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L L a a b b o o r r a a t t o o r r i i o o d d i i m m p p r r e e s s a a Centro unico per la formazione imprenditoriale, assistenza e consulenza tecnica e iniziative di informazione per la diffusione della cultura d’impresa A cura del Dr. Salvatore Barresi

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Centro unico per la formazione imprenditoriale, assistenza e consulenza tecnica e iniziative di informazione per la diffusione della cultura d’impresa

A cura del Dr. Salvatore Barresi

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LABORATORIO D’IMPRESA

Presentazione

Avete idea di cosa ci voglia e di come si faccia a creare una nuova impresa?

Nell’immaginario di ognuno di noi, l’imprenditore è colui che, caratterizzato da un intuito eccezionale e amante del rischio è capace di "far soldi". Per fare un’impresa poi si ritiene che il problema principale da risolvere sia quello di trovare il denaro per poterla realizzare.

Iniziamo insieme un’ avventura formativa che vi porterà a scoprire passo dopo passo che cosa serve per trasformare un’idea in progetto e a predisporre un business plan dell’iniziativa imprenditoriale da voi individuata.

Ma da dove iniziare? La prima cosa è individuare l’idea giusta.

Anche per fare questo bisogna essere un po’ imprenditori, almeno di se stessi!

In realtà essere imprenditori o meglio, intraprenditori, è un modo di rapportarsi alle cose e alla vita in generale. Aspettative, curiosità, motivazioni varie hanno da sempre spinto l’uomo a intraprendere, ad essere creativo e a gestire in prima persona il proprio destino.

E’ chiaro che affrontare le cose in maniera imprenditoriale significa rimboccarsi le maniche, assumersi delle responsabilità e prendere delle decisioni. Questo è sicuramente impegnativo e a volte molto faticoso ma è sicuramente stimolante e anche molto gratificante quando si raggiungono gli obiettivi prefissati.

Oggi chiaramente non vi si chiede tutto questo ma vi si offre un’opportunità che se saprete raccogliere vi potrà essere utile alla costruzione del vostro futuro sia che diventiate imprenditori sia che scegliate la via del lavoro dipendente.

Ma vi è comunque richiesto qualcosa: per far si che tale percorso sia veramente utile per voi dovete avvicinarvici con una mente aperta, pronta ad accogliere il cambiamento, dovete essere disposti a conoscere a comunicare e rispettare, dovete aver voglia di sperimentare.

Tutto questo aumenterà le vostre e le nostre capacità di analisi, vi permetterà di sostenere e sviluppare le vostre potenzialità e vi consentirà di creare e sviluppare le vostre iniziative. La parola d’ordine è "ASCOLTO".

È importante saper costruire un metodo che vi consenta di saper ascoltare la vostra capacità di dar vita a delle idee in modo da risolvere i problemi che si presentano nella vita quotidiana e risolverli per orientare il vostro futuro. Man mano che si cresce, la vostra esperienza si forma attraverso una successione non lineare e spesso anche confusa di idee, attraverso la loro sperimentazione e quindi anche attraverso successi e insuccessi.

In un primo momento fantastichiamo su idee che scaturiscono da input provenienti da innumerevoli direzioni e in un secondo momento cominciamo a rifletterci sopra per cercare di riorganizzare gli elementi a nostra disposizione e rendere l’idea concreta e quindi realizzabile. Tale processo diventa ancora più importante quando intendiamo avviare una iniziativa imprenditoriale che possa costituire elemento fondamentale del nostro futuro.

STRUTTURA DEL LABORATORIO

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LABORATORIO D’IMPRESA

Introduzione al corso • A. Magia imprenditoriale • B. Potrei essere imprenditore • C. Dall’idea all’impresa

1° capitolo - Come individuare un’idea progettuale

• Imprenditori si nasce? • Iniziamo a fabbricare idee • Lo sapevate che... • "Sette" idee per "sette" lavori

2° Verso l’impresa : analisi di prefattibilità

• L’ Idea al progetto • Procediamo per gradi... • Riepilogando • Esercitazioni: suggerimenti utili • Alcuni suggerimenti per l'analisi

3° Organizzazione per la realizzazione della nostr a impresa

• Iniziare da soli o in società • Tabella forme giuridiche societarie • Come organizzarsi • Come dirigere le aree • Esercitazioni: suggerimenti utili

4° Parliamo di marketing

• Parliamo di Marketing? • Il Marketing e le "4 P"Da dove iniziare? L'analisi dello scenario • Esercitazioni: suggerimenti utili

5° Parliamo di produzione

• Il prodotto

• Ma da dove iniziare? • Analisi delle fasi del processo produttivo • Quali decisioni? • Ricapitolando • E per concludere... Il ciclo della vita • La rete di consulenti della vostra azienda

6° Parliamo di vendita e promozione

• Il prodotto • Ma da dove iniziare? • Analisi delle fasi del processo produttivo • Quali decisioni? • Ricapitolando • E per concludere... Il ciclo della vita • La rete di consulenti della vostra azienda

7° Parliamo Numeri

• L'analisi dei costi • L'esercizio amministrativo • Il Piano degli investimenti • Esercitazioni: suggerimenti utili

A. Magia Imprenditoriale

1. L'impresa come sistema chiuso: input e output

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L'impresa è un organismo economico che mediante l'organizzazione dei fattori di produzione e l'applicazione di processi tecnici produce beni o servizi destinati alla vendita nel mercato. L'impresa opera come un'unità di gestione e di decisione economica ed è caratterizzata dalla presenza di quattro elementi strutturali:

• l'imprenditore è il soggetto che intraprende una attività d'impresa, assumendone i tutti i rischi tecnici ed economici. Può essere una singola persona fisica (impresa individuale) o una persona giuridica (società).

• i lavoratori sono coloro che prestano la loro attività, sotto qualsiasi forma, nell'impresa ricevendo una retribuzione (stipendi e salari).

• i capitali fissi come gli impianti ed i macchinari ecc. • i capitali circolanti come le materie prime e i prodotti intermedi

impiegati a scopi produttivi.

Possiamo definire l'impresa come una unità di produzione che mediante la combinazione di fattori produttivi organizza la propria attività per perseguire scopi di natura economica. In linea di principio l'impresa nasce perché è in grado di produrre o rivendere un bene o un servizio sul mercato. Con i ricavi ottenuti l'impresa mira non solo a coprire i costi di produzione ma anche e soprattutto a ottenere degli utili sotto forma di profitti. Per riuscire a comprendere tutto quello che avviene all'interno dell'impresa, conviene considerarla come una scatola nera. La ricerca scientifica usa infatti la scatola nera come strumento per l'analisi di fenomeni complessi: si isola il processo, si immagina di rinchiuderlo in uno spazio limitato, e si considerano gli elementi in entrata e quelli in uscita dalla "Black box". Si cerca così di farsi un'idea del fenomeno dal confronto input/output.

Se applichiamo questo procedimento all'impresa vediamo che gli input sono:

• uno spazio fisico; un palazzo, un capannone, degli uffici; • le tecnologie; impianti, macchinari, attrezzature che incorporano

modi di produzione; • persone che lavorino; • le materie prime da trasformare nel prodotto che si vuole realizzare,

materiali di consumo ed energie (elettrica, tecnica, meccanica); • capitali utilizzati per acquistare le risorse necessarie (compreso il

denaro che, col meccanismo dell'interesse, si compra e si vende come qualsiasi altra merce).

All'altra estremità dell'impresa - scatola nera- gli output sono i prodotti, beni o servizi, forniti ai clienti. Gli incassi derivanti dalla loro vendita costituiscono il ricavo (dato dal prezzo di vendita del prodotto, moltiplicato per il numero dei pezzi venduti). Parte di questo ricavo diventa il nuovo input in denaro utilizzato per alimentare un nuovo ciclo produttivo (la scatola nera). E la rimanente parte? L'arcano di questo processo, la magia imprenditoriale, è costituita dal fatto che l'output economico (ricavo) derivante dalle vendite, è superiore all'input in denaro utilizzato per l'acquisto dei fattori della produzione. La differenza tra i due costituisce il risultato fondamentale dell'impresa: il profitto. La realizzazione di un profitto costituisce lo scopo primario dell'impresa.<BR< Ogni impresa, qualunque attività svolga e comunque la svolga, costituisce un immobilizzo di capitali; ogni sua componente è denaro congelato, convertito in mezzi di produzione.

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Questo denaro, è stato fornito da qualcuno, l'imprenditore stesso, un socio, una banca, che, naturalmente, vuole guadagnare dal suo investimento. Certamente qualcosa di più di quello che gli avrebbe reso un altro investimento in titoli di stati, depositi bancari, fondi di investimento o…un'altra impresa. Il profitto costituisce la remunerazione per il denaro investito. Possiamo allora dire che l'impresa è un processo che trasforma risorse materiali (i fattori della produzione), in prodotti e servizi, attraverso l'attività trasformatrice del lavoro e organizzativa dell'imprenditore. Dunque, qualsiasi tipo di produzione avviene mediante la combinazione di risorse naturali, lavoro (risorse umane), capitale, organizzazione. Sono questi i fattori di produzione, i quali o sussistono originariamente o sono a loro volta il risultato di processi produttivi. Ad esempio il fattore al quale si dà convenzionalmente il nome di 'terra' che comprende le risorse naturali e le materie prime è un fattore originario. Mentre le macchine e gli impianti sono fattori produttivi che vengono denominati beni-capitale o semplicemente capitali, e la loro creazione è frutto dell'attività produttiva. Qualsiasi modificazione nella combinazione dei fattori produttivi che comporti una minore (o uguale) quantità di fattori per ottenere una pari (o maggiore) quantità di prodotto è detta progresso tecnico.

APPROFONDIMENTI La terra e le risorse naturali La terra è il primo determinante fattore produttivo, e contribuisce alla

produzione in vari modi. In primo luogo la terra è la sede della produzione in quanto è indispensabile per l'attività dell'uomo l'uso di una certa area della superficie terrestre. In secondo luogo è la natura ad offrire alla produzione un'ingente provvista di materiali: miniere foreste sorgenti… Il lavoro Per lavoro si intende qualsiasi attività umana, fisica ed intellettuale, applicata a scopi produttivi. Il capitale

Sono beni capitali quei beni prodotti dall'uomo destinati alla produzione di altri beni. Si tratta di un fattore produttivo non originario, il cui sviluppo ha caratterizzato lo stadio più imponente dell'attività che va sotto il nome di 'capitalismo'. Accanto ai beni capitali ci sono i capitali finanziari. Questo non sono beni utili in sé, ma consentono a chi li possiede di realizzare un reddito. La moneta, data in prestito agli imprenditori, costituisce il capitale finanziario per eccellenza, ma si pendi anche alle azioni e alle obbligazioni delle società commerciali, alle polizze di assicurazione sulla vita, alle quote di fondi comuni di investimento. Un'altra importante distinzione è quella tra capitali fissi e circolanti. Si dicono fissi quei capitali che possono compiere una serie di atti produttivi, possono cioè fornire diverse prestazioni (come ad esempio i macchinari), pur essendo soggetti a logorio. Un secondo gruppo è costituito dagli strumenti che aumentano la produttività del lavoro: macchine utensili apparecchiature scientifiche… Si dicono circolanti quei beni che una volta impiegati nella produzione si trasformano o si consumano. Sono tali le materie prime, le materie sussidiarie i combustibili… L'organizzazione La produzione è il frutto della combinazione dei vari fattori produttivi: materie prime lavoro capitali. Ma questa combinazione non è automatica: dipende dall'attività e dalle

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scelte del produttore. Il suo compito specifico è appunto di organizzare l'attività produttiva in vista Questa fattore è considerato come attività propria dell'imprenditore, persona fisica o giuridica (società) che crea, organizza e dirige l'impresa, assumendone il rischio. di certi fini, senza questa capacità do organizzazione non ci potrebbe essere produzione. L'organizzazione costituisce un altro fattore di produzione.

2. L'impresa come sistema aperto: le relazioni con l'ambiente esterno

Ciò che si svolge dentro la scatola nera, finché non si confronta con l'esterno, può essere visto come un processo lineare che trasforma risorse in prodotti. Al momento del confronto il processo si complica perché l'impresa deve dimostrarsi in grado di rispondere positivamente ai segnali che provengono sia dal mercato, sia dall'ambiente in cui opera. I segnali che provengono dal mercato possono derivare dalla sovrabbondanza di prodotti, da nuove e più raffinate esigenze del cliente o dall'entrata in scena di concorrenti più agguerriti. L'ambiente di riferimento è costituito dalla realtà sociale, politica e culturale in cui opera l'impresa. Le indicazione che ne derivano possono essere le leggi, i piani, i programmi e gli orientamenti dello Stato e degli enti pubblici; i livelli di istruzione e di qualificazione professionale medi e le aspettative delle risorse umane; l'atteggiamento delle altre imprese, isolamento o collaborazione, e delle banche, disponibilità al credito. L'ambiente esterno genera sia vincoli, che premono sui punti deboli dell'impresa, sia opportunità, che ne esaltano i punti di forza. Analogamente il mercato rappresenta un insieme di minacce (concorrenza, rapporti coi fornitori, ecc.) e di opportunità (nuovi prodotti, nuovi clienti). Un'impresa non è mai un fatto esclusivamente privato: utilizza risorse comuni (infrastrutture, reti di comunicazione ecc.) e costituisce, a sua volta, una risorsa per la collettività - produce ricchezza, crea occupazione, induce

il sorgere di altre attività. Essa non può quindi essere considerata semplicemente un sistema chiuso, ma va considerato il suo aspetto di apertura nei confronti dell'ambiente. Arricchitosi dalla complessità derivata dalle risposte e stimoli così differenziati, siano essi vincoli od opportunità, il processo aziendale da lineare diventa circolare. Lo sviluppo, essendo circolare, ritorna su se stesso e tende all'autoregolazione.

3. L'ambiente esterno come sistema di vincoli e di opportunità

Poiché la produttività possa essere costantemente in crescita ci vuole un'economia capace di potenziarsi continuamente, capace di svilupparsi nei settori più avanzati, in cui la produttività è maggiore. Capace soprattutto di assorbire le risorse umane che si liberano, ossia i posti di lavoro che si perdono in questo progressivo miglioramento, aprendo nuovi fronti di attività in settori tecnologicamente all'avanguardia. Se l'economia non fosse internazionale, il livello di produttività di una nazione potrebbe essere costante ed indipendente da quello delle altre.

In un'economia planetaria invece la produttività di ogni nazione è costretta ad un bivio: o cresce o regredisce. Perché il commercio internazionale e gli investimenti all'estero dei grandi gruppi sono al tempo stesso, sia una grossa opportunità, sia una grave minaccia. Opportunità Dato che oggi qualsiasi merce si può acquistare dovunque, ciascuna nazione può specializzarsi in quei settori in cui le sue imprese sono relativamente più produttive, e importare invece i prodotti e i servizi nei quali

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le imprese nazionali sono meno produttive delle loro rivali straniere. In questo modo, si eleva il livello medio di produttività e anche le importazioni diventano parte integrante della crescita economica, in quanto costringono le imprese che non reggono il confronto con la concorrenza estera a incrementare la propria redditività o a chiudere. Cade così l'antico luogo comune secondo il quale, per un'economia nazionale, esportare è il bene e importare è il male. Di conseguenza, per quanto paradossale possa sembrare, perché l'economia di una nazione possa progredire si devono necessariamente perdere posizioni di mercato nei settori relativamente più deboli: in quelli cioè che non sono in grado di reggere la concorrenza su una scacchiera economica planetaria. Ricorrere a sussidi, protezioni ed altre forme di intervento per proteggere questi settori, non fa che allentare la crescita complessiva, limitando sul lungo periodo, lo standard di vita di una nazione. Persino le nazioni con gli standard di vita più elevati hanno molti settori in cui le imprese locali non sono competitive e i relativi prodotti vengono importati.

Vincoli L'economia planetaria, d'altra parte, può essere anche una minaccia. In qualunque settore di attività, infatti, essere esposti alla concorrenza internazionale vuol dire che per affermarsi non basta più essere relativamente più produttivi anche in termini assoluti, nei confronti dei concorrenti stranieri. Altrimenti non si sarà in grado di esportare, e a volte nemmeno di mantenere le proprie posizioni sul mercato interno.

Negli Stati Uniti, per esempio, l'industria automobilistica è assai più produttiva di molti altri settori dell'economia nazionale, e ciò nonostante gli Usa subiscono un crescente deficit commerciale in questo campo (e un a conseguente perdita di posti di lavoro ben retribuiti) perché la produttività dell'industria automobilistica tedesca, giapponese e coreana è ancora più elevata. Immaginiamo ora un'economia nazionale in cui i settori industriali che non reggono il confronto con i rivali stranieri siano proprio i più produttivi, e in cui magari le attività più produttive debbano essere trasferite all'estero perché il livello interno di produttività è insufficiente. La conseguenza sarà un'ulteriore diminuzione della produttività nazionale, che trascinerà verso il basso anche le retribuzioni. Se poi i settori colpiti sono numerosi, anche la moneta nazionale tenderà ad indebolirsi, e la conseguente svalutazione (facendo aumentare i prezzi delle importazioni e diminuire quelle delle esportazioni) finirà per abbassare lo standard di vita della popolazione. Se la scacchiera diventa planetaria, insomma, la produttività deve assolutamente mantenersi costantemente in crescita. Altrimenti l'economia nazionale rischia di scivolare nel sottosviluppo. Per concludere non è vero che l'economia globale è un gioco in cui i grandi colossi vincono e tutti gli altri perdono: sembra un gioco invece in cui, grande o piccola, l'iniziativa ha maggiori possibilità di affermarsi rispetto a ieri. Il fattore decisivo è la capacità di giocare il proprio potenziale di produttività in modo intelligente e flessibile: partendo da una buona conoscenza del proprio ambiente, nazionale ed addirittura locale, e adattandosi a un mondo in continuo cambiamento. Il futuro del lavoro è imprenditoriale; ed è un futuro che è già qui ora.

B. Poteri essere imprenditore

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1. Le caratteristiche dell'imprenditore e i parados si dell'imprenditorialità

Se chiedete a un economista chi è l'imprenditore e che cosa è esattamente l'imprenditorialità, vi dirà che per ogni epoca e ogni scuola vi sono risposte diverse. E in fondo non può essere che così: le realtà economiche mutano col mutar dei tempi (e anche dei luoghi): e vengono teorizzate in modo diverso perché sono diverse. La definizione classica Per gli economisti classici (Adam Smith, Jean-Baptiste Say, David Ricardo, a cavallo tra il Settecento e l'Ottocento) l'imprenditorialità è trasformazione di un'idea in un'entità economica reale attraverso il processo capitalistico di produzione. E il protagonista è sempre l'imprenditore che, cambiando i fattori produttivi a sua disposizione, è in grado di mettere in moto un processo che da una materia prima porti a dei prodotti finiti. La sua attività viene compensata dalla formazione di un profitto sotto forma di surplus monetario, nel caso, naturalmente, che tutto si svolga senza intoppi. La visione che fa da sfondo a questa definizione si può riassumere in tre affermazioni. Primo, il sistema economico è costituito da due soli attori (il produttore e il consumatore). Secondo, la produzione è il momento propulsivo dell'intero sistema. Terzo, in quanto proprietario dei mezzi di produzione, l'imprenditore è l'unico attivatore possibile di tale processo. Un eretico: Schumpeter Per Joseph Schumpeter (un economista al di fuori delle scuole) il ruolo dell'imprenditore è invece soprattutto quello di innovare.

Nell'analisi di Schumpeter, il progresso è prodotto dall'evoluzione tecnologica; e a trascinare l'evoluzione tecnologica è l'imprenditore. L'imprenditorialità, da questo punto di vista, è un processo creativo che rompe l'equilibrio esistente nel mercato: o modificando le tecniche di produzione (innovazione di processo) o lasciando sul mercato qualche nuovo prodotto (innovazione di prodotto). L'obiettivo di questa creatività è classicamente economico: la realizzazione di un maggior profitto. Per Schumpeter tuttavia, spingendo l'innovazione tecnologica, l'imprenditore lavora consapevolmente alla propria autodistruzione : la crescente complessità dei processi produttivi avrebbe infatti spostato il baricentro dell'impresa dal creatore al gestore, dall'imprenditore al manager. Entra in scena "il mercato" con la definizione neoc lassica Nella seconda metà dell'Ottocento, una nuova generazione di economisti (M.E. Walras è il teorico più importante) stravolge completamente lo schema dei classici introducendo un nuovo protagonista: il mercato. Il mercato è il luogo in cui tutte le azioni economiche, incontrandosi, raggiungono uno stato di equilibrio. Tra due prodotti uguali, il consumatore sceglie quello offerto al prezzo più basso: mentre il produttore, dal canto suo, mira a realizzare il massimo profitto. Il compito del mercato è di lasciare che sia libera interazione fra queste due opposte tendenze a determinare il "giusto prezzo" e, di conseguenza, il "normale" margine di profitto. Dal punto di vista del mercato, creare una nuova impresa vuol dire minacciare le altre imprese già esistenti. Quando in un dato settore si realizzano extra - profitti, dei potenziali concorrenti saranno spinti a entrare nel mercato con nuove imprese e prezzi inferiori. Le altre imprese reagiscono alla minaccia migliorando la propria efficienza in modo da poter abbassare ulteriormente i prezzi, e il risultato sarà il ristabilimento dell'equilibrio a un livello di "giusto prezzo" e di profitti "normali". L'imprenditorialità, insomma, ha semplicemente il compito di riequilibrare il

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mercato. La visione neoclassica, come si vede, è diametralmente opposta a quella di Schumpeter: non è l'imprenditore a creare mercato, ma il mercato a creare l'imprenditore. Per i neoclassici, infatti, il mercato è l'unico attore dell'economia; l'imprenditore, più che agire, ha un ruolo essenzialmente passivo. All'interno della grande scuola neoclassica, tuttavia, la scuola austriaca di Knight correggerà in seguito questa interpretazione passiva dell'imprenditorialità. Le equazioni matematiche dell'equilibrio di mercato, sostiene Knight, non spiegano affatto i comportamenti concreti degli imprenditori. Perché non è vero che i fenomeni del mercato siano sempre e completamente razionali. E non è nemmeno vero che l'informazione sia perfetta. Ed è proprio all'interno di queste condizioni di incertezza che l'imprenditore si ritaglia il suo spazio di manovra: affrontando con abilità una situazione rischiosa, cerca di ritrovarne un margine di profitto. In questa prospettiva, l'imprenditorialità è il "talento" con cui si riesce a vincere la scommessa legata alla creazione di una nuova impresa. Il mercato rappresenta ancora il luogo centrale dell'attività economica, ma è l'iniziativa imprenditoriale a guidarla verso uno stato di equilibrio. La teoria manageriale Nei primi decenni del dopoguerra, l'elemento più caratteristico dell'economia occidentale è l'emergere dei colossi internazionali: grandi e grandissime imprese che si sviluppano sempre di più, anche a scapito del mercato. Perché i manager che le governano sono mossi, in larga misura, da obiettivi personali di sicurezza, di prestigio, di rivalità interna che risultano notevolmente divergenti da quelli del capitale investito nell'impresa. E questa divisione, tra proprietari dei capitali investiti nell'impresa da una parte e manager che li utilizzano in attività produttive dall'altra, con obiettivi diversi e spesso contrastanti, manda all'aria la figura" classica" dell'imprenditore proprietario - manager, con la teoria imprenditoriale che da questa si era sviluppata.

2. I paradossi dell'imprenditorialità

Fare l'imprenditore o essere imprenditivi non è certamente la stessa cosa. Ma se imprenditorialità significa intendere il lavoro come una carriera professionale che si costruisce come risposta attiva alle opportunità esterne, dando il proprio contributo personale alla costruzione delle occasioni, l'attitudine dovrebbe essere la stessa. La scelta imprenditoriale non è sempre la risposta a una vocazione. Spesso dipende dagli obiettivi che ciascuno di noi si pone rispetto al proprio futuro professionale: c'è chi punta al denaro, chi vuole contare attraverso il potere, chi è appassionato per un certo mestiere, e chi trova nell'imprenditorialità una alternativa alla disoccupazione. E quando la motivazione è forte, atteggiamenti e comportamenti, se mancano, si possono sviluppare. Anche da questo punto di vista, chiedersi se si è adatti a fare l'imprenditore è un falso interrogativo. È chiaro tuttavia che chi svolge un percorso formativo sulla cultura d'impresa si aspetta un identikit, una sorta di ritratto ideale, al quale paragonare le caratteristiche della propria personalità. Per cercare di essere il meno arbitrari possibili nella definizione di imprenditorialità, invece di un unico profilo, abbiamo costruito una mappa dove le diverse strategie imprenditoriali incrociano delle caratteristiche principali dell'imprenditore, ordinate in coppie di opposti: indipendenza contro dipendenza; processo contro personalità, rivoluzione contro evoluzione, visione contro azione. Indipendenza contro dipendenza: Molti ritengono che lo stimolo verso l'imprenditorialità sia soprattutto il bisogno di indipendenza: si vuole sfuggire a una figura paterna o materna troppo ingombrante o all'oppressione di un datore di lavoro. Altri sostengono invece che all'inizio, partendo da zero, senza alcuna esperienza, si ha bisogno di sostegni e di modelli: si muovono i primi passi sulle orme di un padre o di una madre, o ci si appoggia a un datore di lavoro

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che ci offre spazio e incoraggiamento. D'altra parte, anche nei confronti del mercato, c'è chi afferma che l'imprenditorialità consiste nel cogliere un'opportunità e crearsi una propria nicchia autonoma; ma c'è anche chi sostiene che, per affrontare la sfida della crescente competizione, sia utile ricorrere ad alleanze strategiche. Processo contro personalità. L'imprenditorialità può essere intesa come processo, come creazione di nuovi schemi di attività, oppure come persona, come sistema di qualità individuali. I sostenitori del processo ritengono che l'imprenditorialità sia soprattutto un fatto di invenzione organizzativa. E quindi, oltre che individuale, può essere anche collettiva, di gruppo; e la si può trasferire e promuovere. L'imprenditorialità cioè non va confusa con il genio dell'artista. I sostenitori della centralità della persona ribattono che, l'imprenditorialità è un insieme di qualità personali: quali la fiducia in se, il senso dell'avventura, l'intuizione, la forza di volontà. L'imprenditorialità si identifica quasi sempre in un individuo, ed è per questo che difficilmente la si può insegnare. Rivoluzione contro evoluzione. C'è chi vede nell'imprenditorialità un cambiamento rivoluzionario che rompe nettamente con il passato per creare qualcosa di nuovo: non c'è imprenditorialità senza innovazione. Dall'altra parte c'è chi è del parere esattamente opposto: l'imprenditorialità consiste nel saper imparare dall'esperienza, nell'essere capaci di organizzare e riorganizzare l'attività economica.. i grandi successi, che sembrano un'esplosione rivoluzionaria, guardati da vicino si rilevano un lungo sentiero di piccoli errori e di piccole scoperte. Visione contro azione. A volte i portatori di imprenditorialità sono descritti come profeti del futuro: gente intuitiva, capace di guardare il futuro lontano, che afferra il disegno

globale delle cose senza perdersi nei particolari. Accanto a questa immagine ne esiste anche un'altra, è quella dell'uomo che si dà da fare, che tesse instancabilmente la trama del suo disegno. Un'imprenditorialità fatta di contatti, di capacità di persuasione, di abilità negoziale, di ostinazione incrollabile di fronte alle avversità.

3. Le principali strategie imprenditoriali

Oltre alle caratteristiche imprenditoriali, che corrispondono ad altrettanti modi di intendere il mestiere dell'imprenditore, è possibile anche individuare alcune strategie che si pongono alla base dei comportamenti dell'imprenditore: Essere tollerante. In molti campi dell'attività umana è necessario imparare a vivere con il paradosso. I fisici alle prese con la duplice natura della luce, interpretabile contemporaneamente come particella e come onda, sanno bene che la realtà non si lasci afferrare da un unico schema, ma ne richiede contemporaneamente almeno due. L'assunzione di questa strategia sta diventando la regola generale piuttosto che l'occasione. Spostare il punto di vista. Spostare il punto di vista dal micro al macro, dalla parte al tutto, è una strategia diffusa. Mettere al mondo decine e centinaia di migliaia di piccoli destinati in larghissima maggioranza a morte precoci, come fanno molti pesci, può essere contraddittorio dal punto di vista del singolo, ma è del tutto ragionevole e addirittura necessario dal punto di vista della specie e dell'equilibrio globale dell'ambiente. L'equilibrio complessivo di un sistema economico efficiente si regge anche su un alto turnover di iniziative imprenditoriali. Che ogni anno nascano molte nuove imprese e che solo una minoranza sopravviva sembra essere una condizione indispensabile per la buona

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salute del sistema produttivo di un paese. Per l'imprenditore leggere questa dinamica correttamente significa spostare il proprio punto di vista dalla sua specifica attività produttiva a nuove opportunità che possono presentarsi a livello di mercato. Dar tempo al tempo. Dar tempo al tempo è certamente la più antica delle medicine ("se il malato non muore, finirà per guarire"), ma non è solo questo il punto. Dando tempo al tempo si vedrà spesso che i due termini del paradosso, contraddittori in una prospettiva statica, sono invece del tutto congruenti in una prospettiva dinamica: sono, molto semplicemente, le due fasi di un processo. Così, per stare al caso dell'imprenditorialità, visione e azione, rivoluzione ed evoluzione, dipendenza e indipendenza, contraddittorie in una prospettiva istantanea, diventano del tutto compatibili (anzi reciprocamente indispensabili) se le distribuiamo sull'asse del tempo: non possono stare contemporaneamente in uno stesso fotogramma, ma sono sequenze dello stesso film. Uscire dallo schema. Mentre "allargare l'orizzonte" e "dar tempo" sono vie classiche della conoscenza, "convivere col paradosso" e "uscire dallo schema" sono vie moderne: tipiche delle scienze della complessità e del caos. Uscire dallo schema, non vuol dire gettare gli schemi alle ortiche: significa liberarsi dalla gabbia di quelli vecchi per costruirne di nuovi. Per la soluzione dei problemi insolubili è quasi l'unica strada.

A questo punto, incrociando i quattro paradossi con le quattro strategie, possiamo costruire una mappa complessiva del problema: una specie di Tavola degli elementi della chimica imprenditoriale. Ogni elemento, ogni casella, è sintetizzato in una frase tipica proprio del linguaggio del business.

C. Dall’idea all’Impresa

1. Il percorso che va dall'idea alla definizione de l business: focalizzare bisogni, formulare l'ipotesi, verificare l'ipotesi

Ogni ipotesi di creazione d'impresa nasce dal bisogno di mettere alla prova i propri sogni: di verificare se il desiderio di trasformare la realtà attraverso "la magia imprenditoriale" è realistico. L'idea imprenditoriale infatti può nascere da un sogno ma non può rimanere tale. Se è un'idea di impresa, e non semplicemente un'idea, deve essere l'incontro tra un business, in una certa fase evolutiva, e un imprenditore, individuo o gruppo, con le sue qualità e competenze personali. Dall'analisi di queste due variabili si potranno ricavare, sul versante del business i fattori di successo dell'idea e sul versante dell'imprenditore il profilo personale richiesto per assicurare il successo dell'impresa. Si potrà così verificare l'accordo tra la fase evolutiva del business e i fattori di successo e quello tra le qualità dell'imprenditore e il profilo richiesto per lo svolgimento delle attività previste. Il divario, lo scostamento tra fase e fattori e tra competenze e profilo, ci dirà

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quali sono le principali attenzioni che occorrerà avere nello sviluppo dell'idea: competenze da sviluppare e acquisire, profilo da dare all'impresa.

2. Le fasi del business: prodotto, processo, serviz i

Ogni tipo di attività economica, nella sua evoluzione temporale, attraversa generalmente tre fasi successive legate alle caratteristiche della variabile che ne determina progressivamente il successo. In qualsiasi business il successo dipende, all'inizio, dalle caratteristiche del prodotto, ossia dal nucleo centrale dell'attività:

• il prodotto deve essere nuovo, magari anche brevettato, deve usare tecnologie innovative, e ciò che conta è che l'impresa sia l'unica, o quasi, a produrlo.

In un secondo tempo il successo dipende dalla qualità del processo, produttivo e aziendale:

• il prodotto non è nuovo, magari lo producono in molti, ciò che conta, quindi, è farlo meglio, più velocemente, a minor costo e di qualità standard.

Successivamente ancora occorre integrare al prodotto una serie di servizi, il contorno del nucleo centrale dell'attività: · il prodotto viene da tutti i produttori con le stesse modalità; ciò che conta allora è il rapporto col cliente, saperlo conquistare e non perderlo. La successione delle fasi del business è una legge universale che si applica sia alle aziende manifatturiere che alle società di servizi. La diversità sta nella durata delle fasi. Infatti, non tutte le attività economiche viaggiano alla stessa velocità. Anche uno stesso business può viaggiare a velocità diverse in luoghi diversi. Entrando in un business, perciò, è molto importante rendersi conto della

fase in cui esso si trova, all'interno dell'area territoriale in cui si vuole operare.

3. I fattori di successo di una impresa nelle diver se fasi del business

Un modo più analitico per valutare il successo di un'impresa è quello di guardare al business come ad un insieme di attività volte a soddisfare i clienti con un prodotto adeguato, ricavandone un profitto. Occorre inoltre ricordare che l'impresa opera in un ambiente competitivo dove sono presenti imprese concorrenti. Tra impresa e ambiente esterno si sviluppa cioè una partita che è stata interpretata in modo diverso dalle teorie economiche. Per l'economia classica la posta in palio è il predominio: o l'impresa si afferma e riesce a sottomettere l'ambiente, oppure non regge alla pressione dell'ambiente e viene eliminata. Per l'economia moderna il risultato si sposta dal predominio all'equilibrio. In un gioco ormai planetario (economia globale), l'unico vantaggio per cui convenga giocare diventa il pareggio: uno scambio che offra vantaggi a tutti. La concorrenza, il prezzo, la tecnologia, le attività di marketing per coinvolgere il cliente e per rendere desiderabili i prodotti, sono tutte variabili che una impresa deve tenere presente per individuare le proprie possibilità di successo. Questa analisi va inoltre effettuata in modo differenziato, secondo le fasi di evoluzione del business. Vediamo alcuni esempi. Nel passaggio dalla maggiore focalizzazione sul prodotto, a una crescente attenzione al processo, e poi al servizio, varia il tipo di tecnologia impiegata. All'inizio è innovativa, rivolta alla creazione di nuovi prodotti e, per chi la possiede, costituisce una competenza distintiva. Nella fase di processo l'attenzione è rivolta a ritrovare nuovi modi di

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produzione più efficienti ed efficaci. Alla fine, nella fase del servizio, la tecnologia diventa la stessa per ogni categoria di prodotto, per lo più è incorporata in una macchina, e si tratta solo di acquisirla e di applicarla. In questo percorso dal prodotto al servizio, aumenta progressivamente la pressione della concorrenza, costringendo le imprese a sviluppare alleanze con i concorrenti, oppure a modificarsi all'interno, ad esempio concentrandosi sul servizio al cliente. L'andamento sopra descritto della tecnologia determina la standardizzazione del prodotto; analogamente, quello della concorrenza fa sì che esso si differenzi in una gamma sempre più ricca. Il prezzo si muove di conseguenza, prima scendendo e poi risalendo. Nell'ambito della situazione sopra descritta, la figura che subisce la trasformazione più rilevante è quella del consumatore: da soggetto disposto a possedere e a pagare, a partner da coinvolgere attivamente nella determinazione delle caratteristiche del prodotto. In risposta alla diminuzione del numero dei propri clienti, l'impresa cerca di conquistarne la fedeltà. Di conseguenza mutano anche i modi in cui vengono svolte le attività di marketing: prima si vende con la forza della novità del prodotto, e quindi basta farsi conoscere, poi si vende con la forza dell'immagine, infine si vende con l'attenzione al cliente e alla qualità dell'offerta. Lungo questa evoluzione i fattori di successo si trasformano profondamente. Nella fase di orientamento al prodotto il successo è legato soprattutto all'innovazione: l'impresa che si afferma è quella che propone qualcosa di esclusivo, che conquista la fiducia dei clienti con la competenza tecnica. Tutto dipende dal distacco tecnologico che si riesce a mantenere nei confronti della concorrenza.

Nella fase di orientamento al processo il fattore decisivo diventa il prezzo e con il prezzo, dato che il prodotto, la capacità di produrre per grossi volumi e l'essere dotati di una buona rete di distribuzione. Ciò che conta è soprattutto l'efficienza. Nella fase di orientamento al servizio il successo si gioca sul rapporto costi/benefici e contano anche la disponibilità costante del prodotto e della personalizzazione dell'offerta secondo le esigenze del cliente.

4. Competenze, capacità e atteggiamenti dell'impren ditore

PROFESSIONE IMPRENDITORE Guidare e gestire un'impresa rappresenta un "mestiere" in cui contano più fattori:

• l'organizzazione e il coordinamento dei diversi input produttivi (macchine, impianti e lavoratori che devono essere disponibili nelle quantità necessarie dove e quando servono);

• la capacità di analisi e di costruzione logica, nei rapporti con le persone;

• l'attitudine a pensare in termini di sistema, in relazione al processo produttivo;

• una capacità di visione del mercato e di controllo delle dinamiche economiche complessive.

La professione di imprenditore, come ogni altra professione, si compone di competenze, capacità e atteggiamenti che consentono di realizzare specifici compiti di lavoro:

• Le competenze appartengono al mondo del sapere, fatto soprattutto di informazioni:

o competenze di tipo tecnico (come si progetta e come si effettua il progetto di un processo di lavoro?)

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o competenze di tipo commerciale - amministrativo - finanziario (quali spedizioni sono esenti da bolla? Conviene uno spot per la pubblicità di questo prodotto?)

• Le capacità appartengono al mondo del saper fare, sono abilità direttamente operative:

o abilità cognitive (come si muove questa difettosità di prodotto?)

o abilità gestionali (quante risorse servono per realizzare questo progetto?)

o abilità relazionali (come integrare questo nuovo operaio all'interno del gruppo di lavoro?)

• Gli atteggiamenti appartengono al mondo del sapere, riguardano il nostro modo di vedere e di rapportaci alla realtà e sono ancorate ai lavori in cui crediamo e alle nostre esperienze passate:

o come prendiamo le cose (con larghezza di vedute o con i paraocchi?)

o come prendiamo noi stessi (preferiamo l'avventura o la sicurezza?)

o come prevediamo gli altri (siamo partecipativi o autoritari?)

Un imprenditore può non possedere tutte le competenze necessarie al successo dell'impresa. In questo caso le competenze imprenditoriali possono essere ripartite tra più individui: soci o collaboratori.

5. Gli stili decisionali

Il campo specifico dell'imprenditore sono le decisioni: l'iniziativa e le strategie di fondo non possono venire che da lui.

Prendere decisioni è un processo complesso che consiste nell'applicare a una serie di informazioni possedute, o di cui si entra in possesso, le capacità di tipo cognitivo, relazionale, gestionale, posseduti. Il modo in cui si agisce (per esempio rapido, disponibile, versatile, autoritario ecc.) e che deriva dai valori di riferimento che guidano le nostre azioni, è ciò che determina l'orientamento operativo dell'imprenditore, il suo stile decisionale.

• Lo stile decisivo trasforma un minimo di informazioni in un unico orientamento.

• Lo stile gerarchico ricava un orientamento unico da molte informazioni in entrata.

• Lo stile flessibile traduce poche informazioni in entrata in molte alternative in uscita.

• Lo stile integratore combina molte informazioni in entrata con molte alternative in uscita, coinvolgendo l'interlocutore in un confronto.

Come cambiano le competenze imprenditoriali mano a mano che la fase del business si sposta dal prodotto al servizio? Competenze tecniche. Si parte dalle conoscenze scientifiche relative al prodotto, poi si passa a quelle ingegneristiche relative agli impianti e alle macchine, e infine si arriva a quelle relative al rapporto funzionale fra utente e prodotto. All'inizio, tutti sanno di tutto, ma poco per volta ci si specializza, e si finisce che ciascuno sa tutto del proprio campo e nulla di tutto il resto; alla fine tra i diversi specialisti si è costretti a creare dei raccordi trasversali. Prima le competenze vengono dedicate a migliorare il prodotto, poi a soluzioni produttive che consentono di ridurne i costi di produzione, poi ancora a contenere costi del suo adeguamento alla diversità dei clienti. La pianificazione coincide inizialmente con i soli "programmi di produzione",

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si passa in seguito a un vero e proprio controllo di gestione, e alla fine gli strumenti di controllo vengono estesi anche al mercato. Competenze amministrativo - finanziarie. All'inizio ci si limita alla contabilità, fiscale e civile, obbligatoria per legge, diventa poi essenziale tenera la contabilità riclassificata finché non diviene necessario operare con la contabilità previsionale utilizzando budget preventivi. Competenze commerciali: Il primo obiettivo del marketing è quello di vendere il prodotto, in seguito di ampliare la quota di mercato detenuta dall'impresa il mercato, e, nella fase più evoluta diventa necessario partire dal mercato (analisi dei bisogni) per progettare il prodotto. Il rapporto con il cliente non è più soltanto di vendita, ma anche di assistenza tecnica su richiesta e approdare alla fine a un rapporto stabile che parte dai problemi del cliente. Anche le capacità imprenditoriali di tipo cognitivo, gestionale e relazione, che sono necessarie al successo dell'impresa, si evolvono al variare delle fasi di business. Per comprendere la tabella in tutta la sua articolazione, occorrono alcuni chiarimenti sul significato dei termini utilizzati per definire le capacità imprenditoriali.

• Il problem solving è un movimento a clessidra che prima converge su un nodo critico da sciogliere, per poi riaprirsi in una gamma più o meno ampia di soluzioni possibili.

• La pianificazione è l'attività progettuale che, su un arco di tempo dato, determina gli obiettivi e traccia il percorso da fare per raggiungerla.

• L'organizzazione è la capacità di predisporre e di mettere in movimento tutte le risorse disponibili per realizzare al meglio il percorso che porta alla realizzazione degli obiettivi prefissati.

• Leadership, saper coordinare un lavoro e un gruppo di persone, sapersi spiegare e saper capire sono le principali capacità relazionali del mestiere dell'imprenditore.

Mentre le competenze e le capacità imprenditoriali necessarie per il successo di una impresa possono essere distribuite su individui diversi, questo non vale per gli atteggiamenti che sono in stretta relazione con la personalità di ciascuno di noi. Qui si vuole mettere a fuoco come gli atteggiamenti che caratterizzino un imprenditore di successo cambino a seconda della fase del business. Nell'età del prodotto, l'imprenditore è un generalista pieno di idee, di invenzioni, che affronta il mondo sul breve termine: per il successo della sua iniziativa conta soprattutto su se stesso. È innamorato della sua "bottega" e affronta con coraggio il rischi. Sul piano dei rapporti è spesso piuttosto spigoloso, ma, una volta superata la scorza, lo si scopre accogliente e cordiale. Nell'età del processo, occorre invece un imprenditore specialistico, che si concentri su un'idea che individua come vincente e la affina progressivamente. Anch'egli si fida più di sé che degli altri, ma non ama il rischio secondo il motto "meno avventura e più profitto". Ha imparato a essere cordiale nei rapporti, ma nella sostanza preferisce mantenere le distanze. Come vedete, più che un personaggio è un professionista del business: un uomo d'affari. Nell'età del sevizio, la figura dell'imprenditore richiesta diventa più complessa. Un generalista pieno di idee, ma che pensa in grande e guarda lontano. Piuttosto che al contenuto dell'attività, punta al risultato economico.

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È una personalità aperta, cordiale e accogliente conscio che la sua fortuna, oltre che da lui, dipende dai collaboratori di cui saprà circondarsi. L'imprenditore di successo deve quindi imparare a trasformarsi e a ridefinire il proprio mestiere in sintonia con la fase del business.

Cap. 1. COME INDIVIDUARE L’IDEA PROGETTO

1.1 IMPRENDITORI SI NASCE?

Imprenditori non si nasce……. si diventa! Si imparerà osservando, facendo, pensando, ponendosi mille domande, le cui risposte arriveranno VIVENDO, confrontandosi con tutti gli altri soggetti coinvolti nell’ "impresa". Svolgere un lavoro autonomo presenta tanti vantaggi:

• Si può decidere l’orario di lavoro, ed adattarlo alle proprie esigenze; • Permette di valorizzare le proprie conoscenze e sviluppare le

proprie attitudini; • Permette alla persona di trasformare un hobby in fonte di reddito; • Permette a chi lo svolge, di non sottostare alle gerarchie.

Ma, a volte, significa anche, lavorare con ritmi intensi, affrontare rischi economici. Volendo schematizzare "i passi principali per creare la propria impresa", essi sono:

CREARE LA PROPRIA IMPRESA SIGNIFICA

VALUTARE SE STESSI

DEFINIRE LE IDEE

VALUTARE IL MERCATO

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COSTRUIRE UN PIANO

ACQUISIRE LE RISORSE

COINVOLGERE ALTRI SOGGETTI

PROCEDERE ALL’AVVIO

Questi passaggi possono essere ricondotti a tre fasi, che necessariamente precedono l’avvio di un’attività imprenditoriale:

• PORSI DOMANDE • TROVARE L’IDEA • DALL’IDEA AL PROGETTO: COSTRUIRE IL PROPRIO BUSINESS

PLAN.

Quindi, il primo passo da fare consiste nel "saper ascoltare la realtà che ci circonda" e nel capire quali sono le motivazioni che ci spingono ad agire. Ciò premesso, cominciamo a ragionare insieme sulle situazioni da "ascoltare" per individuare una idea progettuale. Le situazioni sulle quali focalizzare la vostra attenzione sono sintetizzati nella lista che segue:

conoscenze scolastiche Il percorso di studi che avete intrapreso è sicuramente già una prima scelta che avete fatto in funzione del vostro futuro inserimento nel mondo del lavoro. Che tipo di attività d’impresa potreste svolgere in considerazione del diploma che acquisirete?

Hobbies Quali interessi coltivate nel tempo libero? Probabilmente molti!! Ma tra questi, c’è qualcosa per cui vi sentite particolarmente portati? Ricordate: la scelta dell’idea imprenditoriale deve essere fatta in funzione di ciò che veramente vi piace fare!!

Ambiente in cui si vive

Conoscete bene l’area in cui vivete? Ci sono prodotti e servizi non reperibili nell’attuale tessuto produttivo locale per cui la comunità deve rivolgersi altrove? Nella zona in cui vivete riscontrate l’esigenza di attività ricreative, sociali e di intrattenimento o altro non ancora soddisfatte? Nella vostra zona vi sono delle attività tradizionali o attualmente in disuso che vanno

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scomparendo e che potrebbero invece essere rivisitate anche in modo innovativo?

Scenari socio economici di settore . Sono ormai moltissime le fonti di informazioni per conoscere il mondo che ci circonda e che possono essere utili per trovare nuove idee o per individuare nuovi bisogni. Navigate in Internet? Vi capita mai di sfogliare un giornale o una rivista? Avete mai fatto caso ai programmi televisivi dedicati ai giovani che vogliono inserirsi nel mondo del lavoro? Accendete la vostra curiosità!! E una volta che un settore vi incuriosisce più di un altro approfonditene la conoscenza! COME? Informatevi su fiere di settore, riviste specializzate, libri, ricerche, indagini elaborate da centri di ricerca, università, Istat e istituti vari ecc. Sappiate che da ogni informazione se ne possono sempre ricavare almeno altre due!! Anche le nuove normative e le leggi sia locali che nazionali aprono opportunità che possono favorire lo sviluppo di nuove iniziative in particolari settori.

Relazioni interpersonali Quante persone conoscete? Di cosa si occupano? Che aspirazioni hanno? Cosa sanno del mondo del lavoro che voi non sapete? Ogni incontro può arricchire la vostra conoscenza! Il confronto con amici, professori, imprenditori, esperti di settore può fornire spunti utili per mettere a fuoco una idea sulla quale riflettere. Un modo alternativo per trovare un’idea imprenditoriale può essere quello di entrare in una CATENA DI FRANCHISING. Si tratta di una forma contrattuale che negli ultimi anni si è notevolmente diffusa. Il termine franchising, può essere tradotto in italiano "affiliazione commerciale", una catena affiliante, detta franchisor, coinvolge nella gestione molti piccoli imprenditori affiliati, chiamati franchisee. La

catena fornisce i prodotti (beni e servizi) da commercializzare, fornisce consulenza, assistenza tecnica agli affiliati e concede l’autorizzazione all’utilizzo del marchio. L’affiliato si preoccupa di gestire il singolo punto vendita e contribuisce al funzionamento della catena con una somma iniziale e con percentuali sulle vendite. In questo modo entra a far parte di una grande organizzazione, che lo aiuta a inserirsi sul mercato e lo guida nelle diverse scelte gestionali, e quindi viene facilitato nella conduzione dell’impresa.

1.2 INIZIAMO A FABBRICARE IDEE

Se si prende in considerazione un certo numero di nuove imprese e si analizza il modo in cui sono nate si possono identificare degli itinerari che per quanto articolati e contraddittori hanno condotto i neo imprenditori alla decisione di crearli. Si tratta sempre di "percorsi di apprendimento ". Alcuni neo imprenditori sono diventati tali decidendo di utilizzare conoscenze tecnologiche in loro possesso o innovazioni tecnologiche disponibili sul mercato e in ogni caso sono partiti dall’aspetto tecnico dell’iniziativa. Altri invece a seguito delle esperienze scolastiche o professionali in settori trasversali all’"impresa" (marketing, gestione del personale, organizzazione della produzione, finanza e controllo) hanno individuato iniziative anche in settori diversi da quelli in cui hanno operato. Sono in molti ad aver studiato i casi di impresa per capire come l’ imprenditore sceglie di trasformare un’idea in progetto. Due le categorie principali individuate:

• approccio empirico . L’ imprenditore si è affidato al proprio fiuto. In questi casi la realizzazione dell’impresa è stata affrontata in modo emotivo: poche verifiche, poche analisi di alternative possibili. L’imprenditore è innamorato della propria idea così com’è. Alcuni hanno avuto successo........ Troppi hanno fallito!

• approccio sistemico . L’imprenditore si è affidato all’informazione. Ha effettuato verifiche di fattibilità, ha analizzato alternative possibili, ha proceduto passo dopo passo effettuando scelte consapevoli e

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"misurate". Si tratta di un percorso più lungo e per realizzarlo occorre imparare ad osservare, cercare informazioni, generare e valutare alternative diverse. Occorre cioè saper passare da un rischio generico ad un rischio calcolato!

Ma non preoccupatevi! Tutto questo non vuol dire che non ci vuole creatività. Ci vuole eccome!! E’ solo che anche la creatività, per potersi esprimere appieno ha bisogno di regole precise.

1.3 LO SAPEVATE CHE . . .

Vi presentiamo adesso tre storie di piccole imprese, nate da intuizioni di singoli individui, trasformatesi col passare degli anni in aziende di rilevanza mondiale. COME E’ NATA LA NUTELLA FERRERO

Risale al 1946, l’invenzione da parte di Michele Ferrero, di una crema a base di nocciole, che per i suoi ingredienti e per la sua consistenza, rappresentava una significativa innovazione, sia in termini di produzione che di marketing. La "Supercrema Giandujot", infatti, da un lato risolveva diversi problemi al produttore stesso, che, impiegando le nocciole, poteva limitare l’uso del cacao, difficilmente reperibile dopo la guerra; dall’altro era adatta ad un mercato più ampio rispetto a quello delle dure tavolette di cioccolato, poiché la consistenza cremosa rendeva il prodotto fruibile anche ad anziani e bambini. Da allora l’azienda si è caratterizzata per continue innovazioni, che hanno avuto ad oggetto tutti gli aspetti tradizionalmente correlati al prodotto; piuttosto che quelle di carattere tecnologico, legate al processo produttivo, è interessante notare l’attenzione posta dalla Ferrero su quelle più strettamente connesse al marketing, a partire dalla confezione. Già prima degli anni ’60, infatti, ai tradizionali barattoli in vetro furono affiancate confezioni monodose, a forma di nave o di casetta, con cui i

bambini potessero anche giocare, tali da rendere il prodotto ancora più adeguato a questo segmento. Nel 1962 una legge impose di eliminare il termine "super" dal nome dei prodotti: si trattò di una considerevole minaccia per la Ferrero che si vide costretta a rinunciare ad un marchio ormai consolidato. La creatività aziendale, però, riuscì a trasformare tale minaccia in un’opportunità: da "Supercrema Giandujot" si pensò di passare a qualcosa di più facilmente comprensibile anche al di fuori dei confini nazionali: dalla radice "nut" (traduzione inglese del termine nocciola) nacque "Nutella", il marchio con cui il prodotto si diffuse in tutto il mondo. Un’innovazione ed un successo continui che permettono oggi alla Ferrero di operare in cinque continenti, con ventinove società operative, sedici stabilimenti, tredicimila dipendenti ed un fatturato che in dieci anni è passato da 1.700 a 7.100 miliardi. ORIGINAL MARINES

L’Imap, titolare del marchio Original Marines, nasce su iniziativa dell’agente di commercio per Stefanel e Luciano Bassetti, che, verso la fine degli anni ’70, resosi conto della profonda crisi attraversata dal tessile per la casa, decide di puntare tutto sul tessile per abbigliamento. Si accorda perciò con Angelo Pera, titolare di una piccola industria per la maglieria intima e con i fratelli Di Vincenzo, grossisti del settore tessile, al fine di commercializzare prodotti semplici e a basso costo, per il nuovo consumatore medio italiano. Infatti agli inizi degli anni ’80, in Italia, va diffondendosi, la tendenza proveniente dagli Stati Uniti, di ricercare nell’abbigliamento un’ottimale combinazione di funzionalità ed estetica: non più vestiti scomodi e formali, ma indumenti pratici da indossare tutti i giorni . TOD’S - DELLA VALLE

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A guidare l’azienda, famosa per le scarpe con la suola a gommini Tod’s, le Hogan e i giacconi da pompieri Fay, è Diego Della Valle. Suo nonno Filippo faceva il ciabattino, non lontano da Ascoli Piceno. Fu Dorino, il padre di Diego, però, a compiere il passo decisivo, trasformando la piccola azienda artigianale in un’impresa industriale. Negli anni ’60, arriva in azienda il giovane Diego, con delle nuove idee per l’impresa di famiglia. La sua intenzione è quella di creare un proprio marchio e puntare sulla qualità delle calzature. Come fare allora? In Italia, in quegli anni, a segnare le prime tappe del successo del made in Italy è la moda di Valentino, Versace, Krizia, Ferrè. Della Valle si offre per realizzare, gratuitamente, le scarpe per le sfilate del pret-à porter. Per della Valle, inizia così la grande avventura. Della Valle si ispira ai modelli americani per disegnare una scarpa funzionale, resistente, esteticamente valida e con più funzioni d’uso. E così un vecchio modello di scarpette per la guida sportiva (con i gommini), diventa l’ispiratore delle sue Tod’s!!! Il nome anglosassone non è una scelta snobistica. Il vantaggio del nome, e di conseguenza del marchio, è di essere breve e quindi pronunciabile con facilità in tutto il mondo.

1.4 "SETTE" IDEE PER "SETTE" LAVORI

Adesso volete qualche suggerimento?

Ecco alcune semplici idee, di chi già ce l’ ha fatta. COMUNICAZIONE E MONDO DIGITALE

Tre amici pugliesi, con l’hobby della multimedialità, sono riusciti a conciliare il loro passatempo preferito con il loro desiderio di autonomia. Realizzano infatti cd rom, video e siti web . La loro agenzia fornisce tutta la gamma completa dei prodotti multimediali e questo fa risparmiare tempo e soldi al cliente.Iniziano a farsi conoscere per la loro competenza e professionalità e pensano già di ampliare la loro attività e diversificarla, per poter essere sempre al passo coi tempi. CONSULENZA E SERVIZI

Gabriele, 26 anni di Bari, ha avviato un’agenzia di servizi che organizza ogni tipo di avvenimento culturale, sportivo e ludico, in ambiente pubblico e privato. Ha realizzato inoltre uno studio di registrazione per la produzione di demo e di jingles pubblicitari. Per fare tutto questo intrattiene rapporti con molte persone, dallo scenografo al burattinaio, dal fonico all’esperto informatico.Per la sua attività, gli è stata utile la sua esperienza precedente, come disc jockey, durante i quali ha conosciuto molti collaboratori dei quali oggi si avvale. ECOLOGIA E AMBIENTE

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La crescente sensibilità ambientalista della popolazione, parallelamente alla ricerca di una fonte di risparmio, creano spazi per attività diverse tra loro ma che hanno un tratto in comune: il riutilizzo di oggetti usati.Fabio e Lucia, convinti ecologisti, hanno avviato un’attività coerente ai loro principi. Hanno aperto un laboratorio per la rigenerazione di cartucce e toner, ink-jet e nastri. Nel pomeriggio sono impegnati in laboratorio e la mattina vanno in giro a cercare clienti: sognano già di ingrandire la loro attività e cercano soluzioni per migliorare la promozione e l’attività commerciale.Hanno iniziato, pur non avendo le necessarie conoscenze tecniche (acquisibili comunque in poco tempo), sfruttando un’opportunità offerta dal mercato: le aziende, da un lato, sono obbligate a rispettare le leggi antinquinamento, secondo le quali è previsto che nastri e cartucce di stampanti e fotocopiatrici debbano essere smaltiti come rifiuti speciali, dall’altro hanno una convenienza economica, in quanto un nastro rigenerato costa circa la metà di uno nuovo. Una società di Palermo gestisce un negozio di abiti usati , con il sistema del conto terzi, esponendo i capi di proprietà dei clienti senza comprarli, guadagnando una commissione sui prodotti venduti. COMMERCIO

Le prime a capire le potenzialità del mercato della vendita per corrispondenza di prodotti tipici, sono state alcune aziende agricole umbre e toscane. Nei luoghi di vacanza e successivamente per posta, vengono distribuiti piccoli cataloghi, mediante i quali è possibile ordinare da qualunque parte del mondo i prodotti di cui si è conservato un ricordo

piacevole, ricevendoli con invio postale entro pochi giorni.La rete web può, ovviamente, costituire un’evoluzione di questo mercato, dando spazio a cataloghi di tipo elettronico. TURISMO

La "Tropea Vacanze" opera nel campo del turismo con lo scopo di commercializzare le strutture turistiche presenti nell’area di Tropea e di capo Vaticano in Calabria. La società è costituita da tre giovani socie che, innamorate della loro terra, cercano di far conoscere il vero volto della loro regione, proponendo allo stesso tempo il loro modo di essere, di comunicare e di relazionarsi. Quindi non solo offerta di hotels e villaggi dove trascorrere una classica vacanza al mare, ma anche un’immersione nella storia del Mediterraneo e della Calabria in particolare, proponendo visite a musei, borghi e paesi antichi ed assaggiando la tipica cucina regionale. La cooperativa il Lago gestisce il villaggio turistico "Il soffio" situato vicino il parco nazionale d’Abruzzo. Il villaggio soddisfa la domanda turistica di un pubblico molto vasto caratterizzato da famiglie e giovani. Le convenzioni stipulate con i CRAL aziendali consentono di tenere la struttura aperta undici mesi l’anno. È possibile usufruire di strutture complementari: parco giochi, discoteca, piscina, campi da tennis, bocce. La possibilità di affittare pedalò, mountain bikes o salire a bordo di un battello per un giro su un lago, favorisce le escursioni nelle zone circostanti. Qualche altro spunto…………? Calendari, candele, confezioni, cuscini, custodie, album, oggetti decorativi, giochi da tavolo, cd per bimbi, coprisellini per moto, ceramiche artistiche, lampade, gioielli, orologi, servizi di assistenza alle persone, servizi di trasporto, servizi di traduzioni…….ecc. ecc. ecc.

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Cap. 2. VERSO L'IMPRESA... L’ANALISI DI PREFATTIBILITA’

2.1 DALL’IDEA AL PROGETTO

Avete per le mani un’idea di prodotto/servizio che vi sembra avere grandi possibilità di successo? ...Evitate di credere che tutti debbano essere d’accordo con voi!

Per coltivare speranze di successo nel duro mondo degli affari dovete avere le idee chiare almeno su quattro cose: perché lo volete fare, cosa volete vendere, a chi lo volete vendere e come fare per produrre il vostro prodotto/servizio.

Il percorso che dovreste seguire dovrebbe all’incirca prevedere le seguenti tappe: TAPPA N. 1

• quali sono i prodotti/servizi che verranno realizzati? • a che cosa servono? • quali servizi accompagnano il prodotto/servizio?

Trovare queste prime risposte vi permetterà di individuare con un buon margine di esattezza il vostro "Sistema Prodotto" .

Non ci si deve limitare infatti ad indicare semplicemente il prodotto o servizio che si intende offrire ma occorre mettere a punto un sistema composto da molteplici elementi che devono essere coerenti fra loro oltre che adeguati ai bisogni che si intendono soddisfare e alle possibilità della struttura aziendale. Gli elementi che compongono il sistema di prodotto o servizio possono così essere riassunti:

• caratteristiche materiali del prodotto/servizio (qualità, livello tecnologico, affidabilità);

• gamma dei prodotti/servizi offerti; • elementi immateriali (prestigio, eleganza, sicurezza, ecc.); • servizi aggiuntivi (tempi di consegna, assistenza pre e post-

vendita,); • tempi e modalità di pagamento; • garanzie e assicurazioni.

TAPPA N. 2

• quali motivazioni vi spingono a realizzare questa iniziativa? • siete tutti d’accordo nella scelta? • ci sono elementi di conflittualità interna che vi dividono? • pensate di avere tutte le capacità necessarie per andare avanti nelle

verifiche dell’idea? • pensate di poter lavorare bene insieme?

Rispondere a queste domande vi consentirà di fare chiarezza sul perché della vostra iniziativa e vi permetterà di individuare la vostra missione!

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TAPPA N. 3

• chi potrebbe acquistare il vostro prodotto/servizio? • perché dovrebbe farlo? • come avverrà il processo di acquisto? • come fare avere i prodotti ai clienti? • come far conoscere il prodotto? • quanto costa lanciare il prodotto sul mercato? • chi offre già lo stesso prodotto/servizio? • come lo sta facendo? • quali sono i suoi punti di forza e di debolezza? • quali aspetti vi contraddistinguono dai vostri concorrenti? • quali costi dovete sostenere per realizzare l’attività commerciale?

Se saprete rispondere a tutte queste domande avrete svolto una analisi di mercato . TAPPA N. 4

• quali sono i problemi produttivi che dovrete superare per portare sul mercato il vostro prodotto?

• di quali competenze dovrete disporre? • che attrezzature vi servono? • quali sono tutte le fasi per realizzare il prodotto? • quali risorse e materiali vi servono? dove sono reperibili? • che caratteristiche deve avere la sede nella quale svolgere l’attività? • che importanza riveste la localizzazione dell’attività? • quali sono i costi da sostenere per l’attività produttiva e per la

gestione dell’impresa?

Rispondere a queste domande vi consentirà di sviluppare una analisi produttiva ed organizzativa. Il percorso che vi abbiano illustrato e che percorreremo insieme si chiama "analisi di fattibilità" e ci consente di trasformare un’idea, la vostra idea, in un progetto che nel mondo dell’imprenditorialità si chiama Business Plan!!! Possiamo definire il business plan il documento che descrive l’iniziativa che si vuole svolgere in tutti i suoi aspetti: di mercato, organizzativi, produttivi, economici, finanziari. Scrivere un business plan consente di esaminare a fondo tutti i diversi aspetti del progetto per decidere se investirvi il vostro denaro e il vostro futuro. Nella stesura di un business plan ci sono tre momenti fondamentali:

a. la raccolta delle informazioni . Non è più sufficiente basarsi su quello che sapete, dovete ora raccogliere le informazioni necessarie ad approfondire tutti gli aspetti che abbiamo indicato.

Non servono informazioni generiche, avete bisogno di informazioni mirate!!

Occorrerà quindi imparare a nuotare nel mare delle informazioni disponibili.

b. Analisi delle informazioni . Non si può scrivere un business plan senza effettuare valutazioni e riflessioni sui dati a disposizione.

Bisognerà quindi utilizzare tutta la capacità logica di cui disponete e se non basta……… chiedete consigli agli esperti!!

c. Redazione del documento . Si tratta di utilizzare tutte le informazioni raccolte ed elaborate in forma organizzata ottenendo

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così una descrizione della vostra iniziativa che risulti chiara a voi e a chiunque voglia o debba venire a conoscenza del vostro progetto imprenditoriale. Il business plan sarà infatti costituito da un insieme di capitoli che illustreranno in tutti i suoi aspetti la vostra formula imprenditoriale.

Vi abbiamo detto troppe cose? Forse si, ma non preo ccupatevi, ci torneremo sopra!! Volevamo solo farvi guardare lont ano prima di iniziare a camminare lungo il sentiero di cui voi s tessi sarete artefici.

2.2 PROCEDIAMO PER GRADI...

Prima di decidere se sviluppare o meno un business plan sull’iniziativa che avete individuato è meglio accertarsi che stiamo lavorando (e quindi investendo il nostro tempo e le nostre energie) sull’idea giusta. Per fare questo occorre realizzare una analisi di prefattibilità.

Sviluppare uno studio di prefattibilità significa abbozzare i contorni dell’impresa che avete in mente e dell’ambiente in cui dovrà operare. E’ opportuno mettere subito a fuoco:

a. i punti di forza dell’iniziativa: si tratta di un prodotto tecnologicamente innovativo? Soddisfate un nuovo bisogno? Nessuno offre nell’area in cui pensate di operare il prodotto che

avete in mente? Cosa aggiunge il vostro prodotto rispetto a quelli presenti nel mercato? Quali servizi offrite al cliente?

b. i punti di debolezza dell’iniziativa: quali sono gli elementi che individuate come critici nella realizzazione della vostra idea? Le attrezzature necessarie alla realizzazione del prodotto sono reperibili? Le tipologie di clienti alle quali vi rivolgete sono definite? I concorrenti sul mercato li conoscete? Le risorse necessarie (materie prime, professionalità, capitale) sono reperibili?

Quello che dovete fare in questa fase è concentrarv i sugli elementi di criticità, esaminarli in maniera distaccata e con i l supporto di esperti e conoscenti ai quali chiedere le informazioni che vi sono necessarie. Per poter sviluppare una corretta analisi di prefattibilità è necessario infatti individuare un gruppo di verifica ristretto per comprendere fin dall’inizio se la vostra idea merita considerazione e per verificare quali opportunità e vincoli possono favorire o ostacolare il vostro progetto. Ma come faremo ad effettuare tale verifica? Ci rivolgeremo sicuramente a persone che hanno esperienza che sono disponibili a dedicarci un po’ del loro tempo. Ci rivolgeremo a quelle che conosciamo e chiederemo di essere ascoltati da altre che riterremo in grado di darci una mano. Il gruppo di verifica lo dovrete selezionare in base agli aspetti che riterrete di voler verificare e sarà composto da:

personaggi chiave

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da individuare fra le seguenti categorie: fornitori, potenziali clienti, commercialisti, esperti finanziari, persone che operano nel settore di riferimento, operatori del settore bancario, ecc.

osservatori chiave quali per esempio i vostri familiari ed amici, conoscenti, persone che operano nel settore da voi prescelto e che conoscete. La composizione sia qualitativa che quantitativa del gruppo di verifica sarà stabilita da voi in quanto cambia da idea a idea e da situazione a situazione. L’obiettivo ricordate, è quello di esaminare gli aspetti che possono pregiudicare la fattibilità dell’iniziativa. Sottoponete le vostre domande al gruppo di verifica da voi formato: così facendo avrete a disposizione tutta una serie di informazioni, suggerimenti, consigli e critiche per una prima verifica della fattibilità della vostra idea.

2.3 RIEPILOGANDO...

Come abbiamo detto si tratta di passare dal momento in cui si fantastica a quello in cui i vari elementi di una idea vengono messi a fuoco. Si tratta cioè di disegnare su di un pezzo di carta i principali contenuti e bordi della vostra idea riorganizzando i vostri pensieri e le vostre conoscenze per rispondere alle QUATTRO DOMANDE che vi abbiamo già indicato: PERCHE’, COSA, A CHI, COME. Non preoccupatevi se ancora molti particolari mancano...... stiamo svolgendo una analisi di prefattibilità!! Per il momento seguendo le indicazioni che vi abbiamo illustrato e lavorando con sufficiente attenzione potremmo già ottenere un primo importante risultato con una migliore identificazione dell’idea, una delimitazione del campo di azione ed una prima analisi trasversale che ci permette di delineare i bordi della iniziativa cha avete in mente. Di seguito riportiamo degli schemi illustrativi che ritroverete nell’esercitazione DUE e che vi forniscono un metodo operativo per procedere.

Le I contenuti La descrizione

domande

Perché I soggetti promotori dell’iniziativa Motivazioni Attitudini Capacità

Cosa I prodotti/servizi Considerate il prodotto che intendete vendere e che caratterizza e distingue la vostra attività.

L’elemento distintivo (in cosa differisce il vostro prodotto da quelli esistenti)

La funzione d’uso (perché i consumatori dovrebbero comprarlo)

A chi Il mercato Quali sono i clienti ai quali intendete rivolgervi con maggiore intensità? Cercate di definire quali possano essere le caratteristiche principali del vostro cliente tipo; lo stesso metodo vale per ipotizzare i vostri concorrenti.

Clienti (tipologie, motivazioni e comportamenti di acquisto, localizzazione, come raggiungerli........)

Concorrenti (chi sono, cosa offrono, a che prezzo, come, quali servizi accompagnano il prodotto)

Come L’organizzazione della produzione e/o erogazione del servizio e la struttura organizza tiva, produttiva e commerciale

Processo produttivo (caratteristiche della sede, fasi del processo produttivo, macchinari e attrezzature necessarie, materie prime e/o semilavorati)risorse professionali (competenze necessarie, addetti alla produzione, vendita, amministrazione)Fornitori (chi sono, dove sono, come operano, quali condizioni praticano)Aspetti giuridici (normative di settore, adempimenti burocratico-amministrativi)

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Cap. 3. COME ORGANIZZARE LA NOSTRA IMPRESA?

3.1 INIZIARE DA SOLI O IN SOCIETA’?

Anche l’attività d’impresa, così come tutte le attività lavorative, deve seguire determinate regole stabilite dalla legge. Il CODICE CIVILE fornisce la seguente definizione di imprenditore: "E’ imprenditore colui che esercita professionalment e una attività economica organizzata al fine della produz ione e dello scambio di beni e servizi" . E’ evidente quindi che l’impresa è l’attività dell’imprenditore. Ma analizziamo più nel dettaglio cosa significa. E’ un’attività economica organizzata quella diretta alla creazione di nuova ricchezza attraverso la produzione di beni e servizi. E’ un’attività economica organizzata quando viene svolta attraverso una azienda. L’azienda non è altro che lo strumento necessario per svolgere l’attività (locali, mobili, macchinari, attrezzature, e quindi in genere il CAPITALE). Oltre che di capitale, l’azienda è fatta anche di lavoro, cioè di risorse umane. Non è richiesto che l’imprenditore sia anche il proprietario dell’azienda ma è sufficiente che ne abbia la disponibilità.

E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata : l’imprenditore deve quindi svolgere in modo abituale e prevalente l’attività. Sempre il Codice Civile, considerando la dimensione e le caratteristiche aziendali, individua il PICCOLO IMPRENDITORE le cui figure più tipiche sono costituite dall’imprenditore artigiano, l’imprenditore commerciale e l‘imprenditore agricolo. Queste istituzioni non sono puramente accademiche. Appartenere all’una o all’altra di queste figure giuridiche comporta una serie di conseguenze rilevanti dal punto di vista amministrativo, fiscale, previdenziale e creditizio. Quando si decide di intraprendere un’attività imprenditoriale, si deve prima scegliere, se iniziare da soli, oppure insieme ad altre persone. Se si inizierà l’attività da soli si adotterà, come forma giuridica, la forma individuale; se si inizierà in compagnia di amici o conoscenti, si adotterà la forma giuridica societaria . La scelta della forma giuridica, è molto delicata, e dipende da numerosi fattori quali, ad esempio:

• il numero dei promotori dell’attività, • la disponibilità di soldi, • la dimensione dell’impresa, • la natura dell’attività esercitata • la possibilità di ricorrere a particolari forme di finanziamento.

Inoltre ad ogni forma giuridica, corrispondono responsabilità, obblighi contabili, fiscali e giuridici. L’impresa individuale può, a sua volta, esercitarsi sotto forma di ditta individuale ed impresa familiare .

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Le società si dividono, invece, in tre categorie fondamentali, le società di persone, le società di capitali e le soc ietà cooperative.

3.1.1 DITTA INDIVIDUALE

La ditta individuale è disciplinata dagli artt. 2082 e 2083 del codice civile. E’ caratterizzata dalla presenza di un unico soggetto: l’imprenditore, che è colui che promuove l’attività e ne è unico responsabile. Egli assume in nome proprio tutte le obbligazioni aziendali, e quindi risponde per i debiti dell’impresa anche con il proprio patrimonio personale. La costituzione di una ditta individuale comporta dei vantaggi e degli svantaggi. Tra i vantaggi occorre considerare:

• gli oneri costitutivi ed amministrativi sono esigui, • non essendoci corresponsabili, il processo decisionale

è snello.

Esistono, comunque, degli svantaggi:

• non esiste separazione tra il patrimonio dell’impresa e quello dell’imprenditore, che risponde per le obbligazioni aziendali, anche col patrimonio personale,

• se l’impresa fallisce, viene coinvolta anche la figura dell’imprenditore, che viene dichiarato fallito.

3.1.2 IMPRESA FAMILIARE

L’impresa familiare è disciplinata dall’art. 230 bis del codice civile. L’attività d’impresa, viene svolta con la collaborazione dei familiari del titolare. In pratica si tratta della struttura giuridica dell’impresa individuale, con la differenza che partecipano all’attività d’impresa, in virtù di uno specifico accordo/contratto, i familiari dell’imprenditore.

I familiari collaboratori hanno diritto di partecipare al capitale ed agli utili per una percentuale massima del 49%, ed inoltre hanno diritto di partecipare ad alcune decisioni aziendali, mentre la responsabilità ricade esclusivamente in capo al titolare dell’impresa. Tutte queste cose vengono regolamentate in un "Atto Costitutivo". Tra i vantaggi dell’impresa familiare, occorre considerare la possibilità di ripartire il reddito fra più persone e, come nella ditta individuale, bassi oneri amministrativi e bassi costi di costituzione. In merito agli svantaggi, valgono le stesse considerazioni fatte per la ditta individuale (responsabilità illimitata che investe il titolare dell’impresa).

3.1.3 SOCIETA’ DI PERSONE

Nelle società di persone, le QUALITA’ dei singoli soci, quali ad esempio, l’onestà, la competenza, la fiducia reciproca, sono più importanti rispetto al capitale conferito. I soci sono coinvolti direttamente nella gestione, e rispondono solidalmente con tutto il patrimonio (presente e futuro), per i debiti contratti. E’ per questo che nelle società di persone si parla di responsabilità illimitata. In caso di fallimento della società, i soci falliscono come persone fisiche (nel caso di società in accomandita semplice di cui si parlerà più avanti, questa regola vale solo per i soci accomandatari, mentre i soci accomandanti rispondono nei limiti del capitale conferito, essi non possono, però, partecipare all’amministrazione della società, perché qualora lo facessero, perderebbero il beneficio della responsabilità limitata). La costituzione di una società di persone, come del resto di qualsiasi società, presenta il vantaggio della divisione dei costi, degli impegni e del carico tributario tra più soggetti, ma allo stesso tempo presenta gli svantaggi legati alla lentezza del processo decisionale (che vede la partecipazione di più soggetti), comporta una maggiore onerosità costitutiva, derivante dai molteplici obblighi cui adempiere, quali la redazione dell’atto costitutivo ed altri obblighi di natura amministrativa e fiscale.

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Le forme di società di persone più utilizzate sono:

• la società in nome collettivo (SNC), • società in accomandita semplice (SAS).

3.1.3.1 SOCIETA’ IN NOME COLLETTIVO La SNC è la più diffusa, fra le società di persone. Tutti i soci hanno una responsabilità solidale ed illimitata, quindi gli impegni assunti dalla società si estendono a tutti i soci. La società necessita, per la costituzione, della redazione dell’atto costitutivo, che deve essere stipulato per atto pubblico (redatto cioè davanti ad un notaio) o per scrittura privata da autenticare. L’atto costitutivo deve obbligatoriamente riportare i dati anagrafici di tutti i soci, la RAGIONE SOCIALE contenente nome e cognome di almeno un socio seguita dall’indicazione di s.n.c., i nomi dei soci rappresentanti, la sede sociale, l’oggetto sociale, i conferimenti di ogni singolo socio, le prestazioni cui si obbligano i soci, i criteri di ripartizione degli utili e delle perdite, la durata della società. Le modifiche dell’atto, salvo patto contrario, devono essere decise all’unanimità dai soci partecipanti. Sotto un profilo giuridico la costituzione della s.n.c. non necessita di un capitale minimo . Per i soci, vige il divieto di concorrenza nei confronti della società. Il reddito prodotto dalla società viene ripartito ed attribuito ai soci, secondo la loro quota di partecipazione.

3.1.3.2 SOCIETA’ IN ACCOMANDITA SEMPLICE

Questo tipo di società prevede due figure di soci: i soci accomandanti , che semplicemente finanziano l’impresa, ed i soci accomandatari, che la gestiscono e rispondono illimitatamente con il loro patrimonio. Quindi per i soci accomandatari, la responsabilità è solid ale ed illimitata, per i soci accomandanti la responsabili tà è limitata alle quota conferita. I soci accomandanti non possono partecipare all’amministrazione della società, pena la perdita del beneficio di socio accomandante e quindi della responsabilità limitata, divenendo socio illimitatamente responsabile nei confronti di terzi. Anche in questo tipo di società, non è previsto un capitale minimo per la sua costituzione giuridica. Per costituire la società, è necessario stipulare l’atto costitutivo , che deve riportare gli stessi elementi dell’atto costitutivo previsto per le s.n.c., ovviamente con l’indicazione delle due categorie di soci, e con l’indicazione nella ragione sociale di un nome di un socio accomandatario seguito dalla dizione S.a.s.. Anche in questo caso, le modifiche dell’atto devono essere, tranne patto contrario, deliberate all’unanimità. Per quanto concerne, il rapporto sociale, vige il divieto di concorrenza del socio uscente nei confronti della società.

3.1.4 SOCIETA’ DI CAPITALI

Nelle società di capitali il ruolo dei soci, quali persone fisiche, può essere meno importante, rispetto al CAPITALE da essi apportato, e proprio per questo elemento, si differenziano dalle società di persone, dove ha maggiore rilievo la qualità/competenza della persona.

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Nelle società di capitali è la società e non il singolo socio, ad essere titolare dei diritti e degli obblighi derivanti dallo svolgimento dell’attività. La responsabilità dei soci non è personale, ma è li mitata alle quote di capitale conferite. I creditori possono rivalersi solo sul patrimonio aziendale, e non su quello personale dei soci. Questi ultimi non necessariamente lavorano in azienda, ed inoltre possono affidare l’amministrazione della società anche a non soci. La costituzione di una società di capitali presenta grossi vantaggi , quali la possibilità di suddividere i costi, di salvaguardare il patrimonio dei soci, e soprattutto il fatto che non coinvolgendo i soci come persone fisiche, il fallimento della società non comporta il fallimento dei soci. Ovviamente, esistono anche degli svantaggi, legati ad una complessa gestione organizzativa, contabile ed amministrativa, all’onerosità di tassazione, alla complessità del processo decisionale. Tutte le società di capitale necessitano, inoltre, per la loro costituzione, di un capitale minimo.

3.1.4.1 SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA

Per la costituzione di una società a responsabilità limitata, occorre un capitale sociale minimo di 20 milioni. La società si costituisce per atto pubblico e le quote non possono essere costituite da azioni.

La responsabilità del socio , è limitata alla quota conferita e quindi il fallimento della società, non comporta il fallimento personale del socio. L’atto costitutivo deve riportare i dati anagrafici dei soci, la denominazione recante l’indicazione s.r.l., la sede sociale, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, la quota di conferimento di ciascun socio, le norme che regolamentano la ripartizione degli utili, il numero il potere ed i dati anagrafici degli amministratori, l’indicazione del collegio sindacale, la durata della società. Per il suo funzionamento la s.r.l. necessita della costituzione di alcuni organi collegiali, che sono l’assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione ed il collegio sindacale.

3.1.4.2 SOCIETA’ A RESPONSABILITA’ LIMITATA UNIPERSONALE

Questo tipo di società, presenta tutte le caratteristiche di una società a responsabilità limitata, con la differenza sostanziale che si presenta come un’impresa individuale per la presenza di un unico socio. La società è regolata dalla normativa che regolamenta le società di capitali. Le s.r.l. unipersonale, che ne hanno i requisiti, possono essere iscritte nell’Albo delle Imprese Artigiane. Nella s.r.l. unipersonale, l’unico socio gode della responsabilità limitata, quindi il suo patrimonio personale è separato da quello dell’impresa; ovviamente l’unico socio è anche l’amministratore della società e quindi suo è il potere decisionale. Per potere godere della responsabilità limitata, è necessario rendere pubblico il fatto che si tratti di una società unipersonale, attraverso una comunicazione fatta al Registro delle Imprese; tale comunicazione dovrà contenere i dati e le generalità dell’unico socio. Il grosso svantaggio, di questo tipo di società, è sicuramente riconducibile all’elevato onere di costituzione (ricordiamo, infatti, che

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essendo una s.r.l., necessita di un capitale minimo di 20.000.000) e gestione dell’impresa, inoltra qualsiasi modifica della società, per essere valida, deve essere fatta per atto pubblico.

3.1.4.3 SOCIETA’ PER AZIONI

Per costituire una società per azioni, S.p.A., è necessario un capitale minimo di 200.000.000. Essendo una società di capitali, la responsabilità dei soci , è limitata al capitale conferito, e quindi, anche in questo caso, il fallimento della società, non comporta il fallimento dei soci. La società deve essere costituita per atto pubblico , l’eventuale statuto sociale deve essere allegato all’atto costitutivo. Quest’ultimo, deve contenere obbligatoriamente i dati anagrafici dei soci e le azioni sottoscritte da ognuno, la sede sociale, la denominazione con l’indicazione di S.p.A., l’oggetto sociale, l’ammontare del capitale sottoscritto e versato, il valore nominale di ogni azione ed il numero delle azioni emesse, le norme per la ripartizione degli utili, il numero ed il potere degli amministratori, il numero dei componenti del collegio sindacale, la durata della società. Anche nella S.p.A. sono presenti degli organi societari, che regolamentano il rapporto sociale, questi organi sono, l’assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione, il collegio sindacale.

3.1.4.4 SOCIETA’ IN ACCOMANDITA PER AZIONI

La principale differenza tra questa forma societaria e la precedente, è che nella S.A.P.A. esistono due categorie di soci: gli accomandanti e gli accomandatari.

I soci accomandatari hanno responsabilità solidale ed illimitata, i soci accomandanti hanno responsabilità limitatamente alla quota conferita; quindi il fallimento della società, si estende ai soli soci accomandatari. Il capitale minimo per la costituzione è pari a 200 milioni. La società deve essere costituita per atto pubblico , e l’atto costitutivo deve contenere tutti gli elementi previsti dall’atto costitutivo della S.p.A., ovviamente con l’indicazione nella denominazione sociale di S.A.PA. e non S.p.A.. Anche il rapporto sociale è regolato dagli stessi organi sociali.

3.1.5 LE SOCIETA’ COOPERATIVE

Le società cooperative si distinguono dalle altre società, per lo scopo mutualistico, esse infatti non perseguono come fine il lucro (e quindi la distribuzione di utili), ma la produzione di migliori condizioni a favore del socio. Il codice civile afferma, infatti, che vi è cooperazione se è perseguito uno scopo mutualistico . Il codice estende alle cooperative, molte norme previste per le S.p.A., soprattutto con riferimento alle assemblee, all’amministrazione, alla tenuta dei libri sociali, al bilancio. Con la legge Bersani, del 31 luglio 1997 n° 266, è stata introdotta la disciplina della "piccola società cooperativa" (un modello semplificato di cooperativa). La legge disciplina la possibilità di costituire una società cooperativa con un minimo di 3 soci ed un massimo di 8 (considerate, che originariamente una cooperativa per costituirsi, doveva avere un minimo di soci, pari a 9). Le cooperative si caratterizzano rispetto alle altre società, per il fatto che si instaurano due diversi tipi di rapporto:

• rapporto di società, il cui oggetto è l’esercizio di un’attività comune da parte dei soci, mediante i loro conferimenti;

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• rapporti contrattuali ulteriori dei singoli soci co n la cooperativa, per usufruire dei relativi servizi o delle prestazioni di lavoro.

Nelle società cooperative (anche nelle "piccole"), esistono delle regole fondamentali:

• limite minimo del numero di soci, • limite massimo di partecipazione di ogni socio al capitale; • variabilità del capitale sociale (principio della porta aperta); • fissazione di una percentuale massima di partecipazione agli

utili, • principio del voto per testa (ogni socio, in assemblea, ha

diritto ad un voto, a prescindere dalla quota di capitale posseduta).

Nella "piccola società cooperativa" la funzione amministrativa potrà essere affidata all’organo assembleare, in questo caso dovrà però nominarsi un presidente, che ha la rappresentanza della società. Nelle piccole società cooperative, per le obbligazioni sociali risponde la società col proprio patrimonio.

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3.3 COME ORGANIZZARSI?

Il passo successivo alla scelta della forma giuridica è quello dell’individuazione del tipo di organizzazione che si vuole dare alla propria azienda. Una nuova impresa deve obbligatoriamente crearsi una struttura, stabilire compiti e responsabilità di ogni soggetto all’interno dell’organizzazione e predisporre i principi che regolino il comportamento dei singoli individui. Tale insieme di norme costituisce l’organizzazione d’impresa che "consiste in uno schema di comunicazioni e altre rel azioni che viene a stabilirsi in un gruppo di soggetti ". Probabilmente all’inizio la vostra azienda sarà composta da un piccolo nucleo di persone e, quindi, non sarà necessario definire esattamente i compiti di ognuno ed i meccanismi di funzionamento dell’organizzazione: in una piccola struttura, all’inizio, tutti dovranno collaborare, occorre lavorare un po’ assieme per capire e definire in modo preciso quello che ciascuno dovrà fare. Le aziende giovani e di piccole dimensioni adottano spesso una "struttura semplice", cioè non formalizzata, elastica, centrata su una persona (spesso l’imprenditore-fondatore) che ha il ruolo di leader. Le imprese che adottano questo modello organizzativo presentano le seguenti caratteristiche:

• accentramento delle decisioni nelle mani dell’imprenditore; • bassa specializzazione dei compiti • scarsa formalizzazione delle procedure • assenza di sistemi di pianificazione e controllo.

Con il trascorrere del tempo, e col crescere delle dimensioni aziendali, questa "struttura" si rivelerà inefficiente.

Nascerà l’esigenza di chiarire gli ambiti di responsabilità ed i compiti specifici dei collaboratori, oltre che il bisogno di adottare meccanismi di coordinamento fra i diversi individui. L’assenza di una struttura organizzativa può impedire lo sviluppo dell’azienda, perché aumentando le dimensioni aziendali, l’imprenditore non potrà più decidere tutto da solo, non avrà più il tempo per occuparsi di tutto. Comunque anche in presenza di una struttura organizzativa estremamente semplificata, è necessario affidare ai propri collaboratori compiti ben precisi e chiarire gli ob iettivi da raggiungere. Gli obiettivi dovranno essere condivisi da tutti, in questo modo ogni soggetto si sente autonomo e responsabile, l’imprenditore avrà tempo per dedicarsi ad altri aspetti ed inoltre si pongono le basi per un modello organizzativo più complesso! QUINDI LE DECISIONI INERENTI LA STRUTTURA ORGANIZZATIVA RIGUARDANO LA RIPARTIZIONE DEI COMPITI E DELLE RESPONSABILITÀ PER GESTIRE CON SUCCESSO LA VOSTRA IMPRESA. Sull’organizzazione aziendale sono stati scritti tantissimi libri, questo anche perché le forme organizzative sono state diverse nel tempo e vanno quindi esaminate anche in funzione dei momenti storici, sociali e politici che hanno caratterizzato l’economia nel corso del tempo. Pensate che all’inizio del 1900 c’era un ingegnere, un tale TAYLOR, che per organizzare al meglio l’impresa in cui operava, una fabbrica di spilli, contava i passi che intercorrevano tra il suo ufficio ed i reparti produttivi, con l’obbiettivo di individuare il tragitto più breve per raggiungere i posti di produzione e quindi…… risparmiare tempo. Questo signore è da considerarsi il padre di tutte le teorie organizzative in quanto i suoi studi e i suoi esperimenti consentirono di trovare la soluzione organizzativa per ottenere "la massima produzione nel minor tempo possibile". E’ infatti l’inventore di quello

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che viene chiamato "LAVORO A CATENA" tanto contestato successivamente, anche a ragione, in quanto le risorse umane non trovavano la giusta valorizzazione. Nel lavoro a catena infatti si svolgono poche operazioni e sempre ripetitive. Ma, come dicevamo, ogni formula organizzativa è figlia del suo tempo e quindi non dobbiamo dimenticare che agli inizi del 900 c’era esigenza di grandi quantità di prodotto e l’impresa era appena nata. Ed è stato solo applicando e verificando questa formula organizzativa - che tra l’altro non è stata mai del tutto abbandonata in quanto introduce un concetto fondamentale che è quello dell’efficienza produttiva (ottenere il massimo risultato con il minimo impiego di risorse) — che si è compreso nel tempo il ruolo strategico delle risorse umane le quali, se ben valorizzate all’interno dell’impresa (in funzione delle proprie competenze e motivazioni), consentono di perseguire tutti gli obbiettivi che un’impresa si può porre: efficienza , efficacia (raggiungimento degli obbiettivi); qualità (soddisfazione del cliente). Tornando alle teorie sulle formule organizzative, teorie che data la materia si basano sull’osservazione reale, oggi si fa riferimento a due tipi fondamentali di strutture organizzative aziendali:

• LA STRUTTURA FUNZIONALE , nella quale c’è una specializzazione per funzioni;

• LA STRUTTURA DIVISIONALE , nella quale c’è una specializzazione per prodotto o per mercato.

In molti casi né la struttura funzionale, né la struttura divisionale si adattano alle esigenze dell’azienda. In questo caso è possibile adottare soluzioni miste che consentano sia di gestire al meglio la diversità fra i diversi prodotti e/o mercati, sia di accentrare funzioni comuni alle diverse linee di prodotti o mercati. Ad esempio un’azienda che produce pneumatici può accentrare la funzione "Ricerca e sviluppo", e può creare delle divisioni che si occupino in

modo differenziato della produzione e commercializzazione delle diverse linee di prodotto (esempio divisione pneumatici, divisione articoli sportivi). La struttura aziendale viene rappresentata con un ORGANIGRAMMA che rappresenta in forma grafica i livelli di autorità e responsabilità tra le diverse funzioni. Esempio

In questo organigramma possiamo rilevare la presenza di un direttore, da cui dipendono una segretaria e tre uffici. Le linee rappresentano il collegamento verticale e forniscono immediatamente la risposta alla domanda: dipende da chi? Un semplice colpo d’occhio ci dice come è organizzata l’azienda. Ma non basta individuare le funzioni per far funzio nare una azienda!!!

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Una volta ripartiti i compiti fra i diversi organi aziendali occorre fare in modo che le varie unità organizzative si scambino reciprocamente informazioni, ed operino in modo coordinato. Come? Vanno assolutamente definiti:

• meccanismi di comunicazione (volti alla diffusione di informazioni),

• meccanismi decisionali (volti a regolare il processo decisionale),

• meccanismi di coordinamento (volti a coordinare l’attività delle diverse unità organizzative),

• meccanismi di controllo (volti a valutare i risultati raggiunti dalle diverse unità organizzative),

• meccanismi di valutazione (volti a valutare e motivare il personale).

Perché vi stiamo dicendo tutte queste cose? Perché è il momento che anche VOI costruiate l’organigramma della vostra impresa. Ma per farlo è opportuno entrare un po’ nel merito delle funzioni di impresa, almeno delle principali!! Perché l’azienda abbia successo è necessario porre l’attenzione su alcune funzioni fondamentali, che ovviamente assumono rilievo diverso in base all’attività svolta, ma che comunque sono sempre presenti:

• funzione produttiva • funzione commerciale • funzione amministrativa/finanziaria • funzione personale

3.3.1 LA FUNZIONE PRODUTTIVA

Vi siete mai chiesti cos’è la produzione? Semplice….la produzione è la trasformazione di materie prime in prodotti che soddisfino le esigenze dei clienti.

L’area della produzione, influenza in modo considerevole la redditività ed il successo dell’impresa. Tanto più efficienti ed efficaci saranno i processi di produzione, tanto più competitiva e redditizia sarà l’azienda. La produzione è efficiente ed efficace quando forni sce prodotti di buona qualità, al giusto prezzo, ottimizzando i costi ed al momento giusto! La struttura produttiva non è costituita solo dall’insieme degli impianti e macchinari dei quali dispone l’azienda, ma anche dal know-how (saperi e abilità) di chi si occupa degli aspetti produttivi, oltre che dalle procedure e dai sistemi di produzione. Per questo motivo nel predisporre la struttura produttiva della vostra azienda dovrete preoccuparvi di numerosi aspetti tra i quali:

1. il numero e il tipo di macchine da impiegare 2. il livello di tecnologia e di automazione del processo di

produzione 3. i tempi necessari per la messa a punto dei prodotti 4. la disposizione (lay-out) degli impianti e delle macchine 5. le dimensioni del magazzino 6. il calcolo del tempo di esecuzione delle varie operazioni 7. i metodi di programmazione della produzione 8. l’analisi delle fonti di approvvigionamento delle materie prime

necessarie alla produzione

Oltre alla produzione in senso stretto, è necessario predisporre una struttura che assicuri il CONTROLLO DI QUALITA’ dei vostri prodotti. Il successo duraturo dell’azienda dipende dalla capacità che la stessa ha di assicurare un buon rapporto qualità/prezzo. È quindi necessario prestare attenzione ad aspetti quali l’affidabilità, l’estetica, le prestazioni, la durata, la costanza qualitativa dei prodotti. All’interno quindi della vostra compagine sociale chi si occuperà dell’area produzione:

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• fornisce consulenza sul progetto e sullo sviluppo dei prodotti, prepara un prototipo, calcola il costo del prodotto, pianifica un metodo di produzione sicuro

• provvede a valutare quali materiali acquistare e a gestire il magazzino approvvigionamenti. Effettua la gestione del magazzino prodotti finiti e tiene sotto controllo il livello delle scorte e dei prodotti in lavorazione

• verifica il grado di competenza del personale addetto alle fasi di produzione e valuta le esigenze di formazione, aggiornamento e specializzazione

• si occupa di verificare la sicurezza dei lavoratori.

Chi lavora nell’area della produzione deve conoscere i processi tecnologici (che non devono necessariamente essere complessi!), deve essere in grado di organizzare al meglio le risorse materiali ed umane, al fine di avere una "squadra di lavoro" specializzata e motivata. Chiaramente nella nostra simulazione di impresa non ci occuperemo di tutti questi aspetti ma valuteremo i più importanti al fine di definire il piano di fattibilità della vostra idea imprenditoriale!

3.3.2 LA FUNZIONE COMMERCIALE

Un aspetto importante nella gestione di un’ azienda è FAR SAPERE AI POTENZIALI CLIENTI CHE L’AZIENDA ESISTE E VENDE DETERMINATI PRODOTTI/SERVIZI! Con il termine marketing si identificano tutte le attività necessarie per porta re il prodotto dell’azienda al consumatore .

Un’efficiente attività di marketing è la chiave per il successo della vostra azienda. "Il piano di marketing può essere, infatti, definit o come l’insieme delle scelte e delle azioni che l’azienda intende i ntraprendere per raggiungere i propri obiettivi di penetrazione del mercato". L’azienda potrà realizzare ottimi prodotti, ma se i clienti pensano che essi siano inaffidabili non riuscirà comunque a venderli. La gestione dell’immagine diventa fondamentale per qualsiasi tipo di azienda. L’area commerciale dovrà quindi lavorare affinché i clienti acquistino i prodotti o i servizi della società, traendo un profitto da questa vendita. CHI DI VOI QUINDI SI OCCUPERA’ DELL’AREA COMMERCIALE DOVRÀ CONTINUAMENTE LAVORARE PER MEGLIO CONOSCERE IL MERCATO: ATTRAVERSO RICERCHE STATISTICHE, STUDI MERCEOLOGICI, STUDI DEI BISOGNI, DOVRÀ INDIVIDUARE I POTENZIALI CLIENTI — chi sono?, dove si trovano?, perché dovrebbero comprare?, quali sono i loro bisogni? — al fine di individuare le dimensioni ed il valore del MERCATO POTENZIALE. Ma chi si occupa della funzione commerciale pensa anche alle vendite in senso stretto e quindi dovrà:

• mettere a punto un piano di produzione • analizzare tutte le formule per distribuire i prodotti • valutare se commercializzare con un a rete propria (magari

dei rappresentanti!) o avvalersi di intermediari • acquisire ordini ed evaderli (cioè soddisfare in tempi brevi le

richieste dei clienti) • curare i rapporti con i clienti • valutare i costi per tutti gli aspetti legati alla promozione delle

vendite

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• ecc. ecc. ecc…….

Non spaventatevi! Nella vostra simulazione coloro che si dedicheranno all’area commerciale faranno soltanto alcune delle cose indicate, le più importanti per verificare la fattibilità dell’iniziativa!

3.3.3 LA FUNZIONE AMMINISTRATIVA E FINANZIARIA

La struttura amministrativa investe alcuni aspetti fondamentali della vita dell’impresa. La scarsa attenzione agli aspetti amministrativi può comportare problemi considerevoli, perché possono sfuggire errori di fatturazione o il mancato rispetto dei termini promessi dai fornitori, si trascura di sollecitare il pagamento di fatture ormai scadute ecc. Gli aspetti fondamentali da prendere in considerazione sono:

• Il controllo delle fatture dei fornitori • Il controllo dei crediti verso i clienti • La tenuta della contabilità aggiornata • Il controllo delle esigenze di finanziamento dell’impresa sia

per effettuare gli investimenti che per la gestione • Il controllo della situazione finanziaria.

Frequentemente il neo-imprenditore possiede competenze di tipo tecnico o commerciale; quasi mai al contrario, è competente in materia gestionale, amministrativa, e soprattutto finanziaria. In questi casi è possibile ricorrere a soci esperti in materia, collaboratori interni (il ragioniere-dipendente di fiducia) o consulenti esterni (commercialista di professione). In ogni caso sappiate una cosa: non è importante saper fare il bilancio dell’impresa se siete voi gli imprenditori, ma è fondamentale saperlo "leggere", capirlo in tutti i suoi aspetti, perché i bilanci "raccontano l’impresa" e vi danno tutti gli elementi per capire se la gestione è andata bene o male. Delegate quindi a chi è competente

la sua stesura, ma…… sappiate sempre controllare il lavoro che non svolgete direttamente. Nella nostra simulazione probabilmente non avremo molto tempo da dedicare a questa area ma quello che ci sarà a disposizione lo utilizzerete insieme per analizzare le fonti di finanziamento alle quali attingere per far fronte agli investimenti necessari per avviare l’attività che avete in mente.

3.3.4 LA FUNZIONE PERSONALE

Il patrimonio umano di un’azienda rappresenta una delle risorse più preziose. Qualsiasi prodotto o servizio è opera dell’uomo. Per questo un’attenta gestione delle risorse umane rappresenta spesso quel "qualcosa in più" che permette di raggiungere il successo. Un personale preparato e motivato, che si impegna nella produzione e dedica attenzione ai clienti, è apprezzato dal mercato. PER QUESTO MOTIVO OGNI BUON IMPRENDITORE DEVE PRESTARE MOLTA ATTENZIONE ALLA GESTIONE DEI PROPRI DIPENDENTI, PER FAR SI CHE COMPRENDANO E CONDIVIDANO I SUOI OBIETTIVI. La funzione personale ha istituzionalmente il compito di attrarre, selezionare e assumere le risorse umane più valide. Deve occuparsi in seguito del loro orientamento, della loro formazione e di un sistema di incentivi e motivazioni idonei a mantenere i dipendenti nel tempo. Infatti, un buon manager o del personale qualificato, non si trova facilmente e non può essere formato e inserito in azienda in tempi brevi. IL SUCCESSO DELL’IMPRESA SARÀ IN BUONA PARTE LEGATO ALLA CAPACITÀ CHE L’IMPRENDITORE HA NEL COINVOLGERE, MOTIVARE E GUIDARE I COLLABORATORI, SIANO ESSI SOCI, COLLABORATORI CHIAVE O ALTRI DIPENDENTI. Al fine di influire sul comportamento delle persone è importante MOTIVARLE!

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A livello di gestione delle risorse umane di un’azienda, questo significa instaurare rapporti di vera collaborazione, di rispetto reciproco fra datore di lavoro e subordinati, stabilire una buona remunerazione, sistemi di premi/punizioni ecc. Gli individui vengono spinti da motivazioni diverse, alcuni possono essere motivati dalle prospettive di guadagno, altri dalla possibilità di svolgere un lavoro creativo, altri ancora da un clima aziendale disteso ed amichevole. Per questa ragione non occorre mai commettere l’errore di pensare che quello che è importante per noi, possa esserlo anche per gli altri!!!!! In molte aziende si è osservato come una buona motivazione possa ottenersi con SISTEMI PREMIANTI: diventa importante rafforzare il legame tra lavoro svolto e risultato ottenuto, ogni individuo si aspetta che il proprio lavoro venga valutato correttamente e, quindi, che l’impegno venga riconosciuto sia mediante ricompense materiali, sia mediante soddisfazioni morali. QUINDI RIMBOCCATEVI LE MANICHE…..E METTETEVI AL LAVORO, LE SODDISFAZIONI ARRIVERANNO!!!!!! LA RISORSA PIU’ IMPORTANTE DELLA VOSTRA AZIENDA SIETE VOI!!!

CAP. 4 PARLIAMO DI MARKETING

4.1. PARLIAMO DI MARKETING?

Da diversi anni è entrato a far parte della nostra terminologia commerciale il termine "MARKETING" . Ma cosa vuol dire esattamente?

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Tradurre in modo efficace tale termine non è facile. Il verbo TO MARKET , da cui esso deriva, significa "commercializzare" o anche "introdurre sul mercato". Ciò significa che il marketing deve essere una attività connessa alla vendita, alla distribuzione e non molto di più. In realtà il termine marketing sta ad indicare una di quelle espressioni, tipiche della lingua anglosassone, mediante le quali viene convenzionalmente identificato, per comodità, un concetto abbastanza complesso. E’ accaduto inoltre che alcuni autori, introducendo in Italia il concetto di marketing, abbiano messo in evidenza solo un aspetto particolare, uno degli elementi che lo caratterizzano e attribuito a questo il valore di "tutto". E’ successo così che il marketing è stato di volta in volta identificato con le ricerche, di cui invece esso si avvale come strumento conoscitivo, o con la promozione delle vendite, che costituisce invece uno degli obbiettivi che esso comunemente si prefigge, o ancora con la pubblicità. Oggi, trascorsi alcuni decenni dalla sua introduzione, si può senz’altro dire che il concetto di marketing trova una sua interpretazione sostanzialmente corretta e completa. Determinare esattamente il periodo nel quale si delinea la definizione più moderna del marketing non è sicuramente agevole, tuttavia convenzionalmente lo si può fissare nell’anno 1975 e cioè poco dopo la grande crisi energetica del 1973, che risvegliò bruscamente i paesi occidentali dalla illusione di un progresso continuo e senza flessioni. Per perseguire il fondamentale obbiettivo dello sviluppo, le aziende si trovano di fronte ad un percorso obbligato: sottrarre quote di mercato alla concorrenza, tramite le acquisizioni. Anzi le acquisizioni tendono

a proporsi come strategia tipica del marketing spingendo le grosse multinazionali (Unilever, Procter & Gamble, Nestlè, Gillette, Plasmon ecc.) a delle vere e proprie guerre stellari, effettuando uno shopping quanto mai determinato in quello che sembrava essere divenuto un grande emporio mondiale. Tuttavia, dopo un primo periodo di esaltazione per il marketing globale si sono avuti degli opportuni ripensamenti. In effetti i prodotti veramente globali, cioè con caratteristiche e posizionamento praticamente identico in tutti i paesi, sono veramente pochi. In realtà, ciò che può essere globale è il concetto, l’idea di prodotto. Ma la sua realizzazione deve tenere conto delle profonde differenze di cultura, tradizioni, aspettative esistenti nelle diverse comunità. "THINK GLOBAL, ACT LOCAL " è la massima che sintetizza efficacemente la necessità di adeguarsi alle esigenze locali. Si può quindi proporre una definizione che sembra esprimere abbastanza compiutamente che cos’è il marketing che si dovrebbe praticare in azienda: "Marketing è la funzione tecnica dello scegliere a chi vendere, cosa vendere e come vendere, nonché del programmare le azioni conseguenti, perseguendo la preferenza del c onsumatore rispetto alla concorrenza come mezzo di realizzazio ne degli obbiettivi aziendali". Vale la pena di sottolineare che la definizione vale sia per beni di consumo che per i beni industriali e i servizi. Cambiano invece le strategie, gli strumenti e i metodi per attuarla. ? E’ una funzione tecnica . Ciò significa che chi si deve occupare del marketing deve possedere conoscenze specifiche. Deve per esempio affinare le capacità di comprendere un consumatore sempre più complesso e difficile e deve tenersi continuamente aggiornato sulle nuove evoluzioni della Qualità totale, della Customer satisfaction ecc.

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? Scegliere a chi vendere . E’ una delle decisioni fondamentali. In mercato saturi e competitivi offrire un prodotto valido erga omnes ha probabilmente poche possibilità di successo in quanto sarà inferiore, per qualche aspetto specifico, ad ognuno dei concorrenti. E’ quindi fondamentale approfondire le aspettative dei consumatori, definire una segmentazione intelligente del mercato, verificare punti di forza e di debolezza rispetto ai concorrenti e soltanto su questa base decidere su quali segmenti di mercato puntare. ? Scegliere cosa vendere . Ciò significa stabilire non solo quale gamma di prodotti vendere, ma anche quali caratteristiche devono avere tali prodotti per soddisfare i consumatori cui sono destinati. Si tratta di scegliere fra le varie caratteristiche del prodotto, quella che si ritiene abbia maggiori probabilità di interessare il consumatore e di convincerlo all’acquisto. Ed è questa caratteristica specifica più che il prodotto nel suo complesso, che viene venduta al consumatore. ? Scegliere come vendere . Questa scelta e chiaramente di competenza della direzione vendite. Stabilito su quale segmento di mercato puntare e quale prodotto-beneficio vendere, il "come" vendere deve necessariamente tenere conto di tali scelte. Le principali opzioni riguardano:

• Scelta dei canali di vendita: ingrosso, dettaglio, distribuzione moderna.

• Scelta dell’organizzazione di vendita: diretta, indiretta, mista. • Scelta della politica di vendita: prezzo competitivo, prezzo

remunerativo, pubblicità, promozioni ecc.

? Pianificare le azioni conseguenti . E’ evidente che tutte le scelte e le decisioni che fin qui abbiamo descritto costituiscono il presupposto per realizzare delle azioni concrete. L’uomo di marketing diviene a

questo punto un pianificatore: è suo compito coordinare le varie decisioni, raccoglierle in un piano strategico e coerente, sollecitare gli ingranaggi necessari per l’esecuzione delle direttive e curare che queste vengano correttamente interpretate e realizzate. ? Perseguendo la preferenza del consumatore rispett o alla concorrenza . E’ questo il punto centrale del marketing moderno: soddisfare le aspettative del consumatore non basta più: bisogna farlo meglio della concorrenza! Battere il concorrente sul tempo (time to market); andare oltre le aspettative del consumatore (consumer delight), conquistarne la fedeltà considerandolo un investimento per l’azienda (consumer franchise); conseguire un vantaggio nella distribuzione: sono queste le nuove sfide del marketing. ? Come mezzo di realizzazione degli obbiettivi azie ndali . La preferenza del consumatore è mezzo, gli obbiettivi aziendali sono il fine. Le aziende devono produrre profitti e questi costituiscono il metro di valutazione della loro gestione. Ma e’ fondamentale l’ottica con la quale questi vengono perseguiti. Concludendo questa analisi sul concetto di marketing e su che cosa può significare per un’azienda, sembra giusto domandarsi se la sua applicazione comporti reali vantaggi. Si può affermare che adottando una impostazione di marketing, si ottengono almeno tre vantaggi principali:

1. Limitazione dei rischi.

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Grazie all’attento, continuo studio delle preferenze del consumatore, è meno probabile che venga immesso sul mercato un prodotto destinato all’insuccesso, realizzata una campagna pubblicitaria inefficace o effettuata una promozione priva di interesse. Inoltre il continuo monitoraggio della concorrenza permette di reagire con più rapidità agli eventuali attacchi.

2. Migliore sfruttamento delle opportunità.

Avere sempre un occhio vigile sul mercato significa poter vedere in anticipo rispetto ai concorrenti nuove aperture, nuove opportunità. E’ più facile concepire un prodotto o una iniziativa di successo "immergendosi" nel mercato piuttosto che affidarsi alle intuizioni non verificate rigorosamente.

3. Coordinamento in vista degli obbiettivi.

L’impostazione di marketing fornisce due solidi parametri per ogni decisone aziendale: confronto

continuo con la concorrenza in termini di soddisfazione del consumatore-cliente e realizzazione degli obbiettivi aziendali.

Ciò rende l’azienda più concentrata verso il suo fine ed evita dispersione di sforzi.

4.2 IL MARKETING E LE "4 P"

Nel precedente paragrafo abbiamo esaminato il marketing a livello aziendale. A questo punto possiamo anche definire qual è il marketing che una azienda deve adottare per i singoli prodotti. Ma che cosa si intende dunque per prodotto? In linea di massima si può dire che è un prodotto qualsiasi cosa possa essere offerta a un mercato per soddisfare un bisogno o un desiderio attuale o potenziale. Tipicamente i prodotti sono fisici, ovvero costituiscono dei beni: case, automobili, elettrodomestici, abiti, alimenti, bevande, libri, ecc. ma possono anche non esserlo, come nel caso dei servizi: viaggi, spettacoli, corsi e lezioni, cure mediche ecc. E possono essere trattati

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come prodotti, ad esempio dal punto di vista turistico, una nazione, una regione una città o un’isola. Anche una idea può essere un prodotto: una campagna pubblicitaria, un progetto urbanistico o di consulenza. Come si vede il concetto di prodotto è estremamente vasto. Ed in una fase economica caratterizzata dalla prevalenza di mercati pervenuti alla saturazione, dalla eccedenza dell’offerta sulla domanda che diventa indispensabile per ogni azienda andare oltre, offrire cioè qualcosa in più al consumatore agendo sulle cosiddette "leve del marketing mix ". Il marketing mix è la combinazione ottimale delle leve di marketing di un prodotto, finalizzate al raggiungimento degli obbiettivi a questo assegnati. Ma quante e quali sono queste leve? Molti autori ritengono che le leve fondamentali del marketing mix siano quattro:

• PRODOTTO • PREZZO • PROMOZIONE • PIAZZAMENTO

Una visione sintetica delle quattro leve di marketing è rappresentata nella figura 1.

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Il primo elemento del marketing mix è costituito dal prodotto, inteso come la risultante degli attributi fisico-funzionali che determinano la qualità (materie prime, formula, prestazioni, forma, ecc.). Bisogna considerare comunque che al giorno d’oggi per prodotto non si intende soltanto l’oggetto fisico (l’insieme dei singoli pezzi da assemblare) ma tale termine comprende invece un insieme di elementi che vanno al di là del semplice oggetto da vendere. Per conquistare la fiducia del cliente bisogna capire quale possa essere la funzione d’uso del prodotto e non soltanto quella primaria. Per esempio la qualità di un detersivo è determinata da una serie di elementi:

• potere detergente , efficacia contro lo sporco; • profumo , odore gradevole; • schiuma , impatto esterno (molte massaie sono convinte che

un detersivo è buono se fa molta schiuma); • biodegradabilità , rispetto per l’ambiente.

Come si può notare si tratta di elementi che soddisfano esigenze diverse del consumatore. Lo stesso accade per un televisore: la qualità sarà data dalla chiarezza delle immagini e del suono, dal design, dalla durata, dalle dimensioni, ecc. Un telefonino cellulare non viene più acquistato semplicemente per la sua funzione d’uso primaria (l’esigenza di comunicare) ma anche per altre funzioni secondarie (collegamento ad internet, giochi, informazione in tempo reale, ecc.). Il concetto di prodotto deve quindi essere inteso in senso più ampio in quanto si devono comprendere anche elementi addizionali che lo rendono diverso da quelli dei concorrenti ed in grado di fornire un vantaggio essenziale costituito dalla soddisfazione di più bisogni del cliente (il televisore può soddisfare un bisogno di svago, di compagnia, di informazione; il telefonino può soddisfare il bisogno di essere sempre rintracciabili, di facilitare il lavoro ecc.).

Ed è importante considerare anche altri fattori che incidono sul prodotto finale e cioè LA CONFEZIONE E I SERVIZI PRE E POST-VENDITA. a) LA CONFEZIONE (in lingua inglese "Package"), intesa come involucro contenente l’unità di vendita destinata al consumatore finale, è nata con un compito molto semplice: contenere e proteggere il prodotto. Nella situazione di mercato attuale essa ha assunto però una funzione molto più complessa e importante. Per quali motivi? Innanzitutto, negli ultimi tempi si è assistito ad un enorme sviluppo dello scatolame e dei prodotti confezionati in genere: basti pensare che oggi si vendono in confezione prodotti di prima necessità come pasta, olio, conserve ecc. che fino a qualche decennio fa venivano venduti sfusi. Inoltre la diversificazione della produzione da parte delle aziende industriali ha portato in ogni settore ad una proliferazione di marche in competizione tra loro, spesso con differenze qualitative molto modeste. Per i consumatori risulta quindi molto più difficile ricordare e distinguere le varie marche. In questo contesto, la confezione tende ad assumere un ruolo del tutto nuovo: senza perdere le sue funzioni originali, essa viene a configurarsi come un elemento di identificazione del prodotto, riprendendo il discorso che il fabbricante ha avviato con il consumatore potenziale mediante la pubblicità sulla carta stampata e in televisione. I principali requisiti ai quali una confezione deve attenersi per svolgere compiutamente questo nuovo ruolo che gli è stato assegnato sono:

• Saper attirare l’attenzione .

La confezione è stata definita dagli americani "the silent salesman ", il venditore silenzioso. È intuitivo che il primo stadio per promuovere la vendita è attirare l’attenzione del consumatore potenziale.

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Rinunciare ad una confezione attraente significa abdicare in partenza ad una buona percentuale delle proprie possibilità di vendita!!

• Porre in evidenza il prodotto contenuto.

La confezione deve dire subito, senza possibilità di equivoci, che cosa contiene. L’attimo in cui l’occhio del consumatore si posa su di essa è di importanza vitale ai fini dell’acquisto. Guai se la confezione non ne approfitta per dire subito e chiaramente: ecco, qui c’è il prodotto di cui hai bisogno!! b) I SERVIZI In un contesto competitivo sempre più esasperato, pur restando sempre valido il principio generale secondo cui si deve compiere ogni sforzo per perseguire una superiorità qualitativa del proprio prodotto e che ci consente di differenziarci (non dimenticate mai questa parola d’ordine!) dai nostri concorrenti, può anche accadere che i vantaggi conseguiti sul piano tecnologico (utilizzo di materie prime a poco costo, migliore utilizzazione delle attrezzature e dei macchinari ecc.) vengano rapidamente annullati dalla concorrenza. Da qui la tendenza a cercare di aumentare il "valore aggiunto" per il cliente intervenendo sugli aspetti soft del prodotto, piuttosto che su quelli hard, concentrando cioè gli sforzi sul "servizio". Un buon livello di servizio può costituire la base di un vantaggio decisivo nella scelta tra beni sostanzialmente equivalenti, per creare un rapporto di fiducia-fedeltà con il cliente. Inoltre non è facile da imitare ed è costituito da una serie di piccole cose ben organizzate fra loro. Esempi elementari, e tuttavia da non sottovalutare, possono essere:

• prontezza, cortesia, precisione nella risposta a richieste di informazioni;

• rapidità, efficacia, economia nell’assistenza; • premurosità e stile nel rimediare a eventuali errori (gestione

del disservizio);

• semplificazione del processo di acquisto: ad esempio consegne a domicilio, pagamento tramite Bancomat o carte di credito ecc.

In questa ottica di ricerca del valore aggiunto si è sviluppato il concetto di "prodotto totale ". Con tale termine si intende l’insieme delle qualità oggettive e di "servizio" che viene fornito come parte integrante dell’offerta. Il medesimo ragionamento deve essere fatto anche nel caso in cui il nostro prodotto da offrire è un servizio la cui caratteristica peculiare è quella della "intangibilità", cioè l’impossibilità di toccarlo, annusarlo, vederlo o ascoltarlo che comporta diverse conseguenze: la difficoltà di comunicarne le caratteristiche, l’impossibilità per il cliente di valutarne la qualità prima della fruizione. Le imprese di servizi possono adottare strategie alternative per cercare di rimuovere una o più di queste problematiche, ad esempio creando una forte immagine aziendale (Mc Donald’s vende panini come tanti altri, ma ciò nonostante è ormai praticamente inimitabile), stimolare la comunicazione verbale tra i clienti (il cosiddetto Passaparola), o comunicare i benefici derivanti dal servizio, cercando di rendere tangibile il servizio stesso (facendo leva su strumenti diversi, quali: le strutture fisiche dove viene erogato il servizio, il personale di contatto, le attrezzature e i macchinari utilizzati, il materiale distributivo o esposto, i simboli, il prezzo ecc. Pensate ad esempio ad una Agenzia di Viaggi!!). Avete considerato tutti questi aspetti nel definire in vostro prodotto/servizio? Avete fatto mente locale anche a l Packaging, ai servizi pre e post-vendita, alla assistenza da o ffrire, alla soddisfazione del cliente?

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Fra tutti i fattori di marketing che possono influenzare l’affermazione di un prodotto, il prezzo è sicuramente quello che vanta il blasone più prestigioso. Il prezzo infatti è l’elemento più concreto e chiaro fra i fattori di marketing: è espresso in termini quantitativi, è facilmente misurabile ed è altrettanto facile da determinare. Tuttavia non sempre è così facile da determinare. Occorre infatti considerare almeno due aspetti importanti:

1. non sempre un prezzo più basso favorisce le vendite di un prodotto, bisogna sempre tenere presenti due elementi fondamentali e cioè il rapporto qualità/prezzo e la percezione che il cliente ha del rapporto tra il prodotto e il prezzo.

2. Molto spesso e, soprattutto per le piccole realtà produttive, il prezzo è già un elemento sufficientemente definito in base ai prezzi praticati dai concorrenti ed ai costi che bisogna coprire per produrlo.

Nel definire il prezzo del vostro prodotto dovete p artire inizialmente dal:

a. verificare a quale prezzo vengono offerti sul mercato prodotti uguali o simili al vostro, da concorrenti anche più grandi di voi e che giocano un ruolo fondamentale nella determinazione del prezzo di vendita;

b. tenere conto dei costi da sostenere per la realizzazione della vostra produzione. Come vi diremo più avanti infatti è opportuno calcolare il "punto di equilibrio" (detto anche B.E.P.) che vi consentirà di poter facilmente individuare quale sarà il prezzo e le quantità che dovrete vendere per coprire tutti i costi di produzione.

La politica promozionale di un’impresa consiste nello stabilire gli obiettivi, le modalità ed i mezzi sulla base dei quali intraprendere un’attività di comunicazione con i soggetti esterni. La promozione può essere definita come il complesso di azioni poste in essere dall’impresa per indurre, preservare o modificare i modelli di comportamento degli operatori di mercato (consumatori, intermediari, ecc.) allo scopo di trarre un vantaggio competitivo. Scopo della promozione è dunque quello di far conoscere e ricordare un prodotto, il nome di un prodotto, in modo da ottenere il suo posizionamento fra le alternative di acquisto. L’insieme delle attività coinvolte nella comunicazione di marketing di una impresa è definito MIX promozionale. Molte possono essere le formule per promuovere un prodotto e che analizzeremo insieme più avanti. Per il momento cominciate a riflettere su come inte ndete promuovere il vostro prodotto. Il punto di partenza anche qui è sicuramente di oss ervare come lo fanno gli altri!!!

Una scelta fondamentale per l’azienda è quella della modalità di vendita dei prodotti realizzati. La maggior parte dei produttori non vende agli utilizzatori finali, ma si avvale di una serie di intermediari che svolgono numerose funzioni ed assumono differenti caratteristiche. La politica distributiva di un’impresa è, per l’appunto, relativa alla scelta dei canali attraverso i quali i prodotto giungono fino al consumatore finale. ( Un canale distributivo è costituito da un insieme di istituzioni indipendenti che svolgono il complesso di attività necessarie per

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trasferire un prodotto e il relativo titolo di proprietà dal produttore al consumatore. Kotler 1993). E’ possibile individuare tre tipologie di soggetti che intervengono nel processo distributivo:

• commercianti :

soggetti intermediari — grossisti o dettaglianti - che acquistano e rivendono i prodotti;

• intermediari :

soggetti — per esempio i mediatori o gli agenti — che cercano clienti e negoziano per conto dei produttori, ma senza acquistare la proprietà dei beni;

• ausiliari :

altri soggetti, per esempio le imprese di trasporto, di assicurazione, che contribuiscono allo svolgimento del processo di distribuzione, ma non acquistano i beni, né negoziano acquisti e vendite. In termini generali, la presenza dell’intermediario diminuisce i costi che il produttore deve sopportare per il collocamento dei suoi beni nelle mani del consumatore finale, in quanto si riduce l’ammontare dei contatti da svolgere. In tale prospettiva, l’uso degli intermediari si giustifica per la maggiore efficienza nel vendere i prodotti. L’impresa deve scegliere la tipologia di canale di distribuzione attraverso cui collocare i propri prodotti sul mercato. Esistono diverse tipologie di canali di distribuzione tra i quali il più complesso e il più semplice sono quelli raffigurati sotto.

• canale lungo

• canale breve

E voi, avete già pensato di quale canale di distrib uzione intendete avvalervi? Rifletteteci, ma anche in ques to caso è importante prima osservare come prodotti simili o u guali al vostro raggiungono i consumatori.

4.3 DA DOVE INIZIARE? L’ANALISI DELLO SCENARIO

a) L’analisi dell’ambiente competitivo e le fonti d i informazione. Un’impresa è un’organizzazione sociale vitale, frutto e generatrice di azione complesse. Essa non può essere concepita come fatto individuale ed isolato. Pur basandosi sull’apporto dei singoli promotori, essa richiede una forte apertura verso il nuovo e la società che la circonda. E’ quindi importante valutare l’ambiente politico, economico, sociale e culturale in cui si dovrà radicare l’iniziativa:

• quali condizioni minacciano lo sviluppo locale e potrebbero essere negative per la vostra iniziativa?

• Quali saranno gli effetti se esse non saranno poste sotto controllo?

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• Ci sono condizioni di mercato che possono essere modificate e condizioni per lo sviluppo di nuove attività imprenditoriali?

• Quali capacità di gestire tali processi sono presenti nella comunità?

• Esistono risorse locali e in che cosa consistono (agenzie di sviluppo, gruppi sociali, finanziamenti privati e/o pubblici, incentivi pubblici per aiutare tali processi di trasformazione, ecc.)?

• Le autorità locali sono attive per sostenere lo sviluppo locale? • Possono vedere la vostra iniziativa come un’azione positiva in

tale direzione? • Quali sono le normative che regolano il settore? • Ecc. ecc..

Le informazioni per valutare il rapporto tra il vostro progetto e la comunità sociale, si possono reperire partecipando ad iniziative promosse localmente e che abbiano qualche attinenza con l’attività imprenditoriale che intendete avviare. Dovete sempre tenere presente che, nel vostro piccolo, state agendo come promotori di nuclei di uno sviluppo locale senza il quale anche la vostra iniziativa avrà molte difficoltà ad affermarsi. Prima ancora di analizzare il mercato obiettivo dell’impresa, occorre allora ricostruire LO SCENARIO DEL SETTORE in cui si andrà ad operare. Sarà opportuno in tal caso conoscere e valutare le caratteristiche della domanda e dell’offerta nel settore, le normative di riferimento, il livello di sviluppo tecnologico, le modalità distributive e i trend in atto. Dall’analisi del settore è infatti possibile identificare i fattori che possono ostacolare l’entrata o l’uscita dal settore, il livello di maturità del mercato, la concorrenza esistente, la differenziazione dei prodotti e dei prezzi, le politiche commerciali adottate e, più in generale, i vincoli e le opportunità operative esistenti. Le fonti di informazione che consentono di ricostruire uno scenario di settore sono diverse, ad esempio attraverso le riviste specializzate si

potranno evincere informazioni aggiornate sul settore, sulle evoluzioni in atto, sui dibattiti in corso e sui principali appuntamenti (fiere, convegni, ecc.). Andrà inoltre ricostruito un preciso quadro normativo con riferimento sia alle disposizioni che pongono vincoli all’esercizio dell’attività, sia alle norme che incentivano le iniziative nel settore. Le normative sono facilmente reperibili presso biblioteche, assessorati o altri uffici. E’ importante in tal caso avere precisi riferimenti legislativi. Le visite a fiere specializzate del settore rappresentano inoltre un modo privilegiato per essere sempre costantemente aggiornati sul settore di riferimento. Alle fiere partecipano infatti le principali aziende e vengono presentate tutte le novità. All’interno delle fiere inoltre vengono organizzati convegni, workshop, dibattiti su aspetti specifici inerenti il settore: innovazioni, normative, tecnologia, commercializzazione, ecc. Se non si può partecipare direttamente e personalmente a tali convegni è quanto meno opportuno, laddove è possibile, procurarsi gli atti. Un’altra fonte importante per reperire informazioni è rappresentata della associazioni di categoria che in genere dispongono di più o meno dettagliate statistiche economiche sull’andamento del settore e sono inoltre depositarie di preziose informazioni in ordine alle normative di riferimento. Le associazioni più strutturate dispongono anche di studi specifici di settore che a volte concedono senza grandi difficoltà. Da non dimenticare la Pubblica Amministrazione, in grado di fornire informazioni sui piani di sviluppo delle aree interessate e sulla esistenza di vincoli e opportunità. In tal caso occorre individuare e analizzare i documenti programmatici pubblicati ed avviare dei colloqui con sindaci, assessori, funzionari, responsabili di progetto, ecc.

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E NON SOTTOVALUTIAMO INTERNET!!! Attraverso la visita a siti specifici o utilizzando i motori di ricerca è ormai possibile accedere alle informazioni di tutto il mondo! Se quelle fin qui indicate rappresentano fonti di informazione più o meno gratuite e comunque non troppo dispendiose, occorre sapere che esistono anche banche dati e società specializzate in grado di fornire articolati studi di settore che, però, non sempre sono abbordabili sul piano economico. Dalle analisi condotte sullo scenario di settore sarete ora in grado di ANALIZZARE LE MINACCE E LE OPPORTUNITÀ del settore nel quale si intende operare. Le minacce rappresentano gli eventi sfavorevoli che possono mettere in crisi la gestione dell’azienda; Le opportunità Sono le condizioni favorevoli che l’impresa, grazie alle proprie competenze, può sfruttare per realizzare un vantaggio competitivo. E’ importante descrivere nel piano in quale maniera affrontare le minacce e in quale modo approfittare delle opportunità offerte. Approfondiremo tutti questi aspetti e concetti nei prossimi incontri e lavorando sia alle esercitazioni in aula che operando direttamente "sul campo"!!!

CAP. 5 PARLIAMO DI PRODUZIONE

5.1 IL PRODOTTO

Nella dispensa sul marketing abbiamo dato una definizione del prodotto/servizio evidenziando come questo rappresenti una delle principali leve di marketing. In questa fase approfondiremo l’analisi da un punto di vista anche produttivo. Abbiamo ripetuto in più occasioni che un prodotto è qualsiasi cosa che può essere offerta a un mercato per soddisfare un bisogno o un desiderio attuale o potenziale. Deve quindi essere definita "LA FUNZIONE D’USO DEL PRODOTTO". Nel definire il modo con il quale si vuole rispondere ai bisogni espressi dal mercato, non ci si deve limitare soltanto al prodotto o al servizio in senso stretto che si vuole offrire. Occorre invece mettere a punto un sistema di prodotto composto da molteplici elementi che devono essere coerenti fra di loro, oltre che adeguati alle esigenze di mercato ed alle possibilità della struttura aziendale che abbiamo intenzione di realizzare. Il prodotto va quindi analizzato come un SISTEMA!!! Gli elementi che compongono il sistema prodotto possono essere così sintetizzati:

• caratteri materiali (contenuto, tecnologia, affidabilità); • livello del prezzo; • caratteri immateriali (sicurezza, serietà, competenza

professionale, prestigio, eleganza, ecc.); • servizi accessori (assistenza e garanzia); • modalità di pagamento; • condizioni di trasporto.

Già da questo primo elenco si evince quindi che le caratteristiche materiali del prodotto o del servizio rappresentano sicuramente un aspetto importante, ma non l’unico aspetto da valutare.

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Sicuramente i diversi elementi sopra elencati e che costituiscono il sistema prodotto assumono una diversa rilevanza a seconda del settore di operatività e delle strategie che si intendono adottare. Per esempio una azienda che opera nel settore dell’informatica può puntare su strategie opposte: offrire una gamma di prodotti ampia al fine di assolvere tutte le esigenze dei loro clienti o puntare sulla specializzazione offrendo prodotti di altissima qualità. Per una nuova impresa, nel definire il sistema prodotto è importante focalizzare l’attenzione sui servizi collaterali. Non dimenticatevi che ai nostri giorni il confronto con la concorrenza non avviene tanto sul prodotto principale ma su tutti i servizi che lo accompagnano. Occorre quindi descrivere dettagliatamente ciò che si intende offrire, paragonandosi anche alla concorrenza esistente. Il vostro obbiettivo è quello di individuare i fattori di successo e di insuccesso del prodotto che pensate di realizzare. LE CONDIZIONI DI SUCCESSO sono riconducibili ai seguenti fattori:

• il vostro prodotto soddisfa un bisogno; • il prodotto è tecnologicamente superiore a quelli esistenti; • il prodotto è coerente con la vostra struttura aziendale

(attrezzature e macchinari necessari alla produzione e conoscenze e abilità tecniche);

• esiste una formula idonea per vendere il prodotto; • il prodotto è innovativo.

MA ATTENZIONE!! L’innovazione infatti non significa sempre e solo un prodotto nuovo ma può essere riferita ad un:

1. nuovo prodotto in un nuovo mercato; 2. nuovo prodotto in un mercato esistente; 3. prodotto già esistente in un nuovo mercato; 4. nuovo processo di produzione per un prodotto già esistente.

LE CONDIZIONI DI INSUCCESSO sono riconducibili ai seguenti fattori:

• problemi tecnici nella progettazione e nella realizzazione del prodotto;

• errata valutazione delle potenzialità di mercato; • assenza di elementi di differenziazione del prodotto rispetto a

quelli esistenti nel mercato.

Individuare gli elementi di diversificazione rispetto ai prodotti già presenti, consente di individuare quelle caratteristiche che possono distinguerlo dell’esistente, al fine di renderlo appetibile all’acquisto.

5.2 MA DA DOVE INIZIARE?

Per poter predisporre un piano di sviluppo del prodotto individuato, è necessario mettere a fuoco alcuni passaggi fondamentali:

• preparazione del progetto tecnico; • realizzazione del prototipo; • avvio della produzione.

La pianificazione dello sviluppo del prodotto da proporre sul mercato è una fase particolarmente delicata, in quanto soltanto da una sua corretta impostazione possono derivare notevoli risparmi dei costi e dei tempi ed una corretta presentazione sul mercato. Che cosa significa predisporre un progetto tecnico? Vuol dire mettere a punto il prodotto che avete in mente in tutti i suoi aspetti "fisici": dimensioni, peso, materiali, forma, contenuto, colore ecc.

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Per far questo dovete sviluppare un attento studio avvalendovi delle vostre conoscenze acquisite durante gli anni scolastici e……… di quelle degli altri!!! I vostri professori possono essere i vostri principali consulenti e vi potranno supportare nella realizzazione del progetto tecnico che dovete sviluppare su carta, corredato di tutte le analisi che ne dimostrino la fattibilità tecnica. E non dimenticatevi di predisporre il manuale delle "ISTRUZIONI PER L’USO"!!! In base alla vigente normativa sulla sicurezza infatti, tutti i prodotti devono essere accompagnati dalla istruzioni per un corretto utilizzo con l’indicazione dei materiali utilizzati. E chiaramente……… tali istruzioni dovranno essere leggibili anche per potenziali clienti internazionali!!!! Che ne dite di scriverle anche in inglese e farle v edere alla vostra insegnate di lingua inglese?

5.3 ANALISI DELLE FASI DEL PROCESSO PRODUTTIVO

Dopo avere realizzato il disegno tecnico occorrerà soffermarsi sul come realizzare concretamente quanto progettato. Andrà quindi fatta una attenta verifica delle fasi del processo produttivo. Si tratta cioè di definire tutti gli aspetti organizzativi e operativi necessari alla realizzazione del prodotto. La descrizione del piano di produzione sembrerebbe importante soltanto per quelle aziende che prevedono la realizzazione di prodotti che richiedono un vero e proprio processo di produzione, ma così non è perché anche nel caso in cui si preveda l’erogazione di servizi la predisposizione di un piano per la loro realizzazione costituisce elemento imprescindibile per una corretta analisi economica ed organizzativa. Avendo a riferimento il vostro prodotto/servizio, per il quale avete già sviluppato il progetto tecnico, iniziate a definire:

A. il processo di base , cioè le singole fasi produttive necessarie alla realizzazione del prodotto.

Dovrete "scomporre" il vostro prodotto e individuare le fasi sequenziali che vi consentiranno la sua realizzazione.

Il processo di produzione infatti deve intendersi in maniera allargata e deve comprendere anche le fasi che stanno a monte e a valle del processo stesso e cioè le fasi di approvvigionamento e immagazzinaggio;

B. I punti critici, cioè quelle attività che se compiute in modo errato possono mettere in crisi l’intero processo;

C. Le tecnologie, cioè tutte le attrezzature e i macchinari necessari alla realizzazione del processo produttivo, individuando anche in che fase del processo vanno utilizzate;

D. La tempificazione del processo e cioè i tempi necessari per la realizzazione di ciascuna fase. Tale dato consentirà in prima approssimazione di definire la "capacità di produzione" dell’azienda e permetterà di valutare anche la coerenza tra il piano delle vendite e il piano della produzione

5.4 QUALI DECISIONI?

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E’ chiaro quindi che il gruppo che sovrintende alla funzione produttiva all’interno della società dovrà prendere una serie di decisioni relative a: a) Definizione del processo di produzione : la sua scelta è molto importante in quanto uno degli aspetti significativi della capacità imprenditoriale risiede proprio nella capacità di produrre in modo diverso quello che altri già producono con sistemi tradizionali. I criteri che condizionano i modi di produrre sono:

• la qualità del prodotto; • la quantità del prodotto; • il tipo di materia prima che si intende utilizzare.

b) Scelta della capacità produttiva . Il dimensionamento del processo produttivo dipende fondamentalmente da due fattori:

• il dimensionamento del mercato (quali sono le potenzialità di mercato? Quante richieste si prevede di dover soddisfare?);

• la stagionalità della domanda; • esigenze di riserve di capacità (per poter far fronte a richieste

massicce e improvvise); • limiti tecnici e/o finanziari.

c) Scelta della tecnologia . Occorre definire i mezzi, ossia quali sono le attrezzature, i macchinari, le metodologie necessarie alle diverse fasi della produzione. Per la scelta è necessario raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sulle attrezzature e sui macchinari esistenti, sulle loro prestazioni tecniche, sulle loro modalità di utilizzo, sulle loro capacità produttive, ecc.

La scelta deve essere effettuata in considerazione di diversi parametri:

• caratteristiche tecniche (capacità produttiva, livello di automazione, consumi ecc.);

• il costo non solo di acquisto ma esteso a tutte le spese fisse generate dai macchinari;

• i costi variabili determinati dal loro impiego (mano d’opera, energia, manutenzione, ecc.).

d) Disegno e tempificazione del processo produttivo per singole fasi . Oltre a quanto vi abbiamo detto in ordine alla individuazione delle fasi del processo produttivo dovete per esempio valutare anche se esternalizzare alcune fasi del processo e cioè se è opportuno rivolgersi ad operatori esterni. Tale decisione deve essere presa in funzione di attente analisi:

• si tratta di una fase del processo produttivo che non è sempre necessaria e per la quale occorre una tecnologia molto costosa;

• non avete competenze specializzate interne sufficienti per effettuare la fase in oggetto;

• avete processi produttivi molto diversificati e quindi vi conviene esternalizzare la produzione.

• ecc.

e) Identificazione del lay-out per localizzare all’interno dell’azienda le diverse attrezzature previste, cercando di rendere fluido e razionale al massimo il processo di produzione in funzione degli spazi a disposizione e delle normative in materia di sicurezza e rispetto dell’ambiente. f) Individuazione delle risorse umane necessarie alla produzione in termini di competenze tecniche e mansioni. g) Quantificare la produzione (in numero di pezzi).

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h) Controllo di qualità del prodotto e del processo . i) Quantificare il fabbisogno di materie prime e ma teriali di consumo. Una volta definiti gli obbiettivi che intendete raggiungere con la vostra attività e la struttura produttiva, dovete presentare la struttura organizzativa più adatta. Gli elementi che dovete analizzare riguardano l’individuazione (eventuale) dei collaboratori e le caratteristiche professionali che tali collaboratori dovrebbero avere e la distribuzione delle funzioni tra i vari soci. l) individuazione delle risorse umane. Una volta individuati gli obiettivi di produzione vanno identificati i profili professionali necessari a ricoprire il fabbisogno lavorativo. Fate attenzione agli approvvigionamenti!!! Occorre cercare il giusto equilibrio tra quantità acquistata e tempi di consumo, cercando di colmare il trade-off tra minor costo sostenuto per l’acquisto di grossi quantitativi e i relativi maggiori oneri di magazzino. Sebbene spesso sottovalutata, la funzione approvvigionamenti può costituire, per numerose imprese, un’attività molto importante e critica per il successo aziendale. Per una azienda come la Pirelli ad esempio, l’approvvigionamento della gomma rappresenta un’operazione molto complessa e implica la mobilitazione di notevoli risorse finanziarie e umane. Per le imprese commerciali, inoltre, la capacità e la possibilità di acquistare al meglio costituisce uno dei principali fattori critici di successo.

Molto spesso accade che le imprese concentrano la loro attenzione sul costo del personale e sui prezzi di vendita e non prestano agli acquisti l’attenzione dovuta. Spesso si afferma che le nuove imprese hanno un basso potere contrattuale e che quindi difficilmente riescono ad ottenere dai fornitori buone condizioni. Potreste invece rimanere stupiti nel vedere come un abile neoimprenditore riesca ad ottenere ottime condizioni di forniture. Nel presentarvi ai vostri fornitori certo non potrete garantire sin dall’inizio l’acquisto di grossi quantitativi e non avete alle vostre spalle una storia in grado di garantire la vostra affidabilità. Nonostante questo potrete cercare di attirare i fornitori convincendoli che potreste diventare ottimi clienti. Una delle cose sulle quali dovete puntare, oltre all’ottenimento di buoni prezzi, è la concessione a pagare le prime forniture con termini di pagamento ragionevolmente lunghi. Se avete dei dubbi sulla possibilità di convincere un’impresa a dare fiducia a chi non conosce, non dimenticatevi che voi siete un cliente e che se avete la capacità di presentarvi in modo sufficientemente appetibile il fornitore sarà disposto a molto pur di assicurarsi un nuovo sbocco sul mercato. Per fare una attenta "gestione degli approvvigionam enti" è necessario:

• confrontare prezzi e condizioni di diversi fornitori; • pianificare gli ordini; • controllare il materiale consegnato e le relative fatture; • approvare i pagamenti ai fornitori; • tenere sotto controllo le scorte.

In ultima analisi sarebbe opportuno saper rispondere alle seguenti domande:

• chi sono i fornitori? • Dove risiedono?

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• Come sono organizzati? • Hanno degli agenti che effettuano visite periodiche? • Raccolgono gli ordini telefonicamente o per fax? Consegnano

con mezzi propri? • Dopo quanto giorni dall’ordine consegnano? • Come vogliono essere pagati? • Dopo quanto tempo vogliono essere pagati?

5.5 RICAPITOLANDO

Può essere utile iniziare descrivendo il processo produttivo partendo dall’utilizzo delle materie prime fino ad arrivare al prodotto finito (materie prime utilizzate, tecnologie macchinari necessari, ambiente di produzione, ecc.). Nella parte del vostro Business plan destinato all’analisi produttiva dovranno emergere risposte alle seguenti domande:

• Quali sono le fasi del processo produttivo? • Quali sono le materie prime e i materiali più importanti che

utilizzerete per realizzare il vostro prodotto? Qual è il consumo unitario?

• Avete bisogno di personale per realizzare il vostro prodotto? Se SI: con quali competenze tecniche?

• Qual è il tempo di lavoro necessario per realizzare una unità di prodotto?

• Quali sono le tecnologie di cui vi dovete dotare? Che caratteristiche tecniche hanno? E’ necessario decentrare la produzione? Che valutazioni avete fatto?

• Quali sono i fattori produttivi che vi necessitano? Dove li reperite, come e a quali condizioni?

• Di quali competenze tecniche avete bisogno? Ritenete che voi o il vostro personale abbia bisogno di seguire corsi di formazione o di aggiornamento?

• Se dovete utilizzare particolari macchinari e attrezzature, qual è la capacità massima di produzione di ognuno di essi? si prevede di utilizzarla appieno?

• Quali caratteristiche deve avere il locale dove intendete svolgere la vostra attività (mq, localizzazione, altre particolarità)?

5.6 E PER CONCLUDERE... IL CICLO DI VITA DEL PRODOTTO

Anche se dovete concentrarvi sulla realizzazione del prodotto che avete ideato, non dimenticatevi che anche i prodotti hanno una loro vita!!!

Il ciclo di vita del prodotto esprime la tendenza di una larga maggioranza di prodotti accettati sul mercato e seguire una linea di evoluzione nel tempo abbastanza simile, caratterizzata da alcune fasi tipiche. Tale linea di evoluzione viene generalmente rappresentata da una curva del tipo illustrato nella figura.

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Come potete notare sull’asse delle ordinate sono riportati i volumi di vendita (cioè le quantità) mentre sull’asse delle ascisse è riportato il tempo. Il ciclo di vita del prodotto viene scisso in cinque fasi in quanto nello spazio compreso tra lo sviluppo e il declino si inseriscono modalità di comportamento delle aziende abbastanza differenti. Le caratteristiche delle singole fasi possono essere descritte come segue. Prima fase: INTRODUZIONE. Tale prima fase si verifica quando un prodotto viene per la prima volta offerto ai consumatori. È una fase delicata e critica: il prodotto infatti non è ancora conosciuto, deve essere superata la resistenza iniziale dei consumatori, intermediari ecc. E, naturalmente, quanto più il prodotto è innovativo tanto più il processo di accettazione da parte dei consumatori è lento e prudente. La velocità di tale processo dipende, però, anche dal tipo di bene, dal potere di richiamo e dal tipo di servizio offerto. Considerate ad esempio il processo di diffusione del Viagra!!! Durante questa fase, la qualità del prodotto non è ancora perfettamente a punto e i costi sono piuttosto elevati. In certi casi non è da escludere che questa fase sia insieme la prima e l’ultima quando il prodotto risulta essere un insuccesso: in questo caso la curva delle vendite, anziché salire, scende due metri sotto terra!!! Seconda fase: SVILUPPO DEL MERCATO. L’inizio di questa prima fase è caratterizzata da un rapido impennarsi delle vendite: ciò vuol dire che il prodotto ha superato la prova del fuoco e che il decollo è avvenuto. Generalmente, qualità e processi produttivi raggiungono un grado di perfezionamento soddisfacente: i costi diminuiscono e la situazione economica tende ad essere florida. È la fase nella quale si realizzano i maggiori profitti. Terza fase: MATURITÀ.

Il prodotto è ormai definitivamente accettato. Le vendite globali aumentano ancora, ma ad un ritmo meno sostenuto, in quanto si restringe a poco a poco il numero di potenziali consumatori che ancora non conoscono il prodotto o non l’hanno provato. I concorrenti cominciano a diventare più aggressivi e si cerca di conquistare il consumatore ricorrendo a costose campagne pubblicitarie, alle promozioni ecc. ed è in tale fase che inizia la guerra dei prezzi. Il tutto si traduce in una sensibile riduzione dei profitti. Quarta fase: SATURAZIONE. La curva delle vendite registra un netto rallentamento, stabilizzandosi su un livello che costituisce il "tetto" (ed è questa la situazione che caratterizza oggi la maggioranza del mercati). Da questo momento la concorrenza raggiunge i livelli più intensi: ogni aumento delle vendite del proprio prodotto è ottenuto a danno di una o più concorrenti. Molto spesso la battaglia diventa dura sul fronte dei prezzi. I profitti subiscono un nuovo e più duro colpo: la situazione economica può risultare compromessa e le aziende marginali entrano in difficoltà. Quinta fase: DECLINO. I consumatori cominciano ad orientarsi verso prodotti sostitutivi; le dimensioni del mercato diminuiscono progressivamente e la capacità di produzione eccede largamente la domanda.

5.7 LA RETE DEI CONSULENTI DELLA VOSTRA AZIENDA

• INSEGNANTI DELLA SCUOLA

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• COMUNE • A.P.T. ED ALTRI UFFICI PER IL PUBBLICO • AMMINISTRAZIONE PROVINCIALE E REGIONALE • ORGANISMI PER LE IMPRESE LOCALI • ISTITUTI DI CREDITO • FORNITORI • CAMERA DI COMMERCIO • COMMERCIALISTI • ASSOCIAZIONI DI CATEGORIA • PARENTI • AMICI • ASSOCIAZIONI CULTURALI • CLIENTI POTENZIALI

CAP. 6 PARLIAMO DI PROMOZIONE E VENDITA

1 IL MERCATO E’ DEL CONSUMATORE

Il mercato del consumatore è formato da tutte le persone o famiglie che acquistano beni e servizi per uso personale. Conoscere il comportamento del consumatore ed il processo di acquisto del mercato obiettivo è uno dei compiti principali del marketing. Infatti, in questo modo, l’impresa sarà in grado di comprendere e anticipare le risposte dei consumatori agli stimoli proposti. L’individuo è esposto ad una serie di stimoli:

• provenienti dall’impresa (prodotto, prezzo, punti vendita, promozione);

• ambientali (economici, tecnologici, politici, culturali).

L’insieme degli stimoli viene percepito e in qualche modo elaborato dal sistema cognitivo del consumatore (individuazione del problemaà ricerca delle informazionià valutazioneà decisione) generando un insieme di risposte di consumo concernenti cosa, dove, quando e quanto acquistare. Compito del marketing, come già vi abbiamo detto, è capire cosa avviene all’interno dell’acquirente una volta che è stato raggiunto dagli stimoli, prima che sia presa la decisione di acquisto analizzando quindi i fattori che influenzano il comportamento del consumatore e il processo decisionale dell’acquirente. Facciamo un esempio . Mario ha 35 anni, è sposato, lavora in una media impresa di prodotti tessili. Ha ottenuto da poco l promozione ad un’area manager per il Sud Italia. Il nuovo impiego lo porta a viaggiare molto e, pertanto, ritiene necessario possedere un telefono cellulare che lo renda sempre reperibile. Sta quindi pensando di acquistarne uno, ma si trova di fronte molte alternative di marca. fattori che influenzano il comportamento dei consumatori, che l’impresa non può controllare, ma che deve tenere in considerazione:

a. fattori culturali:

• cultura: l’interesse di Mario ai telefonini è legato alla circostanza che è cresciuto in una società tecnologicamente avanzata. L’utilizzo di tale strumento presuppone un insieme di valori e conoscenze al passo con i tempi;

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• subcultura: l’interesse di Mario per l telefonino è influenzato anche dalla sua nazionalità, religione, razza e zona di residenza;

• classe sociale: Mario probabilmente proviene da una classe sociale medio-alta. Il telefonino può rappresentare sia uno strumento di lavoro che di appartenenza ad uno specifico status;

b. fattori sociali:

• gruppo di riferimento: l’interesse di Mario per i telefonini sarà fortemente influenzato, per esempio dai suoi colleghi, dai suoi amici, ecc.

• famiglia: probabilmente la moglie di Mario rivestirà un ruolo importante quale influenzatore: potrebbe per esempio spingere il marito a scegliere un telefonino che incontra il suo gusto o che risponda ad esigenze non solo lavorative ma anche familiari;

• ruolo e status: i diversi ruoli rivestiti di volta in volta da Mario (figlio, marito, manager) influenzeranno in qualche modo e per qualche aspetto anche il suo comportamento di acquisto;

c. fattori psicologici:

• motivazione: Mario per esempio vuole soddisfare bisogni di socialità o di stima da parte di altri, o da un continuo bisogno di autorealizzazione continua);

• percezione: Mario seleziona, organizza ed interpreta gli input delle informazioni per ottenere una visione di senso;

• apprendimento: la risposta di Mario all’idea di acquistare un telefonino è condizionata dalle caratteristiche che la soluzione esterna offre;

• credenze e attitudini: Mario probabilmente parte dall’attitudine ad acquistare il meglio e crede che una determinata marca sia meglio delle altre;

d. fattori personali:

• età e ciclo di vita: Mario potrebbe passare da una situazione di soddisfazione in casa e al lavoro ad una di tensione e insoddisfazione che potrebbe essere alla base del suo interesse per un telefonino cellulare;

• occupazione: Mario sarà molto sensibile verso un prodotto che rappresenti una soluzione integrata ai suoi bisogni di comunicazione sul lavoro;

• situazione economica: Mario prenderà in considerazione concreta l’acquisto se dispone di un livello di reddito e di risparmi che glielo consentano;

• stili di vita:0 • personalità: Mario si considera una persona culturalmente

esigente e che merita il meglio.

Avreste mai immaginato che dietro l’acquisto di un telefonino ci fossero tutte queste cose?

6.2 IL PROCESSO DECISIONALE DELL’ACQUIRENTE

La conoscenza di tali fattori rappresenta un primo passo nell’analisi volta ad analizzare il processo di acquisto del consumatore. Diversi sono i soggetti che possono intervenire nel processo di acquisto, ognuno con un proprio ruolo:

• l’iniziatore , (la persona che per primo ha avuto l’idea); • l’influenzatore , (la persona o i soggetti i cui consigli

influiranno sulla decisione di acquisto); • il decisore , ( la persona che ha preso la decisione

dell’acquisto); • l’acquirente , (la persona che effettuerà l’acquisto);

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• l’utilizzatore , (la persona che utilizzerà il prodotto/servizio acquistato).

Il processo decisionale è un’attività complessa suddivisibile in diverse fasi:

a. percezione del problema : il processo ha inizio con la percezione di un problema o di un bisogno che può essere stato attivato da stimoli interni o esterni al soggetto;

b. ricerca di informazioni : la percezione del problema può portare o meno alla ricerca attiva di informazioni (è possibile riscontrare casi in cui si passa direttamente dalla percezione del bisogno alla decisione di acquisto, in quanto si è già in possesso delle informazioni necessarie);

c. valutazione delle alternative : le informazioni raccolte porteranno il consumatore a restringere il proprio insieme di scelte a poche marche fra le quali assumere la decisione finale;

d. decisione di acquisto : attraverso il processo di valutazione l’acquirente arriva ad avere precise preferenze che porteranno alla manifestazione dell’intenzione di acquisto prima e alla decisione finale poi;

e. valutazione post-acquisto : l’analisi della fase successiva all’acquisto, quando cioè, il consumatore sperimenta livelli di soddisfazione diversi sulla base del confronto fra le sue aspettative e le prestazioni del prodotto, permette all'impresa di conoscere il reale apprezzamento della sua offerta da parte dei consumatori.

6.3 A COSA SERVONO LE RICERCHE DI MERCATO

Fare una ricerca di mercato significa raccogliere informazioni utili per decidere come dimensionare la struttura aziendale e quale strategia di marketing adottare. Chiunque si trovi nella posizione di avviare una nuova impresa dovrebbe conoscere, con la maggiore esattezza possibile, quali sono le dimensioni della domanda sulla quale si può contare. Si tratta di un dato fondamentale, in quanto molte delle decisioni che devono essere prese (acquisto dei macchinari, scelta della sede, assunzione di dipendenti, ecc.) si basano sul livello di vendite previsto. Le ricerche di mercato, se condotte correttamente, possono in molti casi fornire utili indicazioni a questo proposito. Occorre sottolineare come le ricerche di mercato non si limitino ad indagare le possibilità di mercato di un prodotto o di una categoria di prodotti, ma possono essere rivolte a raccogliere altre informazioni utili per definire la strategia di marketing. Si possono infatti avere:

• ricerche sul prodotto ; • ricerche sul prezzo ; • ricerche sulla pubblicità e sulla promozione ; • ricerche sui consumatori .

Lo svolgimento di una buona ricerca di mercato richiede l’impiego di tecniche, metodologie, strumenti difficilmente a disposizione di una impresa che sta per nascere e, inoltre, il denaro per la loro realizzazione sarà sicuramente destinato ad altri impieghi dei quali non si può fare a meno. La maggior parte delle aziende si affida allora a professionisti e a società specializzate in tale tipo di ricerche. Esistono tuttavia molti metodi poco costosi per raccogliere le informazioni che servono: cercare prima di tutto di scoprire quali sono i livelli di vendita e i risultati di imprese che svolgono un’attività simile alla vostra.

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Una fonte possibile in tal senso è rappresentata dai bilanci che le aziende sono ogni anno obbligate a depositare in tribunale. Dati utili possono essere raccolti anche consultando annuari che contengono informazioni sul volume di affari, il numero di dipendenti, il campo di attività di numerosissime imprese italiane. Moltissime informazioni utili possono essere raccolte semplicemente visitando e parlando con chi gestisce attività simili. Informazioni possono essere raccolte presso le associazioni di categoria o, ancora, consultando le statistiche ufficiali: esse possono fornire dati sulla popolazione, sul numero delle imprese presenti in un settore, sull’andamento della domanda nei diversi settori e così via. Se le fonti che abbiamo analizzato non sono sufficienti, se ne potrebbero raccogliere altre mediante interviste personali, interviste telefoniche e questionari recapitati per posta. Questi sistemi possono risultare efficaci se il prodotto/servizio offerto si rivolge ad un segmento di mercato facilmente identificabile, ristretto e fortemente motivato a rispondere. Nella tabella 1 riportiamo le principali metodologie da adottare per una ricerca di mercato, le tecniche relative e le fonti a cui attingere.

6.3.1 COME SI CONDUCE UNA RICERCA DI MERCATO

Metodologia della Ricerca

Tecniche Fonti

Desk Analisys

• Lettura documenti • Analisi statistiche di dati • Creazione di modelli di

simulazione

Riviste specializzate Associazioni di categoria Statistiche ufficiali (Istat, Regione, Provincia, Ministeri) Quotidiani e periodici Internet

Indagine di campo

• Interviste dirette non strutturate

• Interviste strutturate (dirette, postali, telefoniche ecc.)

• Tecnica del finto cliente (finalizzata all’analisi della concorrenza)

• Osservazione diretta della concorrenza (punti di vendita, confezioni, modalità di erogazione del servizio ecc.)

• Osservazione diretta dei comportamenti dei clienti

• Clienti potenziali

• Esperti di settore (tecnici)

• Fornitori di materie prime

• Fornitori di servizi (sono i maggiori esperti del settore)

Interviste dirette non strutturate utili per raccogliere informazioni qualitative in campioni ristretti. Interviste strutturate realizzate tramite un questionario e utili su campioni più vasti per la raccolta di informazioni quantitative da elaborare con tecniche statistiche.

6.3.2 COME COSTRUIRE UN QUESTIONARIO PER UN’INDAGINE DI MERCATO

Ma veniamo a noi. Ormai avete tutti individuato un prodotto/servizio che vi sembra interessante. Nell’individuarlo avrete sicuramente già sentito il parere dei vostri professori, amici, parenti. Cerchiamo ora di approfondire la conoscenza del nostro cliente e individuiamo ora quali sono le domande da fare. Intanto alcune regole.

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a. Un questionario non deve mai essere troppo lungo altrimenti il nostro interlocutore si stancherà di starci a sentire (se saremo noi ad intervistarlo) oppure neanche si degnerà di rispondere alla prima domanda (se dovrà compilare il questionario da solo).

b. Il questionario deve essere chiaro.

Le domande devono essere formulate in maniera semplice e non devono contenere più richieste in contemporanea (esempio: ti piace il gelato alla crema o alla cioccolata?).

Le domande non devono neanche guidare l’intervistato alla risposta che deve essere sempre una libera scelta (esempio: lei è un ambientalista vero?).

c. E’ bene che un questionario contenga sia domande a risposta chiusa che a risposta aperta.

Esempio domanda a risposta chiusa:

qual è il suo titolo di studio?

1. scuola dell’obbligo 2. diploma 3. laurea

Esempio domanda a risposta aperta: qual è il film che le è piaciuto di più nell’ultimo anno?

Il vantaggio di predisporre un questionario con domande a risposta chiusa è che potete voi individuare le categorie di risposte ed introdurre già le informazioni che vi interessa raccogliere.

Per esempio se la vostra iniziativa è quella di avviare una casa editrice, una domanda come quella di seguito riportata vi potrebbe dare informazioni preziose. Quanti libri legge mediamente all’anno?

• inferiori a cinque • tra sei e dieci • tra undici e venti • oltre venti

Per voi infatti ogni categoria di risposta che avete individuato (inferiori a cinque, tra sei e dieci ecc.) rappresenta una precisa fascia di clientela (di importanza crescente) e quindi potrete immediatamente posizionare il vostro interlocutore nella categoria di riferimento. Considerate inoltre che quando i questionari sono molti diventa molto più facile elaborare i risultati che si ottengono con le risposte chiuse. Un ultimo vantaggio è rappresentato anche dal fatto che è molto più difficile male interpretare una domanda a risposte chiuse. Dall’altro lato dall’analisi delle risposte aperte possono emergere informazione che non avevate minimamente preso in considerazione. D) Ed infine quando somministrate direttamente un questionario, state molto attenti a non influenzare il vostro int ervistato : lasciatelo parlare liberamente ma conducetelo sempre alla domanda posta. L’intervista va conclusa in tempi brevi per evitare che il vostro interlocutore si stanche, si annoi, o peggio ancora, si infastidisca!!! Detto ciò, visto che il vostro obiettivo è quello di conoscere il cliente potenziale, è chiaro che per effettuare una utile indagine di mercato che veramente vi aiuti a disegnarne il profilo, dovrete farvi le idee chiare su tutto quello che è necessario sapere. Possiamo individuare almeno tre ambiti di approfondimento: 1) Dati anagrafici .

• In che percentuale i nostri intervistati sono maschi e femmine.

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• In che fascia d’età rientra. • Qual è la sua scolarità. • Da quanti membri è composto il suo nucleo familiare. • Qual è la sua professione. • Quali sono i suoi hobby.

2) Motivi di acquisto.

• Quali sono i suoi bisogni. • Quali sono i suoi gusti. • Come effettua le sue scelte. • Quali sono i consumi medi del prodotto.

3) Comportamenti di acquisto

• Come soddisfa ora i suoi bisogni. • Da chi acquista e a quali condizioni. • Qual è la sua sensibilità al prezzo. • In quali occasioni acquista prevalentemente. • Qual è la spesa media che sostiene per soddisfare quel

bisogno. • Chi interviene nella decisione di acquisto.

Siete pronti ora per predisporre un questionario che vi consenta di acquisire tutte le informazioni che ancora vi mancano per completare la vostra conoscenza sul profilo del cliente. Prima di considerarlo definitivo fate un test di verifica effettuando una prima intervista, potrete così vedere come reagirà l’intervistato, se le domande sono chiare e sufficienti per perseguire gli obiettivi che vi siete posti.

6.4 LA COMUNICAZIONE PUBBLICITARIA

Fra le leve del marketing, la pubblicità è indubbiamente quella che suscita i livelli di coinvolgimento più elevati e diffusi e le reazioni più contrastanti. Bisogna infatti considerare che le indicazioni non sono sempre univoche. A fronte di campagne che hanno contribuito al successo di un prodotto, talora con un ruolo determinante, ve ne sono innumerevoli altre che non hanno assolutamente influito sulle quote di mercato o addirittura non hanno lasciato traccia presso il consumatore. Il fatto è che molto spesso non vengono fissati precisi obbiettivi per la comunicazione, abbastanza spesso non si è in grado di individuare l’effetto specifico della pubblicità isolandola dagli altri elementi del marketing. In secondo luogo risulta evidente che la pubblicità è la più esposta fra le leve del marketing . Per la sua stessa natura è sotto gli occhi di tutti ed è ormai entrata a far parte della nostra vita quotidiana assumendo per certi versi un aspetto di intrattenimento domestico. Ed è per questo motivo che quando una azienda intende avere rapidamente una idea sulla validità di una campagna pubblicitaria che non sia basata su fattori emotivi o pericolosi innamoramenti, è opportuno sottoporre le idee al vaglio di alcuni criteri oggettivi, che costringano coloro che hanno la responsabilità delle scelte a un approfondimento completo e rigoroso. Nella tabella vengono indicati sette parametri ai quali una campagna pubblicitaria deve sottostare per essere efficiente. 1) Coerenza con la strategia. Una campagna brillante (e quindi creativa) può ridurre gli effetti positivi se non è in sintonia con il posizionamento del prodotto, con gli obbiettivi fissati nella strategia creativa ecc.

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Molti ritengono però che in tal modo si limita la creatività del messaggio. Ma ciò non è vero, infatti la campagna per Swatch ("Time is what you make of it"), con una sequenza di immagini particolarmente evocative, esprime in modo molto originale il concetto che il tempo vale in relazione alla qualità e non alla quantità. E Swatch è l’orologio per chi vive la vita con questo spirito. La tenuta di strada è una premessa elementare per un pneumatico: ma Pirelli ha saputo rendere memorabile l’affermazione "la potenza è nulla senza controllo " con gli spot interpretati prima da Carl Lewis e poi da Josè Maria Perec. 2) Impatto, capacità di attirare l’attenzione. E’ evidente che non si può pretendere di convincere il consumatore all’acquisto se non si riesce, come prima cosa, a ottenerne l’attenzione. Una buona campagna deve avere un impatto immediato, il consumatore deve sentirsi coinvolto, chiamato direttamente in causa. Ciò è avvenuto mediante un contesto inusuale o spettacolare come per Nike (spot dei diavoli contro i campioni del calcio), ironico come Vigorsol con l’uomo vincente alla lotteria e steso da un’auto precipitata dall’alto, creativo come per Tacchini, con una serie di sportivi che praticano diverse discipline su un campo da tennis. 3) Chiarezza e semplicità. Il consumatore non ha voglia di spremersi il cervello per capire la pubblicità e rifiuta le formulazioni complesse e astruse. La pubblicità rifugge dalle complicazioni ed adotta frasi semplici e immediate: "liscia gassata o ……"; "altissima, purissima, levissima"; "un diamante è per sempre" ecc. 4) Valorizzazione dei benefit. E’ il banco di prova più significativo della comunicazione pubblicitaria e che deve far in modo da presentare i vantaggi competitivi del prodotto presentato.

Dopo una lunga polemica sulla tenuta di strada, la Mercedes Classe A ha mostrato un’auto così incollata al terreno che, quando viene sollevata per essere caricata su di una nave, si staccano anche parti del selciato sotto le ruote. Anche la tenuta sul ghiaccio non è una promessa particolarmente originale da poter sfruttare con la pubblicità. Ma Alfa 156 ha tratto un film di grande impatto, facendo viaggiare auto tra i canali, di Venezia, completamente ghiacciati. Ed ancora, la resistenza di un orologio non è un fatto unico e lo si può dare quasi per scontato. Ma Sector Expander ha saputo valorizzarla adeguatamente, utilizzando il cinturino dell’orologio per bloccare un cancello contro l’irruenza di un toro scatenato. 5) Identificazione e collegamento con la marca. Il consumatore deve poter collegare immediatamente la comunicazione con la marca alla quale si riferisce. Ciò può essere perseguito mediante la conquista di un "territorio". L’esempio classico è costituito in tal caso da Marlboro, con il cowboy a cavallo di fronte a paesaggi altamente evocativi di un modo, di uno stile di vita. Più di recente si può citare il Paradiso per il caffè Lavazza. Oppure il collegamento può nascere da un testimonial in sintonia con il prodotto (Abantantuono per Buitoni, la Schiffer per L’Oreal) o da un personaggio creato ad hoc (la signora in giallo di Ferrero, L’uomo del monte, Capitan Findus ecc.) 6) Rispetto per il consumatore. Entrando in casa del consumatore, gli si deve rispetto. La pubblicità ripetitiva, stupida o volgare insulta il consumatore. E giustamente questo reagisce di conseguenza. Ci si domanda per esempio cosa pensi il consumatore della tristemente famosa dichiarazione "mi vuoi tutta ciccia e brufoli", della

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pulizia dell’auto con abito bianco e utilizzo dello chauffeur come zerbino ecc. ecc. Le campagna più intelligenti, come confermano diverse ricerche, sono quelle che sanno combinare informazione sul prodotto a invenzione intelligente, ironia, spettacolo. 7) Continuità. Molto spesso una soluzione anche brillante ha il fiato corto. Cambiare una campagna, o un posizionamento, costa sempre molto, in termini di ricordo, accumulo ecc. Ottimi esempi di continuità derivante anche da una scelta meditata del "territorio" sono: Lavazza (paradiso con Solenghi); Magnum algida con l’irresistibile attrazione per il gelato; Alpitour ("turista fai da te?") ecc.

6.5 LA LEVA PROMOZIONALE

varietà delle soluzioni adottate. E’ comunque possibile individuare alcune macro-categorie, all’interno delle promozioni rivolte al consumatore. Secondo un fondamentale principio di marketing, una vendita non è completa fino a quando il prodotto non è stato acquistato dal consumatore. Chiaramente le promozioni rivolte al consumatore, sono quelle che maggiormente permettono il raggiungimento di questo obiettivo. In particolare le promozioni rivolte al consumatore perseguono tre obiettivi specifici:

• indurre il consumatore alla prima prova del prodotto; • orientare la preferenza del consumatore a favore della propria

marca, rispetto ad altre marche concorrenti giudicate pressoché equivalenti;

• rendere il consumatore d fedele alla nostra marca (fidelizzazione ).

A seconda dell’obiettivo, sono consigliabili tecniche diverse, anche se a volte, le stesse tecniche possono essere efficaci per raggiungere obiettivi diversi. Ad esempio uno sconto sul prezzo di vendita può servire per attrarre nuovi consumatori oppure per aumentare le quantità di vendita.

6.6 IMPRESA E COMUNICAZIONE

Da tutto quanto detto risulta molto chiaro che farc i conoscere dal pubblico e comunicare un’immagine positiva dell a nostra azienda è fondamentale! Il successo della nostra impresa dipende in gran pa rte da questi fattori. In ultima analisi, il pubblico sceglie la nostra az ienda ed i nostri prodotti solo se li conosce e se ne ha un’immagine positiva. Anche se ciò che produciamo ha tutte le carte in regola per piacere, non si venderà in modo automatico, bisognerà far sapere al cliente che il prodotto esiste, e soprattutto che noi abbiamo proprio quello che fa per lui. E anche se il nostro uomo decide di comprarlo, non è detto che tornerà da noi la prossima volta. Perciò il primo obiettivo di ogni impresa, dalla Fiat al negozio di verdura, è quello di stabilire un legame duraturo con il cliente. L’impresa di successo è un’affascinante seduttrice, con una folla di ammiratori pronti a tornare da lei ogni vo lta che ne hanno bisogno. Ad esempio c’è chi da trent’anni compra macchine Fiat e non è disposto a cambiare, chi mangia solo pasta Buitoni ecc.

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Cos’è che spinge queste persone ad una simile fedeltà? Tanti fattori entrano in gioco, ma due sono veramente decisivi: l’immagine e la comunicazione d’impresa. L’immagine è l’opinione che il cliente si forma di un’impresa e dei suoi prodotti. Ad esempio, nella mente del signore di cui sopra, si è cristallizzata l’idea che le macchine Fiat sono macchine sicure, affidabili ed in grado di durare nel tempo. L’immagine dicono gli psicologi, è "uno stato psichico durevole": ciò significa che se nasce un’immagine negativa di una ditta, modificarla è un’impresa disperata. La comunicazione d’impresa è tutto ciò che in un’az ienda può influire sull’immagine. Abbiamo visto che la pubblicità è il modo più evidente di comunicazione, ma non è il solo e non sempre è il più importante. Qualche esempio permetterà di chiarirci le idee:

• Dobbiamo fare un trasloco e scorriamo la lista delle ditte sull’elenco telefonico o sulle Pagine Gialle, saremo più invogliati a chiamare la "Eurotrasporti" anziché "Eldipio e figli"

• Entriamo in un’agenzia viaggi con muri spogli e scrostati, bruciature di sigarette sulle poltrone e scrivanie che sembrano banconi di lavoro: il primo viaggio che decideremo di fare sarà in un’altra agenzia

• Entriamo in una banca grande e rinomata. Il cassiere sbuffa di fronte ad una lunga coda, l’addetto allo sportello sbadiglia ed ha la barba incolta…..apriremo il conto in una banca più piccola e meno conosciuta, ma con un personale più educato ed efficiente.

Da questi piccoli esempi si capisce che la comunicazione d’impresa è qualcosa di più vasto della semplice pubblicità. Nei casi presentati, l’azienda parla di se stessa, ai suoi clienti attraverso:

• il nome • i locali e le attrezzaturE • il personale

sottovalutare tutti questi fattori di comunicazione, può vanificare anche le migliori campagne pubblicitarie, con effetti poco piacevoli sui risultati economici d’impresa. Ovviamente la scelta del nome, del personale, delle strutture e di ogni altro simbolo che rappresenti l’impresa, deve essere coerente con l’impresa. Fondamentale è L’IMMAGINE COORDINATA, cioè la veste grafica che consente di riconoscere a "colpo d’occhio" la nostra azienda ed i nostri prodotti. Si chiama coordinata perché utilizza sempre gli stessi elementi visivi, applicandoli sistematicamente su tutti i supporti di comunicazione (carta da lettera, biglietti da visita, modulistica, confezioni ed imballaggi dei prodotti, veicoli di trasporto aziendale…) Gli uomini di marketing preferiscono anche parlare di "corporate identity ": questo concetto è qualcosa di più vasto della semplice immagine coordinata, sta a significare una vera e propria carta d’identità, progettata in base a precise strategie di marketing, che si estende a tutte le espressioni percepibili della realtà aziendale. Gli elementi che fondamentalmente costituiscono l’immagine coordinata sono:

• il logotipo, cioè il nome della ditta scritto in un carattere tipografico appositamente studiato: come ogni persona scrive il proprio nome in modo unico ed inconfondibile, così ogni

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impresa si "firma" con il suo logotipo (es. la scritta ALITALIA); si tratta quindi di una forma grafica progettata per una parola o una sigla, con l’obiettivo di rendere tale parola un simbolo fisso nel quale identificare l’immagine dell’organizzazione;

• il marchio, cioè il segno grafico che contraddistingue l’impresa (la stella della Mercedes, la mela di Apple ecc.). Alcune imprese non utilizzano un simbolo aziendale (ad es. Fiat, IBM, ecc.) ed in tal caso è il logotipo stesso a fungere da simbolo.

E’ ovvio che ogni elemento deve essere coerente sia con gli altri elementi, sia con l’immagine aziendale complessiva che vogliamo comunicare. Pensiamo ad esempio all’effetto che farebbe adottare il simbolo di una lumaca per un corriere espresso. Spesso l’immagine coordinata è ingiustamente trascurata, e non solo nelle piccole o piccolissime imprese. molti imprenditori affidano direttamente la soluzione del problema alla tipografia, altri si cimentano in prima persona con matite e pennarelli. Ma occorre fare attenzione…………. Non è solo una questione estetica: è dimostrato ad esempio che il packaging, cioè la confezione della merce, influisce per due terzi dei casi, sull’acquisto dei prodotti alimentari. Certo…è possibile rivolgersi a grafici esterni ed esperti o ad una buona agenzia di pubblicità. L’importante è stabilire insieme al grafico che cosa si vuole tradurre in forma visiva: solo noi conosciamo e sappiamo cosa vogliamo comunicare agli altri della nostra azienda! Ciò significa rispondere ad alcune domande, quali:

• chi siamo, cosa facciamo, per chi lo facciamo;

• come vogliamo apparire, cioè quale immagine vogliamo comunicare (es. innovativa e moderna se produciamo computer, giovane se produciamo abbigliamento casual; tradizionale "come una volta" se siamo artigiani ecc.)

6.7.1 QUALCOSINA IN PIU’ SUL MARCHIO

Il marchio è qualcosa che si può vedere, leggere, toccare, percepire: può infatti rappresentare ogni cosa capace di distinguere prodotti e servizi, purché sia rappresentabile graficamente.

E’ il segno distintivo che serve a distinguere il proprio prodotto o i propri servizi dai prodotti o servizi della concorrenza. La Direttiva di Armonizzazione (89/1047 CEE) definisce il marchio nel modo seguente: "Un marchio può consistere in qualsiasi segno rappresentabile graficamente, in particolare parole, nomi, disegni, lettere, numeri, la forma dei prodotti o la loro confezione, sempre che tali segni siano in grado di distinguere i prodotti o servizi di un'impresa da quelli di altre imprese." Tale elenco non è però esaustivo: infatti la stessa disposizione può ricomprendere, anche se non specificatamente indicati, intestazioni, etichette, denominazioni, firme, cifre alfanumeriche o combinazione degli stessi, suoni e colori. I colori sono marchi registrabili; in particolare, le combinazioni di colori possono servire a costituire un marchio. Anche gli slogan sono registrabili come marchi: nel registro marchi comunitario sono registrate frasi come: "I dont’t belive it’s yoghurt" o "have a break, have a Kitkat".

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Da quanto abbiamo detto finora risulta chiaro che i l marchio è uno strumento commerciale adottato dal titolare per designare i suoi prodotti o servizi. Esso pertanto comprende pi ù di un nome generico e porta con sé la reputazione del titolare . Ne segue che l’uso di un marchio adempie a due funzioni fondamen tali: identifica i prodotti e i servizi sotto il controll o di un titolare, consente in tal modo all’acquirente di acquistare i prodotti e i servizi prescelti. Quindi un marchio è fondamentalm ente uno strumento di commercializzazione, e viene scelto da l reparto marketing. Un marchio deve assolvere la funzione di contrassegno atto a identificare, agli occhi dei consumatori, i prodotti o i servizi di un’impresa e a distinguerli da quelli analoghi o affini d’altre imprese. In sostanza: il segno deve risultare nuovo nel settore dei prodotti identici e affini (Art.17) e non costituito esclusivamente da denominazioni generiche di prodotti o servizi o da indicazioni descrittive dei medesimi (Art.18), salvo un’acquisizione di fatto della capacità distintiva a seguito di pubblicità e intenso uso (Art.47 bis). La capacità distintiva di un marchio non solo condiziona la sua validità ma gioca un ruolo rilevante anche nella difesa dalle sue imitazioni. Questo perché l'esclusiva sull'uso del marchio registrato non si estende a qualsiasi sua imitazione, ma solo a quelle suscettibili di creare un rischio di confusione (Artt.1 e 13 l.m.). Per favorire il miglior successo di un nuovo marchio anche da un punto di vista commerciale si cerca, nella sua ideazione, di conferirgli oltre alla suddetta capacità distintiva altre qualità quali quella di essere semplice, attraente, facile da riconoscere, da pronunciare, da imprimersi nella memoria del pubblico, etc. Inoltre, mantenuto fermo che al consumatore interessa distinguere un prodotto dall'altro principalmente in relazione alle sue caratteristiche e qualità, si cerca spesso di affidare al marchio anche una funzione per così dire "promozionale" del prodotto o servizio contrassegnato.

La scelta e la creazione di un nuovo marchio non dovrebbero basarsi esclusivamente sulla sua funzione pubblicitaria e commerciale, ma dovrebbero tenere conto anche dei problemi di validità e di futura difesa del marchio stesso, con particolare riguardo ai pericoli di eventuale contraffazione, e di possibili sue future imitazioni. Poiché la creazione di un nuovo marchio con funzione puramente descrittiva rappresenta la via più facile e più usata anche da altre aziende, i rischi di nullità non sono unicamente quelli legati al suo carattere descrittivo ma anche quelli dovuti alla maggiore probabilità di marchi simili anteriori. La creazione di un marchio improntato ad arbitrarietà e fantasia, pur comportando un maggior sforzo ideativo, aumenta la sua difendibilità sia dagli attacchi alla sua validità sia dalle sue imitazioni, oltre a diminuire sensibilmente le probabilità di possibili conflitti con marchi anteriori. I pericoli di possibile contraffazione di marchi anteriori e di mancanza di novità possono essere evitati mediante preventive ricerche d’anteriorità su banche dati.

6.7.2 QUALCHE CONSIGLIO UTILE PER INVENTARE UN MARCHIO

• Come regola generale, va ricordato che un marchio che descrive il carattere o la qualità dei prodotti o servizi potrebbe essere rifiutato o avere delle difficoltà;

• i nomi geografici, specialmente quelli senza alcuna connessione con il tipo di prodotti o servizi contraddistinti, sono spesso accettabili;

• il marchio più forte, più facilmente difendibile e registrabile è quello inventato e non quello descrittivo o suggestivo;

• i nomi personali sono spesso accettabili;

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• il marchio deve contraddistinguere chiaramente i propri prodotti o servizi da quelli di altre persone; esso, pur rimanendo sostanzialmente uno strumento di marketing, deve essere protetto in quei mercati dove il prodotto è commercializzato, o dove vi sia una base di produzione o di esportazione o solo perché in quella giurisdizione si possono prevedere possibili contraffazioni;

• Il marchio, essendo un mezzo di comunicazione, deve adattarsi alla lingua ed alla cultura del Paese in cui vengono commercializzati i prodotti o i servizi.

I potenziali titolari devono pertanto considerare l’impatto che esso avrà non solo nel proprio Paese di origine ma anche sui consumatori situati da tutt’altra parte del globo. CAP. 7 PARLIAMO DI NUMERI

7.1 L'ANALISI DEI COSTI

E adesso potete affrontare lo spinoso problema del "quanto mi costa?"

E’ infatti importante analizzare preventivamente e con attenzione tutti i costi che dovete sostenere per realizzare il vostro prodotto e gestire la vostra impresa. Questo vi consentirà di capire quanto dovete fatturare (e cioè quanti prodotti e servizi dovete vendere) per poter guadagnare con la vostra iniziativa e per poter quindi verificare definitivamente la FATTIBILITA’ e la REDDITIVITA’ del vostro progetto di impresa. Ogni attività aziendale nel perseguire i propri obbiettivi deve impiegare risorse, quindi genera dei costi.

La contabilità dei costi consente di esplicitare le modalità con cui i costi possono essere identificati, misurati, analizzati, controllati e gestiti. L’analisi della struttura dei costi di un’azienda rappresenta un momento fondamentale per la determinazione del prezzo di vendita (che vedremo più avanti nella dispensa), in quanto fissa la soglia al di sotto della quale la vendita del prodotto non consente di ottenere un utile. L’analisi dei costi deve tenere conto della NATURA e della DESTINAZIONE di ogni singolo costo con riferimento al volume di produzione e di vendita. Volendo ripartire i costi secondo la natura questi si distinguono in:

• costi fissi • costi variabili.

I costi fissi sono quelli che vengono sostenuti dall’impresa comunque (cioè a prescindere dalla produzione di uno o più prodotti) e che non variano quindi al variare del volume di produzione, data una certa capacità produttiva. Per capacità produttiva si intende la struttura produttiva che caratterizza l’impresa in un determinato momento, consentendole di realizzare non più di una data quantità di prodotti. Questi costi possono essere suddivisi in almeno due categorie:

• Le quote di ammortamento • I costi di struttura

Gli ammortamenti sono legati agli investimenti che avete previsto di realizzare per svolgere la vostra attività. I beni che acquistate per produrre i vostri prodotti (attrezzature, macchinati ecc.) sono infatti soggetti ad un "consumo" e ad una perdita di valore dovuta anche allo sviluppo tecnologico (per esempio il Pc che avete comprato lo scorso anno, quest’anno vale di meno!!).

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La quota di ammortamento fa proprio riferimento al "consumo" che annualmente fate delle attrezzature utilizzate. I costi di struttura si riferiscono ai costi che sono necessari al finanziamento della struttura generale dell’azienda. Rientrano in questa categoria i costi di costituzione, gli stipendi (anche se non producete dovete comunque pagare i dipendenti), i costi di manutenzione dei macchinari ecc. I costi variabili sono quei costi che si legano direttamente alla quantità prodotta, pertanto una eventuale variazione dei volumi produttivi determina una variazione nell’ammontare di tali costi. Rientrano nella categoria dei costi variabili le materie prime (se intendete produrre il pane consumerete sicuramente la farina, ma se i vostri clienti non ve lo ordinano non comprerete la farina), l’energia elettrica per far funzionare i macchinari, i materiali di consumo ecc. Le aziende che hanno una struttura dei costi nella quale maggiori sono quelli variabili rispetto a quelli fissi sono più dinamiche, meno rischiose e conseguentemente più flessibili; tale struttura è in genere tipica delle aziende di piccole dimensioni. La ripartizione dei costi per DESTINAZIONE, invece, li divide in base al ruolo che hanno all’interno del processo aziendale; in questo senso si possono individuare due diverse tipologie di costo:

• costi diretti: collegati direttamente al processo produttivo, possono essere imputati direttamente al costo unitario di ogni singolo prodotto, in quanto collegati alla singola attività di produzione;

• costi indiretti: sostenuti per il generico funzionamento dell’azienda e per i quali non è possibile l’attribuzione ad un singolo processo di produzione aziendale.

Tutti i costi analizzati, sia dal punto di vista della natura che della destinazione, si definiscono costi di gestione in quanto sono legati all’attività tipica della vostra società.

Rientrano tra tali costi quelli di acquisto delle materie prime e semilavorati, l’affitto dei locali, gli stipendi dei dipendenti, i costi di energia, telefono, acqua ecc. Di seguito riportiamo un elenco dei principali costi di gestione di una azienda. 1) COSTI RELATIVI ALLE MERCI Sono i costi sostenuti per l’acquisto delle merci in generale, quindi riguardano l’acquisto di:

• materie prime • materie sussidiarie • parti componenti • semilavorati • materiali di consumo • imballaggi

2) COSTI RELATIVI AL LAVORO DIPENDENTE Sono i costi sostenuti per il personale dipendente, denominati anche COSTI DEL LAVORO; si tratta dei costi relativi a:

• salari e stipendi mensili • mensilità aggiuntive (tredicesima, quattordicesima, etc.) • gratifiche contrattuali o personali • contributi sociali obbligatori • trattamento di fine rapporto ( TFR ) maturato • altre spese per il personale ( mense, corsi di formazione, etc.)

3) COSTI RIGUARDANTI L’ACQUISTO DI SERVIZI Sono i costi relativi al funzionamento e all’amministrazione dell’azienda sostenuti per ottenere da terzi delle prestazioni di servizi; sono dati da:

• spese di trasporto • spese di magazzinaggio presso terzi • premi di assicurazione

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• fitti passivi • spese per i locali ( pulizia, riscaldamento, etc.) • spese per l’energia • spese di vigilanza • spese di pubblicità • spese smaltimento rifiuti • spese postali, telegrafiche, telex • spese telefoniche • spese elaborazioni dati presso terzi • spese di consulenza • spese di manutenzione e riparazione • provvigioni ad agenti e rappresentanti • spese d’incasso

4) COSTI FINANZIARI Sono i costi sostenuti per ottenere finanziamenti da terzi a breve, medio o lungo termine; sono dati da:

• interessi passivi su c/c bancari • interessi passivi su sovvenzioni a breve termine • interessi passivi su sovvenzioni a medio termine • interessi passivi su mutui a lungo termine • interessi passivi su debiti v/fornitori • interessi passivi su debiti diversi • sconto e oneri finanziari diversi

5) ONERI TRIBUTARI Sono costituiti dalle imposte e tasse pagate allo Stato o agli enti locali; sono dati da:

• imposta di bollo • tasse di concessione governativa • tasse servizi comunali (TARSU, TOSAP, etc.) • imposta di registro • IVA non deducibile

• imposte sul reddito

Mentre i costi pluriennali danno la loro utilità per periodi di tempo medio/lunghi in quanto connessi all’acquisto di fattori strumentali, i costi elencati negli altri gruppi esauriscono la loro utilità in breve tempo dal loro sostenitore.

7.2 L’ESERCIZIO AMMINISTRATIVO

Per ragioni di ordine pratico e giuridico l’attività aziendale viene riferita ad un certo lasso di tempo che prende il nome di PERIODO AMMINISTRATIVO. Nella maggior parte delle aziende il periodo amministrativo ha la durata di un anno e decorre dal 1°gennaio al 31 dic embre; le imprese costituite in forma di società di capitali (es: S.p.A.) possono scegliere anche decorrenze diverse. E’ DETTA ESERCIZIO LA PARTE DI GESTIONE CHE VIENE SVOLTA IN UN PERIODO AMMINISTRATIVO La suddivisione della gestione in esercizi è:

• OPPORTUNA in quanto consente di accertare periodicamente i risultati ottenuti;

• OBBLIGATORIA in quanto imposta dalla legge con effetti sia civili che fiscali (es.: presentazione della dichiarazione dei redditi);

• ARTIFICIOSA in quanto la gestione fluisce in modo continuo nel tempo.

Ed infatti, alla fine di ogni periodo vi sono delle operazioni ancora in corso: fattori produttivi acquistati in precedenza che non hanno ancora esaurito la loro utilità, costi per i quali non si sono manifestati i correlativi ricavi, crediti e debiti su cui sono maturati interessi non ancora liquidati, merci pagate in via anticipata e non ancora ricevute, etc.

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Ciò comporta dei problemi di valutazione per separare ciò che va riferito ad un esercizio da ciò che va riferito ad altri esercizi (PRINCIPIO DELLA COMPETENZA ECONOMICA). Lo scopo fondamentale della divisione della vita aziendale in esercizi è infatti quello di determinare il risultato economico della gestione (UTILE O PERDITA) sia agli effetti civili che fiscali. Inoltre, la suddivisione in esercizi, agevola il confronto tra i risultati economici conseguiti.

7.3 ESERCITAZIONI: SUGGERIMENTI UTILI

CHIARIMENTI SU ALCUNE VOCI DI COSTO

Adesso avete in mano tutti gli elementi per poter fare un riepilogo dei costi che si devono sostenere se vorreste veramente costituire la vostra azienda e realizzare il vostro prodotto. Proviamo allora a sistematizzarli nelle schede che troverete nella parte dedicata alle esercitazioni. Avrete così individuato i costi della vostra attività. Per ciascuna delle tabelle delle esercitazioni sono di seguito riportati chiarimenti su alcune principali voci di costo. TAB. 1 I costi di costituzione Sono costi di costituzione tutti quelli che dovete sostenere per poter avviare la vostra attività. Esistono infatti normative alle quali l’imprenditore si deve attenere per esercitare regolarmente l’attività. Tutte le imprese infatti vanno registrate e devono rispettare regolamenti comunali e igienico sanitarie. Chiaramente queste normative cambiano a seconda del tipo di attività. E’ molto utile in questa fase di avvio dell’attività rivolgersi ad un commercialista soprattutto per affrontare tutti gli aspetti di carattere burocratico amministrativo e contabile.

- Cos’è l’iscrizione al Registro delle imprese e qu al è il relativo costo? Il registro delle imprese, istituito nel 1996, immagazzina informazioni sulle aziende esistenti. Gli imprenditori di qualsiasi natura debbono iscriversi al Registro, tenuto presso la Camera di Commercio di competenza, fornendo (in appositi modelli) informazioni anagrafiche, organizzative ed economico-finanziarie. Queste informazioni alimentano una banca dati economico-amministrativa. Per l’iscrizione a questo registro l’imprenditore deve sopportare dei costi di prima iscrizione e di rinnovo annuale dell’iscrizione . Attenzione!!! L’iscrizione a tale registro è solo l’ultima di tutta una serie di adempimenti per una nuova impresa. Occorrerà prima procedere alla apertura della partita IVA (che è gratuita), ottenere le necessarie autorizzazione sanitarie, quelle comunali ecc. …e quello del brevetto? In questa voce di costo, vanno riportati sia i costi associati all’utilizzo dei brevetti da impiegarsi nell’ambito produttivo, sia quelli per l’utilizzo di marchi, emblemi. Anche in questo caso esiste un costo iniziale (costituzione) ed un costo annuale di mantenimento nel tempo. …e quello dell’insegna? Le insegne di natura commerciale, al pari della cartellonistica pubblicitaria, sono realizzabili dietro concessione di opportuna autorizzazione da parte dell’amministrazione locale. Le insegne sono disciplinate relativamente a caratteristiche quali le dimensioni, illuminazione…. e sottoposte al pagamento annuale dei relativi diritti. Tali diritti risultano in genere calcolati in base alla reale dimensione dell’insegna e della relativa occupazione. …e quello per l’occupazione del suolo pubblico? Questo tributo è dovuto in caso di utilizzo a fini commerciali o comunque privati, di particolari aree destinate all’utilizzo da parte della collettività (piazze, strade, marciapiedi…).

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E’ il caso, per es., del bar o del ristorante che, per poter sistemare tavolini all’aperto ove accogliere i propri clienti, deve richiedere l’autorizzazione all’autorità locale (Comune) ed assoggettarsi al pagamento della relativa quota. Il costo è correlato alle dimensioni dell’area, al tempo di occupazione, alla tipologia dell’area ecc. TAB. 2 Costo delle materie prime Vi ricordate che i costi delle materie prime sono costi diretti per l’azienda? Voi avete già individuato con le precedenti esercitazioni tutte le materie e i materiali che vi sono necessari per realizzare i vostri prodotti (rivedete la vostra distinta base!!). Dovete ora inserire quelle stesse voci inserendo i costi unitari di ciascuna nella tabella indicata. Nella colonna "quantità" dovete inserire la quantità di materia prima necessaria per realizzare tutti i prodotti che avete stimato di realizzare (e questo lo potete fare solo in base ad una attenta analisi delle richieste dei vostri potenziali clienti!!). Una semplice moltiplicazione e avrete valutato il vostro costo annuo!!! Vi ricordate l’esempio del pane? La vostra materia prima è la farina. Se questa costa £500 al Kg e in base alla produzione di pane che avete pensato di produrre, avete bisogno di 10.000Kg di farina l’anno, il costo che sosterrete per la farina è di £5.000.000. TAB. 3 Costi dei servizi e dell’energia In questa tabella vanno messi tutti quei costi per ciò che generalmente viene chiamato "UTENZA": telefono, energia elettrica, acqua, gas ecc. nonché i costi per specifici servizi legati al mantenimento e funzionamento della vostra struttura (manutenzione attrezzature, assicurazioni ecc.). Ma entriamo più nel merito!!

La fornitura di energia , comporta costi di attivazione del contratto e di fornitura, costi di concessione periodica (can one di utilizzo), nonché di utilizzo effettivo del servizio. Il costo di attivazione si sostiene una sola volta sulla base del contratto sottoscritto (potenza, uso), il costo associato al canone deve corrispondersi periodicamente, indipendentemente dal reale utilizzo, quale corrispettivo della possibilità di uso. I costi di utilizzo effettivo, vengono invece calcolati sulla base dell’effettivo consumo della risorsa energetica e vengono contabilizzati periodicamente dall’azienda fornitrice. Anche per la fornitura del gas, della linea telefonica, della linea Internet si parla di costi di attivazione, canone di utilizzo ed utilizzo effettivo. Per manutenzione si intende la spesa necessaria per rendere e mantenere funzionale nel tempo l’apparecchiatura: in questa voce si inseriscono anche i costi per i materiali di consumo soggetti a progressiva usura (ad esempio il rullo di una fotocopiatrice ecc.). …e i costi di assicurazione? In questa voce si riporta la somma dei costi annuali delle polizze assicurative a copertura dei rischi aziendali (furto, incendio, danneggiamento) e dei relativi beni ad esclusione dei mezzi motorizzati già coperti da specifiche polizze. TAB. 4 Costi di promozione Sono costi di promozione tutti quelli che l’azienda sostiene per poter vendere di più. Ormai sono moltissimi gli strumenti messi a disposizione per poter promuovere i prodotti come abbiamo diffusamente parlato nella dispensa 4. Nello sviluppare il vostro piano di promozione avrete sicuramente individuato tutte le formule che pensate di adottare. E’ ora di capire quanto ci costa!! Sito internet

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LABORATORIO D’IMPRESA

La promozione delle attività di un’impresa attraverso la predisposizione di uno specifico sito su internet, rappresenta in ordine di tempo l’ultimo strumento pubblicitario introdotto. La caratteristica fondamentale di questo strumento è quello di essere contemporaneamente ed immediatamente presente e disponibile a beneficio di tutti gli utenti Internet del mondo. La predisposizione di un sito promozionale su Internet, richiede la progettazione/realizzazione informatica del documento promozionale, il cui costo di pubblicazione negli spazi internet risulta proporzionale alla dimensione informatica del messaggio. Tanto più ricco di foto, immagini, colori, sfondi contenenti il logo aziendale, è il sito, tanto più "grande" risulta informaticamente e pertanto tanto più costoso esso è. Sulla base delle ipotesi del vostro sito che avete pensato di sviluppare, vanno ora sentiti più esperti e richiesti preventivi. Per inserzioni su Tv locali, radio locali, stampa locale, basta fare una telefonata alle emittenti per sapere i costi degli spazi pubblicitari. Per manifesti, volantini e locandine, basta rivolgersi ad una tipografia che vi fornirà i costi in funzione della tiratura. Dovrete poi consultare gli uffici affissioni dei comuni per calcolare il costo di affissione. Ma c’è una alternativa!! Se volete mettere in piedi una promozione completa che comprenda oltre alle formule sopra indicate anche altri strumenti (esempio: direct mail, promozione porta a porta, organizzazione di eventi, merchandising nei punti vendita ecc.) esistono ormai agenzie specializzate alle quali potete rivolgervi, sottoporre le vostre idee e farvi formulare un preventivo. In ogni caso nella tabella a seguito di queste ricerche dovrete inserire i costi annui che ipotizzate di dover sostenere per questa attività. E non dimenticatevi della vostra partecipazione alle fiere!!! Per saper i costi chiamate l’ente organizzatore e fatevi fornire elenco partecipanti, costi dei convegni, costi dello stand ecc………e pure i nominativi degli alberghi convenzionati!!! TAB. 5 Costi di distribuzione/commercializzazione

E siccome il vostro piano promozionale avrà sicuramente successo vi sarete sicuramente organizzati anche per le vendite e cioè per fare arrivare al vostro cliente il vostro prodotto. In questo caso avete due alternative. O vi occupate direttamente delle consegne e quindi avrete previsto nel vostro piani degli investimenti gli automezzi, op vi rivolgete a aziende terze specializzate (autotrasportatori) chiaramente per scegliere dovete fare un confronto tra i costi e potreste arrivare anche alla decisione di adottare entrambe le formule. Alla voce trasporto c/terzi dovete inserire il costo annuo che ipotizzate di dover sostenere per consegnare i vostri prodotti avvalendovi di altre aziende. Nella voce carburanti invece inserirete i costi della benzina necessaria ai vostri mezzi per trasportare i prodotti a destinazione o per approvvigionarsi della materia prima o per recarvi ad incontrare i vostri clienti. In questo caso sarà sufficiente avere nel vostro mezzo una apposita scheda carburante dove far registrare di volta in volta la fornitura del carburante. Anche i pedaggi autostradali sono un costo da dover considerare e che potrete stimare in funzione della dislocazione della vostra clientela sul mercato. A posteriori sarà sufficiente chiedere la fattura all’ente autostrada. TAB. 6 Costo per il lavoro In questa tabella vanno riepilogati tutti i costi che dovete sostenere per l’impiego della risorsa "uomo". A seconda del tipo di attività, della mansione che vi necessita, del livello di produzione potrete ricorrere a diverse formule. Qualora abbiate bisogno di lavoratori dipendenti e cioè che operano a tempi pieno o part time nella vostra zona e da, dovrete far riferimento ai contratti sindacali vigenti che vi forniranno tutti gli elementi per un corretto inquadramento di questa categoria di lavoratori.

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LABORATORIO D’IMPRESA

Esiste oggi però la possibilità di avvalersi di altre formule quali ad esempio la collaborazione coordinata e continuativa ( ma solo per la prestazione di servizi) o la collaborazione occasionale. Anche questo è un campo molto specialistico e pertanto, una volta individuato con precisione il vostro fabbisogno di risorse umane (numero, qualifica, competenza, ruolo ecc.) rivolgetevi ad un consulente del lavoro o ad una associazione per valutare attentamente i costi. Nella tabella che vi abbiamo fornito dovete indicare la mansione del lavoratore (esempio: operaio specializzato) il settore di operatività all'interno della vostra azienda, il costo unitario annuo e totale. TAB. 7 Costi di localizzazione In questa tabella dovrete riepilogare tutti i costi da sostenere per la sede della vostra attività: l’affitto, condominio, riscaldamento, assicurazioni, pulizie, smaltimento rifiuti ecc. TAB. 8 Costo dei materiali di supporto In questa tabella potete riepilogare tutti i costi per materiali vari che vi servono per lavorare ma che non sono strettamente connessi con il processo produttivo (che invece avrete inseriti nella tabella delle materie prime). Tra questi rientrano sicuramente le spese di cancelleria ( carta, penne blocchetti fatture cartucce stampanti ecc.). TAB. 9 Costo di amministrazione e servizi In questa tabella dovete inserire infine tutte le spese che dovete sostenere per amministrare al meglio la vostra attività. Rientrano sicuramente in questi costi quelli che sosterrete per il commercialista, per il consulente del lavoro, per l’aggiornamento dei vostri software gestionale ecc. TAB. 10 Oneri finanziari e tributari In questa tabella dovrete inserire tutti i costi della gestione finanziaria della vostra attività nonché quelli tributari.

Vi troverete infatti quantomeno nella condizione di dover aprire un conto corrente che userete per le vostre operazioni di incasso (dai clienti) e pagamento ( dei fornitori). Sicuramente avrete concordato con la vostra banca di poter usufruire di piccoli prestiti sui quali però dovrete pagare degli interessi passivi. Per quanto riguarda i tributi, sicuramente la vostra attività andrà bene e quindi produrrete reddito sul quale pagherete le imposte.

7.4 IL PIANO DEGLI INVESTIMENTI

Dovete fare molta attenzione a non confondere i costi di gestione con gli investimenti!!! Di questi ultimi abbiamo già parlato nelle precedenti dispense e sono tutti i beni di cui l’azienda ha bisogno per poter operare e che "non si consumano" immediatamente nell’arco di un anno ma hanno una utilità pluriennale. Nelle precedenti esercitazioni avete già individuato di quali attrezzature e macchinati avete bisogno per lavorare. E’ ora di informarsi del loro valore!!! Dovete contattare i fornitori anche attraverso riviste specializzate o navigando in Internet potete farvi una idea di quanto costano le attrezzature che dovreste acquistare per svolgere l’attività. Nella tabella che trovate nelle esercitazioni sarete in grado di riassumere tutte le attrezzature che vi servono per produrre ed avere chiara l’idea dei singoli importi e del totale degli investimenti che bisogna affrontare per dar vita alla vostra attività.