l'acqua e la memoria

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L’acqua e la memoria Val d’Arzino e altipiano di Pradis di Lorenzo Cardin, Tiziana Melloni, Maurizio Pertegato, Eleonora Crupi

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“L'acqua e la memoria” racconta in parole, gallerie fotografiche, immagini interattive e video la Val d'Arzino e l’altipiano di Pradis, situati nelle Prealpi, nel Friuli Occidentale. Il libro ne descrive gli aspetti geografici, geologici e naturalistici. Presenta la storia millenaria di questi luoghi, frequentati fin dal Paleolitico e interessati dalle vicende della Patria del Friuli, dalle migrazioni, dalle due guerre mondiali. In particolare vi si racconta la battaglia di Pradis, avvenuta tra Pielungo e Pradis il 5 e 6 novembre 1917. Non mancano i personaggi celebri che sono nati nella valle o che vi hanno lasciato un ricordo indelebile, tra cui Girolamo Ortis, Giacomo Ceconi, il neuroscienziato Giacomo Rizzolatti. Nel libro è descritto inoltre un percorso escursionistico per antichi sentieri.

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  • Lacqua e la memoria Val dArzino e altipiano di Pradis

    di Lorenzo Cardin, Tiziana Melloni, Maurizio Pertegato, Eleonora Crupi

  • Lacqua e la memoria

    di Lorenzo Cardin, Tiziana Melloni, Maurizio Pertegato, Eleonora Crupi Pordenone, ottobre 2015 Editore: Studio Associato ComunIcare via Meduna 26Pordenone

    Testi, foto, video, tracce audio e filmati sono pubblicati con licenza Creative Commons: uso non commerciale, citare la fonte

    Con il patrocinio di: Comune di Clauzetto, Comune di Vito dAsio

    Con il contributo di: BCC Pordenonese, Friulovest Banca

    Cooperativa Alkosa

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    Indice Ringraziamenti 3 Gli autori 4 1. Geografia 5 1.1 La valle 5 1.2 Monti e torrenti 6 1.3. Come arrivare 8 2. Ambiente 11 2.1 Geologia 11 2.2 Terremoti e frane 15 2.3 Bosco e prato 18 2.4 Animali 20 3. Storia 22 3.1 Preistoria e antichit 22 3.2 Lepoca feudale 24 3.3 I Savorgnan 25 3.4 Tempo di migrare 26 3.5 La battaglia di Pradis 28 3.6 Torna la foresta 31 4. Personaggi 33 4.1 Antonio Savorgnan 33 4.2 Giuseppe Rizzolati 36 4.3 Girolamo (Jacopo) Ortis 38 4.4 Giacomo Ceconi 39 4.5 Giacomo Bianchini 42 4.5 Fiorenza Cedolins 43 4.6 Giacomo Rizzolatti 45

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    5. Itinerari 47 5.1 Grotte e museo di Pradis 47 5.2 Il castello Ceconi 49 5.3 La strada Regina Margherita 51 5.4 Sentiero Storico 53 5.5 Terme di Anduins 56 5.5 Le specialit 57 5.7 Dormire, mangiare, acquistare 58 Bibliografia 60

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    Ringraziamenti

    Questo iBook nato a partire dal desiderio di onorare una memoria preziosa legata alla Grande Guerra: il cimitero di Pradis, un luogo unico in Friuli Venezia Giulia, dove sono sepolti, insieme - italiani ed imperiali - i caduti della battaglia che si svolse tra Pielungo e Pradis allinizio del novembre 1917. Ringraziamo quindi anzitutto lex sindaco di Clauzetto Giuliano Cescutti, che ci ha fatto da guida sui luoghi della battaglia. La visita ai luoghi della Grande Guerra ha fatto nascere la curiosit di inseguire altre storie che si sono incrociate in questi luoghi, cos ricchi di particolarit storiche, culturali ed ambientali. Il Sistema Bibliotecario Spilimberghese ha fornito un valido aiuto nel mettere a disposizione le numerose fonti bibliografiche su questo territorio. Si esprime apprezzamento inoltre allarchivio fotografico della Biblioteca Comunale di Udine. Ringraziamo il fotografo naturalista e digiscoper Stefano Savini per le foto della fauna, scattate in digiscoping, usando cio un cannocchiale associato alla macchina fotografica.La presente opera si caratterizza, in modo estremamente attuale, come lavoro aperto alla partecipazione del web. Un grazie particolare va quindi anche agli iscritti e gestori delle pagine social della Val dArzino su Facebook. Molti dei materiali pubblicati sono messi a disposizione degli archivi pubblici regionali online; le mappe provengono dalla fonte aperta Openstreet map. Siamo particolarmente riconoscenti a tutti coloro - istituzioni, associazioni e singoli - che tramite il web rendono disponibili liberamente informazioni ed immagini.Ringraziamo i Comuni di Clauzetto e Vito dAsio, che hanno voluto onorare questopera con il loro patrocinio. Il progetto non avrebbe mai potuto essere realizzato senza la fiducia dei nostri sponsor: Banca di Credito Cooperativo Pordenonese; Friulovest Banca; Cooperativa Alkosa. I contenuti geografici e iconografici del presente lavoro sono tratti, ove non diversamente indicato, da fonti aperte online regionali e nazionali. Si ringraziano progetti, istituzioni ed associazioni per il lavoro collettivo di raccolta dei dati. La foto di copertina di Eleonora Crupi.

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    Gli autori

    Lorenzo Cardin nato a Pordenone, giornalista pubblicista e collaboratore del Messaggero Veneto. Si occupa di comunicazione e iniziat ive promozional i nel campo delleconomia. Per molti anni si dedicato allattivit speleologica e, ancora con passione, ad escursionismo, running e fotografia. Ha curato cataloghi di mostre culturali per la Societ Operaia di Pordenone ed ha collaborato con il Touring Club Italiano in specifiche guide. autore, tra le altre, delle opere: Storia di Uomini e Aziende nel Friuli occidentale; Guida alle Valli del Friuli Occidentale; Pordenone - guida alla citt.

    Tiziana Melloni, di Roma, giornalista professionista e web editor. Titolare dello Studio Associato Comunicare di Pordenone assieme a Maurizio Pertegato, capo redattore e webmaster del quotidiano online Ilfriuliveneziagiulia.it. Ha collaborato con Radio Vaticana, Avvenire ed altri media cattolici. Si occupata di ricerche economiche per la rivista trimestrale del Centro Studi della Confcooperative di Roma. Attualmente collabora con il mensile Udine Economia della Camera di Commercio di Udine.

    Maurizio Pertegato, di Padova, giornalista professionista e titolare dello Studio Associato Comunicare. direttore dei quotidiani online Ilfriuliveneziagiulia.it, Pordenoneoggi. Ha collaborato tra gli altri con Il Piccolo, Il Corriere di Pordenone, Messaggero Veneto, Italia Oggi, La Gazzetta dello Sport. Attivo nel campo della comunicazione degli enti locali e delle Associazioni di categoria economiche, attualmente collabora con il settimanale Il Popolo di Pordenone.

    Eleonora Crupi, di Trieste, geologo, ha curato il paragrafo dedicato alla geologia. Si laureata allUniversit di Trieste con una tesi sul Monte Pala. titolare di uno Studio professionale di ricerche geologiche a Klagenfurt, in Carinzia, citt dove vive. Webmaster per passione, gestisce il sito web valcosavaldarzino.it.

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    1. GEOGRAFIA

    1.1. La valle

    La Val d'Arzino si trova nel Friuli Occidentale, attualmente (agosto 2015) in provincia di Pordenone. orientata da Nord a Sud ed attraversata dal torrente Arzino da cui prende il nome. La valle e laltipiano di Pradis formano un insieme di territori che racchiudono caratteristiche geografiche diverse. Il passaggio dalle Prealpi alla pianura avviene in modo brusco: ripide pareti verticali dividono la zona collinare e montuosa dalla piana sottostante. Superato lo sperone roccioso, si aprono paesaggi che vanno dalle forre carsiche ai prati, dalla fitta foresta ai piccoli abitati con orti e fiori. I comuni principali sono quelli di Clauzetto (558m), Vito dAsio (533m) e Pinzano al Tagliamento (201m), nellattuale provincia di

  • 6Pordenone. Il comune di Forgaria nel Friuli, nella parte finale della valle, dove l'Arzino si immette nel Tagliamento, si trova invece in provincia di Udine. La valle immediatamente ad Ovest della Val dArzino la Val Cosa. Dal punto di vista geografico e morfologico la Val dArzino e lalta Val Cosa fanno parte delle Prealpi Carniche. La Valle dellArzino, di origine fluvioglaciale, nella parte superiore sbarrata dal complesso montuoso del monte Verzegnis-Lovinzola. Si biforca a Nord Ovest nella Val di Preone e verso Nord Est nella Valle di Verzegnis. Vi confluiscono le valli del Rio Comugna e del Rio Sclusons-Armentaria.Nell'Alta Val d'Arzino si trovano le frazioni di Reonis, San Francesco di Vito d'Asio, Pozzis. Qui la strada si biforca: a Ovest si segue l'alto corso dell'Arzino salendo fino a Sella Chiampon, oltrepassata la quale si in Val di Preone. Fra Pozzis e Sella Chiampon si trovano le cascate dell'Arzino. Se invece da Pozzis si va verso Est, la strada si dirige verso la Sella Chianzutan e la Valle di Verzegnis. Il monte Verzegnis si staglia tra le tre valli. Il percorso stradale da Sud a Nord parte da Flagogna in provincia di Udine e prosegue per Casiacco (Pn), Anduins, San Francesco di Vito dAsio e Pozzis. Larteria principale la Strada Provinciale 1 della Val dArzino, che da Anduins a Cerdevol segue il tracciato della Strada Regina Margherita, costruita da Giacomo Ceconi nel 1891.

    1. 2. Monti e torrenti

    I rilievi principali sono il monte Pala (1.231m), posto tra il corso dellArzino e laltipiano di Pradis; il monte Cuar (1.478m), il Flagjel (1.467m) e il Piombada (1744m.) ad Est; il monte Taiet (1.369m), il Cecon (1.014m) e il Venchiar (1045m.) ad Ovest, il Drea (1278m.) e il Verzegnis (1915 m.) a Nord. Due corsi d'acqua principali delimitano l'area del Monte Pala ad ovest e ad est. Si tratta del torrente Cosa e del torrente Arzino. In epoche geologiche passate i due torrenti costituivano un unico corso d'acqua, prima che catture fluviali spesso dovute a sollevamenti tettonici, determinassero l'attuale assetto geo-idrografico dell'area. Lantico Arzino deviava a monte del Pala in

    Le cascate dellArzino

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  • 8direzione Sud Ovest lungo il percorso dell'attuale torrente Foce per riversarsi quindi nel solco che ora occupato dal Cosa. Il nuovo percorso dell'Arzino che ora costeggia ad est il Monte Pala, dimostra la sua giovinezza con una forte capacit erosiva che ha inciso dal Foce fino ad Anduins una valle strettissima e profonda. Nel tratto dalla confluenza con il torrente Comugna fino a Pert, l'Arzino attraversa ed incide rocce carbonatiche. A valle di Pert intaglia nel calcare una vera e propria forra. LArzino nasce ai piedi del monte Valcalda (1908 m.). Il suo corso lungo circa 30 km. Il torrente, che l'ultimo importante affluente di destra del Tagliamento, caratterizzato da un bacino di alimentazione che si estende su 123 kmq. La portata di 6.8 mc/s, alimentata dalle molte acque che sgorgano dalle pendici dei monti. Ne sono affluenti principali: il rio Sclusons, il rio Armentaria, il torrente Comugna, il torrente Foce, il rio Barquet. Poco dopo la sorgente lArzino forma delle cascate, in corrispondenza del cambio di pendenza della valle. I salti d'acqua sono circondati da faggete e sono intervallati dalle marmitte dei giganti, grandi vasche create dallerosione operata dai sassi fatti rotolare dalla forza delle acque. Le cascate sono raggiungibili percorrendo una strada forestale che parte da Pozzis. Seguendo poi il corso del torrente verso valle, vi si trovano numerosi punti in cui potersi bagnare, in profonde pozze naturali. Il torrente, dopo aver attraversato la frazione di San Francesco, prosegue il suo corso in una profonda valle, al di sopra della quale corre la strada Regina Margherita. Nei pressi di Flagogna, pochi chilometri a Nord della stretta di Pinzano, affluisce nel Tagliamento.Il Cosa, che delimita ad Ovest laltipiano di Pradis, nasce ai piedi del monte Dagn (965m.) e taglia il terreno calcareo con una stretta gola, formando le celebri grotte Verdi. Raggiunge la frazione di Paludea a Sud di Clauzetto, quindi passa per Travesio e Spilimbergo. Si getta nel Tagliamento poco pi a Nord di San Giorgio della Richinvelda.

    1.3. Come arrivare

    Dallautostrada A4 Venezia-Trieste Provenendo da Venezia o da Trieste si prende lautostrada A28. Usciti a Cimpello, imboccata la superstrada, si giunge dopo circa 30 km a Sequals.Dalla rotatoria di Sequals si svolta a destra in direzione di Lestans,

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  • 10dove ci si immette (a sinistra nella rotatoria) sulla provinciale della Val Cosa che, attraverso Travesio e Castelnovo del Friuli, conduce a Clauzetto in circa 15 km. Da qui si pu proseguire per l'altipiano di Pradis, oppure continuare per Vito d'Asio, Anduins e, percorrendo la Provinciale 1, raggiungere l'Alta Val d'Arzino e Sella Chiampon.

    Dalla A23 Alpe AdriaGiungendo da nord lungo lautostrada A23 Alpe Adria la via pi conveniente per raggiungere la Val d'Arzino luscita al casello di Gemona. Da Rivoli di Osoppo si segue il tragitto Majano-Cornino-Flagogna e da qui, superato il ponte sullArzino, prendendo a destra si risale la valle in direzione di Anduins-Vito dAsio. Dal casello di Gemona si raggiunge Clauzetto in circa 35 km.

    Seguendo la viabilit ordinaria Da Pordenone: attraverso la superstrada Cimpello-Sequals (distanza 45 km); da Udine: in direzione di Spilimbergo e quindi, seguendo la strada provinciale della Val Cosa, attraverso Vacile, Lestans, Travesio, Castelnovo del Friuli (distanza 50 km); da Tolmezzo: in direzione di Verzegnis, superato il valico di Sella Chianzutan si raggiunge la Val dArzino e, attraverso San Francesco e Pielungo, ci si immette nel comune di Clauzetto.

    In trenoLa stazione pi vicina quella di Travesio (a 10 km), lungo la tratta che collega Sacile a Gemona del Friuli. Poich il servizio estremamente ridotto, consigliabile fare riferimento alle stazioni di Pordenone, Casarsa della Delizia o Udine. Da Casarsa possibile raggiungere Spilimbergo grazie alle autolinee sostitutive del servizio ferroviario.

    Autocorriere Sia da Pordenone che da Udine frequenti sono i collegamenti con le autocorriere di linea verso Spilimbergo, da qui corse giornaliere raggiungono Clauzetto, Vito d'Asio e San Francesco.

    Viabilit localeLe frazioni pi piccole dei comuni della Val DArzino sono collegate da una rete viaria minore e da alcune carrarecce forestali. Le strade vicinali sono soggette al fenomeno delle frane.

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    2. AMBIENTE

    2.1. GeologiaLa catena Sudalpina trae origine della collisione fra il fronte pi avanzato della microplacca Apula o Adriatica, corrispondente al promontorio africano di Argand, e la zolla europea. Le deformazioni causate da questa collisione verificatesi tra il cretacico superiore e l'attuale, si diversificano per et, orientamento e variabilit del raccorciamento nei diversi settori. Il settore carnico-friulano coincide con il settore pi orientale della catena Sudalpina ed ha subito i pi sensibili raccorciamenti neogenici connessi a fenomeni di sottoscorrimento crostale, da Sud verso Nord. Questi raccorciamenti sono dovuti a movimenti di et

  • 12e direzioni diverse: movimenti dinarici di et paleogenica che hanno dato luogo a strutture orientate NW-SE, movimenti alpini distinguibili in tilaventini (da Tilaventum, l'antico nome del Tagliamento) di et oligo-pliocenica e valsuganesi di et pliocenico-quaternaria, responsabili di strutture orientate rispettivamente E-W e NE-SW, NNE-SSW. Queste strutture sono state inoltre guidate ed influenzate da orientamenti preesistenti, provocati da eventi tettonici risalenti al triassico, al giurassico ed al

  • 13cretacico. Nell'ambito delle Prealpi Carniche, dov' situata la Val d'Arzino, l 'e lemento te t tonico pr inc ipa le rappresenta to da l sovrascorrimento Barcis - Staro Selo (sella di Caporetto, in Slovenia). Questo sovrascorrimento, che complessivamente presenta un'estensione longitudinale di oltre 100 km, divide una zona settentrionale, caratterizzata da una serie di unit strutturali cosiddette embriciate" (che si incastrano in parte una sull'altra,

    accavallandosi) verso Sud in terreni mesozoici (prevalentemente Dolomia Principale), da una zona meridionale (zona delle elissoidi di Dainelli), caratterizzata in superficie da prevalenti pieghe anticlinali con modesto sviluppo longitudinale in te r reni prevalentemente cre tac ico-paleogenici, a loro volta sovrascorse da unit tardo-cenozoiche sia affioranti che sepolte. L'altro elemento tettonico che caratterizza l'area quella struttura originariamente definita da Feruglio nel 1925 come ellissoide dell'Arzino o del Monte Prat. Trattasi di un'anticlinale il cui fianco meridionale rovesciato sovrascorre verso Sud le formazioni terziarie. Questa struttura stata successivamente riconosciuta come una piega frontale sovrascorsa, che per effetto dell'erosione d luogo a finestre (ad esempio la finestra di Pert) e semifinestre tettoniche associate ai relativi lembi di ricoprimento. Da questa situazione strutturale deriva l'estrema instabilit della zona interessata da frequentissime frane. Stratigraficamente i terreni pi antichi sono riferibili al Triassico superiore (Norico Retico Dolomia Principale), continuando con tutti i termini giurassici e cretacici (Calcari Grigi del Friuli Lias, Calcare del Vajont Dogger, Calcare di Soccher

    Mappa geologica dellaltipiano di Pradis

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    Malm, Calcare ad Ellipsactinie Titoniano Barremiano, Calcare del Cellina - Aptiano), fino ai termini paleogenici (Scaglia Rossa Paleocene, Flysch di Clauzetto Eocene). In questa zona l'elemento acqua appare sempre come tratto emergente e caratterizzante dello scenario naturale, sia in forma di rii e torrenti che di polle e sorgenti, queste ultime rivelatrici con la loro frequenza di un'idrografia sotterranea altrettanto ricca ed articolata che quella di superficie. Questa ricchezza d'acqua trova motivazione ed alimentazione nell'apporto abbondante delle precipitazioni, caratteristica costante dell'intera fascia delle Prealpi Carniche. La prevalente tendenza al sollevamento che ancora oggi coinvolge il territorio giustifica la sismicit dell'area, i terremoti del secolo scorso ma anche quelli altrettanto disastrosi dei secoli precedenti. Al quadro sopra delineato si lega inoltre la franosit del bacino dovuta essenzialmente alla fragilit del litotipo e di conseguenza all'effetto dell'intensa compressione tettonica.

    Dolomia principale

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    2.2. Terremoti e frane

    Fonti storiche parlano dei terremoti in Friuli nel 1117, nel 1348, nel 1511, nel 1700. Il 6 giugno 1794 la Val Tramontina e la Val dArzino furono colpite da un sisma che provoc vittime e danni. Nellepicentro, localizzato nel Canal di Cuna, il terremoto ebbe un'intensit stimata del IX grado; a Tramonti di Mezzo distrusse la chiesa e pi della met delle case. Nel 1928 un terremoto di magnitudo stimata 5.7 ebbe come epicentro la Val dArzino tra San Francesco e Verzegnis. Ci furono 11 vittime. La scossa di terremoto del 6 maggio 1976, di magnitudo 6.4, stata la pi forte registrata strumentalmente in Friuli: in Val dArzino ci furono alcune vittime e numerose case e stalle distrutte; il sisma provoc il distacco di massi che invasero le strade locali e distrussero muretti e gallerie. Il 15 settembre dello stesso anno vi fu unaltra scossa, di magnitudo 6.2.Le spinte tettoniche subite dai calcari del Monte Pala ebbero per conseguenza, oltre alla piegatura, la frantumazione della roccia almeno negli strati pi esterni verso la pianura, insieme con la frantumazione dei pi rigidi fra i contigui strati marnosi ed arenacei.Frantumazione e rovesciamento della piega predisposero tutta una serie di imponenti frane fra il Cosa e l'Arzino. Frane in gran parte post glaciali a cui sarebbero dovuti non soltanto i dossoni quasi interamente calcarei del Monte Corona, ma anche tutti i poggi a ripiani costituiti da terreni detritici calcarei e arenaceo marnosi che sopportano gli abitati di Dominisia, Clauzetto, Triviat, Vito d'Asio e Anduins.Le frane maggiori risalgono ad epoca remota ma numerose frane sono avvenute anche in tempi storici e piccoli smottamenti si succedono con relativa frequenza.A Clauzetto, il 21 marzo 1914, si verific uno smottamento che port alla distruzione di numerose case. documentato anche da una copertina del settimanale illustrato Domenica del Corriere. La frana avvenuta in una "costiera" dove una brachianticlinale di terreni cretacici ed eocenici si rovescia cos da sovrapporre il calcare del cretacico al flysch. La frana di Clauzetto pu dirsi per una parte frana di roccia e per una parte frana di detrito. Frana di roccia per ci che riguarda lo scoscendimento del Corona, frana di detrito per ci che riguarda la "lama" di materiali prevalentemente

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  • 17arenaceo marnosi, slegati e misti a terriccio, che smottarono lentamente in basso. Pi cause sono state determinanti per la frana di Clauzetto: in primo luogo la causale tettonica, in secondo luogo sono da considerarsi le accertate frane quaternarie, con la formazione di grandi accumuli di materiali incoerenti. Vi poi, come causa determinante, l'azione delle acque infiltranti e scorrenti sotto la copertura quaternaria. La paleofrana del Masarach unantica frana di grandi dimensioni, classificabile come deformazione gravitativa profonda di versante (dgpv). Si tratta di una frana di scivolamento che ha coinvolto sia i calcari ad Ellipsactinie sovrascorsi che il flysch del substrato. Essa appare disarticolata in almeno due parti. Una zolla di ridotte dimensioni si mobilizzata in tempi successivi con ogni probabilit piuttosto recenti data la freschezza morfologica dinsieme. Un'ultima modificazione del corpo di frana avvenuta in conseguenza degli eventi sismici del 1976 che hanno

    La paleofrana del Masarach

  • 18determinato una serie di collassi. Ricordando che la grossolana bancatura dei calcari ad Ellipsactinie nella zona di provenienza della frana ha un assetto a franapoggio, si ritiene verosimile che la superficie di distacco e di movimento nei calcari tettonicamente sovrastanti al flysch abbia coinciso con i piani di stratificazione. Nel flysch sottostante, intensamente tettonizzato e a reggipoggio la superficie di movimento si invece impostata lungo piani di origine tettonica. Una volta innescato il movimento la massa di flysch coinvolta, sia per la sua elevata plasticit che per la spinta esercitata dai calcari, deve essere stata accumulata caoticamente sul fondovalle e poi rapidamente asportata dall'erosione torrentizia. Ci che resta della primitiva frana pertanto rappresentato, nella quasi totalit, da calcari ad Ellipsactinie intensamente brecciati. Le dimensioni attuali sono molto ridotte rispetto alle originali e presentano un'estensione in pianta di circa 21 ha e il volume pu essere stimato in 7,5 milioni di metri cubi.

    2.3. Bosco e pratoI cambiamenti climatici hanno causato variazioni importanti nella flora e nella fauna locali. La glaciazione wrmiana, iniziata circa 120.000 anni fa, diede luogo ad una serie di massimi di freddo durati fino a 20 mila anni fa circa. I grandi ghiacciai inizarono quindi a ritirarsi, lasciando spazio alle praterie, simili a quelle che in epoca attuale si trovano sulle Alpi a quota 2500-3000 metri. Il successivo riscaldamento del clima fece s che buona parte delle praterie venisse ricoperta dalla foresta. Linfluenza delluomo sullambiente, prima del Medioevo, non fu particolarmente significativa. Le praterie originarie (da cui il toponimo Pradis: prati) servivano da pascolo al poco bestiame; lentamente a partire dallalto Medioevo le aree prative diventarono pi estese per lazione delle pecore e capre, che brucando i germogli limitavano lavanzata del bosco. Lequilibrio bosco/prato non cambi fino allepoca moderna, quando la richiesta di legname and via via aumentando per venire incontro alle esigenze della pianura. Il bosco, da fonte di legna per le limitate esigenze delle famiglie locali, si trasform in bene da investimento. Il disboscamento ebbe alterne vicende legate allandamento della domanda. In certe fasi i boschi furono gestiti in modo da garantire una produzione costante, ma vi furono anche

  • 19periodi di disboscamento indiscriminato, specie durante le guerre. Il bosco, a met Ottocento - come testimoniano le prime foto scattate nella valle - era ormai confinato nelle aree pi impervie. A parte alcuni rimboschimenti, il tratto di paesaggio prevalente fino agli anni Cinquanta del Novecento erano i prati. Nei terreni pi fertili e pianeggianti, fino alla met del Novecento, si coltivavano meli, susini, ciliegi, peri, noci, castagni, noccioli, mandorli; in alcune piccole aree anche la vite. Si produceva orzo, segala e mais; negli orti cerano rape, cavoli, legumi (fagioli, fagiolini), patate. La coltivazione del tubero, portato dall'America dagli spagnoli nel 1500, venne introdotta nella Mitteleuropa dall'imperatore Francesco I (consorte della grande Maria Teresa d'Austria) a met del Settecento: ci gli valse l'appellativo di Re Patata.A partire dagli anni Sessanta del Novecento le attivit umane legate all'agricoltura si sono quasi del tutto estinte. Lallevamento dei bovini e la pratica dellalpeggio, dopo un secolo di enorme sviluppo (da met Ottocento a met Novecento) pressoch

    Nellaltipiano si trovano le tracce di antiche aree coltivate

  • 20scomparso. Il paesaggio si profondamente alterato lasciando nuovamente spazio a formazioni boschive spontanee. I rimboschimenti, partiti nell800, hanno avuto esiti non omogenei. Gli abeti rossi sono stati colpiti da infezioni e ruggine. Migliori risultati si sono ottenuti con il pino nero e il pino silvestre. In questi ultimi 10 anni sono state fatte piccole reintroduzioni di bestiame, nellordine di qualche centinaio di pecore e qualche decina di mucche. Non tanto tuttavia da bloccare la tendenza al rimboschimento. Nel 1990 il bosco copriva circa il 70% della superficie della valle.Lorientamento Sud-Nord fa s che laria calda e umida proveniente dallAdriatico penetri direttamente allinterno della vallata. Le piogge quindi sono molto abbondanti: ci sono 115 giorni piovosi lanno per circa 2300 mm di pioggia. Nella fase climatica attuale le temperature medie vanno dai 9 ai 13. La valle gode di una notevole biodiversit e vi si possono trovare variet botaniche molto rare come la Primula Wulfeniana e la Pinguicola Poldini, una pianta insettivora. Nei boschi e boscaglie sono presenti specie di alberi diverse a seconda delle quote, dei versanti e del terreno. Fino agli 800 metri crescono il frassino, lacero, la tilia, il carpino, lacero, il pioppo, il nocciolo; in alcune zone pi umide, la quercia. Salendo di quota si giunge nelle faggete, che sono di due tipi: la faggeta termofila a quote comprese tra 800 e 1100 metri, principalmente in zone esposte ad Ovest e a Sud: qui il faggio associato al carpino nero; la faggeta mesofila cresce sopra ai 1000 m di quota, ma in versanti esposti a Nord o in zone pi fresche si spinge anche a quote inferiori. Qui, in mescolanza con i faggi, si associano lacero e labete bianco.

    2.4. Gli animali

    Il ritorno del bosco negli ultimi cinquanta anni ha favorito alcune specie animali e ne ha limitato altre. Tra gli ungulati vi sono caprioli e camosci; pi raro il cervo. Altro importante ungulato in costante espansione il cinghiale. Il muflone stato importato in tempi recenti. Si segnala anche il ritorno di predatori come la lince; il lupo e lorso hanno cominciato a riaffacciarsi dalle vicine Slovenia ed Austria. Nellarea pordenonese delle Prealpi Carniche si stabilito almeno un esemplare maschio: il primo lupo che si

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    registra in regione da oltre un secolo. possibile incontrare alcuni mustelidi (martora, donnola, faina) e la volpe. Tra gli uccelli, sono ricomparsi il gallo forcello e il gallo cedrone. Tra i rapaci, il falco pellegrino, lastore e il grifone, reintrodotto grazie ad un progetto regionale avviato presso la Riserva Naturale del Lago di Cornino. Fra gli anfibi sono comuni il tritone, la salamandra, il rospo, la rana alpina. Tra i rettili, da segnalare la vipera; inoltre la biscia e lorbettino, e numerose variet di lucertole. LArzino ha un corso senza ostacoli insormontabili per i pesci che lo popolano. Le acque limpidissime, fresche e ossigenate sono lambiente ideale per diverse specie di trote, tra cui la marmorata, la fario e l'iridea. Altri pesci che popolano i corsi d'acqua sono gli scazzoni, i temoli e i gamberi d'acqua dolce.

    Il grifone tornato a volare sul Pala

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    3. STORIA

    3.1. Preistoria e antichit

    Laltipiano tra le Valli del Cosa e dellArzino stato abitato fin da epoche preistoriche. Le campagne di scavi dal 2005 al 2015 condotte dai ricercatori dell'Universit di Ferrara in varie grotte hanno stabilito che laltipiano fu frequentato dall'uomo di Neandertal alla fine del Paleolitico medio (cultura musteriana, 300.000 - 40.000 anni fa). Ulteriori insediamenti di cacciatori-raccoglitori avvennero nel Paleolitico superiore (culture: gravettiana e epigravettiane, da 30.000 a 12.000 anni fa). In particolare la Grotta del Rio Secco conserva le testimonianze pi recenti dei Neandertal nellItalia nord-orientale: le rilevazioni al carbonio 14 su ossa e carboni indicano unet compresa allincirca fra 48 e 41 mila anni fa. Un successivo insediamento di cacciatori risale invece al Paleolitico superiore (cultura: Gravettiano). Fra i ritrovamenti ci sono ossa di camoscio e stambecco, selci e carboni, resti di focolari accesi, come indicato dalle datazioni, circa 30.000 anni fa. Di notevole interesse le evidenze di caccia e consumo dellorso

  • 23delle caverne da parte dei Neandertal (Grotta del Rio Secco) e lutilizzo di una falange ungeale di aquila reale a fini ornamentali. Nella Grotta del Clusantin e nelle Grotte di Pradis sono stati trovati prevalentemente resti di marmotte, macellate da cacciatori paleolitici 14mila anni fa. Gli utensili in selce riconosciuti dagli archeologi sono distinti in punte lamellari forse immanicate in aste di legno, raschiatoi e lame in selce utilizzati per la caccia e il trattamento di carcasse e pelli. Il progressivo riscaldamento del clima determin modificazioni nella vegetazione e di conseguenza anche nella tipologia di selvaggina oggetto di caccia, come indicato dalle analisi dei resti ossei animali riferibili al Paleolitico medio e superiore, laltopiano di Pradis ha visto la frequentazione di orsi delle caverne, bisonti, megaceri giganti, alci, stambecchi, camosci, lupi, linci, castori e marmotte oltre ai consueti capriolo e cervo. Larea continu ad essere frequentata: anche se poche e sparse, esistono diverse testimonianze della presenza umana in epoche preromane. Alcune leggende sembrano legate al culto pagano degli antichi abitatori, come quella delle Agne, misteriose presenze femminili delle grotte e dei corsi dacqua. Le fiabe locali sulle Agne si sono tramandate per secoli. Gli insediamenti erano favoriti dalla prossimit dell'attacco della valle alla rete viaria antica. Una delle principali vie di comunicazione fin da epoche remote era infatti quella che dallodierna Sacile passava per gli attuali abitati di Maniago e Spilimbergo e raggiungeva Pinzano, snodo importante per

    Riparo preistorico presso le Grotte di Pradis

  • 24proseguire a Nord verso il passo di Monte Croce Carnico. Il Tagliamento a Pinzano si restringe fino a circa soli 150 m (Stretta di Pinzano), punto strategico per il guado, che nell'antichit avveniva in barca o a cavallo. Pinzano continu a svolgere un ruolo importante nel sistema amministrativo della dominazione romana in Friuli. I villaggi della pianura e i terreni agricoli furono affidati a coloni romani, spesso ex legionari, a cui veniva affidato il controllo delle vie di comunicazione. Dovevano anche tenere a bada le trib celtiche che erano rimaste nella zona, specie nelle aree pi impervie. Unimportante testimonianza che riguarda il susseguirsi di insediamenti umani nellarea il sito archeologico di Castelraimondo, posto su unaltura che domina le vallate dei fiumi Tagliamento ed Arzino, presso Forgaria del Friuli, un complesso fortificato che fu abitato in varie fasi dal IV sec. a.C. al X sec. d.C. Esso attesta la presenza in zona di popolazioni appartenenti sia alla cultura retica di area alpina che a quella venetica della pianura. Tra il II sec. e la prima met del I a.C. linsediamento viene dotato di nuove fortificazioni di tipo celtico: viene eretto un murus gallicus, costituito da un paramento esterno in pietre a secco, da un riempimento a sacco in terra e pietrame e da una struttura interna in legno. Il successivo potenziamento di Castelraimondo sembra conseguente alla fondazione della colonia romana di Aquileia (181 a.C.) e perci alla romanizzazione del Friuli. La fortezza fu attiva per tutto il IV sec., finch, intorno al 430 d.C. un evento di grande violenza lo distrusse. Castelraimondo rest abbandonato finch, attorno al Mille, non vi fu edificato un nuovo fortilizio, che fu distrutto dal terremoto del 1348.

    3.2. Lepoca feudale

    Le invasioni di popolazioni barbariche, in particolare Unni (452), Avari (VI secolo) e Ungari (attorno al Mille), spinsero gli abitanti in fuga dalla pianura a rifugiarsi nelle zone collinari meno accessibili: una di queste fu la Val dArzino. Per provvedere alla sopravvivenza i coloni si dedicavano alla raccolta di frutti, alla caccia di selvaggina ed alla pastorizia. Le praterie originarie (da cui il toponimo Pradis: prati) servivano da pascolo; lentamente nel corso dellalto Medioevo le aree prative diventarono pi estese per lazione del bestiame, pecore e capre in

  • 25prevalenza, che brucando i germogli tenevano indietro la foresta. Le zone utilizzate per il pascolo pubblico erano servite da stalle private poste su piccoli appezzamenti di terreno. Questi edifici nel tempo vennero trasformati in case d'abitazione vere e proprie. Nel 989 il Friuli venne annesso al ducato di Carinzia. Limperatore Ottone I concesse alla Chiesa aquileiese diversi feudi friulani: quella che sotto il dominio longobardo era il Ducato del Friuli divent prima Marca del Sacro Romano Impero, quindi con il patriarcato aquileiese prese il nome di Patria del Friuli. Numerosi castelli sorsero a ridosso delle antiche vie di comunicazione romane. La valle fu infeudata daI castello di Pinzano, che venne costruito attorno al Mille. Il pi antico documento in cui compare il nome di un Signore di Pinzano ("Hermann de Pinzano") risale al 1134. I signori di Pinzano furono rudi guerrieri, brutali protagonisti di guerre locali. Intorno al 1270 Federico da Pinzano ricopr la carica di vicario di Filippo di Carinzia, diventando comandante dellesercito friulano. Le continue liti tra rami familiari dei Pinzano culminarono in una strage tra parenti nel 1344. In seguito allo scandaloso fatto di sangue intervenne il Patriarca Bertrando in persona, che assedi e prese il castello. Cos fin la signoria dei Pinzano. Il Patriarcato affid il feudo ai Savorgnan, che lo tennero fino al 1797.

    3.3. I SavorgnanTra la fine del 1300 e linizio del 1400 la Repubblica di Venezia si impossess del Friuli a danno dellImpero. I Savorgnan, che nella guerra tra le due potenze si erano schierati fin dallinizio con Venezia, guadagnarono notevoli privilegi. La famiglia ampli i possedimenti terrieri e, forte della protezione della Serenissima, impose agli affittuari dei villaggi tributi in natura e servizi gratuiti in misura maggiore rispetto alle tradizioni. La contadinanza delle pievi dAsio e dArzino, costretta a sfalciare i prati del castello, a fare legna per i signori, a consegnare loro vitelli e prodotti agricoli, esasperata, a pi riprese espresse lagnanze e richieste di sgravi, senza per riuscire ad allentare la tirannide dei Savorgnan. Il 1511 fu un anno terribile per il Friuli. Si verific un disastroso terremoto, vi furono rivolte contadine ed eccidi tra le due fazioni della famiglia Savorgnan, i del Monte e i del Torre. Un esponente dei Savorgnan, Antonio, si macchi di tradimento nei confronti

  • 26della Repubblica. La famiglia tuttavia rimase in possesso del feudo attraverso un ramo che si era mantenuto fedele a Venezia. I Savorgnan rafforzarono la loro ricchezza tra la met del 1500 e tutto il 1600 attraverso la riscossione dei diritti sul trasporto fluviale del legname, sul traghetto del Tagliamento, sui permessi ad aprire spacci ed osterie e con limposizione di innumerevoli balzelli sull'area di giurisdizione del feudo, che comprendeva Pinzano, Valeriano, Anduins, Clauzetto, Forgaria e Flagogna. I signori esercitavano anche il prestito del denaro: chi non riusciva a pagare le tasse era costretto a ricorrere al credito e in questo modo i Savorgnan si arricchivano ulteriormente incassando gli interessi. I crediti erano anche usati come mezzo di pagamento attraverso la tecnica dello sconto delle cambiali. Labuso di queste pratiche fin per creare una bolla finanziaria. Nel corso del 1700 i rapporti di potere iniziarono a cambiare. Laumento della popolazione e laffermazione di una classe sociale intermedia costituita da clero, commercianti e professionisti fece s che avvenisse un travaso della ricchezza dai signori del castello ai borghesi. Debiti e crediti passarono di mano creando le premesse della crisi finanziaria che esplose all'inizio del XIX secolo. Gli stessi Savorgnan fecero bancarotta.In questepoca i villaggi iniziarono ad assumere laspetto di cittadine ordinate ed organizzate, abbellite dalle dimore dei cittadini pi facoltosi e da chiese e cappelle che i notabili contribuirono ad edificare ed arricchire con sculture e dipinti. Un documento del 1726 riporta un conteggio approssimativo di circa 2000 abitanti nella sola Pieve di Clauzetto. Per avere unidea, nel 1766 Pordenone ne contava appena un migliaio in pi.

    3.4. Tempo di migrareNel 1797, in seguito al trattato di Campoformido, Napoleone cedette il Friuli all'Impero austroungarico. Ritorn sotto la dominazione napoleonica fino alla Restaurazione del 1815, come parte del Regno Italico. I funzionari napoleonici misero mano ad una vasta riforma fiscale basata sul catasto. Fu introdotta unimposta fondiaria a tutti i proprietari di terreni e di fabbricati. Le tasse causarono un diffuso impoverimento della montagna e fecero precipitare definitivamente una situazione finanziaria gi precaria. Nel 1809 Antonio Savorgnan dovette vendere il castello per pagare

  • 27i debiti. Nel 1817 si verific una terribile carestia che spinse molti uomini validi a lasciare la valle per cercare lavoro nelle citt della pianura. L'economia si era basata per secoli sullo sfruttamento della foresta per il legname e sull'allevamento del bestiame legato alla produzione del formaggio in salamoia, prodotto assai apprezzato nelle citt di mare per la possibilit di conservarsi a lungo nelle stive delle navi. Il commercio di tali prodotti garantiva una vita dignitosa alla popolazione, sempre che non si verificassero calamit naturali e annate sfavorevoli. L'agricoltura era praticata per la sussistenza familiare: in ogni casa non mancavano un orto e alberi da frutta. C'erano naturalmente gli artigiani: fabbri, falegnami, sarti, calzolai. A met Ottocento vi fu un certo sviluppo del mestiere di cappellaio, dovuto allabbondanza di materia prima - la lana. Il gruppo pi numeroso di cappellai si trovava ad Anduins con cinque botteghe (i Marcuzzi, i Lorenzini, i Pilosio), a Vito cerano due famiglie di lavoranti (Zannier), a Clauzetto uno. Nonostante l'alacrit della gente del posto, la scarsezza di risorse per il sostentamento, assieme alla numerosit delle famiglie, fece s che lemigrazione, da inizio Ottocento in poi, diventasse un fatto normale per la popolazione maschile della valle. Fino a met Ottocento circa, si tratt di un caso particolare di emigrazione: gli uomini adulti, durante lestate, andavano a lavorare nelle citt,

    Anduins nel 1891 (dallalbum fotografico della Strada Regina Margherita)

  • 28prevalentemente nel settore delledilizia. In inverno ritornavano a casa per dedicarsi ai lavori agricoli ed artigianali. Successivamente lemigrazione inizi a diventare permanente e si diresse in ogni parte del mondo: Francia, Svizzera, Belgio, Russia, Americhe, Australia, Africa. Non di rado, trovata una buona sistemazione all'estero, il migrante si faceva raggiungere dai familiari, quando non addirittura dall'intera borgata. In questo modo molte frazioni si svuotarono quasi del tutto. Alcuni emigranti, grazie alla loro abilit, fecero fortuna divenendo imprenditori, come Giacomo Ceconi, che guadagn il titolo di nobile da parte dellImperatore per aver eseguito il traforo dellArlberg; come Domenico Indri e Pietro Collino, costruttori sulla Transiberiana; Silvestro Tonitto, che partecip alla costruzione della cattedrale di Rostov; il Rizzolatti, antenato del celebre neurologo Giacomo Rizzolatti, che partecip, come marmista, alla costruzione del teatro di Kiev. Questi impresari edili spesso chiamarono i compaesani a lavorare come maestranze nelle grandi opere. Non tutti tornavano nella valle. Ci fu per chi, con i guadagni, contribu allo sviluppo locale, come lo stesso Ceconi, il quale costru la strada che da Anduins porta a Pielungo, intitolata alla Regina Margherita, le scuole e la sua dimora nobiliare.Con la fine dellisolamento della valle, il miglioramento dellistruzione, lo sviluppo degli alpeggi con la produzione di formaggio di mucca, venduto in pianura con discreto ricavo, e l'avvio di una pionieristica attivit industriale, inizi a fine Ottocento una fase di maggiore prosperit. A Clauzetto le vacche da latte censite nel 1869 erano 222 e i bovini complessivamente 289. Tra la fine dell'800 e l'inizio del '900 il numero di capi raggiunse le 800 unit. L'alpeggio di Malga Polpazza, sul monte Pala, nel 1903 contava 78 vacche da latte, 25 vitelli o manze, una capra e un maiale. Sullo stesso monte la malga dei Ceconi riusciva a garantire il pascolo a 140 bovini. Ma la Grande Guerra era ormai alle porte.

    3.5. La battaglia di Pradis Durante la I Guerra Mondiale, nei primi giorni del novembre 1917, le alture ad Ovest del fiume Tagliamento furono teatro di scontri fra soldati italiani e tedeschi. Dal 1915 al 1917 il fronte italiano della Guerra, da Ovest verso Est, si estendeva da Livigno (Sondrio) fino a

  • 29Doberd (Gorizia). Da Livigno a Plezzo (Bovec, attualmente in Slovenia) si estendeva il fronte alpino; da Plezzo a Doberd il fronte sull'Isonzo. Il 24 ottobre 1917 le forze tedesche ed austroungariche riuscirono a sfondare il fronte dell'Isonzo nella dodicesima battaglia (battaglia di Caporetto). La disfatta di Caporetto comport la perdita, in due settimane, di circa 350.000 uomini fra morti, feriti, dispersi e prigionieri. Le truppe italiane arretrarono ad Ovest attraverso il Friuli orientale inseguite dagli imperiali. Attraversarono il fiume Tagliamento tra il 29 e il 30 ottobre. Le divisioni italiane distrussero in parte i ponti sul fiume per rallentare gli inseguitori, che per riuscirono ad oltrepassare il Tagliamento il 2 novembre al Cornino (Ud). Dopo la sconfitta, obiettivo delle forze italiane era quello di raggiungere il Piave, nuova linea del fronte. La Val d'Arzino e la Val Cosa erano due itinerari attraverso i quali una parte delle truppe avrebbe dovuto dirigersi ad Ovest. Due giorni di indecisione da parte dei comandi italiani permisero agli imperiali di giungere per primi. Il 4 novembre la Deutsche Jger Division, un reparto speciale dellesercito prussiano, guadagn i luoghi pi alti della valle. Il 5 novembre giunsero a Pielungo due divisioni dell'esercito italiano, la 36 e la 63, ma trovarono gi sul posto gli imperiali della Jger Division. Nella battaglia che si scaten il 5 e il 6 novembre tra

    Il cimitero di Pradis

  • 30Pielungo e Pradis fra le divisioni italiane che tentavano il passaggio ad Ovest e le truppe imperiali che sbarravano loro il passo morirono pi di 200 soldati dei due opposti schieramenti. I caduti sono sepolti, insieme, nel cimitero di Pradis. Il sentiero della battaglia di Pradis ripercorre la linea in cui si svolsero le varie fasi dello scontro. Il paesaggio, ai tempi della battaglia, era molto diverso dall'attuale. Il processo di riforestazione iniziato a partire dagli anni Sessanta e Settanta del secolo scorso in seguito al progressivo abbandono della montagna ha fatto sparire i prati. L dove ora sono fitti alberi c'erano fattorie sparse e pascoli per il bestiame. Le divisioni imperiali, giunte per prime sulle alture, nelle boscaglie sopra alla linea dei prati avevano trovato nascondigli, punti di osservazione e di tiro. Esse erano dotate di armi pi leggere da trasportare e pi precise rispetto a quelle in dotazione ai soldati italiani. Inoltre avevano pi autonomia dai comandi centrali e potevano suddividersi in pattuglie veloci in grado di decidere sul momento le migliori strategie. Da parte loro i soldati italiani, pur provati dalla sconfitta, combattevano sul loro terreno, di cui avevano migliore conoscenza. Potevano naturalmente contare sull'aiuto delle popolazioni locali. Tra gli elementi di svantaggio, c'era la frammentazione delle armate, lo scarso coordinamento tra i comandi ed un equipaggiamento antiquato e pesante. Le azioni della battaglia di Pradis iniziarono a Pielungo, dove la mattina del 5 novembre venne respinto dagli italiani un primo gruppo di imperiali. Nel pomeriggio ci fu un secondo scontro presso Forno, ed anche qui gli italiani riuscirono a resistere: lo stesso comandante del battaglione prussiano, il maggiore Von Stlpnagel, rimase ucciso. La prima parte del sentiero, che parte dalla piazzetta di Pielungo e sale su una mulattiera lastricata fino alla cappellina di Forno, segue la stessa via delle truppe italiane. La cappellina di Forno il luogo dove fecero sosta i soldati italiani dopo gli scontri del 5 novembre. Qui arriv, nella serata, il generale Rocca, che aveva il comando delle operazioni in val Cosa. Egli si rese conto della necessit di avanzare velocemente per non farsi sorprendere dagli imperiali e procedere verso Sud, guadagnare la pianura e dirigersi verso il Piave. Ordin quindi alle truppe di mettersi in movimento quella stessa notte. La manovra dovette interrompersi perch uno dei ponti sul torrente Foce era distrutto; alcuni valligiani indicarono un percorso alternativo: la

  • 31vecchia mulattiera per Clauzetto, che valica il torrente nel tratto a monte, dove assume il nome di Rio di Molin, con un ponticello ancora oggi esistente. Superato il ponte, il percorso proseguiva biforcandosi in due mulattiere: quella di destra, attraverso la borgata Fumatins arriva fin sotto la colletta della VaI da Ros, laltra, verso sinistra, porta a risalire verso lattuale strada provinciale. Le truppe, sempre nella notte, si divisero: un battaglione, prendendo litinerario di destra, si pose come obiettivo la VaI da Ros, un altro battaglione, seguendo il percorso di sinistra, si diresse verso la borgata Tascans. In questo tratto i soldati furono attaccati ma riuscirono a resistere. Nello scontro mor un ufficiale, il maggiore Sisto Frajra. Il fronte della battaglia si apr quindi a ventaglio lungo la linea, dalla colletta di VaI da Ros alla Borgata Tascans fino allaltura sopra al bivio Orton. Nelle prime luci del mattino, gli italiani si resero conto che gli imperiali avevano ancora una volta occupato postazioni vantaggiose. La superiore potenza delle armi e l'arrivo di rinforzi austroungarici rese vana la pur tenace resistenza delle truppe italiane, che del resto erano sfinite ed avevano subto moltissime perdite. Molti soldati si arresero, altri fuggirono, nonostante i richiami alla resistenza da parte degli ufficiali. La battaglia di Pradis fu perduta. Il generale Rocca si ritir con un nucleo sempre pi ridotto di uomini. Gli ultimi superstiti italiani, poco pi di 200 alpini guidati dal generale Rocca in persona, vennero catturati il 9 novembre 1917 nel combattimento di Selis, in Alta Val Meduna. Solo il comandante e pochi sottoposti riuscirono a disperdersi nelle Prealpi, allo scopo di rientrare entro le linee italiane del Grappa-Piave. L'impresa non riusc: tra gli ultimi a cadere in mano austriaca ci fu proprio il generale Rocca.

    3.6. Torna la foresta

    La breve parentesi di relativa ripresa della Val dArzino negli anni Venti e Trenta del Novecento, periodo in cui si consolid leconomia dellalpeggio ed inizi ad affacciarsi il turismo ad Anduins, che conobbe un periodo di relativa fama con lapertura dello stabilimento di acque termali solforose, fu nuovamente interrotta dal II conflitto mondiale. In Friuli Venezia Giulia la Resistenza inizi gi nel 1943 con il Distaccamento Garibaldi. proprio in Val dArzino che si costituisce la prima formazione Osoppo-Friuli, il battaglione Italia, composta da democristiani e

  • 32

    azionisti e appoggiata dal clero: comandante ne fu il ten. Renato Del Din "Anselmo", che mor a Tolmezzo il 24 aprile 1944 durante un attacco alla caserma della milizia fascista, il primo partigiano caduto in Carnia, Medaglia d'oro alla memoria. Nel corso dei violenti scontri tra la Resistenza e i nazisti nella valle, questi ultimi il 19 luglio 1944 incendiarono il castello Ceconi, che i partigiani della Osoppo avevano costituito come comando delle operazioni. La Strada Regina Margherita, che venne minata, sub danni notevoli. Nel dopoguerra viene ripresa con un certo successo l'attivit degli alpeggi: il numero di mucche che transita nella valle raggiunge il suo massimo, come anche lestensione dei prati. Il mestiere di malgaro era duro ma fruttava dignitosi guadagni. Il progressivo aumento del benessere in pianura fece aumentare la domanda di prodotti caseari. Con lo sviluppo dellindustria, tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Settanta, riprende in modo massiccio il fenomeno migratorio, stavolta anche nella stessa regione. I valligiani trovano impiego come addetti nelle grandi fabbriche del Pordenonese, ma non manca chi prende nuovamente la via dellestero. Anno dopo anno sono sempre in numero minore gli addetti allagricoltura. Molte case restano chiuse; nei paesi restano gli anziani: i pi fortunati di loro hanno figli e nipoti non troppo lontani, a Maniago, Spilimbergo o Pordenone. Il terremoto del 1976 sancisce il colpo di grazia per leconomia della valle gi in declino. Sono parecchie le case distrutte, tra cui la dimora natale di Girolamo Ortis a Vito dAsio. Casere e malghe sono via via abbandonate e la foresta riconquista gran parte degli antichi pascoli. Nel 2015 i boschi costituiscono l'80% circa del territorio della valle.

    Linterno di una casa in val dArzino nel secondo dopoguerra

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    4. PERSONAGGI

    4.1. Antonio Savorgnan Antonio Savorgnan, all'inizio del 1508, era uno dei nobili del castello di Pinzano. Fu condottiero per Venezia nella guerra che dal 1508 oppose la Serenissima Repubblica e limperatore Massimiliano I dAustria. Fu protagonista di complotti e tradimenti. Nel 1445 era stato sancito il passaggio della Patria del Friuli dallImpero a Venezia. La dominazione della Serenissima era mal sopportata da una parte della popolazione, specie i contadini: il malcontento serpeggiava, a causa dei pesanti privilegi esercitati da clero e nobilt. Il capitano di ventura, nel tentativo di approfittare della torbida situazione, nel 1511 prese parte alla rivolta conosciuta come Crudel zoba grassa (crudele gioved grasso). Il 27 febbraio, in pieno Carnevale, il Savorgnan inscen un attacco imperiale a Udine chiamando a raccolta la popolazione per la difesa della citt: nel caos che ne segu, aizz la fazione degli

  • 34Zamberlani, milizie armate contadine vicine ai dominatori veneti, contro i nobili, e in particolare i Della Torre, della fazione degli Strumieri, filoaustriaci. Vi fu una terribile strage: furono depredati e messi a fuoco palazzi, uccisi feudatari, trucidati come tori, scrive nel suo diario Gregorio Amaseo (1464-1541). Molti cadaveri vennero spogliati e fatti a pezzi per le strade della citt. La folla dei rivoltosi fece gran giubilo [] scorrendo di festa in festa, vestiti delli vestimenti de seta e divise de li gentilhuomini. Dopo appena un mese dal tumulto, per aggravare il gi tragico scenario, in Friuli si verific un disastroso terremoto e scoppi la peste. In seguito, in una fase critica della guerra tra Venezia e gli imperiali, che minacciavano di saccheggiare Udine, trovandosi a corto di uomini e mezzi, Antonio Savorgnan si arrese e pass nel campo opposto, a seguito della promessa del mantenimento delle propriet e dei feudi e di un'alleanza permanente con l'imperatore. La repubblica di Venezia, tradita, non la prese bene: il Consiglio dei Dieci mise una forte taglia sulla sua testa. Nel 1512 alcuni nobili friulani lo catturarono e lo uccisero nel cimitero di Villach. Il feudo di Pinzano con la val dArzino rimase tuttavia in mano ai Savorgnan: un ramo della famiglia era infatti rimasto fedele alla Serenissima.Secondo alcuni ricercatori, nelle sanguinose vicende ci sarebbe anche unappendice romantica e letteraria. Tra le fila di Antonio Savorgnan a Cividale del Friuli, nel 1510, era presente suo nipote, il capitano Luigi Da Porto, 26 anni, al comando di 50 cavalleggeri dellesercito veneziano. Il giovane guerriero era nato il 10 agosto 1485 a Vicenza da Bernardino Da Porto e dalla nobildonna friulana Elisabetta Savorgnan del Torre. Secondo i contemporanei, era un giovane di bellaspetto, poeta e uomo di lettere oltre che darme. Rimasto presto orfano di padre, era stato preso in tutela da uno zio paterno, un letterato, che lo aveva istruito e lo aveva inviato ad Urbino per imparare il mestiere delle armi. Inviato a combattere per lo zio Antonio Savorgnan, il 26 febbraio 1511 partecip, sotto mentite spoglie, al ballo in maschera indetto la sera di Carnevale al Palazzo Savorgnan di Udine: non dato sapere se si era gi innamorato della cugina, la quindicenne Lucina Sarvognan del ramo Del Monte, e se fosse giunto al palazzo per rivederla, oppure se si innamor di lei in quelloccasione: fatto sta che i due giovani si fidanzarono, in segreto perch appartenenti a due fazioni opposte: i Savorgnan del Monte e i del Torre. Lindomani avvenne il tumulto, che aliment lantica faida tra i due rami della famiglia. La

  • 35frattura tra parenti si acu ulteriormente dopo il tradimento di Antonio. La decisione del Consiglio dei Dieci di Venezia di confiscare i beni di Antonio a favore di Girolamo del ramo Savorgnan Del Monte innesc anche un conflitto patrimoniale. A causa di tali rivalit, Luigi e Lucina non poterono professare apertamente il loro amore. Si promisero per segretamente in m a t r i m o n i o , e consumarono lunione. M a p e r c o l m o d i sfortuna, nel giugno del 1511, in uno scontro contro gli imperiali fra Cormns e Gradisca, Luigi Da Porto fu ferito da una punta di lancia al collo e rest paralizzato. P o c o d o p o , l a Repubblica di Venezia intervenne nella faida tra i Savorgnan Del Torre e D e l M o n t e . P e r riconciliare le famiglie e riunificare il feudo, il Consiglio decise che Lucina avrebbe sposato un e sponen te de l l a f a z i one oppos t a . I l prescelto sarebbe potuto naturalmente essere lo stesso Luigi, ma la sua infermit lo aveva messo fuori causa. Lucina spos i n v e c e F r a n c e s c o Savorgnan Del Torre, rientrato dallesilio in terra imperiale, anche lui nipote di Antonio e cugino della giovane. Ritiratosi in una villa di famiglia nei pressi di Vicenza, Luigi Da Porto scrisse una novella ispirata alla sua vicenda personale, ambientando la storia a Verona nel 1300 e chiamando Giulietta la protagonista. Secondo alcuni storici letterari, la novella serv da ispirazione a Shakespeare per il celebre dramma Romeo e

    Stemma dei Savorgnan

  • 36Giulietta. Da fonti storiche sappiamo che la novella circol negli ambienti culturali italiani dellepoca: Luigi da Porto infatti la invi al cardinale ed umanista veneziano Pietro Bembo (1470 1547) per averne un parere.

    4.2. Giuseppe Rizzolati

    Sono state molto numerose in Val d'Arzino le vocazioni alla vita religiosa. La scelta di farsi sacerdote era l'unica possibilit, per i ragazzi pi riflessivi e volenterosi, provenienti da famiglie prive di mezzi, di andare avanti negli studi assicurandosi allo stesso tempo sicurezza economica. I sacerdoti delle Pievi si sforzavano di dare ai

    bambini, oltre all'istruzione religiosa, anche qualche rudimento di lettura e a r i t m e t i c a ; d e i p i p r o m e t t e n t i incoraggiavano l'iscrizione in seminario, con un aiuto che la diocesi di Concordia non mancava di fornire. Nel Pordenonese, nel 1700 e 1800, esisteva una forte componente di clero clauzettano con solidi vincoli di solidariet. Fu proprio un prozio sacerdote, don Osvaldo Tositti, a permettere al giovane Giovanni Domenico di entrare nel convento dei Frati Minori di Roma.Nato nella borgata di Corgnl di Clauzetto il 30 ottobre 1799 da Pietro Rizzolati e Domenica Tositti, da bambino pascolava le pecore assieme ai fratelli. Nel 1809 il

    padre lo port con s a Trieste a lavorare nei cantieri. Il piccolo Giovanni era per portato per lo studio e Pietro con notevole sacrificio lo iscrisse a scuola. A 16 anni manifest la sua vocazione religiosa e col sostegno del prozio part per Roma. Qui affront con successo gli studi di filosofia e teologia e nel 1820 vest il saio di San Francesco cambiando il nome in quello di fra Giuseppe. Le sue qualit non passarono inosservate, tanto che la Congregazione di Propaganda Fide lo scelse come missionario da inviare in estremo Oriente. Il giovane frate accolse con zelo la richiesta di partire per la Cina. Si imbarc nel 1827 a Bordeaux sul brigantino Navigatore assieme ad altri quattro missionari francesi. Il viaggio

  • 37fu drammatico: poco lontano dall'isola dell'Ascensione, in mezzo all'Oceano Atlantico, la nave inizi ad andare alla deriva, ma venne miracolosamente soccorsa da un vascello olandese. Si incagli sugli scogli in prossimit del Vietnam e di nuovo riusc a riprendere vela. Giunto a Da Nang, riprese il viaggio per la Cina su un mercantile portoghese, che incapp in una tempesta tropicale: anche in questo caso il pericolo fu scampato per un pelo e i missionari approdarono a Macao. Dato che c'era una notevole ostilit delle autorit cinesi nei confronti degli europei in generale e del cristianesimo in particolare, pass ancora un anno prima che fra Giuseppe potesse entrare in Cina. Finalmente il missionario arriv al porto di Fuzhou, di fronte all'attuale Taiwan. Fu destinato dapprima alla provincia dello Shaanxi, nel Nord Est della Cina, quindi a quella dell'Huguang, che corrisponde alle attuali province dell'Hunan e Hubei, collocate al centro della nazione. Nella capitale, l'attuale Wuhan, fra Giuseppe da buon friulano edific una chiesa attiva ancor oggi, dedicata a Sant'Antonio da Padova. Nel frattempo era stato nominato vicario di quella vasta regione, col titolo di vescovo d'Aradia (una diocesi estinta dell'Asia Minore). Il robusto monsignore clauzettano non si risparmi nella sua opera missionaria: fond delle scuole e un seminario, oltre a case di accoglienza per i poveri, che erano numerosissimi. Viaggi per le province che gli erano assegnate senza trascurare i luoghi pi impervi, nella pi assoluta povert, rischiando spesso di essere catturato. Fu anche arrestato nel corso delle persecuzioni contro i cristiani, ed alla fine fu espulso dal Paese. Era il 1847: 5 anni prima era finita la prima guerra dell'oppio tra Cina ed Inghilterra. Monsignor Rizzolati ripar a Hong Kong, sempre sperando di poter tornare a Wuhan. Ma nel 1855 fu sollevato dall'incarico e gli fu chiesto di rientrare a Roma. Fu un duro colpo, dopo quasi trent'anni di missione, ma l'obbedienza fa parte della regola. In Italia, gli fu affidato l'incarico di vescovo ausiliare di Ferrara. Venezia non era lontana: nel 1857 intraprese il viaggio verso Nord e, passando per Pordenone, dove fu ospitato dai conti Montereale-Mantica, torn finalmente a Clauzetto per rivedere i parenti. Per la valle fu un evento memorabile. Fu trasportato in portantina dai Mulinars fino al paese, dove nella chiesa si svolse il solenne pontificale, seguito da un banchetto da venti portate, che mise fortemente in imbarazzo il francescano, abituato ad una vita austera.Trascorse gli ultimi anni della sua vita nel convento di San Pietro in

  • 38Montorio a Roma, dedicandosi allo studio inizi a redigere un vocabolario cinese-latino, rimasto incompiuto e all'insegnamento della lingua e cultura cinese ai giovani che si preparavano ad andare in missione. Mor nel 1862. sepolto nella chiesa del convento.

    4.3. Girolamo (Jacopo) Ortis

    Nel 1801 Ugo Foscolo pubblic a Milano Le ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo epistolare - il primo in Italia - in cui si narra la tragica vicenda sentimentale e politica del giovane studente Ortis attraverso le lettere da lui inviate ad un amico, Lorenzo Alderani. Dopo il suicidio di Jacopo, secondo la finzione romanzesca, Alderani le avrebbe date alla stampa corredandole di sue note. Ugo Foscolo, rispondendo alle critiche che vedevano Le ultime lettere come unimitazione dei Dolori del giovane Werther (1774) di Johann Wolfgang Goethe, sosteneva di essersi ispirato ad un fatto di cronaca avvenuto a Padova nel 1796. Il

    Il balcone della casa di Girolamo Ortis a Vito dAsio

  • 39giovane suicida in effetti veramente esistito. Si tratta di Girolamo Ortis, nato a Vito dAsio il 13 maggio 1773, studente di medicina alluniversit di Padova. Il 5 aprile 1796, a soli 23 anni, si uccise con due coltellate, una al petto ed una alla gola, nella sua stanza al Collegio Pratense, istituzione fondata dal cardinale Pileo da Prata per studenti meritevoli e bisognosi provenienti dal Friuli. I motivi del tragico gesto non sono chiari. Dai documenti emerge che aveva superato con successo gli esami universitari. Il giovane Girolamo era figlio di Giovanni Battista Ortis e di Francesca Zanerio, ed era lultimo di 4 figli. Gli altri tre fratelli erano tutti sacerdoti. Tale circostanza spiega il fatto che il suicidio venne attribuito ad uno stato di alterazione mentale indotto da un farmaco emetico prescrittogli per curare la febbre di cui Girolamo soffriva da alcuni giorni: lipecacuana. Leffetto del medicamento sui nervi del ragazzo avrebbe escluso una sua volont cosciente di togliersi la vita, perci fu possibile celebrare i funerali religiosi. Questi si tennero nella parrocchia di S. Lorenzo a Padova e, sempre a Padova, si trova la tomba del giovane Ortis. Da alcune note di don Germanico Ciconi, anchegli originario di Vito dAsio, incaricato dalla famiglia del disbrigo delle pratiche legali allindomani della morte, si deduce che esistevano voci di una delusione amorosa, che il sacerdote si affrett a smentire; documentata pure la presenza di un debito di 65 lire contratto dal giovane studente, del quale per non ci sarebbe stata nessuna ricevuta. Il debito rest non pagato; si trattava di una somma ingente ma non esorbitante, dellordine di qualche centinaio di euro attuali.A Vito dAsio la casa di famiglia degli Ortis stata ristrutturata dagli eredi dopo essere stata danneggiata dal terremoto del 1976.

    4.4. Giacomo Ceconi

    Giacomo Ceconi fu un impresario di grandi opere pubbliche nellImpero Austro-Ungarico e nel Regno d'Italia. Senzaltro uno dei pi illustri tra gli emigranti della Val dArzino. Nacque il 29 settembre 1833, ultimo di tre fratelli, a Pielungo. A 18 anni Giacomo part per Trieste, come molti giovani della Valle a quellepoca, per lavorare come manovale. Per migliorare la propria qualificazione, frequent le scuole serali. Promosso muratore, ben presto inizi lattivit in proprio come subappaltatore e grazie alle

  • 40sue brillanti capacit personali si aggiudic commesse sempre pi importanti. Costru stazioni, tronchi ferroviari, ponti, strutture portuali. Nel 1880 avvenne la svolta della sua vita: la sua ditta vinse lappalto per la costruzione del tunnel ferroviario del monte Arlberg. Il contratto prevedeva una penale di 280 scellini per ogni

    giorno di ritardo. Ceconi accett ma a condizione di avere un premio equivalente alla penale per ogni giorno di anticipo sulla fine dei lavori. Terza galleria al mondo in ordine di apertura, lunga 10,248 km, lArlberg fu la prima a funzionare nellImpero. Giacomo Ceconi la fin in tre anni, con 13 mesi di anticipo. Ci gli valse, oltre ad un compenso di 276.000 fiorini (circa 600.000 lire dellepoca, pari a circa due milioni e mezzo di euro), anche il titolo nobiliare. La sua attivit si estese alle zone pi lontane dellImpero austro-ungarico e al Regno dItalia. Gli fu commissionata, fra l'altro, la ristrutturazione del porto di Trieste e di alcuni porti della Sardegna.Per s e per la sua famiglia - ebbe quattro mogli e dieci figli - costru varie dimore, tra cui una villa a Gorizia e il castello a Pielungo. Con la Strada Regina Margherita

    coron il sogno di vedere la sua valle finalmente ben collegata con le principali vie di transito. Allindomani dellinaugurazione della Strada Regina Margherita, ottenne il titolo di conte dalla corona italiana. Tornato ad abitare a Pielungo, fu eletto pi volte sindaco e consigliere provinciale. Durante questo periodo fece costruire scuole pubbliche e acquedotti, ristruttur malghe e cascine per promuovere lagricoltura, lallevamento e lindustria casearia, dot di arredi e campanili gli edifici religiosi della valle e fece erigere la chiesa di Pielungo.

  • 41Allinizio del XX secolo Ceconi intraprese quella che fu lultima delle sue grandi opere: il tunnel del Wochein sotto il monte Kobla, 6.339 m. di lunghezza, sulla ferrovia Transalpina, nellattuale Slovenia. Il valico venne aperto nel 1905. Lanziano conte Ceconi pose le medesime condizioni dellArlberg ed anche in questo caso fin lopera in anticipo, aumentando ancora il suo enorme patrimonio.Trascorse gli ultimi anni con la quarta moglie Giuseppina Novak a Pielungo e qui, per promuovere ulteriormente il progresso della valle, costru una centrale idroelettrica sfruttando lacqua dellArzino, quindi invest ingenti risorse in una fabbrica di cemento (materiale davanguardia allepoca) e in una di concime chimico. Mor a Udine nel 1910. Le ricchezze accumulate dal conte Ceconi furono ereditate da Giuseppina Novak e dai tre figli avuti da lei, dopo una disputa testamentaria con gli altri discendenti che dur alcuni anni. Tra i numerosi figli di Giacomo Ceconi, due si distinsero: il primogenito Angelo, nato nel 1862 (lunico a mantenere il titolo di conte) e Mario, avuto dallultima moglie. Angelo Ceconi nacque dalla prima moglie del conte Ceconi, Katalin Rcz. Si laure in ingegneria e segu il padre in molti suoi lavori. Quando limpresa di Giacomo Ceconi accett alcune commesse in Sardegna, Angelo ne prese la direzione e fin per trasferirsi definitivamente nellisola, dove apr una propria impresa. Nel settembre del 1902 acquist l'azienda della famiglia Orr Paderi assieme alla casa padronale. Compr in seguito altri vari appezzamenti da piccoli proprietari di Assemini e Uta e cre un vasto patrimonio terriero, che raggiunse un'estensione di oltre 1200 ettari. Ripristin fabbricati abbandonati e in cattive condizioni, ne costru di nuovi e moderni, avvi bonifiche, fece migliorie e introdusse criteri nuovi di coltivazione. Mor nel 1942. Fu la nipote Eva, sposata col musicista viennese Johann Kitzmller e stabilitasi nel 1945 ad Assemini, a proseguire sulla parte ereditata dallo zio l'attivit agricola e zootecnica. I Kitzmller cedettero a prezzo e a condizione di favore i terreni a ponente di Assemini dove sorse il villaggio Santa Lucia, circa 300 casette dove vivono famiglie di minatori, contadini, artigiani, salinieri. Per questo il professor Kitzmller ancora ricordato con gratitudine e affetto. Mario Ceconi inizi giovanissimo a dedicarsi alla pittura; scopr in seguito la propria vocazione per la scultura. A Venezia, nel 1911, conobbe il celebre scultore Arturo Martini, che lo incoraggi a

  • 42proseguire. Le sue prime esposizioni personali ebbero luogo a Firenze e a Parigi. Alla mostra della Secessione del 1915 si present con la Maschera del Padre, che testimonia l'intenso ricordo che Mario aveva del proprio genitore. Risale al 1934 il busto, collocato in piazza Patriarcato a Udine, dello statista e giurista friulano Giuseppe Girardini. Mario Ceconi mor nel 1980 a Milano, dove si era trasferito.

    4.5. Giacomo Bianchini

    Anche l'esperanto giunse nella valle, grazie alla particolare personalit di don Giacomo Bianchini, che fu parroco di Pradis dal 1921 al 1927. A lui si deve anche la prima esplorazione sistematica del sito delle grotte; gli fu intitolato uno degli ambienti, lorrido Bianchini, dove stato posto un crocifisso di bronzo. Nato a a Carbona di San Vito al Tagliamento il 12 Marzo 1875, primo dei 12 figli di Luigi e Angela Simonatto, Giacomo si segnal fin da piccolo negli studi e frequent il Seminario di Udine grazie a una borsa messa a disposizione da don Gabriele Fioritto, pievano della Pieve di Rosa. Fu ordinato sacerdote il 2 agosto 1903. Ottimo

    conoscitore delle lingue straniere, conobbe il movimento esperantista nel 1906; nello stesso anno pubblic la sua prima opera in questa lingua: Hebrea kalendaro. Nel 1908 incontr personalmente a Vienna Lazar L u d w i k Z a m e n h o f , f o n d a t o r e dellesperanto. Secondo lo Zamenhof, la causa dei conflitti ha la sua radice nell'assenza o nella difficolt di dialogo dovuta alle differenze linguistiche. Solo un idioma comune avrebbe potuto salvare l'umanit da guerre e v i o l e n z a : d a q u i l ' i n v e n z i o n e dell'esperanto, nome che fu dato alla

    neolingua a partire dallo pseudonimo utilizzato dal suo creatore, che si firmava Doktoro Esperanto ("colui che spera", "sperante"). I sostenitori del progetto esperantista, tra cui don Bianchini, credevano profondamente nella giustizia, nella pace e nella democrazia, che sarebbero state raggiunte grazie ad una lingua in grado di abbattere le barriere dellincomunicabilit. A Pradis il

  • 43dotto sacerdote era maestro dei ragazzi e ne incoraggiava la prosecuzione negli studi; promuoveva il canto liturgico; andava a visitare i contadini e i malgari nei casolari pi lontani.

    Fu tra i primi ad intuire l'importanza delle grotte e in una poesia ne descrisse la bellezza. La poesia "Le Grotte di Pradis" composta da 14 strofe di 4 versi ciascuna. La terza e la dodicesima recitano:

    A' piedi son l'acque - che cascan dal monte E fanno rumore - che sembra ruggir;Poi limpide scorron - qual tacito fonte, Poi in breve s'occultan - ne' sassi a morir.

    Siccome ne' mondo - vi tutto che serveA qualche disegno - fissato nel ciel; Le grotte di Pradis - son doni e riserveper tempo futuro - de' servi fedel.

    (1922)

    Nell'opuscolo "Pradis di Sotto 1885 - 1985" edito dal Comitato organizzativo per il centenario della Parrocchia del S. Cuore di Ges, stato pubblicato un breve ma significativo ritratto del sacerdote: "Erano sue doti peculiari la lealt e la franchezza. Conosceva lo spagnolo, il tedesco, il francese e si distinse in tutta l'Europa per la sognata lingua internazionale, l'Esperanto. Di questa lingua pubblic la prima grammatica e tradusse molte opere sacre. Partecip ai congressi degli esperantisti in Europa e fuori. Allo studio sapeva unire l'attenzione per i bisogni degli emigranti. Don Giacomo mor a Cimpello nel 1954.

    4.6. Fiorenza Cedolins

    La splendida voce di soprano di Fiorenza Cedolins nota in tutto il mondo. Ha cantato con artisti come Luciano Pavarotti e Placido Domingo e si aggiudicata premi prestigiosi: ha vinto il concorso internazionale "Luciano Pavarotti Voice Competition", il Premio "Tosi" dell'Associazione "Parma Lirica", il Premio della Critica Musicale Italiana "Franco Abbiati", il "Premio Zenatello" in ben due edizioni, il premio Verona Lirica e il Bellini dOro. Cedolins un borgo di Anduins. E proprio ad Anduins, il 18 marzo 1966, nata Fiorenza, da Francesca ed Enzo Fiorello, da cui ha ereditato la

  • 44passione per la musica: il pap, capo officina in un'azienda meccanica, suonava da amatore il clarinetto e l'armonica a bocca e faceva parte di un coro locale. Anche Fiorenza inizia da piccola a cantare, a scuola e nel coro della chiesa. Nel frattempo prende lezioni di pianoforte. Dopo il terremoto del 1976, va a studiare in collegio. Lavora anche nella piccola azienda di famiglia che il pap aveva nel frattempo fondato. Con grandi sacrifici frequenta il Conservatorio, a Udine e poi a Trieste. La svolta arriva quando inizia a cantare nel coro del Teatro Verdi di Trieste. La sua voce viene notata e Fiorenza ottiene delle parti da solista. Decide quindi di seguire le lezioni di Roberto Benaglio, maestro di coro alla Scala. Dopo aver partecipato a varie audizioni, debutta nel 1993 al teatro Carlo Felice di Genova come S a n t u z z a n e l l a C ava l l e r i a Rusticana di Mascagni. La sua caratteristica principale la capacit di interpretare ruoli vocali e stilistici molto diversi. Dotata di voce scura, estesa, espressiva e di notevoli capacit d'interprete, ha un grandissimo repertorio italiano e straniero, che va da Monteverdi ne Il Combattimento di Tancredi e Clorinda fino ai Carmina Burana di Carl Orff; dal Mos rossiniano fino alla Salom di Strauss, privilegiando i pilastri della lirica italiana: Verdi e Puccini.Nella sua lunga carriera, in cui ha interpretato una quarantina di ruoli da protagonista, stata diretta, tra gli altri, da maestri come Riccardo Muti, Lorin Maazel, Daniele Gatti, Stefano Ranzani, Zubin Metha, Daniel Oren, Julia Jones, nei teatri d'Opera pi famosi in Italia e nel mondo. Da ricordare, tra le sue interpretazioni, la Tosca al Teatro dell'Opera di Philadelphia a fianco di Luciano Pavarotti, nel 1996. Nello stesso anno Santuzza in Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni al Ravenna Festival, diretta da Riccardo Muti, per la regia di Liliana Cavani. Nel 2013 Aida al Festival Arena di Verona, per le celebrazioni del Centenario dalla prima Aida storica, con la

  • 45direzione di Daniel Oren. Ha partecipato a gala e recital di livello internazionale: il Benefizkonzert con Placido Domingo al Salzburger Festspiele; l'Opening Gala del Nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino; la Celebrazione del Cinquantenario del Festival dello Sferisterio a Macerata. In occasione dell'Expo 2015, il Teatro alla Scala di Milano propone una non stop di opere liriche italiane: in questa carrellata Fiorenza Cedolins ha interpretato il ruolo di Nedda nei Pagliacci di Ruggero Leoncavallo.

    4.7. Giacomo Rizzolatti

    Nel 1896 and a fuoco il vecchio teatro dellOpera di Kiev, oggi capitale dellUcraina. Alla sua ricostruzione contribuirono artisti provenienti da tutta Europa. Uno di loro, marmista, veniva naturalmente dal Friuli, e pi precisamente da Clauzetto. Oggi il suo pronipote, Giacomo Rizzolatti, uno dei neuroscienziati pi famosi al mondo, per aver contribuito in modo determinante alla s c o p e r t a d e i n e u r o n i specchio (tra i suoi antenati c ' anche i l vescovo G i o v a n n i D o m e n i c o Rizzolati, il cui cognome si trova trascritto a volte con due t e a volte con una sola). Il professor Rizzolatti nato a Kiev nel 1937. I genitori, entrambi medici, dovettero fuggire quando il bimbo aveva pochi mesi, a causa della rottura delle relazioni diplomatiche tra Italia e Unione Sovietica. Secondo le leggi italiane dellepoca, coloro che rientravano dall'estero dovevano andare ad abitare obbligatoriamente nel paese dorigine della famiglia: per i Rizzolatti fu appunto Clauzetto. La famiglia riusc in seguito a trasferirsi a Udine e Rizzolatti si diplom al liceo classico Stellini, quindi si iscrisse alla facolt di medicina dellUniversit di Padova. Specializzatosi in neurologia a

  • 46Pisa con il professor Giuseppe Moruzzi, successivamente diventato professore ordinario di Fisiologia Umana all'Universit degli Studi di Parma, quindi direttore del Dipartimento di Neuroscienze della stessa Universit. Nel 1992, Giacomo Rizzolatti e il suo gruppo di ricerca di Parma, nel corso di alcuni studi sul cervello dei macachi, che svolgevano su alcuni esemplari tenuti in cattivit, notarono che i neuroni che registrano le attivit legate al movimento si attivavano non solo nel momento in cui il primate compiva un movimento, ma anche quando esso si limitava ad osservare altri primati tra cui gli stessi ricercatori - compiere il medesimo gesto. Queste particolari cellule furono denominate neuroni specchio, data la particolarit che hanno di attivarsi sia quando compiamo un'azione sia quando osserviamo l'identica azione compiuta da altri. In circa venti anni di studi e osservazioni, il gruppo del professor Rizzolatti ha stabilito che i neuroni specchio appaiono in grado di discriminare l'informazione sensoriale, selezionandola in base alle possibilit d'atto che essa offre, indipendentemente dal fatto che tali possibilit vengano concretamente realizzate o meno (Cit. da Giacomo Rizzolatti, Corrado Sinigaglia So quel che fai, Raffaello Cortina editore 2006). Oggi tale teoria stata ampiamente accreditata presso il mondo scientifico ed ha costituito un punto di svolta nella comprensione dellinterazione tra fenomeni motori e fenomeni cognitivi. Tale scoperta pone anche una base fisiologica all'empatia.Il professor Rizzolatti, per le sue ricerche, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali: il premio Brain Prize, assegnato dalla fondazione Grete Lundbeck European Brain Research Foundation di Copenhagen "per la ricerca pionieristica sui meccanismi cerebrali che sottendono alle funzioni umane complesse come l'alfabetizzazione, labilit di calcolo, cognizione e comportamento, e gli sforzi di comprensione dei disturbi cognitivi e comportamentali; il premio Principe delle Asturieper la ricerca scientifica e tecnica; il Premio Feltrinelli per la Medicina dell'Accademia Nazionale dei Lincei; il George Miller Award della Cognitive Neuroscience Society.Il 5 agosto 2015 Giacomo Rizzolatti ha ricevuto la cittadinanza onoraria di Clauzetto.

  • 47

    5. ITINERARI

    5.1. Grotte e museo della Grotta di Pradis

    Il territorio dellaltipiano di Pradis, tra il torrente Cosa e lArzino, caratterizzato da rocce calcaree, che hanno favorito fenomeni di carsismo: lacqua piovana, con laggiunta dellanidride carbonica, nel corso di centinaia di migliaia di anni ha sciolto il calcare, creando cos cavit e grotte. Alcune di esse sono state utilizzate in era preistorica come ripari per i cacciatori, come la grotta del Clusantin e la grotta del Rio Secco, ambienti tuttora studiati dai paleoarcheologi. I ritrovamenti sono stati raccolti nel piccolo ma ricco Museo delle Grotte. Lazione erosiva nella roccia calcarea, abbinata al trasporto di pietre e sabbia da parte del torrente Cosa, ha formato una profonda forra che, nei pressi di Pradis di Sotto, si apre in tre grandi cavit: lAndri di Gercie, lAndri scur e lAndri blanc.

  • 48

    possibile visitare le grotte grazie ad un percorso attrezzato con un sentiero e dei gradini, che porta fino al livello del torrente. Chi volesse avventurarsi anche nelle forre pu partecipare alle escursioni guidate di canyoning. Per arrivare alle grotte, da Clauzetto occorre seguire le indicazioni per Pradis di Sotto (SP57). La strada si addentra per un buon tratto nel bosco: oltrepassata la frazione Vaganis, sulla destra, c un ampio posteggio per i visitatori, da cui con un breve percorso si raggiunge l'ingresso delle Grotte. La valorizzazione del sito si deve a due sacerdoti del luogo, don Giacomo Bianchini e don Terziano Cattaruzza. Don Bianchini fu il primo ad esplorare in modo sistematico le grotte negli anni Venti del secolo scorso. Don Cattaruzza, nel 1964, con la collaborazione dei parrocchiani, rese agibile la discesa e fece diventare la grotta principale un luogo di culto. Nel fondo, nel 1967, fu collocata una Madonna in bronzo dorato, opera dello scultore Italo Costantini. Lambiente, denominato Grotta della Madonna, stato scelto come Tempio Nazionale degli speleologi. Ogni anno il Gruppo Speleologico di Pradis vi cura lorganizzazione della Messa di Natale in Grotta. Aperto al pubblico nel 2001, il Museo della Grotta nasce come raccolta permanente nel 1969 ad opera dellallora Comitato Culturale Pradis, oggi Associazione Culturale Pradis e del Gruppo Speleologico Pradis, allestita presso i locali dell'ex scuola elementare della frazione e chiusa in seguito al sisma del 1976. La sede attuale si trova nelle immediate vicinanze delle Grotte Verdi, sito frequentato nel corso del Paleolitico medio e superiore e

  • 49indagato negli anni '70 dal Prof. Giorgio Bartolomei dell'Universit di Ferrara. Le ricerche del gruppo ferrarese sono proseguite fino al 2015 con gli scavi alla Grotta del Clusantin e alla Grotta del Rio Secco diretti dal Prof. Marco Peresani e dal Dott. Matteo Romandini che hanno permesso di raccogliere una eccezionale documentazione sulla vita dei cacciatori/raccoglitori del Paleolitico. Di particolare interesse un artiglio d'aquila usato come ornamento che rappresenta una rara evidenza della capacit di ragionamento simbolico dei Neanderthal; si tratta in ordine di scoperta del settimo ritrovamento del genere in Europa. Grotte e Museo sono visitabili in giorni ed orari prestabiliti (consultare il sito http://grottedipradis.it). LAmministrazione Comunale di Clauzetto in collaborazione con lAssociazione Culturale di Pradis ed Ecomuseo Lis Aganis, organizza da diversi anni nel corso dellestate, presso la dolina antistante alla Grotta del Clusantin, le Giornate della Preistoria, appuntamenti didattici, divulgativi incentrati sulla vita nel Paleolitico e aspetti ambientali-naturalistici della Valle della Preistoria. Poco distante dalle Grotte, si trova la sede del centro canyoning Cooperativa Alkosa.

    6.2. Il castello Ceconi

    Si tratta di un singolare edificio, posto nella Val Nespolaria, a Nord dellabitato di Pielungo. Per raggiungerlo, dalla piazza di Pielungo

  • 50ci si dirige a Nord verso via Castello. Imboccata la via in discesa, a circa un chilometro e mezzo, si trova il castello, ben indicato dalla segnaletica turistica.La costruzione, in stile eclettico, tipico dellepoca, venne eretta tra il 1890 ed il 1908 dal conte Giacomo Ceconi, senzaltro una delle figure pi celebri della valle. Giacomo Ceconi, tornato a Pielungo dopo un quarantennio trascorso in vari luoghi dEuropa per seguire i lavori della sua impresa di costruzioni, ricevuto il titolo di conte dalla Corona dItalia per i suoi meriti nel campo delle opere pubbliche, decise di trasformare la casa di famiglia in una residenza degna del suo titolo. Era di moda tra i nobili di fine Ottocento ispirarsi ai castelli medievali per le loro dimore. Il luogo si prestava molto a questo tipo di costruzione.Si accede all'edificio da un lungo viale lastricato e si accolti, nel piazzale antistante, da una grande fontana dalle linee sobrie ed eleganti, al cui fianco si trova un bell'albero di ippocastano. Un aneddoto legato alla fontana. Secondo quanto si narra, essa divenne oggetto di disputa tra il conte Ceconi ed un pastore, di nome Nnol, che avanzava diritti per l'abbeverata delle pecore: alla fine l'uomo ottenne il diritto di passaggio nel cortile del castello.Ledificio, su tre piani, lungo e massiccio, munito di due torri e di una torretta centrale ed decorato con merli ghibellini. Esso presenta un corpo principale dove si apre il grande portone d'ingresso. Caratterizzano la facciata tre finestre rettangolari al piano nobile - ai cui lati sono poste quattro statue, opera dello scultore Alfonso Canciani, che raffigurano quattro poeti: Dante, Petrarca, Ariosto e Tasso. Allaltezza del terzo piano, tra due finestre, posto lo stemma nobiliare. I dipinti che decorano la facciata sono opera di Francesco Bazzarutti. Sopra al portone dingresso vi una Madonna con Bambino. Sopra ai due portoni laterali, a sinistra George Stephenson e a destra Alessandro Volta. Sopra al secondo ordine di finestre, da sinistra a destra troviamo Irene di Spilimbergo, Leonardo da Vinci e Vittoria Colonna. Altre scene di stile medievale decorano la parte superiore. Le lunette di alcune finestre laterali in stile gotico sono decorate con grottesche. In cima alla torretta centrale cilindrica, alta ed agile, era posta una campana che scandiva gli orari del lavoro. Allinterno si trovavano altri dipinti, purtroppo in gran parte perduti a causa dell'incendio e del terremoto: nelle pareti della grande sala

  • 51da pranzo si potevano ammirare i ritratti di re Umberto I, della Regina Margherita, di Vittorio Emanuele II e di Garibaldi. Si conservato un unico soffitto affrescato con scene mitologiche. Al secondo ed al terzo piano ci sono ancora i due ambienti dedicati al bagno, con affreschi a grottesche e figure, mattonelle con motivi floreali e grandi vasche di pietra.

    Il castello, completamente autosufficiente, era dotato delle pi moderne comodit dellepoca: ogni stanza era riscaldata da una stufa a legna di maiolica, in stile austriaco; lilluminazione elettrica era fornita da una piccola centrale posta sul torrente Arzino; lacqua corrente giungeva dal vicino acquedotto Aga viva. Nei sotterranei del castello vi erano dei forni per la cottura dei cibi e, scavata nel giardino, una grande ghiacciaia per conservare i cibi. Giacomo Ceconi aveva riservato una delle stanze per una sorta di museo celebrativo delle sue imprese. Vi erano conservati i suoi vecchi strumenti di lavoro, le mappe, i progetti, i diplomi ed i riconoscimenti ricevuti.Alla morte del conte, avvenuta a Udine nel 1910, dopo lunghe controversie ereditarie, il castello rest di propriet dellultima moglie, Giuseppina Novak, che vi abit con la figlia Magda fino al 1943. In quellanno, a causa delloccupazione nazifascista, le due donne si trasferirono in Svizzera dalla figlia minore, Maria Ceconi, che aveva sposato nel 1919 un ingegnere, Milan Lusser. Nel 1943 il castello, divenuto sede di una brigata partigiana, in un episodio di guerra venne incendiato dai nazisti. Nel dopoguerra la famiglia Ceconi cedette limmobile allEnte Friulano di Economia montana, subentrato allEnte fascista di economia montana al quale negli anni Trenta i Ceconi avevano donato il grande parco. Ripristinato con sobriet, nel dopoguerra venne utilizzato come sede di colonie montane ed altre attivit ricreative. Il terremoto del 1976 lo danneggi in modo grave ma non irreparabile: alcune parti vennero demolite ed il resto fu ancora una volta ripristinato. Le proposte per un riutilizzo delledificio furono svariate; passato in propriet alla Regione, nel 2007 infine fu venduto, assieme al vasto giardino, allazienda Graphistudio di Arba (Pn), che ne ha fatto la sede di una scuola internazionale di fotografia intitolata al conte Giacomo Ceconi. Occasionalmente la sala conferenze viene utilizzata per manifestazioni pubbliche.

  • 525.3. La strada Regina Margherita

    Nel 1891 venne inaugurata la strada che da Anduins porta a Pielungo. Attualmente questo tratto fa parte della Strada Provinciale 1 della Val dArzino. Una targa posta sulla pietra, accanto al primo tunnel, riporta la denominazione originaria. I principali centri della valle erano rimasti per lungo tempo isolati tra loro e dalla pianura. Fino alla fine dellOttocento lunica via carrozzabile era quella che iniziava poco pi a Sud di Casiacco e dal bivio per Flagogna, presso il ponte sullArzino. Questa strada saliva ad Anduins, e da qui proseguiva per Vito e Clauzetto (tratto questultimo aperto dopo il 1870).Limpresario edile originario di Pielungo Giacomo Ceconi, dopo aver ricevuto il titolo nobiliare dallimperatore dAustria nel 1884, tornato in patria, decise di mettere fine allisolamento della frazione, che era collegata a Vito dAsio con un sentiero tortuoso e scomodo. Il progetto di Ceconi era quello di seguire il percorso dellArzino. Nel fondovalle infatti esisteva gi un sentiero percorribile a cavallo, come testimonia la documentazione dei topografi di Napoleone. Giacomo Ceconi decise di intitolare la strada alla Regina dItalia Margherita di Savoia (era la stessa regina a cui venne dedicata la celebre pizza). Nel 1886 il Consiglio

  • 53comunale di Vito DAsio approv la costruzione della strada. Il nobile Ceconi forn i capitali mentre il Comune si occup degli aspetti amministrativi. Il lavoro venne svolto gratuitamente da squadre di cittadini del Comune a titolo di prestazione tributaria in natura. Questo tipo di accordo fu possibile, secondo le leggi dellepoca, in quanto lopera fu dichiarata obbligatoria. Il percorso parte dalla via carrozzabile che da Casiacco porta ad Anduins. Da qui la via si inserisce nella Valle dellArzino ponendosi a mezza costa tra il monte Clapiat ed il torrente. Gli sbancamenti furono fatti con picconi e con mine. Fu deciso di non scavare gallerie per non far lievitare i costi; furono realizzate invece delle mezze gallerie. I muretti di sostegno e di controripa vennero eseguiti a secco. Furono costruiti cinque ponti di pietra: due sul torrente Arzino, uno sul rio Paveon e due sul rio Pielungo. La larghezza della carreggiata era di 3 metri e 80. Lungo il percorso c'erano delle piazzole per consentire l'incrocio dei veicoli. La spesa complessiva raggiunse le 595 mila lire, circa 2milioni e 300mila euro del 2008 (tabelle di conversione ISTAT 1861-2008). Nel 1915 la strada fu prolungata fino a San Francesco e negli anni Quaranta fino a Verzegnis. Lopera sub vari danni sia per cause naturali (inondazione nel 1909, terremoto del 1976) e belliche (battaglia di Pradis nel novembre 1917; nellagosto 1944 i partigiani provocarono una frana con le mine). Attualmente la strada in buono stato di manutenzione; il tracciato leggermente diverso da quello originario; percorrendola si pu tuttavia intuire l'arditezza dell'opera all'epoca della costruzione e godere di un paesaggio verdissimo ed ombroso, dove i prati hanno ceduto quasi del tutto il passo all'avanzata della foresta.

    5.4 Sentiero Storico

    un itinerario di 3 chilometri che comprende molteplici siti di rilevante interesse storico, culturale e religioso. Partendo da Pordenone ci si dirige verso Lestans, per poi proseguire in direzione di Pinzano al Tagliamento, immettendosi sulla strada provinciale 63 che conduce in Val dArzino. Il percorso comincia a Vito dAsio (che significa sorgente, fonte, rio). Si posteggia lauto nellampio piazzale sovrastato dalla Chiesa Parrocchiale dedicata a San Michele Arcangelo (risalente alla met del 1400), un edificio maestoso, ottimamente restaurato dopo i notevoli danni provocati dal terremoto del 1976. Linterno di

  • 54

    questo edificio impreziosito