l'artugna 101_ 2004

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Chiese ancor più belle La rinascita del mito El balèr de la platha Un dardaghese alla corte d’Ungheria Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIII · Aprile 2004 · Numero 101 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa Lucia Anno XXXIII · Aprile 2004 · Numero 101 Spedizione in abbonamento postale art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96. Filiale di Pordenone.

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Chiese ancor più belle

La rinascita del mito

El balèr de la platha

Un dardaghesealla corte d’Ungheria

Periodico della Comunità di Dardago · Budoia · Santa LuciaAnno XXXIII · Aprile 2004 · Numero 101S

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una statuain «carne e ossa»

Una volta caduto il telo chericopriva da oltre tre mesi lascultura, il niveo Crocifisso,restaurato e ripulito con un abile emeticoloso lifting, s’è mostratoringiovanito e splendentenell’intera sua bel lezza firmata dalbassanese Orazio Marinali(Bassano 1643 – Vicenza 1720).Considerato uno dei maggioriscultori del Seicento veneto,Orazio fondò a Vicenzaun’operosissima bottega insiemecon i fratelli Angelo e Francesco erealizzò, per chiese, ville e palazzi,numerose opere che segnarono ilpassaggio dal pittoricismobarocco al decorativismosettecentesco. I Marinali sepperolavorare con tale maestria da

Quaresima-Pasqua: binomio cuila croce di Cristo – la croce dellaPassione con i suoi simboli disofferenza – diventa emblema.La croce, non rappresentazionedell’oggetto come anticostrumento di esecuzione dicondanna a morte, ma la crocedel Cristo, con la raffigurazione ono del Crocifisso, è il segno,attuato dall’avvenimentocristiano, sul quale si è compiutastoricamente la salvezza per tutti.La croce, con le varieelaborazioni dei particolari dellaforma-base, fa tornare facilmentealla memoria tanti riflessi dellaliturgia che ogni anno la

Settimana Santa ripropone.La croce richiama Gesù: la suaPassione e Morte, laRisurrezione, la Redenzione,il Vangelo e insieme il nostroessere e riconoscersi cristiani.Con l’espressione evangelica«Quando sarò innalzato da terra,attirerò tutti a Me», Gesùc’induce ad alzare lo sguardo perinstaurare un contatto con iltrascendente, con la croce in cuil’elemento orizzontale, il primitivo

orizzonte terrestre alla basedell’albero, si stacca da terra,si solleva e va a incrociarsi conquello verticale nella sua partealta, proprio a quell’incrocio,innesto dell’eterno, in cui nelprimo millennio cristiano venivaraffigurato il petto del Signorecrocifisso e glorioso.Ognuno sollevi lo sguardo verso ilbianco Crocifisso marmoreo cheunisce la nostra comunità peroffrire a Lui «la propria croce».

ricevere, già nel Settecento,l’ap pellativo di «immortali dell’arte»per la loro abilità nello scolpire.Il nostro Crocifisso, dall’immediatae intensa espressione psicologicae dai tratti morbidi, superioreartisticamente al busto scultoreodel Cristo o L’uomo dei dolori,creato dallo stesso negli anni’89 –’91 del diciassettesimo secoloe attualmente esposto in unmuseo londinese, era conservato –dopo l’emanazione del decretonapoleonico del 1805 sulladrastica riduzione degli edificisacri veneziani – nel depositodemaniale della Chiesa di SantaMargherita, insieme con altreopere d’arte provenienti dalle variechiese soppresse.

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Carissimi,ritorna ogni anno la settimanaSanta che ci prepara al grandeevento della nostra salvezza.Gesù, figlio di Dio, si consegnaal la morte per donarci la vita im-mortale!

Siamo ormai prossimi all’e-vento pasquale, vero e insostitui-bile cuore pulsante della nostrafede.

Fa da sfondo a questa rifles-sione, che vuole essere anche ilmio augurio pasquale, il crocifis-so. Verso questo segno si sonodette e si dicono tante cose, po-sitive e negative, belle o brutte.Fissiamo un attimo lo sguardo econsideriamo quale dono supre-mo ci ha fatto quell’Uomo nuovo,quel nuovo Adamo, venuto peraprire le porte alla vita eterna,quella che non avrà fine! Un do-no supremo, appunto, per unanuova primavera dello spirito.

La Redazione del nostro gior-nale l’Artugna ha privilegiato lacopertina di questo numero allostupendo Cristo in marmo, dapoco restaurato, autentico capo-lavoro di ingegno e di fede.Ringrazio anche a nome vostroper aver dato significato e valorea quest’opera, ricevuta in ereditàdai nostri antenati.

All’Uomo della croce, noi con-fidiamo le nostre preoccupazioni,deponiamo le nostre miserie,confessiamo i nostri errori e spe-riamo nella sua misericordia. «Noi

la lettera delPlevàn

ti adoriamo Cristo e ti benedicia-mo, perché con la Tua SantaCroce hai redento il mondo».

In mezzo alle vicissitudini chela vita ci riserva, ai drammi delleguerre, anche di religione, delterrorismo aberrante ed insidio-so, c’è sempre satana, spirito delmale; ha tentato Cristo nel de-serto, e tenta tutti noi che vivia-mo nel deserto di oggi e ci propi-na ogni sorta di cose materiali,che impoveriscono la nostra esi-stenza e ci allontanano dai valoriche danno senso al nostro vive-re. L’importante è rifiutarlo comeha fatto Gesù: «Vattene satana»!

Con la sua morte Gesù ha vin-to lo spirito del male e ci ha datoforza spirituale affinché, seguen-do le sue orme, possiamo anchenoi risorgere a vita nuova.

Pasqua significa passaggio.Siamo invitati a fare il nostro pas-saggio dalla morte interiore allavera vita, vissuta con impegno egenerosità.

La Pasqua è l’alleanza fra Dioe gli uomini; sia fonte di fraternitàfra di noi, di pace autentica, divero progresso per poter supera-re le barriere dell’egoismo, del-l’individualismo, dell’indifferenza.

La Pasqua è farsi prossimoverso le persone in difficoltà eprivi di ogni mezzo.

I salvadanai della Quaresima«Un pane per amor di Dio» ser-vono proprio per questo.

Cristo risusciti in tutti i cuori.Buona Pasqua a tutti.

DON ADEL NASR

La nostra gente non perse tempo esi mise prontamente a consultaregli inventari dei beni perindividuare i pezzi artistici piùadatti alle sue chiese. Il 16 gennaio1841, un rappresentante dellafab briceria della Pieve di SantaMaria Maggiore, il budoieseAnto nio Tres, contattò l’ufficiodell’In ten denza di Finanza diVenezia per l’acquisizionedell’opera del Ma rinali, seppurspezzata in più parti, e di untabernacolo di marmo di Carrarapure mutilato, il cui prezzo totale fupattuito in settanta lire austriache.La stima fu condizionata con ogniprobabilità dalla supplica delprocuratore che sottolineòl’indigenza degli abitanti diBudoia. «… li poveri villici dellacomune di Budoia, distretto diSacile, provincia di Udine, con leloro questue, e coi loro lavoriavendo ricostruito il nuovo tempiodedicato all’apostolo S. Andrealoro titolare, implorano che,esistendo nella soppressa chiesadi S. Margherita di Venezia untabernacolo di marmo di Carraramutilato, nonché un crocefissospezzato in più parti… chesarebbero adattissimi per questonuovo tempio da essi eretto…,questi due oggetti vengano peratto di grazia accordati alli poveriabitanti della comune sudetta,verso il pronto pagamentodell’effettivo importo al prezzo distima».Il 30 ottobre dello stesso anno,l’Intendenza autorizzò la venditadelle due opere che, giunte adestinazione, vennero sottopostead un primo lifting diricomposizione da parte deilapicidi locali.

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IMPORTANTE

Giungono talvolta lamentele peromissioni di nominativi nella rubrica«la ruota della vita».Ricordiamo che la nostra fontedi informazioni sono i registridell’Anagrafe comunale.Pertanto, chi è interessato a pubblicarenominativi relativi ad avvenimenti fuoriComune o relativi a particolariricorrenze (nascite, nozze d’argento,d’oro, risultati scolastici ecc.)è pregato di comunicarli alla Redazione.I nominativi pubblicati sono pervenutiin Redazione entro il 6 aprile 2004. Chi desidera usufruire di questarubrica è invitato a comunicare i datialmeno venti giorni prima dell’uscitadel periodico.

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N A S C I T E

Benvenuti! Abbiamo suonato le campane per l’arrivo di...

Alessia Fort di Stefano e Marica Loisotto – Caneva Simone Peraboni di Elio e Sonia Janna (Tavan) – Brugherio (Mi)Giovanni Bastianello di Luca e Francesca Salviato – Mestre (Ve)Lara Odette Mezzarobba di Antonio e Crouigneau Berangere – BudoiaVeronica Truccolo di Alessandro e Silvia Della Valentina – BudoiaGabriele Cesaro di Massimo e Letizia Bernardi – Padova

L A U R E E , D I P LO M I

Complimenti!

LaureeGiovanna Burelli – Geologia – DardagoClaudia Moscarda – Economia e Commercio – VeneziaCristina Chiesa – Architettura – MilanoLisa Zambon Pala – Scienze dell’Educazione – Dardago

D E F U N T I

Riposano nella pace di Cristo.Condoglianze ai famigliari di…

Antonietta Cescutti di anni 90 – MilanoMario Bastianello di anni 74 – DardagoVilma Angela Zambon di anni 48 – BudoiaEmma Polese ved. Gambron di anni 88 – S. LuciaAdelaide Bocus ved. Del Maschio di anni 86 – DardagoAngelin Domenico di anni 79 – BudoiaAngela Angelin ved. Gaudenzi di anni 96 – BudoiaAngela Janna ved. Dainè di anni 80 – ParigiLuciano Pizzinato di anni 66 – TriesteLino Sarri di anni 66 – S. LuciaCesare Lacchin di anni 69 – MilanoAntonio Francesco Zambon di anni 91 – DardagoLida Tomasin ved. Busetti di anni 75 – S. LuciaGiacomina Casasola ved. Baracchini di anni 85 – BudoiaGiovanni Zambon di anni 93 – BudoiaRenata Benvenuti di anni 85 – S. LuciaSergio Bastianello di anni 77 – VeneziaAngela Puppin ved. Rigo di anni 82 – DardagoQuarto Gislon di anni 74 – MilanoAssunta Rizzo ved. Orlando di anni 90 – S. LuciaSantina Besa di anni 91 – S. LuciaAlba Busetti di anni 88 – S. LuciaMaria Janna ved. Consoli di anni 89 – TorinoRina Santin ved. Ramoncini di anni 80 – RomaAngelo Rizzo di anni 74 – S. LuciaLucia Zambon in Prolongo di anni 52 – S. DanieleAugusta Lucchese ved. Carlon di anni 82 – BudoiaGiovanni Battista Carlon di anni 84 – BudoiaGianni Curtinovis di anni 65 – VeneziaGiuseppe Signora di anni 78 – BudoiaMario Bastianello Carnitha di anni 75 – Dardago

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Periodico quadrimestrale della Comunità di Dardago, Budoia e Santa Lucia (Pn)

sommario

2 Una statua in «carne e ossa»di Vittorina Carlon

3 La lettera del Plevàndi don Adel Nasr

4 La ruota della vita

6 La rinascita del mitoa cura della redazione

11 Le opere di Tita Soldà Maniachdi Leontina Busetti

14 Un dardaghese alla corte d’Ungheriadi Eugenio Marrani

16 Chiese ancor più belledi Simonetta Gherbezza,Ivano Benedet, il Consiglioper gli affari economicidi Dardago, Vittorio Janna

23 El balèr de la Plathadi Angelo Janna Tavàne Mauro Zambon

28 Dare spazio agli altridi Pietro Janna

30 La Ida la ne conta...di Ida Rigo

32 27 gennaio:giorno della memoriadi Leontina Busettie di Silvestro Zambon Tarabin

34 Intorvìa la tòlaa cura di Adelaide Bastianello

35 ’N te la vetrina

Autorizzazione del Tribunale di Pordenonen. 89 del 13 aprile 1973Spedizione in abbonamento postale. Art. 2, comma 20, lettera C, legge n. 662/96.Filiale di Pordenone.

Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzionedi qualsiasi parte del periodico, foto incluse, senza ilconsenso scritto della redazione, degli autori e deiproprietari del materiale iconografico.

Direzione, Redazione, Amministrazionetel. 0434.654033 · C.C.P. 11716594

Internet www.naonis.com/artugna

[email protected]

Direttore responsabileRoberto Zambon · tel. 0434.654616

Per la redazioneVittorina Carlon

Impaginazione Vittorio Janna

Ed inoltre hanno collaborato Alessandro Baracchini, Ennio Carlon, EspeditoZambon, Fabrizio Fucile, Fabrizio Zambon,Marta Zambon, Mario Povoledo

StampaArti Grafiche Risma · Roveredo in Piano/Pn

In copertina

Chiesa di Sant’Andrea – Budoia. Il Crocifisso di Orazio

Marinali. (foto di Cesare Genuzio)

101anno

XXXI

II ·aprile 2004

36 Arrivederci, Vilma!di Stefania e Giovanni

37 Lasciano un grande vuoto...

39 L’angolo della poesia

40 Cronaca

44 Inno alla vita

45 I ne à scrit

46 Programma della Settimana Santa

Bilancio Economico

Auguri

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La rinascitadel mito

Una data da ricordare per la nostracomunità. Dopo i lavori di restauroche hanno sanato la piaga apertasicon il crollo del 2002, vieneinaugurato il teatro di Dardago.In queste pagine presentiamola fotocronaca della giornata euna breve storia del teatrorealizzata dalla nostra redazione.Una piccola mostra compostadai pannelli con la storia del teatrocorredata da decine di vecchieimmagini è visitabile al pianosuperiore della nuova struttura.

14 febbraio 2004

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L’INAUGURAZIONE SI APRE CON L’ESIBIZIONE, NELLA PIAZZA DI DARDAGO, DEI GIOVANI DEL

GRUPPO ARTUGNA CHE PROPONGONO AL FOLTO PUBBLICO ALCUNE DANZE FOLCLORISTICHE;

IL SINDACO, ANTONIO ZAMBON, APRE UFFICIALMENTE LA NUOVA STRUTTURA CON IL TAGLIO

DEL NASTRO.

ALLA PRESENZA DI UN ATTENTO E NUMEROSO PUBBLICO SEGUONO GLI INTERVENTI DELLE

AUTORITÀ E DEI PROGETTISTI E LA PRESENTAZIONE DELLA STORIA DEL TEATRO CON LA

PROIEZIONE DI IMMAGINI. AL TERMINE, DOPO ALCUNI BRANI SPIRITUAL DEL COLLIS CHORUS,

È POSSIBILE VISITARE LA MOSTRA AL PIANO SUPERIORE.

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Il teatro di Dardago

La passione per lo spettacolo daparte della nostra popolazione è daricondursi a tempi lontani, quando igiramondo si spo sta vano da unluogo all’altro per proporre scene dirap pre senta zioni sacre ed erano benaccolti nei nostri paesi. Un triste fattoconferma l’ospitalità dei nostri abi -tanti per questi artisti: muore in casa

anni 10Da testimonianze orali si ha lacertezza dell’esistenza di una salaadi bita a teatro, nella tieda de Bure la,di proprietà dei fratelli Erne sto eAngelo Del Maschio, in via Solvela. Èpunto di ritrovo della comunità perconvivi e per la visione di spettacoliteatrali realizzati da compagnie pro -ve nienti da altri luoghi.Nel cortile dell’attuale «Bar al Cam -pa nile» saltuariamente si proiet tano leprime appassionanti pellicole delcinema muto.

anni 20Nel 1924, il 31 agosto, nasce pervolontà di un nutrito numero dipersone la «Società Anonima Coope -rativa Con cor dia e Progresso», il cuisco po «... è di costruire ed esercireuna sala teatrale, offrendo al pubblicospet tacolo di filo dram matica...» fi na -liz zando il ricavato ad attività sociali eculturali.Nei mesi successivi, iniziano i la vo ri dicostruzione dell’edi ficio. La po po -lazione parte ci pa at ti vamente sia confinanzia menti sia con pre stazionid’ope ra d’ogni ge ne re. Contribui sco -no con au ten ti co spirito comunitario

2 luglio 1793. Giammaria F. di GiovanniGiordano di Sambucco, luogo delPiemonte, come apparisce dalle sue Fedidi Batt.o e da varj suoi Passaporti, d'anni39, che girava con una Cassa Opticadimostrando la Passione di Gesù Xto, simalò in Casa di Batta Steffinl.o di Budoja,e fu prevenuto dalla morte in questadecorsa notte senza Sag.ti, ai qualiperaltro si disponeva; e fu il suo cadav.o in questa sera sepolto in questo Cimit.ocol rito Eccl.o.

1900

1793

BREVE STORIA

di Batta Stefinlongo di Bu doia uncerto Giammaria Giorda no di 39anni, proveniente da Sambuco inprovincia di Cu neo, giunto in paeseper rap presentare con la sua «cassaoptica» «La passione di Gesù».

scal pel lini, mu ratori, fale gnami…,com pre si co lo ro che offrono doedhornade, co’ ciar e vace, a cargàcrode e savalon ’n te l’Artugna.Realizzato l’edificio nell’arco di un paiod’anni, s’istituisce la «So cietà Fi lo -drammatica Dardago», con l’intentavolontà di utilizzare i nuovi spazi per leattività teatrali, scopo primario dellacostruzione della struttura.Gli entusiasmi contagiano gli animi eben presto calcano le sce ne personedi ogni età, attivando con fre quenzaspettacoli, seguiti con interes seanche dalle popo lazioni di Budoia e diSanta Lucia.

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Nel 1928/29, «... Avevo 6-7 anni quandocalcai le tavole del palco scenicoreggendo la bandiera da vanti agli attoriche cantavano il «Va’ pensiero...» alla fi nedella recita de «I Martiri di Belfiore» primadi avviarsi al patibolo. Questo dram ma furap pre sentato anche a Colle Umberto, suinvito dell’allora dottor Sche nardi.Sempre in questi anni feci una recitascolastica assieme alla bravissima NerinaZambon Colus, in costume del ’700.Direttore artistico e preparatore era miopadre Serafino Ponte, che de di cava lesue serate alla realizzazione di questispettacoli.Bisogna rifarsi con il pensiero all’epo ca;allora non esistevano altri di vertimenti.La vita scorreva e si logorava nel la voroduro dei campi o nell’emi grazionesta gionale...... Ma ora passiamo a citare i nomi chesono legati al teatro di Dardago.Qui li voglio doverosamente ri corda re,scusandomi se, per gli scherzi dellame mo ria, qualcuno non verrà citato: invitoquanti lo possono fare a colmare ledimenticanze.Zambon Antonio Luthol, presidente dellaFilodrammatica (così si chia mava laSo cietà del teatro), che oc cupava semprela “Buca del sug geritore” all’estre mitàanteriore del palcoscenico e che, con lasua voce piena e chiara, dava l’imbeccataall’attore; Ponte Serafino, segretario edirettore artistico, Carlon Pietro Scopio,Rigo Carlo Moreal, Zambon AntonioPalathin, Vettor Antonio Cariola, ZambonAntonio Sartorel, Janna BeniaminoBernardo, Santin Basilio Tesser, ZambonAnzo letto Marin, Zambon Fortunato Pinal,Zambon Giovanni Luthol, Zambon Pietrodella Cooperativa, Basso Paolo, ZambonAngelo Luthol, Ponte Lea, che hapresentato il mo nologo «Trieste Redenta».Per ricordare a quanti oggi fruiscono dellefinzioni computerizzate, voglio ri chia ma realcuni stratagemmi utiliz zati a sup portodelle rap pre senta zioni.Quando «I Martiri di Belfiore» si av viavanoal patibolo (ricordo don Grazioli,magistralmente imperso nato da ToniPalathin che aveva avu to a prestito latonaca da don Ro mano) infuriava nellascena not turna un temporale: i lampierano fatti da giochi di luce, i tuoni da una

anni 30Le rappresentazioni della localecompa gnia si susseguono ininter rot -tamente fino al 1940 circa.Alla fine degli anni ’30, si alterna noanche proiezioni di film Luce. Alcunibudoiesi collaborano.

anni 40Iniziano anni difficili a causa deglieventi bellici, tanto che la Filo dram -matica si smembra.

anni 50La sala teatro, abbandonata da oltredieci anni, riprende a vivere. Il meritova all’intraprendenza di alcuni inse -gnanti elementari del paese.Il maestro Giacomo Zanchet, già conesperienza di attore nella Compa gniadi teatro cittadino di Pola, coinvolgecon passione i colleghi Umber toSanson e Armando Del Maschio nellaav ventu ra teatrale e inizia a compor retesti in italiano e in dardaghese.Di quel periodo sono «L’avaro gab -bato», «L’emigrante», «Il grande at -teso», «Il sogno di Na tale»…; non sidisdegnano testi classici del Goldonio fiabe tra dizionali. Il teatro conoscecosì una seconda primavera, che siconclude purtroppo agli inizi del sestodecennio del Novecento.

Mario Ponte ricorda...

A LATO: IL PROGRAMMA DI UNA SERATA TEATRALE

DEL MARZO 1957.

SOTTO: SIGNIFICATIVE IMMAGINI DI QUEGLI ANNI.

I GIOVANI ATTORI, A FINE SPETTACOLO, CON I

LORO MAESTRI.

[FOTO PER GENTILE CONCESSIONE DELLE FAMIGLIE DEI

MAESTRI UMBERTO SANSON E GIACOMO ZANCHET].

sfera di ferro di circa 20 chili, che dueincaricati facevano correre sul pavimentoin cemento del sotto palco scenicorinviandosela l’un l’altro, la piog gia imitatada strisce di carta velina, agitate incontinuazione tra le quinte.Ricordo anche che per una “comica” (cheseguiva sempre il “dramma”, una volta si èfatto entrare in palcoscenico un asino, elmus de Raclio Thelot, fa cendolo passaredalla finestra laterale, che dall’esternoimmetteva tra le quinte del palcoscenico.Per stare ai tempi, dal teatro si passò alcinema, per cui fu costruita una ca bina diproiezione sopra la porta d’ingressoprincipale.Fu acquistata una macchina usata (filmmuti naturalmente, ancora non era ar ri va toil sonoro) e per com mentare la proiezioneè stato porta to un pianoforte a co da diproprietà di mio zio Antonio Del MaschioCussol, col quale si esibiva Biuti Franthesc,che eseguiva “i cambi” quando qualcunogridava: vòltela Biuti!Spesso la proiezione usciva per metà dalloschermo ed allora si gridava “qua dro...” epronti alla correzione erano Pietro Scopioe l’aiutante Pietro Sartorel.Durante gli intervalli, sia del teatro che delcinema, c’era qualcuno che girava conuna cesta e vendeva arance, mandarini,stracaganasse e caramelle.Due stufe a legna, costruite arti gia nal -mente, poste ai lati della sala, davano unpo' di tepore agli intabarrati o incap potatispettatori nelle fredde serate invernali».

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anni 60L’abbandono è totale.

anni 701972. Il periodico l’Artugna, nel suopri mo numero, a firma di GiacomoDel Maschio, richiama l’attenzionedel la popolazione, evi denziando losta to d’ab bando no del teatro.1976. Nel marzo di quell’anno, la salateatrale esce dal pericoloso letargo.È affidato allo spirito d’iniziativa delpievano Don Giovanni Perin l’incaricodi provvedere ai lavori indispensabiliper l’agibilità dello stabile.Dopo tanti anni di oblio, in oc casionedella festa della mamma, il 23 mag -gio, nel teatro risuonano voci festosee canti di bimbi.In occasione della sagra della Ma -don na d’agosto, è organizzata uname ga pesca di beneficenza, il cui ri -cavato è devoluto al rifacimento degliinfissi dell’edi ficio.1976. Il 4 dicembre è convocata l’As -semblea Generale di «Con cordia ePro gresso» per definire l’utilizzo deilo cali.

2002. Alcuni giorni prima della da tad’inizio dei lavori di restauro, a seguitodi abbondanti piogge, venerdì 28 giu -gno, alle ore 11.00, l’edificio si piegasu se stesso. Crolla il mito per idardaghesi!2003. ‘L è tornat a nasse! In un an -no l’edificio è ricostruito.La popolazione torna a sperare nellacomposizione di una nuova filo dram -matica.2004. Sabato 14 febbraio è il giornodell’inaugurazione del tea tro. È giuntoil momento di ali men tarlo con fervore.

Negli anni successivi fervono at tivitàteatrali e musicali, eseguite dai bam -bi ni dell’asilo parrocchiale con la pa -ziente coordinazione delle suore e didon Giovanni.I dardaghesi sono coinvolti in continuila vori di ristrutturazione e di manu -tenzio ne dello stabile.anni 801982. La Società rinnova il proprioConsiglio Direttivo.1988. Il giornale l’Artugna s’ap pellaalla sensibilità della popo lazione perriattivare il vecchio teatro.

anni 901997. La facciata ovest del teatrorivede il sole dopo la demolizionedella Latteria Sociale, che oc cupavalo spazio antistante l’edi ficio.1999. L’Amministrazione Comu na leacquisisce l’immobile, ora mai ab -bandonato e fatiscente, dalla «So -cietà Anonima Coope rativa Concor -dia e Progresso» e, nel 2001, bandi -sce un concorso d’idee per il suorestauro: fi nalmente il teatro rivedrà losplendore.

OGGI

IN OCCASIONE DEL DARDAGOSTO ’77,

È ORGANIZZATO IL PRIMO CONCERTO PER PIANOFORTE

DELLA MAESTRA TINA FAVIA ZAMBON NEL TEATRO APPENA

RIATTIVATO.

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Le opere di

Andando in cimitero a S. Lucia efacendo il giro «a salutare» leormai troppe personeconosciute, mi è parso doverosoriportare l’attenzione suibassorilievi di Tita Maniach. Più liosservo e più passa il tempo, liscopro autentiche opere d’arte,degni di essere segnalati ericonsiderati in modo piùdettagliato. Già Fabrizio Fucile inun articolo del n. 52 de l’Artugnaaveva descritto, da par suo, lavita, la personalità di artista «lasua integrità morale... il suopreferire la discussione

di Leontina Busetti

Tita SoldàManiach

battagliera o l’umiliazioneall’approvazione interessata... lasua arte scaturiva da un cuorecapace di un non comunesentire».Ma con questo ritorno sulle sueopere si vuole sottolineareun’arte non semplicementenostrana, ma forte ed incisiva,degna di stare accanto ad artistipiù noti e fortunati.Alcuni sono descritti, comequello della famiglia Busetti Pit(foto 1), dove si vede una donnache nel momento della vita in cuiavrebbe voluto «cogliere i frutti»(avrebbe voluto raggiungere i figliben sistemati a Milano) vienecolta da infarto. Il ricco cesto difrutta scolpito, forse mai visto equasi certamente maiposseduto, dà un’idea perfetta diabbondanza e soddisfazione.Ma da rilevare il piede,anatomicamente perfetto e laposizione di sforzo che premesullo scalino con le vene in rilievo.

FOTO

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Un altro descrittivo è quello dellamamma morta di parto (Scando lo-Rizzo) (foto 2): si vede la manoche sorregge il bambino con ildito mignolo leggermente piùpiegato, segno di una delicatezzache solo una grande sensibilitàpoteva sottolineare.In entrambi la morbidezzamisurata delle vesti, l’espressionedei volti rifinita e mai uguale sonomotivi che denotano unapreparazione e realizzazioneartistiche decisamente pregevolied insigni.Altrettanto suggestiva l’immaginespeculare delle due figure dellatomba Besa Coda (foto 3), con levesti leggermente einnaturalmente allungate forse atestimoniare un dolore infinito, marassegnato e contenuto.La stessa impressione che dà lafigura femminile raccolta accantoad un piccolo braciere col fumo(spirito), anche qui, un doloreprofondamente sentito, macontenuto: questo bassorilievo èdella tomba della famiglia BesaCo stante.Da rilevare, inoltre le varie «Pietà»(foto 4 e 5) sempre diverse, con ilCristo in posizioni molto differenti.Costante il motivo delle tre crociesposte su colli e in direzionidiverse, forse a indicare, in

coincidenza col tema dellaPas sione, un dolore senza confinie senza possibilità di difesa.Bel lissima quella della famigliaLachin Chiter Costante (foto 6),ma mai ripetitiva la fluidità dellevesti, la naturalezza e l’eleganzadei piedi e delle mani sempredefiniti nel loro ruolo, i volti tristi esottomessi, ma in essi non silegge mai tragicità e disperazione,ma un’intensa rassegnazione.Ne si avverte mai alcuna forma dimanierismo o compiacimentodell’abilità tipica di scultori, ocomunque, artisti minori, maespressione di un’arte benassimilata, elaborata e tradotta inautentiche emozioni.Dei suoi figli solo una, Maria, era

Foto 2

Foto 3

Foto 4

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designata come erede proprio delpadre. A soli 17 anni ha scolpitoun angelo per la tomba dellasorellina morta quando ne avevasolo 11 (foto 7). Un angelo nonstereotipato, ma con grandi ali dicui una piegata in avanti, undelicato piede che spunta dallevesti e quei fiori in mano: temiinsoliti e nuovi per un’immaginefunebre, ma indici di un’artistapotenziale. Ma, come dice lei:«Ho sposato un operaio e non eracerto ragionevole che andassi alezioni di scultura».Cinquanta’anni fa era logico così,ma pensare quali risultati avrebbepotuto ottenere, ci amareggia.Questa rinunciadovrebbeinsegnarci astimolare esoprattutto a nontrascurare neigiovani i loro piùpiccoli segnali eincoraggiarli acontinuare. A farlicontinuare.

FOTO 2. DELICATEZZA E SENSIBILITÀ NEI CORPI

DELLA MADRE E DEL PICCINO (TOMBA DI TERESA

SCANDOLO RIZZO).

FOTO 3. DUE FIGURE SPECULARI

CARATTERIZZANO IL SEPOLCRO DELLA FAMIGLIA

GIOVANNI BESA CODA.

FOTO 4 E 5. LE PIETÀ, SOGGETTO FREQUENTE

NELLE OPERE DI TITA MANIACH, IN CUI SI ESPRIME

INTENSA RASSEGNAZIONE ( LAPIDI DELLE FAMIGLIE

PAOLO GISLON E UMBERTO GISLON).

FOTO 6. IL MOTIVO DELLE TRE CROCI È PRESENTE

IN VARIE LAPIDI (FAMIGLIA LACCHIN).

FOTO 7. L’ANGELO, REALIZZATO DALLA FIGLIA

MARIA A SOLI 17 ANNI.

Foto 5

Foto 6

Foto 7

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tutto alla sua estetica, intervienela «computer graphic» che divie-ne lo strumento scelto dal parla-mento ungherese affinché la tec-nologia potesse rendere omaggioall’arte, alla politica e alla tradizio-ne. Complice del parlamentounghe rese, un italiano: FabioBastianello. Il nome del giovaneartista, di soli 33 anni, nativo diDardago, ex allievo della scuola«Ipotesi Cinema» di Olmi e delloI.A.L. di Pordenone, è già notonel nord Italia nel settore dell’ArtDirection e dell’advertising, nelquale curriculum non mancanoper altro nomi di importanza in-ternazionale tra cui Swatch eCoca Cola e diversi riconosci-menti nazionali tra cui il «premioper il miglior manifesto pubblicita-rio» in occasione del grande ra-duno degli alpini nel 1997 a Reg -gio Emilia. La propria carrieraartistica, iniziata in Italia in campofigurativo con alcune mostre per-sonali continua però in Ungheria,dove ha avuto la possibilità diesprimersi in uno dei mezzi da luioggi prediletti: la grafica tridimen-

un dardaghese

RIPRODOTTA IN 3D DA FABIO BASTIANELLOLA SACRA CORONA UNGHERESE

corte d’UngheriaFasce dorate, antiche iconesmaltate e gemme riprodotte in-teramente in 3D e proiettate inolo gramma: l’oggetto è la SacraCo rona Ungherese la cui opera diri produzione grafica ha accoltoall’ingresso i membri della Euro -pean Ministerial Company, il mee-ting Europeo dei ministri dell’Unio -ne responsabili dell’innovazionetecnologica tenutasi a Budapest il26 febbraio scorso. La Sacra Co -rona come protagonista, la grafi-ca 3D e la proiezione in ologram-ma armonizzano perfettamentecon il tema tecnologico dell’in-contro, con il suo sfondo politicoe diplomatico e con il tradizionaleorgoglio nazionale ungherese.

L’origine dell’antica corona, chel’immaginario popolare vuole es-sere stata regalata da PapaSilvestro a S. Stefano d’Ungherianell’anno mille, ha origini storicheincerte, significati politici e simbo-lici forti e precisi, tanto che sol-tanto i re incoronati con questacorona venivano considerati legit-timi, ma soprattutto un valore arti-stico d’eccezione: la sacra coro-na è un affascinante e comples solavoro d’artigianato orafo che larende un pezzo unico nel suo ge-nere. A rendere onore al misterostorico della Corona, ma soprat-

di Eugenio Marrari

alla

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sionale. Il lavoro di Bastianelloconsi steva nella riproduzione del-la corona nei dettagli: le fasce do-rate, le placche e le icone smalta-te raffiguranti gli arcangeli, gliapostoli ed il Cristo, i pendagli ele pietre preziose incastonate nel-la base e nell’incrocio delle fasce.Un lavoro oneroso che il parla-mento Ungherese ha cercato direndere il più agevole possibile,affidandogli uno staff di fiduciaed una permanenza il più possi-bile piacevole, nonostante il lavo-ro rimanesse in ogni caso osticoin mezzi e tempi: «Soltanto cin-que giorni per capire, progettaree realizzare. È stata una vera sfi-da» commenta Bastianello mo-strandoci i disegni che hanno ac-compagnato la produzione.

Il la voro di Bastianello, oltre adessere un eccellente prodotto diriproduzione, fa nascere qualchesperanza riguardo ad una futuraapplicazione della «computer gra -phic» in campo artistico o cultura-le e non solo in quello cinemato-grafico, come per altro ci han nomostrato i film pindarici dei fratelliWachowsky. «I vantaggi dellagrafica tridimensionale sono mol-tissimi» ci spiega Bastianello «unoggetto può essere riprodottonella sua integrità ad altissimaprecisione con una perfetta illu-sione di realtà» e riguardo ai pos-sibili progetti futuri auspicabili

continua «i campi di applicazionepotrebbero essere infiniti, soprat-tutto nel campo della didattica,della cultura e dell’editoria» e traquesti nomina l’ipotesi di una«memoria visiva», per dirla consue parole, dei patrimoni artisticie culturali nazionali dove i monu-menti e gli oggetti d’arte vengonoriprodotti e raccolti in un archiviografico le cui possibilità di studiosono però superiori a quello dellostatuto dell’immagine fotografica.La sua conclusione rimane peròamara ed emblematica di una dif-ficile situazione Italiana d’investi-menti carenti sulla novità e sullepossibilità culturali «Non possocredere che non si muova nulla inun paese che detiene il più altopatrimonio artistico mondiale,com’è possibile dover andare alavorare all’estero?». Come nonessere d’accordo?

NELLE FOTO ALCUNE IMMAGINI COMPUTERIZZATE

DELLA SACRA CORONA UNGHERESE

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L’altare (alto 629 cm e largo 332cm) è stato realizzato nellaseconda metà del XIX secolo edè costituito da marmi policromi.Si presenta con una strutturamolto lineare e geometrica, conquattro capitelli in stile corinzioche appoggiano sullesemicolonne. L’interno dellanicchia, ricoperta da unatempera grigio-blu e da stellinedorate ed argentate, contiene«uno splendido Cristo Crocifissoin marmo bianco, dovuto alloscalpello del vicentino OrazioMarinali (1643-1720), ricco dipathos, di accenti naturalistici, dimorbidezza nel modellato» (1)Tale manufatto, proveniente daVenezia, fu acquisito dai Budoiesinel 1841.La croce (alta 227 cm e larga114) ed il Cristo (alto 142 e largo107) sono stati ottenuti da ununico pezzo di marmo sul qualesono visibili i segni lasciati dagli

strumenti di lavoro utilizzati dalloscultore (gradina, scalpello,trapano).L’opera, di notevole pregio, ègiunta frammentata in undicipezzi e con mancanze cheinteressano il cartiglio, la manosinistra (estremità del dito e delmedio), la mano destra (estremitàdell’anulare, parte del medio etutto il pollice) e metà del piedeposto in secondo piano. Talilacune sono state rifattegrossolanamente in stucco. Lievifratture interessano la manosinistra, il piede integro e la partecentrale della croce.Tutta la superficie era ricopertada depositi superficiali misti anero fumo. Risultava visibile,all’interno delle cavità dellepieghe del perizoma, dei capelli e

La cappella del crocifisso

Chiese ancor più belle

di Simonetta Gherbezza

Dallo scorso mese di dicembre,i fedeli possono ammirare ilmagnifico crocifisso marmoreoe la relativa cappella resi ancorpiù imponenti dai sapientiinterventi…

Le parti lapidee

FOTO

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in alcuni punti della croce, unapatina giallognola probabilmentederivata da ossalati di calcio.Uno scialbo bianco ricopriva granparte della croce. Macchie diruggine erano evidenti inprossimità dei tre chiodi e tra lecosce. Di fronte a tale situazionesiamo intervenute conun’accurata spolveratura esuccessivi impacchi dibicarbonato d’ammonio,supportato da polpa di carta.Per alleggerire le macchie diruggine abbiamo utilizzato unasoluzione con acido citrico.L’interno della nicchia è statospolverato; le stelline in porporinasono state abbassate e ricopertecon una velatura costituita dapozzolana e grassello di calce.Gli elementi lapidei dell’altaresono stati puliti medianteimpacchi con una soluzionetampone a pH 9, supportata dapolpa di carte e da fogli dicellulosa. Sullo sporco piùconcrezionato abbiamo usato delvapore acqueo. Sui quattrocapitelli in stucco abbiamoproceduto con un sistema dipulitura a secco (gomma espugne whishab). Le stuccaturedecoese o che sbordavano sullapietra sono state eliminate esostituite con una miscela dicalce, sabbia e polvere di pietra.Sulla scultura sono stati eliminatii rifacimenti in stucco (mani epiede) e gli interventi riguardantiparti mancanti sono stati limitatiallo stretto necessario. L’intonacosui lati dell’altare è stato rifatto

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con un impasto di sabbia egrassetto di calce. Sul retro, lelacune sono state stuccate concalce e sabbia, esuccessivamente tutta la pareteè stata dipinta con grassello dicalce diluito in acqua.

(1) BERGAMINI G. (cur.), Gui da arti sticadel Friuli-Venezia Giulia, Passariano (Ud),Asso cia zione fra le Pro Loco del Friuli-VeneziaGiu lia, 1999.

NELLE PAGINE: PARTICOLARI DELL’OPERA

DEL MARINALI DURANTE I RESTAURI E A LAVORI

ULTIMATI.

IN ALTO: LA DOTT.SSA SIMONETTA GHERBEZZA

AL LAVORO.

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Partendo da un altezza di 9 metricirca, siamo intervenute suidiversi materiali presenti qualistucchi e dipinti murali realizzati acavallo tra il XIX ed il XX secolo.Con il termine stucco si intendequalunque decorazione a rilievo omodanatura architettonica,costituita di gesso e/o calce, dasoli o miscelati, con la possibilitàd’aggiunta di altre sostanze(sabbia, polvere di marmo, ecc.).Il basso costo dei materiali dibase e la facile modellaturarispetto alla pietra, hanno fatto sìche lo stucco sia servito inepoche e civiltà diverse permodellare parti di strutturearchitettoniche come cornici,cassettoni, capitelli e altro.È proprio con tale materiale chesono stati realizzati gli stucchi, etutti gli elementi aggettanti chedecorano la volta della cappella(cornice con elementi decorativiad ovoli). Sono trentasei rosonicostituiti da due differenti motividecorativi a fogliame che siripetono, ognuno dei quali èposto su un fondo blu-grigio,inquadrati in una cornice atempera dai colori giallo emarrone, con ai lati rettangolariraffiguranti finti marmi e piccoliquadrati rossi con all’interno fioriin stucco. Le decorazioni instucco sono ricoperte sia da unafoglia d’argento meccata che dauna foglia d’oro. Ricchissimo èl’ornamento realizzato nel XX conla tecnica della tempera,raffigurante girali di fiori e foglieche si ripetono su tutta lasuperficie delle pareti.Ad un’analisi visiva abbiamonotato che tutte le superfici presein considerazione erano coperte

Stucchi e dipinti murali

Chiese ancor più belle

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interessavano la pellicola pittoricaè stato usato gesso scagliola ostucco vinilico. Tutti gli elementimetallici a vista (perni in legaferro/carbonio) sono stati trattaticon un convertitore di ruggine(Ferstatab).In accordo con la direzione deilavori, si è deciso di effettuareun’integrazione mimetica che hainteressato rispettivamente i fintimarmi e le decorazione dellepareti, risultate abrase omacchiate, uti liz zando coloriacrilici considerati stabili neltempo.

da uno strato concrezionato dipolvere mista a fumo di candela,depositatasi negli anni; ciò haportato ad una progressivaopa ciz zazione della fogliametallica e della policromia.Efflorescenze saline, abrasioni,cadute della pellicola pittorica edell’intonaco, nonché ritocchicromaticamente alterati,interessavano i dipinti murati.Alcuni stucchi si presentavanonon completamente ancoratiall’intonaco.Individuate dunque le tecnicheartistiche originarie e le diverseforme di degrado, si è procedutoalla scelta delle metodologied’intervento. Sulle zone doveerano presenti sali abbiamoapplicato degli impacchi di acquademineralizzata supportata dasepiolite. Il metodo di pitturaadottato è stato a secco (conpennelli di varie durezza e spugnewishab) sulle zone sensibiliall’acqua, mentre sulle fogliemetalliche è stato scelto unsistema acquoso (soluzionetampone a pH 8,9). Gli stucchisono stati fatti riaderire alsupporto per mezzo di una resinasintetica (Vin na pas CEF 10).Negli stucchi d’intonaco sonostate eseguite iniezioni di malte(Albaria), mentre nei punti dovequesta non penetrava è statofatto un consolidamento a punticon perni di plastica imbevuti divinnapas. Iniezioni di vinnapassono state adoperate anche neisollevamenti di pellicola pittorica.Sulle decorazioni a temperarisultate decoese, abbiamoapplicato a spruzzo una resinaacrilica (Pa raloid B. 72) diluita inacetone e diluente nitro al 10%.Le stuccature delle lacune piùestese sono state portate atermine mediante calce e sabbia,mentre per i piccoli dislivelli che

A SINISTRA: L’ALTARE DEL CROCIFISSO COME

SI PRESENTA DOPO I LAVORI DI RESTAURO E,

NEL PARTICOLARE, IL TABERNACOLO CON

INTARSI MARMOREI POLICROMI.

SOPRA: L’INTERVENTO SUI DIPINTI MURALI DA

PARTE DELLA DOTT.SSA RITA MAZZOLI.

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Si continua a lavorare al restaurodella nostra bella chiesa plebanale.

I lavori finanziati dalla Regione(consolidamento, pittura internaed esterna, impianto elettrico) so-no ormai terminati anche se si do-vranno effettuare alcuni ritocchi dipittura. Gli interventi tecnicamen-te più difficili sono stati quelli rela-tivi al consolidamento delle mura-ture, della struttura del tetto edell’intonaco.

Rela ti va mente a que ste opere,viene riportata, più sotto, la rela-zione tecnica di Ivano Benedet,responsabile della Ditta che le haeseguite.

Ora rimangono da effettuarealtri lavori, alcuni molto impegna-tivi ed onerosi che potremo effet-tuare solo se saranno finanziatied altri che verranno eseguitigrazie alle disponibilità esistenti ealle offerte dei parrocchiani.

Chiese ancor più belle

Proseguono gli interventidi restauro.Altri lavori sono previstiper i prossimi mesi.

Dardago

(Continua a pagina 22)

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La Ditta FI.BE. srl di Ivano Be nedet di Fontanafreddaha eseguito lavori di restauro nella strutturaarchitettonica della Chie sa Parrocchiale di Dardago.Ri portiamo la relazione tecnica degli interventieseguiti.

CONSOLIDAMENTO DELLE MURATUREÈ avvenuto il consolidamento delle murature tramitel'esecuzione di perforazioni con attrezzaturadiamantata a rotazione del diametro di 63 mm,utilizzando il sistema di raffreddamento dell'utensilead aria, nell'asse delle murature per la posa dei tirantiorizzontali consistenti in barre di acciaio tipoDywidag del diametro di ventisei millimetri e mezzo.Successivamente alla tesatura, nei fori sono stateiniettate miscele colloidali a base di calce.

CONSOLIDAMENTO DELLA STRUTTURA LIGNEADEL TETTO E DELLA VOLTA.Eseguita un'accurata pulizia delle strutture dallapolvere e la rimozione delle parti marcescenti otarlate, si è proceduto ad un trattamento conimpregnante antitarlo e consolidante del legno.Quindi, è stata integrata la tirantatura di sostegnodella volta alla struttura lignea sovrastanteaggiungendo e sostituendo, dove necessario, deitiranti di legno.

CONSOLIDAMENTO DELL’INTONACO DELLA VOLTACon l'ausilio della mappa termografica della voltasono state individuate le zone di distacco fra lastruttura lignea e l'intonaco. L'intervento si èsviluppato in due fasi: una prima di consolidamentomediante la posa sotto filo dell'intonaco di una seriedi supporti collegati alla struttura lignea; la seconda,di riempimento e d'incollaggio degli strati distaccatidell'intonaco con delle specifiche boiacche a base dicalce additivate con delle resine per aumentare ilpotere d'incollaggio.

NELLE FOTO: ALCUNE FASI DELL’INTERVENTO

DI CONSOLIDAMENTO DELL’INTONACO

DELLA VOLTA DA PARTE DI IVANO E MICHELE BENEDET.

ENTRATE USCITE

Lavori di ristrutturazione e risanamento della Pieve di «S. Maria Maggiore» di Dardagoriconosciuti dalla Regione del Friuli Venezia Giulia comprensivi di spese tecnichedi progettazione e di direzione lavori 352.762,39

Lavori eseguiti dall’Impresa Zanchetta Costruzioni SpA in corso d’opera non previstima necessari al completamento della ristrutturazione 46.234,76

Lavori eseguiti in economia (decoratori, restauratori, opere varie per la sistemazionedella Cappella Feriale, materiali vari, pulizia) 8.158,74

Offerte pervenute da privati (213 donazioni) 18.293,00Soci della «Cooperativa La Fratellanza» di Dardago 12.597,00«Unione Provinciale delle Cooperative Friulane» Pn 5.000,00

Mutuo decennale erogato dalla CRUP di Aviano a parziale Copertura dei lavorifinanziati dalla Regione Friuli Venezia Giulia 314.212,50

Utilizzo disponibilità di cassa della Parrocchia 16.000,00

Totale entrate 366.102,50Totale uscite 407.155,89

Debiti ancora da saldare alla data del 29.02.04 41.053,39

PER IL CONSIGLIO AFFARI ECONOMICI · FABRIZIO ZAMBON

Situazione finanziaria alla data del 29.02.04

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Da sempre sulle pareti della chiesa di Dardagocampeggia il ricordo della sofferenza di Gesù nelsuo cammino verso la Croce, della sua morte edella deposizione nel Santo Sepolcro.Il percorso attraverso le Sta zioni della Via Crucisè reso ancor più drammaticamente vivido graziealle rappresentazioni delle tavole litografiche editeda Turgis a Parigi e presenti nella chiesa dalla finedel 1800.Nell’attesa di ricavare maggiori approfondimentisull’arti sta/stam pa tore francese e sull’origine diquelle litografie a Darda go, la nostra redazionedesidera ringraziare Ruggero Zambon Pinal, dettoGero, già conosciuto come collaboratore delnostro giornale e noto per la sua sensibilitàartistica e la raffinata tecnica pittorica; a lui infattisi deve il restauro delle litografie, ultimato dapoco, dedicato ad un meticoloso e minuziosolavoro di ricostruzione che ha saputo restituire aquelle 14 tavole l’antico e sacro splendore.«Durante il restauro – ci confida Gero – ho rivistoi momenti vissuti dai nostri uomini e dalle nostredonne davanti a queste immagini sacre,ho riascoltato le loro preghiere e i loro cantiquaresimali».

Restaurate le stazionidella Via Crucisdi Vittorio Janna

A SINISTRA: DUE DELLE STAZIONI DELLA VIA CRUCIS RESTAURATE

DA GERO ZAMBON.

Siamo in attesa di vederci rico-nosciuto un finanziamento perconsolidare la struttura della cu-pola dell’abside (sopra l’altaremaggiore). Il legno in molti punti èletteralmente marcio e urge, quin-di, un intervento radicale, com -plesso e costoso. Se si interverràsulla cupola sarà opportuno an-che dar luogo ai restauri all’inter-no dell’abside.

I lavori che non sono finanziatiriguardano la sistemazione delle

sacrestie, la creazione della cap-pella feriale nella sacrestia di sini-stra, la costruzione dei servizi edaltri interventi. Tali interventi sa-ranno portati a termine anchegrazie al volontariato di un grup-po di artigiani locali che genero-samente hanno offerto la loro di-sponibilità e che già da oraanti cipatamente ringraziamo.Na tu ralmente ci saranno in ognicaso molti costi che, sommati al-le rate da pagare per estinguere

nel tempo il mutuo del finanzia-mento, richiedono che continui ilflusso delle nostre offerte.

Di seguito riportiamo il quadroeconomico delle spese sostenu-te e delle offerte pervenute.

I CONSIGLI PER GLI AFFARI ECONOMICI EPASTORALI DI DARDAGO

(segue da pagina 20)

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de la platha

Quello che posso raccontare sulBalèr della piazza del paese mi èstato in buona parte raccontatodai vecchi della mia famiglia, indi-cativamente quando avevo dai seiagli otto anni di età, prima che miononno morisse, all’età di 75 anni.

La vita quotidiana di allora erascandita da ritmi e da attività chenella nostra società odierna nonesistono più. Una di queste atti-vità era l’abituale ritrovo serale ditutta la famiglia nella stalla, unicoluogo della casa ove era presente

un tepore costante, garantito dalnumeroso bestiame presente.Spe cialmente in pieno inverno,per il gran freddo, le giornate cor-te e le ridotte attività possibili al-l’esterno, la stalla era il luogo do-ve si svolgevano dei lavori utili perla casa e per il lavoro dei campi(si impagliavano fiaschi, venivanocostruiti ceste e cestoni di variotipo, le donne lavoravano la lanae così via). In tale ambiente, poi,avvenivano le discussioni, si pro-grammava il da farsi aspettandola buona stagione e i grandi rac-contavano ai bambini le loro sto-rie di vita vissuta, racconti per lo

El balèrdi Angelo Janna Tavàn

EL BALÈR CON LA SUA RICCA CHIOMA COME

APPARE IN UNA FOTO DEGLI ANNI ’50.

Ricordi

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più di lavoro, nonchè aneddoti divita paesana. Sono queste storiedel passato, trasmessemi daivec chi di famiglia, che ora mi per-mettono di contribuire a raccon-tare alcune cose sul Balèr.

Partendo da lontano, mi paregiusto ricordare che prima delBalèr, al suo posto vi era un ba-golaro (crucugnèr). Si parla indi-cativamente della metà del 1800,epoca in cui le condizioni di vita inpaese dovevano essere impron-tate realmente alla miseria, bastipensare che i ragazzi di varie etàaspettavano l’au tunno per potermangiare i frutti maturi del bago-laro (le crùcugne). Per fare ciò eper non aspettare che i frutti ca-dessero al suolo da soli o che ve-nissero man giati dagli uccelli, c’e-ra l’abitudine di lanciare deibastoni di legno contro la chiomadell’albero per far distaccare ifrutti. Talvol ta però, imprudente-mente, per lo stesso scopo veni-vano anche lanciati dei sassi: fucosì che un ragazzo di dodici an-ni, della famiglia dei VettorPanèra, una se ra venne colpitoalla testa da un sasso in cadutalibera, che gli procurò un gravetrauma, tanto da fargli perdere lavita durante la notte. Tutta la co-munità rimase sconvolta e addo-lorata per quanto accaduto; nes-suno aveva mai prima stimato untale pericolo indotto dall’albero.

L’anno successivo, verso ilme se di maggio, periodo in cui leapi sciamano, un’intera colonia diquesti insetti si era riunita attornoa un ramo del bagolaro. Per cer-care di catturarle e riaddomesti-carle, salì un uomo esperto, privoperò di protezioni al volto. Per unqualche disguido, invece di riu-scire a raccoglierle, fu da esse at-taccato in massa. Qualcuno dallecase vicine, accortosi del perico-lo, fece miracolosamente in tem-po a lanciare dalla finestra unpaiòn de scartosse (un materas-so dell’epoca), sul quale lo sven-turato si lasciò cadere, fortunata-mente senza gravi conseguenze.

In seguito a questi fatti, la co-munità decise di eliminare il ba-golaro, ormai considerato fontedi sventura. Dopo l’abbattimen-to, il suo legno fu utilizzato, in ag-giunta a quello proveniente daiboschi, per la produzione dellacalce che sarebbe servita a co-struire il campanile.

Proprio negli anni in cui av-venne la costruzione del campa-nile, nella piazza, in sostituzionedel bagolaro fu messo a dimoral’attuale platano, che col tempo

Già da alcuni anni, ogni volta che mitrovo in piazza a Dardago, molte volteper andare dal medico, mi capitainevitabilmente di riflet tere sullepenose condizioni ve getative del tantocelebrato Balèr (Platanus hybridaBrot).Ritenendo che esse siano evidenti agliocchi di chiunque, mi chie do cosa nepossa pensare la gente di Dardago, enon solo quel la. Puntualmente però,non rie sco a darmi una risposta.Ho così deciso di approfittare delladisponibilità concessami dal periodicodella comunità dardaghese per aprireuna discussione sull’argomento,immaginando di su scitare l’interesse diparecchie persone disposte a dire laloro.Credo infatti che l’argomento si prestiparticolarmente ad essere discusso,considerando il significato e il valoreche ognuno di noi può attribuire alBalèr.Prima di tutto vorrei descrivere leprecarie condizioni vegetative dellapianta, dato che mi sembrano il fattoreattualmente più rilevante. Esse sonostate, e continuano ad esserenegativamente influenzate da piùelementi, primo dei quali l’etàavanzata, che in maniera naturaleinfluenza la vigoria; vi è poi la grossacarie interna al fusto, che quasi «dasempre» lo caratterizza e, non ultimoper importanza, il drastico interventodi sramatura-capitozzatura eseguitoall’inizio degli anni novanta per motividi incolumità pubblica.La combinazione di questi fattori, coltempo ha portato al risultato attuale,quello cioè di trovarsi di fronte a unapianta ormai priva di chioma e ridotta

Considerazioni

El balèr, simbolo diDardago è sempre

stato oggetto dinotevole attenzione daparte dei dardaghesi edella Amministrazione

Comunale.Pubblichiamo una

analisi ed una propostaprovocatoria al fine diraccogliere l’opinione

dei lettori.

di Mauro Zambon

fu poi chiamato correntementeBalèr da tutta la comunità, pren-dendo spunto dalla forma globo-sa dei frutti che esso produce an-nualmente.

L’anno preciso in cui fu pianta-to non lo conosco, ma certamen-te il periodo è compreso tra il1854 e il 1863, per cui ad oggi sipuò dire che abbia un’età di circa145 anni.

Del Balèr voglio ricordare unracconto, trasmessomi dai mieivec chi, che spiega l’origine della

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al fusto (cavo) e a parte delle brancheprimarie interessati da estesi fenomenidi carie in atto, con l’unica presenza dirami vitali di tipo epicormico, cioèinseriti direttamente sul fusto(originatisi per reazione della piantadopo la drastica sramatura).In termini fisiologici, la pianta stalentamente morendo, in quanto iprocessi degenerativi a ca rico dellamassa legnosa (causati dall’azione difunghi lignivori, la cosiddetta «carie»),sono ben maggiori della poca massadi nuo vi tessuti prodotti ogni annodalle parti vive. Tutto ciò si traduce inuna sempre più scarsa vitalità dellapianta, ovvero in una sua lenta agonia.Da un mio punto di vista, vorrei oraprovare a spiegare i motivi per i qualisarei propenso a sostituire il Balèr conun nuovo giovane albero, spero senzascandalizzare nes suno e comunquecercando di comprendere i motiviaffettivi che ad alcune personeprobabilmente impediscono dicondividere questa mia posizione.Gli alberi sono da sempre, per loronatura, dispensatori di servizi perl’uomo. Tali servizi sono molteplici evariabili in funzione del fatto che sivogliano considerare singoli alberi,gruppi di alberi oppure intere foreste.Mi limito a citare alcuni sempliciesempi che riguardano i singoli alberi,come l’ombra, l’ossigenazione dell’ariae l’effetto estetico. È chiaro che talibenefici effetti vengono offerti daglialberi quando essi si trovano in buonecondizioni vegetative, quando cioèsono «efficienti».Per tornare al Balèr, mi sembra che lasua funzione estetica sia ormai per lopiù esaurita, mentre non mi sentirei di

sottovalutarne le condizioni statiche,anche se privo di chioma e quindi conre lativo minor peso verso l’alto. Infatti,le porzioni di tessuti sani presentilungo la circonferenza, a livello delcolletto (la parte bassa del troncovicino al terreno) sono molto ridotte ela tal cosa, considerando l’inclinazionedel tronco, non lascia ben sperare perla sua stabilità (specie in caso di fortitemporali). Un altro aspetto da tenerpresente è poi quello che il fusto, cavo,possa offrire alloggio e protezione acerti organismi, come per esempio gliinsetti, che talvolta risultano pericolosiper l’uomo (è il caso di vespe ecalabroni).Per chiudere con le argomentazioni,aggiungo un particolare, so litamentepoco considerato, che peròrecentemente ha avuto una maggiorediffusione proprio sulla scia della 9a

Conferenza mondiale sui cambiamenticlimatici, tenutasi all’inizio di dicembre2003 a Milano e riguardantel’applicazione del protocollo di Kyoto.Come è noto, si è parlato dellanecessità di riduzione delle emissioniin atmosfera dei cosiddetti «gas serra»ed è stato sottolineato il ruolo delleforeste come accumulatori dicarbonio, vale a dire la loro capacità difissazione del carbonio atmosferico ela sua trasformazione inmacromolecole organiche. Detto inparole povere, è stato rivalutato il ruoloattivo degli alberi, che producendolegno ed accumulandolo durante il loroaccrescimento sottraggono anidridecarbonica dall’atmosfera,contribuendo così a ridurre ilcosiddetto «effetto serra».È chiaro, e mi ripeto, che una pianta

vitale e vigorosa si accresce, producelegno e risulta quindi efficiente anchesotto il profilo della riduzione di «gasserra», mentre nel caso di una piantascarsamente vitale, come nel caso delBalèr, si è proprio nella condizioneopposta, dove prevalgono i fenomenidegenerativi che in definitiva portanoalla mineralizzazione della sostanzaorganica, con rilascio di anidridecarbonica.Ebbene, anche quest’ultimaconsiderazione mi fa propendere peruna sostituzione del Balèr con ungiovane albero, pur consapevole checomunque si tratti di un contributoinfinitesimale rispetto al problemaglobale dell’effetto serra.Ho però volutamente toccato anchequesto aspetto, perché credo che lasensibilità della comunità di Dardagoper il suo albero possa riuscire ascoprire, e fare proprie, nuovemotivazioni, anche se diverse daquelle fino ad oggi condivise, chesono prevalentemente di naturaaffettiva e storica (…co deàn dacanais a dhujà sote ’l balèr… cuantamiseria!).Nutro perciò fiducia nel fatto che, conla giusta consapevolezza, i dardaghesi(e magari non solo loro) possanorealmente cominciare a discutere suquale sarà e quando potrà arrivarel’erede del nostre Balèr.Immagino che l’Artugna possa benaccogliere le critiche e le proposte chechiunque si sentirà di faresull’argomento, mentre io finalmentepotrò, come dicevo all’inizio, capirecosa ne pensa la gente di Dardago.

grossa cavità originatasi nel fu-sto. Quando la pianta era giova-ne, col tronco che misurava circaventi centimetri di diametro, inoccasione della sagra del 15agosto vi legarono un paio di ca-valli e un mulo, perché rimanes-sero all’ombra: erano, poveretti,la forza motrice che aveva traina-to a destinazione i carri carichi diangurie, tradizionale specialitàdella sagra di Dardago. Mentre glianimali furono sistemati sotto ilBalèr, le angurie vennero deposi-

tate in catasta a ridosso del cam-panile, in modo che anch’esse ri-manessero all’ombra. Nel pome-riggio del giorno della sagra, inbrevissimo tempo venne avantiun tremendo temporale, che sipensava potesse distruggereDardago. Nel volgere di pochi mi-nuti sulle strade l’acqua correvacome nei torrenti, con un’altezzadi 20-30 centimetri. Tutta que-st’acqua, correndo vorticosamen-te, riuscì a sollevare le angurie e adisfarne la catasta, tra sci nandole

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poi lungo la via Brait e depositan-dole qua e là nei prati che porta-vano verso Budoia. Per la gioiadei giovani, che senza troppapaura del temporale le rincorreva-no a piedi nudi e ne mangiavanoa sazietà. Il giorno dopo, qualcu-no si accorse che gli animali ave-vano eroso un’ampia por zione discorza sul tronco del Balèr e alcu-ni vecchi allora dissero che non sisarebbe più rimarginato bene, inseguito a quella ferita (anch’io,per mia esperienza, posso direche le ferite fatte alle piante nelmese di agosto sono di difficileguarigione).

Nonostante questa ferita, colpassare del tempo il Balèr si ac-crebbe con buona vigoria e rag-giunse discrete dimensioni, anchese nel suo fusto, sul lato privo dicorteccia, iniziò a formarsi unacavità via via di dimensioni sem-pre maggiori, tanto da poter ospi-tare più persone al suo interno.

Credo che rimanga scolpitonei ricordi giovanili di molti com-paesani il piacevole riparo chespesso nottetempo offriva: allecop pie di fidanzati bisognose discambiarsi tenere effusioni, ga-rantiva, con complicità, la giustaatmosfera. Galeotto fu il Balèr! È ilcaso di dire.

LA FERITA DEL BALÈR: UNA GROSSA CARIE

INTERNA AL FUSTO CHE METTE A REPENTAGLIO

LA VITA DEL NOSTRO PLURICENTENARIO ALBERO.

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27

Ho poi il ricordo di certe torridegiornate estive, quando dalla suafolta chioma centinaia di cicale,ognuna dal canto preciso e maistonato, suonavano una musicadegna di un’orchestra sinfonica,rallegrando metà paese.

Nel 1959 fu asfaltata l’interapiazza di Dardago; mi ricordo chefeci presente a diverse personeche il Balèr ne avrebbe sofferto, inquanto l’acqua piovana nonavrebbe più bagnato le sue radicicome in precedenza. Negli anniche seguirono infatti, la sua chio-ma lentamente si fece meno foltae rigogliosa, cosa che continuò fi-no ai nostri giorni.

Nei primi anni ’80, dei calabro-ni cominciarono a frequentare laparte interna del tronco, fino astabilirvisi e fare il nido. Essi eranoun vero e proprio pericolo per chiinavvertitamente si avvicinava alBalèr e proprio per questo alcunepersone decisero di eliminarli fa-cendo fuoco dentro alla cavità deltronco, che ormai si estendeva inaltezza fino ai primi rami. Per fareciò, verso sera, quando essi si riu-nivano nel nido, venne impiegatauna certa quantità di carta di gior-nale, bagnata con del carburante.

Dopo la gran fiammata inizialeperò il fuoco, invece di spegnersilentamente, continuò piano pianoad ardere, perché la parte internadel tronco era secca e veniva acrearsi un tiraggio proprio comein una canna fumaria.

Dopo un po’ Agostino VettorCariòla, dal suo bar in piazza de-cise di telefonare ai vigili del fuo-co, dato che il fuoco non accen-nava a diminuire. «Venite inpiazza a Dardago, che c’è un al-bero che sta bruciando e c’è pe-ricolo per le case attorno» disseloro. I vigili del fuoco inizialmentepensarono che si trattasse di unoscherzo, però poi intervennero esi resero conto che la cosa erapiuttosto seria.

Dopo aver domato le fiamme,fu offerto loro da bere e proprio inquel momento le fiamme riprese-

50 ANNI DOPO: EL BALÈR ACCUSA IL PESO

DEI SUOI TANTISSIMI ANNI.

ro di nuovo dall’interno del Balèr.Così lanciarono ancora acqua avolontà, questa volta spegnen-dolo definitivamente.

Data la sua ormai notevole etàe a seguito di tutte le angherìesubite, lentamente i suoi rami co-minciarono a seccarsi, a partiredalle punte e, progressivamente,aumentava il pericolo che potes-sero cadere e procurare danni apersone o cose. Il Comune ed ivigili del fuoco decisero così ditagliare i rami pericolosi e di ab-bassare la chioma: era il 1990.Passato qualche anno, il Co mu -ne fece eseguire un interventocurativo al tronco da parte di unaditta specializzata, che lo disin-fettò, applicò dello stucco sulleferite e una rete metallica a chiu-sura della cavità.

In questi ultimi anni lo vedosempre più malandato e privo diavvenire.

E così mi chiedo: «Cosa verràdopo di lui? Potrà poi bastarcisolamente il suo ricordo?»

Credo di no: per l’ornamentoe per la gioia di vederle crescereche ci danno, le piante sono no-stre compagne indispensabili;abbiamo tanto bisogno di loro edè nostro il compito di piantarle,seguirle nello sviluppo e aiutarlenei momenti critici.

Il tutto con la speranza di noncontinuare ad arrecare loro le fe-rite e gli insulti di vario tipo subitidal Balèr.

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La città di Açailandia si trova a800 km all’interno del paese, ècircondata dalla foresta equato-riale amazzonica; il periodo dellamia permanenza era la stagionedelle piogge per cui ogni giornoavevamo un acquazzone accom-pagnato da un caldo soffocante eda un’umidità opprimente.

Da Açailandia suor Antoniettami scrive: «Il tuo piccolo Lucas èentrato nella «Casa Famiglia», loha accompagnato la mamma: ve-dessi quanta freddezza in quelladonna… speriamo che qui troviun po’ d’amore.

Ieri abbiamo festeggiato gli 11anni di Vanessa, mancavi solo tu».

Lucas è un bambino di 6 anni,secondo di sei fratelli, la mammafa la prostituta, il padre non lo hamai conosciuto; vive, assieme aifratelli, con altri sette cugini, con ilnonno ed uno zio… non hannoné da mangiare, né di che vestire.

Vive tutto il giorno nella strada,non ha avuto affetto, una carezza,le prime volte che mi avvicinavo siritraeva per paura, poi piano pia-no ha cominciato a dare confi-denza.

Quando sono partito è venutoanche lui a salutarmi alla stazionee mi ha buttato, piangendo, lebraccia al collo: suor Antoniettami ha guardato commossa e miha detto: «È la prima volta che ab-braccia qualcuno».

Vanessa è una ragazza di 11anni: da tre anni è violentata dalpadrino nell’indifferenza totaledel la madre. L’ultima volta è finitaall’ospedale per gravi lesioni inter-ne; ora è ospite anche lei della«Casa Famiglia».

Due casi che rappresentanouno spaccato di questa città sortacirca una ventina di anni fa in unazona rurale dove vivevano soloagricoltori. Lo sviluppo è comin-ciato con la costruzione della stra-da Belem-Brasilia ed è arrivatagente da tutto il Brasile perchéc’era la possibilità di lavoro nellasiderurgia e nelle miniere di ferro e

A gennaio sono partito per un me -se di volontariato in Brasile: primatappa Salvador de Bahja e preci-samente la favela Baixo do Tubodove mi aspettava suor Rita.

Come ricorderete nel numerode l’Artugna di Pasqua 2003 par-lai di questa suora e del suo im-pegno nella favela e della neces-sità di raccogliere dei fondi perampliare e consolidare l’asilo cheospitava i bambini della favela

FOTO IN ALTO: DOPO IL DOLCE E IL GELATO

LA DISTRIBUZIONE DI UN SACCHETTINO DI

CARAMELLE AI BAMBINI DELL’ASILO.

FOTO IN BASSO: UN GRUPPO DI BAMBINI

DEL BARRIO CAPALOZZA.

NELLA PAGINA ACCANTO: LUCAS (AL CENTRO)

CON DUE SUOI FRATELLI.

di Pietro Janna

Dare spazio agli altristessa. Nel corso dell’anno sonoriuscito a raccogliere anzi a supe-rare la somma richiesta con offer-te ricevute in parrocchia, moltedai miei ex colleghi e attraversoprivati cittadini; da queste paginedesidero ringraziare tutte quellepersone che hanno contribuito arealizzare questa iniziativa.

Quando ero lì, i lavori erano giàa buon punto e con la sommaraccolta siamo riusciti a fare dueaule in più del previsto.

Lasciato Salvador mi sono re-cato ad Açailandia nello stato delMaranhao grande quanto l’Italiacon una popolazione di circa 5milioni di abitanti ed è uno deglistati più poveri del Brasile.

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ranza. Ancora una volta ho vissu-to un’esperienza meravigliosa ac-canto a queste persone così cari-che di umanità e amore chesanno ascoltare il grido dei poverinel silenzio e nell’umiltà, rispettan-do la loro sensibilità nella consa-pevolezza che basta un piccologesto per rendere felice una per-sona.Un saggio indiano scriveva primadi morire:

per servire si deve capireper capire occorre ascoltareper ascoltare bisogna tacere.

Ascoltare significa dare spazio al-l’altro… coinvolgerci con lui.

29

carbone. La foresta pluviale è sta-ta disboscata al suo posto sonosorti migliaia di ettari di eucalipto,pianta di rapido accrescimentoche si presta molto bene per rica-vare il carbone con cui alimentarele siderurgie.

Oggi il lavoro scarseggia, il70% della popolazione è sotto lasoglia della sopravvivenza; per chiha un lavoro il salario è di 70 euroal mese.

La scolarizzazione è numerica-mente migliorata ma di pessimaqualità: molti alle medie sannoappena leggere e scrivere.

Lo stato sanitario non è miglio-re: vermi, pidocchi, lebbra, mala-ria, tbc, asma, 36 casi di Aidsconcla mati. Ogni forma di assi-stenza medica è a pagamento!

Non c’è concetto di famiglia,molto forte il senso del maschili-smo per cui l’uomo è padrone,può andare con la donna chevuo le senza farsene una colpa ela donna, per la promessa dellasesta basica (che consiste in unpaniere di riso, fagioli, oli), si com-piace. I bambini il più delle voltenon hanno di che mangiare, pas-sano anche giorni e giorni senzamangiare nulla; molto diffusa è laviolenza domestica e la prostitu-zione minorile favorita dalla stessamamma.

Nel 1994, qui sono arrivate lesuore della provvidenza guidateda una dinamica ed intrapren-dente suora trentina: suor Anto -nietta Defrancesco. Per un annohanno sondato in silenzio, con di-screzione e rispetto delle loro abi-tudini e, senza intromettersi nellarealtà, hanno cercato possibilileader e con questi hanno comin-ciato a lavorare.

Sulle magliette hanno stampa-to una colomba con la scritta:«Ottimo che la tua mano aiuti avolare ma non rischiarti a tenerestrette le ali».

Oggi, a distanza di otto anni,hanno creato un centro che sichiama CIFEC (centro di integra-zione scuola famiglia comunità)

dove ospitano 600 ragazzi suddi-visi in due turni uno al mattino euno al pomeriggio offrendo loroun pasto che per quasi tutti è l’u-nico della giornata: menù fisso abase di riso bollito e fagioli.Vengono svolte attività di dopo-scuola, biblioteca, sport, danza,teatro, informatica, falegnameria,ceramica, cucito, alf a be tiz za zionedegli adulti, assistenza pedagogi-ca e sociale. Hanno costruito duecase famiglie (una maschile e unafemminile) attraverso le quali dan-no assistenza ai casi difficili comequelli esposti; hanno, inoltre, co-struito una panetteria con annes-sa pizzeria.

Molto forte è la presenza reli-giosa con un gruppo liturgico at-tento, preparato, motivato e coin-volto da un consiglio pastoraleefficiente: l’unica messa settima-nale è vissuta e partecipata comeun evento straordinario.

Quotidianamente una suora edun laico visitano le famiglie perascoltare i loro bisogni e per por-tare una nota di amore e di spe-

Ci sarebbe qualcuno disposto a fareun’adozione a distanza a favore delpiccolo Lucas?Per informazioni contattarePietro Janna al numero 338 6707619.

Un altro dardaghese, MarioSantin Tesser, sta dedicando ilsuo tempo ai bambini dellaMissione di San Carlos in BoliviaHa trascorso già alcuni mesi traloro, collaborando attivamente inun laboratorio di falegnameria.Il suo sogno è di ritornare inautunno in quella missione.Confidiamo di poter daremaggior spazio alla sua opera divolontariato in un prossimonumero.

LA REDAZIONE

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Un’affezionata lettrice ci ha

fatto pervenire i suoi ricordi,

in parlata dardaghese,

sulla sua infanzia trascorsa

nel nostro paese.

Dalla lettera che li

accompagnava ricaviamo

queste informazioni

che ci permettono di

presentare l’autrice.

«Mi chiamo Ida Rigo. Sono nata aDardago il 24 agosto 1924.

I miei genitori sono Isidoro RigoMoreàl e Andreana Busetti

Caporàl.I miei nonni materni furono Luigi

Busetti e Santa Del MaschioCùssola.

I miei nonni paterni furono AdamoRigo e Anna Kuska di originepolacca e slovacca, nata nei

Carpazi nel villaggio dove nacqueanche mio padre.

Isidoro e Andreana hanno avutosei figli: Jolanda (1922), Giovanna(1931), Alfredo (1936) sono nati in

Francia; io, Linda (1927) e Lidia(1930) siamo nate a Dardago.

Alfredo è morto nel 2001 a 65 anni.Ho studiato in Francia; dal 1950

ho continuato gli studi in Svizzera dove ho conseguito i diplomi di

ostetrica, infermiera e strumentista.Ho un gran desiderio di

raccontare in dardaghese i mieiricordi. Sarà possibile?»

*Siamo lieti di accontentare la

nostra lettrice. In questo numeropubblichiamo i suoi ricordi di

tre anni trascorsi nella casa dellanonna materna a Dardago.

Il racconto continuerà nei prossiminumeri.

«Un pòc da ride e tant da no dismen-tià» 1936-1938

’L é nassùt me fradèl Fredo (Alfre -do) e me mare l’é stada tant, ma tantmal; quasi la moreva, ma l’aga deLourdes i l’à salvada e l’à vedut laMadóna.

No ài dismintiàt: ‘veve tredese ainse me mare ’l à varave campat an-ciamò 40 ains. Me pare l’à dita: «L’è laIda che l’à da tende a Fredo» e cussì ’lé stat.

Ai dit a me mare: «Mi, co soi pìgranda fathe l’infermiera e ti, mare, tecure adès». Son dudhi a Dardàc memare, mi e Fredo picinìn, un bel fanto-lin. Che contenta che l’era me nonaSanta! E ancia me nono Gigi.

Me mare la dheva a Sathìl pa cu-rasse co’ la Ida Monte Busetti. Menona l’era amiga co la Vitoria Thisa e ià prestàt la careta e la mussa.

Mi deve co’ Bepi Ciampàner, che’l veva ’na ciavàla e la careta, a tò les’ciatole de late «Nestlé» dal spethièra Pordenòn pa Alfredo.

*’Na matina sente thiâ: «Stra the,ossi, pèl de cunicio!».

Ài clamàt me nona e i ài dita:«Nona, àto strathe?» Me nona, chel’era ’n te la so ciambra: «No, lestrathe se le dopera; l’è sempro bone,basta che le sea nete. No vae a tha-varià co i strathèrs, mi!», e la continuat

a sistemà ’l so stramàth che ’l era fatde scartòth de blava.

*Quan che me nona la veva da on-de el formài ’nte la stanthìa la me cla-mava e la me diseva: «Ida, te dàe vin-ti schèi; te me toe da Colùs dièseschei de conserva, thinque schei depevre e co’ i altre thinque schei te tetoe le pierete de orzo».

Dopo la freava le pethe de formaico’ l’oio e ’l pevre.

*Me nona la feva al levàt pal panco’ la farina de siàla e mi dheve a cu-sinàlo ’ntel fôr de Tessèr. E che bon,che bon che ’l era chel pan de siàla!

Se dhèva ancia a cusinà el pan dame agna Fiorina, so suor de me no-na, ma le ciatava da dì pal palegrèn:«Mi me mancia ’l palegrèn». E l’altra:«Ancia a mi ’l me mancia». I era dutidoi compagni. No ve dise el profunde chel pan!

*’Na sera me nono me contava lastoria de «Guerino meschino», ’nastoria de Guerino ch’el vigneva dhòdal Saùc fin in Val de Croda e ’l fevapura a la dhent. Me nona i diseva dano contàme storie de strie, ma mi noveve pura! Dopo un poc sente Fredo,al me nino, che ’l à la tós: l’era in girola tós pagana. I l’à ciapada. Un dì vinsù me agna Fiorina; ’l era al mes

La Ida la ne conta…di Ida Rigo

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d’aost. «Andreana – i dis a me nona– doman me fiol Bepi al sèa in Val deCroda. Manda la Ida co’ la carothelae ’l nino in Val de Croda co’ Bepi;cussì ’l cambia aria».

Ài portàt Fredo in Val de Croda.Mi e Bepi ’von magnàt pasta e fasòi.Che bona che l’era! Dopo, Bepi ’l meà portàt a beve l’aga fresc’ia, dhò ’n-tei Agaròi. Co’ la scortha de na ramaBepi ’l à fat ’na piria e ’von beùt.Fredo ’l dormèva. Co la carothela mesoi instradhadha pa tornà a ciasa.

La carothela l’era fata de vencsco’ le rode de fer che le feva bacàn.

Un tòc in dhò sente: «Idaaa!Idaaa!..», l’era la Rosi de la Gio va naCa porala che l’era a passòn coi puisu le rive dongia l’Artugna, «Sta caun toc co’ mi, Ida». Soi stada là untoc; ài tot su biei flors e i ài portàth aciasa e metudh a la Madona. Fevesempro altarins a la Madona coi flors.

*Me plaseva sentì la Neta a thià,co’ la so careta e la mussa: «Bei po-mi, carobole, stracaganasse!».

Domandave a me mare dieseschei pa’ le stracaganasse. Me mareno la voleva e me nona:»Vato tant athavarià pa’ diese schei! Ciapa, ciapaIda.

*Me plaseva vede me nona a lavà laroba. L’aveva metùt da banda lathenìsa de le legne del so bosc, belanèta. La feva foc pa’ s’cialdà l’aga, lacolava la thenìsa su la roba e la butaval’aga de bói. La roba la vigneva bélaneta co’ un profun che no ve dise.

*Soi dudha un grun de volte in Val

de Croda co’ el me Fredo ch’el stevameio da la tos pagana. Un dì vignevedhò co’ la carothela co’ le rode de

fer… Madona! Ài vedùt su ’na ramade ’na cassia ’na vipera intorgoladha.Savèo che thacagnàda de pura se lase butàva su par mì e Fredo! Cori,cori, Ida, come ’na saeta! Soi dudhaa contàla a la Vitoria Thisa. In chelacapita me nona; la portava la mussae la careta che l’era dudha d’imprèstpa’ l’Andreana pa’ dì a Sathìl. ’Vonmagnàt pan de siàla e formai e sondudhe a ciasa. Me mare: «Ida, bastadì in Val de Croda!». E me nona:«Che tiri! ’L è dudha pa ’l nino».

Me nona a fà da magnà l’era mestra.Dut Dardàc vignéva a clamàla pa ipast de nothe. La feva dut sul foghère le pignate su le bore.

GRUPPO FAMIGLIARE RIUNITOSI IN OCCASIONE DEL MATRIMONIO DILINDA RIGO. È RICONOSCIBILE LA NONNA SANTA DEL MASCHIO CUSSOLA.

NEL RIQUADRO: IL PICCOLO ALFREDO RIGO, PROTAGONISTA DEI

RICORDI DI IDA.

A SINISTRA: LA IDA RIGO, CLASSE 1924, LA NE CONTA…

Me plasèva duià a schei co’ le meamighe. Un dì ’veve vinto e ere dutain agitathiòn. Fredo, a vèdheme, alplandèva e no se àlo rebaltàt da lacarothela! L’ài portàt drento; bôte dame mare, thiàde da me nona! Me no-no: «La lassèo stà chela canàia! Nolse à fat nuia!

La me à tôt i schei. Ma a l’in-domàn me nono, de scondiòn, i me lià tornàdhi.

*Me nono Gigi ’l deva ’ntel bosc

dongia l’Artugna a tò i vèncs pa’ fàtheste e thestute. Savèo che pulìdhoche i le feva. Dut Dardàc el vigneva atòle. El feva ancia le bancie a tre piè,chele pa molde ’ntel stale, e caregute.

Gigi ’l tornava dal bosc: «Santa, àiciatàt fòncs e bale dardàne». ’Voncojùt sul larìn la polenta coi fòncs.Che magnà dha! Me nona la metevale patate sul trapiè e, sote, tante borepa’ rostìle.

«Nona, co te bute la polenta, lás-seme la cialdieruta!». Ài butàt un fiàde lat e che bone le scalete col lat!

’Ndeve spes da la Gigia deMarco, l’era gran amiga de me mare.La me contava tant de ’na volta: «Coto mare la feva l’amor co’ Isidoro,’na volta i ài domandàt se i plasévaIsidoro e liena la me à respondùt che’l é fat de oro. Nealtre se riduthavae se ciantava: «Isidoro fat de oro!Isi doro fat de oro!».

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32

Un giorno, come era solito fare,Guido va all’edicola per acquista-re il quotidiano, e là vede un ra-gazzino strappare ad un signoreebreo, ben individuabile dallastel la di David sulla schiena, ilquo tidiano che anche lui avevaap pena acquistato.

Guido, vedendo questa tristee pie tosa scena, rimprovera il ra-gazzino dicendogli che non c’eraalcuna legge che vietasse agliebrei di leggere il giornale, quindine compra uno nuovo per darloal signore ebreo. In seguito questiriceve altre volte il quotidiano dalnuovo amico incontrato all’edico-la: forse Guido voleva evitargli ul-teriori umiliazioni.

Un giorno accade il peggio,una retata, fortuna vuole che Gui -do si trovi nei paraggi e in quellaimprovvisa confusione riesce anascondere col proprio corpo l’a-mico dell’edicola che stava peressere catturato e a farlo entrarein un portone dove abitavanopersone amiche. Da lì in breve gliprocura un salvacondotto per ilBelgio, salvacondotto che ottiene

27 GENNAIO

Già da alcuni anni, il 27 gennaio è dedicatoal ricordo delle tragedie consumate nei campi di sterminio nazisti. Oltre allegrandi storie rievocate e conosciute,esistono piccoli episodi locali che meritanocomunque di essere citati.

Wuppertal (Germania)1942 - 1943

Un quotidiano,un’amicizia

attraverso funzionari che frequen-tavano abitualmente il ristorantedell’albergo in cui lavorava.

Finisce la guerra, passano glianni e nei paesi gli amici si ritrova-no e si raccontano dove hannotrascorso quegli anni. Guido rac-conta ad un amico, che durante laguerra era rimasto negli Stati Uniti,che lui lavorava in Germa nia, aWuppertal. E l’amico «ame ricano»:«Ma allora eri tu...». E gli dice cheper molto tem po c’era sta to unannuncio su un giornale in cui sicercava un certo «Gui do» che du -rante la guer ra lavorava a Wup -pertal, al Kaiserkhof Hôtel.

Sicuramente era l’a-mico ebreo che vo-leva contattarloe scrissero alquo t id i anoamericano,sapendo dailoro fugaciincontri chelà negli StatiUniti, c’erano unfratello, dei cugini edegli amici di paese: eraprobabile che qualcuno l’avrebbeinformato.

Il «Guido» di questa storia eraGuido Busetti ed era mio papà.

Io ho immaginato di averglipiantato un ulivo nel «giardino deigiusti» in Israele.

LEONTINA BUSETTI

memoriagiorno della

SOPRA: IL NOSTRO PROTAGONISTA A WUPPERTAL

AGLI INIZI DEGLI ANNI ’40.

A DESTRA: GUIDO BUSETTI IN UNA FOTO DI

VENT’ANNI FA.

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Giorni fa, sfogliando le pagine di un vecchio libro di messa della nostra mamma, ho trovato un foglio autografo di mio fratello Ferruccio Zambon Tarabin, classe 1922, scritto durante la sua prigionia.Combattente in Jugoslavia, fatto prigioniero fu deportatoin Germania a Buchenwald, località a circa 80 km ad ovestdella città di Lipsia. Tra il 1943 e il 1945 fu internato nel campodi concentramento nazista nel quale morirono circa 560.000persone, molte delle quali vittime di disumani esperimentiscientifici.

SILVESTRO ZAMBON TARABIN

Un prigioniero nel lager sogna la mamma un tesor,mentre la sposa lontana prega perché torni ancor,quando la sera s’imbruna stanco egli vien dal lavor,mangia quel poco che danno e con nostalgia canta egli allor.

Mamma ritornerò questa è la speranza mialontan da te io soffro infinita nostalgia,prega per me, o mamma, come io prego per tee se la sorte è amica, felice sono di tornare a te.

Il quotidiano lavoro filtra il più forte pensier,ma non s’abbatte il morale dell’italian prigionier,sopporta l’ira tedesca che ci minaccia ogni dì,sembriam tanti fratelli e tutti in coro cantiam così:

Mamma ritornerò, mamma ritorneremo,la nostra patria allor noi la riconosceremo.Ma se qualcun di noi più non ritornerà,la sorte è stata avversa, in cuor di ognuno non lo scorderà.

FERRUCCIO ZAMBON

«Un prigioniero nel lager»ossia

«Mamma, ritornerò!»

FERRUCCIO ZAMBON TARABIN

SOTTO: IL DOCUMENTO ORIGINALE DELLA POESIA

SCRITTO DURANTE LA SUA PRIGIONIA

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Giorno importante nella vita contadina era il giornodell’uccisione del maiale, perché assicurava cibo per tuttol’anno a tutta la famiglia. Del maiale non veniva scartato nulla.Quello che non si poteva utilizzare come alimento venivautilizzato per altre lavorazioni come spazzole, pennelli,sapone ecc.Qui di seguito viene descritta una ricetta che utilizzava ilsangue del maiale appena ucciso, raccolto in un catino esubito fatto bollire per tre o quattro minuti. Il sangue cosìcotto e rassodato veniva poi tagliato a fettine e consumato lasera stessa dell’uccisione, perché comunque facilmentedeperibile. Il piatto, allora considerato molto prelibato, venivaaccompagnato da una bella polenta fumante.

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BACCALÀ MANTECATO

Ingredienti [per 10 persone]500 g di stoccafisso250 g di olio extravergine50 g prezzemolo1 litro di latte1 spicchio d’agliosale, pepe q.b.

PreparazioneMettere in ammollo il baccalà in acqua. Dopo circaun giorno e mezzo cambiare completamente l’ac-qua e lasciarvelo per un altro giorno e mezzo. Aquesto punto scolarlo, eliminare la pelle, le lische ele spine. Mettere ora a scaldare un litro di latte e,quando è giunto a bollore, mettervi il baccalà ridottoa pezzetti e quando il latte avrà ripreso il bollore sco-lare il baccalà (conservando il latte). Quindi un pocoalla volta frullarlo aggiungendovi l’olio a filo. Nel casorisultasse comunque troppo asciutto aggiungere unpoco del latte bollito. Quando il tutto sarà ben mon-tato e diventato di un colore molto chiaro e dellaconsistenza di una purea mettete il composto in uncontenitore, aggiungere sale, pepe bianco, duespicchi d’aglio tritato e mantecare con una frusta.Mettere quindi a raffreddare e servire a temperaturaambiente accompagnato da polenta calda.

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SANGUINACCIO DI MAIALE

Ingredienti [per 4 persone]3 1/2 etti di sanguinaccio tagliato a fettine2 cipolleuna noce di burro2 foglie di salviasale, pepe q.b.

PreparazioneIn un tegame far imbiondire burro e salvia, unirvi duecipolle tagliate sottilmente, cuocere per circa dieciminuti a fuoco moderato aggiungendo una tazzinadi brodo se necessario. Inserire quindi le fettine disanguinaccio e cuocerle sempre a fuoco moderatoalcuni minuti per parte. Aggiungervi sale e pepe eservire con polenta.

Si ringraziano per la collaborazione Piero Vettor Cariola, Noè e Piercarlo Del Puppo

a cura di ADELAIDE BASTIANELLO

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’n te la vetrina

NELLA FOTO: ANNO SCOLASTICO 1955/56FILA SUPERIORE DA SINISTRA A DESTRA:DANIELA BOCUS DELLA ROSSA, MARISA PIAN, SANTINAZAMBON LUTHOL, LOREDANA BOCUS FRITH, ANGELAZAMBON PINAL, LILIANA BOCUS FRITH, BEATRICE IANNACIAMPANER, SOLIDEA ZAMBON PALA, CECILIA BUSETTICAPORAL.ACCOSCIATI DA SINISTRA A DESTRA:LUIGI ZAMBON MARIN, FRANCO BUSETTI CAPORAL, FLAVIOZAMBON TARABIN MODOLA, RODOLFO SPINA, PIETROZAMBON BISO, MARCO ZAMBON TARABIN TUNIO, MARIOZAMBON VIALMIN, GIANNI ZAMBON ROSIT, MAURIZIOGRASSI, PAOLO ZAMBON PALA.MAESTRO: UMBERTO SANSON.

(FOTO DI PROPRIETÀ DI CORNELIO ZAMBON MARIN)

NELLA FOTO: ITALIA ARIET CONIL MARITO GIUSEPPE PUSIOL,NEGLI ANNI ’40, A VENEZIA.

(FOTO DI PROPRIETÀ DELLA NIPOTE LAURA DEDOR)

NELLA FOTO: UN BEL GRUPPO DI «MILANESI»NEGLI ANNI ’60.

CI SCUSIAMO CON I LETTORI PER LA DIDASCALIARIMASTA INCOMPLETA. PURTROPPO NON CI ÈSTATO POSSIBILE INDIVIDUARE TUTTI ICOMPONENTI RITRATTI NELLA FOTO.

PRIMA FILA: ANTONIO FORNI, ... GERONE(MUSICISTA), ?;SECONDA FILA: ANTONIO BASTIANELLO, BASILIOCOLUSSI (VIOLINISTA), ?, LUIGI GERONE, ITALIABASTIANELLO, LUIGI ZANUS PERELDA, GINATASSAN, LUCILLA TASSAN;TERZA FILA: ELISA DE CHIARA, ?, ANGELINAVENTURA, MADDALENA ZANUS, ... COLAUSSI,... COLAUSSI (FIGLIO), ... MARSON, ?, LUIGI GANT,... GALLETTI, ?, ERMELLINA DE PIANTE, ?, GIULIOTASSAN, ... CIMAROSTI;QUARTA FILA: IN COSTUME, ... FILIPPI, ... FRATELLI,... MAZZOCCO, DARIO GALLETTI;QUINTA FILA: ... VISENTIN, GIUSEPPE TASSAN, ?,... VIOL, ?, ?, ?,?, LA BAMBINA IN GINOCCHIO ÈLORELLA TASSAN.

UN ACCORATO APPELLOAI LETTORI

Se desiderate far pubblicare fotoa voi care ed interessanti per le nostrecomunità e per i lettori, la redazionede l’Artugna chiede la vostra collaborazione.Accompagnate le foto con una didascaliacorredata di nomi, cognomi e soprannomidelle persone ritratte.Se poi conoscete anche l’anno,il luogo e l’occasione tanto meglio.Così facendo aiuterete a svolgerenella maniera più corretta il servizio socialeche il giornale desidera perseguire.In mancanza di tali informazionila redazione non riterrà possibilela pubblicazione delle foto.

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Quando mi è stato chiesto di scrivereun omaggio per la nostra cara amicaVilma Angela, prematuramente scom-parsa lo scorso 22 dicembre 2003,mi sono trovata in difficoltà per leemozioni che inevitabilmente rivivo ri-cordandola, per l’impossibilità di de-scrivere la sua eccezionale persona-lità in così poche righe e soprattuttoper l’imbarazzo di interpretare il senti-mento ed il dolore di un’intera comu-nità e degli amici.

questo lo faceva sempre con unapunta d’orgoglio.

Osservavo con stupore il modo incui trattava i clienti soprattutto quelliche abitualmente frequentavano ilbar: li accoglieva sempre con il suo«ciao vecio», con il sorriso sulle labbra,padroneggiando con destrezza ancheil veneziano... Anche a loro manca emancherà la cara Vilma sempre cosìaffabile, cordiale, allegra e solare... leiche, anche in una città co sì turistica,vivace e dinamica era riuscita a crearsiil suo gruppo di amici...

Per quanto riguarda noi budoiesi,è difficile immaginare le ricorrenze re-ligiose e laiche senza Vilma che diffi-cilmente si lasciava sfuggire nono-stante i numerosi impegni.

Ci mancherà alla Messa diPasqua, alla Messa di Natale, allaMes sa delle 18.00 a cui era solita par-tecipare... ci mancherà alla festa deiFunghi, alla marcia, al Pane e Vin...

Sono sicura che ognuno di noi haun ricordo proprio e personale diVilma. Questo è il mio ed un ricordoforte e positivo, che pur nel dolore,riesce ancora a strapparmi un dolcesorriso.

«È stato facile volerti bene, impos-sibile dimenticarti. Ciao, Vilma!»

STEFANIA

gliare ma anche nella realtà del no-stro paese. Era dotata di un parti -colare carisma, era una di quelle per-sone che una volta conosciute nonpuoi dimenticare, una persona chelascia un segno.

Non si può scordare una personache dà amore e lei amava la vita. Lodimostrava con le parole, grazie allasua indubbia capacità comunicativa,e con i suoi piccoli e semplici gestiquotidiani. Aveva sempre una parolabuona e di conforto verso coloro chene avevano bisogno, fossero essibambini o persone anziane. Sapevadare il giusto valore alle cose: conso-lare a anche sdrammatizzare.

Amava stare in compagnia, an-dare alle feste o alle cene, alle mani-festazioni e ovunque andasse porta-va una ventata di allegria catturandosu di sé l’attenzione grazie alla suaspontanea gestualità e alle sue bat-tute sempre pronte in dialetto bu-doiese o in veneziano... a seconda didove si trovasse.

Cambiava il dialetto ma lei erasempre la stessa: a Budoia, la picco-la realtà in cui è cresciuta, e aVenezia dove si era perfettamente in-tegrata. Quando andavo a Vene zia epassavo al bar a salutarla (guai seandavo a Venezia senza passare dilà!) l’accoglienza era sempre gioiosasia che fossi da sola sia che fossi incompagnia di amici. In poco tempocoinvolgeva i suoi clienti abituali,spiegava loro che ero di Budoia e

Cara Vilma,sono tante le cose chevorrei dire ma voglioricordare un episodioaccaduto l’ultimo giornopassato assieme che mi hafatto capire ancor più la tuagrande bontà d’animo equanto poco ci vuole perrendere felici le persone:la carezza e il bacio che haidato a due anziani, ladolcezza del tuo sguardo ela felicità che traspariva dalloro volto per questosemplice ma grandee profondo segno d’amore.

GIOVANNI

Vilma!Nonostante ormai da parecchi

anni vivesse a Venezia con le amatefiglie ed il marito, Vilma era una «bu-doiese doc». Appena poteva infatti,libera dagli impegni del bar che gesti-va assieme al marito Danilo, raggiun-geva la sua amata Budoia per far vi-sita alla famiglia e ai numerosi amici.

Difficilmente potremmo dimenti-care questa cara amica che ha vissu-to una vita breve ma in pienezza, congrande dignità e fermezza nei proprivalori e doveri morali.

Ora come non mai si riaffaccia vi-vo il ricordo di Vilma ed è legato aduna situazione che vivrò fra non mol-to. Ricordo che nel giorno della Cre -sima dei miei fratelli, si è avvicinatacon il suo solito modo così gioioso,espansivo, vivace e mi ha detto cheavrebbe partecipato al mio matrimo-nio anche se non invitata... era il suomodo per farmi capire che in un gior-no così importante per me non sa-rebbe mancata proprio perché inquesto valore lei credeva molto e loviveva con serietà, rigore e coerenza.

Ecco, proprio questo mi piacevae mi colpiva di Vilma: la fermezza e ladedizione con cui viveva valori comeil matrimonio, la famiglia e non ultimol’amicizia. Spero che, anche se nonsarà presente fisicamente, il suoesempio così luminoso sia per me unmodello a cui affidarmi e un punto diriferimento.

Ricordo Vilma come una presen-za forte e gioiosa nella mia vita fami-

Arrivederci

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Lasciano un grande vuoto...l’Artugna porge le più sentite condoglianze ai famigliari

È già trascorso un anno dalla tra-gica e prematura scomparsa diGiovanni Pujatti, giovane ventino-venne di Villanova di Prata, men-tre cercava di portare a terminequello che doveva essere il nido diuna nuova famiglia. Era un giova-ne intraprendente, amante del faifa te, di professione fisioterapista.Così mi hanno parlato di Giovannii suoi genitori (in particolar modola mamma) che ho avuto modo diconoscere a casa loro.Giovanni aveva una grande pas-sione per le nostre colline bosco-se tra le quali gli piaceva passeg-giare con la fidanzata Federica.Era anche un appassionato roc-ciatore e frequentava la palestradi roccia sul Crep de San Tomè anord di Dardago. Già all’età di 13

Commovente incontro

IL MIO DIO

Credo in un Dio creatore e demiurgo,perché il mondo è troppo perfetto nella sua imperfezioneper essere frutto di casualità e non di causalità.

Credo in un Dio che ci aspetta nell’aldilà,perché questa vita sarebbe troppo banale se puro accidentee non transizione tra un prima e un poi.

Nel frattempo, comunque, vivo, da usanza per l’uomo senza temere le invenzioni di questoriguardo la divinità.

La mia vita non è una valle di lacrimeMa un cammino spontaneo e animale troppo spesso ostacolatoda chi pensa di possedere una verità più vera di un’altra.

GIOVANNI PUJATTI 1/6/1994

anni veniva con altri amici aDardago attratto dalle bellezzedei nostri luoghi.A Giovanni piaceva comporre poe-sie. In sua memoria mi piace pub-blicarne una, scritta dieci anni fa.

ESPEDITO ZAMBON

Non tutte le persone hanno il dono della fede,tu sì e non ti ha mai abbandonatoGesù Bambino ti ha reso una nonna specialee ti sei meritata un dono speciale: il Paradisoe siamo sicuri che anche da lassùci starai sempre vicino

LUCA, FRANCESCO ED ELENA

Adele Bocus Del Maschio

Il loro ricordo non sfuma

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Quando ci ritroviamo per una visi-ta in camposanto oppure prendia -mo in mano un vecchio numerodel periodico l’Artugna, scorronodavanti ai nostri occhi non solovolti, nomi, date, vecchie fotogra-fie ma anche ricordi, avvenimenti,episodi e piccoli gesti di vita vis-suta.

È indubbiamente struggente lamemoria delle persone care e deipaesani che ci hanno lasciato nelfiore dell’età o comunque inter-rompendo prematuramente ilpro prio cammino terreno. E fra itanti Benito Zambon Maressiàlche se ne è andato quasi all’im-provviso il 6 febbraio 1984; è sta-ta, nello stesso tempo, una perdi-ta per la famiglia e per lacomunità tutta.

«Zio Benito» era molto legatoalle associazioni e da appassio-nato di calcio seguiva le vicendadell’A.S. Budoia.

In chi scrive, è ben presente unepisodio del primo campionato diterza categoria, anno 1972/73,quando Benito, assieme al grup-po donatori di sangue, offri il pal-lone da calcio nuovo di zecca per

Benito, amico di Dardago

l’incontro casalingo con la capoli-sta Caneva. Era un vero lusso peri tempi. In questi giorni, avent’anni dalla morte, la famigliaZambon Maressiàl nel ricordare ilproprio caro, è affettuosamentevicina a Dardago ed ha inviato unsostanzioso contributo a favoredelle attività associative e in parti-colare per i lavori della nostraChiesa.

Un sentito ringraziamento.

UGO PALA

Sono passati ormai 10 anni daquel tragico giorno di febbraio. Cisembra impossibile perché, in noiche ti eravamo vicini, il ricordo dite è ancora vivo come se l’ultimaparola scambiata risalisse a ieri.Sappiamo che da lassù non ti di-mentichi di volgere lo sguardo anoi e questo ci consola quandorimproveriamo al destino di averciprivato così presto della tua alle-gria.

I TUOI GENITORI, PARENTI ED AMICI.

Ciao, Abramo!

Il loro ricordo non sfuma

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Le ali legate

I mai dimenticati richiami che tu risvegli sono abbracci del passato insiemi elettivi che s'innalzano in un cielo di meraviglie, prima d'impeto, poi arresi da voli d'ali legate.

Potersi volgere a quel filo invisibileche è il ritorno!A quella sorpresa selvaggiaessenziale e terrestreche sta nel tuo amore vivo,nel mioe in tutti quelli che si amano.

Ma non sai, non ti giunge ancora. Non sai sentire l'anima vera, il giorno nuovo trattenuti nelle tue mani.

Il fuoco si crea da sé arde la terra carpirà il suo spazio trapasserà ogni frontiera di vento e tu hai pensieri d'argilla ghirlande azzurre sulle labbra.

Tra incantesimi e confessioni sopravvive l'ombra che non vuoi, solitudine magica e folle che ripete le sue sillabe addormentate.

Un'onda di vita vorrebbe lasciarsi andare nell'incontenibile spazio del passato e del presente, ma gli attimi creati intensi possono smarrire la voce ferita che non sa d'amare e quelle ali di pietra non osano toccare il segno delle tue parole scomerse: (Scendono ugualmente su di me, accarezzandomi)

Calivo

L’aria la se à fat, de colpo, fredaE un tremòre vien al me respiro:par tut al fiume se alsa biancoe lisièr el calivo e se slargae l’una e l’altra sponda ingiote;resta el balbotàr de l’aqua grisache fa s’ciacàr na barca ligàda,d’altri romòr sol un’ eco fiàpa.

CANZIO TAFFARELLI · 1992

Solo se vuoi, l'intento profondo e chiaro passerà sopra la tua anima, guiderà libere ali di verità immense che coglieranno le tue emozioni (da sole sono fuochi senza sogno) per farne mazzi fioriti e popolare d'indomabili stelle l'altra mia notte.

LAURA MORO

L’angolodella poesia

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Cronaca I Madi 2003

1. Via San Tomè2. Via della Chiesa e Via degli

Artigiani3. Via Tarabin4. Piazza Vittorio Emanuele5. Via Pedemontana

Occidentale6. Via Rui De Col e

Via Parmesan7. Via Rivetta e Via Caporal8. Via Stradon e Via Manzoni9. Via Castello e Via Masarlada10. Via Brait, via Ciassival,

via Umberto Martina

Le offerte raccolte dagli incaricatiammontano a 1.090,00 euro

SOPRA: LA SUGGESTIVA IMMAGINE DELLE CHIESADI DARDAGO RECENTEMENTE RESTAURATA EABBELLITA CON I MADI.

A LATO: ANCHE SANTA LUCIA RISCOPRE LATRADIZIONE DEL MADO.LO SI PUÒ AMMIRARE ACCANTO ALL’ORIGINALEPRESEPIO.

(FOTO DI ALBERTO DEL MASCHIO).

Anche quest’anno la corsia cen-trale dell’antica pieve, nel periodonatalizio (dal 24 dicembre al 6gennaio), è stata ornata da 10bellissimi madi ognuno rappre-sentante le famiglie di una o piùvie del paese.

Ringraziamo la popolazione perla generosità dimostrata e so-prattutto quelle persone che me-ravigliosamente hanno contribui-to ad addobbare i madi, che sisono prodigate per l’organizza-zione e per la raccolta delle offer-te. Fase quest’ultima necessariama delicata e non sempre facileda attuare. Grazie di cuore.

***Anche a Santa Lucia, per il Na -tale 2003 si è voluta rivivere latradizione del «mado». Accanto alpresepe preparato sulla caretadella famiglia di Angelo Fort Fut,non l’appropriato sbrodicio, maun elegante abete si è colorato difrutta fresca e secca, dolci, fili dilana e immagini sacre.

In questo modo tradizione efede insieme hanno dato vita adun momento che non vorrebbeessere solo celebrativo, ma spe-ranzoso nel suscitare affetto e in-teresse per le nostre anticheusanze.

FABRIZIO FUCILE

La somma è stata così ripartita

Pro Restauro Chiesa di Dardago euro 730,00Pro fiori Chiesa euro 150,00Per l’acquisto di 5 nuovi abeti euro 60,00Riserva per eventuali acquistidi nuovi abeti euro 150,00

TOTALE euro 1.090,00

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Domenica 8 febbraio 2004, pres-so il ristorante «Ciasa de Gahja»,la Pro Loco di Budoia organizza ilPranzo del Tesseramento 2004,proprio per rinvigorire l’unione trai vecchi soci e accoglierne dinuovi, all’inizio di un anno che siprospetta ricco di impegni.

La tessera, che richiede unminimo contributo da parte delsocio (euro 6.00), è un segno diappartenenza, il suggello dellavolontà di sentirsi parte viva delproprio territorio, di valorizzare leproprie radici culturali e di render-si utili alla comunità, esponendosiciascuno con le proprie doti e ca-pacità.

Pa’ sostignì la Pro Loco

Il Presidente, come aveva giàfatto in occasione dell’Assembleadei soci del 31 gennaio, ribadiscela sua gratitudine per la fattivacollaborazione durante il 2003.Per far fronte agli obiettivi di que-st’anno, durante il quale nonmancheranno certo le difficoltà acui ogni associazione va incon-tro, affida a ciascuno l’impegno direperire almeno un paio di nuovisoci per riuscire a raggiungere le300 unità. Sarà inoltre prioritarioconoscere l’esatta disponibilitàdei collaboratori per le varie ini-ziative dell’associazione.

Il Presidente approfitta per rin-graziare anche Dino Persello, pre-sente in rappresentanza dell’As -sociazione fra le Pro Loco delFriuli Venezia Giulia, per la fiduciae la simpatia manifestate nei con-fronti dell’associazione.

MARTA ZAMBON

Ha visto la luce nel mese di gen-naio il primo numero del bollettinoGR.A.PO del Gruppo Archeolo -gico di Polcenigo, che si pone l'o-biettivo della «ricerca delle veritàstoriche del nostro territorio ...senza presunzione scientifica»come riferisce il presidente OscarRiet.Sono otto pagine dedicate alle at-tività svolte dall'associazione nel-l'ultimo anno. Gli articoli trattanogli scavi nella necropoli di Sot -tocolle di San Giovanni con gli in-terventi della Sovrintendenza per ibeni archeologici; la storia del ca-stello di Mario Cosmo e gli stemmidi Polcenigo di M.G.B. Altan.Seguono le relazioni delle attivitàricreative.

El GR.A.PO

Che i furti siano una triste realtàanche nei nostri paesi non è piùuna novità. Purtroppo sono finiti itempi in cui i nostri nonni e i nostrigenitori se ne andavano a lavora-re nei campi senza preoccuparsidi chiudere per bene tutte le por-te e le finestre di casa. Ma cherubino anche i camion fa ancoranotizia. È successo in via CapitanMaso a Budoia dove, dopo untentativo andato a vuoto, i malvi-venti sono riusciti ad imposses-sarsi di un camion. Per fortuna, lavicenda si è conclusa felicementee, inaspettatamente, il giornosuccessivo con il ritrovamentodella «pesante» refurtiva a Villottadi Chions.

I roba ancia i camion

Silenziosa, trascorre gran partedel suo tempo a realizzare ma-nualmente, con precisione, lavoridi arredo per arricchire il patrimo-nio della chiesa di Budoia. Hacompletato in questi giorni il tap-peto di velluto nero, con passa-maneria argentata a greca, perl’appoggio della bara dei defunti.Questa è Umberta Noemi Pa niz -zut. Un grazie da tutti i parroc-chiani.

E.A.

Co’ fil e gusela

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Non capita spesso di vedere unservizio televisivo sui nostri paesi.Per questo siamo rimasti felice-mente sorpresi quando, verso le12.30 di sabato 27 marzo, la se-de regionale di Rai 3 ha trasmes-so «Il paese sotto i monti» di Giu -liano Sadar, un breve reportagesul comune di Budoia.Il servizio presenta le caratteristi-che bellezze paesaggistiche edell’architettura spontanea dellazona, da Val de Croda, San To -mé, l’Artugna e giù per le vie e lepiazze dei paesi fino alla chiesettadi Santa Lucia.

I nostre paèspa’ television

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Domenica 14 marzo 2004 aBudoia viene organizzata una«giorna ta ecologica», grazie allacollaborazione tra Pro Loco, Co -mune, gruppo ANA Bepi Rosa,AUSER, AFDS sezioni di Darda -go e Budoia – Santa Lucia, Colti -vatori Diretti, Progetto Giovani eCollis Chorus

I volontari che aderiscono so-no una cinquantina, e si ritrovanoalle 8.00 in piazza a Budoia eDarda go. Si organizzano in diver-se squadre che ripuliscono la zo-na a sud del passaggio a livello diBudoia, il tratto di Pedemontanain località Rui de Brosa, e la rivadell’Artugna in via Rivetta aDardago.

Naturalmente i rifiuti sono ge-stiti secondo i criteri della raccol-ta differenziata, separando carta,lattine, vetro e rifiuti non compo-stabili; il materiale, che riempie

Giornata ecologicaa Budoia

più di due camion, è trasportatoda addetti del comune nell’areaecologica. Alcuni volontari diDarda go decidono di continuareanche la settimana successiva illavoro intrapreso lungo l’Artugna.

La gran quantità di rifiuti rac-colti fa riflettere sul mancato sen-so civico e assenza di sensibilitàambientale che evidentementecaratterizza ancora molte perso-ne. La speranza è che l’impegnodi altri venga recepito in manieracostruttiva da coloro che ancoranon concepiscono la natura checi circonda come bene collettivoda ammirare e rispettare.

Alla fine della mattinata i parte-cipanti condividono il pranzopresso l’ex latteria di S. Lucia, gu-stando con soddisfazione la pa -sta sciutta offerta dall’AUSER in

collaborazione con il ristoranteCa’ del Bo sco.

La buona riuscita della giorna-ta si deve, oltre al piacevole climaprimaverile, all’unione degli sforzidi varie associazioni, che hannoaccantonato campanilismi e inte-ressi di parte nel nome del van-taggio collettivo.

MARTA ZAMBON

ALCUNI MOMENTI DI LAVORO DI PULIZIA DELTERRITORIO DA PARTE DEI VOLONTARI.

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Il cammino quaresimale in prepa-razione alla grande festa dellaRisurrezione delle parrocchie diBudoia e di Dardago, quest’annoè caratterizzato dal concerto dimusica sacra, tenutosi nella par-rocchiale del capoluogo, domeni-ca 28 marzo. Alla presenza delVescovo, mons. Ovidio Poletto edi un attento pubblico, vengonoproposti Ave Verum e MesseBas se di Gabriel Fauré (1845-1924) e lo Stabat Mater, capola-voro di Giovan Battista Pergolesi(1710-1736). Ottimi interpreti:l’Ensemble vocale e strumentaleG. Fauré, il soprano StefaniaAnto niazzi, il mezzosoprano Sve -tlana Novikova e il direttore Ema -nuele Lachin.La puntuale riflessione del Ve -scovo conclude degnamenteque sto riuscito evento.

Musica Sacra pa’preparasse a la Pasqua

Dopo la latteria di Santa Lucia,trasformata in centro sociale, equella di Dardago, demolita nel-l’ambito del progetto di riqualifi-cazione dell’area, anche l’ultimalatteria del nostro territorio – quel-la di Budoia – è stata ceduta alComune. Come già anticipato inun recente numero del nostro pe-riodico, l’Amministrazione comu-nale intende realizzare un centrovisite e un luogo di vendita deiprodotti caratteristici della nostraagricoltura. Il progetto è pronto.Ora si tratta di reperire i finanzia-menti per attuarlo.

La lateria al Comun

Continuano a entusiasmare le gi-te organizzate dalla Pro Loco.Tutti esauriti i posti per la gita del28 marzo 2004, tanto che qual-cuno ha dovuto restare a casa!La mattinata è stata dedicata allavisita del Castello di Gorizia e allasinagoga ebraica. Dopo il pranzotipico in un agriturismo della zo-na, la comitiva si è spostata aCividale per il classico tour (Pontedel Diavolo, Tempietto Longo -bardo, Duomo, Ipogeo Celtico).Durante la strada del ritorno, sidecide di deviare per Maniagoper essere presenti alla festa perl’inaugurazione del nuovo logodella Comunità Montana del FriuliOccidentale. La giornata è stataintensa ma ha soddisfatto tuttiquanti grazie al clima primaverile,all’allegra compagnia e all’orga-nizzazione, capace di accoppiareappuntamenti culturali a momentidi festosa convivialità.

Pro Loco a Goriziae Cividale

Un intervento del Sindaco, Anto -nio Zambon, traccia la storia dellenostre comunità da sempre legateall’ambiente. Vengono mes se inonda suggestive immagini di no-stri sentieri di montagna, della pa-lestra di roccia e del tratto di pistaciclabile, che verrà inserita in unprogetto più ampio che colle-gherà le varie località della pede-montana lungo le strade che co-steggiano la ferrovia da Sacile aGemona. Il servizio si concludepresso il ristorante Il Rifugio, in Valde Croda, dove Manlio Signorapresenta un caratteristico e preli-bato menù.

IN ALTO: IL GRUPPO ENSEMBLE VOCALE ESTRUMENTALE GABRIEL FAURÉ PROTAGONISTADEL CONCERTO DI MUSICA SACRA DIRETTO DAEMANUELE LACHIN.

A LATO: I PARTECIPANTI ALLA GITA DELLAPRO LOCO NEI PRESSI DEL CASTELLO DI GORIZIA.

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Andreina Zonca Besa, attorniata dai nipoti e pronipotiBesa, Varnier e Zin, ricorda i 90 anni di vita.Auguri vivissimi di altri felici traguardi.

Inno a

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Auguri dalla Redazione!

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Nel primo giorno di primavera è entrata a far parte della famiglia cristiana Erika Occhielli.La parrocchia di Budoia gioisce con lei e con i suoi cari.

Camillo e Lidia Zambon Pinal il giornodel festa per il loro 60° anniversario dimatrimonio.

Il 1° marzo 2004 a Mestre il piccolo Giovanni Bastianello ha allietato con il suo sorriso la vita di mamma Francesca e papà Luca.

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Venezia, 25 gennaio 2004

Nella ricorrenza del ventesimoanniversario della morte di BenitoZambon, la moglie, i figli e la so-rella desiderano ricordarlo conun’offerta alle istituzioni (Chiesa,A.F.D.S. e l’Artugna) del suo pae-se tanto amato.

Cordialissimi saluti a tutti.

BRUNA ZAMBON

Ringraziamo di cuore tutti iparenti del caro Benito per la ge-nerosa offerta che, come richie-sto, è stata suddivisa tra la Chie -sa, l’Associazione Donatori diSangue e il nostro periodico.

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Gerenzano, 3 marzo 2004

È per noi un piacere riceverel’Artugna oggi giunta al traguardodelle 100 riviste scritte e impagi-nate con grande passione. Conl’oc casione di inviarvi un nostrocontributo per la rivista, vi comuni-chiamo il nostro nuovo domicilio.Nell’attesa di ricevere la prossimacopia, cordialmente vi sa lutiamo.

LUIGI ED ALESSANDRO JANNA

Grazie per il contributo e peraverci tempestivamente informatidel cambio di indirizzo.

S. Lucia, marzo 2004

Nel n. 96 (agosto 2002) del’Artu gna avevo scritto che eracrollato un mito. Ora, con grandesoddisfazione devo constatareche il mito è risorto.

I nostri vecchi, che tanto ave-vano fatto e dato, saranno con for -tati e soddisfatti, perché la loroopera è stata rinnovata.

Un plauso al Sindaco e all’Am -ministrazione Comunale, che inpoco tempo hanno risolto il pro-blema, migliorando la struttura egli annessi, pur mantenendo lavecchia impostazione.

All’inaugurazione del 14 feb-braio scorso, moltissima gente,anche dai paesi vicini.

Teatro significa cultura, aggre-gazione, coesione, solidarietà, di-vulgazione.

A questa rinascita o riedificazio-ne avrebbe sicuramente desidera-to partecipare il carissimo Be pinCiampaner, che mi aveva invi tatofotocopie della sua tessera datata24 gennaio 1930 unitamente aduna ricevuta di un versamento di li-re 100 fatto da suo zio Pietro in da-ta 8 dicembre 1926.

Ed ora un invito ad approfittaredi questo punto d’incontro perassemblee, conferenze ed intrat-tenimenti, particolarmente inte-ressanti e giovevoli per le nuove

ge ne razioni. Tutti diano un contri-buto di calore ed affetto per man-tenere viva quella fede che i nostrivecchi, con il loro esempio, ci han -no insegnato.

MARIO PONTE

Finalmente abbiamo il nuovoteatro. Chissà come sono con-tenti i nostri vecchi che tanto sisono impegnati per la sua costru-zione. Come avrà potuto vedere,abbiamo dedicato ampio spazioalla bella cerimonia dell’inaugura-zione. Speriamo veramente cheora venga utilizzato al meglio!

Approfittiamo per ricordare atutti coloro che ricevono l’Artu -gna, di aiutarci nel nostro compi-to segnalandoci ogni variazionedi indirizzo o di nominativo. Tal -volta, purtroppo, ci ritornano inredazione alcune riviste per indi-rizzo errato.

Brugherio, 28 febbraio 2004

Il 23 dicembre è nato SimonePeraboni, di Elio e Sonia JannaTavàn di Brugherio. Chiedo dipub blicare l’evento sul prossimonumero de l’Artugna.

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Rinnovo l’abbonamento per il2004 e invio cari saluti a tutti.

MARCO TULLIO BUSETTI · SCORZÉ

Ai prossimi 200!BRUNO GAGLIARDI · VENEZIA LIDO

Con gli auguri più cari e sinceri diun lieto anno nuovo per tutta lacomunità del Comune di Budoia.

ZAMBON · ROMA

Buon lavoro per il 2004.ANNA JANNA · MILANO

Saluti e auguri di buon anno allaredazione.

DONATELLA ANGELIN · MILANO

Un saluto dalla Scozia e un augu-rio per il vostro lavoro.

VERA ZAMBON (DE ROBERTIS) · PERTH

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enti]

Florida, 21 febbraio 2004

Carissimi, ho avuto il numerospeciale della vostra bella rivistache celebra i 100 numeri.....wow,siete ben stagionati, me ne con-gratulo con tutti voi. Ho sempreletto la vostra rivista con tanta no-stalgia di casa mia....siete tutti cosìsimpatici, semplici, in gamba.

Oggi, viviamo in un mondo fast,tutto fast...e non abbiamo tempod'essere più umani e più fratelli edancora più cristiani. Siamo… sem-pre occupati, busy, busy, busy, al-l'inglese, non abbiamo tempo pergli altri, ma solo per noi ed il nostrobenedetto lavoro. Peccato, il tem-po passa a vista d'occhio, senzache ci fermiamo per veder cosaaccade vicino a noi. Peccato,mentre il tempo fugge, ci facciamoanziani e non ci accorgiamo che ilfratello ha bisogno di una parola,di un sorriso e niente altro.

Spesso e volentieri siamo di-stratti da tante cose, e non ci ac-corgiamo che il fratello ha bisognoanche di noi. La vostra rivista midà la bella impressione che voiavete tempo per i fratelli nel nomedi quel Cristo che ci ha insegnatoad amare, perdonare, e lavorareinsieme anche se siamo diversi.

Il 25 c.m. qui negli USA vieneproiettata per la prima volta al

pubblico la pellicola girata aRoma, e ai «sassi» di Matera inBasilicata, non lontano dal miopiccolo paese della dolce Ca la -bria, Rocca Imperiale, in provinciadi Cosenza.

Il film «The passion of Christ»,forse ci potrà aiutare ad aprire unpo’ a tutti gli occhi per veder che ilFiglio di Dio è venuto su questapiccola terra per salvarci, redimer-ci, amarci nel chiamarci tutti fratelli,brothers.

Bello! Ma, per bacco, quandodiventerà realtà nel mondo di oggi,dove il terrorismo, la guerra, la di-scriminazione e la vendetta regna-no ancora supremi un po' dapper-tutto.

Non volevo mica fare la predi-ca, mi sono sfogato, in questo mioitaliano, per dirvi che la vostra rivi-sta mi fa diventar un fratello per voitutti, anche se solo in un modospirituale, elettronico, ma che dif-ferenza c'è, siamo tutti uniti nelSignore Gesù che ci ama, e ci per-dona e ci unisce sempre.

Statemi bene, pregate ancheper me, lontano fratello italo-ame-ricano della lontana Florida… la di-stanza non dice un cavolo, siamosempre italiani, cristiani, umani.

Auguroni per la vostra rivista,ad multos annos a voi tutti.

Fraternamente, vostro amico,fratello mercedario, ciao for nowto you.

FRA’ TONINO FORTUNATO

Carissimo Fra’ Tonino,siamo molto contenti ricevere, do-po qualche tempo, tue notizie dal-la Florida. Grazie per le belle paro-le. Non devi scusarti, non sonouna predica, ma ci servono per ri-flettere, per fermarci un po’ a chie-derci quali sono i veri valori dellavita.

Grazie ancora e continua ascriverci.

Volevo inoltre comunicarvi chea mio papà Marino non è perve-nuto il numero di dicembre 2003.

Un caro saluto.

SONIA JANNA

Abbiamo pubblicato l’arrivo diSimone. Le nostre congratulazio-ni ai genitori e anche ai nonni.Dispiaciuti per il mancato recapi-to postale abbiamo pensato di ri-mediare consegnando a mano iln. 100 de l’Artugna. Qualche vol-te le poste non sono proprio effi-cientissime, specialmente con iperiodici.

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DOMENICA DELLE PALME Budoia Dardago• Benedizione dell’Ulivo in piazza,

processione e Santa Messa di Passione 9.30 11.00• Santa Messa Vesperina e apertura

dell’Adorazione Eucaristica delle 40 ore 18.00 –

LUNEDI, MARTEDI, MERCOLEDI SANTO• Santa Messa e apertura della solenne

Adorazione Eucaristica delle 40 ore 9.00 9.30• Chiusura dell’Adorazione Eucaristica 18.00 12.00

GIOVEDI SANTO• Santa Messa Vespertina «In Cœna Domini»,

riposizione del SS. Sacramentoall’Altare del Sepolcro, spogliazione degli altari e adorazione 20.00 18.30

VENERDI SANTO• Suono dei 33 rintocchi

«nell’ora della morte del Cristo» 15.00 –• Azione Liturgica della morte di Gesù,

recita del Passio, adorazione della Crocee Santa Comunione 15.30 17.00

• Solenne Via Crucis, con partenza dalla Chiesa di Dardago e conclusione in Chiesa a Budoia (in caso di maltempo, la Via Crucis si svolge nella Chiesa di Dardago) – 20.00

SABATO SANTO• Benedizione del fuoco ed accensione

del Cero Pasquale sul sagrato, Veglia Pasquale, benedizione dell’acqua con rinnovazione delle promesse battesimali e Santa Messa di Risurrezione. 22.00 20.30

DOMENICA DI PASQUA• Santa Messa Solenne 10.00 11.00• Santa Messa Vespertina 18.00 –

LUNEDI DI PASQUA• Santa Messa 10.00 11.00

CONFESSIONI

Lunedi, martedi, mercoledi Santo 17.00/18.00 –Venerdi Santo 14.45/15.20 18.00/19.30Sabato Santo 16.00/18.00 14.30/15.30

18.00/20.15Bambini e ragazzi (con l’orario del Catechismo)

DELLA SETTIMANA SANTA

Situazione economica del periodico l’Artugna

Periodico n. 100 entrate uscite

Costo per la realizzazione+sito Web 4.685,00Spedizioni e varie 190,00Entrate dal 14/12/2003 al 31/03/2004 4.054,00

Totali 4.054,00 4.875,00

programma

gli

auguri

della

redaz

ione

bilancio

PASQUA DI RISURREZIONE

Per poco l’hai tu, o Morte, irrigiditosovra la croce! e in sindone ravvoltoper poco dentro l’arca di granito,l’hai, cittadin d’Arimatea, sepolto!

Donne, piangete invan! pianga lo stoltogregge, che l’ha di spine redimito:l’Emmanuele d’ogni ceppo è sciolto;non s’imprigiona, o donne, l’infinito!Ecco, Egli torna, Egli vi parla: – È dataa me la potestà del mondo, e l’orme

segnerò tra i fedeli e tra i ribelli,sempre per la sequela interminatadei secoli, clamando in mille formecon mille voci: – Amatevi, o fratelli! –

VITTORIA AGANOOR POMPILJ (1855-1910)DA POESIE COMPLETE, LE MONNIER, FIRENZE 1927

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Il campanile di Dardagovisto

dal «Vaticano»�

A Dardago è chiamato «Vaticano» quel nu-cleo abitativo a cui si accede da un arco inpietra con caratteristiche diverse rispettoai tanti altri presenti in paese. Nei tempipassati molte famiglie abitavano nelle caseche si affacciano allo stretto e sinuoso cor-tile che scende dalla Piazzetta del Cristo

verso via della Chiesa.