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L’analisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli “Federico II” Dipartimento di Sociologia

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Page 1: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

L’analisi quantitativa

Giancarlo RagoziniUniversità di Napoli “Federico II”

Dipartimento di Sociologia

Page 2: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Premessa metodologica

Obiettivo fotografare e descrivere la condizione giovanile delle

regioni del Sud Italia e delle due Isole maggiori in relazione al tema del lavoro e della partecipazione sociale

Metodo sono stati raccolti, nell’ambito del Progetto Policoro,

1460 questionari; i questi 15 sono stati somministrati a soggetti con una età superiore a 36, fino addirittura ad avere soggetti di 50 anni, fuori quindi da ogni definizione, seppur allargata, di giovinezza.

Page 3: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Premessa metodologica Considerazione statistica

le modalità di selezione degli intervistati non sono state quelle proprie del campionamento statistico, e a prima vista neanche quelle dei campionamenti non probabilistici utilizzati nelle ricerche di mercato.

Effetti indesiderati i risultati che si presenteranno non sono generalizzabilinon sono generalizzabili ai tutti i

giovani del meridione d’Italia poiché i soggetti intervistati non non rappresentano un campione statisticamente rappresentativo rappresentano un campione statisticamente rappresentativo dell’universodell’universo che si voleva ritrarre.

Effetti desiderati I giovani intervistati, tuttavia, per le loro caratteristiche, potrebbero

descrivere abbastanza bene un destinatario tipico del Progetto Policoro, in quanto più vicino agli ambienti diocesani e più sensibile degli altri al cooperativismo.

Da alcuni risultati che di seguito verranno riportati, sembra emergere che i giovani intervistati sono per lo più quelli vicini agli ambienti diocesani che esprimono certe idealità e certe configurazioni valoriali.

Page 4: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Caratteristiche strutturali I 1445 intervistati sono abbastanza equamente distribuiti fra uomini e

donne con una leggera prevalenza delle donne (55.2%), e fra le diverse regioni di provenienza.

Si nota una maggiore presenza dei campani, dei pugliesi e dei siciliani, rispettivamente pari al 23.2%, 18.5% e 16.5%; la presenza degli abruzzesi e molisani, così come dei calabresi si attesta intorno al 12% mentre quella dei lucani e dei sardi intorno all’8%

Confronto con nostre elaborazioni su censimento

Regione % dal censimento

Abruzzo/Molise 7.03

Basilicata 2.84

Calabria 9.83

Campania 28.76

Puglia 19.83

Sardegna 7.99

Sicilia 23.72

Regione n %

Abruzzo/Molise 173 12.0

Basilicata 126 8.7

Calabria 187 12.9

Campania 335 23.2

Puglia 267 18.5

Sardegna 118 8.2

Sicilia 239 16.5

Totale 1445 100.0

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Caratteristiche strutturali: età

Per quel che attiene l’età degli intervistati si nota una forte concentrazione nelle classi di età centrali con il 73% degli intervista compreso tra i 21 e 30 anni, con una buona presenza dei giovanissimi tra i 16 e i 20 anni (19.5%) e una quota residuale dei più grandi (7.5%).

31-3626-3021-2516-20

ETA' in Classi

40.0%

30.0%

20.0%

10.0%

0.0%

Per

centu

ale

Page 6: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Caratteristiche strutturali: età e provenienza

Considerando la distribuzione degli intervistati per classi di età sulla base delle regioni delle diocesi coinvolte emergono forti differenze, statisticamente significative (2=32.59, p-value=0.019).

Ci sono regioni in cui i giovanissimi sono sovra rappresentati (Abruzzo/Molise e Puglia) a scapito delle altre classi di età, mentre, al contrario in Calabria, Campania e Sicilia sono sotto rappresentati rispetto alla distribuzione totale.

0

5

10

15

20

25

30

35

40

45

Abruzzo/Molise Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia Totale

16-20 21-25 26-30 31-36

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Caratteristiche strutturali: età e provenienza

Se si confronta questa distribuzione con quella relativa a classi di età simili secondo nostre elaborazioni su dati del Censimento 2001, si può notare la forte differenza con il campione osservato, sia in termini di distribuzione generale per classi di età, sia per singola regione.

Questo dato avalla l’avvertenza, espressa in premessa, circa le possibilità inferenziali della presente indagine.

0

5

10

15

20

25

30

Abruzzo/Molise Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia Totale

15-19 20-24 25-29 30-34

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Caratteristiche strutturali:titolo di studio

Per quel che attiene al titolo di studio circa il 57% ha terminato la scuola superiore, circa il 23% ha conseguito una laurea, mentre il 13% ha terminato solo la scuola dell’obbligo.

Tale distribuzione è fortemente diversa da quella rilevabile al Censimento 2001 in cui i laureati tra i giovani tra i 15 e i 35 anni hanno una incidenza pari al 6.25%, mentre quelli che hanno conseguito la licenza media sono pari a ben il 45.63%, mentre quelli che hanno conseguito un diploma di scuola superiore sono pari al 41%.

Il campione osservato è quindi decisamente più istruito della popolazione di riferimento.

AltroLaurea e oltreScuola superioreQualificaprofessionale

Scuola dell'obbligo

Titolo di studio

60.0%

50.0%

40.0%

30.0%

20.0%

10.0%

0.0%

Per

centu

ale

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Caratteristiche strutturali:titolo di studio

Purtroppo il livello culturale dei giovani meridionali osservabile dai dati ufficiali è per certi versi scoraggiante e fa il paio con i seppur contenuti, ma ancora alti, tassi di non conseguito della scuola dell’obbligo nel meridione d’Italia, e con gli elevatissimi tassi di dispersione scolastica che si osserva alla scuola superiore

Fonte: Ministero della Pubblica Istruzione, 2007

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Caratteristiche strutturali: differenze Dall’analisi delle tabelle di contingenza del titolo di studio incrociato con

il genere, la regione di residenza e l’età degli intervistati, emergono forti differenze.

In primo luogo, le donne sono mediamente più istruite degli uomini (2=19.19, p-value=0.001), con il 25.7% che ha conseguito la laurea (contro il 19% circa degli uomini) e con l’11.2% delle donne che ha solo la scuola dell’obbligo (contro il 14% circa degli uomini).

Significative sono anche le differenze territoriali (2=129.14, p-value=0.000) che mostrano profonde disparità nelle distribuzioni dei titoli di studio: la Sardegna e l’Abruzzo/Molise mostrano le quote più alte di giovani in

possesso della sola scuola dell’obbligo (rispettivamente il 27.6% e il 21.9% contro il 12.7% del totale);

gli intervistati dalla Puglia sono quelli che più frequentemente hanno conseguito la laurea (27.3%) così come anche sono quelli che presentano la quota maggiore di persone in possesso della qualifica professionale (15.2%);

la Campania, la Sicilia e la Basilicata, infine, fanno registrare la quota maggiore di intervistati in possesso di un diploma di scuola superiore (intorno al 62%).

Ovviamente si evidenzia una forte relazione tra l’età degli intervistati e il titolo di studio, relazione scontata e poco interessante..

Page 11: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

La condizione attuale Rispetto alla loro situazione attuale

il 33% degli intervistati dichiara di lavorare, di avere una qualche occupazione sia essa anche nell’economia informale;

il 28% dichiara di essere studente a tempo pieno,

l’11.4% di essere uno studente lavoratore, l’11% che pur studiando a tempo pieno

saltuariamente lavora; il 13% che dichiara di essere inoccupato o

disoccupato. la definizione istituzionale e teorica non sono

propriamente corrette: chi ad esempio svolgesse una qualche attività lavorativa nell’economia informale sarebbe comunque o disoccupato, qualora avesse perso un lavoro regolare, o inoccupato, qualora non avesse mai avuto una occupazione regolare. Così come non è corretto tenere insieme in una unica categoria gli inoccupati e i disoccupati.

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Condizione attuale: differenze di genere

gli uomini risultano più occupati delle donne:

la percentuale dei maschi che lavora è pari al 39.7% contro il 27.4% delle donne.

Viceversa le donne studiano di più degli uomini (30.2% contro 25.1%) avendo percentuali maggiori a quelle degli uomini in tutte le modalità di risposta che contengono lo studio.

Di più, infine, sono le donne che si dichiarano in altra condizione occupazionale, incorporando forse la condizione di casalinga che manca fra le varie modalità di risposta.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Maschio Femmina

Altro

Inoccupato

Studio e lavoro saltuario

Studio

Lavoro e studio

Lavoro

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Condizione attuale e titolo di studio gli intervistati in possesso della sola scuola dell’obbligo, che come si è

visto sono anche i più giovani, presentano una quota maggiore di quanti studiano ancora (pari al 41.8%)

fra i laureati solo il 13.8% studia ancora, presumibilmente impegnato in formazione post-laurea quali specializzazioni o master.

In ogni caso la relazione che si evince dall’analisi indica una associazione nota in letteratura per cui i titoli di studio più elevati hanno una maggiore occupabilità.

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Scuola obbligo Qualificaprofessionale

Scuola superiore Laurea

Altro

Inoccupato

Studio e lavoro saltuario

Studio

Lavoro e studio

Lavoro

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Condizione attuale e età Analizzando la relazione tra lavoro e titolo di studio al netto dell’età si vede

che nelle classi di età intermedie la quota degli occupati con la sola scuola dell’obbligo è

maggiore rispetto ai laureati, dato che avendo terminato gli studi questi giovani si immettono immediatamente nel mercato del lavoro e cercano una loro collocazione, solitamente in posizioni medio basse.

All’aumentare dell’età la quota di laureati che trova occupazione aumenta e supera quella degli altri titoli di studio restano più o meno stabili, confermando che l’investimento nell’accrescimento del proprio capitale culturale sul medio e lungo termine ripaga.

Per quel attiene alla relazione tra età e condizione attuale si nota come all’aumentare dell’età la quota di quanti lavorano sale dall’8% al 66%, mentre ovviamente la quota di quanti studiano scende dal 63.4% a circa il 4%.

Nonostante il campione di intervistati sia mediamente più istruito della popolazione di riferimento c’è una quota abbastanza consistente di giovanissimi pari all’8% che giù lavora.

Page 15: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Condizione attuale e regione le distribuzioni condizionate rispetto alla regione di appartenenza senza pretese di

generalizzazione sembrano riflettere abbastanza, almeno come tendenza, le diverse configurazioni socio-culturali delle regioni. La PugliaLa Puglia si dimostra una regione con un mercato del lavoro molto vivace e, fra le

regioni meridionali, con l’economia che offre maggiori opportunità, ma anche come una regione in cui i giovani tendono a permanere di più nel percorso formativo: ciò si evince non tanto dalla quota di occupati, ma dalle quote di lavoratori studenti e studenti che anche saltuariamente lavorano che sono sensibilmente più alte, testimoniando che ci sono opportunità più ampie di studio/lavoro.

Il profilo dell’Abruzzo e del Molise dell’Abruzzo e del Molise è simile alla Puglia, anche se meno marcata è la presenza di quanti studiano e lavorano contemporaneamente.

La SardegnaSardegna è la regione che ha la quota maggiore di occupati, circa il 41%, ma anche una delle quote più basse di giovani ancora in formazione, a significare che probabilmente i giovani sardi preferiscono occuparsi prima piuttosto che investire in formazione.

Profilo simile lo mostrano la Calabria e la Basilicatala Calabria e la Basilicata, con un profilo economico più basso della prima che ha la quota di inoccupati più alto in assoluto, con una maggiore propensione all’investimento in formazione la seconda anche se con la quota più bassa di studenti lavoratori (a testimoniare una certa rigidità del mercato del lavoro che non consente ai giovani di trovare lavori flessibili tali da conciliare le esigenze dello studio e del lavoro).

La Sicilia e la CampaniaSicilia e la Campania mostrano profili simili e in qualche modo medi rispetto alle altre, con una leggera prevalenza degli studenti in Campania e una prevalenza della modalità “altro” in Sicilia.

Page 16: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Condizione attuale e regione le distribuzioni condizionate rispetto alla regione di appartenenza senza pretese di

generalizzazione sembrano riflettere abbastanza, almeno come tendenza, le diverse configurazioni socio-culturali delle regioni.

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Abruzzo Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia

Altro

Inoccupato

Studio e lavoro salt.

Studio

Lavoro e st.

Lavoro

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I giovani e il lavoro Il 64% degli intervistati, pari a 925 intervistati, ha dichiarato di avere

attualmente una occupazione o comunque di averla avuto in passato, sia essa regolare o irregolare o informale.

Fra quanti hanno dichiarato di lavorare o di aver lavorato il 58.9% ha avuto o ha una occupazione con contratto regolare, il 12.9% con contratto irregolare, ovvero in possesso di un contratto che però non è completamente rispettato, e ben il 28.2% ha un lavoro nell’economia informale. Questa ultima percentuale è in linea con la quota più volte richiamata dalla stampa nazionale che indica come pari al 30% la quota di economia informale.

è possibile desumere che il 13.3% di inoccupati e/o disoccupati si divide nel 9% di inoccupati, ovvero in cerca di prima occupazione, e nel 4.3% di disoccupati, ovvero di giovani che hanno lavorato e che hanno perso un precedente lavoro. In realtà il 2% ha avuto occupazioni al nero e, quindi, ufficialmente risulta in cerca di prima occupazione..

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I giovani e il lavoroPosizione occupazionale

N % % su occ./disocc.

Occupati/disoccupati

Regolari 545 37.7 58.9

non regolari 119 8.2 12.9

in nero 261 18.1 28.2

Totale 925 64.0 100.0

Inoccupati 494 34.2

Non risponde 26 1.8

Totale 520 36.0

Totale 1445 100.0

Tipo di contratto %

Dipendente 42.7

Parasubordinato 14.1

Autonomo 8.3

Prestazione occasionale 9.0

Senza contratto 22.1

Altro 3.3

Più risposte 0.5

Totale 100.0

Page 19: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

I giovani e il lavoro: differenze Anche se non emergono differenze significative di genere si può affermare,

rassicurati anche da ricerca analoghe, che gli uomini hanno con più probabilità un contratto regolare rispetto alle donne che più facilmente, quando lavorano, lavorano in nero.

Dall’analisi delle tabelle di contingenza emerge che i giovanissimi che lavorano lo fanno con un contratto in nero, così come quelli che hanno titoli di studio inferiori come la scuola dell’obbligo: pur non essendoci alcuna domanda nel questionario circa il tipo di lavoro fatto, sia per livello che per qualifica, è noto che i lavori informali sono generalmente a bassa qualifica, meno retribuiti e con condizioni lavorative peggiori rispetto ai lavori con contratti regolari.

E’ quindi ragionevole pensare che per i giovanissimi che accedono al mondo del lavoro con titoli più bassi siano riservati lavori non qualificati a nero. Viceversa i laureati e i diplomati di scuola superiore hanno maggiori probabilità di ottenere un lavoro con un contratto regolare.

Posizione lavorativa Scuola obbligoQualifica

professionaleScuola

superioreLaurea

Regolare 37.37 53.21 64.25 77.17

Non regolare 9.09 12.18 15.25 9.78

In nero 53.54 34.62 20.50 13.04

100.00 100.00 100.00 100.00

Page 20: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

I giovani e il lavoro: differenze Stesso andamento, anche più marcato, si mostra

per l’età: all’aumentare di questa la quota di contratti regolari passa dal 37.4% al 77.2%: ciò è spiegabile anche in relazione al fatto che spesso i giovani si inseriscono nel mercato del lavoro con posizioni irregolari e via via stabilizzano la loro condizione.

Posizione lavorativa 16-20 21-25 26-30 31-36

Regolare 47.96 43.14 58.75 66.53

Non regolare 14.29 23.53 10.70 14.64

In nero 37.76 33.33 30.54 18.83

100.00 100.00 100.00 100.00

Page 21: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

I giovani e il lavoro: differenze Per quel che attiene alla relazione esistente tra posizione contrattuale e regione della

diocesi, si nota come la Sardegna e la Basilicata, e l’Abruzzo e Molise in misura inferiore, hanno le quote maggiori di lavoro regolare (intorno al 70%) e, per contro, le quote minori di lavoro irregolare (intorno al 20% circa).

Dall’altro lato ci sono la Puglia, la Campania, la Sicilia e la Calabria che, invece hanno quote minori di lavoro regolare (intorno al 55% circa) e quote più consistenti di lavoro informale intorno al 30%.

Questa divisione sembra essere legata alla presenza di una forte economia informale in queste regioni, che trova la sua forza nella contiguità nell’economia illegale: le regioni appena elencate sono quelle che vedono molto forte la presenza di criminalità organizzata molto strutturata e economicamente attiva.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

80%

90%

100%

Abruzzo Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia

In nero

Non regolare

Regolare

Page 22: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

I giovani e il lavoro: differenze Per quel che riguarda la tipologia contrattuale, emergono

differenze di genere, di titolo di studio, età e regione, che però vanno nella stessa direzione delle differenze appena esposte, dato che la quota di lavoro dipendente è sostanzialmente lavoro di tipo regolarmente contrattualizzato, mentre lavoro nero è sostanzialmente con il lavoro senza contratto.

Vale la pena di segnalare solo alcune differenze circa le differenti ripartizioni fra lavoro dipendente e autonomo che denunciano differenti vocazioni. Si evince che gli uomini più delle donne svolgono lavoro di tipo autonomo (11.8%

contro 5.1%); i giovani adulti nella classe di età 31-36 anni esprimono quote

maggiori di lavoro autonomo pari a 18.3% contro il 2% dei giovanissimi;

i giovani con la scuola dell’obbligo sono leggermente più propensi al lavoro autonomo dei laureati (10.3% contro 8%).

Page 23: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Quante ore lavorano Per quel che riguarda le ore

lavorate, circa il 40% degli intervistati che lavora ha dichiarato di essere impegnati mediamente tra le 25 e 40 ore settimanali. Da notare anche la presenza di un 25% circa che dichiara di lavorare non più di 16 ore settimanali, ovvero di aver un lavoro part time o saltuario. In mediana vengono lavorate circa 30 ore settimanali a significare che il lavoro che i giovani svolgono li impegna molto. Data la presenza di valori anomali e la asimmetria della distribuzione la mediana è una misura di tendenza centrale più adeguata della media aritmetica.

Ore lavorate

n %

1-8 ore 77 8.7

9-16 ore 147 16.6

17-24 ore 119 13.4

25-32 ore 154 17.4

33-40 ore 205 23.1

41-48 ore 80 9.0

oltre 48 ore 104 11.7

Totale 886 100

Page 24: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Quante ore lavorano Esiste una differenza significativa tra le ore

lavorate settimanalmente tra gli uomini e le donne: i primi lavorano in mediana 35 ore contro le 25 delle donne.

Non si evincono differenze significative del numero di ore lavorate in base alle diverse classi di età e in base alla regione di appetenza.

Emergono differenze significative per il titolo di studio: i giovani in possesso della scuola dell’obbligo sono quelli che in mediana lavorano di più (40 contro le 30 degli altri).

Altrettanto significativa è la differenza fra le ore lavorate a seconda della posizione contrattuale: sebbene i giovani che hanno un contratto regolare dichiarano di lavorare mediatamente 30 contro le 28 di quelli che lavorano in nero,

FemminaMaschio

Genere

100

80

60

40

20

0

OR

E D

I LA

VO

RO

673

986

238

821

in neronon regolareregolare

POSIZIONE CONTRATTUALE

100

80

60

40

20

0

OR

E D

I LA

VO

RO

821

238

626

76

Page 25: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Quanto guadagnano una situazione generale di bassa retribuzione: ben il 57% dichiara di

ricevere un salaria inferiore ai 600€ mensili, l’84% è al di sotto dei 1000€ mensili e solo il 7% percepisce un salario mensile al di sopra dei 1200€.

Emergono numerosi e significativi differenziali salariali legati al genere, all’età, al titolo di studio, alla regione e alla tipologia di contratto

0

5

10

15

20

25

30

Meno di400

400-600 600-800 800-1000 1000-1200

1200-1400

1400-1600

Più di1600

Page 26: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

I differenziali salariali le donne guadagnano decisamente meno dei giovani uomini (498€ delle donne contro i

690€ degli uomini e i circa 590€ generali) i giovani adulti guadagnano più dei giovanissimi (451€ dei giovanissimi contro 791€ dei

più adulti) evidenziando una sorta di relazione lineare tra età e reddito mensile. Per quel che riguarda il titolo di studio, invece emergono differenze non immediatamente

spiegabili: i giovani con la scuola dell’obbligo e quelli con la laurea sono quelli che guadagnano

di più rispetto a quelli con la qualifica e con il diploma di scuola superiore. a vicinanza dei redditi fra i giovani con istruzione inferiore e quelli con titoli

universitari sembra contraddire quanto si sa sul mercato del lavoro, e cioè che i laureati guadagnano più degli altri. Poiché non si conoscono altre informazioni circa i lavori svolti (tipologia di lavoro, qualifica e livello di inquadramento, durata del rapporto lavorativo) possiamo solo presumere che i redditi di quanti sono in possesso della scuola dell’obbligo sono più alti probabilmente per una maggiore anzianità di servizio (poiché non hanno proseguito gli studi si può a ragione pensare che si siano immessi precocemente sul mercato del lavoro), mentre quello dei laureati è ragionevolmente il primo stipendio.

Reddito mensileScuola obbligo

Qualifica professionale

Scuola superiore Laurea

Media 662.11 501.96 571.85 630.79

Page 27: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

I differenziali salariali Relazioni più evidente e consueta è quella tra il salario percepito e la posizione

contrattuale: quelli con contratto regolare guadagnano l’80% in più di quanti hanno un lavoro informale (711€ contro 391€).

A livello regionale, anche se significative, non sembrano esserci situazioni di estrema disparità: si va da un salario medio mimino di 513€ della Puglia ad un massimo di 684€ della Sardegna. Su questi differenziali, che sono contenuti in un intervallo di 170€, pesano le altre associazioni della variabile regionale con la posizione contrattuale o con il titolo di studio.

0

100

200

300

400

500

600

700

Abruzzo Basilicata Calabria Campania Puglia Sardegna Sicilia

Page 28: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Quanto lavorano e guadagnano Va, infine, segnalata la relazione esistente tra retribuzione

mensile e ore lavorate: all’aumentare delle ore lavorate c’è un incremento della retribuzione. Tale relazione tuttavia non è così univoca perché sulla retribuzione pesano anche altre informazioni che in questa sede non sono state rilevate, prima fra tutte la qualifica e i livello di inquadramento.

0

100

200

300

400

500

600

700

800

900

1-8 ore 9-16 ore 17-24 ore 25-32 ore 33-40 ore 41-48 ore oltre 48 ore

Page 29: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Gli aspetti relazionali Per i giovani intervistati il lavoro sembra configurarsi come luogo confinato e chiuso in sé.

i giovani sul posto di lavoro parlano sostanzialmente di lavoro,

un po’ più spesso di problematiche sociali o del tempo libero, di questioni personali o di problemi del territorio,

parlano poco di religione e politica (anche se ad avviso di chi scrive parlino poco di questi due argomenti anche fuori dal posto di lavoro).

Interessante e, per certi punti di vista preoccupante, il fatto che si parli pochissimo di problemi sindacali.

0.0

1.0

2.0

3.0

4.0

5.0

6.0

7.0

8.0

argomenti

inerenti il lavoro

religione

politica

problematiche

sociali

sindacato

questionipersonali

problemi

sentimentali

tempo libero

problemi del

territorio

Page 30: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Il ruolo del lavoro nella vita Il lavoro è sicuramente molto importante, è

fra le cose più importanti (48.1%) attribuendogli una importanza di tipo relativo e strumentale (Ragozini, 2007), come anche testimoniato dalla quota rilevante che afferma che il lavoro è solo un aspetto della vita (23.6%).

Tuttavia il lavoro non ha una importanza assoluta, non è un idolo: solo per il 4% circa è la cosa più importante.

Altrettanto pochi sono quelli che invece lo considerano come accessorio pari al 6.9%, mentre c’è un 15% circa che gli attribuisce una pura funzione strumentale, caricandolo di significati riproduttivi e acquisitivi di reddito (Clarizia e Maddaloni, 2006).

Il lavoro %

è la cosa più importante 4.7

è una tra le cose più importanti

48.1

è soltanto un aspetto della vita

23.6

è una parentesi senza particolare importanza

6.9

ha un'importanza solo economica

15.6

Altro 1.2

Totale 100.0

Page 31: Lanalisi quantitativa Giancarlo Ragozini Università di Napoli Federico II Dipartimento di Sociologia

Il ruolo del lavoro nella vita Si notano solo tendenze che sono in linea con altre ricerche: gli

uomini attribuiscono una maggiore importanza delle donne, i laureati attribuiscono più importanza in senso assoluto, mentre i giovani con titolo inferiore gli attribuiscono maggiore importanza agli aspetti economici.

Una differenza significativa si nota, invece, in relazione all’età: all’aumentare dell’età l’importanza del lavoro aumenta passando dal 37% al 55%, così come diminuisce l’importanza del significato riproduttivo ed acquisitivo di reddito che passa dal 25% al 15%.

Rispetto all’area geografica non emergono differenze significative: in questa sede si vuole solo indicare un dato che a nostro avviso sembra indicativo di aspetti culturali: la Campania ha la quota più alta di quanti dichiarano che il lavoro è la cosa più importante in assoluto (7.6% contro il 4.7% generale), ad indicare che in un cotesto come la Campania, in condizioni di scarsità, l’importanza del lavoro aumenta.

Significativa, invece, è la relazione fra l’importanza del lavoro e la posizione contrattuale: i giovani con contratti regolari considerano il lavoro più importante, mentre i giovani che lavorano in nero gli attribuiscono maggiormente significati economici. L’avere quindi un lavoro di bassa qualità predispone ad abbassare le aspettative nei confronti di una realizzazione personale attraverso il lavoro.

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La soddisfazione per il lavoro Per quel che riguarda la soddisfazione per il lavoro svolto, il

campione degli intervistati mostra livelli di soddisfazione abbastanza alti con circa il 62% che dichiara livelli di soddisfazione medio-alta.

Tale soddisfazione che risulta essere indipendente dalle variabili strutturali, dipende invece, dalla posizione contrattuale: i giovani con contratti regolari considerano il lavoro più importante, mentre

i giovani che lavorano in nero gli attribuiscono maggiormente significati economici. L’avere quindi un lavoro di bassa qualità predispone ad abbassare le aspettative nei confronti di una realizzazione personale attraverso il lavoro.

Forte è l’associazione anche fra la soddisfazione per il lavoro e l’importanza del lavoro nella vita: più sono soddisfatti per il lavoro più importanza vi attribuiscono in termini di realizzazione personale.

Fra gli intervistati c’è una quota consistente, intorno al 60% circa, che dichiara che sta cercando attualmente una occasione migliore di lavoro. Tale quota aumenta al 80% fra quelli che non sono soddisfatti del lavoro che hanno e al 74% percento circa fra quelli che hanno un lavoro con contratto non rispettato o un lavoro in nero.

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Il lavoro di domani: autonomo e cooperativo? Avendo chiesto ai giovani intervistati quale preferirebbero che fosse la forma del

loro lavoro futuro emerge una grande voglia di lavoro autonomo e quindi di imprenditorialità (42%) accompagnata da una buona dose di giovani cui piacerebbe un lavoro di tipo dipendente (34.1%). Interessante la quota pari al 10.4% di intervistati che vorrebbero un lavoro di tipo cooperativo, così come rilevante la quota di indecisi pari al 13.2%.

La voglia di lavoro autonomo così fortemente dichiarata dai giovani in realtà contrasta con la realtà di quanti hanno effettivamente un lavoro autonomo pari appena all’8.3% e con la quota molto elevata di quanti hanno scelto come motivazione la voglia di avere una retribuzione fissa e garantita mensile

Tale discrepanza ad avviso di chi scrive non è spiegabile solo con le difficoltà ambientali ed economiche a mettersi in proprio.

Anche la quota di giovani che dichiara di desiderare un lavoro di tipo cooperativo appare in un certo qual modo sospetta: andrebbe verificato se è effettivamente un desiderio autentico o indotto dall’aver letto la modalità ed averla scelta per compiacere l’intervistatore (in letteratura sono noti e studiati infatti gli effetti di suggerimento e di compiacimento).

Altra spiegazione plausibile a questa quota stranamente alta la si può trovare nel fatto che il campione analizzato, essendo di persone comunque vicine agli ambienti diocesani, e probabilmente di persone non del tutto all’oscuro del Progetto Policoro, è composto da giovani che hanno sviluppato una certa sensibilità al cooperativismo. Ciò è confermato anche dalla quota alta di giovani che hanno scelto come motivazione alla loro risposta a questa domanda il desiderio di fare qualche cosa per il territorio

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Il lavoro di domani: le motivazioni per quel che riguarda i motivi della scelta si nota, la netta prevalenza del

desiderio di stabilità e certezza dovuta allo stipendio fisso che ha il punteggio più alto pari a 37.1 dovuto alla percentuale più alta in assoluto di quanti hanno scelto questa motivazione come prima scelta. Questa motivazione sembra fare il paio con la quota altrettanto rilevante di quanto hanno dichiarato di preferire fare le 8 ore al giorno per poi essere liberi.

Queste due motivazioni che sono tipiche è preponderanti fra quanti hanno dichiarato di volere un lavoro dipendente, sono anche molto presenti fra quelli che hanno dichiarato di desiderare un lavoro autonomo.

Incrociando ciascuna motivazione con il tipo di lavoro desiderato si evince che la voglia di lavoro autonomo sembra spinta dal desiderio di costruire una cosa

propria e di gestire autonomamente e meglio i propri tempi, così come la voglia di realizzare un sogno;

la voglia di cooperativismo viene invece dal desiderio di fare qualche cosa per il proprio territorio, dalla possibilità di gestire meglio i tempi e dalla possibilità di realizzare un sogno.

Non emergono grandi differenze di genere, età e regione di appartenenza. I giovani e gli uomini mostrano una maggior propensione al rischio, sia economico che di stabilità,

la voglia di fare qualcosa per il proprio territorio appartiene più ai laureati che agli altri e più ai sardi, a siciliani e ai campani e meno ai calabresi.

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Il lavoro di domani: le caratteristiche Fra gli aspetti maggiormente rilevanti per i giovani

intervistati si rinvengono quelli legati a significati espressivi ed identitari del lavoro, come la realizzazione personale, la libertà e la fiducia nelle proprie capacità, insieme con aspetti più economici e riproduttivi, come la retribuzione, o aspetti spesso trascurati nel Mezzogiorno, come la sicurezza sul posto di lavoro. La caratteristica meno importante di un lavoro è la possibilità di viaggiare

Fra le differenze significative le donne attribuiscono una maggiore importanza alla possibilità di realizzare se stessi sul lavoro, agli aspetti relazioni, ed in particolare con il rapporto con i superiori, alla sicurezza sul posto di lavoro, la libertà e la fiducia nelle proprie capacità e alla possibilità di esprimere la creatività.

I giovani nelle classi di età più alte attribuiscono maggiore importanza alle condizioni dell’ambiente di lavoro, ai contenuti del lavoro svolto e alla possibilità di essere liberi e avere fiducia nelle proprie capacità.

I giovani con i titoli di studio più elevati attribuiscono più importanza alle condizioni dell’ambiente di lavoro, alla possibilità di realizzare se stessi sul lavoro, ai contenuti del lavoro svolto e alla possibilità di esprimere la creatività, mentre attribuiscono meno importanza alla retribuzione.

Per quel che riguarda differenze regionali i sardi e i campani attribuiscono maggiore importanza alla retribuzione rispetto agli altri, ed insieme ai pugliese anche alla stabilità del posto di lavoro, mentre campani, calabresi e siciliani alla possibilità di esprimere la creatività.

Aspetti del lavoroPunteggio

medio

Condizioni ambientali di lavoro 7.73

Grado di autonomia sul lavoro 7.15

Retribuzione 8.20

Possibilità di carriera 7.35

Orario di lavoro 7.18

Realizzazione di se stessi 8.63

Stabilità del posto di lavoro 8.39

Contenuto del lavoro (quello che si fa)

7.81

Rapporto con i colleghi 7.56

Rapporto con i superiori 7.36

Riconoscimento per il lavoro svolto 7.84

Possibilità di viaggiare 5.62

Sicurezza sul posto di lavoro 8.41

Libertà e fiducia nelle proprie capacità

8.24

Spazi per la propria creatività 7.15

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I problemi del mercato del lavoro Alla domanda su quali fossero i principali problemi del

mercato del lavoro del meridione d’Italia, il primo in assoluto è la disoccupazione con un punteggio pari a 55.1, così come la precarietà (38.3). Molto rilevante anche l’importanza attribuita ad una situazione diffusa di illegalità, sia come lavoro nero, sia come mancanza o non rispetto delle regole, che insieme arrivano ad un punteggio di circa 55.

Vengono attribuite responsabilità al disinteresse del governo centrale così come al poco potere dei sindacati, ma in misura minore. Anche la mancata formazione professionale sembra essere un problema abbastanza sentito da una certa quota di giovani intervistati

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Le fonti di supporto Nella vita dei giovani intervistati

la famiglia svolge un ruolo predominante, confermando il tipico familismo dei meridionali. La famiglia infatti è il punto fermo dei giovani che se avessero un problema sul lavoro, si rivolgerebbero ad essa. In ogni caso si nota una forte spinta verso la socialità ristretta con i punteggi più alti, dopo la famiglia, si trovano il proprio partner e gli amici. Tutte le istituzioni ricevono punteggi molto bassi. Preoccupante, seppur bassa la quota di quanti non ne parlerebbe con nessuno.

Se ha un problema a chi si rivolge

Punteggio

Con il ragazzo/a 39.07

Con gli amici 31.97

In famiglia 63.36

Con il delegato sindacale 12.49

Con l'associazione di categoria

10.53

Con il gruppo parrocchiale 8.10

Con il sindaco del mio paese/città

6.68

Mi rivolgo direttamente al ministero

6.33

Non ne parlo con nessuno 12.46

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Voglia di trasferirsi Una quota rilevante dei giovani intervistati pari al 63% ha dichiarato di

aver pensato di trasferirsi in un’altra città per poter lavorare. La voglia di trasferirsi se non risente di differenze di genere ed età

invece cambia la cambiare del titolo di studio e della regione: i laureati mostrano una maggiore propensione a trasferirsi, così come i giovani campani (68.6%), i siciliani (66.8%), contro la minor propensione dei sardi (57.4%) e dei lucani (50.8%).

Quelli che lavorano con un contratto irregolare o in nero hanno una maggiore propensione al trasferimento intorno al 70%, così come gli studenti, gli studenti che fanno dei lavoretti e i disoccupati, intorno al 66%.

I due motivi più importanti sono da un lato la voglia di fare nuove esperienze di lavoro e arricchire le mie competenze, dall’altro la consapevolezza della scarsità di lavoro. Altri due motivi importanti sono la voglia di cambiare paese città a causa della mentalità così come la voglia di sfuggire allo sfruttamento e al lavoro nero e sottopagato.

Fra quelli che non hanno mai pensato di trasferirsi il motivo predominante è la stabilità delle relazioni affettive, essere legati alla famiglia, così come l’essere radicati nel territorio, o più scontatamente perché lavorano già.

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Il tempo libero Il tempo libero rappresenta per il 60.1% un aspetto della vita facilmente

sacrificabile a favore di impegni ritenuti dagli intervistati più importanti, in modo particolare per le donne (63.8 %) tra le quali il 10.7% non riesce ad averne. Si può presumere che le donne quando non lavorano e non possono dedicarsi ad un’attività ricreativa, molto probabilmente stanno dedicandosi alla cura della famiglia, dei figli, della casa.

Per i giovanissimi esso raffigura l’aspetto più importante della vita (27.6% contro il 13.1% della fascia 26-31 anni), che per il 14.9% facilmente si distrae a scapito del lavoro e/o dello studio. Sanno privarsene, invece, per il 67.9% soprattutto i giovani di età compresa tra i 26 ed i 30 anni.

Il possesso di titoli più alti, quali, laurea e diploma di scuola media superiore incide sulla attribuzione di rilevanza e sulla tendenza a rinunciare più o meno facilmente alle proprie passioni o interessi a favore di attività che richiedono un impegno di maggior rilievo, oltre al fatto che lo studio universitario abitua alla rinuncia la tempo libero

Coloro che sanno sacrificare il tempo libero hanno mostrato una tendenza a porre il lavoro al centro della loro esistenza, al contrario, chi ne assegna solo una importanza economica, considera di contro fondamentale investire energie e risorse per attività da consentirsi nel tempo libero.

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Il tempo libero: con chi? Trascorre tempo libero con i colleghi di studio e/o di lavoro il 66.4%

dedicandosi in modo particolare ad attività ludiche, sportive, ricreative, in misura minore alla partecipazione a manifestazioni (35.3%), ad incontri di discussione (34.1%) e a iniziative di solidarietà (23.7%). Incrociando questa informazione con l’età. si osserva che soprattutto i giovani ed i giovanissimi tendono ad aggregarsi e a condividere del tempo extralavorativo con i colleghi

Questa risultanza apparentemente contrasta con quanto emerso in precedenza circa gli argomenti di cui si parla sul posto di lavoro, laddove è chiaro che la tendenza è quella di considerare il luogo di lavoro non come luogo di socializzazione ma meramente di impegno professionale.

L’apparente contraddizione si spiega con il fatto che, mentre la domanda sugli argomenti di cui si parla al lavoro è stata riservata solo a coloro che lavoravano al momento dell’intervista o avevano avuto nella vita una precedente esperienza di lavoro, al contrario, la domanda sulle attività condivise con i colleghi di studio e/o di lavoro è stata rivolta a tutti gli intervistati. Di fatto, bisogna leggere, dunque, il precedente risultato considerando anche la notevole quota di studenti e di non lavoratori presenti nel nostro campione

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Il tempo libero e la partecipazione Alta è la propensione (51%) dei nostri giovani per la

partecipazione sociale. In modo tipico, negli ultimi sei mesi hanno frequentato

attivamente associazioni di ispirazione cristiana (36.3%), di impegno sociale, assistenziale (22.7%), ricreative, culturali, sportive (24.4%), nettamente inferiori (dall’8% al 2%) sono le partecipazioni a forme di associazionismo di carattere politico, quelle a difesa della natura, a favore della pace, di sostegno ai paesi in via di sviluppo, di tipo sindacale.

Si evidenzia una notevole associazione tra titolo di studio e propensione ad associarsi a gruppi di interesse e di partecipazione sociale.

La partecipazione di questi giovani contrasta con i dati nazionali

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Influenze educative Per ciò che attiene il pensiero

degli intervistati circa quali siano le principali fonti educative ad avere incidenza sulla formazione umana e civile nella società si osserva una precisa attribuzione di tali peculiarità alla famiglia. Il 78.6% infatti la pone come prima scelta.

Al centro si pongono coloro che al 48.8% piuttosto individuano la scuola quale fucina educativa. Le maggiori frequenze per la seconda scelta propendono al 21.4% per l’influenza esercitata dalla televisione

Influenze educative

1° scelta

2° scelt

a

Non scelto

Famiglia 78.6 7.4 13.9

Scuola 16.1 32.7 51.3

Parrocchia 8.4 14.5 77.2

Giornali 3.5 11.2 85.3

Personaggi spettacolo

3.8 13.1 83

Televisione 11.2 21.4 67.4

Amici 11.5 16.1 72.4

Associazionismo

6 9.8 84.2

Totale 100 100 100

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Attese e speranze di vita Il campione esaminato si presenta ottimista nei confronti del proprio

futuro di vita, nello specifico l’83.6% degli intervistati. Il 13%, invece, non attende alcun cambiamento di vita, il 3.1% mostra di aspettarsi peggioramenti nelle condizioni attuali, il 2% appare confuso rispetto a domani.

gli uomini sono maggiormente pessimisti verso il proprio futuro di vita rispetto alle donne.

Tra gli ottimisti si distribuiscono i giovani di età compresa tra i 26 ed i 30 anni, tra i pessimisti e i rassegnati, all’opposto si profilano quelli di età tra i 21 ed i 25 anni.

Il titolo di studio sembra non influenzare la personale percezione circa le condizioni di vita futura, che si connota come positiva.

Per ciò che attiene le attese di vita in relazione alla regione di provenienza diocesana, infine, si rileva che tra gli ottimisti primeggiano i campani; tra i pessimisti, i sardi; tra i rassegnasti, emergono i pugliesi, tra i confusi, i lucani.

L’elemento fonte di preoccupazione per i giovani incontrati in questa indagine sembra potersi sintetizzare in modo esclusivo nella paura della precarietà lavorativa. Questo dato è motivato da altre rilevanze precedentemente emerse circa la posizione contrattuale lavorativa degli intervistati, laddove il 28,2% si dichiara lavoratore a nero.

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I problemi sociali Di fronte ai problemi sociali, i giovani meridionali in questione

appaiono per il 56,1% propensi ad unire le forze e le risorse e ad instaurare un dialogo costruttivo con le istituzioni locali, per giungere alla definizione di attuabili soluzioni efficaci, indipendentemente dal genere e dall’età

Ci sono differenze rispetto al titolo di studio. Infatti, si attribuiscono maggiore propensione alla concertazione sociale i laureati e coloro che hanno conseguito il diploma di scuola media superiore.

Sono presenti, pur costituendo una minoranza (26,1%), coloro che attribuiscono a se stessi le caratteristiche proprie dell’individualismo e della tendenza a non contare su nessuno, piuttosto che sulle proprie capacità risolutive.

Altre modalità di risoluzione degne di attenzione sono quelle legate alla sfera della solidarietà, quale la soluzione di chi, forte delle proprie

risorse interiori, vede nel volontariato una possibile strada per garantire una equità sociale, e nel dono di sé stessi l’opportunità di restituire dignità umana a coloro cui è stata tolta

alla sfera dell’autorità, per chi sente il bisogno, invece, di avere direttive e sicurezza da coloro che ne hanno il potere ed il dovere