non tutti idsb sono letali per le cellule, in quanto esse dispongono di sofisticati meccan-ismi biochimici di riparazione. Tuttavia, tali sistemi non sono infallibili, e sei dsb sono molto complessi il danno puo non essere riparato oppure riparatoerroneamente, con conseguenze piu o meno gravi sulla sopravvivenza dellacellula. Le tecniche sperimentali attualmente disponibili non consentono didistinguere tra i diversi tipi di dsb. Qualche informazione puo pero esserericavata dai risultati degli esperimenti di riparazione del danno, alla ricer-ca di dsb che vengono ricongiunti con maggior lentezza. Questi dovrebberoindicare un tipo di danno piu complesso, che richiede l’uso di adeguati mec-canismi biochimici e tempi piu lunghi per la loro rimozione. Anche questotipo di esperimenti e stato eseguito in questo lavoro, utilizzando raggi X da240 kVp come agente induttore.

L’uso di radiazioni di diversa qualita puo servire come ‘sonda’ per studiarei livelli di complessita dei dsb tramite esperimenti di riparazione (Prise 1994).Da quando sono disponibili tecniche sofisticate come l’elettroforesi in campo

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1.4 Il danno biologico 20

pulsato, utilizzata in questo lavoro di tesi, e stato trovato che, mentre l’RBEper la morte cellulare varia molto con il LET, non si trova lo stesso andamentoper l’RBE per l’induzione di dsb. Cio suggerisce che non esiste una relazionediretta tra numero di dsb inizialmente indotti e mortalita cellulare. Piuttosto,alcuni esperimenti hanno evidenziato che tale correlazione e piu marcata se siconsiderano i dsb che non vengono riparati, piuttosto che quelli inizialmenteindotti (Dikomey et al. 1998).

La scoperta che le cellule possono riparare i dsb e stata una pietra miliaredella biologia molecolare. Dal momento che il DNA contiene un testo scrittoin codice sulla base del quale vengono sintetizzate tutte le proteine di cuila cellula ha bisogno, una rottura della doppia elica puo comportare unainterruzione nel ‘testo’. Riparare un dsb significa ricongiungere i frammentidi DNA in modo che venga ristabilita la sequenza di coppie di basi iniziale.

Figura 1.10: Una possibile via per il meccanismo di riparazione di dsb. (A)tratto di DNA interrotto da un dsb. (B) escissione di parte delle sequenzeadiacenti il taglio che lasciano il DNA a singola elica. (C) ricombinazione conil tratto di cromosoma omologo intatto. (D) nuova sintesi dei tratti a singolaelica, con l’ausilio del DNA intatto che funge da stampo. (E) rilassamentodella struttura di ricombinazione e termine dell’azione di riparazione.

Per compiere questa operazione in maniera fedele, il meccanismo enzi-matico di riparazione legge la sequenza di nucleotidi intatta corrispondente

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1.4 Il danno biologico 21

a quella danneggiata, sul cromosoma omologo, essendo ciascuna sequenza diDNA scritta in duplice copia nel genoma. In seguito a scambi fisici tra leregioni omologhe dei due cromosomi viene ristabilita la sequenza originaria.Non esiste ancora un accordo per il meccanismo di riparazione dei dsb, unapossibile via e illustrata in figura 1.10. Dato un dsb in una certa regionedi DNA, la probabilita che la regione corrispondente sull’altro cromosomasia intatta (condizione necessaria a#nche quest’ultima possa essere utilizza-ta come modello durante la riparazione) diminuisce con la dose irraggiata.Se il meccanismo enzimatico non riconosce una sequenza intatta a cui fareriferimento, e molto probabile che il frammento rotto non venga riparato cor-rettamente. Si parla percio di errata riparazione in riferimento a tutti i casiin cui la sequenza rotta del ‘testo’ non viene restituita nella sua forma orig-inaria, come nel caso di inversioni di sequenze o perdita di coppie di basi, ocasi in cui le sequenze sono traslocate in altre regioni del cromosoma. D’altraparte puo capitare che il danno sia cosi complesso che il dsb non sia a"at-to riparato (persistenza del dsb). Tali eventi di errato riparo costituisconouna seria minaccia alla sopravvivenza della cellula, dal momento che possonoimpedire la produzione di proteine di ruolo fondamentale nello svolgimentodelle sue attivita. Sono proprio questi dsb ‘fissati’ imputati come i maggioriresponsabili del danno biologicamente significativo.

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Capitolo 2

Materiali e Metodi

2.1 Colture cellulari

Tutti gli esperimenti eseguiti in questo lavoro sono stati condotti utilizzandofibroblasti umani primari, linea AG01522B. Le cellule sono state mantenutein coltura facendole crescere in monostrati attaccati sul fondo di comuniflasche da coltura cellulare. Il terreno di coltura deriva dalla modificazione% del Eagle’s minimal essential medium (% MEM). Questo contiene un certonumero di elementi nutritivi, tra i quali: glucosio, aminoacidi, vitamine eprecursori di DNA. Le cellule sono state fatte crescere in atmosfera di 5%CO2, che con l’aggiunta di NaHCO3 nel terreno di coltura tampona il suopH a 7,4.

Per allestire un esperimento le cellule sono state portate in sospensionedalle flasche di stock ed incubate in flasche da 75 cm2. Per ottenere unasospensione cellulare, a partire da una coltura monostrato, dopo avere toltoil terreno di coltura, le cellule sono state lavate con abbondante PBS a 37$Cprima di un trattamento con di Tripsina/EDTA a 37$C. In questo processo,a causa della rottura dei legami formati dalle proteine di membrana sul fondodella flasca, le cellule si contraggono ed assumono una forma pressoche sferica,per cui possono essere facilmente staccate dalla superficie in seguito ad unalieve agitazione meccanica. Appena raggiunta una sospensione di cellulesingole, l’azione della tripsina e stata fermata con l’aggiunta di 20 ml di%MEM, mantenuto a 37$C, il quale contiene proteine di siero che disattivanola proteina. Si e prelevato in seguito un piccolo campione della sospensioneottenuta, per misurare la concentrazione cellulare, operazione eseguita permezzo di un contatore di cellule elettronico.

Per potere misurare la distribuzione in peso molecolare del DNA genomi-co, e necessario marcare radioattivamente il DNA con un isotopo che non

22

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2.1 Colture cellulari 23

densita di piastramento (# cellule/cm2) 2·104

attivita specifica (µCi/ml) 0.1attivita assorbita (dpm/cellula) 0.02-0.03

Tabella 2.1: Condizioni usate per la marcatura radioattiva del DNA

introduce ulteriore frammentazione a causa dell’energia rilasciata dal nucleoche rincula durante il decadimento. Si e usato quindi il 14C, che decadeemettendo un elettrone da 156 keV. L’isotopo e stato aggiunto al terreno dicoltura sotto forma di timidina sintetizzata con 14C, nelle condizioni indicatein tabella 2.1

Dopo aver marcato selettivamente il DNA, le cellule sono state trattatein modo da rendere libero il DNA dal confinamento imposto dalle membranecellulari (sezione 2.4). Il DNA e poi stato risolto in peso molecolare con l’elet-troforesi (paragrafo 2.5) ed e stata quantificata la massa di DNA distribuita(sia a causa del deterioramento cellulare durante l’esperimento, che a causadel danno radio-indotto) nelle diverse regioni di peso molecolare, misuran-do il numero di disintegrazioni di atomi di 14C. Quest’ultimo passo e statoe"ettuato con l’uso di un contatore a scintillazione.

Nel corso del ciclo cellulare il DNA e associato con diverse proteine, inmodo che la doppia elica si trova a diversi gradi di avvolgimento.

Nelle fasi G1 e G2, esso si trova in una forma detta ‘fibra di cromatina da30 nm’ (1). In metafase (M) questa struttura e resa ancora piu compatta neicromosomi (fino a diventare visibile, si rimanda all’illustrazione 2.7), mentrenel corso della sintesi (S) o durante eventuale riparo di DNA, la fibra da 30nm e piu rilassata per consentire accesso alle basi azotate, e la doppia elicae associata a proteine necessarie per la sintesi o la riparazione.

L’e#cacia della radiazione sara diversa nei casi sopra elencati, percheil DNA a diversi livelli di avvolgimento ed associazione con proteine e piuo meno protetto dall’azione della radiazione. Se si irraggiano cellule sin-cronizzate nel ciclo cellulare, il DNA sara approssimativamente nella stessaconfigurazione tridimensionale. Per la sincronizzazione, le cellule vengonolasciate crescere fino alla confluenza spinta, quando l’inibizione da contattocon quelle vicine arresta la crescita in fase G1 (95 % delle cellule presenti), lafase post-divisione in cui, come appena detto, la doppia elica e compattatanella forma di fibra di cromatina da 30 nm.

1Ci sono vari modelli proposti per questa struttura, uno dei quali prevede una forma incui i nucleosomi, proteine strutturali su cui la doppia elica di DNA si avvolge, spiralizzanoe formano essi stessi un’elica.

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2.1 Colture cellulari 24

Figura 2.1: ciclo cellulare

Del restante 5%, alcune sono in fase S. Cio puo causare un problema:a causa della natura del processo di replicazione del materiale genetico, ilDNA in fase S e parzialmentente costituito da brevi sequenze a singola elica(frammenti di Okazaki), connessi tramite sequenze a doppia elica. Con ilprocedere della sintesi di nuovo DNA, i frammenti di Okazaki vengono con-giunti in una lunga sequenza a doppia elica, lasciando sempre meno tratti asingola elica. Questi tratti a singola elica sono piu fragili di quelli a doppiaelica, ed e piu facile che si rompano gia nella preparazione delle cellule perl’analisi del DNA, producendo un eccesso di corti frammenti marcati radioat-tivamente. Questi influenzeranno la distribuzione in peso molecolare di DNApost-irraggiamento, in quanto essa e ottenuta mediante conteggio di disinte-grazioni di atomi di 14C incorporati nel DNA. Tale inconveniente puo essereevitato se il terreno di coltura viene sostituito con uno analogo, non marcatoradioattivamente, un giorno prima dell’inizio dell’esperimento, tipicamentetra 12 e 24 ore prima (periodo di cold chase). Durante questo tempo, i fram-menti di Okazaki marcati verranno congiunti in lunghe sequenze a doppiaelica, e quelli di nuova formazione (che potrebbero essere sintetizzati dallaesigua frazione di cellule che si trova in fase S del ciclo) pur essendo presenti,non influenzeranno la distribuzione di peso molecolare di DNA, dal momentoche non sono marcati con timidina radioattiva. Il cold chase dunque eliminauna sorgente di errore sistematico.

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2.2 Dosimetria ed irraggiamento 25

Comunque, la dimensione dei frammenti di Okazaki marcati e tale dainfluenzare solo minimamente la distribuzione del DNA nella regione di pesomolecolare a cui ci si e interessati in questo studio, compresa tra diecimilacoppie di basi (10 kbp) e sei milioni di coppie di basi (6 Mbp).

2.2 Dosimetria ed irraggiamento

Poiche il DNA cellulare e separato in peso molecolare attraverso l’elettroforesi(paragrafo 2.5), le cellule sono state incapsulate in piccoli volumi di agaro-sio (! 30µl) denominati ‘inserti’. Il vantaggio di questa tecnica risiede nelfatto che e molto semplice manipolare tali inserti ed il DNA si trova gia in-capsulato in una matrice di agarosio alla fine dell’irraggiamento, pronto peressere caricato nel gel. Gli inserti d’agarosio contenenti le cellule vengonoconservati in una soluzione tampone (1 X TE) fino alla loro utilizzazione,con il rischio che frammenti molto piccoli di DNA (piu piccoli di circa 1 kbp)vengono perduti per di"usione all’esterno degli inserti stessi, ma questo nonha particolare rilevanza sulla regione di peso studiata in questo lavoro.

E importante sottolineare che le cellule possono essere irraggiate in inser-ti di agarosio soltanto con la radiazione sparsamente ionizzante, per cui leproprieta del fascio incidente restano pressoche inalterate durante tutto l’at-traversamento dell’inserto. Le cellule ivi incapsulate riceveranno cosı tuttela stessa dose.

Per la preparazione di inserti di agarosio, le cellule, dopo essere state incu-bate in terreno radioattivo, vengono risospese ad una concentrazione di 3·105

cellule/ml. A causa della tecnica adoperata per la quantificazione dei dsb, eimportante avere una sospensione cellulare piu concentrata, cosı da ottenereun piu elevato numero di cellule per ciascun inserto di agarosio ed un numerototale di conteggi, per inserto, compreso tra 2000 e 3000 dpm, distribuito sututto l’intervallo di peso molecolare risolto nell’elettroforesi. Cio viene re-alizzato centrifugando la sospensione cellulare e risospendendo il depositatoin un piccolo volume di PBS, che solitamente e stato di 0·3-0·4 ml per circa1·107 cellule centrifugate. La nuova sospensione cellulare, contenente circa5·106cellule/ml (una parte delle cellule presenti prima della centrifugazione esempre perduta) viene accuratamente miscelata con un volume appropriatodi agarosio a basso punto di solidificazione, per ottenere una concentrazionedi agarosio dello 0.5-1.0 %. Il tutto e mantenuto a 37$C, di modo che lasoluzione resti liquida alla temperatura di lavoro imposta dalle cellule. Lasospensione di cellule in agarosio cosı ottenuta viene poi trasferita in stampidi plastica, le cui dimensioni sono 10'5'1.5 mm, per essere poi messa infrigorifero a 4$C dove solidificano in circa 45 minuti.

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2.2 Dosimetria ed irraggiamento 26

Induzione di dsb Riparazione di dsbconcentrazione cellulare #/ml 2-4·106 2-2,5·106

concentrazione di agarosio (%) 0,8-1,0 0,5

Tabella 2.2: Condizioni sperimentali adottate per incapsulare le cellule inagarosio

Nella tabella 2.2 vengono riassunte le condizioni in cui le cellule sono stateincapsulate in inserti d’agarosio, distinguendo tra esperimenti di induzione edi riparazione di dsb.

Una volta solidificati, gli inserti vengono posti in piastre di Petri da Ø 60mm (irraggiamento con raggi X) oppure in provette da 10 ml (irraggiamen-to con 60Co-!) in bagno di PBS per esperimenti di induzione o in terrenotamponato con HEPES per esperimenti di riparazione.

2.2.1 Fotoni X

Le piastre di Petri che ospitano gli inserti di agarosi con le cellule vengonoappoggiate su una tavoletta sagomata in Plexi-glass, alloggiata in un con-tenitore riempito di ghiaccio, per mantenere la temperatura del PBS (oppuredel terreno tamponato con HEPES) ad un livello tale da inibire i meccanismibiochimici di riparo dei dsb, che necessitano di una temperatura di 37 C perfunzionare correttamente. La dosimetria non e stata e"ettuata come partedi questo lavoro. La dose scelta viene impostata in numero di ‘divisioni diirraggiamento’, secondo l’equazione dosimetrica:

divisioni

Gy=

228.7XP

T

dove si ha: P pressione atmosferica in Torr, T temperatura dell’ambientein K.

In funzione delle condizioni atmosferiche, fissata la dose, l’otturatoredovra essere tenuto aperto per un numero di divisioni diverso, che e sinonimodi tempo variabile(2). A temperatura ambiente e pressione atmosferica, conuna corrente di elettroni di 13 mA la dose depositata e pari a 1,62 Gy/min.Impostato il numero di divisioni, l’otturatore viene chiuso automaticamentealla fine dell’irraggiamento.

2L’accuratezza della proporzionalita lineare tra numero di divisioni e dose e legata alfatto che la macchina che produce i raggi X deve essere sempre sottoposta ad un ciclo diriscaldamento, prima di essere utilizzata per l’irraggiamento dei campioni.

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2.2 Dosimetria ed irraggiamento 27

Negli esperimenti di induzione di dsb, le piastre di Petri vengono irrag-giate in sequenza. Quando si e raggiunta la dose per il primo punto speri-mentale, la piastra di Petri relativa viene rimossa dalla maschera d’irraggia-mento e viene posta su ghiaccio, mentre le altre vengono lasciate per riceverela rimanente parte della dose scelta.

2.2.2 Fotoni !

La dosimetria della sorgente di 60Co-! e stata eseguita durante questo lavorodi tesi ed e presentata separatamente in appendice B.

Inizialmente l’irraggiamento avveniva in una maschera di Plexi-Glass aforma di parallelepipedo, che poteva essere riempita di ghiaccio ed ospitarefino a sette provette da 10 ml. Il dose-rate era piuttosto limitato ed irraggia-menti con dosi fino a 200 Gy richiedevano tempi troppo lunghi. Inoltre, lageometria dell’apparato non consentiva una deposizione di energia uniformein tutte le provette.

Dopo un paio si esperimenti si decise di adattare una maschera d’irrag-giamento che consente di avere diversi dose rate, di forma circolare, costruitain alluminio (figura 2.2)

Figura 2.2: La maschera d’irraggiamento utilizzata presso la sorgente di raggi!. Le distanze dal centro della maschera sono: (A)=165 mm ; (B)= 105 mm;(C)=45 mm

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2.3 Riparo di dsb 28

L’unico inconveniente sta nel fatto che le provette non possono esseremantenute in ghiaccio durante l’irraggiamento, tuttavia essendo i dose ratesmolto piu elevati della precedente maschera d’irraggiamento usata, i tempid’esposizione sono conseguentemente piu brevi. Le provette sono state man-tenute in ghiaccio fino ad un attimo prima di essere traferite sulla maschera.In questo caso l’irraggiamento non avveniva in piu passi, come per i raggi X,ma in un’unica esposizione per ciascun punto sperimentale. Il dose rate veni-va aggiornato alla data dell’esperimento, per tenere conto del decadimentodel 60Co.

Lo spessore della parete delle provette varia con l’altezza, il che comportache i fotoni, lungo il loro cammino verso gli inserti d’agarosio, attraversanoproporzioni di plastica e PBS non costanti, a seconda dell’altezza. Se lasezione d’urto di assorbimento per i raggi ! varia tra plastica e PBS, ci siaspetta di trovare un flusso di elettroni (liberati dai fotoni) nella regionein cui si trova l’inserto di agarosio con le cellule, la cui intensita dipendedall’altezza. Se l’inserto giacesse sul fondo della provetta, dove l’e"etto eancora piu pronunciato, la dose depositata nell’inserto potrebbe essere nonuniforme. Si e rimediato a questa situazione inserendo un supporto a formadi tronco di cono in silicone, sul quale fisicamente si e appoggiato l’inserto,il quale, coperto da 1 ml di PBS, si e cosı trovato ad un’altezza in cui lospessore delle pareti della provetta e pressoche costante.

2.3 Riparo di dsb

Perche l’e#cienza di riparo sia elevata, le cellule devono essere incubate interreno di coltura a 37$C. Negli esperimenti di induzione di dsb, durante l’ir-raggiamento si e utilizzato PBS a 4$C per mantenere condizioni iso-osmotichetra le cellule e l’ambiente esterno. Negli esperimenti di riparazione invece,con le cellule incapsulate in agarosio, ci vuole un tempo finito perche il ter-reno di coltura permei l’agarosio e porti le sostanze nutritive alle cellule, ilche comporta una fase stazionaria iniziale nel riparo, appena la cellula rag-giunge la temperatura di 37$C. Si e percio scelto di mantenere le cellule interreno tamponato con HEPES durante l’irraggiamento, per fornire percur-sori di DNA e risorse energetiche appena la riparazione comincia, nell’attesache l’%-MEM penetri nella parete cellulare. La riparazione e stata arrestatacambiando il terreno di coltura con uno ra"reddato a 4$C. Le cellule sonopoi andate subito incontro a lisi delle membrane, come discusso in sezione2.4.

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2.4 Isolamento del DNA 29

2.4 Isolamento del DNA

A#nche il DNA possa migrare dagli inserti di agarosio al gel, ed essere quirisolto in peso molecolare, occorre lisare le membrane presenti nella cellulaed isolare il DNA dagli altri componenti cellulari. Dopo la lisi, il DNA sitrova decondensato dalla struttura di fibra di cromatina del diametro di 30nm in doppia elica, del diametro di 2 nm.

Il protocollo di lisi e stato gentilmente concesso da Heidi Newman, delGray Laboratory:

1. un’ora in 1 ml di soluzione di lisi (3) su ghiaccio

2. 24 ore nella stessa soluzione, ma a 50$C.

In seguito, gli inserti d’agarosio sono stati ripetutamente sciacquati inbu"er 1XTE, per eliminare tracce di soluzione di lisi dalla matrice di agaro-sio che avrebbe potuto influenzare la migrazione del DNA. Gli inserti pos-sono essere conservati per lungo tempo in 1XTE bu"er a 4$C, senza alcunarilevante perdita per di"usione di frammenti di DNA del peso molecolarestudiato in questo lavoro.

2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE)

Dal momento che ciascun nucleotide porta una carica negativa (figura 1.4)associata al grupo fosfato, la carica totale del DNA e proporzionale alla sualunghezza.

L’elettroforesi e una tecnica mediante la quale molecole elettricamentecariche vengono separate, in base alla loro lunghezza, in un supporto semi-solido e poroso, per mezzo dell’applicazione di un campo elettrico. Gen-eralmente come supporto si utilizza un gel d’agarosio, un polimero naturaleestratto dalle alghe, la cui struttura chimica e illustrata in figura 2.3

Disciolto in acqua in ebollizione, l’agarosio solidifica in forma gelatinosa,per cui e possibile ottenere la forma e dimensione di gel desiderata utilizzandoun opportuno stampo. La struttura del gel solidificato e quella di una ma-trice porosa tridimensionale, con la dimensione dei pori che diminuisce conla concentrazione di agarosio. Le molecole di DNA vengono fatte migrare,sotto l’azione di una forza elettrica, attraverso questa matrice porosa, che sicomporta come un mezzo viscoso.

3Si veda in appendice per la composizione chimica dei prodotti utilizzati

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 30

Figura 2.3: L’agarosio, il polimero naturale estratto dalle alghe, che vieneutilizzato per produrre gel da utilizzare in elettroforesi

Ricordando la dinamica di un corpo soggetto ad una forza costante (cam-po elettrico) ed all’azione frenante di una forza viscosa (esercitata dalla ma-trice tridimensionale del gel) l’equazione del moto di molecole elettricamentecariche (in questo caso il DNA) e scritta come segue:

mx = QE # &x (2.1)

con Q carica della molecola, E intensita del campo elettrico e & fattore chedipende dalla viscosita del mezzo e dalla forma della molecola. La soluzioneper x dell’equazione di"erenziale 2.1 e:

x =

"1 # exp

$#&t

m

%#QE

&(2.2)

per & costante, dopo una fase transitoria le molecole migrano ad unavelocita pari a QE/&.

Il principio chiave e che le molecole piu piccole (& piccolo) possono muover-si piu facilmente attraverso la matrice porosa di agarosio, migrando quindipiu lontano. Le molecole piu grandi, malgrado la maggior carica elettrica,hanno una mobilita molto limitata (& grande) e quindi migrano per ditanzepiu brevi, a parita di tempo. Con la scelta di opportune condizioni di elet-troforesi, e possibile ottenere un buona separazione anche di molecole dilunghezza molto simile. Cio e illustrato in figura 2.4

Poiche & dipende anche dalla viscosita del mezzo, la mobilita delle molecoledi DNA puo essere influenzata dalla concentrazione di agarosio nel gel, ovverodalla dimensione dei pori, oltre che da altri fattori che saranno elencati inseguito. L’e"etto della concentrazione di agarosio sulla mobilia del DNA eben descritto in figura 2.5, dove si rappresenta la curva di mobilita nel gel,per diverse concentrazioni di agarosio.

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 31

Figura 2.4: La separazione della molecole di DNA in un gel d’agarosio.Molecole piu piccole migrano piu lontano nel gel, cosı che molecole di diverselunghezza definiscono bande separate

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 32

Figura 2.5: La mobilita dei frammenti di DNA in un gel di agarosio a diverseconcentrazioni.

La dipendenza funzionale tra la mobilita di DNA e la concentrazione diagarosio e descritta dalla formula:

logµ = logµ0 # Kr( (2.3)

dove con µ si e indicata la mobilita elettroforetica del DNA, µ0 la mobilitadel DNA in acqua, senza agarosio, ( la concentrazione di agarosio e Kr

una costante che dipende dalla forma e dimensione delle molecole di DNA.Non soltanto la concentrazione di agarosio influenza la mobilita del DNA nelgel. A bassi valori di intensita del campo elettrico applicato, la mobilita deiframmenti di DNA e proporzionale alla loro lunghezza. Con l’uso di campielettrici piu intensi, i frammenti piu grandi migrano invece a velocita sempremaggiori. Al variare del grado di acidita della soluzione di elettroforesi,

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 33

espresso come pH o come ”concentrazione ionica”, cambia anche la caricaelettrica delle molecole di DNA, e quindi la forza elettrica che su esse agisce.In caso di forze elettriche particolarmente intense, si possono verificare localiinnalzamenti di temperatura nel gel, con conseguente fusione della matriced’agarosio e denaturazione della doppia elica di DNA.

E stato trovato che, con l’utilizzo di un campo elettrico continuo, possonoessere risolti frammenti di DNA da 10 coppie di basi ad circa 50 kbp (Chuet al. 1986).

Il DNA genomico, dopo l’isolamento dai rimanenti costituenti cellulari, sitrova in una forma agglomerata (coiled) di lunghezza certamente maggiore di50 kbp. Nell’elettroforesi convenzionale, queste molecole si distendono in for-ma lineare sotto l’azione del campo continuo (e dunque cambiano forma, perun valore del coe#ciente & ridotto), migrando attraverso il gel indipenden-temente dalla loro lunghezza. Cio puo essere evitato se le molecole vengonolasciate distendersi e riagglomerare subito dopo essere passate attraverso ipori del gel, in modo da evitare l’elongazione. L’uso di un campo elettricoalternato tra due direzioni puo aiutare a risolvere questa situazione.

L’elettroforesi in campo pulsato e una tecnica inventata alla meta deglianni ’80. Da allora, sono state sviluppate diverse varianti e qui verra discus-sa solo la Clamped Homogenous Electric Field (CHEF). Il campo elettricoe applicato alternativamente lungo due direzioni, con l’angolo $ tra essecompreso che puo essere scelto opportunamente. Anche la frequenza di pul-sazione tra le due direzioni puo essere variata, in ogni momento. Le molecoledi DNA vengono quindi spinte alternativamente lungo due direzioni, in modoche possano tornare in forma agglomerata prima di andare in elongazione,migrando quindi ancora in funzione della loro dimensione. In un certo inter-vallo di tempo, le molecole che migrano piu lontano lungo la direzione e"etivadel moto, la somma vettoriale delle due direzioni istantanee del campo elet-trico, sono quelle il cui tempo di riorientamento nel campo elettrico e piubreve del tempo di pulsazione del campo stesso. Inoltre, molecole il cui tem-po di riorientamento e in risonanza con la frequenza di pulsazione del campo,restano bloccate nella matrice senza migrare, perche devono continuamenteriorentarsi nel campo, mentre quelle con tempi di assestamento ancora piulunghi sentono l’azione di un campo elettrico praticamente costante, comenell’elettroforesi convenzionale (Schwartz and Cantor 1984). Per risolverein uno stesso esperimento molecole di lunghezza diversa occorre percio vari-are la frequenza di pulsazione, cosa che puo essere e"ettuata tra un valoreminimo ed uno massimo.

Il campo elettrico e uniforme in tutto il gel. Cio si realizza con l’usodi molti elettrodi distribuiti lungo un poligono chiuso, che nel caso dello

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 34

strumento utilizzato in questo lavoro(4) e un esagono con quattro elettrodiper lato. Ciascun elettrodo e programmato autonomamente da un computer.Lo strumento e mostrato in figura 2.6.

Figura 2.6: La cella elettroforetica CHEF DRIII. La linea continua con lafreccia all’interno del gel indica la direzione istantanea del campo elettrico,mentre la linea tratteggiata indica la direzione e"ettiva del moto.

Oltre a quanto osservato per l’elettroforesi convenzionale, le variabili sucui e possibile agire per ottimizzare le condizioni elettroforetiche sono:

1. concentrazione di agarosio nel gel

2. concentrazione di bu"er nel gel

3. bu"er di ra"reddamento e sua temperatura

4. intensita del campo elettrico

5. angolo di pulsazione $

4BioRad CHEF DRIII

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 35

concentrazione di agarosio nel gel 0.8 %concentrazione di bu"er nel gel 0·5 X TAE

bu"er di ra"reddamento 13·5 $C, 0·75 X TAEblock 1 block 2!!!#(E

!!! (V/cm) 2 6

angolo di pulsazione 106$ 120$

tempo di pulsazione (min-max) 20-40 min 7.5 s-1.9 mindurata 44 ore 4 ore

Tabella 2.3: Il protocollo di elettroforesi utilizzato per risolvere frammenti dialto peso molecolare compreso tra 50kbp e 6Mbp

6. frequenza di pulsazione (min-max)

7. durata dell’elettroforesi

avendo tralasciato le condizioni in cui le cellule vengono incapsulate negliinserti di agarosio da inserire nei pozzetti del gel.

Con un tal numero di variabili da controllare, si capisce come sia di#cilela ricerca delle condizioni ideali per un protocollo che soddisfi le proprieesigenze. In questo lavoro di tesi sono stati utilizzati due protocolli, dei qualiuno consente di separare frammenti di lunghezza compresa tra 6 Mbp e 50kbp, tratto da (Elia and Nichols 1993). Il secondo risolve frammenti tra300 kbp e 500 bp ed e stato gia utilizzato in questo laboratorio (Newmanet al. 1997). Il primo ha due ‘blocchi’, ciascuno con condizioni di campoelettrico distinte, perche, come prima indicato, l’intensita del campo elettricocontrolla, in particolare, la mobilita dei frammenti di DNA piu lunghi. Latabella 2.3 riassume il primo protocollo, mentre la tabella 2.4 riassume ilsecondo

Gli inserti contenenti DNA pronto per essere separato con l’elettroforesisono stati delicatamente inseriti nei pozzetti e qui sigillati con agarosio allastessa concentrazione del gel, per evitare che fuoriescissero e fossero perdutinel corso dell’elettroforesi.

Per conservare un’immagine della distribuzione di DNA nel gel, ma nonper e"ettuare un’analisi quantitativa, dopo l’elettroforesi il gel e stato col-orato per una notte in bagno di TAE o TBE a seconda del protocollo utiliz-zato, contenente bromuro di etidio (0,5 µg/ml). Questa sostanza permette lavisualizzazione del DNA in quanto fluoresce se eccitata con raggi ultravioletti(302 e 366 nm) emettendo luce a 590 nm, legandosi specificamente al DNA

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 36

concentrazione di agarosio ‘rapido’ nel gel 1 %concentrazione di bu"er nel gel 0.5 X TBE

bu"er di ra"reddamento 13.5 $C, 0.75 X TBE!!!#(E!!! (V/cm) 6

angolo di pulsazione 120$

tempo di pulsazione (min-max) 0.1- 17.3 sdurata 7.5 h

Tabella 2.4: Il protocollo elettroforetico utilizzato per risolvere frammenti diDNA tra 10kbp e 280 kbp

a doppia elica. Successivamente si e scattata una fotografia Polaroid nega-tivo/positivo sulla lampada UV. Il gel radioattivo non puo essere analizzatocon un’autoradiografia perche gli elettroni del decadimento di 14C non ri-escono a penetrare il gel per impressionare una lastra fotografica. Si e percioproceduto sciogliendo regioni del gel opportunamente tagliate e contando lescintillazioni (in una soluzione scintillante) in fase liquida. Il gel e stato poitagliato in 24 corsie, esclusi i marcatori non marcati radioattivamente, conciascuna corsia ulteriormente sezionata in 10 (11) segmenti, per un totale di240 (264) sezioni di agarosio. In ciascuna corsia si ha:

• un pozzetto

• (9) segmenti lunghi 10 mm

• segmento lungo 50 (40) mm

I cubetti di gel ottenuti contengono DNA in diverse regioni di peso moleco-lare, che vengono individuate con una calibrazione distanza di migrazione infunzione del peso molecolare dei marcatori. I cubetti sono stati individual-mente messi in contenitori cilindrici in plastica da 20 ml, aggiungendo aciascuno 200 µl di 1M HCl (in quantita tripla per il segmento da 40 o 50mm). L’agarosio e stato sciolto in forno a 95$C per circa novanta minuti.L’acido cloridrico veniva aggiunto per evitare la riformazione dei legami del-l’agarosio, cosı che i cubetti fusi restano in fase liquida anche a temperaturaambiente, per evitare e"etti di quenching.

Appena ra"reddati, si aggiunge ad ogni boccetta 10 ml di liquido perscintillazioni Beckman Ready Safe per il conteggio delle disintegrazioni di14C provenienti dal DNA marcato. Ciascuna boccetta viene monitorata per15 minuti, e l’output viene fornito come (corretto per gli e"etti di quenching

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 37

nel liquido scintillante) dpm in ciascuna boccetta, che normalizzato al numerodi disintegrazioni totali in una corsia del gel fornisce la frazione di peso inciascuna regione di mobilita (peso molecolare).

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2.5 Elettroforesi in campo pulsato (PFGE) 38

Figura 2.7: L’organizzazione tridimensionale della doppia elica di DNA incellule eucariotiche

Page 43: Laurea Tesi Massimo

Capitolo 3

Modelli matematici

3.1 Induzione di dsb

In questo capitolo verranno presentati solo alcuni dei modelli matematiciesistenti che consentono di quantificare i double strand breaks radioindotti.Tutti i questi modelli permettono di e"ettuare tali stime a partire dalla formadella distribuzione di peso molecolare del DNA che e stato irraggiato. Traquelli non trattati, per motivi che verranno subito indicati, ne esiste uno checonsente di quantificare il numero di dsb radio-indotti a partire dalle misuresperimentali della massa di DNA al di sotto di una certa dimensione specifica,indipendentemente dal profilo dettagliato della distribuzione di peso moleco-lare di DNA. Per questo motivo il metodo, chiamato specific size marker econsiderato di tipo integrale. Il suo sviluppo parte dal lavoro di Montroll eSimha negli anni quaranta (Montroll and Simha 1940, Montroll e Simha).Nonostante la sua semplicita, tuttavia, lavorare sulla massa di DNA compor-ta perdere sensibilita in regioni di basso peso molecolare, oggetto particolaredi studio in questo periodo (vedere capitolo 5). Per questo motivo il metodospecific size marker non e mai stato usato in questo lavoro per quantificarei double strand breaks radioindotti, anche se spesso i dati sperimentali sonostati rappresentati in forma di FAR(1), un caso particolare di grafico specificsize marker, nel quale si ra#gura la frazione di DNA estratta dai pozzettidel gel durante un’elettroforesi, in funzione della dose assorbita.

Verranno invece presentati due modelli che utilizzano entrambi tutta l’in-formazione disponibile dal profilo della distribuzione di DNA. Verra illustratain breve la loro derivazione, che e letteralmente sparpagliata in molti articolia partire dagli anni quaranta fino a questo decennio. L’analisi dei dati e"et-tuata con questi modelli considera l’informazione sulla quantita di DNA in

1Fraction of Activity Relased

39

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3.1 Induzione di dsb 40

diverse regioni di peso molecolare, invece che tutta la massa al di sotto diun certo valore. Per contrapposizione allo specific size marker, questi metodivengono detti percio di"erenziali, piuttosto che integrali.

Essi sono:

1. distribution shape method (DS)

2. broken stick analysis(2) (BS)

Vedremo che il primo e un’ottima approssimazione del secondo, ad altedosi. Il capitolo si chiude con lo sviluppo di un altro modello di"erenziale,che e stato interamente sviluppato in questo lavoro di tesi. Questo mod-ello, partendo dai risultati del broken stick, utilizza anche le informazionidisponibili sul danno di fondo introdotto dallo sperimentatore sulle cellule,nel corso dell’esperimento per derivare una nuova funzione, dipendente pro-prio dal danno di fondo. Questo modello e stato chiamato background biasedbroken stick (BBBS ). Tutti e tre i modelli sono stati utilizzati per l’analisidei dati sperimentali di questo lavoro di tesi.

3.1.1 modello Distribution shape

Il modello nasce dal lavoro di Lehmann ed Ormerod (Lehmann and Ormerod1970b, Lehmann and Ormerod 1970a) i quali hanno utilizzato i risultati deglistudi di Charlesby (Charlesby 1953). I principi chiave sono:

1. L’induzione di dsb e random, ovvero:

1.a Ogni regione del DNA e ugualmente esposta alla radiazione edun dsb puo essere indotto in qualsiasi area della molecola, con lastessa probabilita.

1.b Ciascun dsb e originato da un evento indipendente. In altre parole,non esiste alcuna correlazione tra i dsb.

2. La distribuzione dei pesi molecolari inizialmente presenti e centrata suun solo valore

2La scelta dei nomi per questi modelli non e a!atto la piu felice. Entrambi hanno unapproccio di!erenziale, come detto, per cui dipendono dalla forma della distribuzione dimassa e non dal suo integrale. Entrambi partono dalla frammentazione di molecole dilunghezza definita. I nomi vengono qui lasciati per ragioni storiche.

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3.1 Induzione di dsb 41

Quanto a"ermato al secondo punto sulla forma della distribuzione inizial-mente presente non rappresenta la situazione reale, perche in un esperimentosi irraggia una distribuzione di DNA originata dalle rotture indotte durante lamanipolazione dello sperimentatore, come verra meglio spiegato al paragrafo3.1.3. Si puo pero qui invocare il lavoro di Charlesby per dire che i risul-tati ottenuti a partire da questa ipotesi sono piuttosto generali, estendibilianche a casi in cui essa non e soddisfatta. Infatti Charlesby, so"erman-dosi sui momenti delle distribuzioni di peso molecolare, ha elegantemente di-mostrato che, se tutte le molecole inizialmente presenti sono tagliate almenocinque volte per e"etto della radiazione, la media pesata delle lunghezzedelle molecole presenti dopo l’irraggiamento e pressoche indipendente dalladistribuzione iniziale, fosse questa stata uniforme, esponenziale, o qualsiasialtra. Una distribuzione e completamente identificata se sono noti tutti isuoi momenti intorno all’origine, ciononostante i risultati di Charlesby sonosempre stati interpretati dicendo che il profilo della distribuzione finale eindipendente da quello pre-irraggiamento. Ammesso che l’estrapolazione sialecita e che la condizione sui 5 dsb radioindotti per ciascuna molecola sia sod-disfatta(3), la funzione ottenuta in questo modello a partire dalle condizionisopra indicate puo essere utilizzata per l’analisi dei dati sperimentali.

Tutte le molecole inizialmente presenti posseggono u0 unita (nucleotidi)e la radiazione le colpisce in modo random, producendo una distribuzionecontinua in lunghezza.

Si definisce:

• p probabilita che qualsiasi legame fosfo-diesterico tra due unita vengarotto dalla radiazione (dipendente dalla dose)

• n(u) numero di molecole di lunghezza u

• u1 numero di nucleotidi in una molecola di lunghezza media

u1 =

&u n(u) · u&

u n(u)(3.1)

Il numero atteso di tagli per molecola sara pari a u0p.

Una molecola di lunghezza u verra prodotta mediante due meccanismi(figura 3.1):

3Vedasi paragrafo 3.1.3 per un controllo sulla validita di questa a!ermazione negliesperimenti condotti in questo lavoro. Si anticipa qui che la condizione non e praticamentemai soddisfatta.

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3.1 Induzione di dsb 42

1. In seguito ad un dsb presso uno dei due bordi di una qualsiasi molecolalunga u0, a distanza u dal bordo.

2. In seguito a due dsb in una qualunque regione interna di u0, a distanzau l’uno dall’altro.

Figura 3.1: Un frammento di lunghezza u puo’ derivare da un taglio su unamolecola di lunghezza u0 oppure da due tagli

Il primo meccanismo contribuira come:

n1 (u) = 2n0 · p · exp (#pu) (3.2)

dal momento che ciascuna molecola ha due estremita libere, n0 sono lemolecole presenti, p e la probabilita di avere un dsb ed exp(#pu) e la prob-abilita che a seguito di un taglio venga generato un frammento di lunghezzau. Per quanto riguarda il termine exp (#pu), se p e difatti la probabilita diavere un taglio in una regione di lunghezza infinitesima du, la probabilitadi non avere alcun taglio in una regione di lunghezza infinitesima du sara1-pdu. Si puo pensare da una lunghezza finita u come costituita da n unitadi lunghezza infinitesima, con n che tende all’infinito. Allora si ha per laprobabilita di un frammento di lunghezza u:

P (0, u) = limn

(1 # p du)n = limn

'1 # pu

n

(n= exp (#pu)

Il secondo meccanismo produrra frammenti di lunghezza u secondo:

n2 (u) = p2n0 exp (#pu) · (u0 # u) (3.3)

perche u0 # u e il numero di diversi modi in cui si puo ottenere unamolecola di lunghezza u (e quindi ancora il termine exp(#pu)) da una lunga

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3.1 Induzione di dsb 43

u0, dopo due tagli (per cui si ha p2) su n0 molecole presenti. Sommando idue contributi (3.2) e (3.3) si ha:

n(u) = n1 (u) + n2 (u) = n0p2 exp (#pu) ·

$2

p+ u0 # u

%(3.4)

Se la dose e su#cientemente elevata (p grande) le molecole generatesaranno molto piu piccole di u0 per cui u0 # u $ u0. Dunque:

n(u) = n0p2 exp (#pu) · 1

p(2 + u0p)

dove u0p e il numero atteso di tagli sulle molecole originarie. Se u0p e moltomaggiore di due(4), allora la formula (3.4) si semplifica:

n (u)

n0u0= p2 exp (#pu) (3.5)

Il numero atteso di tagli sulle molecole lunghe u0 e anche dato da:

pu0 =u0

u1# 1

con u1 dato nella (3.1). Cosı p puo essere ricavato come:

p =1

u1# 1

u0$ 1

u1(3.6)

per un alto livello di depolimerizzazione, e cioe a dosi elevate. Sostituendola (3.6) nella (3.5) ed osservando che n0u0 =

&u n(u) ·u, ovvero che la massa

totale di nucleotidi si conserva, si ha:

n (u)&u n (u)u

=1

u21

exp

$# u

u1

%(3.7)

In un esperimento, a prescindere dal modello matematico che si scegliedi utilizzare per la stima dei dsb radioindotti, si misura il numero di disin-tegrazioni di 14C incorporati nel DNA appartenenti ad una specifica regionedi peso molecolare. Come detto a pagina 22 il precursore radioattivo e uni-formemente distribuito nel DNA replicato, cosı che il numero di conteggi eproporzionale alla massa del frammento. Inoltre, spesso e comodo pensarealla lunghezza del DNA come ad una variabile continua, pure essendo questoun polimero.

Detto allora w peso molecolare medio di una coppia di nucleotidi, si ha:

4u0p > 5, condizione imposta da Charlesby a"nche la distribuzione post-irraggiamento sia pressoche indipendente da quella iniziale, e troppo debole perche questaapprossimazione sia buona. Occorre un grado di depolimerizzazione maggiore.

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3.1 Induzione di dsb 44

• M = u · w

• Mn = u1 · w

• !M = !u · w

ed inoltre:

• FDNA =frazione di peso di DNA in una particolare regione

• I(M) =frazione di peso di DNA di frammenti di lunghezza M

• T =massa totale di DNA in tutta la distribuzione

D’ora in avanti si useranno le parole ‘peso’ e ‘lunghezza’ senza distinzione.Siccome il numero di disintegrazioni in una certa regione di lunghezza di DNAe proporzionale al peso stesso dei frammenti, si ha:

I(M)

T=

n(M) · M&M n(M)M

e da FDNA = I(M) · !M/T (5), con M e !M rispettivamente medianumerica ed intervallo di peso molecolare nel segmento in cui si misura unafrazione di peso pari a FDNA, si ha:

FDNA

!M=

n(M) · M&M n(M)M

(3.8)

Prendendo poi n(M) dalla (3.7) e sostituendo nella (3.8), dopo il cambiodi variabile u ( M , si ha:

FDNA

M ·!M=

1

M2n

exp

$# M

Mn

%(3.9)

il cui logaritmo naturale e:

ln

$FDNA

M ·!M

%= #2 ln Mn # M

Mn(3.10)

Quando si grafica ln (FDNA/ (M ·!M)) in funzione di M, ci si aspetta ditrovare una retta di pendenza 1/Mn proporzionale al numero di dsb indot-ti, cosı come proporzionale alla dose, secondo l’equazione (3.6). Ripetendo

5Questa e un’approssimazione. Si rimanda all’appendice A per una discussioneapprofondita.

Page 49: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 45

l’operazione per dati sperimentali relativi a diverse dosi, si dispone di uninsieme di valori ‘livello di depolimerizzazione-dose’. Un fit lineare su questoinsieme di dati servira da test per la linearita dell’induzione di dsb, oltre chea fornire una stima della capacita della radiazione in esame di indurre dsb,espressa come dsb/(Gy · bp). Questa procedura descritta viene detta analisidella pendenza (slope analysis), poiche si fa uso del valore della pendenzanella regressione lineare di cui all’equazione 3.10.

3.1.2 Broken stick

Questo modello e stato derivato da Cantopolou, Cook e Mortimer (Con-topoulou et al. 1987, Cook and Mortimer 1991). Le assunzioni di partenzasono essenzialmente le stesse del modello distribution shape (si rimanda apagina 40) ma qui non e necessario fare ricorso ad approssimazioni di altedosi. Radivoyevitch (Radivoyevitch and Cedervall 1996) ha sviluppato unavia alternativa a quella che ora verra presentata per la derivazione del mod-ello, nella quale egli distingue tra frammenti originati da tagli ai bordi dellemolecole inizialmente presenti, e tagli in regioni interne (come hanno fat-to anche Lehmann ed Ormerod, vedere paragrafo 3.1.1). Il risultato finalee lo stesso, per cui qui verra riassunto il lavoro pubblicato nell’articolo diCantopolou, essendo di piu rapida derivazione.

Si consideri una molecola di DNA di lunghezza S. La probabilita chedopo un dsb su questa molecola venga prodotto un frammento di lunghezzamaggiore o uguale ad x e pari alla probabilita che il dsb sia ‘posizionato’ inmaniera casuale al di fuori di una regione di lunghezza x :

1 # x

S

Figura 3.2: La probabilita di avere un frammento di lunghezza maggiore oeguale ad x dopo un taglio su una molecola di lunghezza S e (1-X/S)

Dopo j tagli indipendenti si ha:

'1 # x

S

(j= P (x, j, S) (3.11)

Page 50: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 46

La funzione densita di probabilita per un frammento di lunghezza com-presa tra x ed x+dx e la derivata della 3.11:

P %(x, j, S) =

!!!!dP

dx

!!!! =j

S

'1 # x

S

(j#1

La frazione di massa dei frammenti di lunghezza x e tuttavia pesata perla lunghezza. Questa distribuzione di massa e spesso chiamata in letteraturadi ‘intensita’ ed e data da:

I(x, j, S) =P %(x, j, S) · x

) S0 P %(x, j, S) · xdx

=jx

S

*1 # x

S

+j#1

jS

) S

0 x*1 # x

S

+j#1dx

(3.12)

che dopo integrazione fornisce:

I(x, j, S) =x

S2j(j + 1)

'1 # x

S

(j#1(3.13)

La 3.13 rappresenta la distribuzione di massa di frammenti di lunghezzax, allorche j tagli siano stati introdotti in maniera random su un molecola dilunghezza S. A partire da una popolazione iniziale di molecole di lunghezzaS, i frammenti di lunghezza x possono pero essere generati in seguito ad unqualsiasi numero di dsb, compreso tra 1 ed ), inflitti sulle molecole iniziali.Per ciascun numero j di dsb indotti, la probabilita di avere un frammentolungo x e data dalla 3.13.

Il prossimo obiettivo e la derivazione della distribuzione teorica di inten-sita (massa) di frammenti di DNA per un numero qualsiasi di dsb. Per questaoperazione occorre sommare la (3.13) su tutti i valori di j, pesando ciascuntermine per la probabilita di avere j tagli sulla molecola iniziale di lunghezzaS. Se si pensa ad un dsb come un evento raro, il fattore di peso che si cercae dato da una distribuzione di Poisson Pµ(j) con µ numero atteso di dsb(parametro dipendente dalla dose). Si ha:

I(x, µ, S) =,

j

I(x, j, S)·Pµ(j) =,

j

x

S2j(j+1)

'1 # x

S

(j#1$

µj

jexp(#µ)

%

(3.14)che dopo un cambio di indice alla sommatoria j+1=n ed un successivo

cambio k=n+1 diviene:

I(x, µ, S) =µx

S

-2 + µ

'1 # x

S

(.exp

'#µx

S

((3.15)

L’espressione 3.15 trovata per la distribuzione di massa di DNA e validasolo se x < S. Perche la distribuzione sia completa, occorre considerare la

Page 51: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 47

probabilita che la molecola S resti intatta. La 3.15 ha percio un termineaddizionale centrato sulla lunghezza S:

Iunbroken(x, µ, S) =x

Sexp (#µ) ' (x # S) (3.16)

Il contributo di questo termine diminuisce con il livello di depolimeriz-zazione secondo exp(#µ). Basta cioe una piccola dose per frammentare granparte delle molecole presenti. Quando la 3.16 e utilizzata per regressionisui dati sperimentali, S viene posto pari alla lunghezza dell’intero DNA ge-nomico, qui 5·109 bp. Dal momento che i dati sperimentali si riferiscono aframmenti di lunghezza fino a 6 Mbp, il termine 3.16 e fuori range e nonviene utilizzato per le regressioni sui dati. Tuttavia esso sara di enorme im-portanza nella derivazione del modello BBBS nel paragrafo 3.1.3. Inoltre sipuo verificare che la distribuzione di intensita e normalizzata ad uno solo senel calcolo della norma si considerano entrambi i termini 3.15 e 3.16.

Quando i dati sperimentali vengono graficati in funzione della dose comefrazione di DNA in una certa regione di peso molecolare, si puo modificare lafunzione 3.15 di modo che µ diventi la variabile ed x sia il parametro. Detto!x l’intervallo di peso molecolare in una certa regione,

FDNA (x,!x, µ, S) =µ · x ·!x

S

-2 + µ

'1 # x

S

(.exp

'#µx

S

((3.17)

Dalla distribuzione di intensita e anche possibile derivare quella di densita,ovvero numero di frammenti in funzione del loro peso. Dividendo la 3.15 ela 3.16 per x, si ottiene:

N (x, µ, S) =µ

S

-2 + µ

'1 # x

S

(.exp

'#µx

S

(+

1

Sexp (#µ) ' (x # S) (3.18)

Per x * S e µ + 1, cioe ad alte dosi(6), si ha [2 + µ (1 # x/S)] $ µ,per cui la distribuzione di densita, escluso il contributo della delta di Dirac,assume un andamento esponenziale, come la distribuzione (3.9) del modellodescritto al paragrafo 3.1.1. Si puo dire percio che il modello distributionshape e un’approssimazione del broken stick alle alte dosi.

3.1.3 Background biased broken stick

Le distribuzioni trovate nei paragrafi 3.1.2 e 3.1.1 partivano dalle assunzioniriportate a pagina 40, ovvero radio-induzione di dsb puramente random emolecole inizialmente presenti tutte della stessa lunghezza.

6sperimentalmente si trova che µ vale circa 50 dsb/Gy per radiazione sparsamenteionizzante, ed x e solitamente nell’intervallo 103#106bp, quando S vale 109 bp.

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3.1 Induzione di dsb 48

La verita dell’a"ermazione che l’induzione di dsb e random e oggetto digrandi discussioni in questo periodo e si rimanda al capitolo dei risultatiper una discussione approfondita. Nel paragrafo 3.1.1 e stato detto che inun esperimento si irraggia una popolazione di molecole che non e centrata suuna sola lunghezza. Cio comporta piuttosto che la distribuzione sperimentaleiniziale e continua. Di conseguenza, la seconda delle sopracitate condizioni(pagina 40) non e soddisfatta negli esperimenti, ma i risultati trovati possonoessere generalizzati, se altre condizioni sono soddisfatte.

Quando si e"ettuano regressioni non lineari sui dati sperimentali, utiliz-zando le funzioni riportate nelle formule 3.10, 3.15 e 3.18, generalmente sigraficano i dati sperimentali ‘corretti’ per il danno di background. Questacorrezione consiste nella sottrazione della frazione di DNA trovata nelle corsiedi controllo da quella misurata nei campioni irraggiati, in ciascuna regione dipeso molecolare. L’operazione mira a simulare la distribuzione di DNA chesarebbe stata originata per frammentazione radioindotta di una popolazionedi molecole di lunghezza S, quella dell’intero DNA genomico(7).

In questo paragrafo verra innanzitutto mostrato che l’operazione di cor-rezione per il danno di fondo, e"ettuata nel modo descritto, e errata. Verrapoi presentato lo sviluppo di un modello alternativo, del tutto originale, dautilizzare per l’analisi dei dati sperimentali non corretti per il danno di fondo:invece che correggere i dati, verra aggiornato il modello. A questo modello estato percio attribuito il nome di Background biased broken stick.

Osservando l’espressione 3.15 per la distribuzione d’intensita I(x, µ, S) sinota subito che la dipendenza da µ non e lineare. Se si pensa di infliggere inmodo random prima µ1 e poi µ2 dsb, con µ1 > µ2, tanto per fissare le idee,ci aspettiamo ovviamente che

I (µ1 + µ2) = I (µ2 + µ1) = I(µ)

dove µ = µ1 + µ2. Vista pero la non linearita di I in µ si ha:

I (µ1 + µ2) ,= I(µ1) + I(µ2) - I(µ1) ,= I (µ1 + µ2) # I(µ2) (3.19)

Non e possibile in pratica sottrarre i profili delle distribuzioni per ottenerequello per un numero di dsb intermedio, come indicato nella formula 3.19. Sipuo pero eseguire una regressione sui dati sperimentali relativi al danno dibackground, con il modello random, per poi eseguirla nuovamente sul profilo‘non corretto’ per il background, e valutare il numero dei dsb radioindotti apartire dalle due stime separate, come µrad = µtot # µback.

7Non e ancora stato provato se il DNA in interfase nel ciclo cellulare e gia ripartito incromosomi oppure e un’unico polimero senza interruzioni.

Page 53: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 49

Purtroppo e stato trovato, sia in questo lavoro che in precedenti (Ceder-vall 1995), che il danno di fondo non e indotto in modo random, e a tutt’ogginon esiste modello che possa predire la forma della distribuzione trovata neicampioni di controllo. Pertanto, l’operazione dei due fit separati suggeritasopra non e e"ettuabile. Quanto al danno di fondo, si suppone che la manipo-lazione dei campioni durante l’esperimento colpisca le cellule in maniera ca-suale, ma danneggi severamente solo una parte delle cellule presenti. Queste,subendo la rottura delle membrane (citoplasmatica e nucleare) rilascerebberoin sospensione il DNA, che diviene cosı piu vulnerabile. Le cellule non dan-neggiate alle membrane manterrebbero il loro DNA sostanzialmente integro,cosı come la loro intera struttura, e cio puo essere verificato sperimentalmentese le cellule, messe in condizioni adeguate, continuano a dividersi e svolgereregolarmente le loro attivita.

Questi concetti della correzione del danno di fondo e sulla non linearitadelle funzioni coinvolte possono essere chiariti se si osserva la figura 3.3, nellaquale e graficata la funzione definita in 3.17 per due diverse regioni di pesomolecolare, centrate su 4 Mbp e 200 kbp.

Figura 3.3: La tendenza della frazione di DNA nelle regioni di peso molecolarecentrate su 4 Mbp (linea continua) e 200 kbp (linea tratteggiata) secondo lapredizione di un modello ad induzione di dsb random su molecole di lunghezza5X109bp.

Si consideri la linea continua, che rappresenta l’andamento con la dose

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3.1 Induzione di dsb 50

della frazione di massa totale, nella regione di peso molecolare intorno a 4Mbp. A dose nulla, non si prevede nessun frammento di questa lunghezza,perche tutte le molecole inizialmente presenti sono lunghe S, posto qui paria 5X109bp. La frazione di DNA inizialmente aumenta con la depolimeriz-zazione, poi le molecole di DNA di 4 Mbp sono ulteriormente frammentate egenerano molecole piu piccole, per cui il loro numero diminuisce. Per quelle di200 kbp la crescita e piu lenta (linea tratteggiata) perche le molecole lunghe Sdevono essere maggiormente frammentate per produrre polimeri di 200 kbp,per cui occorre una dose piu alta. Anche la curva tratteggiata, cosı comequelle relative ad ogni regione di peso molecolare, aumenta fino ad un valoremassimo per poi decadere, tanto maggiore il punto di massimo quanto minoreil peso molecolare. Se si pensa al danno di background come originato dalladepolimerizzazione per un certo valore di dose ‘equivalente’(8), per esempio10 Gy sulla curva continua in figura 3.3, si vede dal grafico che dopo circa100 Gy la frazione di DNA in questa regione e minore di quella nel campionenon irraggiato, ed una sottrazione porta ad un numero negativo per la dis-tribiuzione ‘netta’. Questi valori negativi non possono essere utilizzati perun fit con una funzione che non e mai negativa, come quella di intensita diDNA in formula 3.15. D’altra parte, rigettando questi dati negativi si perdeinformazione preziosa su una regione di peso molecolare. Questo fenomeno siverifica in ogni esperimento in cui si sia utilizzata una dose su#cientementealta da produrre tali valori negativi, e la figura 3.4 illustra un caso. L’esisten-za di valori negativi per la frazione ‘netta’ di DNA mostra che l’approcciousato e poco accurato. E’ importante capire che la sottrazione produce datinon a#dabili anche se positivi, quelli che non vengono rigettati.

E’ chiaro quindi che una sottrazione di distribuzioni sperimentali puoportare a risultati svianti, se i dati cosı ottenuti vengono utilizzati per stimaregrandezze come il numero di dsb radioindotti.

Il danno di fondo e le distribuzioni teoriche

La distribuzione di massa di DNA derivata dalla depolimerizzazione di molecoledi lunghezza S e scritta nelle formule 3.15 e 3.16, derivate nel paragrafo 3.1.2.Essa viene qui riscritta per un veloce riferimento:

I(x, µs, S) =µs · x

S

'2 + µs

'1 # x

S

((exp

'#µs · x

S

(+

x

Sexp (#µs) ' (x # S)

(3.20)e stato aggiunto un pedice ‘s’ a µ per specificare che il numero di tagli

e indotto su una molecola di lunghezza S. L’idea che verra seguita adesso

8Cioe che il danno di fondo e generato in modo random, in prima approssimazione.

Page 55: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 51

Figura 3.4: La frazione di DNA nelle corsie di controllo (cerchi pieni) erelative a campioni irraggiati con 200 Gy (quadrati vuoti). Intorno a 5 Mbpc’e piu massa di DNA nei controlli che nei campioni irraggiati.

sara quella di considerare la frazione di massa di frammenti di lunghezza xnon piu come originata da una distribuzione discreta, centrata su una solalunghezza, ma da una popolazione di molecole le cui dimensioni copranopiu ordini di grandezza, originata in seguito alla manipolazione delle celluledurante gli esperimenti. La radiazione comincera la sua azione, random,proprio su questa distribuzione.

Si consideri percio S come una variabile continua. Se µ e il numerodi dsb radioindotti sull’intero DNA, per il quale si assume la lunghezza diG = 5 · 109bp, allora, sempre supponendo che la radiazione agisce in manierarandom, il numero atteso di tagli µS indotti su una molecola di lunghezza Se:

µS = µS

G. µS

S=

µ

G(3.21)

per qualunque valore di S¡G. Questo significa che la media numerica ese-guita sulle lunghezze delle molecole trovate dopo l’irraggiamento e uguale seviene valutata a partire dall’intero DNA genomico, oppure da una famigliadi molecole di lunghezza qualsiasi.

Sostituendo la (3.21) nella (3.20) si ha:

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3.1 Induzione di dsb 52

I(x, µ, G, S) =µ · xG

'2 +

µ

G(S # x)

(exp

'#µx

G

(+x exp

'#µ · x

G

(' (x # S)

(3.22)L’espressione 3.22 e valida ancora per una sola lunghezza S delle molecole

inizialmente presenti. Se pero S e variabile, l’intensita totale dei frammentidi lunghezza x sara una sovrapposizione di distribuzioni date nella 3.22,ciascuna derivata dalla depolimerizzazione di una molecola di lunghezza S.Se la distribuzione di lunghezze inizialmente presente puo essere descrittacon una funzione continua y(S), si ha per l’intensita totale:

I(x, µ, G) =

/ G

x

y(S) · I(x, µ, S)dS (3.23)

L’estremo inferiore di integrazione e x perche frammenti di questa lunghez-za possono essere originati da depolimerizzazione di molecole lunghe almenoquanto x. L’estremo superiore e posto pari a G supponendo che esistanomolecole ancora intatte anche dopo la preparazione delle cellule per l’irrag-giamento. Occorre ora conoscere y(S). Come gia detto non esiste un modelloche possa prevedere la forma della distribuzione di molecole dopo il danno difondo, tuttavia e possibile osservarla a posteriori.

E’ stato trovato euristicamente in questo lavoro che, in molti esperimenti,la distribuzione di densita (numero) di frammenti di DNA nei campioni dicontrollo e una retta se disegnata su scala bilogaritmica, ossia e piuttostoben descritta dalla funzione:

y(S) = 10A · SB (3.24)

con A e B reali, e B negativo. La distribuzione di densita del backgroundsperimentale dovrebbe avere norma pari al numero medio di tagli indotti percellula, prima dell’irraggiamento. L’espressione (3.24) mostra chiaramenteche il danno di fondo non e causato da un processo random. Se cosı fosse,la distribuzione dovrebbe avere la stessa espressione della (3.18), dove µquantifica il livello di depolimerizzazione di fondo, ed il suo profilo sarebbequello della curva continua in figura (3.6). Su scala bilogaritmica si vede chela distribuzione di cui alla (3.24) e invece una retta di pendenza B, comeappare chiaro dalla figura (3.5).

Ci si potrebbe chiedere adesso se tale distribuzione sperimentale sia rapp-resentativa della popolazione di frammenti di DNA in regioni di peso moleco-lare esterne a quella mostrata in figura (3.5), per esempio al di sopra di 6·106

Mbp. Se G e la lunghezza del DNA genomico delle cellule, non e possibiletrovare nessuna molecola piu lunga di S. Un problema insito nell’espressione

Page 57: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 53

Figura 3.5: Il diagramma sperimentale per la distribuzione di DNA originatadal danno di fondo. E’ evidente un alto livello di depolimerizzazione gianella preparazione delle cellule per l’irraggiamento. I dati contrassegnati con‘Rydberg’ sono tratti dal lavoro di Bjorn Rydberg (Rydberg 1996). Quellicontrassegnati con REP8 e REP10 si riferiscono a due esperimenti di questolavoro di tesi.

3.24 e che questa non va a zero per S = G(9). Si puo verificare parzialmentel’a#dabilita della funzione y(S) calcolando la frazione di DNA che si prevedenon venga estratta nel gel e confrontare con il dato sperimentale. Se si as-sume che tutte le molecole di lunghezza superiore a 10 Mbp siano trattenutenei pozzetti alla fine dell’elettroforesi, si ha:

FDNA / [10Mbp, 5Gbp] =

) G

107 y(S) · S · dS

0y(S) · S0 =

) G

107 SB+1dS) G

1 SB+1dS(3.25)

per A = 5.5 e B = #1.58, risultati dal fit lineare per l’esperimento REP8

9Se si pone x=S nella distribizione di densita tradizionale (formula 3.18) neppure questava a zero:

N (x = S, µS , S) =µS

S· 2 · exp(#µS)

Ma in pratica e un valore molto piccolo.

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3.1 Induzione di dsb 54

mostrato in figura 3.5, l’integrazione fornisce il valore 0.93, vicino a quellosperimentale 0.88.

Sostituendo l’equazione (3.24) nella (3.23) si ha:

I(x, µ, G) = 10A

/ G

x

SB · µ · xG

'2 +

µ

G(S # x)

(exp

'#µx

G

(dS +

10A

/ G

x

SB · x exp'#µ · x

G

(' (x # S) dS (3.26)

Dopo integrazione questa diviene:

I(x, µ, B, G) = 10Aµx

Gexp

'#µx

G

("µ

G

G2+B # x2+B

2 + B+

G1+B # x1+B

1 + B

'2 # µx

G

(#+

10AxB+1 exp'#µx

G

((3.27)

Avendo utilizzato la proprieta di scambio della funzione ' di Dirac, percui per # piccolo a piacere:

/ x+!

x#!

f(S)' (x # S) dS = f(x)

Al solito si ottiene la distribuzione di densita dividendo per x quella diintensita di massa scritta all’equazione (3.27):

N(x, µ, G, B) = 10A µ

Gexp

'#µx

G

("µ

G

G2+B # x2+B

2 + B+

G1+B # x1+B

1 + B

'2 # µx

G

(#+

10AxB exp'#µx

G

((3.28)

La funzione 3.28 e mostrata in figura (3.6) con una linea tratteggia-ta, assieme alla funzione scritta all’equazione 3.18 del modello Broken sticktradizionale, per lo stesso numero di dsb radioindotti, µ=5000. L’integraledelle due curve e tuttavia diverso perche la curva tratteggiata sottende un’areaaggiuntiva, pari al numero dei dsb indotti nei processi di danneggiamento difondo del DNA.

Page 59: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 55

Figura 3.6: La funzione di densita tradizionale del modello di Cook eMortimer e quella dipendente dal background, a confronto.

La funzione trovata con il modello BBBS converge a quella di backgroundse il numero di dsb radioindotti viene posto a zero, come si richiede che sia.Cio e mostrato in figura 3.7, in cui la distribuzione di background e disegnatacon tratto continuo.

Nelle regressioni sui dati sperimentali occorre utilizzare funzioni di fitcon l’adeguata costante di normalizzazione, perche queste possano ripro-durre l’andamento dei dati. In un primo momento si era cercato di inte-grare la funzione di intensita in formula 3.27 per calcolare la sua costante dinormalizzazione. In quell’integrale pero comparivano termini del tipo:

/ G

0

x" exp (#%x) dx

con % e & reali. Tali integrali definiscono la funzione % di Eulero incom-pleta (cosiddetta perche l’integrale e limitato superiormente). L’integrazionerichiede l’uso di algoritmi specifici per le funzioni % di Eulero incomplete.

Un semplice ragionamento viene in aiuto a risolvere questa complicazione.I due termini nell’equazione 3.20 contribuiscono alla distribuzione di inten-

Page 60: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 56

Figura 3.7: La funzione di distribuzione di molecole di DNA influenzata daldanno di fondo, per diversi gradi di depolimerizzazione radioindotta. La lineacontinua rappresenta il danno di background in un particolare esperimento.

sita con egual peso, anche quando vengono integrati su tutta la distribuzionedi background, per fornire la funzione 3.27. Inoltre, la costante di normal-izzazione della distribuzione di intensita deve essere indipendente dal livellodi depolimerizzazione, cioe la massa totale deve comunque essere conserva-ta. Cio detto, si puo cercare di calcolare la costante di normalizzazione perµ (depolimerizzazione radioindotta) pari a zero, cosı da svincolarsi da queitermini della (3.27) che danno origine alle funzioni % di Eulero incompletenel calcolo della norma (tutto il primo rigo). Per µ pari a zero, la 3.27 con-verge alla distribuzione di background, che e stata tratta proprio dai datisperimentali, e quindi e gia normalizzata al valore ‘giusto’. A questo puntonon e piu nemmeno necessario calcolare il valore delle norma.

Ne consegue che la funzione riportata in 3.27 e normalizzata al valore‘giusto’ per essere utilizzata per regressioni non lineari sui dati sperimentali.

Page 61: Laurea Tesi Massimo

3.1 Induzione di dsb 57

3.1.4 Conclusioni sui modelli matematici

Sono stati analizzati alcuni dei modelli che attualmente vengono utilizzati indiversi laboratori per la quantificazione dei dsb radioindotti.

E’ stata ricavata una funzione (3.28) da utilizzare per regressioni su datisperimentali quando non si e"ettuano correzioni del danno di backgroundsulle misure relative ai campioni irraggiati. Anche se l’analisi dei dati conil metodo BBBS e piu lunga di quella e"ettuata con i metodi BS e DS, inquanto bisogna e"ettuare prima una regressione lineare e poi una non lineare,le conclusioni che possono esser tratte dall’analisi dei dati con il metodoBBBS possono gettar luce su un problema attualmente molto discusso, quellodella induzione di dsb random da parte della radiazione (capitolo 5).

Bisogna tuttavia sottolineare che il metodo BBBS puo essere utilizzatose il danno al DNA da manipolazione dei campioni e limitato solo alla fasepre-irraggiamento. Nulla e stato detto in questo paragrafo sul danno che puoessere inflitto al DNA dopo l’irraggiamento e sull’e"etto che esso puo averesulla stima dei dsb radioindotti.

Page 62: Laurea Tesi Massimo

Capitolo 4

Esperimenti ed analisi dati

Gli esperimenti condotti in questo lavoro di tesi possono essere classificati in:

1. esperimenti di induzione di dsb mediante radiazioni di diverse qualita

2. esperimenti di riparazione di dsb indotti da raggi X da 240 kVp

Nei primi le cellule vengono sottoposte a lisi subito dopo l’irraggiamen-to, secondo la procedura descritta nel paragrafo 2.4. Negli esperimenti diriparazione invece, dopo l’irraggiamento in agarosio, gli inserti vengono in-cubati in condizioni tali che le cellule possano riparare il danno radioindotto.

Terminato il ciclo di conteggi di disintegrazioni di atomi di 14C sul gel,il numero di conteggi in ciascuna frazione di peso molecolare viene espressocome frazione del numero totale di disintegrazioni nella corsia di appartenen-za. Come discusso nel paragrafo 3.1.1 il numero di disintegrazioni di atomidi 14C in una certa regione di peso molecolare di DNA e proporzionale allamassa totale dei frammenti di DNA qui presenti, ovvero al loro numero edalla loro lunghezza media. Espressi come frazione del numero totale di dis-integrazioni al minuto nell’intera corsia, i risultati dei conteggi nelle diverseregioni di peso molecolare forniscono quindi una misura della frazione di mas-sa di DNA, in ciascuna delle 10(11) regioni originate dal frazionamento dellecorsie del gel.

Ricavata la curva di calibrazione di peso molecolare, e possibile associare aciascuna sezione del gel un valore minimo ed uno massimo di peso molecolare.Da questi valori si ricava subito la media M e l’intervallo di peso !M perciascuna regione. La frazione di massa di DNA che si misura in un segmentodi gel e pari a:

F iDNA =

/ Wmax

Wmin

n(M)M dM (4.1)

58

Page 63: Laurea Tesi Massimo

Esperimenti ed analisi dati 59

avendo indicato con n(M) la distribuzione sperimentale del numero dimolecole di DNA, Wmin e Wmax valori minimi e massimi del peso molecolarenella regione specificata. L’espressione indicata in equazione 4.1 e con buonaapprossimazione semplificata come segue:

F iDNA = n(M) · M ·!M (4.2)

dove n(M) e il valore della distribuzione di densita (si indica la densitacome il numero di molecole) nel punto medio della regione di peso molecolarein esame. L’accuratezza dell’espressione 4.2 come approssimazione della 4.1e discussa in appendice A. Dalla 4.2 si puo ricavare una stima della frazionen(M) di frammenti di lunghezza M o del loro segnale di intensita n(M) ·M ,che come e evidente e pesato dalla loro lunghezza media M . Fatta eccezioneper la prima sezione di gel sotto i pozzetti elettroforetici, la quale non ecalibrata in peso molecolare per assenza di marcatori, si puo disegnare ungrafico di densita oppure di intensita di frammenti di DNA in funzione delpeso molecolare. Su queste misure sperimentali di densita di frammenti epossibile e"ettuare delle regressioni con i modelli teorici, come quelli descrittial capitolo 3.

Oltre alle distribuzioni sperimentali di densita e di intensita e comunetrovare in letteratura grafici della frazione di massa di tutto il DNA chemigra fuori dai pozzetti elettroforetici (FAR(1)) in funzione della dose. Sper-imentalmente la FAR si misura come:

FAR =

&10i=2 F i

DNA&10i=1 F i

DNA

dove l’indice i=1 rappresenta la prima sezione della corsia, il pozzettodove vengono inseriti i campioni.

I grafici di FAR sperimentale in funzione della dose possono essere anal-izzati con modelli teorici come lo specific size marker. Questo tipo di analisipero non e stata scelta in questo lavoro, come discusso al capitolo 3 a pagina39.

Nella preparazione degli inserti di agarosio viene sempre inflitto un dannosulle cellule che provoca una depolimerizzazione del DNA. Come risultato,si ha una migrazione del DNA dai pozzetti nel gel gia nei campioni di con-trollo, quelli che cioe non vengono irraggiati. Dal momento che i campionidi controllo sono manipolati, nel corso dell’esperimento, rigorosamente nellostesso modo di quelli irraggiati, si presume che il danno misurato nei campi-oni di controllo venga inflitto anche sui campioni che vengono poi irraggiati.

1Fraction of Activity Released

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4.1 Calibrazioni in peso molecolare 60

La distribuzione di massa di DNA in corsia che si osserva dopo l’irraggia-mento e percio dovuta sia alla depolimerizzazione radio-indotta che a quellaprovocata dall’intervento dello sperimentatore, che rappresenta ovviamenteun e"etto indesiderato.

Dal momento che l’analisi dei dati mira a quantificare esclusivamente idsb radioindotti sul DNA, occorre trovare un modo per distinguere nel pro-filo dei campioni irraggiati i due tipi di danno. Come discusso al paragrafo3.1.3, la procedura comunemente adoperata per determinare quale sarebbestato il profilo prodotto dall’irraggiamento di una distribuzione di molecolecentrate su una sola lunghezza, consiste di una mera sottrazione della massadi DNA, estratta in seguito alla frammentazione di fondo, da quella misuratanei campioni iraggiati. Nei grafici FAR in funzione della dose, in particolare,i valori di FAR netti per ciascuna dose si ottengono sottraendo il valore diFAR misurato nel controllo da quello misurato nei campioni irraggiati. Neigrafici che rappresentano il profilo della distribuzione di massa in funzionedel peso molecolare (in pratica tutti i grafici che sono studiati con gli ap-procci di"erenziali, che guardano alla forma della distribuzione di massa) lasottrazione della massa di DNA viene e"ettuata in ciascuna regione di pesomolecolare per la quale si e misurata la frazione di DNA presente. Mentrequesta operazione di sottrazione e stata criticamente discussa al paragrafo3.1.3, si sottolinea qui che la sottrazione dello FAR come sopra descritta none un’operazione accurata. In breve, riferendosi al lavoro di Blocher (Blocher1990) la frazione di DNA estratta dal pozzetto (FAR) non e una funzionelineare del numero di dsb inflitti, per cui si ha che:

FAR(rad) ,=FAR(rad + back) # FAR(back)

dove si e voluto indicare con rad il numero di dsb indotti dalla radiazione econ back il numero di dsb indotti nei processi si manipolazione delle cellule.

Fa eccezione al metodo di correzione sottrattivo (negli approcci di"eren-ziali prima accennati) quello proposto da Cedervall (Cedervall et al. 1995),secondo cui la frazione di DNA da sottrarre in ciascuna regione di pesomolecolare e diminuita da una costante moltiplicativa, pari al rapporto trala frazione di DNA trattenuta nei pozzetti dei campioni irraggiati e quelladei campioni di controllo.

4.1 Calibrazioni in peso molecolare

Dal momento che nel gel e stata risolta una serie di marcatori di peso moleco-lare sottoposti a condizioni elettroforetiche identiche a quelle dei campionisperimentali, e possibile e"ettuare una calibrazione in peso molecolare della

Page 65: Laurea Tesi Massimo

4.2 Induzione di dsb 61

distanza di migrazione del DNA dai pozzetti. In linea di principio la mobilitadel DNA dovrebbe essere sempre riproducibile, cosicche e"ettuata la cali-brazione, una tantum, questa potrebbe essere usata per diversi gel sottopostia condizioni elettroforetiche identiche. Tuttavia, se si ricordano tutti i fattoriche influenzano la mobilita dei frammenti di DNA nel gel e comprensibile cheanche assumendo che le condizioni di campo elettrico siano fedelmente ripro-ducibili (e lo strumento usato e molto a#dabile) una accidentale fluttuazionein uno qualunque degli altri fattori, come la concentrazione di agarosio o latemperatura del bu!er, possano determinare una diversa mobilita del DNAnel gel. E necessario quindi eseguire una calibrazione in peso molecolarein ogni esperimento, che generalmente si ottiene graficando il logaritmo delpeso molecolare dei marcatori in funzione della mobilita. L’insieme dei mar-catori di peso molecolare utilizzati nei due protocolli elettroforetici, descrittia pagina 35, e mostrato in figura 4.1 per quelli di basso peso molecolare, edin figura 4.2 per quelli di alto peso molecolare. Le illustrazioni riproduconol’e"ettiva mobilita dei marcatori nelle corsie.

Generalmente si trova una funzione parabolica per le curve di calibrazionedei protocolli di elettroforesi da 48 ore, e lineare per quelli da 7.5 ore, quandosi grafica il lograitmo del peso molecolare in funzione della mobilita, ovverodistanza di migrazione (figure 4.3 e 4.4). Spesso non e possibile determinareuna funzione che possa descrivere la mobilita dei marcatori in tutte le re-gioni di peso molecolare risolte nel gel, a causa della presenza di regioni dicompressione e di decompressione di peso molecolare. In queste regioni lamobilita e rispettivamente quasi costante (per cui non si ha risoluzione) ofortemente dipendente dal peso molecolare. Ci si limita percio a ricavare unacurva di calibrazione che sia rappresentativa della mobilita del DNA in unaristretta zona, di particolare interesse.

Due esempi di calibrazione sono mostrati in figura 4.3 (alto peso moleco-lare) ed in figura 4.4 (basso peso molecolare).

4.2 Induzione di dsb

In questo tipo di esperimenti si misura il numero di dsb indotti dalla radi-azione, per diverse dosi assorbite. Esperimenti di induzione di dsb sono staticondotti con successo con raggi X da 240 kVp e fotoni ! da decadimento di60Co. Le dosi irraggiate variano tra 10 e 200 Gy, in entrambi i casi. La figura4.5 mostra un gel di un esperimento di induzione di dsb sul quale e stataeseguta un’elettroforesi per 24 ore.

La tabella 4.1 riassume tutti i punti sperimentali ed il numero di misuree"ettuate per ciascuno di essi.

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4.2 Induzione di dsb 62

285 kbp

225 kbp

A B C

48.5 kbp

12.2 kbp

10.0 kbp

8.3 kbp8.14 kbp

10.18 kbp

9.16 kbp

12.21 kbp

506 bp

1018 bp

1636 bp

2036 bp

3054 bp3054 bp

4072 bp

5090 bp

6108 bp

7126 bp

compression zone

Figura 4.1: I marcatori di DNA di basso peso molecolare separati con ilprotocollo di elettroforesi da 7.5 ore. (A) 1kb standard, (B) 8-48 kbp, (C)Saccaromyces Cerevisiae

Punti sperimentali a basse dosi ¡ 100 Gy) non sono stati mai esaminati sugel di basso peso molecolare. Questo perche in tali protocollo di elettroforesila massa di DNA estratta e minore, e cosı il numero totale di disintegrazionidi 14C disponibili. Se si ricorda che i risultati di misure di conteggi seguonola statistica di Poisson, e che l’indeterminazione relativa va come 1/

1µ, si

intuisce che la sensibilita della misura del numero di dsb a bassi conteggi emolto limitata. Una dose piu elevata consente di estrarre maggiore massa diDNA nel gel e quindi di ottenere un piu alto numero di conteggi.

I dati ottenuti sono stati analizzati con i tre modelli matematici descrittial capitolo 3. Il danno inflitto al DNA durante la manipolazione delle cellulevaria di esperimento in esperimento, come si puo osservare misurando la FARnei campioni di controllo. Se si considera la FAR misurata nei gel sottopostial protocollo elettroforetico da 48 ore, la FAR nei controlli e variata tra 8 e20 %. I valori sono piu bassi nei gel da 7.5 ore, essendo la massa estrattaminore.

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4.2 Induzione di dsb 63

Figura 4.2: I marcatori di DNA di alto peso molecolare separati con ilprotocollo di elettroforesi da 48 ore. (A) Schyzosaccaromyces Pombe, (B)Hansenula Wingei, (C) Saccaromyces Cerevisiae, (D) 8-48 kbp

Nell’analisi della pendenza con il modello distribution shape per ciascunadose si grafica il logaritmo della frazione del numero totale di frammenti diDNA, in funzione del peso molecolare medio in ciascuna regione, in scalalineare. Questi valori sono medie di misure e"ettuate in diversi esperimentied i dati sono corretti per il danno di fondo. L’equazione 3.10 a pagina 44prevede che questi dati siano lineramente correlati, cosı che una regressionelineare possa fornire una stima del peso molecolare medio di tutte le molecoleframmentate, Mn (figura 4.6). Si ripete l’operazione a diverse dosi (figura4.7) e si costruisce un nuovo grafico, sul quale si rappresentano i valori di1/Mn trovati in funzione della dose (figura 4.8). La pendenza della rettafornisce una stima del numero di dsb radioindotti della radiazione in esame,espressa come dsb/(Gy·bp).

Nell’analisi Broken stick, la frazione del numero totale di dsb viene grafi-cata in funzione del peso molecolare, eseguendo poi un fit non lineare chefornisce una stima dei dsb indotti sull’intero genoma, per un certo valore

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4.2 Induzione di dsb 64

Figura 4.3: Una curva di calibrazione e"ettuata su un gel in cui sono risoltiframmenti di DNA di alto peso molecolare

della dose (figura 4.9). Parallelamente, si costruisce, per ciascuna regione dipeso molecolare, un grafico della frazione di massa di DNA Vs Dose, e perciascuna regione si esegue una regressione non lineare (figure 4.10 e 4.11). Irisultati dei fit nelle singole regioni di peso molecolare vengono confrontatiper studiare la randomicita della radiazione (figura 4.12) .

Nell’analisi Background biased broken stick, viene dapprima stimato ildanno di background con una regressione lineare. In seguito si e"ettua unaregressione non lineare sulla frazione del numero di dsb in funzione del peso,ma questa volta i dati non sono corretti per il danno di background. In questotipo di analisi non si e"ettua la media sui dati per eseguire poi un’unicaregressione, bensı si conduce l’analisi dei dati per ciascun esperimento perpoi e"ettuare la media dei risultati ottenuti (figure 4.13 e 4.14).

4.2.1 Fotoni X e !

Il grafico 4.6 rappresenta la regressione lineare che si e"ettua al primo passodell’analisi con il metodo distribution shape , mostrata qui per dati rela-

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4.2 Induzione di dsb 65

Figura 4.4: Una curva di calibrazione e"ettuata su un gel in cui sono risoltiframmenti di DNA di basso peso molecolare

tivi ad una dose di 100 Gy. Si riporta la dipendenza funzionale predettateoricamente, per la quale si rimanda a pagina 44:

ln

$FDNA

M ·!M

%= #2 ln Mn # M

Mn

L’accordo teoria-esperimento in figura 4.6 e buono nella regione di altopeso, mentre per lunghezze inferiori si trova sempre un eccesso di frammentidi DNA rispetto alla curva ottenuta dalla regressione.

Storicamente, questa discrepanza e stata interpretata come dovuta aduna induzione di dsb non random. Si rimanda al capitolo dei risultati peruna discussione approfondita.

Il grafico 4.7 mostra tutte le rette che si ottengono da regressioni simili aquella figura 4.6, in riferimento agli esperimenti con i fotoni 60Co-!. Si notala variazione della pendenza delle rette con la dose assorbita, legata al gradodi depolimerizzazione.

La relazione lineare in tutte le curve in figura 4.7 e mostrata solo perla regione per cui si disponeva di dati positivi. Oltre alla variazione dellapendenza, dovuta alla depolimerizzazione radioindotta, si nota che le rette

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4.2 Induzione di dsb 66

Figura 4.5: Il risultato di un’elettroforesi su un esperimento di induzione didsb con raggi ! da 60Co. I punti sperimentali sono stati raggruppati in terzine;da sinistra verso destra: marcatori, controlli, 10 Gy, 30 Gy, 50 Gy, 80 Gy,100 Gy, 150 Gy, 200 Gy, marcatori. Oltre alla progressiva depolimerizzazionedel DNA e lo spostamento di tutta la distribuzione verso regioni di pesomolecolare inferiore, si vede l’andamento prima crescente e poi decrescentecon la dose della massa di DNA nelle regioni di alto peso molecolare.

non terminano tutte nella regione di 5-6 Mbp, perche in queste regioni si edovuto rigettare i dati. In particolare, quelle relative a 150 e 200 Gy sonostate ricavate da regressioni su un minor numero di punti sperimentali, finoad un massimo di 4 Mbp. Per 150 e 200 Gy, le correzioni per il danno dibackground (pagina 58) sui dati relativi a peso molecolare superiore a 3-4Mbp producono sempre valori negativi, che per questo tipo di analisi devonoessere rigettati. L’origine di questi valori negativi e spiegata al paragrafo3.1.3.

Quando i valori delle pendenze 1/Mn, stimati dalle regressioni lineari, lecui rette sono mostrate in figura 4.7 , vengono mostrati in funzione della dosea cui si riferiscono, si ottiene un grafico del tipo mostrato in figura 4.8.

Un grafico riassuntivo dell’analisi broken stick a dose fissata e mostrato

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4.2 Induzione di dsb 67

raggi XDose (Gy) 6 Mbp - 48 kbp 285 kbp - 10 kbp

10 4 /40 1 /50 6 /80 1 /100 7 5150 / 3200 / 3

fotoni !Dose (Gy) 6 Mbp - 48 kbp 285 kbp - 10 kbp

10 3 /30 3 /50 3 /80 2 /100 3 4150 3 4200 2 4

Tabella 4.1: Sommario degli esperimenti di induzione di dsb e"ettuati confotoni ! ed X

in figura 4.9 Qui e rappresentato il fit eseguito sui dati relativi all’induzionedi dsb a 100 Gy di raggi X e fotoni !.

Anche in figura 4.9 si osserva una deviazione dei dati sperimentali dallapredizione teorica di induzione random di dsb, in regioni di basso peso moleco-lare. Come e spiegato nel paragrafo 3.1.2, il modello distribution shape e unabuona approssimazione del modello broken stick, per cui non stupisce chel’analisi dei dati porti a risultati simili ed alle stesse conclusioni sulla nonrandomicita del danno da radiazione. Dal momento che le discrepanze conil modello teorico di induzione random sono piu forti nelle regioni di bassopeso molecolare (inferiori a 100 kbp circa) si cerca di guadagnare qualcheinformazione in piu analizzando i dati in ciascuna regione. Il grafico 4.10mostra le regressioni non lineari e"ettuate con il modello broken stick suidati di alto peso molecolare. La funzione di fit e riportata in formula 3.17a pagina 47: rispetto alla figura 4.9, la dose diviene la variabile ed il pesomolecolare il parametro.

I risultati dei fit nelle regioni di peso molecolare basso sono sensibilmentepiu elevati (figura 4.11). Questo fa credere che l’induzione di dsb non e del

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4.2 Induzione di dsb 68

Figura 4.6: Analisi della pendenza con il modello Distribution Shape. Ilgrafico mostra una regressione lineare su dati relativi agli esperimenti diinduzione di dsb, ad una dose di 100 Gy. Le barre di errore delimitanol’intervallo di confidenza al 68% per le misure e"ettuate.

tutto random in queste regioni e che ci sia un fenomeno di clustering didanno.

I risultati dei fit di cui alle figure 4.10 e 4.11 vengono poi graficati infunzione del peso molecolare, per evidenziare le regioni in cui le stime sonopiu elevate (figura 4.12).

Una tipica analisi dei dati relativi ad induzione di dsb con il modello BBBSprevede due fasi, come accennato in introduzione in questo capitolo. La stimadel danno di fondo, prima fase, e e"ettuata tramite una regressione lineare,la retta ottenuta e mostrata in figura 4.13 per un particolare esperimento.

In pratica, in tutti gli esperimenti analizzati la distribuzione di back-ground e ben descritta da una retta, la cui pendenza ed intercetta non sonopero sempre le stesse. E stata tuttavia riscontrata una deviazione sistematicanei dati sperimentali da tale retta, nella regione di 5-6 Mbp. Si puo tentaredi fornire una spiegazione osservando che la posizione di alcuni marcatori dipeso molecolare in questa regione non e ben definita in una banda stretta ma

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4.2 Induzione di dsb 69

Figura 4.7: Le rette ottenute al primo passo dell’analisi Distribution Shapeper gli esperimenti sui fotoni gamma. Le curve si estendono in tutta laregione ove erano disponibili dati sperimentali, per evidemziare l’assenza didati nelle regioni di piu alto peso molecolare a dosi elevate (150-200 Gy).

e bensı o"uscata (figura 4.2), il che risulta in indeterminazioni sulla curva dicalibrazione in questa specifica parte del gel. Di norma il punto sperimentalein questione e stato rigettato nell’analisi del danno di background.

La seconda fase dell’analisi BBBS consiste nell’e"ettuare una regressionenon lineare sui dati ottenuti dai campioni irraggiati, graficati come numero diframmenti in funzione del peso molecolare. Poiche i dati che vengono trattida esperimenti distinti sono influenzati (biased) da un danno di backgrounddi diversa entita, non e possibile e"ettuare regressioni su dati ‘combinati’da diversi esperimenti. In particolare non e possibile e"ettuare una stessaregressione su dati relativi ai due protocolli elettroforetici. Ciascun set didati deve essere percio analizzato separatamente. La figura 4.13 mostra uncaso particolare per la regione di peso molecolare maggiore (100 kbp-6Mbp),mentre la figura 4.14 mostra una analoga analisi per i dati di basso pesomolecolare (10-300 kbp).

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4.2 Induzione di dsb 70

Figura 4.8: La stima della capacita di indurre dsb, sia per i raggi X cheper i fotoni !. I risultati delle regressioni della seconda fase del metodoDistribution shape mostrano che le due radiazioni hanno la stessa capacitadi indurre dsb

I risultati trovati nei vari esperimenti mostrano, di norma, un buon ac-cordo tra teoria ed esperimenti per i frammenti piu grandi.

I risultati dei fit sui dati di basso peso molecolare indicano un numero didsb molto maggiore di quello che si misura sui frammenti grandi, suggerendoci sia una correlazione di dsb su distanze brevi, e quindi che il meccanismodi induzione possa non essere random. Si puo tuttavia stimare l’eccessodi frammenti trovati, rispetto alla predizione random del modello BBBS.Cio si e"ettua misurando la deviazione dei dati sperimentali da una curvaBBBS, parametrizzata da un numero di dsb che si ricava dalle regressioni suidati di alto peso molecolare, dove i risultati delle regressioni sono a#dabili.Quando si confrontano queste stime di eccesso di dsb rispetto al modellorandom con quelle che si e"ettuano utilizzando il modello BS tradizionale,si trovano risultati piuttosto intressanti. In breve, pur essendo entrambii modelli incapaci di predire tale eccesso di frammenti, le stime e"ettuatecon il modello broken stick sono influenzate dal modo in cui i dati vengono

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4.3 Riparazione di dsb 71

Figura 4.9: Analisi broken stick dell’induzione di dsb di Raggi X e fotoni !. Idati mostrati sono medie su tutti gli esperimenti e"ettuati, e le barre d’errorerappresentano i limiti dell’intervallo di confidenza del 68 %.

preparati per l’analisi. Si rimanda al capitolo 5 per un’analisi quantitativa,insieme ad un’interpretazione sull’origine delle discrepanze trovate.

4.3 Riparazione di dsb

Negli esperimenti di riparazione di dsb, dopo l’irraggiamento le cellule ven-gono messe in incubatore per tempi tra 15 minuti e 24 ore, tipicamente tre oquattro punti di riparo per ciascun esperimento, e si osserva la distribuzionedi massa di DNA nelle corsie del gel per ciascun tempo di riparo. Poichela cellula ripara molti dei dsb ricongiungendo frammenti di DNA, si osservauna progressiva migrazione dell’intera distribuzione di DNA verso i pozzettielettroforetici, ovvero verso regioni di piu alto peso molecolare.

Nei pozzetti vengono inseriti campioni di controllo accanto a quelli ir-raggiati, per ciascun tempo di riparo. Tale accorgimento puo fornire infor-mazioni sull’evoluzione del danno di fondo al DNA nel corso del riparo stesso.Il sospetto di una instabilita del danno di fondo nasce dal fatto che e sta-

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4.3 Riparazione di dsb 72

Figura 4.10: Analisi Broken Stick dell’induzione di dsb di Raggi X e fotoni! nelle regioni di alto peso molecolare. In ciascun pannello e’ mostrato ilrisultato del fit per le due radiazioni utilizzate. I fit sono buoni se confrontaticon quelli relativi al basso peso molecolare

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4.3 Riparazione di dsb 73

Figura 4.11: Analisi Broken Stick peso molecolare-specifica dell’induzione didsb di fotoni !. I risultati dei fit su questi dati sono piu elevati di quellirelativi ai dati di alto peso molecolare

ta trovata in diversi laboratori una progressiva degradazione nel tempo delDNA nei campioni di controllo, a causa delle di#cili condizioni di incapsula-mento in agarosio a cui le cellule sono sottoposte (Whitaker and McMillan1992). Tale degradazione e misurabile con la FAR o deducibile dal profi-lo della distribuzione di massa nella corsia. Questo ovviamente interferisce,dal punto di vista dell’analisi del gel, con il riparo di dsb condotto da quellafrazione di cellule presenti nell’inserto di agarosio che si trovano in condizionirelativamente piu favorevoli.

Inizialmente, in questo lavoro di tesi e stata trovata una simile degradazione,crescente con il tempo di riparo (figura 4.15).

Kysela ha studiato le condizioni che possono eliminare o almeno ridurreil progresso temporale del danno di fondo (Kysela et al. 1993b, Kysela et al.1993a). Essenzialmente il problema e risolto diminuendo la concentrazionecellulare e quella di agarosio negli inserti. Quando sono state adottate talicondizioni (2÷3X106 cellule/ml e agarosio 0.5 %) la situazione e notevolmentemigliorata. Non si e mai osservata tuttavia una riparazione nei campioni

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4.3 Riparazione di dsb 74

Figura 4.12: Riassunto delle regressioni con il metodo Broken stick per cias-cuna regione di peso molecolare. Se il meccanismo di induzione di dsb fos-se completamente random, si attenderebbero valori indipendenti dal pesomolecolare.

di controllo, tutt’al piu stabilita del danno. Questo supporta l’ipotesi sullanatura del danno di fondo da preparazione degli inserti, citato in precedenza:se il DNA migrato nelle corsie di controllo del gel proviene da una minoranzadi cellule severamente danneggiate, dal punto di vista dei meccanismi diriparo biochimicamente inattive, non c’e alcun modo in cui questi polimeripossano essere ricongiunti.

Tecnicamente, il protocollo elettroforetico utilizzato in questo lavoro nonconsente di distinguere tra eventi di riparazione e di errato riparo. Entram-bi i meccanismi riducono infatti il grado di depolimerizzazione trasportandoDNA verso regioni di peso molecolare superiore. Una stima dei dsb erronea-mente congiunti puo essere e"ettuata confrontando i risultati provenientidall’analisi convenzionale tramite FAR in funzione del tempo di riparazionecon dati provenienti da ibridizzazione di specifiche sequenze di DNA (Radi-voyevitch et al. 1998). Nel primo caso infatti si puo stimare il numero diframmenti correttamente ed incorrettamente riparati, mentre con l’ibridiz-zazione si misura solo la frazione dei frammenti correttamente ricongiunti.Combinando i dati si misura la frazione di quelli riparati in modo errato,

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4.3 Riparazione di dsb 75

Figura 4.13: Analisi BBBS per un particolare esperimento a 100 Gy.Protocollo di gel di alto peso molecolare

limitatamente alla regione ibridizzata.Oltre a variare i tempi di riparazione e possibile anche variare la dose

irraggiata. La tabella 4.2 riassume le condizioni utilizzate negli esperimenti,eseguiti esclusivamente con raggi X da 240 kVp.

Il tipico modo di analizzare i dati ottenuti da esperimenti di riparazioneconsiste nel rappresentare la FAR misurata in funzione del tempo di riparo,ed e"ettuare una regressione con una somma di esponenziali a diverse veloc-ita. Di norma infatti si osserva una componente rapida, relativa a dsb piufacilmente riparabili, ed una piu lenta che dovrebbe rappresentare una catego-ria di dsb di maggior complessita, generalmente imputata come responsabiledella morte cellulare (figura 4.16).

Il motivo per cui si sceglie la funzione di fit come una somma di esponen-ziali sta nell’assunzione che ciascuna delle due categorie di dsb viene riparatain modo indipendente, per cui in ogni istante di tempo la cinetica di un tipodi dsb non e influenzata e non influenza quella dell’altro tipo. Inoltre, ciascuntermine e un esponenziale perche si considera il dsb come l’unita soggetta a

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4.3 Riparazione di dsb 76

Figura 4.14: Analisi BBBS a 100 Gy su un particolare esperimento. Pro-tocollo di gel di basso peso molecolare. Il fit sui dati fornisce un valoremolto elevato per il numero di dsb radioindotti; per confronto e stata dis-egnata la curva relativa ad un numero di dsb pari a 5000, corrispondente a10#8dsb/(Gy·bp).

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4.3 Riparazione di dsb 77

Figura 4.15: La progressione del danno di fondo al DNA dovuta all’incap-sulamento di cellule in agarosio. Si nota un deterioramento del DNA deicampioni di controllo, evidenziato da un progressivo aumento della massa diDNA nelle region intorno a 105 bp.

riparo (piuttosto che i due frammenti, caso che sara accennato tra breve) percui la rapidita della loro estinzione dipende dal numero dei dsb non ancorariparati:

dn

dt= #kn - n(t) = n0 exp(#kt)

La suddivisione dei dsb in due categorie di complessita puo sembrare unpo’ semplicistica se si pensa che il danno da radiazione, sia diretto che indi-retto, puo causare uno spettro di danneggiamento molto vasto, in particolarenei dsb. Ad una estremita di questo spettro ci sono i dsb ‘semplici’, coppiedi tagli molto ravvicinati sulle singole eliche, relativamente facili da riparare.All’altro estremo ci sono dsb in cluster, molto vicini ed associati a basi azo-tate danneggiate e/o perse dallo scheletro zucchero-fosfato. La riparabilitadi questo secondo tipo di lesioni e sicuramente piu limitata. Malgrado gli

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4.3 Riparazione di dsb 78

Riparo di dsbEsperimento Dose (Gy) Peso molecolare Tempi (ore) Agarosio %

REP1 100 alto 0,0.25,1,2 0.8REP2 100 alto 0,0.25,1,2 0.8REP3 100 alto 0,0.25,1,19 0.8REP4 100 alto 0,0.5,1,3,6,19 0.8REP5 50 alto 0,0.5,1,3,6,22 0.7REP6 100 alto 0,0.5,1,3,6,22 0.8REP7 50 alto 0,0.5,1,4,6,24 0.5REP8 50 alto 0,0.5,1,4,6,24 0.5REP9 100 basso 0,0.5,1,3,6,24 0.5REP10 100 basso 0,0.5,1,3,6,24 0.5

Tabella 4.2: le condizioni adottate nei dieci esperimenti di riparazionecondotti in questo lavoro

Figura 4.16: La frazione di DNA estratta nel gel, in funzione del tempodi riparo. Oltre alla ripolimerizzazione del DNA a due velocita, dedottadalla diminuzione di FAR, si nota una persistenza del danno di background,irreparabile.

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4.3 Riparazione di dsb 79

spettri di complessita di dsb siano piu larghi per la radiazione di alto LET,dove un’alta densita di ionizzazione puo causare molti tagli ravvicinati (figu-ra 1.9), la tendenza bifasica dei diagrammi di FAR trovata in questo stessolavoro suggerisce che anche la radiazione sparsamente ionizzante e in gradodi indurre dsb complessi.

D’altra parte, aumentare il numero di esponenziali nei fit significa diminuireil numero di gradi di liberta. Tenendo in mente lo spettro quasi continuo dicomplessita di dsb, si puo tuttavia spingere questo concetto di numero dicategori di dsb al limite, ed e"ettuare una convoluzione di esponenziali:

numero totale di frammenti =

/ !

0

exp(#%t) d% =1

t(4.3)

Si trova una dipendenza temporale di tipo iperbolico. Fowler ha mostratodurante un seminario presso il Gray Laboratory che, centrando l’attenzionesul concetto che un dsb e riparato se due frammenti vengono a trovarsi invicinanza l’uno dell’altro, si puo partire da una diversa equazione di"eren-ziale, secondo cui i frammenti (non i dsb diminuiscono come il quadrato diquelli non ancora riparati:

dn

dt= #kn2 =- 1

n= kt +

1

n0

La dipendenza temporale cosı trovata per il numero di frammenti non ricon-giunti e di tipo iperbolico. Questo risultato e in accordo con quello che sideriva supponendo uno spettro continuo di dsb riparati indipendentemente(equazione 4.3).

Si puo cercare di spingere l’analisi sperimentale un po’ oltre quello che sipuo e"ettuare con la FAR, spostando l’attenzione sulla cinetica di riparo nellediverse regioni di lunghezza risolvibili nel gel. Il fondamento di questo ap-proccio sta nell’idea che i dsb piu ‘severi’ dovrebbero essere piu strettamentecorrelati, originati da un’alta deposizione di energia in un volume limita-to: i frammenti cosı formati sarebbero piu corti. Se dunque c’e una corre-lazione tra lunghezza del frammento e complessita del dsb che l’ha originato,si dovrebbe osservare una cinetica piu lenta nelle regioni di peso molecolarepiu basso. Nelle figure 4.17 e 4.18 vengono mostrati i dati riassuntivi sulla ci-netica di riparo lunghezza di DNA specifica. in assenza di un modello cineticoper l’interpretazione di questo tipo di dati, non e stata eseguita alcun’analisiquantitativa.

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4.3 Riparazione di dsb 80

Figura 4.17: Il riparo lunghezza-specifico dei frammenti di DNA di piu grandepeso molecolare. Il limite superiore della regione di peso piu alto non e notocon esattezza, in quanto esso si trova al di fuori della regione di calibrazionedi peso molecolare

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4.3 Riparazione di dsb 81

Figura 4.18: Il riparo lunghezza-specifico dei frammenti di DNA di piu piccolopeso molecolare. Rispetto ai frammenti di lunghezze dell’ordine dei milionidi coppie di basi, si nota qui la persistenza dei dsb spaziati meno di 200kbp, in parte dovuta alla progressione del danno di fondo sul DNA durantel’incubazione delle cellule.

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Capitolo 5

Risultati e loro discussione

In altri lavori e stato trovato che i risultati dell’analisi del numero di dsbradioindotti possono dipendere dal modello matematico utilizzato (Almod-ovar et al. 1994, Cedervall et al. 1995). In particolare in (Almodovar et al.1994) e stato trovato che per dosi inferiori a 20 Gy le stime e"ettuate conil metodo distribution shape non sono consistenti con quelle e"ettuate conaltri modelli (analisi della frazione di massa estratta dai pozzetti o FAR,modello broken stick). Questo e in accordo con quanto e stato detto nelcapitolo 3 sul modello distribution shape: essenzialmente questo e una buonaapprossimazione del modello broken stick, ma solo a dosi elevate. La tabella5.1 riassume i risultati sperimentali ottenuti in questo lavoro dalle analisie"ettuate con i modelli discussi al capitolo 3, espressi in unita di dsb/Gy·bp.L’indeterminazione rappresenta l’intervallo di confidenza al 68%.

I risultati relativi al modello BBBS sono medie pesate di valori stimati dafit e"ettuati su singoli esperimenti. Si e scelto di esprimere il risultato come

induzione di dsb/(Gy·bp)X10#9

DS BS BBBS60Co-! (8.9±0.8) (8.0±0.6) (11.8±0.6)

240 kVp X-rays (9±2) (10.4±0.4) (11.0±0.1)RBE (rispetto ai 60Co-!)

DS BS BBBS1.0±0.2 1.3±0.1 0.93±0.05

Tabella 5.1: Confronto tra le stime di induzione di dsb e"ettuate con i tremodelli matematici discussi in questo lavoro. DS indica distribution shape,BS indica broken stick e BBBS background biased broken stick.

82

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Risultati e loro discussione 83

media pesata, perche la regressione si basa sull’assunto che la distribuzionedi background e, in ciascun esperimento, una retta in scala bilogaritmica,e piccole deviazioni dalla dipendenza lineare in diversi esperimenti possonoprodurre incertezze variabili con gli esperimenti.

Tutti i valori mostrati sono stati ricavati da analisi sui dati sperimentalifino a 100 kbp circa, dal momento che includere dati relativi a frammenti piupiccoli peggiora sempre la qualita del fit, oltre che a fornire valori molto piuelevati per il numero di dsb radioindotti sull’intero genoma. Questo sottolineal’azione non random della radiazione, per cui le stime di dsb/Gy·bp dipen-dono dalla regione esaminata, in contrasto con quanto scritto all’equazione3.21 a pagina 51.

Il metodo distribution shape produce un’incertezza piu elevata, special-mente nel caso dei raggi X perche la regressione lineare e stata e"ettuata susoli tre punti sperimentali (contro i 5 punti relativi al 60Co, figura 4.8) main generale le analisi e"ettuate con i tre modelli producono risultati moltosimili. Il modello BBBS fornisce un modo per ottenere una misura piu ac-curata, come si vede dagli errori sulle stime riportate in tabella 5.1. Questopotrebbe essere legato al fatto che le correzioni per il background nei modelliBS e DS non sono accurate (si rinvia al paragrafo 3.1.3), ed i dati ottenutida tali correzioni restano comunque influenzati dal danno di fondo nell’es-perimento a cui si riferiscono. Ne risulta una fluttuazione nei dati ‘correttiper il backgorund’ che verrebbe eliminata solo se il danno di fondo nei di-versi esperimenti fosse sempre lo stesso. Con il modello BBBS non si tentanessuna sottrazione per il background sui campioni irraggiati. Le stime didsb radioindotti, e"ettuate in ciascun esperimento e poi utilizzate per calco-lare una media pesata, sono e"ettivamente indipendenti dal livello di dannoindotto dallo sperimentatore, ammesso che questo sia matematicamente benrappresentato dalla funzione indicata a pagina 52 con il numero 3.24. Daivalori mostrati in tabella 5.1 si puo concludere che non e stata rilevata alcu-na di"erenza significativa tra 60Co-! e raggi X da 240 kVp, quanto alla lorocapacita di indurre dsb.

Come piu volte detto in precedenza in questa tesi, la scarsa bonta deifit nelle regioni di peso molecolare inferiori a circa 100 kbp e stata sem-pre interpretata in letteratura come dovuta ad un meccanismo di induzionenon random di dsb. Riprendendo il concetto di randomicita esposto a pag-ina 40, cio significherebbe che esistono regioni di DNA piu esposte di al-tre all’insulto della radiazione e/o che dsb vicini sono correlati, in quantooriginati da uno stesso evento di deposizione di energia. Diversi studi sonoavviati verso la prima strada, nei quali si studia la depolimerizzazione inparticolari regioni di DNA, mediante tecniche di ibridizzazione di specifichesequenze (Lobrich et al. 1994a, Lobrich et al. 1994b, Lobrich et al. 1996,

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Risultati e loro discussione 84

Sak et al. 1996). Questi studi focalizzano maggiormente sulla conformazionetridimensionale di particolari regioni di DNA, quelle che, dovendo essere ac-cessibili ai meccanismi enzimatici di trascrizione, sono meno protette dalleproteine strutturali che di norma sono associate al DNA. Altri studi invece(tra i quali questo lavoro) hanno centrato la loro attenzione sulla distribuzionedi dsb in tutto il DNA genomico (Newman et al. 1997, Rydberg 1996) ma nonsu particolari sequenze di DNA e sull’informazione che queste contengono,trovando un eccesso di frammenti di DNA in regioni di peso molecolare dilunghezza, in generale, inferiore a 100 kbp.

L’assunzione che il DNA sia un lungo ‘bastoncino’ sul quale la radiazionedistribuisce tagli in maniera stocastica, e un po’ grossolana se si guarda lamacromolecola da distanze ravvicinate. Il DNA e ‘avvolto’ nella cellula indiverse strutture superiori della doppia elica, come la gia citata fibra di cro-matina da 30 nm e le anse (loops) di 10-200 kbp della fibra di cromatinastessa, attaccate ad una matrice proteica (illustrazione 2.7). Questi avvolgi-menti consentono di mettere 5 miliardi di coppie di basi, per un totale di 1.7metri lineari di filamento di DNA a doppia elica, in una sfera del diametrodi pochi micron, il nucleo cellulare.

La radiazione interagisce piuttosto con questo tipo di strutture, e si puoimmaginare che un’alta densita di energia depositata in volumi di dimensionicomparabili con quelle del diametro della fibra di cromatina (o le dimensionidelle sue anse) possa originare dsb vicini sul DNA, correlati. E d’uso ormaidividere i livelli di correlazione di danno in locally multiply damaged sites(LMDS) e regionally multiply damaged sites (RMDS). I primi si riferisconoad eventi di danneggiamento molto vicini sul DNA, che ricoprono regionilunghe poche coppie di basi. Il concetto di LMDS riveste un ruolo di pri-maria importanza nello studio del danno indotto da radiazioni densamenteionizzanti, per cui un dsb puo essere associato ad altri tipi di danno a distanzaravvicinata, che rendono il dsb stesso piu di#cile da riparare dai meccanismienzimatici cellulari (Ward 1985).

Il concetto di RMDS si riferisce invece a danno correlato su dimensionimaggiori, da 100 bp fino a 200 kbp circa. Questi clusters sono originatidall’interazione della radiazione con i citati super avvolgimenti del DNA. Inquesto campo, uno degli studi pioneristici ai quali si fa spesso riferimentoe quello teorico (che coinvolge l’uso di simulazione di traccia di particellecariche con il DNA, con il metodo di Monte Carlo) condotto da Holley eChatterjee (Holley and Chatterjee 1996) in parallelo a quello sperimentaledi Rydberg (Rydberg 1996). In questi lavori essi hanno studiato la pro-duzione di frammenti di DNA di dimensioni simili a quelli dei ‘periodi’ dellestrutture secondarie del DNA. Un esempio sono i frammenti la cui lunghezza

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Risultati e loro discussione 85

corrisponde ad un giro del solenoide (periodo di solenoide, 1kb), giri intornoai nucleosomi (periodo di nucleosoma, &200 bp), o frammenti ancora piupiccoli, corrispondenti a sequenze di DNA piu esposte, che collegano due nu-cleosomi (linker di nucleosoma, 85 coppie di basi). Per queste strutture diorganizzazione si rimanda all’illustrazione 2.7. I loro risultati mostrano unbuon accordo tra teoria ed esperimenti, e vengono spesso invocati per direche la radiazione non agisce in modo random in questo ordine di lunghezze.

In questo studio, avendo utilizzato la marcatura con 14C, la sensibilita dimisura nelle regioni di basso peso molecolare e stata limitata e non si sonomai osservati frammenti di lunghezze confrontabili con quelle di periodi dinucleosoma o di solenoide, tutt’al piu si e riusciti a misurare la produzionedi frammenti di 30 kbp, per i quali il segnale di dpm era ancora apprezz-abile. Nelle regioni di peso molecolare studiate si e trovata una deviazionetra predizione teorica ed esperimenti nel numero di dsb che danno origine aframmenti di lunghezze inferiori a 100 kbp, in accordo generale con il con-cetto di RMDS. Nel dubbio che queste deviazioni fossero dovute, in parte,alla procedura di analisi sperimentale, e stato sviluppato un approccio alter-nativo, il metodo BBBS. Anche utilizzando questo tipo di analisi sono statetrovate delle discrepanze nelle regioni di peso molecolare di cui sopra. Comeaccennato al paragrafo 4.2.1, si e stimato l’eccesso di frammenti in questeregioni rispetto al modello random di induzione di dsb. La domanda che cisi era posti era infatti :

‘Fino a che punto l’eccesso di frammenti di DNA trovati con leanalisi convenzionali e dovuto a processi di induzione non random,e quanto le stime sono influenzate dal danno inflitto sul DNAprima dell’irraggiamento?’

Si e percio deciso di confrontare le stime sull’eccesso di frammenti di DNA,e"ettuate con entrambi i modelli BBBS e BS tradizionale, nelle regioni di peso30-60 kbp. E nato subito il problema di come mettere a confronto le duestime, essendo le funzioni dei sue modelli normalizzate a valori diversi. Peril modello BS la stima dell’eccesso di frammenti di DNA di peso molecolareM e stata e"ettuata come segue:

100 · v(M) # BS(M)

BS(M)(5.1)

avendo indicato con v(M) il valore sperimentale della distribuzione didensita di frammenti, media su tutti gli esperimenti disponibili, e con BS(M)il valore atteso per lo stesso peso molecolare, stimato con la funzione didensita del modello broken stick (pagina 47, formula numero 3.18, escluso il

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Risultati e loro discussione 86

regione broken stick background biased broken stick60 kbp 400±200 400±60030 kbp 1200 ± 400 200±300

Tabella 5.2: L’eccesso di dsb rispetto ad un modello d’induzione random,valutato utilizzando i modelli BS e BBBS. Valori percentuali.

termine di Dirac). Il parametro µ nella funzione BS(M) di formula 5.1 e quelloindicato a pagina 82 in tabella. Questa analisi e stata e"ettuata per i raggi Xa 100 Gy perche si disponeva di piu dati sperimentali. La figura 5.1 mostragraficamente la grandezza di cui all’equazione 5.1. La freccia al pannello (B)indica la deviazione dei dati sperimentali dal modello di induzione randomdi dsb, per un particolare peso molecolare in un esperimento.

La stima dell’eccesso di dsb e stata e"ettuata con il modello BBBS, inparallelo per ciascun esperimento, come segue:

100 · v2(M) # BBBS(M)

BBBS(M) # back(M)(5.2)

dove BBBS(M) e il valore della funzione di densita del modello back-ground biased broken stick (pagina 54, formula 3.28) e back(M) rappresentail valore della funzione di background (formula 3.24) per il peso molecolareM. Come prima, BBBS(M) nella formula 5.2 e stato parametrizzato dal val-ore indicato in tabella a pagina 82. Nel pannello (A) della figura 5.1 sonomostrate due frecce, rappresentative delle grandezze a numeratore (la piugrande) denominatore (la piu piccola) dell’equazione 5.2.

v%(M) nella formula 5.2 e diverso dal termine v(M) della formula 5.1,in quanto rappresenta un valore sperimentale non corretto per il danno difondo. Cio che e scritto al denominatore della 5.2 e sicuramente suscettibilealle critiche sulla sottrazione per il danno di fondo di cui si e parlato piuvolte in questo lavoro, ma lo scopo che ci si era qui prefissato era quellodi fornire stime quantitative, che potessero servire da confronto per le con-clusioni traibili dai modelli BS e BBBS, quanto all’eccesso di frammenti dilunghezze dll’ordine di 30-60 kbp.

I risultati trovati con questa analisi sono riassunti nella tabella 5.2, espres-si come deviazioni percentuali.

Sebbene ci sia un’indicazione che le deviazioni dei dati sperimentali dallapredizione teorica e"ettuata con il modello broken stick sono maggiori dellecorrispondenti e"ettuate con il modello background biased broken stick, sideve concludere che la sensibilita del metodo sperimentale e troppo limitata

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Risultati e loro discussione 87

Figura 5.1: La stima dell’eccesso di frammenti di DNA rispetto ai modelli diinduzione random di dsb: background biased broken stick (A) e broken stick(B). In (A) le frecce mostrate nel riquadro rappresentano le deviazioni diun particolare dato sperimentale (17 kbp) e della curva BBBS stimata daidati dello stesso esperimento (curva tratteggiata) dalla distribuzione di DNAoriginata dal danno di fondo al DNA (curva continua). In (B) la frecciarappresenta la deviazione dello stesso dato sperimentale, stavolta correttoper il danno di fondo, dalla curva del modello broken stick, parametrizzatadallo stesso numero di dsb radioindotti rispetto al pannello (A).

Page 92: Laurea Tesi Massimo

5.1 Confronto con risultati di altri lavori 88

perche cio possa essere a"ermato con sicurezza. I risultati in tabella 5.2indicano che la non randomicita dell’azione della radiazione, dedotta dairisultati dell’analisi con il modello broken stick tradizionale, e sovrastimata.L’eccesso di frammenti trovati nella regione di 30 kbp e in parte dovutoall’erronea procedura dell’analisi broken stick, non soltanto all’interazionenon random della radiazione con il DNA.

E lecito chiedersi ”Che cosa e che nell’analisi dei dati con il modello brokenstick conduce a risultati fuorvianti?” L’interpretazione e che nelle regioni dialto peso molecolare (tipicamente qualche Mbp) si ha un’eccessiva correzioneper il danno di fondo, quando questa e e"ettuata per sottrazione della massadi DNA in ciascuna regione di peso molecolare. E stato indicato che, nellaregione di peso molecolare intorno a 5 Mbp, questa correzione porta persinoa valori negativi per quella che e stata chiamata la frazione ‘netta’ di DNA(paragrafo 3.1.3) gia a dosi di 100 Gy. Trattandosi di una sovracorrezione neivalori alle estremita superiore del range dei dati sperimentali disponibili, lacurva stimata con il metodo dei minimi quadrati e forzata a passare per talipunti, cosı che i risultati del fit per il parametro ‘numero di dsb radioindotti’sono, in media, piu bassi. Di conseguenza, le curve corrispondenti devianomaggiormente dai dati sperimentali nelle regioni di peso molecolare inferiore,per le quali l’e"etto correttivo e piu limitato (si rimanda all’illustrazione apagina 49 per una visualizzazione della dipendenza non lineare con la dosedelle funzioni di distribuzione di massa).

Comunque, se i risultati dell’analisi sui dati sperimentali di cui alla tabella5.2 fossero confermati in altri lavori, ed in regioni di peso molecolare ancheinferiore, come quelli studiati nel lavoro di Rydberg (Rydberg 1996), leinformazioni ottenute sarebbero preziosissime per lo sviluppo di modelli alcalcolatore per la simulazione dell’interazione tra la radiazione ed il materialeereditario, del tipo proposto da Holley e Chatterjee (Holley and Chatterjee1996).

5.1 Confronto con risultati di altri lavori

Il modello background biased broken stick, e tutta l’analisi dell’e"etto deldanno di background al DNA sulla valutazione della stocasticita della depo-sizione della radiazione, il risultato principale di questo lavoro, non hannoprecedenti il letteratura, pertanto, non e possibile e"ettuare confronti conrisultati pubblicati da altri laboratori.

E possibile invece confrontare i risultati ottenuti dalla misura della ca-pacita della radiazione di indurre dsb, nella fattispecie i fotoni 60Co-! ed iraggi X da 240 kVp. Nella tabella 5.1 vengono riassunti alcuni dei risultati

Page 93: Laurea Tesi Massimo

5.1 Confronto con risultati di altri lavori 89

Autore Calcolo dsb/(Gy·bp)·10!9 Cellule Radiazione(Whitaker et al. 1995) integrale 3.6÷9.7 9 linee 60Co-!

(Badie et al. 1995) integrale 4.4±0.2 HF19 137Cs-!4.0±0.4 AT24.6±0.4 180BR

(Cedervall et al. 1994) integrale 4.6 U1810 250 kVp X5.1 U1285

(Foray et al. 1997) integrale 6.0±0.6 11 linee 60Co e 137Cs-!(Lobrich et al. 1995) ibridizzazione 5.8 GM38 225 kVp X(Lobrich et al. 1996) di!. ed ibrid. 10.7 GM38 150 kVp X(Lobrich et al. 1994a) ibridizzazione 6.3 SP3 80kVp X

(Rydberg 1996) di!erenziale 5.8 GM38 225 kVp X(Stenerlow et al. 1996) integrale 5.6±0.3 U343MG 60Co-!(Stenerlow et al. 1994) integrale 4.2±0.2 tre linee 60Co-!

(Weber and Flentje 1993) integrale 22 CASKI 60Co-!9.1 50 kVp X

Tabella 5.3: Risultati di alcuni esperimenti di induzione di dsb condotti inaltri laboratori.

trovati in letteratura per l’induzione di dsb da diverse radiazioni sparsamenteionizzanti, relativamente a cellule umane.

Si vede dalla tabella 5.3 che la maggior parte delle analisi e stata eseguitasui valori di FAR sperimentali o con altri metodi di calcolo di tipo integrale.I valori misurati per la capacita di indurre dsb delle radiazioni sparsamenteionizzanti sono quasi sempre piu bassi di quelli riportati in questo lavoro(per i quali si rimanda a pagina 82). Si osserva pero che quando vengonoutilizzati approcci quantitativi di tipo di"erenziale, le stime per la capacita diindurre dsb sono, in media, piu alte. L’interpretazione e che i metodi integralisono troppo poco sensibili alla frazione di massa presente nelle regioni dipeso molecolare piu piccole, per cui le stime sono pesate dai frammenti dellelunghezze di qualche Mbp, che guidano i riultati dei fit verso valori inferioriper il numero di dsb/(Gy·bp).

Quanto agli esperimenti di riparazione, il protocollo sperimentale e sta-to migliorato con il tempo, ma solo negli ultimi esperimenti si e riusciti atrovare le condizioni che limitano il progresso del danno di fondo nelle celluleincapsulate in agarosio. Non e stato possibile pertanto e"ettuare un’analisiquantitativa. Oltretutto, mentre si dispone di una vasta scelta per i mod-elli matematici da utilizzare per l’analisi dei dati diesperimenti di induzionedi dsb, la letteratura scientifica non e altrettanto generosa in modelli per lostudio della cinetica di riparo dei dsb, in particolar modo lunghezza-specifica.

Page 94: Laurea Tesi Massimo

Appendice A

Approssimazione n(M ) · M · !M

Nell’analisi dei gel relativi ad un esperimento di induzione (o di riparo) didsb occorre convertire le misure della frazione di massa di DNA in frazionedel numero totale di frammenti, per ciascuna regione di peso molecolaredisponibile. Se la marcatura radioattiva del DNA e uniforme, la misura dellaradioattivita incorporata in ciascuna regione rappresenta la frazione di massadi DNA presente. Considerando continue la variabile M e la distribuzionen(M) del numero di frammenti di massa M, si ha per la frazione di massa:

W =

/ M2

M1

n(M)M dM (A.1)

avendo indicato con W la frazione di massa, con M1 ed M2 l’estremoinferiore e superiore del peso molecolare nella sezione scelta, e con n(M) lafrazione del numero di frammenti di lunghezza M.

L’integrale espresso nella A.1 viene generalmente approssimato con laseguente espressione:

W $ n(M) · M ·!M (A.2)

dove n(M) e la frazione del numero di frammenti di lunghezza M ed!M = M2 # M1 e l’intervallo di peso molecolare nella regione considerata.

Essendo pero n(M) continua, si ha per il ben noto teorema della media:

W =

/ M2

M1

n(M)MdM =

/ M2

M1

g(M) dM =

g(M) · (M2 # M1) (A.3)

Si vede subito che la A.3 ed il secondo membro della A.2 non sono uguali:

90

Page 95: Laurea Tesi Massimo

Approssimazione n(M) · M ·!M 91

g(M) = n(M) · M =

) M2

M1n(M)M dM

M2 # M1,=

n(M) ·) M2

M1M dM

M2 # M1= n(M) · M

(A.4)La formula A.2 equivale alla A.1 solo se n(M) e costante nella regione

considerata. In tal caso infatti n(M) puo essere portato fuori dall’integraleA.1 e posto pari a n(M). L’integrazione fornisce poi il peso molecolare medioM moltiplicata la larghezza della banda.

E’ l’approssimazione A.2 accurata? In altre parole, e n(M) ‘su#ciente-mente’ costante in un segmento di gel della tipica lunghezza di 1 cm? Perrispondere a quest’ultima domanda si puo espandere n(M) in serie di Taylor,intorno al valore medio di peso molecolare di una regione qualsiasi:

n(M) = n(M) +dn

dM

!!!!M

*M # M

++

d2n

dM2

!!!!M

*M # M

+2+ ... (A.5)

ignorando tutti i termini maggiori della prima potenza segue dalla A.5che n(M) $ n(M) se:

*M # M

+· dn

dM

!!M

n(M)3 !M

2· dn

dM

!!!!M

· 1

n(M)* 1

ovvero

!M

2* dn

dM

!!!!#1

M

· n(M) (A.6)

o ancora

!M

2* d lnn(M)

dM

!!!!#1

M

(A.7)

Per valutare se la relazione A.7 e soddisfatta, in funzione della regionedi peso considerata perche compare M, occorre conoscere la funzione n(M).Questa puo esser tratta dal modello Broken stick, basato su induzione di dsbrandom sul DNA1. Si riporta qui la funzione di distribuzione di densita dimolecole di DNA predetta dal modello BS:

n(M) =µ

S

"2 + µ

$1 # M

S

%#exp

$#µM

S

%(A.8)

1Utilizzare il modello background biased broken stick introdurrebbe ulterioricomplicazioni

Page 96: Laurea Tesi Massimo

Approssimazione n(M) · M ·!M 92

ricavata al paragrafo 3.1.2 e derivata per la prima volta in (Contopoulouet al. 1987), dove S e la lunghezza del genoma intatto prima dell’irraggia-mento, µ e il numero di dsb inflitti dalla radiazione ed M e la variabile pesomolecolare.

Prima di procedere ed e"ettuare la derivata della funzione A.8 per la sti-ma della validita della A.7, si puo notare che nelle regioni di peso molecolarestudiate in questo lavoro (10 kbp-6 Mbp) e per dosi su#cientemente elevate,la forma della funzione indicata in A.8 e dominata dal termine esponenziale.Questo e stato osservato anche nel paragrafo 3.1.2 quando si e detto che ilmodello Distribution Shape e una buona approssimazione del Broken Stick.Come tutti gli esponenziali, la sua derivata sara essa stessa una esponenziale,con una costante moltiplicativa. Nelle condizioni indicate, la derivata log-aritmica di cui alla A.7 sara quindi una costante, precisamente pari a S/µ,ovvero il peso molecolare medio Mn delle molecole di DNA.

Quanto detto si puo osservare anche e"ettuando direttamente la derivatadel logaritmo della funzione di densita di frammenti n(M):

ln n(M) = lnµ

S+ ln

"2 + µ

$1 # M

S

%## µM

S

derivando si ha:

d lnn(M)

dM

!!!!M

= #µ

S

0

13 + µ

'1 # M

S

(

2 + µ'1 # M

S

(

2

3 $ #µ

S

che non e piu dipendente dal peso molecolare M. La A.7 si puo percioriscrivere come:

!M

2* S

µ

e ricordando che S/µ = Mn:

!M

Mn* 1 (A.9)

Una relazione che puo non essere soddisfatta in certe regioni di pesomolecolare, a certe dosi particolarmente elevate, in quanto dipende sia da!M che da Mn. Se si considera !M dell’ordine di 105 ÷ 106 bp e µ circapari a 5000 (a 100 Gy), per esempio, Mn vale 106 e la condizione A.9 non esoddisfatta. Si potrebbe cercare di forzare sperimentalmente !M ad un val-ore piu ridotto, ma cio significherebbe diminuire anche il numero dei conteggidi 14C nel segmento considerato e quindi ridurre la sensibilita della misura.

Page 97: Laurea Tesi Massimo

Approssimazione n(M) · M ·!M 93

Se la A.9 non e soddisfatta, l’approssimazione A.2 non consente di stimaren(M) da W in modo a#dabile.

Si puo ra#nare l’approssimazione A.2 considerando anche il primo ter-mine dell’espansione in serie di n(M) (A.5).

Da n(M) al primo ordine:

n(M) $ n(M) +dn

dM

!!!!M

*M # M

+

ricaviamo:

W 4/ M2

M1

n(M)M dM $

n(M) · M ·!M #"

1

M2n

exp

$# M

Mn

%· S

Mn

# / M2

M1

*M # M

+· M dM

e dalla A.8:

W $ n(M)·M ·!M#n(M )

Mn·'M2!M # M

2!M

(= n(M)·!M ·

$M # #2

M

Mn

%

(A.10)La relazione A.10 mostra il livello di approssimazione al primo ordine della

A.1 per n(M). A spese di un’approssimazione migliore della A.2, si vede chenella A.10 compare la grandezza che si vuole stimare nelle regressioni suidati sperimentali. Si puo procedere allora per approssimazioni successive,stimando Mn all’ordine zero per n(M), per poi utilizzare il risultato trovatoper Mn e calcolare ricorsivamente n(M) dalla A.10, e su questi valori di n(M)eseguire una nuova regressione sui dati.

Le regressioni lineari per l’analisi della pendenza del modello distributionshape dovranno essere quindi e"ettuate su dati graficati come:

ln

4

5 FDNA'M # !2

MMn

(!M

6

7V s M

per ottenere, come al solito, una stima della depolimerizzazione radioin-dotta a partire dalla pendenza della retta, #1/Mn . Anche nell’analisi BrokenStick, per graficare il numero di frammenti in funzione del loro peso moleco-lare medio, ad una certa dose, occorre tenere conto della nuova relazione tran(M) e W (o FDNA) :

Page 98: Laurea Tesi Massimo

Approssimazione n(M) · M ·!M 94

FDNA'M # !2

MMn

(!M

S

"2 + µ

$1 # M

S

%#exp

$#µM

S

%

con µ parametro da stimare.Quando si applicano queste correzioni ai dati si vede che l’e"etto e com-

pletamente mascherato dall’errore sperimentale. Il fattore correttivo che dis-tingue l’approssimazione al primo ordine A.10 da quella d’ordine zero (A.2)dell’equazione A.1 dipende dal segmento di gel, cosı come dal protocollo elet-troforetico utilizzato per separare i frammenti di DNA, data la dipendenzada #2

M . Il termine Mn diminuisce con la dose, cio comporta che la correzioneal primo ordine per n(M), per un dato segmento di gel, e piu sensibile allaalte che alle basse dosi.

Per completezza si e studiato l’e"etto dell’espansione al secondo ordineper n(M) sull’approssimazione della A.1. Da quanto osservato sulla dominan-za del temine esponenziale nelle funzioni n(M) ed dn/dM , si puo far vedereche l’espansione al secondo ordine di n(M) aggiunge un termine positivo perla densita di frammenti di DNA:

n(M) · 1

M2n

·/ M2

M1

*M # M

+2M dM

L’integrale fornisce per questo termine una dipendenza dai momenti su-periori della distribuzione di densita di frammenti. Il peso molecolare medioM che compariva nella A.2 viene adesso sostituito da:

M #( M # #2M

Mn+

'M3 # 2M · M2 + M

3(

M2n

(A.11)

Conclusione: Approssimare n(M) al suo valore nel punto medio di cias-cuna regione delle corsie elettroforetiche non introduce un errore superiorea quello sperimentale. L’equazione A.2 fornisce un modo semplice e rapidoper convertire la massa di DNA, misurata in una certa regione, in densita diframmenti di DNA. Tale conversione e stata e"ettuata in tutti gli esperimenticondotti in questo lavoro.

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Appendice B

Dosimetria di Fricke

E"ettuare una dosimetria significa misurare la dose rilasciata da un certo tipodi radiazione, ad una particolare distanza dalla sorgente da cui questa vieneemessa, in un determinato materiale. Tipicamente, si e"ettua una misuradella dose depositata nell’unita di tempo (dose rate).

Nella dosimetria chimica, la dose viene determinata misurando la vari-azione nella composizione di un opportuna sostanza per e"etto del rilasciodi energia da parte della radiazione. Questi liquidi dosimetrici consistonosempre di soluzioni acquose diluite, come ad esempio la soluzione di Frickeche e stata usata in questo lavoro. Poiche anche le cellule sono essenzial-mente costituite di acqua, le misure e"ettuate sulle soluzioni dosimetricheforniscono con buona approssimazione anche la dosimetria nelle cellule.

Trattandosi di soluzioni acquose, si da per assunto in genere che l’inter-azione avvenga con le molecole del solvente, cioe l’acqua, e che diano originea specie radicali come H• ed OH•, cosı come specie molecolari altamente reat-tive come H2 ed H2O2. Queste specie chimiche vengono originate presso latraccia delle particelle ionizzanti, per cui la loro distribuzione e inizialmenteeterogenea nella soluzione. Dopo 10#6 secondi dall’evento di ionizzazioneprimario pero esse tendono a di"ondere nella soluzione, cosı che ogni in-formazione sulla loro distribuzione di densita iniziale viene persa. Oltre adi"ondere, esse possono anche ricombinare fra loro e neutralizzarsi, ad unavelocita che e misurata da un coe#ciente di estinzione, dipendente dallatemperatura, cosı come dalla concentrazione delle molecole.

La produzione della specie chimica che si vuole misurare viene misurata invalore G, ovvero come numero di entita prodotte a seguito del rilascio di unadose di 100 eV. Piu recentemente e stata introdotta una nuova unita di misurache viene detta radiation chemical yield G(X), misurata in moli/Joules. Dalmomento che i valori di resa G(X) sono dell’ordine di 10#6-10#7 moli/Joule,dosi basse come 10 Gy richiedono strumenti abbastanza sensibili per misurare

95

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B.1 La soluzione di Fricke 96

variazioni di concentrazione della specie osservata dell’ordine di 10#5 # 10#6

M. L’uso di tali strumenti richiede particolari accorgimenti nell’uso dei con-tenitori nei quali viene introdotta la soluzione dosimetrica. Vengono utilizzaticontenitori in vetro che devono essere riscaldati a temperature di 400

"C per

eliminare tracce di elementi organici che potrebbero interferire con le misure.Dalla misura della resa G(X) si ricava una stima della dose media rilas-

ciata nel mezzo:

D =!M

)G(X)(B.1)

dove !M e la variazione di molarita della specie chimica osservata e ) ela densita della soluzione. Si assume che la resa G(X) sia costante in tuttala variazione di concentrazione !M.

B.1 La soluzione di Fricke

Nel sistema dosimetrico di Fricke si misura l’ossidazione radioindotta delloione ferroso (Fe2+) a ione ferrico (Fe3+). La soluzione di Fricke e compostada FeSO4 0.001 M e da 0.8 N H2SO4, in acqua distillata di elevata purezza.Il solfato di ferro si ossida spontaneamente nel tempo a Fe2(SO4)3. Si puolimitare l’ossidazione mantenendo la soluzione all’oscurita e basse tempera-ture. Dal momento che la produzione di trisolfato diferrico da ossidazionenaturale del solfato simula gli e"etti della radiazione, bisogna sempre utiliz-zare soluzioni ‘fresche’ e misurare il livello di background di Fe2(SO4)3 primadell’irraggiamento.

La specie chimica di cui si misura la resa G(X) e lo ione Fe3+, il cui valoree legato all’energia assorbita dalla relazione 1.036·10#6moli/J . La misuradi produzione di ioni Fe3+ viene e"ettuata tramite uno spettroscopio, cherileva l’assorbimento attraverso il campione di raggi UV di lunghezza d’ondapari a 304 nm. L’output e la variazione della densita ottica !(OD) dellasoluzione, legata all’intensita a 304 nm prima (I0) e dopo l’irraggiamento (I)dalla formula:

I/I0 = 10#!(OD)

La variazione di densita ottica e data da:

!(OD) = * · l!M (B.2)

dove * e il coe#ciente di estinzione dello ione Fe3+(2121M#1cm#1a 20"C

e 304 nm), l e il cammino della luce nel campione (tipicamente 1 cm) e !M

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B.1 La soluzione di Fricke 97

e la variazione della molarita dello ione Fe3+. Prendendo !M dalla B.2 esostituendolo nella B.1 si ottiene:

D =!(OD)

* · l)G(X)(B.3)

dove ) per la soluzione di Fricke vale 1.024 g/cm3

Per ciascuna delle tre posizioni A, B e C sulla maschera d’irraggiamentopresso la sorgente di 60Co e stata misurata la variazione di densita otticanella soluzione di Fricke, in seguito ad irraggiamento per diversi tempi. Dalmomento che il coe#ciente di estinzione * dipende dalla temperatura, si eavuto cura nel corso delle misure di controllare il valore della temperaturadella soluzione campionata. Per ciascuna temperatura sono stati tratti icorrispondenti valori di * da una tabella.

Misure della !(OD) Vs tempo sono state utilizzate per costruire graficie per e"ettuare regressioni lineari. I valori della pendenza trovata, espressicome !(OD)/min, sono stati convertiti in dose rate (dose/min) con l’ausiliodell’equazione B.3.

Figura B.1: La dosimetria di Fricke. Le lettere A, B e C indicano la posizionedel campione

La figura B.1 mostra le rette ottenute nelle tre regressioni lineari e"et-tuate. Nel corso dei mesi in cui sono stati svolti gli esperimenti e stato

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B.1 La soluzione di Fricke 98

tenuto conto del decadimento del 60Co, aumentando il tempo d’esposizionedei campioni in funzione della diminuzione del dose rate.

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Appendice C

Prodotti Chimici

1 M Tris

121.1 g Tris in 800 ml H2O filtrata MilliporepH 8.0 si ottiene con 42 ml di HClportare ad un litro soluzione aggiungendo H2O

5XTE Bu!er pH 7.5

25 ml 1M Tris1mM EDTA

5XTBE

54 g Trizma base27.5 g acido borico20 ml EDTA 0.5 m (pH 8)portare fino ad un litro in H2O

50XTAE

242 g Trizma base57.1 ml acido acetico100 ml 0.5 m EDTA (pH 8)portare ad un litro in H2O

0.5 m EDTA

99

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93.05 g EDTA in 400 ml H2O.5 g NaOH in capsuleil pH viene portato ad 8 aggiungendo NaOH quanto bastadiluire a 500 ml di H2O

proteinasi K

20 mg/ml in H2O sterile

Colorazione con Bromuro di Etidio

50 µl in 1 l 0.75XTAE bu"er

Acidificazione del liquido scintillante

26 ml di acido acetico in 3.75 l di liquido scintillante.

Terreno di coltura cellulare %-MEM

500 ml modificazione % dell’EAGLE’s MEMPenicillina-Streptomicina (SIGMA) 16.6 mlSiero fetale di bovino 133 mlGlutammina 6.64 mlAminoacidi non essenziali 6.64 mlNucleotidi 1.33 ml

Terreno di coltura tamponato con HEPES

Per 500 ml:10 ml HEPES5.6 ml NaHCO3 (7.5 % peso/volume)37.5 ml FBS50 ml 10X MEM Eagle per sospensioni cellulari5 ml Glutamina600 mg Benzylpenicillina1 g Streptomicina solfatoH2O fino a 500 ml

Soluzione di lisi di membrane cellulari

1% N-Laurylsarcosyne0.5 mg/ml proteinasi K0.5 M bu"er EDTA

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Ringraziamenti

Desidero ringraziare il mio relatore prof. Gianfranco Grossi ed il mio cor-relatore dott. Maurizio Conti per gli utilissimi consigli che hanno guidatoquesta tesi alla sua stesura finale. Un sentitissimo ringraziamento va al prof.Barry Michael, al dott. Kevin Prise, Heidi Newman e Marjorie Hance, perl’inestimabile supporto fornito presso il Gray Laboratory, cosı come a tuttoil gruppo di biofisica molecolare e cellulare.

Senza l’aiuto del dottor Marco Durante questo lavoro non sarebbe statosvolto presso il Gray Laboratory, a lui va un sincero grazie.

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