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Biotec Sistemi S.r.l. Passo a Via di Francia, 3 - 16149 Genova - Tel. +39 010 0987990 [email protected] - www.biotecsistemi.it IMPIANTI DI DIGESTIONE ANAEROBICA PER LA PRODUZIONE DI ENERGIA RINNOVABILE, BIOMETANO E COMPOST DAL TRATTAMENTO DELLA FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI Tecnologia per lo sviluppo sostenibile Ecomondo 2014 Padiglione D1 Stand 195 L’AMBIENTE PERIODICO TECNICO-SCIENTIFICO DI CULTURA AMBIENTALE POSTE ITALIANE SPA - SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N.46) ART. 1 COMMA 1, DCB MILANO ANNO XXI Periodico di informazione raccomandato dalla Camera Europea per la Cooperazione ed incentivo al Parlamento G.I.R.S.A. 5 SETTEMBRE - OTTOBRE 2014

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Ambiente. Acqua, rifiuti, strumentazione,, aria

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Biotec Sistemi S.r.l.

Passo a Via di Francia, 3 - 16149 Genova - Tel. +39 010 0987990

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DAL TRATTAMENTO DELLA FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI

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per lo sviluppo sostenibile

Ecomondo 2014

Padiglione D1

Stand 195

L’AMBIENTEPERIODICO TECNICO-SCIENTIFICO DI CULTURA AMBIENTALE

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ANNO XXI

Periodico di informazione raccomandatodalla Camera Europea per la Cooperazione

ed incentivo al Parlamento

G.I.R.S.A.

5 SETTEMBRE - OTTOBRE

2014

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Autorizzazione del Tribunale di MilanoN. 70 del 5 febbraio 1994

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EdizioneG.I.R.S.A. Edizioni

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Direttore ScientificoBernardo Ruggieri

Coordinamento editoriale e relazioni esterneValentina Ferrari

Consulente comunicazioneGian Franco Carrettoni

Comitato ScientificoRoberto Cavallo, Daniele Cazzuffi,Alessandro Cocchi, Biagio Gianni’,Maurizio Gorla, Luigi Fanizzi, Vincenzo Francani,Luca G. Lanza, Angelo Selis, Luca Talamona,Giorgio Temporelli, Federico Valerio,Alberto Verardo, Renato Vismara

Hanno collaborato a questo numeroM. Albertazzi, C. Allegri, S. Astuti, G.F. Carrettoni, S. Cicchiello, G.R. D’Amato, C. D’Antonio, P. D’An-tonio, I. Delillo, G. Dezio, V. Doddato, L. Fanizzi, V. Ferrari, P. Giandon, G. Ghiringhelli, S. Glionna, F. Ragazzi, G. Riggi, A. Verardo

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L’ abbonamento e’ deducibile al 100%.Per la deducibilita’ del costo ai fini fiscali vale la ricevuta del versamento postale a norma (DPR 22/1286 n.917 Art. 50 e Art. 75). Conservate il tagliando - ricevuta, esso costituisce documento idoneo e sufficente ad ogni effetto contabile.Non si rilasciano, in ogni caso, altre quie-tanze o fatture per i versamenti c.c.p.

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S. Cicchiello, P. D’Antonio, A. Di Giulio, V. Doddato, L. Fanizzi, V. Ferrari, G. Ghiringhelli, M. Giavini, M. Grasmug, S. Kromus, A. Molinari,

P. Pastore, L.C. Preti, F. Ranieri, R. Sozzi, S. Squillaci, T. Toto, M. Votta

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Hanno collaborato a questo numeroM. Albertazzi, C. Allegri, S. Astuti, G.F. Carrettoni, S. Cicchiello, G.R. D’Amato, C. D’Antonio, P. D’An-tonio, I. Delillo, G. Dezio, V. Doddato, L. Fanizzi, V. Ferrari, P. Giandon, G. Ghiringhelli, S. Glionna, F. Ragazzi, G. Riggi, A. Verardo

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L’AMBIENTEPERIODICO TECNICO-SCIENTIFICO DI CULTURA AMBIENTALE

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Maurizio Gorla, Luigi Fanizzi, Vincenzo Francani,Luca G. Lanza, Angelo Selis, Luca Talamona,

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5 SETTEMBRE - OTTOBRE2014

editoriale.Renzi ed il traghettamento dell’Italia 7

scienza e inquinamento

legislazione

analisi e strumentazione

report

prima di copertina

tecnologie applicative

rubriche

le aziende informano

osservatorio ambientale

Le perdite di carico nei circuiti idraulici

Valutazione della vulnerabilità specifica ai prodotti fitosanitari

Il contesto normativo della gestione dei rifiuti

L’abbandono dei rifiuti, abitudine incivile

Nuovo campionatore sequenziale PMS

Livelli di rumorosità prodotta nella gestione delle alberature cittadine

Applicazione della tariffa puntuale con sistema Rfid

Rifiuti organici: da problema a risorsa

Impianti compatti per il trattamento di acque di origine civile e industriale

Il Libro 47

Prodotti e Servizi 58

Libri 60

Caprari 53

Olpidurr 54

Denios 55

Vogelsang 56

Ricrea 57

Metodologie applicate alla microbiologia dei processi di fitodepurazione

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Rifiuti RAEE: novità nella gestione

Il Fotoionizzatore Portatile PID e l’analisi dei terreni in campo

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Editoriale

Il traghettamento dell’Italia da un passato abbastanza recente (all’i-niziare degli anni 2000 con l’avvento dell’euro) ad un futuro ancora da venire ma che si preannuncia prossimo, sta evidenziando tutte le sue criticità con le ombre vieppiù dense delle incognite (tante!) che a tentare di analizzarle non appare si possa apporre una risposta in qualche modo soddisfacente: risposta politica, risposta sociale, rispo-sta economica.Intendiamoci bene, il declino etico culturale del nostro Paese non data da oggi, né da ieri o l’altro ieri: ha bensì manifestato i suoi primi vistosi scricchiolamenti già alcune decine di anni orsono, quando nel pieno del benessere economico e del miglioramento della qualità di vita è stato permesso il rilassamento di valori etici e sociali i quali costitui-rono la guida di riferimento nel dopoguerra, come comportamento del vivere collettivo. Un rilassamento, ripeto, che avrebbe trovato massima espressione nella politica.Dall’altezza massima del Parlamento, alle sezioni di partito decentra-te il linguaggio politichese, il nonsenso dei contenuti, il vuoto disar-mante delle idee, le verbosità senza costrutto accettabile, la brama di emergere e di comando, la sequela dei privilegi inaccettabili sarebbero dilagati nelle nostre Istituzioni con ramificazioni nefaste a livelli incon-cepibili. Così che attualmente la buona etica sociale è rimasto l’ap-pannaggio residuale di una minoranza (purtroppo) corretta che, forse, parafrasando il Vangelo, sarebbe più esatto qualificare come “poveri di spirito” o, in linguaggio moderno, ”imbecilli”.Ovviamente, le risultanze di questo disfacimento progressivo della struttura nazionale non potevano mancare di manifestarsi e con gra-vità sempre maggiore col passare del tempo sino alle drammatiche sequenze degli ultimi anni. Fino a poco più di vent’anni addietro l’Italia ha avuto in politica uomini di potere i quali potevano riuscire graditi o viceversa, simpatici o no, ma in grado di serbare nelle proprie aree di influenza non solo una padronanza ferrea, bensì il codice di riferimento verso l’avversario, le Istituzioni, il Paese. Nel bene operare come nel tanto malfatto. Certo, è dalla loro epoca, quindi dalla loro gestione del Paese e della cosa pubblica, con tutte le derivazioni e prevaricazio-ni nei vari settori pubblico/privato, che trova origine l’odierno disastro socioeconomico italiano: un disastro che ha trovato alimentazione ma non la causa primiera nello sviluppo dei sistemi economici finanziari globali.Il ventennio berlusconiano ha portato al Paese danni incalcolabili non per le vicende anche giudiziarie che lo hanno coinvolto, bensì in quanto ha installato in troppi il concetto del “tutto è permesso”, dell’ ”omnia Licet”; il che - molto semplicemente - ha moltiplicato il numero

dei corrotti e corruttori, ladroni, concussi, ecc.. seminandoli a ventaglio nella cosa pubblica, nell’incesto pubblico/privato. Berlusconi è stato (e ancora permane) un imprenditore come tutti gli altri, cioè ha atteso soltanto agli specifici interessi suoi e dei familiari, beneficando (anche troppo) chi poteva essergli utile, con una spregiudicatezza che lo han-no portato alla ribalta dei media. Dotato per natura di un narcisismo esasperato, ha trovato naturale abbandonarsi ad esso esaltando le sue capacità soltanto virtuali. I danni per riflesso apportati alla nazione possono considerarsi incalcolabili, non solo per aver incentivato quanti già predisposti a malcostume e devianze varie, quanto per aver patro-cinato con i suoi comportamenti una concezione etico sociale sconfi-nante nel qualunquismo attuale.

Nel frattempo la crisi economica avanza, e che Renzi lo voglia ammet-tere o no, l’Italia sta avvicinandosi al punto di non ritorno: Il Presidente Napolitano non ha ritenuto opportuno che il popolo italiano avesse il di-ritto di avvalersi del ritorno alle urne, e dopo un Monti creato Senatore a vita, dopo un Enrico Letta (persona lineare e capace, fatto fuori nel suo stesso partito PD), si è affrettato ad avallare l’ascesa dell’outsider Matteo Renzi. Come giudicare Renzi? Non saprei, francamente. Sem-bra possedere la visuale dei problemi nel loro insieme, nello stesso tempo appare piuttosto lontano dalla realtà dei provvedimenti da ap-porre. Dimostra una fede abnorme nel “made in Italy”, ma la pressione dei mercati globali gli sfugge drasticamente: il debito pubblico con lui ha subito una brusca accelerazione, ma lui se ne impipa. Se la piglia con la Merkel ed il Nord Europa, naturalmente quando gli torna co-modo. Ha promesso molto, ma finora si è visto poco, dai primi quatto mesi si è passati ai mille giorni ed a Leopolda si è parlato del 2023. A volte appare come Kim Jong-un, un ragazzo simpatico, il che però non gli impedisce di assumere atteggiamenti arroganti ed autoritari, come non gli ha impedito di pugnalare alle spalle il suo predecessore Letta. Insomma dà l’impressione, forse a torto, del toscanaccio, sì simpatico ma loquace, imprevedibile. Caro Matteo Renzi, il tempo sta passando, ed è ora che lei ci faccia vedere qualcosa di concreto! Le parole pur-troppo non bastano più. E’ poca cosa sbandierare ai quattro venti gli 80 euro passati e quelli probabili che sta promettendo alle neomamme con reddito fino a 90.000 euro. E, questo, quando abbiamo le strade lastricate di mendicanti e tanta gente che maledice la vita in un silenzio composto. Chi scrive, per reazione o no, ti ha votato; ma, continuando su questo sfoggio di chiacchiere ed inutili slogan, alla prossima tornata me ne guarderò bene; e, credo, come me tanti…

Renzi ed il traghettamento dell’Italia

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il direttore responsabile

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Le perdite di carico nei circuiti idrauliciLuigi Fanizzi, ECOACQUE®- Email: [email protected]

Sono perdite di pressione, causate dalle resistenze che si op-pongono al moto di un fluido. Conoscere il loro valore serve, es-senzialmente, a: • dimensionare i condotti che convogliano i fluidi;• determinare le caratteristiche degli organi motori (pompe,

air-lift, eccetera), cioè dei mezzi che servono a mantenere in movimento i fluidi.

Le perdite di carico possono essere continue oppure localizza-te (vedi Figura 1):• quelle continue si manifestano lungo i tratti lineari dei con-

dotti;• quelle localizzate (o cd p. concentrate) si manifestano, inve-

ce, in corrispondenza di organi meccanici e/o pezzi speciali che fanno variare la direzione o la sezione di passaggio del fluido (come, ad esempio: imbocchi, riduzioni, allargamenti, derivazioni, raccordi, curve, confluenze, valvole, filtri, misu-ratori, sbocchi, eccetera).

Di seguito vedremo come possono essere determinate queste perdite pressorie.

Pur essendo la teoria di base uguale per tutti i fluidi, ci riferiremo, specificatamente, al caso dei tubi che convogliano solo acqua. Esamineremo, dapprima, come possono essere determinate le perdite di carico continue, e poi, quelle localizzate.

Perdite di carico continue

Per ogni metro di tubo, le perdite di carico continue, dell’acqua in esso convogliata, possono essere calcolate con la formula gene-rale (mod. M. Doninelli, 2002):

dove:J = perdita di carico continua unitaria, m c.a./m;Fa = fattore di attrito, adimensionale;ρ = massa volumica del fluido (acqua), Kg/m3;v = velocità media dell’acqua, m/s;D = diametro interno del tubo, m;t = temperatura del fluido, °C.

Noti il diametro del tubo, la velocità dell’acqua e la sua massa volumica, il solo parametro che risulta indeterminato è il fattore di attrito [Fa]; fattore che dipende: (1) dal regime di moto del fluido, e (2) dalla rugosità dei tubi. Il regime di moto del fluido, a sua volta, può essere:• laminare, quando le particelle del fluido hanno traiettorie or-

dinate e fra loro parallele (il moto è calmo e regolare);• turbolento, quando le particelle del fluido si muovono in

modo irregolare e variabile nel tempo (il moto è disordinato ed instabile);

• transitorio, quando il moto non è chiaramente né laminare, né turbolento.

Il regime di moto di un fluido è individuabile col numero di Rey-nolds (D. Citrini et Al., 1987):

dove:Re = numero di Reynolds, adimensionale;v = velocità media del fluido, m/s;D = diametro interno del tubo, m;ν = viscosità cinematica del fluido, m2/s;t = temperatura del fluido, °C.

Figura 1 – Perdite di carico in un circuito idraulico.

Figura 2 - Perdita di carico continua, in una condotta lunga L.

Figura 1 – Perdite di carico in un circuito idraulico.

Scienza & Inquinamentoò

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Le perdite di carico nei circuiti idrauliciLuigi Fanizzi, ECOACQUE®- Email: [email protected]

Sono perdite di pressione, causate dalle resistenze che si op-pongono al moto di un fluido. Conoscere il loro valore serve, es-senzialmente, a: • dimensionare i condotti che convogliano i fluidi;• determinare le caratteristiche degli organi motori (pompe,

air-lift, eccetera), cioè dei mezzi che servono a mantenere in movimento i fluidi.

Le perdite di carico possono essere continue oppure localizza-te (vedi Figura 1):• quelle continue si manifestano lungo i tratti lineari dei con-

dotti;• quelle localizzate (o cd p. concentrate) si manifestano, inve-

ce, in corrispondenza di organi meccanici e/o pezzi speciali che fanno variare la direzione o la sezione di passaggio del fluido (come, ad esempio: imbocchi, riduzioni, allargamenti, derivazioni, raccordi, curve, confluenze, valvole, filtri, misu-ratori, sbocchi, eccetera).

Di seguito vedremo come possono essere determinate queste perdite pressorie.

Pur essendo la teoria di base uguale per tutti i fluidi, ci riferiremo, specificatamente, al caso dei tubi che convogliano solo acqua. Esamineremo, dapprima, come possono essere determinate le perdite di carico continue, e poi, quelle localizzate.

Perdite di carico continue

Per ogni metro di tubo, le perdite di carico continue, dell’acqua in esso convogliata, possono essere calcolate con la formula gene-rale (mod. M. Doninelli, 2002):

dove:J = perdita di carico continua unitaria, m c.a./m;Fa = fattore di attrito, adimensionale;ρ = massa volumica del fluido (acqua), Kg/m3;v = velocità media dell’acqua, m/s;D = diametro interno del tubo, m;t = temperatura del fluido, °C.

Noti il diametro del tubo, la velocità dell’acqua e la sua massa volumica, il solo parametro che risulta indeterminato è il fattore di attrito [Fa]; fattore che dipende: (1) dal regime di moto del fluido, e (2) dalla rugosità dei tubi. Il regime di moto del fluido, a sua volta, può essere:• laminare, quando le particelle del fluido hanno traiettorie or-

dinate e fra loro parallele (il moto è calmo e regolare);• turbolento, quando le particelle del fluido si muovono in

modo irregolare e variabile nel tempo (il moto è disordinato ed instabile);

• transitorio, quando il moto non è chiaramente né laminare, né turbolento.

Il regime di moto di un fluido è individuabile col numero di Rey-nolds (D. Citrini et Al., 1987):

dove:Re = numero di Reynolds, adimensionale;v = velocità media del fluido, m/s;D = diametro interno del tubo, m;ν = viscosità cinematica del fluido, m2/s;t = temperatura del fluido, °C.

Figura 1 – Perdite di carico in un circuito idraulico.

Figura 2 - Perdita di carico continua, in una condotta lunga L.

Figura 1 – Perdite di carico in un circuito idraulico.

Scienza & Inquinamentoò

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Perdite di carico continue

Per ogni metro di tubo, le perdite di carico continue, dell’acqua in esso convogliata, possono essere calcolate con la formula gene-rale (mod. M. Doninelli, 2002):

dove:J = perdita di carico continua unitaria, m c.a./m;Fa = fattore di attrito, adimensionale;ρ = massa volumica del fluido (acqua), Kg/m3;v = velocità media dell’acqua, m/s;D = diametro interno del tubo, m;t = temperatura del fluido, °C.

Noti il diametro del tubo, la velocità dell’acqua e la sua massa volumica, il solo parametro che risulta indeterminato è il fattore di attrito [Fa]; fattore che dipende: (1) dal regime di moto del fluido, e (2) dalla rugosità dei tubi. Il regime di moto del fluido, a sua volta, può essere:• laminare, quando le particelle del fluido hanno traiettorie or-

dinate e fra loro parallele (il moto è calmo e regolare);• turbolento, quando le particelle del fluido si muovono in

modo irregolare e variabile nel tempo (il moto è disordinato ed instabile);

• transitorio, quando il moto non è chiaramente né laminare, né turbolento.

Il regime di moto di un fluido è individuabile col numero di Rey-nolds (D. Citrini et Al., 1987):

dove:Re = numero di Reynolds, adimensionale;v = velocità media del fluido, m/s;D = diametro interno del tubo, m;ν = viscosità cinematica del fluido, m2/s;t = temperatura del fluido, °C.

In relazione a tale numero, il moto del fluido può ritenersi (E. Scimeni, 1964): • laminare per Re minore di 2.000;• transitorio per Re compreso fra 2.000 e 2.500;• turbolento per Re maggiore di 2.500.

Per quanto riguarda il calcolo delle perdite di carico, il regime transitorio - il cui campo di validità è molto limitato e non sempre risulta compreso con certezza nei limiti, sopra riportati – è gene-ralmente assimilato a quello turbolento: cioè al regime con mag-gior disordine e, quindi, con maggior perdite di carico. Ponendo Re = 2.000, nella formula per il calcolo del numero di Reynolds, è possibile ottenere la relazione che consente il calcolo delle ve-locità vc (dette v. critiche), oltre le quali il moto non è più laminare (M. Doninelli et Al., 2005).

Come è facile constatare, tali velocità sono inversamente propor-zionali al diametro (D) dei tubi: cioè sono più elevate per i tubi più piccoli che per quelli di più grande diametro. Nell’ambito dell’i-draulica pratica (ove, generalmente ν> νC), interessa, soprattutto, calcolare le perdite di carico continue in regime turbolento. Per i tubi che convogliano acqua, si possono considerare tre classi di rugosità: la bassa, la media e l’elevata:• la bassa rugosità, comprende i tubi in rame, acciaio inox

e materiale plastico (scabrezza omogenea equivalente ε ≤ 0,007 mm);

• la media rugosità, comprende i tubi in acciaio nero o zincato (scabrezza omogenea equivalente 0,020 ≤ ε ≤ 0,090 mm);

• l’elevata rugosità, invece, comprende i tubi sensibilmente in-crostati e/o corrosi (scabrezza omogenea equivalente 0,200 < ε ≤ 1,000 mm. Esempio ferro arrugginito: ε ≅ 0,700 mm)

In regime laminare, [Fa] è determinabile con la seguente formula (M. Doninelli et Al., 2005):

In regime turbolento è, invece, determinabile con la formula di Colebrook: formula che, però, richiede metodi di calcolo, per ap-prossimazioni successive, assai complessi. Motivo per cui, nella pratica, si ricorre a formule più semplici. Misure di laboratorio e verifiche in merito, hanno indotto ad utilizzare la formula di Bla-sius, sotto riportata, per i tubi a bassa rugosità:

ed ad elaborare un’apposita relazione per i tubi a media rugosità:

Ponendo nella formula generale, i valori di [Fa], sopra riportati, è dunque possibile ottenere formule che consentono di calcolare le perdite di carico continue, in base a parametri direttamente noti o determinabili. Per un uso pratico di queste formule va comunque sostituita la velocità del fluido con la relativa portata. Le perdite di carico continue sono, infatti, generalmente determinate in base alle portate e non alle velocità. Per diverse tipologie di tubazioni, di bassa e media rugosità, convoglianti acqua, in regime di moto turbolento, Chezy ha proposto la seguente relazione (G. Becciu et Al., 2005):

Nel caso, invero, di moto laminare, dove la scabrezza ε non in-terviene (lo spessore dello strato limite viscoso della corrente che aderisce alla parete ricopre completamente le asperità della pa-rete interna della tubazione), la relazione precedente assume la seguente semplice espressione (V. Ferro, 2013):

ove: J = perdita di carico continua unitaria m c.a./m;g = 9,80665 accelerazione di gravità terrestre, m/s2;D = diametro interno della tubazione, m (con D < 1,80 m);Q = portata convogliata in condotta, m3/s;KS = coefficiente di scabrezza di Gauckler-Strickler, m1/3/s, che

assume, a seconda della superficie interna, del materiale costituente la tubazione, i seguenti valori (G. Becciu et Al, 2010):Ks = 80 per tubi in gres (rugosità ε = 1,500 mm ÷ 2,000 mm);Ks = 95 per tubi in acciaio nero o zincato (rugosità ε = 0,200 mm ÷ 0,500 mm);Ks = 100 per tubi in cemento armato lisciato (rugosità ε = 0,100 mm ÷ 0,150 mm);Ks = 105 per tubi in ghisa rivestita (rugosità ε = 0,100 ÷ 0,150);Ks = 120 per tubi in alluminio (rugosità ε = 0,015 ÷ 0,050);

Tabella 1 – Masse volumiche e viscosità dell’acqua relazionate al variare della temperatura.

t[°C]

ρ [kg/m3]

ν [m2/s]

10 999,6 0,00000130

20 998,0 0,00000102

30 995,4 0,00000080

40 992,0 0,00000065

l’Ambiente

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Ks = 130 per tubi rame, acciaio inox ed ottone (rugosità ε = 0,004 ÷ 0,010);Ks = 145 per tubi in PE, PVC, PP e PRFV (t. tecnicamente lisci: rugosità ε = 0,002 ÷ 0,004).

Per tubi ad elevata rugosità, le perdite di carico continue pos-sono determinarsi moltiplicando quelle dei tubi a bassa e media rugosità per i fattori correttivi [FC], riportati nella Tabella 2 (mod. M. Doninelli, 2002).

Perdite di carico localizzateQueste perdite di carico sono dovute alla presenza, sul circuito idraulico, di organi meccanici e/o di pezzi speciali che fanno variare la direzione ovvero la sezione di passaggio del fluido e vengono a crearsi per la turbolenza che si manifesta, in vicinan-za di tali pezzi (curve, raccordi, misuratori, valvole, saracine-sche, riduzioni, eccetera).Tali perdite di pressione, possono essere calcolate con uno dei seguenti metodi, più utilizzati:• metodo diretto, utilizza i coefficienti di attrito che dipendono

dalla forma e dalle dimensioni dei pezzi speciali;• metodo indiretto, utilizza le lunghezze equivalenti, ossia

sostituisce ad ogni pezzo speciale, un tratto di tubo lineare, in grado di dare le stesse perdite di carico.

In genere, per il dimensionamento dei tubi e delle apparecchia-ture motorie, si ricorre al metodo diretto, in quanto è sufficien-temente accurato ed è facile da utilizzare. Con tale metodo, le perdite di carico localizzate si possono calcolare con la formula:

in cui v è la velocità media, che si stabilisce in una sezione caratteristica e k un parametro adimensionale (cd coefficiente di resistenza localizzata) che dipende, essenzialmente, dalla configurazione geometrica e dal numero di Reynolds. Spes-so, però, la dipendenza di k dal numero di Reynolds è trascu-rabile. A titolo indicativo forniamo i seguenti valori di k (mod. E. Bettanini et Al., 1987; R. Joyce, 1996; P. Rimoldi, 2010).Per imbocco/sbocco da serbatoio:

Tabella 2 – Fattori di correzione per tubazioni ad elevata rugosità.

Figura 3 – Varie tipologie di imbocco da serbatoio.

Figura 2 - Perdita di carico continua, in una condotta lunga L.

DN [mm] ε=0,20 [mm] ε= 0,50 [mm] ε = 1,00 [mm]

v [m/s] v [m/s] v [m/s]

0,50 1,00 2,00 0,50 1,00 2,00 0,50 1,00 2,00

25 ≤ D ≤ 40 1,18 1,20 1,26 1,35 1,45 1,60 1,70 1,90 2,00

40 ≤ D ≤ 60 1,18 1,20 1,26 1,35 1,45 1,60 1,70 1,80 2,00

60 ≤ D ≤ 80 1,18 1,20 1,24 1,35 1,45 1,60 1,65 1,80 1,95

80 ≤ D ≤ 100 1,18 1,20 1,24 1,35 1,40 1,55 1,60 1,75 1,90

100 ≤ D ≤ 200 1,18 1,19 1,24 1,30 1,40 1,50 1,55 1,70 1,90

200 ≤ D ≤ 300 1,18 1,19 1,24 1,30 1,40 1,45 1,50 1,70 1,90

300 ≤ D ≤ 400 1,18 1,19 1,24 1,30 1,40 1,45 1,50 1,70 1,85

Figura 1 – Perdite di carico in un circuito idraulico.

Figura 2 - Perdita di carico continua, in una condotta lunga L.

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Perdite di carico localizzate Queste perdite di carico sono dovute alla presenza, sul circuito idraulico, di organi meccanici e/o di pezzi speciali che fanno variare la direzione ovvero la sezione di passaggio del fluido e vengono a crearsi per la turbolenza che si manifesta in vicinanza di tali pezzi (curve, raccordi, misuratori, valvole, saracinesche, riduzioni, eccetera). Tali perdite di pressione, possono essere calcolate con uno dei seguenti metodi, più utilizzati: metodo diretto, utilizza i coefficienti di attrito che dipendono dalla forma e dalle

dimensioni dei pezzi speciali; metodo indiretto, utilizza le lunghezze equivalenti, ossia sostituisce ad ogni pezzo

speciale, un tratto di tubo lineare, in grado di dare le stesse perdite di carico. In genere, per il dimensionamento dei tubi e delle apparecchiature motorie, si ricorre al metodo diretto, in quanto è sufficientemente accurato ed è facile da utilizzare. Con tale metodo, le perdite di carico localizzate si possono calcolare con la formula:

in cui v è la velocità media, che si stabilisce in una sezione caratteristica e k un parametro adimensionale (cd coefficiente di resistenza localizzata) che dipende, essenzialmente, dalla configurazione geometrica e dal numero di Reynolds. Spesso, però, la dipendenza di k dal numero di Reynolds è trascurabile. A titolo indicativo forniamo i seguenti valori di k (mod. E. Bettanini et Al., 1987; R. Joyce, 1996; P. Rimoldi, 2010). Per imbocco/sbocco da serbatoio:

Figura 3 – Varie tipologie di imbocco da serbatoio. k = 0,50 imbocco a spigolo vivo; k = 1,00 imbocco con tubo rientrante a spigolo vivo; k = 0,08 imbocco arrotondato; k = 1,00 sbocco a spigolo vivo; k = 0,60 sbocco con tubo svasato (1,40 volte il diametro). Per curve e gomiti:

La perdita di carico continua (p. di forza motrice), espressa in m c.a., tra due punti di un circuito idraulico (vedi Figura 2) è, quindi, la differenza di carico idraulico Y[m] tra i due punti, presi in con-siderazione, espressa dalla relazione:

Per rapporti di L/D ≥ 1.000, le condotte vengono definite “lunghe condotte” (B. Brunone et Al., 2006).

k = 0,50 imbocco a spigolo vivo;k = 1,00 imbocco con tubo rientrante a spigolo vivo;k = 0,08 imbocco arrotondato;k = 1,00 sbocco a spigolo vivo;k = 0,60 sbocco con tubo svasato (1,40 volte il diametro).

Per curve e gomiti: K = 0,12 per curve a 45° con r/D = 1,0;K = 0,13 per curve a 45° con r/D = 1,5;K = 0,14 per curve a 45° con r/D = 2,0;

Scienza & Inquinamentoò

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Ks = 130 per tubi rame, acciaio inox ed ottone (rugosità ε = 0,004 ÷ 0,010);Ks = 145 per tubi in PE, PVC, PP e PRFV (t. tecnicamente lisci: rugosità ε = 0,002 ÷ 0,004).

Per tubi ad elevata rugosità, le perdite di carico continue pos-sono determinarsi moltiplicando quelle dei tubi a bassa e media rugosità per i fattori correttivi [FC], riportati nella Tabella 2 (mod. M. Doninelli, 2002).

Perdite di carico localizzateQueste perdite di carico sono dovute alla presenza, sul circuito idraulico, di organi meccanici e/o di pezzi speciali che fanno variare la direzione ovvero la sezione di passaggio del fluido e vengono a crearsi per la turbolenza che si manifesta, in vicinan-za di tali pezzi (curve, raccordi, misuratori, valvole, saracine-sche, riduzioni, eccetera).Tali perdite di pressione, possono essere calcolate con uno dei seguenti metodi, più utilizzati:• metodo diretto, utilizza i coefficienti di attrito che dipendono

dalla forma e dalle dimensioni dei pezzi speciali;• metodo indiretto, utilizza le lunghezze equivalenti, ossia

sostituisce ad ogni pezzo speciale, un tratto di tubo lineare, in grado di dare le stesse perdite di carico.

In genere, per il dimensionamento dei tubi e delle apparecchia-ture motorie, si ricorre al metodo diretto, in quanto è sufficien-temente accurato ed è facile da utilizzare. Con tale metodo, le perdite di carico localizzate si possono calcolare con la formula:

in cui v è la velocità media, che si stabilisce in una sezione caratteristica e k un parametro adimensionale (cd coefficiente di resistenza localizzata) che dipende, essenzialmente, dalla configurazione geometrica e dal numero di Reynolds. Spes-so, però, la dipendenza di k dal numero di Reynolds è trascu-rabile. A titolo indicativo forniamo i seguenti valori di k (mod. E. Bettanini et Al., 1987; R. Joyce, 1996; P. Rimoldi, 2010).Per imbocco/sbocco da serbatoio:

Tabella 2 – Fattori di correzione per tubazioni ad elevata rugosità.

Figura 3 – Varie tipologie di imbocco da serbatoio.

Figura 2 - Perdita di carico continua, in una condotta lunga L.

DN [mm] ε=0,20 [mm] ε= 0,50 [mm] ε = 1,00 [mm]

v [m/s] v [m/s] v [m/s]

0,50 1,00 2,00 0,50 1,00 2,00 0,50 1,00 2,00

25 ≤ D ≤ 40 1,18 1,20 1,26 1,35 1,45 1,60 1,70 1,90 2,00

40 ≤ D ≤ 60 1,18 1,20 1,26 1,35 1,45 1,60 1,70 1,80 2,00

60 ≤ D ≤ 80 1,18 1,20 1,24 1,35 1,45 1,60 1,65 1,80 1,95

80 ≤ D ≤ 100 1,18 1,20 1,24 1,35 1,40 1,55 1,60 1,75 1,90

100 ≤ D ≤ 200 1,18 1,19 1,24 1,30 1,40 1,50 1,55 1,70 1,90

200 ≤ D ≤ 300 1,18 1,19 1,24 1,30 1,40 1,45 1,50 1,70 1,90

300 ≤ D ≤ 400 1,18 1,19 1,24 1,30 1,40 1,45 1,50 1,70 1,85

Figura 1 – Perdite di carico in un circuito idraulico.

Figura 2 - Perdita di carico continua, in una condotta lunga L.

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Perdite di carico localizzate Queste perdite di carico sono dovute alla presenza, sul circuito idraulico, di organi meccanici e/o di pezzi speciali che fanno variare la direzione ovvero la sezione di passaggio del fluido e vengono a crearsi per la turbolenza che si manifesta in vicinanza di tali pezzi (curve, raccordi, misuratori, valvole, saracinesche, riduzioni, eccetera). Tali perdite di pressione, possono essere calcolate con uno dei seguenti metodi, più utilizzati: metodo diretto, utilizza i coefficienti di attrito che dipendono dalla forma e dalle

dimensioni dei pezzi speciali; metodo indiretto, utilizza le lunghezze equivalenti, ossia sostituisce ad ogni pezzo

speciale, un tratto di tubo lineare, in grado di dare le stesse perdite di carico. In genere, per il dimensionamento dei tubi e delle apparecchiature motorie, si ricorre al metodo diretto, in quanto è sufficientemente accurato ed è facile da utilizzare. Con tale metodo, le perdite di carico localizzate si possono calcolare con la formula:

in cui v è la velocità media, che si stabilisce in una sezione caratteristica e k un parametro adimensionale (cd coefficiente di resistenza localizzata) che dipende, essenzialmente, dalla configurazione geometrica e dal numero di Reynolds. Spesso, però, la dipendenza di k dal numero di Reynolds è trascurabile. A titolo indicativo forniamo i seguenti valori di k (mod. E. Bettanini et Al., 1987; R. Joyce, 1996; P. Rimoldi, 2010). Per imbocco/sbocco da serbatoio:

Figura 3 – Varie tipologie di imbocco da serbatoio. k = 0,50 imbocco a spigolo vivo; k = 1,00 imbocco con tubo rientrante a spigolo vivo; k = 0,08 imbocco arrotondato; k = 1,00 sbocco a spigolo vivo; k = 0,60 sbocco con tubo svasato (1,40 volte il diametro). Per curve e gomiti:

La perdita di carico continua (p. di forza motrice), espressa in m c.a., tra due punti di un circuito idraulico (vedi Figura 2) è, quindi, la differenza di carico idraulico Y[m] tra i due punti, presi in con-siderazione, espressa dalla relazione:

Per rapporti di L/D ≥ 1.000, le condotte vengono definite “lunghe condotte” (B. Brunone et Al., 2006).

k = 0,50 imbocco a spigolo vivo;k = 1,00 imbocco con tubo rientrante a spigolo vivo;k = 0,08 imbocco arrotondato;k = 1,00 sbocco a spigolo vivo;k = 0,60 sbocco con tubo svasato (1,40 volte il diametro).

Per curve e gomiti: K = 0,12 per curve a 45° con r/D = 1,0;K = 0,13 per curve a 45° con r/D = 1,5;K = 0,14 per curve a 45° con r/D = 2,0;

Scienza & Inquinamentoò

5/201410

l’Ambiente

5/2014 11

K = 0,18 per curve a 60° con r/D = 1,0;k = 0,17 per curve a 60° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0;K = 0,29 per curve a 90° con r/D = 1,0;k = 0,24 per curve a 90° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0.

Per giunzioni a T fra tubi di ugual diametro:

K = 2,00 diramazione doppia con T a squadra (90°);k = 0,50 diramazione semplice con T a squadra, in direzione a);k = 1,50 diramazione semplice con T a squadra in direzione b);k = 0,50 confluenza a squadro in direzione a);k = 1,00 confluenza a squadro in direzione b);k = 2,00 confluenza doppia con T a squadra;k = 0,50 confluenza semplice ovvero diramazione semplice con angolo inclinato (45° ÷ 60°).

Per allargamenti e restringimenti di sezione:K = 0,20 per allargamento di sezione con D/d = 1,5;K = 0,50 per allargamento di sezione con D/d = 2;K = 0,75 per allargamento di sezione con D/d = 4;k = 0,20 per restringimento di sezione con D/d = 1,5;k = 0,30 per restringimento di sezione con D/d = 2;

k = 0,40 per restringimento di sezione con D/d = 4;K = 0,50 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 1/2;K = 0,09 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 2/3 ;K = 0,07 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 3/4;K = 0,06 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 4/5.

Per organi meccanici:

6

Figura 4 – Raccordo curvilineo a gomito.

K = 0,12 per curve a 45° con r/D = 1,0; K = 0,13 per curve a 45° con r/D = 1,5; K = 0,14 per curve a 45° con r/D = 2,0; K = 0,18 per curve a 60° con r/D = 1,0; k = 0,17 per curve a 60° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0; K = 0,29 per curve a 90° con r/D = 1,0; k = 0,24 per curve a 90° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0. Per giunzioni a T fra tubi di ugual diametro:

Figura 5 – Raccordi a T a spigolo vivo.

K = 2,00 diramazione doppia con T a squadra (90°); k = 0,50 diramazione semplice con T a squadra, in direzione a); k = 1,50 diramazione semplice con T a squadra in direzione b); k = 0,50 confluenza a squadro in direzione a); k = 1,00 confluenza a squadro in direzione b); k = 2,00 confluenza doppia con T a squadra; k = 0,50 confluenza semplice ovvero diramazione semplice con angolo inclinato (45° ÷ 60°). Per allargamenti e restringimenti di sezione:

6

Figura 4 – Raccordo curvilineo a gomito.

K = 0,12 per curve a 45° con r/D = 1,0; K = 0,13 per curve a 45° con r/D = 1,5; K = 0,14 per curve a 45° con r/D = 2,0; K = 0,18 per curve a 60° con r/D = 1,0; k = 0,17 per curve a 60° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0; K = 0,29 per curve a 90° con r/D = 1,0; k = 0,24 per curve a 90° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0. Per giunzioni a T fra tubi di ugual diametro:

Figura 5 – Raccordi a T a spigolo vivo.

K = 2,00 diramazione doppia con T a squadra (90°); k = 0,50 diramazione semplice con T a squadra, in direzione a); k = 1,50 diramazione semplice con T a squadra in direzione b); k = 0,50 confluenza a squadro in direzione a); k = 1,00 confluenza a squadro in direzione b); k = 2,00 confluenza doppia con T a squadra; k = 0,50 confluenza semplice ovvero diramazione semplice con angolo inclinato (45° ÷ 60°). Per allargamenti e restringimenti di sezione:

Figura 4 – Raccordo curvilineo a gomito.

Figura 5 – Raccordi a T a spigolo vivo.

Figura 6 – Raccordi con variazione di sezione (brusca e graduale).

Figura 7 – Varie tipologie di organi meccanici nelle tubazioni idrauliche.

7

Figura 6 – Raccordi con variazione di sezione (brusca e graduale). K = 0,20 per allargamento di sezione con D/d = 1,5; K = 0,50 per allargamento di sezione con D/d = 2; K = 0,75 per allargamento di sezione con D/d = 4; k = 0,20 per restringimento di sezione con D/d = 1,5; k = 0,30 per restringimento di sezione con D/d = 2; k = 0,40 per restringimento di sezione con D/d = 4; K = 0,50 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 1/2; K = 0,09 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 2/3 ; K = 0,07 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 3/4; K = 0,06 per allargamento graduale (L/d = 2) di sezione con d/D = 4/5. Per organi meccanici:

Figura 7 – Varie tipologie di organi meccanici nelle tubazioni idrauliche.

k = 0,40 per valvole a farfalla, a completa apertura; k = 0,25 per valvole a fuso, a completa apertura; k = 0,20 per saracinesche piane, a completa apertura; k = 0,10 per valvola a sfera, in linea, a completa apertura; k = 1,25 per valvola di fondo (senza succheruola), a completa apertura; k = 2,70 per valvola di ritegno a cerniera, a completa apertura; k = 3,00 per saracinesche piane, con apertura a metà; k = 10,00 per valvola a globo (sede libera), a completa apertura. Le perdite di carico di organi meccanici e/o di altri componenti speciali, del circuito idraulico, dovrebbero essere calcolate con la apposita predetta formula, in funzione del valore di K, fornito dal produttore (metodo diretto). Nel caso questo non sia possibile e per le perdite dovute ai vari organi meccanici e/o pezzi speciali, nella Tabella 3 è indicato il valore della perdita di pressione, in metri, secondo l’applicazione del metodo indiretto della "lunghezza di tubazione equivalente” ( H = Y = J ∙ Le), per i diametri nominali (DN) dei pezzi speciali e per gli organi meccanici, commercialmente più diffusi (mod. Oppo, 2014). DN CURVE STD RACCORDI STANDARD SARACINESCHE VALVOLE

DI RITEGNO

45° 90° T (Passaggio dritto)

T (Passaggio a

90°)

Apertura 100 % 50 %

LUNGHEZZA DI TUBAZIONE EQUIVALENTE [m]

6

Figura 4 – Raccordo curvilineo a gomito.

K = 0,12 per curve a 45° con r/D = 1,0; K = 0,13 per curve a 45° con r/D = 1,5; K = 0,14 per curve a 45° con r/D = 2,0; K = 0,18 per curve a 60° con r/D = 1,0; k = 0,17 per curve a 60° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0; K = 0,29 per curve a 90° con r/D = 1,0; k = 0,24 per curve a 90° con r/D = 1,5 e r/D = 2,0. Per giunzioni a T fra tubi di ugual diametro:

Figura 5 – Raccordi a T a spigolo vivo.

K = 2,00 diramazione doppia con T a squadra (90°); k = 0,50 diramazione semplice con T a squadra, in direzione a); k = 1,50 diramazione semplice con T a squadra in direzione b); k = 0,50 confluenza a squadro in direzione a); k = 1,00 confluenza a squadro in direzione b); k = 2,00 confluenza doppia con T a squadra; k = 0,50 confluenza semplice ovvero diramazione semplice con angolo inclinato (45° ÷ 60°). Per allargamenti e restringimenti di sezione:

k = 0,40 per valvole a farfalla, a completa apertura;k = 0,25 per valvole a fuso, a completa apertura;k = 0,20 per saracinesche piane, a completa apertura;k = 0,10 per valvola a sfera, in linea, a completa apertura;k = 1,25 per valvola di fondo (senza succheruola), a completa apertura;k = 2,70 per valvola di ritegno a cerniera, a completa apertura;k = 3,00 per saracinesche piane, con apertura a metà;k = 10,00 per valvola a globo (sede libera), a completa apertura.

Le perdite di carico di organi meccanici e/o di altri componen-ti speciali, del circuito idraulico, dovrebbero essere calcolate con la apposita predetta formula, in funzione del valore di K, fornito dal produttore (metodo diretto). Nel caso questo non sia possibile e per le perdite dovute ai vari organi meccanici e/o pezzi speciali, nella Tabella 3 è indicato il valore della per-dita di pressione, in metri, secondo l’applicazione del metodo indiretto della “lunghezza di tubazione equivalente” (DH = Y = J ∙ Le), per i diametri nominali (DN) dei pezzi speciali e per gli organi meccanici, commercialmente più diffusi (mod. Oppo, 2014).

La Tabella 3 è valida per una velocità del flusso convogliato di 1,0 m/s e per componenti di media rugosità (se il flusso attraversa un raccordo con una riduzione della sezione, la lunghezza equiva-lente deve essere determinata sul diametro della sezione mino-re). Se nel condotto il fluido convogliato scorre con una velocità v, diversa da 1,0 m/s, la lunghezza equivalente L’e è pari al prodotto della lunghezza equivalente Le, tabellata per specifico DN, per il quadrato di quella determinata velocità.

Page 14: L'AMBIENTE  52014

Dati:

Caratteristiche della tubazione:Sezione tipo di tubazione: Strutturata in plastica (PVC);Rugosità assoluta della parete interna: 0,004 mm;Dimensioni tubazione: PN 10 – DN 57 mm (≡ 0,057 m) – De = 63 mm – S3 (Claredot, 2014).

Portata convogliata e velocità del fluido nella tubazione:Portata idraulica: 10 m3/h (≡ 0,00277777 m3/s);Area sezione: 0,002551758 m2;Velocità: 1,08857 m/s;

Caratteristiche del fluido:Tipo di fluido: Acqua dolce;Temperatura di esercizio: 20 °C;Viscosità cinematica del fluido: 0,00000102 m2/s;Densità volumica del fluido: 998,0 kg/m3.

Componenti dell’impianto:Lunghezza tubazione rettilinea: (L1 + L2 + L3) = (5 + 5 + 1,50) = 11,50 m;Deviazioni a 90° standard (gomiti STD r/D = 1,00): 3 (C1, C2 e C3);Deviazioni a T standard (squadri 90° STD): 1 (T);Valvole a sfera: 2 di cui una in linea (VS1: apertura 100%) ed una in derivazione (VS2: apertura 0%). Risultati:Numero di Reynolds: 60.832 (moto turbolento);Caduta di pressione dovuta alla tubazione rettilinea: ∆H = J ∙ L = 10,29 ∙ Q2 ∙ Ks

−2 ∙ D−5,33 ∙ L∆H = J ∙ L = 10,29 ∙ 0,0027772 ∙ 140-2 ∙ 0,057-5,33 = 0,0173277 ∙ 11,50 = 0,199 m c.a.;Caduta di pressione dovuta ai tre gomiti a 90°:∆H = 3 ∙ k ∙ v2/(2 ∙ g) = 3 ∙ [0,29 ∙ 1,088572 ∙ (2 ∙ 9,80665) − 1] = 0,053 m c.a. (metodo diretto)

Tabella 3 – Lunghezze equivalenti, relative a specifici DN, al variare degli organi o dei pezzi idraulici.

Figura 8 – Circuito idraulico con organi e pezzi speciali sulle tubazioni.

Tabella 4 – Tabella dei rapporti Le/D per la valutazione delle lunghezze di tubazione equivalente.

Ad esemplificazione di quanto teoricamente esposto, si riporta, di seguito, il calcolo delle perdite di carico sul circuito idraulico di cui alla Fig. 8.

DN

CURVE STD RACCORDI STANDARD SARACINESCHE

VALVOLE DI RITEGNO

45° 90°T

(Passaggio a 90°)T

(Passaggio dritto)

Apertura

100 % 50 %

LUNGHEZZA DI TUBAZIONE EQUIVALENTE [m]

25 0,3 0,6 0,5 1,5 0,3 3,7 1,5

32 0,3 0,9 0,6 1,8 0,3 3,7 2,1

40 0,6 1,2 0,8 2,4 0,3 3,7 2,7

50 0,6 1,5 1,0 3,0 0,3 3,7 3,3

65 0,9 1,8 1,2 3,6 0,3 3,7 4,2

80 0,9 2,1 1,5 4,5 0,3 3,7 4,8

100 1,2 3,0 2,0 6,0 0,6 7,4 6,6

125 1,5 3,6 2,5 7,5 0,6 7,4 8,3

150 2,1 4,2 3,0 9,0 0,9 11,1 10,4

200 2,7 5,4 3,5 10,5 1,2 14,8 13,5

250 3,3 6,6 5,0 15,0 1,5 18,5 16,5

300 3,9 8,1 6,0 18,0 1,8 22,2 19,5

N.B.: (Le/D)SARACINESCHE = 2,6 ∙ (Le/D)VALVOLE A SFERA (Vedi Tab. 4; mod. Acquaverde, 2014)

DENOMINAZIONE PARTICOLARI D’ESERCIZIO GRADO DI APERTURA Le/D

Valvola a globoSede libera 100 % 340

Otturatore guidato 100 % 450

Saracinesca Piana 100 % 13

75 % 35

50 % 160

25 % 900

Valvola di ritegno A battente 100 % 135

Valvola a sfera In linea (passaggio totale) 100 % 5

Valvola di fondo Con succheruola 100 % 420

Valvola a farfalla DN ≥ 150 mm 100 % 20

Rubinetto a maschio(a 2 o 3 vie)

Flusso diritto 100 % 44

Flusso deviato a 90° 100 % 140

Curva larga A 90° (1,5 ≤ r/D ≤ 2) 20

Gomito standard A 90 ° 30

Gomito standard A 45 ° 16

Raccordi a T standard Squadro a 90 °

Flusso in direzione principaleFlusso attraverso la diramazione

20

60

9

Tabella 4 – Tabella dei rapporti Le/D per la valutazione delle lunghezze di tubazione equivalente. Ad esemplificazione di quanto teoricamente esposto, si riporta, di seguito, il calcolo delle perdite di carico sul circuito idraulico di cui alla Fig. 8.

Figura 8 – Circuito idraulico con organi e pezzi speciali sulle tubazioni. Dati: Caratteristiche della tubazione: Sezione tipo di tubazione: Strutturata in plastica (PVC); Rugosità assoluta della parete interna: 0,004 mm; Dimensioni tubazione: PN 10 – DN 57 mm (≡ 0,057 m) – De = 63 mm – S3 (Claredot, 2014). Portata convogliata e velocità del fluido nella tubazione: Portata idraulica: 10 m3/h (≡ 0,00277777 m3/s); Area sezione: 0,002551758 m2; Velocità: 1,08857 m/s; Caratteristiche del fluido: Tipo di fluido: Acqua dolce; Temperatura di esercizio: 20 °C; Viscosità cinematica del fluido: 0,00000102 m2/s; Densità volumica del fluido: 998,0 kg/m3. Componenti dell’impianto: Lunghezza tubazione rettilinea: (L1 + L2 + L3) = (5 + 5 + 1,50) = 11,50 m; Deviazioni a 90° standard (gomiti STD r/D = 1,00): 3 (C1, C2 e C3); Deviazioni a T standard (squadri 90° STD): 1 (T); Valvole a sfera: 2 di cui una in linea (VS1: apertura 100%) ed una in derivazione (VS2: apertura 0%).

Scienza & Inquinamentoò

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Page 15: L'AMBIENTE  52014

Dati:

Caratteristiche della tubazione:Sezione tipo di tubazione: Strutturata in plastica (PVC);Rugosità assoluta della parete interna: 0,004 mm;Dimensioni tubazione: PN 10 – DN 57 mm (≡ 0,057 m) – De = 63 mm – S3 (Claredot, 2014).

Portata convogliata e velocità del fluido nella tubazione:Portata idraulica: 10 m3/h (≡ 0,00277777 m3/s);Area sezione: 0,002551758 m2;Velocità: 1,08857 m/s;

Caratteristiche del fluido:Tipo di fluido: Acqua dolce;Temperatura di esercizio: 20 °C;Viscosità cinematica del fluido: 0,00000102 m2/s;Densità volumica del fluido: 998,0 kg/m3.

Componenti dell’impianto:Lunghezza tubazione rettilinea: (L1 + L2 + L3) = (5 + 5 + 1,50) = 11,50 m;Deviazioni a 90° standard (gomiti STD r/D = 1,00): 3 (C1, C2 e C3);Deviazioni a T standard (squadri 90° STD): 1 (T);Valvole a sfera: 2 di cui una in linea (VS1: apertura 100%) ed una in derivazione (VS2: apertura 0%). Risultati:Numero di Reynolds: 60.832 (moto turbolento);Caduta di pressione dovuta alla tubazione rettilinea: ∆H = J ∙ L = 10,29 ∙ Q2 ∙ Ks

−2 ∙ D−5,33 ∙ L∆H = J ∙ L = 10,29 ∙ 0,0027772 ∙ 140-2 ∙ 0,057-5,33 = 0,0173277 ∙ 11,50 = 0,199 m c.a.;Caduta di pressione dovuta ai tre gomiti a 90°:∆H = 3 ∙ k ∙ v2/(2 ∙ g) = 3 ∙ [0,29 ∙ 1,088572 ∙ (2 ∙ 9,80665) − 1] = 0,053 m c.a. (metodo diretto)

Tabella 3 – Lunghezze equivalenti, relative a specifici DN, al variare degli organi o dei pezzi idraulici.

Figura 8 – Circuito idraulico con organi e pezzi speciali sulle tubazioni.

Tabella 4 – Tabella dei rapporti Le/D per la valutazione delle lunghezze di tubazione equivalente.

Ad esemplificazione di quanto teoricamente esposto, si riporta, di seguito, il calcolo delle perdite di carico sul circuito idraulico di cui alla Fig. 8.

DN

CURVE STD RACCORDI STANDARD SARACINESCHE

VALVOLE DI RITEGNO

45° 90°T

(Passaggio a 90°)T

(Passaggio dritto)

Apertura

100 % 50 %

LUNGHEZZA DI TUBAZIONE EQUIVALENTE [m]

25 0,3 0,6 0,5 1,5 0,3 3,7 1,5

32 0,3 0,9 0,6 1,8 0,3 3,7 2,1

40 0,6 1,2 0,8 2,4 0,3 3,7 2,7

50 0,6 1,5 1,0 3,0 0,3 3,7 3,3

65 0,9 1,8 1,2 3,6 0,3 3,7 4,2

80 0,9 2,1 1,5 4,5 0,3 3,7 4,8

100 1,2 3,0 2,0 6,0 0,6 7,4 6,6

125 1,5 3,6 2,5 7,5 0,6 7,4 8,3

150 2,1 4,2 3,0 9,0 0,9 11,1 10,4

200 2,7 5,4 3,5 10,5 1,2 14,8 13,5

250 3,3 6,6 5,0 15,0 1,5 18,5 16,5

300 3,9 8,1 6,0 18,0 1,8 22,2 19,5

N.B.: (Le/D)SARACINESCHE = 2,6 ∙ (Le/D)VALVOLE A SFERA (Vedi Tab. 4; mod. Acquaverde, 2014)

DENOMINAZIONE PARTICOLARI D’ESERCIZIO GRADO DI APERTURA Le/D

Valvola a globoSede libera 100 % 340

Otturatore guidato 100 % 450

Saracinesca Piana 100 % 13

75 % 35

50 % 160

25 % 900

Valvola di ritegno A battente 100 % 135

Valvola a sfera In linea (passaggio totale) 100 % 5

Valvola di fondo Con succheruola 100 % 420

Valvola a farfalla DN ≥ 150 mm 100 % 20

Rubinetto a maschio(a 2 o 3 vie)

Flusso diritto 100 % 44

Flusso deviato a 90° 100 % 140

Curva larga A 90° (1,5 ≤ r/D ≤ 2) 20

Gomito standard A 90 ° 30

Gomito standard A 45 ° 16

Raccordi a T standard Squadro a 90 °

Flusso in direzione principaleFlusso attraverso la diramazione

20

60

9

Tabella 4 – Tabella dei rapporti Le/D per la valutazione delle lunghezze di tubazione equivalente. Ad esemplificazione di quanto teoricamente esposto, si riporta, di seguito, il calcolo delle perdite di carico sul circuito idraulico di cui alla Fig. 8.

Figura 8 – Circuito idraulico con organi e pezzi speciali sulle tubazioni. Dati: Caratteristiche della tubazione: Sezione tipo di tubazione: Strutturata in plastica (PVC); Rugosità assoluta della parete interna: 0,004 mm; Dimensioni tubazione: PN 10 – DN 57 mm (≡ 0,057 m) – De = 63 mm – S3 (Claredot, 2014). Portata convogliata e velocità del fluido nella tubazione: Portata idraulica: 10 m3/h (≡ 0,00277777 m3/s); Area sezione: 0,002551758 m2; Velocità: 1,08857 m/s; Caratteristiche del fluido: Tipo di fluido: Acqua dolce; Temperatura di esercizio: 20 °C; Viscosità cinematica del fluido: 0,00000102 m2/s; Densità volumica del fluido: 998,0 kg/m3. Componenti dell’impianto: Lunghezza tubazione rettilinea: (L1 + L2 + L3) = (5 + 5 + 1,50) = 11,50 m; Deviazioni a 90° standard (gomiti STD r/D = 1,00): 3 (C1, C2 e C3); Deviazioni a T standard (squadri 90° STD): 1 (T); Valvole a sfera: 2 di cui una in linea (VS1: apertura 100%) ed una in derivazione (VS2: apertura 0%).

Scienza & Inquinamentoò

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∆H = 3 ∙(Le/D) ∙ D ∙ J ∙ v2 = 3 ∙ (30 )∙ 0,057 ∙ 0,0173277 ∙ 1,088572 = 0,105 m c.a. (metodo indiretto)Caduta di pressione dovuta alla deviazione a T:∆H = 1 ∙ k ∙ v2/(2 ∙ g) = 1 ∙ [0,50 ∙ 1,088572 ∙ (2 ∙ 9,80665) − 1] = 0,030 m c.a. (metodo diretto);∆H = 1 ∙(Le/D) ∙ D ∙ J ∙ v2 = 1 ∙ (20 )∙ 0,057 ∙ 0,0173277 ∙ 1,088572 = 0,023 m c.a. (metodo indiretto);Caduta di pressione dovuta a valvola a sfera, in linea, completa-mente aperta:∆H = 1 ∙ k ∙ v2/(2 ∙ g) = 1 ∙ [0,10 ∙ 1,088572 ∙ (2 ∙ 9,80665) − 1] = 0,006 m c.a. (metodo diretto)∆H = 1 ∙(Le/D) ∙ D ∙ J ∙ v2 = 1 ∙ (5 )∙ 0,057 ∙ 0,0173277 ∙ 1,088572 = 0,006 m c.a. (metodo indiretto)Caduta di pressione dovuta ad imbocco e sbocco a spigolo vivo:∆H = (0,50 + 1,00) ∙ v2/(2 ∙ g) = 1,50 ∙ 1,088572 ∙ (2 ∙ 9,80665) – 1 = 0,091 m c.a. (metodo diretto).

Caduta totale di pressione, sull’intero circuito idraulico:

Y = ∑ΔH = 0,199 + 0,053 + 0,030 + 0,006 + 0,091 = 0,389 m c.a. (metodo diretto);

Y = ∑ΔH = 0,199 + 0,105 + 0,023 + 0,006 + 0,091 = 0,424 m c.a. (metodo indiretto).

Bibliografia[1] Joyce Raymond (1996): “Internal flow systems”, 2nd Com-pletely revised edition, Edited by D.S. MILLER, Hardcovers, UK.

[2] Ernesto Bettanini, Pierfrancesco Brunello (1987): “Lezioni di impianti tecnici”, Vol. 1, II Edizione, Ed. CLEUP, Padova;[3] Mario Doninelli (2002): “Le reti di distribuzione”, Quaderni Caleffi, Ed. GRAFICHE NICOLINI, Padova;[4] Marco e Mario Doninelli, (2005): “Le perdite di carico ne-gli impianti ad acqua e aria e il dimensionamento dei miscela-tori”, Rivista Idraulica, n. 28, Ed. CALEFFI, Novara;[5] Gianfranco Becciu, Alessandro Paoletti (2005): “Eserci-tazioni di costruzioni idrauliche”, III Edizione, Ed. CEDAM, Padova; [6] Gianfranco Becciu, Alessandro Paoletti (2010): “Fonda-menti di costruzioni idrauliche”, Ed. UTET, Torino;[7] Duilio Citrini, Giorgio Noseda (1987): “Idraulica”, II Edizio-ne, Ed. CEA, Milano;[8] Ettore Scimeni (1964): “Compendio di idraulica”, III Ri-stampa, Ed. CEDAM, Padova;[9] Bruno Brunone, Marco Ferrante, Silvia Meniconi (2006): “Esercizi di idraulica”, Vol. 2, Ed. MORLACCHI, Perugia;[10] Vito Ferro (2013): “Elementi di idraulica e idrologia”, Ed. McGRAW-HILL, Milano;[11] Pietro Rimoldi (2010): “Ingegneria idraulica urbana”, Ed. MAGGIOLI, Santarcangelo di Romagna. WEBSITES[1] http://www.oppo.it/tabelle/p_carico_concentrato.htm;[2] http://www.aquaverde.it/progettazione-6.php;[3] http://www.claredot.net/it/sez_Fluidica/perdita_di_cari-co_flu.php.

L’ economia torna a smuovere l’acquaSono segnali deboli, ma ci sono. Il settore idrico, in Italia, comincia a muoversi nuovamente. Dopo un lungo periodo di stallo, da imputare principalmente all’instabilità normativa degli ultimi anni, le grandi imprese sono in ripresa, e tutto il settore acqua risulta essere più comunicativo e trasparente rispetto alla media delle utility italiane. Nonostante questo, gli investimenti sono pressoché invariati nel 2013 e sono ancora scarsi i miglioramenti in capitoli rilevanti come le perdite di rete e la depurazione. È quanto emerge dai dati relativi al settore idrico contenuti nell’anticipazione del III rapporto Top Utility - il think tank che monitora e valuta dal 2011 le performance delle 100 maggiori utility in Italia - illustrati da Alessandro Marangoni, ceo di Althesys, società che ha realizzato lo studio, nel corso del convegno “Il settore idrico italiano tra strategie industriali e finanza”, organizzato nell’ambito di H2O a Bologna dalla stessa Althesys e da Top Utility Analysis.Dati economico finanziari - Il 2013 ha visto aumenti dei ricavi per tutte le aziende: si va da +32,7% rispetto al 2012 nel settore idrico per le grandi aziende al +20,8% per le aziende minori. Investimenti - Gli investimenti restano in termini assoluti pressoché invariati. Risultano in leggero aumento (+ 5,8%) nel triennio 2011-13. Se, invece, si rapportano gli investimenti con il fatturato si nota una diminuzione dal 24,7% del 2012 al 21,6% del 2013. Da sottolineare che il comparto acqua è quello che sta investendo di più (le utility energetiche sono ferme allo 7,3%, quelle dei rifiuti a circa il 7%).Perdite di rete - Nonostante gli sforzi continua ad essere un punto dolente; le perdite al 2013 (36.4%) paiono in aumento rispetto ai valori dichiarati dalle aziende nel 2011 (34.5%), con un peso considerevole di quelle amministrative, cioè di collega-menti abusivi.Depurazione - Si registra un lievissimo miglioramento: nel 2013, l’87% degli utenti sono collegati al servizio depurazione. La percentuale è in leggero aumento (+1%) nel triennio 2011-2013, ma la crescita risulta essere ancora troppo lenta.Comunicazione - Le aziende idriche sembrano comunicare meglio rispetto alla media degli altri settori. L’86% delle aziende hanno rispettato gli obblighi di amministrazione trasparente (la media tra tutte le utilities è del 68%), il 57% ha pubblicato i com-pensi di personale e collaboratori (contro il 43%), il 70% non comunica informazioni ambientali sul sito (contro l’87%), il 26% pubblica il bilancio ambientale (26%).

www.althesys.com

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Valutazione della vulnerabilità specifica ai prodotti fitosanitariPaolo Giandon, Francesca Ragazzi, ARPAV Servizio Osservatorio Suolo e Bonifiche - Irene Delillo, ARPAV Servizio Meteorologico - Email: [email protected]

L’articolo 93 del D.Lgs. 152/2006 prevede che le Regioni individuino le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d’impiego, anche tempo-ranee, di prodotti fitosanitari, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altre matrici rilevanti per la tutela sanitaria e ambientale, ivi inclusi l’entomofauna utile e altri organismi, da possibili fenomeni di conta-minazione. L’allegato 7/B al citato decreto legislativo, stabilisce che le Regioni provvedono ad una prima individuazione delle zone vulnerabili ai pro-dotti fitosanitari; successivamente le Regioni devono determinare le aree da assoggettare a vincoli e divieti, tenendo conto della vulnera-bilità specifica, ossia della combinazione tra vulnerabilità intrinseca e capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze, che si ottiene dal confronto di alcune caratteristi-che chemio-dinamiche della sostanza in esame con le caratteristiche fisiche, chimiche e idrauliche del suolo.La normativa, pertanto, prevede due fasi distinte e successive: una “prima individuazione” delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari (vulnerabilità intrinseca) e una “seconda individuazione” (vulnerabilità specifica) che porta all’individuazione delle zone nell’ambito delle quali devono essere adottate le misure di tutela e le limitazioni o le esclusio-ni di impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari.E’, pertanto, solo sulla base della vulnerabilità specifica che risulta possibile definire la vulnerabilità ai singoli prodotti fitosanitari, e di conseguenza, solo successivamente a tale fase procedurale, sarà possibile introdurre, caso per caso, eventuali limitazioni e divieti che dovessero essere ritenuti necessari.Per il Veneto il Piano di Tutela delle Acque (PTA) individua le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari che coincidono con le “zone di alta pianura”, o “zone di ricarica degli acquiferi” e comprendono 100 comu-ni ubicati nell’area di alta pianura della Regione. Come riportato nelle stesse norme tecniche di attuazione del Piano, si tratta della prima designazione operata ai sensi dell’Articolo 93 del D.Lgs.152/2006; ri-mane ancora da affrontare la valutazione della vulnerabilità specifica che l’allegato 7/B prevede di fare successivamente alla prima indivi-duazione.

Metodologia utilizzataCome già accennato la vulnerabilità specifica è il risultato della combi-nazione tra vulnerabilità intrinseca e capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze, che si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche della sostanza in esame con le caratteristiche fisiche, chimiche e idrauliche del suolo. La determi-nazione della vulnerabilità specifica richiede, pertanto, di prendere in considerazione le complesse relazioni intercorrenti tra le sostanze e

le matrici ambientali, mediante elaborazioni laboriose e tecnicamente impegnative.Si deve precisare che quella definita, dall’allegato 7/B del D.Lgs. n. 152/2006, come “vulnerabilità specifica” o “seconda individuazione”, prevede la restituzione cartografica delle aree soggette a limitazioni ad una scala dettagliata (1:50.000 - 1:100.000), per realizzare la quale è necessario disporre di una carta dei suoli a scala di pari dettaglio, che nel Veneto non è ancora disponibile per tutta l’area di pianura.Di conseguenza si è deciso di applicare la metodologia per la classifi-cazione delle aree a differente vulnerabilità specifica ad una “scala di riconoscimento” (1:250.000) (1) nelle aree dove ancora non è disponi-bile una cartografia in scala 1:50.000 (province di Vicenza, Verona e Rovigo) e ad una scala di “maggiore dettaglio” (1:50.000) dove dispo-nibile (province di Treviso, Venezia e Padova).I dati delle proprietà idrauliche dei suoli sono ricavati da uno studio(2) condotto su 27 unità tipologiche di suolo, scelte tra le più diffuse e idonee a rappresentare le diverse situazioni di pedopaesaggio, che ha consentito di ricavare dei dati utilizzati per la calibrazione e l’appli-

Figura 1 - Macro aree pedoclimatiche.

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Valutazione della vulnerabilità specifica ai prodotti fitosanitariPaolo Giandon, Francesca Ragazzi, ARPAV Servizio Osservatorio Suolo e Bonifiche - Irene Delillo, ARPAV Servizio Meteorologico - Email: [email protected]

L’articolo 93 del D.Lgs. 152/2006 prevede che le Regioni individuino le aree in cui richiedere limitazioni o esclusioni d’impiego, anche tempo-ranee, di prodotti fitosanitari, allo scopo di proteggere le risorse idriche e altre matrici rilevanti per la tutela sanitaria e ambientale, ivi inclusi l’entomofauna utile e altri organismi, da possibili fenomeni di conta-minazione. L’allegato 7/B al citato decreto legislativo, stabilisce che le Regioni provvedono ad una prima individuazione delle zone vulnerabili ai pro-dotti fitosanitari; successivamente le Regioni devono determinare le aree da assoggettare a vincoli e divieti, tenendo conto della vulnera-bilità specifica, ossia della combinazione tra vulnerabilità intrinseca e capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze, che si ottiene dal confronto di alcune caratteristi-che chemio-dinamiche della sostanza in esame con le caratteristiche fisiche, chimiche e idrauliche del suolo.La normativa, pertanto, prevede due fasi distinte e successive: una “prima individuazione” delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari (vulnerabilità intrinseca) e una “seconda individuazione” (vulnerabilità specifica) che porta all’individuazione delle zone nell’ambito delle quali devono essere adottate le misure di tutela e le limitazioni o le esclusio-ni di impiego, anche temporanee, dei prodotti fitosanitari.E’, pertanto, solo sulla base della vulnerabilità specifica che risulta possibile definire la vulnerabilità ai singoli prodotti fitosanitari, e di conseguenza, solo successivamente a tale fase procedurale, sarà possibile introdurre, caso per caso, eventuali limitazioni e divieti che dovessero essere ritenuti necessari.Per il Veneto il Piano di Tutela delle Acque (PTA) individua le zone vulnerabili da prodotti fitosanitari che coincidono con le “zone di alta pianura”, o “zone di ricarica degli acquiferi” e comprendono 100 comu-ni ubicati nell’area di alta pianura della Regione. Come riportato nelle stesse norme tecniche di attuazione del Piano, si tratta della prima designazione operata ai sensi dell’Articolo 93 del D.Lgs.152/2006; ri-mane ancora da affrontare la valutazione della vulnerabilità specifica che l’allegato 7/B prevede di fare successivamente alla prima indivi-duazione.

Metodologia utilizzataCome già accennato la vulnerabilità specifica è il risultato della combi-nazione tra vulnerabilità intrinseca e capacità di attenuazione del suolo per una determinata sostanza o gruppo di sostanze, che si ottiene dal confronto di alcune caratteristiche della sostanza in esame con le caratteristiche fisiche, chimiche e idrauliche del suolo. La determi-nazione della vulnerabilità specifica richiede, pertanto, di prendere in considerazione le complesse relazioni intercorrenti tra le sostanze e

le matrici ambientali, mediante elaborazioni laboriose e tecnicamente impegnative.Si deve precisare che quella definita, dall’allegato 7/B del D.Lgs. n. 152/2006, come “vulnerabilità specifica” o “seconda individuazione”, prevede la restituzione cartografica delle aree soggette a limitazioni ad una scala dettagliata (1:50.000 - 1:100.000), per realizzare la quale è necessario disporre di una carta dei suoli a scala di pari dettaglio, che nel Veneto non è ancora disponibile per tutta l’area di pianura.Di conseguenza si è deciso di applicare la metodologia per la classifi-cazione delle aree a differente vulnerabilità specifica ad una “scala di riconoscimento” (1:250.000) (1) nelle aree dove ancora non è disponi-bile una cartografia in scala 1:50.000 (province di Vicenza, Verona e Rovigo) e ad una scala di “maggiore dettaglio” (1:50.000) dove dispo-nibile (province di Treviso, Venezia e Padova).I dati delle proprietà idrauliche dei suoli sono ricavati da uno studio(2) condotto su 27 unità tipologiche di suolo, scelte tra le più diffuse e idonee a rappresentare le diverse situazioni di pedopaesaggio, che ha consentito di ricavare dei dati utilizzati per la calibrazione e l’appli-

Figura 1 - Macro aree pedoclimatiche.

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cazione dei modelli e per la messa a punto di alcune pedofunzioni di trasferimento in grado di stimare, a partire da alcune caratteristiche del suolo come la tessitura, la sostanza organica e la densità apparente, i principali parametri idrologici come la conducibilità idrica satura e le curve di ritenzione idrica del suolo.Per poter effettuare le elaborazioni territoriali considerando le intera-zioni tra proprietà dei prodotti, caratteri del suolo e fattori climatici è stato utilizzato l’applicativo software SuSAP (Supplying Sustainable Agriculture Production) (3). SuSAP Veneto è in grado di elaborare map-pe di vulnerabilità dei suoli alla lisciviazione dei fitofarmaci applican-do un modello matematico (PELMO 2.01/3.00), scelto tra quelli con-sigliati dal gruppo di lavoro europeo FOCUS sul destino ambientale dei fitofarmaci (4) (5), mettendo insieme dati relativi a suoli, condizioni meteo-climatiche, colture e tecniche di difesa antiparassitaria presenti nel Veneto, con le proprietà chimico-fisiche ricavate dalla banca dati europea “Pesticide Properties DataBase (PPDB)”. Per ciascuna simulazione il software stima la quantità di principio attivo in uscita dalla base del suolo, la trasforma in concentrazione esprimendo un giudizio di vulnerabilità sulla base di cinque classi di concentrazione (µg/l) di principio attivo presente nella soluzione alla base del profilo.Sono stati analizzati i dati di precipitazione, temperatura, vento, ra-diazione solare e umidità relativa provenienti da quasi 70 stazioni agrometeorologiche per derivarne la distribuzione spaziale e indivi-duare delle fasce omogenee che hanno consentito di identificare 11 “macro-aree” di riferimento per il territorio regionale (6) rappresentate da una stazione agrometeorologica di riferimento e da condizioni me-teo-climatiche affini (Figura 1).La selezione dei principi attivi antiparassitari da valutare si è basata su più criteri (7) (8). Per il rischio di contaminazione delle acque è stato preso in considerazione l’indice IRCA ricavato dall’elaborazione dei risultati del monitoraggio eseguito dalle ARPA in Italia; esso può as-sumere valori compresi fra – 5 e + 5: valori positivi indicano che una sostanza attiva è potenzialmente contaminante, valori negativi indica-no che non è stata rilevata alcuna presenza di residui della sostanza attiva nelle acque.

Per la valutazione della vulnerabilità specifica in Veneto, sono state scelte le sostanze con classe IRCA di 5, 4, 3 e 0 (quest’ultima clas-se indica che una sostanza non è ancora stata indagata), vendute in quantità superiore ai 1000 kg, con priorità per le acque sotterranee o con indice di percolazione potenziale elevato (GUS>1,8) o comunque con limitazioni d’uso nelle zone vulnerabili riportate in etichetta (totale 52 principi attivi). Per i 52 principi attivi considerati il rischio è espres-so in 5 classi di concentrazione potenziale (µg/l) della sostanza nelle acque di percolazione ad un metro di profondità; avendo a riferimento il limite di potabilità per le acque di falda (0,1 µg/l), sotto tale limite il rischio è considerato basso (tra 0,01 e 0,1) o molto basso (<0,01) men-tre sopra è classificato medio (0,1-1), alto (1-10) o molto alto (>10).Attribuendo ciascuna area omogenea ad una delle classi di rischio, per ciascun principio attivo è stata predisposta per l’area di pianura clas-sificata come vulnerabile dal PTA una cartografia in scala 1:250.000.

RisultatiPer la valutazione di ogni principio attivo sono stati presi in conside-razione i suoi più diffusi formulati commerciali e tra questi sono stati scelti quelli con una maggior concentrazione della sostanza attiva o che comportano l’utilizzo di una maggior quantità di principio attivo per le principali colture di impiego. In via cautelativa è stato simulato l’uti-lizzo alla dose massima di etichetta e al più alto numero di trattamenti consentiti. In Figura 2 è riportato un esempio della cartografia della vulnerabi-lità specifica al principio attivo Fluopicolide utilizzato come formulato commerciale Erresei su vite relativa all’area di pianura dei 100 comuni designata come area a vulnerabilità intrinseca ai fitofarmaci nel piano di tutela delle acque; le unità suddivise in funzione del rischio deter-minato sono rappresentate con diverse colorazioni in funzione delle classi di vulnerabilità in cui ricadono.Sulla base delle classi di rischio i principi attivi sono stati raggruppati in tre livelli (Tabella 1). Nel primo livello rientrano i principi attivi che, dall’applicazione del mo-dello, sono stati stimati in concentrazione inferiore a 0,1 µg/l: si tratta di sostanze che presentano per lo più valori dell’indice di percolazione bassi, se pure talvolta con indice CIRCA di 5.Nel secondo livello rientrano i principi attivi che dall’applicazione del modello, per una percentuale significativa (cioé maggiore del 10%) della superficie indagata, sono stati stimati in concentrazione compre-sa tra 0,1 e 1 µg/l: si tratta di sostanze che presentano valori dell’indice di percolazione relativmentea più elevati mentre l’indice CIRCA è 5 (potenzialmente contaminante) o 0 (non ancora indagata).Nel terzo livello rientrano i principi attivi che dall’applicazione del mo-dello, per una percentuale significativa (cioé maggiore del 10% della superficie indagata come somma delle aree di classe alta e molto alta), sono stati stimati in concentrazione superiore a 1 µg/l: si tratta di so-stanze che presentano valori dell’indice di percolazione elevati e indice CIRCA 5, 4 e 0.A questo punto si è ritenuta conclusa la valutazione per i principi attivi che nelle simulazioni eseguite alla dose massima di utilizzo e con il massimo numero di trattamenti consentiti hanno evidenziato su tutta la superficie indagata una concentrazione inferiore a 0,1 µg/l alla base del profilo, in quanto la vulnerabilità specifica di tali prodotti si è veri-

Figura 2 - Cartografia della vulnerabilità specifica al Fluopicolide realizzata nell’area dei 100 comuni.

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ficata senza ulteriori dubbi più bassa del livello minimo di attenzione stabilito all’inizio dello studio.Per i principi attivi ricadenti nei gruppi del secondo e terzo livello (cioè per i quali si rileva una concentrazione del principio attivo a 1 m di profondità, superiore a 0,1 µg/l) si sono eseguite altre elaborazioni per verificare se modificando le modalità di impiego (dosi, numero di trattamenti, coltura trattata) era possibile ottenere una riduzione della concentrazione stimata nelle acque di percolazione tale da riportare il rischio di impatto ambientale al di sotto delle soglie di attenzione.In particolare è stata elaborata, quando possibile, la carta di vulnera-bilità ipotizzando di utilizzare la dose minima del p.a. indicata in eti-chetta; ciò ha comportato, ovviamente, un miglioramento dei risultati ottenuti, in misura diversa per le varie sostanze attive, ma mai tale da riportare la concentrazione stimata nelle acque di percolazione a livelli inferiori rispetto ai valori soglia definiti. Sono state successivamente elaborate anche altre carte, simulando l’uso di quantità di sostanza at-tiva via via inferiore, o diminuendo il numero di trattamenti/anno simu-

lati o, ancora, variando l’epoca di trattamento (pre o post-emergenza). In Figura 3 viene riportato il caso del principio attivo Clorantranilipro-le simulato in utilizzo sul pero come formulato commerciale Coragen: nell’ipotesi di 2 trattamenti alla dose massima, il 37% dell’area con-siderata presenta vulnerabilità elevata, il 56% media e il 7% bassa, mentre passando ad un solo trattamento alla dose minima scompare la classe a vulnerabilità alta ma comunque rimane l’87% dell’area con-siderata che presenta vulnerabilità media con il 13% a vulnerabilità bassa.In alcuni casi è stato simulato l’utilizzo dello stesso principio attivo su più colture, per le quali tale principio è registrato e viene utilizzato. In questo modo è stato messo in luce come le simulazioni delle stesse quantità di sostanza attiva spesso diano risultati anche notevolmente diversi a seconda della coltura interessata. Addirittura, in alcuni casi, quantità di p.a. inferiori, simulate per una coltura, hanno fornito risultati nettamente peggiori rispetto a quantità più elevate simulate per altre colture, in conseguenza della diversa epoca di impiego o della diversa fisiologia della pianta. In Figura 4 viene riportato il caso del principio attivo Bentazone simu-lato in utilizzo su soia, mais e frumento come formulato commerciale Basagran: nell’ipotesi di un trattamento alla dose massima su soia (1,1 kg/ha) il 16% dell’area considerata presenta vulnerabilità media e il 84% bassa, mentre con un trattamento su mais alla dose mini-ma (sempre 1,1 kg/ha), l’area con vulnerabilità media passa dal 16 al 44% con un ulteriore 2% di aree a vulnerabilità elevata. Lo stesso trattamento alla dose minima di 1,1 kg/ha su frumento porta l’area a vulnerabilità elevata dal 2 al 18% e quella a vulnerabilità media dal 44 al 53%.Per alcuni principi attivi sono note alcune sostanze che si formano dalla loro prima degradazione che vengono chiamate metaboliti e che possono talvolta avere caratteristiche di maggiore pericolosità rispet-to ai composti di origine. Per alcuni dei principi attivi del secondo e terzo livello sono stati individuati alcuni metaboliti (Tabella 2), con-traddistinti da ricorrenza elevata e indice potenziale di percolazione elevato (GUS), sui quali sono state eseguite le medesime elaborazioni eseguite sui principi attivi.Le elaborazioni prodotte con il modello hanno permesso di verificare

Figura 3a e 3b - Cartografia della vulnerabilità specifica al Clorantraniliprole, elaborata simulando il numero massimo di trattamenti alla dose massima di etichetta (a sinistra) e il numero minimo di trattamenti alla dose minima (a destra).

PRIMO LIVELLO

Rischio basso o

molto basso

concentrazione <

0,1 µg/l

AZOXYSTROBIN, BOSCALID, CHLORIDAZON,

CHLORPIRIFOS, IMIDACLOPRID, DIMETOATO,

DIMETOMORF, GLYPHOSATE, LINURON, MCPA,

METALAXIL-M, OXADIAZION, PENDIMETALIN, PEN-

CONAZOLO, PROPICONAZOLO, PROPYZAMIDE,

PYRIMETHANIL, TEBUCONAZOLO, TEBUFENOZIDE

SECONDO LI-

VELLO

Rischio medio

concentrazione

0,1-1 µg/l

BENTAZONE, MESOTRIONE, METRIBUZIN

TERZO LIVELLO

Rischio alto o

molto alto

concentrazione >

1 µg/l

CLORANTRANILIPROLE, CLOTHIANIDIN, ETOFU-

MESATE, FLUOPICOLIDE, IPRODIONE, LENACIL,

METAMITRON, METOXIFENOZIDE, NICOSOLFURON,

SULCOTRIONE, TERBUTILAZINA, THIAMETHOXAM

Tabella 1 - Raggruppamento delle sostanze testate in base ai risultati delle simulazioni eseguite.

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ficata senza ulteriori dubbi più bassa del livello minimo di attenzione stabilito all’inizio dello studio.Per i principi attivi ricadenti nei gruppi del secondo e terzo livello (cioè per i quali si rileva una concentrazione del principio attivo a 1 m di profondità, superiore a 0,1 µg/l) si sono eseguite altre elaborazioni per verificare se modificando le modalità di impiego (dosi, numero di trattamenti, coltura trattata) era possibile ottenere una riduzione della concentrazione stimata nelle acque di percolazione tale da riportare il rischio di impatto ambientale al di sotto delle soglie di attenzione.In particolare è stata elaborata, quando possibile, la carta di vulnera-bilità ipotizzando di utilizzare la dose minima del p.a. indicata in eti-chetta; ciò ha comportato, ovviamente, un miglioramento dei risultati ottenuti, in misura diversa per le varie sostanze attive, ma mai tale da riportare la concentrazione stimata nelle acque di percolazione a livelli inferiori rispetto ai valori soglia definiti. Sono state successivamente elaborate anche altre carte, simulando l’uso di quantità di sostanza at-tiva via via inferiore, o diminuendo il numero di trattamenti/anno simu-

lati o, ancora, variando l’epoca di trattamento (pre o post-emergenza). In Figura 3 viene riportato il caso del principio attivo Clorantranilipro-le simulato in utilizzo sul pero come formulato commerciale Coragen: nell’ipotesi di 2 trattamenti alla dose massima, il 37% dell’area con-siderata presenta vulnerabilità elevata, il 56% media e il 7% bassa, mentre passando ad un solo trattamento alla dose minima scompare la classe a vulnerabilità alta ma comunque rimane l’87% dell’area con-siderata che presenta vulnerabilità media con il 13% a vulnerabilità bassa.In alcuni casi è stato simulato l’utilizzo dello stesso principio attivo su più colture, per le quali tale principio è registrato e viene utilizzato. In questo modo è stato messo in luce come le simulazioni delle stesse quantità di sostanza attiva spesso diano risultati anche notevolmente diversi a seconda della coltura interessata. Addirittura, in alcuni casi, quantità di p.a. inferiori, simulate per una coltura, hanno fornito risultati nettamente peggiori rispetto a quantità più elevate simulate per altre colture, in conseguenza della diversa epoca di impiego o della diversa fisiologia della pianta. In Figura 4 viene riportato il caso del principio attivo Bentazone simu-lato in utilizzo su soia, mais e frumento come formulato commerciale Basagran: nell’ipotesi di un trattamento alla dose massima su soia (1,1 kg/ha) il 16% dell’area considerata presenta vulnerabilità media e il 84% bassa, mentre con un trattamento su mais alla dose mini-ma (sempre 1,1 kg/ha), l’area con vulnerabilità media passa dal 16 al 44% con un ulteriore 2% di aree a vulnerabilità elevata. Lo stesso trattamento alla dose minima di 1,1 kg/ha su frumento porta l’area a vulnerabilità elevata dal 2 al 18% e quella a vulnerabilità media dal 44 al 53%.Per alcuni principi attivi sono note alcune sostanze che si formano dalla loro prima degradazione che vengono chiamate metaboliti e che possono talvolta avere caratteristiche di maggiore pericolosità rispet-to ai composti di origine. Per alcuni dei principi attivi del secondo e terzo livello sono stati individuati alcuni metaboliti (Tabella 2), con-traddistinti da ricorrenza elevata e indice potenziale di percolazione elevato (GUS), sui quali sono state eseguite le medesime elaborazioni eseguite sui principi attivi.Le elaborazioni prodotte con il modello hanno permesso di verificare

Figura 3a e 3b - Cartografia della vulnerabilità specifica al Clorantraniliprole, elaborata simulando il numero massimo di trattamenti alla dose massima di etichetta (a sinistra) e il numero minimo di trattamenti alla dose minima (a destra).

PRIMO LIVELLO

Rischio basso o

molto basso

concentrazione <

0,1 µg/l

AZOXYSTROBIN, BOSCALID, CHLORIDAZON,

CHLORPIRIFOS, IMIDACLOPRID, DIMETOATO,

DIMETOMORF, GLYPHOSATE, LINURON, MCPA,

METALAXIL-M, OXADIAZION, PENDIMETALIN, PEN-

CONAZOLO, PROPICONAZOLO, PROPYZAMIDE,

PYRIMETHANIL, TEBUCONAZOLO, TEBUFENOZIDE

SECONDO LI-

VELLO

Rischio medio

concentrazione

0,1-1 µg/l

BENTAZONE, MESOTRIONE, METRIBUZIN

TERZO LIVELLO

Rischio alto o

molto alto

concentrazione >

1 µg/l

CLORANTRANILIPROLE, CLOTHIANIDIN, ETOFU-

MESATE, FLUOPICOLIDE, IPRODIONE, LENACIL,

METAMITRON, METOXIFENOZIDE, NICOSOLFURON,

SULCOTRIONE, TERBUTILAZINA, THIAMETHOXAM

Tabella 1 - Raggruppamento delle sostanze testate in base ai risultati delle simulazioni eseguite.

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SOSTANZA TIPOLOGIA SOSTANZA GUS DT50

(gg)

DKfoc

(ml/g)

1/n Ricorrenza

metaboliti

Uso suolo prevalente

CLOTHIANIDIN Insetticida neonicotinoide 4.91 545 160 0.829 mais

N-(2-chlorothiazol-5-ylmethyl)

-N’-nitroguanidine - TZNG

metabolita 3.05 89.8 275 0.842 0.091 mais, pero

N-methyl-N-nitroguanidine - MNG metabolita 5.21 86.4 20.5 0.907 0.107 mais, pero

FLUOPICOLIDE fungicida 3.63 271 321.1 0.90 vite, patata

2,6-dichlorobenzamide – M01 metabolita 5.11 138 40.98 0.92 0.250 vite, patata

TERBUTILAZINA erbicida 3.07 75 231 0.93 mais

desethyl-terbuthylazine M1 metabolita 3.90 71 78 0.86 0.251 mais

hydroxy-terbuthylazine M13 metabolita 4.59 453 187 0.91 0.345 mais

NICOSULFURON erbicida specifico mais 3.79 26 21 0.93 mais

2-((carbamimidoylcarbamoyl)sulfa-

moyl)-N,N-dimethylpyridine-3-

carboxamide-AUSN

metabolita 4.88 82koc 3.08

-- 0.195 mais

N,N-dimethyl-2-sulfamoylpyridine-3-car-

boxam -ASDM

metabolita 6.47 102 6.0 0.91 0.215 mais

SULCOTRIONE erbicida mais 3.42 25 36 0.839 mais

2-chloro-4-methylsulfonyl-benzoic acid -

CMBA

metabolita 4.59 24 4.76 0.861 0.603 mais

METRIBUZIN erbicida 2.57 12 37.92 1.08 frumento, patata, soia

desaminodiketometribuzin - DADK metabolita 2.99 16 33 0.95 0.167 frumento, patata, soia

Figura 4 - Cartografia della vulnerabilità specifica al Bentazone elaborata simulando l’utilizzo in unico trattamento su soia, mais e frumento (dose di impiego 1,1 kg/ha, massima per soia e minima per mais e frumento).

Tabella 2 - Caratteristiche dei metaboliti di 6 sostanze presi in considerazione.

che la maggior parte dei metaboliti testati, 7 su 9, presentano vulne-rabilità spesso maggiore rispetto alle sostanze di origine. Solo per 2 metaboliti dei p.a. Clothianidin e Metribuzin la vulnerabilità specifica stimata diventa bassa su più del 90% del territorio considerato mentre per altri 7 la vulnerabilità risulta media o bassa. In Figura 5 viene ripor-tato il confronto tra le cartografie elaborate per il Nicosolfuron, simulato in utilizzo su mais come formulato commerciale Ghibli, e i suoi metabo-liti AUSN e ASDM: i due metaboliti presentano maggiore vulnerabilità poiché l’area a bassa vulnerabilità si riduce dal 26 (sostanza di origi-ne) al 2% (metabolita AUSN), azzerandosi per metabolita ASDM per il quale compare un 2% anche di vulnerabilità elevata.

ConclusioniLo studio ha evidenziato la presenza di vulnerabilità specifica media o elevata per alcuni principi attivi individuati come prioritari.

Tale criticità si riduce solo parzialmente, ma in modo non sufficiente, anche ipotizzando modalità di impiego che prevedono una riduzione al minimo delle dosi e del numero dei trattamenti o anche una limitazione al tipo di coltura. Anche i metaboliti di alcuni dei principi attivi a me-dio-elevata vulnerabilità presentano rischi analoghi e talvolta superiori.E’ stata rilevata ed evidenziata l’importanza di definire in modo caute-lativo, anche se non eccessivamente penalizzante per il potenziale uti-lizzatore, quei parametri chimico-fisici che condizionano la mobilità e trasformazione dei composti nel suolo e quindi il loro impatto ambien-tale; certamente non è accettabile che tali parametri siano determinati solo sulla base di pochi dati ricavati da siti sperimentali non sempre rappresentativi delle principali realtà produttive italiane.E’ auspicabile che l’applicazione della metodologia utilizzata nello stu-dio sia ulteriormente sviluppata oltreché vagliata dagli organi e istituti nazionali competenti al fine di contribuire alla definizione di metodolo-

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gie applicabili a tutto il territorio nazionale.

Bibliografia[1] ARPAV (2005) - Carta dei suoli del Veneto. ARPAV – Osservatorio Regionale Suolo, Castelfranco Veneto (TV).[2] Calzolari, C., Ungaro, F., Ragazzi, F., Vinci, I., Cappellin, R., Venu-ti, L., 2004. Valutazione della capacità protettiva dei suoli nel bacino scolante in laguna di Venezia attraverso l’uso di modellistica. Bollettino della Società Italiana di Scienza del Suolo, 53, 415-421. [3] Brenna S., Cambareri M.N., Ferrari D., Riparbelli C.. (2004). SuSAP Network: uno strumento per valutare la sostenibilità dei trattamenti fi-tosanitari 5° Convegno Nazionale Fitofarmaci e Ambiente Palermo, 20 – 21 ottobre 2004. [4] Businelli D. (2005) – I modelli FOCUS Ground-water e la legisla-

Figura 5 - Cartografia della vulnerabilità specifica al Nicosolfuron (a sinistra) confrontata con le analoghe cartografie elabo-rate per i metaboliti Nicosulfuron AUSN (al centro) e Nicosolfuron ASDM (a destra).

zione italiana. http://www.minambiente.it/ export/sites/default/archivio/allegati/vari/05_businelli.pdf. [5] FOCUS (2009) – Assesing Potential for Movement of Active Sub-stances and their Metabolites to Ground Water in the EU. Report of the FOCUS Groundwater Work Group, EC Document Reference San-co/13144/2010 version 1, 604 pp. [6] Chiaudani A., Delillo I., Ragazzi F., Riparbelli C.. (2007). Criteri per la definizione delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari: il caso della regione Veneto. Convegno: “Gestione del rischio ambientale dei pro-dotti fitosanitari: verso un uso sostenibile”. Milano, 5-6 giugno 2007. [7] APAT (2006) - Sostanze prioritarie ai fini della protezione delle ac-que sotterranee. APAT/RIS/TEC/1-06. [8] ISPRA (2010) – Sostanze prioritarie per il monitoraggio dei prodotti fitosanitari nelle acque. Manuali e linee guida 61/2010.

 

Etichettatura energetica e requisiti di ecodesign

Di etichettatura e consumi energetici delle lavatrici si è parlato nel corso del convegno “La conformità dei prodotti all’etichettatura energetica e all’ecodesign. Il progetto Atlete II” organizzato dalla Camera di commercio di Milano in collaborazione con ENEA (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e la partecipazione, tra gli altri, di IMQ, l’Istituto Italiano del Marchio di Qualità, unico laboratorio di prova italiano fra i sei selezionati per la verifica dei requisiti delle lavatrici ispezionate dal progetto Atlete II.Il progetto, che ha riguardato la verifica di conformità di 50 modelli di lavatrici domestiche ai requisiti dell’etichettatura energe-tica e dell’ecodesign per quanto riguarda il rispetto di parametri quali consumo di energia e di acqua ed efficienza di lavaggio, è co-finanziato dal programma comunitario Intelligent Energy Europe ed è stato realizzato da un consorzio di undici partner da otto Stati Membri.I risultati, scaturiti dall’analisi di un panel rappresentativo, hanno evidenziato come solo le lavatrici di Indesit Company, insieme a quelle di Miele, siano risultate immediatamente conformi rispetto a tutti i parametri di controllo, non necessitando quindi delle azioni correttive che sono state invece richieste agli altri produttori. Un riconoscimento, quello ottenuto da Indesit Company, che riguarda sia i prodotti della linea Indesit che Hotpoint-Ariston e che arricchisce la leadership europea dell’azienda nel settore la-vaggio.L’analisi di conformità del progetto, promosso tra gli altri da ISIS (Istituto di Studi per l’Integrazio-ne dei Sistemi), CECED (European Committee of Domestic Equipment Manufacturers) ed ENEA e cofinanziato dalla Commissione Europea, ha riguardato sia i parametri tecnici che la correttez-za dei valori dichiarati sull’etichetta e delle informazioni riportate sul libretto di istruzioni o fornite al consumatore, con l’intento preciso di supportare concretamente le Autorità di sorveglianza del mercato e contribuire alla riduzione dei consumi domestici. Queste verifiche a livello europeo vogliono infatti assicurare che il risparmio energetico dovuto alla maggiore efficienza energetica dei prodotti sia effettivamente conseguito, che i consumatori siano protetti dai prodotti di bassa qualità e che sia garantita la corretta competizione fra gli attori del mercato.

I risultati complessivi dei test sono consultabili su www.atlete.eu/2.

Scienza & Inquinamentoò

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gie applicabili a tutto il territorio nazionale.

Bibliografia[1] ARPAV (2005) - Carta dei suoli del Veneto. ARPAV – Osservatorio Regionale Suolo, Castelfranco Veneto (TV).[2] Calzolari, C., Ungaro, F., Ragazzi, F., Vinci, I., Cappellin, R., Venu-ti, L., 2004. Valutazione della capacità protettiva dei suoli nel bacino scolante in laguna di Venezia attraverso l’uso di modellistica. Bollettino della Società Italiana di Scienza del Suolo, 53, 415-421. [3] Brenna S., Cambareri M.N., Ferrari D., Riparbelli C.. (2004). SuSAP Network: uno strumento per valutare la sostenibilità dei trattamenti fi-tosanitari 5° Convegno Nazionale Fitofarmaci e Ambiente Palermo, 20 – 21 ottobre 2004. [4] Businelli D. (2005) – I modelli FOCUS Ground-water e la legisla-

Figura 5 - Cartografia della vulnerabilità specifica al Nicosolfuron (a sinistra) confrontata con le analoghe cartografie elabo-rate per i metaboliti Nicosulfuron AUSN (al centro) e Nicosolfuron ASDM (a destra).

zione italiana. http://www.minambiente.it/ export/sites/default/archivio/allegati/vari/05_businelli.pdf. [5] FOCUS (2009) – Assesing Potential for Movement of Active Sub-stances and their Metabolites to Ground Water in the EU. Report of the FOCUS Groundwater Work Group, EC Document Reference San-co/13144/2010 version 1, 604 pp. [6] Chiaudani A., Delillo I., Ragazzi F., Riparbelli C.. (2007). Criteri per la definizione delle aree vulnerabili ai prodotti fitosanitari: il caso della regione Veneto. Convegno: “Gestione del rischio ambientale dei pro-dotti fitosanitari: verso un uso sostenibile”. Milano, 5-6 giugno 2007. [7] APAT (2006) - Sostanze prioritarie ai fini della protezione delle ac-que sotterranee. APAT/RIS/TEC/1-06. [8] ISPRA (2010) – Sostanze prioritarie per il monitoraggio dei prodotti fitosanitari nelle acque. Manuali e linee guida 61/2010.

 

Etichettatura energetica e requisiti di ecodesign

Di etichettatura e consumi energetici delle lavatrici si è parlato nel corso del convegno “La conformità dei prodotti all’etichettatura energetica e all’ecodesign. Il progetto Atlete II” organizzato dalla Camera di commercio di Milano in collaborazione con ENEA (l’agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) e la partecipazione, tra gli altri, di IMQ, l’Istituto Italiano del Marchio di Qualità, unico laboratorio di prova italiano fra i sei selezionati per la verifica dei requisiti delle lavatrici ispezionate dal progetto Atlete II.Il progetto, che ha riguardato la verifica di conformità di 50 modelli di lavatrici domestiche ai requisiti dell’etichettatura energe-tica e dell’ecodesign per quanto riguarda il rispetto di parametri quali consumo di energia e di acqua ed efficienza di lavaggio, è co-finanziato dal programma comunitario Intelligent Energy Europe ed è stato realizzato da un consorzio di undici partner da otto Stati Membri.I risultati, scaturiti dall’analisi di un panel rappresentativo, hanno evidenziato come solo le lavatrici di Indesit Company, insieme a quelle di Miele, siano risultate immediatamente conformi rispetto a tutti i parametri di controllo, non necessitando quindi delle azioni correttive che sono state invece richieste agli altri produttori. Un riconoscimento, quello ottenuto da Indesit Company, che riguarda sia i prodotti della linea Indesit che Hotpoint-Ariston e che arricchisce la leadership europea dell’azienda nel settore la-vaggio.L’analisi di conformità del progetto, promosso tra gli altri da ISIS (Istituto di Studi per l’Integrazio-ne dei Sistemi), CECED (European Committee of Domestic Equipment Manufacturers) ed ENEA e cofinanziato dalla Commissione Europea, ha riguardato sia i parametri tecnici che la correttez-za dei valori dichiarati sull’etichetta e delle informazioni riportate sul libretto di istruzioni o fornite al consumatore, con l’intento preciso di supportare concretamente le Autorità di sorveglianza del mercato e contribuire alla riduzione dei consumi domestici. Queste verifiche a livello europeo vogliono infatti assicurare che il risparmio energetico dovuto alla maggiore efficienza energetica dei prodotti sia effettivamente conseguito, che i consumatori siano protetti dai prodotti di bassa qualità e che sia garantita la corretta competizione fra gli attori del mercato.

I risultati complessivi dei test sono consultabili su www.atlete.eu/2.

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Page 22: L'AMBIENTE  52014

Il paricolato (PM) è costituito da un insieme di particelle molto pic-cole disperse nell’atmosfera. Le particelle sono classificate secondo le loro dimensioni caratteristiche: le polveri sottili, dette anche PM10, includono tutte le particelle di dimensioni fino a 10 micrometri di dia-metro e il PM2,5 tutte le particelle fini, di diametro fino a 2,5 micrometri. Date le loro minuscole dimensioni, le polveri sottili, in particolare le componenti più fini, possono penetrare nelle ramificazioni più sottili dei polmoni, per poi raggiungere, in parte, i vasi linfatici e sanguigni.Fonti importanti di polveri fini sono il traffico, la combustione del legno, i cantieri edili, e così via. Anche all’interno delle nostre abitazioni o dei nostri uffici siamo esposti alle polveri sottili, provenienti principalmente dal fumo di sigaretta, oltre che da stufe e da fornelli.

Lifetek PMSNel mese di maggio 2014 la norma di riferimento per il campionamen-to delle polveri sottili è stata aggiornata, abrogando definitivamente le precedenti versioni UNI EN 12341:2001 e UNI EN 14907:2005.Il 17 Luglio 2014 in Italia è stata recepita la versione UNI EN 12341:2014 (versione ufficiale della EN 1234:2014 del maggio 2014) che descrive il metodo di riferimento per la determinazione del PM10 e PM2,5 in aria ambiente. La portata di campionamento di riferimento è di 2,3 m3/h per un periodo nominale di 24h.

Il modello Lifetek PMS è la centralina sequenziale sviluppata da Mega System per il campionamento delle polveri sottili in ambienti outdoor

in conformità alla norma UNI EN 12341:2014. All’entrata in vigo-re della nuova norma sono stati immediatamente recepiti gli ag-giornamenti richiesti, e sono state effettuate le necessarie modifiche hardware e software alla strumen-tazione. Sono inoltre state avviate le procedure di certificazione dei sistemi AMS presso il TUV Rhein-land di Colonia.Il sistema è compatto e facile da trasportare. Può essere utilizzato in ambienti esterni grazie alla ca-bina in cui viene alloggiato l’intero sistema oppure all’interno di un mezzo mobile dotando la centrali-

Nuovo campionatore sequenziale Lifetek PMSImmediatamente recepiti gli aggiornamenti richiesti dalla nuova normativa

Mega System srl – Email: [email protected]

Analisi e Strumentazione

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Figura 1 - Centralina sequen-ziale Lifetek PMS.

Figura 2 - Pannello di controllo centralina sequenziale Lifetek PMS.

na di apposito sostegno della testa di prelievo.Realizzata con materiali in grado di garantire un’adeguata protezione contro gli agenti atmosferici, Lifetek PMS è ideale per il monitoraggio in continuo del particolato atmosferico mediante il metodo gravimetri-co su membrana filtrante del diametro 47 mm. Il sistema di cambio sequenziale della membrana, con un’autonomia di 16 filtri, unitamente al controllo elettronico del flusso, consentono il monitoraggio in continuo e senza il presidio dell’operatore; nonché di sostituire i filtri esposti senza dover interrompere il campionamento in corso.Il sistema di ventilazione della rampa di prelievo garantisce una diffe-renza di temperatura tra filtro e punto di prelievo non superiore a 5 °C, come richiesto dalla vigente normativa.Il percorso rettilineo del tubo di aspirazione e la separazione della zona di permanenza dei filtri da fonti di calore interne o radianti con-sentono di raccogliere e mantenere l’integrità dei campioni.

L’intero sistema è stato ingegnerizzato con il fine di eliminare tutte le possibili cause di inceppamento nel carico dei filtri. Pertanto esso avviene per gravità (caduta dall’alto verso il basso) e non per mezzo di un compressore che li spinge.

La pompa lavora sull’effettiva potenza necessaria per campionare e non al massimo delle sue possibilità, così da garantire una durata maggiore delle palette incidendo notevolmente sui costi di assistenza.La pompa inoltre è completamente insonorizzata. Questo permette

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Il paricolato (PM) è costituito da un insieme di particelle molto pic-cole disperse nell’atmosfera. Le particelle sono classificate secondo le loro dimensioni caratteristiche: le polveri sottili, dette anche PM10, includono tutte le particelle di dimensioni fino a 10 micrometri di dia-metro e il PM2,5 tutte le particelle fini, di diametro fino a 2,5 micrometri. Date le loro minuscole dimensioni, le polveri sottili, in particolare le componenti più fini, possono penetrare nelle ramificazioni più sottili dei polmoni, per poi raggiungere, in parte, i vasi linfatici e sanguigni.Fonti importanti di polveri fini sono il traffico, la combustione del legno, i cantieri edili, e così via. Anche all’interno delle nostre abitazioni o dei nostri uffici siamo esposti alle polveri sottili, provenienti principalmente dal fumo di sigaretta, oltre che da stufe e da fornelli.

Lifetek PMSNel mese di maggio 2014 la norma di riferimento per il campionamen-to delle polveri sottili è stata aggiornata, abrogando definitivamente le precedenti versioni UNI EN 12341:2001 e UNI EN 14907:2005.Il 17 Luglio 2014 in Italia è stata recepita la versione UNI EN 12341:2014 (versione ufficiale della EN 1234:2014 del maggio 2014) che descrive il metodo di riferimento per la determinazione del PM10 e PM2,5 in aria ambiente. La portata di campionamento di riferimento è di 2,3 m3/h per un periodo nominale di 24h.

Il modello Lifetek PMS è la centralina sequenziale sviluppata da Mega System per il campionamento delle polveri sottili in ambienti outdoor

in conformità alla norma UNI EN 12341:2014. All’entrata in vigo-re della nuova norma sono stati immediatamente recepiti gli ag-giornamenti richiesti, e sono state effettuate le necessarie modifiche hardware e software alla strumen-tazione. Sono inoltre state avviate le procedure di certificazione dei sistemi AMS presso il TUV Rhein-land di Colonia.Il sistema è compatto e facile da trasportare. Può essere utilizzato in ambienti esterni grazie alla ca-bina in cui viene alloggiato l’intero sistema oppure all’interno di un mezzo mobile dotando la centrali-

Nuovo campionatore sequenziale Lifetek PMSImmediatamente recepiti gli aggiornamenti richiesti dalla nuova normativa

Mega System srl – Email: [email protected]

Analisi e Strumentazione

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Figura 1 - Centralina sequen-ziale Lifetek PMS.

Figura 2 - Pannello di controllo centralina sequenziale Lifetek PMS.

na di apposito sostegno della testa di prelievo.Realizzata con materiali in grado di garantire un’adeguata protezione contro gli agenti atmosferici, Lifetek PMS è ideale per il monitoraggio in continuo del particolato atmosferico mediante il metodo gravimetri-co su membrana filtrante del diametro 47 mm. Il sistema di cambio sequenziale della membrana, con un’autonomia di 16 filtri, unitamente al controllo elettronico del flusso, consentono il monitoraggio in continuo e senza il presidio dell’operatore; nonché di sostituire i filtri esposti senza dover interrompere il campionamento in corso.Il sistema di ventilazione della rampa di prelievo garantisce una diffe-renza di temperatura tra filtro e punto di prelievo non superiore a 5 °C, come richiesto dalla vigente normativa.Il percorso rettilineo del tubo di aspirazione e la separazione della zona di permanenza dei filtri da fonti di calore interne o radianti con-sentono di raccogliere e mantenere l’integrità dei campioni.

L’intero sistema è stato ingegnerizzato con il fine di eliminare tutte le possibili cause di inceppamento nel carico dei filtri. Pertanto esso avviene per gravità (caduta dall’alto verso il basso) e non per mezzo di un compressore che li spinge.

La pompa lavora sull’effettiva potenza necessaria per campionare e non al massimo delle sue possibilità, così da garantire una durata maggiore delle palette incidendo notevolmente sui costi di assistenza.La pompa inoltre è completamente insonorizzata. Questo permette

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l’Ambiente

Figura 3 - Sistema cambio filtri.

Figura 4 - Il sistema può essere dotato di sensori per la rile-vazione dei parametri meteorologici o interfacciato con una centralina meteo.

di poter utilizzare la centralina anche in ambienti urbani residenziali dove, fondamentale, è avere un basso rumore di fondo per non di-sturbare la quiete nelle ore notturne.Il sistema di campionamento è predisposto per l’installazione di un modem GSM per la gestione in remoto del prelievo e degli allarmi tramite l’invio di SMS.

Un sistema di condizionamento e riscaldamento termoregolato per-mette di utilizzare la cabina in condizioni ambientali estreme senza compromettere le componenti elettroniche e garantendo la conser-vazione dei filtri campionati ad una temperatura controllata inferiore ai 23 °C (UNI EN 12341:2014 – punto 5.1.8).

Il sistema sequenziale lo si può dotare anche di sensori per la rileva-zione dei parametri meteorologici (velocità e direzione vento, umidi-tà, ecc) o interfacciarla con una centralina meteo esistente acquisen-done i relativi valori. La modularità delle teste di prelievo consente di utilizzare il sistema anche con teste USEPA 40, CFR Part 50.La centralina può essere dotata anche di interfaccia opzionale per la connessione di un sistema di elettrovalvole esterne (SELECT 8) per poter campionare le polveri totali (PTS) con autonomia di 8 o 16 filtri.

Caratteristiche Tecniche:• portata costante con compensazione automatica delle perdite di carico;• sistema elettronico per la regolazione della portata che permette

l’aggiornamento in tempo reale del flusso di campionamento e ga-rantisce una portata volumetrica costante di 2,3 m3/h nella zona di prelievo dove avviene la separazione granulometrica in modo tale da mantenere costante la velocità dell’aria all’ingresso dei fraziona tori;

• tastiera e display LCD per la programmazione e la visualizzazione dei dati;

• impostazione del flusso digitale per mezzo della tastiera;• registrazione e visualizzazione della temperatura e del volume cam-

pionato;• segnalazione, memorizzazione e gestione degli allarmi anche trami-

te modulo GSM (opzionale);• Sensori dedicati per la rilevazione della temperatura (ambiente, filtro

campionamento, filtri in stoccaggio, al contatore) e della pressione ambiente (barometrica), della perdita di carico sulla linea di prelievo;

• memoria permanente per l'archiviazione dei dati relativi ai campiona-menti;

• batteria “tampone” per il riavvio del campionatore in caso di mancan-za rete e la registrazione dell'evento stesso;

• campionamenti ambientali a portata costante: PTS, PM10, PM2,5 e PM1 in conformità alla normative europee ed americane;

• interfaccia RS232 per lo scarico a PC dei dati memorizzati;• interfaccia USB per lo scarico dati su chiavetta (anche a campiona-

mento in corso);• pompa rotativa a palette da 6m3/h ad elevata prevalenza: > 600

mmHg; • range operativo: 5 ÷ 70 l/min;• contatore volumetrico con errore massimo ± 2%;• sensore per la rilevazione della Temperatura Ambiente;• sensore per la rilevazione della Temperatura al Contatore;• sensore per la rilevazione della Temperatura del filtro in campiona-

mento;• sensore per la rilevazione della Temperatura dei filtri stoccati;• sensore per la rilevazione della perdita di carico della linea di cam-

pionamento;• sensore per la rilevazione della Pressione Barometrica;• temperatura operativa: -10 °C ÷ +45 °C, 95 %UR;• grado di protezione: IP55;• potenza acustica : LW 70,6 dB (A);• alimentazione: 230 Vac / 50 Hz.

La Società L’azienda Mega System Srl di Bareggio (MI) dal 1981 progetta e realizza sistemi per il controllo e monitoraggio dell’inquinamento atmosferico, offre strumentazione di elevata qualità e precisione completamente Made in Italy. La progettazione hardware e sof-tware, la realizzazione delle schede elettroniche, l’assemblaggio della strumentazione, il collaudo, la taratura e l’assistenza, sono totalmente svolte all’interno della struttura con elevata efficienza ed accuratezza, da personale altamente qualificato ed esperto. Mega System offre una vasta gamma di prodotti tra i quali: Sistemi di campionamento per gli ambienti di lavoro e igiene in-dustriale - campionatori personali della serie Life, campionatori ambientali Life One, Life XP Plus e Life XMF Plus. Sistemi di monitoraggio ambientale per il campionamento di PM10, PM2,5 e PTS giornaliero o sequenziale come il Lifetek PMS e il Select 8. Sistemi per il controllo della portata - Elaboratori della serie Iso-check, tubi di Darcy e Pitot. Sistemi per il controllo e monitoraggio delle emissioni - Campio-natori isocinetici della serie Lifetek. Campionatori specifici per il prelievo di gas in emissione Life Gas, Life Duo e gli analizzatori della serie Emicheck. A completamento dei sistemi di campionamento offriamo sonde riscaldate e non riscaldate per il prelievo in camino. Disponiamo, inoltre, di sistemi per la raccolta della condensa e refrigeratori.

Page 24: L'AMBIENTE  52014

Livelli di rumorosità prodotta nella gestione delle alberature cittadinePaola D’Antonio, Carmen D’Antonio, Vito Doddato, Gianni Rocco D’Amato, Cicchiello Sandro, Marco Mangano, Francesco Saverio Guerrieri, Università degli Studi di Basilicata, Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE) – Email: [email protected]

Analisi e Strumentazione

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Il Verde Urbano è un elemento dell’ambiente costruito in fonda-mentale relazione con il paesaggio. La diffusione ed il mantenimen-to del Verde Urbano sono indicati da Agenda 21 e dalla Carta di Aalborg, come elementi di grande importanza per il miglioramento della “qualità della vita”. È indispensabile, però, valutare sempre con molta attenzione le sue caratteristiche, in particolare per mi-gliorarne la funzione, favorire la sua gestione e per consentire una pianificazione degli interventi, razionale ed economica. Il rumore negli ambienti di lavoro è diventato ormai uno dei pro-blemi più importanti tra quelli compresi nell’igiene del lavoro. La continua meccanizzazione della produzione con l’introduzione di processi tecnologici continui ha portato al moltiplicarsi delle fonti di rumore e ad un aumento della percentuale dei lavoratori esposti a questo fattore di rischio. Da qui la crescente attenzione al proble-ma, prestata da tecnici e legislatori, volta alla prevenzione e alla bonifica degli ambienti di lavoro inquinati. È necessario ridurre il rumore alla fonte, cioè progettare ed acquistare macchine con la più bassa emissione di rumore; limitare la propagazione delle onde sonore, isolando la sorgente sonora, utilizzando per le pareti, i muri ed i soffitti degli ambienti di lavoro dei materiali assorbenti; limitare il tempo di esposizione del lavoratore, proteggere il lavoratore con ambienti cabinati oppure con dispositivi di protezione individuali (DPI), quali cuffie, che abbattono di circa 20 db l’intensità dello sti-molo sonoro, o tappi alle orecchie.Queste disposizioni, insieme ai limiti sonori, sono stati imposti nel D. Lgs 81/08 che ha sostituito il decreto legislativo antecedente sulla sicurezza sul lavoro 626 del 19/09/94.Le pressioni della società, affinché negli ambienti di lavoro siano assicurati adeguati standard di sicurezza hanno sollecitato, e con-tinuano a sollecitare, il legislatore e le istituzioni ad intervenire tem-pestivamente ed opportunamente. Nel corso del 2008 il legislatore nazionale ha quindi emanato il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro D. lgs 9 aprile 2008, n° 81 e successive modifiche ed integrazioni (di seguito D. Lgs 81/2008 smi), con cui ha inteso de-finire un quadro coeso ed organico di questa delicata tematica su-perando la precedente frammentazione esistente. Ovviamente la tematica coinvolge anche il settore forestale, che al pari di molti altri settori di attività, frappone una certa resistenza alla sua attuazione, adducendo problematiche di carattere tecnico e finanziario.Le motivazioni alla base degli incidenti, la magnitudo ed il rapporto tra l’innovazione e la sicurezza sono le tematiche maggiormente approfondite nella letteratura internazionale, mentre i profili attua-tivi della normativa caratterizzano i contributi del mondo scientifico nazionale, in riferimento al contesto europeo, fornendo un quadro

della sicurezza nei lavori forestali ed evidenziando come l’elevato rischio derivi dal concomitante effetto dei caratteri della stazione di lavoro, del prodotto e delle attrezzature utilizzate.

Nei cantieri di gestione del verde trovano ancora un largo utilizzo le attrezzature portatili, quali motoseghe, decespugliatori, etc., il qua-le impiego professionale prolungato può comportare l’insorgenza di alcune problematiche fino allora sconosciute ai lavoratori. Dun-que, l’obiettivo di questa sperimentazione è stato studiare l’anda-mento della rumorosità nell’ambito di alcuni lavori di gestione delle alberature cittadine (abbattimento, sramatura e depezzatura) per rilevare e monitorare la quantità di rumore emessa dalle attrezza-ture, oltre il limite di legge, ponendo l’operatore a grave rischio per l’insorgenza di ipocausie. In ultima battuta si ricorda che “sul ver-sante specifico del rumore, è il D.Lgs. 81/2008 che, in particolare nel Titolo VIII e nei suoi Capi I e II, stabilisce le modalità esecutive ed i requisiti della valutazione del rischio e del Rapporto di Valuta-zione, richiamando più volte che l’obiettivo generale della valuta-zione del rischio è identificare le azioni che permettano la riduzione del rischio per una sua corretta gestione (controllo del rischio)”.

Materiali e MetodiIl rumore in genere viene definito in vari modi. Da un punto di vista strettamente fisico si definisce rumore un insieme di suoni non pe-riodici (Helmholtz). Per questi motivi il rumore può essere definito anche, in maniera non fisica ma funzionale, semplicemente come suono non voluto. Il suono è una forma di energia che, prodotta da una sorgente so-nora, si propaga in forma di onde in un mezzo elastico, provocando una variazione di proiezione e uno spostamento di particelle, tale da poter essere rilevata da una persona o da uno strumento acu-stico.Nell’applicazione pratica del monitoraggio è importante conosce-re l’affidabilità delle misure, l’errore a esso associato e il grado di completezza delle conoscenze necessarie per la corretta interpre-tazione del dato analitico.Le principali caratteristiche di un metodo, che devono essere tenu-te presenti quando si valuta la possibilità di ammettere al dosag-gio determinati indicatori o si debbano valutare i risultati di misura sono:• selettività/specificità, cioè la capacità di una tecnica analitica

di non risentire della presenza di interferenti o di altri compo-nenti diversi dall’analisi in esame;

• sensibilità, cioè la variazione di segnale in funzione delle va-

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Livelli di rumorosità prodotta nella gestione delle alberature cittadinePaola D’Antonio, Carmen D’Antonio, Vito Doddato, Gianni Rocco D’Amato, Cicchiello Sandro, Marco Mangano, Francesco Saverio Guerrieri, Università degli Studi di Basilicata, Scuola di Scienze Agrarie, Forestali, Alimentari e Ambientali (SAFE) – Email: [email protected]

Analisi e Strumentazione

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@

Il Verde Urbano è un elemento dell’ambiente costruito in fonda-mentale relazione con il paesaggio. La diffusione ed il mantenimen-to del Verde Urbano sono indicati da Agenda 21 e dalla Carta di Aalborg, come elementi di grande importanza per il miglioramento della “qualità della vita”. È indispensabile, però, valutare sempre con molta attenzione le sue caratteristiche, in particolare per mi-gliorarne la funzione, favorire la sua gestione e per consentire una pianificazione degli interventi, razionale ed economica. Il rumore negli ambienti di lavoro è diventato ormai uno dei pro-blemi più importanti tra quelli compresi nell’igiene del lavoro. La continua meccanizzazione della produzione con l’introduzione di processi tecnologici continui ha portato al moltiplicarsi delle fonti di rumore e ad un aumento della percentuale dei lavoratori esposti a questo fattore di rischio. Da qui la crescente attenzione al proble-ma, prestata da tecnici e legislatori, volta alla prevenzione e alla bonifica degli ambienti di lavoro inquinati. È necessario ridurre il rumore alla fonte, cioè progettare ed acquistare macchine con la più bassa emissione di rumore; limitare la propagazione delle onde sonore, isolando la sorgente sonora, utilizzando per le pareti, i muri ed i soffitti degli ambienti di lavoro dei materiali assorbenti; limitare il tempo di esposizione del lavoratore, proteggere il lavoratore con ambienti cabinati oppure con dispositivi di protezione individuali (DPI), quali cuffie, che abbattono di circa 20 db l’intensità dello sti-molo sonoro, o tappi alle orecchie.Queste disposizioni, insieme ai limiti sonori, sono stati imposti nel D. Lgs 81/08 che ha sostituito il decreto legislativo antecedente sulla sicurezza sul lavoro 626 del 19/09/94.Le pressioni della società, affinché negli ambienti di lavoro siano assicurati adeguati standard di sicurezza hanno sollecitato, e con-tinuano a sollecitare, il legislatore e le istituzioni ad intervenire tem-pestivamente ed opportunamente. Nel corso del 2008 il legislatore nazionale ha quindi emanato il testo unico in materia di sicurezza sul lavoro D. lgs 9 aprile 2008, n° 81 e successive modifiche ed integrazioni (di seguito D. Lgs 81/2008 smi), con cui ha inteso de-finire un quadro coeso ed organico di questa delicata tematica su-perando la precedente frammentazione esistente. Ovviamente la tematica coinvolge anche il settore forestale, che al pari di molti altri settori di attività, frappone una certa resistenza alla sua attuazione, adducendo problematiche di carattere tecnico e finanziario.Le motivazioni alla base degli incidenti, la magnitudo ed il rapporto tra l’innovazione e la sicurezza sono le tematiche maggiormente approfondite nella letteratura internazionale, mentre i profili attua-tivi della normativa caratterizzano i contributi del mondo scientifico nazionale, in riferimento al contesto europeo, fornendo un quadro

della sicurezza nei lavori forestali ed evidenziando come l’elevato rischio derivi dal concomitante effetto dei caratteri della stazione di lavoro, del prodotto e delle attrezzature utilizzate.

Nei cantieri di gestione del verde trovano ancora un largo utilizzo le attrezzature portatili, quali motoseghe, decespugliatori, etc., il qua-le impiego professionale prolungato può comportare l’insorgenza di alcune problematiche fino allora sconosciute ai lavoratori. Dun-que, l’obiettivo di questa sperimentazione è stato studiare l’anda-mento della rumorosità nell’ambito di alcuni lavori di gestione delle alberature cittadine (abbattimento, sramatura e depezzatura) per rilevare e monitorare la quantità di rumore emessa dalle attrezza-ture, oltre il limite di legge, ponendo l’operatore a grave rischio per l’insorgenza di ipocausie. In ultima battuta si ricorda che “sul ver-sante specifico del rumore, è il D.Lgs. 81/2008 che, in particolare nel Titolo VIII e nei suoi Capi I e II, stabilisce le modalità esecutive ed i requisiti della valutazione del rischio e del Rapporto di Valuta-zione, richiamando più volte che l’obiettivo generale della valuta-zione del rischio è identificare le azioni che permettano la riduzione del rischio per una sua corretta gestione (controllo del rischio)”.

Materiali e MetodiIl rumore in genere viene definito in vari modi. Da un punto di vista strettamente fisico si definisce rumore un insieme di suoni non pe-riodici (Helmholtz). Per questi motivi il rumore può essere definito anche, in maniera non fisica ma funzionale, semplicemente come suono non voluto. Il suono è una forma di energia che, prodotta da una sorgente so-nora, si propaga in forma di onde in un mezzo elastico, provocando una variazione di proiezione e uno spostamento di particelle, tale da poter essere rilevata da una persona o da uno strumento acu-stico.Nell’applicazione pratica del monitoraggio è importante conosce-re l’affidabilità delle misure, l’errore a esso associato e il grado di completezza delle conoscenze necessarie per la corretta interpre-tazione del dato analitico.Le principali caratteristiche di un metodo, che devono essere tenu-te presenti quando si valuta la possibilità di ammettere al dosag-gio determinati indicatori o si debbano valutare i risultati di misura sono:• selettività/specificità, cioè la capacità di una tecnica analitica

di non risentire della presenza di interferenti o di altri compo-nenti diversi dall’analisi in esame;

• sensibilità, cioè la variazione di segnale in funzione delle va-

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l’Ambiente

riazioni;• accuratezza, cioè l’accordo tra il risultato di una misura e il

valore vero o convenzionale;• esattezza, cioè l’accordo tra il valore medio ottenuto su un am-

pio numero di misure e il valore vero;• precisione, cioè l’accordo tra due o più misure replicate, in al-

tre parole la vicinanza reciproca delle misure all’intorno di un set di misurazioni.

Secondo le tecniche analitiche utilizzate varia il grado di manipola-zione del campione che precede l’analisi vera e propria.Al fine di valutare la sensazione complessivamente derivante dalla percezione di un suono complesso o di un rumore, si può fare ri-ferimento a uno strumento di rilevazione dei rumori che in qualche modo simuli la risposta dell’orecchio umano.Ciò è possibile utilizzando un misuratore del livello di pressione so-nora, il dosimetro (che trasforma la pressione in decibel - Figura 1), il cui segnale subisca un’opportuna elaborazione al fine di riprodur-re il comportamento dell’orecchio umano: in altre parole, per le fre-quenze ove la sensibilità dell’orecchio è maggiore, i valori misurati saranno assoggettati a una correzione positiva (in quell’intervallo quindi l’importanza dei relativi contributi è rafforzata); mentre per le frequenze ove la sensibilità dell’orecchio umano risulta minore, la correzione è negativa. La pesatura è attuata nell’elettronica dello strumento mediante particolari filtri.Il decibel è forse la misura più usata in acustica; esso esprime, secondo una scala logaritmica in base 10, il rapporto fra due gran-dezze omogenee. Ricordiamo che per definizione il logaritmo di un certo numero in una certa base, è l’esponente che occorre dare a quella base per ottenere il numero dato. Ad esempio il logaritmo in base 10 di 100 è 2. Infatti 102 = 100.Il decibel è 10 volte il logaritmo in base 10 del rapporto di due grandezze omogenee. Supponiamo di voler esprimere in decibel la differenza fra due potenze: w1 e w2.

dB (A) = 10 log10 w1/ w2

Notiamo quindi che, affinché la precedente espressione abbia sen-so, occorre che esistano entrambe le grandezze w1 e w2 ed in particolare che sia w2 ≠ 0. Notiamo anche che non ha importanza di che tipo siano le grandezze w1 e w2, occorre solo che siano omogenee, ossia dello stesso tipo.

Il dosimetro può essere schematizzato tramite i seguenti blocchi funzionali:• un microfono: è un trasduttore in grado di trasformare le varia-

zioni di pressione sonora in variazioni di tensione rilevabili dal-lo strumento. Ha caratteristiche di grande stabilità nel tempo, ampia dinamica e linearità in ampiezza ed in frequenza. Il tipo più diffuso per le misure acustiche è quello a condensatore;

• un preamplificatore: serve ad amplificare il segnale in tensione del microfono e adattarlo ai circuiti di elaborazione successivi;

• un circuito di pesatura in frequenza: serve ad adattare la ri-sposta in frequenza del fonometro alla risposta in frequenza dell’orecchio umano. Si riconoscono varie pesature standar-dizzate dalle norme internazionali, fra cui le più importanti sono A,C,D, Lin (nessuna pesatura);

• un banco di filtri in bande di ottava (o terzi d’ottava): indispen-sabile per eseguire un’analisi in frequenza del suono rilevato;

• un circuito RMS: serve a calcolare, partendo dal valore istan-taneo della pressione sonora, il valore del livello di pressio-ne sonora efficace (Root Mean Square) secondo la formula: PRMS= √1/T ∫0T p2 (t) dt [Pa].

I valori calcolati possono essere: Slow (tempo di integrazione 1s), Fast (tempo di integrazione 125ms), Impulse (tempo di integrazio-ne 35ms), Peak (tempo di integrazione variabile da strumento a strumento ma in genere inferiore a 50 µs); è particolarmente impor-tante valutare quest’ultima grandezza poiché l’orecchio umano non è in grado di difendersi autonomamente da suoni estremamente rapidi e vigorosi (i muscoli dell’orecchio medio hanno un tempo di risposta troppo lento):• un’uscita analogica: serve per il collegamento ad eventuali re-

gistratori o cuffie;• un circuito integratore: calcola, a partire dal valore efficace del

SPL (Livello di Pressione Sonora), Leq (Livello Equivalente) e SEL (Single Event Level);

• un sistema di visualizzazione: necessario a visualizzare i prin-cipali parametri misurati e la loro evoluzione temporale. Fra i parametri di interesse visualizzati si ricordano: il livello massi-mo, il livello minimo (sul tempo di misura), il tempo di misura, il livello equivalente, il livello di picco.

RisultatiI campionamenti sono stati eseguiti su un cantiere di utilizzazione forestale e riguardano l’attività di abbattimento, sramatura e depez-zatura del materiale legnoso relativo alla gestione delle alberature cittadine.Il rilievo del rumore (Figura 2), in questo cantiere, come già accen-nato prima, è stato eseguito esclusivamente sulla motosega, su un campione di 10 piante di leccio, utilizzando un dosimetro avente il ri-Figura 1 – Dosimetro.

Figura 1 – Dosimetro.

Figura 2 – Rilievo del rumore.

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Analisi e Strumentazione@levatore sonoro montato direttamente sull’operatore qualificato. Tale accortezza ha reso il dato molto vicino alla presumibile esposizione sonora cui si sottopone realmente l’operatore.

Il lavoro si è svolto come segue:• il primo rilievo è stato eseguito durante l’operazione di abbat-

timento;• la seconda misurazione durante l’operazione di sramatura;• il terzo e ultimo rilievo sulla fase di depezzatura effettuata con

la pianta atterrata.

Come già spiegato in precedenza, i rilievi sono stati effettuati con il dosimetro seguendo passo, passo l’operatore mentre svolgeva le sue mansioni. Dalla tabella (Tabella 1) si deduce che per ogni tipo di lavorazione, all’aumentare dello spessore del legno, aumenta la rumorosità della motosega.Da un primo confronto tra le medie dei valori per le diverse fasi di lavorazione si nota che discostano di poco tra una misurazione e l’altra. Il livello di pressione sonora per la motosega non è inferiore ai 71,9 dB(A) e non sale oltre i 122 dB(A) (dato acquisito per l’abbat-timento di piante con diametro alla base di 20 centimetri); anche in questo caso si può osservare come la varianza aumenta in maniera proporzionale all’aumentare del diametro. Si può notare, inoltre, che i valori registrati con l’operazione di abbattimento sono leggermente più alti rispetto a quelli della sramatura.Infine, se guardiamo le medie dei diversi diametri, si percepisce su-bito che, in fase di abbattimento, il limite di 85 dB(A) è superato per tutti e tre i diametri.Notiamo, anche, che il livello di pressione sonora per la motosega non scende sotto i 69,05 dB(A) e non sale oltre i 114,4 dB(A), e que-sto evidenzia che il dato più alto si è avuto con sramatura di rami con diametro di 9 centimetri. In tabella si nota, inoltre, che la varianza aumenta in maniera proporzionale all’aumentare del diametro. Quin-di, si può teorizzare che aumentando il diametro aumenta il livello di pressione sonora registrata emessa dalla motosega.Infine, se guardiamo le medie dei diversi diametri, possiamo subito

notare che, in fase di sramatura, il limite di 85 dB(A) è superato per tutti e tre i diametri.Per la depezzatura, ricordiamo, il livello di pressione sonora ha un margine inferiore di 69,50 dB(A) e può toccare un livello massimo di rumorosità pari a 116,50 dB(A) nel caso del taglio di fusti con diame-tro di 18 centimetri.Infine, se guardiamo le medie dei diversi diametri, è evidente che, anche in fase di depezzatura, il limite di 85 dB(A) è superato per tutti e tre i diametri.Dalle indagini condotte l’abbattimento risulta l’operazione più rumo-rosa anche se in tutte e tre le fasi il limite di legge viene sempre superato, se guardiamo le medie.Nella Tabella 1 sono stati messe a confronto tutte le medie e, in seguito, è stato costruito un grafico che mette a confronto le diverse medie ottenute per le diverse fasi prese in considerazione.Infine si evince che nella fase di abbattimento e in quella di sramatu-ra si registrano, rispettivamente, il livello più alto e quello più basso di pressione sonora rispetto alle fasi considerate, e che in tutte le fasi il limite viene sempre superato.

Conclusioni Il concetto che si è voluto esprimere è che nel caso dell’ambiente lavorativo vanno verificate le condizioni di rispetto dei limiti di inqui-namento acustico.E’ noto che il concetto di esposizione si accompagna al concetto di durata; scientificamente, infatti, per esposizione si intende il tempo in cui deve essere esposto ad una determinata sollecitazione un sog-getto per ottenere un certo effetto.Nell’ambiente lavorativo sono stati fissati i limiti di esposizione sia alle emissioni sia al rumore, dal D. Lgs 81/08, per evitare, per quanto è possibile, l’insorgere di lesioni alle vie uditive: l’interconnessione livelli/tempo (esposizione) è fissata a limiti che riducono al minimo il fattore di rischio; ma la certezza di non incidere, comunque, sulla salute del soggetto esposto non è assicurata. Il Testo Unico (D. Lgs 81/08) è un importante strumento per conoscere tutte le disposizioni generali e non, applicabili nei luoghi di lavoro.

Figura 1 – Dosimetro.

Figura 2 – Rilievo del rumore.

Figura 2 – Rilievo del rumore.

Tabella 1 - Confronto tra i dati ottenuti dall’analisi della va-rianza per le diverse fasi di lavorazione.

SRAMATURA MEDIA VARIANZA

DIAMETRO 5 cm 86,393 159,118

DIAMETRO 7 cm 88,379 162,097

DIAMETRO 9 cm 90,576 169,589

DEPEZZATURA

DIAMETRO 12 cm 90,796 187,655

DIAMETRO 16 cm 92,256 190,733

DIAMETRO 18 cm 94,932 196,136

ABBATTIMENTO

DIAMETRO 10 cm 90,735 154,147

DIAMETRO 15 cm 94,344 177,325

DIAMETRO 20 cm 101,541 204,845

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Analisi e Strumentazione@levatore sonoro montato direttamente sull’operatore qualificato. Tale accortezza ha reso il dato molto vicino alla presumibile esposizione sonora cui si sottopone realmente l’operatore.

Il lavoro si è svolto come segue:• il primo rilievo è stato eseguito durante l’operazione di abbat-

timento;• la seconda misurazione durante l’operazione di sramatura;• il terzo e ultimo rilievo sulla fase di depezzatura effettuata con

la pianta atterrata.

Come già spiegato in precedenza, i rilievi sono stati effettuati con il dosimetro seguendo passo, passo l’operatore mentre svolgeva le sue mansioni. Dalla tabella (Tabella 1) si deduce che per ogni tipo di lavorazione, all’aumentare dello spessore del legno, aumenta la rumorosità della motosega.Da un primo confronto tra le medie dei valori per le diverse fasi di lavorazione si nota che discostano di poco tra una misurazione e l’altra. Il livello di pressione sonora per la motosega non è inferiore ai 71,9 dB(A) e non sale oltre i 122 dB(A) (dato acquisito per l’abbat-timento di piante con diametro alla base di 20 centimetri); anche in questo caso si può osservare come la varianza aumenta in maniera proporzionale all’aumentare del diametro. Si può notare, inoltre, che i valori registrati con l’operazione di abbattimento sono leggermente più alti rispetto a quelli della sramatura.Infine, se guardiamo le medie dei diversi diametri, si percepisce su-bito che, in fase di abbattimento, il limite di 85 dB(A) è superato per tutti e tre i diametri.Notiamo, anche, che il livello di pressione sonora per la motosega non scende sotto i 69,05 dB(A) e non sale oltre i 114,4 dB(A), e que-sto evidenzia che il dato più alto si è avuto con sramatura di rami con diametro di 9 centimetri. In tabella si nota, inoltre, che la varianza aumenta in maniera proporzionale all’aumentare del diametro. Quin-di, si può teorizzare che aumentando il diametro aumenta il livello di pressione sonora registrata emessa dalla motosega.Infine, se guardiamo le medie dei diversi diametri, possiamo subito

notare che, in fase di sramatura, il limite di 85 dB(A) è superato per tutti e tre i diametri.Per la depezzatura, ricordiamo, il livello di pressione sonora ha un margine inferiore di 69,50 dB(A) e può toccare un livello massimo di rumorosità pari a 116,50 dB(A) nel caso del taglio di fusti con diame-tro di 18 centimetri.Infine, se guardiamo le medie dei diversi diametri, è evidente che, anche in fase di depezzatura, il limite di 85 dB(A) è superato per tutti e tre i diametri.Dalle indagini condotte l’abbattimento risulta l’operazione più rumo-rosa anche se in tutte e tre le fasi il limite di legge viene sempre superato, se guardiamo le medie.Nella Tabella 1 sono stati messe a confronto tutte le medie e, in seguito, è stato costruito un grafico che mette a confronto le diverse medie ottenute per le diverse fasi prese in considerazione.Infine si evince che nella fase di abbattimento e in quella di sramatu-ra si registrano, rispettivamente, il livello più alto e quello più basso di pressione sonora rispetto alle fasi considerate, e che in tutte le fasi il limite viene sempre superato.

Conclusioni Il concetto che si è voluto esprimere è che nel caso dell’ambiente lavorativo vanno verificate le condizioni di rispetto dei limiti di inqui-namento acustico.E’ noto che il concetto di esposizione si accompagna al concetto di durata; scientificamente, infatti, per esposizione si intende il tempo in cui deve essere esposto ad una determinata sollecitazione un sog-getto per ottenere un certo effetto.Nell’ambiente lavorativo sono stati fissati i limiti di esposizione sia alle emissioni sia al rumore, dal D. Lgs 81/08, per evitare, per quanto è possibile, l’insorgere di lesioni alle vie uditive: l’interconnessione livelli/tempo (esposizione) è fissata a limiti che riducono al minimo il fattore di rischio; ma la certezza di non incidere, comunque, sulla salute del soggetto esposto non è assicurata. Il Testo Unico (D. Lgs 81/08) è un importante strumento per conoscere tutte le disposizioni generali e non, applicabili nei luoghi di lavoro.

Figura 1 – Dosimetro.

Figura 2 – Rilievo del rumore.

Figura 2 – Rilievo del rumore.

Tabella 1 - Confronto tra i dati ottenuti dall’analisi della va-rianza per le diverse fasi di lavorazione.

SRAMATURA MEDIA VARIANZA

DIAMETRO 5 cm 86,393 159,118

DIAMETRO 7 cm 88,379 162,097

DIAMETRO 9 cm 90,576 169,589

DEPEZZATURA

DIAMETRO 12 cm 90,796 187,655

DIAMETRO 16 cm 92,256 190,733

DIAMETRO 18 cm 94,932 196,136

ABBATTIMENTO

DIAMETRO 10 cm 90,735 154,147

DIAMETRO 15 cm 94,344 177,325

DIAMETRO 20 cm 101,541 204,845

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l’Ambiente

I risultati ottenuti sono non molto superiori ai limiti consentiti dalla legge e, considerando che l’operatore indossava sempre le cuffie al momento del rilievo, possiamo sicuramente affermare che le ope-razioni sono state condotte in perfetta armonia con le disposizioni vigenti. Nei rilievi effettuati per la realizzazione di questa ricerca, ol-tre ai classici descrittori dei livelli di pressione sonora utilizzati per la valutazione del rischio, come prescritto dalla vigente legislazione, si ricorda che l’orecchio non percepisce tutte le frequenze allo stesso modo, e che oltre alla valutazione del livello sonoro complessivo non si può non evitare di rilevare la distribuzione del suono alle varie frequenze.Nel caso delle macchine agricole - in cui la riduzione del controllo alla fonte è affidato esclusivamente alla ricerca effettuata dalle case costruttrici - l’unica soluzione tecnicamente attuabile per la riduzione del rischio è l’adozione dei dispositivi di protezione individuali. Inoltre al fine di meglio determinare i rischi a cui va incontro, du-rante lo svolgimento delle mansioni di lavoro, il singolo operatore, sarebbe auspicabile monitorare la dinamica del fenomeno, studian-done l’evoluzione temporale attraverso l’analisi del profilo temporale del livello di pressione sonora e della pressione acustica istantanea non ponderata, per determinare la presenza di eventi notevolmente energetici di durata molto breve, che determinano andamenti della pressione acustica istantanea non ponderata di tipo diverso, ma tutti caratterizzati da valori di livello elevati.Infatti, anche se l’andamento della pressione acustica istantanea non ponderata influenza considerevolmente sia l’evoluzione del li-vello di pressione sonora, sia il valore del livello equivalente di pres-sione sonora che quello dell’esposizione quotidiana personale di un lavoratore al rumore, possono non ricorrere i termini per l’applica-zione di tutte quelle misure precauzionali e di protezione, in effetti indispensabili, considerata la natura dell’esposizione.

Tutto questo rende indifferibile la revisione dei criteri di protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione al rumore.L’analisi dei dati e l’osservazione diretta effettuata durante le misu-razioni mostra che gli effetti fondamentali ai fini della determinazione dei livelli di pressione sonora prodotti dalle macchine sono indotti dalle vibrazioni, soprattutto allorquando si effettuano lavorazioni su terreni particolarmente duri. Completamento naturale di questa ricer-ca dovrebbe essere un ulteriore analisi nella quale l’effetto vibrazio-nale sia adeguatamente approfondito, non solo per la individuazione delle sollecitazioni indotte sulle persone, ma anche per la valuta-zione dell’influenza ai fini della determinazione del campo sonoro generato.Tuttavia, nell’affermare questa necessità ci si rende conto anche della sua scarsa applicabilità nell’ambito dell’attività in bosco e più in generale nell’abito di gestione del verde, dove a causa delle con-dizioni ambientali, tali dispositivi possono risultare fastidiosi e addi-rittura pericolosi in quanto limitano la percezione dell’operatore. La strada da seguire per trovare il giusto connubio tra comfort e sicurez-za e lungi dall’essere tracciata.Oltre a ciò si rende necessario anche una riorganizzazione di tutta l’attività lavorativa, che deve necessariamente prevedere un mag-gior numero di pause o alternanza con altri lavoratori in modo da

ridurre l’esposizione il più possibile.Tuttavia il cuore della prevenzione passa obbligatoriamente attraver-so una formazione ed informazione continua ed adeguata da parte dei dipendenti, soprattutto per ciò che riguarda il rischio chimico che si lega all’utilizzo di queste attrezzature, al corretto impiego delle stesse, alle idonee procedure di carburazione ed infine sull’adozione degli idonei dispositivi di protezione individuale e collettiva. Quest’ul-timi sono caratterizzati dalle visite periodiche (annuali nel caso dei boscaioli e degli addetti al verde), da effettuarsi presso il medico del lavoro.Si ricorda infine che queste misure non sono delle semplici pro-poste, ma degli obblighi di legge alla cui inosservanza il datore di lavoro ne risponde ai sensi di legge, sia dal punto di vista civile che panale. A proposito delle strategie per la riduzione del rischio biso-gna ricordare che la legislazione, in particolare l’art. 15 del D.Lgs. 81/2008, fissa una sequenza che “privilegia i provvedimenti volti all’eliminazione o alla riduzione del rischio alla fonte ed i provvedi-menti di tipo collettivo su quelli individuali”.Infatti i vantaggi maggiori in termini di decibel “si possono ottenere agendo sulle macchine, in fase progettuale o in opera, intervenendo sui meccanismi fisici di generazione del rumore oppure intercettan-do il rumore prima che si propaghi all’ambiente di lavoro”. Inoltre le attenuazioni dei livelli sonori si possono ottenere anche tramite il trattamento fonoassorbente ambientale.Questi interventi consentono di ridurre i livelli sonori ambientali in tutto l’ambiente di lavoro e “agiscono prevalentemente sulle com-ponenti a media-alta frequenza, che sono quelle più pericolose per l’udito e le più fastidiose dal punto di vista ergonomico. E dunque - sempre seguendo la strategia indicata dalla normativa - solo a valle di questi interventi tecnici sulle fonti e sulle vie di propagazione del rumore, sulla base del cosiddetto rischio residuo, è corretto mettere in campo i provvedimenti di protezione dell’udito”.

Bibliografia (1) Alessio L.(2010), P. Apostoli: Manuale di medicina del lavoro e

igiene industriale. Piccin.(2) AA.VV. (2001): La sicurezza delle Macchine Agricole.

E.N.A.M.A – ente nazionale per la meccanizzazione agricola – Roma.

(3) AA.VV.(2003): Motoseghe a catena portatile – Roma.(4) Benedetti N. (2009): Rischi da esposizione ad agenti fisici:

emissioni. Maggioli Editore.(5) Cavalli R., Menegus G. (1998): Esposizione ad agenti chimici

nell’impiego della motosega –soluzioni tecniche ed organizza-tive, Giornale degli Igienisti Industriali – vol.23 – n.4.

(6) Cavalli R. (1994): L’esposizione dell’operatore forestale a so-stanza tossiche derivanti dall’uso della motosega. Monti e Bo-schi n.1.

(7) Mega Italia Media (2010): Dispositivi di protezione individuale. MEGAITALIAMEDIA.

(8) Oddo A., Benedetti E. Petringa Nicolosi R. (2011): La sicurezza delle attrezzature di lavoro e delle macchine. IPSOA INDICI-TALIA.

(9) Testo Unico (D. Lgs 81/08) e successive modifiche, 2008.

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X1-CHILLER è un sistema refrigerante dotato di controllo di temperatura del bagno e di pompa di ricircolo del liquido. È’ idoneo per raffreddare il condensatore dei microinquinanti e gli impinger per il campionamento di acidi e metalli anche contemporaneamente su due linee separate di prelievo. L’elevata capacità refrigerante consente di effettuare campionamenti di lunga durata in situazioni critiche ((T. ambiente 35/40 °C) in cui è fondamentale garantire una bassa temperatura costante e controllata.

Termostato digitale.

Protetto da pannelli in ABS.

Elevata capacità del frigorifero a compressore 2514 BTU/h

Vasca: 7 litri

Dimensioni ridotte Dimensioni ridotte 380 x 280 x 550 mm

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SISTEMA REFRIGERANTE X1-CHILLER

MANUFACTURER OF POLLUTION CONTROL SYSTEMS

ISO 9001 - Cart. n°4466

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Il contesto normativo della gestione dei rifiutiSabrina Glionna , Cooperativa Erica – Email: [email protected]

Legislazione

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La gerarchia della gestione dei rifiuti Il contesto normativo della gestione dei rifiuti è stato recente-mente interessato da un’importante novità con la pubblicazio-ne sulla G.U.C.E, avvenuta il 22 Novembre 2008, della Diretti-va 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio. La Direttiva è stata recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo del 03 Dicembre 2010 n. 205 che ha introdotto all’art. 179 la seguente gerarchia da seguire nella gestione dei rifiuti: a) prevenzione;b) preparazione per il riutilizzo;c) riciclaggio;d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;e) smaltimento.

La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia dei rifiuti, le misure dirette al re-cupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altro operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia. La norma pone al primo posto la prevenzione. All’art. 183, comma 1, lettera m), del Decreto Legislativo 152/2006, la prevenzione è definita come l’insieme delle misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventino rifiuto e che riducono: • la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei pro-

dotti o l’estensione del loro ciclo di vita;• gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la sa-

lute umana;• il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti.

Ai sensi dell’art. 180 del Decreto Legislativo 152/2006, i sog-getti a vario titolo coinvolti nelle attività produttive e nella ge-stione dei rifiuti sono tenuti ad operare secondo un generale principio di prevenzione di riduzione: • della produzione dei rifiuti;• della nocività dei rifiuti.

L’applicazione di tale principio richiede in particolare: a) la promozione di strumenti economici, ecobilanci, sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle migliori tecniche di-sponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informa-zione e di sensibilizzazione dei consumatori, l’uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico

ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo;b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d’invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in mate-ria di prevenzione della produzione dei rifiuti;c) la promozione di accordi e contratti di programma o proto-colli d’intesa anche sperimentali finalizzati. Al secondo posto, troviamo la preparazione per il riutilizzo. All’art. 183, comma 1, lettere q) e r), del Decreto Legislativo 152/2006, sono rispettivamente definiti il riutilizzo, come qual-siasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la pu-lizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o com-ponenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Nella gerarchia sono poi indicati il riciclaggio e il recupero. Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera t), del Decreto Legislativo 152/2006, per recupero, si intende qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruo-lo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’eco-nomia in generale. Un elenco non esaustivo di operazioni di recupero è riportato nell’Allegato C della Parte IV del Decreto Legislativo 152/2006. Nel medesimo articolo, al comma 1, let-tera u), il riciclaggio è definito come qualsiasi operazione di re-cupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. La fattispecie include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il trattamento per ot-tenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento. All’articolo 181 del Decreto Legislativo 152/2006, è stabilito poi che, al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni che saranno fornite dal Ministero dell’Ambiente, le regioni sono tenute a stabilire i cri-teri con i quali i Comuni provvedono a realizzare la raccolta dif-ferenziata in conformità a quanto previsto dalla legge statale. Alle autorità competenti è richiesto di realizzare, altresì, entro il 2015, la raccolta differenziata almeno per la carta, i metalli, la plastica e il vetro, e ove possibile, per il legno, nonché di adot-tare le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

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Il contesto normativo della gestione dei rifiutiSabrina Glionna , Cooperativa Erica – Email: [email protected]

Legislazione

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La gerarchia della gestione dei rifiuti Il contesto normativo della gestione dei rifiuti è stato recente-mente interessato da un’importante novità con la pubblicazio-ne sulla G.U.C.E, avvenuta il 22 Novembre 2008, della Diretti-va 2008/98/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio. La Direttiva è stata recepita dall’Italia con il Decreto Legislativo del 03 Dicembre 2010 n. 205 che ha introdotto all’art. 179 la seguente gerarchia da seguire nella gestione dei rifiuti: a) prevenzione;b) preparazione per il riutilizzo;c) riciclaggio;d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;e) smaltimento.

La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia dei rifiuti, le misure dirette al re-cupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altro operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia. La norma pone al primo posto la prevenzione. All’art. 183, comma 1, lettera m), del Decreto Legislativo 152/2006, la prevenzione è definita come l’insieme delle misure adottate prima che una sostanza, un materiale o un prodotto diventino rifiuto e che riducono: • la quantità dei rifiuti, anche attraverso il riutilizzo dei pro-

dotti o l’estensione del loro ciclo di vita;• gli impatti negativi dei rifiuti prodotti sull’ambiente e la sa-

lute umana;• il contenuto di sostanze pericolose in materiali e prodotti.

Ai sensi dell’art. 180 del Decreto Legislativo 152/2006, i sog-getti a vario titolo coinvolti nelle attività produttive e nella ge-stione dei rifiuti sono tenuti ad operare secondo un generale principio di prevenzione di riduzione: • della produzione dei rifiuti;• della nocività dei rifiuti.

L’applicazione di tale principio richiede in particolare: a) la promozione di strumenti economici, ecobilanci, sistemi di certificazione ambientale, utilizzo delle migliori tecniche di-sponibili, analisi del ciclo di vita dei prodotti, azioni di informa-zione e di sensibilizzazione dei consumatori, l’uso di sistemi di qualità, nonché lo sviluppo del sistema di marchio ecologico

ai fini della corretta valutazione dell’impatto di uno specifico prodotto sull’ambiente durante l’intero ciclo di vita del prodotto medesimo;b) la previsione di clausole di bandi di gara o lettere d’invito che valorizzino le capacità e le competenze tecniche in mate-ria di prevenzione della produzione dei rifiuti;c) la promozione di accordi e contratti di programma o proto-colli d’intesa anche sperimentali finalizzati. Al secondo posto, troviamo la preparazione per il riutilizzo. All’art. 183, comma 1, lettere q) e r), del Decreto Legislativo 152/2006, sono rispettivamente definiti il riutilizzo, come qual-siasi operazione attraverso la quale prodotti o componenti che non sono rifiuti sono reimpiegati per la stessa finalità per la pu-lizia, smontaggio e riparazione attraverso cui prodotti o com-ponenti di prodotti diventati rifiuti sono preparati in modo da poter essere reimpiegati senza altro pretrattamento. Nella gerarchia sono poi indicati il riciclaggio e il recupero. Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lettera t), del Decreto Legislativo 152/2006, per recupero, si intende qualsiasi operazione il cui principale risultato sia di permettere ai rifiuti di svolgere un ruo-lo utile, sostituendo altri materiali che sarebbero stati altrimenti utilizzati per assolvere una particolare funzione o di prepararli ad assolvere tale funzione, all’interno dell’impianto o nell’eco-nomia in generale. Un elenco non esaustivo di operazioni di recupero è riportato nell’Allegato C della Parte IV del Decreto Legislativo 152/2006. Nel medesimo articolo, al comma 1, let-tera u), il riciclaggio è definito come qualsiasi operazione di re-cupero attraverso cui i rifiuti sono trattati per ottenere prodotti, materiali o sostanze da utilizzare per la loro funzione originaria o per altri fini. La fattispecie include il trattamento di materiale organico ma non il recupero di energia né il trattamento per ot-tenere materiali da utilizzare quali combustibili o in operazioni di riempimento. All’articolo 181 del Decreto Legislativo 152/2006, è stabilito poi che, al fine di promuovere il riciclaggio di alta qualità e di soddisfare i necessari criteri qualitativi per i diversi settori del riciclaggio, sulla base delle indicazioni che saranno fornite dal Ministero dell’Ambiente, le regioni sono tenute a stabilire i cri-teri con i quali i Comuni provvedono a realizzare la raccolta dif-ferenziata in conformità a quanto previsto dalla legge statale. Alle autorità competenti è richiesto di realizzare, altresì, entro il 2015, la raccolta differenziata almeno per la carta, i metalli, la plastica e il vetro, e ove possibile, per il legno, nonché di adot-tare le misure necessarie per conseguire i seguenti obiettivi:

l’Ambiente

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a) entro il 2020, la preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio di rifiuti quali, come minimo, carta, metalli, plastica e vetro pro-venienti dai nuclei domestici, e possibilmente di altra origine, nella misura in cui tali flussi di rifiuti sono simili a quelli do-mestici, sarà aumentata complessivamente almeno al 50% in termini di peso;b) entro il 2020 la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio e altri tipi di recupero di materiale, incluse operazioni di colma-tazione che utilizzano i rifiuti in sostituzione di altri materiali, di rifiuti da costruzione e demolizione non pericolosi, esclu-so il materiale allo stato naturale definito alla voce 17 05 04 dell’elenco dei rifiuti, sarà aumentata almeno al 70 per cento in termini di peso. Per facilitare o migliorare il recupero, i rifiuti devono essere raccolti separatamente, laddove ciò sia realizzabile dal punto di vista tecnico, economico, ambientale, e non sono miscelati con altri rifiuti o altri materiali aventi proprietà diverse. Per le frazioni di rifiuti urbani oggetto di raccolta differenziata destina-ti al riciclaggio e al recupero è sempre ammessa la libera cir-colazione sul territorio nazionale tramite enti o imprese iscritti nelle apposite categorie dell’Albo nazionale gestori ambientali, al fine di favorire il più possibile il loro recupero privilegiando il principio di prossimità agli impianti di recupero. Al fine di favorire l’educazione ambientale e contribuire alla raccolta dif-ferenziata dei rifiuti, i sistemi di raccolta differenziata di carta e plastica negli istituti scolastici sono esentati dall’obbligo di autorizzazione in quanto presentano rischi non elevati e non gestiti su base professionale. All’ultimo posto della gerarchia troviamo lo smaltimento. Ai sensi dell’art. 183, comma 1. lettera z), del Decreto Legisla-tivo 152/2006, per smaltimento, si intende qualsiasi operazio-ne diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’ordinamento giuridico è informato a principi che sfavorisco-no la destinazione dei rifiuti alla smaltimento a tutto vantaggio delle operazioni di recupero e di riciclaggio. Lo smaltimento dei rifiuti deve essere effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase di residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero. A tal fine, la predetta verifica concerne la disponibilità di tecniche sviluppate su una scala che ne consenta l’applicazione in con-dizioni economicamente e tecnicamente valide nell’ambito del pertinente comparto industriale, prendendo in considerazione i costi e i vantaggi, indipendentemente dal fatto che siano o meno applicate o prodotte in ambito nazionale, purché vi si possa accedere a condizioni ragionevoli. I rifiuti da avviare allo smaltimento finale devono essere il più possibile ridotti sia in massa che in volume, potenziando la prevenzione e le attività di riutilizzo, di riciclaggio e di recu-pero prevedendo, ove possibile, la priorità per quei rifiuti non recuperabili generati nell’ambito di attività di riciclaggio o di recupero. E’ vietato smaltire i rifiuti urbani non pericolosi in regioni diver-

se da quelle dove gli stessi sono prodotti, fatti salvi eventuali accordi regionali o internazionali, qualora gli aspetti territoriali e l’opportunità tecnico economica di raggiungere livelli ottimali di utenza servita lo richiedano.Nel rispetto delle prescrizioni contenute nel decreto legislati-vo 11 maggio 2005, n. 133, la realizzazione e la gestione di nuovi impianti possono essere autorizzate solo se il relativo processo di combustione garantisca un elevato livello di recu-pero energetico.Le attività di smaltimento in discarica dei rifiuti sono disciplina-te secondo le disposizioni del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, di attuazione della direttiva 1999/31/CE.

La raccolta differenziataAi sensi dell’art. 183, comma 1, lettera p), del Decreto Legisla-tivo 152/2006, per raccolta differenziata si intende la raccolta in cui un flusso di rifiuti è tenuto separato in base al tipo e alla natura dei rifiuti al fine di facilitarne il trattamento specifico. La raccolta differenziata è concepita, quindi, quale fondamentale presupposto per le operazioni di recupero e di riciclaggio.L’art. 205, comma 1, del D.lgs. 152/2006 dispone che in ogni ambito territoriale ottimale deve essere assicurata una raccol-ta differenziata dei rifiuti urbani pari alle seguenti percentuali minime di rifiuti prodotti: • almeno il 35% entro il 31 dicembre 2006; • almeno il 45% entro il 31 dicembre 2008;• almeno il 65% entro il 31 dicembre 2012. Nel caso in cui, dal punto di vista tecnico, ambientale e eco-nomico, non sia realizzabile raggiungere tali obiettivi, il comu-ne può richiedere al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare una deroga. Verificata la sussistenza dei requisiti, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare può autorizzare la predetta deroga, previa stipula, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di un accordo di programma tra Ministero, regione e enti locali inte-ressati, che stabilisca:• le modalità attraverso le quali il comune richiedente inten-

de conseguire gli obiettivi di riciclaggio e recupero previsti all’articolo 181, comma 1. Le predette modalità possono consistere in compensazioni con gli obiettivi raggiunti in altri comuni;

• la destinazione a recupero di energia della quota di rifiu-ti indifferenziati che residua dalla raccolta differenziata e dei rifiuti derivanti da impianti di trattamento dei rifiuti in-differenziati, qualora non destinati al recupero di materia;

• la percentuale di raccolta differenziata dei rifiuti urbani, da destinare al riciclo, che il comune richiedente si obbliga a effettuare.

L’accordo di programma può stabilire obblighi, in linea con le disposizioni vigenti, per il comune richiedente finalizzati al perseguimento delle finalità di cui alla parte quarta, titolo I, del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i. nonché stabilire modalità di accer-tamento dell’adempimento degli obblighi assunti nell’ambito

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dell’accordo di programma stesso e prevedere una discipli-na per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si devono conformare, conseguentemente, a quanto previsto dagli ac-cordi di programma.Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti di raccolta differenziata, è applicata un’addizionale del venti per cento al tributo di con-ferimento dei rifiuti in discarica a carico dell’Autorità d’ambito, che ne ripartisce l’onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli co-muni.

La gestione dei rifiuti organiciLa parte IV del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i. reca alcune defini-zioni specifiche riferite ai rifiuti organici:• per “rifiuto organico”, si intendono i rifiuti biodegradabili

di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria ali-mentare raccolti in modo differenziato [art. 183, comma 1, lett. d)];

• per “autocompostaggio”, si intende il compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodot-to [art. 183, comma 1, lett. e)];

• per “compost di qualità”, si intende il prodotto, ottenu-to dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separata-mente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni [art. 183, comma 1, lett. ee)];

• per “digestato di qualità”, si intende il prodotto ottenu-to dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e fore-stali [art. 183, comma 1, lett. ff)].

All’art. 182 ter del D.lgs. 152/2006, è disposto che la raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con conte-nitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.Occorre considerare, poi, che il D.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, recante “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”, all’art. 5 prevede che ciascuna Regione elabori e approvi un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica a integrazione del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199 del D.lgs. 152/2006, allo scopo di raggiungere, a livello di am-bito territoriale ottimale i seguenti obiettivi:• entro il 28 marzo 2008, i rifiuti urbani biodegradabili devo-

no essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;• entro il 28 marzo 2011, i rifiuti urbani biodegradabili devo-

no essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;• entro il 28 marzo 2018, i rifiuti urbani biodegradabili devo-

no essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.

Il compostaggio di comunità è quello che ha per oggetto i rifiuti prodotti da utenze non domestiche singole o da una pluralità di utenze domestiche o non domestiche ai fini dell’ottenimen-to di un ammendante compostato misto con le caratteristiche previste dal D.lgs. 29 aprile 2010, n. 75.Il compostaggio collettivo è qualificabile come operazione di recupero di rifiuti non soggetto al sistema autorizzativo di cui al Capo IV e al Capo V del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i., qualora siano rispettate le seguenti condizioni:• il materiale da compostare è conferito esclusivamente da

un unico soggetto produttore, intendendosi per tale gli abitanti di un solo condominio o la singola utenza non do-mestica per gli scarti organici derivanti dalla ristorazione o dal servizio di mensa;

• il compost ottenuto è utilizzato esclusivamente dai confe-ritori del materiale da compostare e esclusivamente sulle pertinenze (area verde, vasi, giardini pensili e simili) del conferitore e non è ceduto a terzi;

• la potenzialità massima di recupero non supera le 25 t/anno di materiale da compostare (quantitativo compren-sivo dell’eventuale strutturante).

Nei casi che non sia rispettate almeno una delle predette con-dizioni, si ritiene che il compostaggio di comunità debba es-sere oggetto di autorizzazione ai sensi del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i.

La tari, tassa sui rifiutiDal 1° gennaio 2014, ai sensi della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è istituita l’imposta unica comunale IUC. La IUC si compone dell’imposta municipale propria (IMU), del tributo per i servizi indivisibili (TASI) e dalla tassa sui rifiuti (TARI). La TARI è destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti a carico dell’utilizzatore.

Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è il Comune.La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga locali o aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani, indipendentemente dall’uso al quale siano adibiti e sussiste un vincolo di solidarietà per l’obbligazione tributaria tra i com-ponenti del nucleo familiare o tra i soggetti che usano in co-mune i predetti locali e aree scoperte.In Tabella 1 ne è schematizzata la composizione.

Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 52 del de-creto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, il consiglio comu-nale determina poi la disciplina per l’applicazione della IUC, concernente tra l’altro per la TARI:• i criteri di determinazione delle tariffe;• la classificazione delle categorie di attività con omoge-

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dell’accordo di programma stesso e prevedere una discipli-na per l’eventuale inadempimento. I piani regionali si devono conformare, conseguentemente, a quanto previsto dagli ac-cordi di programma.Nel caso in cui a livello di ambito territoriale ottimale non siano conseguiti gli obiettivi minimi previsti di raccolta differenziata, è applicata un’addizionale del venti per cento al tributo di con-ferimento dei rifiuti in discarica a carico dell’Autorità d’ambito, che ne ripartisce l’onere tra quei comuni del proprio territorio che non abbiano raggiunto le percentuali previste sulla base delle quote di raccolta differenziata raggiunte nei singoli co-muni.

La gestione dei rifiuti organiciLa parte IV del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i. reca alcune defini-zioni specifiche riferite ai rifiuti organici:• per “rifiuto organico”, si intendono i rifiuti biodegradabili

di giardini e parchi, rifiuti alimentari e di cucina prodotti da nuclei domestici, ristoranti, servizi di ristorazione e punti vendita al dettaglio e rifiuti simili prodotti dall’industria ali-mentare raccolti in modo differenziato [art. 183, comma 1, lett. d)];

• per “autocompostaggio”, si intende il compostaggio degli scarti organici dei propri rifiuti urbani, effettuato da utenze domestiche, ai fini dell’utilizzo in sito del materiale prodot-to [art. 183, comma 1, lett. e)];

• per “compost di qualità”, si intende il prodotto, ottenu-to dal compostaggio di rifiuti organici raccolti separata-mente, che rispetti i requisiti e le caratteristiche stabilite dall’allegato 2 del decreto legislativo 29 aprile 2010, n. 75, e successive modificazioni [art. 183, comma 1, lett. ee)];

• per “digestato di qualità”, si intende il prodotto ottenu-to dalla digestione anaerobica di rifiuti organici raccolti separatamente, che rispetti i requisiti contenuti in norme tecniche da emanarsi con decreto del Ministero dell’am-biente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministero delle politiche agricole alimentari e fore-stali [art. 183, comma 1, lett. ff)].

All’art. 182 ter del D.lgs. 152/2006, è disposto che la raccolta separata dei rifiuti organici deve essere effettuata con conte-nitori a svuotamento riutilizzabili o con sacchetti compostabili certificati a norma UNI EN 13432-2002.Occorre considerare, poi, che il D.lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, recante “Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti”, all’art. 5 prevede che ciascuna Regione elabori e approvi un apposito programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica a integrazione del piano regionale di gestione dei rifiuti di cui all’articolo 199 del D.lgs. 152/2006, allo scopo di raggiungere, a livello di am-bito territoriale ottimale i seguenti obiettivi:• entro il 28 marzo 2008, i rifiuti urbani biodegradabili devo-

no essere inferiori a 173 kg/anno per abitante;• entro il 28 marzo 2011, i rifiuti urbani biodegradabili devo-

no essere inferiori a 115 kg/anno per abitante;• entro il 28 marzo 2018, i rifiuti urbani biodegradabili devo-

no essere inferiori a 81 kg/anno per abitante.

Il compostaggio di comunità è quello che ha per oggetto i rifiuti prodotti da utenze non domestiche singole o da una pluralità di utenze domestiche o non domestiche ai fini dell’ottenimen-to di un ammendante compostato misto con le caratteristiche previste dal D.lgs. 29 aprile 2010, n. 75.Il compostaggio collettivo è qualificabile come operazione di recupero di rifiuti non soggetto al sistema autorizzativo di cui al Capo IV e al Capo V del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i., qualora siano rispettate le seguenti condizioni:• il materiale da compostare è conferito esclusivamente da

un unico soggetto produttore, intendendosi per tale gli abitanti di un solo condominio o la singola utenza non do-mestica per gli scarti organici derivanti dalla ristorazione o dal servizio di mensa;

• il compost ottenuto è utilizzato esclusivamente dai confe-ritori del materiale da compostare e esclusivamente sulle pertinenze (area verde, vasi, giardini pensili e simili) del conferitore e non è ceduto a terzi;

• la potenzialità massima di recupero non supera le 25 t/anno di materiale da compostare (quantitativo compren-sivo dell’eventuale strutturante).

Nei casi che non sia rispettate almeno una delle predette con-dizioni, si ritiene che il compostaggio di comunità debba es-sere oggetto di autorizzazione ai sensi del D.lgs. 152/2006 e s. m. e i.

La tari, tassa sui rifiutiDal 1° gennaio 2014, ai sensi della legge 27 dicembre 2013, n. 147, è istituita l’imposta unica comunale IUC. La IUC si compone dell’imposta municipale propria (IMU), del tributo per i servizi indivisibili (TASI) e dalla tassa sui rifiuti (TARI). La TARI è destinata a finanziare i costi del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti a carico dell’utilizzatore.

Soggetto attivo dell’obbligazione tributaria è il Comune.La TARI è dovuta da chiunque possieda o detenga locali o aree scoperte operative suscettibili di produrre rifiuti urbani, indipendentemente dall’uso al quale siano adibiti e sussiste un vincolo di solidarietà per l’obbligazione tributaria tra i com-ponenti del nucleo familiare o tra i soggetti che usano in co-mune i predetti locali e aree scoperte.In Tabella 1 ne è schematizzata la composizione.

Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 52 del de-creto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, il consiglio comu-nale determina poi la disciplina per l’applicazione della IUC, concernente tra l’altro per la TARI:• i criteri di determinazione delle tariffe;• la classificazione delle categorie di attività con omoge-

Legislazione2

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nea potenzialità di produzione di rifiuti (D.P.R. 158/1999 o studi territoriali specifici);

• la disciplina delle riduzioni tariffarie;• la disciplina delle eventuali riduzioni e esenzioni, che ten-

gano conto altresì della capacità contributiva della fami-glia, anche attraverso l’applicazione dell’ISEE;

• l’individuazione di categorie di attività produttive di rifiuti speciali alle quali applicare, nell’obiettiva difficoltà di deli-mitare le superfici ove tali rifiuti si formano, percentuali di riduzione rispetto all’intera superficie su cui l’attività viene svolta;

• i termini di presentazione della dichiarazione e di versa-mento del tributo.

Il comune, sempre con regolamento, può prevedere riduzioni tariffarie, nel caso di:• abitazioni con unico occupante;• abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale o altro

uso limitato e discontinuo;• locali, diversi dalle abitazioni, e aree scoperte adibiti a

uso stagionale o a uso non continuativo, ma ricorrente;• abitazioni occupate da soggetti che risiedano o abbiano

la dimora, per più di sei mesi all’anno, all’estero;• fabbricati rurali a uso abitativo.

Altre riduzioni possono essere stabilite con riferimento a:• zone nelle quali non è eseguita la raccolta;• raccolta differenziata delle utenze domestiche;• avvio al recupero di rifiuti urbani documentato da utenze

non domestiche;• mancato o inesatto svolgimento del servizio.

Il consiglio comunale può deliberare anche ulteriori riduzioni e esenzioni. Tali agevolazioni sono iscritte in bilancio come autorizzazioni di spesa che non possono eccedere il limite del 7 per cento del costo complessivo del servizio. La relativa co-pertura è assicurata da risorse diverse dai proventi del tributo di competenza dell’esercizio al quale si riferisce l’iscrizione stessa.Il consiglio comunale deve approvare le tariffe della TARI en-tro il termine fissato da norme statali per l’approvazione del

bilancio di previsione. L’approvazione delle tariffe deve avve-nire in conformità al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso e approvato dal consiglio comunale o da altra autorità competente.

ConclusioniCome abbiamo potuto evincere dalla presente analisi il testo base di riferimento della normativa sui rifiuti è rappresentato dal Decreto Legislativo n. 152/2006 che prevede inoltre che i Comuni concorrano a disciplinare la gestione dei rifiuti ur-bani con appositi regolamenti. Al completamento di questo quadro per il recupero di particolari tipologie di rifiuti si inseri-sce il lavoro svolto dal sistema di Consorzi, rappresentato da Conai, dai Consorzi di Filiera (CIAL, COMIECO, COREPLA, COREVE, RICREA, RILEGNO) e da Conip per gli imballag-gi, Polieco per i rifiuti in polietilene, Coou per gli oli minerali, Cobat per le batterie al piombo, Conoe per gli oli vegetali. A questi si affianca Ecopneus (ex Dm 11 aprile 2011, n. 82), il sistema per la gestione degli pneumatici fuori uso, nonché i sistemi collettivi per la gestione dei Raee (rifiuti da apparec-chiature elettriche ed elettroniche), il cui fondamento giuridico risiede nel Dlgs 151/2005 di recepimento delle direttive Raee e RoHs.

Il quadro che emerge, dunque, è che la normativa nazionale ed europea sulla gestione dei rifiuti si sta sempre più muo-vendo verso una politica che punti ad un minore e più efficace utilizzo delle risorse. Agli Stati Membri dell’Unione Europea è richiesto di attivarsi per fare in modo che, entro il 2020, il 50% dei rifiuti domestici o simili (come carta, plastica, vetro, metalli) venga riciclato o riutilizzato per ottenere nuovi prodotti. Con questa indicazio-ne, l’Unione Europea dimostra di non puntare solo alla quan-tità dei rifiuti raccolti in modo differenziato ma, soprattutto, alla qualità della raccolta, unica garanzia per fare in modo che dal riutilizzo e dal riciclo dei rifiuti si ottengano nuovi pro-dotti. Un lavoro di grande sinergia e collaborazione nel qua-le partendo dalle direttive europee e passando attraverso le leggi nazionali si arrivano ad influenzare le Amministrazioni locali ed i cittadini.

destinazione composizione natura

copertura integrale dei costi di inve-

stimento e di esercizio della gestione

dei rifiuti urbani

quota (fissa) determinata in relazione alle componenti es-

senziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite

in particolare agli investimenti per le opere e ai relativi

ammortamentitributaria

quota (variabile) rapportata alle quantità di rifiuti conferiti,

al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione

Tabella 1 - Composizione del tributo.

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L’abbandono dei rifiuti, abitudine incivileDisposizioni e divieti. Discariche abusive al bando come pure comportamenti irresponsabili

Alberto Verardo, Consulente, Email: [email protected]

Legislazione

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Da qualche tempo non è più così improbabile leggere sulla stampa quotidiana, del ritrovamento di cumuli di rifiuti abbandonati che a volte, per effetto di continui apporti indiscriminati ed incontrollati da parte di persone prive di ogni ritegno, diventano vere e proprie discariche abu-sive a cielo aperto.Spesso, per sottolineare la problematica, le notizie di cronaca o di in-formazione sono accompagnate da eloquenti immagini fotografiche che, cogliendo gli aspetti di maggiore rilevanza, riescono a coinvolgere anche emotivamente il lettore. Talvolta le medesime notizie, o altre analoghe parimenti coinvolgenti, sono contenute anche in periodici, che colgono queste occasioni per promuovere inchieste, oppure costituiscono argomento di approfondi-mento o anche di segnalazione da parte dei media televisivi e radio-fonici.Le aree maggiormente coinvolte da questo processo di degrado e di inquinamento ambientale, sono prevalentemente quelle periferiche di paesi e città per ovvi motivi di limitata circolazione veicolare o presen-za di persone, e quelle adiacenti a inusuali percorsi stradali di collina o all’interno di aree boschive.Anche le aree urbane con rilevante densità abitativa sono però interes-sate a questo malcostume; presenze improprie di singoli articoli edilizi contenenti fibre di amianto, in genere tratti di tubazioni, piccole lastre o serbatoi, si hanno specialmente dove sono situati i centri di raccolta dei rifiuti ingombranti ma anche nelle vicinanze dei cassonetti che rac-colgono i rifiuti solidi urbani. Se ogni componente edilizio contente fibre di amianto, rimosso dalla sua funzione originaria per assolvere alla quale era stato installato, per effetto di quanto previsto dalla vigente normativa, rappresenta di fatto un rifiuto e come tale deve essere smaltito, lo smaltimento deve es-sere fatto in modo adeguato nel rispetto dei vincoli normativi; è altresì da tenere presente che lo smaltimento deve essere fatto da soggetto idoneo, in idoneo sito di stoccaggio temporaneo o di conferimento de-finitivo.Non è peraltro da trascurare il fatto che il rifiuto così prodotto - da ditta in possesso dei necessari requisiti di legge - debba essere preventiva-mente trattato e confezionato in modo da evitare il possibile rilascio di fibre che può rappresentare fonte di pericolo per la persona e di danno per l’ambiente. È quindi giusto e doveroso evidenziare che chi abbandona detti rifiuti in modo irregolare, attua comportamenti sconsiderati che rappresentano palesi violazioni delle norme di legge sia sanitarie che ambientali e denota una totale assenza di senso civico.L’abbandono, che si configura come tale solamente per l’assoluta oc-

casionalità del fatto, di rifiuti contenenti fibre di amianto (e più in ge-nerale di qualsiasi tipologia di rifiuto), come il loro rilascio incontrollato sul suolo o anche nel suolo, o la loro allocazione nelle acque super-ficiali o sotterranee, è vietato dall’articolo 192 del Decreto Legislativo 152/2006, che prevede anche l’applicazione di sanzioni.È invece vietata dall’articolo 256 del medesimo decreto, la formazione di una discarica abusiva, con relativa attività di gestione di un sito di deposito di rifiuti, caratterizzato da ripetuti ed abituali rilasci, senza la prescritta autorizzazione; anche in questa circostanza è prevista l’ap-plicazione di sanzioni. Se si verifica un abbandono o viene a formarsi una discarica abusiva, esiste un soggetto (o anche più soggetti) che ha colpevolmente origi-nato la situazione.Costui, dal momento in cui viene individuato, è tenuto alla rimozione, al recupero, allo smaltimento del rifiuto abusivamente abbandonato o depositato, ed al ripristino del sito nel quale è avvenuto l’abbandono; tutto ciò a seguito della preventiva, necessaria bonifica dalla presenza di inquinante. Nel caso l’individuazione non avvenga o, ancorché avvenuta, non sia possibile coinvolgere il responsabile (anche la mancata possibilità di risalire al medesimo), l’obbligo dell’intervento di rimozione e risana-mento ricade, indifferentemente si tratti di aree private o pubbliche, sul proprietario dell’area o sul gestore della medesima.Bene è ricordare che laddove vengano individuati abbandoni occasio-nali o sistematici di rifiuti contenenti fibre di amianto, è necessario che l’area sia opportunamente recintata e segnalata (onde evitare avvici-namenti impropri) con apposito nastro e irrorata con apposito incap-sulante che contenga la possibile dispersione di fibre volatili; tutto ciò segnalando l’evento rilevato all’organismo di vigilanza.

Figura 1 - Ammasso di lastre ondulate.

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L’abbandono dei rifiuti, abitudine incivileDisposizioni e divieti. Discariche abusive al bando come pure comportamenti irresponsabili

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Da qualche tempo non è più così improbabile leggere sulla stampa quotidiana, del ritrovamento di cumuli di rifiuti abbandonati che a volte, per effetto di continui apporti indiscriminati ed incontrollati da parte di persone prive di ogni ritegno, diventano vere e proprie discariche abu-sive a cielo aperto.Spesso, per sottolineare la problematica, le notizie di cronaca o di in-formazione sono accompagnate da eloquenti immagini fotografiche che, cogliendo gli aspetti di maggiore rilevanza, riescono a coinvolgere anche emotivamente il lettore. Talvolta le medesime notizie, o altre analoghe parimenti coinvolgenti, sono contenute anche in periodici, che colgono queste occasioni per promuovere inchieste, oppure costituiscono argomento di approfondi-mento o anche di segnalazione da parte dei media televisivi e radio-fonici.Le aree maggiormente coinvolte da questo processo di degrado e di inquinamento ambientale, sono prevalentemente quelle periferiche di paesi e città per ovvi motivi di limitata circolazione veicolare o presen-za di persone, e quelle adiacenti a inusuali percorsi stradali di collina o all’interno di aree boschive.Anche le aree urbane con rilevante densità abitativa sono però interes-sate a questo malcostume; presenze improprie di singoli articoli edilizi contenenti fibre di amianto, in genere tratti di tubazioni, piccole lastre o serbatoi, si hanno specialmente dove sono situati i centri di raccolta dei rifiuti ingombranti ma anche nelle vicinanze dei cassonetti che rac-colgono i rifiuti solidi urbani. Se ogni componente edilizio contente fibre di amianto, rimosso dalla sua funzione originaria per assolvere alla quale era stato installato, per effetto di quanto previsto dalla vigente normativa, rappresenta di fatto un rifiuto e come tale deve essere smaltito, lo smaltimento deve es-sere fatto in modo adeguato nel rispetto dei vincoli normativi; è altresì da tenere presente che lo smaltimento deve essere fatto da soggetto idoneo, in idoneo sito di stoccaggio temporaneo o di conferimento de-finitivo.Non è peraltro da trascurare il fatto che il rifiuto così prodotto - da ditta in possesso dei necessari requisiti di legge - debba essere preventiva-mente trattato e confezionato in modo da evitare il possibile rilascio di fibre che può rappresentare fonte di pericolo per la persona e di danno per l’ambiente. È quindi giusto e doveroso evidenziare che chi abbandona detti rifiuti in modo irregolare, attua comportamenti sconsiderati che rappresentano palesi violazioni delle norme di legge sia sanitarie che ambientali e denota una totale assenza di senso civico.L’abbandono, che si configura come tale solamente per l’assoluta oc-

casionalità del fatto, di rifiuti contenenti fibre di amianto (e più in ge-nerale di qualsiasi tipologia di rifiuto), come il loro rilascio incontrollato sul suolo o anche nel suolo, o la loro allocazione nelle acque super-ficiali o sotterranee, è vietato dall’articolo 192 del Decreto Legislativo 152/2006, che prevede anche l’applicazione di sanzioni.È invece vietata dall’articolo 256 del medesimo decreto, la formazione di una discarica abusiva, con relativa attività di gestione di un sito di deposito di rifiuti, caratterizzato da ripetuti ed abituali rilasci, senza la prescritta autorizzazione; anche in questa circostanza è prevista l’ap-plicazione di sanzioni. Se si verifica un abbandono o viene a formarsi una discarica abusiva, esiste un soggetto (o anche più soggetti) che ha colpevolmente origi-nato la situazione.Costui, dal momento in cui viene individuato, è tenuto alla rimozione, al recupero, allo smaltimento del rifiuto abusivamente abbandonato o depositato, ed al ripristino del sito nel quale è avvenuto l’abbandono; tutto ciò a seguito della preventiva, necessaria bonifica dalla presenza di inquinante. Nel caso l’individuazione non avvenga o, ancorché avvenuta, non sia possibile coinvolgere il responsabile (anche la mancata possibilità di risalire al medesimo), l’obbligo dell’intervento di rimozione e risana-mento ricade, indifferentemente si tratti di aree private o pubbliche, sul proprietario dell’area o sul gestore della medesima.Bene è ricordare che laddove vengano individuati abbandoni occasio-nali o sistematici di rifiuti contenenti fibre di amianto, è necessario che l’area sia opportunamente recintata e segnalata (onde evitare avvici-namenti impropri) con apposito nastro e irrorata con apposito incap-sulante che contenga la possibile dispersione di fibre volatili; tutto ciò segnalando l’evento rilevato all’organismo di vigilanza.

Figura 1 - Ammasso di lastre ondulate.

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Qualora l’ordinanza che obbliga all’intervento (emessa dal Sindaco del Comune sul cui territorio si trova la discarica o l’abbandono abusivo) non venga rispettata, il Sindaco, a sua volta, è tenuto a procedere alla rimozione dei rifiuti di qualunque natura e tipo siano ed al ripristino del sito con intervento pubblico; salve le azioni di recupero delle spese nei confronti dei soggetti inadempienti.A carico dei responsabili dell’abbandono e del deposito incontrollato nonché della discarica abusiva, è altresì il tributo speciale per il depo-sito in discarica dei rifiuti solidi e le sanzioni tributarie specifiche con-nesse al mancato conferimento dei rifiuti presso impianti autorizzati. Laddove la violazione configuri la formazione di una discarica abusiva, il tributo e le sanzioni ricadono in solido sui soggetti utilizzatori e sul proprietario del suolo sul quale la discarica è stata realizzata. Il proprietario di un sito che rileva la presenza di una discarica abusiva

su di esso, può evitare la citata obbligazione, che ricade sui contrav-ventori, solamente procedendo, prima che gli organismi competenti intervengano per constatare la violazione, alla denuncia alla Provincia territorialmente competente. I comportamenti sconsiderati di cittadini irresponsabili sono quindi cau-sa di possibili danni, diretti o indiretti.Per evitare tutto ciò è necessario smaltire correttamente i rifiuti e far-si parte diligente nella segnalazione alle forze dell’ordine di eventuali comportamenti scorretti rilevati; per dare forza alla segnalazione bene sarebbe rilevare la targa del veicolo che ha effettuato il trasporto e lo smaltimento abusivo.Inoltre, avvalendosi dell’attuale tecnologia che consente di effettuare foto anche con il telefonino, è utile (quale prova inoppugnabile) foto-grafare, per quanto possibile, l’azione, il mezzo, la discarica abusiva.

Figura 2 - Tratto di condotta quadra abbandonata. Figura 3 - Tubazione frantumata.

Dall’Alto Adige un milione di euro per giovani startupLa Provincia di Bolzano - territorio ideale per fare business - lancia

il Bando 2014 a favore della capitalizzazione di nuove imprese o di imprese innovative da costituire

L’intenso programma di agevolazioni alle startup promosso dalla Giunta Provinciale di Bolzano si arricchisce di una nuova importante iniziativa a sostegno dell’economia altoatesina: si tratta del Bando 2014 a favore della capitalizzazione di nuove imprese o di imprese innovative da costituire, nato per agevolare tutte quelle realtà che presentano un elevato contenuto tecno-logico e creano valore aggiunto per il territorio. Green Region d’Italia e ponte strategico tra l’Italia e l’Europa, l’Alto Adige rappresenta un ecosistema ideale per la crescita delle imprese innovative, grazie ad incentivi e alla presenza di un network fondato su ricerca, sviluppo, servizi e infrastrutture efficienti, elementi che garantiscono un supporto unico e costante a imprenditori provenienti da tutto il territorio nazionale.

L’entità del finanziamento testimonia questa vocazione. La Provincia ha, infatti, stanziato 1 milione di euro: le startup costituite sotto forma di società di capitali che presentino un business pian adeguato potranno ricevere contributi compresi tra i somila e i 2oomila euro, con l’aiuto che deve essere pari al capitale versato dai soci nell’impresa.Il bando è indirizzato alle piccole aziende con meno di tre anni di vita, oppure ai ricercatori che intendono costituire un’impresa in forma di società di capitali entro un periodo di tre mesi. Quali indicatori del livello di innovazione vengono presi in esame, oltre all’idea imprenditoriale in sé, le spese di ricerca e svilup-po sul fatturato e la presenza di personale altamente qualificato. Per il personale, in particolare, sono previsti ulteriori incentivi: le imprese che assumono personale altamente qualificato (laureati o ricercatori) potranno infatti contare su un aiuto finanziario della Provincia nei primi 2 anni pari al 50% del costo del personale. Oltre al fatto che l’attività deve essere insediata sul territorio altoatesino, un requisito necessario è infine rappresentato dalla presenza di un Business Angel o di un Venture Capitalist.

Le domande per accedere al bando dovranno essere presentate entro il 23 dicembre prossimo. I dettagli dell’iniziativa sono disponibili all’indirizzo www.provincia.bz.it/innovazione.

Per maggiori informazioni: Business Location Sudtirol - Alto AdigeGiuseppe Salghetti Drioli - Tel. +39 0471 o66 615 [email protected]

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Prima di CoPertina

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t

Rifiuti organici: da problema a risorsaTecnologia ad alta efficienza per convertire i rifiuti in energia rinnovabile, biometano e compost

Impianto di Castelleone, Cremona. Entrato in esercizio nel 2010, opera al massimo della sua capacità e continua a far registrare ottimi risultati.

Impianto di trattamento rifiuti Ecoparc 1 a Barcellona.

Il settore del biogas ha avuto notevoli sviluppi negli ultimi anni, rivelandosi uno dei principali punti di forza della green economy. La recente crisi economica ha dato maggior risalto alla neces-sità di trovare soluzioni alternative per l’approvvigionamento di energia, adottando misure volte ad una completa indipendenza dai combustibili fossili, favorendo così un sistema di sviluppo sostenibile e combattendo in maniera decisiva la minaccia in-combente dei cambiamenti climatici.Biotec Sistemi ha sede a Genova ed opera nel settore delle energie rinnovabili da 1997, progettando e costruendo impianti per la produzione di biogas e compost, in collaborazione con l’a-zienda tedesca BTA International GmbH, attiva in questo settore già all’inizio degli anni ottanta.

La TecnologiaIl punto di forza dell’azienda è l’utilizzo della tecnologia BTA®,, un processo di trattamento meccanico biologico ad umido, co-perto da brevetti industriali, che valorizza il contenuto organico degradabile di scarti e rifiuti, per trasformarli in energia e mate-ria rinnovabili, grazie ad un efficiente sistema di pretrattamento del rifiuto ed al seguente processo biologico di digestione anae-robica con produzione di biogas. Sono oltre 50 gli impianti con tecnologia BTA installati in tutto il mondo, a partire dall’Europa con Italia, Spagna, Portogallo, Inghilterra, Germania, Polonia, Belgio, Austria e Lussemburgo, per seguire con Canada, Giappone, Corea, Australia e Libia.Negli impianti progettati da Biotec, insieme all’organico dei rifiuti da raccolta differenziata (FORSU), possono essere trattati rifiuti e sottoprodotti del settore agroalimentare, anche comprensivi di imballaggio, provenienti da industrie, macelli, mercati, super-mercati e negozi, oltre che scarti da cucine, mense e ristoranti; effluenti zootecnici (bovini, suini, ecc.), biomasse agricole (in-silati di mais, sorgo, triticale, ecc.) e fanghi da depurazione di

scarichi civili.Un adeguato trattamento, prima della fase di digestione anae-robica, è infatti un passaggio indispensabile non solo per l’af-fidabilità del processo e conseguentemente dell’impianto, ma soprattutto per ottenere una elevata qualità del digestato e quin-di dell’ammendante/compost in uscita dall’impianto stesso. Ele-menti essenziali della tecnologia di pretrattamento BTA sono:• il BTA® Waste Pulper, una macchina che trasforma il rifiuto

in ingresso in una polpa organica omogenea e consente una efficiente rimozione dei materiali non degradabili pre-senti nel rifiuto (plastica, tessili, inerti, vetro, metalli, ecc.);

• il BTA® Grit Removal System, sviluppato appositamente per separare gli inerti di piccole dimensioni (sabbia, fram-menti di vetro, di gusci d’uovo o di molluschi, ecc.), attra-verso un processo di ciclonatura.

Queste due fasi assicurano la trasformazione del rifiuto in una sospensione acquosa ricca di sostanza organica degradabile, con un contenuto di solidi totali pari a circa il 10%, dimensioni delle particelle inferiori a 1 cm e che mantiene caratteristiche omogenee indipendentemente dalla composizione dei rifiuti trattati.

L’impianto di Castelleone Biotec e BTA hanno vasta competenza anche per la sezione di digestione anaerobica e di compostaggio, per le quali hanno sviluppato brevetti e studi allo scopo di massimizzare la produ-zione di biogas e/o biometano e rendere ottimale la degradazio-ne aerobica nel compostaggio. Esempio italiano di particolare rilevanza è l’impianto realizzato da Biotec Sistemi a Castelleone (Cremona), della potenza di

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l’Ambiente

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Sezione di compostaggio dell'impianto di Valorlis - Portogallo.

Impianto di Zell am See in Austria. Avviato nel 2013, tratta 18.000 ta di FORSU, rifiuti commerciali e fanghi.

1,67 MWel, dove - grazie al pretrattamento BTA - è stato pos-sibile coniugare, in alimentazione, la FORSU da raccolta diffe-renziata (20.000 t/anno) con liquami e biomasse provenienti da cinque aziende agricole della zona. L’impianto è stato inoltre progettato per il trattamento di 6.000 t/anno di scarti da industrie alimentari (conserve, integratori alimentari, latticini, cereali ed altro) i cui imballaggi vengono efficacemente rimossi dal pretrat-tamento BTA. Dopo un attento iter, ha ottenuto l’autorizzazione all’invio del prodotto in uscita alle aziende agricole consorziate per lo spandimento sui campi.L’impianto, in esercizio dal 2010, opera al massimo della sua capacità e continua a far registrare ottimi risultati sia in termini di produttività di biogas ed energia, sia in termini di affidabilità ed efficienza. Gli scarti separati nella sezione di pretrattamento sono pari all’11-12% dei rifiuti alimentati e la produzione di ener-gia elettrica si attesta attorno al 95% della potenza massima ottenibile.

Revamping e nuovi impiantiLa conferma dell’affidabilità della tecnologia Biotec-BTA deri-va non solo dalla vasta applicazione in impianti di nuova rea-lizzazione, ma anche dall’intervento di ‘revamping’ che Biotec Sistemi e BTA International hanno operato negli anni su strut-ture impiantistiche preesistenti, andando a sostituire tecnologie inefficienti sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista economico, come nel caso del grande impianto di trattamento dei rifiuti di Ecoparc 1 a Barcellona in Spagna, dove dopo una attenta selezione, il processo BTA è stato scelto per il revamping della sezione ad umido e che dal suo avviamento nel 2008 sta mantenendo ottimi risultati sia in termini di trattamento sia di produzione del biogas. Negli ultimi anni Biotec ha lavorato alla costruzione di nuovi im-pianti nel Regno Unito, in Canada ed in Austria, dove a Zell am See è stato avviato nel 2013 un impianto da 18.000 t/a di FOR-SU, rifiuti commerciali e fanghi.In Scozia, nell’ambito del progetto Zero Waste Glasgow, sta nascendo il Glasgow Recycling and Renewable Energy Centre (GRREC), che tratterà, a partire dalla primavera 2015, 200.000 tonnellate all’anno di rifiuti urbani raccolti nella città di Glasgow.

Una parte di questi rifiuti, pari a 90.000 tonnellate all’anno, ver-ranno trattati nella sezione di pretrattamento idromeccanico Bio-tec - BTA per la valorizzazione della componente organica e la conversione in biogas e compost.

Tra i progetti futuri è prevista la realizzazione di un impianto a Malta nel corso del 2015, mentre in Italia Biotec si è aggiudicata la realizzazione di due impianti per la produzione di biogas e compost in Toscana, a Gello di Pontedera in provincia di Pisa e a Terranuova Bracciolini ad Arezzo, che tratteranno organico da raccolta differenziata rispettivamente per 44.000 e 35.000 tonnellate/anno.

I vantaggi della nostra tecnologiaüAmpio campo d’applicazione, che consente di realizzare

impianti per il trattamento di prodotti con diverse origini e caratteristiche.

üAlta affidabilità del sistema di pretrattamento ad umido e della digestione anaerobica.

üElevate rese in termini di produzione di biogas ed energia elettrica.

üEfficace trattamento del digestato per la produzione di compost di alta qualità.

üOttima capacità di trattamento di rifiuti anche con elevato contenuto di contaminanti ed umidità.

üNotevole adattabilità del processo di pretrattamento in base alle variazioni del materiale in alimentazione.

üTotale rimozione, efficiente ed automatica, dei materiale non biodegradabili.

üRidotte aree di ingombro e basso consumo di acqua di rete grazie al ricircolo e riutilizzo dell’acqua di processo.

üAssenza di emissioni di odori e di altri impatti sull’ambiente attraverso sistemi di trattamento di aria e acque di scarico.

üCondizioni di lavoro in estrema sicurezza e protezione grazie a processi totalmente automatizzati.

üRidotta richiesta di personale operativo sugli impianti.üElevata competenza ed affidabilità in tutte le fasi di realiz-

zazione del progetto: ingegneria, costruzione, avviamento ed assistenza al cliente.

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Applicazione della tariffa puntuale con sistema Rfid Un caso di successo: il Comune di Malnate (VA)

Giorgio Ghiringhelli, Presidente ARS ambiente Srl, Coordinatore Commissione 4 dell’Osservatorio Tariffa di Federambiente e fondatore e membro del Direttivo dell’Associazione PAYT Italia, Samuele Astuti, Sindaco del Comune di Malnate, Riggi Giuseppe, Assessore all’Ambiente del Comune di Malnate - Email: [email protected]

Report

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A partire dagli anni ’90, con lo sviluppo delle raccolte differenziate sono state attivate e sperimentate diverse forme di raccolta. Le rac-colte indifferenziate hanno registrato un’evoluzione in rapporto alle raccolte differenziate, che da raccolte aggiuntive sono diventate in molte situazioni raccolte integrate [1]. Pertanto la crescita della rac-colta differenziata ha inciso sulle stesse modalità e sui sistemi della raccolta indifferenziata. Nel grafico di Figura 1 sono rappresentate le performance medie attese per ciascun modello di raccolta.

Come di vede il modello più performante è sicuramente quello do-miciliare con raccolta secco-umido ed applicazione di un sistema di tariffazione puntuale.La tariffazione corrispettiva con metodo puntuale (ovvero commisu-rata ai quantitativi effettivamente conferiti di rifiuto) si è dimostrata uno degli strumenti più efficaci per:• incrementare la raccolta differenziata (se la parte variabile è

commisurata al rifiuto indifferenziato);• contenere la produzione totale di rifiuti (in particolare quando

viene applicata anche alle frazioni riciclabili).

La tariffa puntuale consiste in un sistema di quantificazione dei ri-fiuti prodotti dalla singola utenza che consenta di determinare una tariffa proporzionale, per la parte variabile, alla fruizione del servizio da parte dell’utenza stessa. La tariffa è composta da due voci prin-cipali: • la quota fissa serve a coprire i costi di esercizio, come i costi

dello spazzamento delle strade, e gli investimenti in opere; • la quota variabile dipende invece direttamente dai rifiuti pro-

dotti dall’utente.

La tariffa puntuale è il metodo ideale, che raggiunge la perfezione e il massimo dell’efficienza del sistema: consiste nel quantificare i rifiuti indifferenziati prodotti dalla singola utenza domestica; ovvia-mente è anche un metodo complesso ad attuarsi, dato che deve es-sere realizzato un sistema di contabilizzazione dei rifiuti e dei servizi erogati a ciascuna utenza. Nello spirito delle direttive UE l’applicazione del principio “chi inqui-

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Applicazione della tariffa puntuale con sistema Rfid Il caso di successo: il Comune di Malnate (VA) Giorgio Ghiringhelli, Presidente ARS ambiente Srl, Coordinatore Commissione 4 dell’Osservatorio Tariffa di Federambiente e del Sottogruppo sistemi di misura dell’Associazione PAYT Italia, Samuele Astuti, Sindaco del Comune di Malnate, Riggi Giuseppe, Assessore all’Ambiente del Comune di Malnate - Email: [email protected] - A partire dagli anni ’90, con lo sviluppo delle raccolte differenziate sono state attivate e sperimentate diverse forme di raccolta. Le raccolte indifferenziate hanno registrato un’evoluzione in rapporto alle raccolte differenziate, che da raccolte aggiuntive sono diventate in molte situazioni raccolte integrate [1]. Pertanto la crescita della raccolta differenziata ha inciso sulle stesse modalità e sui sistemi della raccolta indifferenziata. Nel grafico seguente sono rappresentate le performance medie attese per ciascun modello di raccolta.

Figura 1 - Performance di raccolta differenziata in base ai modelli gestionali adottati [2]. Come di vede il modello più performante è sicuramente quello domiciliare con raccolta secco-umido ed applicazione di un sistema di tariffazione puntuale. La tariffazione con metodo puntuale (ovvero commisurata ai quantitativi effettivamente conferiti di rifiuto) si è dimostrata uno degli strumenti più efficaci per: incrementare la raccolta differenziata (se la parte variabile è commisurata al

rifiuto indifferenziato); contenere la produzione totale di rifiuti (in particolare quando viene applicata

anche alle frazioni riciclabili).

Figura 1 - Performance di raccolta differenziata in base ai modelli gestionali adottati [2].

Figura 2 - Simbolo anglosassone per la tariffa puntuale - PAYT: Pay As You Throw, “Paga per quanto getti”.

Figura 2 - Simbolo anglosassone per la tariffa puntuale - PAYT: Pay As You Throw, “Paga per quanto getti”.

Figura 6 - Distribuzione dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

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Applicazione della tariffa puntuale con sistema Rfid Un caso di successo: il Comune di Malnate (VA)

Giorgio Ghiringhelli, Presidente ARS ambiente Srl, Coordinatore Commissione 4 dell’Osservatorio Tariffa di Federambiente e fondatore e membro del Direttivo dell’Associazione PAYT Italia, Samuele Astuti, Sindaco del Comune di Malnate, Riggi Giuseppe, Assessore all’Ambiente del Comune di Malnate - Email: [email protected]

Report

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A partire dagli anni ’90, con lo sviluppo delle raccolte differenziate sono state attivate e sperimentate diverse forme di raccolta. Le rac-colte indifferenziate hanno registrato un’evoluzione in rapporto alle raccolte differenziate, che da raccolte aggiuntive sono diventate in molte situazioni raccolte integrate [1]. Pertanto la crescita della rac-colta differenziata ha inciso sulle stesse modalità e sui sistemi della raccolta indifferenziata. Nel grafico di Figura 1 sono rappresentate le performance medie attese per ciascun modello di raccolta.

Come di vede il modello più performante è sicuramente quello do-miciliare con raccolta secco-umido ed applicazione di un sistema di tariffazione puntuale.La tariffazione corrispettiva con metodo puntuale (ovvero commisu-rata ai quantitativi effettivamente conferiti di rifiuto) si è dimostrata uno degli strumenti più efficaci per:• incrementare la raccolta differenziata (se la parte variabile è

commisurata al rifiuto indifferenziato);• contenere la produzione totale di rifiuti (in particolare quando

viene applicata anche alle frazioni riciclabili).

La tariffa puntuale consiste in un sistema di quantificazione dei ri-fiuti prodotti dalla singola utenza che consenta di determinare una tariffa proporzionale, per la parte variabile, alla fruizione del servizio da parte dell’utenza stessa. La tariffa è composta da due voci prin-cipali: • la quota fissa serve a coprire i costi di esercizio, come i costi

dello spazzamento delle strade, e gli investimenti in opere; • la quota variabile dipende invece direttamente dai rifiuti pro-

dotti dall’utente.

La tariffa puntuale è il metodo ideale, che raggiunge la perfezione e il massimo dell’efficienza del sistema: consiste nel quantificare i rifiuti indifferenziati prodotti dalla singola utenza domestica; ovvia-mente è anche un metodo complesso ad attuarsi, dato che deve es-sere realizzato un sistema di contabilizzazione dei rifiuti e dei servizi erogati a ciascuna utenza. Nello spirito delle direttive UE l’applicazione del principio “chi inqui-

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Applicazione della tariffa puntuale con sistema Rfid Il caso di successo: il Comune di Malnate (VA) Giorgio Ghiringhelli, Presidente ARS ambiente Srl, Coordinatore Commissione 4 dell’Osservatorio Tariffa di Federambiente e del Sottogruppo sistemi di misura dell’Associazione PAYT Italia, Samuele Astuti, Sindaco del Comune di Malnate, Riggi Giuseppe, Assessore all’Ambiente del Comune di Malnate - Email: [email protected] - A partire dagli anni ’90, con lo sviluppo delle raccolte differenziate sono state attivate e sperimentate diverse forme di raccolta. Le raccolte indifferenziate hanno registrato un’evoluzione in rapporto alle raccolte differenziate, che da raccolte aggiuntive sono diventate in molte situazioni raccolte integrate [1]. Pertanto la crescita della raccolta differenziata ha inciso sulle stesse modalità e sui sistemi della raccolta indifferenziata. Nel grafico seguente sono rappresentate le performance medie attese per ciascun modello di raccolta.

Figura 1 - Performance di raccolta differenziata in base ai modelli gestionali adottati [2]. Come di vede il modello più performante è sicuramente quello domiciliare con raccolta secco-umido ed applicazione di un sistema di tariffazione puntuale. La tariffazione con metodo puntuale (ovvero commisurata ai quantitativi effettivamente conferiti di rifiuto) si è dimostrata uno degli strumenti più efficaci per: incrementare la raccolta differenziata (se la parte variabile è commisurata al

rifiuto indifferenziato); contenere la produzione totale di rifiuti (in particolare quando viene applicata

anche alle frazioni riciclabili).

Figura 1 - Performance di raccolta differenziata in base ai modelli gestionali adottati [2].

Figura 2 - Simbolo anglosassone per la tariffa puntuale - PAYT: Pay As You Throw, “Paga per quanto getti”.

Figura 2 - Simbolo anglosassone per la tariffa puntuale - PAYT: Pay As You Throw, “Paga per quanto getti”.

Figura 6 - Distribuzione dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

l’Ambiente

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na paga” rimane elemento distintivo delle future politiche europee e quindi la sua applicazione concreta alla gestione dei rifiuti urbani attraverso sistemi di tariffazione puntuale; a questo va aggiunto che l’applicazione di sistemi tariffari, in particolare di natura puntuale (così detta tariffa corrispettiva a quantità) permette di conseguire diversi vantaggi di efficienza, semplificazione e responsabilizzazio-ne degli utenti.

Evoluzione del sistema di copertura dei costi dei servizi di igiene urbanaPer finanziare le spese e i costi dei servizi pubblici per la gestione dei rifiuti urbani l’ordinamento legislativo ha subito un’evoluzione continua nell’ultimo ventennio, caratterizzata dalla necessità da parte del legislatore di far fronte a diverse esigenze: copertura dei costi, garanzia di incasso, rispetto delle direttive comunitarie e in-centivazione delle azioni virtuose. In modo sintetico l’evoluzione del sistema di copertura dei costi dei servizi di igiene urbana è riportata di seguito [3]:• la tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (Tarsu) di cui

al D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, ss.mm. e ii.;• la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (Tia) dell’art. 49 del

D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22/1997, ss.mm. e ii. (nella versione ‘‘sperimentale’’ e in quella ‘‘ortodossa’’), Tia 1;

• la Tarsu, ‘‘ibridata’’ con il D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 della Tia 1 ‘‘Tarsu normalizzata’’;

• la tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (Tia – detta anche ta-riffa integrata ambientale) dell’art. 238 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, d’ora in poi Tia 2;

• la tariffazione per le quantità conferite al servizio di gestione de-gli assimilati (cui all’art. 195, c. 2, lett. e del D.Lgs. n. 152/2006 (come riscritta dal D.Lgs. 16 gennaio 2008, n. 4) sub-Tia 2;

• TARES (“Tassa Rifiuti E Servizi”, o anche RES), un’imposta introdotta dal Decreto Legge 6 dicembre 2011 n. 206[1] (c.d. “decreto salva italia”) e convertita con Legge 22 dicembre 2011 n. 214, in sostituzione della Tariffa di igiene ambientale (TIA) e Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU); la TARES può avere una doppia natura a seconda della sua ap-plicazione: natura tributaria (tassa calcolata secondo le regole stabilite dal D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158) oppure natura corri-spettiva (tariffa puntuale quando viene adottato un sistema per la misurazione puntuale dei rifiuti prodotti dalle singole utenze, prevista al comma 29).

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi da 641 a 668) disciplina l’applicazione della nuova tassa sui rifiuti - TARI e ne individua il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni, riprendendo, in larga parte, quanto previsto dalla normativa vigente in materia di TARES (che è stata contestualmen-te abrogata). La TARI è - ai sensi dei precedente comma 432 – una articolazione, insieme alla TASI, della componente servizi della nuo-va Imposta unica comunale - IUC. La componente relativa alla Tari potrà essere computata dai Comuni in base ai criteri determinati dal D.P.R. n. 158/99 o secondo il principio chi inquina paga, rapportan-dola alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti in base all’attività svolta

nell’immobile. La tassa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, deve comprendere anche i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche. Sono, invece esclusi i costi relativi ai rifiuti speciali non assimilati al cui smalti-mento provvedono a proprie spese i relativi produttori (utenze non domestiche). Il consiglio comunale deve approvare, entro il termine fissato da norme statali per l’approvazione del bilancio di previsio-ne, le tariffe della TARI (comma 683), che devono essere conformi al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dal consiglio comunale (o da altra autorità competente ai sensi della normativa vigente).Con regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territo-rio saranno fissati i criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di:• sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti

al servizio pubblico;• oppure sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi

ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad at-tuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione europea.

I Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l’applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI, anche tenendo conto dei criteri determinati per il citato metodo normalizzato. La tariffa così deter-minata è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

L’applicazione sperimentale della tariffa dal2000 al 2010Il numero di Comuni che hanno effettuato il passaggio al sistema tariffario è cresciuto di anno in anno, nonostante le incertezze nor-

Figura 3 - Composizione della tassa IUC, Imposta Unica Comunale introdotta dalla Legge n. 147 del 2013.

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convertita con Legge 22 dicembre 2011 n. 214, in sostituzione della Tariffa di igiene ambientale (TIA) e Tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU); la TARES può avere una doppia natura a seconda della sua applicazione: natura tributaria (tassa calcolata secondo le regole stabilite dal D.P.R. 27 aprile 1999, n. 158) oppure natura corrispettiva (tariffa puntuale quando viene adottato un sistema per la misurazione puntuale dei rifiuti prodotti dalle singole utenze, prevista al comma 29).

La legge di stabilità 2014 (legge n. 147 del 2013, commi da 641 a 668) disciplina l’applicazione della nuova tassa sui rifiuti - TARI e ne individua il presupposto, i soggetti tenuti al pagamento, le riduzioni e le esclusioni, riprendendo, in larga parte, quanto previsto dalla normativa vigente in materia di TARES (che è stata contestualmente abrogata). La TARI è - ai sensi dei precedente comma 432 – una articolazione, insieme alla TASI, della componente servizi della nuova Imposta unica comunale - IUC. La componente relativa alla Tari potrà essere computata dai Comuni in base ai criteri determinati dal D.P.R. n. 158/99 o secondo il principio chi inquina paga, rapportandola alla quantità e qualità dei rifiuti prodotti in base all’attività svolta nell’immobile. La tassa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, deve comprendere anche i costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche. Sono, invece esclusi i costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori. Il consiglio comunale deve approvare, entro il termine fissato da norme statali per l'approvazione del bilancio di previsione, le tariffe della TARI (comma 683), che devono essere conformi al piano finanziario del servizio di gestione dei rifiuti urbani, redatto dal soggetto che svolge il servizio stesso ed approvato dal consiglio comunale (o da altra autorità competente ai sensi della normativa vigente).

Figura 3 - Composizione della tassa IUC, Imposta Unica Comunale introdotta dalla Legge n. 147 del 2013. Con regolamento del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio saranno fissati i criteri per la realizzazione da parte dei Comuni di:

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un incremento rispetto al 2009 dell’1%. La popolazione nazionale residente, coinvolta dall’applicazione della TIA, mostra significative differenze nelle diverse realtà territoriali del Nord, Centro e Sud.In Regione Lombardia, dove è stato effettuato grazie al sistema ORSO (Osservatorio Rifiuti Sovraregionale) un censimento delle realtà che applicano i diversi sistemi di tariffa puntuale è risultato che su 1546 Comuni (dati 2012) [5]:§ 244 applicano la tariffa;§ 39 applicano la tariffa puntuale.

Sistemi per la rilevazione delle quantità di rifiuti prodottiLa tariffa puntuale può essere realizzata mediante la quantifica-zione dei rifiuti prodotti da ciascun utenza servita, “a pezzo” (per esempio quantificando il numero di rifiuti ingombranti asportati), “a peso” (per esempio determinando il peso di un contenitore per RUR - Rifiuto Urbano Residuo) oppure “a volume”. In quest’ultimo caso, il più diffuso per semplicità operativa e minori costi, invece di pesare i rifiuti prodotti se ne considera solo il volume, valutato a seconda del numero di sacchi ritirati, del numero di svuotamenti dei contenitori, oppure del numero di aperture di un cassonetto per immissione dei rifiuti. Generalmente possono essere quantificati i rifiuti destinati a smaltimento (residuo secco o indifferenziato) oppure le principali

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sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico;

oppure sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione europea.

I Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI, anche tenendo conto dei criteri determinati per il citato metodo normalizzato. La tariffa così determinata è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

L’applicazione sperimentale della tariffa dal 2000 al 2010

Il numero di comuni che hanno effettuato il passaggio al sistema tariffario è cresciuto di anno in anno, nonostante le incertezze normative che hanno continuamente rinviato l’entrata in vigore della tariffa. La tabella e il grafico seguenti, mostrano l’incremento percentuale dei comuni italiani passati a tariffa dall’anno 2000 al 2010. E’ evidente il rallentamento dell’applicazione della tariffa a partire dal 2007, in seguito al complicarsi dei riferimenti normativi soprattutto per quanto concerne la natura della tariffa/tassa stessa [4].

Figura 4 - Andamento dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Italia (ISPRA, 2012.

L’analisi dei dati evidenzia che a livello nazionale, si è passati dal 4,06% di popolazione interessata dal sistema tariffario, riferito all’anno 2000, a circa il 29% dell’anno 2010, facendo registrare un incremento rispetto al 2009 dell’1%. La popolazione nazionale residente, coinvolta dall’applicazione della TIA, mostra significative differenze nelle diverse realtà territoriali del Nord, Centro e Sud.

Figura 4 - Andamento dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Italia (ISPRA, 2012.

Figura 6 - Distribuzione dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 7 - Schema di un sistema a codice a barre (Consorzio Comuni dei Navigli, Milano).

mative che hanno continuamente rinviato l’entrata in vigore della tariffa. Le Figure 4 e 5, mostrano l’incremento percentuale dei co-muni italiani passati a tariffa dall’anno 2000 al 2010. E’ evidente il rallentamento dell’applicazione della tariffa a partire dal 2007, in se-guito al complicarsi dei riferimenti normativi soprattutto per quanto concerne la natura della tariffa/tassa stessa [4].L’analisi dei dati evidenzia che a livello nazionale, si è passati dal 4,06% di popolazione interessata dal sistema tariffario, riferi-to all’anno 2000, a circa il 29% dell’anno 2010, facendo registrare

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In Regione Lombardia, dove è stato effettuato grazie al sistema ORSO (Osservatorio Rifiuti Sovraregionale) un censimento delle realtà che applicano i diversi sistemi di tariffa puntuale è risultato che su 1546 Comuni (dati 2012) [5]: 244 applicano la tariffa; 39 applicano la tariffa puntuale.

Figura 5 - Andamento dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 5 - Andamento dei Comuni che hanno adottato siste-mi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 2 - Simbolo anglosassone per la tariffa puntuale - PAYT: Pay As You Throw, “Paga per quanto getti”.

Figura 6 - Distribuzione dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 7 - Schema di un sistema a codice a barre (Consorzio Comuni dei Navigli, Milano).

Figura 9 - Esempio di raccolta di sacco per il rifiuto urbano residuo dotato di Tag Rid (Altares Srl).

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un incremento rispetto al 2009 dell’1%. La popolazione nazionale residente, coinvolta dall’applicazione della TIA, mostra significative differenze nelle diverse realtà territoriali del Nord, Centro e Sud.In Regione Lombardia, dove è stato effettuato grazie al sistema ORSO (Osservatorio Rifiuti Sovraregionale) un censimento delle realtà che applicano i diversi sistemi di tariffa puntuale è risultato che su 1546 Comuni (dati 2012) [5]:§ 244 applicano la tariffa;§ 39 applicano la tariffa puntuale.

Sistemi per la rilevazione delle quantità di rifiuti prodottiLa tariffa puntuale può essere realizzata mediante la quantifica-zione dei rifiuti prodotti da ciascun utenza servita, “a pezzo” (per esempio quantificando il numero di rifiuti ingombranti asportati), “a peso” (per esempio determinando il peso di un contenitore per RUR - Rifiuto Urbano Residuo) oppure “a volume”. In quest’ultimo caso, il più diffuso per semplicità operativa e minori costi, invece di pesare i rifiuti prodotti se ne considera solo il volume, valutato a seconda del numero di sacchi ritirati, del numero di svuotamenti dei contenitori, oppure del numero di aperture di un cassonetto per immissione dei rifiuti. Generalmente possono essere quantificati i rifiuti destinati a smaltimento (residuo secco o indifferenziato) oppure le principali

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sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico;

oppure sistemi di gestione caratterizzati dall’utilizzo di correttivi ai criteri di ripartizione del costo del servizio, finalizzati ad attuare un effettivo modello di tariffa commisurata al servizio reso a copertura integrale dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati, svolto nelle forme ammesse dal diritto dell’Unione europea.

I Comuni che hanno realizzato sistemi di misurazione puntuale della quantità di rifiuti conferiti al servizio pubblico possono, con regolamento, prevedere l'applicazione di una tariffa avente natura corrispettiva, in luogo della TARI, anche tenendo conto dei criteri determinati per il citato metodo normalizzato. La tariffa così determinata è applicata e riscossa dal soggetto affidatario del servizio di gestione dei rifiuti urbani.

L’applicazione sperimentale della tariffa dal 2000 al 2010

Il numero di comuni che hanno effettuato il passaggio al sistema tariffario è cresciuto di anno in anno, nonostante le incertezze normative che hanno continuamente rinviato l’entrata in vigore della tariffa. La tabella e il grafico seguenti, mostrano l’incremento percentuale dei comuni italiani passati a tariffa dall’anno 2000 al 2010. E’ evidente il rallentamento dell’applicazione della tariffa a partire dal 2007, in seguito al complicarsi dei riferimenti normativi soprattutto per quanto concerne la natura della tariffa/tassa stessa [4].

Figura 4 - Andamento dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Italia (ISPRA, 2012.

L’analisi dei dati evidenzia che a livello nazionale, si è passati dal 4,06% di popolazione interessata dal sistema tariffario, riferito all’anno 2000, a circa il 29% dell’anno 2010, facendo registrare un incremento rispetto al 2009 dell’1%. La popolazione nazionale residente, coinvolta dall’applicazione della TIA, mostra significative differenze nelle diverse realtà territoriali del Nord, Centro e Sud.

Figura 4 - Andamento dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Italia (ISPRA, 2012.

Figura 6 - Distribuzione dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 7 - Schema di un sistema a codice a barre (Consorzio Comuni dei Navigli, Milano).

mative che hanno continuamente rinviato l’entrata in vigore della tariffa. Le Figure 4 e 5, mostrano l’incremento percentuale dei co-muni italiani passati a tariffa dall’anno 2000 al 2010. E’ evidente il rallentamento dell’applicazione della tariffa a partire dal 2007, in se-guito al complicarsi dei riferimenti normativi soprattutto per quanto concerne la natura della tariffa/tassa stessa [4].L’analisi dei dati evidenzia che a livello nazionale, si è passati dal 4,06% di popolazione interessata dal sistema tariffario, riferi-to all’anno 2000, a circa il 29% dell’anno 2010, facendo registrare

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In Regione Lombardia, dove è stato effettuato grazie al sistema ORSO (Osservatorio Rifiuti Sovraregionale) un censimento delle realtà che applicano i diversi sistemi di tariffa puntuale è risultato che su 1546 Comuni (dati 2012) [5]: 244 applicano la tariffa; 39 applicano la tariffa puntuale.

Figura 5 - Andamento dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 5 - Andamento dei Comuni che hanno adottato siste-mi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 2 - Simbolo anglosassone per la tariffa puntuale - PAYT: Pay As You Throw, “Paga per quanto getti”.

Figura 6 - Distribuzione dei Comuni che hanno adottato sistemi di tariffazione in Lombardia (Regione Lombardia, 2013).

Figura 7 - Schema di un sistema a codice a barre (Consorzio Comuni dei Navigli, Milano).

Figura 9 - Esempio di raccolta di sacco per il rifiuto urbano residuo dotato di Tag Rid (Altares Srl).

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frazioni raccolte in maniera differenziata (carta, vetro, plastica, or-ganico, etc.), oppure entrambe le tipologie.Si riportano di seguito i principali sistemi di identificazione applicati alla rilevazione rifiuti per sistemi di tariffazione puntuale in caso di raccolta differenziata “porta a porta” [6].

Sistema con cartellini dotati di codice a barreSi tratta di un sistema che prevede la stampa di cartellini con bar code, la cui matrice viene associata all’utenza cui i cartellini ven-gono consegnati: ogni cartellino indica quindi il volume del conte-nitore (eventualmente la tipologia rifiuti) e l’utenza che conferisce. L’utente applica il cartellino sul sacco quando espone il sacco me-desimo per la raccolta e l’operatore legge il cartellino al momento della raccolta del sacco porta a porta. Le letture/conferimenti ven-gono importate nel gestionale e associate all’utenza relativa, per il calcolo della parte variabile della tariffa.

Sistema con contenitori riutilizzabili dotati di transponder Vengono consegnati a ciascuna utenza del servizio rifiuti conteni-tori riutilizzabili dotati di transponder RF-ID. I transponder posso-no avere una frequenza pari a 125 kHz (bassa frequenza), 13,56 MHz (media frequenza), superiore ai 300 MHz (UHF), o attivi da 2,45 Ghz; il codice del transponder è associato all’utenza tariffaria e al volume del contenitore. L’utente espone il contenitore, e il suo svuotamento è rilevato al momento della raccolta (le modalità di lettura possono essere fisse - lettura automatica con antenna sul mezzo di raccolta - oppure mobile - con lettore portatile). Le letture degli svuotamenti vengono trasmesse a un server, ovvero scarica-te dall’hardware di lettura direttamente nel gestionale per il calcolo della parte variabile della tariffa rifiuti. Sistema con sacchi a perdere dotati di transponder UHF I progressi nella fabbricazione dei transponder UHF e il conseguen-te abbattimento dei costi ne hanno reso possibile l’impiego anche sui sacchi a perdere, rendendo quindi il sistema di identificazione a transponder più accessibile anche alle Amministrazioni che non intendono utilizzare contenitori rigidi e riutilizzabili (per i costi e per motivi di ordine pratico). L’associazione sacco/utente nel gestionale tariffa avviene al mo-mento della consegna dei rotoli (il sistema UHF infatti rende possi-bile più letture contemporanee, quindi anche la lettura di tutti i codici contenuti in un rotolo di sacchi). Questa associazione può avvenire anche tramite la consegna automatizzata (a mezzo di distributori di rotoli di sacchi), previa identificazione dell’utenza (con tessera uten-te o CRS). Le modalità di lettura e trasmissione dati sono le stesse del punto precedente. L’esperienza del Comune di MalnateMalnate è un Comune italiano di 16.641 abitanti della provincia di Varese, in Lombardia che dista 8 chilometri dal capoluogo ed è l’8º Comune della provincia per numero di abitanti. Il centro abitativo di Malnate sorge sui terrazzi alluvionali delle sponde sinistre del torrente Lanza e del fiume Olona, nella zona in cui la media pianura entra nella collina. L’economia del Comune, originariamente per lo più di matrice agricola ed edile, è attualmente basata più su un as-setto di tipo industriale (industrie tessili, meccaniche e di abrasivi).

Evoluzione del sistema di gestione integrata dei rifiuti a Malnate A Malnate è attivo da alcuni anni un sistema di gestione integrato dei rifiuti basato su un sistema di raccolta domiciliare porta a porta a sacchi, che si attiene sostanzialmente al modello provinciale di ge-stione ottimale rifiuti, promosso dall’Osservatorio Rifiuti di Varese.Dal 2000 al 2008 il sistema di gestione rifiuti è stato progressiva-mente ottimizzato adottando i criteri previsti dal modello omogeneo provinciale [7].Nel 2008 il Comune ha introdotto la tariffa presuntiva basata sul metodo normalizzato a coefficienti previsto nel DPR 158/99. L’esi-genza di un nuovo progetto di gestione integrata dei rifiuti è stata

Figura 8 - Schema di sistema a contenitori rigidi con Rfid (Contarina Spa - Consorzio Priula).

Figura 9 - Esempio di raccolta di sacco per il rifiuto urbano residuo dotato di Tag Rid (Altares Srl). 7

Figura 8 - Schema di sistema a contenitori rigidi con Rfid (Contarina Spa - Consorzio Priula).

Sistema con sacchi a perdere dotati di transponder UHF Titolino I progressi nella fabbricazione dei transponder UHF e il conseguente abbattimento dei costi ne hanno reso possibile l’impiego anche sui sacchi a perdere, rendendo quindi il sistema di identificazione a transponder più accessibile anche alle Amministrazioni che non intendono utilizzare contenitori rigidi e riutilizzabili (per i costi e per motivi di ordine pratico). L’associazione sacco/utente nel gestionale tariffa avviene al momento della consegna dei rotoli (il sistema UHF infatti rende possibile più letture contemporanee, quindi anche la lettura di tutti i codici contenuti in un rotolo di sacchi). Questa associazione può avvenire anche tramite la consegna automatizzata (a mezzo di distributori di rotoli di sacchi), previa identificazione dell’utenza (con tessera utente o CRS). Le modalità di lettura e trasmissione dati sono le stesse del punto precedente. Figura 9 - Esempio di raccolta di sacco per il rifiuto urbano residuo dotato di Tag Rid (Altares Srl).

L’esperienza del Comune di Malnate

Malnate è un comune italiano di 16.641 abitanti della provincia di Varese, in Lombardia che dista 8 chilometri dal capoluogo ed è l'8º comune della provincia per numero di abitanti. Il centro abitativo di Malnate sorge sui terrazzi alluvionali delle sponde sinistre del torrente Lanza e del fiume Olona, nella zona in cui la media pianura entra nella collina. L'economia del Comune, originariamente per lo più di matrice agricola ed edile, è attualmente basata più su un assetto di tipo industriale (industrie tessili, meccaniche e di abrasivi).

Evoluzione del sistema di gestione integrata dei rifiuti a Malnate Titolino A Malnate è attivo da alcuni anni un sistema di gestione integrato dei rifiuti basato su un sistema di raccolta domiciliare porta a porta a sacchi, che si

Figura 7 - Schema di un sistema a codice a barre (Consorzio Comuni dei Navigli, Milano).

Figura 9 - Esempio di raccolta di sacco per il rifiuto urbano residuo dotato di Tag Rid (Altares Srl).

l’Ambiente

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legata a tre obiettivi: • ridurre complessivamente la produzione dei rifiuti;• aumentare la quota di materiali d’avviare al recupero;• attuare una politica tariffaria più equa sulla base del principio

chi inquina paga, richiamato in tutta la legislazione europea in materia di gestione rifiuti.

Nel periodo aprile-maggio 2013 sono stati distribuiti, a tutti i cittadini, sacchi personalizzati per la raccolta dei rifiuti indifferenziati (sacco nero), del tutto simili ai precedenti ma dotati di Tag UHF (etichetta adesiva con microchip) che consentirà, tramite un moderno sistema di rilevamento multi antenna montato su tutti i mezzi di raccolta, di abbinare il sacco alla singola anagrafica. Grazie quindi all’abbinamento sacco/anagrafica, ogni utente sarà riconosciuto attraverso un codice personale e pagherà in funzione del numero di volte in cui esporrà il sacco nero a bordo strada. Una volta rilevato il conferimento del sacco nero, sarà quindi possibile, tramite un apposito software, inserire l’informazione in un database (archivio informatico) che permetterà di stabilire la quantità di rifiuto indifferenziato prodotto dal singolo utente nel corso dell’anno. La

tariffa sarà quindi composta da una parte fissa (TF), calcolata se-condo quanto previsto dal D.P.R. 158/99, e da una quota variabile (TV) rapportata alla quantità di rifiuto indifferenziato prodotto, rica-vata in base al numero di sacchi raccolti e al peso specifico medio del rifiuto.

I risultati Nella tabella seguente si riportano i risultati qualitativi circa la ge-stione integrata dei rifiuti attuata a Malnate dal 2000 ad oggi [8].

I dati evidenziano i principali risultati prodotti dai progressivi miglio-ramenti del sistema di gestione integrata ovvero:• dal 2000 al 2009, con una progressiva ottimizzazione del si-

stema di raccolta, si è assistito ad un incremento della raccolta differenziata che ha assorbito totalmente l’effetto dell’aumento della produzione dei rifiuti urbani (in linea con gli incrementi registrati a livello regionale e nazionale nel medesimo periodo), mantenendo quindi inalterata l’intercettazione di rifiuti indiffe-renziati (RUR);

• dal 2009 al 2012 si è assistito ad una moderata crescita del-

Tabella 1 - Modello omogeneo provinciale di gestione integrata rifiuti adottato nel Comune di Malnate.

Anno Unità misura 2000 2009 2012 2013Raccolta differenziata % 39% 55% 59% 67%

Produzione tot. RU - rifiuti urbani

kg/ab.anno 411 483 467 396

RUR - Rifiuto Urbano Residuo kg/ab.anno 218 217 215 81

Tabella 2 - Risultati dei sistemi di gestione integrata dei rifiuti e di tariffazione puntuale adottati nel Comune di Malnate (dati OPR Varese).

8

attiene sostanzialmente al modello provinciale di gestione ottimale rifiuti, promosso dall’Osservatorio Rifiuti di Varese. Dal 2000 al 2008 il sistema di gestione rifiuti è stato progressivamente ottimizzato adottando i criteri previsti dal modello omogeneo provinciale [7].

Tabella 1 - Modello omogeneo provinciale di gestione integrata rifiuti adottato nel Comune di Malnate. Nel 2008 il Comune ha introdotto la tariffa presuntiva basata sul metodo normalizzato a coefficienti previsto nel DPR 158/99. L’esigenza di un nuovo progetto di gestione integrata dei rifiuti è stata legata a tre obiettivi: ridurre complessivamente la produzione dei rifiuti; aumentare la quota di materiali d’avviare al recupero; attuare una politica tariffaria più equa sulla base del principio chi inquina

paga, richiamato in tutta la legislazione europea in materia di gestione rifiuti. Nel periodo aprile-maggio 2013 sono stati distribuiti, a tutti i cittadini, sacchi personalizzati per la raccolta dei rifiuti indifferenziati (sacco nero), del tutto simili ai precedenti ma dotati di Tag UHF (etichetta adesiva con microchip) che consentirà, tramite un moderno sistema di rilevamento multi antenna montato su tutti i mezzi di raccolta, di abbinare il sacco alla singola anagrafica. Grazie quindi all’abbinamento sacco/anagrafica, ogni utente sarà riconosciuto attraverso un codice personale e pagherà in funzione del numero di volte in cui esporrà il sacco nero a bordo strada. Una volta rilevato il conferimento del sacco nero, sarà quindi possibile, tramite un apposito software, inserire l’informazione in un database (archivio informatico) che permetterà di stabilire la quantità di rifiuto indifferenziato prodotto dal singolo utente nel corso dell’anno. La tariffa sarà quindi composta da una parte fissa (TF), calcolata secondo quanto previsto dal D.P.R. 158/99, e da una quota variabile (TV) rapportata alla

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legata a tre obiettivi: • ridurre complessivamente la produzione dei rifiuti;• aumentare la quota di materiali d’avviare al recupero;• attuare una politica tariffaria più equa sulla base del principio

chi inquina paga, richiamato in tutta la legislazione europea in materia di gestione rifiuti.

Nel periodo aprile-maggio 2013 sono stati distribuiti, a tutti i cittadini, sacchi personalizzati per la raccolta dei rifiuti indifferenziati (sacco nero), del tutto simili ai precedenti ma dotati di Tag UHF (etichetta adesiva con microchip) che consentirà, tramite un moderno sistema di rilevamento multi antenna montato su tutti i mezzi di raccolta, di abbinare il sacco alla singola anagrafica. Grazie quindi all’abbinamento sacco/anagrafica, ogni utente sarà riconosciuto attraverso un codice personale e pagherà in funzione del numero di volte in cui esporrà il sacco nero a bordo strada. Una volta rilevato il conferimento del sacco nero, sarà quindi possibile, tramite un apposito software, inserire l’informazione in un database (archivio informatico) che permetterà di stabilire la quantità di rifiuto indifferenziato prodotto dal singolo utente nel corso dell’anno. La

tariffa sarà quindi composta da una parte fissa (TF), calcolata se-condo quanto previsto dal D.P.R. 158/99, e da una quota variabile (TV) rapportata alla quantità di rifiuto indifferenziato prodotto, rica-vata in base al numero di sacchi raccolti e al peso specifico medio del rifiuto.

I risultati Nella tabella seguente si riportano i risultati qualitativi circa la ge-stione integrata dei rifiuti attuata a Malnate dal 2000 ad oggi [8].

I dati evidenziano i principali risultati prodotti dai progressivi miglio-ramenti del sistema di gestione integrata ovvero:• dal 2000 al 2009, con una progressiva ottimizzazione del si-

stema di raccolta, si è assistito ad un incremento della raccolta differenziata che ha assorbito totalmente l’effetto dell’aumento della produzione dei rifiuti urbani (in linea con gli incrementi registrati a livello regionale e nazionale nel medesimo periodo), mantenendo quindi inalterata l’intercettazione di rifiuti indiffe-renziati (RUR);

• dal 2009 al 2012 si è assistito ad una moderata crescita del-

Tabella 1 - Modello omogeneo provinciale di gestione integrata rifiuti adottato nel Comune di Malnate.

Anno Unità misura 2000 2009 2012 2013Raccolta differenziata % 39% 55% 59% 67%

Produzione tot. RU - rifiuti urbani

kg/ab.anno 411 483 467 396

RUR - Rifiuto Urbano Residuo kg/ab.anno 218 217 215 81

Tabella 2 - Risultati dei sistemi di gestione integrata dei rifiuti e di tariffazione puntuale adottati nel Comune di Malnate (dati OPR Varese).

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attiene sostanzialmente al modello provinciale di gestione ottimale rifiuti, promosso dall’Osservatorio Rifiuti di Varese. Dal 2000 al 2008 il sistema di gestione rifiuti è stato progressivamente ottimizzato adottando i criteri previsti dal modello omogeneo provinciale [7].

Tabella 1 - Modello omogeneo provinciale di gestione integrata rifiuti adottato nel Comune di Malnate. Nel 2008 il Comune ha introdotto la tariffa presuntiva basata sul metodo normalizzato a coefficienti previsto nel DPR 158/99. L’esigenza di un nuovo progetto di gestione integrata dei rifiuti è stata legata a tre obiettivi: ridurre complessivamente la produzione dei rifiuti; aumentare la quota di materiali d’avviare al recupero; attuare una politica tariffaria più equa sulla base del principio chi inquina

paga, richiamato in tutta la legislazione europea in materia di gestione rifiuti. Nel periodo aprile-maggio 2013 sono stati distribuiti, a tutti i cittadini, sacchi personalizzati per la raccolta dei rifiuti indifferenziati (sacco nero), del tutto simili ai precedenti ma dotati di Tag UHF (etichetta adesiva con microchip) che consentirà, tramite un moderno sistema di rilevamento multi antenna montato su tutti i mezzi di raccolta, di abbinare il sacco alla singola anagrafica. Grazie quindi all’abbinamento sacco/anagrafica, ogni utente sarà riconosciuto attraverso un codice personale e pagherà in funzione del numero di volte in cui esporrà il sacco nero a bordo strada. Una volta rilevato il conferimento del sacco nero, sarà quindi possibile, tramite un apposito software, inserire l’informazione in un database (archivio informatico) che permetterà di stabilire la quantità di rifiuto indifferenziato prodotto dal singolo utente nel corso dell’anno. La tariffa sarà quindi composta da una parte fissa (TF), calcolata secondo quanto previsto dal D.P.R. 158/99, e da una quota variabile (TV) rapportata alla

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la raccolta differenziata accompagnata da una riduzione della produzione totale dei rifiuti imputabile principalmente all’anda-mento congiunturale dell’economia e alle iniziative di riduzione rifiuti (compostaggio domestico, etc.);

• dal 2012 al 2013, si possono evidenziare i primi effetti dell’in-troduzione del sistema di tariffazione puntuale con la crescita della raccolta differenziata, la riduzione della produzione totale di rifiuti urbani e soprattutto la significativa riduzione del rifiuto urbano residuale.

I primi dati 2014, primo anno interamente gestito col sistema di ta-riffazione puntuale, confermano il trend già evidenziato e mostrano ulteriori incrementi di raccolta differenziata ed ulteriore riduzione dei rifiuti intercettati.

ConclusioniNegli ultimi 15 anni si sono progressivamente sviluppate e conso-lidate tecnologie e soluzioni operative in grado di standardizzare l’applicazione di sistemi di tariffazione puntuale; oggi si trovano sul mercato del settore di gestione dei rifiuti delle soluzioni collaudate per concretizzare efficacemente il concetto “chi inquina – paga”. Il Comune di Malnate ha applicato un sistema di tariffazione pun-tuale che sfrutta la tecnologia Rfid per identificare univocamente i conferimenti del rifiuto urbano residuo da parte delle singole utenze. Il sistema introdotto ha permesso di raggiungere gli obiettivi prefis-

sati, ovvero ridurre la produzione complessiva di rifiuti e aumentare la quota di rifiuti differenziati, il tutto mediante l’applicazione del prin-cipio “chi inquina - paga”.

Bibliografia[1] G. Ghiringhelli, M. Giavini, “Introduzione di sistemi domici-

liarizzati per la raccolta rifiuti: elementi chiave, valutazioni economiche e casi studio”, in “Smaltimento dei rifiuti solidi urbani: stato attuale, tecnologie e gestione” CISM – Centre for mechanical sciences, 2008;

[2] W. Giacetti, “La gestione dei rifiuti in ambito urbano: criticità e soluzioni operative”, Padova, 2010;

[3] A. Pierobon, “Il punto sulla tariffa per la gestione pubblica dei rifiuti”, Aziendeitalia, Anno XVIII - gennaio 2011 n. 1;

[4] ISPRA, Rapporto Rifiuti Urbani, Roma, 2012;[5] Regione Lombardia, “PRGR - Programma Regionale Ge-

stione Rifiuti”, dgr n. 1990 del 20 giugno 2014;[6] G. Ghiringhelli, “Studio circa i sistemi di quantificazione pun-

tuale per l’applicazione dei sistemi di tariffazione puntuale alla gestione dei rifiuti urbani”, Gruppo PAYT Italia, Milano, 2012;

[7] Provincia di Varese, “Atto di indirizzo per il miglioramento delle raccolte differenziate”, DGP 294 del 26.6.2012;

[8] G. Ghiringhelli et al., “Rapporto Provinciale Rifiuti”, Provincia di Varese, anni 2000, 2010, 2012, 2013.

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Rifiuti RAEE: novità nella gestioneAll’inizio del 2014 cambiata la direttiva di riferimentoGiancarlo Dezio, Direttore generale consorzio Ecolight - Email: [email protected]

Report

5/2014

è

44Figura 1 - Esempio di rifiuti elettronici, cavi.

I rifiuti sono da sempre un tema delicato. Quando si parla però di rifiuti elettronici la sfida per l’Italia è imminente. La nuova direttiva europea, recepita all’inizio del 2014, indica nuovi obiettivi e nuovi traguardi di raccolta. Per questo nel mondo dei RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) sono in corso una se-rie di cambiamenti che dovrebbero portare non solamente ad un incremento dei volumi, ma anche ad un maggiore e più efficace contrasto dei canali di gestione non leciti.

Cosa sono i RAEEPurtroppo quando si parla di RAEE occorre fare i conti con un dato: meno della metà delle persone sa di cosa si stia parlando. Eppure con questo termine viene compresa una serie di oggetti che sono diventati di uso assolutamente quotidiano nella nostra vita. Sono per esempio televisori, frigoriferi, cellulari, ma anche lampadine a risparmio energetico: tutti questo oggetti, una volta che non funzionano più o nel momento in cui decidiamo di disfar-cene, vengono considerati rifiuti. Sono un tema relativamente re-cente: in Italia si è iniziato a parlare di RAEE quando è entrato in vigore il decreto legislativo 151 del 2005 che ha stabilito le modali-tà di gestione dei rifiuti elettronici. Si tratta di una normativa che si basa sul principio “chi inquina paga”; ovvero, la gestione dei RAEE viene affidata agli stessi produttori e distributori di apparecchiature elettriche che, raccolti in sistemi collettivi, devono garantirne una corretta gestione. Ecolight è uno degli attuali 17 sistemi collettivi che si occupano della gestione dei RAEE sul territorio nazionale. È il consorzio di riferimento per la Grande Distribuzione Organiz-zata e il consorzio che ha il maggior numero di aziende associa-

te (oltre 1.500). Nel 2008 la normativa è diventata operativa ed è stata avviata la raccolta separata dei RAEE secondo i cinque raggruppamenti: R1 frigoriferi e condizionatori; R2 forni, lavatrici e lavastoviglie; R3 Tv e monitor; R4 piccoli elettrodomestici ed elet-tronica di consumo; R5 sorgenti luminose. Dopo una fase di crescita dei volumi, i quantitativi gestiti hanno registrato uno stop nel 2012. Le tonnellate gestite sono ancora ca-late l’anno successivo. Per il 2014, l’andamento nella prima metà dell’anno si sta attestando intorno ai livelli del 2013 quando l’intero sistema RAEE arrivò a gestire complessivamente 226mila tonnel-late, circa 3,8 kg per abitante. Si tratta di quote abbastanza basse: basti pensare che la produzione di rifiuti elettronici è stimata in circa 20 kg annui per abitante.

La nuova direttivaAll’inizio del 2014 è cambiata la normativa di riferimento. Rece-pendo la direttiva europea, l’Italia ha introdotto delle significative novità nella gestione dei rifiuti elettronici, a partire dagli obiettivi di raccolta. Gli attuali 4 kg per abitante indicati dall’Europa (e che l’Italia ha raggiunto nel 2010) sono stati superati da una nuova modalità di conteggio: i quantitativi di rifiuti gestiti vengono posti in correlazione con quanto viene immesso sul mercato. Gli obiettivi sono: fino al 31 dicembre 2015 il tasso medio di rac-colta dei RAEE domestici dovrà essere di almeno 4 kg all’anno per abitante. Dall’1 gennaio 2016 il peso totale dei RAEE raccolti dovrà essere pari ad almeno il 45% del peso medio delle AEE (ap-parecchiature elettriche ed elettroniche) immesse sul mercato nei tre anni precedenti. Dall’1 gennaio 2019 il peso dei RAEE raccolti dovrà salire ad almeno il 65% del peso medio delle AEE immesse sul mercato nel triennio precedente o, in alternativa, all’85% del peso dei RAEE generati. Partiamo da un dato di raccolta che si attesta di poco al di sotto del 30% dell’immesso: per raggiunge-re questi traguardi occorre quindi fare uno sforzo ulteriore. Inoltre però, il nuovo decreto ha introdotto una serie di novità che dovreb-bero portare ad un incremento dei volumi di raccolta. Per i cittadini, la novità maggiore riguarda la possibilità di consegnare il proprio RAEE non solamente all’isola ecologica, ma direttamente ai punti vendita, gratis, senza alcun obbligo di acquisto. È un obbligo che riguarda però solamente i negozi che hanno una superficie di ven-dita dedicata alle apparecchiature elettroniche superiore ai 400 mq e interessa i rifiuti di piccole dimensioni (fino a 25 cm). Viene così introdotto il cosiddetto principio dell’Uno contro Zero; principio che integra quello dell’Uno contro Uno - in vigore dal 2010 - che prevede la consegna gratuita in tutti i negozi della vecchia appa-recchiatura elettrica a fronte dell’acquisto di una nuova apparec-

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Rifiuti RAEE: novità nella gestioneAll’inizio del 2014 cambiata la direttiva di riferimentoGiancarlo Dezio, Direttore generale consorzio Ecolight - Email: [email protected]

Report

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è

44Figura 1 - Esempio di rifiuti elettronici, cavi.

I rifiuti sono da sempre un tema delicato. Quando si parla però di rifiuti elettronici la sfida per l’Italia è imminente. La nuova direttiva europea, recepita all’inizio del 2014, indica nuovi obiettivi e nuovi traguardi di raccolta. Per questo nel mondo dei RAEE (Rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche) sono in corso una se-rie di cambiamenti che dovrebbero portare non solamente ad un incremento dei volumi, ma anche ad un maggiore e più efficace contrasto dei canali di gestione non leciti.

Cosa sono i RAEEPurtroppo quando si parla di RAEE occorre fare i conti con un dato: meno della metà delle persone sa di cosa si stia parlando. Eppure con questo termine viene compresa una serie di oggetti che sono diventati di uso assolutamente quotidiano nella nostra vita. Sono per esempio televisori, frigoriferi, cellulari, ma anche lampadine a risparmio energetico: tutti questo oggetti, una volta che non funzionano più o nel momento in cui decidiamo di disfar-cene, vengono considerati rifiuti. Sono un tema relativamente re-cente: in Italia si è iniziato a parlare di RAEE quando è entrato in vigore il decreto legislativo 151 del 2005 che ha stabilito le modali-tà di gestione dei rifiuti elettronici. Si tratta di una normativa che si basa sul principio “chi inquina paga”; ovvero, la gestione dei RAEE viene affidata agli stessi produttori e distributori di apparecchiature elettriche che, raccolti in sistemi collettivi, devono garantirne una corretta gestione. Ecolight è uno degli attuali 17 sistemi collettivi che si occupano della gestione dei RAEE sul territorio nazionale. È il consorzio di riferimento per la Grande Distribuzione Organiz-zata e il consorzio che ha il maggior numero di aziende associa-

te (oltre 1.500). Nel 2008 la normativa è diventata operativa ed è stata avviata la raccolta separata dei RAEE secondo i cinque raggruppamenti: R1 frigoriferi e condizionatori; R2 forni, lavatrici e lavastoviglie; R3 Tv e monitor; R4 piccoli elettrodomestici ed elet-tronica di consumo; R5 sorgenti luminose. Dopo una fase di crescita dei volumi, i quantitativi gestiti hanno registrato uno stop nel 2012. Le tonnellate gestite sono ancora ca-late l’anno successivo. Per il 2014, l’andamento nella prima metà dell’anno si sta attestando intorno ai livelli del 2013 quando l’intero sistema RAEE arrivò a gestire complessivamente 226mila tonnel-late, circa 3,8 kg per abitante. Si tratta di quote abbastanza basse: basti pensare che la produzione di rifiuti elettronici è stimata in circa 20 kg annui per abitante.

La nuova direttivaAll’inizio del 2014 è cambiata la normativa di riferimento. Rece-pendo la direttiva europea, l’Italia ha introdotto delle significative novità nella gestione dei rifiuti elettronici, a partire dagli obiettivi di raccolta. Gli attuali 4 kg per abitante indicati dall’Europa (e che l’Italia ha raggiunto nel 2010) sono stati superati da una nuova modalità di conteggio: i quantitativi di rifiuti gestiti vengono posti in correlazione con quanto viene immesso sul mercato. Gli obiettivi sono: fino al 31 dicembre 2015 il tasso medio di rac-colta dei RAEE domestici dovrà essere di almeno 4 kg all’anno per abitante. Dall’1 gennaio 2016 il peso totale dei RAEE raccolti dovrà essere pari ad almeno il 45% del peso medio delle AEE (ap-parecchiature elettriche ed elettroniche) immesse sul mercato nei tre anni precedenti. Dall’1 gennaio 2019 il peso dei RAEE raccolti dovrà salire ad almeno il 65% del peso medio delle AEE immesse sul mercato nel triennio precedente o, in alternativa, all’85% del peso dei RAEE generati. Partiamo da un dato di raccolta che si attesta di poco al di sotto del 30% dell’immesso: per raggiunge-re questi traguardi occorre quindi fare uno sforzo ulteriore. Inoltre però, il nuovo decreto ha introdotto una serie di novità che dovreb-bero portare ad un incremento dei volumi di raccolta. Per i cittadini, la novità maggiore riguarda la possibilità di consegnare il proprio RAEE non solamente all’isola ecologica, ma direttamente ai punti vendita, gratis, senza alcun obbligo di acquisto. È un obbligo che riguarda però solamente i negozi che hanno una superficie di ven-dita dedicata alle apparecchiature elettroniche superiore ai 400 mq e interessa i rifiuti di piccole dimensioni (fino a 25 cm). Viene così introdotto il cosiddetto principio dell’Uno contro Zero; principio che integra quello dell’Uno contro Uno - in vigore dal 2010 - che prevede la consegna gratuita in tutti i negozi della vecchia appa-recchiatura elettrica a fronte dell’acquisto di una nuova apparec-

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chiatura di equivalente funzionalità (ad esempio: un vecchio letto-re vhs per un lettore dvd). È questo un passaggio che coinvolge maggiormente la Distribuzione nella raccolta dei rifiuti. Altra novità è l’equiparazione dei rifiuti professionali a quelli dome-stici. Il riferimento è alle apparecchiature cosiddette dual use, ov-vero quelle che possono essere acquistate e usate sia dai nuclei domestici che da utilizzatori diversi dai nuclei domestici (di origine commerciale, industriale, istituzionale o di altro tipo). Questi ven-gono considerati come RAEE domestici quindi con la possibilità di affidarli ai centri di raccolta comunali oppure ai punti vendita. In mezzo a queste novità non mancano i punti critici che però i siste-mi collettivi, attraverso il Centro di Coordinamento RAEE, stanno affrontando insieme col Ministero dell’Ambiente e con le diverse associazioni di rappresentanza. Nel complesso, i 42 articoli del nuovo decreto indicano sei obietti-vi: potenziamento degli strumenti previsti nella precedente norma-tiva; prevenzione o riduzione degli impatti sull’ambiente connessi alla produzione delle apparecchiature elettriche; incremento dei livelli di raccolta; miglioramento della qualità del trattamento dei RAEE; incentivazione del riuso e, non certo ultimo, il rafforzamen-to delle misure di controllo per contrastare non solamente l’espor-tazione illegale di questi rifiuti verso Paesi in via di sviluppo, ma anche per combattere il fenomeno dello sciacallaggio in fase di conferimento.

La sperimentazioneIl fatto che i rifiuti elettronici non siano percepiti come tali, ma so-prattutto la mancata conoscenza - ancora piuttosto diffusa - di come debba essere gestito un elettrodomestico non più funzionan-te, sono tra i maggiori limiti che la raccolta incontra, in particolare quando si parla di piccoli elettrodomestici. Infatti meno del 20% di questa tipologia di rifiuti segue il corretto percorso di gestione e trattamento. Per intercettare questi RAEE, Ecolight insieme al Gruppo Hera e alla fondazione spagnola Ecolum, ha dato vita ad un progetto sperimentale che è stato cofinanziato dall’Unione Eu-ropea nell’ambito del programma Life+. Identis WEEE - Identifica-tion DEterminatioN Traceability Integrated System for WEEE - si prefigge di raddoppiare i volumi di raccolta dei piccoli RAEE attra-verso degli innovativi cassonetti. Quattro i prototipi che sono stati sviluppati e che sono in fase di sperimentazione; tutti garantiscono la tracciabilità del rifiuto conferito e una completa automazione: il RAEEparking è di grandi dimensioni e progettato per ampi spazi pubblici; il RAEEshop ha dimensioni più ridotte ed è stato studiato per essere posizionato in corrispondenza dei punti vendita; il RA-EEpoint è invece il cassonetto stradale. Solamente per un tipo, il RAEEmobile, è prevista la presenza di un operatore.

Questi innovativi strumenti di raccolta hanno già dato dei signifi-cativi risultati: in un anno di sperimentazione in un’area test dell’E-milia Romagna hanno permesso la raccolta di quasi 32mila kg di RAEE. Significativo è il numero dei conferimenti: 20mila. La spe-rimentazione terminerà nei primi mesi del 2015, ma fin da oggi è possibile dire che strumenti innovativi di raccolta possono intercet-tare significativi quantità di rifiuti.

Una risposta all’Uno contro ZeroProprio per i risultati positivi che la sperimentazione del progetto Life+ sta dando, Ecolight in collaborazione con il Gruppo Hera ha sviluppato un’evoluzione del prototipo RAEEshop per un’applica-zione diffusa di questi sistemi nelle aree di servizio alla “grande distribuzione”, anche al fine di rispondere in maniera anticipativa e proattiva alla normativa dell’Uno contro Zero. Tra luglio e set-tembre sono stati quindi progettati e installati in Emilia Romagna 14 nuovi prototipi dedicati alla Grande Distribuzione per il confe-rimento gratuito di RAEE di piccole dimensioni e di lampadine a risparmio energetico. Agli utenti viene richiesta l’identificazione attraverso la tessera sanitaria per una completa tracciabilità del rifiuti conferito. Il prototipo è dotato di un’interfaccia che gestisce tutte le funzioni in modo completamente automatico e rilascia uno scontrino con codice, data, ora e categoria dei materiali conferiti.

Le prospettiveIl tema RAEE è al centro di un dibattito che dovrebbe portare non solamente ad una maggiore semplificazione della gestione dei rifiuti, ma anche a chiarire alcuni punti che sono indicati nella normativa. Per esempio, proprio l’Uno contro Zero ad oggi non è stato ancora regolamentato, così come tutto il capitolo legato alla gestione dei moduli fotovoltaici a fine che l’ultimo decreto le-gislativo considera come RAEE appartenenti al raggruppamento R4. In attesa che siano sciolti alcuni nodi, Ecolight continua nella promozione della propria attività e nello sviluppo di una maggio-re coscienza ambientale che riguardi proprio i rifiuti elettronici. Il consorzio ha attivato un servizio dedicato alle imprese per la ge-stione dei rifiuti professionali (http://faispazio.ecolight.it); è inoltre promotore di un portale per l’arte fatta con i rifiuti (www.museo-delriciclo.it) ed è partner della casa circondariale di Forlì e della cooperativa sociale Gulliver nel progetto sociale RAEE in Carcere (www.raeeincarcere.org) che si prefigge il reinserimento lavorativo di persone in regime di detenzione attraverso il disassemblaggio di RAEE.

Figura 2 - Prototipo RAEEparking del consorzio Ecolight.

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Allegri Geom. Primo S.r.l. • Parma • Italywww.allegriecologia.it

TRATTAMENTO ACQUEWATER TREATMENT

Grigliatura / Screen filtering

Disoleazione / Oil separation

Sedimentazione primaria / Primary sedimentation

Ossidazione biologica / Biological oxidation

Sedimentazione secondaria / Final sedimentation

Filtrazione terziaria / Tertiary filtration

Flottazione / DAF flotation

ACQUA, un beneprezioso da recuperare.

WATER, a precious resource to recover

Progettazione e dimensionamentoper ogni esigenza specifica.

Planning and design for any specific requirement

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Vademecum dell’ambienteAutore: Stefano Sassone - Casa editrice EPC Editore

Il Libro

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§

Abbiamo dato una posi-zione di rilevanza a que-sto testo di Stefano Sas-sone perché lo riteniamo molto interessante in am-bito ambientale. Stefano Sassone è nome noto come esperto delle problematiche di gestione ed economia ambientale; lo è dal punto di vista te-orico ma ancora più come consulente e formatore, in particolare per il mondo delle imprese e della pub-blica amministrazione.

Altro pregio di rilievo caratterizzante questo lavoro è la sintesi, ossia la sua capacità di pervenire al cuore degli aspetti legislativi di base, illustrando le modificazioni intervenute in tempi recenti, in maniera lineare e fluente. Ciò fa sì che il presente testo offra

nella maniera più semplice, non per questo meno rigorosa, un panorama completo delle competenze, delle responsabilità, dei risvolti procedurali, dei rischi sanzionatori. E di quanto altro sia da evidenziarsi nel labirinto non sempre comprensibile delle te-matiche ambientali, costantemente richiamando ovviamente la documentazione di riferimento ed i dettati normativi.Nella sua concentrazione stringata questo volume risulta ancora più significativo per le numerose e rilevanti modifiche ed inte-grazioni apportate, recentemente, alla legislazione ambientale. Gli argomenti presi in considerazione ed affrontati sono: Le pro-cedure autorizzative ambientali – La tutela delle acque dall’in-quinamento – La gestione dei rifiuti e dei siti inquinati – La tutela dell’aria e delle emissioni in atmosfera – Altri temi di rilevanza ambientale con riferimento al rumore, agli impianti di inceneri-mento e co-incenerimento, alle emissioni di gas serra.I temi trattati, ed il modo esaustivo di trattarli, fanno di questo libro un compagno certamente utile, fors’anche indispensabile, per chiunque si cimenti in un settore tanto articolato e dinami-co, avvertendo talvolta l’esigenza di un chiarimento rapido ed affidabile.

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Impianti compatti per il trattamento di acque di origine civile e industrialeUna soluzione efficace per piccole comunità, attività artigianali ed industriali Carlo Allegri, Allegri Geom. Primo srl - Email: [email protected]

Tecnologie Applicate

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q

La legislazione relativa agli interventi da attuarsi in campo ambientale per la salvaguardia del territorio – in particolare il D.Lgs. 152/2006 e successive modificazioni ed integrazioni – pone giustamente molta attenzione al trattamento delle acque reflue di agglomerati urbani medio/grandi, soprattutto se il re-capito finale si trova in cosiddetta “area sensibile”.Si è dunque assistito, in questi ultimi anni, a diversi interventi di ampliamento di depuratori esistenti, ormai obsoleti, mirati soprattutto ad integrare il processo con fasi necessarie per ridurre il più possibile il contenuto finale di “nutrienti” (azoto e fosforo) e di solidi sospesi nello scarico finale.

Se questo ha costituito la priorità, non di meno vanno trascu-rate le piccole comunità, così come le piccole attività artigia-nali/industriali, il cui apporto in termini di volumi di reflui inqui-nanti è singolarmente modesto, ma può ugualmente incidere negativamente sul territorio, soprattutto quando più realtà di contenute dimensioni convergono verso lo stesso bacino di raccolta. Si pensi, per esempio, ai modesti agglomerati sparsi sulle no-stre montagne, oppure a quelle attività – spesso legate alla produzione di prodotti alimentari tipici – dislocate, per scelta logistica voluta o per tradizione, in aree ben distanti dai più attrezzati centri artigianali.E’ evidente come in questi casi gli interventi debbano essere assai più semplici e puntare – in modo particolare – all’ab-battimento dei soli più importanti parametri indice di inquina-mento (COD, BOD5, solidi sospesi totali). Va da sé, infatti, che la maggiore complessità impiantistica richiede una gestione molto più attenta e puntuale, comportando, di conseguenza, costi sproporzionati rispetto ai presupposti ed agli obiettivi.Il già citato D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. recepisce del resto que-sta problematica, tanto che nella Tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte terza fissa i limiti allo scarico per i soli tre parametri più sopra richiamati (rispettivamente: 125, 25 e 35 mg/l) con riferi-mento ad impianti di depurazione di potenzialità compresa fra 2.000 e 10.000 Abitanti Equivalenti, demandando ad eventuali leggi regionali la possibilità di fissare condizioni più restrittive per altri indici di inquinamento in presenza di particolari criti-cità ambientali.

Dunque, a maggior ragione, il trattamento di acque reflue civili di comunità inferiori a 2.000 Abitanti Equivalenti potrà essere di gran lunga semplificato.

Allegri Ecologia offre in proposito una gamma di macchine di facile e rapida installazione, che non richiedono specifiche conoscenze in fatto di gestione: una volta effettuato il corretto dimensionamento iniziale, il trattamento depurativo proposto raggiunge gli scopi voluti con un minimo impegno di controllo e di manutenzione, che, data la tecnologia oggi disponibile, può anche essere verificata “in remoto” ed attuata solo secondo ne-cessità.

Impianti compatti per piccole comunitàPer i reflui di tipo civile di piccole comunità, viene proposto il classico trattamento di tipo biologico con le seguenti fasi in se-quenza:1) sollevamento primario da pozzetto di arrivo fogna comple-

to di griglia grossolana a pulizia manuale;2) grigliatura fine automatica;3) trattamento ossidativo a flora adesa;4) sedimentazione finale statica a pacchi lamellari.

Mentre il pozzetto di sollevamento deve necessariamente es-sere realizzato in opera tenendo conto della profondità della tubazione di arrivo fogna, le fasi di trattamento successive co-stituiscono di fatto un “compatto” metallico, il cui cuore è rap-presentato dai cosiddetti “Rotori Biologici a Dischi” di tipo rotan-te su asse centrale di sostegno.La compattezza del sistema può prevedere, a seconda delle esigenze del Cliente o della situazione logistica, configurazioni impiantistiche a corpo unico o modulari di rapido inserimento nel ciclo di trattamento e di facile adattamento sull’area dispo-nibile.Tutta la struttura metallica – che prevede la copertura dei Ro-tori Biologici a Dischi sia per protezione della flora batterica dalle basse temperature sia per evitare lo sviluppo di eventuali odori sgradevoli ed è completata da passerella di accesso ed ispezione – appoggia su platea in cemento di semplice realiz-zazione ad evitare ulteriori più onerose opere civili.

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Impianti compatti per il trattamento di acque di origine civile e industrialeUna soluzione efficace per piccole comunità, attività artigianali ed industriali Carlo Allegri, Allegri Geom. Primo srl - Email: [email protected]

Tecnologie Applicate

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La legislazione relativa agli interventi da attuarsi in campo ambientale per la salvaguardia del territorio – in particolare il D.Lgs. 152/2006 e successive modificazioni ed integrazioni – pone giustamente molta attenzione al trattamento delle acque reflue di agglomerati urbani medio/grandi, soprattutto se il re-capito finale si trova in cosiddetta “area sensibile”.Si è dunque assistito, in questi ultimi anni, a diversi interventi di ampliamento di depuratori esistenti, ormai obsoleti, mirati soprattutto ad integrare il processo con fasi necessarie per ridurre il più possibile il contenuto finale di “nutrienti” (azoto e fosforo) e di solidi sospesi nello scarico finale.

Se questo ha costituito la priorità, non di meno vanno trascu-rate le piccole comunità, così come le piccole attività artigia-nali/industriali, il cui apporto in termini di volumi di reflui inqui-nanti è singolarmente modesto, ma può ugualmente incidere negativamente sul territorio, soprattutto quando più realtà di contenute dimensioni convergono verso lo stesso bacino di raccolta. Si pensi, per esempio, ai modesti agglomerati sparsi sulle no-stre montagne, oppure a quelle attività – spesso legate alla produzione di prodotti alimentari tipici – dislocate, per scelta logistica voluta o per tradizione, in aree ben distanti dai più attrezzati centri artigianali.E’ evidente come in questi casi gli interventi debbano essere assai più semplici e puntare – in modo particolare – all’ab-battimento dei soli più importanti parametri indice di inquina-mento (COD, BOD5, solidi sospesi totali). Va da sé, infatti, che la maggiore complessità impiantistica richiede una gestione molto più attenta e puntuale, comportando, di conseguenza, costi sproporzionati rispetto ai presupposti ed agli obiettivi.Il già citato D.Lgs. 152/2006 e s.m.i. recepisce del resto que-sta problematica, tanto che nella Tabella 1 dell’Allegato 5 alla parte terza fissa i limiti allo scarico per i soli tre parametri più sopra richiamati (rispettivamente: 125, 25 e 35 mg/l) con riferi-mento ad impianti di depurazione di potenzialità compresa fra 2.000 e 10.000 Abitanti Equivalenti, demandando ad eventuali leggi regionali la possibilità di fissare condizioni più restrittive per altri indici di inquinamento in presenza di particolari criti-cità ambientali.

Dunque, a maggior ragione, il trattamento di acque reflue civili di comunità inferiori a 2.000 Abitanti Equivalenti potrà essere di gran lunga semplificato.

Allegri Ecologia offre in proposito una gamma di macchine di facile e rapida installazione, che non richiedono specifiche conoscenze in fatto di gestione: una volta effettuato il corretto dimensionamento iniziale, il trattamento depurativo proposto raggiunge gli scopi voluti con un minimo impegno di controllo e di manutenzione, che, data la tecnologia oggi disponibile, può anche essere verificata “in remoto” ed attuata solo secondo ne-cessità.

Impianti compatti per piccole comunitàPer i reflui di tipo civile di piccole comunità, viene proposto il classico trattamento di tipo biologico con le seguenti fasi in se-quenza:1) sollevamento primario da pozzetto di arrivo fogna comple-

to di griglia grossolana a pulizia manuale;2) grigliatura fine automatica;3) trattamento ossidativo a flora adesa;4) sedimentazione finale statica a pacchi lamellari.

Mentre il pozzetto di sollevamento deve necessariamente es-sere realizzato in opera tenendo conto della profondità della tubazione di arrivo fogna, le fasi di trattamento successive co-stituiscono di fatto un “compatto” metallico, il cui cuore è rap-presentato dai cosiddetti “Rotori Biologici a Dischi” di tipo rotan-te su asse centrale di sostegno.La compattezza del sistema può prevedere, a seconda delle esigenze del Cliente o della situazione logistica, configurazioni impiantistiche a corpo unico o modulari di rapido inserimento nel ciclo di trattamento e di facile adattamento sull’area dispo-nibile.Tutta la struttura metallica – che prevede la copertura dei Ro-tori Biologici a Dischi sia per protezione della flora batterica dalle basse temperature sia per evitare lo sviluppo di eventuali odori sgradevoli ed è completata da passerella di accesso ed ispezione – appoggia su platea in cemento di semplice realiz-zazione ad evitare ulteriori più onerose opere civili.

Figura 1 - Rendering 3D.

l’Ambiente

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Impianti compatti di questo tipo coprono potenzialità da un mi-nimo di 50 Abitanti Equivalenti fino a 500 Abitanti Equivalenti e multipli successivi per realizzazione di linee fra loro parallele.

Premesso che i Rotori Biologici a Dischi devono necessaria-mente funzionare in continuo per garantire alla flora adesa la giusta ossigenazione, si sottolinea come le logiche di funzio-namento nel loro complesso siano estremamente semplici e come si richieda una potenza impegnata molto contenuta. Così come contenuta è la produzione del cosiddetto “fango di supe-ro”, risultato collaterale inevitabile della depurazione, che verrà pompato in serbatoio di accumulo/ispessimento per lo smal-timento finale, da valutare caso per caso così da individuare la soluzione tecnicamente ed economicamente più accettabile.A seconda delle esigenze depurative richieste – che potrebbe-ro essere più stringenti in funzione di eventuali leggi regiona-li – l’impianto compatto sopra delineato può essere integrato da una fase anossica con Rotori Biologici a Dischi (con dischi completamente immersi per la rimozione dell’azoto da porsi in testa rispetto alla sezione ossidativa) e da un filtro finale sull’ef-fluente per la riduzione spinta dei solidi sospesi.

Impianti compatti per attività artigianali/industrialiAnche per i reflui derivanti da attività di tipo artigianale e/o in-dustriale, sono offerte soluzioni compatte di facile installazione e gestione.Solitamente le acque di scarico di questo tipo possono diversi-ficarsi anche di molto dai classici scarichi civili: un’analisi preli-minare di caratteristiche chimiche, volumi in gioco e trattabilità risulta fondamentale per poter proporre la soluzione di volta in volta più adeguata.

In taluni casi può essere sufficiente ridurre il carico inquinan-te fino ai limiti richiesti per il successivo scarico nella pubbli-ca fognatura: si tratta delle situazioni tipiche in cui il compatto di chiariflocculazione di Allegri Ecologia trova la sua colloca-zione ideale. La macchina – che dovrà essere alimentata a portata costante a partire da un bacino o serbatoio di accumulo – consiste di una/due sezioni di testa neces-sarie per il condizionamento chi-mico dei reflui mediante aggiunta di apposite soluzioni coagulanti/flocculanti, seguite, per contiguità idraulica nella stessa vasca, dal-la fase di sedimentazione statica equipaggiata con pacchi lamellari. In questi casi, considerata la capa-cità di sedimentazione dei “fiocchi” di fango prodotti per reazione chi-mica, la superficie totale disponibi-le fornita dai pacchi lamellari dovrà

essere adeguata a garantire velocità di risalita particolarmente basse così da ottenere la migliore separazione solido/liquido e portare in fognatura un “surnatante” ben trattato.Anche in questo caso il “fango primario” ottenuto verrà estratto ad intervalli regolari e pompato in serbatoio di accumulo/ispes-simento per lo smaltimento finale, da valutare caso per caso così da individuare la soluzione tecnicamente ed economica-mente più accettabile.

Impianti di questo tipo – particolarmente adatti per attività del settore agro-alimentare, delle carni, delle galvaniche ed in ge-nere per reflui con evidente contenuto di solidi sospesi – sono in grado di trattare in un solo modulo fino ad un massimo di 100 m3/ora considerando una velocità di risalita compresa fra 0,3-0,4 m/ora. Maggiori portate possono comunque essere trattate con più moduli in parallelo.Naturalmente, qualora l’obiettivo sia invece lo scarico diretto in acque superficiali, al pretrattamento chimico-fisico può seguire il trattamento biologico con annessa sedimentazione secon-daria ed eventuale filtrazione finale, cui si è accennato nella sezione precedente.

ConclusioniAllegri Ecologia ha messo a punto una gamma di macchine – sedimentatori primari e finali con pacchi lamellari, rotori biologi-ci a dischi, griglie e filtri finali – in grado di coprire tutti i principali passaggi del processo depurativo, offrendone versioni compat-te e di semplice installazione e gestione.Le proposte tecniche – particolarmente indicate per piccole comunità ed attività artigianali/industriali – seguono un primo approccio di studio ed analisi della problematica posta, da cui scaturisce il corretto dimensionamento e la progettazione dell’intero “pacchetto” o di parte di esso da inserire – secondo necessità – in un più ampio contesto di interventi.Se ritenuto necessario, la funzionalità impiantistica può essere monitorata in remoto facilitando così il controllo gestionale e la programmazione degli interventi di manutenzione.

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Il Fotoionizzatore Portatile PID e l’analisi dei terreni in campo Massimo Albertazzi, LabService Analytica srl – Email: [email protected]

Tecnologie Applicate

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Figura 1 - Modello Tiger Ion Science.

Il fotoionizzatore portatile PID è lo strumento portatile che ha avuto la più larga diffusione al mondo in ambito scientifico per controlli di Igiene Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Questo successo è do-vuto principalmente alla elevata sensibilità e versatilità, alla facilità di impiego ed alla notevole affidabilità dello strumento oltre al basso costo di esercizio.A conferma di tali caratteristiche l’Environmental Protection Agency (EPA) ha dotato, ormai da più di dieci anni, tutti gli ” Emergency Teams” preposti al controllo dell’inquinamento del suolo di questo strumento corredato con tre sonde di misura a seconda dei livelli di concentrazione 10PPB, 1PPM e 100PPM. La U.S. Navy ha stan-dardizzato l’impiego del PID sulle portaerei per controlli di efficienza degli impianti di condizionamento nelle aree dove stivano i caccia. La Polizia e molte società di Assicurazioni tedesche impiegano il fotoionizzatore portatile nel rilevamento di combustibili acceleranti durante le indagini per accertare incendi dolosi. In linea generale il PID può essere impiegato in tutte quelle applicazioni che richiedono sensibilità e tempi di risposta estremamente veloci. Per la sempli-cità di calibrazione e di funzionamento non è necessario personale specializzato, comunque bisogna sempre dotarsi di una bombola di Isobutilene con concentrazione di 100PPM.Anche in Italia da ormai una decina di anni si è vista l’introduzione e la diffusione del PID sul mercato delle apparecchiature scientifiche portatili. Molte ARPA e Vigili del Fuoco, nelle varie regioni, si sono dotate del fotoionizzatore. Ultimamente lo hanno riscoperto anche i Laboratori di Analisi Chimica, soprattutto con i laboratori mobili. Tutto ciò è dovuto al miglioramento continuo della tecnologia che da una parte ha favorito i maggiori livelli di sensibilità dall’altra la selet-tività. Fino a tre anni fa era praticamente impensabile che con uno strumento portatile dal costo relativamente basso si riuscisse ad ana-lizzare il Benzene con una concentrazione di 1PPB in mezzo ad una miscela di VOC. Questo progresso tecnologico facilita le analisi in campo equiparandole ad una analisi da laboratorio e trasforma sem-pre più il modo di processare i campioni da parte degli enti preposti. Il metodo di analisi dello spazio di testa con un fotoionizzatore portatile si basa sulla legge di Henry che afferma che in una situazione di equi-librio, la concentrazione in fase gassosa è proporzionale nel tempo alla concentrazione in fase liquida moltiplicata ad una costante KH.

Legge di Henry (KH): C (liq) = C (gas) x KH

Ciò significa che raggiunta la fase di equilibrio, la concentrazione in fase liquida può essere determinata mediante misurazione della con-centrazione nella fase gassosa.

Lo strumento e la metodicaIl Fotoionizzatore PID è un analizzatore facile da usare, che può sicuramente agevolarci in questo tipo di analisi dove i composti or-ganici volatili vengono fotoionizzati tramite una lampada 10.6 eV. Il modello Tiger Ion Science ha incorporato il software e un’opzione per la misurazione dello spazio di testa di COV o SOV totali nel suo-lo, acqua, cibo, materie plastiche, etc. Il PID è molto sensibile: arriva a leggere i PPB ed ha una risposta di 1 secondo. E‘ anche uno strumento ideale per processare nume-rosi campioni in una metodica di Prescreening o analisi sul campo, spesso si usa per impedire un sovraccarico di analisi e campioni da fare sullo spettrometro di massa o altri strumenti di analisi per determinare la composizione del campione nei laboratori di analisi. Il metodo spazio di testa è facile da eseguire, richiede un minimo di attrezzatura, e l’unica operazione imprescindibile è che il campione e gli standard in fase di equilibrio siano alla stessa temperatura per ottenere risultati accurati. Una procedura tipica comporta una pe-sata (o misura) di 1 g di suolo in un contenitore in vetro graduato da 40 ml VOA; acqua deionizzata viene poi aggiunta per riempire il contenitore. Con una siringa si tolgono 15 cc di liquido attraverso il setto, questo per creare lo spazio di testa. Successivamente si riscalda il beker in stufa a 60 °C per 15 minuti, si agita e si raffredda a temperatura ambiente. Se si fa una analisi in batteria ovviamente i campioni devono essere processati nelle medesime condizioni. Se-lezionare il PID in modalità spazio di testa; poi prendere dieci cc di gas direttamente dallo spazio di testa del beker con una siringa gas e collegarlo al Tiger tramite un pezzo di tubo stretto e premere enter e istantaneamente verrà visualizzato il picco di concentrazione. La concentrazione può essere determinata per confronto con una curva di calibrazione ge-nerata dagli standard. I Campioni liquidi pos-sono essere trattati in modo simile. Il tempo di analisi totale è inferiore a 30 secondi per ogni campione. L’analisi dei composti organici vola-tili VOC mediante un fo-toionizzatore portatile è descritta nella procedura 530 dell’EPA, l’agenzia statunitense per la prote-zione dell’ambiente.

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Il Fotoionizzatore Portatile PID e l’analisi dei terreni in campo Massimo Albertazzi, LabService Analytica srl – Email: [email protected]

Tecnologie Applicate

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Figura 1 - Modello Tiger Ion Science.

Il fotoionizzatore portatile PID è lo strumento portatile che ha avuto la più larga diffusione al mondo in ambito scientifico per controlli di Igiene Ambientale e Sicurezza sul Lavoro. Questo successo è do-vuto principalmente alla elevata sensibilità e versatilità, alla facilità di impiego ed alla notevole affidabilità dello strumento oltre al basso costo di esercizio.A conferma di tali caratteristiche l’Environmental Protection Agency (EPA) ha dotato, ormai da più di dieci anni, tutti gli ” Emergency Teams” preposti al controllo dell’inquinamento del suolo di questo strumento corredato con tre sonde di misura a seconda dei livelli di concentrazione 10PPB, 1PPM e 100PPM. La U.S. Navy ha stan-dardizzato l’impiego del PID sulle portaerei per controlli di efficienza degli impianti di condizionamento nelle aree dove stivano i caccia. La Polizia e molte società di Assicurazioni tedesche impiegano il fotoionizzatore portatile nel rilevamento di combustibili acceleranti durante le indagini per accertare incendi dolosi. In linea generale il PID può essere impiegato in tutte quelle applicazioni che richiedono sensibilità e tempi di risposta estremamente veloci. Per la sempli-cità di calibrazione e di funzionamento non è necessario personale specializzato, comunque bisogna sempre dotarsi di una bombola di Isobutilene con concentrazione di 100PPM.Anche in Italia da ormai una decina di anni si è vista l’introduzione e la diffusione del PID sul mercato delle apparecchiature scientifiche portatili. Molte ARPA e Vigili del Fuoco, nelle varie regioni, si sono dotate del fotoionizzatore. Ultimamente lo hanno riscoperto anche i Laboratori di Analisi Chimica, soprattutto con i laboratori mobili. Tutto ciò è dovuto al miglioramento continuo della tecnologia che da una parte ha favorito i maggiori livelli di sensibilità dall’altra la selet-tività. Fino a tre anni fa era praticamente impensabile che con uno strumento portatile dal costo relativamente basso si riuscisse ad ana-lizzare il Benzene con una concentrazione di 1PPB in mezzo ad una miscela di VOC. Questo progresso tecnologico facilita le analisi in campo equiparandole ad una analisi da laboratorio e trasforma sem-pre più il modo di processare i campioni da parte degli enti preposti. Il metodo di analisi dello spazio di testa con un fotoionizzatore portatile si basa sulla legge di Henry che afferma che in una situazione di equi-librio, la concentrazione in fase gassosa è proporzionale nel tempo alla concentrazione in fase liquida moltiplicata ad una costante KH.

Legge di Henry (KH): C (liq) = C (gas) x KH

Ciò significa che raggiunta la fase di equilibrio, la concentrazione in fase liquida può essere determinata mediante misurazione della con-centrazione nella fase gassosa.

Lo strumento e la metodicaIl Fotoionizzatore PID è un analizzatore facile da usare, che può sicuramente agevolarci in questo tipo di analisi dove i composti or-ganici volatili vengono fotoionizzati tramite una lampada 10.6 eV. Il modello Tiger Ion Science ha incorporato il software e un’opzione per la misurazione dello spazio di testa di COV o SOV totali nel suo-lo, acqua, cibo, materie plastiche, etc. Il PID è molto sensibile: arriva a leggere i PPB ed ha una risposta di 1 secondo. E‘ anche uno strumento ideale per processare nume-rosi campioni in una metodica di Prescreening o analisi sul campo, spesso si usa per impedire un sovraccarico di analisi e campioni da fare sullo spettrometro di massa o altri strumenti di analisi per determinare la composizione del campione nei laboratori di analisi. Il metodo spazio di testa è facile da eseguire, richiede un minimo di attrezzatura, e l’unica operazione imprescindibile è che il campione e gli standard in fase di equilibrio siano alla stessa temperatura per ottenere risultati accurati. Una procedura tipica comporta una pe-sata (o misura) di 1 g di suolo in un contenitore in vetro graduato da 40 ml VOA; acqua deionizzata viene poi aggiunta per riempire il contenitore. Con una siringa si tolgono 15 cc di liquido attraverso il setto, questo per creare lo spazio di testa. Successivamente si riscalda il beker in stufa a 60 °C per 15 minuti, si agita e si raffredda a temperatura ambiente. Se si fa una analisi in batteria ovviamente i campioni devono essere processati nelle medesime condizioni. Se-lezionare il PID in modalità spazio di testa; poi prendere dieci cc di gas direttamente dallo spazio di testa del beker con una siringa gas e collegarlo al Tiger tramite un pezzo di tubo stretto e premere enter e istantaneamente verrà visualizzato il picco di concentrazione. La concentrazione può essere determinata per confronto con una curva di calibrazione ge-nerata dagli standard. I Campioni liquidi pos-sono essere trattati in modo simile. Il tempo di analisi totale è inferiore a 30 secondi per ogni campione. L’analisi dei composti organici vola-tili VOC mediante un fo-toionizzatore portatile è descritta nella procedura 530 dell’EPA, l’agenzia statunitense per la prote-zione dell’ambiente.

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Caprari SpaVia Emilia Ovest, 900 – 41123 ModenaTel. 059.897611 . Fax 059.897897Email: [email protected] Web: www.caprari.com

Nel 2011 Caprari ha lanciato per la prima volta sul mercato le elettropompe sommerse da pozzo 4” Desert con l’obiettivo di rispondere alle applicazioni con forte contenuto di sabbia e so-stanze solide.Gli ottimi risultati riscontrati e la crescente richiesta di elettro-pompe Desert hanno spinto Caprari ad ampliare la gamma con nuovi modelli 4” e con l’estensione alla grandezza 6”. Caprari offre così una linea completa per queste applicazioni estreme: la linea Desert.

E4XED e E6XD • Rendimenti e prestazioni al vertice del settore.• Macchine conformi alla Direttiva 2009/125/CE (EcoDesign -

ErP) e al Regolamento 547/2012.• Bussole in materiale antisabbia.• Cuscinetti protetti dall’ingresso di sabbia.• Giranti in tecnopolimero resistente all’abrasione.• Defender® (Caprari International Patent): soluzione brevetta-

ta per la passivazione dell’acciaio inox che garantisce mas-sima durata e affidabilità contro la corrosione.

• Sand-Out System (Caprari International Patent): sistema brevettato per veicolare significative quantità di sabbia e contenuti solidi.

• Smart-Fix System (Caprari International Patent): sistema brevettato di bloccaggio idoneo per alte pressioni.

• Le macchine Desert sono certificate per l’impiego in acqua potabile secondo le leggi vigenti.

E4XPD e E6XPD Alcuni modelli della linea Desert, grazie alla struttura dei diffusori ancora più rinforzata e ai condotti idraulici più ampi, sono in gra-do di lavorare con contenuti di sostanze solide fino a 450 g/m3.Sono macchine eXtra Performace appositamente studiate da Caprari per applicazioni specifiche ad elevatissimo contenuto di sabbia.

La SocietàIl gruppo Caprari è tra le principali realtà internazionali nella pro-duzione di pompe ed lettropompe centrifughe e nella creazione di soluzioni avanzate per la gestione del ciclo integrato dell’acqua.Grazie al know-how esclusivo e diversificato, vengono fornite le migliori e più efficienti soluzioni per le principali esigenze idriche: dalle captazioni nei pozzi profondi al sollevamento delle acque reflue e di drenaggio, dall’alimentazione e distribuzione idrica nei settori civile, industriale e agricolo, alle più svariate applicazioni nel trattamento delle acque.

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Impianti Ecopure® per il trattamento VOC alogenate Impianti con tecnologia RTO per il trattamento delle emissioni gassose contenenti VOC

Aziende Informano

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La Business Unit Clean Technology Systems del Gruppo Dürr ha realizzato diversi impianti per il trattamento di emissioni con-tenenti VOC alogenate con la tecnologia di combustione RTO (Rigenerative Thermal Oxidizer). Questa particolare soluzione tecnica opera in condizioni in cui l’acido inorganico potrebbe tro-varsi al di sotto del proprio dew point, quindi creando ambienti estremamente corrosivi ed aggressivi.

Per gli impianti destinati a trattare questa tipologia di emissioni, Dürr ha implementato i suoi RTO con soluzioni dedicate, che pro-teggono il sistema dall’aggressione chimica degli acidi alogenati: come ad esempio il rivestimento delle superfici interne con parti-colari coating protettivi; inoltre molti particolari dell’impianto sono realizzati in materiale non metallico e le superfici a contatto con il flusso aeriforme, che non possono essere altrimenti protette, sono costruite in leghe di acciaio speciali.Queste soluzioni consentono non solo di proteggere l’impianto dalla corrosione per aggressione acida, ma di immettere in at-mosfera lo stream depurato a temperature nettamente inferiori rispetto alle soluzioni standard presenti nel mercato.

Infatti, le realizzazioni presenti sul mercato sono progettate per rilasciare in atmosfera lo stream depurato o clean gas a tempe-rature sensibilmente più elevate; questo approccio progettuale comunque, oltre a comportare dei consumi energetici superiori, da solo non è garanzia di assenza di aggressione chimica come si può riscontrare anche solo dopo pochi mesi di funzionamento sugli impianti concepiti secondo questo criterio.L’aggressione chimica, una volta iniziata, è inarrestabile e ciò comporta un progressivo decadimento delle prestazioni energe-tiche e funzionali della macchina con possibilità di superamento dei limiti emissivi imposti dalla macchina e possibile rilascio delle sostanze estremamente nocive che si originano nella imperfetta combustione di composti alogenati.

Con la soluzione proposta da Dürr - che previene all’origine la possibilità di aggressione chimica - queste problematiche non si possono presentare; inoltre la maggiore efficienza termica della macchina consente di ottenere il riconoscimento di Titoli di Effi-cienza Energetica, proprio per il diretto risparmio di combustibile di sostenimento al processo di combustione.In conclusione, le soluzioni Dürr consentono di ottenere sia una maggiore garanzia tecnica operativa e funzionale, il rispetto nel tempo dei limiti emissivi e un interessante ritorno economico per risparmio diretto di fuel consumato che indiretto attraverso il rico-noscimento di Titoli di Efficienza Energetica.Dürr offre, inoltre, un servizio assistenza su tutti i propri impianti che prevede il collegamento remoto, le manutenzioni program-mate e le proposte di adeguamento a nuove esigenze produttive.

Olpidürr S.p.A.Clean Technology SystemsVia G. Pascoli, 14 - 20090 Novegro di Segrate (MI) Tel. 02.70212278 – Fax 02.70212319 E-mail: [email protected] - Web: www.olpidurr.it

Page 57: L'AMBIENTE  52014

System Container, per lo stoccaggio di sostanzeLa dotazione di serie di aperture di ventilazione consente lo stoccaggio a norma di liquidi infiammabili

Denios S.r.l. Frazione Mereta, 4 - 16017 Isola del Cantone (GE)Tel. 010.9636743 - Fax 010.9636745Email: [email protected] Web: www.denios.it

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l’Ambiente

La scelta relativa all’acquisto di depositi per lo stoccaggio di sostanze infiammabili e non, rappresenta per le aziende un momento di attenta valutazione. A tal proposito Denios vanta una pluriennale esperienza nella costruzione dei suoi System Container che tengono conto della formula “minimo investi-mento e massimo sfruttamento dello spazio”.

Molteplici sono le combinazioni possibili: si parte da depositi ad un piano fino ad un massimo di tre, con le porte a battente o scorrevoli. Rispondono tutti alle normative vigenti in materia, sono dotati di vasca di raccolta (disponibile anche con inserto aggiuntivo in PE, oppure interamente in acciaio inossidabile) pari ad un terzo del volume totale stoccabile. La dotazione di serie di aperture di ventilazione - pari ad 1/30 della superficie in pianta - consente lo stoccaggio a norma di liquidi infiammabili. I depositi Denios possono essere anche forniti in versione coibentata per poter isolare termicamente il contenuto dagli influssi climatici esterni.

Proprio al fine di andare incontro alle singole esigenze delle aziende sono disponibili svariate tipologie di deposito a se-conda che si tratti dello stoccaggio di cisternette da 1.000 litri o di fusti da 200 litri, sia in posizione verticale che orizzontale. Le dimensioni partono da circa 3 metri per arrivare fino ad un massimo di 8.

Completano l’offerta realizzazioni “su misura”, dotate di sva-riati accessori quali ventilatori di estrazione e/o ricircolo aria, sistemi di riscaldamento elettrico indipendente o con fluido del cliente, impianti di raffreddamento e condizionamento, allarmi ottici e sonori per risolvere qualsiasi esigenza di stoccaggio. Tutti gli accessori sono fornibili anche in esecuzione ATEX.

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Con XRipper mai più fogne intasate Un trituratore a doppio albero sminuzza i corpi estranei trasportati dalla corrente

Aziende Informano

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Vogelsang Italia S.r.l. Via Bertolino, 9/a - 26025 Pandino (CR) Tel. 0373.970699 – Fax 0373. 91087 E-mail: [email protected] Web: www.vogelsang-srl.it

XRipper è la soluzione pensata da Vogelsang per la gestione degli impianti di scarico e le condotte fogna-rie, luoghi di difficile accesso e all’interno dei quali i corpi estranei trasportati dalla corrente potrebbero provocare intasamenti o, peggio ancora, danneggia-re gravemente pompe o altri impianti posti lungo la rete, obbligando a lunghi e complessi interventi di ripristino. XRipper può evitare entrambi questi inconvenienti. Il dispositivo è un trituratore a doppio albero, composto da un motore elettrico (disponibile anche in versione sommersa) e da due rotori monoblocco che girano in senso opposto. Questi ultimi sono provvisti di dischi dentati che, ruotando, si intersecano distruggendo qualsiasi materiale dovesse passare al loro interno. XRipper deve essere posi-zionato lungo la condotta delle acque reflue, innestato sulla tubatura, oppure sul percorso del canale di scolo, attraverso una chiusa. In questa posizione, lascia passare facilmente le acque e sminuzza i materiali da esse trasportate, come gomma, plastiche, tessuti e pezzi di legno.

I modelliA seconda del tipo di condotta in cui dovrà essere montato, si può scegliere tra le versioni XRS-QG, per installazione su condotte, e XRL-SIK, pensata per lavorare su acque in scorrimento libero. Mentre la prima è fornita di bocche di rac-cordo con la tubazione, il sistema XRL-SIK prevede un supporto dota-to di binari, sui quali XRipper è fatto

scorrere per l’estrazione, in seguito a necessità di manutenzione o sostituzione. La collocazione verticale permette di utilizzare un mo-tore elettrico di tipo normale, a meno che necessità particolari non richiedano l’adozione di motori sommersi.

Semplicità di manutenzioneSe la versione XRL-SIK è facilmente estraibile dalla propria sede, anche il modello XRS-QG ha manutenzioni facilitate. Come indicano le ultime due lettere del nome, infatti, il trituratore adotta il sistema Quality Cartridge, ovvero una cartuccia contenente la tenuta mecca-

nica pre-montata che si può collocare in uso in pochi minuti e senza possibilità di errori di montaggio. L’o-perazione si esegue senza dover rimuovere XRip-per dalle condotte, ma semplicemente smontando la scatola del cambio e sollevando il motore con un argano. Bisogna anche ricordare che la conformazione par-ticolarmente robusta dei rotori monolitici, riduce al minimo la necessità di assistenza e sostituzione dei medesimi nel corso della vita utile del trituratore. Gli

stessi, per esempio, ruotando a velocità differenziate sono in grado di auto-pulirsi senza richiedere intervento umano.

VantaggiL’installazione di XRipper previene intasamenti delle condutture, ma soprattutto protegge le pompe collocate a valle dai danni legati ai corpi solidi resistenti. Grazie al suo potere di triturazione, XRipper macina qualsiasi oggetto galleggiante o trascinato dalla corrente, rappresentando così un’ottima soluzione in tutti quei casi in cui non sia possibile estrarre gli oggetti estranei dalle acque. La ridotta necessità di manutenzione e la rapidità di esecuzione della medesima, inoltre, fanno sì che l’installazione di XRipper non aumen-ti ma anzi riduca la necessità di intervento umano sull’impianto.

La societàHugo Vogelsang Gmbh è una società tedesca con sede a Essen, un centinaio di chilometri a sudovest di Brema, nella Germania nord-oc-cidentale. Nata nel 1929 per costruire carri-cisterna per uso agricolo, è passata da azienda artigianale a industria di primo piano grazie a Helmut Vogelsang, figlio del fondatore Hugo, inventore della pompa a lobi rotativi trasportabile, un’innovazione che ha cambiato profon-damente sia il trattamento dei liquami agricoli sia, in generale, il pom-paggio dei fluidi viscosi. Ancor oggi Vogelsang è leader nel mercato delle pompe a lobi con le sue gamme VX e IQ, alle quali ha affian-cato, nel tempo, tutta una serie di dispositivi specifici per l’industria alimentare, petrolifera, della depurazione o, infine, per l’agricoltura e le bioenergie.

1.1 Logo – Position variations

Standard position

in A4 or letter formats, e.g. in letters, forms or brochures

Use:

–Positioning on the right-hand edge of the page

–Central or format-fitting positioning

Image left variation

Use:

–Positioning on the left-hand edge of the page

–Central or format-fitting positioning

Special cases are possible when it comes to the use of position

variations, e.g. trade fair walls, advertising material, bags etc.

Corporate Design Vers. 1 – page 5

Siamo a Ecomondo Padiglione D3 - Stand 48

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Riciclato il 73,6% degli imballaggi Da segnalare la forte crescita nel centro e nel sud Italia

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Ricrea - Consorzio Nazionale Acciaio Via G.B. Pirelli, 27 - 20124 Milano (MI) Tel. 02.398008.1 - Fax 02.40708219 Email: [email protected] Web: www.consorzioricrea.org

Dalle scatolette per alimenti alle bombolette aerosol, dai grandi fusti industriali ai tappi corona, gli imballaggi in acciaio si confer-mano tra i più riciclati: nel 2013 in Italia è stato riciclato il 73,6% dell’immesso al consumo per un totale di 320.231 tonnellate, pari al peso di 23 portaerei “Giuseppe Garibaldi” della marina militare italiana.Rispetto all’anno precedente, nel 2013 è aumentata ancora la copertura territoriale: la popolazione servita ha raggiunto l’80% (+2%) e sono aumentati del 2,8% i Comuni coperti da conven-zioni ANCI-CONAI per la raccolta differenziata degli imballaggi.“Questi risultati sono frutto di una più forte presenza in tutta la filiera, con l’obiettivo di promuovere e agevolare la raccolta e il riciclo degli imballaggi in acciaio – spiega Maurizio Amadei, pre-sidente di RICREA –. A cominciare dal supporto ai Comuni per diffondere a livello locale una corretta educazione ambientale e dalla collaborazione con i diversi gestori del servizio di raccol-ta differenziata per ottenere una raccolta più pulita ed efficiente. Quest’anno abbiamo notato un miglioramento della qualità de-gli imballaggi raccolti, che in alcuni casi ne ha consentito l’invio direttamente alle acciaierie per il riciclo senza che si rendesse necessario un intervento intermedio da parte degli operatori”.

Nel 2013 in Italia sono state immesse al consumo 435.149 ton-nellate di imballaggi in acciaio, pari al peso di 54 Tour Eiffel, in calo dell’1,1% rispetto all’anno precedente. Tale contrazione ha avuto ripercussioni dirette sui flussi di raccolta e riciclo, che tutta-

via hanno mostrato riduzioni contenute.Le tonnellate di rifiuti d’imballaggio raccolte sono state 368.575, pari al peso di circa 4.600 locomotive ferroviarie. Per quanto ri-guarda il flusso da superficie pubblica si è registrato un aumen-to del 4,8% rispetto l’anno precedente. A livello territoriale è da segnalare la forte crescita nel centro Italia (+21,7%) e nel sud (+17,5%), dovuta all’aumento del numero di convenzioni e accor-di stipulati. La quota pro-capite di imballaggi in acciaio raccolti in un anno è stata in media di 3,32 kg per abitante“Per assicurare l’avvio a riciclo degli imballaggi in acciaio quest’anno hanno collaborato con il Consorzio 146 aziende – sot-tolinea Federico Fusari direttore generale RICREA -. Al fine di ga-rantire la massima trasparenza nell’assegnazione agli operatori dei quantitativi oggetto della raccolta differenziata e ottenere una migliore valorizzazione della cessione degli imballaggi raccolti, abbiamo introdotto un sistema di aggiudicazione del materiale RICREA tramite Aste Telematiche. Abbiamo inoltre rafforzato il legame con le acciaierie, in cui i contenitori in acciaio rinascono a nuova vita attraverso la fusione”.

L’acciaio è il materiale più riciclato in Europa: è facile da differenziare e può essere riciclato al 100% un numero illimitato di volte senza dare origine a scarti e mantenendo intatte le pro-prie qualità. Grazie alle 320.231 tonnellate di acciaio recuperato dagli imbal-laggi in Italia nel 2013 si è ottenuto un risparmio diretto di 608.439 tonnellate di minerali di ferro e di 192.138 tonnellate di carbone, oltre che di 573.213 tonnellate di CO2.

l’Ambiente

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Prodotti e servizi

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Che i rifiuti siano una risorsa, ormai è un concetto diffuso, ma non tutti sanno sfrut-tare al massimo la loro attività per renderla redditizia. Per distinguersi nel lavoro ser-vono macchine che siano performanti ed efficienti, che abbiano consumi ridotti, che siano dotate di componenti antiusura e soggette a manutenzioni brevi. Questa è la ricetta messa a punto nello sviluppo dei trituratori universali Arjes, società leader

nel campo del riciclaggio industriale. Arjes offre una vasta gamma di macchine per la tri-turazione di materiale da riciclare. La serie VZ, tra le più performanti sul mercato, è com-posta da trituratori bialbero dotati di un rotore con profilo degli utensili di taglio brevettato a “T” che garantisce una eccezionale versatilità nei materiali da trattare. Il rotore è stato ridisegnato e sono stati ridotti gli spazi tra i denti per consentire un’azione di taglio più precisa e una maggiore omogeneità della pezzatura del materiale in uscita. Nel contem-po, questa nuova conformazione assicura una maggiore pulizia dei rotori stessi. Grazie a queste innovazioni il sistema di triturazione non viene sovraccaricato e si riducono notevolmente le inversioni dei rotori garantendo una maggior durata dei componenti e la riduzione dei consumi fino a oltre il 20% rispetto ai sistemi di triturazione tradizionali. Rivoluzionaria è la tramoggia di carico, dotata di due strutture ribaltabili, una, classica, nella par-te posteriore ed un’altra, più piccola, posta nella parte anteriore; il risultato è quello di una maggio-re movimentazione del materiale durante la fase di triturazione che, distribuendosi su tutta la lun-ghezza dei rotori, consente una lavorazione più omogenea ed efficace ed assicura anche una ri-dotta necessità di manutenzione dei rotori stessi. I modelli della gamma Arjes VZ sono disponibili in versione fissa, scarrabile e cingolata e possono essere elettrici o diesel, a seconda delle esigenze del cliente.La nuova generazione dei trituratori Arjes è ideale per qualsiasi materiale da trattare: le-gno, rifiuti solidi urbani, rottame metallico, raee, scarti industriali, pneumatici fuori uso,…Camoter International è un’azienda a tutto tondo che è in grado di fornire dalle singole macchine a soluzioni complete per la movimentazione, la triturazione, la separazione e il trattamento di molti tipi di materiale. Impianti chiavi in mano in Italia e nel Mondo: per-ché Camoter International, grazie alla sua rete, può seguire il cliente nella consulenza e nella fornitura di tecnologie, macchinari e impianti in vaste aree del Mondo.

Industriale, portatile, da laboratorio. Queste le diverse versioni in cui si presenta la soluzione EOS Made in Sacmi, la gamma di macchine che ha innovato profondamente le possibilità di indagine nell’ambito della misura-zione degli odori. La gamma EOS si è arricchita, dal 2013, del sistema Mul-tinose, il nuovo accessorio - compati-bile sia con EOS Aroma che con EOS Ambiente - che consente di misurare, con un singolo “naso elettronico”, ben 8 differenti sorgenti odorigene, con notevole incremento di efficienza e riduzione dei costi.Diverse le soluzioni proposte, a co-minciare da EOS Ambiente 507 F, l’in-novativa macchina per la misurazione degli odori di produzione Sacmi capa-ce di operare in qualsiasi condizione meteo-climatica – grazie alle soluzioni brevettate messe in campo da Sacmi e alla cabina per esterno con grado di protezione IP44 – e di riconoscere l’impronta olfattiva di un determinato odore con soglie anche al di sotto della percezione umana. Nel caso di installazione dell’op-tional Multinose, fa la differenza anche il software altamente personalizzabile che consente all’operatore di gestire l’ordine e la frequenza di scansionamento delle varie sorgenti di odore, per ottimizzare il processo in funzione delle differenti esi-genze di monitoraggio.Da EOS Ambiente 507 F al modello EOS Aroma 507 C, progettato per condurre test avanzati di laboratorio per l’industria di prodotti dalle delicate proprietà organo-lettiche quali caffè, cioccolato, pomodoro, ecc. Uno strumento indispensabile per la food&agro industry e particolarmente utile per monitorare le interazioni tra i prodotti stessi e il primary packaging. Da anni impegnata nella ricerca di soluzioni avanzate nel campo dell’olfattometria dinamica, Sacmi ha messo a punto anche una versione “portatile” del naso elettro-nico, EOS 101, per registrare direttamente sul campo – a occorrenza specifica e per operatori esperti – l’impronta olfattiva di un determinato odore e misurandone le differenti concentrazioni.

Camoter InternationalRecycling Innovatio Worldwide

Heineken ItaliaBirra sostenibile: si può?

SacmiGamma EOS protagonista a Ecomondo

Per informazioni:Camoter International srlTel. 02.96751344-5 - Fax 02.87366499Email. [email protected]: www.camoter.com

Per informazioni: Heineken Italia - Alfredo PratolongoTel. 02.27076347Email: [email protected] Web: www.heinekenitalia.it

Per informazioni:Sacmi Imola Tel. 0542.607607 - Fax 02.57763006Email: [email protected] Web: www.sacmi.it

Heineken Italia compie 40 anni e fotografa il contributo sociale del Gruppo in Italia. Con un fatturato complessivo 2013 di 933 milioni di Euro per un totale di 6,7 milioni di ettolitri di bevande venduti (5,2 milioni di ettolitri di birra), Heineken è oggi la principale azienda operante in Italia nel settore della birra.Suo fiore all’occhiello è l’innovazione, che

vanta nel 2013 un Innovation Rate (fatturato proveniente dai prodotti innovativi nei primi tre anni dal lancio sul fatturato totale) del 6%, raddoppiato rispetto all’anno precedente. Innovare in Italia significa attrarre ingenti investimenti in produzione, marketing e comunicazione e quindi favorire il mantenimento dell’occupazione nel Paese.Notevoli i risultati anche nel campo della sostenibilità ambientale: nel 2013 l’azienda è riu-scita a ridurre del 21,1% rispetto al 2012 i consumi idrici legati ai processi produttivi, rispar-miando circa 8 milioni di ettolitri d’acqua in un anno, corrispondenti alla capienza di 315 piscine olimpioniche. Questo risultato è stato reso possibile, in particolare, grazie all’entrata in regime del nuovo sistema di condensatori evaporatori presso il birrificio di Comun Nuovo (BG), lo stabilimento di birra più grande d’Italia, per la cui realizzazione sono stati investiti 2,4 milioni di Euro. Le emissioni di CO2 sono state ridotte del 47,2% (26.380 tonnellate)

rispetto al 2012, risultato confermato dalle certificazioni GO (Garanzia di Origine) che attestano un utilizzo esclusivo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Un importante tra-guardo che fa seguito anche all’installazione, nel 2012, di 2 impianti fotovoltaici sui tetti dei birrifici di Comun Nuovo (BG) e Massafra (TA), per un totale di 8.136 pannelli solari e oltre 2,5 GWh di elettricità all’anno. La riduzione dell’impatto ambientale non riguarda soltan-to le fasi di produzione, ma anche quelle di distribuzione dei prodotti e di commercializzazione. Nel 2013, l’81% dei trasporti tra birrifici e dai birrifici verso i depositi sono stati effettuati con intermodalità e non solo su gomma. In particolare per i locali, con lo sviluppo di una nuova gene-razione di Draught Beer Cooler (impianti di spillatura) con gas ecologici e sistemi di controllo elettronici, il consumo energetico per spillare la birra scende del 15% e le nuove colonne spina ExtraCold (ghiacciate all’esterno), hanno un fabbisogno energetico ridotto del 40% rispetto al modello precedente; inoltre Il 100% dei nuovi frigoriferi installati nel 2013 presso i punti di consumo (oltre 1.800 refrigeratori) sono modelli green a basso impatto (dotati di ter-mostato con funzione EMS, di illuminazione al LED e alimentati da tecnologia a idrocarburi).

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Prodotti e servizi

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Che i rifiuti siano una risorsa, ormai è un concetto diffuso, ma non tutti sanno sfrut-tare al massimo la loro attività per renderla redditizia. Per distinguersi nel lavoro ser-vono macchine che siano performanti ed efficienti, che abbiano consumi ridotti, che siano dotate di componenti antiusura e soggette a manutenzioni brevi. Questa è la ricetta messa a punto nello sviluppo dei trituratori universali Arjes, società leader

nel campo del riciclaggio industriale. Arjes offre una vasta gamma di macchine per la tri-turazione di materiale da riciclare. La serie VZ, tra le più performanti sul mercato, è com-posta da trituratori bialbero dotati di un rotore con profilo degli utensili di taglio brevettato a “T” che garantisce una eccezionale versatilità nei materiali da trattare. Il rotore è stato ridisegnato e sono stati ridotti gli spazi tra i denti per consentire un’azione di taglio più precisa e una maggiore omogeneità della pezzatura del materiale in uscita. Nel contem-po, questa nuova conformazione assicura una maggiore pulizia dei rotori stessi. Grazie a queste innovazioni il sistema di triturazione non viene sovraccaricato e si riducono notevolmente le inversioni dei rotori garantendo una maggior durata dei componenti e la riduzione dei consumi fino a oltre il 20% rispetto ai sistemi di triturazione tradizionali. Rivoluzionaria è la tramoggia di carico, dotata di due strutture ribaltabili, una, classica, nella par-te posteriore ed un’altra, più piccola, posta nella parte anteriore; il risultato è quello di una maggio-re movimentazione del materiale durante la fase di triturazione che, distribuendosi su tutta la lun-ghezza dei rotori, consente una lavorazione più omogenea ed efficace ed assicura anche una ri-dotta necessità di manutenzione dei rotori stessi. I modelli della gamma Arjes VZ sono disponibili in versione fissa, scarrabile e cingolata e possono essere elettrici o diesel, a seconda delle esigenze del cliente.La nuova generazione dei trituratori Arjes è ideale per qualsiasi materiale da trattare: le-gno, rifiuti solidi urbani, rottame metallico, raee, scarti industriali, pneumatici fuori uso,…Camoter International è un’azienda a tutto tondo che è in grado di fornire dalle singole macchine a soluzioni complete per la movimentazione, la triturazione, la separazione e il trattamento di molti tipi di materiale. Impianti chiavi in mano in Italia e nel Mondo: per-ché Camoter International, grazie alla sua rete, può seguire il cliente nella consulenza e nella fornitura di tecnologie, macchinari e impianti in vaste aree del Mondo.

Industriale, portatile, da laboratorio. Queste le diverse versioni in cui si presenta la soluzione EOS Made in Sacmi, la gamma di macchine che ha innovato profondamente le possibilità di indagine nell’ambito della misura-zione degli odori. La gamma EOS si è arricchita, dal 2013, del sistema Mul-tinose, il nuovo accessorio - compati-bile sia con EOS Aroma che con EOS Ambiente - che consente di misurare, con un singolo “naso elettronico”, ben 8 differenti sorgenti odorigene, con notevole incremento di efficienza e riduzione dei costi.Diverse le soluzioni proposte, a co-minciare da EOS Ambiente 507 F, l’in-novativa macchina per la misurazione degli odori di produzione Sacmi capa-ce di operare in qualsiasi condizione meteo-climatica – grazie alle soluzioni brevettate messe in campo da Sacmi e alla cabina per esterno con grado di protezione IP44 – e di riconoscere l’impronta olfattiva di un determinato odore con soglie anche al di sotto della percezione umana. Nel caso di installazione dell’op-tional Multinose, fa la differenza anche il software altamente personalizzabile che consente all’operatore di gestire l’ordine e la frequenza di scansionamento delle varie sorgenti di odore, per ottimizzare il processo in funzione delle differenti esi-genze di monitoraggio.Da EOS Ambiente 507 F al modello EOS Aroma 507 C, progettato per condurre test avanzati di laboratorio per l’industria di prodotti dalle delicate proprietà organo-lettiche quali caffè, cioccolato, pomodoro, ecc. Uno strumento indispensabile per la food&agro industry e particolarmente utile per monitorare le interazioni tra i prodotti stessi e il primary packaging. Da anni impegnata nella ricerca di soluzioni avanzate nel campo dell’olfattometria dinamica, Sacmi ha messo a punto anche una versione “portatile” del naso elettro-nico, EOS 101, per registrare direttamente sul campo – a occorrenza specifica e per operatori esperti – l’impronta olfattiva di un determinato odore e misurandone le differenti concentrazioni.

Camoter InternationalRecycling Innovatio Worldwide

Heineken ItaliaBirra sostenibile: si può?

SacmiGamma EOS protagonista a Ecomondo

Per informazioni:Camoter International srlTel. 02.96751344-5 - Fax 02.87366499Email. [email protected]: www.camoter.com

Per informazioni: Heineken Italia - Alfredo PratolongoTel. 02.27076347Email: [email protected] Web: www.heinekenitalia.it

Per informazioni:Sacmi Imola Tel. 0542.607607 - Fax 02.57763006Email: [email protected] Web: www.sacmi.it

Heineken Italia compie 40 anni e fotografa il contributo sociale del Gruppo in Italia. Con un fatturato complessivo 2013 di 933 milioni di Euro per un totale di 6,7 milioni di ettolitri di bevande venduti (5,2 milioni di ettolitri di birra), Heineken è oggi la principale azienda operante in Italia nel settore della birra.Suo fiore all’occhiello è l’innovazione, che

vanta nel 2013 un Innovation Rate (fatturato proveniente dai prodotti innovativi nei primi tre anni dal lancio sul fatturato totale) del 6%, raddoppiato rispetto all’anno precedente. Innovare in Italia significa attrarre ingenti investimenti in produzione, marketing e comunicazione e quindi favorire il mantenimento dell’occupazione nel Paese.Notevoli i risultati anche nel campo della sostenibilità ambientale: nel 2013 l’azienda è riu-scita a ridurre del 21,1% rispetto al 2012 i consumi idrici legati ai processi produttivi, rispar-miando circa 8 milioni di ettolitri d’acqua in un anno, corrispondenti alla capienza di 315 piscine olimpioniche. Questo risultato è stato reso possibile, in particolare, grazie all’entrata in regime del nuovo sistema di condensatori evaporatori presso il birrificio di Comun Nuovo (BG), lo stabilimento di birra più grande d’Italia, per la cui realizzazione sono stati investiti 2,4 milioni di Euro. Le emissioni di CO2 sono state ridotte del 47,2% (26.380 tonnellate)

rispetto al 2012, risultato confermato dalle certificazioni GO (Garanzia di Origine) che attestano un utilizzo esclusivo di energia proveniente da fonti rinnovabili. Un importante tra-guardo che fa seguito anche all’installazione, nel 2012, di 2 impianti fotovoltaici sui tetti dei birrifici di Comun Nuovo (BG) e Massafra (TA), per un totale di 8.136 pannelli solari e oltre 2,5 GWh di elettricità all’anno. La riduzione dell’impatto ambientale non riguarda soltan-to le fasi di produzione, ma anche quelle di distribuzione dei prodotti e di commercializzazione. Nel 2013, l’81% dei trasporti tra birrifici e dai birrifici verso i depositi sono stati effettuati con intermodalità e non solo su gomma. In particolare per i locali, con lo sviluppo di una nuova gene-razione di Draught Beer Cooler (impianti di spillatura) con gas ecologici e sistemi di controllo elettronici, il consumo energetico per spillare la birra scende del 15% e le nuove colonne spina ExtraCold (ghiacciate all’esterno), hanno un fabbisogno energetico ridotto del 40% rispetto al modello precedente; inoltre Il 100% dei nuovi frigoriferi installati nel 2013 presso i punti di consumo (oltre 1.800 refrigeratori) sono modelli green a basso impatto (dotati di ter-mostato con funzione EMS, di illuminazione al LED e alimentati da tecnologia a idrocarburi).

l’Ambiente

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Dow Water and Process Solutions, un’azienda leader innovatrice nel settore delle tecnologie di purificazione dell’acqua, ha concluso un accordo con la compagnia Ita-liana di trattamento dell’acqua Protecno per fornirle 42 membrane Dow SeamaxxTM

ad osmosi inversa per uno dei suoi stabilimenti di desalinizzazione.Più specificatamente, Protecno ha installato nel proprio impianto di Lampedusa delle membrane avanzate per incrementarne l’efficienza, riducendo al contempo i costi energetici e continuando a produrre la stessa quantità di acqua pulita che otteneva con il sistema precedente. La desalinizzazione è il processo di estrazione dei sali e di altri minerali dall’acqua marina per produrre acqua potabile. Tuttavia, l’aspetto più costoso di tale trattamento è l’energia. Infatti, l’energia richiesta può

spaziare da circa tre a sei kilowatt ore (kWh) per produrre un metro cubo di acqua potabile, rendendola uno dei processi di trattamento idrico a più alto consumo e, pertanto, uno dei più costosi. Gli elementi Dow Seamaxx™ ad osmosi inversa da installare nell’im-pianto implicano una riduzione fino il 10% dei consumi e quindi anche dei

costi energetici rispetto alle membrane convenzionali. La loro composizione chimica avanzata contribuisce a ridurre al minimo i consumi di pressione e di energia, più di qualsiasi altro prodotto ad osmosi inversa per acqua marina esistente. La sua tecnologia chimica massimizza la produttività dei sistemi di desalinizzazione, di norma producendo con successo il 99,7% di purezza del’acqua (il 99,7% della separazione del sale è ottenuta in condizioni di verifica standard dell’acqua marina, ossia 32.000 mg/l NaCl, 8% recupero, 800 psi, 25 ºC e pH 8). L’installazione delle membrane si stima comporterà un risparmio di oltre €175.000 in un periodo di cinque anni. L’acqua di alimentazione per l’impianto proviene direttamente dal Mar Mediterraneo e servirà a fornire acqua potabile per l’isola.Dow Water and Process Solutions, nel suo stabilimento a Fombio, produce anche un’ampia gamma di resine a scambio di ioni (IER) e materiali a base di copolimeri. Oltre ad essere impiegate per il trattamento e la purificazione dell’acqua potabile, le IER vengono chimicamente modificate per un uso mirato in un vasto ventaglio di applicazioni, come migliorare il sapore di cibi e bevande, generare energia elettrica, produrre principi attivi farmaceutici e per il recupero dei metalli (industria mineraria).

Surgital, leader in Italia e nel mondo nella produzione di pasta fresca surgelata, piatti pronti e sughi surgelati, si conferma ancora una volta punto di riferimento nell’innovazione del comparto food grazie all’installazione, nella sua sede di La-vezzola (Ravenna), di un innovativo impianto di autoproduzione energetica ad altissima efficienza ed emissioni near-zero. Il sistema, unico in Italia per le sue caratteristiche di sostenibilità e rispetto ambientale, produrrà congiuntamente energia elettrica, vapore e freddo grazie all’impiego di una turbina oil-free, bre-vetto di derivazione aerospaziale dell’americana Capstone.La crescita dell’azienda, creata nel 1980 da Romana Tamburini insieme al mari-to Edoardo Bacchini, è stata dettata negli anni da una grande spinta innovativa applicata ad ogni ambito aziendale. Se nei lontani anni ’80 l’innovazione riguar-dava l’intuizione di utilizzare la surgelazione per la conservazione del prodotto o l’automazione dei processi di produzione, negli anni duemila l’innovazione ha riguardato principalmente l’efficientamento energetico dell’azienda. Nel 2010 è stata, infatti, installata una centrale di trigenerazione combinata ad un impianto fotovoltaico e nel 2013 si è realizzato un nuovo magazzino di stoccaggio, com-pletamente automatizzato, con una capienza di 14.000 posti pallet. Con lo scopo di fornire energia al magazzino, l’azienda ha scelto ora un impianto con turbina a gas oil-free Capstone e processo di post-combustione, una tec-nologia all’avanguardia che unisce la cogenerazione a un sofisticato sistema di recupero termico che assicura il massimo livello di efficienza attualmente possi-bile, e quindi di risparmio, in quei processi dell’industria alimentare che richiedo-no energia termica sotto forma di vapore saturo. Il sistema è, infatti, composto da una turbina Capstone a gas naturale da 600 kWe che ottimizza la produzione di vapore (3.000 kg/ora a 8 bar) mediante l’impiego di un generatore di vapore a recupero e bruciatore in vena d’aria che sfrutta totalmente l’energia dei gas di scarico della turbina. Il vapore serve ad alimentare un frigorifero ad assorbimen-to ad ammoniaca che pro-duce il liquido refrigerato a – 30 °C necessario per alimentare la nuova cella frigorifera da 14.000 po-sti pellet. Il tutto con zero emissioni.L’impianto diminuirà di oltre il 30% il consumo di energia primaria con con-seguente aumento di pro-duttività dell’azienda.

Dow Water and Process SolutionsMeno costi per il processo di desalinizzazione

Asja AmbienteRilanciato sul mercato il Totem

IBTSurgital: modello di innovazione sostenibile

Per informazioni:Dow Italia SrlTel. 0377.3121 _ Fax 0377.312250Email: [email protected] Web www.dow.com.

Per informazioni:IBT srl - D.ssa Lavinia Colonna PretiTel. 0422.616 330 – Fax 0422. 616363Email: [email protected] Web: www.ibtgroup.it

Sono passati appena 16 mesi da quando Asja, azienda da 20 anni leader nella pro-duzione di energia da fonti rinnovabili, ha scelto di investire nella microcogenerazio-ne e già si presenta sul mercato con un prodotto destinato a diventare protagonista della rivoluzione energetica in corso. Asja, tramite la controllata asjaGen, ha presen-ta sul mercato una nuova gamma di microcogeneratori che non solo portano il nome del primo microcogeneratore al mondo, nato nel centro ricerche Fiat a metà degli anni ‘70, ma ne ereditano la completa italianità. Stiamo parlando del Totem, una macchina di ingombro ridotto, progettata per soddisfare la necessità di energia elet-trica e calore grazie a un unico combustibile (metano, GPL, biometano o biogas).Con una efficienza del 97% e grazie alle tecnologie di Fiat Group Automobiles (FGA), FPT Industrial e Magneti Marelli di cui si avvale, il Totem permette di rispar-miare fino al 40% sulla bolletta, con emissioni inferiori ad una tradizionale caldaia a condensazione.Ecologico, efficiente e silenzioso si distingue per la sua “intelligenza”: un’innova-tiva piattaforma software, concepita per lo Smart Building, gli consente infatti di coordinare altri sistemi di generazione di energia, permettendo all’intero sistema di raggiungere la massima efficienza.Il Totem, per adattarsi perfettamente alle esigenze delle utenze a cui è destinato, è disponibile nelle versioni da 10, 20, 30 e 45 kW. Piscine, hotel, piccole industrie, sono solo alcuni esempi di applicazioni possibili. Le aziende agricole sono poi in-

terlocutori privilegiati in quanto possono utilizza-re il biogas prodotto da scarti animali e vegetali come combustibile per alimentarlo, ottenendo così energia elettrica e termica a costo zero e con il massimo dei van-taggi in termini ambien-tali.Grazie al lavoro del team R&D interno ad Asja, il Totem sarà inoltre l’uni-co microcogeneratore al mondo con dati di pro-duzione certificati. I primi Totem saranno installati a partire da gennaio 2015,

Per informazioni:Asja AmbienteTel. 011.9579242 – Fax 011. 9579241Email: [email protected] Web: www.asjagen.com

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Libri

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Francamente, molto francamente, mi è difficile profilare un’opinione analitica su questo testo di marketing, anzi, nuovo marketing. Del resto, bisogna dare atto come esso si legga in maniera piacevole e simpatica. Il titolo è ac-cattivante, di quelli che subito ispirano grande curiosità e dispongono l’animo positivamente. Si parla di business, insomma dell’arte di fare soldi, in piccolo, ma anche in grande. Il marketing, lo si sa, è l’anima del commercio, la spina dorsale dell’imprenditorialità. Si produce per vendere, e si vende perché la collettività necessita di prodotti e servizi. I prodotti e i servizi, per loro parte, vanno introdotti, fatti conoscere e ponderati all’attenzione dei consu-matori potenziali con metodiche opportune.E’ questa l’arte del marketing, un anello di congiunzione fra produzione e consumo, fra necessità ed utilizzo, business ed innovazione. Il marketing è quindi l’arte che media fra valori concreti di prodotto ed il suo mercan-teggiamento. Sennonché il marketing di Guerrilla non è di tipo tradizionale, quello che tutti ben conosciamo; ha appunto la presunzione (che può raggiungere anche risultati importanti) dell’appariscenza, di una estempora-neità a cui convergono i fattori più disparati. Un tale aspetto lo si desume già concretamente dall’indice del te-sto, molto dettagliato che pare volere esplicare tutte le variabili della psicologia analitica come della sociologia, in un contesto di globalità. Si capisce anche scorrendo l’introduzione al testo, frenetica e piuttosto cattedratica, la quale nelle puntualizzazioni martellanti e ripetitive assume aspetti Impositivi e toni imbonitori. Al sottoscritto sembra che Guerrilla Marketing, senza voler togliergli prerogative, venga presentato in misura eccessivamente ampollosa per renderla pienamente credibile, e forse al di sotto dei suoi possibili meriti reali: un eccesso di entu-siasmo folcloristico che solitamente è appannaggio del web. Resta il fatto che solo la qualità consolidata vince le sfide del tempo che passa.

Il presente volume è un assemblaggio a più mani di temi legati alla progettazione sostenibile e alla gestione amministra-tiva degli edifici condominiali. Un vero e proprio vademecun per gli amministratori i quali debbono adeguarsi alle nuove norme legislative.Essi debbono adeguarsi alle modificazioni sia sotto il profilo tecnico quanto gestionale. Per cui nasce questa raccolta di testi, i quali - messi tutti insieme - intendono rappresentare una guida unica e completa anche per quegli amministratori che mal digeriscono il linguaggio tecnico. Essa rappresenta un riferimento indispensabile e molto chiaro per ogni ammi-nistratore di condomini ad uso civile.Il tema dominante, anche dal punto di vista legislativo, è quello ormai reso urgente dai tempi attuali: gli immobili condomi-niali debbono adeguarsi con le azioni più opportune, soprattutto sotto il profilo gestionale, alle nuove realtà di sostenibilità ambientale, economiche e sociali.Tale nuovo paradigma ha ispirato ed anima la nuova impostazione articolata da esperti di progettazione e gestione edili-zia; con un occhio attento alle realtà sociali del vivere presente, ma proiettate al futuro. Le analisi comprese nel volume si dimostrano puntuali ed accurate: tecnologie per la valorizzazione energetica del parco edilizio esistente, diagnosi e certi-ficazione energetica, le incentivazioni, i profili giuridici e le responsabilità dei soggetti coinvolti, la sicurezza dell’Abitare….Doveroso è rilevare l’interessante illustrazione dei contenuti del sistema di rating BRaVe, messo a punto dal Laboratorio GestiTec del Politecnico di Milano: un metodo elaborato per determinare con precisione la qualità complessiva degli edifici.Degne di rilievo risultano le linee guida del Protocollo Abitare Biotech, i cui asset procedurali vengono suggeriti in partico-lare all’attenzione degli amministratori di condominio.

Sono idonei due aggettivi a caratterizzare questo volume, o piuttosto manuale teorico pratico, sulla deter-minazione e trattamento della qualità dell’aria: pregevole ed esaustivo.Il volume è pregevole perché prende atto come attualmente vi sia un’attenzione crescente alla qualità dell’aria, intesa come componente fondamentale della qualità della vita. E questa presa di coscienza ha determinato, anche dal punto di vista culturale, profondi cambiamenti nel ruolo della tecnologia di depu-razione. Mutata radicalmente è la mentalità di come affrontare le problematiche che affliggono la buona qualità dell’aria; mentre in passato si interveniva soltanto a valle delle emissioni prodotte da un processo industriale, la nuova concezione di intervento detta le regole di attuazione su tutte le fasi del ciclo di cate-na al fine di prevenire la formazione degli inquinanti oppure di procederne all’abbattimento in procedura programmata.L’aggettivo “esaustivo” intende lodare il riferimento puntuale alle normative, loro modificazioni, ed am-pliamenti: si parte dalla disciplina sulle emissioni in atmosfera (D.lgs 3/04/n.152, e, passando attraverso tale intervallo di tempo, si perviene al D.lgs 4/03/2014, n.46, il quale modifica, arricchisce, completa in profondità operativa il D.lgs 152/2006 di partenza.E’ tenendo in buon conto le norme citate che vengono delucidate le tecniche di intervento ed illustrati i sistemi di depurazione utilizzati più comunemente per il controllo ed abbattimento delle emissioni di mate-riale particolato e dei composti gassosi. La bibliografia conclusiva riporta un elenco di riferimenti bibliografici tanto di carattere generale quanto con particolare riferimento a singoli sistemi di controllo delle emissioni consultabili per ulteriori approfondimenti sui contenuti dei vari capitoli.

Guerrilla marketing in ItaliaIl vero Guerrilla Marketing per grandi risultati con piccoli budget

Abitare BiotechValorizzare la qualità dell’abitare nei condomini

Trattamento delle emissioni in atmosfera

AutoriCasa editrice

Prezzo

A cura diCasa editrice

Prezzo

AutoriCasa editrice

Prezzo

Andrea Frausin, Fabio ZancanellaFrancoAngeli€ 22,00 - Pagine 155

Francesco Burrelli, Annalisa Galanti, Alessandro Marata, Francesco VenunzioEdizioni Ambiente€ 35,00 - Pagine 181

Stefano Cernuschi, Michele Giugliano, Giovanni LonatiHoepli Editore€ 15,90 - Pagine 122

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Libri

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Francamente, molto francamente, mi è difficile profilare un’opinione analitica su questo testo di marketing, anzi, nuovo marketing. Del resto, bisogna dare atto come esso si legga in maniera piacevole e simpatica. Il titolo è ac-cattivante, di quelli che subito ispirano grande curiosità e dispongono l’animo positivamente. Si parla di business, insomma dell’arte di fare soldi, in piccolo, ma anche in grande. Il marketing, lo si sa, è l’anima del commercio, la spina dorsale dell’imprenditorialità. Si produce per vendere, e si vende perché la collettività necessita di prodotti e servizi. I prodotti e i servizi, per loro parte, vanno introdotti, fatti conoscere e ponderati all’attenzione dei consu-matori potenziali con metodiche opportune.E’ questa l’arte del marketing, un anello di congiunzione fra produzione e consumo, fra necessità ed utilizzo, business ed innovazione. Il marketing è quindi l’arte che media fra valori concreti di prodotto ed il suo mercan-teggiamento. Sennonché il marketing di Guerrilla non è di tipo tradizionale, quello che tutti ben conosciamo; ha appunto la presunzione (che può raggiungere anche risultati importanti) dell’appariscenza, di una estempora-neità a cui convergono i fattori più disparati. Un tale aspetto lo si desume già concretamente dall’indice del te-sto, molto dettagliato che pare volere esplicare tutte le variabili della psicologia analitica come della sociologia, in un contesto di globalità. Si capisce anche scorrendo l’introduzione al testo, frenetica e piuttosto cattedratica, la quale nelle puntualizzazioni martellanti e ripetitive assume aspetti Impositivi e toni imbonitori. Al sottoscritto sembra che Guerrilla Marketing, senza voler togliergli prerogative, venga presentato in misura eccessivamente ampollosa per renderla pienamente credibile, e forse al di sotto dei suoi possibili meriti reali: un eccesso di entu-siasmo folcloristico che solitamente è appannaggio del web. Resta il fatto che solo la qualità consolidata vince le sfide del tempo che passa.

Il presente volume è un assemblaggio a più mani di temi legati alla progettazione sostenibile e alla gestione amministra-tiva degli edifici condominiali. Un vero e proprio vademecun per gli amministratori i quali debbono adeguarsi alle nuove norme legislative.Essi debbono adeguarsi alle modificazioni sia sotto il profilo tecnico quanto gestionale. Per cui nasce questa raccolta di testi, i quali - messi tutti insieme - intendono rappresentare una guida unica e completa anche per quegli amministratori che mal digeriscono il linguaggio tecnico. Essa rappresenta un riferimento indispensabile e molto chiaro per ogni ammi-nistratore di condomini ad uso civile.Il tema dominante, anche dal punto di vista legislativo, è quello ormai reso urgente dai tempi attuali: gli immobili condomi-niali debbono adeguarsi con le azioni più opportune, soprattutto sotto il profilo gestionale, alle nuove realtà di sostenibilità ambientale, economiche e sociali.Tale nuovo paradigma ha ispirato ed anima la nuova impostazione articolata da esperti di progettazione e gestione edili-zia; con un occhio attento alle realtà sociali del vivere presente, ma proiettate al futuro. Le analisi comprese nel volume si dimostrano puntuali ed accurate: tecnologie per la valorizzazione energetica del parco edilizio esistente, diagnosi e certi-ficazione energetica, le incentivazioni, i profili giuridici e le responsabilità dei soggetti coinvolti, la sicurezza dell’Abitare….Doveroso è rilevare l’interessante illustrazione dei contenuti del sistema di rating BRaVe, messo a punto dal Laboratorio GestiTec del Politecnico di Milano: un metodo elaborato per determinare con precisione la qualità complessiva degli edifici.Degne di rilievo risultano le linee guida del Protocollo Abitare Biotech, i cui asset procedurali vengono suggeriti in partico-lare all’attenzione degli amministratori di condominio.

Sono idonei due aggettivi a caratterizzare questo volume, o piuttosto manuale teorico pratico, sulla deter-minazione e trattamento della qualità dell’aria: pregevole ed esaustivo.Il volume è pregevole perché prende atto come attualmente vi sia un’attenzione crescente alla qualità dell’aria, intesa come componente fondamentale della qualità della vita. E questa presa di coscienza ha determinato, anche dal punto di vista culturale, profondi cambiamenti nel ruolo della tecnologia di depu-razione. Mutata radicalmente è la mentalità di come affrontare le problematiche che affliggono la buona qualità dell’aria; mentre in passato si interveniva soltanto a valle delle emissioni prodotte da un processo industriale, la nuova concezione di intervento detta le regole di attuazione su tutte le fasi del ciclo di cate-na al fine di prevenire la formazione degli inquinanti oppure di procederne all’abbattimento in procedura programmata.L’aggettivo “esaustivo” intende lodare il riferimento puntuale alle normative, loro modificazioni, ed am-pliamenti: si parte dalla disciplina sulle emissioni in atmosfera (D.lgs 3/04/n.152, e, passando attraverso tale intervallo di tempo, si perviene al D.lgs 4/03/2014, n.46, il quale modifica, arricchisce, completa in profondità operativa il D.lgs 152/2006 di partenza.E’ tenendo in buon conto le norme citate che vengono delucidate le tecniche di intervento ed illustrati i sistemi di depurazione utilizzati più comunemente per il controllo ed abbattimento delle emissioni di mate-riale particolato e dei composti gassosi. La bibliografia conclusiva riporta un elenco di riferimenti bibliografici tanto di carattere generale quanto con particolare riferimento a singoli sistemi di controllo delle emissioni consultabili per ulteriori approfondimenti sui contenuti dei vari capitoli.

Guerrilla marketing in ItaliaIl vero Guerrilla Marketing per grandi risultati con piccoli budget

Abitare BiotechValorizzare la qualità dell’abitare nei condomini

Trattamento delle emissioni in atmosfera

AutoriCasa editrice

Prezzo

A cura diCasa editrice

Prezzo

AutoriCasa editrice

Prezzo

Andrea Frausin, Fabio ZancanellaFrancoAngeli€ 22,00 - Pagine 155

Francesco Burrelli, Annalisa Galanti, Alessandro Marata, Francesco VenunzioEdizioni Ambiente€ 35,00 - Pagine 181

Stefano Cernuschi, Michele Giugliano, Giovanni LonatiHoepli Editore€ 15,90 - Pagine 122

l’Ambiente

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“Obiettivo comune” non è una monografia, bensì un compendio di articoli specifici sulle sfaccettature del partenariato pub-blico/privato, inteso secondo i nuovi termini attualmente In fase di stabilizzazione, e proiettati nella futura realtà evolutiva. In-somma, una concezione di partnership secondo il senso della globalità “da monte a valle”. Marisa Parmigiani ed AlessandraVaccari sono le curatrici di questo testo e della sua realizzazione. Gli articoli recano la firma di Luca De Biase, Marco Frey, Natalia Marzia Gusmerotti, Ilaria Orfino, Roberta Paltrinieri, Mariella Stella: nomi conosciuti nell’ambito della ricerca di settore o nel mondo accademico.In parole brevi, questa raccolta di saggi si pone l’obiettivo di focalizzare l’attenzione sui reali contenuti e potenzialità della collaborazione fra pubblico e privato. Dall’individuazione comune dei problemi alla risoluzione degli stessi, in tutti i settori in cui il connubio attività pubbliche e settore privato possano manifestare possibilità di collaborazione tanto da cimentarsi in un iter comune.Sul territorio le realtà culturali ed economiche si sono modificate radicalmente, ed è cosa buona prenderne atto. Questo comporta che è necessario che le innovazioni vengano stimolate grazie all’utilizzo delle reti e delle nuove tecnologie a disposizione e al diverso ruolo che cittadini e imprese hanno assunto nel generare valore sul territorio.Rispetto a un non lontano passato il rapporto consolidato fra pubblico e privato sta pervenendo ad una rivoluzione coper-nicana: dalla (non contestata) posizione dominante del “pubblico” si sta passando velocemente alla politica della “parità” acquisita, del fare insieme. Insomma, Enti pubblici ed imprese private debbono interagire all’unisono a favore della collettivi-tà e dello sviluppo del territorio. In ambito certamente locale, ma anche nazionale. Il volume è poi completato da una colle-zione di casi di partnership pubblico-privata, in cui gli autori hanno evidenziato le logiche, le attese e le valutazioni delle parti.

Dell’amianto si conosce molto, per non dire quasi tutto: le sue “magiche qualità” per le quali In passato è stato tanto osannato, ma, purtroppo, anche i drammatici risvolti che ne sono derivati per l’uomo e l’ambiente animale in generale a causa di tali “virtù”. L’utilizzo dell’amianto è stato vietato solo nel 1992, sicuramente troppo tardi. La messa al bando, come si sa, ha comportato Il divieto assoluto di estrazione, lavorazione, utilizzo di qualsivoglia genere, commercializza-zione. A tale proposito la legge 257/1992 parla molto chiaro… Abbiamo detto “troppo tardi”, visto che i nefasti effetti da esso derivanti hanno una incubazione di decine di anni cosicché, statisticamente parlando, si prevede che il picco di mortalità in Italia causato da questo subdolo killer è ancora da raggiungere. Ma, a parte la descrizione tecnica del materiale amianto, la trattazione che presentiamo è importante perché molto consimile ad un manuale di docenza. Una docenza in linea con la rassegna consequenziale dei provvedimenti legislati-vi. Il DM 06/09/1994 prevede l’obbligo per i proprietari di strutture edilizie ed impianti contenenti amianto o sue lavorazio-ni (MCA) di provvedere alla nomina di un RA (Responsabile amianto); il che, oltrechè imporre al proprietario (e detento-re) precise responsabilità, delinea condotte ben evidenziate e soggette a sanzioni anche penali. I recenti casi giudiziari risultano molto esplicativi… Sono ancora milioni e milioni le tonnellate di amianto e manufatti contenenti amianto da rimuovere o mettere in sicurezza solo nel nostro paese. Il nuovo Piano Nazionale Amianto porta la recente data del 2013 e ribadisce presso la funzione pubblica la figura professionale di RA, formalizzandola. A tale proposito gli autori si soffermano molto bene su peculiarità e competenze che investono tale figura professionale, comprese le responsabilità.Il manuale è sintetico, pur conservando la rigorosità; intende fornire gli strumenti pratici e gli algoritmi di valutazione, le cognizioni di obbligo a livello normativo e pratico. Il CD accluso contiene la Normativa di riferimento e gli algoritmi di valutazione in EXCEL.

Il libro che presentiamo, facente parte della collana i “Tascabili dell’ambiente”, si legge bene e stimola la curiosità di chi lo ha in mano, essendo il suo contenuto un argomento ancora tanto nuovo; viene anche solleticato il desiderio di entrare a far parte di un sistema di mobilità inusuale per i più, e che d’altronde conta già tanti adepti nelle grandi città. Car sharing, ovvero auto in condivisione, di nolo, di comproprietà, od anche inserimento nel sistema di mezzi pubblici, taxi, eccetera. Sorvolo sul valore quantitativo e qualitativo a carattere ambientale, sulla riduzione della benedetta CO2, e tant’altro che complessivamente richiederebbero ben altra regolazione dei comportamenti collettivi e globali. In ogni caso il car sharing rappresenta una novità interessante che vale la pena di approfondire, beninteso sempre alla luce delle altre variabili sociali.L’analisi e documentazione presentate dall’autore in questo volume risultano accattivanti, spronando a cimentarsi in un’avventura nuova dalla quale, del resto, si può sempre uscire. . Personalmemte lo car sharing mi riesce un po’ Indifferente, ma è un’opinione soggettiva che non fa testo. Secondo chi redige queste note il problema da affrontare, qualora lo car sharing prendesse piede in misura estesa, sarebbe costituito dal rapporto di disponibilità (anche tempistica) fra mobilità in tempo reale e le stesse esigenze degli utenti. La garanzia di affidabilità verrebbe a costituire un ulteriore problema. Insomma, il futuro del car sharing è da verificare, ma è sicuramente molto interessante, sia dal punto di vista economico che di sostenibilità e potrebbe risultare vincente in un obiettivo che pare impossibile, a molti: vivere senza automobile.

Obiettivo ComuneLe partnership pubblico-privato strumento di innovazione, responsabilità e fiducia

Il responsabile amiantoMetodi di valutazione e di gestione del rischio amianto negli edifici e negli impianti

Car SharingCome la sharingeconomy cambia la nostra mobilità

A cura di Casa editrice

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AutoriCasa editrice

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AutoreCasa editrice Prezzo

Marisa Parmigiani, Alessandra VaccariEdizioni Ambiente€ 18,00 - Pagine 149

Fulvio Cavariani , Fulvio D’OrsiEPC Editore€ 25,00 - Pagine 224

Carlo IacoviniEdizione Ambiente€ 14,00 - Pagine 134

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Osservatorio Ambientale

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Metodologie applicate alla microbiologia dei processi di fitodepurazione

Figura 1 – Andamento della resa di eliminazione in fase di acclimazione

Nel corso di questa trattazione, particolarmente dedicata agli aspetti microbiologici che riguarda-no i bioprocessi, verranno affrontati nello specifi-co aspetti salienti relativi alle colonie batteriche ed alle colture miste messe in opera, oltreché ai criteri che governano la loro efficacia. E’ noto come tali elementi debbano rispondere ad alcuni parametri fondamentali che qui sottolineiamo:• I metodi e le tecniche utilizzati per l’acclimazio

ne,l’identificazione, o la valutazione della bio-massa debbono tenere in conto alcuni aspetti pratici della biologia molecolare.

• Le potenzialità inerenti i COV appartengono a famiglie chimiche svariate.

L’origine dei microrganismiI microrganismi fanno parte della biogenosi degli ecosistemi terrestri ed acquatici. Sotto tale aspetto essi sono largamente diffusi soprattutto nel suolo, in tutte quelle aree sufficientemente prossime alla superficie, le quali possono rappresentare una ric-ca riserva di organismi aerobi per la presenza di acqua, di materiale organico, ossigeno, elementi minerali.Sono presenti nelle acque superficiali, dove spes-so la maggioranza delle specie microbiche ama fissarsi su tutti i supporti a disposizione e nei si-stemi di depurazione biologica degli scarichi liquidi industriali o fognari urbani nei quali può riscontrarsi una importante varietà di popolazioni e speci molto diversificate; e ciò, di assoluta importanza, quali che siano: fanghi attivi, letti batterici, anelli batterici, lagunaggio, ecc.. Se ne desume che può essere effettuata una sele-zione già a partire dagli ecosistemi naturali oppure tecnologici; in via generale nelle loro relazioni gli au-tori menzionano la fonte delle specie da loro isolate. Per lo più i ceppi microbici realizzati provengono da campioni di biomassa ricavati dal trattamento dei reflui urbani oppure industriali, ad esempio i fanghi attivi. Rilevante è il fatto si tratti di una sorgente fa-cilmente disponibile, oltretutto caratterizzata da una ampia eterogeneità microbica. Altrettanto, a secon-da delle caratteristiche dei COV da eliminare, i fan-ghi di una stazione di depurazione di scarichi indu-striali trattanti composti di natura consimile possono costituire una fonte di batteri idonei allo scopo.

Selezione – AcclimazioneL’adattamento di una famiglia di microrganismi ad uno o più inquinanti COV avviene secondo molteplici mec-canismi:• selezione di batteri specifici,• induzione di enzimi specifici.• organismo che conferisca nuove proprietà e ca-

pacità metaboliche (mutazione, trasposizione, plasmide); è un campo di Indagine che ha obbiet-tivi di ricerca importanti e fruttuose, favorito dalla clonazione di geni specifici che attribuiscono ai microrganismi trasformati in tal modo dall’inge-gneria genetica nuove proprietà nella capacità di degradazione.

Indipendentemente dalla fonte dei microrganismi, una selezione di questi, adatta a degradare preferenzial-mente i COV da trattare, potrà essere realizzata dopo la loro acclimazione in presenza degli stessi. Risulta evidente come tale acclimazione costituisca un pas-saggio cruciale del processo di selezione. soprattutto nel caso di composti di difficile biodegradabilità. La messa a punto ottimale di questo stadio costituirà fun-zione preliminare per stabilire parametri quali la quan-tità, la qualità dell’inoculo utilizzato, la concentrazione nei composti organici, la loro tossicità, la presenza di nutrienti (sali minerali, ecc. ), le condizioni fisico-chimiche (pH, temperatura, pressione,…) appropriate; altri elementi determinanti sono costituiti dal fattore

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tempo nell’effettuare la misurazione perché vi può es-sere ampia variabilità nella durata di acclimazione (da qualche giorno a diverse settimane).

In Figura 1 viene mostrata l’acclimazione all’acetone e al diclorometano di popolazioni batteriche generate dai fanghi attivi decantati di una stazione di denatura-zione biologica urbana. Dopo circa dieci giorni l’attività microbica si attesta su un valore massimale costante, dimostrando che all’interno del sistema si è instaura-to un regime pressoché stabile. Durante questa fase, che corrisponde all’arricchimento progressivo del mezzo di microrganismi in grado di degradare gli in-quinanti presi in considerazione, ha luogo la selezio-ne degli organismi a scapito di quelli inadatti, i quali hanno inclinazione a dissolversi in assenza di sorgenti come carbone o energia.Tale selezione di batteri depuratori può ugualmente implicare - a livello cellulare e biochimico - l’adatta-mento o la messa a punto di vie metaboliche di cata-bolismo attendibili, risultanti dalla contrazione od indu-zioni di alcune attività enzimatiche.

Le colture pure La messa in opera di colture pure, isolate o ben raccol-te e circoscritte, non è difficile da realizzare in labora-torio; essa consente di caratterizzare in modo specifi-co la capacità di un microrganismo a degradare o no gli inquinanti, i suoi limiti, studiare le vie metaboliche improntate, i prodotti che ne derivano, e così via. Vi è da dire che la sua applicazione in scala industriale è resa alquanto più complicata dal fatto che è neces-sario salvaguardare le condizioni di sterilità: la persi-stenza della sorgente (esogena) inoculata in tal modo nell’ambito di un bioprocedimento industriale di fatto non può essere garantita, fra l’altro, per l’insorgere di conflittualità con gli altri microrganismi presenti. Se la coltura axenica di un microbo in condizioni di laborato-rio, controllate artificialmente, è un essenziale ed utile procedura per studiare e comprendere i meccanismi biochimici di attività e conseguente sviluppo, parimenti essa risulta generatrice di artificiosità nella misura in cui dispone la batteria in un contesto di stabilità dei pa-rametri di crescita raramente rispettati nell’ambiente in generale, e di un bioreattore di depurazione in genere.

Colture misteNella maggioranza dei casi dopo l’acclimazione - per altro tenute in considerazione anche le origini dell’i-noculo di cui abbiamo fatto menzione in precedenza - viene selezionato un “consorzio”di microrganismi; il fatto stesso di procedere ad una selezione batterica è di per se stesso favorevole al trattamento di efflussi gassosi, sovente essi stessi molto complessi ed ete-rogenei. La probabilità di degradazione di una tale

mescolanza di composti organici volatili è migliore In presenza di molteplici generi e specie di microrgani-smi. Resta acquisito come all’interno di una collettività batterica tanto eterogenea i comportamenti dei micror-ganismi siano regolati da interazioni assai complesse e come gli equilibri all’interno di questa compagine debbano considerarsi di tipo dinamico; alcuni ceppi batterici possono risultare predominanti nei confronti di altri, e la loro evoluzione (ossia la distribuzione fra i generi e specie presenti) si esplica in funzione della natura dei COV e della variazione durante il tempo.

La stabilitàAll’interno di un processo di biodepurazione la stabilità apparente delle popolazioni microbiche è una condi-zione “sine qua non” per la buona riuscita degli abbat-timenti. Il risultato dipenderà dalle fluttuazioni imposte dal mezzo esterno, al fine di imprimere un impulso di selezione il cui studio degli effetti consente di com-prendere le modalità di funzionamento delle compa-gini microbiche.I lavori condotti in tal senso conducono ad una miglio-re padronanza dei processi biologici essenziali e delle procedure di abbattimento dei COV in particolare.

La diversità del pool genetico Ogni batterio contiene una riserva di informazioni sotto forma di geni cromosomici e/o plasmidici poten-zialmente trasmissibili, per alcuni, da una cellula ad un’altra non necessariamente appartenente alla stes-sa specie. Tale possibilità di trasferimento genetico (che implica processi di ricombinazione e di acquisizione plasmi-dica) consente l’apparizione di proprietà nuove (ad esempio in materia di biodegradazione, resistenza ad un tossico) in un ceppo batterico dato.Resta chiaro che la diversità di organismi presenti in una coltura mista introduce di fatto una potenzialità di diversità genetiche, e dunque, biochimiche (enzimati-che). Un tale aspetto, congiunto alla capacità dei bat-teri di evolvere rapidamente il loro patrimonio genetico, senza dubbio è responsabile per gran parte della loro attitudine a colonizzare un nuovo mezzo e ad adattarsi alle fluttuazioni delle variazioni esterne.

Misura della biomassaL’efficacia di un trattamento biologico dipende in primo luogo dall’attività globale dei microrganismi implicati nel processo di depurazione. Tale attività riveste una dimensione quantitativa ma anche qualitativa in rap-porto al potenziale di attività metabolica di degradazio-ne che è funzione dello stato fisiologico della cellula.L’obiettivo perseguito nella valutazione della biomas-sa o della sua attività è di stabilire una correlazione fra i parametri biologici scelti e l’efficacia globale del

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bioreattore in modo da caratterizzare il suo stato (sta-zionario o no), rilevare eventuali disfunzioni che po-trebbero essere collegate ad un dileguamento della biomassa attiva, ad una modificazione profonda delle popolazioni batteriche presenti, oppure ad una evo-luzione della loro ripartizione nel reattore. Potrebbe ad esempio trattarsi di eterogeneità nella densità di colonizzazione di una parte della miscela microbica, dello stato del filtro, ….Alcuni parametri possono ugualmente fornire interes-santi dati in anticipo sul comportamento futuro dell’in-tero sistema, come il comportamento di certe attività enzimatiche. Sono molteplici le tecniche che consen-tono la valutazione di questi criteri sia quantitativi che qualitativi di cui è importante conoscere le caratteri-stiche, le peculiarità, ma anche i limiti. Normalmente si parla di metodi diretti od indiretti, ben sapendo che essi si applicheranno per lo più a sospensioni micro-biche.

Il campionamentoIl campionamento della biomassa in un processo a cellule in sospensione è largamente facilitato a con-fronto dei sistemi a biomassa prestabilita.Per i biofiltri a composizione naturale come la torba, cortecce, ramaglia, ecc... l’affidabilità del campiona-mento sarà sempre soggetta a diversità di opinione. Nel caso di riempimento non strutturato ma presen-tante una certa regolarità ed omogeneità (materiali a struttura granulare) il campionamento della biomassa che passa attraverso il supporto su cui si trova fissata la microflora, sarà riproducibile con maggiore facilità. Nondimeno è necessario precisare che l’utilizzo del supporto implica un cambiamento localizzato ed at-tento non suscettibile di dubbi.Un campionamento a più stadi di una colonna o di un

letto filtrante, per essere realizzato rigorosamente (sia a scala di pilota che industriale) necessiterà di proce-dere per tentativi. Una volta ottenuto il campione, lo studio della biomassa stabilita richiederà per un tem-po notevole una pausa di interruzione chimica o fisica sovente parziale di cui è importante verificare la con-sistenza rappresentativa; il che rende tali procedure alquanto laboriose.E’ possibile studiare in maniera completa la biomassa di un processo a riempimento (un biofiltro o di un letto batterico utilizzato nel trattamento dell’aria) come nel caso dei reattori adibiti al trattamento delle acque (letti batterici a deflusso superficiale) utilizzando le acque di lavaggio, sospensione più omogenea della biomas-sa che, in quanto ai materiali In sospensione (MES) possiede caratteristiche molto simili alla miscela mista dei processi a fanghi attivi.Nel trattamento dell’acqua è stato dimostrato come sussista una certa rappresentatività, in termini di va-rietà, della flora microbica di un biofiltro e di tali ac-que di lavaggio. Ancora, la valutazione dell’attività metabolica delle acque di lavaggio potrebbe essere considerata un’alternativa utilizzata come parametro globale a cui in seguito fare riferimento anche se non rappresenta necessariamente l’attività metabolica in-tegrale attiva all’interno del biofiltro.Su questo numerosi studi aventi per argomento il trat-tamento dell’acqua su letti batterici mostrano effetti-vamente che, quale che sia la procedura applicata, il lavaggio consente il distacco (fra le altre forze agenti all’interno dell’acqua o dell’aria) soltanto una frazione della biomassa predeterminata. L’applicazione di mo-dalità costanti del lavaggio favorirà la riproducibilità delle misure della biomassa come anche la valutazio-ne dell’attività biologica.

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